Introduzione
Solo alla terza stesura di questo libro, e soprattutto dopo il 2° anno che ero entrato in
ruolo, potendo finalmente stare in un’unica scuola, con orario intero e dall’inizio
dell’anno, mi sono reso conto di quanto le mie disavventure e sofferenze nella scuola
fossero, almeno in parte, legate e amplificate dalla condizione di precario.
Questa non è una delle scuse, o degli ammortizzatori, come li chiamerebbe Gurdjieff,
che mi giustificano e mi sollevano dalle mie incapacità e sbagli qui descritti così
spietatamente, ma è una presa d’atto inevitabile che, da precario, un buon insegnante
rischia di essere un insegnante sufficiente o mediocre, un insegnante sufficiente può
diventare scadente, uno scadente può diventare disastroso.
Questo da un punto di vista didattico e delle relazioni coi ragazzi, ma può avere effetti
anche peggiori sull’autostima dell’insegnante, sul suo senso di auto-efficacia, come
direbbe Bandura, e sulla sua condizione psicologica generale.
L’insegnante precario si trova ogni anno catapultato in una o più scuole diverse, talvolta
dovrà sdoppiarsi anche tra più sedi delle stesse scuole, facendo la spola da una parte
all’altra della città, con disagio sugli orari, sui collegi docenti che si moltiplicano, sulle
materie diverse di diversi indirizzi scolastici, talvolta insegnando diverse materie in
varie classi di diverse scuole, e dovendo gestire i compiti, i libri di testo, che tra l’altro
si è trovato e non ha potuto scegliere, per non parlare di quando si trova classi senza
libri di testo… alle quali diventa difficile imporlo… capita anche questo.
L’insegnante precario è uno che è inevitabilmente percepito come meno saldo, meno
stabile, più debole, sia dai ragazzi, sia dai colleghi, sia dai presidi.
Nelle scuole la maggioranza degli insegnanti sono di ruolo. Magari stanno lì da 10, 15,
20 anni, conoscono ognuno punti deboli di preside e colleghi, sanno chi è il “matto”, o i
matti, (tra i colleghi e tra gli studenti, quando non lo è il preside stesso), se c’è, o se ce
ne più d’uno, sanno quali sono i problemi della scuola, il suo passato, la sua storia, le
classi più problematiche e quelle più facili, sanno perché e come la scuola era finita sul
giornale. I ragazzi, a loro volta, sanno in che modo possono colpire il precario perché
conoscono la loro stessa scuola meglio di lui, e sanno anche in quali modi si può agire
contro di lui, conoscendo già a quali lamentele il preside di turno sarà più sensibile…
vera o falsa che sia. (Programmi non spiegati, parolacce, numero di compiti,
attribuzione di voti, gestione della disciplina, ecc.)
Quando proprio gli va male, e l’insegnante precario non riesce a stabilire un buon
rapporto con la classe, se quest’ultima è una quarta o ancor peggio una quinta, coi
ragazzi che si sentiranno già diplomati, questi avranno gioco facile a descrivere ai
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colleghi il nuovo arrivato -, che per la stessa psicologia dei gruppi verrà vissuto fin
dall’inizio come un corpo estraneo e un intruso, come un mostro, intollerante,
pretenzioso, incompetente, nevrotico, fissato, ecc. ecc.
Può capitare persino che quegli gli stessi insegnanti dicano ai ragazzi di non
preoccuparsi di quell’insegnante malvagio, tanto ci penseranno loro a metterlo a posto
agli scrutini. I rapporti di forza e di amicizia coi colleghi e col preside, che magari si
conoscono da dieci anni, faranno il resto.
L’insegnante precario non ha nessuna possibilità di scegliersi la classe, e ovviamente
spesso gli toccheranno le peggiori, perché comunque quelli di ruolo sono più forti, e in
ogni caso arriva, bene che vada, all’inizio dell’anno, o peggio durante l’anno. In
entrambi i casi i giochi sono già fatti e stabiliti dall’anno prima: la formazione delle
cattedre, la scelta dei libri di testo e la composizione delle classi.
L’insegnante precario non può scegliere e decidere niente, è in partenza l’anello più
debole della catena, potremmo definirlo un… mobizzato naturale.
E fin qui non ho neppure parlato, badate bene, delle condizioni lavorative per quanto
riguarda la sua sicurezza, remunerazione e stabilità, quelle che appunto definiscono la
condizione di “precario”.
Il precario prende la cattedra, o degli spezzoni di cattedra, ogni fine agosto, o inizio
settembre, oppure più avanti nell’anno, non ha le famose vacanze pagate a luglio e
agosto, normalmente il contratto gli scade a fine giugno ma talvolta anche prima, e le
scuole gli devono fare dei contratti temporanei aggiuntivi per la durata degli scrutini.
sarà sempre figlio di un dio minore rispetto agli insegnanti di ruolo, per quanto riguarda
le ferie, la maternità, la malattia… Non oso neanche accennare poi alle pratiche
diaboliche escogitate dal ministero per la richiesta di un sussidio di disoccupazione.
L’ultima volta lo persi, in quanto si doveva fare prima richiesta di un codice che veniva
ritirato all’INPS, che andava combinato con un altro codice che poi ti mandavano a
casa, e poi questi dovevano venire immessi in un sito internet che poi generava un altro
codice, and so on, and so on… Quando andai a lamentarmi col funzionario di quanto
avvenuto questi mi disse che sua moglie l’aveva fatto senza problemi… certo, sua
moglie! E che avrei comunque potuto chiedere il sussidio telefonicamente. Avevo
chiamato due volte ma nessun operatore me l’aveva detto, né era scritto sul sito.
Immaginiamo questo precario, che talvolta per dieci anni, o venti, o trent’anni non ha
manco i soldi per farsi un viaggio all’estero perché non ha le ferie pagate, che talvolta
ha problemi pure nell’affittare la casa, o che deve ancora vivere coi genitori, prendendo
talvolta mille euro, senza scatti stipendiali, senza tutte quelle entrate in più che spesso
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arrivano agli insegnanti (di ruolo) che hanno trasformato la scuola in un proiettificio,
progetti che ovviamente possono essere più facilmente gestiti e reiterati più volte nella
stessa scuola.
Fare l’insegnante è già una professione bella ma difficile, problematica, pericolosa.
Varie ricerche mostrano che gli insegnanti, quelli che dovrebbero insegnare a vivere ai
nostri ragazzi, sono la categoria professionale che prende più psicofarmaci.
(Non stupitevi, se è per questo gli psichiatri, che sono quelli che dovrebbero essere i
massimi esperti di sanità mentale, sono quelli che si ammazzano di più…)
A questo punto, la domanda che mi verrebbe spontanea è: tra i depressi, mobizzati,
suicidari, burn out, nevrotici, impotenti, frigide, isteriche, frequentissimi/e tra gli
insegnanti, quale percentuale è di precari, e quale di chi è in ruolo?
Già la categoria degli insegnanti è di per sé una categoria trattata e pagata come fossero
badanti dei nostri figli. Mi riferisco alle badanti extracomunitarie, naturalmente.
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DIARIO DI UN PROF INETTO
(E PRECARIO)
16 settembre
Scuola Stagno
Mi è stato detto che la 5°H potrebbe essere “un giocattolo che mi si rompe subito
tra le mani”, se non li prendo bene.
Mi chiedo che fare. E’ giusto trattarli come ragazzi diversi dagli altri?
Come reagirebbero le altre classi, oltretutto, sapendolo?
E non darei fin dall’inizio un’impressione di vigliaccheria?
Fare alzare in piedi anche loro quando entro?
E chiedere a tutti di lasciare da parte il telefonino su un banco a capo della classe,
vicino alla cattedra? Del resto l’obiettivo è di tagliare la testa al telefonino fin
dall’inizio. Farò così. non ha senso chiederlo in una classe e non in un’altra.
Al Froci non ha senso farli alzare perché i ragazzi, ahimè, vagheranno di classe in
classe, con sto nuovo sistema zingaresco, per cui in ogni classe c’è una materia, e
quindi sarò io ad aspettarli sempre nella classe.
C’è una collega, evidentemente fissata con ste stronzate, che pensa di aspettarli
fuori dalla classe, farli entrare, poi entrare lei e farli alzare, ma questo è veramente
ridicolo.
Lei è una tipa forte, si vede, ma sarà forte quanto vuole, a me sta cosa sembra
idiota.
14 settembre
Oggi era il primo giorno di scuola. Ho conosciuto la 4°F del Froci.
Fortunatamente sono quasi tutte femmine. Ventidue. Alcune abbastanza pestifere, ma
tutto sommato sembrano gestibili. Hanno accettato tutte di depositare il telefonino,
tranne una, nera, che probabilmente non ce l’ha davvero.
Ho presentato prima le regole che non voglio trasgrediscano:
REGOLE
1. Tutti gli insegnanti vorrebbero avere coi loro studenti un buon rapporto.
Per questo non bisogna essere né troppo rigidi né troppo buoni. Sta anche a voi
collaborare che io sia il più possibile un insegnante e il meno possibile un guardiano
2. No bagno, no cellulari, hi-pod, videogiochi, gomme da masticare, no cappello.
Telefonini su un banco all’ inizio.
Anche guardare l’ora è inutile perché non fa passare il tempo più in fretta.
3. Interrogazioni dieci domande con 1 punto l’uno. No interrogazioni volontari e nemmeno
recuperi-farsa, ma nel caso domande continue nelle interrogazioni successive
Se non si ha il libretto dei voti esso verrà abbassato
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4. Uso + e – e tengo un diario con le cose più importanti, tutto ciò influirà sul voto finale
5. Ci tengo che teniate la classe pulita. Lasciarla un porcile è segno di maleducazione e di
inciviltà
PROGRAMMA E MODO DI PROCEDERE
6. Credo che il vero compito di un insegnante sia aiutare i ragazzi e le ragazze a pensare con
la propria testa, non sottomettersi all’autorità e annebbiarsi la mente con un sacco di cose
mandate a memoria  pensiero divergente
7. Come contenuti seguiremo tre direttrici fondamentali:
1) naturalmente l’indirizzo scolastico e l’anno in cui vi trovate,
2) quello che concretamente vi interessa e che mi proponete, anche in collaborazione con
gli altri insegnanti,
3) quello che vi può servire concretamente nella vita.
Anche voi potete influire sensibilmente sul programma.
8. No libro o il meno possibile, però questo implica disponibilità da parte vostra per email, un
contributo per fogli e per fotocopie e niente giochini sul fatto che non si ha il materiale.
9. Uso quaderno appunti, che porterete sempre e che valuterò sia durante le interrogazioni (per
vedere cos’avete fatto) sia a fine quadrimestre.
10. Memoria: alcune cose sono necessarie, ma io non credo molto nell’incucchiarsi a
memoria decine di pagine. Bisogna capire i concetti fondamentali. Questo però vuol
dire che quando faremo qualcosa in classe, l’essenziale lo dobbiate sapere e riferire
nelle interrogazioni, con l’aiuto di appunti e eventualmente altre ricerche, e non
chiedermi continuamente dei riassunti se no ricadiamo nella logica del libro di testo,
con tutti i problemi legati a fotocopie ecc., che cercheremo di limitare al massimo.
Più riuscite a seguirmi durante le lezioni meno ci dovremo perdere in scartoffie e
fotocopie.
11. Useremo molto documentari, film, letture, articoli, brani di libri, drammatizzazioni,
esperienze ed esercitazioni pratiche, simulazioni di esperimenti, ecc.
Naturalmente, più voi seguite, più vi rendete e mi rendete la cosa gradevole e ci
divertiamo tutti.
Anche qui sono molto disponibile ad accogliere vostre proposte e suggerimenti.
In realtà, mentre scrivevo i loro nomi sul mio quaderno personale, il mio “diario di
bordo”, e già sentivo che cominciavano a fare casino, già pensavo: “Ecco, faranno così
per tutto l’anno, come l’anno scorso in 1°E non riuscirò a farmi minimamente ascoltare,
a imporre alcun ordine. Non sono tagliato per questo lavoro. Ma non sono tagliato per
nessun altro.
Come faccio a sperare e a esultare per una cattedra, ogni volta che prendo la nomina al
provveditorato, a settembre? Come posso essere contento di questa sequela di
umiliazioni e dimostrazioni quanto mai palpabili della mia incapacità, per giunta dopo
tutti i corsi che ho fatto? In realtà non so fare un cazzo.
Poi però mi sono detto: è solo il primo giorno. Ti devi riabituare.
Ho cominciato con la storia del lavaggio del cervello nelle dittature e nelle democrazie,
nelle dittature il culto del capo, del partito, il trionfo della razza ariana, del comunismo,
o della legge divina in quelle islamiche. Nelle democrazie il lavaggio del cervello viene
dalle multinazionali, per acquisire sempre più denaro, e ci convince, per esempio, che
non è mai possibile stare senza telefonino. Oppure che si vive più a lungo solo grazie ai
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farmaci… in definitiva che ci manca sempre qualcosa, e che solo comprandolo potremo
trovare la felicità, o comunque sperarci.
Qui mi hanno seguito e si sono mostrate abbastanza interessate.
Con qualche eccezione. Una che giocava a carte, alla quale ho messo un meno, ha
risposto: “Non ha detto che non si poteva giocare a carte”.
Era talmente grossa che me lo sono scritto nel mio diario di bordo.
Poi ha insistito per andare in bagno.
Cosa che ho recisamente rifiutato.
15 settembre
Stagno
La 5°H è realmente una classe di merda. L’inizio è stato pure peggio di quanto pensassi.
Già al ritorno dalla pausa sono arrivati con oltre un quarto d’ora di ritardo.
Uno di questi è un grandissimo pezzo di merda che vive solo per dare addosso ai
professori, l’avevo già conosciuto in una breve gita a Firenze, ahimè. Quando l’ho visto
mi sono cadute le palle a terra, ma probabilmente anche a lui, perché subito mi ha
indicato a un altro: “E’ quello della gita”, ridendo. Chissà che cosa gli aveva raccontato.
Poi ho cominciato con la storia del telefonino. All’inizio sembravano accettare come gli
altri, poi man mano sono diminuiti. Alla fine l’hanno consegnato meno della metà, ma
soprattutto, quel che è peggio, si sono levate voci sempre più critiche.
A un certo punto qualcuno ha affermato, chiaramente riferendosi a me: “Io lo
gonfio di botte”. Probabilmente qualcuno ha anche esclamato apertamente degli
insulti che ho immediatamente rimosso o il mio apparato uditivo ha fatto in modo
da non udire: che tutto questo succeda il primo giorno è veramente terribile.
C’era anche gente che masticava la gomma, alla mia richiesta di buttarla si sono
rifiutati, ma lì sono stato stupido io perché la tensione contro di me era ormai tale che
obbedire a un mio ordine sarebbe stato tra di loro un atto di somma vigliaccheria.
Il bastardo che mi aveva definito come “quello della gita” ha pure detto di aver sentito
che io fossi incompetente. Questo perché rispondendo alle loro obiezioni avevo detto
che li stavo trattando come tutti gli altri anche se mi avevano detto che erano
difficili. Lui, fingendo di non ascoltare proprio questo, che li stavo trattando come
tutti gli altri, ha risposto che io ascoltavo chi me li aveva descritti come teste di
cazzo.
Ho cercato di rispondere a tutte le loro obiezioni ma ormai erano partiti per la tangente e
parlavano tutti tra loro, tranne tre, fondamentalmente: uno, lo stronzo, che però
interloquiva solo per dimostrare che ero un coglione, un altro aggressivo, in cui però si
vedeva una possibilità di dialogo. Mi diceva che ero partito col piede sbagliato e che lui
si regolava solo da quello che vedeva e non per pregiudizi. Per esempio Scoglionato,
quello di italiano, anche lui nuovo insegnante in quella classe, sostituisce difatti la
Punto, quella che dice che mi cuoceranno, si era posto/imposto/proposto subito con una
lezione interessante ed erano stati tutti zitti.
Alla fine un carissimo ragazzo, certo Dino Palermo, si è trattenuto con me anche dopo
che era suonata, i ragazzi erano scesi nell’aula magna dove c’era il preside.
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Insisteva col cuore in mano che così stavo rovinando tutto, mi pregava di evitare sta
procedura del telefonino, sia per loro che per me stesso, ma senza alcun tono aggressivo
o minaccioso. Ho detto che ci avrei pensato e l’ho comunque ringraziato dello scambio.
Dopo di ciò, penso che continuare con sta cosa del telefonino, in quella classe, sia un
suicidio. Devo cercare di riprendere subito il cavallo per le redini. Ammesso che sia
ancora in tempo.
Giovedì 17 settembre
4°F – Scuola “Froci”
Si conferma una classe relativamente buona, almeno per ora.
Ho fatto l’esercitazione con la stretta di mano. Ed ha avuto abbastanza successo.
L’unico momento di tensione è stato quando Nera, la ragazza di colore che era entrata in
ritardo anche il primo giorno, ha chiesto di entrare. Ma erano le 9.34, mentre l’ingresso
era alle 9. Le ho detto: se ti faccio entrare la prossima volta tutti entreranno alle 9:30.
Ha chiuso sbattendo la porta, mi sono chiesto rapidamente se andare e riprenderla, o
dire qualcosa alla classe, ma ho fatto finta di niente, incassando la rabbia della tipa.
In realtà sentivo che le altre mi davano ragione.
“Perché io devo svegliarmi e arrivare presto se questa arriva quando vuole?”
Questo si stavano dicendo.
Anche la mia freddezza quando lei ha sbattuto la porta, spero abbia suggerito più
un senso di superiorità, che di debolezza.
2°G – “Froci”
Classe tra le più terribili finora. Per fortuna ci ho un’ora sola.
Su 17 presenti, solo 8 hanno consegnato il telefonino.
Ho dovuto subito riprendere uno perché passava dall’altra parte del banco saltandolo col
corpo, anche perché hanno subito costruito una specie di barriera in fondo alla classe,
coi banchi tutti appiccicati.
Tuttavia, anche se non ci potrò fare molto, i maschietti più intemperanti hanno mostrato
almeno per ora che se li si prende per il verso giusto si può fare qualcosa con loro.
Uno si è detto addirittura entusiasta del fatto che avremmo fatto dei laboratori.
L’ultima classe di oggi era la 5°D turistica. Bellissima. Una delle migliori finora.
Quasi tutta di ragazze. Ma anche i pochi ragazzi, due su tre, simpaticissimi.
Uno in particolare, un certo Carrisi, mi suscita una simpatia istintiva.
Ho fatto le ultime due ore di oggi con loro. Dopo 2 ore che parlavamo simpaticamente
di test e di altre cose psicologiche e in cui ascoltavano attente, mi sono lasciato andare
dicendo che erano una delle classi migliori, e Carrisi ha sottolineato a una compagna,
col gesto, come meravigliato:
“Oh, ascolta, guarda quello che ci sta dicendo!” Mi hanno fatto parlare tanto che mi è
capitato di fermarmi, di imbambolarmi e di guardare fuori.
Mi hanno chiesto: “Prof, che gli è successo?” Hanno pensato che recitassi qualche
parte eccentrica. Gli ho detto che mi capiterà spesso, per riposarmi della fatica di
cercare le parole giuste per spiegare ogni cosa, e per riannodare i fili del pensiero.
Ho detto che quelli sono i momenti più importanti, perché la verità è solo nel
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silenzio, e la mappa non è il territorio. La mappa è tutto quello che si impara e con
il quale cerchiamo di districarci nella realtà. Ma il territorio è la realtà stessa. E la
verità più profonda è solo nel silenzio. Tutto ciò è avvenuto anche perché ero
ispirato dal parco bellissimo che si vedeva fuori dalla finestra. Ieri infatti abbiamo
dovuto cambiare classe, e ho fatto lezione in quella classe.
L’unica nota stonata, in quella classe così bella, era la presenza dell’insegnante di
sostegno di un ragazzo handicappato, poverino tra i più mal messi che abbia mai visto in
una scuola. L’insegnante all’inizio mi era sembrato in gamba, ma poi l’impressione è
cambiata completamente, anche perché mi aveva descritto la classe come molto difficile
e invece a me parevano così interessati, coinvolti, intelligenti… ma soprattutto lui
interveniva a sproposito riprendendoli senza motivo per stronzate, per esempio dicendo
che le ragazze divagavano, quando invece stavamo serenamente parlando… le ragazze
hanno stigmatizzato questi interventi perché hanno capito che effettivamente la pensavo
come loro. Ho cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, per non rovinare il
rapporto coi ragazzi ma anche senza offendere lo stupido insegnante di sostegno.
Venerdì 18 settembre
“Stagno”
oggi è andata molto bene.
Ho conosciuto la 4°F. Almeno questa è prevalentemente di ragazze. Quindi più
tranquille e studiose.
Appena stavo per annunciare la storia del telefonino una mi ha anticipato.
Lo sapeva già. Ho detto: le voci girano eh?
Incredibilmente l’hanno lasciato quasi tutti tranne uno, anche se un bel po’, 3 o 4, che
naturalmente saranno i più duri, sono entrati alla 2° ora.
Una è arrivata trafelata alle 8:44 chiedendo gentilmente di entrare, all’inizio le ho detto
di no, poi, pensando che era il primo giorno e che dovevo parlare delle regole di base,
l’ho fatta entrare. Credo di aver fatto bene perché pareva davvero attenta.
Ho cominciato a dire delle regole e poi di quello che faremo. Poi, visto che erano così
attenti e che mancava ancora del tempo, ho cominciato a fare un’introduzione alla
psicologia.
Ho parlato di tante cose, a partire dall’etimologia della parola psicologia, che per alcuni,
per esempio gli junghiani, può essere interpretata come: “scienza dell’anima”, per altri
semplicemente come scienza della mente.
Ogni approccio psicologico e psicoterapeutico ha una sua visione dell’uomo, dei
problemi psicologici, di come si instaurano e di come si curano…
Ho fatto anche l’esempio dell’omosessualità, che una volta era considerata una malattia,
come lo è ancora tutt’oggi per una parte minoritaria, per esempio per gli psicologi e gli
psichiatri cattolici, mentre per gli altri lo è solo l’omosessualità egodistonica, quando
non ci si accetta per quello che si è…
5°C
La 5°C l’avevo alla seconda ora, finora una delle 2-3 classi migliori.
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Metà di loro l’anno scorso erano con Pisello, il prof di psicologia mito sinistrorso
della 5°H, l’altra metà invece erano con Roseto, altro personaggio, agli antipodi di
Pisello, ma altrettanto squilibrato. Messi tutti e tre insieme facciamo a gara. Ma
comunque non mi pare che i risultati dell’uno e dell’altro siano molto diversi. Ho
fatto scrivere alla lavagna tanti nomi fondanti della psicologia: autori, scuole,
principi, leggi, e anche qualche data, da Freud a Jung, da Watson a Skinner, da
Pavlov al condizionamento classico, dal condizionamento operante alla Gestalt.
Ebbene, non sapevano nulla, proprio nulla, tranne uno solo, bravissimo, vestito da
dark. Gli amici però hanno precisato che sapeva quelle cose per suo studio
personale, non perché fosse l’unico che si ricordasse quello che avevano studiato.
Lui, non si sa se per solidarietà ai compagni o perché fosse vero, ha confermato.
E’ stata una bella lezione. Poiché ben tre di loro suonano la chitarra, due ragazzi e una
ragazza, gli ho detto che quando avessero voluto avremmo dedicato una lezione solo ad
ascoltarli suonare.
Abdel, il marocchino che l’altro ieri ho incontrato per caso nella gelateria dove lavora, e
che mi aveva servito, ha gettato la maschera, simpaticamente. Mi ha detto: “Prof, me
l’ha messo il + per il gelato? Era enorme”.
Lunedì 21
Oggi ho avuto ben 4 classi, di cui 2 che non conoscevo ancora, la 4°I e la 3°G.
La 4°I è ben duretta, anche perché sono numerosi. La 3°G poi mi sembrava in assoluto
la peggiore. Per fortuna ce li ho solo un’ora, mentre la 4°I due ore. Con la 3°G sarò una
specie di professore di religione laico. Non è neppure previsto il libro di testo.
Quelli che qua spiccano sono sicuramente i ragazzi. Li descriverò uno per uno, perché
ne vale la pena.
Naturalmente si sono seduti tutti in fondo. Tutti hanno sistematicamente rifiutato di
consegnare il telefonino. Gli ho detto che era evidente che era un modo di essere
compatti contro l’insegnante, e che chiunque avesse lasciato il cellulare sarebbe stato
vissuto come un traditore. La cosa li ha colpiti. In fondo si sono messi i tre bulletti di
quartiere: Matteo Bono, Giovanni Deborda e Luca Sborone.
Ho visto subito che erano i tre dominanti della classe, almeno finora uniti nel
fancazzismo, spero non in qualcosa di peggio, e ho pensato di coinvolgere soprattutto
loro. Miracolosamente mi hanno incoraggiato, gettando la gomma da masticare, seguiti
in questo dalle ragazze, tranne una stronza per la quale ho fatto finta di niente per non
rovinare tutto. Chiedendogli il nome uno mi ha dato senza volerlo un bell’appiglio:
ha detto che si chiamava Tony Montana.
Naturalmente ho ribattuto immediatamente: “Scarface! Il mondo è tuo”.
E ho subito parlato del film mostrando di conoscerlo bene. Gli ho chiesto se
ricordassero perché lui aveva perso tutto quello che aveva, entrando in collisione
con Soza. Qualcuno ha risposto bene. Era accaduto che Scarface non aveva voluto
uccidere i bambini del giudice che doveva essere fatto fuori. Contrariamente alle
previsioni loro erano in macchina con lui e Scarface aveva preferito ammazzare il
killer che gli era a fianco, che doveva premere il telecomando della bomba. Questo
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stava a significare che ognuno, anche il personaggio più cattivo e criminale, dentro
di sé è puro e immacolato.
Non so come poi ho affermato che “i grandi trafficanti di droga sono delle merde”.
I ragazzi non erano d’accordo. Nero Stupendo è un ragazzo nero, molto carino e
intelligente, che all’inizio mi aveva ringraziato “perché ero stato l’unico che
l’aveva chiamato nel modo giusto”, durante l’appello. Ha obiettato: “Prof., magari
uno spacciatore fuori del lavoro non è una cattiva persona”. Ho precisato che non
mi riferivo tanto ai piccoli pusher, - forse qualcuno di loro lo è -, ma ai grandi
narcotrafficanti, che sanno di vendere tonnellate di roba che uccidono i giovani.
Ma ho precisato che questo non vale solo per le cose illegali, ma anche per le
grandi aziende farmaceutiche che nascondo gli effetti collaterali dei farmaci,
sapendo che a migliaia di pazienti verranno ictus e infarti, come per il Viox.
La cosa comica è che una allora ha chiesto: “E la prostituzione?” Ho detto che non
ero un moralista. Con la prostituzione non si fa male a nessuno, è una scelta di chi
la pratica e “ne usufruisce”, anche se i ragazzi hanno detto che questo avviene pure
nella droga: nessuno è costretto a drogarsi. Ora che ci penso, potrebbe essere uno
spunto interessante per fargli cogliere la differenza tra imposizione e costrizione
esplicita e imposizione e costrizione implicita.
A un certo punto ho chiesto loro cosa avrebbero voluto fare da grandi, e uno di loro ha
detto: “Il prof di psicologia”.
A una ragazza che continuava a ocheggiare ho detto: “Mi stai dimostrando che
pensi di non poter imparare nulla, e quindi che non vale la pena neanche di
provarci”. E’ rimasta annichilita.
Alla fine della lezione il quinto maschio della classe, Francesco Buono, dopo che
tutti erano usciti, mi si è avvicinato stringendomi la mano e dicendomi:
“Complimenti! E’ stato l’unico (ha detto proprio “l’unico”, me lo ricordo) che è
riuscito a farsi dare corda!” Beh, ne sono stato felice.
24 settembre
Oggi al Froci ho avuto prima la 4°I.
E’ andata abbastanza bene, ho fatto leggere un vivace un pezzo di “Alla Greca”, di
Steven Berkoff, dove si parlava di vecchi ubriaconi rincoglioniti, e mi pare che abbiano
gradito abbastanza. La stessa Nera ha voluto vedere il libro.
Mi hanno chiesto se fossi uno psicologo, e gli ho detto: “sì, sono uno psicologo, ma
sono qui come insegnante”. Uno dei ragazzi mi ha voluto raccontare un sogno in cui
qualcuno a casa gli faceva male o minacciava di fargli del male, me la sono sbrigata
dicendogli che era una parte di sé stesso da cui temeva di essere danneggiato, e per
mettermi al riparo da un’eventuale (giustificata) insoddisfazione ho detto che comunque
per interpretarlo meglio avrei dovuto sapere che cosa rappresentavano per lui i vari
elementi del sogno eccetera.
Ma nel pomeriggio ripensando a Nera mi è venuta la rabbia perché sono troppo debole
con lei.
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Alla fine anche oggi è entrata in ritardo enorme, per di più trascinando con sé altri due,
Occhiomalato e un altro, e mi hanno pure preso per il culo dicendomi “che si erano
persi”. E’ chiaro che ho fatto la figura del coglione. Ma lasciare fuori dalla classe tutta
l’ora tre elementi così poteva creare problemi e rischi.
Così è la scuola. Qualunque cosa fai non va bene. Se imponi una regola ti si può
accusare di lasciare i peggiori ragazzi fuori: “E’ facile così insegnare!”
Se sei indulgente, ti prendono tutti per pirla.
Devo riprendermi su sta cosa qua, perché se quella stronza, che oggi ha osato pure
darmi del razzista – diceva che ce l’avevo con lei perché nera – se le continuo a fargliele
passare tutte per me è finita. Le ho detto di non scherzare sul razzismo.
La prossima volta le scriverò sul diario di parlare coi genitori.
Un’altra cosa che invece mi ha fatto piacere è che qualcuno, non so se della 4°I o la
5°D, la classe che c’era dopo, si è avvicinato ad altri che erano già sull’uscio della
classe, chiedendo: “E’ qui lo psicologo?” Detto così sembra ironico, ma non lo era.
Infatti uno di quelli che pure l’altra volta mi avevano preoccupato di più, quello che
oggi mi ha raccontato del sogno, mi ha chiesto: “Prof, ci racconterà qualcuna delle sue
storie coi pazienti”.
Con la 5°D è andata bene, del resto è una delle classi più belle, anzi senz’altro la
migliore del Froci. Non c’era Carrisi e mi mancava tanto, non so perché ma gli sono
davvero affezionato. Non c’era neppure Occhiogaio e per par condicio ho detto che mi
dispiaceva anche della sua assenza.
La Merdia: “Prof ma con tutte queste belle ragazze e lei pensa ai maschi?”
- “La scuola non è mica una discoteca!”
Con le 5°D ho fatto l’esercitazione del “senso della vita”. Ognuno doveva scrivere
qual era per sé il senso della vita, anonimamente, e metterlo in una busta.
Poi abbiamo letto i fogli e scritto alla lavagna, sintetizzando quello che veniva
fuori: amore, rispetto, famiglia, amicizia, lavoro, viaggiare, studio, godersi la vita.
Volevo anche fare una seconda parte in cui li si induceva a riflettere sull’influenza che
avevano ricevuto nel pervenire a questi desideri, ma non c’è stato il tempo.
Il biglietto più bello l’ha scritto senz’altro la Rubino, una ragazzina nera, molto
obesa, totalmente emarginata, che se ne sta sempre per i fatti suoi, anche durante
la ricreazione: “La vita è un dono di Dio. E come ogni dono deve essere
apprezzato, quindi bisogna vivere al meglio. Bisogna godersi la vita, amando i
nostri parenti e amici. Bisogna avere sogni e desideri, cercare di raggiungerli, e, se
non li si raggiunge, godersi ciò che si ha”. Mi sembra terribilmente saggio.
Poi le ragazze mi hanno chiesto quale fosse “il mio” senso della vita. Ho risposto, come
viene detto nel film “Europa”, della Von Trotten, che mi piacerebbe:
“Lasciare il mondo più bello di come l’ho trovato, anziché più brutto”. Una ha detto che
era una frase depressa.
- “No. Dice Castaneda che ci sono due generi di uomini. Quelli che pensano di essere
immortali e quelli che sanno che vanno a morire. E’ il limite che dà significato e valore
al nostro tempo. E’ per questo che dobbiamo amare quello che facciamo. Per esempio il
lavoro. E voi, la scuola”.
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25 settembre
Oggi alla fine ero veramente stremato. Sono stato allo Stagno. Ho fatto la 2° e la 3° ora
in 4°B, la 4° nell’orrida 5°H, la 5° e la 6°, anche qui di seguito, in 5°C.
Quando all’una, che ero già in palla, mi sono reso conto che avevo un’altra ora ancora, e
per di più nella stessa classe, mi sono veramente disperato. Non avevo più la forza di far
niente. Ma riepiloghiamo dall’inizio.
In 4°B, forse la seconda classe migliore dello Stagno, dopo la 4°E, ho finito di spiegare
la Gestalt, facendo prima un’esercitazione sulle figure che rappresentano
contemporaneamente una giovane e una vecchia. Ho chiesto prima a ciascuno/a, alla
cattedra, che cosa vi vedevano, senza dire nulla. La maggioranza ci vedevano solo una
giovane donna; alcuni ragazzi, pochi, vedevano una vecchia, e pochissimi altri
vedevano contemporaneamente la vecchia e la giovane. Poi ho spiegato le sei leggi della
percezione facendo fare i disegni alla lavagna, e infine la figura di Muller Lyer. ho
mostrato anche le immagini di Escher e Arcimboldo nel libro di testo, che sfruttano la
globalità della percezione per dare un’immagine complessiva costituita da tanti libri o
tanti animali.
La spiegazione alla fine ha annoiato un po’, ma per essere 2 ore di seguito, per fortuna
almeno spezzate dalla prima pausa, non mi potevo lamentare.
In 5°H per fortuna mancavano almeno 3, 4, tra cui quella merda schifosa di Zufolo,
quello che avevo conosciuto e potuto apprezzare in gita 2 anni fa.
Ci siamo messi a parlare coi ragazzi di tesi complottiste, della febbre suina, persino di
David Icke, e ho potuto constatare che sono davvero interessati a queste tematiche,
anche loro hanno apprezzato, tanto che uno ha detto:
“Prof, è scimmiato con queste cose qua!” Scimmiato stava per preso, coinvolto.
Abbiamo cominciato a parlare di questo perché in tutte le classi ho dato come compito
di vedere su youtube “Inventori di malattie”, e da lì è nata la discussione.
Inoltre ho preannunciato come valuterò e farò le esercitazioni sui film e documentari.
Domani cominceremo già con “Confidenze troppo intime” oppure “Le vite degli altri”.
Anche se c’erano due stronzi che si sono estraniati continuamente facendosi i cazzi loro
(gli ho messo un meno), la maggioranza ha partecipato con interesse.
Due cose positive: anche loro, come le altre 2 classi, si sono fatti fotografare (così ci
metto i nomi accanto e li memorizzo), e alcuni hanno finalmente buttato quel cazzo di
gomma da masticare. Pure uno che è proprio fissato con la gomma, mi ha fatto piacere,
perché mi ha detto: prof non lo faccio per spregio, è che non ci penso, veramente… mi
ha fatto tenerezza. Gli ho detto per favore di farci attenzione d’ora in poi.
Infine la 5°C. Ho dato dei ritardi per l’ingresso in ritardo in classe, anche lì ho fatto le
foto e ho spiegato come faremo le esercitazioni e i criteri di valutazione.
Ma a quel punto ero proprio spompato, e mi mancava più di un’ora abbondante di
lezione, durante la quale anche i ragazzi erano già stanchi.
Ho deciso di fare la drammatizzazione del pezzo di Berkoff.
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Introduzione Solo alla terza stesura di questo libro, e soprattutto