MARCeLLO MARCheSI
DIARIO fuTILe
DI uN SIGNORe DI MezzA eTà
Postfazione di Guido Clericetti
I GRANDI TASCABILI
BOMPIANI
ISBN 978-88-452-7715-3
© 1993/2014 Bompiani/RCS Libri S.p.A.
Via A. Rizzoli 8 – 20132 Milano
I edizione Tascabili Bompiani ottobre 2014
Nell’aprile del 1962, in un programma televisivo musicale, tra un quartetto negro, un’attrice bionda e un virtuoso di fsarmonica, apparve improvvisamente un signore
che sembrava capitato lì per caso. Baff alla Groucho Marx,
occhiali alla Harold Lloyd, ombrello alla Chamberlain,
cappello “a caciottella” come dicono a Roma. Lo stesso tipo
di cappello che porto io. Mi sta male, ma la gente non sa
quanto mi stanno male gli altri.
Si faceva chiamare “il signore di mezza età”. Attaccò garbatamente gli autori di canzoni, rimproverandoli di comporre esclusivamente per i giovani. Cantò con brio, una sua
canzoncina e se ne andò mormorando “Che Niagara la vita”.
Lo riconobbi subito. L’avevo incontrato sull’autobus N
un mese prima. Eravamo vicini. Una bella ragazza che egli
fssava con competenza, si alzò e gli cedette il posto. Mi
guardò come per dire “Visto che roba?”
Una settimana dopo, in un ristorante, per uno scambio
di “caciottelle”, ci incontrammo ancora. Un sorriso e basta.
Poteva essere un avvocato, un professore, un direttore,
tutto, fuorché un cantante.
Quella sera stessa lo intervistai, bloccandolo prima che
uscisse dagli studi televisivi.
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“Buonasera, come sta?”
“Sono vivo.”
“Posso rivolgerle qualche domanda?”
“Sì. Sono curioso di sentire ciò che dirò.”
“Il suo nome?”
“Ecco un biglietto da visita. Non so se sia il mio.”
“Quanti anni?”
“Sono un signore di mezza età. L’altra mezza non si sa.
Il numero degli anni non ha importanza. Matusalemme
a quattrocento anni era un signore di mezza età. Vede?
La gioventù, prima o poi, fnisce; la mezza età non fnisce
mai.”
“E la vecchiaia?”
“La vecchiaia non esiste. È una mezza età portata male.”
“Lei si sente giovane...”
“Giovanile. Quando fnisce la gioventù, comincia la giovanilità.”
“Per lei, quindi, la mezza età è una bella età?”
“Sì, anche perché è l’unica che ho sottomano.”
“Lei si salva sempre.”
“Sì, mi salvo sempre, grazie al mio istinto di conversazione.”
“Allegro...”
“Un uomo di mezza età allegro è meno ridicolo di un
giovane col muso.”
“Non teme di apparire un po’ futile?”
“Futile? Strana parola. Mi fa venire in mente un fucile
che spara a borotalco. A pensarci bene, un fucile così non
ammazza nessuno e fa sorridere. Sì, sì, sono futile.”
“Lo è sempre stato?”
“Credo. Sono nato alla fne della Belle Epoque, proprio
nell’anno dell’avvento del fox-trot, mentre tutta l’Italia
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cantava Tripoli, bel suol d’amore, la canzonetta che futilizzava la guerra di Libia. La Libia è passata, la canzone
è rimasta. Quando nacqui, in casa c’era solo mio padre.
Mia madre era uscita. Una voglia improvvisa di panettone.
Così vidi la luce nel retrobottega di un pasticciere. Nella
confusione che seguì, mi legarono l’ombelico col nastrino
tricolore...”
“... di quelli che si usavano per confezionare i dolci.”
“Proprio così. Futili i miei amici, e dediti con estrema
serietà al futile, come, per citarne uno, il Viganotti, che ha
speso quindici anni della sua vita per compilare l’Enciclopedia dell’inutile, nella quale si può trovare tutto ciò che
di più effmero e di poco conto e di decisamente ozioso esista: dall’altezza di King-Kong al signifcato della posizione
delle zampe del cavallo nei monumenti equestri. Vuol saperlo? Se le due zampe anteriori sono sollevate, vuol dire
che il cavaliere è morto in battaglia. Una sola zampa anteriore sollevata, è stato ferito in battaglia. Le quattro zampe
a terra, è morto di morte naturale.”
“Come le è venuto in mente di presentarsi in TV?”
“Era l’unico modo per non vederla.”
“Ha avuto un attimo di paura, stasera, all’atto di apparire contemporaneamente in milioni di case? Ha sentito il
trac?”
“No. Qualunque cosa io abbia intrapreso ho sempre vinto. Ho perso solo la guerra, ma non sono stato l’unico.”
“Quindi è sicuro del successo?”
“Non sarà merito mio. La televisione esercita una suggestione diabolica. Credo che chiunque potesse apparire sul
video tutte le sere, alla stessa ora, e dicesse, non so, ‘putput buonasera put-put, come va? put-put... io, put-put, sto
bene... arrivederci put-put’ dopo una settimana divente7
rebbe famosissimo. Non solo: ma tutta l’Italia parlerebbe
col put-put.”
“E se la teoria del put-put non funzionasse?”
“Cambierei di nuovo mestiere. Non c’è nulla che ringiovanisca di più. Un uomo privo di esperienza è sempre
giovane...”
E così via. A ogni domanda la sua risposta. Congegnata,
costruita, ma una risposta. Mi interessava. Ci vedemmo
molte volte. Ora posso dire di non aver mai conosciuto un
uomo più allegro, più malinconico, più funereo, più bugiardo, più aperto, più provvisorio di lui.
A un certo momento qualcuno disse che io e il signore
di mezza età eravamo la stessa persona. Ammetto che, di
spalle, possiamo anche essere scambiati l’uno per l’altro,
ma di faccia no. Eppoi, lui è quello che io avrei voluto essere, mentre io sono proprio quello che non volevo.
Quando uscì il mio libretto di versi,1 gli chiesi:
“Le è piaciuto?”
“Molto bella la copertina” rispose; “anche l’indice non è
fatto male.”
Lo vedevo continuamente prendere appunti. Gli domandai se stesse scrivendo un libro.
“Mai scritto un libro.”
“La sua vita non è stata interessante?”
“Be’, non dico di avere avuto avventure terribili come
quella, per esempio, di Giancarlo, che nel ’42 riuscì ad attraversare l’Italia fngendosi scemo, zoppicando, farfugliando e ridacchiando davanti agli impiccati. No, ma anch’io ho
passato le mie. Non trovo però necessario farne un libro.
Ogni nuovo libro danneggia quelli giù usciti. Che rimorso,
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Essere o benessere?, ora in Il dottor Divago, Milano, Bompiani, 2013.
rubare un solo lettore ai classici. E non è vero che scrivere è una questione di vita o di morte. Sui giornali non si
legge mai ‘Guardiano notturno morto per lo scoppio di un
romanzo che aveva dentro e che non riusciva a scrivere, perché il suo lavoro non glielo consentiva’.”
“Allora terrà un diario...”
“No. I diari pesano, ricordare invecchia. Soprattutto
le cose importanti. Eppoi il foglio bianco mi spaventa. I
pezzetti di carta, invece, il bordo dei giornali, le scatole
di sigarette vuote, mi ispirano, come mi ispirano i piccoli
avvenimenti, le cose di poco momento, i pompons di cui è
piena una giornata della vita. Per questo prendo appunti
così come capita, ricuperando gli spazi che gli altri trascurano. Ignoro la storia, la cronaca, tutto, per inseguire la
futilità... come dice lei.”
Lo pregai di mostrarmi quegli appunti. Aprì un cassetto
inverosimilmente pieno di ritagli, cartoncini, bigliettini.
Un formicaio di paroline.
“Posso pubblicarli?” gli domandai all’improvviso.
“Sì, sono proprio curioso di leggermi. Sono tanto curioso: non vorrei morire, per vedere come va a fnire.”
Così nacque questo Diario futile senza date. Ieri, oggi,
domani, un lungo giorno.
Mentre correggevo le bozze del suo libro, lui, dal video,
sorrideva e cantava un qualche cosa per i signori di mezza
età e per le belle tardone.
Qualcosa come: “Tiratevi su, tiratevi su, con i colori del
pullover, con le bretelle, con uno sguardo al conto in banca... tiratevi su con un po’ di brillantina, con un massaggio,
con un fore all’occhiello, con una cravatta nuova... tiratevi
su con un vecchio disco di Armstrong, con una fschiatina,
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con una sigaretta (mezza), col pensiero delle vacanze, col
fallimento di un nemico... tiratevi su con un aforisma di
Diderot, con una barzelletta impertinente, con una seduta
dallo psicanalista, con quello che vi pare, ma per l’amor
del cielo tiratevi su... con una visitina in chiesa, con una
carezza al cane, ma non lasciatevi andare... tiratevi su,
magari con una sfuriata a un dipendente che non c’entra
niente, oppure facendo un paio di baff a un manifesto di
Brigitte Bardot... tiratevi su con una buona elemosina, con
una lettera anonima, con una mangiata da blocco renale,
con un vecchio libro, con una ragazza giovane... tiratevi su,
tiratevi su...”
Vecchio futilone.
M.M.
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Diario fuTilE
... e ne ho viste tante
da raccontar
ma mai gli elefanti
volar.
Walt Disney, Dumbo
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