AFRICA OGGI
Diventare grandi mai, non serve a niente sai.
Continua a crescere più che puoi e non fermarti mai.
E continua a giocare, a sognare, a lottare.
Non ti accontentare di seguire le stanche regole del branco, ma continua
a scegliere in ogni momento.
Perché vedi l’avere ragione non è un dogma statico, una religione, ma è
seguire la dinamica della storia e mettersi sempre in discussione.
Perché sai non basta scegliere d’avere un’idea giusta, assumerne il
linguaggio ed il comportamento, poi dormire dentro.
E il tuo dovere è di migliorarti, di stare bene, di realizzarti:
cerca di essere il meglio che ti riesce per darti agli altri.
E a ognuno secondo il suo bisogno, e da a ognuno secondo le sue
capacità,
e anche se oggi potrà sembrare un sogno da domani può essere la
realtà,
da domani deve essere la realtà.
( Eugenio Finardi)
Ho voluto iniziare questo diario con il testo di questa canzone che illustra uno stile di vita nel
quale cerco, con molta difficoltà, di immedesimarmi; sono parole che si adattano a tutti: laici
e credenti.
Il mio auspicio è che l’esperienza che mi accingo a raccontare, possa aver rafforzato in tutti
i partecipanti quei sentimenti così magistralmente interpretati.
Marco
2
28 FEBBRAIO
Viene formato il gruppo: siamo Daniela, Elena, Monica, Giuseppe, Michele, ed io
(Marco), con la supervisione di Rosalba e Nuccio nelle vesti d’animatori. Per meglio
caratterizzarci decidiamo di chiamarci “Mambonauti” e da questo momento
cominciamo a conoscerci ed ad organizzare le iniziative per la raccolta dei fondi da
destinare come finanziamento al progetto. Cammin facendo Daniela e Michele
devono, per problemi familiari, rinunciare al viaggio. Siamo oramai pronti a partire
in quattro, ma all’ultimo momento, da buon attore entra in scena Nuccio: con nostra
grande gioia partirà con noi. Da questo momento inizia questa nostra grande
avventura.
31 LUGLIO
Arrivo alla Malpensa con un larghissimo anticipo, in queste occasioni ho sempre
paura di fare tardi, penso a quanti e quali imprevisti potrei affrontare; ma stavolta
ho preso tante di quelle precauzioni che sarei potuto arrivare anche a piedi! Ho
proprio bisogno di Africa e dei suoi ritmi compassati.
MI aggiro sperduto nel grande salone ed attendo fiducioso di vedere qualche
faccia nota; più tardi arriva Padre Antonio, fa parte del gruppo di Maputo, e farà il
viaggio con noi. Pian piano arrivano tutti gli altri partenti, un gran numero di amici
dell’associazione, Daniela e Michele, sono i grandi assenti. Espletiamo le formalità,
salutiamo tutti e ci imbarchiamo sul volo “Air France” alla volta di Parigi. Sono un
poco preoccupato (strano, ndr) nella capitale francese abbiamo pochi minuti per la
coincidenza: speriamo non vi siano problemi, di sicuro ci aspetterà una bella corsa.
Giusto per placare la mia ansia, partiamo con un discreto ritardo, altro che corsa
ci toccherà correre una finale olimpica! Non appena l’aereo si ferma ci fanno
scendere di corsa e veniamo letteralmente prelevati da una solerte impiegata della
compagnia, che ci carica su un pulmino e parte a tutta velocità verso il Terminal.
Saltiamo quasi tutte le procedure, ci imbarchiamo e partiamo immediatamente e via
alla volta di Joannesbourg (Sud Africa), la nostra prossima tappa.
Esaurite le preoccupazioni per le persone, cominciamo a pensare ai bagagli:
saranno riusciti a caricarli in tempo? Lo scopriremo tra 10 ore. L’aereo è un
magnifico Airbus modernissimo, ogni poltrona ha un piccolo schermo multifunzione
e cominciamo a trastullarci con tutti i bottoni. Verso mezzanotte ci viene servita la
cena e finalmente possiamo rilassarci un poco tentando di dormire.
1 AGOSTO
Dopo una notte trascorsa alla meno peggio ed un’abbondante colazione,
atterriamo a Joannesbourg. Mentre l’aereo fa le sue evoluzioni ho modo di
ammirare i contrasti di questo paese: in lontananza si vedono dei grattacieli
modernissimi, mentre in periferia ci sono delle grandi baraccopoli ed anche la
struttura che ci accoglie è modernissima e ridondante di luci e marmi.
Poco dopo incontriamo un piccolo problema, per ritirare i nostri bagagli dobbiamo
superare la dogana, ma non abbiamo il visto sul passaporto e non vi è modo di
convincere gli inflessibili funzionari. Giuseppe, forte della sua esperienza in fatto di
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viaggi, comincia a “tampinare” tutti gli impiegati che capitano a tiro. Finalmente un
addetto dell’Air France, probabilmente sull’orlo di una crisi di nervi, si impegna a
ritirare le nostre valige, pare tutto risolto e tiriamo un sospiro di sollievo. Ma è solo
un’illusione, poco dopo apprendiamo che ci sono solo 10 borse ne manca una!
Giuseppe compila la denuncia per lo smarrimento, riesce a passare la barriera
doganale salvo poi scoprire che la sua valigia è tra quelle arrivate. Tentiamo di
passare anche noi per vedere a chi appartiene “ la pecorella smarrita, ma
l’impiegato è irremovibile, pur con parole garbate ci dice di arrangiarci e non
possiamo fare più nulla fino a Maputo la nostra prossima tappa.
BENVENUTI IN AFRICA!
Improvvisiamo un giochino: il “TOTOVALIGIA” chi indovina il nome dello
sfortunato vince un salame; a stragrande maggioranza viene indicato Nuccio, ma in
cuor mio non mi sento tranquillo ed ho uno strano presentimento. Ci imbarchiamo
su un volo della compagnia aerea sudafricana, e dopo circa un’ora, atterriamo nel
Mozambico. Finalmente!
Mentre attendiamo i bagagli ognuno fa pensieri e gesti più o meno scaramantici
fra poco avremo il verdetto. Dopo pochi minuti scopriamo che la maggioranza ha
sempre ragione…..lo sfortunato è Nuccio!!! Ma le sorprese non sono finite anche
ad Ornella, una componente l’altro gruppo, manca un bagaglio; pazienza sono gli
inconvenienti delle partenze nei giorni critici.
Sto ragionando in questo modo soltanto perché non sono le mie valigie quelle
mancanti, conoscendomi se fossi nella loro posizione non sarei così serafico.
Troppo facile fare i filosofi sui problemi degli altri!
Nel frattempo incontriamo padre Rusconi che seguirà il gruppo che rimarrà a
Maputo e padre Elio il superiore regionale dei Missionari della Consolata, sarà la
nostra guida fino a Nuova Mambone. Salutiamo i nostri amici e partiamo alla volta
della casa che ci ospiterà, nel frattempo chiediamo al Padre a che ora è prevista la
partenza per Nova Mambone ed egli, tra il serio ed il faceto, ci dice alle 3,30 di
mattina !!! Rimango un poco sconcertato, siamo stanchissimi: solo il pensiero di
una “levataccia” mi spaventa.
DISPONIBILITA’ ed ADATTABILITA’
Sono le parole d’ordine di Africa Oggi…. ma che fatica!
Lungo il percorso rivedo lo stridente contrasto tipico delle capitali di questi paesi:
palazzi moderni e “bidonville” con le fogne a cielo aperto; tutti più o meno abbiamo
visto situazioni analoghe, tranne Elena che rimane un poco sconcertata. Appena
arrivati ci ristoriamo con un rapido pranzo/merenda e nel frattempo conosciamo gli
abitanti: oltre a padre Elio brasiliano, padre Tavares portoghese e fratel Carlos
anche lui brasiliano.
Dopo cena ci avventuriamo fuori per un rapido giro, la zona è piuttosto centrale e
non vi dovrebbero essere dei problemi, ma non siamo tranquilli e rientriamo presto
in casa. La perdita della valigia ha comportato un fatto positivo: la partenza è
rinviata, domani approfondiremo le ricerche, se non altro possiamo rilassarci un
poco.
4
2 AGOSTO
Ci svegliamo ben riposati, approfittiamo della mattinata per cambiare i nostri
dollari nella moneta locale: il Meticail, per la cronaca 100 di questi valgono 7 delle
nostre Lire. Decidiamo di istituire una cassa comune per le spese ed incarichiamo
Elena di gestirla.
Più tardi usciamo per telefonare a casa e dare notizie. Appena usciti dalla sede
della società dei telefoni vediamo p. Elio e Giuseppe correre verso la macchina: dei
ladri stavano forzando la serratura ancora pochi istanti e non avremmo più trovato
la radio. Proseguiamo comunque il nostro giro e ci fermiamo al mercato generale,
ma non siamo più tranquilli: Nuccio ed io ci fermiamo di guardia.
Dopo pranzo apprendiamo che è arrivata la valigia, se la era solo presa comoda;
Nuccio va subito a recuperarla, siamo tutti più contenti parafrasando un poco
potremmo dire che: ”si fa più festa tra i campisti per la valigia ritrovata più che per le
altre 10 più fedeli…”
Esaurite le feste andiamo verso la parrocchia di Machava a salutare l’altro
gruppo. Per ironia della sorte essi avevano la nostra identica idea e non li abbiamo
trovati subito. Approfittiamo del tempo per visitare la sede di “Radio Maria” è una
struttura molto semplice ma gestita da ragazzi giovani e pieni d’entusiasmo.
Nel frattempo tornano gli amici, li salutiamo ed approfondiamo la conoscenza
con il padre: dalla prima impressione sembra essere una persona piena di energia
e di iniziative, decisamente un po’ speciale.
Rientrati a casa possiamo gustare un‘ottima cena, la cuoca e davvero brava; al
termine, complice la grappa arrivata dall’Italia, ”lo spirito aleggia abbondante sulla
stanza” ed intavoliamo con p. Tavares una lunga ed interessante chiacchierata sul
Mozambico, sui suoi problemi politici e sulle prospettive future.
Preleviamo dalla nostra scorta un salame: è il premio per il “TOTOVALIGIA”, lo
hanno vinto gli amici di Machava indicando all’unanimità Nuccio.
Andiamo a letto presto domani si farà il grande viaggio: ci sveglieremo ad ore
antelucane per noi occidentali troppo abituati alla vita agiata.
3 AGOSTO
Ci svegliamo alle 5, come degli “Zoombie” ci vestiamo e partiamo rapidamente,
quasi in orario, il famoso “African time” non fa ancora effetto su di noi; meglio così, i
chilometri da fare sono tanti, più di 800, prima si parte meglio è. Appena usciti dalla
città possiamo ammirare una splendida alba: è uno spettacolo che mi emoziona
ogni volta di più! La macchina con la quale viaggiamo è molto carica ed uno di noi a
turno deve viaggiare tra i bagagli, per fortuna che la polizia locale non bada molto a
queste cose; primo turno spetta a Nuccio ma ci sarà tempo per tutti.
Procediamo veloci concedendoci qualche rapida sosta per la colazione, per
acquistare frutta dalle bancarelle lungo la strada o per inderogabili funzioni
fisiologiche, anche se la possibile presenza di mine sconsiglia di allontanarsi dalla
strada.
La strada è monotona: una lunga linea retta che si perde fino all’orizzonte,
mentre il paesaggio circostante è costituito da piccoli villaggi tra piantagioni di
cocco e manioca. Durante il mio turno di viaggio tra i bagagli devo rannicchiarmi in
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una strana posizione, sembro quello della pubblicità che fa lo yoga in macchina; ne
approfitto comunque per un bel “pisolino” perciò vi è un “black out“ di informazioni.
A mezzogiorno ci fermiamo nella missione di Mazzinga dove ci aspettano per il
pranzo. Veniamo accolti da Guillerme (non so se si scrive così) un diacono
colombiano che presta lì il suo servizio, ci fa accomodare e consumiamo un lauto
pasto compreso una bellissima papaia.
Debbo svelare un piccolo particolare che avevo tralasciato in precedenza:
durante il primo pasto ci avevano servito la papaia ed il su gusto non aveva
incontrato il favore di Elena, p. Elio se era accorto e da allora non perde occasione
di fargli assaggiare questi frutti; poveretta è quasi alla disperazione! Giusto il tempo
di un caffè e di una fotografia e ripartiamo rapidamente la strada è ancora lunga.
Dopo circa 2 ore nuova sosta: siamo nella missione di Maphiniane, salutiamo le
suore e fratel Giuseppe che si occupa della falegnameria, ci offrono il caffè e…”via
di nuovo verso il sole” (omaggio a De Andrè) concedetemi la licenza poetica, in
realtà andiamo a nord.
Ora il paesaggio è cambiato: vediamo vaste zone allagate, ed anche dei villaggi
sono coperti dalle acque, è il risultato delle anomale piogge di gennaio. Mi viene da
pensare subito alla popolazione: ha già così pochi problemi da affrontare!
Altra sosta a Maimelane, salutiamo le suore e via, il tempo stringe e il buio
incombe. Dopo poco ed arriviamo ad un bivio: abbandoniamo la strada nazionale
asfaltata, ancora 40 Km e saremo arrivati! Mentre ci avviciniamo rimuginiamo uno
strano pensiero: come mai tutti appena sanno che andiamo a Nova Mambone si
mettono ridere? Ed alle nostre domande ci danno delle risposte evasive? Speriamo
di scoprirlo presto. Dopo circa un‘ora di sballottamento, specialmente di Monica
che viaggia nella parte posteriore, arriviamo alla missione, esausti dopo circa 16
ore di viaggio.
Siamo subito accolti dal Padre Amadio Marchiol e fratel Pietro che ci mostrano i
nostri alloggi, le “ragazze” dormono al piano terreno, Nuccio e Giuseppe 1° piano
ed io ho una magnifica “suite” con terrazza.
Scendiamo rapidamente, la cena ci aspetta! siamo tutti affamati. Come primo vi è
minestrone!!! Storco un attimo la bocca, ma se volevo mangiare quello che mi
gusta bastava andare a Rimini al Grand Hotel e non fare tutta quella strada!
ADATTABILITA’ e DISPONIBILITA’
In compenso ci servono dei gamberi pescati da poco e gustosissimi, una vera
leccornia, senza alcun ritegno ne divoriamo una gran quantità; possiamo gustare
anche molti tipi di frutti tropicali: ananas, mandarini, banane ma, per la gioia di
Elena, niente papaie. Mentre assaporiamo la grappa approfondiamo la conoscenza
dei padri e gli strani convincimenti che ci eravamo creati strada facendo svaniscono
subito.
Purtroppo è tardi i padroni di casa si congedano e vanno a dormire; ne
approfittiamo per fare 4 chiacchiere e per scambiarci le impressioni di questi primi
giorni. I molti caffè bevuti per dovere di ospitalità hanno su di me un effetto
deleterio: passo lunghe ore con gli occhi sbarrati a guardare il soffitto.
4 AGOSTO
6
Mi sveglio prestissimo, mancano le tende alla finestra e la prima luce mi
impedisce di dormire, mi viene da pensare all’albergo di Rimini della sera prima, ma
convengo che tutto sommato è sempre meglio il luogo dove mi trovo. Ci ritroviamo
quasi tutti ben prima dell’ora che ci eravamo prefissati, la curiosità è tanta, ne
approfittiamo per fare un rapido giro nel giardino: vi sono molte piante da frutto e
fiori bellissimi.
Dopo colazione salutiamo p. Elio deve ripartire per Maputo, è un vero peccato:
tutte le persone del gruppo sono attratte dalla sua personalità e simpatia, e
dobbiamo anche ringraziarlo, ci ha fatto un grosso favore accompagnandoci fin qui.
Esauriti i saluti tutti sul cassone del pick up e via: verso una comunità poco
distante.
Non è la prima volta che viaggiamo in questo modo in Africa, è una
consuetudine, di conseguenza conosciamo tutti i trucchi; dopo poco vedo un ramo
particolarmente basso, do l’avviso ed istintivamente ci abbassiamo tranne Elena
che si è distratta e viene colpita dal ramo, per fortuna non è grande e non causa
problema.
Giungiamo in un villaggio chiamato Chimunda, anche se questo termine
(villaggio) è improprio: infatti, ogni famiglia si costruisce la propria capanna nei
pressi del campo da coltivare. Ci fermiamo davanti alla piccola chiesa da poco
ultimata, i membri della comunità stanno ancora lavorando per sistemare la parte
esterna.
Ci accolgono festosamente con canti ad alte grida e si accalcano per stringerci la
mano. Esauriti i festeggiamenti cominciamo subito il lavoro: dobbiamo tagliare i
rami di un grosso albero che ingombra il passaggio. All’inizio siamo un poco
impacciati ma il padre, mostrando una forza ed un’agilità sorprendenti ci mostra
come fare e pian piano cominciamo a prendere confidenza con il “machete“ e
l’ascia.
Verso le 11.30 veniamo presentati agli anziani del villaggio (le massime autorità
secondo la tradizione) ed assistiamo ad un’estenuante e complessa trattativa del
padre che vuole ottenere l’uso di un terreno adiacente la chiesa per la realizzazione
di un campo di calcio.
Nel pomeriggio visitiamo bene la missione e tutte le sue attività: la segheria, la
falegnameria, l’officina meccanica regno di Fr. Pietro e la piccola sartoria; sono tutti
ambienti ben attrezzati nei quali ferve un’intensa attività. Visitiamo il grande orto
con moltissime specie di verdura, il bananeto e l’immensa piantagione di cocchi.
Da quel poco che ho capito tutte le attività della missione sono gestite dalle
persone del posto, in tal modo il padre ha più tempo a disposizione per occuparsi
delle comunità cristiane sparse nel territorio. Proseguendo nel nostro “ tour”
entriamo in una casa tipica della zona: è in paglia e fango, ma l’interno è strutturato
su più stanze, ognuna con una sua specifica funzione.
Al termine del pomeriggio facciamo conoscenza con la comunità delle suore:
fanno parte dell’ordine delle “Pallottine”, sono qui da circa 15 mesi e stanno
cominciando a svolgere la loro attività nella scuola, nella catechesi e gestiscono un
piccolo dispensario. Prima di rientrare in missione ci fermiamo sotto il grande albero
nel cortile della scuola elementare ed ascoltiamo i primi racconti sulle avventure di
caccia all’ippopotamo del padre.
Prima di cena Monica, nella sua veste di “leader” del gruppo, consegna
ufficialmente i 7.500.000 di lire, frutto dei nostri sacrifici e della generosità di molti.
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Grande è stata la nostra sorpresa nel vedere lo sconcerto del padre, non se li
aspettava. E’ la prima volta che un gruppo di Africa Oggi arriva nella missione e di
conseguenza il padre non conosce il nostro “modus operandi” ed a causa dei
molteplici impegni non avrà letto attentamente la documentazione inviatagli.
Più tardi comodamente seduti in veranda apprendiamo i dettagli dei lavori che
dovremo svolgere: il programma del padre prevede che si seguano la costruzione
di due centri comunitari, si sistemi la dispensa in cucina, si organizzi un giro di visite
alle persone più povere per la distribuzione di vestiti ed infine dobbiamo coordinare
il progetto per l’assistenza ai colpiti dall’alluvione. Sono un poco perplesso mi
domando come faremo a fare tutto?
Particolarmente apprezzabile è il progetto di assistenza ai colpiti dall’alluvione: è
stato concepito da un consiglio di anziani delle varie comunità ed è stato finanziato
dalla Caritas spagnola. Come prima misura urgente è stata organizzata una
distribuzione di sementi per ortaggi affinché, la gente possa avere qualcosa da
mangiare in sostituzione dei raccolti andati distrutti.
Dopo i responsabili delle varie comunità eseguiranno un censimento delle case
distrutte, segnaleranno le necessità di coloro che non sono in grado di ricostruirsi la
propria abitazione. Una volta stabilito l’elenco delle priorità, i vari gruppi si
organizzeranno per ricostruire le case utilizzano i materiali forniti dagli spagnoli
(cemento e lamiere zincate), il tutto sotto lo stretto controllo degli anziani che
vigileranno affinché non vengano commessi abusi. (mentre trascrivo questi
avvenimenti apprendo dei container destinati al Kossovo abbandonati sui moli di
Bari e mi viene da chiedere chi sono i civili e chi i “selvaggi”, spero vogliate
perdonare il mio sarcasmo)
Andiamo a letto presto da domani si lavora e ci si alza all’alba.
5 AGOSTO
Alle 6,30 suona la sveglia ci sembra prestissimo, ma in tutta la missione già vi è
una febbrile attività. Sono molto assonnato: ho trascorso gran parte della notte a
litigare con una o più zanzare; probabilmente siamo coinquilini e sono euforiche,
convinte come sono che la direzione della missione abbia fornito loro la cena in
camera. Questa sera monterò la zanzariera così impareranno a comportarsi
educatamente con gli ospiti! Giusto il tempo di una rapida colazione e poi partiamo:
questa mattina visiteremo i cantieri.
La prima tappa è nella cittadina di Nova Mambone: visitiamo la cattedrale, e
proprio sulla soglia ci viene indicato il luogo dove fu ucciso un giovane catecumeno
nel periodo di guerra; facciamo una visita di cortesia all’ordine costituito (i poliziotti
della locale stazione) e ripartiamo. La cittadina è piuttosto malridotta, le strade sono
piene di buche e le case necessitano di un’energica manutenzione. Usciti dal
centro abitato percorriamo pochi chilometri e giungiamo a Matasse dove sta
sorgendo una delle nuove costruzioni. Qui possiamo ammirare l’organizzazione
“dell’Impresa Marchiol”: tutti i materiali e le attrezzature sono custodite in un grande
carro facilmente trasportabile, in maniera tale da poter aprire ovunque dei cantieri
attrezzati di tutto punto.
Ci mettiamo anche noi al lavoro: gli uomini a posare i mattoni e le “ragazze”
fanno la spola fino al pozzo per trasportare acqua; ben presto sono accompagnate
da un nugolo di bambini festanti.
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Dopo circa un‘ora interrompiamo il lavoro e partiamo alla volta di Matique, dove
sta sorgendo una costruzione gemella. Anche qui i lavori sono a buon punto, anzi il
padre fa in modo che si crei una sana competizione tra le due comunità: così
facendo i lavori procedono più rapidamente.
Rientriamo alla missione verso le 12,30, particolarmente affamati e sul tavolo
troviamo una bella zuppiera di… minestrone; pazienza oramai sono quasi
rassegnato. Dopo il giusto riposo ci rechiamo in officina: sotto la supervisione di p.
Amadio prepariamo i lunghi pali che serviranno da sostegno per il tetto.
Alle 17,00, oramai all’imbrunire interrompiamo il lavoro, e ci concediamo un poco
di relax nella veranda ascoltando i mille racconti del padre; più l’ascolto e più mi
rendo conto che è una persona eccezionale.
Verso le 10 rimaniamo soli, spegniamo la luce e mentre ammiriamo il cielo
stellato ci scambiamo le impressioni della giornata. Purtroppo questa sera è
affiorato un certo malumore e vi sono state delle incomprensioni, spero che
dipenda dalla stanchezza accumulata in questi giorni.
6 AGOSTO
Mi sveglio di pessimo umore: anche questa notte i miei coinquilini hanno
banchettato a mie spese! Mi dispiace per loro, ma visto che non vogliono imparare
l’educazione ricorrerò alla guerra chimica! Mi rendo conto che neanche Hitler
faceva discorsi di questo tipo, ma il riposo è sacro!
Andiamo subito in officina: dobbiamo ultimare il lavoro di ieri. Verso le 10
carichiamo tutti i materiale sul trattore e partiamo anche noi alla volta di Matique.
Mentre attendiamo il trattore facciamo un giro lì attorno, salutiamo un gruppo di
donne anziane ed incontriamo una giovane mamma con una neonata.
Apprendiamo che la piccola non ha ancora il nome (secondo l’usanza locale avrà il
nome solo quando qualcuno si occuperà di lei). Il padre propone alla mamma di
scegliere tra Elena e Monica, viene scelta la seconda possibilità, con gran
commozione della più grande delle due (Moniche). Siamo sempre nella attesa del
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materiale da scaricare ed approfittiamo del tempo per andare a vedere un braccio
di mare poco distante.
Possiamo vedere una famiglia di pescatori intenti a riparare le reti e la loro barca:
un semplice tronco scavato. Non siamo ancora riusciti ad orientaci completamente
e non sapevamo di essere così vicini al mare: la costa è molto frastagliata ed il
mare penetra verso l’interno formando dei lunghi canali, quasi dei piccoli fiordi.
Rientriamo al cantiere ad aiutiamo a scaricare, e rientriamo a casa rapidamente
per il pranzo.
Abbiamo notato la strana giuda che ha il padre quando si avvicina mezzogiorno:
da prudente che è diventa spericolato ed aumenta la velocità, non di molto (il
cattivo stato delle strade non consente prestazioni da gran premio), ma noi che
viaggiamo dietro ce ne accorgiamo dai salti più accentuati.
Il programma per il pomeriggio prevede che si vada a Matasse, ma il nostro
direttore decide di portarci alla salina: sono proprio curioso non ne avevo mai vista
una. E’ una delle principali attività della missione e fornisce il sale anche alle
nazioni vicine.
La struttura è formate da grandi vasche con il livello sempre più basso nelle quali
l’acqua evaporando libera i suoi composti, il tutto è regolato da serrande e paratie.
Il luogo è bellissimo e vi regna un silenzio irreale. Gli unici suoni provengono dagli
stormi di pellicani e fenicotteri rosa che vi dimorano, peccato che siano restii a farsi
avvicinare.
Esaurita la chiacchierata serale andiamo tutti a letto presto, meglio rilassarci.
7 AGOSTO
Iniziamo la mattinata in officina dobbiamo ultimare la preparazione di alcuni
pezzi. Alle 8.00 tutti di corsa in missione: vi è il collegamento radio con p. Tavares a
Maputo, ascoltiamo le ultime novità a via.
Tutte le missioni della zona non raggiunte dal telefono sono collegate via radio:
quotidianamente vi è un collegamento con Mazzinga, e due volte la settimana
martedì, e sabato alle 8,00, c’è l’appuntamento con la casa regionale. Verso le 10
carichiamo la saldatrice elettrica, i tubi completati ed un gran numero di mattoni il
furgoncino e partiamo alla volta dei cantieri: siamo molto carichi, e più che un
viaggio, a causa delle buche e della precarietà della posizione, sembra una “ via
crucis”.
Una volta completate le 15 stazioni (la via crucis) arriviamo a Matasse:
scarichiamo i materiali ed aiutiamo Machona, un operaio dell’officina, a posizionare
i tubi per il sostegno della trave portante.
Nel frattempo Elena, Monica e Nuccio radunano i bambini vicino al pozzo, ed
insegnano canti e filastrocche, con gran divertimento di tutti. Sulla via del ritorno ci
fermiamo a Matique: dobbiamo prendere delle misure e ne approfittiamo per un
saluto alla piccola Monica. Oggi è sabato ed il pomeriggio non si lavora, anche noi
saremo in libertà.
Mentre i padroni di casa si riposano, Elena e Monica si recano dalle suore per un
saluto: quanto di seguito riportato è il loro racconto.
Nel pomeriggio Elena ed io siamo andati dalle suore portando con noi la
caffettiera come regalo. E’ stata per loro un dono inaspettato perché la
richiedevano da qualche tempo, ma nessuno l’aveva ancora spedita. Suor Aida ci
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ha abbracciato forte. E’ bello vedere anche da queste piccole cose come si riesce a
fare felici la persone. Questa semplicità è disarmante.
Nel frattempo il padre decide di portarci al mare, recuperiamo il nostro capo ed
Elena e partiamo senza indugi. Lungo la strada carichiamo Machona, il saldatore di
stamattina, viene anche lui con noi, viaggiamo per circa un‘ora e mezza in mezzo
ad una boscaglia fittissima ed a rovi pungenti, tanto che un ramo si impiglia nella
mia maglietta ed occorre l’aiuto di 2 persone per riuscire a togliere tutte le spine.
Si sta facendo tardi, del mare neanche un indizio, cominciamo seriamente a
sospettare in una burla di Amadio! Invece di colpo sbuchiamo in una grande
spianata ed in fondo ad essa si vede l’acqua! Finalmente!
Ho volutamente utilizzato il termine acqua, poiché il paesaggio che ci si presenta
non è quello tipico a cui siamo abituati: non vi è il mare azzurro, non vi sono le
onde (in questa zona la costa è molto frastagliata, vi sono delle profonde baie e dei
fiordi che si spingono verso l’interno, ndr). Siamo appunto in uno di questi canali, le
cui rive sono ricoperte da una fittissima vegetazione e nel mezzo vi sono degli
isolotti di sabbia, in ogni caso è un posto bellissimo!
Su un isolotto vi sono delle capanne di pescatori e vediamo due di essi venirci
incontro con le loro piroghe. Ci salutano e ci invitano a salire con loro: le
imbarcazioni del posto, come già detto sono dei semplici tronche scavati, saranno
sicure ma non sono certamente stabili; ed appena allontanaci un poco dalla riva mi
faccio prendere da una certo timore. Per fortuna l’acqua pare bassa, non vi sono
onde ed il tragitto è breve. Giungiamo senza alcun incidente nell’isolotto e tutti, o
quasi, i Mambonauti si tuffano per un bagno ristoratore, tranne me che da buon
amante della montagna non vado molto d’accordo con l’acqua, specialmente quella
con un’altezza superiore a 180 cm. (in parole povere: dove non tocco).
Rimango sconsolato a guardarli, e mi ripropongo di essere un po’ meno “fifone“
la prossima volta; se non altro posso ammirare un tramonto mozzafiato.
Risaliamo sul traghetto e torniamo alla macchina, sta calando il buio ed anche la
temperatura scende sensibilmente già pensiamo che dovremo viaggiare al buio.
Mentre ci prepariamo vediamo il padre e Machona armeggiare con uno strano fare
ed un’ancora più strana custodia: da questa viene estratto un fucile! Il padre vuole
andare a caccia. Sapendo che non saremmo andati con lui di nostra spontanea
volontà ci fa questo scherzo!
Giuseppe si mette alla guida, il “padre Ippopotamo” (Amadio) sale con noi dietro
ed Elena illumina con il potente faro la boscaglia. Ad un certo punto vediamo una
lepre paralizzata dalla luce che l’abbaglia: la machina si blocca, Elena punta il faro,
Amadio prende la mira e spara, la povera lepre viene colpita, spicca un grande
salto e muore poco lontano. Personalmente non amo questo genere di attività e
sono terribilmente dispiaciuto per la fine del povero animale, ed anche Monica e
Nuccio dallo sguardo esprimono sentimenti uguali ai miei.
Avvistiamo degli strani roditori chiamati dal padre “cangurini” e dei quali non so
sinceramente dare il nome scientifico, che per fortuna sono molto rapidi e riescono
a fuggire.
Ad un certo punto Giuseppe non si avvede di un grosso ceppo che spunta dal
bordo della strada, lo urta in pieno e la macchina fa un grosso sobbalzo, prendiamo
una gran botta, ma sembra tutto a posto. Facciamo qualche metro e Monica si
mette a gridare. “Elena è caduta!” facciamo frenetici segnale a Giuseppe di
fermarci. ci giriamo e la vediamo seduta sulla strada, si alza, con molta eleganza si
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scuote la polvere dai vestiti e ridendo si avvicina alla macchina. Pare sia tutto a
posto, per fortuna! Facciamo accomodare “la miracolata” comodamente davanti e
riprendiamo il “safari”.
Ora sono io che manovro il faro, ed avvistiamo altri canguretti ed un a piccola
antilope, ma un po’ per inesperienza ed un po’ per compassione verso quei poveri
animali non riesco ad illuminarli il tempo sufficiente affinché si possa prendere la
mira. (padre Amadio: spero che non ne abbia a male per il mio piccolo
“boicottaggio“). Terminiamo la battuta con sola la povera lepre nel carniere e
stanchissimi, verso le 20,30 rientriamo in missione
8 AGOSTO
E’ domenica e possiamo dormire un poco di più: ci svegliamo ben alle 8,00,
rispetto al solito è tardissimo. Consumiamo la solita ricca colazione a base di: caffè,
latte in polvere, salame, formaggio, banane, ananas e …..papaia ma, senza p. Elio
nelle vicinanze, quest’ultimo frutto non è più un incubo. Verso le 9,00, con la pancia
doverosamente zavorrata, ci apprestiamo ad andare in chiesa per la Messa
domenicale. Oggi la celebreranno nella chiesa della missione perciò dobbiamo solo
attraversare la strada.
Ci fanno accomodare su una panca a noi riservata e ci prepariamo alla
celebrazione; mi rendo perfettamente conto che riservare il posto migliore agli
“ospiti“è segno di cortesia, ma tutto ciò mi mette in imbarazzo. Monica ha il compito
di riprendere con la videocamera alcuni minuti della celebrazione, ed Elena ha un
registratore: registreremo i canti per il coro di Africa Oggi. ”Non so se l’avete notato“
ma si sta “africanizzando” anche il gruppo: gli uomini guardano e le donne
lavorano!
La celebrazione non ha la stessa “intensità” rispetto a quelle di altre mie
esperienze precedenti, ma è seguita con attenzione ed i canti sono molto
coinvolgenti.
Terminata la messa ci invitano a salire sull’altare e dobbiamo presentarci; poi il
responsabile della comunità ci da il benvenuto e come dono ci offre una “capulana“
il loro vestito tradizionale, che per le donne è ancora di uso quotidiano, mentre gli
uomini la utilizzano solo nelle grandi occasioni. Ci vestono e poi tutte le persone
vengono a stringerci la mano. Siamo tutti molto commossi specialmente Monica,
ma sarà lei a raccontare le emozioni di questi momenti.
Personalmente mi sento molto imbarazzato e percepisco le stesse sensazioni
provate anche in altre occasioni analoghe: vengo accolto come un re, ed io che
cosa posso fare per loro? Molto poco. I problemi di queste popolazioni sono
talmente grandi e complessi che difficilmente si potrà trovare una soluzione in
tempi brevi. Eppure si fa festa per me e per gli altri amici: evidentemente l’ospitalità
e la gratuità rappresentano ancora dei valori. Debbo fare tesoro di questo.
Ora passo a trascrivere le impressioni di Monica. “Voglio riferirmi a domenica
quando siamo stati presentati alla comunità. L’accoglienza riservataci è stata
emozionante: perché persone che non conosco ancora, si sono private di qualcosa
per comprare una “capulana”. Questo è un gesto molto bello di condivisione ed
affetto. Io ho iniziato a fare il mio “laghetto” versando qualche goccia di acqua”.
(Monica è una ragazza molto “fredda”, che difficilmente manifesta i suoi sentimenti,
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o forse mi sto confondendo? da tre mesi che ci conosciamo ed ancora confondo i
nomi!)
Terminato il momento della presentazioni riprendiamo il nostro posto, ho il
terrore che comincino gli interminabili discorsi tipici di queste occasioni, per fortuna
viene impartita la benedizione finale e l’assemblea si scioglie. Appena fuori la
chiesa la gente va subito verso casa.
A pranzo hanno cucinato coniglio, è una grande sorpresa! Sono tentato di non
mangiarlo, solo il pensiero che la sera prima era vivo mi intristisce, ma se lo
avanzassimo il suo sacrificio sarebbe stato vano, e …….. poi, in tutta sincerità è
buono. Che gran cosa la coerenza, e che bello saperla conservare in tutte le
occasioni!!!
Oggi avremo il pomeriggio libero, ne approfitteremo per un po' di bucato.
Terminato di lavare i panni iniziamo a fare un poco di pulizia nella casa e, visto che
oramai siamo lanciati, decidiamo di affrontare la dispensa: una volta fatta non ci
pensiamo più.
Elena dedica le sue attenzioni al mobile della sala, mentre Monica, Nuccio ed io
affrontiamo il problema maggiore. Isabel, la cuoca, sarà molto brava a cucinare. Ma
in quanto ad ordine…..è quasi come me, sto parlando di livelli d’assoluta
eccellenza (in senso negativo, purtroppo .). Iniziamo a portare fuori tutto, ma
dobbiamo interrompere, siamo assaliti da un coro di proteste! Abbiamo interrotto il
sacrosanto week end della popolazione locale.
Movendosi rapidamente, meglio di un comitato di cittadini “benpensanti”
organizzano una marcia di protesta, al grido di “TORNATE A CASA! IGIENISTI”, e
“NON VOGLIAMO I CITTADINI COMUNITARI!” ed ancora “LADRI! CI TOGLIETE
IL LAVORO!” vediamo sfilare: formiche, scarafaggi, farfalline varie e due geki.
Comprendiamo la sacrosanta protesta: ma i diritti di pochi non possono fermare il
progresso e la civiltà! (che spavento! parlo come un politico).
I dimostranti non recedono dalla loro protesta e, vista l’impossibilità di trovare un
giusto compromesso, ricorriamo alla chimica, ed i poveretti si ritirano sdegnati.
Dalla dispensa esce di tutto, e la maggior parte dei cibi sono scaduti da almeno
…un‘era geologica: probabilmente era materiale al seguito dei primi coloni
portoghesi 500 anni fa. Tentiamo di gettare i prodotti più vecchi, ma il padre
inorridito ci blocca subito ! siamo in Africa: non si getta nulla! E non vi è verso di
farlo recedere. Verso le 17,30 riusciamo a riportare un minimo di razionalità nel
locale; ed anche Elena, con l’istinto del capo magazziniere che è in lei, mette in
ordine tutte le posate ed i piatti della missione.
Alle 19,00 tutti a sentire il radiogiornale dall’Italia, siamo via da una settimana e
non abbiamo notizie, siamo curiosi. Mentre ascolto la radio mi viene da pensare a
Kalicero (la missione in Zambia, in cui sono stato lo scorso anno). Penso a padre
Francesco intento a cucinare il pollo alla grigia ed a padre Luigi in perenne lotta con
i cani, e penso che sarebbe bello poterli ancora incontrare. Per fortuna è l’ora di
cena: un “ buon “ minestrone mi toglierà i miei pensieri nostalgici. Ma il pollo di
Kalicero era proprio buono !
Durante la serata continuano i fantastici, nel senso di meravigliosi, discorsi di p.
Amadio; rimarrei delle ore ad ascoltarlo.
9 AGOSTO
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Puntuale alle 6,45 arriva Monica a svegliarci. A causa del suo ruolo ora si chiama
“ boss”, mentre Elena, dopo sabato sera, è “Highlander” se non si fa male facendo
un volo del genere, nulla potrà ferirla.
Iniziamo la mattinata in officina: dobbiamo ultimare la preparazione di alcuni
pezzi per i cantieri. Noto che l’inizio della settimana lavorativa è uguale in tutte le
latitudini: gli operai arrivano alla spicciolata, più tardi del solito ed iniziano
lentamente il lavoro. Per coloro che arrivano con maggiore ritardo, vi è una
punizione molto particolare: vengono inseguiti dal capo officina che gli lancia contro
dei grossi blocchetti di legno! Alla faccia della Legge 626!
Carichiamo tutto sul trattore, ed insieme a Josè (uno degli operai) partiamo alla
volta dei cantieri. Siamo a Matique e, mentre il saldatore fissa la trave sul tetto, ne
approfittiamo per fare un piccolo giro. Portiamo dei vestitini alla piccola Monica, e
portiamo altri indumenti alle persone anziane della comunità. Ho notato che il padre
ha molto rispetto per la figura del vecchio. Ogni volta che andiamo in una comunità
il suo pensiero è sempre rivolto al capo villaggio ed agli anziani; cerca di mantenere
in vita un patrimonio di saggezza e cultura che si sta perdendo.
Alle 12.30 ci sediamo a tavola e subito devo ripetere mentalmente le parole:
ADATTABILITA’ e DISPONIBILITA’, chissà perché! Ognuno tragga le sue
conclusioni.
Nel pomeriggio il gruppo è scosso da una forte tensione e si crea una
discussione: l’accumularsi di piccole incomprensioni ha ingigantito delle piccolezze.
Questa sera faremo un po’ di consiglio di famiglia e appianeremo tutto. Ragionando
a caldo mi pare di aver compreso che si scontrano due diverse visioni sul modo di
lavorare ed affrontare l’esperienza, una “efficientistica”: bisogna lavorare molto, in
fretta e bene così da insegnare come si fa e perché bisogna portare a termine il
progetto. Un’altra corrente ritiene che bisogna si lavorare, ma rispettando i ritmi e le
modalità delle persone, e le priorità sono altre: importante è il contatto con la gente.
Da queste due visioni, nascono dei piccoli malintesi che accumulatisi portano ad
amplificare a dismisura fatti di per se insignificanti. Penso che non vi siano problemi
a chiarire il tutto.
Passato il “temporale” partiamo alla volta di Chimunda: dobbiamo fare dei piccoli
lavori di rifinitura. Elena e Monica dovranno ridipingere le pareti, Giuseppe e Nuccio
zappano il terreno antistante la chiesa ed io preparo le piantine che dovranno
essere posate. Il nostro datore di lavoro, avendo intuito la situazione, ci fa lavorare
duramente; finalmente alle 17,30, mentre il sole è oramai prossimo al tramonto ci
da il permesso di smettere e rientriamo alla missione.
Uno dei pochi nei della casa che ci ospita è rappresentato dal circuito idraulico.
Non vi è acqua calda e, se tutti la utilizzano non ve ne è abbastanza per tutti. Infatti,
devo lavarmi sfruttando al massimo una grossa goccia d’acqua che ogni tanto ha la
bontà di uscire dal soffione. Terminata la cena, come per incanto da un armadio
compare un televisore, così possiamo vedere la prima parte del filmato che il padre
sta registrando, penso che voglia documentare ad Africa Oggi i danni che stiamo
causando!
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Siamo troppo stanchi e gli “zappatori“ hanno la schiena dolente: tutti a nanna
presto, il chiarimento è rinviato a quando saremo più in forma.
10 AGOSTO
Ci svegliamo ben riposati e di buon umore. Trascorriamo un paio d’ore a
gironzolare in officina e falegnameria: la mattina ci mettiamo sempre un poco a
“carburare”, e poi il padre ha sempre delle piccole faccende da sistemare.
Riempiamo un paio di grossi bidoni di acqua e via verso Chimunda. La “Boss” ed
Elena proseguono il loro lavoro di pittura, mentre il resto della truppa si dedica al
giardinaggio: dobbiamo finire di zappare e bisogna piantare la siepe. Lavoriamo
alacremente fino alle 12,30 e poi di corsa in missione.
Oggi i cuochi si sono superati: spaghetti, pesce fritto con contorno di banane
fritte, cocco fresco e “mousse “ di avocado! Decisamente un menù molto raffinato.
Terminiamo il pranzo satolli, è un peccato avanzare qualcosa!
Per il pomeriggio il padre ha delle importanti incombenze da svolgere:
appuntamento verso il tramonto, ci porterà a visitare qualche cosa che non ci vuole
svelare.
Approfittiamo del tempo libero per andare a salutare le suore: visitiamo la loro
casa, assaporiamo il caffè e divoriamo il dolce che ci offrono. Dopo una settimana
qualcuno è in crisi d’astinenza da dolce, per rispetto alla privacy non dovrei
comunicare il nome degli “zuccheridipendenti” ma credo che Elena e Nuccio non
abbiano niente da obbiettare. Cerchiamo di mandare parecchi messaggi subliminali
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alle gentili (?) ragazze affinché provvedano ad allietare la mensa con una gustosa
torta, ma fanno orecchie da mercante.
Ritornando verso casa vediamo Amadio (mi scuso per il termine confidenziale,
ma sono a corto di sinonimi: Il risparmiare qualche “padre” mi semplifica la vita,
sono certo che l’interessato non ne avrà a male) intento a lavorare in officina e lo
aiutiamo.
Alle 5 della “tarde” siamo tutti pronti e partiamo: andiamo a vedere da vicino un
gigantesco Baobab che troneggia nella savana. Lasciamo la strada e ci
addentriamo nei campi: poco distante vediamo questa pianta gigantesca dal fusto
enorme; peccato che sia senza foglie (è inverno). Sono poco tranquillo in mezzo
alle sterpaglie: temo le mine ed i serpenti. Nonostante ci rassicurino circa la relativa
mancanza di pericoli: abbiamo appreso che ogni tanto qualche pecora salta su una
mina; hanno già sminato la zona, ma a causa della scarsità di fondi l’operazione
pare non sia stata così accurata.
Per quanto riguarda i rettili non vi è da temere: ma la domenica prima la suora
aveva ucciso un cobra poco lontano la loro casa…. speriamo. Ritorniamo indenni
alla macchina ed il padre ci accompagna sul fiume per farci vedere il luogo dove
sorgerà una nuova cappella, nel frattempo riusciamo ad ammirare un romantico
tramonto.
Dopo cena il discorso tocca vari argomenti: astrologia, astronomia,
parapsicologia, teologia, archeologia e civiltà precolombiane. Specialmente
Giuseppe sembra essere ferrato in tutte queste materie da erudito: peccato che la
mia cultura sia così limitata.
Terminata l’accademia, ci ricordiamo che è S. Lorenzo e ci lanciamo nel più
“popolare” gioco della caccia alle stelle cadenti, sperando che non cadano tutte
nell’altro emisfero.
11 AGOSTO
Mi sveglio con un terribile senso di colpa: questa notte ho fatto una pessima
figura nei confronti di Nuccio. Verso le tre mi sento chiamare, era lui che mi
chiedeva un termometro, gli ho risposto che non l’avevo, poi ho domandato chi non
stesse bene, era lui che aveva dei problemi, ed allora… mi sono girato nel letto e
mi sono messo a dormire!!! Il prototipo del buon samaritano! Mi vergogno molto, mi
sento uno ”stolto“, spero che non si sia arrabbiato.
Per fortuna era un malessere passeggero, probabilmente legato ai terribili affetti
collaterali del Lariam (l’antimalarico).
Di certo dovrò meditare molto su questi miei atteggiamenti: quantomeno non si
adattano ad un gruppo che dovrebbe vivere in comunità.
Il Programma di oggi prevede lavori vari a Chimunda: oggi è il giorno di lavoro
comunitario, perciò potremo incontrare i membri della comunità. Giuseppe
prosegue il lavoro di giardinaggio, il resto del gruppo ultima la verniciatura e la
pulizia, mentre gli altri tolgono erbacce e puliscono il terreno retrostante la
costruzione.
Alle 11,30 tutte le persone si radunano sotto il grande albero dove, fino a ieri, si
svolgevano le celebrazioni. Iniziano con dei canti e poi proseguono con una
discussione sui progetti per il futuro. Naturalmente capiamo poco, ma notiamo che
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la discussione è molto pacata, ognuno si esprime liberamente e non è mai
interrotto; proprio come nelle riunioni di condominio.
Il pomeriggio lo trascorriamo in officina a preparare i sostegni per i tetti.
Dall’osservazione dei ritmi pacati tenuti dagli operai nasce una riflessione all’interno
del gruppo: c’è chi sostiene che questo non è il modo di lavorare, dobbiamo
insegnare le modalità di lavoro ed i ritmi “occidentali, così facendo si potrà
migliorare la qualità della vita. Altri sostengono che questa non è la via da
percorrere: dovrà essere la gente a scegliere le modalità ed i tempi con i quali
impostare la vita e programmare il futuro, importare forzatamente una “ civiltà” non
può che causare danni irreparabili. Il lato buffo della faccenda è che, mentre noi
discutevamo di alta filosofia, gli operai continuavano a lavorare! Alla faccia degli
“occidentali “ infaticabili.
Verso le 17,30, con le mascelle affaticate dal gran parlare, siamo rientrati in
missione. Desiderosi di una bella doccia. Ma siamo stati fermati sull’uscio dal
padre: ci ha messo in mano un libretto di canti in lingua locale e via con le prove.
Pur con tutta la nostra buona volontà: il risultato è stato un disastro! Ma il direttore
d’orchestra non demorde: dopo cena altra lezione.
Al termine della serata il livello del coro è un poco migliorato, ma temo che se
dovessimo esibirci in pubblico causeremo un mal di pancia generale….per il gran
ridere che faremmo fare!
Prima di addormentarci facciamo un piccolo consiglio di famiglia: non riusciamo a
superare le diffidenze reciproche, ma almeno troviamo un “ modus vivendi” e ci
diamo un piccolo codice di comportamento.
Vado a dormire più sereno: forse il temporale non era poi così terribile come si
presagiva.
12 AGOSTO
A furia di evocare il temporale: questa notte ha piovuto davvero! Mi sono
svegliato nel cuore della notte ed ho sentito il rumore della pioggia: mi sono rigirato
dall’altra parte tentando di dormire. Ma il rumore aumentava di intensità: ho acceso
la luce ed ho visto che pioveva nella stanza; ho tenuto un poco sotto controllo la
situazione, una volta appurato che non correvo rischi (esagerato!), e che le mie
cose erano al sicuro ho ripreso a dormire. Anche se ogni tanto verificavo che le
“cascate” non aumentassero di intensità; morale al mattino sono terribilmente
assonnato: per dirla con una frase celebre di Amadio. “e si….. così è la vita”.
Proseguiamo i nostri lavori in officina, anche se il termine è improprio: si lavora in
uno spiazzo sotto un grande albero; un po’ “ naif” ma almeno non vi sono problemi
di caldo.
Verso le 10 ci dividiamo in due gruppi: Giuseppe ed io con il padre, facciamo il
giro dei cantieri; gli altri in falegnameria, devono preparare il disegno di un nuovo
modello di schienale per una sedia.
Sulla via del ritorno ci fermiamo a Nova Mambone nell’ufficio del rappresentante
il governo: Il padre deve ottenere il premesso per la costruzione di una cappella. La
discussione si è fatta subito animata! Dal tono dei discorsi e dall’atteggiamento dei
“contendenti” mi sembra di vedere un film di “Don Camillo” anche se il “Peppone “
locale è meno accomodante!
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Nel pomeriggio rinnoviamo “ i messaggi” alle ragazze, le quali hanno
“compassione“, chiedono il permesso, e si recano dalle suore per svolgere la
delicata incombenza. Questa sera finalmente potremo gustare un magnifico dolce o
almeno lo speriamo: il fatto che tengano gelosamente nascosto il risultato del loro
lavoro ci induce ad essere un poco sospettosi.
In attesa che giungano le suore per “l’agognato dessert”, interroghiamo Amadio e
Pietro sulla validità della proposta di Africa Oggi. da lì il discorso su temi quali: in
che modo porsi nei confronti della gente del posto, se sia giusto imporre dei
cambiamenti nel modo di vivere della gente ed ancora se e con quali tempi
introdurre nuove tecnologie. Sono estremamente affascinato dalla personalità del
padre: ammiro la sua assoluta dedizione alla gente, il suo rigoroso stile di vita, il
suo continuo prodigarsi per le persone indipendentemente dalla fede professata;
decisamente c’è molto da imparare da lui.
Ad interrompere i nostri discorsi arrivano le suore per il gran momento. Vogliate
scusarmi, ma non le ho ancora presentate: sono suor Aida, la superiora, Cleva,
l’infermiera e Venera è italiana, viene da Catania e si occupa della catechesi.
Ed ecco come per incanto apparire una….. meravigliosa torta di ananas
dall’aspetto sembra deliziosa. Purtroppo non posso gustare tanta prelibatezza: ho
un poco di mal di stomaco, meglio non rischiare, peccato! Non potevo stare bene
ancora mezz’ora? Mi rifarò domani mattina!
13 AGOSTO
Ho trascorso una notte molto agitata, ed il male allo stomaco non è ancora
completamente passato.
Il compito di oggi prevede la sistemazione di una vecchia barca a secco da anni,
il padre ha intenzione di rimetterla in condizioni di navigare: servirà per trasportare i
pali da utilizzare nella costruzione delle case per gli alluvionati. Fin da principio
l’impresa sembra “disperata”. Il fasciame è marcio ed all’interno dello scafo sono
nate delle piante, ma obbedienti ci mettiamo al lavoro.
Verso le 10 il mio malessere peggiora e devo” gettare la spugna”, ho un poco di
febbre: meglio mettersi a letto.
Mi sveglio per pranzo, e poi di nuovo a letto, mentre la temperatura continua a
salire. Alle 5 ho 38,7° di febbre e mi sento decisamente a “pezzi”. Monica da buon
capo si preoccupa un poco: chiede consiglio a sr. Cleva, una pastiglia di
Tachipirina e sto subito meglio (l’ultima frase sembra quella di uno spot
pubblicitario, non volevo).
Debbo dire che anche dal mio “letto di dolore” (esagerato!) ho potuto ricevere
un‘altra lezione di comportamento.
Monica, Elena e Nuccio sono stati prodighi di attenzioni nei miei confronti, sono
rimasti a farmi compagnia, si sono addirittura preoccupati (in Africa Oggi ci
bombardano, giustamente, di notizie su malattie terribili e su come prevenirle:
siamo talmente terrorizzati che, anche un semplice malessere come il mio può far
paura). Se penso al mio comportamento alcune sere fa…”Meditate gente
meditate”! (mi permetto di fare presente all’autore che, in questo caso è d’obbligo
l’uso del singolare, ndr). Forse questo mio malessere è la giusta punizione!
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14 AGOSTO
Bollettino medico: notte tranquilla, temperatura nella norma, stato generale
buono. Ma oggi farò ancora il “convalescente”.
Oggi, come da programma, si sarebbe dovuti tornare al mare. Ma gli amici
decidono di rinviare la gita ad altra data! Grazie!
Durante il ”gazzettino Maputiano” (il collegamento con padre Tavares) mandiamo
un messaggio di saluto agli amici di Machava, con incluso un messaggio di invito a
trovarci. Sarà difficile: la distanza è molta ed inoltre rischieremmo di causare delle
difficoltà ai padri, ma sarebbe bello poterci rivedere.
Proseguiamo con alcuni piccoli lavoretti in falegnameria. Mentre il padre riporta
alla luce un vecchio motore fuoribordo che, vista l’età, fu usato durante lo sbarco in
Normandia! Comunque è ancora funzionante.
Da un vecchio magazzino spunta anche una piccola barchetta in vetroresina,
potremo fare anche una crociera! Decisamente Nuova Mambone è un posto pieno
di sorprese.
Nel pomeriggio, Pietro ci accompagna a vedere un altro braccio di mare poco
distante, che ci dicono essere molto bello.
Il viaggio è breve ed a un certo punto la strada è impraticabile, dobbiamo fare un
breve tratto di strada a piedi, poco male!……. Molto male! Camminiamo nel fango
affondando fino alle caviglie, le scarpe non si staccano più da terra e diventano
pesantissime per tutto il fango attaccatovisi, i più coraggiosi proseguono a piedi
nudi, se non altro avranno un benefico effetto terapeutico.
Poco dopo arriviamo a destinazione, il posto è molto bello: ci troviamo in un prato
sulla riva del canale e tutto intorno dei boschi di mangrovie.
Purtroppo l’acqua è piuttosto sporca: la marea sta risalendo rapidamente e
trasporta con sé i sedimenti. Siamo impressionati dalla rapidità con la quale sale il
livello dell’acqua, la corrente è molto forte ed un isolotto poco lontano scompare in
breve tempo.
Monica è preoccupata: vicino a noi è ormeggiata una piroga, ed ella si chiede,
visto che il livello sale così rapidamente, come faranno i proprietari a…ritrovarla!
Siamo quasi tentati di buttarla a mare per disperazione, ma è il nostro capo e
temiamo che nella relazione finale ci dia un brutto voto! Per cui, siamo costretti a
fare finta di non aver sentito.
Mentre rientriamo verso la missione ci fermiamo un istante per visitare la casa
dove si era rifugiato Fr. Pietro durante gli anni più bui della guerra civile.
Terminata la cena andiamo a letto presto: domani ci divideremo in due gruppi,
Elena e Nuccio andranno con il padre e la strada da fare sarà lunga, dovranno
alzarsi presto.
15 AGOSTO
Siamo al giro di boa: come passa il tempo!
Mi sveglio giusto in tempo per vedere il primo contingente partire, li salutiamo, ci
rifocilliamo ed anche noi partiamo alla volta di Maave dove, con Pietro, assisteremo
alla funzione domenicale. Monica sfoggia la sua nuova “capulana” ed è davvero
elegante, e non fosse per il suo “pallidume” sembrerebbe una del posto. Il tragitto
da percorrere è breve, ma il pick up di Pietro ha un difetto alle sospensioni: basta
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una piccola buca per fargli fare dei grossi salti. Io sono considerato ancora
“convalescente” per cui devo viaggiare all’interno dell’abitacolo, ma è una
sofferenza: picchio un paio di testate sul tetto, e per fortuna non soffro il mal di
mare.
Alle 10 inizia la funzione: è presieduta dal catechista ed inizialmente ha la stessa
struttura di un a Messa. Vi sono i riti di introduzione, le letture, il vangelo e l’omelia;
dopodiché: il credo e l’offertorio. Non essendovi il sacerdote si passa direttamente
al padre nostro ed alla preghiera finale. Mi sento un po’ a disagio: sono cresciuto
con il precetto della messa domenicale, ed ora mi sento di partecipare a “qualche
cosa“ d’incompleto.
Pensandoci bene il comandamento dice: “ricordati di santificare le feste” non di
andare a messa! Non essendoci abbastanza sacerdoti le comunità sono costrette
ad organizzarsi in questo modo, ma non vuol dire che partecipare alla funzione sia
una cosa da “Cristiani di serie B“, anzi: così facendo i laici sono maggiormente
responsabilizzati. E poi in prospettiva fra qualche anno anche nella “cristianissima
Europa” i fedeli dovranno organizzarsi in questo modo.
La mia personale lezione di catechismo termina con la benedizione finale:
cessano i miei pensieri “bigotti“ ed usciamo di chiesa.
Diamo un passaggio a molte persone, il nostro mezzo è caricato all’inverosimile:
ma almeno è più stabile. Il viaggio di ritorno è molto bello: nonostante la calca, le
persone cantano gioiosamente e sono molto allegre.
Consumiamo il pasto domenicale, anzi il pranzo di ferragosto, ma si sente la
mancanza del padre e delle sue continue frecciatine.
Verso le 15,00 cerchiamo di organizzare dei piccoli giochi con i ragazzi:
proviamo con la pallavolo ma, nonostante i tentativi di Giuseppe di insegnare la
tecnica, sono refrattari a qualsiasi regola e giocano 15 contro 15.
Va decisamente meglio con “bandiera” sono abilissimi nella corsa e molto agili:
dopo il primo memento di apprendimento, sembrano divertirsi molto. Nel frattempo
arriva il resto della truppa, sono stati a Kolonga (una comunità distante circa 70
Km) hanno seguito la messa sotto una tettoia di paglia e si sono fermati a pranzo
con le alte autorità della tribù.
La cosa particolare è che nel luogo dove sono stati si parla un’altra lingua: il
Citzwa, mentre nei dintorni di Mambone si parla il Sindau, infatti, siamo proprio al
confine tra i territori delle due etnie.
Riprendiamo i nostri “giochi senza frontiere”: proviamo con il tiro alla fune, ma
con scarsi risultati, meglio il salto della corda. Purtroppo implacabile arriva il buio e
dobbiamo sospendere, peccato!
E’ bello vedere questi bambini divertirsi con semplici giochi.
Mi viene da fare il confronto con i loro coetanei di casa nostra: sempre chiusi in
casa a guardare la televisione o utilizzare giocattoli sempre più complicati e costosi.
A cena affrontiamo il tema della situazione della famiglia, della sua evoluzione e
della condizione femminile.
La situazione attuale mi lascia un poco perplesso: è troppo lontana da quella
occidentale, nella quale certe condizioni di quasi parità sono oramai accettate dalla
gran parte della gente.
Purtroppo non riesco ancora a pensare che qui non siamo in Italia, non posso
comparare la situazione e, neanche, posso avere la pretesa di cambiare tutto.
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Proseguendo nel discorso Amadio ci impartisce una grande lezione di vita: ci
parla dell’importanza del donarsi agli altri, di eliminare tutto ciò che è superfluo
gestendo i propri bisogni.
Sono convinto che la gran parte di noi, partecipando a questo tipo di esperienza,
cerchi di impostare la propria vita secondo quanto indicatoci.
Il mio problema è ridurre la minimo le incoerenze ed amplificare questi concetti
affinché diventino uno stile di vita: fosse così semplice saremmo tutti “ santi”, ma
almeno ho il dovere di tentare! E con questi nobili pensieri che mi frullano in
testa…….Buona notte a tutti. Questo sì che è il vero ferragosto!
16 AGOSTO
Svegliandomi mi accorgo di essere ancora debole: il malessere ha lasciato un
noioso strascico, ma prendendo a prestito una delle “parole d’ordine “ di Amadio”
Lotta continua” non me ne curo e parto pieno di entusiasmo.
Oggi, accompagnati da suor Venera, visiteremo la scuola primaria (le nostre
elementari). L’edificio che ospita la scuola è piuttosto malridotto, al suo interno vi
sono tre aule piuttosto sovraffollate e male in arnese.
Molti bambini sono seduti per terra e non hanno un banco su cui scrivere. In
alcune classi non vi sono i maestri, ma i bambini sono ugualmente disciplinati e
composti; anche se sono molto timidi a porci delle domande. Le classi più piccole
fanno lezione all’aperto, come unico riparo hanno i rami di un grosso albero e delle
sottili pareti di foglia di palma impediscono agli alunni di guardarsi intorno.
Ritorniamo in officina, ma vi è poco da fare e gironzoliamo senza molto costrutto.
Ad un certo punto Elena a Monica scompaiono senza dire nulla, siamo un poco
preoccupati di sicuro stanno architettando qualche scherzo! Con fare circospetto ci
avviciniamo alla casa con l’intento di coglierle con le mani nel sacco…Per nostra
fortuna le mani le avevano in “pasta” nel senso che stavano collaudando il forno
elettrico di Amadio con una magnifica torta! Tutto è bene quel che finisce bene.
Ma nel bel mezzo della cottura arriva mezzogiorno e spengono il generatore: il
forno si spegne e la torta sì “siede”. Ma non importa non siamo tipi sofisticati: anche
se l’aspetto non è un gran che il gusto è ottimo! Complimenti.
Dopo il riposo, mentre ci rechiamo dalle suore per il caffè, arriva il padre dicendo
che bisogna partire subito per Matasse: avvisiamo le suore del cambiamento di
programma e ci prepariamo per la partenza. Nel frattempo il nostro “ direttore”
cambia idea: per il tipo di lavoro previsto saremo di nessuna utilità, convoca due
operai e parte rapidamente lasciandoci a casa.
Rimango per un attimo sconcertato e rivivo l’esperienza dello scorso anno: dove
la mancanza del lavoro aveva provocato delle insanabili fratture nel gruppo. Ma
scaccio subito questi “fantasmi”. Prontamente ci organizziamo e, mentre Giuseppe
si crogiola al sole, facciamo una bella passeggiata lungo il fiume. Il paesaggio è
molto bello, ma timorosi come siamo non ci avventuriamo più di tanto: vorremmo
evitare incontri troppo ravvicinati con rettili. Rientriamo alla missione, ci procuriamo
due cocchi ed andiamo dalle suore per mangiarli, Elena si mostra particolarmente
abile nel tagliarli, e noi….. voraci nel mangiarli.
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Prima di cena arriva in missione padre Francisco con tre suore: arriva da Tete
(una città del nord del paese) ed è diretto a Imambhane.
Durante la serata si comincia ad abbozzare il programma per il ritorno, brutto
segno: vuole dire che si avvicina la fine! Purtroppo i giorni volano.
Buona notte e non pensiamoci.
17 AGOSTO
Le capre che viaggiano al seguito di padre Francisco hanno belato tutta la notte!
(come redattore mi rivolgo allo “scrittore”: “ma possibile che trovi sempre delle
scuse per lamentarti? Siamo in Africa, non in costa Smeralda!)
ADATTABILITA’ e DISPONIBILITA’!
Partiti gli ospiti con il “lamentoso” seguito, attendiamo le 8,00 per le “Tavare‘s
news”: niente novità, possiamo proseguire. Sempre con suor Venera proseguiamo
la visita alla scuola: oggi andiamo a vedere la media. Vi sono due classi la VI e la
VII (gli altri vanno al pomeriggio), noto subito che le aule sono meno affollate
rispetto alle prime classi e la presenza femminile è scarsissima.
La suora ci spiega che i genitori non vogliono che le ragazze proseguano gli
studi: preferiscono tenerle in casa a lavorare, risparmiando i soldi della retta. Sulla
via del ritorno passiamo a visitare il posto pubblico di sanità: il locale è sporco è
spoglio, non vi è traccia di medicine o disinfettanti, vi è una ciotolina con dentro un
paio di forbici ed una siringa! Sono rimasto esterrefatto, ed anche i visi degli altri
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esprimevano lo stesso sentimento. Per fortuna che vi è suor Cleva con il suo
piccolo dispensario, altrimenti bisogna solo augurare alla popolazione molta salute.
Questi sono i perversi risultati della politica del Fondo monetario, che impone alle
nazioni in via di sviluppo pesanti tagli alle spese allo scopo di ridurre
l’indebitamento con i paesi ricchi. Solo che i governi tagliano prima di tutto sulla
sanità e sulla scuola costringendo le famiglie a grandi sacrifici.
Torniamo in missione molto sconsolati e troviamo ad attenderci il nostro “
direttore”: dobbiamo recuperare il tempo perduto! Tutti sul pick up e via verso
Matasse. Bisogna terminare la posa delle travi di sostegno del tetto. Ho usato la
terza persona del verbo in quanto questo è un lavoro da specialisti: infatti, lavorano
solo il padre e Josè il saldatore, mentre noi ci limitiamo a gironzolare ed a fornire un
aiuto marginale.
Alle 12,30 terminano il lavoro e rientriamo di corsa in missione per il pranzo, nel
pomeriggio proseguiremo a Matique. Questa vola siamo un po' più “ esperti “ e
riusciamo a fornire un piccolo contributo, specialmente Giuseppe e Nuccio.
Lavoriamo fino al tramonto e poi quando è oramai buio rientriamo a casa.
Dopo cena facciamo un rapido corso di astronomia: Amadio porta in terrazza un
magnifico telescopio e possiamo ammirare la luna. Non la abbiamo mai vista così
da vicino, si vedono anche i crateri più grandi!
Tornati in veranda ci lanciamo in complicati discorsi sulle fasi lunari, su quali
parte di satellite vediamo e su quali stelle si possono osservare nell’emisfero sud.
Purtroppo come astrofisici non valiamo un gran che, e possiamo formulare solo
delle congetture senza che nessuno possa suffragare le nostre tesi.
Vorrei in questo momento svelare un particolare su cui ho, fino a oggi, sorvolato:
le caramelle e …l’uso che ne facciamo. La prima domenica abbiamo tentato di
distribuire le caramelle ai bambini, ma era venuto fuori un “putiferio”. Con bimbi che
litigavano ed i più grandi che facevano i prepotenti; siamo rimasti un poco
imbarazzati, e fino ad oggi non abbiamo più ripetuto la distribuzione. Peccato che i
regali destinati ai bambini compaiano sul tavolino in veranda e tra una parola e
l’altra ne ingoiamo grandi quantità: le nostre scorte stanno rapidamente diminuendo
ed abbiamo intaccato anche quelle dei padri!
Che esempio di ingordigia!
18 AGOSTO
Oggi è santa Elena ed il compleanno di Giuseppe: AUGURI!
Ci svegliamo un poco più tardi: andremo al mare e verrà con noi anche fratel
Pietro!
Dopo il collegamento radio con la capitale: prepariamo le nostre cose, il cibo e le
stoviglie per il “pic nic”; carichiamo sul pick up la barca ed il motore, ci procuriamo i
salvagente, la vela e la rete da pesca; manco dovessimo attraversare tutto l’oceano
Indiano!
Al termine di tutto scopriamo che non vi è posto per noi, è giocoforza sederci
nella barca: ed iniziamo la nostra “crociera” nella savana! di sicuro i passeggeri dei
più lussuosi transatlantici non hanno mai fatto un viaggio come il nostro.
Dopo un‘ora di navigazione “ tempestosa” arriviamo al mare “vero”: il posto è
quello della prima volta. Immediatamente variamo la nostra “ammiraglia”, ci
imbarchiamo e partiamo subito alla volta dell’isolotto dei pescatori, i quali guardano
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divertiti quel gruppo di matti navigare su una barca stracarica, con l’acqua che
lambisce i bordi e con un motore che fa un fracasso infernale ma poca velocità.
La vista dell’acqua così pericolosamente vicino al bordo mi mette in agitazione,
ma l’acqua pare bassa per cui sopravvivrò anche in caso di naufragio! O almeno….
lo spero.
Appena arriviamo sull’isolotto tutti si tuffano immediatamente, l’acqua è così
invitante che anch’io con “ supremo sprezzo del pericolo” mi tuffo. Anche se è
inverno la temperatura è mite e l’acqua e stare nell’acqua è davvero piacevole.
Poche bracciate ed arriviamo in un banco di sabbia che affiora durante la bassa
marea: la sabbia è bianchissima e finissima e ci stendiamo per farci “rosolare” dal
sole.
Nel frattempo vediamo il nostro ammiraglio con il fido nostromo (Pietro) salpare e
dirigersi verso il luogo dove Chuma, il cuoco che ci accompagna, sta cucinando:
evidentemente il profumo delle cibarie deve essere irresistibile.
Restiamo ancora mezz’ora ad “arrostire” e la fame aumenta ma nessuno viene a
raccogliere i poveri naufraghi: mi viene il sospetto che i nostri accompagnatori,
stanchi della nostra invadenza abbiano deciso di abbandonarci su un piccolo banco
di sabbia, in un perduto angolo del Mozambico e con l’alta marea oramai incipiente.
Sto un poco vaneggiando, ho preso troppo sole che mi ha dato alla testa!
Scusatemi. Verso mezzogiorno sentiamo il motore della barca avviarsi e ci
vengono a raccogliere: ottimo, l’appetito è al punto giusto.
Il menù prevede: aperitivo a base di latte di cocco, antipasto di ostriche appena
pescate, insalata di riso, carne alla brace, mousse di avocado e cocco fresco. Il
tutto innaffiato da un fresco vinello del Sudafrica! niente male. Sono sicuro che la
lettura di queste righe sia un magnifico “promo“ per la missione di Nova Mambone.
Ci concediamo un meritato riposo: oggi siamo particolarmente stanchi, i
festeggiamenti sono davvero una cosa estenuante! (Che vergogna! Mi sembra di
essere uno “snob radical chic”, orrore!).
Più tardi, mentre Pietro e Giuseppe giocano a bocce utilizzando degli strani frutti
perfettamente sferici, ci rechiamo in riva al fiume a raccogliere le ostriche: le rocce
sono ricoperte da questi molluschi vi è solo l’imbarazzo della scelta.
La marea si è ulteriormente abbassata scoprendo lunghe strisce di sabbia: ne
approfittiamo per una lunga passeggiata su una sabbia finissima. Il posto è un
incanto, il silenzio è totale: se non è il paradiso terrestre poco ci manca! Torniamo
al campo base dove, per merenda, Chuma ha cucinato altre ostriche e del pesce
appena pescato che i pescatori hanno regalato.
Oramai l’ora si è fatta tarda e dobbiamo apprestarci a tornare, mentre carichiamo
le nostre masserizie ecco tornare i pescatori con dei granchi enormi appena
pescati, sono ancora vivi: per evitare che possano fare del male gli hanno legato le
potenti chele. Sono un regalo per il padre, carichiamo anch’essi sulla barca e
partiamo verso casa.
Sulla via del ritorno troviamo la strada sbarrata da un fuoco, è il periodo nel
quale i contadini danno fuoco alle stoppie per pulire i campi, ma il padre non si
lascia intimorire e vi passa sopra come se niente fosse. Ci fermiamo un attimo a
Chimunda per verificare il lavoro svolto dalla comunità. Mentre ci avviciniamo a
casa vediamo il lontananza i bagliori del “fuocherello” di poco prima: sono
impressionanti, l’abbiamo scampata bella. Amadio dice che non dobbiamo
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preoccuparci, l’umidità della notte fa sì che il fuoco si spenga da solo, non vi è
pericolo che si allarghi oltre misura.
A cena Isabel ci fa trovare una bella sorpresa: una torta per festeggiare le
ricorrenze! Per onorare il nobile gesto dobbiamo “ sacrificarci “ e mangiarla tutta: è
dura la vita in missione.
Con la descrizione di tutti queste prelibatezze non vorrei che il lettore possa
pensare di leggere il copione de “Il pranzo di Babette” o che in Nova Mambone vi
sia un compagnia di “mangioni ” che sperperano denaro in costosi e raffinati cibi:
niente di più falso! Tutto quanto è un prodotto locale acquistato dai pescatori del
posto o è una risorsa della missione. Il padre ci ricorda che questa è una terra
generosa e che bisogna approfittare, con la giusta moderazione, dei suoi frutti: per
cui anche le ostriche non devono rappresentare uno scandalo.
Boa Noite!
P.S. questa è una delle poche espressioni di portoghese che ho imparato in 8
giorni: bel risultato!
19 AGOSTO
Terminati i “ bagordi” riprendiamo il normale ritmo di vita.
Prepariamo e carichiamo le assi di legno che serviranno da sostegno per le
lamiere del tetto e partiamo alla volta di Matique. Il nostro compito oggi è quello di
preparare le assi tagliando le estremità nella giusta inclinazione, mentre il padre ed
un operaio le fissano. Siamo sorpresi dall’agilità di Amadio: nonostante non sia più
molto giovane salta da un ponteggio all’altro come se fosse un ventenne. L’inizio
del nostro lavoro è quasi un disastro: non siamo abituati ad usare la sega ed i tagli
vengono tutti storti. Nonostante i continui consigli di Giuseppe, la qualità del nostro
lavoro migliora molto lentamente, tanto che si allontana sdegnato.
Dopo molti tentativi, riusciamo a prendere dimestichezza con il lavoro e non
causiamo molti danni. Nel frattempo Nuccio gioca con i bambini allo “ schiaffo del
soldato”: generando un’ilarità generale.
A pranzo incontriamo i nostri “ amici “ granchi di ieri: solo che ora, dopo una bella
bollita in pentola, sembrano meno minacciosi. Mentre tento di rompere le pesanti
“corazze” di questi crostacei mi viene da pensare una volta di più al mio strano
senso della coerenza: poco più di una settimana fa ero triste per il povero leprotto,
ora i granchi che hanno fatto la stessa fine, anzi sono stati gettati vivi nell’acqua
bollente, non mi fanno lo stesso effetto. Forse sarà per il fatto che il leprottino era
tenero e carino, mentre i granchi hanno un aspetto temibile e poco romantico, ma
la sostanza purtroppo, per loro non cambia.
Ripartiamo rapidamente alla volta del cantiere, ora il lavoro procede più spedito,
da buoni tecnocrati riusciamo a razionalizzare il lavoro. Nuccio ed Io tagliamo le
assi, ad Elena invece affidiamo una mansione nella quale può far valere il peso
della propria esperienza, un compito nel quale impegna il meglio di se stessa:
…..deve stare seduta sull’asse per evitare che non si muova. Avendo Monica il
peso di un carisma troppo grande sul gruppo abbiamo dovuto escluderla da questo
lavoro
Verso le 17,00 terminiamo il lavoro ed approfittiamo per distribuire le ultime
caramelle ai bambini. Purtroppo non ve ne sono per tutti, e non ci resta che
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rimpiangere la nostra ingordigia. la distribuzione ai bambini mi mette sempre in
grande imbarazzo: mi sento come il “musungu” (bianco in lingua locale) che cala in
questo mondo, con tutte le sue ricchezze ed il suo potere. Inoltre credo che questo
crei nei bimbi dei desideri che chissà quando potranno di nuovo soddisfare: mi
viene quasi da pensare che sto posando il primo mattone del “ consumismo”.
Basta! Sono partito da un fatto marginale e sta introducendo un trattato di
sociologia.
Più tardi, in veranda, riprendiamo le lezioni di musica: vogliamo aiutare Nuccio
ad imparare un canto da portare al coro di Africa Oggi, ma il risultato è sempre
sconsolante. Per fortuna è sera e non vi è nessuno nelle vicinanze! Terminiamo la
serata con una revisione di gruppo: riusciamo a fare emergere alcune
incomprensioni, ma ci rendiamo conto una volta di più che tra di noi vi sono
posizioni distanti e difficilmente conciliabili. Comunque il fatto di averne parlato è
positivo: anche se mancano oramai pochi giorni è meglio fare in modo che i
rapporti rimangano il più possibile cordiali e corretti.
20 AGOSTO
Oggi si va a Chimunda: dobbiamo ultimare alcuni piccoli lavoretti di rifinitura.
Nuccio dipinge i fregi sul tetto, Monica ed io verniciamo la grande croce posta
davanti la chiesa, Giuseppe prosegue con il giardinaggio ed Elena deve passare
l’antiruggine sulle viti che fissano le lamiere del tetto.
Per fare questo lavoro deve muoversi sulle lamiere, stando attenta a camminare
dove passano i sostegni, anche se è la più leggera del gruppo rischia di cadere. La
vediamo muoversi con circospezione, facendo strane acrobazie per raggiungere i
punti più lontani. A complicare le cose il sole buca le nuvole arroventando la
lamiera, ma nonostante tutto riesce a completare il lavoro incolume…..non per
niente è Highlander.
Una volta terminato di stendere il bianco sulla croce, dobbiamo scriverci sopra:
”Ano santo, Jubileo 2000”. Cominciamo a fare complicati calcoli per stabilire l’esatta
posizione delle lettere: ma dopo un‘ora e dopo aver impiegato tutte le nostre
cognizioni di geometria, non siamo riusciti a venire a capo di nulla. Amadio prende
in mano la situazione ed a occhio sistema il tutto.
Il pranzo di oggi è speciale: abbiamo detto a Isabel di prepararci il pranzo tipico
della gente del posto. In tavola troviamo: minestrone (questa è una contaminazione
culturale che rovina l’esperimento!), polenta di farina bianca, una salsa a base di
arachide ed un’altra di erbe amare. Sono cibi semplici, ma buoni.
Avremmo dovuto per rispetto alla cultura tradizionale non utilizzare le stoviglie,
ma non abbiamo avuto il coraggio. Come ci avevano fatto capire la prima
domenica, siamo bianchi e schizzinosi.
Nel primo pomeriggio arriva in missione padre Bruno, anch’egli un missionario
della Consolata: arriva da Beira (una grande città 400 Km più a nord) e rimarrà
alcuni giorni con noi.
L’arrivo dell’ospite scombussola i piani della giornata: Amadio deve fare gli onori
di casa e noi siamo liberi, vorrei precisare che fino ad un minuto prima non ci
sentivamo in prigione!
La pausa mi giunge gradita: sono un poco stanco ed un poco di riposo non è da
disdegnare.
26
Passiamo dalle suore per il solito caffè e per mettere a punto il menù di domani:
sarà la giornata italiana, cucineremo noi.
Più tardi decidiamo di fare una passeggiata e di fotografare il tramonto, ma una
nuvola maligna copre il sole poco prima del suo calare. Siamo proprio fortunati!
La serata è animata da padre Bruno e dai suoi discorsi: insegna all’università
cattolica psicologia. Ci illustra un metodo, chiamato Silva, per il controllo della
mente: sono delle tecniche che hanno del miracoloso e consentono di fare cose al
limite dell’incredibile, se non fosse per la serietà del padre non ci crederei. I discorsi
sono talmente interessanti che restiamo alzati più a lungo del solito.
21 AGOSTO
Inizia l’ultima settimana, ma non possiamo dirlo a Monica, altrimenti queste
popolazioni soffriranno per una nuova alluvione: decisamente non ne hanno
bisogno.
Durante la notte Monica è riuscita a decifrare una delle frasi misteriose di
Amadio: “ strategia globale congiunta dispersa nella tattica”, la ripete spesso e non
ne comprendevamo il significato.
Significa lanciare celare parti di un unico grande messaggio, tra discorsi più futili
ed in momenti diversi. Ma se si uniscono i vari frammenti tra loro ne esce il
messaggio nella sua interezza. In parole povere: lezioni di vita e fede in pillole, in
maniera tale da non risultare indigeste a nessuno.
Oggi partono i nostri amici di Maputo: non li invidio. Dal collegamento radio
restiamo un poco delusi: speravamo in un loro messaggio di saluto in risposta al
nostro, di sicuro non avranno avuto il tempo.
Amadio con padre Bruno e Giuseppe, vanno in salina ed a visitare i cantieri, noi
siamo di “servizio cucina” e non possiamo allontanarci troppo. Abbiamo un paio
d’ore di tempo e ne approfittiamo per recarci in riva al fiume, il posto è bellissimo e
la quiete assoluta: rotta solamente dai versi degli uccelli acquatici che pescano. In
queste condizioni ideali riusciamo ad intavolare una lunga conversazione: parliamo
di tutto con molta naturalezza e spontaneità. Per una persona “riservata” (consiglio
di usare “orso”, ndr) questi sono momenti di gioia: raramente riesco ad esprimermi
in libertà e quando vi riesco, provo una grande emozione.
Rientriamo rapidamente in missione e ci mettiamo in cucina. Ci mettiamo di
buona lena ed in breve riusciamo a mettere in cantiere: un sugo alle melanzane e
lo spezzatino di patate. All’ora di pranzo siamo molto delusi, nonostante i consigli di
Chuma: il sugo è talmente denso che può essere utilizzato come cemento, mente
le patate si sono spappolate, un vero disastro.
Per fortuna i nostri commensali, con una gentilezza che rasenta il masochismo,
definiscono buoni i nostri piatti, e non esprimono il loro reale pensiero!
Questa sarà una serata speciale, abbiamo invitato anche le suore a cena: il
menù prevede risotto con i funghi e zucchine ripiene.
Riformiamo subito il team di mezzogiorno e ci lanciamo senza indugio nella
preparazione del risotto, mentre Giuseppe dedica le sue cure al secondo. Siamo
bene intenzionati e non vogliamo ripetere la figura di mezzogiorno. Gli inizi non
sono incoraggianti: i funghi sono scaduti da circa 2 anni, ma guai a dirlo al padre!
Se non altro sappiano che scusa addurre se dovessimo fare un altro disastro.
27
Arrivano i commensali ed inizia la cena: come temevamo, anche questa volta, il
frutto del nostro lavoro non è del tutto riuscito; e questa volta i commenti, pur
benevoli nella forma, hanno l’aria di essere un “ tantino” ironici.
A metà della cena scopro che anche a Berlino vi è un giudice!
Le mitiche “ superzucchine” hanno dei problemi di cottura e bisogna inventare un
altro piatto in pochi minuti. Quello che sto per scrivere non mi fa molto onore: ma
una volta tanto, dopo tante brutte figure, è bello vedere che il nostro compagno di
viaggio non eccelle in tutti i campi dello scibile umano.
Per fortuna che i biscotti e la torta delle suore risollevano la serata: decisamente
come cuochi non siamo un gran che.
Terminiamo la serata con il racconto dell’esperienza missionaria di p. Bruno: egli
è stato molti anni in Amazzonia, un mondo completamente diverso da dove ci
troviamo ora, ma anch’esso estremamente affascinante.
22 AGOSTO
lo dico sottovoce: ma è l’ultima domenica (per quest’anno, o almeno lo spero)
che trascorriamo in Africa.
Anche se non raggiungo i livelli di Monica, sento forte in me un sentimento
controverso: sono dispiaciuto per la fine di questa meravigliosa esperienza ma, nel
contempo, ho voglia di tornare a casa per vedere molta gente alla quale raccontare
le mie impressioni. Basta sentimentalismi ! continua a scrivere il diario !
La messa oggi si celebra a Nova Mambone: nella cattedrale. La celebrazione è
particolarmente affollata, infatti, si ritrovano ben 6 comunità. Nuccio come sempre
registra tutti i canti: quest’anno il coro avrà molto materiale per arricchire il proprio
repertorio.
Durante la presentazione, al termine della funzione, ci viene chiesto che cosa
ricorderemo di quest’esperienza. C’è chi dice: "la semplicità della gente"; un‘altro
"la loro ospitalità" ed ancora "i bambini ed il loro sorriso". Ci fanno sapere che la
gente è rimasta colpita dalla nostra disponibilità a fare lavori umili: la popolazione
non è abituata a vedere dei bianchi portare dei pesi. Poveri “musungu”! Sono
proprio caduti in basso!
Fuori dalla chiesa incontriamo la mamma della piccola Monica che regala alla
grande omonima una gallina. Il nostro Boss è imbarazzatissimo: non sa da dove
prendere il povero pennuto, il quale starnazza spaventato, suscitando l’ilarità
generale. Alla fine il pollo, viene deposto in un sacchetto e tutti in posa per la foto di
rito.
Come la domenica prima il nostro automezzo è strapieno di gente, ne
approfittano per risparmiare un tratto di strada: i più lontani devono fare circa 4
chilometri a piedi. Appena partiti tutti cominciano a cantare ed anche noi ci
lasciamo coinvolgere dal ritmo a dall’allegria.
Nel pomeriggio decidiamo di tornare nella città: allo stadio vi è un incontro di
calcio nel quale gioca il “Deportivo Matasse”. Le squadre sono bene organizzate,
ognuno con la propria divisa, anche se ben pochi hanno le scarpe. Attorno al
campo vi è molta gente che segue con attenzione e partecipazione l’incontro. Le
azioni si susseguono rapide con continui capovolgimenti di fronte, gli schemi sono
un poco approssimativi, ma l’agonismo è molto alto. Durante un’azione concitata in
area, l’arbitro fischia un rigore a favore del Deportivo, ma l’incaricato sbaglia il tiro:
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immediatamente nasce un terribile parapiglia, con tanto di invasione di campo ed
inseguimento al povero arbitro! Tutto il mondo è paese! Per fortuna torna la calma
ed il gioco riprende. Per la cronaca il Deportivo ha perso 1 a 0.
Oggi il padre si è concesso una pausa di meritato riposo, la macchina è guidata
da Giuseppe che ha una particolare abilità con le buche: non ne manca una,
neanche il miglior Tomba riusciva a fare degli “ slalom” così arditi! Siamo
completamente sballottati come una nave in mezzo ad una tempesta; forse come
esempio è un tantino esagerato, ma si sa l’Africa è una terra in cui tutto è estremo!
Per fortuna la traversata è breve e giungiamo incolumi alla missione.
La sera, tra una caramella e l’altra, mettiamo a punto i dettagli del viaggio di
ritorno: partiremo martedì, ci accompagnerà Pietro e faremo alcune tappe strada
facendo.
23 AGOSTO
Ci svegliamo alla solita ora, e noto subito in alcuni del gruppo i segni del grande
sonno: questa notte hanno prolungato oltremodo la chiacchierata. Poco male: un
bel caffè e saremo tutti pronti e scattanti. Debbo fare una piccola confessione: mi
manca tanto il cappuccino con il cornetto!
ADATTABILITA’ E DISPONIBILITA’
Trascorriamo la mattina a Matique: dobbiamo tagliare le assi per il tetto.
Purtroppo la mia mente è assente: sto cercando di tirare le prime somme di questa
bellissima esperienza!
Il nostro lavoro è terminato: passeremo il pomeriggio a prepararci per la
partenza. Iniziamo con il bucato: lasceremo qui quasi tutti i vestiti, ma non vogliamo
essere così incivili da lasciarli sporchi. Dopodiché raccogliamo tutte le nostre
medicine e qualche genere di “ conforto” (spaghetti, e pelati) e ci rechiamo dalle
suore. Particolarmente gradite sono le medicine: siamo molto lontani dalla città ed
è estremamente difficile procurarsele, e per questo valgono quasi più dell’oro.
Queste religiose hanno da poco iniziato la loro attività missionaria, quella di
Mambone è la loro prima casa in Africa; il loro ordine non possiede ancora una
struttura in grado di supportare l’attività in questi paesi, pertanto sono in estrema
difficoltà per reperire i mezzi necessari allo svolgimento del loro apostolato. Ci
ripromettiamo di cercare, una volta giunti in Italia, di aiutarle.
Come gesto di commiato ci offrono torte e biscotti, in tal modo riusciamo a lenire
la nostra tristezza. Ancora 2 giorni di saluti ed ingrasseremo a dismisura! Alla faccia
della fame del mondo!
La nostro ritorno in missione troviamo dei biglietti di saluto da parte dei ragazzi
della falegnameria, sono molto belli e pieni di sentimento; anche se tra le righe
contengono delle richieste di regali; non lo trovo molto nobile: ma si usa così. In
ogni caso lasceremo tutto ad Amadio, si regolerà lui come meglio riterrà opportuno.
Prima di cena ci vengono consegnati dei sacchetti di anacardi gelosamente
custoditi per questa occasione, ed un chilo di sale di Mambone. Lascio al lettore
immaginare lo stato d’animo di Monica, posso solo dire che Angelina per molto
tempo non dovrà lavare i pavimenti!
29
Durante la cena il clima è stranamente dimesso, dopo tre settimane di: battute
scherzose, accese discussioni e racconti di fantastiche avventure, siamo
stranamente silenziosi.
L’unica cosa che mi consola un poco è che il cuoco potrà tornare alla sua
normale occupazione, normalmente lavora in salina, ed Isabel potrà riposarsi.
Poveretti ! in questi giorni hanno fatto di tutto per compiacerci e, minestrone a
parte, vi sono davvero riusciti.
Dopo cena ci troviamo in veranda per le foto di rito.
Finalmente Amadio ci narra la cronaca di un fatto che ci aveva più volte
accennato ma che non aveva voluto mai raccontare: l’assalto dei ribelli alla
missione. E’ un racconto terribile: i due hanno rischiato di essere uccisi, ma anche
da queste vicende tragiche si riesce a cogliere la grande fede che anima Amadio e
Pietro; non è da tutti rimanere completamente isolati dal mondo con la morte
sempre vicino.
24 AGOSTO
Il terribile martedì è purtroppo arrivato!
Ci svegliamo molto presto e, per non intristirci ulteriormente, ci concentriamo
sulle molte incombenze.
Dopo colazione, consegniamo dei piccoli doni a Chuma, Isabel ed Angelina;
salutiamo le suore ed Amadio, ma per lui è un arrivederci: tra un mese arriverà in
Italia per le vacanze. Carichiamo le nostre cose, e partiamo rapidamente: Monica
sta creando un’alluvione. Anche il padre sembra essere commosso, ma cerca di
non darlo a vedere. Ci accomodiamo sul cassone, un rapido saluto ai ragazzi
dell’officina e via senza ulteriori indugi.
Sembra di vedere la scena di un film: dal cassone si vede la missione
allontanarsi sempre di più e scomparire in una nuvola di polvere. Nonostante sia da
un mese che viaggiamo in questo modo non ci siamo ancora abituati alle buche,
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inoltre stiamo utilizzando la macchina di Pietro (quella che salta come un canguro)
per cui vi lascio immaginare la nostra situazione: depressi e centrifugati! Dopo circa
40 minuti sorpresa!
Cessa il polverone dietro di noi e scompaiono gli scossoni: ci guardiamo in giro
incuriositi e vediamo a terra una strana copertura scura della quale non
comprendiamo la ragione.
Pian piano ci torna la memoria e ci ricordiamo di avere già visto qualcosa di
simile anche a casa nostra, specialmente a Milano! Sto esagerando come al solito,
nonostante la cura con il “Lariam” non siamo così “ storditi”. Facciamo una breve
sosta per vedere il ponte sul Save (il fiume che costeggia la missione): è una delle
realizzazioni vanto dell’epoca coloniale.
Con l’arrivo dell’asfalto pensiamo di aver migliorato le nostre condizioni, ma con
l’aumentare della velocità siamo investiti da un turbine di aria, per riuscire ad avere
un poco di sollievo dobbiamo accucciarci in stranissime posizioni: mi ritrovo
accucciato ai piedi di Monica, Elena e Nuccio, la posizione non è tra quelle
consigliate dal galateo, ma mi ripara dall’aria ed è comoda. Non potendo guardare
il panorama, ne approfitto per un piacevole pisolino
Ripassiamo ancora tra vasti terreni allagati: nonostante sia trascorso quasi un
mese la situazione è migliorata di poco.
Facciamo sosta alla missione di Maimelane: approfondiamo la conoscenza delle
suore, assaltiamo in maniera indecorosa la loro scorta di biscotti, visitiamo le
strutture della missione e ripartiamo velocemente. Dopo circa un‘ora arriviamo a
Villankulos: la meta della nostra prima tappa. E’ una cittadina posta sul mare
davanti alla famosa isola di Bazaruto ed è un centro di vacanza molto apprezzato
dai sudafricani. Ci rechiamo alla missione locale dove trascorreremo la notte.
Appena giunti siamo accolti da Guillerme (il missionario colombiano incontrato
durante il viaggio di andata), da pochi giorni è stato trasferito. La presenza del
giovane sudamericano riempie di gioia i cuori delle ragazze: infatti, a sentire loro, è
un tipo particolarmente affascinante. Pranziamo e, subito, partiamo alla volta della
spiaggia. Dopo tanti giorni vediamo un gran numero di bianchi: come già detto sono
i sudafricani che amano trascorrere qui le vacanze. I più temerari si tuffano
immediatamente, anche se la giornata non è particolarmente calda. Poco dopo
debbono uscire in fretta: un gran nuvolone ha coperto il sole abbassando
ulteriormente la temperatura. E per tutto il pomeriggio il sole compare solo a tratti,
guastando la giornata balneare.
Da alcuni giorni girano, tra il nostro gruppo, strane storie sulla sfortuna che
colpirebbe i nati sotto il segno dei pesci: Nuccio ed io rientriamo nella categoria; il
maltempo di oggi è subito imputato a noi e da questo momento comincia la “caccia”
allo “ietattore”.
Accompagnati da Guillerme e Pietro facciamo un giro per la cittadina: è un
continuo alternarsi di baracche e lussuosi villaggi turistici protetti come fortezze.
Avvezzi alla semplicità della vita agreste proviamo un certo disagio, ma dobbiamo
abituarci: d’ora in poi sarà sempre peggio.
Durante la serata ascoltiamo le esperienze di padre Carlo: è stato molti anni tra
gli indios in Venezuela e ci racconta lo stile di vita ed i problemi di quelle
popolazioni. In particolare ci illustra le terribili conseguenze che l’impatto della
civiltà consumistica ha su quelle popolazioni vissute senza avere il contatto con i
bianchi, e come questo porti alla disgregazione del loro tessuto sociale.
31
Durante la serata continua a piovere e si susseguono le malignità sui nati a
marzo! Speriamo non si arrivi a scoprire chi è la causa di tutto ciò!
25 AGOSTO (01/01/00)
Ho introdotto questa strana numerazione in quanto, dopo l’incontro con il ciclone
Marchiol la nostra vita non potrebbe, anzi non può più, essere quella di prima: per
cui da oggi comincia una nuova era. Naturalmente sto enfatizzando la cosa, ma
questo rende l’idea della personalità e del carisma del padre.
Consumiamo una ricca colazione e finalmente, dopo tanti giorni, possiamo
gustare della gustosissima marmellata, purtroppo a Nova Mambone non ve ne era
la possibilità.
Da oggi cambieremo mezzo di trasporto: utilizzeremo il pick up a cinque posti
della missione, in tal modo solo due dovranno viaggiare fuori. Per non farci stare
scomodi caricano anche un materasso: staremo più comodi che su una Mercedes!
Con noi viaggerà anche fratel Giuseppe, anche lui incontrato i primi giorni.
Per cavalleria tocca agli uomini il primo turno all’aperto, e siccome Giuseppe (il
nostro) lamenta un persistente e misterioso malessere, cominciamo Nuccio ed io, la
giornata è fresca e nuvolosa, ma siamo ben coperti ed il tragitto è breve: prima
tappa è alla missione di Maphiniane.
Appena arrivati visitiamo il grande orto di fratel Giuseppe e ci viene offerta
nuovamente una colazione. Ci rechiamo poi a trovare le suore che hanno la casa
poco distante. Prima gi giungervi possiamo incontrare un‘entità sempre evitata in
questi giorni: il serpente. Infatti, vediamo un dipendente della casa ucciderne uno
proprio vicino all’ingresso: è piccolo ma ci dicono essere molto velenoso. Siamo
accolti dalle religiose: sono dell’ordine delle Agostiniane e sono tutte brasiliane, ci
illustrano i loro programmi e le loro iniziative. Mentre chiacchieriamo amabilmente ci
portano un caffè, sarebbe sconveniente rifiutare, ma abbiamo percorso appena
50Km e non abbiamo fatto altro che mangiare!
Visitiamo la grande scuola superiore: è molto funzionale ed ospita molti ragazzi,
alcuni provengono addirittura da Mambone! Mentre giriamo tra le palazzine
sentiamo un’esplosione, ci dicono di non preoccuparci. Poco lontano stanno
sminando la zona e per non correre rischi nel trasporto le fanno esplodere. Sarà
una cosa da nulla, ma lo scoppio è davvero terribile.
Nel frattempo ha ripreso a piovere, per cui copriamo con un grosso telo le nostre
cose e ci stringiamo in cabina: è molto scomodo, ma non abbiamo alternative.
L’unico rischio è rappresentato dalle pattuglie della polizia: la legge permette di
viaggiare anche in 30 sul cassone, ma nella cabina non si può superare il numero
consentito. Ma le forze dell’ordine non si allontanano mai dai centri abitati per cui,
almeno per il momento, non vi sono problemi.
Tra un piovasco e l’altro arriviamo a Mazzinga dove ci attendono per il pranzo.
Oltre a cibi saporiti troviamo un telefono! La civiltà è sempre più vicina.
Passiamo dalle suore della consolata lì vicino per un rapido saluto: siamo tutti
colpiti da sr. Sofia che ha una carica ed una simpatia contagiosa.
La prossima meta è Guiua: trascorreremo la notte nella casa dei missionari della
consolata
Il programma prevedeva la visita ad una spiaggia poco lontana, ma il tempo
brutto (ha smesso di piovere, ma vi sono ancora minacciosi nuvoloni) ci fa
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cambiare programma faremo una rapida visita alla città di Imambhane. La cittadina
è stata il primo insediamento portoghese del Mozambico e conserva ancora la sua
impronta coloniale, ed è anche sede della diocesi cui fa capo Nova Mambone.
Mentre osserviamo la sede dell’arcivescovado, Pietro ci racconta come lui ed
Amadio decidono chi deve partecipare agli incontri con il vescovo: se li giocano a
briscola, chi perde deve andare. Decisamente una cosa democratica.
Dopo cena, sfruttando la parabola satellitare (dato che siamo in un ambiente
religioso vorrei precisare che non si tratta di un brano di vangelo in orbita, ma bensì
di un’antenna), possiamo vedere il TG1 ed aggiornarci sui fatti di casa nostra.
Giuseppe si congeda presto: vuole curare il suo strano malessere con una bella
dormita ed una dose di medicine che farebbero guarire un cavallo. Il vento ha
spazzato le nuvole e splende una magnifica luna piena: ne approfittiamo per fare
una bella passeggiata insieme a Pietro. Dopo circa 10 minuti di cammino arriva un
grosso nuvolone ed in breve scende un violento acquazzone. Come direbbe
Venditti: “nati sotto il segno dei pesci”! Ci ripariamo sotto un grande albero ed
attendiamo che spiova. Rientrati in missione intavoliamo una bella chiacchierata
con Pietro: ci racconta come è nata e sviluppata la sua vocazione, i suoi 25 anni di
missione in Mozambico e tante altre cose ancora.
26 AGOSTO (02/01/00)
Dopo un‘abbondante colazione, accompagnati da Aires, un fratello brasiliano
dall’aspetto molto pittoresco, visitiamo il centro che ci ospita. E’ diretto da p.
Francisco, quello delle capre lamentose, ma al momento è assente. E’ destinato
alla formazione dei catechisti che animano le varie comunità: il corso dura due
anni, ed ogni famiglia ha a disposizione una casa unifamiliare ed un pezzo di
terreno da coltivare per il sostentamento, vi è anche una scuola elementare ed un
piccolo centro medico. Visitiamo anche il monumento che ricorda il martirio di 23
catechisti uccisi negli ultimi mesi di guerra in circostanze mai del tutto chiarite.
Attendiamo che cessi un altro scroscio d’acqua e ripartiamo per l’ultima tappa:
questa sera dormiremo a Maputo, anche se non sono convinto che sia una cosa di
cui gioire.
Il viaggio prosegue tranquillo tra soste ai banchetti per acquistare frutta fresca e
cambi sul cassone, il tempo si è stabilizzato, la temperatura è piuttosto fresca, ma
non crea molti fastidi. Solo Giuseppe continua ad essere agitato, nonostante la
massiccia dose di medicine, è ancora preda della fastidiosa febbriciattola, è
convinto di avere un improbabile, attacco di malaria e si preoccupa moltissimo.
Il viaggiare all’aperto, genera in me uno strano effetto: dopo pochi minuti la mia
mente sì estranea, passano pensieri piacevoli e rimango quasi in uno stato di
“trance”. Il problema è che il mio compagno di turno si trova senza nessuno con cui
parlare! Ma in fondo anche se fossi mentalmente presente sono convinto che non
sarei molto più loquace.
Mi sveglio dal mio “ torpore” solo per osservare un gruppo di tecnici intenti a
sminare il terreno dei pressi di un ponte: penso ai rischi che corrono quegli uomini e
spero che la paga sia almeno commensurata al grande pericolo che corrono.
Facciamo sosta per il pranzo nella cittadina di Xai Xai e ripartiamo rapidamente
verso la capitale. Il paesaggio è piatto e monotono ed il viaggio comincia a farsi
noioso. Ad un certo punto veniamo fermati da una pattuglia della polizia, abbiamo
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superato il limite di velocità: ci aspetta una multa salatissima (1.000.000 di
meticails, pari a circa 150.000 Lire) pari a due volte lo stipendio medio di un
operaio. Pietro comincia a contrattare e se la cava con molto molte meno! Per
fortuna! Proseguiamo il viaggio ad un’andatura più prudente: oramai manca poco,
purtroppo anche la temperatura è scesa considerevolmente ed il turno all’aperto
diviene molto fastidioso.
Mano a mano che ci avviciniamo a Maputo il traffico si fa sempre più caotico: in
certi momenti sembra peggio che da noi prima di Natale!
Finalmente, nonostante la perdurante sfortuna, arriviamo alla casa regionale
della Consolata: siamo molto stanchi ed infreddoliti, desideriamo una bella doccia
con l’acqua calda ed un sonno ristoratore. E’ da quando siamo partiti all’inizio di
agosto che non riusciamo a lavarci con l’acqua calda, ed in tutta sincerità sento la
mancanza di questo piccolo piacere. Con nostra somma delusione tutte le camere
sono occupate: rimarremo per la cena e poi ci trasferiremo in un altro posto.
Salutiamo padre Tavares e fa Carlos, purtroppo p. Elio è fuori città in visita alle
comunità, ci sarebbe piaciuto scambiare quattro chiacchiere. In attesa della cena
conversiamo con i padri in transito e con due signore di Bergamo appena giunte
ed in attesa di partire verso il nord. Giuseppe prosegue con la sua “ psicosi”
dell’attacco di malaria: continua ad interrogare tutti i presenti, ed ognuno propugna
una tesi diversa aumentando la sua confusione.
A tavola facciamo conoscenza con il rettore dell’università cattolica: un
personaggio estremamente importante, ma di una semplicità disarmante.
Dopo cena ripartiamo alla volta della casa sede del noviziato dell’istituto: saremo
ospitati lì. Siamo accolti dai novizi: sono 9 e provengono da vari paesi dell’Africa;
appena il tempo di poggiare le borse e ci ritroviamo al centro del cortile per un
momento di saluto. Iniziamo a cantare ed in nostro onore vengono improvvisate
delle danze: il clima è così coinvolgente che tutti ci facciamo trascinare, tranne
Giuseppe che si sta …..misurando la febbre; oramai vive in un incubo, spero possa
guarire al più presto!
Sono momenti di intensa comunione, in pochi minuti si stabilisce un clima di
fraterna amicizia. Verso le 22 i novizi si ritirano per la preghiera serale e noi ne
approfittiamo per fare quattro chiacchiere in camera. Nuccio ha intenzione di
“rispolverare” una vecchia tradizione di Africa Oggi, trascorrere una notte di veglia
per scambiarci le impressioni del campo. Purtroppo ben presto vengo vinto dal
sonno e mi ritiro.
27 AGOSTO (03/01/00)
Oggi è santa Monica: auguri Boss!
In attesa della colazione visitiamo la casa: è costruita da poco e molto
funzionale.
Oggi sarà una giornata da veri turisti: dovremo girare per acquistare “ souvenir”!
Personalmente questa prospettiva non mi alletta per nulla, niente mi indispone di
più che girare per bancarelle, acquistare oggetti inutili e sottopormi ad estenuanti
trattative. E poi sono piuttosto “avveduto nelle spese” (tirchio), per cui pagare è
sempre un peso! Ma faccio parte di una comunità e devo adattarmi: a furia di
ripetere le parole d’ordine cominciano ad entrarmi in testa.
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Anche perché alla fine qualche regalo ai miei nipoti lo devo portare a casa, è
risaputo che…….” L’O-ZIO è il padre dei vizi”!
Trascorriamo la giornata a fare acquisti, con la sola parentesi del pranzo in
Consolata.
Alle 18,30 rientriamo al noviziato: ci aspettano per una grande serata.
La cena si svolge in un clima fraterno e semplice, ad anche il cibo è in linea con
lo stile della casa: minestrone e verdura! Detto bassa voce: questa è l’ultima cena
in Africa e per un anno BASTA MINESTRONE!
Per celebrare l’onomastico la festeggiata ha portato dei magnifici dolcetti al
cocco, mentre i novizi hanno preparato la torta: si finisce in bellezza! Mentre
gustiamo queste prelibatezze dobbiamo rispettare una tradizione della casa:
ognuno deve pronunciare un piccolo discorso.
Comincia Monica e poi via via tutti gli altri. Come avrete già capito non sono un
grande oratore (eufemismo) ma, nonostante la mia agitazione, riesco a mettere
insieme due o tre frasi e ad esprimere qualche concetto più o meno sensato.
Arriva anche il turno di Pietro: anch’egli è un uomo di poche parole, ma questa
volta riesce a fare un lungo discorso davvero commovente; alla fine Monica piange
quasi a dirotto, io ho un “groppo” alla gola, ed anche ad Elena, da tutti considerata
“nordica“ per il suo nascondere i sentimenti, scappa una “lacrimuccia”. Il fratello ci
dice di essere stato contento della nostra presenza: perché, oltre ad avere
apportato un piacevole stravolgimento nei ritmi della comunità, abbiamo dato prova
di un grande impegno ed il nostro attivismo è stato d’esempio per la popolazione.
Terminati i discorsi compare una chitarra e cominciamo a cantare: vengono
eseguiti dei brani in varie lingue. La serata termina presto, abbiamo, purtroppo,
ancora molte cose da fare: contare i soldi rimasti e dividerli tra la missione, la
comunità delle suore e la casa che ci ospita; preparare i biglietti e chiudere le
valigie.
28 AGOSTO (04/01/00)
Ci prepariamo rapidamente, un breve saluto e via verso l’aeroporto: vogliamo
arrivare per tempo e non correre nessun rischio.
Mentre siamo in coda per il ceck in, vediamo arrivare padre Rusconi: gentilmente
è venuto a salutarci e ci racconta dell’altro gruppo.
Nel frattempo aprono i cancelli e dobbiamo salutare Pietro: la tristezza è tanta,
ora si sente davvero il distacco con le persone con le quali abbiamo trascorso un
mese meraviglioso ma, almeno da parte mia spero che possa essere solo un
arrivederci.
Incontriamo anche Noemi, una signora con la quale abbiamo fatto anche il
viaggio d’andata e verso le 11 c’imbarchiamo per il breve volo per Joannesbourg.
Arrivati nel grande aeroporto, ci prepariamo ad una lunga sosta: il nostro
prossimo volo parte tra circa 7 ore; Aiuto!
Facciamo conoscenza con Fabrizio: un giovane architetto rimasto circa 45 giorni
con i missionari Dehoniani e ci scambiamo le opinioni e le impressioni. Le ore
passano lente tra partite carte, qualche chiacchiera e piccole spesucce al duty free.
Alle 18.30, oramai al limite della disperazione, c’imbarchiamo sull’Airbus per il
grande volo alla volta di Parigi.
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All’alba, dopo 10 ore, atterriamo a Parigi: ancora poco e questo interminabile
viaggio sarà terminato! Siamo tutti molto stanchi e con un pessimo umore, ci
aggiriamo stralunati tra i grandi saloni della splendida aerostazione.
29 AGOSTO (05/01/00)
Chiamano il nostro volo ci fanno accomodare, ma per non meglio precisati
problemi da maltempo e/o traffico aereo rimaniamo fermi sulla pista.
Riusciamo a decollare e atterriamo a Malpensa con un‘ora e mezza di ritardo e
24 ore di viaggio, ma è finita (intendo la noia dei lunghi trasferimenti, non
fraintendetemi)!
In Italia il tempo è pessimo che bell’accoglienza! Disinformati come siamo non
sappiamo che da un mese a questa parte quelle condizioni meteo sono una
consuetudine.
Purtroppo al momento del ritiro delle valigie, scopriamo che manca quella di
Elena. Spero proprio che non imputino questo contrattempo al misterioso nato sotto
il segno dei pesci.
Salutiamo Giuseppe, che ha fretta di salutare la moglie e…. Curare la sua
speciale malaria, e ci mettiamo in coda per la denuncia. Dopo due ore di
estenuante coda tra passeggeri “inviperiti” e disperate impiegate, riusciamo a fare
la denuncia. Nel frattempo arrivano gli amici di Africa Oggi reduci dal campo del
Brasile e scambiamo le prime impressioni. Finalmente possiamo incontrare parenti
ed amici che sono rimasti pazientemente ad aspettarci, un rapido saluto tra noi e
via casa.
FINE DELLA STORIA.
P.S. Ora che sono al sicuro, posso fornire la prova decisiva per smascherare lo
“iettatore”: lo scorso anno mentre ci recavamo da Kalicero a Lilongue per prendere
l’aereo ha piovuto, e Nuccio non c’era. Dopo quanto confessato come minimo il
prossimo anno mi faranno partecipare ad un campo nel Sahara.
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APPENDICE 1: COMMENTO
Dopo tre viaggi in Africa non sento più in me lo stupore per la novità: non mi
muovo in un mondo a me sconosciuto. Per fortuna ogni esperienza è sempre
diversa dalle altre, sia per il differente contesto sociale e politico, sia perché
s’interagisce con persone sempre diverse: sarebbe terribile se diventasse una cosa
ripetitiva.
Sono contento: di aver condiviso quest’esperienza con amici che mi hanno
accolto e sopportato, di avere conosciuto persone eccezionali (Amadio, Pietro, Elio
e tanti altri) che mi hanno insegnato tanto, di aver incontrato tanta gente anche se
purtroppo non è stato sempre possibile comunicare con loro, di avere ammirato
luoghi bellissimi e non ancora rovinati dal turismo di massa e di non……..avere
visto il leone.
Oramai ho un conto aperto con il re della foresta, è la terza volta che vado a
casa sua e non mi ha mai concesso il piacere di vederlo. Il mio è un fatto personale
tornerò in Africa fino a che non lo avrò incontrato, a debita distanza naturalmente.
Se poi tornerò, come spero, in Mozambico dove non vi sono leoni, temo che la
disputa con il grande felino durerà ancora a lungo!
Forse ora comincia la parte più difficile di tutta l’esperienza: far tesoro degli
insegnamenti ricevuti ed applicarli nella vita di tutti i giorni, solo se riuscirò in questo
potrò dire di avere vissuto una grande esperienza, in caso contrario sarà stata solo
una vacanza più o meno alternativa. Coraggio e …….”Lotta Continua”!
Queste righe erano destinate ad eventuali commenti da parte degli altri
Mambonauti, ma a parte qualche timido tentativo di Monica gli altri sono restii ad
impegnarsi con la matita: peccato!
Che questo spazio bianco rimanga ad imperitura memoria della
loro.... pigrizia!
ADDÌ 4 OTTOBRE 1999
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Per fortuna del lettore sta finendo l’inchiostro alla stampante, perciò non posso
dilungarmi ancora a lungo in stupidaggini.
Approfitto delle poche righe ancora a disposizione per ringraziare: i membri del
direttivo e gli animatori di Africa oggi per il grande impegno e l’entusiasmo profuso;
tutti coloro che con le loro offerte hanno contribuito alla raccolta dei soldi per il
finanziamento e tutte le persone che abbiamo incontrato lungo il nostro peregrinare
su e giù per il Mozambico, per la calorosa e sincera accoglienza. Voglio ancora
ringraziare Andrea per la collaborazione grafica e Lidia per la preziosa opera di
correzione del testo (con la punteggiatura sono un disastro!).
Chiedo infine scusa se qualche frase può risultare offensiva o se, in qualche
occasione, ho travisato fatti: non è mia intenzione offendere nessuno!
Fine
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i mambonauti alla scoperta del mozambico