NASCE LA SCUOLA
DI CUCINA DI POLLENZO
La Scuola di Cucina di Pollenzo, ideata
dall’Università degli Studi di Scienze
Gastronomiche in collaborazione
con Slow Food, propone:
- un Master annuale in Cucina Popolare Italiana di Qualità
in italiano, iscrizioni fino al 9 luglio
- un Master annuale in the Slow Art of Italian Cuisine
in inglese, iscrizioni fino al 24 settembre
- un ricco programma di corsi amatoriali di cucina:
pesce, verdure, panificazione, pasticceria e molto altro!
- attività di team-building per aziende e istituzioni
in collaborazione con Banca del vino,
Laboratorio di Analisi Sensoriale e
Albergo dell’Agenzia di Pollenzo
Puglia Events è il portale ufficiale
degli eventi della Regione Puglia
www.pugliaevents.it
UNISG
La Scuola di Cucina di Pollenzo
Piazza Vittorio Emanuele, 9
Pollenzo - 12042 Bra (Cn) - Italia
Tel. +39 0172458564
E-mail: [email protected]
www.lascuoladicucinadipollenzo.it
SCUOLA
DI CUCINA
POLLENZO
LA
®
®
PER
PER EDUCARE
EDUCARE
VINO
VINO/ BIRRA
/ BIRRA/ OLIO
/ OLIO/ FORMAGGIO
/ FORMAGGIO/ VINO
/ VINOE ETERRITORIO
TERRITORIO
EDUCAZIONE
EDUCAZIONESENSORIALE
SENSORIALE/ TECNICHE
/ TECNICHEDIDICUCINA
CUCINA/ SALUMI
/ SALUMI
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Buono,pulito
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PER
PER SCEGLIERE
SCEGLIERE
CEREALI
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PANE/ PASTA
/ PASTAE ERISO
RISO/ CARNE
/ CARNE/ PESCE
/ PESCE/ MIELE
/ MIELE
ORTICOLTURA
ORTICOLTURA/ SPESA
/ SPESA/ SPESA:
/ SPESA:ORTOFRUTTA
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Una
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PER
PER INCURIOSIRE
INCURIOSIRE
DISTILLATI
DISTILLATI/ ACETI
/ ACETI/ CAFFÈ
/ CAFFÈ/ TÈ
/ TÈ/ CIOCCOLATO
/ CIOCCOLATO/ SPEZIE
/ SPEZIE
ERBE
ERBEAROMATICHE
AROMATICHE/ /DOL
DOL
CICI
CUCINE
CUCINEETNICHE
ETNICHE/ STORIA
/ STORIAE ECULTURA
CULTURADELLA
DELLAGASTRONOMIA
GASTRONOMIA
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INFORMAZIONI
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Slow Food
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VINO
SOSTENITORI
SOSTENITORI
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FOOD
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Kulmbacher
Birra
BirraForst
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AgricolaFratelli
FratelliTedeschi
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AraldicaDistribuzione
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Az.
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Cavazza
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Agr.
Agr.
Conte
ConteEmo
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Capodilista
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Montecchia
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Elvio
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Agr.
Negro
Negro
Angelo
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Agr.
Agr.
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s.a.s.
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Agr.
Agr.
Prà
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Agr.
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Santa
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Barbara
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Vinicola
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Vinicola
VinicolaRivera
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Umani
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Ronchi
Ronchi
s.p.a.
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Batasiolo
Batasiolo
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Bologna
Ca’
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Bosco
Campagnola
Campagnola
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CantineBava
Bavas.p.a.
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Cantine
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Notaio
Cantine
Cantine
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Giorgio
Lungarotti
Lungarotti
s.r.l.
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Consorzio
Consorzio
Tutela
Tutela
Vini
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Valtellina
Valtellina
Cleto
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Tutela
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MediciErmete
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Monterossa
Monterossa
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Saracco
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Sartori
Sorelle
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d’Almeritas.r.l.
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Tenuta
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Slow 69/2014
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al Tribunale di Alba (Cn)
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Carlo Bogliotti
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DAI UN’ALTRA OPPORTUNITÀ A QUESTA RIVISTA.
CON LA RACCOLTA DIFFERENZIATA
LA CARTA SI RICICLA E RINASCE. GARANTISCE COMIECO.
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S O MM A R I O
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I N T R O
d i C a r l o
R E T E
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I L S A P O R E D E L L A
L E G A L I T à
d i C a r m e l o M a i o r c a
B o g l i o t t i
L I B E R A
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R I C O S T R U I R E
A T T R A V E R S O
L E R E L A Z I O N I
d i F r a n c e s c a B a l d e r e s c h i
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O L T R E L A R E T E
d i V i n c e n z o E r c o l i n o
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T E R R A
I L V E R
È L A R
d i A n t o
F E L I X ,
O FU O C O
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N U T . R O
d i C l a u d i o A r b i b
e R o b e r t o D ’A u t i l i a
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L A R E T E UM A N A
d i J o h n I r v i n g
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S C I A M I
d i G a b r i e l e
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C O S E D A
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D I R I T O R N O A L L A T E R R A
d i L u c a M a r t i n e l l i
M A T T I
F i o r i t a
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L ’ A PP E N N I N O
C H E R E S I S T E
d i S o n i a C h e l l i n i
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S L
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D E
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F A R E R E T E C O N G L I
d i D a v i d e G h i r a r d i
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T H E N E T W O R K
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d i A l e s s a n d r o C o s t a
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P R O G R A MM A R E I L FU T U R O
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L A R E T E A C O N G R E S S O
d i E u g e n i o S i g n o r o n i
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S FY N R E T E G I O V A N E
d i N i c o l a F e r r e r o
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C R O N A C A A FF E T T I V A
D I U N C O N G R E S S O
d i C a r l o B o g l i o t t i 110
C E N T O D I Q U E S T I
D E C E N N I !
d i B a r t o l o m e o M a c c a g n o
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G A S T R O N O M I A
L I B E R A !
E N D A O W F O O D D A Y :
T T I I N P I A ZZ A
A l e s s i a P a u t a s s o
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S E N Z A C O N F I N I
d i A l e s s a n d r o M o r t a r i n o
O W B E A N S
L S E G N O
I L E GUM I
G a b r i e l e R o s s o
I L R A C C O N T O
D E L C O N G R E S S O
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C A R I S S I M O
C A R L O
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S C U O L A D I C U C I N A
A P O L L E N Z O
d i F r a n c e s c a Fa r k a s
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U N ’ I D E A D I F E L I C I T à
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S A L O N E I N T E R N A Z I O N A L E
D E L GU S T O
E T E R R A M A D R E
I l p r o g r a m m a
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INTRO
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C a r l o
II/14
B o g l i o t t i
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Rete libera. La “seconda puntata” del 2014 di Slow, la rivista di Slow Food ci parla di un concetto, di un modo di fare,
di una forma che è incarnata in maniera esplicita nelle
nostre idee e nel nostro essere da una decina d’anni. La
rete per eccellenza è Terra Madre: non nasce come tale ma
lo diventa subito e contagia in maniera irreversibile anche
Slow Food, a partire dal giorno seguente quelle date di ottobre 2004 in cui si tenne a Torino il primo, straordinario,
meeting tra le comunità del cibo.
A chi si chiede quale sia il rapporto tra Slow Food e Terra Madre è forse sufficiente rispondere che nel mondo, là
dove era già ben presente l’associazione, Terra Madre è
stata foriera di un nuovo approccio con i produttori, rinvigorito ben al di là della necessaria prospettiva della tutela
che garantiscono i Presìdi, più aperto e quindi ospitale per
tutto l’universo di chi il cibo lo crea quotidianamente secondo i principi del “buono, pulito e giusto” ma non vive
situazioni a rischio. Per contro, là dove l’associazione non
c’era ancora il vessillo della Chiocciola è arrivato proprio
grazie a Terra Madre. Molti Paesi in Africa hanno vissuto
questo tipo di processo in maniera dirompente: l’Uganda,
che ci ha anche recentemente dato un vicepresidente internazionale (Edie Mukiibi), ne è forse l’esempio più eclatante, ma il fenomeno riguarda altri piccoli territori, e non
solo nel continente africano.
La dinamica, a ben vedere, in parte riguarda anche alcune
zone italiane, nonostante, vista la storica forza e diffusione
delle condotte di Slow Food, è normale che da noi, soprattutto all’inizio e via via un po’ meno, Terra Madre sia stata
vissuta soprattutto come un progetto. Cioè come una cosa
“da fare” sui territori, tra le tante altre. Una prospettiva decisamente diversa dal resto del mondo, però un humus in
cui Terra Madre ha posto altri semi, che nello Stivale stanno germogliando nei modi più disparati. Ragionando con il
senno di poi, per Slow Food Italia la rete di Terra Madre ha
rappresentato un modo, e soprattutto “la scusa”, per aprirsi
progressivamente. Un agire e un pensare che, più o meno
consapevolmente, hanno aperto le porte non soltanto ai
produttori non strettamente legati a un progetto dell’associazione, ma anche a tante altre realtà, vicine e lontane in
termini di “affinità elettive”: si pensi al coinvolgimento e alla
partnership con le associazioni nazionali più varie sui temi
della legalità e della tutela del paesaggio, per esempio, o alle
piccole e medie realtà locali sul fronte degli orti, dei mercati
o degli eventi regionali e territoriali.
Insomma, Terra Madre – “la” rete – ci ha cambiati e arricchiti come neanche ci s’immaginava al momento della concezione di questo eterogeneo mondo mosso dall’“intelligenza affettiva” e dall’“austera anarchia”. Ha
10
trasformato Slow Food, fino a farla diventare un’unica
grande rete sempre pronta ad allargarsi, ben incarnata dal
Salone internazionale del Gusto e Terra Madre di Torino
(in questo numero il programma dell’edizione 2014), nel
momento in cui sono diventati ufficialmente un unico
evento senza distinzioni tra le due facce.
Su Slow II/14, più che ragionare sulla forza delle reti (pur
senza rinunciare a qualche riflessione) abbiamo voluto dare
conto di che cosa è successo in Italia a dieci anni da Terra
Madre. Con storie che ci parlano delle aperture di cui sopra: dalla rete per contrastare l’effetto “Terra dei fuochi” in
Campania a quella degli Stati Generali degli Appennini, dalla lotta contro l’illegalità in Calabria e in Sicilia alle reti che
si formano attorno a prodotti, intere loro tipologie oppure
progetti specifici che portiamo avanti da anni. Reti trasversali che come uno stormo (da qui l’idea della copertina), o uno
sciame, si spostano e cambiano forma, collegando l’Italia al
mondo e viceversa, i territori con le persone in modo sempre più “liquido” e adattabile alle necessità. Provate a leggere
ogni storia di questo numero, ma anche ogni racconto di
una pubblicazione editoriale e dei suoi contenuti, ogni reportage dal mondo e perfino l’agenda degli appuntamenti in
Mondo slow con l’occhio di uno dei nodi della rete, ciò che in
fondo siete in quanto soci: vedrete collegamenti che prima
forse non consideravate.
Provate anche a leggere, come abbiamo fatto noi, il recente
Congresso nazionale di Slow Food Italia, che ha profondamente rinnovato gli organismi dirigenti dell’associazione
– a partire dal presidente –, come l’esplicitazione di una
rete che si è rivelata per tre giorni a Riva del Garda, per poi
tornare a casa e continuare a tessere i suoi legami con il
mondo, con i mondi, con gli altri sciami, gli altri stormi.
Una rete che non si può fermare, neanche in una fotografia. Per questo quella che cerchiamo di dare su queste
pagine resta irrimediabilmente un’immagine sfuggente,
che si può interpretare secondo la propria prospettiva, ma
sarà sempre e comunque parziale: un racconto sospeso,
ampliabile a piacere, con mille finali non scritti e mille
nuovi incipit.
Ciò che è certo è che questa rete esiste, e “Rete libera” non
è solo più una vocazione, ma è carne del nostro corpo associativo, è prospettiva locale e internazionale. Senza perdere di vista l’obiettivo che sta in quell’aggettivo che ha aggiunto Carlo Petrini nel titolo del secondo capitolo di Cibo
e libertà: “libera”. Perché è in fatto di libertà – intesa come
leggerezza, autodeterminazione, sprigionarsi di energie,
forme liquide, coscienza dei limiti ma con capacità di osare e sognare – che si gioca il futuro della Chiocciola e di
tutta la vasta umanità che coinvolge.
2014
NoN è mai stato
così semplice
NoN è mai stato
avere in tasca il meglio
dellecosì
guidesemplice
di sloW Food
bevi il meglio
avere in tasca
delle guide di sloW Food
dormi
mangia
mangia
bevi
slow
dormi
wine 2014
osterie
d’Italia 2014
birre
d’Italia 2015
disponibile su
osterie d’italia è anche su
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rete
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V i n c e n z o
E r c o l i n o
Una riflessione attorno al concetto di rete – digitale in primis – e su come
essa possa nascondere trappole sotto la pretesa garanzia di salvezza
che prometterebbe all’umanità. Per capire che non sono lo strumento
o la forma in sé a stabilire un’evoluzione o un progresso, bensì che cosa
anima questi nuovi strumenti e modi di interagire di cui l’umanità
si è dotata. La possibilità di una “intelligenza collettiva”, quindi,
si deve animare e confondere con quella che Slow Food
e Terra Madre – rete/i anche loro – chiamano “intelligenza affettiva”
l i b e r a
«Più facile è spezzare un atomo che un pregiudizio». Solo
pochi giorni fa il cardinale Gianfranco Ravasi riportava
questa tagliente battuta di Albert Einstein, che di atomi certamente se ne intendeva, a sostegno della tesi che spesso
«il punto di partenza della nostra analisi della realtà è un
preconcetto, attorno al quale giriamo in una sorta di circolo
vizioso e sul quale modelliamo la stessa realtà».
Uno di questi preconcetti o se volete fonti di pregiudizi è
– appare paradossale – l’attribuzione alla “rete” o alle cosiddette reti di una sorta di neutrale obiettività, pertanto di
una riconosciuta attendibilità e dunque di autorevolezza.
Quasi che la “rete”, intesa come lo strumento tecnologico
più avanzato per mettere assieme intelligenza, razionalità e
competenze, fosse di per sé garanzia di valida discussione e
di risoluzione di questioni politiche, ideologiche, sociali e financo economiche: insomma la rete luogo di ragionamenti
che producono alla fine la formazione di credenze corrette,
molto vicine alla verità. Ma allora perché da più parti si levano voci che allertano sull’effettiva capacità di internet di
salvare il mondo?
Internet ovvero “la rete” favorisce o no i processi di democrazia? Perché uno studioso del calibro di Evgenij Morozov
mette in guardia il governo statunitense dal promuovere lo
sviluppo di strumenti di “cittadinanza attiva” attraverso la
rete? E bolla questa intenzione come – a essere buoni – un
pensiero “naif”? E perché – avverte ancora lo studioso – i cittadini vivono i servizi offerti in rete da Google e altre aziende
come gratuiti mentre quel senso di libertà normalmente associato al muoversi in rete non è gratuito? Certo non c’è denaro che remunera il servizio, ma la moneta, carissima, che
viene usata nello scambio è la rinuncia a una fetta sempre
maggiore della propria “privacy” in favore di servizi pubblicitari e messaggi profondi, radicali e complessi (paradigmi
del potere), dunque processi non neutrali che portano con sé
implicazioni geopolitiche importanti.
La risposta a tale visione della Rete è nella scuola – affermatasi sempre più – di Ethan Zuckerman, Yochai Benkler,
Jeff Jarvis e altri che invece enfatizzano le attese liberatorie
invocando un “cyber-ottimismo” che porterebbe la globalizzazione della rete a favorire un’informazione corretta, in
grado di avere un impatto positivo sulla formazione di una
nuova classe dirigente di pensatori abili e multiculturali. In-
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r e t e
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p
i
:
somma una comune visione ottimistica e trionfalistica delle
potenzialità democratizzanti e anti-totalitaristiche di internet. Tutto sommato una spinta in avanti della definizione di
Pierre Lévy sul fine più elevato di internet, ovvero quella che
lui definisce “intelligenza collettiva”. Il principio da cui parte Lévy è che dovunque c’è umanità c’è intelligenza, e che
questa intelligenza, distribuita dappertutto, può essere valorizzata da nuove tecniche, soprattutto mettendole in sinergia. Oggi, due persone distanti sanno due cose complementari; per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero
entrare in comunicazione l’una con l’altra, scambiare il loro
sapere, cooperare. E allora esiste una “verità” della “rete”?
Secondo alcuni studiosi la rete produce effetti che vanno ben
oltre lo strumento tecnologico sofisticato a cui altri l’hanno
relegata. La rete attraverso un inconscio digitale è in grado
di cogliere e di dare vita – ignorando i messaggi subliminali
di poteri nascosti o rivelati – a un sistema integrativo di pulsioni, di sentimenti, di emozioni straordinariamente diffusi
che superando barriere ideologiche, politiche e sociali danno vita a correnti di convinzioni morali tali da lasciare un
profondo segno nella cronaca. Gli esempi di uso della rete
quale specchio di un sentimento e di un’emozione comuni
sono ormai tanti: dallo sbarco dei migranti a Lampedusa
alle rivelazioni di Wikileaks, dall’esordio del «buonasera» di
papa Francesco alla diffusione di Dignità di Medici senza
frontiere.
Dunque è possibile un uso virtuoso di internet? Senza precipitare in convinzioni necessariamente arbitrarie e personali? O – ancora peggio – giustificare, con la pretesa che la
Rete parla in nome di principi scientifici, uno stato di privilegio e sfruttamento che declassa l’individuo a strumento di
dominio interattivo?
Dalla supremazia di una certa Rete ci salverà la parte di noi
che è stata più abbandonata e addirittura criticata dal pensiero dominante degli ultimi tempi: le emozioni e i sentimenti che, elevati a “ideali intellettuali comuni”, superando un’impostazione materialistica dell’indagine scientifica
di un valido strumento come internet, si adopereranno per
rendere il mondo in cui viviamo luogo umanamente libero, indirizzandoci verso un neo-Rinascimento.
l i b e r a
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rete
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A l f r e d o
P u z z i
B u o n a n n o
Protagonista – talvolta suo malgrado – di titoli a quattro colonne,
in altalene mediatiche di esaltazione e demonizzazione,
la Campania rischia sempre più di trovarsi abitata da una comunità
timorosa di mangiare i frutti dei propri campi.
Le campagne elettorali che utilizzano il refrain della Terra dei fuochi e le
azioni che si fermano alla mera denuncia dei fatti non consentono
di certo un’analisi lucida della situazione territoriale
l i b e r a
La Terra Felix risente ormai da lustri di una
sorta di sineddoche, attraverso la quale si
confonde indiscriminatamente lo stato
dell’intero territorio con quello di alcune sue
aree, trasformate in ultima meta di rifiuti
tossici illecitamente sversati. Ciò che spesso
si dimentica però è che il disastro ambientale non sempre coincide con quello agricolo, in particolar modo per la conformazione
antropica di una regione che alterna ampie
zone rurali ad altrettanto ampie aree densamente urbanizzate.
Quel che infatti emerge dalle prime analisi
significative svolte dall’Arpac (Agenzia regionale protezione ambientale Campania)
in concomitanza con l’iter procedurale per
l’approvazione della legge 6/2014 (ex decreto
“Terra dei fuochi”) è che la contaminazione
da rifiuti tossici interessa circa il 5% del territorio regionale e tale cifra si riduce all’1% se
parliamo di suoli agricoli. Significa che fino
a oggi sono stati comprovati solo due casi di
contaminazione sui prodotti e, per giunta, secondo la stessa Arpac, uno di questi è anche
di dubbia interpretazione. Ora, è ben certo
che non possiamo esultare ma siamo quantomeno nelle condizioni di agire serenamente,
in piena coscienza che non tutto è perduto.
Se è vero che il cibo, come sostiene Carlo Petrini, è strumento di liberazione e non di condanna, lo è non solo nella visione bucolica e
romantica dell’innocenza perduta ma ancora
di più quando è a rischio. La biodiversità, in un
contesto come quello campano, dove gli agricoltori – anche a causa del fenomeno Terra dei
fuochi – si trovano troppo spesso a fare i conti
con l’angosciante preoccupazione di trovare la
via più semplice per non mandare al macero
il prodotto, rischia di scomparire con ancora
maggiori probabilità rispetto ad altri territori.
E, in un paralizzante effetto domino, se non
si valorizza la biodiversità le campagne si spopolano e si lascia campo libero a chi intende utilizzare i terreni agricoli
per i propri fini, non
sempre coincidenti con la
nostra
19
interpretazione di “giusto”. Come se
non bastasse, non di rado a pagare
le conseguenze di tale situazione
paradossale sono stati (e sono
tuttora) anche coloro che non
hanno nulla a che fare con il
grave contesto ambientale enunciato finora, per
motivi sia geografici
sia più squisitamente tecnici: il Cilento o
l’alta Irpinia ma anche
il territorio dell’alto Casertano, per esempio, si
trovano a grande distanza da quel nugolo di paesi
tra Napoli e Caserta dove
i roghi tossici fanno notizia. Eppure, agli occhi di un
osservatore esterno, la loro
immagine è etichettata come
“Campania”, e pertanto rigettata
dai consumatori che si rivolgono
ai supermercati e, nel contempo,
esclusa dalle intese commerciali dei
buyer.
r e t e
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Ragionando con gli agricoltori del territorio regionale, nel
2012 Slow Food ha dato vita
in Campania al Manifesto di
Resistenza Contadina, attraverso il quale si dà voce,
sostegno e opportunità a
tutti quei contadini che
resistono, tra l’altro, al
diffondersi dell’illegalità
nei sistemi di produzione del cibo. Illegalità
che può assumere forme diverse: dall’utilizzo del lavoro nero e del
caporalato nelle aziende
allo sversamento abusivo
dei rifiuti su suoli agricoli, dal riciclaggio di denaro
proveniente da attività illecite
al controllo dei mercati di beni
alimentari. Resistenza Contadina
nasce per consentire agli agricoltori
di continuare a svolgere il proprio lavoro con dignità e con le opportunità che
quest’attività dovrebbe
offrire. Perché se i contadini demordono, allora tutto è
veramente perduto. è nelle campagne abbandonate che sono finiti i rifiuti tossici, è dove la Terra veniva vissuta senza radici e
senza speranze che si è lasciata la porta aperta a chi cercava complici. Bisogna dunque
sapere guardare dentro i fatti e segnalare le
differenze. Bisogna distinguere tra il “buono,
pulito e giusto” che è la maggior parte e che
pure, nonostante questo, è costretto a lottare
per farsi riconoscere, e il “cattivo, sporco e ingiusto” che con troppa facilità emerge e copre
la ricchezza della Campania Felix. La nostra
unica speranza di risolvere il problema è farci
promotori della conoscenza, dell’informazione che va oltre il clamore mediatico e il caos,
che giovano solo a pochi.
Quella che stiamo vivendo è una lotta tra due
sistemi: da un lato c’è chi vuole trasformare
la Campania nell’inceneritore d’Italia per poi
bonificarla e innescare così un ciclo di grandi
profitti, dall’altro chi combatte per salvaguardare un’economia di sussistenza. Noi facciamo parte di questi ultimi e, a differenza dei
primi, facciamo i nomi dei nostri militi perché
non restino ignoti. Nell’Agro Acerrano-Nolano-Mariglianese Bruno Sodano (neo-eletto
consigliere nazionale Slow Food) di Pomigliano d’Arco, Vincenzo Egizio di Brusciano,
i soci della Cooperativa Agrigenus, Pasquale
Ferrara, Leopoldo Marciano, Girolamo Coviello D’Amico, Antonio D’Amico e Pasquale
La Montagna di Acerra, Santino Piramonda
di Marigliano e Tommaso Romano di Castello di Cisterna sono produttori di Presìdi Slow
Food come la papaccella, gli antichi pomodori
di Napoli e il fagiolo dente di morto. Nicola
Migliaccio a Carinola (Caserta) e Giuseppe
Laezza ad Afragola (Napoli) custodiscono roccaforti della biodiversità vegetale, tenendo a
coltura ecotipi recuperati dal progetto “Salve”
promosso dalla Regione Campania. Alberto
Marulli a Francolise (Caserta) produce inoltre
l’olio Monte della Torre, che il Concorso internazionale Biol 2014 ha premiato
come il miglior olio biologico del mondo.
l i b e r a
Oggi Slow Food li ha messi tutti insieme in un
progetto di “Orti in affitto” sviluppato in collaborazione con il Centro commerciale Campania e nato da una felice idea di Giuseppe Lanza, fondatore del microbirrificio Gold Blond.
Nelle sedi di Marcianise (Caserta) e di
Pompei (Napoli),
21
Gold Blond propone un menù di pizzeria e ristorante con prodotti conferiti esclusivamente da questi contadini e certificati mediante
un protocollo di analisi sottoscritto dalla Regione Campania, dal Cra-Ort e dalla Facoltà
di Agraria dell’Università degli Studi di
Napoli Federico II.
Il coordinamento di Slow Food Campania e Basilicata si è poi dotato
già da diversi anni di un Comitato tecnico-scientifico dei Presìdi
Slow Food diretto da Vito Trotta, responsabile regionale del
progetto. Assieme ad altri
organismi, questo gruppo
di lavoro effettua verifiche
periodiche sulla salubrità
dei prodotti dei Presìdi e
i dati restituiti fino a oggi
ci dicono che le “nostre”
coltivazioni non hanno
problemi.
Tutto ciò è la premessa per
porre in essere quanto auspicato da Roberto Burdese in un
post apparso sul suo blog nel
portale web de Il Fatto Quotidiano: «è necessario garantire la sicurezza alimentare dei consumatori
senza compromettere la sopravvivenza
economica dei tanti produttori agricoli
esenti da ogni contaminazione». Beninteso:
questa non è una vana speranza ma la nostra
stessa missione.
Come ha affermato Giuseppe Orefice,
neo-eletto presidente di Slow Food
Campania, all’ottavo Congresso di
Slow Food Italia a Riva del Garda: «La
nostra non è la Terra dei fuochi ma la
Terra di don Peppe Diana e di quella
società responsabile che ogni giorno
lotta non solo con la denuncia ma con
attività propositive per rinnovare un
sistema che molti vorrebbero endemicamente corrotto». Un rinnovamento
che passa attraverso l’amore per la Terra
Madre, quella che «faceva paura agli altri,
così viva ancora e baciata dal sole». E Jacques
Prévert ci perdonerà la licenza poetica!
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Guido Gobino, chocolatier, titolare dell’omonima Cioccolateria Artigiana, con sede
al numero 15/B di via Cagliari, anonima
stradina dell’altrettanta anonima prima
periferia torinese; e Teo Musso, birraio
di Piozzo, piccolo paese delle Langhe,
anima guida del birrificio Baladin. Due
produttori piemontesi, diversi per mestiere svolto ma accomunati dalla stessa
capacità di abbinare al lavoro la passione.
E da un’apertura culturale e professionale
che li porta a “fare rete” per davvero. Nel
loro caso, con Presìdi del Sud del mondo:
Gobino con quello del cacao del Tabasco
in Messico, Musso con quello della cola
di Kenema in Sierra Leone (combinazione, due angoli del mondo descritti da
Graham Greene in altrettanti romanzi, Il
potere e la gloria e Il nocciolo della questione,
ma questa è un’altra storia).
La rete di Terra Madre e Slow Food costituisce la summa di cerchi concentrici che
si sovrappongono
e si moltiplicano,
senza
gerarchie
interne, in modo
rizomatico. Quei
cerchi sono le nostre sottoreti personali:
ognuno
di noi ne ha e ne
costruisce. Concretano, idealmente, i
sentimenti di fratellanza e amicizia
evocati da Carlo
Petrini nel suo discorso inaugurale
alla prima edizione di Terra Madre
nel 2004. E sono
fatte di umanità.
Una delle mie prime esperienze professionali con Slow
Food comportò la
costruzione di una
23
rete: quella dei giornalisti che avrebbero
collaborato con il neonato sito internet.
Un’esperienza intrapresa nel 2000 alla
prima edizione del Premio Slow Food
per la Difesa della Biodiversità, di cui Terra Madre è stretta discendente.
Fu grazie a quel lavoro che conobbi la
giornalista “gastro-investigativa” britannica Joanna Blythman. E fu grazie a Joanna, venuta in Italia per un servizio sul
cioccolato a Torino (“Cioccolatissimo”
lo intitolò) che conobbi Guido Gobino.
“Laboratorio artigianale del giandujotto” annunciava una targa in ottone sulla
porta di quello che Matthew Fort, altro
giornalista britannico conosciuto allora,
definisce «l’equivalente dolciario di un
Emporio Armani». Teo Musso invece
l’ho conosciuto accompagnando un altro
giornalista ancora, il compianto Michael
Jackson, «cacciatore di birra» e «ricercatore di whisky» («ma anche il vino è
un raisin d’être!» scherzava), all’inaugurazione di Casa Baladin, ristorante agrituristico sulla piazza centrale di Piozzo.
Nodi che si collegano, esperienze che si
scambiano, prospettive che si aprono,
energie che si liberano.
Quest’anno, in procinto di celebrare il
cinquantesimo anniversario dell’azienda, Guido Gobino, alla costante ricerca di
cacao di qualità, ha fatto uno storico annuncio: «Abbiamo appena concluso un
accordo in base al quale trasformeremo il
cacao del Presidio messicano in più prodotti che presenteremo al prossimo Salone del Gusto e poi all’Expo».
La nuova linea prenderà il nome di Chontalpa, una delle cinque regioni in cui è
suddiviso lo Stato del Tabasco, dove il cacao cresce da sempre. Non è un caso che,
nel marzo 1519, i conquistadores spagnoli, che poi avrebbero diffuso il cacao nel
mondo, sbarcarono per la prima volta in
Messico proprio da quelle parti, nei pressi della moderna Frontera, sull’estuario
del Rio Grijalva.
r e t e
24
Lo Stato del Tabasco produce circa
l’80% di tutto il cacao del Messico (il
67% della superficie è votata alla sua
coltivazione), e la Chontalpa è considerata luogo d’origine del criollo, la varietà più rara e pregiata. Per decenni, anzi
secoli, il fatto che il cacao costituisse
l’unica fonte di reddito per i contadini della regione li rendeva vulnerabili,
facile preda di intermediari locali con
pochi scrupoli, non per nulla soprannominati coyotes. Condizioni di prezzo sfavorevoli quindi, che non riconoscevano
alla materia prima il valore di mercato
che la sua alta qualità avrebbe meritato.
In più, l’isolamento e la lontananza dal
mercato nazionale determinavano una
certa arretratezza tecnica e complicavano l’accesso al credito.
A partire dal 2000, alcuni piccoli produttori riuscirono a organizzarsi in cooperative per acquistare attrezzature moderne
e spuntare prezzi più alti. Questo processo virtuoso venne bruscamente fermato
nell’ottobre 2007, quando il Tabasco fu
devastato da una tremenda alluvione.
Ma non tutte le tragedie immani vengono per nuocere (si veda, fatte le debite
proporzioni, il caso del vino piemontese
rinato dopo lo scandalo del metanolo del
1986). Nel 2008, infatti, per aiutare i produttori colpiti nacque il Presidio del cacao
della Chontalpa che, attraverso un apposito disciplinare, si propone di migliorare le
tecniche di coltivazione delle fave di cacao,
nonché le fasi di fermentazione e di essiccazione, rispettando l’ambiente e garantendo ai lavoratori un guadagno equo.
Ora, con la sua iniziativa, Guido Gobino si
impegna ad acquistare il cacao direttamente dai produttori del Presidio, eliminando
la figura dell’intermediario. «Questa è per
noi l’occasione per orientarci verso obiettivi
di sostenibilità e collaborazione diretta con
i produttori», dice, «per migliorare le loro
condizioni di lavoro e garantire una qualità
sempre maggiore per il nostro cioccolato».
l i b e r a
25
Ecco quindi nascere, nel 2012, il Presidio della cola di Kenema, distretto della Sierra Leone sudorientale,
grazie al quale 48 piccoli produttori
ora lavorano insieme per valorizzare la coltivazione, la trasformazione
e la commercializzazione del frutto.
Il progetto incuriosì Teo Musso fin da
subito, convincendolo ad abbandonare
l’amato luppolo — almeno temporaneamente — per affrontare una nuova sfida:
la produzione di una cola, intesa come
bibita, acquistando la materia prima direttamente dai piccoli produttori del Presidio, e devolvendo una percentuale sulle
vendite alle attività della Fondazione Slow
Food in Sierra Leone, che comprendono
la realizzazione di 50 orti comunitari e
scolastici e un progetto a sostegno dei pescatori di Kent, un villaggio sul mare.
«La nostra produzione sarà certamente
“di nicchia”», dicono al Baladin, «ma
permetterà di perseguire l’intenzione a
dare alla parola sostenibilità il proprio
intero e importante valore».
La nuova cola Baladin, rossa come le
noci del frutto, fece il suo debutto al Salone del Gusto e Terra Madre nell’ottobre 2012, presenti alcuni produttori di
Kenema.
E i veri protagonisti, i piccoli produttori, cosa dicono? Eulises Hernández
González, agricoltore da quando aveva 12
anni, non ha dubbi: «Siamo entrati nel
Presidio perché crediamo sia possibile
migliorare la situazione, trovare nuovi
sbocchi per vendere il nostro cacao e dare
una prospettiva diversa ai nostri figli».
Chontalpa di Guido Gobino, il primo
cioccolato con il marchio Presidio Slow
Food, sarà in vendita da settembre, e sarà
presentato ufficialmente in occasione del
Salone del Gusto e Terra Madre 2014, in
programma a Torino dal 25 al 29 ottobre.
Della stessa famiglia del cacao, le Sterculiaceae, è la cola, un frutto autoctono delle
foreste tropicali dell’Africa occidentale. In
Sierra Leone, in particolare, ha connotazioni simboliche e taumaturgiche, religiose e sociali, ed è impiegata come ingrediente di bevande, medicine e tinture. Anche il suo salvataggio è figlio indiretto di
una tragedia: la guerra civile che, dal 1991
al 2001, ha decimato un’intera generazione di sierraleonesi, tra cui i più esperti
coltivatori di cola, custodi di vecchi saperi
tradizionali. Le conseguenze per la produzione furono, naturalmente, disastrose.
Guido Gobino e Teo Musso, due virtuose esperienze internazionali, due storie
spiccatamente “tangibili” e “umane”.
Vengono in mente le parole scritte da
Carlo Petrini nel suo ultimo libro, Cibo e
libertà: «Ricordiamoci che le persone di
Terra Madre non sono entità lontane e
connesse tramite un computer o un telefono: sono esseri in carne e ossa, che lavorano attivamente ogni giorno, che hanno
il senso della cura per il proprio territorio,
per la propria realtà locale, ma hanno a
cuore un benessere più grande, molto più
grande. È questa la forza della rete libera di Terra Madre e Slow Food: è reale, si
può toccare».
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Chi sono i veri pazzi? La Calabria di questi anni è attraversata
da una nuova generazione di donne e di uomini che hanno deciso
di riappropriarsi della propria terra e della propria vita, sottraendole
all’incuria, all’abbandono e, quando è necessario, alle mafie. Slow Food
Calabria è impegnata nella costruzione di una rete ampia che colleghi
le esperienze sui territori e le metta al centro di un insieme di produttori,
clienti, operatori della ristorazione, esperti dell’alimentazione
e della gastronomia, blogger, giornalisti. Bisogna diventare specialisti
delle relazioni gastronomiche che camminano a fianco dei partigiani
del nostro tempo, per una Calabria libera da ogni potere criminale
l i b e r a
È molto condivisa l’idea che la libertà di ciascuno finisca là dove inizia quella di un altro soggetto. Slow Food Calabria invece pensa che la
libertà di ciascuno di noi finisca quando finisce
quella di qualcuno. La privazione della libertà,
a tutti i livelli, è sempre un problema che riguarda tutta la comunità. Quando viene fatta
esplodere una bomba nel negozio di un commerciante che non paga il pizzo, a essere colpita non è solo la libertà di chi subisce l’attentato
ma più in generale quella di ogni persona e della sua possibilità di fare ciò che crede, di intraprendere un’iniziativa economica, di realizzare
la propria personalità. Non vi è modo di vivere
in modo buono, pulito e giusto se il contesto
non è buono, pulito e giusto. Per questo i mille soci calabresi si sono messi in testa la pazza
idea di cambiare il contesto. Un’idea da matti.
La Calabria di questi anni è attraversata da una
nuova generazione di donne e di uomini che
hanno deciso di riappropriarsi della propria
terra e della propria vita, sottraendole all’incuria, all’abbandono e, quando è necessario, alle
mafie. Non è troppo complicato ricostruire una
vera e propria filiera della legalità, la cui origine sta nella
legge sulla confisca dei beni e
che poi si snoda attraverso le
misure concrete di sequestro
e assegnazione degli stessi
e, infine, nella straordinaria
attività delle cooperative che
gestiscono i terreni. Slow
Food Calabria si inserisce qui,
nel punto in cui il prodotto è
pronto, perché la specificità
del nostro sostegno può essere promuoverne la conoscenza, la diffusione, il consumo.
Al di là di altre forme di sostegno che pure sperimentia-
27
mo di volta in volta, l’apporto davvero significativo che Slow Food Calabria cerca di dare sta
nella costruzione di una rete ampia che metta
in relazione queste esperienze e soprattutto le
collochi al centro di un insieme di produttori, clienti, operatori della ristorazione, esperti
dell’alimentazione e della gastronomia, blogger, giornalisti. In questo senso, ci sentiamo
una sorta di specialisti delle relazioni gastronomiche che camminano a fianco dei partigiani del nostro tempo, condividendo con loro
il gusto della legalità, l’amore per la terra, la
strutturazione di una Calabria libera da ogni
potere criminale.
Le storie che incrociamo nella nostra azione
sono storie di persone sporche di fango, abituate alla fatica, aperte al rischio, fiduciose nelle proprie capacità, dotate di quell’autostima
che purtroppo manca a tanti calabresi. Vite
di persone normali che diventano in qualche
modo speciali, perché costrette a superare
difficoltà uniche e, soprattutto, a scostarsi da
quella rassegnazione che è diventata un tratto
tipico della nostra popolazione.
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Slow Food
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Non basta più una mappa scaricata da Google per conoscere
questa terra, e nemmeno la lettura dei quotidiani per comprenderla. È tempo di aggiornare la cartografia, è il momento di
muovere i pezzi secondo un nuovo ordine, di scrutare l’orizzonte calabro attraverso le vite straordinarie di uomini normali.
A Isola Capo Rizzuto ci sono già state minacce, avvertimenti, arresti. I terreni di Isola erano proprietà degli Arena, una
delle cosche più potenti della Calabria. Ora nove ragazzi coltivano finocchi, seminano cicerchia, raccolgono grano, ospitano volontari da tutta Italia. La cooperativa Terre Joniche, in
realtà, doveva essere formata da sei persone, ma durante il
corso di formazione i partecipanti decisero che sarebbero arrivati in fondo tutti insieme, non importava chi sarebbe stato
selezionato, contava di più il gruppo, la voglia, l’impegno.
Anche questo capovolge la mentalità di un posto, perché –
come spiega la presidente Raffaella Conci – il compito della
cooperativa non può essere quello di sfidare frontalmente la
mafia, ma piuttosto di dimostrare che esiste un’alternativa.
Un anno fa, il 24 giugno 2013, un incendio doloso riduceva
in cenere centinaia di alberi di agrumi nei terreni confiscati
alla criminalità organizzata e curati dal consorzio Terre del
Sole in contrada Placanica, una frazione collinare di Melito
di Porto Salvo. L’attentato devastante è la cifra stilistica degli
affiliati ai locali di ’ndrangheta che, come i “colleghi” campani, non esitano ad avvelenare la terra per arricchirsi o a
distruggere tutto, al fine di impedire che altri possano trarre
giovamento dalle risorse naturali.
Le associazioni che ruotano intorno alla Placanica Farm –
com’è stata ribattezzata la villa confiscata e assegnata assieme a un vastissimo agrumeto nel 2006 – non solo non si
sono rassegnate, ma hanno colto l’occasione per rilanciare
un nuovo impegno con la proposta dell’adozione a distanza di un albero. L’intento è ricreare l’aranceto danneggiato
mettendo a dimora 700 piantine e aggiungere a queste ben
1400 alberi di bergamotto. Piantare un albero è un gesto
che fin dall’antichità è carico di significati: il bergamotto a
Reggio come l’olivo in Palestina vuol diventare segno di una
nuova pace fondata sulla giustizia e sull’autodeterminazione
affrancata dall’oppressione.
Slow Food c’è sempre, nell’adozione degli alberi come nel sostegno alla cooperativa della Valle del Marro, che fa parte del
circuito di Libera e dal 2004 è in prima linea nel processo di
riscossa della piana di Gioia Tauro. L’anno scorso, un gruppo
di studenti dell’Università di Scienze Gastronomiche ha visitato i terreni della cooperativa e ne ha degustato i prodotti.
Dopo l’incontro con i giovani che da dieci anni sfidano il potere criminale, uno degli studenti ha affermato che i filetti di
melanzane sott’olio avevano un sapore unico, mai incontrato
nei suoi giri per il mondo: il sapore del coraggio.
s t a t e
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Accanto al moscato di Saracena, al caciocavallo di Ciminà, alla razza podolica, al capicollo azze anca e al gammune di Belmonte
è venuto il momento di pensare a un nuovo
Presidio calabrese: un Presidio della legalità
che difenda e valorizzi i prodotti ad alto tasso etico. Come il Neda, un Greco di Bianco
Doc prodotto dalla Casa di Nilla, una struttura che accoglie nella città di Catanzaro bambine e bambini, ragazzi e ragazze vittime di
abusi sessuali.
La Casa di Nilla da un anno è anche una comunità del cibo che sperimenta la possibilità
di assicurare ai ragazzi un futuro lavorativo
legato alla produzione del vino. Chi arriva in
quella struttura proviene generalmente da
una situazione di degrado familiare in cui
non vuole rientrare, nemmeno quando il percorso di riabilitazione è terminato. Una volta
curate le ferite, si tratta di dare un futuro alla
gioia e alla voglia di vivere, e ancora una volta
Slow Food Calabria si impegna perché ciò avvenga attraverso il cibo.
Chi verrà a trovarci per scoprire queste storie deve munirsi di un buon libretto delle
istruzioni. Per esempio è necessario ricordare che se Venezia è un pesce e Palermo
è una cipolla, la Calabria è un fico d’india:
prima di arrivare alla polpa si deve sempre
prestare attenzione alle spine. Se ci si sposta
a Maropati occorre scartare l’abusivismo, il
degrado, gli agrumi lasciati a marcire sugli
alberi, prima di incontrare Lorenzo Sibio, il
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presidente della cooperativa sociale Futura.
La cooperativa si occupa da alcuni anni di
disabilità mentale, gestendo una struttura residenziale che accoglie una ventina di
utenti. Qui, a differenza di quello che accade nella stragrande maggioranza delle altre
strutture regionali, i “matti” – come vogliono essere confidenzialmente chiamati – lavorano, escono, vanno al bar, recitano nelle
piazze lo spettacolo che provano durante
l’anno, vivono e finanche si innamorano.
Dal 2006, la cooperativa gestisce un terreno
di un ettaro e mezzo confiscato a una cosca
mafiosa locale, e i matti hanno deciso di
coltivarci i kiwi, che sono più redditizi delle
arance. Ogni tanto qualcuno ruba qualcosa
o danneggia la serra, ma Lorenzo e i matti
non si scompongono, tanto lo sanno che a
ottobre viene il tempo del raccolto e che alla
fine si va tutti in pizzeria, a festeggiare con i
soldi guadagnati con il sudore, con le mani
e con un po’ di follia.
«Di fronte a queste cose» dice Lorenzo «di
fronte ai ragazzi che rientrano in famiglia,
che magari trovano un lavoro e ci vengono a
trovare qualche anno dopo, così, per un saluto, che vuoi che siano le centinaia di migliaia
di euro che avanziamo dalle istituzioni, che
vuoi che sia rinunciare a uno stipendio, o
comprare i farmaci di tasca nostra?».
Sei pazzo, ci verrebbe da rispondergli, ma lui
ci anticipa e insiste: «Guardate che i matti
sono loro, ma anche quelli che stanno fuori,
che ci uccidono con la burocrazia, che si ammazzano per acquistare beni che gli verranno confiscati, che osservano il mondo come
se niente li riguardasse. Guardate che anche
questi non sono mica tanto normali».
A Maropati, come in una canzone di De Gregori, i matti vanno contenti, tra il campo e la
ferrovia. Non a caccia di grilli e serpenti, ma a
raccogliere kiwi e seminare futuro. Antonio,
per venticinque anni internato in diversi manicomi, tira fuori dalla terra una piantina, ci
mostra le radici e urla «sembra un cervello,
sembra un cervello».
Sì, sembra un cervello, e se noi calabresi lo
tiriamo fuori da dove era sotterrato non è poi
così male.
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Una dorsale che attraversa tutta l’Italia, che unisce storie di fatica
e di ritorno alla terra; incroci tra passato e presente, lotte contro
le difficoltà ma anche piccole grandi soddisfazioni. Per inventarsi
nuove vite, nuove esistenze, là dove un tempo sembrava non si potesse
più cogliere ricchezza, ma dove invece ne resta tanta. È tutta questione
di saperla e volerla valorizzare. Questa rete percorre il Paese da Nord
a Sud e Slow Food Italia ne è uno dei principali mobilitatori
Se ci soffermiamo un momento a pensare all’Appennino, le
immagini che lo fissano nel nostro immaginario potranno
forse essere i boschi, i tornanti lungo i costoni rocciosi dei
monti, gli acciottolati dei borghi. Eppure c’è un sentire nella
gente che lo vive che è di tutt’altra natura e che ha a che fare
con un sentimento e non con immagini: la tenacia. Nascere
e vivere in un territorio di montagna ha sempre comportato
un costo in termini di benessere (nell’accezione borghese
del termine) assai alto. Ne è testimonianza il celebre racconto di De Amicis “Dagli Appennini alle Ande”, che in
apertura scrive: «… Suo padre lo stimava, sapeva che aveva
giudizio e coraggio, che era assuefatto alle privazioni e ai
sacrifici, e che tutte queste buone qualità avrebbero preso
doppia forza nel suo cuore per quel santo scopo di trovar
sua madre …». Come ciascuno di noi ricorda, si narra di
un «fanciullo» di tredici anni che parte (da solo e già – di
fatto – divenuto adulto per le privazioni e le difficoltà che ha
l i b e r a
31
vissuto) dall’Appennino ligure e si imbarca per l’Argentina
alla ricerca della madre, emigrata due anni prima. Ancorché romanzata, è la storia di migliaia di persone che per
secoli hanno, in ondate successive, progressivamente abbandonato i propri luoghi, le case, gli affetti per dirigersi
verso la pianure, le città o addirittura altri Paesi, persino
altri continenti, alla ricerca di una possibilità di riscatto e di
un’occasione per sfuggire alla “vita grama”, all’indigenza,
quando non anche al sopruso del latifondo.
Ma, nonostante questo depauperamento costante, è rimasto
ancorato al territorio d’Appennino un reticolo di custodi e
guardiani, spesso donne, che ha mantenuto in vita uno stile
di economia e di consumo che, unito al mantenimento dei
sistemi di relazione, delle tradizioni e dei saperi, ha consentito il rispetto di una corretta “impronta ecologica” nonché
la conservazione (e quindi, oggi, la disponibilità) di un immenso giacimento culturale, antropologico e ambientale.
Con il progetto “L’Appennino che verrà” e la convocazione
degli Stati generali delle comunità dell’Appennino, Slow
Food Italia ha voluto inserire nella propria agenda politica associativa la questione del rilancio sociale, culturale ed
economico di questo vasto territorio partendo da due elementi fondamentali che sono i giovani e il lavoro. E questo non secondo una visione banalmente populistica ma
perché, per riuscire a guardare al futuro delle aree interne,
alla loro rinascita e alla messa a valore delle enormi potenzialità – anche economiche – in esse ancora rinchiuse,
è necessario un cambio di paradigma: le opportunità non
hanno sedi privilegiate.
Per avvalorare questa tesi, per rendere concretamente riscontrabile quest’affermazione anche nei confronti della Politica
(quella con la P maiuscola, la Politica austera che guarda
lontano e agisce di conseguenza), riportiamo alcune esperienze dirette che dimostrano quanto
sia possibile fare, e quanto certi modelli,
per la loro adesione a una scala di valori e di compatibilità ambientale,
culturale e anche esistenziale,
possano essere replicabili e
quindi opportuni e validi per
tutto il territorio appenninico, e oltre.
r e t e
32
V a l e r i a
A b r u z z o
Valeria Gallese, “quasi” dottoressa in veterinaria, ha trent’anni e due bambini. Con il marito
Ovidio Damiani (figlio di allevatori e produttori del Presidio del canestrato di Castel del
Monte) decide di affrontare vita e lavoro restando in montagna, a Barisciano (L’Aquila),
allevando pecore da carne e dedicandosi alla
produzione della lana. Valeria aderisce, assieme ad altri allevatori, al progetto “Pecunia” del
Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della
Laga, volto alla valorizzazione della lana sucida
(che negli anni ha visto decrescere il proprio
valore economico) seguendo con altre donne
un corso di tessitura e iniziando così un percorso che la porta oggi a produrre lana e lavorati tinti con pigmenti naturali da lei stessa
scelti e preparati con essenze raccolte in montagna. Così racconta la passione per ciò che fa:
«La lana, morbida e brillante come la seta, nel
suo colore naturale, ha il profumo dei pascoli
più alti dell’Appennino centrale, dove la natura
incontaminata lascia spazio a dolci paesaggi
con valli sapientemente coltivate da secoli e insormontabili monti che ne custodiscono i raccolti e anche i sogni più belli...». Benché colpiti dal terremoto del 2009, Valeria e Ovidio
hanno continuato la loro opera di “costruzione
di futuro” in Appennino, non abbandonando i
loro luoghi di origine. La loro determinazione
e il loro entusiasmo possono essere condivisi
tramite il blog (http://lanaquilana.blogspot.
it/) attraverso il quale Valeria apre al mondo
le porte dei suoi pascoli e della sua serena resistenza.
G i g i
U m b r i a
Gigi Bettin arriva dal Salento in Valnerina per
un master su sviluppo locale e cooperazione
internazionale nel 2004: non è più andato via.
Ha realizzato nel 2009 per la Regione Umbria
la “Via di Francesco”, un percorso di trekking
che prevede due itinerari convergenti su Assisi: quello del Nord, con partenza da La Verna
(Toscana) e quello del Sud, con partenza da
l i b e r a
Greccio (Lazio). Entrambi i percorsi si snodano lungo la dorsale appenninica tra Umbria,
Toscana e Lazio. Sulla Via si incontrano luoghi
francescani di grande importanza e suggestione: La Verna, Montecasale e Gubbio a nord; la
Valle Santa reatina, Monteluco e Le Carceri a
sud.
«L’idea di mettere al centro dell’attenzione
nazionale l’Appennino, portata avanti da Slow
Food a partire dal Manifesto delle comunità
dell’Appennino, è di quelle che ti rimettono
addosso il coraggio di cambiare il mondo, per
renderlo migliore per chi verrà dopo di noi –
dice Gigi –. Da tempo mi sono accorto che
lungo la Via di Francesco esistono tanti piccoli
segni di cambiamento, ma pensavo si trattasse solo di episodi locali. A Candeggio, vicino a
Città di Castello, c’è l’associazione “Che passo”,
fondata da una giovane coppia che ha scelto di
cambiare vita e di tornare nei campi lungo la
valle del Tevere. A Pietralunga c’è Gianluca, il
classico esempio di “uomo dell’Appennino”,
oggi si direbbe uno che lavora in multitasking:
gestisce un negozio di alimentari, un agriturismo, accoglie i cavalli sottratti alla mafia, offre
informazioni, ristoro e alloggio ai pellegrini.
A Citerna c’è una bella famiglia venuta dalla
Campania che alleva bufale nei boschi, e ha
attrezzato un’area di sosta per i pellegrini. Grazie al Manifesto mi sono reso conto che tutte
queste storie, e tante altre che esistono lungo
la Via, fanno parte di una storia più grande che
è quella dell’Appennino. Persone che lavorano
instancabilmente per portare avanti le proprie
attività riescono anche a trovare il tempo per
33
parlare con i pellegrini per ascoltare le loro storie, ma anche per raccontare le proprie. Non è
questa una nuova idea di turismo?».
P a o l o
E m i l i a - R o m a g n a
Perito agrario, quarantasette anni, figlio di
agricoltori, Paolo Marianini per vent’anni lavora come tecnico presso un’azienda
produttrice di fertilizzanti organici. Nel
2009 lascia il posto di lavoro sicuro e rileva l’azienda agricola del padre: complessivamente 24 ettari coltivati a cereali e foraggere. L’azienda è completamente biologica e la sua produzione di punta è il pane:
particolare, profumato, saporito nella sua
semplice tradizione di pane “sciapo”. Il
pane di queste terre, figlio della tradizione
toscana, è infatti privo di sale e tutto il suo
aroma lo esprime attraverso le farine, la
r e t e
34
lievitazione, l’acqua e la cottura nel forno
a legna. Una combinazione di farine ottenute dal grano coltivato nei campi della
tenuta, a 400 metri sul livello del mare.
Paolo semina varietà antiche (rieti, abbondanza, senatore Cappelli), utilizza il primo lievito madre “prestato” dai contadini
vicini, un’acqua di montagna che sgorga
dalle sorgenti di queste terre e che tanto
l’hanno fatto penare nello sviluppo della
sua attività a causa delle complesse norme sanitarie (risolte con un acquedotto
rurale, costruito assieme ad altri frontisti
con fondi del Piano di sviluppo rurale della Regione Emilia-Romagna) e infine una
cottura in forni a legna che richiedono
abilità nel riscaldamento e nel mantenimento della giusta temperatura, affinché
il pane cuocia nel giusto tempo e non bruci oppure venga “stento”. Questo è il pane
di Paolo.
Oggi, dopo notti insonni a cercar di capire
come panificare bene e far sì che l’attività fosse proficua, Marianini rifornisce del
suo prodotto una decina di negozi di qualità, alcuni ristoranti locali e partecipa a
tre mercati contadini dove trova il massimo della soddisfazione attraverso l’incontro diretto con le persone che, settimanalmente, lo vanno a trovare per acquistare i
suoi prodotti (anche le farine).
l i b e r a
35
Sono solo quattro storie di persone che, come
tante altre, hanno scelto di cercare una via
oltre la linea del convenzionale, e hanno dimostrato che un’altra strada è possibile: sono
orgogliose di ciò che fanno, e restituiscono
al proprio territorio la generosità che da quel
territorio ricevono. Slow Food Italia, con gli
Stati generali delle comunità dell’Appennino,
rivolge alle istituzioni e alla società civile l’appello a riconsiderare il valore che la dorsale
italica rappresenta e le opportunità che può
offrire all’intero Paese per lavorare insieme,
dalla Liguria alla Calabria, a un nuovo, diffuso ed equilibrato modello di sviluppo.
IL MANIFESTO
Noi,
le comunità dell’Appennino,
L u c a
dichiariamo
L i g u r i a
il nostro amore e il nostro orgoglio
Luca Benatello, dopo essersi laureato a
Torino, si è trasferito nel 2012 a Veppo di
Rocchetta di Vara, piccolo comune dell’alta
val di Vara, la terra del biologico. La località
Predavalle, dove risiede e ha l’azienda, si
trova a qualche chilometro dall’abitato di
Veppo in un contesto di grande interesse
storico per aver ospitato la pieve romanica
di Bocchignola, un tempo luogo di incontro delle popolazioni d’altura delle valli di
Rossano nello Zerasco e di Suvero, oggi divise territorialmente fra Toscana e Liguria.
Luca ha ricostruito l’ampio fondo di Predavalle, da tempo abbandonato, creando
un’azienda modello in una zona in cui si
respira il clima dell’alpeggio e si pratica un
modello di vita che lui ha sposato con umiltà e senso di responsabilità. Oggi si cominciano a vedere, dopo due anni di fatica, i
primi risultati, con l’allevamento all’aperto
di numerose varietà di specie avicole, fra le
quali ha un ruolo da protagonista il gallo
nero della val di Vara, Presidio Slow Food
dal 2010. Ma la sua determinazione ha
portato Luca a sperimentare recentemente anche la semina del grano bianco delle
valli di Suvero, arrivato fino ai giorni nostri
grazie ai Malaspina e ai contadini che lavoravano nei loro possedimenti: un cereale
che nell’area ha ritrovato la sua migliore
espressione e ora anche la sua rinascita,
grazie alla sensibilità e al sacrificio di tanti
contadini custodi, che ora annoverano tra
loro anche il giovane Luca.
cittadini, agricoltori, artigiani, imprenditori, ricercatori, amministratori, anziani, giovani, bambini, donne e uomini,
di
per
il territorio in cui abitiamo e di cui viviamo, o al quale, in tanti modi diversi, siamo legati. Un amore e un orgoglio
che nutriamo per la nostra terra madre, e cioè:
•
per le sue risorse naturali;
•
per i suoi boschi;
•
per la sua fauna selvatica;
•
per i prodotti della sua agricoltura;
•
per gli animali allevati nei suoi territori;
•
per le sue tante culture e tradizioni tramandate e rinnovate generazione dopo generazione;
•
per le tante culture e tradizioni di altri luoghi che la arricchiscono da sempre, continuamente;
•
per le sue fragilità, che richiedono la nostra cura e attenzione;
•
per le sue bellezze paesaggistiche, risultato del connubio tra la natura e la nostra azione;
•
per coloro che con il loro vivere quotidiano la tutelano.
Riconosciamo
l’attuale vulnerabilità ambientale, economica, sociale e culturale dell’Appennino
e dichiariamo
che inizia oggi una nuova fase di pensiero e di azione sui territori appenninici, che vede la collaborazione di tutte
le comunità dell’Appennino, con i seguenti obiettivi:
•
proteggere le risorse ambientali e naturali, riconoscendo il loro valore di bene comune non solo per l’Appennino ma per l’intero Paese, anche attraverso il ruolo cruciale delle aree protette che devono diventare laboratori
di futuro e modelli per le aree contigue;
•
invertire la tendenza allo spopolamento, facilitando la residenzialità, attraverso i servizi ambientali e alla persona, la scuola, la fiscalità, la semplificazione burocratica e il riconoscimento del ruolo delle comunità nella
tutela dell’Appennino, per l’interesse di tutto il Paese;
•
proteggere e valorizzare le risorse naturali e la biodiversità selvatica e agricola che sono tra loro interrelate
e complementari, rendendo non solo gradevole ma anche gratificante il mestiere di chi sceglie di dedicarsi
all’ambiente sia in via diretta sia attraverso la produzione agroalimentare e forestale;
•
creare e rafforzare le economie del territorio e delle comunità, a iniziare da una nuova e consapevole idea di
turismo, sperimentando e diffondendo un modello di sviluppo sostenibile, partecipato e fiero delle interdipendenze che costituiscono la forza del territorio appenninico.
I territori dell’Appennino, con la loro storia, cultura, economia e le loro genti, sono una risorsa strategica per il Paese, e possono diventare un laboratorio di innovazione e sperimentazione di nuovi modelli di sviluppo, un serbatoio
di idee e opportunità, un luogo, fisico e ideale, di straordinario valore per il futuro dell’Italia.
r e t e
36
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N el
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beans
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Ga b r i e l e
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l i b e r a
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le g u m i
R o s s o
O l i v i e r o
T o s c a n i
Una rete non gerarchica, ormai diffusa su
tutto il territorio nazionale. Un’esperienza
in pieno sviluppo, con nodi che si vanno
ad aggiungere di anno in anno rendendo
la maglia più fitta. Un progetto attraverso
cui si costruiscono legami solidi, collaborazioni, condivisione di saperi e pratiche.
Slow Beans è tutto questo e molto altro
ancora. E, tra i tanti esempi di rete che si
possono fare, questo è sicuramente uno dei
più rappresentativi. Nato nel 2010 come
manifestazione gastronomica ideata dalla
condotta Slow Food Lucca Compitese Orti
Lucchesi, sulla scia del recupero del fagiolo
rosso di Lucca che dal 2012 è diventato Presidio, il progetto Slow Beans ci ha messo
pochissimo tempo ad andare oltre. Facendosi rete e riunendo nel perseguimento di
obiettivi comuni tutti i Presìdi del fagiolo
italiani: il fagiolo di Badalucco, Conio e Pigna (Liguria), quello di Controne (Campania), la piattella canavesana di Cortereggio
(Piemonte), il fagiolo di Sorana (Toscana),
il fagiolo gialèt della Valbelluna (Veneto),
la fagiolina del lago Trasimeno (Umbria),
il fagiolo cosaruciaru di Scicli (Sicilia) e, ovviamente, quello rosso di Lucca (Toscana).
La rete, che ha riunito anche i produttori di
altre comunità dei legumi, è diventata un
sostegno alla loro attività agricola e commerciale, sia configurandosi come luogo di
scambio di esperienze e idee, sia facendosi
strumento di promozione collettiva e cooperante. Non a caso dentro a Slow Beans oggi
non ci sono soltanto gli appena citati Presìdi
del fagiolo, ma anche quelli di altre leguminose: la roveja di Civita di Cascia (Umbria),
la fava cottora dell’Amerino (Umbria), il fagiolo dente di morto di Acerra (Campania),
la cicerchia di Serra de’ Conti (Marche), il
37
cece di Cicerale (Campania), la lenticchia
di Villalba (Sicilia). Così come aderiscono
anche la comunità del cibo di Cannaviri del
Sannio e quelle della fagiolina di Arsoli e
della piattella pisana.
L’ultima edizione della manifestazione, tenutasi a Lucca il 23 e 24 novembre 2013, ha
visto inoltre la redazione di un Manifesto
condiviso dai vari soggetti coinvolti. Un Manifesto che spinge ancora più in là la linea
progettuale di questa rete che, come si diceva in apertura, non ha un centro vero e proprio, una testa che pensa e un braccio che
agisce per conto degli altri. Il segreto e la sfida vera e propria stanno esattamente in questa “austera anarchia” che diventa relazione
di scambio e di arricchimento reciproco, e
che nella volontà di crescita, di inclusione e,
perché no, di internazionalizzazione, trova
alcuni dei suoi obiettivi più ambiziosi.
A partire dall’edizione 2014 della manifestazione, inoltre, la rete potrebbe diventare
ancora più visibile dislocandosi in vari punti del territorio italiano. Il progetto, infatti,
prevede che Slow Beans diventi un evento
itinerante, che viaggia assieme ai suoi nodi,
agli intrecci da cui nasce la rete stessa. «L’intuizione della prima ora», dice Marco Del
Pistoia di Slow Food Toscana, che ha seguito il progetto fin dall’inizio, «è stata quella
di avere non solo una manifestazione con
esposizione, vendita di prodotti e iniziative
collaterali, ma anche di avvertire fin da subito l’esigenza di mettere in piedi questa
comunità, con produttori che s’incontrano e
si scambiano esperienze. Questo ci ha spinto immediatamente ad andare oltre al concetto di manifestazione e di far partecipare
sempre di più i vari nodi della rete che si
stava sviluppando». Proprio in virtù di questa fame di partecipazione allargata e della
dirompente crescita della comunità, dopo la
prima edizione di Slow Beans è nata l’idea
della manifestazione itinerante. A dimostrazione, quasi, che la rete è viva nel momento in cui viaggia attraverso i suoi nodi e li
percorre in lungo e in largo, valorizzando
il ruolo di ognuno di essi: solo così le sue
maglie possono essere forti, non sfilacciar-
r e t e
38
si e resistere all’incessante trascorrere del
tempo. «L’obiettivo futuro è rendere la manifestazione itinerante e capillarizzarla»,
aggiunge Marco Del Pistoia, «nel senso che
vorremmo facessero parte di una sorta di
circuito di Slow Beans anche gli eventi sui
legumi che già ci sono sul territorio. Questa
capillarizzazione la possiamo inoltre perseguire sia intervenendo agli eventi più locali
e legati alla cultura di una zona specifica, sia
partecipando a manifestazioni di caratura
nazionale quale il Salone del Gusto-Terra
Madre come una comunità d’intenti e di fatto, con idee e progetti comuni che possono
essere presentati in vari momenti».
Ovviamente, oltre a comprendere Presìdi e
comunità del cibo legate al mondo delle leguminose, la rete vuole aprirsi anche ad altri
soggetti interessati. Pur in mancanza di una
formalizzazione vera e propria, per esempio
ci sono molti cuochi, perlopiù facenti parti
di un’altra rete, quella dell’Alleanza tra i cuochi e i Presìdi, con cui i vari nodi di Slow
Beans stanno già lavorando per organizzare iniziative e momenti conviviali incentrati
sui legumi. Sta già succedendo a Controne e
a Scicli, per citare soltanto un paio di esempi, ma anche in Toscana. Esempi, questi, di
come anche reti diverse, che partono da piani sì vicini ma pur sempre su progettualità
differenti, possano incontrarsi e, soprattutto, intrecciarsi in vista di traguardi e sensibilità comuni. D’altronde anche questo è uno
degli obiettivi resi espliciti dal Manifesto di
Slow Beans, che tra i suoi punti comprende l’impegno dei vari soggetti partecipanti
«a essere fucina di progetti collaterali: l’impegno delle comunità a dare vita ad attività
l i b e r a
collaterali aiuta a rendere più solidi i rapporti tra i vari Presìdi e le comunità del cibo e
fornisce strumenti per meglio comunicare,
promuovere e commercializzare i prodotti».
Organizzazione di eventi, condivisione di
contenuti e saperi, dialogo con altre reti:
sono principalmente questi i fronti caldi su
cui si sta muovendo e attraverso cui si è sviluppato il progetto Slow Beans. Un progetto
che, tuttavia, affonda le sue radici e trova la
39
sua ragion d’essere anche in aspetti meno
visibili dall’esterno. Come dice ancora Marco Del Pistoia, «alla base di tutto c’è quest’idea di condivisione delle risorse e dei mezzi.
Ogni territorio può mettere a disposizione
di tutti gli altri professionalità, competenze
e idee che possono andare a beneficio di tutti gli altri. Per cui, per esempio, se noi abbiamo a disposizione un bravo grafico questi
potrà pensare a realizzare l’etichetta dei prodotti anche degli altri Presìdi. Ogni territorio
mette in comune con gli altri nodi della rete
quello che riesce a portare con sé a livello
di forze e possibilità. Questa forse è un po’
un’utopia. L’idea, intendo, di costruire una
solida casa comune attraverso il contributo
di diverse mani. Ma è anche un modo per
raggiungere obiettivi più ampi e difficilmente ottenibili attraverso lo sforzo del singolo,
come far sì che la nostra manifestazione
diventi evento nazionale o, perché no, anche internazionale, con una presenza ancor
maggiore di Presìdi e produttori».
Non a caso la prossima edizione di Slow
Beans, che cadrà nell’autunno 2014, probabilmente sarà la prima a tenersi fuori dal
Lucchese, proprio perché il progetto itinerante rappresenta uno dei punti più forti
della collaborazione tra le differenti comunità che fanno parte della rete. A rendere
più semplice tutto ciò, interviene un altro
elemento centrale tra i principi ispiratori
di Slow Beans: quello dell’ospitalità. Anche
questo è uno dei fondamenti esplicitati nel
Manifesto, che riguarda il tema dell’accoglienza prestata agli altri nodi della rete
nel momento in cui si devono spostare
per prendere parte a uno degli eventi dislocati sui vari territori. Un’ospitalità che
non è puramente logistica, ma anche vero
e proprio momento di socializzazione tra i
diversi nodi della rete, altrimenti distanti:
citando ancora dal Manifesto, l’impegno è
quello «da parte della comunità organizzatrice a dare ospitalità alle comunità che
partecipano; sia per rendere meno onerosa
la partecipazione sia per consentire momenti di convivialità, socializzazione, condivisione e scambio di esperienze».
r e t e
40
Fare
con
g li
d i
d i
41
rete
« D o b b i a m o
o r t i
l i b e r a
orti
c o l t i v a r e
c i v i l t à »
Ermanno Olmi
D av i d e
G h i r a r d i
Fare rete con gli orti: non solo è possibile, ma l’orto
scolastico di Slow Food (Orto in Condotta) è uno strumento
efficace per far incontrare soggetti molto diversi che,
proprio partendo dalla reciproca conoscenza
tra associazioni, istituzioni e aziende, spesso attivano
collaborazioni anche in altri ambiti di interesse comune.
Qui di seguito vorremmo portare qualche esempio
originale e significativo
I nonni di Rimini
«Auser è una associazione di volontariato
e di promozione sociale, impegnata nel favorire l’invecchiamento attivo degli anziani
e a far crescere il ruolo dei senior nella società». Questo è ciò che recita il sito internet dell’associazione con cui Slow Food ha
sottoscritto un protocollo d’intesa qualche
anno fa. I punti in comune sono tanti, quello più evidente è il recupero delle tradizioni
contadine e artigiane, radicate sul territorio,
che si trovano nei libri o nell’esperienza di
quanti le hanno vissute. Finché è possibile
farlo l’associazione sceglie, senza discussione, di valorizzare l’esperienza.
Negli Orti in Condotta lavoriamo con i nonni ortolani, anzi i nonni ortolani lavorano
con noi e con i bambini e gli insegnanti, per
mantenere curato l’orto ma anche per spiegare come coltivarlo in modo naturale. Ai
nonni di solito il tempo non manca, non necessariamente però le loro conoscenze sono
quelle che Slow Food vuole salvaguardare:
quanti dei nonni attuali sono cresciuti con i
principi della rivoluzione verde e usano senza farsi problemi pesticidi ed erbicidi?
r e t e
42
Con l’Auser di Rimini non è sorto il problema
di specificare condizione alcuna: l’Orto delle
Lune, che l’associazione romagnola ha sperimentato l’anno scorso in due scuole, ammette
solo l’orticoltura biodinamica e gli anziani volontari hanno il dovere di trasmettere esclusivamente i dettami del calendario lunare, delle
consociazioni e dei macerati.
Ci siamo quindi inseriti in un progetto che
quest’anno conta sette orti e 15 scuole coinvolte, un progetto che fa rete perché riunisce gli
attori del territorio, dalle associazioni (Auser,
la capofila, e poi Slow Food, Wwf, Cooperativa Sociale Punto Verde, Asd Subaquea, Asd
Ippogrifo), agli enti (Comune e Provincia di
Rimini, Comune di Morciano di Romagna,
Università di San Marino), alle aziende (Italia
in Miniatura, Petroltecnica, Coop Adriatica).
Un progetto che fa rete perché gli orti sociali
e didattici diventano spazi urbani belli e ricchi
di vita, perché anche le conoscenze trasmesse
in modo verticale, dagli educatori e dai nonni, a bambini, insegnanti e genitori, sono poi
praticate in modo orizzontale, tra persone che
hanno voglia di sperimentare il rapporto diretto con la natura, l’alimentazione, la società.
Fondi: una rete con valenza ambientale
A Fondi (Latina) l’idea di creare un Orto in
Condotta è nata dall’incontro di diversi soggetti attivi localmente, a partire dalla condotta
di Priverno, mettendo insieme il Parco Regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi, l’Istituto
Comprensivo Garibaldi di Fondi, il Comune e
la cooperativa sociale Viandanza.
Il progetto oggi è giunto al termine della formazione e delle attività del secondo anno e si
possono dare alcuni dati ancora parziali ma
già significativi. Gli orti realizzati sono due, e
coinvolgono alcune classi della scuola primaria Purificato, della media Garibaldi e della
primaria S. Magno; le attività prevedono l’intervento plurisettimanale degli operatori della
cooperativa e del Parco che lavorano in orto
con i bambini; partecipano al progetto 14 insegnanti, due operatori del Parco e due della cooperativa, nonché circa 200 studenti e le loro
famiglie, in un percorso di coinvolgimento
della comunità. In questo caso l’incontro con
il Parco e la cooperativa ha permesso di dare
un valore aggiunto dal punto di vista ambientale e della continuità del progetto.
Il bene comune… la scuola di Capannori
A Capannori (Lucca) la rete nasce dal progetto “Scuola ti voglio bene comune” nato con il
Patto per la Scuola siglato tra Comune, Istituti
Comprensivi del territorio, Liceo Scientifico
Majorana e le famiglie come risposta ai tagli
alla scuola pubblica. Per non perdere le possibilità offerte dal tempo prolungato, volontari
e associazioni si adoperano da qualche anno
l i b e r a
43
per offrire ai bambini attività continue e di interesse, come quella di Orto in Condotta. Gli
obiettivi, esplicitati dal Comune, sono quelli
di sviluppare il senso di appartenenza delle
persone alla comunità e di fornire elementi
attraverso i quali incontrare altri territori, apprezzare altre realtà, lasciandosene contaminare.
In due anni la condotta è riuscita ad avviare
il progetto in 16 scuole e a coinvolgere anche
il Presidio del fagiolo rosso, alcune aziende
agricole e la dietista del Comune. Grazie alla
grande collaborazione di quest’ultima i menù
della mensa presentano ricette con prodotti
locali, di filiera corta, biologici e di stagione.
Le ricette seguite sono tradizionali, i genitori prendono parte al comitato mensa e le attività di educazione alimentare sono rivolte a
bambini e genitori. I 40 insegnanti coinvolti
hanno preparato le loro classi ai laboratori sul
formaggio, sullo spreco e sulla lavorazione
della lana di pecora, questi ultimi realizzati
grazie alla collaborazione di un giovane allevatore locale.
Trieste: una rete educativa originale con ospiti
d’eccezione
A Trieste l’Orto in Condotta coinvolge in
maniera molto capillare la città. A partire
dall’assessorato all’Educazione, assieme alla
condotta Slow Food, sono nate importanti
esperienze che ora vedono partecipi insegnanti e bambini, genitori e famiglie. Parliamo di 14 tipologie di orti creati in zone
centrali e periferiche, coinvolgendo 80 insegnanti ed educatori, 1000 bambini distribu-
L’ e d u c a z i o n e
è
u n o
p i ù
e
d e g l i
“ t r a
n e l l ’ O r t o
i n
A Messina si lavora sull’inclusione, Moncalieri si
è gemellata con un orto africano
Per frenare l’abbandono scolastico, favorire
l’integrazione di soggetti fragili e suscitare interesse verso tutta la filiera alimentare, diverse associazioni e molti sponsor si sono uniti a
Messina per realizzare otto Orti in Condotta.
Nella realizzazione e gestione degli appezzamenti intervengono i ragazzi dell’Istituto
Agrario Cuppari, che danno un supporto tecnico e trasmettono ai compagni più giovani
i principi fondanti dell’agricoltura sostenibile.
L’educazione “tra pari” è uno degli strumenti
più interessanti, efficaci e divertenti da sperimentare nell’Orto in Condotta. Lo sanno anche bambini e insegnanti della scuola dell’infanzia La Gabbianella di Moncalieri (Torino)
che hanno collaborato con gli studenti della
vicina scuola secondaria di primo grado Nino
p a r i ”
s t r u m e n t i
i n t e r e s s a n t i ,
d i v e r t e n t i
iti in 45 strutture (dalle scuole ai nidi, a quella che è un’esperienza unica nel suo genere:
i ricreatori). Le attività realizzate dai bambini hanno portato anche alla preparazione di
ricette di dolci a base di erbe aromatiche e
verdure, sciroppi e bevande.
Un’esperienza particolare e un po’ speciale si
è tenuta al termine del primo anno del progetto, quando i bimbi di alcune scuole dell’infanzia hanno avuto l’opportunità di essere
guidati in attività ludico-didattiche giocando
con il cibo sotto la guida di due insegnanti
della scuola dell’infanzia di Valeggio sul Mincio (Verona): uno scambio di esperienze che
ha arricchito sia i bambini sia le insegnanti
padrone di casa e ospiti.
d a
e f f i c a c i
s p e r i m e n t a r e
C o n d o t t a
r e t e
44
Costa di Testona per imparare qualche parola
di inglese. Gli studenti più grandi, alcuni dei
quali avevano coltivato l’orto a La Gabbianella
qualche anno prima, hanno insegnato le frasi
fondamentali per raccontare l’orto ai bambini della scuola di Buiga Sunrise, con cui sono
gemellati. A forza di my name is, o mai neim
is (più divertente e altrettanto chiaro grazie ai
sorrisi profusi), i piccoli orticoltori hanno fatto
un video e scritto una lettera ai loro compagni.
Quale metodo migliore per alimentare la rete
internazionale degli orti scolastici?
Sono molte le scuole italiane di Orto in Condotta ad essersi gemellate con un Orto in Africa Slow Food: un mercatino, ottimi prodotti
da vendere coltivati con cura nel cortile scolastico, ed ecco un discreto gruzzoletto da investire in un progetto educativo lontano solo
sulla carta.
La rete è parte integrante degli Orti in Condotta, è insita nella comunità dell’apprendimento, è nel Dna dei soci referenti che raccolgono i semi dai contadini locali per seminarli a
scuola, che assaggiano ottimi formaggi e poi
invitano a scuola pastori e casari, che appassionano i cuochi dell’Alleanza e li coinvolgono
in divertenti serate culinarie con i genitori.
l i b e r a
45
LOMBARDIA
17
Il progetto Orto in Condotta
in Italia prende
l’avvio nel 2004.
Oggi conta 487 orti e quasi
100 condotte Slow Food
coinvolte. La festa nazionale
degli Orti in Condotta cade
ogni anno l’11 novembre,
giorno di San Martino,
data tradizionalmente
dedicata alla messa
a riposo dei campi
FRIULI
VENEZIA
GIULIA
PIEMONTE
75
TRENTINO
ALTO ADIGE
44
1
VENETO
76
EMILIA
ROMAGNA
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La Spezia: dove scuola, agricoltura e tutela della
salute si incontrano
Nel territorio spezzino e della val di Vara è
attiva una rete di poco meno di 50 orti, che
– grazie al coordinamento di Silvano Zaccone
e Silvia Persello della condotta Golfo dei Poeti,
Cinque Terre, Val di Vara, Riviera Spezzina –
rappresenta una delle esperienze dove il progetto è stato capace di essere sia capillare sia
portatore di relazioni feconde con il mondo
agricolo locale. Il nodo di raccordo dell’esperienza è dato dal Museo Etnografico, dove ha
anche sede la condotta. Qui si è tenuta la formazione, con convegni di approfondimento
su varie tematiche a partire dal tema cibo e
salute, che rappresenta un valore aggiunto nel
progetto. La realtà associativa di La Spezia si è
gemellata in questi anni con quella di Pistoia,
e la collaborazione ha coinvolto anche il progetto Orto in Condotta. Inoltre, recentemente
anche gli orti spezzini e la condotta hanno attivato il sostegno di un orto africano, andando
così a chiudere il cerchio di quelle che possono essere le collaborazioni e le relazioni create
tramite l’Orto in Condotta.
MARCHE
LIGURIA
13
129
ABRUZZO
3
TOSCANA
71
LAZIO
10
UMBRIA
7
PUGLIA
8
CAMPANIA
5
CALABRIA
SICILIA
10
2
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Il fornaio Maurizio
Spinello della
comunità dei grani
antichi di Sicilia.
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Ca r m e l o
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S i c i l i a
l o c a l e
MaI o r c a
Comunità del cibo, percorsi di legalità, comitati ambientalisti: in Sicilia non mancano
storie interessanti di collaborazioni, confronti, scambi di esperienze tra condotte
Slow Food e altre realtà.
L’influenza di Terra Madre si coglie per
esempio nella genesi e nel modo operante
della comunità dei grani antichi di Sicilia,
promossa dalla condotta di Enna.
«Da qualche anno abbiamo scelto di impegnarci nella difesa e nel recupero di varietà
autoctone» ricorda Stefania Mancini, a lungo fiduciaria e adesso segretaria regionale
dell’associazione. «La comunità nasce nel
luglio del 2009 durante una serata organizzata a Borgo Cascino. Il primo socio è stato
Giuseppe Li Rosi, che già allora faceva pane
esclusivamente con farine di grano di varietà tumminìa (o timilìa) e russello da lui prodotte, e che girava per l’Italia a far conoscere
il suo lavoro».
«In occasione del Terra Madre Day dell’anno
successivo si ufficializzò il progetto di adozione dei grani» rammenta ancora Stefania.
«Ma il percorso non è stato facile e soltanto
da poco si vedono i frutti del lavoro svolto,
grazie al graduale sviluppo di una rete fra
produttori, panificatori, pasticcieri, negozianti e consumatori che tocca realtà delle
province di Enna, Caltanissetta e Agrigento.
Tra gli altri, della comunità fa parte un produttore della vastedda cò sammmùcu (sambuco) di Troina – focaccia tipica inserita
nell’Arca del Gusto – che lui prepara esclusivamente con russello e timilìa. Inoltre, per
la scorza dei cannoli utilizza farina di maiorca, che è un’altra varietà tradizionale. La
stessa che, nell’impasto delle sue cassatelle
di ricotta, usa anche una signora di Agira
che ha aderito alla comunità. Segni di cambiamento li riscontriamo nell’ambito dell’offerta del pane. Dalle nostre parti fino a poco
tempo fa era pressoché impossibile trovarne
in circolazione a base di lievito madre e farine siciliane integrali, come invece propo-
ne un produttore di Barrafranca che viene a
vendere a Enna con molto successo. Da segnalare pure il pane di Maurizio Spinello del
Borgo Santa Rita di Caltanissetta e le paste,
anch’esse da grani antichi autoctoni, commercializzate da Li Rosi e da Francesco Di
Gesù che è pure produttore del presidio del
pomodoro siccagno di Villalba. Insomma, la
rete si sta allargando e l’idea è di ampliare il
progetto a tutta la Sicilia, regione di profonde radici cerealicole come poche altre».
Nel documento congressuale stilato dal
nuovo esecutivo di Slow Food Sicilia, i temi
dell’impegno per la legalità e della tutela
dell’ambiente sono stati indicati quali precondizioni dell’attività associativa. Non si
tratta solo di una dichiarazione d’intenti, di
certo non per quelle condotte della Chiocciolina da tempo sensibili e fattive su tali questioni. Al 2005 risale infatti l’organizzazione
dei primi incontri conviviali per promuovere i prodotti delle cooperative agricole che
fanno riferimento a Libera.
«L’iniziativa di solidarietà che denominammo Il Sapore della Legalità partì da Lentini
coinvolgendo altre condotte siciliane alle
quali se ne aggiunsero alcune in Puglia»
racconta Salvatore Giuffrida, ex fiduciario
lentinese di Slow Food ed esperto di orti e
didattica. «Abbiamo sottoscritto il protocollo
promosso dal nostro Comune per il progetto
Libera Terra-Leontinoi e, nel 2010, curato la
formazione dei giovani soci della cooperativa Beppe Montana, assegnataria di terreni
confiscati a un clan mafioso, per la parte
relativa all’educazione alimentare e all’agricoltura pulita. Inoltre, nel 2011, abbiamo
proposto e organizzato il convegno “Dalle
mafie al buon cibo” in occasione dell’appuntamento regionale della Giornata della memoria, ideato dall’associazione di don Ciotti,
che quell’anno si tenne a Lentini».
Da un capo all’altro dell’isola: a Palermo si
deve alla condotta Slow Food la proposta del
progetto Officina laboriosa sfociato nella
r e t e
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Giovani della rete
Slow Food curano un or to
urbano a Palermo.
Nella pagina accanto,
Sos Siracusa pianta
simbolicamente un olivo
n e l l ’a m b i t o d e l l e i n i z i a t i v e
a d i f e s a d e l l ’a m b i e n t e
e del paesaggio.
costituzione della cooperativa Sosvile, acronimo che sta per Società Sviluppo Legalità,
alla quale sono stati affidati terreni tolti alla
mafia. I ragazzi che fanno parte della cooperativa curano un mandorleto e allevano api
di razza nera sicula fornite dal Presidio, in
una zona situata tra i comuni di Monreale,
San Giuseppe Jato e Roccamena. Il fiduciario Mario Indovina sottolinea: «Il progetto è
stato realizzato con il sostegno di sette club
Rotary della provincia di Palermo. Un risultato di cui siamo molto contenti e al quale
vorremmo far seguire la creazione di un
orto urbano nel quartiere di Brancaccio, accanto alla costruenda chiesa intitolata a don
Puglisi. Il contesto non è facile, ma credo sia
giusto provarci».
La difesa dei beni comuni di natura, ossia del
paesaggio, del suolo, del mare, vede da anni
la sigla siracusana di Slow Food accanto a
quelle di Legambiente, Natura Sicula, Arci e
altre associazioni del mondo ambientalista e
del volontariato sociale riunite nel coordinamento di Sos Siracusa (uno dei tanti comitati locali che hanno aderito al forum nazionale di Salviamo il paesaggio). Fra le lotte più
significative c’è quella, ancora in corso, per
l’istituzione della riserva Penisola Maddalena Capo Murro di Porco, al fine di salvaguardare da progetti speculativi una suggestiva e
incontaminata fascia costiera poco distante
dalla città, a sud del porto grande e prospiciente l’Area Marina Protetta del Plemmirio.
Il coordinamento ha di recente organizzato
il Gran tour della Maddalena, una serie di
visite guidate per far scoprire le bellezza e
la storia di quei luoghi. La stessa formula
era già stata sperimentata con successo di
pubblico con il Gran tour delle Mura Dionigiane, altri appuntamenti ed escursioni
stavolta per sollecitare l’istituzione del Parco
Archeologico di Siracusa. Per il fiduciario
Slow Food Franco Motta, «è l’ulteriore dimostrazione di come impegno ambientalista e
opposizione alla cementificazione selvaggia
possano andare di pari passo con proposte
intelligenti di promozione del territorio.
L’istituzione del Parco Archeologico e della
Riserva della Maddalena devono diventare
una grande opportunità di turismo davvero
sostenibile, che valorizzi anche le produzioni agricole di qualità dell’area».
Il ruolo propulsivo che Slow Food può avere
a livello progettuale emerge dal contributo
dato alla nascita della comunità della nocciola dei Nebrodi. Storicamente fulcro dell’economia di un’ampia porzione dell’entroterra
della provincia messinese, la corilicoltura
dall’inizio degli anni Ottanta ha subito una
grave crisi di settore, aggravata da una pessima gestione del territorio. Per il rilancio e il
recupero dei noccioli dei Nebrodi, falcidiati
da incuria, frane e incendi, si è sempre bat-
tuto Enzo Ioppolo, ex sindaco del comune
di Sinagra, a sua volta produttore di nocciole e presidente della comunità del cibo: «È
in atto un notevole recupero ambientale,
paesaggistico e agronomico, grazie a fondi
specifici, ovvero la Misura 216 sul noccioleto inserita nel Piano di sviluppo rurale Sicilia 2013. Nel frattempo occorrono strategie
per rilanciare un comparto abbandonato da
tempo. E qui è intervenuta la condotta di
Valdemone, con la sua proposta di comunità improntata a concetti chiari e concreti di
biodiversità e sovranità alimentare. L’idea di
valorizzare la nostra nocciola attraverso tutta la filiera produttiva ha raccolto immediati
consensi e al momento coinvolge un centinaio di persone, che si sono tutte associate a
Slow Food, tra produttori, cuochi, titolari di
ristoranti, pasticcerie, attività ricettive di una
decina di paesi dei Nebrodi, mentre altri ancora chiedono di far parte della comunità».
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R icostr u ire
attraverso
le
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rela z ioni
F r a n c e s c a
f o t o g r a f i e
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Ba l d e r e s c h i
A l b e r t o
P e r o l i
La collaborazione tra Slow Food e l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese
ha dato vita a un Presidio, quello del pan di sorc. Ma da lì una serie
di altre reti si sono aggiunte, sovrapposte, estese. Partendo da una semplice
collaborazione si è riusciti a coinvolgere tutto il territorio, ricostruire pezzi
di un passato distrutto, riproporre la rete sociale come
un bene comune. E il modello si è diffuso e replicato, in loco e altrove.
Le reti virtuose ne generano sempre altre
Ricostruire, un’azione che a Gemona e dintorni conoscono
bene. Lo hanno fatto costantemente negli ultimi trentotto
anni: tanto ci separa da quel terremoto del 6 maggio 1976
che ha colpito intere comunità. Lo si continua a fare ancora oggi, e non solo per le case, le strade, le infrastrutture,
perché quelle sono state ricostruite subito. Quello che non
è ancora stato ricomposto completamente è il tessuto sociale e produttivo che è andato perso con quella scossa. In un
attimo sono state distrutte abitudini, tradizioni e l’identità
culturale stessa di un territorio è andata in crisi.
Lo sanno bene Maurizio ed Etelca, che dal 2005 gestiscono
l’Ecomuseo delle Acque del Gemonese con l’obiettivo primario di rafforzare il senso di appartenenza delle comunità locali. Sono loro che ci hanno proposto una delle sfide più difficili
per un progetto come quello dei Presìdi: ripristinare un’intera
filiera produttiva ormai caduta in abbandono, la produzione
di un pane caratteristico della loro tradizione, il pan di sorc.
Un pane dolce, speziato, generalmente legato alle festività
natalizie, che conserva tutta l’identità della popolazione che
lo ha creato: dalle pratiche agronomiche volte alla conservazione della biodiversità alla ricetta personalizzata che ogni
famiglia custodiva con orgoglio. Dal legame con il tempo in
cui si produceva, fatto di sacrifici ed emigrazione, alla condizione di bene culturale per l’intera comunità locale attuale,
in particolare per la componente giovanile.
r e t e
52
Oggi il risultato di questo lavoro lo si può
assaggiare quotidianamente, frutto di tante
persone che hanno contribuito ognuna nel
proprio ambito a ricreare le condizioni del
recupero: Domenico Calligaro, novantenne
custode della ricetta originale; gli anziani
del Gemonese che attraverso le loro testimonianze hanno permesso di andare a individuare la popolazione di mais cinquantini utilizzati per l’impasto; l’Università di
Udine che ha fatto il lavoro di selezione e
caratterizzazione di questi mais, partendo
dal materiale genetico reperito in loco; i
nuovi contadini che hanno deciso di aderire al progetto rimettendo in produzione
questi antichi mais locali. E poi i mugnai
che si sono prestati per la molitura di frumento, segale e mais, ingredienti base del
pan di sorc; i panettieri che hanno sperimentato a lungo la panificazione di un prodotto così caratteristico, seguendo le indicazioni di Slow Food – solo lievito madre e
forno a legna –, e garantito così la chiusura
della filiera.
La rete di collaborazioni attivata dal progetto
è un esempio di come si possa creare conoscenza promuovendo iniziative di valorizzazione delle specificità e delle competenze
in modo partecipato. Le finalità del progetto erano molteplici: il recupero di vecchie
varietà di cereali un tempo coltivate diffusamente, oggi dimenticate o circoscritte a
piccolissimi areali di coltivazione; l’organizzazione di
una rete di “conservatori”,
che si impegnino a preservare parte del germoplasma
presente a livello locale; l’ottimizzazione delle pratiche
agricole attraverso la rotazione e la successione delle
colture; la sperimentazione
di tecniche agronomiche
sostenibili; il raccordo tra
produttori, trasformatori e
consumatori; la riqualificazione del paesaggio; la trasmissione intergenerazionale di saperi e memorie.
Da questa rete di singoli, gruppi, enti,
istituzioni e associazioni come la nostra è
uscita una filiera a certificazione biologica
e a marchio Presidio Slow Food, un chiaro
esempio di cosa un Ecomuseo, con il supporto di Slow Food e delle comunità che
vivono sul territorio, possa fare per valorizzare il patrimonio locale in funzione di uno
sviluppo sostenibile.
L’avvio del progetto ha segnato anche la
nascita di una collaborazione proficua tra
la nostra associazione regionale e la comunità gemonese: sono stati organizzati
corsi di panificazione, laboratori sul tema
del pane e visite alle aziende agricole della zona coinvolte nel locale Paniere dei
prodotti. Ma l’esperienza non si è fermata
qui e la voglia di continuare a collaborare
su altri fronti ha portato a fare del pan di
sorc il primo di una serie di progetti che
vedono Slow Food e le realtà ecomuseali
collaborare per far crescere e valorizzare
le comunità territoriali. Le due reti, degli
Ecomusei italiani e di Slow Food, si sono
intrecciate sempre più grazie a questo primo punto di contatto. La contaminazione
d’idee è stata reciproca negli anni passati
e ha portato alla creazione di altri progetti
di Presidio, che prendono spunto dall’analisi della vocazione territoriale realizzata da queste realtà. Ne sono un chiaro
esempio il burro a latte crudo dell’Alto
l i b e r a
Elvo, nato in collaborazione con l’Ecomuseo del Biellese, e il formaggio di malga
del Lagorai, che ricade nell’area dell’Ecomuseo omonimo, in Trentino.
Il Presidio è diventato l’esempio di una riflessione a tutto tondo, fatta da tanti attori diversi, sul documentare, recuperare e
interpretare la memoria storica, la vita, le
figure e i fatti, la cultura materiale e immateriale di un territorio. Una chiave di
lettura stimolante e interessante che ci ha
permesso di entrare in contatto con varie
realtà del nostro Paese, realtà che ci hanno
fornito un ricco materiale di lavoro. Con alcune di queste abbiamo già avviato collaborazioni sui nostri progetti, con altre stiamo
valutando le potenzialità, e l’idea è quella
di stabilire un rapporto costante e duraturo
con la nostra associazione.
Un rapporto consolidato come quello che
abbiamo avviato nel Gemonese, dove la
collaborazione con l’Ecomuseo ci ha permesso di ampliare il fronte delle attività,
non limitandoci al solo pan di sorc. Abbiamo scoperto una realtà produttiva ormai
in completa crisi, che abbiamo deciso di
tutelare con un secondo progetto di Presidio, le latterie turnarie. Un sistema di gestione basato sul cooperativismo e adatto
alla produzione casearia di piccola scala
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che caratterizzava il Friuli fino al secondo dopoguerra, entrato definitivamente in
crisi dopo il terremoto del 1976, quando
la ricostruzione delle strutture ha portato alla chiusura di molte latterie e al concentramento degli allevamenti. Le poche
latterie rimaste si sono mantenute ancora per alcune decine di anni e poi hanno iniziato a chiudere per la progressiva
scomparsa dei piccoli allevamenti familiari e per una politica agroalimentare che
spingeva i produttori a riunirsi o aderire
a consorzi di grosse dimensioni per ottenere maggiore penetrazione nel mercato
della grande distribuzione, che in quegli
anni si stava affermando.
L’azione combinata di Slow Food regionale
e nazionale e dell’Ecomuseo vuole arginare la progressiva scomparsa delle turnarie,
coinvolgendo la piccola rete di latterie sopravvissute in tutto il territorio regionale
e incoraggiandole a intraprendere un percorso di qualità che prevede la lavorazione
di latte crudo, senza fermenti industriali,
proveniente da piccoli allevamenti situati
a poca distanza dalla latteria, allevamenti
dove la razza più diffusa è la locale pezzata
rossa e non viene praticata alimentazione
a base di insilati di mais. Per fare questo
sono stati coinvolti allevatori locali, tecnici
esperti della rete Slow Food, produttori di
altri Presìdi regionali e non, le condotte locali e limitrofe e le istituzioni del territorio.
L’intenzione è rinnovare l’attenzione sulla
attività casearia artigianale in generale, permeando le manifestazioni e gli eventi dedicati alla produzione locale di formaggio
con Laboratori del Gusto, tavole rotonde e
incontri a tavola curati dalla nostra associazione. Perché la riscoperta di un prodotto
agroalimentare diventa lo strumento strategico per occuparsi attivamente del territorio, affrontare una serie di argomenti
strettamente intrecciati e complementari,
intervenire sulla qualità della vita e del paesaggio, creare una rete di scambi e relazioni con enti, istituti e associazioni per introdurre strategie di sviluppo rurale incentrate
sulla sostenibilità ambientale.
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NUT.RO
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Slow Food Roma ha un progetto per ricollegare la campagna alla città,
l’Agro romano alla Capitale. Tutto parte da una riflessione sulle reti
e sulle opportunità che possono dare le tecnologie di comunicazione
più diffuse. Rimappare, rendere la rete visibile, farla funzionare per
contrastare il consumo di suolo e ridare dignità vera al cibo di prossimità
C’
è una storia che viene spesso raccontata quando si parla di reti. Vale la pena narrarla ancora
una volta perché segna la scoperta di un nuovo
punto di vista sul mondo. È la storia del ventottenne Eulero che passeggiando per la città di
Königsberg si domandava se fosse possibile trovare un percorso per attraversare una sola volta i sette ponti che collegavano
la città alle due isole sul fiume Pregel. Per risolvere il problema il giovane matematico disegnò su un foglio dei puntini,
li collegò, e studiando quella rete dimostrò che tale percorso
non poteva esistere. Era il 1735, e il disegno di Eulero viene
ricordato come la prima rete della quale si abbia conoscenza.
Quasi tre secoli dopo, il numero di articoli che trattano di reti,
frutto di quella nuova visione del mondo, è enorme. Le reti
sono una chiave di lettura e di comprensione di moltissimi
fenomeni, dalle forme degli stormi di uccelli nel cielo alla
struttura delle relazioni sociali. A Portland, per esempio, un
gruppo di studiosi ha scoperto che la città è una rete di persone connesse dagli edifici nei quali si incontrano, comprendendo così i meccanismi di propagazione di possibili epidemie;
alcuni ricercatori bolognesi, invece, si sono serviti della rete
per comprendere la diffusione dei pettegolezzi. Le reti sono
uno strumento per capire il mondo.
Ma il mondo cambia, si trasforma e, oltre alla storia di Eulero, c’è un altro fatto che viene citato spesso quando si parla
della trasformazione del mondo: nel 2008, per la prima volta
nella storia dell’umanità, la popolazione urbana ha superato
quella rurale. Il pianeta del futuro sarà un pianeta formato
da città, che potrebbero diventare grandi come l’area urbana
di Tokyo, con più di 35 milioni di abitanti, cinque volte la
popolazione dell’Austria.
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Anche le città sono reti, reti di relazioni, di tubi, di strade, di
cavi, di flussi, di persone e di beni, soprattutto di cibo. La città
è un grande organismo vivente, una rete complessa che assorbe cibo dalla campagna, cresce e produce rifiuti. Ma se le
reti urbane sono state studiate in dettaglio e in parte capite,
molto poco si conosce delle reti rurali e della loro possibilità
di resistere alla crescita urbana. Le città, infatti, crescono più
velocemente della loro popolazione, espandendosi e sottraendo suolo a una campagna che è tuttavia deputata a fornirle
cibo. Il pianeta città dei prossimi anni eserciterà una pressione sempre più spaventosa sulla campagna, dalla quale,
comunque, continuerà a dipendere per la sua sopravvivenza.
Per questo è necessario studiare il funzionamento e la
robustezza delle reti agricole: perché la campagna possa difendersi dalla pressione urbana. Per contenere questa pressione vengono proposte soluzioni volte a contrarre la città. Ma non basta: è la campagna che deve
difendere il suo ruolo, tutelando la piccola agricoltura.
Da queste suggestioni nasce il progetto Nut.Ro-Nutrire Roma
di Slow Food Roma: la mappa delle connessioni tra il cibo e la
terra, tra il cibo e la città, per documentare cosa si perde quando si distrugge un pezzo di territorio agricolo e quale ricchezza
potenziale rappresenta per Roma e la sua popolazione il suolo
dell’Agro che la circonda. Un territorio intriso di biodiversità:
per comprenderlo è necessario sviluppare una rete della conoscenza, attraverso uno studio di fattibilità e sostenibilità e con
la mappatura dei prodotti della terra. Non solo quelli distribuiti o venduti, anche quelli coltivati per autoconsumo o regalati.
E quelli che finiscono sprecati.
Il progetto prende spunto dal modello virtuoso di Nutrire Mi-
lano, un’iniziativa di Slow Food che anticipa i temi dell’Expo
2015 nella sua stessa cornice, e si appoggia, con l’intenzione
di potenziarla, a una precedente esperienza, Legumen, che
si serve di una piattaforma informatica creata in Africa per
localizzare gli episodi di violenza in Kenya dopo le elezioni
2008, quando 45.000 cittadini formarono una rete di testimonianza utilizzando gli strumenti elettronici disponibili
(Ushahidi che in swahili significa testimonianza). In più,
Nut.Ro può contare sulla rete slow delle condotte locali (per
ora collabora al progetto Slow Food Marino), delle comunità
del cibo, dei Presìdi e dei prodotti dell’Arca, delle Alleanze...
Ancora reti, reti nelle reti.
Nel progetto Nut.Ro ogni singolo ortaggio, frutto o formaggio sarà protagonista della mappa, testimone di una vocazione e di un valore. Un protagonista volatile, un cibo che nella
maggior parte dei casi verrà consumato in pochi giorni. Ma
in questa volatilità risiede la sua forza di testimone e custode del valore di un territorio. La mappa è, dunque, solo apparentemente effimera, è una struttura che si trasforma in
continuazione e proprio su questo fonda la sua utilità. Perché racconta lo stato dell’arte e il suo divenire, i flussi attuali
e potenziali da campagna a città, puntando a dimostrare in
che modo e in che misura una città come Roma potrebbe essere nutrita in modo sostenibile restituendo l’Agro romano
alla sua vocazione: quella agricola, contro la logica pressante
della rendita fondiaria.
L’altro aspetto fondamentale è che la mappa dovrà essere aggiornata da chi coltiva o produce quel cibo. Nella terminologia
delle reti questa raccolta collettiva di informazioni si chiama
crowdsourcing. Le esperienze di crowdsourcing sono tante: qualche anno fa, per esempio, è stato misurato l’inquinamento
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l i b e r a
LA APP NUT.RO
acustico di Parigi con i cellulari dei cittadini. È una modalità
che aiuta a consolidare la solidarietà tra le persone, rafforza il
senso di appartenenza a una comunità e a un progetto comune, per il bene comune.
Con l’aiuto del crowdsourcing, con la partecipazione dei piccoli
produttori, ma anche di cittadini, turisti, co-produttori, studenti, istituzioni, che ogni giorno invieranno selfies dei prodotti e delle realtà presenti sul territorio, si racconta come e
dove il cibo viene prodotto, consumato, le ragioni dei comportamenti delle persone e il senso del tempo e della terra. Una
versione elettronica dei cartelli che sui bordi delle strade indicavano una fattoria o un piccolo produttore che vendeva vino,
olio, frutta, ortaggi. Certamente chi si trova a passare in una
zona di campagna potrà consultare la mappa Nut.Ro e sapere
rapidamente cosa trovare nel raggio di pochi chilometri.
Ma dalla somma di tante segnalazioni risulterà un disegno, una
mappa agroalimentare (che può diventare anche archeologica,
paesaggistica, storica, artistica e in senso ampio culturale, per
nutrire ancora di più l’anima mostrando tutto quello che l’Agro
ha trattenuto come una spugna nei millenni) delle potenzialità
di un territorio, della sua vitalità e del suo valore: il valore sta
nello strumento stesso attraverso il quale si manifesta, la rete.
Una rete di cibi che collegano le persone, i saperi, le identità,
una rete di collegamento tra i consumatori e i produttori, una
rete tra i luoghi della produzione, le persone e le istituzioni.
L’enorme crescita demografica di Parigi tra XVIII e XIX secolo non ha comportato un sostanziale aumento del bacino alimentare della città perché infrastrutture di collegamento con la
campagna, ferrovie e canali, avevano facilitato i flussi agricoli.
Oggi c’è bisogno di nuove infrastrutture, non più di collegamento, ma piuttosto di conoscenza. Sappiamo molto di un
mercato agricolo delle grandi imprese e delle multinazionali,
ma conosciamo pochissimo della fitta rete dell’agricoltura domestica, perché è impossibile censirla senza la partecipazione
diretta e quotidiana dei piccoli agricoltori.
Un produttore che ha un orto, un albero, una torta o un formaggio può fotografare il prodotto con
uno smartphone che ne determina le coordinate
e lo inserisce in un database assieme alle informazioni accessorie (come l’etichetta narrante). Dopo
essere stati inseriti, i dati dovranno essere verificati e approvati prima di essere visibili; i produttori
”certificati” potranno inserirli senza bisogno di
ulteriore verifica. Oltre che con uno smartphone
i dati potranno essere inviati con Ipad, via twitter,
email o riempiendo un form sul web.
L’applicazione si appoggia, per ora, alla piattaforma Legumen (www.legumen.com),
ma si prevede di renderla autonoma quando sarà sufficientemente popolata.
Altri riferimenti sulle reti: Portland: http://tinyurl.com/nfsn5aa
I pettegolezzi: http://tinyurl.com/q57opj8
I ponti di Eulero: http://tinyurl.com/nyfxayx
Il metabolismo delle città: http://tinyurl.com/nzrr87e
Ushahidi: ushahidi.com
Inquinamento acustico e crowdsourcing a Parigi: noisetube.net
L’Agro romano non può essere urbanizzato perché rappresenta un patrimonio agricolo unico che custodisce l’essenza della
cultura del Mediterraneo. C’è solo un modo per difendere questo patrimonio: lavorare dal basso per consolidarne la funzione
primaria. Questo è possibile costruendo una fitta rete di informazioni, una rete di conoscenza, che fornisca una stima più
esatta possibile di cosa perderemmo se quelle aree venissero
urbanizzate. Perderemmo la nostra storia, la nostra cultura, la
nostra tradizione e una qualità della vita che non sarebbe possibile su altre coordinate geografiche.
La conoscenza di queste mappe potrebbe indurre anche un ripensamento dell’idea di sviluppo urbano, spingendo per una
contrazione della città, attraverso le tecnologie infrastrutturali
(ancora reti). Alla campagna sarebbe restituita la sua funzione di alimentare le zone urbanizzate, attraverso l’intensa rete
dell’agricoltura domestica e contadina che con il cibo può dare
alla città il valore di una cultura che si possa veramente definire
“buona, pulita e giusta”.
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S C I A M I
d a l l ’ E t i o p i a
Miele bianco
del Tigrai.
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Il valore e l’importanza di una rete, soprattutto dove i nodi sono distanti e le maglie
molto larghe, sono innegabili. L’isolamento e l’assenza di vie di comunicazione funzionali, in questi luoghi, diventa un ostacolo che impedisce di condividere esperienze, tecniche e saperi consolidati, e non può
che frenare le potenzialità di crescita delle
comunità che li abitano. È il caso di due
regioni dell’Etiopia: il Tigrai, che si trova
nella parte settentrionale del Paese, e l’Oromia, nella zona centrale. Due territori,
questi, in cui la Fondazione Slow Food per
la Biodiversità è presente da
qualche anno con altrettanti Presìdi del miele:
quello bianco del Tigrai
e quello del vulcano
Wenchi, i primi due
nodi di una rete
che con il passare del tempo è
diventata più
fitta. È del
2009, infatti,
la nascita della
Rete dei Mieli d’Etiopia, frutto della
collaborazione
tra
Fondazione Slow Food
per la Biodiversità e le
associazioni Modena per
gli Altri, Parma per gli Altri,
Terra del Terzo Mondo e Conapi. Un progetto che ha visto aggiungersi ai due già
citati Presìdi altre otto comunità: quelle di
Wolisso (regione Oromia), Shalala, Horde;
Getche, Dawro Konta, Wassara, Badogo
e Wondo (regione Southern Nations, Nationalities and Peoples). E che si fonda su
misure di assistenza tecnica agli apicoltori etiopi, sullo scambio e la condivisione
delle loro esperienze, sulla realizzazione
di strumenti di comunicazione in grado
di avvicinare i vari nodi della rete e, non
da ultimo, sulla diversificazione delle fonti
di reddito attraverso il rafforzamento dei
legami tra apicoltura, derivati della lavorazione del miele ed economie locali.
61
La rete, oltre agli attori del posto, ha visto
unirsi tra loro soggetti italiani diversi, accomunati dall’essere attivi sul territorio
etiope già da un po’ di tempo e dall’aver
individuato proprio nella
filiera del miele uno dei
cardini fondamentali
su cui incentrare il
proprio progetto di
sviluppo.
Tutto
ciò avviene in
un Paese che,
pur vivendo
al di sotto della
soglia della povertà, negli ultimi
anni ha conosciuto indici di crescita
economica elevati. Un
Paese che è il primo produttore africano di miele,
il decimo a livello mondiale
(Faostat). In cui il settore primario concorre a oltre il 40% del Pnl, e che necessita
che l’agricoltura di piccola e media scala
venga valorizzata al fine di innalzare il
reddito tra le popolazioni rurali e contenere l’esodo verso le città. Per raggiungere
tali obiettivi, la rete si concentra principalmente su tre assi d’intervento: la tutela
della biodiversità naturale e culturale, la
diversificazione dell’attività produttiva e lo
sviluppo socioeconomico delle comunità
locali, la promozione a livello locale e internazionale del prodotto.
Su queste basi, l’esempio della rete dei
mieli d’Etiopia risulta particolarmente
significativo e rilevante come modello di
62
to” possa continuare a sostenersi, diffondersi» (Petrini, Cibo e libertà, p. 107) .
A dimostrazione della continua e incessante mescolanza, permeabilità e interpenetrazione delle varie componenti della
Rete dei Mieli d’Etiopia ci sono alcuni dei
suoi più recenti passaggi. Attraverso un
bando pubblicato dalla Regione EmiliaRomagna nel 2013, la rete ha ottenuto infatti un nuovo finanziamento delle sue
iniziative. Un finanziamento che sarà
finalizzato al consolidamento delle attività già in essere, e in particolare al
perseguimento dell’obiettivo della
R i g u a r d o
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© Paola Viesi
“rete nella rete” o, se vogliamo, di “rete che
crea rete”. Allo stesso tempo, riprendendo
l’argomentazione sviluppata da Carlo Petrini in Cibo e libertà, potremmo dire, con
un filo d’ironia, che riguardo agli apicoltori etiopi mai metafora fu più azzeccata di
quella della teoria dello sciame del sociologo tedesco Zygmunt Bauman. Così come
lo sciame non ha un centro ma piuttosto
una direzione, che di volta in volta colloca
in posizione di leader da seguire sue unità
diverse, allo stesso modo la rete dei mieli
etiopi è composta da organizzazioni, comunità e nodi italiani ed etiopi differenti,
che collaborano alla realizzazione di un
percorso comune e al perseguimento di
obiettivi molteplici. Gli sciami «si nutrono
dell’incontro e della comunicazione attraverso le reti, “reti liquide”, e proprio queste
sono il secondo strumento indispensabile, dopo la diversità liberata. Serve una
rete libera, un luogo fisico e virtuale
in cui tutto ciò che “è già ricomincia-
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promozione e dell’efficace commercializzazione dei prodotti di queste comunità, a
partire dal lavoro di coordinamento messo
in campo da Zerihum Dessalgn, referente
in loco del progetto. Ma anche a identificare
nuove comunità etiopi da inserire all’interno del network. Il tutto, si noti, con un coinvolgimento ancora più profondo delle istituzioni e associazioni italiane interessate, a
partire dalla Regione stessa e dal Comune
di Parma, individuato come referente privilegiato per le attività di sensibilizzazione
della popolazione sulle tematiche dello sviluppo e della dignità delle comunità rurali
s o c i o l o g o
B a u m a n
etiopi. Nello specifico, uno dei versanti d’intervento più rilevanti sarà l’organizzazione
di eventi che vedranno il coinvolgimento
attivo delle scuole, e per cui saranno fondamentali il lavoro e il coordinamento delle
condotte Slow Food di Parma e Bologna.
Tutto ciò, come già abbiamo detto, con
un’attenzione particolare rivolta alla questione della promozione del miele etiope.
D’altronde si colloca proprio in questa
direzione il lavoro che ha portato alla realizzazione di due contributi video: un
documentario della durata di circa venticinque minuti e un video tutoriale che fa
64
Miele del vulcano
Wenchi.
Sapori di Langa
Lasciatevi cullare tra le dolci colline delle
Langhe e del Roero, alla scoperta di paesaggi
incantati e borghi medievali in un alternarsi di
natura e storia. Vi attendono itinerari suggestivi, alla scoperta delle vigne dei grandi vini e
incantevoli dimore storiche.
© Oliviero Toscani
vedere come si lavora in apiario. Questo materiale, che verrà
presentato a Torino durante la
prossima edizione del Salone del
Gusto e Terra Madre, è stato girato
grazie alla collaborazione del Collettivo di Documentaristi di Massa Carrara Tripod Photo. Contiene interviste in
amarico e verrà tradotto sia in inglese sia in
italiano. E si pone un obiettivo chiaro e definito: raccontare il progetto della Rete dei
Mieli d’Etiopia come esempio virtuoso per
eccellenza di strumento per il fundraising.
A dimostrazione, ancora una volta, che la
rete, per quanto liquida e “austeramente anarchica”, è il luogo in cui “l’intelligenza affettiva”
diventa qualcosa di tangibile, trasformando la progettualità in risultato fattuale.
L’Etiopia, in questo senso, è uno dei casi
più esemplari di come la rete libera, con
il suo lavoro per la realizzazione di obiettivi comuni, o in senso metaforico la “direzione dello sciame”, sia molto più delle sue
componenti, siano esse emanazione della
nostra associazione, di altre organizzazioni
o di comunità agricole locali. Confermando,
se ce ne fosse bisogno, il profondo valore,
sia simbolico sia progettuale, delle parole di
Carlo Petrini: «Non ho paura che un giorno
l’associazione che presiedo e che ho fondato, a cui sono ovviamente legatissimo perché
rappresenta quasi tutta la mia vita, si possa
dissolvere nella forma “liquida” della rete libera. Dissolvere dentro Terra Madre, ma soprattutto dentro tutte le reti e gli sciami che
Terra Madre tocca in giro per il mondo».
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Quando fare rete significa mettere insieme i saperi antichi, trasmetterli
con un master atipico e innovativo, dare nuove prospettive ai giovani
che si dimostrano più intraprendenti. Tre di loro sono rinati, assieme
a prodotti, varietà vegetali e modi di produrre tradizionali della Lunigiana;
assieme al territorio e a tutte le persone che li hanno aiutati e istruiti.
Un’esperienza virtuosa, che si dovrebbe poter replicare in tutta Europa
Lorenzo Garigali ha solo 33 anni ma è il più
anziano dei nuovi contadini della Lunigiana. Dopo avere fatto il giardiniere per cinque anni, nel 2012 ha frequentato il “Master
per il recupero delle professioni agricole
tradizionali” promosso da Slow Food e questa mattina sta facendo i testaroli, un antico
pane senza lievito usato nella cucina locale
come primo piatto. Il laboratorio artigianale
è nel borgo di Vignola, una minuscola frazione che guarda dall’alto Pontremoli (in
provincia di Massa-Carrara): è una vecchia
“cucina nera” – al piano terra c’è un focolare,
mentre lo spazio superiore serve per essiccare le castagne – che ha recuperato assieme ai
suoi due soci, Mattia Bergamaschi (che ha 31
anni) e Mattia Toma (che ne ha 30).
A settembre 2012, alla fine del Master, i tre
hanno fondato una srl, Tradizioni e Sapori
(www.tradizioniesapori.com), e hanno iniziato a produrre testaroli, prodotto agroalimentare tradizionale riconosciuto dalla Re-
m a t t i n a
gione Toscana e Presidio Slow Food.
Lorenzo utilizza tre testi in ghisa: ognuno
pesa oltre venti chili, ed è «una specie di forno portatile – spiega –, tanto che una volta
accompagnava i contadini in campagna e
nei boschi». Funziona così: dopo aver arroventato il “testo sottano” e il “testo soprano”
sulla fiamma viva, il primo – che ha la forma di una teglia alta 5 o 6 centimetri e dal
diametro di circa 40 – viene tolto dal fuoco
e riempito con una pastella di acqua, farina
e sale; passa qualche minuto e Lorenzo, che
ha saggiato la consistenza del testarolo, uncina il “soprano” e chiude il testo. La cottura
continua così. «Utilizzando tre testi a rotazione riusciamo a produrre dieci testaroli
all’ora – spiega Lorenzo –. Questi tra due
giorni volano a Hong Kong: freschi vanno
consumati in cinque giorni, sottovuoto si
conservano un mese».
Marco Cavellini, che mi ha accompagnato a
Vignola, è il fiduciario della condotta Slow
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Food della Lunigiana: «Ciò che hai visto
stamani è una pratica quasi scomparsa. La
maggior parte dei testaroli, che si trovano
ormai in vendita persino negli autogrill,
sono prodotti a livello industriale, e cotti sul
gas, senza il “soprano” – spiega –. Il disco
di pasta risulta più spesso, e una volta cotto
è meno digeribile». Marco solleva uno dei
testaroli che Lorenzo aveva riposto con cura
tra due “stracci”. Lo guardo in controluce:
è bucherellato. «Il tipo di cottura fa sì che
l’umidità possa evaporare ­– riprende Marco
–, lasciando questi piccoli fori che rendono
più leggero il testarolo», che viene tagliato
a rombi di pochi centimetri di lato, scottato per un paio di minuti in acqua bollente
e condito ­
– secondo la ricetta tradizionale – con un pesto di parmigiano, pecorino,
basilico tagliato fine e olio di oliva. «Esiste
qualche problema burocratico che stiamo
risolvendo – spiega Mattia Bergamaschi – e
siamo certi che con la buona volontà di tutti
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gli attori coinvolti rafforzeremo questo progetto che crea e promuove occupazione giovanile nella nostra valle». Ogni mattina Lorenzo e i suoi soci si alternano ai testi. Nel resto del tempo si dedicano ai terreni agricoli. Il frutteto, uscendo da
Pontremoli verso nord, lungo la statale della
Cisa, era del nonno di Mattia Bergamaschi:
«Ci sono peri e susini, ma perlopiù meli. Alcuni sono di varietà antiche. Quando siamo
entrati lì dentro, era tutto un rovo» racconta
Mattia Toma, che nell’orto vicino alla casa
dove vive, che era dei nonni, mi mostra 200
piante di lamponi («danno una doppia fioritura, a giugno e a fine settembre») e le arnie,
da cui ricavano il miele. «Stavo imparando a
fare il falegname-restauratore, ma alla fine
del contratto di apprendistato il proprietario
mi ha lasciato a casa. Così quand’è partito il
corso mi sono iscritto». Tradizioni e Sapori
cura anche 200 piante di olivo, «disposte su
vari terreni, quasi tutti in precedenza abban-
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l i b e r a
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NO CENTRALE
donati». Ad affidarli loro in comodato sono
stati altri soci della condotta di Slow Food.
In molti casi, le stesse persone, una dozzina,
che hanno fatto da docenti ai quindici giovani che hanno seguito il Master, promosso da
Slow Food in collaborazione con il Comune
e la Pro Loco di Pontremoli e la Provincia di
Massa-Carrara. Per otto mesi, ogni fine settimana le lezioni si sono concentrate sulla
potatura delle piante e sulla cottura nei testi,
sull’apicoltura, sulla cura, raccolta e lavorazione della castagna, sull’orticoltura e sulla
distribuzione di prodotti agricoli, partendo
dalla storia dell’alimentazione e della gastronomia in Lunigiana. A coordinare il gruppo
era Orazio Benelli, agricoltore, viticoltore e
olivicoltore nei 15 ettari del Podere Benelli,
azienda agrituristica a Oppido di Pontremoli
(www.poderebenelli.it), punto di riferimento
della condotta Slow Food ma anche rappresentante della Confederazione italiana agricoltori. «L’esigenza di questo percorso – spiega – era offrire una testimonianza morale
della nostra esperienza, ma anche rispondere
a una domanda impellente: a chi lasceremo
tutto ciò che abbiamo imparato in questo lavoro di ricerca?».
Siamo seduti intorno al tavolone di legno
nella sala da pranzo dell’agriturismo. Accanto a Orazio c’è Mattia Bergamaschi: «È stato il primo “ragazzo di bottega” – racconta
l’agricoltore, che è tornato in Lunigiana una
quindicina d’anni fa, dopo aver lavorato per
una vita a Milano –. Pensa che era venuto
qui a vendermi i pannelli fotovoltaici, ma si
vedeva che non era il suo campo. Quando
ci sedevamo a tavola, e parlavamo davanti a
una bottiglia di vino, mi rendevo conto che
era dei nostri».
Mattia ha studiato Ingegneria delle telecomunicazioni a Parma, senza laurearsi, e una
volta tornato a Pontremoli ha lavorato come
commerciale, ma non era convinto. Oggi
parla da giovane imprenditore agricolo, e di
Orazio dice: «Non so come ha fatto a mettere
le sue viti in mano a giovani che potavano per
la prima volta».
Dei quindici ragazzi che hanno seguito il
corso, sei sono già imprenditori agricoli, con
attività che ruotano intorno alle vecchie “cu-
cine nere”. «Qui a Pontremoli il prezzo non
può superare i 2,50 euro per un testarolo, che
pesa 420 grammi ed è sufficiente per quattro
persone: quello industriale al dettaglio costa
solo 60 centesimi in meno – spiega Marco
Cavellini –. Noi puntiamo a inserirlo nella ristorazione, a partire dalle osterie presenti nella
guida Slow Food, per ricavare almeno 5 euro
a pezzo». Perché la filiera locale sia completa,
manca ancora il grano: quello ventitré, di Zeri,
15 chilometri da Pontremoli, nel 2013 non è
stato raccolto. Colpa dei cinghiali, che hanno
rovinato i campi. Secondo le stime di Cavellini,
le aziende figlie del Master nel 2013 hanno fatturato circa 70.000 euro. «Alcuni dei ragazzi
sono iscritti all’università. Ma ci sono anche
Paolo, che dovrà partire con la produzione di
olio di oliva, e Francesco, che si dedicherà al
miele». Emanuele, che ha 25 anni e una laurea
in Controllo della qualità del farmaco, a gennaio 2014 ha aperto il Birrificio del Moro (birradelmoro.it), quattro etichette per altrettante
birre artigianali: dove c’era un centro edile, lui
aprirà anche uno spazio per la degustazione.
Per bere alla salute del territorio.
Da Sarzana (in provincia di La Spezia) a
Fornovo (in provincia di Parma) non c’è
una fabbrica. In tutta la Lunigiana, cioè,
non è presente nemmeno una fonte d’inquinamento. Per questo, i 14 Comuni
dell’omonima Comunità montana – tra
cui quello di Pontremoli – rientrano nella
zona di origine del miele della Lunigiana
Dop, dove la denominazione protetta riguarda tanto il miele d’acacia quanto quello di castagno. E per questo, osserva Marco Cavellini, «è importante che il Comune
di Pontremoli abbia fermato, a novembre
2013, l’iter per la costruzione di una centrale elettrica a biomasse, che avrebbe
bruciato fino a 180.000 quintali di legna
all’anno». Se l’impianto fosse stato alimentato solo con legname locale avrebbe
consumato in tre anni i castagneti di Pontremoli. L’azienda che avrebbe realizzato
il progetto, però, poteva approvvigionarsi
entro i 70 chilometri, un raggio che racchiude anche il porto di La Spezia. «La
Provincia di Massa-Carrara aveva autorizzato l’impianto, ma senza considerare
l’impatto sulla qualità dell’acqua, dell’aria
e del suolo», spiega Cavellini. Che insieme ai soci della condotta di Slow Food, un
centinaio, immagina un altro futuro per
quest’area.
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A l e s s a n d r o
M o r t a r i n o
Il coordinatore nazionale del Forum italiano dei movimenti
per la terra e il paesaggio fa un bilancio di tre anni di lavoro.
“Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori” è uno degli
esperimenti più interessanti di costituzione
di una rete libera e informale, stretta attorno a
un obiettivo comune, che Slow Food ha contribuito a creare e alimentare
in questo tempo. Le energie che si sono sprigionate erano impensabili
all’inizio e la capacità di portare il tema dello stop al consumo di suolo
libero e fertile nelle stanze della politica è già una delle più importanti vittorie.
Un agire nuovo, democratico, incisivo, quasi a fari spenti
I
geografi sono fortunati e forse non lo
sanno. La loro materia di studio contempla infatti riferimenti oggettivi, riconosciuti da tutti: i confini. Se, invece, volessimo domandarci quali sono
i confini tra territorio e paesaggio, tra suolo e
agricoltura, tra alimentazione e salute – cioè
dove finisce l’uno e dove inizia l’altro – eccoci sprofondare nella terra dell’incertezza e,
spesso, della percezione individuale.
Ovvio che i confini esistano anche tra questi elementi, ma si tratta di una linea di
demarcazione così impalpabile che solo l’occhio dell’esperto può riuscire con facilità a decifrarne il frammento. Non è, quindi, un caso che soggetti attivi in ognuno
di questi settori si siano ritrovati perfettamente d’accordo, consci delle loro diversità
come delle loro similitudini, nel definire un grande obiettivo che riguarda la difesa del
territorio e la salvaguardia del paesaggio nazionale (o, per meglio dire, dei paesaggi).
Stiamo parlando del Forum italiano dei movimenti per la terra e il paesaggio, più noto
forse come “Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori”, in virtù di quella sua campagna nazionale così denominata che da oltre due anni e mezzo ha trasformato il grido di tanti soggetti – individuali e collettivi – in un unico chiaro messaggio. Una sorta
di monito a non proseguire nel grave errore di considerare il consumo di suolo come
un aspetto di importanza secondaria, un appello a prendere atto di una situazione di
assoluta emergenza che non consente indugi, trascuratezze, disattenzioni.
Questa era, nella primavera del 2011, la base di partenza da cui il Movimento nazionale Stop al consumo di territorio e Slow Food Italia muovevano i passi per un
invito generale a riunirsi in virtù di un obiettivo comune. Invito immediatamente raccolto da migliaia di soggetti che, nell’ottobre dello stesso anno, si diedero appuntamento a Cassinetta di Lugagnano (primo Comune d’Italia ad avere approvato un piano urbanistico “a crescita zero”) per costituire questo forum nazionale.
Non è facile spiegare che cos’è un forum a chi non è ancora abituato a rapportarsi
con un soggetto così particolare, cioè un’aggregazione che non è un’associazione né
la summa di tante diverse associazioni, ma è un attore politico che attrae competenze
diverse e sensibilità non sempre identiche. Un attore dotato di un comune denomina-
tore
Un
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dovrebbe invece essere l’essenza del nostro stare insieme in forma comunitaria e collettiva. Agisce politicamente nei territori locali e “osa” proporre norme nazionali
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tore, cioè un obiettivo ben delineato e da tutti individuato e condiviso.
Una Rete. Una Rete sociale. Una grande Rete sociale.
Grande perché oggi Salviamo il paesaggio è formata da ben 993 organizzazioni (97
associazioni nazionali e 896 tra comitati e associazioni locali), molto variegate tra
loro. Contempla tutte le associazioni ambientaliste nazionali e centinaia di gruppi che
agiscono in difesa di specifici territori. Ma questa componente “ambientalista” non sarebbe sufficiente per rendere di spessore l’esistenza di un forum nazionale orientato
all’autentica salvaguardia del suolo e del paesaggio italiano: infatti molte altre sono le
componenti che integrano e ampliano le sue conoscenze e l’intera visione.
In primo luogo le associazioni fra enti locali: realtà come le Reti del Nuovo Municipio
e dei Comuni solidali, le associazioni dei Borghi autentici d’Italia, dei Comuni virtuosi, delle Città Slow, delle Città del vino, della nocciola o della Terra cruda.
Poi le rappresentanze del mondo agricolo: la
fondazione Campagna Amica della Coldiretti, le Donne in campo della Cia, l’Agriturist
di Confagricoltura, l’Aiab e decine di organizzazioni del comparto biologico/biodinamico
e delle piccole attività contadine. Molti soggetti che esplorano strade di economia “diversa”, come
il Movimento per la decrescita felice, il Centro nuovo
modello di sviluppo, la rivista Altreconomia.
Associazioni nazionali che si occupano di promuovere
il turismo e la partecipazione culturale, come l’Arci e
il Touring club italiano. E centinaia, migliaia di professionisti nel campo dell’architettura, dell’urbanistica, dell’agronomia, della pedologia,
della pianificazione del territorio e del paesaggio. E ancora comunicatori, divulgatori,
docenti universitari, ricercatori, ingegneri, geometri.
Una Rete sociale fa politica, termine che oggi sembra essere a valenza negativa e
dovrebbe invece essere l’essenza del nostro stare insieme in forma comunitaria e
collettiva. Agisce politicamente nei territori locali e “osa” proporre norme nazionali
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che orientino le scelte del mercato verso i bisogni reali delle
persone e dei loro luoghi. Opera, come detto, con un obiettivo
preciso e non conosce mediazioni, non difende posizioni né
privilegi perché la sua esistenza è legata a un obiettivo e, come
ogni buona Rete sociale, è pronta a sciogliersi una volta raggiunto il risultato prefissato.
Soprattutto: non ha leader, non ha organigrammi, non ha portavoce; di volta in volta propone ai tavoli di discussione persone dotate di competenze
specifiche. Le migliori competenze.
Un forum è dunque, innanzitutto, un luogo di democrazia pura in cui nessuno ha
più voce in capitolo rispetto agli altri. Non è una forma di compartecipazione facile da
accettare per tutti, in particolare per le organizzazioni nazionali maggiormente strutturate, eppure Salviamo il paesaggio ha raccolto la disponibilità di tutte le sue componenti a costruire un metodo collettivo di analisi, elaborazione e decisione fortemente
basato sugli strumenti telematici: mailing list nazionali tecniche e di coordinamento,
documenti di scrittura collettiva.
Slow Food sta affrontando il faticoso percorso del forum sin dall’inizio, con lo spirito
di chi sa che il futuro lo si costruisce tutti insieme, giorno per giorno, con la giusta
umiltà, perché il mondo sta cambiando e forse è già cambiato e le certezze (sociali ed
economiche) di ieri non sono più di riferimento per il domani. E il punto di osservazione scelto dal forum per soppesare la situazione reale del nostro Paese consente di
avere chiari i confini da cui avviare riflessione e cambiamento: circa cinque milioni
di abitazioni attualmente vuote o sfitte (ma, nonostante questo dato, in ogni comune – non importa
la sua dimensione – il piano regolatore in vigore e
le sue abituali varianti prevedono nuove espansioni, tanto residenziali quanto produttive), cemento
e asfalto che ricoprono – ormai e per sempre – il
7,3 % dell’intera superficie nazionale,
un ritmo di consumo di suolo che procede alla media sconvolgente di
otto metri quadrati al secondo: ogni giorno, a mezzanotte, se ne sono
andati per sempre oltre 70 ettari. E questo capita per 365 giorni all’anno,
da oltre cinquant’anni: per la precisione dal 1956.
Dati che non permettono deroghe e che hanno spinto Slow Food a un
impegno attivo e costante all’interno del forum, contribuendo in modo consistente
alle mille piccole questioni gestionali di tutti i giorni, al fondamentale lavoro di comunicazione interna ed esterna, alla stimolazione della costituzione degli oltre 150 comitati locali di Salviamo il paesaggio che già agiscono lungo tutta la penisola, all’elaborazione di una proposta di legge nazionale che determini lo stop alle nuove edificazioni e
incentivi il recupero del patrimonio edilizio non utilizzato, oggi abbondantemente disponibile. Senza la volontà e la forza di Slow Food, credo che la propulsione del nostro
forum sarebbe stata molto minore. Certamente sarebbero occorsi ben altri tempi per
raggiungere il risultato di avere portato in tutti i comuni italiani il dibattito sull’opportunità di revisionare i piani regolatori vigenti secondo l’ottica dello “zero consumo di
suolo”, facendolo arrivare anche in Parlamento, dove mai il tema era stato affrontato.
Difendere territorio e paesaggio significa anche valorizzare il ruolo dell’agricoltura. La
domanda sorge quindi spontanea: abbiamo davvero bisogno di confini?
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S I N E R G I A
Dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, attraverso
l’interazione tra il mondo Slow Food e i corsi di Alto Apprendistato,
nascono nuove attività per i giovani coinvolti.
Imprese piccole e grandi, nuove prospettive di vita.
A dimostrazione che la filosofia si può molto concretamente
tradurre in un nuovo futuro. A patto che ci sia l’interazione al
posto della competizione. Un nuovo modo di lavorare
l i b e r a
Slow Food: storie di uomini, di idee e di
mondi che s’incontrano. Tra le tante
scommesse vinte, l’Università di
Scienze Gastronomiche (che
entra nel suo undicesimo
anno di vita) fonda il suo essere e la sua peculiarità anche sulla rete di incroci e di
confronti che avvengono
tra Pollenzo e Bra, dove
c’è il quartier generale di
Slow Food e dove si costituisce una vera comunità
tra studenti, impiegati
negli uffici e popolazione
della cittadina. Senz’altro
Bra è un luogo privilegiato
per mettere in rete e sperimentare le nuove frontiere del
“buono, pulito e giusto”.
Tra gli ultimi progetti nati da questa
particolare interazione locale-internazionale c’è la riapertura di uno storico locale
braidese, l’Alfieri. Gregoire Gilles Theodore,
giovane gestore diplomato con master in
Food culture and communications: «L’Alfieri è l’applicazione di quanto ho imparato in
Università: la qualità del cibo vive in uno spazio di condivisione e di incontro creativo. Io
da solo non avrei realizzato niente, perché
niente si fa da soli». L’Alfieri è un insieme
di persone che hanno dato vita a qualcosa di
nuovo: «Il locale non potrebbe esistere senza
la mia socia, sorella di un ex studente Unisg,
e senza la sua esperienza maturata tra New
York e Milano. C’è la sapienza del nostro chef
Massimo Grasselli, con cui abbiamo cercato
per due mesi le materie prime adeguate per
creare il giusto mix di prodotti locali ed eccellenze internazionali. Inoltre collaboro con
Sebastian, Michele, Miriam e Andrea, tutti
studenti a Pollenzo». Gregoire ha maturato e
rafforzato le sue idee immerso nell’ambien-
75
te universitario. «L’idea di un locale c’è da
sempre. Tutto è cominciato con i brunch alla
Società Gastronomica – un punto d’incontro
autogestito da studenti Unisg – e con gli speak easy – serate a base di cocktail di qualità
– organizzati in collaborazione con colleghi
di corso. Proprio in una di quelle serate Carlo
Petrini mi ha presentato i vecchi proprietari
del bar Alfieri».
L’Alfieri e altre realtà come questa nascono
dal fermento pollentino e dalla sua disposizione alla condivisione. Dal 2013 è con questo spirito che sono nati i corsi di Alto Apprendistato per formare a quelle professioni
del cibo che si stanno lentamente perdendo.
Un percorso che abbina la pratica allo studio
teorico, attraverso l’incontro con professionisti. Così, 35 persone dai 19 ai 50 anni, con
titoli di studio dalla laurea alla licenza media,
provenienti da Edimburgo come da Catania,
hanno iniziato (chi per amore, chi per sapere) a costruire il loro futuro unendosi alla
rete cresciuta con Slow Food in tanti anni di
storia. C’è chi da tirocinante è diventato una
valida spalla, chi ha cominciato o rinsaldato
un progetto, chi ha trovato conferme e chi invece sta ancora cercando la sua strada. Tutto
è in costruzione ma una cosa è certa: laddove
l’educazione è scambio, qualcosa nasce e si
propaga attraverso la rete, rafforzandola.
La storia di Mattia Giachero, per esempio, si
incrocia con quella Renato Bosco, pizzaiolo di
fama, proprietario di Saporè e Pan per Focaccia (Verona), e riparte. Mattia, con un diploma
di terza media e un periodo passato a fare il
cameriere, dopo il corso per panettieri e pizzaioli vuole infatti riqualificarsi. «La mia vita
è già cambiata. Renato Bosco è un grandissimo artigiano, un vulcano d’idee e un amico. Quando entra in laboratorio mette tutti
di buon umore, emana ottimismo da tutti i
pori. L’amore che mette nel suo lavoro dà forza anche nelle giornate storte, è un maestro,
r e t e
76
C ’ è
c o m e
A n d r e a t t a ,
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E m i l i a n o
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t e m p o
i n d e t e r m i n a t o
un punto di riferimento, uno stimolo continuo». Renato Bosco, a sua
volta, una carriera intrapresa
quasi per caso in sostituzione nel locale dove
aveva cominciato da
cameriere, ci riferisce: «Dopo trent’anni
da pizzaiolo sono sempre
contento della possibilità di
collaborare con Slow Food. Di
Mattia apprezzo soprattutto la volontà e la precisione che dedica a tutte
le fasi della lavorazione. Ritengo importantissimo contaminare più ragazzi possibile con progetti come questi. Per cui non mi
sento mai solo artigiano, cerco anche di fare
il comunicatore. Solo in questo modo possiamo costruire una conoscenza su prodotti
fondamentali, come il pane, che cerco di valorizzare con il mio ultimo progetto, Fdp –
Figli di pasta madre –, un’associazione nata
per garantire la qualità dei prodotti a base di
lievito madre».
C’è chi, come Emiliano Andreatta, 38 anni,
ha scelto la birra di qualità licenziandosi da
un lavoro a tempo indeterminato e puntando
su Rabel, il microbirrificio di Ivrea che gestisce con amici nel tempo libero. Con un passato da rugbista professionista, si è sempre
speso per il sociale e il suo intento è costruire
un circuito locale per la produzione di orzo,
luppolo e infine birra, creando nuove opportunità di lavoro nel suo
territorio. Sta svolgendo il suo
apprendistato nel carcere
di Saluzzo a contatto
con Andrea Bertola,
che dal 2007 segue
un progetto virtuoso
di produzione brassicola
con i detenuti: «Per lavorare
in carcere non basta la tecnica –
dice il mastro birraio –, ci vogliono
anche sensibilità ed empatia, fermezza, rispetto e correttezza nei confronti
delle persone con cui si collabora. Bisogna
sapersi aprire e saper condividere andando
oltre la consuetudine. Emiliano è una persona che rispecchia pienamente le doti necessarie per un ambiente particolare come questo». L’ex rugbista puntualizza: «Con tutto
il rispetto in carcere si sta da Dio: mi sono
adattato a una realtà molto particolare. È fantastico conquistare la fiducia e il rispetto delle
persone con cui lavori tutti i giorni. Ci vuole una certa forma mentis per starci, e bene».
D’altro canto non si può non parlare del suo
progetto: «Rabel è una sfida intrapresa con alcuni amici. Da hobbisti homebrewers e poi in
produzione come brewfirm, siamo cresciuti
costantemente. Rabel aprirà ufficialmente a
settembre, puntando l’attenzione sul territorio». Il progetto si sviluppa con l’intento di ri-
l i b e r a
77
costituire il tessuto sociale dell’Eporediese. «Rabel nasce sul modello tedesco:
il birrificio è al centro della sua area
d’origine. Non un pub, ma tante
partecipazioni in eventi culturali,
musicali e sportivi. Il tirocinio
in carcere mi ha ulteriormente
spinto a cercare una ricaduta
nel sociale. E Rabel non vuole dimenticare: cercheremo di utilizzare sempre
più materie prime locali
e introdurre in produzione persone portatrici di handicap».
ca. Il nostro rapporto di stima è cresciuto con
il tempo e le mie idee sono diventate realtà.
È cambiato tutto in poco tempo: impossibile
avere un’opportunità del genere senza Matteo e il suo fiuto per gli affari».
Mentre si mantiene facendo il geometra,
anche Andrea Giaccardo sta seguendo la
sua passione per la birra. Il corso di Alto
Apprendistato significa per lui aprire in collaborazione con il padre una birreria a Narzole (Cuneo). Ha cominciato da tre mesi a
lavorare con il mastro birraio Paolo Lerda
presso il Birrificio Trunasse, una delle prime scoperte che Slow Food ha inserito nella guida Birre d’Italia. «Visto che mio padre
Tra le belle collaborazioni che sono nate c’è
quella tra Matteo Calzolari e Luca Pedetti. Tra
i due si è instaurato un forte rapporto di fiducia che ha portato Matteo, uno dei primi sostenitori del Mercato della Terra di Bologna, a
farsi affiancare da Luca, romano, nell’avvio di
una nuova bottega, nell’affidargli una lezione sulla panificazione per appassionati, fino
a partecipare a un convegno con Massimo
Montanari, il grande medievalista studioso
di storia dell’alimentazione. «Ricorderò sempre il mio arrivo – ci dice Luca – il 10 febbraio
in un paesino vicino a Bologna. Tuoni, fulmini e pioggia battente ad accogliermi, orari e
ritmi serratissimi e un laboratorio dove non
resta troppo tempo per le parole. L’ospitalità
e il calore di mamma Graziana sono servite
nei primi tempi per prendere le misure con
Matteo». Non c’è solo la produzione: ci sono
la vendita in negozio, la rete dei ristoratori
e il Mercato della Terra. «Divento in breve
l’ombra di Matteo: lo osservo cercando di
carpire i segreti del mestiere». Arriva poi un
momento importante in cui il panettiere trova nell’apprendista un valido aiuto: «Matteo
stava per aprire un nuovo punto vendita nel
cuore di Bologna e questo significava parlare con banche, stringere accordi, incontrare
notai. Dalla mia passata esperienza cerco di
capire come rendermi utile. Parlandone con
Matteo, ho avuto la possibilità di proporre alcune idee per migliorare la struttura logisti-
vuole cambiare occupazione, l’ho convinto
a tornare al nostro vecchio locale, abbandonato alla soglia degli anni Duemila. Abbiamo ancora un po’ di lavori da fare, ma
l’apertura dovrebbe essere imminente». Il
rapporto tra i due fa ben sperare per il futuro: «Andrea – conferma Paolo – viene a
darmi una mano in produzione e ora, dopo
tre mesi, comincio ad affidargli alcuni lavori in autonomia. Inoltre gli sto insegnando
alcuni trucchetti per la gestione di un’attività. Speriamo in una bella e fruttuosa collaborazione». «Sto imparando tantissimo da
Paolo – ci dice ancora Andrea –. Non è stato
facile entrare nell’universo della birra all’inizio. Si tratta di un mondo decisamente
più complicato di quanto immaginassi, ma
qui hanno saputo aspettarmi affidandomi
ruoli ogni volta un poco più delicati, con la
giusta gradualità».
In pochi mesi l’Alto Apprendistato dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo
è riuscito a interpretare il discorso avviato da
Slow Food sin dal 1986: la continua spinta a
generare un nuovo modo d’intendere il cibo,
ben radicato nel passato, poggiato sul presente e proiettato verso il futuro. È un continuo
ordire le maglie di un movimento che non
accenna ad affievolirsi in intensità. Sono tante le storie che nascono, crescono, si moltiplicano facendosi forza reciprocamente. Anche
questa è la rete. La nostra rete.
IL
R A C C O N T O
DE L
Sai esser dolce,
Meravigliosa nei tuoi mutamenti…
Colori tenui baciati dal sole
nascono in te piccoli tesori della natura.
Unica magia!
unica ebbrezza al polline del tuo germogliare
delizie della tua freschezza…
Profumi intensi al tuo fiorire
rosa candido è la tua veste
Fior di pesco è il tuo nome!
(E.Russo)
C O N GR E S S O
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Gastrono m ia
R i v a
V I I I
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C o n g r e s s o
G a r d a
9 - 1 1
n a z i o n a l e
Tre giorni intensi. Una rete, quella italiana,
che si è manifestata in grande spolvero. Tanti
i progetti raccontati negli interventi dei delegati, tanta la voglia di fare per il futuro di
Slow Food, tante le visioni che sono confluite
in un’unica grande voce. Tante emozioni.
Alla fine la lista 1, con a capo Gaetano “Nino”
Pascale, è stata la più votata, circa il 61% contro il 39% della lista 2, guidata da Cinzia Scaffidi. È stato molto il materiale prodotto, che è
ancora consultabile sul sito www.slowfood.it:
i verbali, le mozioni approvate, gli interventi
di chi non è riuscito a parlare per il poco tempo a disposizione o ha inviato un suo scritto
in quanto impossibilitato a partecipare fisicamente. E poi i documenti, i programmi, gli
interventi rimarchevoli degli ospiti (anche
in video): quello del presidente nazionale
uscente Roberto Burdese, quello d’indirizzo
di Carlo Petrini e quello del neo-eletto,
Nino Pascale.
Noi il Congresso vogliamo
raccontarvelo intanto con il
primo “editoriale” del nuovo presidente, poi con una
carrellata degli interventi che più
hanno avuto a che fare con il tema di
questo numero della rivista, la rete – alcuni sono diventati articoli, che trovate nella sezione precedente –, e infine con una cronaca
“emozionale” che ci siamo concessi per dare
una lettura profondamente umana a cosa abbiamo visto e fatto a Riva del Garda. In fondo
siamo una rete di amici e questo andava evidenziato.
«Il Congresso esce unito da questa votazione, e lo dimostra al di là dei risultati numerici
– ha dichiarato a caldo un Nino Pascale visibilmente commosso –. Ora dobbiamo fare
in modo che il patrimonio più importante
dell’associazione, cioè le persone, siano messe nelle migliori condizioni possibili per dedicare le proprie energie e la propria volontà
a tutte le buone cause che Slow Food sostiene
ogni giorno. Cinzia porta il contributo della
libera !
m a g g i o
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S l o w
2 0 1 4
F o o d
I t a l i a
lista che ha rappresentato nel nostro Comitato esecutivo, e questo ci rende più forti e più
coesi». Parole che sintetizzano bene gli esiti
del Congresso e aprono la porta sul domani:
«Vorrei ringraziare tutti i candidati e chi ha
partecipato, in sede e sui territori, alla riuscita di questo fantastico Congresso, che segna
una fase di svolta. E cominciamo domattina dimenticandoci per chi abbiamo votato:
non esistono più due squadre, ma un’unica,
grande associazione». Del nuovo Comitato
esecutivo fa parte anche Cinzia Scaffidi, perché in apertura il Congresso ne ha previsto
all’unanimità l’integrazione con uno o due
componenti della lista che avrebbe ottenuto
meno voti. «Il passaggio epocale, di cui credo possa vantarsi la mia squadra, è di aver
trovato una strada per l’individuazione, in
modo partecipato, della dirigenza dell’associazione – ha detto Cinzia –. L’obiettivo
è stato raggiunto e per noi questo era
importante. L’associazione ha
scelto e noi oggi siamo cinque
soci che fanno propria questa
decisione e che lavoreranno
per la realizzazione del programma
che Slow Food ha scelto». «Il Congresso chiude con un voto unanime per il nuovo esecutivo (per alzata di mano
in chiusura è stato ratificato all’unanimità
l’esito delle votazioni segrete, ndr) dopo tre
giorni straordinari di discussione e confronto – ha dichiarato Roberto Burdese –. Il nostro viaggio riparte oggi con una nave e un
equipaggio che saranno capaci di fare ancora
più strada di quella percorsa fino a oggi. Al
nuovo presidente e alla nuova squadra, non
solo i miei auguri e i sentimenti sinceri di
amicizia, ma anche la piena disponibilità
per il futuro». La palla ora, in rappresentanza di tutti i soci italiani, passa a Pascale e al
nuovo Comitato esecutivo: Daniele Buttignol
(riconfermato segretario nazionale) e gli altri
membri Lorenzo Berlendis, Sonia Chellini,
Francesca Rocchi e Cinzia Scaffidi. r a c c o n t o
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c o n g r e s s o
81
ESITO DELLE VOTAZIONI
COMITATO ESECUTIVO
771
Totale delegati aventi diritto a partecipare al Congresso
Gaetano Pascale
Presidente nazionale
738
Totale delegati aventi diritto al voto
720 (97,56% degli aventi diritto)
Totale delegati votanti
433 (61,33% dei voti validi)
Totale voti lista 1
Daniele Buttignol
Segretario generale
Lorenzo Berlendis
Sonia Chellini
Francesca Rocchi
Cinzia Scaffidi
273 (38,67% dei voti validi)
Totale voti lista 2
11
Totale schede bianche
3
Totale schede nulle
0
Totale schede contestate
ConsigliO
nazionalE
A. indicati
dai Congressi regionali
(per regione):
Slow Food Piemonte
e Valle d’Aosta
1. Gabriella Chiusano
2. Franco Fassio
3. Davide Ghirardi
4. Ludovico Roccatello
Slow Food Liguria
5. Valter Bordo
6. Sergio Tron
Slow Food Trentino
Alto Adige
7. Gianfranco Bettega
Slow Food Friuli
Venezia Giulia
8. Massimiliano Plett
Slow Food Toscana
9. Stefano Beltramini
10. Massimo Bernacchini
11. Marco Del Pistoia
12. Raffaella Grana
13. Barbara Nappini
Slow Food Lombardia
14. Enrica Agosti
15. Francesco Amonti
16. Paolo Bolzacchini
17. Emanuele Nitri
18. Carmelita Trentini
31. Gabriele Locatelli
32. Claudia Piva
Slow Food
Veneto
19. Letizia Bonamigo
20. Rachele Lodi
21. Mauro Pasquali
22. Enrico Perin
Slow Food Campania
e Basilicata
36. Lucio Napodano
37. Giuseppe Orefice
Slow Food Marche
23. Massimo Bergamo
Slow Food Abruzzo
e Molise
24. Eliodoro D’Orazio
Slow Food Umbria
25. Sergio Consigli
Slow Food Lazio
26. Stefano Asaro
27. Barbara Bonomi
28. Roberto Muzi
29. Roberta Pascali
Slow Food
Emilia Romagna
30. Raffaela Donati
Slow Food Puglia
33. Francesco Biasi
34. Antonio Delvecchio
35. Marcello Longo
Slow Food Campania
e Basilicata
38.Bruno Sodano
39. Nicola Sorbo
Slow Food Calabria
40. Nicola Fiorita
Slow Food Sicilia
41. Rosario Gugliotta
42. Stefania Mancini Alaimo
43. Francesco Sottile
B. indicati dalla
Segreteria nazionale
(in ordine alfabetico):
44. Lorenzo Berlendis
45. Daniele Buttignol
46. Sonia Chellini
47. Antonio Cherchi
48. Laura Ciacci
49. Silvio Greco
50. Francesco Mele
51. Gaetano Pascale
52. Francesca Rocchi
53. Daniela Rubino
54. Cinzia Scaffidi
Collegio
dei garanti
1. Giusi Acunzo
2. Silvio Barbero
3. Cristina Bertazzoni
4. Alberto Adolfo Fabbri
5. Galdino Zara
Collegio
sindacale
Effettivi
1) Gianluigi Brun
2) Francesco Cappello
3) Vittorio Molinari
Supplenti
4) Pierluigi Passoni
5) Massimo Costa
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P R O G R A MM A R E
IL
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FU T U R O
Ga e t a n o
P a s c a l e
In seguito al Congresso nazionale, abbiamo il piacere di pubblicare
il primo messaggio del nuovo presidente di Slow Food Italia ai soci:
le sue considerazioni su quanto accaduto a Riva del Garda, ma anche
e soprattutto i piani futuri. Gli diamo il benvenuto su queste pagine
Il Congresso nazionale di Riva del Garda ci consegna un’associazione più che mai viva e dinamica, capace di prendersi cura
delle persone e delle loro idee, in equilibrio tra visionarietà e
pragmatismo. Elementi che – come ha evidenziato Carlo Petrini inaugurando i lavori – sono la metodologia e la chiave di
lettura di tutto il nostro cammino associativo.
Gli interventi dei delegati hanno plasmato un Congresso di
straordinario valore politico, fatto di analisi lucide e complete
su tutti i temi cari alla nostra associazione, a dimostrazione
di una maturità ampiamente raggiunta dall’intera base dei
soci. In realtà, questa vitalità era stata già messa in luce nei
Congressi di condotta e in quelli regionali, mai così sentiti e
partecipati, segno incontrovertibile che ciascun socio di Slow
Food intende portare il proprio contributo, senza distinzione
tra attivisti, comitati di condotta, fiduciari o presidenti regionali. E di questa crescita va dato il giusto merito allo straordinario dialogo intessuto con i territori nel corso degli anni in
cui siamo stati guidati da Roberto Burdese.
Negli ultimi tempi, inoltre, ha senza dubbio giovato in tal
senso anche la presenza di due candidature alternative alla
guida dell’associazione, che ha indotto, nei soci prima e nei
delegati poi, la necessità di approfondire i punti salienti dei
r a c c o n t o
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83
due programmi e, nel contempo, di riflettere su tutto quanto
Slow Food oggi rappresenta. Ma su questo fronte il messaggio
che ci consegna l’esito congressuale è molto chiaro: il confronto fra le due proposte è terminato, la scelta per i prossimi
quattro anni è stata effettuata e si va avanti tutti insieme nella
direzione indicata.
Le giornate di Riva del Garda ci hanno offerto una percezione
reale della misura dell’autorevolezza che Slow Food riveste nei
confronti delle istituzioni e dei loro rappresentanti. A cominciare
dal ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, che ha esordito dichiarando: «Voi di Slow Food
esprimete un pezzo formidabile dell’impegno di questo Paese».
Non da meno, i nostri temi sono nell’agenda di tante altre organizzazioni che a noi guardano con interesse. Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nel suo intervento ci ha esortato: «Noi
siamo qui per riflettere insieme, per unire i nostri pensieri, le
nostre esperienze, i nostri vissuti, perché abbiamo bisogno di
giustizia, di dignità, di lavoro». E, dopo avere riflettuto sui pasUn emozionato
Gaetano Pascale tiene
il suo primo discorso
immediatamente
d o p o l ’e l e z i o n e .
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si già compiuti, ha aggiunto: «Stiamo insieme con la capacità di riconoscere il bene che c’è attorno a noi per valorizzarlo,
promuoverlo e sostenerlo. Anche voi siete un segno concreto
di questo bene a partire da quella meraviglia di Terra Madre,
perché la terra è la madre che ci dice che cosa è la speranza.
C’è un grande bisogno di speranza e noi dobbiamo essere un
segno di speranza curando tra noi alleanze e fiducia, stupore e accoglienza reciproca. Speranza è la consapevolezza che
solo unendo le forze degli onesti la richiesta di cambiamento
diventa forza di cambiamento».
Sappiamo dunque che non siamo soli nell’affrontare la rivoluzione del cibo (e col cibo) e, per questo, dobbiamo sentire
ancora una volta in noi uno slancio d’azione rinnovato per i
prossimi quattro anni, i quali richiedono tutto il nostro impegno per adeguare il nostro modello organizzativo alle sfide che
ci attendono. In prima istanza, non possiamo e non vogliamo
disattendere la richiesta di condivisione delle scelte con gli organismi dirigenti a tutti i livelli territoriali. Per questo motivo,
la Conferenza delle Regioni, novità statutaria e sostanziale nella nuova organizzazione uscita dal Congresso, deve diventare
il luogo di scambio delle esperienze fra le strutture territoriali
e l’elemento di raccordo per rendere coerenti i processi decisionali fra i vari livelli. Sappiamo che il bacino di soci dal quale
possiamo attingere è molto fertile di idee e di energie: proprio
per questo interpelleremo sempre di più le condotte e i consigli
regionali per definire con loro quali vie d’azione intraprendere,
su quali punti focalizzare la nostra attenzione, in quali territori
addentrarci perché Slow Food Italia è – e dovrà essere sempre
più – la nostra casa comune, quella dove far confluire quanto
di “buono, pulito e giusto” c’è nelle nostre realtà locali.
Ma gli impegni che saremo chiamati a mettere in campo partono dal nostro guscio e guardano al mondo intero. Il sostegno
all’agricoltura familiare, che oggi costituisce l’ossatura della rete
di Terra Madre, deve essere
in cima alle nostre priorità:
l’agricoltura familiare è un
modello che deve diventare,
anche grazie al nostro impegno, la spina dorsale della
produzione alimentare, affinché questa diventi sostenibile e responsabile. Una
sfida che, per essere vincente,
non può essere solo italiana
ma planetaria e che richiede
pertanto un coinvolgimento
della nostra rete mondiale.
L’altra faccia della medaglia
è il superamento degli at-
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d e l
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tuali modelli di consumo alimentare a favore di sistemi di
produzione locali e diffusi: non accetteremo più che il cibo
sia nelle mani di un potere oligarchico, gestito da pochissimi colossi economici che regolano il destino alimentare del
pianeta. Ed è questo il tema centrale che vogliamo portare
all’Expo 2015. L’appuntamento che vivremo a Milano non
sarà per noi una mera vetrina commerciale, bensì l’occasione per mettere al centro i problemi legati alla sovranità alimentare a ogni latitudine del globo.
Se riusciremo a far diventare il mondo di Terra Madre il nostro
riferimento per la spesa alimentare quotidiana, allora possiamo
stare certi che raggiungeremo a cascata tutti gli altri obiettivi.
Sono le comunità di Terra Madre, infatti, che ci forniscono le
parole chiave del nostro impegno: biodiversità, l’unico serbatoio dal quale possiamo attingere se vogliamo impedire che gli
Ogm prendano il sopravvento sulla coltivazione degli ecotipi
locali; legalità, con l’allontanamento delle mafie dalla produzio-
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n e l l ’ a f f r o n t a r e
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p e r
q u e s t o ,
a n c o r a
s l a n c i o
Il nuovo Comitato
esecutivo appena
nominato sul palco
di Riva del Garda.
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p r o s s i m i
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q u a t t r o
u n o
p e r
i
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ne e dai mercati dei beni alimentari; salvaguardia del paesaggio, per consentire a chi lavora la terra, attraverso lo “Stop al
consumo di suolo”, di agire senza il timore che la cementificazione selvaggia lo sovrasti; benessere animale, che ci tocca in
tutte le declinazioni del nostro concetto di cibo “buono, pulito
e giusto”; cura dei beni comuni, a cominciare dall’acqua, risorsa sempre più scarsa che nei modelli di agricoltura intensiva
diventa un fattore per forzare le produzioni.
Potremo però realizzare tutto questo solo se non dimenticheremo il principio alla base del nostro “essere slow”: il diritto al
piacere. Un piacere che deriva anche dalle cose che facciamo
e da come le facciamo, dai buoni sentimenti che proviamo
nei confronti dei nostri compagni di viaggio e dalla capacità di
trasmetterli. Ma soprattutto un diritto universale che troverà
pieno riconoscimento solo se il miliardo di persone oggi sottonutrito potrà condividerlo con noi.
Viva Slow Food! Viva Terra Madre!
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N
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Il Congresso di Riva del Garda è stato, come è naturale che sia, un momento di confronto
e condivisione. Gli interventi della tre giorni trentina hanno fatto emergere con evidenza
lo stato di salute dell’associazione su ogni territorio e hanno confermato come l’austera
anarchia abbia un riscontro effettivo nell’attività quotidiana delle condotte. Molti sono stati
gli interventi volti a raccontare il proprio modo di fare rete. Tanti percorsi diversi per un
unico obiettivo: costruire rapporti solidi e duraturi, collegare quanti più nodi è possibile,
costruire ponti e in questo modo fare la rivoluzione con il cibo
V
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O
t
D
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c o n g r e s s o
Tra i primi interventi a raccontare di come si
possa fare rete quello di Vittorio Fusari, cuoco della condotta Oglio Franciacorta e Lago
d’Iseo, che ha messo l’accento sul ruolo centrale dell’oste e sui legami che devono essere
sviluppati tra chi produce e chi trasforma e
vende. Vittorio ha però anche sottolineato
come non possa esistere rete senza volontariato: «Per me fare sistema è una situazione quotidiana costruita attraverso l’incontro
e il continuo dialogo con tutti gli operatori
agricoli e alimentari del mio territorio. Sono
loro che rappresentano infatti in maniera
concreta il modo diverso di produrre cibo in
sintonia con lo spirito di Slow Food. Questo rapporto di interscambio ha permesso a
molte piccole realtà di emergere e ha dato
loro il sostegno economico, la sicurezza e la
continuità che consentono di vivere. Sono
un cuoco e come altri miei colleghi ho usato
l’attenzione mediatica che ci viene dedicata
per comunicare, sostenere, rendere famose
e affascinanti le produzioni alimentari più
virtuose. [...] Fare sistema, per me, significa
coinvolgere e valorizzare quel meraviglioso volontariato che sogna, ha visioni, ma è
protagonista con le idee, i gesti e le testimonianze. Questa è la base di cui anch’io come
socio faccio parte».
M
S
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V ITTORIO
O
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O
F US A RI
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A
GI A NRICO
F A BBRI
Il rapporto tra produttori e co-produttori è
un tema centrale, che è stato toccato in tanti
altri interventi. Tra i più significativi, anche
per la portata dell’esperienza raccontata,
quello di Gianrico Fabbri, dedicato ai Mercati della Terra – che dell’incontro del pubblico con contadini e artigiani hanno fatto
il loro fondamento –, nel quale, pur sottolineando i grandi risultati fin qui raggiunti, si
evidenzia la necessità di allargare le maglie
e fare entrare nella rete soggetti nuovi, per
crescere, contaminarsi e magari cambiare
un po’, rafforzando così la propria identità:
«Camminare assieme ad altri soggetti, questa è una delle sfide future. Ciò non significa
che il progetto di rete locale non lo dobbiamo scrivere noi, da soli, significa piuttosto
che dobbiamo lasciare dei capitoli vuoti dove
gli altri possano scrivere la loro idea di percorso da fare con noi, in modo tale che tutti
si sentano legittimati e accolti nella rete di
Terra Madre con la stessa dignità e importanza che ricopre la nostra associazione che
di questa rete è ideatrice e nodo».
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«Per fare rete – ha proseguito Gianrico
Fabbri – è allo stesso tempo necessario che
Slow Food consolidi e mantenga ben salda
la sua identità associativa e la sua organizzazione. La prossima dirigenza lo deve aver
ben chiaro. Il rischio è, anche per il fatto di
aprirsi, di edulcorarsi nella rete e non essere più riconosciuti dagli altri partner. Tra
le tante iniziative i Mercati della Terra sono
forse lo strumento più efficace per creare
la rete e, nel caso che illustrerò, per andare
anche oltre. [...] Oggi il valore aggiunto dei
Mercati della Terra, lo sappiamo, è quello di
ristabilire relazioni tra persone. Tra persone
e produttori, tra persone e cibo, tra persone e territorio, tra persone e cultura locale.
Insomma il Mercato della Terra ristabilisce
il criterio relazionale perduto con le logiche
della grande distribuzione e delle relazioni
virtuali, mantenendo al centro il cibo».
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«Dopo aver partecipato al Salone del Gusto e
al Congresso internazionale del 2012, in cui
lo Slow Food Youth Movement si è presentato
ufficialmente, e poi a dicembre 2013 al meeting internazionale a Bra come rappresentante dell’Italia, è cresciuta in me la convinzione
che anche in Italia si debba iniziare a implementare il movimento giovane, a darci degli
obiettivi comuni e delle direttive, a scambiarci idee e creare una rete solida e unita. Ovviamente da sola non posso cambiare le cose,
per cui dobbiamo essere uniti: la voglia di
fare non manca a nessuno, forse manca
solo un po’ di coraggio! I giovani sono la
base dell’associazione e del futuro del pianeta. Abbiamo le forze e i mezzi per portare avanti le campagne di sensibilizzazione
sulle grandi tematiche di Slow Food, come
la lotta allo spreco, a partire dalle scuole ma
soprattutto nelle piazze, per educare i nostri
concittadini, per creare – come ha detto don
Ciotti – una società responsabile. Possiamo
essere il modo migliore di fare quella politica di cui tanto si parla in Slow Food in
questi giorni, senza tralasciare, anzi dando
la priorità, al divertimento e al piacere della
condivisione, dell’amicizia, della solidarietà.
Penso che questo sia un valore imprescindibile in quanto è proprio il motore che spinge noi volontari a non stare chiusi in casa a
riposarci dopo le nostre fatiche quotidiane,
ma a uscire, organizzare e “lavorare” per il
bene comune».
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coraggio di cambiare e di investire sulle
o Ilproprie
risorse, scoprendo il tesoro che spes-
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so è sotto i nostri occhi ma di cui non ci accorgiamo e non riconosciamo la ricchezza.
Anche questo è fare rete: unire le forze per
ripartire, per scoprire il tesoro dietro casa
e con esso riconquistare un’identità che rischiava di andare perduta. Questo è stato anche uno dei punti nevralgici dell’appassionato discorso di Saro Gugliotta, neopresidente
di Slow Food Sicilia.
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GUGLIOTT A
«La Sicilia, terra ricchissima di biodiversità,
è la regione con più Presìdi, non solo in Italia, ma forse al mondo. Questo non è merito
dell’associazione, bensì della natura stessa
dell’isola. Merito nostro è avere costruito opportunità che ci hanno permesso di individuare questi prodotti e salvarli. Le comunità di Salina, di Lipari, di Ustica, quella alesina e quella delle nocciole dei Nebrodi, sono
nate dall’esigenza di alcuni abitanti, produttori, ristoratori, albergatori o amministratori
di recuperare un’identità territoriale quasi
completamente persa. L’esempio più eclatante è quello delle isole, dove il cibo viene portato quasi totalmente da fuori. È noto infatti
che un’isola nel corso dei millenni è stata abitata e ha sempre avuto proprie risorse agricole e ittiche. Solo negli ultimi cinquant’anni
questo rapporto si è capovolto e tutte le peculiarità agricole, come quelle legate alla pesca, sono state ridimensionate e rischiano di
essere completamente abbandonate a favore
dell’omologazione del cibo proveniente dai
flussi commerciali globalizzati. Se si allarga
questo concetto a tutti i “territori isole” fatti
da città e comprensori più o meno vasti, la
nascita di una comunità diventa il baluardo
contro la perdita della propria identità».
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Relazioni. Ecco un’altra parola che sul palco
del Centro Congressi di Riva abbiamo sentito più volte. Relazioni non solo tra soggetti
vicini, ma anche tra comunità e persone che
stanno lontane le une dalle altre, ma condividono un obiettivo e attraverso la volontà di
raggiungerlo costruiscono legami e amicizie.
È quello che avviene nello Youth Food Movement, la rete dei giovani di Terra Madre, di
cui Valentina Pavan – giovane neofiduciaria
di Bassano del Grappa – fa parte.
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L’osservazione del proprio territorio è stata anche il centro della riflessione di Enrica
Agosti, nuova presidente di Slow Food Lombardia, la quale ha sottolineato come solo
attraverso la rete dei soci si può mappare il
territorio per coglierne fino in fondo potenzialità e risorse.Potenzialità e risorse che divengono la base per costruire nuove forme
di economia, più sostenibili e più virtuose.
«L’avanguardia teorica di Slow Food, il nuovo pensiero passa anche attraverso strategie
atte a coordinare la realizzazione di un’economia fatta di sinergie, valori e aspetti culturali
differenti da quelli sinora messi in atto [...].
La dimostrazione che esiste un’economia
“diversa”, che parte da presupposti diversi,
deve essere la nostra proposta strategica e
deve essere il modo in cui diamo credibilità
e attuazione alla sostenibilità che sbandieriamo orgogliosamente. Ma se è già tutto
fatto, in cosa consistono le nuove strategie?
Quale bisogno di nuove sfide se i temi e la
pratica li abbiamo già? Li abbiamo già, ma
la teoria e la pratica si devono confrontare e
muovere con le persone, i nostri soci, perché
una grande squadra deve essere coinvolta in
questa teoria da elaborare.
Abbiamo una capillarità associativa che ci
permette un’immediata e acuta osservazione del territorio, che ci permette di accompagnare questo nostro modo di intendere le
economie, perché siano libere di esprimersi. Abbiamo la possibilità di fare diventare i
nostri territori avanguardie culturali, perché
depositari di conoscenze e preparazione culturale. Occorre però che i soci si muovano
con questo obiettivo e con questa idea, ognuno con le proprie competenze e passioni. Se
la sfida è dar da mangiare cose “buone” a
tutti gli abitanti della terra, la realizzazione
di questo macrobiettivo è il tema della nostra nuova teoria».
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Nel 2002 a Riva del Garda il V Congresso nazionale sancì
il passaggio ufficiale e definitivo da Arci Gola a Slow Food
Italia. Le due denominazioni avevano convissuto per un certo periodo, rendendo anche da questo punto di vista un po’
“speciale” l’associazione italiana rispetto a quelle nel resto
del mondo. Molti allora erano così affezionati alla vecchia
dicitura – quella storica associata al logo con un pentolone
– da non volerla abbandonare. Fu un passaggio quasi indolore per quelli che al tempo erano più giovani (compreso il
sottoscritto), decisamente più sofferto per altri, quelli con
più anni di “militanza culturale”, come ama definirla Silvio
Barbero, vicepresidente nazionale fino a un mese fa.
Dodici anni dopo si è tornati a fare Congresso a Riva del
Garda, per un caso dovuto a motivi organizzativi, ma con
il senno di poi anche per un nuovo cambiamento epocale
nella nostra piccola grande associazione, di quelli che restano negli annali.
I delegati meno giovani, appena sono arrivati a Riva lo scorso maggio, sono subito andati con la memoria a quel 2002:
stesso lago, stessi monti, stesso Centro congressi. Fu un
momento collettivo molto emozionante non solo perché si
disse addio all’Arci Gola, ma perché il presidente nazionale
di allora, Carlo Petrini, era nel periodo in cui soffrì di seri
problemi di salute, e i suoi discorsi, già di per sé normalmente coinvolgenti, si caricavano di un misto di sensazioni
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affettive che probabilmente spinsero l’asticella ancora più in
alto di quanto non avvenga di solito. Non è un caso che il
nuovo presidente eletto, Gaetano “Nino” Pascale, abbia citato proprio quel momento e proprio le parole di Carlo Petrini
in quell’occasione come uno dei ricordi più vividi e decisivi
della sua personale storia “slowfodista” (cfr. Slow I-2014).
I delegati più giovani, invece, erano sicuramente curiosi ed
eccitati di vivere per la prima volta un momento così importante, e portavano con sé il bagaglio della propria breve, ma
sicurante intensa, esperienza in Slow Food e Terra Madre. In
effetti i ricordi, la memoria e le storie dei singoli sono stati
una sottotraccia interessante per leggere quello che è successo dal 9 all’11 maggio scorsi. Era un qualcosa che aleggiava
in maniera palpabile e che muoveva quasi tutte le parole e i
gesti nella tre giorni trentina, ma che in fin dei conti era impossibile da cogliere nella sua interezza, perché non è dato a
nessuno di sapere tutto di tutti. Ed eravamo tanti: tra delegati, ospiti e staff, circa 800.
Certo è che quest’insieme di sentimenti che durante il Congresso sono stati più volte definiti “intelligenza affettiva”
(come fa per Terra Madre Carlo Petrini) è uno dei più grandi patrimoni che si porta dietro l’associazione, assieme alle
competenze, alla passione, al tempo volontario e lavorativo
che ogni membro offre senza troppe remore. Inoltre, dal momento che a Riva del Garda si presentavano due liste distinte
per concorrere alla presidenza e ai seggi nel Comitato esecutivo nazionale, questo patrimonio è stato anche caricato delle diversità in maniera più marcata durante i tre giorni, attraversato da quelle differenze che ci fanno ricchi di umanità
ma che nel confronto a volte possono anche sfociare in alcune tensioni, piccole o grandi, pubbliche, riservate a piccoli
gruppi o molto intime. Da cronisti non neghiamo che ce ne
siano state e non facciamo finta che alcuni non si siano anche procurati delle piccole ferite, proprio come avvenne nel
2002 quando “cambiammo pelle” in maniera più evidente.
Non è tanto il caso di fare un rendiconto preciso di questo,
perché la carne del Congresso è stata la vitalità con cui la rete
associativa italiana si è presentata, colorando i territori dei
nostri progetti, presentandoli con trasporto e orgoglio, facendoci diventare tutti un poco più ricchi e consapevoli della
nostra identità. E se l’anima avesse subito qualche contraccolpo, o l’emozione fosse anche andata in cortocircuito, beh
anche quello è un modo per crescere e diventare “grandi”.
Crescita: una parola che è stata chiamata più volte in causa per spiegare come la novità del Congresso 2014 – due
liste di candidati – facesse parte di un percorso inevitabile
di maturazione dell’associazione. Sicuramente i candidati
saranno stati travolti dalle emozioni. A fine Congresso soprattutto, quando sono stati resi noti i risultati delle votazio-
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ni. E anche i delegati, necessariamente chiamati a schierarsi
con un voto, avranno dovuto badare a un ragionamento razionale, ma anche mosso dal sentimento, dalle proprie storie che s’incrociano più o meno intensamente, più o meno
direttamente con i candidati che hanno scelto di votare.
L’“affluenza alle urne” ha dato segnali non interpretabili altrimenti: è stato uno dei Congressi più partecipati, più vissuti, più sentiti della nostra storia.
La cosa migliore di solito, in questi casi, è riuscire a cogliere
la manifestazione di questi poco descrivibili bagagli di emozioni nei momenti “off”: durante gli spostamenti quotidiani
di gruppo in pullman, nei momenti conviviali a pranzo e a
cena, nelle pause, e nelle notti che per alcuni continuavano
ben al di là di quanto prevedesse il programma ufficiale. Ne
abbiamo colti di scambi di opinioni – alcune molto informate, altre improvvisate sull’onda degli eventi –, di discussioni
animate o molto pacate, di visioni che si confrontavano e si
conoscevano. Di sicuro abbiamo anche colto sorrisi, pacche
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sulle spalle, la nostalgia di chi lasciava una carica elettiva,
quella di chi ha visto tanti Congressi nazionali e ha compreso quanto siamo cambiati. Non è il caso di interrogarci con
domande retoriche se in meglio o in peggio, ma di apprezzare, anche attraverso le piccole sofferenze o le grandi gioie,
quanto un’associazione sia in fondo come un essere vivente,
che cresce, matura, invecchia, sbaglia e impara dagli errori,
realizza grandi cose attraverso l’impegno quotidiano, fa piccoli miracoli che solo chi è vivo sa fare. E, a prescindere dai
fatti e dagli esiti, questo è un importante punto della questione che ci lascia in eredità il Congresso di Riva del Garda:
il come in futuro si saprà interpretare questo corpo vivo, fatto non solo di cariche, ruoli, diffusione sui territori, progetti in salute e da portare avanti, creatività da liberare, nuove
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connessioni da trovare con l’esterno e da coltivare all’interno, ma carico di storie e memorie, vite delle persone che si
riconoscono in un progetto umano e solidale, conviviale e
teso alla felicità di tutti, come se fosse il nostro principale
bene comune. E lo è.
Tra gli interventi “esterni” che il Congresso ha ospitato, quasi
tutti hanno dato conto di come siamo connessi con le realtà
italiane più autorevoli o creative. Dal ministro per le Politiche
agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, che ci ha
riempiti di complimenti e proposte di collaborazione (con la
promessa di fare una legge contro il consumo del suolo entro
il 2015), a tutti i rappresentanti della società fatta di associazioni di categoria agricole e movimenti che ci toccano a vario
titolo, per la difesa del suolo o la lotta all’illegalità. Proprio su
questo tema è però arrivato l’intervento che probabilmente ha
più toccato i cuori e più in sintonia con la rete di sentimenti
che percorreva in ogni direzione la platea del Centro congressi
di Riva del Garda: don Luigi Ciotti ha parlato sì della sua attività con Libera, ma ha lanciato alcuni messaggi accorati che è
bene non dimenticare. Ecco la conclusione del suo intervento,
che merita una citazione integrale: «Vi auguro di essere eretici
perché eresia dal greco significa scelta. Eretico è la persona che
sceglie. L’eretico è colui che più della verità ama la ricerca della
verità. L’eresia dei fatti prima di quella delle parole. L’eresia che
sta nell’etica prima che nei discorsi. L’eresia della coerenza, del
coraggio, della gratuità, della responsabilità, dell’impegno.
Oggi è eretico chi mette la propria libertà al servizio degli altri,
chi impegna la propria libertà per chi ancora libero non è. Eretico è colui che non si accontenta dei saperi di seconda mano,
chi studia chi approfondisce, chi si mette in gioco in quello
che fa, chi crede che solo nel “noi” l’“io” possa trovare una realizzazione. Chi si ribella al sonno delle coscienze, chi non si
rassegna alle ingiustizie, chi non pensa che la povertà sia una
fatalità. Chi non cede alla tentazione del cinismo e dell’indifferenza che sono le malattie spirituali della nostra epoca».
Il mondo dell’“organismo vivente” Slow Food non è mai un
mondo ordinato o riordinabile: i fili più potenti e resistenti
della nostra rete, probabilmente, non si possono vedere né si
possono descrivere, si possono soltanto vivere appieno e moltiplicare, imparando a scegliere come veri eretici.
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AGENDA
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Slow Food Village 2014:
“L’agricoltura familiare nel villaggio globale”
nel contesto di Caffeina Cultura 2014
Viterbo
In occasione dell’Anno internazionale dell’agricoltura
familiare indetto dalle Nazioni Unite, Slow Food Viterbo – in collaborazione con Slow Food Lazio e Slow Food
Italia – organizza Slow Food Village, la prima edizione
di un festival ecogastronomico in piazza del Plebiscito, la più importante della città, nell’ambito dell’ottava
edizione di Caffeina Cultura (evento che richiama oltre
400.000 presenze nel centro storico di Viterbo, forte di
un ricco programma di appuntamenti nelle vie, piazze e
cortili con la partecipazione di ospiti di rilevanza nazionale e internazionale: www.caffeinacultura.it).
Lo Slow Food Village, sviluppando il tema dell’agricoltura familiare all’insegna del “buono, pulito e giusto”, è
una kermesse rivolta a famiglie, produttori, enogastronomi, ristoratori, educatori e formatori, persone interessate al benessere alimentare e alla salute, ambientalisti,
rappresentanti istituzionali, esponenti di associazioni
datoriali, sindacali e culturali. Piazza Plebiscito si trasformerà in un villaggio ecogastronomico in cui i visitatori potranno passeggiare e sostare prendendo parte
alle diverse iniziative previste dal ricco programma in
diverse aree.
Arena: talk show con esponenti di Slow Food, studiosi
e produttori nazionali e internazionali dell’agricoltura
familiare.
L’App…eritivo: spazio di approfondimento rivolto a
un pubblico ristretto in cui si presentano nello spazio
Arena guide, progetti regionali e nazionali di Slow Food.
Terra Madre, contadini al centro: il movimento “Agricoltura dalla terra” propone nell’Arena ogni
giorno delle conversazioni sulla realtà contadina. Un
confronto tra coloro che basano la loro vita sull’agricoltura familiare.
Laboratori del gusto: degustazioni guidate alla
scoperta delle eccellenze enogastronomiche del Lazio e
del Centro Italia tra Presìdi Slow Food e prodotti dell’Arca.
Botteghe e spazi Slow: stand espositivi per la
vendita di prodotti agroalimentari e artigianali, tra cui
quelli in degustazione nei Laboratori del gusto. Gli
espositori dovranno sottoscrivere per l’occasione un re-
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golamento che garantisca la rispondenza dei prodotti ai
valori di Slow Food.
Street Food: area dedicata alla consumazione del
“cibo di strada”, con diverse postazioni in cui gustare
specialità locali e non solo cucinate a regola d’arte.
Bere contadino, enoteca Slow Wine: è il
tempio del buon bere, dove sommelier proporranno i
migliori vini al calice, vini biologici e birre artigianali.
Inoltre, ogni giorno, si terranno presentazioni di cantine e dei loro prodotti.
Dulcis in fundo: al termine del programma quotidiano dello Slow Food Village gli chef dei Cuochi dell’Alleanza si cimentano in uno show cooking proponendo
un dolce ispirato dai temi e dai prodotti presentati nel
giorno.
Slow Kids: incontri per bambini e genitori con la proposta di laboratori educativi dedicati all’Orto in Condotta, all’alimentazione, all’ambiente.
Slow Point: punto soci e tesseramento, vendita di
libri e gadget di Slow Food.
Degustibus: nei locali del centro storico viene proposto ogni giorno per l’intera durata della manifestazione un menù Slow Food a prezzo predefinito.
Informazioni:
Slow Food Viterbo, via dei Pellegrini, 28 – Viterbo
tel. 377.4835790
o [email protected]
4 - 6 luglio
Consiglio nazionale di Slow Food Italia
Viterbo
La prima riunione del nuovo Consiglio nazionale di
Slow Food Italia, eletto durante il Congresso di Riva
del Garda nel maggio scorso.
13 - 20 luglio
Campdigrano
Caselle in Pittari (Sa) Un’esperienza di alfabetizzazione e innovazione rurale sotto la guida dei Maestri della Terra, gli anziani
contadini cilentani che trasmetteranno il loro sapere
antico sulla coltura del grano.
www.paliodelgrano.it/campdigrano
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16 luglio
Festival dell’impegno civile – Aperislow
Santa Maria la Fossa (Ce)
Nell’ambito del Festival dell’impegno civile Aperislow
è un aperitivo in compagnia dei produttori sul bene
confiscato della Balzana, in collaborazione con il comitato “Le terre di don Peppe Diana” (www.festivalimpegnocivile.it) 14 settembre
Cantine a Nord Ovest – Andar per Gavi
Gavi (Al)
Progetto di Slow Food Piemonte e Valle d’Aosta che,
dalla primavera all’autunno, riunisce una serie di itinerari liberi tra cantine e aziende agricole nei territori
più vocati alla produzione enologica delle due regioni.
www.slowfoodpiemomte.com
26 - 27 luglio
Rifugi aperti del Mediterraneo
Pizzone (Is)
Un progetto di tutela e valorizzazione dei rifugi e dei
prodotti agropastorali della montagna dell’Appennino,
sostenuto dal Club Alpino Italiano Abruzzo e patrocinato da Slow Food Abruzzo e Molise. La quinta edizione si svolgerà al Rifugio del Falco, nel comune di
Pizzone, in provincia di Isernia, all’interno del Parco
Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
www.caiabruzzo.it - www.slowfoodabruzzo.it
27 – 28 settembre
Festa regionale di Slow Food Calabria
Soverato (Cs)
Il mare, il golfo di Squillace e la baia di Soverato saranno
al centro della festa, che si snoda in appuntamenti di
varia natura. L’evento vedrà la partecipazione di esperti,
giornalisti gastronomi, pescatori e ristoratori con sperimentazioni di forme di pacchetti turistici che hanno il
mare e la pesca come fattori di aggregazione.
7 - 10 agosto
Conferenza nazionale di Slow Food Australia
Noosa, Australia
Tra showcase di piccoli produttori e proiezioni di film,
incontri conviviali e happening, si terrà la Conferenza
nazionale di Slow Food Australia per programmare le
sfide del futuro.
www.slowfoodnoosa.it
11 settembre
Malazè
Corso di sopravvivenza attiva tra carrelli e fornelli
Campi Flegrei (Na)
Nell’ambito di Malazè, evento “archeoenogastronomico” che si tiene dal 6 al 16 settembre, Slow Food Campania presenta un incontro conviviale in cui scegliere
usando la testa e assaggiare con il cuore.
www.malaze.org
13 - 14 settembre
La lingua della gola
Grottammare (Ap)
Numero zero per una nuova manifestazione su cibo e
vino, tra scritture di servizio e scritture narrative, guide
gastronomiche e di viaggio, cinema, tv, web. 3 – 5 ottobre
Festival internazionale del cibo di strada
Cesena L’ottavo Festival internazionale del cibo di strada riempirà il centro storico di Cesena con i suoi sapori e colori. Il festival biennale, organizzato da Confesercenti
Cesenate, Slow Food Cesena e Conservatoire des Cuisines Méditerranéennes, con il patrocinio di Slow Food
Emilia-Romagna e Slow Food Italia, torna con una
ventina di “isole gastronomiche” che proporranno cibi
di strada di tutto il mondo: dal Messico all’India, dalla
Grecia al Giappone, dal Venezuela alla Provenza, dalla
Russia al Marocco, all’Argentina e da numerose regioni italiane.
Incontri e degustazioni arricchiranno il festival assieme a “Talk food”, esposizioni, animazioni,
musica, teatro di strada e officine gastronomiche.
Ci
sarà anche una sezione dedicata allo street coffee. Ormai si parla dovunque del cibo di strada e ci sono
molti tentativi di imitazione, ma questa è stata la prima
iniziativa (nel 2000) a mettere in campo e a dare valore
a questo tipo di gastronomia, in una città che da tempo
ha creduto in questo straordinario incontro di culture.
12 ottobre
Cantine a Nord Ovest – Sulle strade del Dogliani
Dogliani (Cn)
Progetto di Slow Food Piemonte e Valle d’Aosta che,
dalla primavera all’autunno, riunisce una serie di itinerari liberi tra cantine e aziende agricole nei territori
più vocati alla produzione enologica delle due regioni.
www.slowfoodpiemomte.com
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Food
Day:
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Il quarto Slow Food Day, tenutosi il 17 maggio scorso, ha coinvolto
nuovamente quasi tutte le condotte d’Italia, chiamate questa volta
a organizzare appuntamenti locali che sensibilizzassero sul tema
dell’agricoltura familiare, tema scelto dalla Fao per l’Anno internazionale
2014. Come gli anni scorsi, la riflessione si è fatta piacere,
grande convivialità e creatività da parte delle condotte, in un percorso
che idealmente ci traghetta verso il Salone del Gusto e Terra Madre
di ottobre, dove il tema dell’agricoltura familiare tornerà
a essere centrale nella manifestazione
Per la quarta volta le bandiere di Slow Food
hanno invaso le piazze italiane da Nord a
Sud, animando le città con gli eventi organizzati in occasione dello Slow Food Day,
celebrato il 17 maggio.
Tema di quest’edizione l’agricoltura familiare, a cui la Fao ha dedicato il suo Anno
internazionale. Perché è cosi importante
parlarne? Perché l’agricoltura di piccola scala è lo strumento fondamentale per sconfiggere la malnutrizione, tutelare la sicurezza
alimentare e salvaguardare i prodotti locali,
favorendo una dieta bilanciata e sana e mitigando gli effetti del cambiamento climatico.
«Temi, questi, su cui da sempre Slow Food
è in prima linea sia in Italia sia all’estero»
spiega Gaetano Pascale, presidente di Slow
Food Italia. «Pensiamo ai Presìdi, alla rete
dei Mercati della Terra e alle comunità del
cibo, in cui entrare direttamente in contatto
con i produttori e chi davvero vive la terra
ogni giorno. Sono infatti i contadini, i popoli
indigeni, i pescatori e i pastori i veri protagonisti di queste attività».
Sì, perché l’agricoltura familiare coinvolge
500 milioni di famiglie nel mondo e rappresenta l’80% delle attività agricole, con-
tribuendo alla produzione di oltre il 50%
del cibo. «Per riuscire davvero a lottare
concretamente contro la fame nel mondo
è fondamentale però che questi contadini
abbiano libero accesso alla terra, alle risorse naturali e la possibilità di godere degli
strumenti tecnici, finanziari ed economici necessari» aggiunge Pascale. «Servono
quindi politiche ambientali e agricole efficienti già a livello europeo, che ridistribuiscano i fondi in modo equo e contribuiscano a migliorare gli strumenti a disposizione dei piccoli agricoltori».
Come sottolinea la Fao, oltre il 70% per
cento delle persone vittime dell’insicurezza alimentare vive nelle zone rurali
di Africa, Asia, America Latina e Vicino
Oriente. I dati dimostrano che gli agricoltori familiari poveri possono rapidamente
raggiungere il loro potenziale produttivo
se sostenuti da un contesto politico appropriato. Questi agricoltori sono infatti ben
integrati nella rete territoriale e culturale
locale e spendono i propri guadagni soprattutto nei mercati locali e regionali,
generando così posti di lavoro direttamente o indirettamente legati all’agricoltura. m o n d o
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«L’agricoltura familiare è ciò che più si avvicina al paradigma della produzione alimentare sostenibile. Gli agricoltori familiari si occupano generalmente di attività agricole non specializzate e diversificate che
conferiscono loro un ruolo centrale per la
sostenibilità ambientale e la conservazione
della biodiversità» ha affermato José Graziano da Silva, direttore generale della Fao,
in occasione della presentazione dell’Anno
internazionale. Anno che dovrà promuovere discussioni di ampio raggio e una cooperazione a livello nazionale, regionale e
globale per aumentare la consapevolezza e
la comprensione delle sfide affrontate dai
piccoli produttori e per aiutare a identificare modi efficaci per sostenerli.
Ma torniamo ora allo Slow Food Day e alle
molte attività organizzate in tutta Italia.
Simboli della giornata sono state piantine
e sementi regalate in moltissime piazze,
che hanno rappresentato l’inizio dell’orto
che ognuno di noi dovrebbe coltivare sul
balcone o nel giardino di casa. Da Nord a
Sud ecco allora edizioni speciali dei Mercati della Terra e laboratori che hanno coinvolto tutta la famiglia, per imparare a fare
l’orto e scoprire le insolite proprietà delle
piante. E, ancora, conferenze e dibattiti per
approfondire i temi legati alla sostenibilità
e ovviamente moltissimi incontri a sfondo
enogastronomico.
Curioso l’appuntamento a Castellan di Vallebona (Imperia), dove i visitatori hanno
potuto partecipare alla raccolta dei fiori di
arancio amaro del Presidio Slow Food e poi
assistere alla distillazione, il tutto condito
da un gustoso spuntino. A Greti di Greve
in Chianti (Firenze), invece, si è festeggiato
con un picnic circondati da caprette e allietati da musica live e buona birra artigianale.
A Milano sono andati in scena lo “spaccio”
di pasta madre a opera dei panifici Grazioli e Longoni e la distribuzione di semi
del Presidio etiope del caffè selvatico della
foresta di Harenna, che ha destato moltissima curiosità: «Dopo aver assistito al rito
tradizionale della preparazione di questa
storica bevanda, ognuno ha ricevuto i semi
da tostare in padella una volta tornato a
casa» ha raccontato Antiniska Pozzi, giovanissima fiduciaria di Milano. «Abbiamo
inoltre ideato un percorso per ritrovare il
senso dell’agricoltura familiare, con tappe
tematiche che andavano appunto dal pane
all’orto, dalla produzione di formaggio alla
sensibilizzazione contro lo spreco». Nei
due laboratori ideati per loro, i bambini
«hanno imparato a utilizzare le bucce degli ortaggi per creare colori naturali, facendo bellissimi disegni, e a fare il formaggio
primo sale affiancati dai nostri produttori
del Mercato. La merenda era assicurata!».
A Torino la bandiera di Slow Food ha sventolato su tutta la città: «Tra i banchi del neonato Mercato della Terra, oltre a scoprire i tanti
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piccoli produttori che lo colorano con i loro
ortaggi, salumi, formaggi, paste artigianali,
biscotti e liquori, i bambini hanno imparato
a distinguere le qualità della frutta con il laboratorio gratuito “Mangio dunque scelgo”, parte del progetto transfrontaliero Italia-Francia
Fruit’Alp» riferisce Elisabetta Redavid, fiduciaria di Torino. «Per noi lo Slow Food Day
è un’occasione unica per stare in mezzo
alla gente: ecco perché abbiamo distribuito piantine di insalata in una delle piazze
più centrali della città, devolvendo l’intero incasso al progetto dei 10.000 orti in
Africa, seguendo un fil rouge che lega idealmente il piccolo orto sui nostri balconi
con quelli del continente africano» continua Elisabetta. Le attività della giornata si
sono poi concluse con uno spumeggiante
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2050=9 MILIARDI DI PERSONE
COME MANGEREMO?
Eat-in organizzato dai giovani dello Slow
Food Youth Network. «Come sempre, abbiamo chiesto ai partecipanti di portare
un piatto per sé e per un’altra persona,
per assaggiare di tutto un po’, all’insegna
della condivisione e della festa. E vista
la molteplicità di nazioni rappresentate,
abbiamo potuto provare piatti turchi, venezuelani e russi» conclude Elisabetta.
Inconsueto appuntamento ad Acerra (Napoli), dove ci si è incontrati intorno all’antica vasca di macerazione della canapa per
ascoltare la testimonianza di una tipica
famiglia di agricoltori. La cittadina siciliana di Sortino (Siracusa) ha unito inve-
ce questa giornata di festa a uno dei temi
centrali dell’isola. In programma infatti lo
spettacolo teatrale Ossa, che ha raccontato
due storie in una: una favola che ha attinto
al filone dei racconti legati al mondo della
pastorizia, e la vita di Placido Rizzotto, sindacalista ammazzato dalla mafia.
E poi ancora incontri, proiezioni, visite in
azienda, conferenze e originali cene a base di
fiori, erbe e prodotti del territorio. Insomma,
una giornata di festa in cui scoprire i segreti
del miele, vedere come il latte si trasforma
in formaggio e come fa la farina a diventare
pane. Ne abbiamo viste davvero di tutti i colori in questo giro dell’Italia Slow Food.
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L’agricoltura familiare rappresenta l’80% delle attività agricole
L’agricoltura familiare che cos’è?
Un’azienda agricola a conduzione familiare, di piccole dimensioni. Ce ne sono vicino a casa tua come
dall’altro capo del mondo. Hai mai sentito parlare di Presìdi Slow Food e di comunità del cibo?
Anch’essi sono spesso legati a modelli di agricoltura familiare.
E dove la trovo?
In campagna, direttamente in fattoria; in città, presso i mercati contadini e i Mercati della Terra,
partecipando a gruppi di acquisto, negli orti, nelle botteghe di quartiere.
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FAMILIARE PUÒ NUTRIRE IL PIANETA IN MODO
SOSTENIBILE: BUONO, PULITO E GIUSTO
E TU, DA CHE PARTE STAI?
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Il Food Film Festival di Amsterdam, alla sua quarta edizione,
è ormai diventato uno dei principali momenti di aggregazione
e riorganizzazione per lo Slow Food Youth Network (Sfyn),
la branca giovane e più “austeramente anarchica” della nostra rete.
Il cinema sul cibo diventa occasione per trovarsi e fare il punto a livello
internazionale. Per pensare in grande, come solo i giovani e i sognatori
sanno fare. Sono i semi del (nostro) futuro
i è svolta ad Amsterdam, dal 9 all’11
maggio, la quarta edizione del Food
Film Festival, organizzata dallo Youth
Food Movement, la “colonna” olandese dello
Slow Food Youth Network.
Di per sé la notizia potrebbe sembrare di
scarso interesse e di poca rilevanza: ormai,
di festival cinematografici a tema eco-gastronomico ce ne sono in tutto il mondo. Noi di
Slow Food abbiamo lavorato a Slow Food on
Film in passato, il festival che, nel 2002, è
stato il primo, con tutta probabilità, a essere interamente dedicato a queste tematiche,
segnando la rotta per tutte le rassegne che
sono venute dopo, a partire dalla sezione
Kulinarische Kino del Festival del Cinema di
Berlino, organizzata proprio in partnership
con Slow Food on Film. Il festival olandese
dunque non può che far piacere e, perché
no, renderci anche un po’ orgogliosi.
La notizia vera è che lo Youth Food Movement,
quest’anno, ha fatto le cose davvero in grande.
Perché non solo ha portato il festival in un
luogo più ampio e bello – il complesso della
Gas Fabriek, sita nel Wester Park di Amsterdam con costruzioni riattate e utilizzate per
mostre, happening, concerti e manifestazioni culturali –, ma ha anche organizzato una
serie di eventi paralleli degni di nota. Intanto, la presenza di cibo di strada di buon livel-
m o n d o
106
lo (zuppe, birre locali, panini di ogni genere),
un mercato di produttori vicini a Slow Food
(tra cui alcuni Presìdi olandesi), workshops,
lezioni di cucina, laboratori e, soprattutto, un
meeting per rafforzare la rete dei giovani dello Slow Food Youth Network.
Sotto l’egida del Grundtvig, un programma
della Comunità Europea dedicato alla promozione e al finanziamento di attività di formazione degli adulti agevolando scambi culturali
e visite, di cui fanno parte Slow Food, lo Slow
Food Youth Network e l’Università di Scienze
Gastronomiche di Pollenzo, si è tenuto, nella
giornata di sabato 10, un appuntamento che
ha visto tra i partecipanti ragazzi olandesi,
italiani, greci, turchi, polacchi e britannici. È
stata l’occasione per incontrare Joris Lohman,
direttore dello Youth Food Movement olandese, membro del Consiglio internazionale di
Slow Food e chairman del Food Film Festival.
Joris ha 28 anni e sa perfettamente quello
che vuole: «Noi vogliamo cambiare il sistema di produzione industriale del cibo, semplicemente perché questo non ci piace».
Sembrano parole di circostanza, dette in un
meeting, davanti ad altri ragazzi che come lui
stanno coltivando un sogno, ma parlandogli
a quattr’occhi ti rendi conto che il suo non è
stato un discorso “propagandistico”: no, lui
crede veramente in quello che dice. Ed è uno
di quelli che non teorizzano soltanto.
«Siamo partiti con lo Youth Food Movement
nel 2008 e da allora sono cambiate tante cose.
La rete dei giovani è cresciuta così tanto che
ormai il nostro lavoro, praticamente, consiste
nel rispondere a mail e telefonate: di gente
che già fa parte del network e con cui ci coordiniamo affinché le varie iniziative riescano
nel miglior modo possibile, e di gente che vuol
entrare a far parte del network stesso. Ti faccio
un esempio di come siamo cresciuti, qui in
Olanda. Cinque anni fa abbiamo fatto partire
quella che noi chiamiamo Academy: una sorta
di scuola, anche se non è il termine esatto, in
cui abbiamo fatto convogliare i nostri interessi
per il cibo buono, pulito e giusto, organizzando incontri settimanali, visite ai produttori, lezioni di cucina, workshop. Oggi abbiamo 125
alunni. E sai perché il ministro dell’Agricoltura
è venuto a inaugurare il nostro festival? Perché
il suo assistente è uno dei 125 iscritti».
Come si diceva, Joris ha le idee molto chiare:
«Vogliamo che lo Slow Food Youth Network
abbia sempre più peso all’interno di Slow
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Food: perché siamo giovani e abbiamo voglia di cambiare questo sistema produttivo.
Vorremmo pensare a un’edizione di Terra
Madre dedicata ai produttori under 30, per
esempio. Vogliamo dare un segnale politico
forte, vogliamo far capire che ci siamo anche
noi. Ci piacerebbe anche provare a esportare
il modello della nostra Academy in altri Paesi del mondo, là dove lo Youth Food Movement è più forte. O dove ce n’è più bisogno:
in Africa, ad esempio».
E per parlare di Africa è stato invitato Edie
Mukiibi, agronomo, vicepresidente internazionale di Slow Food e coordinatore del progetto 10.000 orti in Africa.
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«La rete dei giovani si sta espandendo molto, anche in Africa, e questa è una cosa che
mi fa molto piacere. Come potete immaginare, è più difficile rispetto all’Europa, vista
la scarsa penetrazione di internet, ma anche
da noi i giovani navigano e si tengono in contatto tra loro. Magari usano di più gli sms, in
linea di massima, ma è un processo in forte
sviluppo e credo che la rete sia destinata a
crescere sempre più. Un grande impulso è
arrivato dal progetto dei 10.000 orti in Africa che coordino. Per un motivo semplice: gli
orti sono africani, fatti da africani, con prodotti africani che finiscono sulle tavole degli
africani. E un sacco di giovani hanno capito
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il valore politico di questa iniziativa e hanno
avviato il loro orto. È stato un grande collettore e siamo molto soddisfatti di come sta
procedendo questo progetto. Sto viaggiando
molto in Africa e vedo che si stanno consolidando gruppi di giovani attivisti in Uganda,
che è il mio Paese, Kenya, Nigeria, Tanzania
e Sud Africa. I due problemi maggiori che
dobbiamo fronteggiare sono la moltitudine
di lingue e dialetti che si parlano in Africa
e che rendono la comunicazione un po’ più
complessa (pensate che in Uganda si parlano 62 dialetti differenti e che l’inglese, che
non tutti conoscono, è l’unica lingua che ci
accomuna) e l’instabilità politica che è una
caratteristica di questo continente, purtroppo. Inoltre, abbiamo capito che l’Africa ha
così tante differenze, al suo interno, che
non è possibile pensare a un progetto che
vada bene ovunque. Ci dobbiamo adattare
ai diversi climi, suoli, culture e religioni. E
questo è importante per la riuscita delle nostre iniziative: credo sia una bella sfida, se
riusciamo a capire le differenti condizioni e
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agire al meglio. La rete cresce e sempre più
giovani hanno voglia di dare una mano per
rendere il mondo un posto migliore».
Gli interventi che concludono il meeting
sono di Aysenur Arslanoglu, una ragazza
turca che è membro attivo della condotta
Slow Food di Istanbul, ha fondato una sezione di Sfyn e sta portando avanti un progetto legato a un orto urbano, e Ben Reade,
già studente dell’Università di Scienze Gastronomiche e da due anni responsabile del
Nordic Food Lab del Noma, a Copenhagen.
«Negli ultimi due anni ho viaggiato tantissimo per raccogliere ricette e ingredienti da
riportare in Danimarca. E mi sono accorto
sul terreno di cosa vuol dire, concretamente,
far parte di un network: trovare gente che la
pensa come te, che ha la tua stessa filosofia,
che condivide i tuoi ideali e che è pronta a
farsi in quattro per aiutarti. Non credo che
senza questo apporto locale sarei stato in
grado di fare altrettanto bene il mio lavoro.
La verità è che la rete esiste già: va soltanto
sfruttata e implementata».
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che si fa in Università, un seminario di Antropologia del cibo, degustazioni alla Banca
del Vino, ospiti importanti (come don Ciotti
e Philippe Daverio) a dialogare con Carlo Petrini, presentazioni di libri come la riedizione della Fisiologia del gusto di Jean-Anthelme
Brillat-Savarin a cura di Slow Food Editore
e con la presenza dell’autrice di una nuova prefazione, Simonetta Agnello Hornby.
C’è stata anche l’inaugurazione della Scuola di cucina di Pollenzo, che raccontiamo
compagni di avventura, persone che hanno
condotto un pezzo di strada con Petrini o ne
hanno incrociato i passi. Un regalo che si
intitola La coscienza del cibo e che abbiamo
consegnato a Petrini durante l’Eat-in del sabato sera, e assieme ad alcuni degli autori
dell’opera, come Roberto Vecchioni, Massimo Montanari, Oscar Farinetti, Gustavo Zagrebelsky…
Un regalo che potete anche farvi voi, visto
che il libro è in vendita.
più avanti. Momento focale il conferimento della laurea honoris causa a Michel Bras,
pluristellato chef francese, che da Laguiole,
un piccolo paese dell’Aubrac nella Francia
meridionale, ha conquistato il mondo con
il suo stile culinario e la sua attenzione alle
materie prime locali. Insomma, tanta carne
al fuoco e festa ogni sera, con la comunità
che si è formata attorno all’ateneo sempre
protagonista, attiva e affettiva.
Tra tutti gli eventi ce n’è uno che possiamo
tranquillamente raccontarvi prima che accada e che però quando avrete tra le mani questa rivista sarà già accaduto. È una sorpresa
che l’Università di Scienze Gastronomiche e
Slow Food (attraverso i tipi dell’Editore) hanno voluto fare a Carlo Petrini in occasione
del suo sessantacinquesimo compleanno,
che è caduto pochi giorni dopo le celebrazioni per il decennale, il 22 giugno. Un liber
amicorum, come si fa con i grandi pensatori e intellettuali, scritto da ventisei amici,
La coscienza del cibo raccoglie gli scritti di
alcuni che rappresentano soltanto un campione dell’umanità che avrebbe potuto scrivere per Petrini. Dall’artista all’accademico,
dal giornalista al religioso, il mondo di Carlin ha incrociato un’infinità di altri mondi,
e il suo pensiero ne ha tanto guadagnato
quanto ha lasciato in dote ovunque sia stato condiviso. Il libro è un modesto tributo
– non il primo, sicuramente non l’ultimo
– al pensiero di un intellettuale unico e originale, una persona che ha realizzato cose
che sembravano impossibili. Vogliamo
anticiparvi un piccolo estratto dello scritto
più originale, a firma di colei che tra i suoi
amici è sicuramente il personaggio più inconsueto. È la Chiocciola di Slow Food che
parla e scrive, a nome di tutti quelli che non
hanno potuto contribuire ma che al Presidente vogliono bene o ne rispettano profondamente il pensiero. Trovate la lettera
nelle due pagine seguenti…
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Mentre si chiude questo numero di Slow, la
rivista di Slow Food, nel prato di fronte all’ingresso dell’Università di Scienze Gastronomiche è stata installata una grande giostra
sfarzosa, con i suoi cavalli e le sue carrozze
decorate. È il segno che inizieranno le celebrazioni del decennale dell’Università: otto
giorni ricchi di eventi e incontri, per festeggiare quest’avventura intellettuale lanciata
nel 2004 da Carlo Petrini e un piccolo gruppo di docenti, che sta continuando a cambiare e innovare il concetto stesso di gastronomia. Intanto, Pollenzo e Bra sono diventate
una comunità di studenti, professori, ricercatori e staff che si uniscono agli abitanti,
per formare un interessante gruppo sociale,
che studia, pensa e agisce secondo i dettami
del “buono, pulito e giusto”.
Proprio al senso di comunità, e all’idea di
nuova gastronomia, è dedicato il program-
Ma c c a g n o
ma dei festeggiamenti, di cui daremo conto meglio sul prossimo numero, visto che i
tempi redazionali ci impediscono una cronaca completa. Ma possiamo anticipare che
si è iniziato, dopo l’apertura formale delle
celebrazioni nella notte del venerdì sera, con
un Eat-in (tradotto in piemontese purté-sina,
“portarsi cena”), la formula festosa e informale che i giovani di Slow Food in tutto il
mondo – studenti di Pollenzo compresi –
adottano per i loro momenti conviviali, di
condivisione del cibo e di sensibilizzazione
sulle tematiche alimentari più scottanti.
La settimana poi si è snodata con un mercato contadino la domenica, attività per
bambini, spettacoli, musica e proiezioni
che hanno cadenzato ogni giorno; assieme
a conferenze sul Manifesto di Pollenzo (un
nuovo concetto di qualità alimentare quasi
completamente misurabile), sulla ricerca
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sono la Chiocciola, e sono la coscienza di Slow Food. Ma non perché mi sono
autoproclamata, lo sono diventata per forza di cose. Sì, sono quel simbolo stilizzato che
hai scelto assieme agli altri primi fondatori circa venticinque anni fa. Un logo, un’idea.
Mi avete incaricata di portare in giro per il mondo l’immagine della vostra associazione,
di stare sulle bandiere, sui documenti, sui baveri delle giacche, sui gadget… Poi sono
finita in internet, ovunque, sui cartelli all’entrata di un orto in Africa, nelle favelas del
Sud America, sui muri dei villaggi delle comunità del cibo in Chiapas e spesso mi hanno
anche messa in bella vista fuori da alcuni ristoranti – mi ricordo in Giappone e Svizzera,
ma anche in Italia – nonostante non si potesse: era ed è vietato usarmi per scopi
commerciali. Io sono Slow Food, il profitto non è il mio fine.
Tu e tutti i tuoi compagni di viaggio mi avete tutelata, promossa, fatta conoscere, fatta
crescere, e non avete mai dimenticato la lezione che la mia natura vi comunica: la
coscienza del limite. Io la mia casa la costruisco e la adatto alla mia stazza, non vado
mai oltre. Quando ho finito la spirale, della grandezza giusta, torno indietro, consolido.
In Elogio della lentezza, che tu firmasti sul primo numero di Slow, messaggero di gusto
e cultura – la rivista internazionale dell’associazione nata nel 1996 – citavi Francesco
Angelita, aquilano, che in uno scritto del 1607 parla di lumache. Ne elenca le specie, ne
traccia la storia, segnala gli ornamenti che si ricavano dai gusci. Ma, su tutto, l’interesse
è per la lezione che vi posso impartire, se rallentate, se mi ascoltate. Angelita dice che
sono un modello di comportamento, i cui due punti principali
sono questi: primo, la Chiocciola è «di moto tardo, per
ammaestrarci che l’esser veloci fa gli uomini inconsiderati e
balordi»; secondo, siccome porta su di sé la sua casa, «in ogni
luogo dove è la Chiocciola è anche la sua patria». Lentezza e
adattamento, e tu scrivevi:
«Per lentezza, Angelita intendeva sia la prudenza sia la
gravità, il senno del filosofo e il ritegno della persona
autorevole, di governo. Volendone amplificare il messaggio,
diremo che la lumaca è insensibile alla fretta e prende
tempo, traccia imperturbabile il proprio cammino, ed è di
casa ovunque. Cosmopolita e riflessiva, preferisce la natura
alla civiltà, e porta la civiltà su di sé, in una conchiglia».
Grazie Carlo, sono parole lusinghiere ma, a parte il
fatto che tu non hai una conchiglia sulla schiena, ti
faccio notare che il soggetto disegnato in quelle righe
in realtà sei tu. Non lo sai, ma, descrivendomi, hai
descritto te stesso. E non sei cambiato per niente nei
quasi vent’anni che sono passati dal 1996. […] Credo
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lasciarvi vicendevolmente qualcosa, o quelli che hai ispirato tu,
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tramite me, più o meno dichiaratamente. Ma ci sono anche i tuoi
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amici di sempre, chi c’è e chi non c’è più. Il sentimento dell’amicizia
è il tuo motore. Tu adesso lo chiami “intelligenza affettiva”, ma
restano la propulsione, lo slancio che ci ha sempre fatto affrontare
qualsiasi avventura con felicità, con un approccio serio ma non serioso,
giocoso ma non ridanciano, con coraggio, perché è nella convivialità che
non ci si perde, è nella convivialità che si vincono le sfide.
Tu ce lo hai insegnato con la pratica: quello che hai fatto è importante tanto quanto le tue
idee, e quello che hai realizzato non si separa dalle idee, né dalle persone che ti hanno
accompagnato. Intelligenza affettiva è anche questo: una rete di idee, imprese, persone. […]
Carlin, ne ho migliaia di cartoline della memoria da tirare fuori dal cassetto, e non
basterebbe un libro, non basterebbe una biblioteca. Non volevo parlare di ricordi ma sei
tu che mi insegni che la memoria è importante e serve per andare avanti. Non saremmo
niente senza memoria. Le storie, quelle storie che rievocano i tuoi viaggi, non sono
solo fotografie del passato. Sono il testimone del futuro, perché sono progetti realizzati,
avventure che ti hanno fatto evolvere, e con te siamo evoluti tutti. […]
Mi sa che è ora di chiudere questa lettera che ti dovevo, come minimo, e di lasciare spazio
a quelli che hanno scritto questo libro per te. Diciamo che è solo un campione dell’umanità
che avrebbe avuto piacere di scrivere in onore tuo e della tua opera: metterli tutti sarebbe
stato titanico. Una di quelle imprese che forse solo tu saresti riuscito a realizzare. Ma
facciamo così: con questa mia vorrei unirli io tutti insieme, idealmente. Sono anche la loro
voce, sono le vite di tutte le persone che ti regalano un pezzo delle loro storie e tu di rimando
dai loro un po’ della tua, o un po’ della mia, se vuoi. Si cresce insieme, si crea insieme. E
non c’è altro da aggiungere: sei tu che hai costruito passo dopo passo tutto questo, che hai
direttamente o indirettamente dato il via a ogni mossa, a ogni impresa, sei colui che ha
tessuto la rete con un filo sottile ma indistruttibile. Io, la Chiocciola, sono il tuo capolavoro.
Sono la coscienza di Slow Food e, visto che cos’è diventato Slow Food oggi, posso
anche dire, senza temere di peccare in superbia, di essere una bella parte della
“coscienza del cibo” che appartiene al mondo.
Cento di questi giorni, amico mio.
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Nel bel mezzo dell’era della spettacolarizzazione televisiva del ruolo
dello chef nasce la Scuola di cucina di Pollenzo, ideata dall’Università
di Scienze Gastronomiche in collaborazione con Slow Food. Un
progetto che si distingue per un approccio originale e innovativo, che
mette al centro il prodotto in tutte le sue sfaccettature
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Finalmente una scuola di cucina che arriva
alle tecniche partendo dalla materia prima.
Solo conoscendo l’ingrediente in tutti i suoi
aspetti, non solo gustativi e biologici, ma
anche storici, sociali e ambientali, è possibile trasformarlo nel migliore
dei modi, valorizzandolo
davvero. L’Università di
Scienze Gastronomiche è nata con l’obiettivo di formare i
nuovi gastronomi,
figure professionali che, conoscendo
il processo produttivo del cibo e tutte
le sue implicazioni
culturali, territoriali
ed economiche, sono
capaci di operare nella
produzione, promozione
e comunicazione dell’agroalimentare di qualità. Lo stesso
approccio interdisciplinare contraddistingue questa nuova avventura pollentina che
aggiunge un importante tassello alla sua offerta: formare i nuovi cuochi. «La complessità dei valori che entrano in gioco in una
cucina è grande, e richiede di essere affrontata con un approccio olistico, in modo che
la buona cucina sia sempre più l’espressione consapevole dei territori e delle persone
che li abitano» afferma Carlo Petrini. E continua: «Vogliamo che i cuochi incontrino e
discutano con chi la materia prima la produce, che imparino a trattare con rispetto i
prodotti, i contadini e il territorio».
Niente cucina fusion, né ricette d’avanguardia. Protagonista di questa Scuola sarà
l’immenso patrimonio di ricette tradizionali
115
delle nostre regioni, trasmesso attraverso
le mani e le parole di ristoratori, osti e chef
stellati, produttori, artigiani e contadini.
La Scuola, che occupa la sede della Corte
Albertina di Pollenzo, adiacente alle altre
strutture dell’Università di Scienze Gastronomiche, aprirà a
settembre il primo Master in Cucina popolare
italiana di qualità (in
italiano), e a gennaio quello in lingua
inglese con il titolo Master in the
Slow Art of Italian
Cuisine. Seguendo
il modello didattico interdisciplinare
ed esperienziale che
da sempre caratterizza
l’Università di Scienze
Gastronomiche, i due Master
annuali vedono l’alternanza di lezioni teorico-pratiche in sede a Pollenzo e
periodi di tirocinio formativo. Tre mesi in un
locale segnalato nella guida Osterie d’Italia
di Slow Food Editore e tre mesi in un ristorante, stellato o meno, comunque vicino alla
filosofia di Slow Food: confrontandosi con
diverse realtà ristorative, gli allievi avranno
l’occasione di acquisire un quadro completo
dei diversi approcci alla cucina di tradizione.
Un’unica parola d’ordine: condivisione piuttosto che competizione. Gli studenti non lavoreranno in banchi singoli ma disposti su
tre tavoli da sette postazioni ciascuno, che
faciliteranno lo scambio di esperienze, il
coinvolgimento e l’interazione tra loro ma
anche il contatto con lo chef-docente. A disposizione dei nuovi talenti, il meglio della
m o n d o
116
tecnologia presente oggi sul mercato, disegnata da Electrolux e Valcucine, con attrezzature Kenwood-De Longhi, su cui imparare, sperimentare e conoscere, nel massimo
rispetto per l’uomo e l’ambiente.
Le discipline del Master sono di natura
sia umanistica sia scientifica, e
prevedono una consistente interazione tra teoria
e pratica. La maggior
parte delle lezioni
verrà dedicata ai
prodotti
(cereali,
grassi, uova, latte e
derivati, carne, pesce, verdure, spezie), ciascuno dei
quali sarà analizzato e studiato toccando differenti materie:
storia, chimica, produzioni agroalimentari, tecnologie, nutrizione, analisi
sensoriale. Faranno parte del percorso formativo anche discipline di base
come storia e cultura del cibo, management
aziendale, comunicazione, diritto.
Se per le lezioni teoriche la Scuola si avvale
del prezioso contributo dei docenti dell’Università di Scienze Gastronomiche, le lezioni
pratiche saranno tenute dagli chef che lavorano alle Tavole Accademiche (esempio virtuoso di mensa universitaria “buona, pulita
e giusta” avviato nel 2013, vedi Slow II/13) assieme ai cuochi delle osterie e dei ristoranti
che da anni collaborano con Slow Food e che
daranno una loro personale interpretazione
dei diversi prodotti.
Il tutto nella cornice fortemente internazionale dell’Università di Scienze Gastronomiche: gli studenti della Scuola di cucina
potranno formarsi in un ambiente unico,
a stretto contatto con studenti dei corsi di
laurea, dei Master e dell’Alto Apprendistato
che provengono da tutto il mondo. Potranno
partecipare a incontri, conferenze ed eventi
aperti agli altri studenti ed entrare in contatto con gli chef internazionali
che ogni anno sono coinvolti
nella Tavole Accademiche.
A completare il quadro,
tre viaggi didattici sul
territorio
italiano
che permetteranno agli studenti di
completare gli insegnamenti teorici
e le lezioni pratiche
in cucina con un’esperienza diretta del
mondo della produzione alimentare.
Per l’ideazione della
Scuola, importante è stato il
contributo di Vittorio Fusari, Pier
Giorgio Parini e Galdino Zara. Abbiamo
chiesto loro quale sia il valore aggiunto di
questa Scuola di cucina. Ecco le loro risposte.
Galdino Zara (fondatore Cooperativa La Ragnatela):
«La Scuola vuole fondare un nuovo concetto
di gastronomia, che sia nel segno dei tempi.
Formerà cuochi e gastronomi che abbiano
cura dei prodotti dei propri territori e che
sappiano utilizzare le nuove tecnologie pur
mantenendo un occhio riverente per i vecchi ricettari».
Vittorio Fusari (Dispensa Pani e Vini):
«Sposando la filosofia di Slow Food, la
Scuola vuole puntare sulla piacevolezza e la
convivialità, dando alla gente la spinta alla
s l o w
felicità. Non vogliamo mirare a percorsi che
vengono da altre culture ma intendiamo offrire l’Italia a chi cerca l’Italia e non qualcosa
di diverso. Si potranno apprendere la gastronomia del nostro Paese, la nostra storia e la
nostra cultura, che tutto il mondo ci invidia, portata ai massimi livelli».
Pier Giorgio Parini (Ristorante Povero Diavolo):
«Questa non è una
Scuola di cucina intesa in senso solo
pratico. Non si insegnano solo le
basi tecniche ma
essa ha il valore
aggiunto di essere
inserita nel contesto dell’Università
di Scienze Gastronomiche, che garantisce una formazione più
completa. Fondamentali saranno le esperienze tanto nelle
osterie tradizionali quanto nei ristoranti, dove gli studenti potranno toccare con
mano le diverse declinazioni della gastronomia italiana».
A chi si rivolgono i due Master in Cucina
Slow? A diplomati e laureati con una certa
esperienza in campo culinario e, in numero
limitato, ad appassionati disposti a seguire
uno stage propedeutico presso la Scuola.
Come afferma Gabriella Morini, docente di
Scienze molecolari e referente scientifico
della Scuola: «Sarà un anno vissuto studiando, cucinando, dialogando, viaggiando, gustando. Parleremo di molecole gastronomiche e non di gastronomia molecolare, della
scienza in cucina che nulla toglie al piacere
del cibo semplice e riconoscibile».
117
QUELLA
DELl’unisg…
è l’unica Scuola di cucina creata da un’Università, quindi i suoi sono gli unici corsi
di cucina che rilasciano un diploma di Master di primo livello.
I corsi amatoriali
La Scuola di cucina di Pollenzo aprirà le
porte a luglio, prima dell’inizio dei Master
annuali in Cucina Slow, per accogliere appassionati di cucina di tutte le età. Pesce,
conserve, panificazione, tecniche di cucina:
scoprite il corso che fa per voi su www.lascuoladicucinadipollenzo.it
Sono aperte le iscrizioni!
Master in Cucina popolare
italiana di qualità:
inizio del corso 17 settembre 2014
iscrizioni aperte fino al 9 luglio 2014
Master in The Slow Art of Italian Cuisine
inizio del corso 8 gennaio 2015
iscrizioni aperte fino al 24 settembre 2014
I corsi sono aperti a un massimo di 20 studenti.
Un ’ idea
di
sepÚlveda
amentale:
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to naturale
tri.
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m o n d o
118
f elicit à
luis sepÚlveda carlo petrini
un’idea di felicità
úlveda
petrini
un’idea di felicità
piacere
a.
egoria
ldi
altri.
piacere
ità.»
Petrini
S lo w Food
I talia
@slow_food_italy
Buongiorno! Per la nostra
Chiara Chiodin #ideadifelicità
è continuare a desiderare ciò
che già si possiede, e per voi?
@GuandaEditore
S lo w Food
I talia
@slow_food_italy
L’ #ideadifelicità per la nostra
Michèle Mesmain è sapere che
tutti noi siamo unici e celebrarlo con umorismo attorno a un
buon pasto @GuandaEditore
S lo w Food
I talia
@slow_food_italy
L’#ideadifelicità per la nostra
Bianca Minerdo? Smettere
di correre e trovare un po’ di
tempo per gli amici, una passeggiata, un libro…
Qualche tempo fa Luis Sepúlveda e Carlo Petrini si sono incontrati
a Pollenzo per una lunga chiacchierata che ha preso il via (e
non poteva essere altrimenti) da una riflessione sulla lentezza
rappresentata dalla lumaca, animale simbolo di Slow Food e
protagonista di un famoso romanzo di Sepúlveda (Storia di una
lumaca che scoprì l’importanza della lentezza, Guanda 2013). Un
pretesto che ha generato una lunga conversazione sul futuro
che vorremmo, sul presente che non ci piace e sulle realtà che
invece resistono e vorremmo come esempio. Ne è nato un libro
a quattro mani, Un’idea di felicità (Guanda-Slow Food Editore,
2014), un saggio che mette insieme l’esperienza amara dell’esilio
di Sepúlveda e il percorso che Terra Madre sta facendo in tutto il
mondo, per raccontarci dove trovare ancora spazio per la calma,
la riflessione, la condivisione e suggerirci, senza presunzione,
come poter fare la nostra piccola parte per vivere un presente più
generoso e assicurare un futuro a chi verrà dopo di noi
Pubblichiamo un piccolo estratto dell’idea di felicità di Carlo
Petrini, che molto ha a che fare con il motivo portante di questo
numero di Slow, la rete, assieme al risultato di ciò che abbiamo
chiesto, tramite la rete informatica, ai colleghi della sede di Bra
e ai nostri follower su twitter: raccontarci quale fosse la loro
#ideadifelicità con un tweet.
«Per molta parte della mia vita ho fatto una gran fatica, non
senza un poco di imbarazzo, a trovare una risposta sensata da
dare a chi mi chiedeva che cos’è la felicità. Del resto non è mai
una risposta facile, per nessuno, anche se parliamo di ciò che
tutti cerchiamo, ciò per cui in fondo viviamo: se non proprio la
felicità, perlomeno e più probabilmente alcuni momenti felici.
A ben vedere, infatti, uno stato di pieno appagamento, di piena
realizzazione o di benessere completo è veramente difficile da
raggiungere. In più, se per caso si ha la fortuna di arrivarci,
si tratta di uno stato che poi è quasi impossibile mantenere,
tantomeno perpetuare all’infinito. Paradossalmente, lo strenuo
sforzo di farlo ci renderebbe quasi certamente infelici. Ecco
perché, in fin dei conti, è forse più appropriato definire la felicità distillata nella sua essenza come un momento, un lampo di
maggiore o minore intensità, che arriva e poi, purtroppo, passa.
Ma allora? Possiamo dire di aver vissuto felicemente se, quando guardiamo indietro, siamo riusciti a collezionare una serie
sufficiente o cospicua di questi momenti di felicità distillata?
Forse è così, forse dobbiamo ricorrere a una sommatoria, ma
s l o w
119
S lo w Food
I talia
Marco
B oschini
alessandra
addari
@slow_food_italy
L’ #ideadifelicità per la nostra Fabiana Graglia è vivere
semplicemente
@GuandaEditore
@MarcoBoschini
la mia #ideadifelicità è un’Italia in cui la politica possa
essere al servizio di comunità
locali sobrie e sostenibili. @
GuandaEditore
@alessandraaddar
@slow_food_italy @GuandaEditore la felicità è scoprire che siamo già perfetti
così
S lo w Food
I talia
@slow_food_italy
Buongiorno! Che #ideadifelicità avete oggi? Ecco quella
del nostro Angelo Surrusca:
«Felicità è un bisogno in
meno e un desiderio in più»
C arlo A lberto
B r u nori
@cabbac
#ideadifelicita pane, salame
e un bicchiere di vino rosso
@slow_food_italy
@GuandaEditore
C arlotta
I nvrea
@CInvrea
@slow_food_italy Felicità è
sentirsi nel posto giusto al
momento giusto! #ideadifelicità
G u anda
solo se si ragiona in maniera individuale, personale, mi vien da
dire egoistica. Perché con il tempo e con l’esperienza del mio
strano mestiere, il gastronomo, alla fine qualcosa ho capito,
sulla felicità: è come una rete, tessuta da una serie di relazioni,
stabilite con gli altri e con ciò che ci circonda; con le persone,
con la natura e con le cose […].
Se poi penso a che cos’è per me la gastronomia, finisco con
il concludere che è una serie di relazioni, proprio come la
felicità. Anche il cibo è una rete. Dietro a un alimento, a un
piatto, ci sono le storie di tutte le persone che hanno concorso a portarlo fino alla mia bocca, persone che magari si
sono incontrate, si sono conosciute, hanno avuto scambi
commerciali e culturali, hanno messo a disposizione il loro
sapere, la loro arte o il loro tempo. Ci sono i rapporti tra gli
uomini e l’ambiente, ci sono la natura e i modi di sfruttarla, più o meno giudiziosamente. Insomma, una rete fitta e
complessa, tanto che il pensiero di percorrerla fa quasi venire le vertigini, ma che in realtà è la migliore immagine
possibile della scienza gastronomica perché mostra come
essa non possa essere considerata se non in maniera interdisciplinare, aperta a ogni influenza e connessione.
La pratica di una buona scienza gastronomica – attraverso il cibo,
per conto del cibo – che cos’è se non la ricerca di un pieno appagamento, di relazioni tra le persone proficue e vicendevolmente
gratificanti? […] Allora sì: la felicità per me ha a che fare con la
scienza gastronomica, che ne è la sua disciplina. Ha a che fare con
la conoscenza del cibo e con un buon rapporto con esso, nel suo
senso più pieno e completo, a volte insondabile come lo è la natura intrinseca delle relazioni. Proprio come è insondabile quella felicità che un tempo non sapevo definire, ma che oggi ho capito si
può esplorare, per cercare quel po’ di piacere che ci è concesso».
@GuandaEditore
La nostra #ideadifelicità è
leggere #Sepulveda #Petrini
e scoprire che un altro mondo è possibile.
A lessandra
m u r g ia
@alemurgia61
@GuandaEditore @slow_
food_italy Raccogliere i frutti della terra che ho lavorato
T ina
sa p orita
@tinasaporita
@slow_food_italy riconoscere la propria umanità, lavorare sui limiti e potenziare le
proprie capacità
E sivla
@Esivla ·
Essere realizzato nel lavoro e
fare del bene agli altri #ideadifelicità
p ernice
|
@perniceonnivora ·
@GuandaEditore @slow_
food_italy #ideadifelicità
Disporre di tutto il #proprioTempo
In collaborazione con
difendi il cibo vero.
coi denti.
Torino Lingotto Fiere 23-27 ottobre 2014
diventa socio slow food.
Tutti a bordo!
Arriva l’Arca del Gusto
Slow Food promuove il diritto al piacere, difende la centralità del cibo e il suo giusto
valore. Ne fa conoscere l’infinita diversità: una ricchezza che appartiene a tutti.
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dalla tavola e dalla gioia della convivialità.
Associandoti, sostieni i produttori virtuosi con mercati, eventi, Presìdi, guide, libri e
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Questo è il mondo Slow Food, fallo diventare anche tuo. Bastano 25 €.
Mangiare buono, pulito e giusto è un diritto che ci appartiene.
Programma
Un evento di
slowfood.it
Official Partners
www.slowfood.it
Sostiene Fondazione Terra Madre e Slow Food
Con il sostegno di
Con il contributo di
s a l o n e
122
C i b i
d a
m a n g i a r e ,
c i b i
d a
s a lva r e
L’anno in corso è stato dichiarato dalle
Nazioni Unite “Anno Internazionale
dell’agricoltura familiare” e non è una
mera questione celebrativa. L’agricoltura
familiare ha dovuto fare un bel po’
di anticamera culturale e, ora che
un’istituzione sovranazionale la celebra,
non dobbiamo pensare nemmeno per
un attimo che sia una questione di poca
importanza. Per questo sarà, assieme
all’Arca del Gusto, uno dei due temi
portanti dell’edizione 2014 del Salone
del Gusto e Terra Madre
Qualche decennio fa, con l’avvento della Rivoluzione verde, che portò con sé un
modello agricolo monocolturale e un’agronomia basata sulla chimica di sintesi e sul
lavoro meccanizzato, si iniziò a pensare
all’agricoltura familiare come a qualcosa
di inadeguato alle esigenze demografiche
della contemporaneità, che vedeva una
popolazione in costante aumento a fronte
di una superficie coltivabile che non poteva estendersi a danno delle aree urbane e
industriali che intanto si propagavano. Ci
sono voluti decenni di resistenza economica, politica, educativa, ambientale, intellettuale e produttiva, a tutti i livelli, per arrivare alla proclamazione di oggi.
d e l
g u s t o
e
t e r r a
con ritmi forzati. Quando parliamo degli
animali allevati negli allevamenti intensivi,
diciamo di come sono costretti in condizioni
inaccettabili, che negano loro libertà, salute
e spazio. Provate a pensare alla terra, e alla
Terra, come un grande, delicato, complesso
animale. L’agricoltura industriale le strappa
via moltissime delle specie selvatiche che lei
ospita, la inonda di chimica, intossica le sue
acque, la trafigge con arature profonde, ne
spinge i ritmi con prodotti di sintesi... e noi
mangiamo il risultato di tutto questo. Ma
l’importante, per l’agribusiness, non è che
noi lo mangiamo. È che noi lo acquistiamo.
L’ a g r i c o l t u r a
p r o d u c e
s o n o
l e
c i b o .
L’agricoltura familiare va celebrata perché
produce l’80% del cibo che viene mangiato
dalla popolazione della terra. Quello che viene
mangiato, attenzione, non quello che viene
commercializzato. Le persone non si sfamano grazie ai grafici dei fatturati, ma se hanno
qualcosa nel piatto. L’agricoltura familiare va
celebrata, favorita e sostenuta politicamente perché consente a iniziative come l’Arca
del Gusto di Slow Food, che cataloga cibi a
rischio di estinzione, di non diventare una lista di mesti ricordi, ma di restare una lista di
possibili progetti (i Presìdi di Slow Food hanno origine proprio da quella lista). A Torino,
dal 23 al 27 ottobre, lo spazio dell’Oval ospiterà oltre mille prodotti da tutto il mondo,
saliti a bordo dell’Arca del Gusto. Una battaglia per la salvaguardia della biodiversità a
cui potranno prendere parte tutti i visitatori,
portando i cibi che vorrebbero salvare e candidare come prossimi passeggeri dell’Arca.
p e r s o n e
m a n g e r a n n o
c h e ,
e
s t a g i o n e
c o l l a b o r a
c o n
L’agricoltura familiare non va intesa come
ciò che salverà il pianeta, ma come ciò che,
finora, ha consentito al pianeta di non perdersi. Vi aspettiamo al Salone del Gusto e
Terra Madre 2014, per capire facendo, assaggiando, ascoltando e raccontando.
f a m i l i a r e
I
123
li di vicinanza, ma anche quelli alternativi,
come i Gas, o le consegne via internet, o i
negozi cooperativi.
L’agricoltura familiare produce cibo. I suoi
obiettivi sono le persone che lo mangeranno
e anche la terra che, stagione dopo stagione,
collabora con gli agricoltori. Produce cose
da mangiare, non da vendere. L’importante
è avere un raccolto, per questo diversifica il
più possibile, cerca di inserirsi nei ritmi della natura, non di contrastarli. Semina patate,
ma anche mais e fagioli, perché il clima che
danneggerà uno di questi alimenti favorirà
gli altri; semina ortaggi, ma anche fiori ed
erbe aromatiche, perché gli insetti e i parassiti non li danneggino. Dietro all’agricoltura
familiare non ci sono società di capitali, ma
agricoltori, che saranno i primi a mangiare
le loro produzioni, assieme alle loro famiglie. E ci saranno i mercati, al plurale, quelLa differenza tra l’agricoltura familiare e
quella di impostazione industriale non sta
solo nelle dimensioni, che sono semmai
una conseguenza della filosofia che le guida. L’agricoltura industriale è un business;
in alcune zone del mondo si usa il termine
agribusiness. Punta al profitto, è eminentemente orientata al mercato. Produce merci
da vendere. Il mercato, quello che si nomina
al singolare, quello delle borse merci, della
grande distribuzione, quello delle export,
quello in cui il cibo si chiama “derrata”: per
quel mercato bisogna produrre tanto, in
modo uniforme e sganciandosi dai tempi
della natura, aiutandosi con input energetici e chimici. Bisogna far lavorare la terra
m a d r e
s u o i
o b i e t t i v i
c h e
l o
a n c h e
l a
d o p o
g l i
t e r r a
s t a g i o n e ,
a g r i c o l t o r i .
s a l o n e
124
Info utili
Orari
Vieni a trovarci con tutta la famiglia!
· 2 adulti e 2 ragazzi sotto i 18 anni: € 50*
· 2 adulti e 3 ragazzi sotto i 18 anni: € 60*
d e l
g u s t o
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Laboratori del Gusto, Mixology, Fucina Pizza&Pane, Incontri con l’Autore: sconto di € 3
Scuola di Cucina: sconto di € 5
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Editore, sconti speciali su tutti i gadget presenti nel
catalogo di Slow Bazar e molti altri vantaggi.
Ingresso
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nessun costo aggiuntivo, ricevi il biglietto via mail ed
eviti la coda!
Intero: € 20
Ridotto: € 16
· gruppi di almeno 25 persone
· possessori di un biglietto di ingresso per un evento
su prenotazione
(Laboratori del Gusto, Scuola di Cucina, Incontri con
l’Autore e Appuntamenti a Tavola)
· ragazzi tra i 18 e i 30 anni
· accompagnatori di persone diversamente abili*
Biglietto ridotto: € 12
· ragazzi tra gli 11 e i 18 anni
· over 65 anni
Soci Slow Food: € 10
Biglietto scuole: € 5
a studente, per ragazzi sopra gli 11 anni
Gratuito:
· bambini fino al compimento degli 11 anni*
· visitatori diversamente abili*
· classi di bambini sotto gli 11 anni
Abbonamento 5 giorni intero: € 60
Eventi su prenotazione
I posti disponibili per Laboratori del Gusto, Scuola di
Cucina, Incontri con l’Autore e Appuntamenti a Tavola
sono limitati, per cui è indispensabile prenotare.
t e r r a
m a d r e
125
EDIFICIO LINGOTTO FIERE
L’edificio Lingotto Fiere (Pad 1, 2 e 3) ospita il mercato italiano,
con oltre 100 prodotti dei Presìdi Slow Food, le comunità di
Terra Madre e centinaia di espositori. Le bancarelle e gli stand
sono organizzati secondo le regioni italiane.
Area Educazione
* Biglietto non disponibile in prevendita
Giovedì 23-domenica 26 - ore 11-23
Lunedì 27 - ore 11-20
e
Pad 5. Le attività per famiglie, bambini e scolaresche (Slow Food
Educa), i Laboratori del Gusto, gli Incontri con l’Autore e gli eventi
di Scuola di Cucina, Mixology e Fucina Pizza&Pane.
Conferenze Salone del Gusto e Terra Madre
Le sale conferenze ospitano un ricco calendario di incontri, lectio
magistralis e tavole rotonde a più voci.
area educazione
Laboratori del Gusto
Scuola di Cucina
Mixology
Fucina Pizza&Pane
Slow Food Educa
(adulti, bambini e scuole)
PAD 5
Stand associativo di Slow Food Italia
Il termine ultimo per le iscrizioni: 16/10/2014.
Il termine ultimo per disdire le prenotazioni: 26/09/2014
via nizza
Pad 2. Accoglienza, tesseramento, vendita libri di Slow Food Editore.
lato ferrovia
uscita
/ ingresso
uscita
/ ingresso
Le disdette e le cancellazioni saranno rimborsate del
30%, solo se pervenute entro il 26/09/2014.
Sala
conferenze
Ricorda: se sei socio Slow Food potrai avvalerti di ulteriori sconti. Tutte le info su www.slowfood.it o scrivendo a [email protected].
Le scuole al Salone del Gusto
e Terra Madre
Oltre 1000 vini italiani da degustare
Legenda
Gli appuntamenti così contrassegnati indicano la presenza di:
Presìdi italiani e internazionali
uscita
/ ingresso
rete dei produttori
e delle comunità del cibo
di terra madre
(Europa, Africa, Nordamerica,
America Latina, Asia)
rete dei
produttori e
delle comunità
del cibo di
terra madre
(Italia)
(Italia)
Sala
conferenze
rete dei
produttori e
delle comunità
del cibo di
terra madre
(Italia)
Sala
conferenze
Area sponsor
Sala
conferenze
Cucine di strada
Street food dall’Italia e dal mondo
Piazza della Pizza
I pizzaioli napoletani lavorano gli ingredienti dei Presìdi Slow Food.
EDIFICIO OVAL
L’edificio Oval ospita il mercato internazionale, suddiviso in cinque macroaree, dove assaggiare prodotti unici al mondo, incontrare i protagonisti della
rete di Terra Madre. Sono inoltre presenti oltre 100 Presìdi Slow Food e i
Mercati della Terra internazionali.
Prodotti delle comunità di Terra Madre
Per saperne di più: www.fondazioneslowfood.it
sono tratti dai corsi di Alto Apprendistato dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche.
Cucine
di Strada
e Piazza
della pizza
rete dei
produttori e
delle comunità
del cibo di
terra madre
OVAL
Prodotti dell’Arca del Gusto
Gli appuntamenti contrassegnati da:
sono tratti dai corsi Master of Food
(Vino, Cucina senza sprechi, Birra).
PAD 1
Enoteca
Un evento a misura di famiglia!
Le offerte family friendly permetteranno ai genitori e ai
bambini in visita di vivere il Salone del Gusto nella maniera più confortevole possibile. In particolare, sarà allestita un’area con servizi ad hoc per mamme con bambini
in età da allattamento: fasciatoio, parcheggio passeggini,
dotazione di fasce portabebè, angolo per le poppate. E
inoltre sono previsti appuntamenti riservati ai nuclei familiari: «Cuciniamo in famiglia», nella Cucina Didattica.
PAD 2
.
Enoteca
Slow Food Educa propone attività dedicate alle scuole:
per dettagli e info visita il sito: www.slowfood.it
PAD 3
Sala
conferenze area biodiversità
L’Arca del Gusto con
i prodotti da salvare
provenienti dai
5 continenti
Sala
conferenze
Area Biodiversità
È dedicata al progetto dell’Arca del Gusto: oltre un migliaio di cereali,
frutti, formaggi, legumi, pani, dolci provenienti da 60 Paesi, accompagnati
da video e immagini per illustrare il grande patrimonio di biodiversità
a rischio di estinzione nel mondo. Inoltre, all’interno della Casa della
Biodiversità la Fondazione Slow Food presenta i suoi progetti insieme ai
produttori dei Presìdi e delle comunità del cibo.
s a l o n e
126
Per imparare al
Salone del Gusto
e Terra Madre
Slow Food vi aspetta al Salone del Gusto e Terra Madre offrendovi tante occasioni per… imparare! Adulti
e bambini, famiglie e scolaresche potranno visitare i
nostri spazi e partecipare alle numerose attività educative proposte. Nel Padiglione 5 del Lingotto Fiere
quest’anno l’offerta sarà molto variegata: dai classici
Laboratori del Gusto e Incontri con l’Autore per degustare e approfondire guidati da chef, produttori, birrai,
vigneron ed esperti, alle attività rivolte alle famiglie e
alle scuole (area Slow Food Educa), per arrivare alle
novità di questa edizione. Il Salone del Gusto e Terra Madre 2014 si presenterà con nuovi spazi e nuove
attività: la Scuola di Cucina – assaggio della Scuola di
Cucina di Pollenzo, ideata dall’Università degli Studi
di Scienze Gastronomiche in collaborazione con Slow
Food –, dove il pubblico, coinvolto in prima persona,
potrà interagire con lo chef, seguendo il percorso di
genesi di un piatto d’alta cucina o della tradizione popolare; Mixology, appuntamenti su prenotazione per chi
vuole approfondire l’arte (e la cultura) dei cocktail con
la guida dei migliori bartender sulla piazza; la Fucina
Pizza&Pane, luogo didattico che accoglierà i gesti e le
testimonianze dei maestri pizzaioli e panettieri di tutta
Italia, coinvolti dal 2013 nei corsi di Alto Apprendistato
dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche e
metterà i partecipanti alla prova con lieviti e farine.
Non mancheranno gli Appuntamenti a Tavola, per cenare in ambienti unici del Piemonte dove cucineranno
i migliori chef italiani e internazionali. Come nel 2012,
un grande Mercato prenderà vita nei padiglioni del Lingotto Fiere (1, 2, 3) e all’interno dell’Oval, animato dalle
Comunità del cibo di Terra Madre, dai produttori dei
Presìdi Slow Food e dagli espositori in arrivo da tutto
il mondo.
Da non perdere il ricco calendario di incontri in programma nei cinque giorni dell’appuntamento torinese:
tavole rotonde, seminari, ma anche lectio magistralis
offriranno momenti di dibattito e approfondimento
sulle tante questioni legate al cibo, alla produzione sostenibile e alla salvaguardia della biodiversità.
Vi aspettiamo!
Per saperne di più: www.slowfood.it
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MERCOLEDì
22 OTTOBRE 2014
GIOVEDì
23 OTTOBRE 2014
SL05
Non è la solita zuppa
Anteprima
Appuntamenti a Tavola
Laboratori del Gusto
Giuliana Saragoni del Gambero Rosso di Bagno di Romagna e il marito Moreno vi portano le zuppe tipiche dell’Appennino fatte con legumi e altri prodotti del bosco.
SA01
Un Baronetto nelle cucine del Cambio
ore 20.30
Ristorante Del Cambio
Piazza Carignano, 2 – Torino
www.delcambio.it
€ 150 (soci Slow Food € 140)
In piazza Carignano, il “salotto buono” di Torino, ritorna agli antichi splendori il Cambio. Questo locale, dove
Camillo Benso conte di Cavour era di casa, ospita nella
sala risorgimentale a lui dedicata la cena inaugurale del
Salone del Gusto. Chef di casa il giovane Matteo Baronetto che, lasciate le cucine del milanese Cracco, propone una cucina moderna, senza tralasciare i classici
del territorio. Grandi materie prime, tecnica di cucina
precisa e di grande eleganza.
SL01
Vino e territorio: il fascino del vulcano
ore 14.30
€ 30
Frank Cornelissen e Marc De Grazia (Tenuta delle Terre
Nere) vi introducono al concetto di terroir sull’Etna: degustazione di sei vini, tre da ciascun produttore.
SL02
Vino e territorio: lo Jura dei giovani
ore 14.30
€ 30
Con LeRouge&leBlanc alla scoperta della nuova generazione di vignerons bio che sta facendo parlare di sé in Jura,
regione francese della Franche-Comté.
ore 14.30
€ 25
SL06
L’anfora delle meraviglie
ore 17.00
€ 25
Viaggio dal Nord al Sud Italia tra i produttori che, da più o
meno tempo, si stanno misurando con la vinificazione e
la maturazione del vino in anfora.
SL07
Vino e territorio: la “wild side” della California
Ore 17.00
€ 25
Provate i vini di produttori californiani emergenti (The Scholium Project, Broc Cellars) che non seguono la mainstream,
ma preferiscono vini naturali espressione della terra.
SL03
Chimay Grande Réserve: verticale trappista
SL08
Dove va l’Inghilterra?
Le nuove tendenze dell’Albione birraria
ore 14.30
€ 23
Ore 17.00
€ 23
ore 20.30
Ristorante Combal.Zero
Piazza Mafalda di Savoia, Castello di Rivoli – Rivoli (To) /
13 km a ovest di Torino
www.combal.it
€ 100 (soci Slow Food € 90)
Verticale della Chimay Grande Réserve, dagli anni Novanta sino alle recenti cotte, guidati dal birraio della famosa
abbazia trappista di Notre-Dame de Scourmont (Belgio).
Venite a scoprire i birrifici artigianali inglesi protagonisti di una vera e propria new wave tra cui Moor, Siren,
Wild Beers, Buxton Brewery, Oakham Ales.
SLV01
Ethiopian Kafa Coffee, il primo caffè della
storia. Viaggio sensoriale alle origini del caffè
SL09
I caffè dei Presìdi Slow Food
L’Italia dei Presìdi Slow Food, da nord a sud, interpretata dall’estro e dall’imprevedibile visione di Davide Scabin. Un matrimonio molte volte sussurrato, un
flirt che dura da anni e che, alla vigilia dell’apertura
del Salone del Gusto, si consuma. Accomunati dalla
pretesa, riconosciuta, di essere unici, i prodotti dei
Presìdi saranno l’ennesimo stimolo creativo per mani,
testa e cuore di Davide e del suo staff. Il ristorante
Combal.Zero a Rivoli, come roccaforte di uno dei
progetti più importanti di Slow Food e di convivialità,
grandi prodotti e piatti unici a difesa di una storia tutta
italiana.
ore 14.30
€ 16
SA02
L’Italia dei Presìdi sotto la luna
di Davide Scabin
Assaggio di singole origini partendo dalla regione di Kafa
(Etiopia) sino all’India, all’isola di Giava e al Brasile.
SL04
Viaggio alla scoperta delle tradizioni
“prosciuttaie” d’Europa
ore 14.30
€ 25
Assaggio di: San Daniele (Italia), jambon de Bigorre (Francia), jamón ibérico de Bellota (Spagna), domácí pršut (Croazia) e sorprese da Ungheria, Serbia e Montenegro.
Ore 17.00
€ 16
Enrico Meschini, artigiano torrefattore e storico collaboratore di Slow Food per il caffè, vi guida alla scoperta
dei caffè dei Presidi.
SL10
Freschi e freschissimi
ore 17.00
€ 20
Degustazione di formaggi dei Presìdi Slow Food come
il raviggiolo (Appennino tosco-romagnolo), l’agrì di
Valtorta (Val Brembana, Lombardia) e la vastedda del
Bèlice (Sicilia).
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O T T O B R E
Laboratori del Gusto
SL11
Il tè in Giappone
tra novità e tradizione
ore 17.00
€ 25
Shimodozono, importante produttore di tè giapponese, vi
propone una selezione di tè biologici in bottiglia, sia da
singoli cru sia in blend. A chiudere il goishicha, un tè naturale molto raro, candidato all’Arca del Gusto di Slow Food.
SL12
Vino e territorio:
i Barolo di Castiglione Falletto
ore 19.30
€ 40
Sei famosi produttori del Barolo di Castiglione Falletto vi
propongono i loro vini dai vigneti più famosi, veri e propri
grandi cru, della denominazione di questo comune.
SL13
Vino e territorio:
il Priorat, storia di una metamorfosi
ore 19.30
€ 30
Da una denominazione eccezionale ecco i vini di Ricard
Rofes del Celler Scala Dei, Dominik Huber di Terroir al
Limit e Sara Pérez di Mas Martinet.
SL14
Birre italiane: novità e tendenze, viste
attraverso le pagine della Guida alle birre
d’Italia di Slow Food Editore
ore 19.30
€ 28
Con i due curatori Luca Giaccone ed Eugenio Signoroni,
assaggiando sei birre, facciamo il punto sulla situazione
italiana. In omaggio, una copia del volume.
SIA01
Emmanuel Rouget a colloquio con Jacky Rigaux
ore 19.30
€ 45
Erede di Henry Jayer, maestro incontestato della viticoltura borgognona moderna, Emmanuel Rouget, intervistato
da Jacky Rigaux, vi svelerà i segreti dei suoi vini.
Sarete introdotti alla degustazione geo-sensoriale che associa la conoscenza del luogo dove nasce il vino all’arte
di degustarlo.
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SL15
Sulle coste del Mediterraneo,
alla ricerca delle antiche tradizioni casearie
ore 19.30
€ 20
Cinque regioni del Mediterraneo, riunite dal progetto Lactimed, vi proporranno le loro antiche tradizioni casearie.
SL16
La biodiversità del cuscus in Africa
nordoccidentale
Ore 19.30
€ 20
La biodiversità del cuscus: dal Presidio del cuscus salato
di miglio sunnà dell’isola di Fadiouth (Senegal), ai cuscus
marocchini preparati dai cuochi dell’Alleanza Slow Food.
Appuntamenti a Tavola
SA03
La visione di Antonia
ore 20.30
NH Lingotto-Tech Café Restaurant
Via Nizza, 230 – Torino
www.nh-hotels.it
€ 95 (soci Slow Food € 85)
Antonia Klugmann, triestina di nascita, è una cuoca dai
molti interessi, dotata di una personalità sfaccettata e
di grande sensibilità. Nei suoi piatti cerca la profondità
del gusto e abbinamenti unici, frutto della propria visione dell’ambiente circostante. Chef dal 2013 al Venissa,
ristorante-ostello sull’Isola di Mazzorbo nella laguna di
Venezia, il prossimo autunno aprirà L’Argine a Vencò
a Dolegna del Collio. Il menù di Antonia vi sarà servito nell’ariosa e moderna cornice del NH Lingotto-Tech
Café Restaurant.
SA04
Mauro Uliassi e le Marche di mare e di terra
ore 20.30
Eataly-Sala dei 200
Via Nizza, 230 int. 14 – Torino
www.eatalytorino.it
€ 120 (soci Slow Food € 110)
Mauro Uliassi, cuoco bistellato di Senigallia, è il grande interprete della cucina marchigiana in grado di destreggiarsi
abilmente tanto tra i classici di mare quanto tra quelli di terra. Dall’Adriatico il pescato del giorno, interpretato con tecniche moderne e ricette curate; dalle colline e dai monti, che
sovrastano la costa, grande selvaggina e prodotti della terra.
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SA05
Zheng Yang, la Cina è servita
SA08
Crippa: sorprese sotto il duomo
ore 20.30
Zheng Yang
Via Principi d’Acaja, 61 – Torino
www.ristorantezhengyang.com
€ 55 (soci Slow Food € 50)
ore 20.30
Piazza Duomo
Vicolo dell’Arco, 1 angolo piazza Risorgimento, 4 – Alba (Cn)
www.piazzaduomo.it
75 km a sud di Torino
Autostrada A6, uscita Marene
€ 220 (soci Slow Food € 210)
Ascesa rapida e inarrestabile quella di questo giovane
brianzolo che ha conquistato, non scontatamente, un territorio notoriamente restìo alle novità come la Langa. C’è
della stoffa, oltre che precisa esecuzione ed equilibrata sintesi di esperienze culinarie per raggiungere i vertici della
cucina internazionale (tre Stelle Michelin dal 2012). Enrico
Crippa, cuoco del Piazza Duomo, vi stupirà traendo ispirazione dai temi della nona edizione del Salone del Gusto
– l’Arca del Gusto e l’agricoltura familiare. Accompagnamento con una selezione della cantina di casa, Ceretto.
La cucina cinese è stata per anni penalizzata dai locali
che servivano prodotti di bassa qualità. Grazie a personaggi come Piero Ling del ristorante Zheng Yang,
sostenuto dalla sua famiglia, è stata riscoperta e valorizzata. In occasione del Salone, vi proporranno
una cucina caratterizzata da profumi che combinano
spezie e ingredienti d’Oriente a prodotti piemontesi,
di origine cinese ma coltivati a pochi chilometri da
Torino, e Presìdi Slow Food. In abbinamento, diverse
varietà di tè cinesi.
SA06
Da Vico a Sorrento, Gennaro e i due Peppe
ore 20.30
Albergo dell’Agenzia
Via Fossano, 21 – Pollenzo
www.albergoagenzia.it 62 km a sud di Torino
Autostrada A6, uscita Marene
€ 100 (soci Slow Food € 90)
Un viaggio attraverso la miglior gastronomia della Penisola Sorrentina. Da Vico Equense con Gennaro Esposito del ristorante Torre del Saracino, e con Peppe Guida dell’Antica Osteria Nonna Rosa, si arriva a Sorrento
per gustare la cucina di Peppe Aversa del ristorante il
Buco. Tre chef che porteranno nelle sale dell’Albergo di
Pollenzo i gusti mediterranei.
SA07
I Vivalda di Cervere
ore 20.30
Antica Corona Reale
Via Fossano, 13 – Cervere (Cn)
www.anticacoronareale.com
60 km a sud di Torino - Autostrada A6, uscita Marene
€ 130 (soci Slow Food € 120)
Giampiero Vivalda, coadiuvato dal padre Renzo, ha imparato le tecniche di cucina in grandi ristoranti, uno su
tutti il francese Michel Blanc, rimanendo però fedele
alla tradizione dei piatti dell’osteria di famiglia. Oggi
l’Antica Corona Reale ha conquistato i gourmet di tutto
il mondo (due Stelle Michelin) grazie a proposte fatte di
grandi materie prime locali per i piatti di terra, e liguri
per il pesce.
Scuola di Cucina
SC00
Richard Toix (Francia)
Alta gastronomia e creatività: matrimonio
d’eccellenza tra la cucina francese e
l’espresso italiano
ore 12.00
€ 35
La filosofia di Richard Toix, francese originario di Perpignan
e chef stellato del Ristorante Passions&Gourmandises,
aperto nel 2007 a Saint-Benoît (Poitiers) in Aquitania, è
quella di una cucina senza frontiere che si esprime al
meglio attraverso l’incontro di aromi e gusti lontani tra
loro. La sua passione per l’espresso entra come ingrediente, spezia o aroma, nelle sue creazioni in affiancamento ai prodotti simbolo della gastronomia francese.
Lo chef si racconterà attraverso tre piatti ideati in collaborazione con Lavazza: il burger café, la langoustine et son
sabayon espresso (lo scampo e il suo zabaione espresso) e
chèvre et café (capra e caffè) facendovi vivere un’esperienza sensoriale unica.
Per i soci Slow Food sconti su tutti gli appuntamenti a
pagamento e molti altri vantaggi.
Per tutte le info: www.slowfood.it
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Scuola di Cucina
SC01
Gilberto Venturini
La cucina del recupero: i mille usi del riso
ore 15.30
€ 30
Lo sapevate che con un avanzo di riso lessato, unito
ad altri ingredienti, si possono realizzare degli ottimi
gnocchi di riso da accompagnare col brodo e, come da
tradizione emiliana e lombarda, con un ottimo grana
d’alpeggio? In questo viaggio ideale tra le ricette del
recupero a base di riso vi porteremo attraverso l’Italia,
approdando al sud con le ganeffe siciliane: pallottoline realizzate con avanzi di riso amalgamati con burro,
uova, formaggio grana e zafferano che, una volta fritte,
sono tuffate nel brodo di carne. Queste sono solo alcune delle preparazioni che verranno realizzate durante
la lezione da Gilberto Venturini, ex ristoratore e coordinatore del corso Master of Food “Tecniche di Cucina”,
insieme a sua moglie Marcella Cicognetti.
SC02
Davide Scabin
Quando un vegano invita a cena un terrestre
ore 15.30
€ 35
Ci siamo concessi un po’ di leggerezza nel titolo di questa lezione, anche se molto spesso i carnivori vedono gli
“abitanti di Vega” come delle entità elevatesi a uno stato
superiore, quasi ascetico o come esseri umani che si autoinfliggono masochisticamente una pena, rifiutando
di mangiare non solo la carne e il pesce ma tutto ciò che
viene prodotto dal mondo animale. Ma come fanno a
sopravvivere? Di che cosa si nutrono? Tutti giorni insalata o al massimo un po’ di tofu? Cari terrestri, il mondo
gastronomico a disposizione di un vegano è ricchissimo e molto spesso esalta la creatività e le tecniche in
cucina. Se poi Davide Scabin si mette in testa di stupire
entrambi i pianeti, proponendo per due ore una cucina
completamente vegana, beh, non vi resta che sperare di
trovare posto a bordo dell’Enterprise.
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SC03
Andres Ugaz (Perù)
I cebiche del Perù
SLP02
Andrea Perino e Gianfranco Fagnola:
amici nostri
ore 19.00
€ 35
ore 16.00
€ 15
Andres Ugaz, cuoco, ricercatore e promotore delle tradizioni culinarie peruviane è specializzato nelle preparazioni del cebiche, piatto considerato patrimonio
culturale del Perù. L’origine del cebiche risale all’epoca
precolombiana e gli ingredienti sono pesce crudo marinato nella leche de tigre, salsa a base di limone, coriandolo e aromi natuali. Andres sostiene che il piatto abbia il
carattere caparbio dei pescatori e paragona il suo sapore
a una meravigliosa giornata di sole al mare. Scoprirete
diverse tecniche di preparazione e varianti: dal cebiche
classico a base di pesce crudo, a quello ai frutti di mare,
dal tibio – in cui il pesce viene avvolto in una foglia di
mais – al tiradito, dove il pescato viene abbinato al peperoncino giallo.
Un’amicizia nata in meno di 60 chilometri, un mestiere
ereditato e reinterpretato, due storie di successo. Andrea Perino, di Perino Vesco-Fornai in Torino e Gianfranco Fagnola dell’omonimo panificio di Bra, impasteranno in aula due capolavori, offrendovi la loro visione
della biodiversità e testimoniando “con gusto” il loro
supporto alle comunità contadine locali.
SC04
Christian Milone, Giuseppe Iannotti, Eugenio Boer
Il tartufo in cucina
ore 19.00
€ 40
Un evento per imparare a conoscere il tartufo bianco
d’Alba e lo scorzone nero estivo, grazie a Tartuflanghe,
che a Piobesi d’Alba da anni seleziona e vende i tuberi
migliori. E con la complicità di tre giovani chef emergenti che, attraverso le loro ricette, sapranno insegnarvi
a esaltare questo prodotto unico. Christian Milone della
Trattoria Zappatori di Pinerolo, Giuseppe Iannotti del
Kresios di Telese Terme, Stella Michelin nel 2014, ed
Eugenio Boer, chef istrionico e carismatico del Fish Bar
a Milano, vi presenteranno una cucina originale, esaltata dal tartufo. In abbinamento ai vini del Consorzio
Alta Langa.
Fucina Pizza&Pane
SLP01
Graziano Monogrammi: la Divina Pizza
ore 13.00
€ 20
Come Dante Alighieri, che nel Trecento riuscì a rendere divina una commedia, sette secoli dopo, Graziano
Monogrammi si è ritagliato uno spazio nel cuore di Firenze, La Divina Pizza, dove mette a frutto le conoscenze acquisite all’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este. Prodotti freschi e lievito madre sono gli ingredienti
che utilizzerà per proporvi pizze come “cibo degli dei”.
SLP03
Corrado Scaglione:
Lipen, ovvero della nobiltà
ore 19.00
€ 20
A Canonica Lambro, nel territorio della provincia di
Monza-Brianza, da oltre 100 anni esiste un luogo dedito alla ricerca in cucina: Lipen. Qui risiedeva il cuoco
della nobile famiglia Taverna, qui oggi abita la verace
pizza napoletana del maestro Corrado Scaglione. Il dialogo tra nord e sud del Belpaese sarà la chiave di volta
per deliziare i vostri palati.
Mixology
SLX01
Storie di gin
ore 14.30
€ 25
Tutti lo vogliono, tutti lo cercano. Uomini, donne, giovani e meno giovani, sono stati letteralmente stregati
negli ultimi anni da questo distillato, a tal punto che
se non conosci almeno cinque differenti gin rischi di
esser tagliato fuori da una buona fetta di conversazioni
al bancone del bar. Una tendenza esplosa negli ultimi
anni, grazie alla nuova allure di uno tra i drink più classici: il Gin&Tonic. Ma dove è nato il gin? Qual è la sua
storia? Come ha influenzato il mondo del bere miscelato? Michele Di Carlo, presidente del Classic Cocktail
Club e docente Master of Food sui distillati, vi condurrà
nel mondo del gin attraverso drink classici e moderni
dal fascino intramontabile.
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SLX02
Frutta, cachaça, Caipirinha =Brasil ao cubo
ore 17.00
€ 25
Deise Novakoski è una bartender brasiliana tra le più
esperte e rispettate del Paese. Insegna cockteleria all’Universita La Salle di San Paolo e collabora con alcune riviste
specializzate, oltre a gestire una sua rubrica sul quotidiano
O Globo. Sta inoltre coordinando la creazione del Museo
brasiliano della cachaça nel quale saranno previsti corsi
di formazione, conferenze e laboratori di costruzione di
alambicchi. Maria Boa dal Rio Grande do Norte, Mariana e
Asa Branca dal Minas Gerais, São Miguel da Rio de Janeiro sono solo alcune delle cachaça, che ci presenterà lisce
e miscelate in esotiche Caipirinha, classiche e moderne.
SLX03
La banda di mezcal
Ore 19.30
€ 25
Il mezcal è un distillato del succo fermentato dell’agave. Si
tratta di un prodotto emblematico degli altipiani centrali del
Messico, e i piccoli produttori, i mezcaleros, usano oltre venti
varietà endemiche per la produzione di questo prezioso liquido. Il risultato finale è un liquore intenso, dalle note affumicate, che si può gustare jóven, reposado o añejo. Occasione
imperdibile per assaggiare diversi mezcal artigianali (tra loro
Los Danzantes e Alipus), proposti in abbinamento a un altro
prodotto simbolo della terra messicana: il cacao della Chontalpa, Presidio Slow Food, interpretato da Guido Gobino.
Per le famiglie ore 17.30
Cuciniamo in famiglia: La merenda Buona Pulita e Giusta
€ 10 per adulto
€ 5 per bambini e ragazzi (dai 6 ai 14 anni)
Per le scuole ore 10.30 e 13.00
A tutto legume: Pisarei e fasò
€ 25 a gruppo classe
Sconti per i soci Slow Food
Iscrizioni: www.slowfood.it
Personal shopper (a cura della condotta Unisg)
Personal shopper regionale € 10
ore 11.30; 12.15; 13.00; 13.15; 15.00; 16.30; 18.00; 18.30
Personal shopper internazionale € 10
ore 12.00; 12.45; 16.00; 17.30
Personal shopper tematico € 10
ore 11.45; 12.30; 13.30; 15.30; 17.00; 19.00
Sconti per i soci Slow Food
Iscrizioni: [email protected]
Informazioni e dettagli a pagina 153
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VENERDì
24 OTTOBRE 2014
Laboratori del Gusto
SL17
Vino e territorio: verticale di Terlaner
ore 12.00
€ 30
Provate l’evoluzione nel tempo del bianco Terlaner della storica cantina dell’Alto Adige che ha un archivio incredibile di vecchie annate.
SL18
Croazia e Slovenia: alla ricerca dell’autentico
ore 12.00
€ 25
Alla scoperta delle produzioni vinicole poco conosciute, ma naturali e vere, di Croazia e Slovenia con Marko
Kovac e Niko Dukan.
SL19
Belgio: rivoluzione di stili
ore 12.00
€ 23
Molte cose stanno cambiando in Belgio, patria delle birre artigianali. In questo Laboratorio, le novità e le nuove
tendenze con Lorenzo Dabove.
SIA02
Joan Asens: dall’Ermita a Orto Vins
ore 12.00
€ 25
A colloquio con Joan Asens, creatore con Álvaro Palacios dell’Ermita, vino culto, e ora leader del progetto
Orto Vins nella zona del Montsant.
SL20
Neri di Sicilia
ore 12.00
€ 25
Il nero come filo conduttore di assaggi di prodotti siciliani d’alta qualità e artigianalità: salumi (Nebrodi),
lenticchie (Monti Erei), tuma persa di latte ovino, pane
nero (Castelvetrano), vini (Nero d’Avola).
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SL21
La cucina degli avanzi: non si butta via niente
SL26
A Parigi, il sergente recluta il meglio
SL31
La pasticceria tedesca: dolce Berlino
ore 12.00
€ 25
ore 14.30
€ 35
ore 17.00
€ 20
La tradizione contadina del tratto del fiume Po che scorre in Lombardia fatta di piatti poveri dove non si sprecava mai niente. Abbinamento con i vini classici delle
colline che lambiscono il grande fiume.
Antonin Bonnet, chef del Sergent Recruteur di Parigi,
vi presenterà alcuni piatti della sua cucina frutto della
sua complicità con artigiani e produttori.
La käsekuchen (cheese cake) interpretata dai pasticcieri
del mercato coperto di Kreuzberg del “Nashmarkt” e
da Lea Moser, giovane pasticciera di Princess Cheese
Cake. Con vini dolci e dessert regionali tedeschi.
SL22
Quali macerazioni?
ore 14.30
€ 25
Da nord a sud, viaggio nell’Italia dei vini macerati da
uve di differenti varietà autoctone: albana, ribolla, nosiola, fiano, malvasia, garganega e cortese.
SL23
Il nebbiolo nelle sue più naturali e alte
interpretazioni
ore 14.30
€ 45
Scopriamo il nebbiolo nei tre territori d’elezione di Barbaresco, Barolo e Boca con i produttori Roberto Conterno, Luca Roagna e Christof Künzli (Le Piane) e Jacky
Rigaux, professore all’Università di Borgogna.
SL24
C’è fermento in Scandinavia
ore 14.30
€ 23
Cosa succede sulla scena birraria artigianale nei paesi
nordici di Danimarca, Svezia, Finlandia e Norvegia? Venite ad assaggiare.
SLV02
Progetto ¡Tierra! Lavazza: viaggio
nella sostenibilità attraverso l’aroma
delle sue miscele
ore 14.30
€ 16
¡Tierra! progetto di sostenibilità voluto da Lavazza e realizzato nelle comunità di caficultori in Honduras, Colombia,
Perù, Brasile, India e Tanzania. Assaggi dei caffè.
SL25
L’aceto balsamico della tradizione familiare
ore 14.30
€ 30
Due storiche famiglie modenesi, tra cui quella degli
Agazzotti, vi aprono le loro acetaie e vi portano in assaggio i loro migliori aceti balsamici tradizionali.
SL27
Decennale Veronelli, revival anni ‘70
ore 17.00
€ 50
La leggendaria cantina di Gino Veronelli apre le sue
porte e vi propone un assaggio di vini emblematici degli anni Settanta.
SL28
L’importanza del suolo: perché la Borgogna?
ore 17.00
€ 35
Incontro con Claude e Lydia Bourguignon per comprendere i suoli su cui nascono i vini di tre terroir borgognoni: Sylvaine Pataille (Côte de Nuits), Château de
Pommard (Côte de Beaune) e Domaine des Vignes du
Maynes (Maçonnais).
SL29
La nuova Spagna birraria
ore 17.00
€ 23
Con Kuaska e Guillem Laporta, publican e sommelier,
alla scoperta delle novità birrarie in terra spagnola. In
degustazione sei birre rappresentative di tale realtà.
SLV03
L’espresso italiano diventa dessert
ore 17.00
€ 16
Un laboratorio sui diversi modi di interpretare l’espresso per creare dessert e bevande che stupiranno
i vostri ospiti.
SL30
I formaggi d’alpeggio tra Carso e Slovenia
ore 17.00
€ 25
I formaggi a latte crudo di Tolmin (Alpi Giulie) di Valter
Kramar e quelli del Carso di Dario Zidarich. In abbinamento, vini friulani e sloveni.
SL32
Vino e territorio: viaggio all’interno
della denominazione Chianti Classico
ore 19.30
€ 25
Ha senso parlare di zonazione del Chianti Classico? Venite a provare come si esprimono i Chianti da diverse
aree di produzione: Panzano, Castellina, Radda, Gaiole
e altre ancora.
SL33
Magia, magia… questa è vera magia!
ore 19.30
€ 43
Come invecchiano in anfora saké, shochu e vino? Verificatelo in questo Laboratorio, che attraverso prodotti
straordinari, vi propone un viaggio tra Giappone, Europa e Georgia.
SL34
Londra, le sue birre e i suoi birrifici
ore 19.30
€ 23
Insieme a Steven Crouch, giudice e membro del
Camra, facciamo il punto sulla vivace scena londinese
dei microbirrifici artigianali.
SL35
L’autentico rum dei Caraibi
ore 19.30
€ 25
Neil Morris di West Indies Rum&Spirits Producers Association (Wirspa) vi presenterà il marchio Authentic
Caribbean Rum (Acr) e sei rum di sei diversi Paesi dei
Caraibi in assaggio.
SL36
Marco Bernini, creatore di formaggi
ore 19.30
€ 25
Le incredibili e gustosissime creazioni di Marco Bernini, casaro sperimentatore a Pozzol Groppo sui colli
tortonesi, in abbinamento a birre e vini locali.
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O T T O B R E
Laboratori del Gusto
SL37
Nobili legumi indigeni, extravergini
e vini laziali
ore 19.30
€ 20
Le preparazioni di Vincenzo D’Amato, chef dell’osteria La
Polledrara (Paliano, Fr) nella rete di Terra Madre, a base di
legumi rari (Presìdi Slow Food e Arca del Gusto) e oli extravergini. Abbinamento con Frascati e Cesanese del Piglio.
SIG01
Riuscirà lo champagne a incendiare
il sigaro Toscano?
ore 20.30
€ 15
Cuvée Rosé, Brut Millésimé 2004 e Grand Siècle dello
Champagne Laurent-Perrier e il sigaro Toscano Mascagni. Stefano Fanticelli conduce la fumata; moderatore
il giornalista Alberto Lupetti. Degustazione riservata ai
maggiori di anni 18.
Appuntamenti a Tavola
SA09
Eataly for Eataly
ore 20.30
Eataly-Sala dei 200
Via Nizza, 230 int. 14 – Torino
www.eatalytorino.it
€ 110 (soci Slow Food € 100)
Gli chef dei ristoranti di Eataly si ritrovano per una cena
a più mani. Alla testa della brigata Ugo Alciati e la tradizione piemontese delle cucine di Guido Villa Reale di
Serralunga. A seguire i canavesani Vicina di Casa Vicina Torino; Viviana Varese del ristorante Alice di Eataly
Milano; Gianluca Esposito del Nuovo Ristorante Italia
di Eataly Roma; Enrico Panero del Davinci di Eataly Firenze, vi proporranno i loro piatti.
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SA10
Da Peppino ad Arcangelo,
alle pendici della Majella
SC07
Peppino Tinari
La cucina del recupero: il quinto quarto
ore 20.30
Pastificio Defilippis
Via Lagrange, 39 – Torino
www.pastificiodefilippis.com
€ 70 (soci Slow Food € 60) La grande cucina di Villa Maiella interpretata da Arcangelo Tinari, erede di questa straordinaria famiglia.
Forte dei suoi quattro anni passati alla corte del cuoco
francese Michel Bras, Tre Stelle Michelin, di Laguiole,
Arcangelo coniuga la classica cucina di casa con quella
più innovativa che ha appreso nei suoi stage all’estero.
Una cena dai sapori decisi, alleggeriti da una mano
creativa.
ore 15.30
€ 30
Scuola di Cucina
SC05
Mauro Uliassi
Il mare e la terra, il percorso culinario di
Mauro Uliassi
Ore 12.00
€ 35
Negli anni Mauro ha saputo proporre una cucina dedicata al mare, fatta di grandi materie prime e di perfezione stilistica. Con il passare del tempo, ha saputo
affiancare a questi temi quello della cacciagione, sua
grande passione. In questa lezione Mauro vi introdurrà
alla preparazione di alcune ricette legate a questi due
temi, avvicinandovi alle tecniche più appropriate per
cucinare due ingredienti assai differenti, ma che danno
grandi soddisfazioni sensoriali.
SC06
Antonio Tubelli
La cucina del recupero: reinterpretare la pasta
Ore 12.00
€ 30
Gli avanzi di pasta sono dei preziosi alleati per preparare piatti che nulla hanno da invidiare ai piatti di
partenza. Insieme ad Antonio Tubelli, cuoco del ristorante napoletano Timpani e Tempura e docente del
corso Master of Food “Tecniche di cucina”, scoprirete
che la pasta si presta ad essere trasformata e rielaborata in molti modi appetitosi, aggiungendo ingredienti
secondo fantasia e disponibilità. Esistono preparazioni
storiche e tradizionali in ogni territorio che scoprirete
durante questo laboratorio tra cui: timballi, pasticci o
ancora il famoso timpano napoletano!
e
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Le interiora degli animali, ritenute dai nostri nonni
vere e proprie prelibatezze, sono fonte inesauribile di
“scarti” che invece, lavorati nel modo giusto, si prestano a preparazioni da veri gourmand. In questa lezione,
Giuseppe Tinari, chef del ristorante abruzzese Villa Maiella di Guardiagrele (Ch), realizzerà alcuni piatti della
tradizione, utilizzando il quinto quarto dell’agnello. Vi
insegnerà quali cotture e quali accompagnamenti utilizzare per valorizzare al meglio la materia prima e per
ottenere piatti delicati dagli equilibri perfetti!
SC08
Viviana Varese
Mondo vegetale
ore 15.30
€ 35
Viviana Varese da quest’anno ha trasferito il suo ristorante
Alice, una stella Michelin, all’interno di Eataly Milano. La
sua carta è varia, come del resto la sua abilità nel trattare le
materie prime; carne, tanto pesce e molte verdure e legumi
compongono il menù. Viviana, pur non essendo vegetariana, sostiene fermamente che il futuro della nutrizione
e della cucina, sarà fatto di verdure, cereali e legumi. Ma
come trasformare questi ingredienti in un grande piatto?
Lo scoprirete in questa lezione che guarda al futuro.
SC09
Marilù Terrasi
Il cuscus: l’alta cucina della quotidianità
ore 19.00
€ 30
Viaggio alla scoperta dell’antica tradizione del cuscus
del Trapanese, da semola biologica di grano duro siciliano tagliata per essere “incocciata” a mano e cotta al
vapore. Marilù Terrasi, cuoca e albergatrice presso Il
Pocho di San Vito lo Capo, nonché istrionica portabandiera del cuscus nel mondo, vi insegnerà le tecniche di
preparazione e cottura di questo piatto, entrato a fare
parte della quotidianità e tramandato dalle donne, di
generazione in generazione, secondo un rito antico. Ne
preparerete e assaggerete diversi tipi.
Per i soci Slow Food sconti su tutti gli appuntamenti a
pagamento e molti altri vantaggi.
Per tutte le info: www.slowfood.it
m a d r e
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SC10
Aldo Zivieri
L’arte del norcino: Zivieri,
il demiurgo delle carni
ore 19.00
€ 35
«Sei un salame!»… Già, ma quale? Ogni campanile tricolore custodisce una tradizione diversa: dal felino al toscano,
dal milano al fabriano, cotto o crudo, di maiale o di cinghiale. Eppure, nell’arte del norcino, il salame è solo una
delle innumerevoli declinazioni in cui trasformare il maiale: salsicce, pancette, prosciutti, capicolli, coppe, culatelli,
soppressate, ciccioli, lardo, guanciale, cotechini, mortadella,
speck sono un elenco estremamente ridotto della “norcidiversità”. Quella del norcino è dunque un’arte demiurgica,
che richiede la conoscenza approfondita della multisensorialità, come racconta Aldo Zivieri, maestro e norcino di
Monzuno (Bo) il quale, tra aneddoti e storie di vita vissuta,
vi condurrà a scoprire la nascita di... una salsiccia e di un
salame. E molto altro ancora!
Fucina Pizza&Pane
SLP04
Franco Pepe feat. Patrick Ricci:
grani e artigiani
ore 13.00
€ 20
A Caiazzo, nell’Alto Casertano, una lunga fila di persone attende ogni giorno di vivere l’emozione di una degustazione di pizza da Pepe in Grani. A San Mauro Torinese, alle porte della prima capitale del Regno d’Italia,
ogni giorno Pomodoro&Basilico, l’Officina Artigianale
della Pizza, si racconta con un linguaggio emozionale
e forbito. Un incontro tra nord e sud per riconoscersi
fratelli d’Italia.
SLP05
Stefano Callegari: Sforno
ore 16.00
€ 20
Può il tanto celebre, quanto succulento, cacio e pepe
essere accolto su una pizza? A rispondere al quesito è
Stefano Callegari che a Roma, a due passi da Cinecittà, «sforna veramente di tutto» come sottolinea nella
presentazione del suo locale, Sforno. Quale tentazione
proporrà agli avventori della Fucina?
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O T T O B R E
Fucina Pizza&Pane
SLP06
Ciro Salvo: veramente kalò
ore 19.00
€ 20
C’era una volta un giovane pizzaiolo, detentore della tradizione e, nel contempo, innovatore ma senza smanie di protagonismo. Oggi quel pizzaiolo è ancora giovane ma con un
nome che per il mondo della pizza è sinonimo di buono...
anzi, di kalò! Ritorna al Salone del Gusto Ciro Salvo, patron
della pizzeria 50 Kalò sul lungomare partenopeo, per raccontare il pulito e il giusto della verace pizza napoletana.
Mixology
SLX04
Presìdi sotto spirito!
ore 12.00
€ 25
La frutta è un ingrediente fondamentale nella preparazione
della maggior parte dei drink; dagli esotici Tiki ai classici
Frozen, per non parlare delle basi lime e limone dei pestati.
La sensibilità e la voglia di ricercare della maggior parte dei
barman di livello sta contribuendo ad innalzare la qualità e
la stagionalità della frutta dietro al bancone, dandogli la dovuta importanza al pari dei distillati, del ghiaccio e di tutti gli
ingredienti di un cocktail. Michele Di Carlo, presidente del
Cocktail Classic Club e docente Master of Food sui distillati,
vi presenterà diversi frutti dei Presìdi Slow Food, italiani e
internazionali, in una veste inedita: miscelati in un drink.
SLX05
La storia del cocktail
ore 14.30
€ 25
Dom Costa, uno dei bartender italiani più noti a livello internazionale, è considerato uno storico del cocktail
in grado di raccontare l’evoluzione del bere miscelato
attraverso particolari dettagli, aneddoti e leggende. In
questo Laboratorio il tema sarà affrontato da differenti
prospettive che definiranno non solo gli aspetti puramente tecnici, ma soprattutto racconteranno le trasformazioni che hanno caratterizzato le “drink era”. Dom vi
guiderà attraverso la storia del cocktail, dagli albori fino
ai giorni nostri, scandendone le tappe: dalla Jazz Age al
proibizionismo, dal Club de cantineros de Cuba alla Tiki
mania, dall’era della disco music al ritorno dei classici.
Cosa aspettate a prenotare il biglietto per questo viaggio?
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SLX06
Thomas Kuuttanen, master blender di Purity
Vodka e i drink di Luca Picchi
ore 17.00
€ 25
Imperdibile appuntamento con Purity Vodka e Thomas
Kuuttanen, master blender svedese di fama mondiale e
creatore della vodka, che ve la presenterà personalmente. La Purity è una vodka ultra-premium, pluripremiata,
ottenuta in un alambicco artigianale in rame e in oro
di 600 litri in cui, per raggiungere la gradazione finale
di 96%, viene distillata 34 volte, sino a perdere il 90%
del volume iniziale. La proverete sia liscia che secondo
l’interpretazione di Luca Picchi, bartender professionista presso il Caffè Rivoire di Piazza della Signoria di
Firenze, e ambasciatore della Purity per l’Italia.
SLX07
La liquoristica: dall’alchimia araba alla
moderna proposta biologica
ore 19.30
€ 25
Fulvio Piccinino, torinese classe ‘67, è uno dei massimi esperti di merceologia del settore beverage, nonché
grande studioso della storia liquoristica italiana. Vi guiderà nel mondo dei liquori in un percorso ricco di approfondimenti tecnici e culturali, partendo dalle origini
per poi definire metodi produttivi e classificazioni.
Per le famiglie ore 17.30
Cuciniamo in famiglia: La merenda Buona Pulita e Giusta
€ 10 per adulto
€ 5 per bambini e ragazzi (dai 6 ai 14 anni)
Per le scuole ore 10.30 e 13.00
A tutto legume: Calcionetti
€ 25 a gruppo classe
Sconti per i soci Slow Food
Iscrizioni: www.slowfood.it
Personal shopper (a cura della condotta Unisg)
Personal shopper regionale € 10
ore 11.30; 11.45; 12.45; 13.00; 15.00; 15.30; 17.30; 18.00
Personal shopper internazionale € 10
ore 12.30; 13.15; 17.00; 18.30
Personal shopper tematico € 10
ore 12.00; 12.15; 13.30; 16.00; 16.30; 19.00
Sconti per i soci Slow Food
Iscrizioni: [email protected]
Informazioni e dettagli a pagina 153
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SABATO
25 OTTOBRE 2014
Laboratori del Gusto
SL38
Franciacorta: il fenomeno Dosaggio Zero
ore 12.00
€ 25
Le più note cantine della Franciacorta (Ca’ del Bosco,
Ferghettina, Bosio, Barone Pizzini, F.lli Berlucchi, Villa
Crespia-F.lli Muratori) vi presentano i loro spumanti
nella tipologia Dosaggio Zero.
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SL41
Antiche norcinerie d’avanguardia
ore 12.00
€ 25
Lazio: nuove storie di norcini che vi propongono le loro
selezione di salumi, differenti per tipologia e lavorazione. Accompagnano i vini regionali di Sergio Mottura e
Marco Carpineti.
SL42
Alle radici dell’Etiopia
ore 12.00
€ 25
I colori, i sapori e la storia della gastronomia etiope:
dall’enjera, sorta di crêpe spugnosa al berberè, miscela
di spezie per insaporire carni. Non mancherà il caffè
selvatico di Harenna (Presidio Slow Food).
SL39
La Spagna dei vini naturali
SL43
Vino e territorio:
Carso, un luogo unico da scoprire
ore 12.00
€ 25
ore 14.30
€ 30
Joan Goméz Pallarès, giornalista e autore del libro Vinos Naturales en España, vi guida all’assaggio dei vini
naturali spagnoli.
L’interpretazione della vitovska, varietà regina del Carso, secondo Zidarich, Kante e Skerk (tutte chiocciole di
Slow Wine) e Lupinc di Duino Aurisina e la minuscola
azienda chiocciolata Skerli di Sgonico (Ts).
SL40
Italia, Paese di birre acide
ore 12.00
€ 28
Quattro tra i migliori publican italiani – Alessandro
Belli dell’Arrogant Pub di Reggio Emilia, Manuele Colonna del Ma che siete venuti a fà di Roma, Michele
Galati del The Dome di Nembro (Bg) e Nino Maiorano
del Lambiczoon di Milano – sceglieranno per voi birre
acide made in Italy per parlare della tendenza attuale
del consumo di questa tipologia. In omaggio una copia
della Guida alle birre d’Italia 2015 di Slow Food.
SIA03
Da homebrewer a mastri birrai:
la via dell’Alto Apprendistato
ore 12.00
€ 20
Incontro con gli studenti del corso di Alto Apprendistato dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e i mastri birrai che li hanno accolti e insegnato la
loro professione.
SL44
Vino e territorio: l’altro Beaujolais
ore 14.30
€ 25
Insieme a Jean-Claude Chanudet (Domaine Joseph Chamonard) e Jean Foillard scoprirete il Beaujolais naturale
e autentico attraverso i suoi cru più longevi e significativi: Moulin à Vent, Morgon, Fleurie e Côte de Brouilly.
SL45
I nuovi luppoli
ore 14.30
€ 23
In compagnia di Jack Teagle, manager della britannica
Simply Hops, si discute delle nuove varietà di luppolo,
valutandone l’effetto su alcune birre in degustazione.
SLV04
Il caffè in tutte le lingue del mondo
ore 14.30
€ 16
Alla scoperta di affascinanti preparazioni e di abitudini di consumo in terre lontane: dalla Turchia al Brasile
passando per il Senegal.
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O T T O B R E
Laboratori del Gusto
SL46
Formaggi e bevande dal Canada
ore 14.30
€ 20
Degustazione di cinque formaggi canadesi e altrettanti abbinamenti con idromele, distillati d’acero, vini da
dessert e il tipico “sidro del ghiaccio” (Arca del Gusto
di Slow Food).
SL47
Jang, la salsa fermentata simbolo
della cucina coreana
ore 14.30
€ 25
Laboratorio per scoprire l’affascinante mondo del jang,
che nella cucina coreana rappresenta più di un mero
ingrediente. Piatti cucinati dai cuochi della rete di Terra
Madre Corea.
SL48
Vino e territorio:
la terra del Barolo fa la differenza
ore 17.00
€ 30
Scoprirete come il tipo di terreno – tortoniano ed elveziano – caratterizzi il vino. Sei Barolo di Mirafiore,
Brandini e Borgogno da Serralunga, La Morra e Barolo
si confrontano.
SL49
La degustazione geo-sensoriale:
il Domaine P. et A. de Villaine
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ore 17.00
€ 16
ore 19.30
€ 23
L’assaggiatore di caffè: parliamo di coloro che creano
gusti e aromi su misura per ogni palato, che sanno dare
di ogni caffè una descrizione attenta e puntuale.
La vivace scena dei microbirrifici neozelandesi e i luppoli
di Nelson per cui il Paese è famoso vi saranno presentati
da Simon Kelly di Renaissance Brewery di Blenheim.
In degustazione birre di diversi stili di birrifici neozelandesi.
SL51
Sapori e gusti buoni,
puliti e giusti di Maremma
ore 17.00
€ 20
La comunità del cibo maremmana a Energie Rinnovabili
presenta la propria produzione casearia: cinque formaggi particolari, realizzati grazie al vapore geotermico.
SL52
A Walk through Delhi’s Street Food
ore 17.00
€ 20
Gunjan Goela, cuoca, filosofa, curatrice di svariate rubriche enogastronomiche, vi conduce per le strade della
capitale indiana alla scoperta dei sapori dell’autentico
Delhi’s street food.
SIG02
Il sigaro Toscano incontra i cocktail
ore 17.00
€ 15
Il mondo della miscelazione con due bartender di Drinkable di Milano, a connubio col sigaro Antico Toscano
spiegato da Stefano Fanticelli. Degustazione riservata ai
maggiori di anni 18.
Aubert de Villaine (Domaine de la Romanée-Conti) con
il nipote Pierre de Benoist (Domaine P. et A. de Villaine) aiutati da Jacky Rigaux vi presentano i vini del
Domaine di Bouzeron con la tecnica della degustazione
geo-sensoriale.
Attraverso i vini di Alfio Mozzi, Ar.Pe.Pe, Dirupi, Fay,
Nino Negri e Rainoldi esplorerete le terrazze della Valtellina, uno dei terroir del vino più caratterizzanti.
Giro per il mondo assaggiando sidri e perry (sidro ottenuto dalle pere) da Australia, Regno Unito, Francia, Germania e Italia, tra cui molti prodotti dei Presìdi Slow Food.
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SL55
Alla scoperta delle birre
della Nuova Zelanda
SL53
Vino e territorio: il concetto di cru in Valtellina
ore 17.00
€ 18
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SLV05
I primi passi nell’assaggio del caffè come
un esperto assaggiatore
ore 17.00
€ 45
SL50
Il miracolo della mela:
sidri (e perry) del mondo
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ore 19.30
€ 30
SL54
Vino e territorio: la Rioja Alavesa
ore 19.30
€ 25
I vini tradizionali di Amaren (Luis Cañas) e Ostatu; i
txacolì di Señorío de Astobiza di Okendo e Bat Gara di
Amurrio e i rivoluzionari Tentenublo Wines del giovane enologo Roberto Oliván Iglesias.
SL56
Spirito svizzero:
esistono i distillati di terroir?
ore 19.30
€ 20
Carrellata di distillati svizzeri: dal Kirsch di Basilea
(Presidio Slow Food) all’assenzio della Val de Travers
(Neuchâtel), al damassine (Jura) e abricotine (Valais)
per finire con la fée jaune (Vaud). Accompagnamento
con alcuni tipici prodotti svizzeri.
SL57
Dove la storia ebbe inizio:
i cioccolati delle Americhe
ore 19.30
€ 25
Confronto tra dark single origin dell’America Latina
(Pacari, Amazonas Chocolates, Amma) e alcuni dei
migliori prodotti artigianali nordamericani (Amano e
Askinosie). Finale con le grappe della storica distilleria
piemontese Romano Levi.
SL58
Giovani cuochi
portoghesi crescono
ore 19.30
€ 35
Leandro Carreira (ex sous chef del Viajante di Londra di
Nuno Mendes) e David Jesus (sous chef del Belacanto
di Lisbona), giovani chef portoghesi emergenti, vi fanno assaggiare la loro cucina.
SIG03
Le donne lucchesi fra artigianalità
e imprenditoria
ore 20.30
€ 15
Laboratorio tutto in “rosa” tra il sigaro Toscano Originale, le birre di Birroir, il vino dolce di Barbara Chelini e i
dolci lucchesi di Valentina Pracchia, chef della Cucina
dello Scompiglio di Vorno (Lu). Degustazione riservata
ai maggiori di anni 18.
m a d r e
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Appuntamenti a Tavola
SA11
Bruxelles a tavola
ore 20.30
NH Lingotto-Tech Café Restaurant
Via Nizza, 230 – Torino
www.nh-hotels.it
€ 70 (soci Slow Food € 60)
Un bruxellois, un fiammingo e un francese ai fornelli.
Sapori, originalità e materie prime d’alta qualità per una
cena realizzata in complicità. Siamo a Bruxelles, crocevia
di culture e di gastronomie, e vi parliamo dei cuochi Dirk
Myny (Restaurant Les Brigittines), chef di una bella maison dove la birra è un ingrediente non secondario; Philippe Renoux (Restaurant Orphyse Chaussette), catalano
del Roussillon; Jean Van Roy (Brasserie Cantillon) che
proporrà i suoi lambic, in accompagnamento ai piatti.
SA12
Bertrand Grébaut:
il giovane artista di Septime ore 20.30
Osteria Antiche Sere
Via Cenischia, 9 – Torino
€ 80 (soci Slow Food € 70)
Un’adolescenza da graffitaro, la prima Stella Michelin a
26 anni, il suo attuale ristorante nella lista dei 50 top al
mondo: Bertrand Grébaut, cuoco del ristorante parigino
Septime, nell’undicesimo arrondissement, rischiava un
futuro da artista. E invece ha scelto un profilo basso, un
ristorante il cui nome richiama la parodia della grande
ristorazione fatta da Louis de Funès negli anni Sessanta
e un compagno d’avventura, Theo Pourriat, con cui condivide la passione per i vini naturali. Da scoprire in una
delle (poche) osterie storiche di Torino, quali sono Le Antiche Sere. Vini di cinque vigneronne: Occhipinti (Sicilia),
Padovani (Toscana), Pantaleoni (Emilia-Romagna), Bera
(Piemonte) e Verrua (Piemonte).
SA13
Giro d’Italia al tartufo
ore 20.30
Località Catena Rossa 7, Piobesi d’Alba
www.tartuflanghe.it
€ 120 (soci Slow Food € 110)
Christian Milone della Trattoria Zappatori di Pinerolo (Torino), Giuseppe Iannotti del Kresios di Telese Terme (Benevento), Ivan Milani del S.Quintino Resort di Busca (Cn) ed
Eugenio Boer, chef italo-olandese, celebrano il pregiato tartufo bianco d’Alba con un menù studiato per l’occasione e
servito nella sede di TartufLanghe azienda leader nel settore.
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O T T O B R E
Scuola di Cucina
SC11
Vittorio Fusari
Nutrire la Franciacorta
ore 12.00
€ 35
Vittorio Fusari della Dispensa Pani e Vini, forte di un’esperienza quarantennale nelle cucine di alcuni dei migliori ristoranti della Franciacorta, conosce le materie prime
di qualità della zona. Interprete di una cucina semplice,
sana e gustosa, Vittorio propone alcune delle ricette che
lo hanno reso famoso: sardina essiccata del Lago d’Iseo
con polenta di vecchie varietà di mais, risotto ai formaggi
dei Presìdì e il “leggendario” manzo all’olio. Essiccazione,
mantecatura e cotture tradizionali e a bassa temperatura
sono gli ingredienti di questa lezione a tutta Franciacorta.
SC12
Niko Romito
Le cotture delle carni
ore 12.00
€ 35
Niko Romito è nell’Olimpo della cucina, grazie al riconoscimento più alto: le tre Stelle Michelin arrivate quest’anno. Da qualche anno, oltre al Reale, il suo ristorante a
Castel di Sangro, è stata avviata la Niko Romito Formazione, scuola di cucina che prepara cuochi con una visione allargata all’intera gestione di un ristorante. La sua
lezione al Salone del Gusto sarà dedicata alle tecniche di
cottura delle carni, con l’utilizzo di metodologie moderne per la conservazione, lo stoccaggio e la rigenerazione
al fine di mantenere un percorso di qualità nutrizionale
e igienica dell’alimento. Vi illustrerà i principi fisici e
biochimici delle proteine e la loro denaturazione modificando i tempi, le temperature e le pressioni atmosferiche
durante la fase di cottura.
SC13
Regina Tchelly (Brasile)
La cucina del recupero: l’esperienza brasiliana
ore 15.30
€ 30
Regina Tchelly, cuoca e interprete della nuova gastronomia brasiliana, promotrice del progetto Favela Organica
a Rio de Janeiro, vi darà la prova di come la creatività in
cucina possa dar vita a piatti che soddisfino sani obiettivi
nutrizionali, ma che siano anche capaci di sorprendere
e conquistare il palato. Regina vi dimostrerà come pochi
e semplici ingredienti possano essere punto di partenza
per cucinare pietanze gustose come i cannelloni di cavolo e melanzana e patate gratinate con peperoni.
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SC14
Alessandra e Roberto Casamenti
La cucina del recupero: le polpette
ore 15.30
€ 30
Il pane è da sempre grande protagonista della cucina
povera. Portatore di significati simbolici e religiosi, e
quindi mai sprecato, diventa ingrediente di partenza
per piatti che fanno del riutilizzo la loro forza, come
insalate, minestre e dolci. Ma il contributo di un buon
pane è fondamentale nella riuscita di una delle ricette
più golose: le polpette. Alessandra e Roberto Casamenti
dell’Osteria La Campanara di Galeata (Fc) vi insegneranno come il pane possa diventare un ottimo alleato,
pronto a sposare ingredienti diversi tra i quali carne,
verdura, formaggio e pesce. Con il racconto di alcuni
matrimoni ben riusciti, vi saranno svelati i segreti per
ottenere piatti impeccabili.
SC15
Josean Alija (Spagna)
L’essenza della materia
ore 19.00
€ 35
La cucina di Josean Alija – una Stella Michelin per il
Nerua, ristorante all’interno del Museo Guggenheim
di Bilbao – è una cucina pura e d’avanguardia, frutto
di uno studio continuo della materia prima. L’approccio di Josean alla gastronomia è fisico e mentale; ogni
prodotto (del territorio) viene studiato e analizzato per
distillarne l’essenza, con lo scopo di comprendere al
meglio quali tecniche e quali cotture utilizzare per rispettarlo e trasformarlo in un grande piatto. In questa
lezione vi parlerà della sua visione e vi presenterà le
sue ricette.
SC16
Massimo Spigaroli
Tra terra e fuoco: un norcino in cucina
ore 19.00
€ 35
Nella Bassa Parmense, fra culatelli, fiocchi, strolghini, coppe, mariole, salami gentili e cresponetto,
Massimo Spigaroli, cuoco agricoltore, vi conduce fra
i tagli e le lavorazioni che quotidianamente realizza
nella sua Antica Corte Pallavicina a Polesine Parmense. Passeggiando fra orti, frutteti e vigneti e visitando
sale di stagionatura e affinamento, finiremo per accomodarci a una ricca tavola imbandita. Non prima
però di avere trasformato, sotto la sua sapiente guida,
una coscia in culatello.
Massimo è un esaltatore della “cucina del tutto”, ma
saprà deliziarvi anche con la semplicità di un assortimento di salumi in cui ogni insaccato sarà abbinato a
un pane scelto ad hoc.
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Fucina Pizza&Pane
Mixology
SLP07
Renato Bosco: Saporè di pizza
SLX08
Birra: ingrediente speciale per la
miscelazione moderna
ore 13.00
€ 20
Gli integralisti della pizza classica, quelli che preferiscono la versione croccante, i sostenitori della pizza
soffice e gli amanti di quella in teglia o a metro sanno
che esiste un solo nome in grado di mettere d’accordo tutti: Renato Bosco di Saporè, a San Martino Buon
Albergo (Vr). Curiosi di scoprire cosa proporrà questo
Charming Italian Chef?
SLP08
Lello Ravagnan:
Grigoris, Grecia mon amour
ore 16.00
€ 20
Farine macinate a pietra, lievito naturale e Presìdi Slow
Food sono il biglietto da visita di Lello Ravagnan, gli
strumenti che dalla sua pizzeria di Mestre gli rendono
più semplice il check in per l’Arca del Gusto. In Grigoris, la passione per la cultura greca trasuda sin dalle
mura e, unita alla ricerca costante, rende ogni pizza un
prodotto di intelligenza affettiva che merita di essere
(ri)scoperto ed esaltato nella Fucina Pizza&Pane.
SLP09
‘O Fiore mio: alchimie italiane
ore 19.00
€ 20
Il primo ingrediente di ogni progetto ben riuscito è la
passione. Lo sanno bene Davide Fiorentini e Matteo
Tambini che, tra Faenza e Milano Marittima, hanno
costruito una squadra che parla la lingua universale
della pizza. Il loro locale ‘O Fiore Mio racconta quotidianamente la magica alchimia di impasti, temperature
e gesti attenti che fanno del disco di acqua e farina il
prodotto made in Italy per eccellenza.
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ore 12.00
€ 25
L’utilizzo della birra nella preparazione di cocktail è inusuale quanto innovativo benché sia una pratica che vanta origini lontane. Sebastiano Garbellini, bartender e giornalista,
con differenti collaborazioni alle spalle tra cui Il Mondo della
Birra, vi farà scoprire la bevanda di Gambrinus in una veste
completamente nuova e differente: un incontro che analizzerà le caratteristiche delle birre per determinarne l’utilizzo
nella miscelazione. La birra come fonte di ispirazione per
drink classici e moderni fino ad arrivare a un alternativo beer
service e a un abbinamento non convenzionale col cibo.
SLX09
Miscelazione futurista: le polibibite 1930-1933
ore 14.30
€ 25 Il futurismo è stato l’unico movimento italiano che abbia realmente influenzato la scena artistica europea, affrontando
anche le tematiche della cucina e della miscelazione. Negli
anni Venti e Trenta, infatti, grazie agli artisti aderenti al futurismo furono create le miscele più azzardate e originali
della storia del cocktail, utilizzando quasi esclusivamente
prodotti nazionali, in particolar modo vermouth e liquori di
territorio. Fulvio Piccinino, uno dei più grandi conoscitori
della storia liquoristica italiana, vi parlerà di futurismo dal
punto di vista del drink ed elaborerà alcune “polibibite”, e
“placafame” in abbinamento, tratti da La cucina futurista di
Marinetti e Fillia del 1932. Ritorno al futurismo!
SLX10
Tequila, storia e leggenda del distillato
messicano per eccellenza
ore 17.00
€ 25 Dom Costa, uno dei più noti bartender italiani a livello internazionale, vi accompagnerà in un viaggio attraverso la
storia e la cultura di un mondo lontano e affascinante, ma
ancora velato da mistero. Un viaggio che vi porterà alla scoperta di sapori e profumi dei distillati messicani, simbolo di
un territorio ricco di straordinarie tradizioni. Affronterà un
percorso storico dalle origini del tequila, passando dal pulque al vino mezcal, fino ad arrivare alla contemporanea denominazione d’origine, approfondendo le differenti tipologie e le differenti classificazioni, secondo l’invecchiamento
e secondo la zona di produzione. Ovviamente non mancheranno le degustazioni di cocktail storici a base di tequila.
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O T T O B R E
Mixology
SLX11
Slow Food American Speakeasy
ore 19.30
€ 25
Il cocktail nella tradizione enogastronomica americana
è considerato un elemento e un momento molto importante della quotidianità. Qui nasce la storia della miscelazione, la codificazione delle ricette, la spettacolarizzazione, grazie al padre di tutti i bartender: Jerry Thomas.
Oggi, sempre di più, i professionisti del settore attualizzano il modo di interpretare la mixologia, ricercando
prodotti di qualità e artigianali, dai distillati alla frutta
fino al ghiaccio. Slow Food Usa, per celebrare il cocktail
americano, ha indetto un concorso per professionisti,
lo Slow Food Speakeasy, in cui i barman dovranno proporre una ricetta seguendo valori slow, utilizzando prodotti dell’Arca del Gusto e promuovendo la loro cultura
regionale. Venite a scoprire i loro drink, attraverso il
racconto di una storia che dura dal 1850.
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DOMENICA
26 OTTOBRE 2014
Laboratori del Gusto
SL59
Franciacorta Bellavista, dalle basi alle cuvée
ore 12.00
€ 25
Mattia Vezzola, direttore tecnico di Bellavista, una delle
più importanti cantine di Franciacorta, vi spiega come
nasce una cuvée: dai vini appena fermentati (vendemmia 2014), ai vini di Riserva sino ai vini ufficiali pronti
per il mercato.
SL60
Vino e territorio:
il Pinot noir dell’Oregon
ore 12.00
€ 30
Assaggio dei Pinot Neri di Ayers, Brick House, Brooks,
Cameron, Evesham Wood, Eyrie Vineyards, Lemelson,
Walter Scott e Westrey, uniti nel gruppo Deep Roots Coalition, che rifiuta di irrigare i vigneti.
Per le famiglie
Cuciniamo in famiglia:
I ravioli con mamma e papà ore 11.00 e 13.30
La merenda Buona Pulita e Giusta ore 16.00
Tutti pazzi per la pizza! ore 18.30
€ 10 per adulto
€ 5 per bambini e ragazzi (dai 6 ai 14 anni)
Sconto per soci Slow Food
Iscrizioni: www.slowfood.it
Personal shopper (a cura della condotta Unisg)
Personal shopper regionale € 10
ore 11.30; 12.15; 13.00; 13.15; 15.00; 16.30; 18.00; 18.30
Personal shopper internazionale € 10
ore 12.00; 12.45; 16.00; 17.30
Personal shopper tematico € 10
ore 11.45; 12.30; 13.30; 15.30;17.00; 19.00
Sconto per soci Slow Food
Iscrizioni: [email protected]
Informazioni e dettagli a pagina 153
SL61
Il Belgio, la culla della birra
ore 12.00
€ 23
Andiamo a vedere da dove è partito il Belgio, patria per
eccellenza delle birre artigianali. Con Kuaska assaggio
di Saison de Pipaix, Fantôme, Witkap Pater e altre tra
cui blanche e trappiste.
SIA04
Il gastronomo di sala:
il front office del mangiarbere all’italiana
ore 12.00
€ 20
Il saper fare in sala è importante quanto la cucina.
Oggi però la figura di chi è deputato all’accoglienza
è in declino. Ne parliamo con Beppe Palmieri (Osteria Francescana), Roberto Casamenti (La Campanara),
Diego Sorba (Il Tabarro) e Marisa Torta (Da Marisa Al
Castello): sono gli uomini e le donne di sala – dall’osteria alla mescita con dispensa sino alle Stella Michelin – che vi sveleranno i segreti della buona accoglienza italiana.
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SL62
Storie di maiali felici
ore 12.00
€ 25
Confronto tra i salumi da maiali italiani ed europei: cerdo iberico (Spagna) e noir de Bigorre (Francia); euskal txerria (Spagna) e mangalica (Ungheria) entrambi Presìdi Slow Food.
SL63
Cose di un altro mondo: Saturne a Parigi
ore 12.00
€ 35
Sven Chartier, cuoco del ristorante Saturne di Parigi, vi propone la sua cucina, fatta di prodotti stagionali – verdure (italiane dei Presìdi e francesi di Terroir d’Avenir) su tutti – in
abbinamento ai vini naturali di Les Caves de Pyrene di Alba.
SL64
A trazione animale:
i vini a cavallo d’Italia e di Francia
ore 14.30
€ 30
Il cavallo usato per la conduzione della vigna. Ne parliamo con Henry Finzi-Constantine (Castello di Tassarolo)
e Patrice Texier, bretone entrambi istruttori. Assaggio
di sei vini, italiani e francesi.
SL65
Vino e territorio:
il Rancio sec del Roussillon
ore 14.30
€ 30
Insieme ai fratelli Danjou di Espira de l’Agly alla scoperta di questa tipologia di vini in stile ossidativo protetti dal Presidio Slow Food e ora dall’Igp.
SL66
Birre&distillati, due universi s’incontrano
a San Diego
ore 14.30
€ 23
Yuseff Cherney di Ballast Point Brewing and Spirits di
San Diego e Kuaska vi guidano all’assaggio di incredibili birre e distillati di questa rinomatissima azienda
californiana dalla doppia anima.
SLV06
I caffè regionali d’Italia
ore 14.30
€ 16
Viaggio alla scoperta della tradizione del caffè italiano
e delle diverse abitudini di consumo nel nostro Paese.
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O T T O B R E
Laboratori del Gusto
SL67
Formaggi e vini dalla Turchia
ore 14.30
€ 20
Degustazione dei formaggi dell’Anatolia, patria di una
delle più ricche tradizioni casearie al mondo, identificati dal progetto Essedra e catalogati nell’Arca del Gusto.
Accompagnano i vini dell’associazione Wines of Turkey.
SL68
Insetti
ore 14.30
€ 20
Ben Reade e Josh Evans del Nordic Food Lab di Copenaghen hanno girato il mondo alla ricerca dei migliori
insetti edibili. Vi proporranno assaggi di piatti e storie
di produttori e prodotti.
SL69
Vino e territorio: il Lambrusco di Sorbara
di Vincenzo Venturelli
ore 17.00
€ 20
Degustazione degli incredibili Lambruschi di Vincenzo
Venturelli ottenuti dalla sola cultivar sorbara con l’ancestrale pratica della fermentazione in bottiglia da lieviti
indigeni o seguendo il metodo classico.
SL70
L’importanza del suolo: i grandi bianchi
della Loira
ore 17.00
€ 30
Claude e Lydia Bourguignon, microbiologi del suolo, vi
conducono nell’assaggio di tre terroir della Loira: il Sancerre Domaine Vacheron, i vini di Montlouis-sur-Loire
di François Chidaine e il Muscadet di Sèvre-et-Maine
del Domaine de l’Ecu.
SL71
Open mind: guida alla fisiologia del gusto
della birra
ore 17.00
€ 23
Proviamo con Kuaska e Sam Calagione di Dogfish
Head a descrivere le birre, in base al nostro bagaglio
personale di esperienze e memoria olfattiva, con la tecnica dell’open mind.
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SLV07
I coffee maker, la storia della caffettiera
raccontata e gustata da Lavazza
ed Enrico Maltoni
ore 17.00
€ 16
Con Enrico Maltoni, studioso e collezionista di macchine da caffè d’epoca, ripercorriamo 400 anni di storia
del chicco.
SL72
Tredicilune, progetto di sostenibilità
e filiera dei salumi di Lombardia
ore 17.00
€ 20
Degustazione di salami delle province lombarde e della
rét, salume dell’Arca, che si differenzia per l’aggiunta di
erbe aromatiche e limone. In abbinamento, le selezioni
di Franciacorta della cantina San Cristoforo.
SL73
Bruxelles: birra, cioccolato e cucina
ore 17.00
€ 30
Laurent Gerbaud, mastro cioccolatiere, Nicolas Sheidt,
cuoco alsaziano del ristorante La Buvette, e le birre belghe di Brasserie de la Senne e del beershop Mi orge mi
houblon, saranno protagonisti di piatti e abbinamenti
d’alta scuola.
SIG04
La dolcezza incontra la sapidità:
vino da meditazione e sigaro Toscano
ore 17.00
€ 15
I passiti dalla tenuta Bukkuram di Pantelleria di Marco
De Bartoli, spiegati da Sebastiano De Bartoli, incontrano il sigaro Toscano Originale descritto da Stefano Fanticelli affiancato da Luca Martini, campione del mondo
sommelier Ais 2013. Degustazione riservata ai maggiori
di anni 18.
SL74
Vino e territorio:
Montalcino e tutti i colori del Brunello
Ore 19.30
€ 40
Le sfaccettature dei diversi versanti del Brunello viste
attraverso i vini di alcuni produttori, provenienti da
ogni area della denominazione. In degustazione le bottiglie di: Baricci, Paradiso di Manfredi, Piancornello,
Fattoi, Tenuta di Sesta e Poggio di Sotto. Assaggerete
tutti i colori del Brunello.
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SL75
Anselme Selosse e David Lefebvre:
cos’è la mineralità?
ore 19.30
€ 45
Capiamo cos’è la mineralità con l’aiuto di Anselme
Selosse, vigneron della Champagne e David Lefevbre,
enologo e giornalista francese. Assaggi di acque,
Champagne e formaggi a differente grado di mineralizzazione.
SL76
Birra e uva in Italia:
questo matrimonio s’ha da fare
ore 19.30
€ 28
L’uso dell’uva (frutta, mosto o vino) nella fabbricazione della birra è una prerogativa del tutto italiana.
Degustazione di diversi esempi di birre per capirne
risultati, limiti e potenzialità. In omaggio ai partecipanti una copia della Guida alle birre d’Italia 2015 di
Slow Food Editore.
SIA05
Sebastien Chatillon:
l’abbinamento tra vino e uomo
ore 19.30
€ 25
L’abbinamento del vino al piatto e al carattere o umore di ciascuno, visto attraverso la mente di Sebastien
Chatillon, sommelier dello Chateaubriand di Parigi che
eccelle in questa tecnica.
SL77
L’eredità culinaria delle Alpi
ore 19.30
€ 20
Insieme a Dominik Flammer, storico dell’alimentazione e autore del libro L’eredità culinaria delle Alpi,
percorrete un incredibile viaggio attraverso Svizzera,
Italia, Francia, Austria, Germania e Slovenia alla scoperta dei prodotti che caratterizzano la gastronomia di
queste montagne.
SL78
I chiles del Messico secondo Zurita
ore 19.30
€ 25
Ricardo Muñoz Zurita, uno degli chef più apprezzati
del Messico, vi presenta i chiles (peperoncini) – di cui
il Messico detiene la più alta biodiversità del pianeta
– attraverso alcuni piatti preparati secondo diverse
ricette tradizionali.
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SIG05
Negroni e Toscano Originale
ore 20.30
€ 15
Il club Negroni di Viareggio presenta in esclusiva “Il
Conte”, Negroni invecchiato in bottiglia. Assaggio di
salame e salsiccia al Negroni di Michelangelo Masoni
abbinati al sigaro Toscano Originale. Degustazione riservata ai maggiori di anni 18.
SW15
Guida Slow Wine 2015
Centro Congressi di Lingotto Fiere
ore 15.00
€ 39 ingresso al pubblico comprensivo di una copia di
Slow Wine 2015
€ 29 ingresso soci Slow Food comprensivo di una copia
di Slow Wine 2015
Mille vini di 500 aziende italiane saranno i protagonisti assoluti della più grande e importante degustazione mai organizzata da una guida dei vini italiana. Un’occasione unica per
scoprire i produttori premiati dalla guida Slow Wine 2015 e per
assaggiare tanti mostri sacri della nostra enologia. La bellezza di questa degustazione è data dalla presenza dei produttori che serviranno i loro vini e li racconteranno, ma anche dalla selezione, attenta e indipendente, che è stata effettuata dai
200 collaboratori della guida, puntando sui tre aggettivi che
per Slow Food connotano la qualità: buono, pulito e giusto.
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O T T O B R E
Appuntamenti a Tavola
SA17
La Francescana profuma di rosa
Il Bastimento, neo-bistrot di mare di Torino, parte del
progetto dell’Alleanza di Slow Food, ospita l’osteria moderna Dentro le Mura di Termoli per una cena a quattro
mani. I classici della cucina di mare del Molise preparati da Antonio e Lina Terzano e la tradizione della Puglia
Jonica proposta da Gigi, cuoco di casa.
ore 20.30
NH Lingotto-Tech Café Restaurant
Via Nizza, 230 – Torino
www.nh-hotels.it
€ 190 (soci Slow Food € 180)
Per Massimo Bottura la cucina non ha limiti: si parte
dalla sua terra, Modena, per esplorare i confini verso i
quali si può spingere. In questo appuntamento unico
non vi serviamo una carte blanche (come amano dire i
francesi), bensì rosa. La storia al femminile dell’Osteria Francescana da Lidia Cristoni ai nostri giorni è il
tema della cena che vi sarà servita nelle sale dell’Hotel
Golden Palace: dalla rezdora sua maestra alla trattoria
Campazzo di Nonantola sino a Laura Cattani, Sara Pica
e Jessica Rosval che hanno ora un ruolo chiave nella
brigade del ristorante tristellato modenese.
SA15
Pascal Barbot: la sublime cucina dell’Astrance
SA18
MagoBaldin: nella giacca dell’altro
ore 12.30 / Pranzo
Grand Hotel Sitea
Via Carlo Alberto, 35 – Torino
www.grandhotelsitea.it
€ 190 (soci Slow Food € 180)
ore 20.30
Ristorante Magorabin
Corso San Maurizio, 61 – Torino
www.magorabin.com
€ 80 (soci Slow Food € 70)
L’Astrance è un piccolo ristorante parigino con 25 coperti e tre Stelle Michelin, dove Pascal Barbot in cucina e Cristophe Rohat in sala, fanno dell’accoglienza
un’arte sublime. Una cucina minimalista, giocata su
un sottile equilibrio tra improvvisazione e precisione,
un uso sapiente delle spezie e un alto rispetto delle materie prime. Al Grand Hotel Sitea, il menù sarà
abbinato a una selezione di etichette di Vino&Design
di Reggio Emilia, importatore e distributore di vini
scelti da Dick Ten Voorde e dalla sua equipe tra i produttori italiani e internazionali più legati al territorio.
Mettiamo che due chef, due amici, decidano di scambiarsi giacca e dispensa per una sera, e mettiamo che
siano di due regioni vicine ma una bagnata dal mare
e l’altra caratterizzata dai monti. Che cosa ne uscirebbe fuori? Grandi cose, ne siamo certi! Soprattutto se i
protagonisti sono Marcello Trentini alias Magorabin, riferimento dell’alta cucina sotto la Mole, e Luca Collami,
del ristorante Baldin di Genova, posto del cuore per chi
ama il pesce comme il faut.
SA16
Moreno Cedroni: la Madonnina ne fa 30
ore 20.30
wPetit Baladin
Via Saluzzo, 21 – Torino
www.baladin.it
€ 85 (soci Slow Food € 75)
SA14
Il Bastimento dentro le Mura
ore 12.30 / Pranzo
Ristorante Il Bastimento
Via Della Rocca, 10 – Torino
www.ristorantebastimento.it
€ 70 (soci Slow Food € 60)
ore 20.30
Eataly-Sala dei 200
Via Nizza, 230 int. 14 – Torino
www.eatalytorino.it
€ 120 (soci Slow Food € 110)
Trent’anni, questa l’età compiuta ad aprile dalla Madonnina del Pescatore di Senigallia. E non sentirli, come
Moreno Cedroni, la sua anima: grande professionalità,
sperimentatore instancabile che ha raggiunto la meritata maturità, dopo aver anticipato i tempi con coraggiosi
piatti creativi. Potete ancora scorrere la storia culinaria
del ristorante, leggendone il menù che riporta gli anni
in cui i piatti sono apparsi in carta. Moreno, attraverso
una sequenza di portate, proverà a tracciare a ritroso
una bella storia italiana di successo.
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SA19
Josean Alija: alta brasserie al Petit Baladin
La cucina del Petit Baladin, bar à bière nel cuore del
quartiere San Salvario, sarà territorio dello chef Josean
Alija del Nerua, ristorante all’interno del Museo Guggenheim di Bilbao. Per l’occasione, la cucina di Josean
sarà ispirata dalle birre Baladin di Teo Musso.
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Scuola di Cucina
SC17
Luca Collami
I cefalopodi: cottura e utilizzo
ore 12.00
€ 35
Luca Collami, chef e patron del Ristorante Baldin a
Genova, propone da sempre una cucina di pesce delicata e precisa. Da qualche anno, insieme alla moglie
Barbara ha dato vita, a pochi metri dal ristorante, alla
scuola di cucina dove propongono corsi o singole lezioni riscuotendo grande successo. Per il Salone del
Gusto, Luca affronta un tema in cui molti aspiranti
chef si saranno imbattuti, nella maggior parte dei casi
affidandosi a lunghe cotture: i cefalopodi. Luca ci insegnerà a trattare polpi, seppie e calamaretti con cotture
veloci, preservando il sapore pur mantenendo morbida la carne.
SC18
Christian & Manuel Costardi
A scuola di riso
ore 12.00
€ 35
Il riso italiano sta diventando velocemente una commodity, offerto senza differenze qualitative sul mercato;
stanno scomparendo le varietà tipiche del nostro territorio e della nostra storia. Approfondiremo il tema con
i cuochi Christian e Manuel Costardi dell’Hotel Cinzia
di Vercelli, al centro delle aree risicole piemontesi, in
collaborazione con l’Accademia degustatori di riso –
fondata nel 2013 da Igiea Adami, Matteo Bermide e Davide Gramegna. Quali le caratteristiche delle differenti
varietà di riso e come si comportano in cucina? E quali
scegliere, a seconda del piatto che vogliamo realizzare?
Per un risotto o un timballo è meglio un carnaroli, un
vialone nano o un arborio? Dal salato al dolce scoprirete i segreti del riso e le sue tecniche di cottura. Oltre
ai piatti cucinati dai due fratelli chef, valuterete con gli
esperti dell’Accademia, i chicchi a crudo per riconoscerne pregi e difetti della pilatura, uniformità della
pezzatura, qualità degli aromi; quindi ne assaggerete
i campioni cotti.
Per i soci Slow Food sconti su tutti gli appuntamenti a
pagamento e molti altri vantaggi.
Per tutte le info: www.slowfood.it
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SC19
Massimo Bottura
La forza della squadra e l’identità in cucina
ore 15.30
€ 35
Dalla fine degli anni Novanta con l’apertura della Francescana in centro a Modena passando per la prima Stella
del 2002 sino alle tre del 2012. Ripercorriamo non tanto
la storia degli ultimi 10 anni di questo grande ristorante
italiano, ma piuttosto di come nasce un piatto della Francescana e come evolve nel tempo. Massimo vi condurrà
all’interno delle sue cucine e lo farà con l’aiuto di due suoi
fedeli allievi: Takahiko Kondo e Davide Di Fabio, che lo
seguono proprio da 10 anni. Scoprirete come le storie
personali si siano intrecciate con alcuni dei più noti piatti
della Francescana e sarete guidati in un’esperienza unica,
che tenterà di decriptare il concetto di identità in cucina.
SC20
Fabio Picchi
La cucina del recupero: senza vizi e senza
sprechi
ore 15.30
€ 30
Quando ci ritroviamo tra le mani un avanzo di cibo, siamo in
una situazione fortunata: «…un momento magico di sospensione tra ciò che è stato, ciò che è e ciò che sarà…». È quanto
sostiene lo chef Fabio Picchi, padre fondatore del ristorante Cibrèo, a Firenze, che ha fatto del recupero della tradizione una
delle peculiarità della sua cucina. Fabio vi aiuterà a scoprire
che l’avanzo di un pasto può trasformarsi in antipasto o diventare protagonista di una merenda. E il recupero diventa arte!
SC21
Luigi Taglienti e Tommaso Cecca
Dish&Drink: exposizioni creative chez
Trussardi
ore 19.00
€ 35
In Piazza della Scala, a Milano, la maison Trussardi è
un punto di riferimento polivalente: moda, arte, design,
cucina e mixologia convivono in armonia sotto lo stesso
tetto. Luigi Taglienti, chef del ristorante Trussardi alla
Scala e Tommaso Cecca, head mixologist al Caffè Trussardi, sono la prova della scommessa fatta e vinta dalla
proprietà, che ha puntato forte su giovani creativi e di
talento. La contaminazione tra il Caffè e il ristorante è
palpabile e lo scambio di idee, informazioni, concetti
è continua. Al punto che, in vista dell’Expo 2015 a Milano, esposizione culturale a livello mondiale che avrà
come focus il cibo e l’alimentazione, si sono chiesti
come unire l’alta cucina all’alta mixologia. Un cocktail
può essere abbinato a un piatto? E ancora, si può bere
un piatto e mangiare un drink? Lo scoprirete in anteprima in questa imperdibile lezione di cucina miscelata.
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O T T O B R E
Scuola di Cucina
SC22
Marlena Buscemi
La cucina del recupero: con quel che
resta del Salone-appuntamento di
improvvisazione culinaria
ore 19.00
€ 30
Durante questo appuntamento scoprirete che preparare un
piatto di recupero non è un mero assemblaggio casuale di
avanzi bensì un’arte. E come tale richiede che capacità tecnica e intelligenza creativa si alleino per dare nuova vita a cibi
destinati a non avere più nessuna chance tra i fornelli. Scoprirete che il principale spreco è… quello di non avere abilità
nel vedere in un cibo tutte le sue potenzialità. A condurre
l’incontro Anna Marlena Buscemi, laureata presso l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, e animatrice
dell’associazione Palati educati Palati appagati (PePa), che
forma adulti e bambini in ambito di educazione alimentare.
Fucina Pizza&Pane
SLP10
Davide Longoni: infarinature
ore 13.00
€ 15
Arriva alla Fucina Pizza&Pane il senso per la farina. A
narrarlo è Davide Longoni, geografo, che gestisce due
negozi, uno a Milano, l’altro a Monza, e ha ristrutturato
un laboratorio a Rozzano, circondato dai campi di cereali. Protagonista del Mercato della Terra di Milano, Davide fa di tutto per facilitare il percorso dei milanesi da
consumatori a coproduttori. In aula, il profumo degli
impasti e un grande patrimonio di gustosa biodiversità.
SLP11
Beniamino Bilali: scienza e conoscenza
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SLP12
Saracco: 10 anni di Moscato d’Autunno
ore 19.00
€ 20
L’azienda Saracco si trova a Castiglione Tinella, dove le
ultime colline di Langa si affacciano sul Monferrato,
in un territorio fortemente vocato al Moscato. I vigneti
dell’azienda sono gestiti con cura e passione da Paolo,
la terza generazione della famiglia. A lui va il merito di
aver creato un movimento di piccoli vignaioli legati al
Moscato d’Asti, che ne hanno innalzato sensibilmente
il livello qualitativo rispetto a quello industriale, facendolo apprezzare in tutto il mondo. Per l’occasione Paolo
ha deciso di aprire la sua réserve secrète e proporvi una
verticale di oltre 10 anni del suo Moscato d’Autunno,
vino slow nella guida Slow Wine 2014. In accompagnamento, alcune pizze realizzate per l’occasione.
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Mixology
SLX12
Dieci anni di fashion cocktail
ore 12.00
€ 25
Tommaso Cecca è l’head mixologist del Caffè Trussardi, in Piazza della Scala a Milano. Il suo racconto testimonierà i primi dieci anni di servizio all’interno dei
luoghi più rappresentativi della moda italiana, dalla
prima esperienza presso lo stilista Roberto Cavalli fino
all’approdo alla maison del levriero. La sua filosofia, le
sue esperienze e i suoi storici cocktail legati ai blasoni del fashion style. Tommaso metterà l’accento sulla
mixologia contemporanea dove materia prima, trasparenza ed eleganza la fanno da padrona e racconterà da
quali intuizioni sono nati i suoi cocktail più celebri,
come il Beer Americano e il Liquid Salad, seguiti dalle
sue recenti scoperte liquoristiche. Alcune anteprime,
inoltre, saranno protagoniste del viaggio verso la ricerca del gusto assoluto e dell’essenza dell’aperitivo,
per concludere l’esperienza con un distillato antico dal
carattere bohemian.
SLX13
The Connaught Hotel: storia del bar
d’albergo
ore 14.30
€ 25
Nominato Best International Bartender al Tales of the
Cocktail 2010, Agostino Perrone è head mixologist del
Connaught Bar dell’omonimo luxury hotel londinese.
Pluripremiato Best Hotel Bar, la cocktail room rappresenta l’esempio perfetto di come il bar d’albergo possa
raggiungere l’apice del successo grazie alla sinergia
dell’intera struttura. Agostino vi racconterà l’evoluzione del bar d’albergo e di come la visione globale e il
lavoro di squadra possa innalzare il livello qualitativo della proposta: ricerca del prodotto, collaborazione
con gli chef, innovazione, elaborazione del concetto
“twist on classic”.
ore 16.00
€ 20
Pizzaiolo freelance, consulente e docente per l’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este. Per la prima volta,
al Salone del Gusto arriva Beniamino Bilali (Benji per
gli amici), originario di Durazzo (Albania), figlio di una
famiglia di fornai, in Italia dall’età di 13 anni. Con lui,
la pizza diventa strumento di conoscenza e sperimentazione: una esaltazione dei sensi a partire dalla matematica certezza del piacere in pizzeria.
Per i soci Slow Food sconti su tutti gli appuntamenti a
pagamento e molti altri vantaggi.
Per tutte le info: www.slowfood.it
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SLX14
Cocktail and botanical
ore 17.00
€ 25
Simone Caporale è uno dei più famosi bartender italiani al
mondo e mixologist presso l’Artesian Bar del Langham Hotel di Londra, nominato Best Bar 2013, e considerato tra i
cinque migliori locali del pianeta. Giovane e creativo, Simone Caporale affronterà una delle tematiche più attuali del
mondo della miscelazione: l’utilizzo dei botanical nella preparazione dei cocktail. Sarà analizzato l’uso di spezie ed erbe
aromatiche e di come lavorare con gli aromi per proporre
particolari creazioni. Ovviamente tutto sarà da assaggiare!
SLX15
Nordic Rock ‘n’ Roll ore 19.30
€ 25
Geoffrey Canilao, mixologist professionista e newyorkese
di nascita, è chef barman del The Union di Copenaghen.
Nella capitale danese ha incontrato Ben Reade, dottore in
Scienze Gastronomiche, background da cuoco, e responsabile del reparto di ricerca culinaria e sviluppo del Nordic
Food Lab, istituto fondato da Redzepi, chef del Noma, e
da Claus Meyer, imprenditore gastronomico. In questo
appuntamento Geoffrey e Ben collaboreranno per creare
nuovi, inattesi drink e vi guideranno in una rivisitazione
dei classici senza paura di spingersi sino agli estremi limiti del mondo dei cocktail. Are you ready to rock ‘n’ roll?
Per le famiglie
Cuciniamo in famiglia:
Piccoli buongustai crescono ore 11.00
€ 10 per pubblico adulto interessato
La merenda Buona Pulita e Giusta ore 16.00
Tutti pazzi per la pizza! ore 18.30
€ 10 per adulto
€ 5 per bambini (dai 6 ai 14 anni)
Sconto per soci Slow Food
Iscrizioni: www.slowfood.it
Personal shopper (a cura della condotta Unisg)
Personal shopper regionale € 10
ore 11.30; 11.45; 12.45; 13.00; 15.00; ; 15.30; 17.30;
18.00
Personal shopper internazionale € 10
ore 12.30; 13.15; 17.00; 18.30
Personal shopper tematico € 10
ore 12.00; 12.15; 13.30; 16.00; 16.30; 19.00
Sconto per soci Slow Food
Iscrizioni: [email protected]
Informazioni e dettagli a pagina 153
s a l o n e
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LUNEDì
27 OTTOBRE 2014
Laboratori del Gusto
SL79
Champagne: Extra-Brut e nature,
quale dosaggio?
ore 12.00
€ 35
Il Blanc de Blancs Grand Cru Simon Selosse di Avize e
il Carte Blanche Grand Cru di Etienne Lefèvre di Verzy
(maggioranza pinot nero) proposti nelle versioni Nature, Brut e Demi-sec a differente dosaggio.
SL80
Vino e territorio: i differenti territori della
grenache in Côte du Rhône
ore 12.00
€ 30
La grenache del sud della Valle del Rodano declinata
attraverso sette denominazioni: dai vin de Pays, alle
Côtes du Rhône passando per Châteauneuf-du-Pape e
Gigondas. Vini da millesimi dei primi anni 2000 per
verificare la tenuta all’invecchiamento.
SL81
1996-2014: i 18 anni della
birra artigianale italiana
ore 12.00
€ 28
Maggiorenni! I primi pionieristici debutti di Turbacci,
Baladin, Beba, Birrificio Italiano, Lambrate al saldo
del tempo. Da cosa si è partiti e dove si arrivati? Assaggio delle ultime birre nate. In omaggio ai partecipanti
una copia della Guida alle birre d’Italia 2015 di Slow
Food Editore.
SLV08
L’autentico espresso italiano: la tostatura,
la miscela e l’estrazione
ore 12.00
€ 16
Laboratorio dedicato ai tre elementi cardine che caratterizzano l’espresso ovvero la tostatura, la miscelazione e i parametri di estrazione. Assaggio di origini
in purezza e miscele per espresso create “in diretta”
durante il Laboratorio.
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m a d r e
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SL82
I nuovi Presìdi dei salumi
SL87
La rete internazionale degli affinatori
ore 12.00
€ 25
ore 14.30
€ 25
Panoramica sulla tradizione norcina europea raccontata attraverso i salumi dei Presìdi di Slow Food: dai Paesi
Baschi francesi fino alla Bulgaria, passando per l’Italia.
Degustazione dei formaggi simbolo degli affinatori europei che, a Cheese 2013, hanno fondato la Confédération Internationale des Fromagers Détaillants. L’occasione per capire meglio la figura dell’affinatore e il suo
ruolo, a metà tra produttore e consumatore.
SC23
Moreno Cedroni
10, 20 e 30 anni della Madonnina del Pescatore
SL88
Conoscere e degustare i tè pu’er
Buon compleanno Madonnina! Festeggiamo l’anniversario di uno dei ristoranti – la Madonnina del Pescatore sul lungomare di Marzocca a Sinigallia (An) – simbolo della cucina italiana di pesce, ripercorrendo con
Moreno e la sua brigata trent’anni di storia del locale
attraverso i piatti che l’hanno reso celebre. Dal susci
all’italiana passando per altri classici sino alle ultime
novità, avrete la possibilità di rivivere, fianco a fianco
del suo creatore, i momenti in cui dall’idea si passa al
piatto vero e proprio e tutto trova il suo posto. Tre piatti
a dieci anni di distanza uno dall’altro e realizzati davanti ai vostri occhi.
SL83
Carlo Crisci: al vertice dei sapori
ore 12.00
€ 35
Carlo Crisci, chef del Le Cerf, ristorante bistellato di
Cossonay (zona del lago di Ginevra), vi propone tre piatti simbolo della propria cucina e filosofia. Abbinamento
con altrettanti vini svizzeri bianchi e rossi.
SL84
Quanto invecchiano i bianchi italiani?
ore 14.30
€ 30
La potenzialità di affinamento dei bianchi italiani testimoniata dalle bottiglie, di almeno 10 anni, di F. M.
Martinetti, Ampelio Bucci, Edi Keber, Alois Lageder,
Pietracupa e Pieropan.
SL85
Vino e territorio: la Champagne
ore 14.30
€ 50
Sei nomi da dream team delle bollicine d’Oltralpe si
confrontano nel bicchiere: Alexandre Chartogne-Taillet, Jérôme Prévost, Ulysse Collin, Michel Fallon, Georges Laval e Vouette&Sorbée.
SL86
Dove va la birra tedesca?
ore 14.30
€ 23
ore 14.30
€ 25
Dalla provincia cinese dello Yunnan, degustazione di
differenti tipi di tè pu’er delle foreste di montagna (prodotto dell’Arca del Gusto): da uno giovane sino a un tè
invecchiato 10 anni.
Appuntamenti a Tavola
SA20
Vamos a cenar
ore 20.30
Ristorante Consorzio
Via Monte di Pietà, 23 – Torino
www.ristoranteconsorzio.it
€ 70 (soci Slow Food € 60)
Carlos Orta Cimas, cuoco del ristorante Villa Mas di
Sant Feliu de Guixols in Costa Brava, duetta con Miro
Mattalia, cuoco del Consorzio di Torino, l’osteria nuova
per eccellenza della capitale sabauda. Vini naturali del
marchio Triple A della Velier di Genova e il Presidio
Slow Food spagnolo della Malvasia di Sitges, a pochi
chilometri da Barcellona.
Scuola di Cucina
ore 12.00
€ 35
SC24
Alice Delcourt
La cucina del recupero: che pesci prendere?
ore 12.00
€ 30
Pensate a quanti piatti di pesce conoscete… e ora a
quante specie sono necessarie per realizzarli. Purtroppo delle migliaia di specie commestibili ben poche
sono quelle che ritroviamo nei nostri piatti. La chef
Alice Delcourt, fondatrice e chef del ristorante con orto
L’Erba Brusca di Milano, vi guiderà alla scoperta di piatti realizzati con pesci di specie neglette ma altrettanto
saporiti, combinati abilmente con verdure di stagione e
ingredienti del territorio. Una gustosa alternativa… e a
guadagnarci saranno sia il palato che l’ambiente!
SC25
Chicco Cerea
A cavar sangue dalle rape
ore 15.30
€ 35
Cosa succede nella Germania brassicola? Scopriamolo insieme ai tre birrai di Bamberga e della Franconia: Georg
Rittmayer (Brauerei Rittmayer), Stephan Michel (Mahrs
Bräu) e Stephan Zehendner (Brauerei Zehendner).
SIA06
Extraomnes: Schigi alias Luigi d’Amelio
ore 14.30
€ 20
Per le scuole
Incontro tra Luigi “Schigi” D’Amelio, Birraio dell’Anno
2013, e Kuaska per conoscere meglio cosa c’è dietro il
progetto Extraomnes. Assaggio di birre, aneddoti e racconti inediti.
Iscrizioni: www.slowfood.it
Informazioni e dettagli a pagina 153
A tutto legume: hamburger vegetale ore 10.30 e 13.00
€ 25 a gruppo classe
Chicco Cerea, chef del tristellato Da Vittorio di Brusaporto in provincia di Bergamo, quando ci si mette riesce a “cavar” straordinaria cucina dal poco. Un cuoco
che rispetta la terra e che ha consapevolezza e cultura
ecogastronomica, capace di trasformare i prodotti poveri, le materie seconde e i tagli negletti in un’avventura gustativa sempre nuova e diversa.
La scuola di cucina finisce con il botto e con l’insegnamento di un grande chef come Chicco Cerea, che
ci educa a utilizzare le materie prime minori per fare
grandi piatti.
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L u n ed ì
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O T T O B R E
SC26
Pier Giorgio Parini
L’altra Romagna, uova e farina
ore 15.30
€ 35
Un grande giovane chef, Pier Giorgio Parini dell’Osteria
del Povero Diavolo di Torriana in provincia di Rimini, interprete di una cucina fatta di materie prime locali: l’orto e i
prati attorno a Torriana, una fucina di prodotti semplici che
lui trasforma in capolavori. Per l’occasione, Pier Giorgio si
cimenterà con uno dei capisaldi della cucina romagnola,
la pasta, dove i prodotti basilari sono le uova e la farina.
Una lezione che introduce alle tecniche di preparazione
e ai formati di pasta, ma che aiuterà i neofiti nella scelta
anche delle materie prime. Non mancheranno suggerimenti per l’abbinamento con i condimenti più appropriati
e i vini da degustare insieme agli assaggi di Pier Giorgio.
Fucina Pizza&Pane
SLP13
Enrico Giacosa e Matteo Calzolari: fatti dello
stesso impasto
ore 13.00
€ 15
Giovani, affamati di conoscenza e con un amore per
le sfide, avviano ciascuno un progetto per tornare a lavorare farine di grani antichi: poco glutine, poca forza
ma tanti più sapori. Il primo alleato di Matteo Calzolari, patron de Il forno di Calzolari a Monghidoro (Bo) è
Luca Minarini, giovane agricoltore; per Enrico Giacosa
della omonima panetteria di Alba (Cn), e Presidente del
Consorzio di Tutela del Pan ed Langa, c’è invece Renzo
Sobrino, del Mulino Sobrino di La Morra (Cn). Grazie a
loro, i risultati sono pronti al test... anzi al taste!
SLP14
Alta Langa: ascesa della bollicina piemontese
ore 16.00
€ 20
L’Alta Langa con i suoi scorci, i suoi profumi e i suoi silenzi è un’ottima soluzione per evadere dalla quotidianità
e dalla frenesia dei centri urbani. Diversi pensatori, artisti
e scrittori ci hanno tramandato storie incredibili di questo
territorio; dal Partigiano Johnny di Beppe Fenoglio ai falò
di Cesare Pavese. Dai primi anni del Duemila Alta Langa
è anche sinonimo di bollicina di qualità: è la denominazione del metodo classico prodotto in questi territori con
uve chardonnay e pinot nero. Degustazione di sei annate
di altrettanti produttori del Consorzio Alta Langa. I vini saranno accompagnati da alcune pizze ad hoc della Fucina.
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s a l o n e
d e l
Mixology
Per le famiglie
SLX16
Fresco al punto giusto: ghiaccio,
temperatura e diluizione
Cuciniamo in famiglia
ore 12.00
€ 25
Il Fresco, capitanato da Simone Maci, è un locale di
Como che nasce dal concetto di spesa quotidiana.
Quando ancora non si parlava di valorizzazione della
stagionalità e di chilometro zero nei bar ma solo nelle
cucine, questo locale anticipava le tendenze. Oggi Simone affronterà il tema del ghiaccio, con particolare
attenzione all’approfondimento dell’importanza delle temperature. Saranno inoltre affrontate le diverse
tecniche di diluizione. Molto spesso, infatti, si sottovaluta l’utilizzo del ghiaccio in un cocktail, prestando
attenzione esclusivamente al prodotto e alla tecnica di
servizio. Il Laboratorio sul freddo sarà d’impatto e unico: da non perdere.
SLX17
Molecular mixology
ore 14.30
€ 25
Considerato il tempio della miscelazione molecolare,
il Nottingham Forest di Milano è nella lista dei 50 migliori cocktail bar del mondo. Deus ex machina è il
pioniere e visionario Dario Comini, uno dei padri e
massimo esperto della molecular mixology a livello internazionale. Il team del Nottingham Forest vi racconterà il mondo della miscelazione moderna attraverso
la presentazione di tecniche all’avanguardia applicate
alla preparazione di cocktail, in grado di creare nuove
esperienze sensoriali al fine di stupire e appagare il
palato dei clienti.
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Nella Cucina Didattica le famiglie potranno mettersi in
gioco, seguite da cuochi ed esperti, riscoprendo il valore
del cibo e preparando alcuni piatti facilmente riproducibili anche a casa. Per la prima volta, un appuntamento
sarà destinato ai genitori di piccoli buongustai nella delicata fase dello svezzamento.
Iscrizioni: www.slowfood.it
La merenda Buona Pulita e Giusta
In quanti modi può essere preparata una merenda? In
questa attività le famiglie si diletteranno a preparare gustosi e appetitosi spuntini, da rifare anche a casa. Tra le
ricette proposte, il croccante di nocciole e miele, le torte
della tradizione e i dolci del recupero.
Per bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni in visita con la famiglia.
I ravioli con mamma e papà
Rimboccatevi le maniche: è arrivato il momento di fare
la pasta in casa! Questo laboratorio insegnerà alle famiglie a collaborare, diventando un’ottima squadra anche
in cucina. Adulti e piccini, seguiti da un cuoco esperto,
impareranno a preparare dei ravioli di pasta fresca con
un ripieno gustoso che li lascerà sorpresi!
Per bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni in visita con la famiglia.
Tutti pazzi per la pizza!
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tidiana? Allo stato secco ne contengono dal 20 al 40%,
una percentuale molto vicina anche a quella dei prodotti
di origine animale. Negli ultimi decenni, tuttavia, il loro
consumo è diminuito drasticamente a favore delle proteine animali. Con la magistrale regia di un cuoco, alunni e
insegnanti realizzeranno golosi piatti a base di legumi. A
goderne, oltre il palato, sarà anche l’ambiente!
Per studenti dai 9 ai 13 anni (max 25 alunni e 2 accompagnatori)
Iscrizioni: www.slowfood.it
Per bambini del pubblico
Molte attività e giochi vi aspettano nello spazio Slow
Food Educa. Scopritele sul sito del Salone!
Personal shopper
a cura degli studenti della condotta Slow Food
dell’Università di Scienze Gastronomiche
Iscrizioni: [email protected]
Personal shopper regionale
Un tour enogastronomico alla scoperta di sapori, tradizioni
e peculiarità di una regione a scelta tra otto destinazioni: Veneto, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo
e Molise, Campania, Sicilia. Ognuna di queste terre vi offrirà
un’esperienza sensoriale e umana unica, che accompagna
alla degustazione il confronto diretto con i singoli produttori. La pizza è un grande classico della nostra tradizione
che darà l’occasione di cimentarsi con acqua e farina.
Le famiglie, seguite dai maestri pizzaioli del corso di
Alto Apprendistato dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche, impareranno a scegliere gli ingredienti e a rispettare i tempi di preparazione.
Per bambini e ragazzi dai 6 ai 14 anni in visita con la famiglia.
Personal shopper internazionali
Piccoli buongustai crescono
Qual è il percorso del miele dal fiore al vasetto? Come si
amalgamano farine, lieviti madre e passione per la panificazione? Dove nasce la pianta di cacao e quali sono
le tecniche di lavorazione? Come si fa la birra? Chi sono
i giovani protagonisti della “rivoluzione del cibo”? Quali sono i prodotti della cultura culinaria dello Stivale?
Questi i sei itinerari dedicati a un singolo prodotto o a
un argomento specifico tra cui potrete scegliere. Ogni
tour si concluderà con una degustazione guidata e offrirà l’occasione di confrontarvi con artigiani e produttori.
Le tappe dello svezzamento sono spesso presentate
come rigide regole da seguire alla lettera, guai a sbagliare! Ma siamo proprio sicuri che questo sia l’approccio corretto? Da alcuni esperti, i suggerimenti utili per
trovare gli ingredienti salutari e gustosi da proporre ai
bambini in questa delicata fase di crescita.
Per pubblico adulto interessato.
Per le scuole
A tutto legume!
Lo sapevate che i legumi sono un’ottima fonte di proteine
di qualità, che non dovrebbero mancare nella dieta quo-
Il Salone del Gusto e Terra Madre vi offrono l’occasione di fare
il giro del mondo! Fatevi guidare dai nostri esperti in un itinerario che dalla Svizzera e dai Paesi del Nord Europa vi condurrà alla scoperta di territori lontani come il Maghreb e il Sudamerica, presentandovi i sapori e i protagonisti che li abitano. Personal shopper tematici
DEGUSTAZIONI GUIDATE IN ENOTECA
a cura della condotta Unisg
Presso l’enoteca del Salone del Gusto gli studenti di Pollenzo condurranno alcune degustazioni territoriali e a tema:
l’importanza delle vecchie annate, i segreti del metodo classico, il mondo degli Orange Wine, le caratteristiche dei vini
d’alta quota e le peculiarità dei vini passiti e fortificati.
s a l o n e
154
Conferenze
Anche quest’anno il programma delle conferenze, degli incontri e dei convegni del Salone del Gusto e Terra Madre,
sarà molto ricco. Fanno il loro esordio al Lingotto le lectio
magistralis, che si articoleranno in diverse discipline – le
nuove economie, i diritti, la comunicazione, i cambiamenti
climatici…– per ognuna delle quali relatori di fama ci regaleranno un intervento di 45 minuti, al quale seguirà una
sessione di domande da parte del pubblico. Tra i nomi già
confermati, Eric Holt-Gimènez, Silvia Perez-Vitoria, Woody Tasch, Corby Kummer, Stefano Rodotà, Luca Mercalli,
Tomaso Montanari, Tom Mueller, Maurizio Pallante... Naturalmente ci sono le conferenze “classiche”, alcune delle
quali saranno arricchite con degustazioni che serviranno a
“sentire” meglio quel che i relatori racconteranno: c’è sicuramente il tema che vi sta a cuore, non avrete che da scegliere tra l’agricoltura familiare e la possibilità di nutrirci di
insetti; tra gli OGM e il land grabbing; tra l’acquacoltura e le
contraffazioni alimentari... Aumenta infine il numero degli
appuntamenti di fine giornata con film e spettacoli teatrali:
dall’ultimo lavoro di Johnatan Nossiter, Resistenza naturale,
al “mocumentary” del giovane Davide Minnella, Ci vorrebbe
un miracolo. Qui di seguito il calendario aggiornato al momento in cui la rivista va in stampa, ma tenete d’occhio il
sito, che sarà aggiornato costantemente.
Giovedì 23 ottobre
ore 15.00
Lectio magistralis / Claudia Roden, copresidente
dell’Oxford Symposium on Food and Cookery
Ce lo ricordiamo ancora che la birra è connessa all’agricoltura?
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ore 12.00
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Sabato 25 ottobre
Eredità gastronomiche del bacino del Mediterraneo.
ore 15.00
I paradossi della ricerca della crescita infinita in un pianeta finito. Quando l’economia tradisce se stessa.
Una nuova idea di città in cui c’è spazio per l’agricoltura.
ore 15.00
Un dibattito sulle indicazioni di origine e sul loro valore
per l’agricoltura familiare.
ore 15.00
Misurare (e pagare!) la qualità del latte. Il
caso del latte Nobile
Quali sono i criteri della qualità del latte? Il caso del
latte Nobile è un modello da cui trarre indicazioni e
spunti per il futuro: i progetti in Campania, Piemonte
e Molise.
ore 12.00
Sostenere l’agricoltura di piccola scala nei Paesi africani: consegnare alle comunità uno strumento di resistenza e di futuro.
ore 15.00
ore 15.00
Eating City: un’altra idea di città
Diecimila orti per il futuro dell’Africa
Coltivare la biodiversità per Nutrire il Pianeta:
Slow Food a Expo 2015
ore 12.00
Origine, diversità e territorio
La memoria guida i ribelli
I Granai della memoria, dell’Università di Pollenzo,
sono un serbatoio di progettazione per un nuovo “mondo ribelle”.
Lectio magistralis / Woody Tasch, fondatore
di Slow Money
ore 12.00
Senza biodiversità, non sarà possibile nutrire il pianeta.
A Expo 2015 Slow Food racconterà questo concetto.
L’economia della restituzione alla Terra, dal capitalismo
del denaro a quello delle risorse: Slow Money
L’Arca del Gusto cataloga l’immenso patrimonio di biodiversità che stiamo perdendo.
ore 18.00
ore 15.00
ore 12.00
Cosa dobbiamo sapere e cosa possiamo fare per produrre e consumare prodotti animali eticamente e culturalmente sostenibili.
Beni comuni e democrazia: un destino comune?
Il Manuale delle buone pratiche
Slow Food presenta la seconda edizione del Manuale
delle buone pratiche.
ore 18.00
Il volo spaziale dei Presìdi Slow Food
Quattro legumi Presìdi Slow Food andranno in orbita e
saranno il cibo di un’astronauta.
ore 18.00
Il nostro spreco quotidiano
Quale modello produttivo ha portato alle attuali percentuali di spreco alimentare e come possiamo, tutti insieme, invertire la rotta.
ore 18.00
Lectio magistralis / Luca Mercalli, presidente
della Società Meteorologica Italiana
Benessere animale: il piacere è rispettoso
dei diritti
ore 18.00
Torino capitale del cibo
La città di Torino si propone come punto di riferimento
nel settore alimentare per lo sviluppo economico, turistico e culturale.
ore 18.00
Lectio magistralis / Tristram Stuart,
ideatore della campagna “Feeding the
5000” e saggista
ore 12.00
Venerdì 24 ottobre
L’Arca dei sapori da salvare
Lectio magistralis / Stefano Rodotà, giurista
e professore nell’Università della Sapienza
ore 15.00
Insetti ed “erbacce” nei nostri piatti
(conferenza con degustazione)
Circa 1900 specie di insetti e un’infinità di piante selvatiche per una dieta sostenibile.
ore 15.00
Lectio magistralis / Corby Kummer,
giornalista
Scrivere di cibo: come si comunica la gastronomia, con
quali registri e grazie a quali competenze.
Come sfamare milioni di persone con gli sprechi.
Idee concrete e via di uscita dallo spreco alimentare.
ore 15.00
ore 18.00
Le aree rurali: da zone svantaggiate a opportunità di futuro.
Il clima influisce sull’orto o viceversa?
Land grabbing e ocean grabbing: giù le mani
dalla terra e dal mare!
m a d r e
Lectio magistralis / Maurizio Pallante,
presidente del Movimento per la
Decrescita Felice
ore 12.00
Birra agricola (conferenza con degustazione)
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Gli eventi sistemici Slow Food e il premio
Slow Pack 2014
L’agricoltura familiare a protezione delle
montagne
ore 15.00
Realizzare eventi con un impatto ambientale minimo:
gli eventi Slow Food e il premio Slow Pack (dedicato
agli eco-imballaggi).
Le popolazioni indigene e i loro saperi
ore 12.00
ore 18.00
ore 18.00
ore 12.00
Dagli Appennini alle Alpi: la montagna
racconta e tesse il futuro
Spazi collettivi urbani: come proteggerli. L’esperienza turca.
Le comunità montane hanno un ruolo chiave nella progettazione e realizzazione di un futuro di sostenibilità.
Il Protocollo di Milano si propone come il documento
programmatico di Expo e, soprattutto, del dopo Expo.
Come nutriremo il pianeta?
La seconda generazione di biocarburanti promette l’impatto zero.
ore 15.00
ore 12.00
A chi appartengono le risorse del pianeta?
ore 12.00
L’agricoltura familiare e i cambiamenti climatici
Produrre cibo senza surriscaldare il pianeta.
Lectio magistralis / Memet Ali Alabora, attore
Dalla salute del suolo alla salute dei consumatori
I prodotti che nascono in un suolo curato e ricco di diversità microbica portano in dono una promessa di salute.
L’agricoltura familiare contro la fame e la povertà
Non sono le grandi produzioni orientate al mercato a
proteggere le popolazioni più povere della terra.
Il Protocollo di Milano: le politiche
alimentari dal 2015
Le conoscenze delle popolazioni native come guida per
il futuro di tutti.
Il futuro delle rinnovabili si chiama
sostenibilità. Ma che facciamo nell’attesa?
ore 18.00
ore 20.30
Film: “Resistenza naturale” di Jonathan
Nossiter, alla presenza del regista
Il suolo è finito
In Italia quasi 22mila chilometri quadrati sono già compromessi. È tempo di dire basta!
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m a d r e
Sabato 25 ottobre
2004-2014: buon compleanno Terra Madre!
Agricoltura urbana
ore 15.00
ore 18.30
The Dark Side of Italian Tomatoes
Come è cresciuta in 10 anni la rete mondiale delle comunità del cibo.
Tetti, davanzali, balconi e giardini, oltre a terreni municipali diventano i luoghi della nuova agricoltura.
Il film-documentario di Stefano Liberti e Mathilde Auvillain
ore 18.00
ore 15.00
ore 15.00
Sabato 25 ottobre
Il 92% della nostra acqua quotidiana è nascosto nel
cibo: ricordiamocelo quando facciamo la spesa.
Slow Food Youth Network si ritrova a Terra Madre per
discutere nuove idee per un modello alimentare più
sostenibile.
A che punto siamo, in Europa e in Italia e quali sono le
esperienze degli altri continenti.
Quanta acqua mangiamo?
ore 15.00
d e l
The Future of Food is Ours!
OGM: una questione di regole, diritti,
responsabilità
ore 20.30
Presentazione di “2015x6”, il progetto
filmico legato ai temi dell’Expo
ore 20.30
Film: “Ci vorrebbe un miracolo” di Davide
Minnella
Domenica 26 ottobre
ore 18.00
Mente sana in corpo attivo e ben nutrito
Alimentazione e attività fisica riguardano non solo il
fisico, ma anche lo spirito e l’intelletto.
Lectio magistralis / Tom Mueller,
giornalista
Quando incontriamo il nostro cibo a tavola, chiediamogli da dove arriva. Il caso dell’olio d’oliva.
Verso un’agricoltura fonte di benessere sociale e inclusione lavorativa.
ore 20.30
Le mense italiane sono luoghi d’incontro, con il cibo a
farsi mezzo e fine dell’accoglienza e del riconoscimento
dell’altro.
Documentario “Piccole aragoste crescono”
di Francesco Cabras e Alberto Molinari
ore 12.00
Lunedì 27 ottobre
L’acquacoltura: soluzione o problema?
Davvero l’acquacoltura può salvare i mari dalla sovrappesca? Parliamone!
ore 12.00
Sicurezza, giustizia, sovranità: come cambiare il nostro
sistema alimentare.
La rete internazionale dei cuochi dell’Alleanza cresce
in tutto il mondo per conservare e trasmettere i saperi
gastronomici locali.
ore 15.00
Gusto e salute iniziano in pancia!
(conferenza con degustazione)
Le mamme in gravidanza riflettono su come si nutrono, assaggiando omogeneizzati artigianali e industriali.
ore 15.00
Lectio magistralis / Vincenzo Ferrara,
climatologo
Conferenze della Casa della Biodiversità
All’Oval, nel cuore dell’Arca del Gusto, torna la Casa
della Biodiversità con incontri e conferenze aperti al
pubblico. Uno spazio dedicato ai progetti di Slow Food
a tutela della biodiversità agroalimentare: Presìdi, Arca
del Gusto, orti in Africa, Mercati della Terra.
Giovedì 23 ottobre
ore 15.00
L’Arca del Gusto passa in America Latina
ore 16.00
Eccellenti e solidali
L’Alleanza dei cuochi libera la gastronomia
ore 18.30
La Toscana e la rete di Terra Madre
Domenica 26 ottobre
ore 11.30
In viaggio tra i prodotti dei Balcani e della Turchia Conferenza realizzata grazie al supporto dell’Unione Europea
ore 14.00
Per merenda… uno snack buono, pulito e giusto
In collaborazione con Life
ore 14.00
L’Arca del Gusto passa in Islanda
ore 18.30
Storie di pane
ore 15.00
L’Arca del Gusto passa in Asia
Lunedì 27 ottobre
ore 16.00
La trasparenza è un’autentica rivoluzione
ore 12.00
Lectio magistralis / Eric Holt-Giménez,
direttore di Food First
ore 14.00
L’Arca del Gusto passa in Africa
Il patrimonio culturale italiano: di chi è e come si protegge.
Quando la terra cura
Indovina chi viene a mensa. L’interscambio
gastronomico e interculturale nell’Italia
multietnica
Lectio magistralis / Tomaso Montanari,
docente di Storia dell’Arte moderna,
Università di Napoli Federico II
ore 18.00
ore 18.00
ore 12.00
ore 15.00
ore 11.30
L’Arca del Gusto passa in Eurasia
ore 18.30
Qual è l’impronta ecologica degli allevamenti dei
Presìdi?
ore 13.00
L’Arca del Gusto passa in Nordamerica e Canada
ore 12.00
Venerdì 24 ottobre
ore 14.00
Washoku, la cucina giapponese patrimonio dell’umanità La chimica in agricoltura è la principale causa delle morie di api nel mondo: e noi come stiamo?
ore 11.30
Tutti per uno. Una rete di Presìdi nei Paesi Baschi
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Alla scoperta dei Presìdi Slow Food in Belgio
Il ritorno dei contadini: un’opportunità per le nostre società.
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Nuovi Presìdi d’Italia
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Salinari slow in Mauritania
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#SaloneDelGusto #TerraMadre
Le saline sono realizzate nell’ambito del progetto SA.SOL.NO, con
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SlowFoodItalia
Se stermina le api… è ancora agricoltura?
Lectio magistralis / Silvia Pérez-Vitoria,
sociologa
Cambiamenti climatici e vita quotidiana.
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Cibo senza territorio
Quali leggi e quali competenze ci servono, quali le azioni da intraprendere.
Dalle comunità ebraiche e armene, agli emigrati italoamericani fino a quelli turchi e greci: le gastronomie
in viaggio.
In principio era un seme
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Progetto grafico e creatività: BODà - www.boda.it
Illustrazioni: Roberto Blefari
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Arriva l’Arca del Gusto
LOTTO 03.2009
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fermandovi, regione per regione, ad assaggiare i vini che
rappresentano la storia e il territorio da cui provengono.
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Tutti a bordo!
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Torino Lingotto Fiere 23-27 ottobre
LOTTO 03.2009
piazza Vittorio Emanuele 13, 12042 Pollenzo di Bra (Cn) tel. 0172 458418, [email protected]
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