Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
N°
SENT
N°
RGAC
N°
CRON
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Roma – Terza Sezione Civile, in persona del dott. Francesco Remo
Scerrato, in funzione di giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado, iscritta al n° 20068 Ruolo Generale dell’anno 2012
e trattenuta in decisione all’udienza del 30 giugno 2014, vertente
TRA
LUSI Giovanni, elettivamente domiciliato a Roma, via L. Luciani n° 1, presso lo
studio degli avv.ti Valerio Mauro e Stefania Santopadre, da cui è rappresentato e
difeso in forza di procura speciale a margine dell’atto di citazione,
ATTORE
SOCCOL CARS & BOATS DI SOCCOL GIUSEPPE, in persona dell’omonimo
titolare Giuseppe Soccol, elettivamente domiciliata a Roma, piazza santa Anastasia n°
7, presso lo studio dell’avv.to Filippo Catenacci, da cui è rappresentata e difesa,
unitamente all’avv.to Ruggiero Fiorella, in forza di procura speciale in calce alla
comparsa di risposta,
CONVENUTA
OGGETTO: domanda di risarcimento danni.
CONCLUSIONI:
per parte attrice (atto di citazione): “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, ogni contraria
istanza, eccezione, deduzione disattesa, i) accertare e dichiarare i vizi della vettura
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E
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Porsche usata, modello 968CS30, acquistata in data 27 ottobre 2011 presso la Soccol
Cars & Boats dal Sig. Giovanni Lusi, nonché accertare e dichiarare le modifiche
apportate alla vettura Porsche di cui in premessa e, per l’effetto, condannare la Soccol
Cars & Boats, in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento della
riparazione pari ad €. 1.719,00, nonché alla corresponsione dell’importo di €.
10.644,55 necessario per il ripristino della vettura allo stato originario; ii) accertare e
dichiarare la responsabilità della Soccol Cars & Boats e, per l’effetto, condannare la
medesima al rimborso di tutte le spese ed al risarcimento di tutti i danni subiti, così
come quantificati nella premessa dell’atto, pari ad €. 9.285,86 o a quella maggiore o
minore somma, che risulterà nel corso del giudizio, oltre interessi, nonché rivalutazione
monetaria. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio … ”;
per parte convenuta (comparsa di risposta): “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito
così giudicare: in via principale e nel merito: respingere e rigettare ogni domanda
svolta dall’odierno attore nei confronti del convenuto Soccol Cars & Boats di Soccol
Giuseppe; riconoscere ed accertare, ex art. 96 c.p.c., la responsabilità aggravata
dell’attore per aver, come meglio esposto in atti, agito in giudizio con malafede o
colpa grave e condannare il sig. Lusi e, per l’effetto condannarlo al pagamento, in
favore della convenuta, dell’importo di € 17.363,55, o di quell’importo, maggiore o
diritti e compensi di causa”.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione, ritualmente notificato alla Soccol Cars & Boats di
Soccol Giuseppe, in persona dell’omonimo titolare, l’attore Lusi Giovanni allegava
che in data 27/10/11 aveva acquistato presso la ditta convenuta una autovettura
Porsche usata, modello 968CS30 colore nero, targata BG881PJ, dietro pagamento del
prezzo di 14.000,00 euro, in parte con permuta di alcuni mezzi di sua proprietà; che
nella predetta giornata, alle ore 15:45 circa, mentre a bordo della vettura stava
percorrendo l’autostrada A1 in direzione Roma, era stato costretto ad arrestare la
marcia e a sostare nella corsia di emergenza, atteso che la medesima vettura emetteva
fumo dal motore; che nell’immediatezza aveva riscontrato una grave perdita d’acqua
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minore che sarà ritenuto di giustizia anche in via equitativa. Con vittoria di spese,
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e, tramite la Europ Assistance con una spesa di 186,00 euro, aveva fatto trasportare la
vettura presso l’officina Centro Porsche Bologna – Soveco S.p.A., come concordato
con lo stesso titolare della ditta venditrice, all’uopo messo al corrente dell’accaduto;
che, a causa del guasto, si era trovato costretto a ricorrere a mezzi alternativi per poter
rientrare a Roma ed inoltre, essendo rimasto privato della propria vettura per settanta
giorni, era stato costretto ad utilizzare un’auto a noleggio, sostenendo i relativi costi
per complessivi 2.964,50 euro; che successivamente, dopo vari solleciti, la Soveco
Spa gli aveva comunicato che la vettura era stata riparata in garanzia e che poteva
essere ritirata; che in data 2/12/11, con una spesa di 665,50 euro, aveva incaricato
l’Autoservizi Nanni Group S.r.l. di prelevare la Porsche presso la Soveco di Bologna
e di condurla direttamente a Roma presso il centro assistenza Porsche per far eseguire
una verifica più approfondita; che dopo solo un giorno, precisamente il 3/12/11, la
vettura in prova -presso il suddetto centro assistenza Porsche di Roma- era rimasta
nuovamente in panne ed era stata riparata al costo di 1.719,00 euro; che, oltre alla
sussistenza dei suddetti guasti, il centro assistenza Porsche di Roma aveva
diagnosticato che la predetta autovettura risultava essere stata modificata: sia la
marmitta che i fari erano infatti risultati modificati; che tali modifiche non solo non
erano state riportate nell’annuncio pubblicitario, ma neanche erano state portate a
centro assistenza Porsche di Roma gli aveva preventivato una spesa di 10.644,55 euro
per poter ripristinare lo stato originale della vettura; che pertanto era evidente che la
convenuta gli avesse venduto una vettura Porsche viziata e non conforme a quanto
previsto nel contratto di compravendita; che, essendo il venditore tenuto a garantire,
ai sensi dell’art. 130 e segg. del D.Lgs 6 settembre 2005, n. 206 e degli artt. 1476, 3°
comma e 1490 c.c., l’assenza di vizi e la conformità del prodotto alienato alla
descrizione fatta, era conseguenziale che la convenuta fosse tenuta a corrispondergli
gli importi versati per la riparazione della Porsche, pari a 1.719,00 euro, nonché
l’importo di 10.644,55 euro, necessario per ripristinare la vettura nello stato originale;
che inoltre, a causa dei ripetuti guasti che avevano ridotto l’efficienza dell’auto e
determinato il fermo tecnico della medesima vettura per un lungo periodo, aveva
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conoscenza dalla venditrice al momento della sottoscrizione del contratto; che il
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subito notevoli disagi, per cui aveva diritto di vedersi riconosciuto il risarcimento di
tutti i danni patiti, sia patrimoniali che non patrimoniali da stress, come meglio
indicati in citazione; che senza esito erano state le richieste di bonario componimento,
per cui si era reso necessario adire l’Autorità Giudiziaria. Tanto premesso, l’attore
concludeva come in epigrafe riportato.
Si costituiva in giudizio la ditta convenuta Soccol Cars & Boats di Soccol
Giuseppe, che concludeva come in epigrafe riportato.
La causa era istruita documentalmente e con assunzione di prove orali ed
all’udienza del 30/6/14 veniva trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di
legge per il deposito di comparse conclusionali (60 giorni) e di repliche (ulteriori 20
giorni); i termini ex artt. 190 e 281 quinquies c.p.c. sono scaduti il 3/11/14.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va ribadito che è indifferente riferirsi alla ditta, in persona del
titolare, ovvero alla persona fisica, titolare della ditta stessa (cfr. Cass. 8784/98: “La
ditta e' segno distintivo dell'imprenditore, ma non e' soggetto distinto dal suo titolare,
e pertanto questi, pur senza specificare la sua qualità, e' legittimato ad opporsi ad un
decreto ingiuntivo emesso nei confronti di quella”; Cass. 9260/10).
La domanda attrice è in parte fondata e va accolta nei limiti di cui in
Richiamato quanto esposto in precedenza e risultato pacifico fra le parti che
l’attore aveva acquistato la predetta autovettura usata Porsche, modello 968CS30, tg
BG881PJ, presso la convenuta al prezzo complessivo di 14.000,00 euro (cfr. doc. 1
di parte attrice), si osserva che l’attore, pur avendo indistintamente richiamato tanto il
TU Consumo quanto le norme del codice civile sulla vendita in generale, deve essere
qualificato come consumatore -si tratta di circostanza non contestata-, con tutto ciò
che ne consegue in termini di disciplina da applicare; quindi si deve far riferimento
alla disciplina del D.Lgs 206/05 TU Consumo (art. 128 e ss ), in quanto appunto si
tratta di norma speciale, e non a quella prevista dagli artt. 1490 e ss c.c. per la vendita
in generale, che già di per sé costituisce norma speciale rispetto alla disciplina
sull’inadempimento (art. 1218 c.c.) e sulla risoluzione del contratto (art. 1453 c.c.).
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motivazione.
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Alla luce del dato normativo (TU Consumo) ribadisce quindi il Giudice che,
ricorrendone i presupposti -ossia contratto di compravendita fra venditoreprofessionista e consumatore, avente ad oggetto un bene di consumo-, deve essere
sempre applicata la disciplina speciale contenuta nel TU Consumo, a meno che non
siano previste dal codice civile ulteriori norme a tutela del consumatore, e che
possono applicarsi le disposizioni del codice civile in materia di contratto di vendita
in generale solo ad integrazione di eventuali lacune nella regolamentazione di
specifiche ipotesi: ogni ulteriore approfondimento viene rinviato a dopo.
Si procede ad un necessario inquadramento normativo, precisando che tutti i
riferimenti sono al D.Lgs 206/05 (TU Consumo), salvo diversa indicazione; va
precisato che gli articoli del predetto testo unico sono per la maggior parte identici
alla pregressa disciplina codicistica, di cui agli artt. 1519 bis e ss, c.c., abrogata
dall’art. 146, 1° comma, lett. s, TU Consumo.
Orbene in base all’art. 129, 1° comma, è previsto che “il venditore ha
l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita” ed
accanto all’affermazione di detta specifica obbligazione, derivante direttamente dal
contratto, è stata prevista una serie di presunzioni di conformità del bene al contratto,
da intendere come regole minime di integrazione della volontà contrattuale, ferma
Si precisa che la disciplina di cui si dirà trova applicazione anche “ … alla
vendita di beni di consumo usati, tenuto conto del pregresso utilizzo, limitatamente ai
difetti non derivanti dall’uso normale della cosa” (art. 128, 3° comma, TU Consumo).
Richiamate le singole ipotesi da cui si presume la conformità del bene al
contratto (art. 129, 2° comma) -schematicamente si può affermare che la conformità è
determinata in relazione a quattro condizioni, che se mancanti rendono il bene
‘difettoso’: a) idoneità all’uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
b) conformità alla descrizione fatta dal venditore e possesso delle qualità del bene che
il
venditore
ha
presentato
al
consumatore
come
campione
o
modello;
c) presenza delle qualità e delle prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il
consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene, delle
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rimanendo la possibilità per le parti di individuare altri specifici elementi.
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dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal
venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella
pubblicità o sull’etichettatura; d) idoneità all’uso particolare voluto dal consumatore e
portato, al momento della conclusione del contratto, a conoscenza del venditore che
lo ha accettato, anche per fatti concludenti-, va ribadito che il bene venduto presenta
un difetto di conformità in tutti i casi in cui il bene stesso non presenti anche una sola
delle caratteristiche, delle qualità o dei requisiti previsti dal contratto, a prescindere
dalla gravità e dall’entità della violazione nonché da ogni profilo soggettivo quanto
alla condotta del venditore, che in ipotesi potrebbe anche essere esente da colpa;
quindi assume rilievo il solo fatto oggettivo dell’esistenza di una non conformità del
bene al contratto, cioè di una problematica che fin dal D.Lgs 24/02 non era più
codificata e classificata a livello dogmatico in termini di vizio o di mancanza delle
qualità promesse o essenziali, a differenza di quanto invece era -ed è- previsto nelle
corrispondenti disposizioni del codice civile in tema di vendita in generale.
Il successivo art. 130, di contenuto identico all’abrogato art. 1519 quater c.c.,
che aveva introdotto tale nuovo tipo di obbligazione a carico del venditore
relativamente alla conformità del bene al contratto, prevede che “il venditore è
responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità
conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del
bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi terzo, quarto, quinto e
sesto, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto
conformemente ai commi settimo, ottavo e nono” (2° comma); quindi il legislatore
nazionale, in conformità alla direttiva europea, aveva introdotto, confermandola poi
nell’attuale TU, una gerarchia dei rimedi esperibili a tutela del consumatore: il
rimedio principale per il ripristino della conformità del bene al contratto è costituito
dalla richiesta del consumatore al venditore di riparazione o di sostituzione gratuita,
mentre la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto assumono una funzione
secondaria, nel caso in cui i rimedi di tipo satisfattivo non siano possibili ovvero
soddisfacenti.
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
esistente al momento della consegna del bene” (1° comma) e che “in caso di difetto di
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I rimedi della sostituzione e della riparazione possono essere invocati in tutti i
casi di non conformità del bene al contratto e, stante l’ampio contenuto della
disposizione in esame, si ritiene che detti rimedi ripristinatori possano trovare
ingresso qualunque sia la causa della problematica emersa, p.es. presenza di vizi o
mancanza delle qualità promesse o essenziali, ecc., e per il solo fatto oggettivo
dell’esistenza di detta problematica, dovendosi infatti prescindere -come detto- da
ogni profilo soggettivo quanto alla condotta del venditore, che in ipotesi potrebbe
anche essere esente da colpa.
Dunque, una volta che il consumatore abbia effettuato la denuncia di non
conformità, sorgono precisi obblighi di fare o di dare a carico del venditore, per
provvedere, senza oneri a carico del consumatore, alla riparazione o alla sostituzione
del bene: sul punto il comma 9° del citato art. 130 provvede a disciplinare i rapporti
fra eventuale richiesta e rimedio offerto, stabilendo che “dopo la denuncia del difetto
di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio
disponibile, con i seguenti effetti: a) qualora il consumatore abbia già richiesto uno
specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie
conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo
accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto; b) qualora il
accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente
articolo”.
In particolare il compratore può chiedere, a sua scelta, al venditore la
sostituzione o la riparazione del bene, sempre che il rimedio espressamente richiesto
non sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro, con la
conseguenza che, in quest’ultimo caso, il consumatore dovrà necessariamente
orientarsi verso l’altro rimedio ripristinatorio e, solo in caso di insussistenza dei
presupposti anche per questo rimedio alternativo, potrà usufruire dei rimedi secondari
della risoluzione del contratto o della riduzione del prezzo, il tutto nei limiti di cui
all’8° comma del medesimo art. 130.
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
consumatore non abbia già richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve
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Dunque in primis “il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di
riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio
richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro”
(3° comma art. 130), mentre “…. può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione
del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni: a) la
riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; b) il
venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il
termine congruo di cui al comma …(quinto)…; c) la sostituzione o la riparazione
precedentemente effettuatala arrecato notevoli inconvenienti al consumatore” (7°
comma, art. 130).
Pertanto, solo quando i rimedi ripristinatori sono entrambi possibili e non
eccessivamente gravosi, il compratore può scegliere liberamente l’uno o l’altro e, se
del caso, agire per ottenere l’esecuzione del rimedio prescelto stragiudizialmente,
mentre, se uno dei due rimedi comporti oggettivamente dei costi irragionevoli a
carico del venditore, il consumatore deve obbligatoriamente, sia per disposizione
della norma speciale che per il principio di buona fede, orientarsi verso l’altro
rimedio, potendo -in ultima analisi- procedere immediatamente con l’esercizio
dell’azione edilizia (riduzione del prezzo o risoluzione del contratto) solo se i rimedi
impossibili o eccessivamente onerosi [art. 130, 7° comma, lett. a)] ovvero se il
rimedio ripristinatorio richiesto, nel caso in cui entrambi fossero possibili e non
eccessivamente onerosi, non sia stato eseguito nel congruo termine di legge [art. 130,
7° comma, lett. b)] ovvero se la sostituzione o la riparazione, precedentemente
effettuata, abbia causato notevoli inconvenienti al consumatore [art. 130, 7° comma,
lett. c)].
La valutazione della possibilità ovvero dell’eccessiva gravosità per il
venditore ovvero ancora dell’equivalenza o meno dei due rimedi in relazione a detti
parametri deve essere rimessa all’Autorità giudiziaria, in caso di mancato accordo in
sede stragiudiziale, e deve essere fatta su basi oggettive in relazione al caso concreto
con un giudizio necessariamente ex post, salva l’ipotesi di una immediata manifesta
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
tanto della sostituzione del bene quanto della riparazione siano oggettivamente
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sproporzione fra il denunciato vizio di non conformità del bene ed il rimedio
richiesto, che faccia apparire ictu oculi l’eccessiva onerosità per il venditore del
rimedio stesso.
In tale quadro normativo è stato affermato che l’eventuale immediata
proposizione dell’azione di riduzione del prezzo o di risoluzione del contratto, pur
sussistendo i presupposti per l’esperibilità dei rimedi ripristinatori, porterebbe
all’inammissibilità della domanda stessa, in caso di eccezione da parte del convenuto,
tenuto alla garanzia ex lege; sul punto è stato infatti condivisibilmente sostenuto che
il legislatore, prima comunitario e poi nazionale, ha privilegiato le azioni
ripristinatorie ex art. 130, comma 3°, TU (con il rimedio della riparazione o della
sostituzione) rispetto a quelle propriamente edilizie ex art. 130, comma 7°, TU (con il
rimedio della riduzione del prezzo o della risoluzione).
Va quindi condivisa l’opinione di chi ritiene necessaria un’eccezione del
venditore, sia pure senza necessità di ricorrere a formule sacramentali, per quanto
attiene all’inammissibilità dell’immediata domanda edilizia pur in presenza di
possibili rimedi di natura ripristinatoria.
Nel caso di specie non è stata sollevata, nei suddetti termini, alcuna eccezione
sulla proposizione della domanda edilizia di riduzione del prezzo, domanda da
allegate modifiche apportate all’auto rispetto alle caratteristiche indicate nella
pubblicità.
Per quanto riguarda in particolare l’esercizio dell’azione edilizia quanti minoris
(riduzione del prezzo) si ritiene applicabile, salva l’incidenza delle disposizioni
particolari dettate dalla disciplina speciale, la giurisprudenza elaborata in relazione
all’art. 1492 c.c.; quindi l’acquirente può agire giudizialmente per ottenere, mediante
una sentenza di natura costitutiva, la modifica del contratto quanto alla propria
obbligazione di pagamento del prezzo di acquisto. E’ evidente, in caso di
accoglimento della domanda, che se il prezzo non sia stato ancora pagato,
l’acquirente otterrà la mera riduzione della propria obbligazione ancora da adempiere,
mentre, se è già stato pagato il prezzo, l’acquirente ottiene, oltre all’accertamento del
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
individuare nella richiesta di pagamento dei costi di ripristino della vettura per le
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diritto alla riduzione del prezzo, anche la condanna del venditore alla restituzione
della parte di prezzo risultata non dovuta.
Pertanto la finalità del rimedio edilizio della riduzione del prezzo è quella di
ristabilire il rapporto di corrispettività tra prestazione e controprestazione, nonché di
porre il compratore medesimo nella situazione economica in cui si sarebbe trovato, se
il bene fosse stato immune da vizi (cfr. Cass. 12852/08); è bene poi precisare che
detta azione consente al compratore di ristabilire il rapporto di corrispettività tra
prestazione e controprestazione, ma solo con riguardo al minor valore della cosa
venduta, dovendo infatti ricorrere alla domanda risarcitoria per ottenere l’ulteriore
risarcimento (cfr. Cass. 5202/07: “Nel contratto di compravendita, qualora il bene in
oggetto presenti dei vizi che ne determinano la diminuzione del valore in relazione
alla minore utilità che dal medesimo si può trarre, il compratore, esercitando l'"actio
quanti minoris", ha diritto di chiedere una diminuzione del prezzo pattuito in una
percentuale pari a quella rappresentante la menomazione che il valore effettivo della
cosa consegnata subisce a causa dei vizi, in modo tale da essere posto nella
situazione economica equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse
stata immune da vizi”).
Tradizionalmente, in mancanza di specifica normativa di riferimento nel codice
prudente apprezzamento del giudice, anche per esempio tenendo conto delle spese
sostenute o da sostenere per l’eliminazione del vizio, sempre secondo un parametro di
ragionevolezza e di adeguatezza.
Nella materia che qui ci occupa della tutela del consumatore, il più volte
richiamato art. 130 contiene una serie di riferimenti che, peraltro, per la loro
genericità non aiutano l’interprete; infatti al 2° comma si parla di “… riduzione
adeguata del prezzo …”, al 7° comma si parla di “ … (richiesta di)… una congrua
riduzione del prezzo …”, mentre all’8° comma si fa riferimento al pregresso uso del
bene, con la precisazione che “nel determinare l’importo della riduzione o la somma
da restituire si tiene conto dell’uso del bene”.
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civile, l’individuazione della misura della riduzione è rimessa a criteri equitativi ed al
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Dunque se l’azione per la riduzione del prezzo è finalizzata -come detto- a
ristabilire il rapporto di corrispettività tra prestazione e controprestazione e se quindi
l’indagine del giudice è diretta a determinare il minor prezzo che il compratore
avrebbe pagato ove avesse avuto conoscenza dei vizi o, in base al codice del
consumo, della non conformità, si ritiene comunemente che un utile parametro di
riferimento possa essere rappresentato, rimanendo nel campo della vendita di
autovetture, proprio dal costo sopportato o che deve essere sopportato dall’acquirente
per eliminare il vizio o più in generale il difetto di conformità.
In questo modo, riducendo il prezzo di acquisto, si riesce, in prima
approssimazione, a ristabilire il rapporto di corrispettività tra la prestazione e la
controprestazione, tenendo conto dell’entità della minore utilità e del minor valore
effettivo del bene acquistato, rispetto a quello che appariva in sede di acquisto, a
causa del difetto scoperto dopo la conclusione del contratto.
Peraltro, nella materia che qui ci occupa, deve ritenersi che l’equazione ‘spesa
sostenuta uguale riduzione corrispondente del prezzo e quindi determinazione della
somma da restituire’ non è automatica, in quanto si deve pur sempre tener conto del
pregresso uso del bene, come codificato parametro di ragionevolezza ed adeguatezza
della riduzione.
del presente capo si applicano alla vendita di beni di consumo usati, tenuto conto del
tempo del pregresso utilizzo, limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale
della cosa”.
Questo significa che tutti i difetti preesistenti alla consegna del bene usato e
derivanti dall’usura pregressa del bene, sempre che essi siano stati evidenziati al
cliente, non possono mai essere riconosciuti come difetti di conformità.
Va poi ricordato che l’esistenza del difetto di conformità si presume nel caso
in cui lo stesso si sia manifestato entro il termine di sei mesi dalla data in cui è
avvenuta la consegna del bene (art. 132, 3° comma, TU: “Salvo prova contraria, si
presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna
del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la
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L’art. 128, 3° comma, TU Consumo prevede -come detto- che “le disposizioni
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natura del bene o con la natura del difetto di conformità”) e a questo punto si tratta di
verificare in quali termini si ponga questa disciplina nel caso di vendita di beni usati,
come l’autovettura in questione.
E’ al riguardo innegabile che la presunzione di esistenza di difetto originario
trova un’espressa deroga nell’inciso del citato articolo 132 (“ …. a meno che tale
ipotesi sia incompatibile con la natura del bene … ”), tant’è che -come detto- la
garanzia sull’usato si applica “tenuto conto del tempo del pregresso utilizzo,
limitatamente ai difetti non derivanti dall’uso normale della cosa” (cfr. citato art. 128,
3° comma, TU Consumo).
Chiusa questa parentesi, appare opportuno richiamare le singole voci in cui si
articola la domanda di parte attrice.
L’attore ha lamentato in primis che la vettura acquistata era stata modificata,
come rilevato dal centro assistenza Porsche di Roma, sia nella marmitta che nei
fanali; che tali modifiche non solo non erano state riportate nell’annuncio
pubblicitario, ma neanche gli erano state portate a conoscenza dal venditore al
momento della conclusione del contratto; che dal suddetto centro assistenza Porsche
di Roma era stata preventivata una spesa di 10.644,55 euro per poter ripristinare lo
stato originale della vettura.
minoris, ritiene il Giudice che, a prescindere da quanto possa essere stato indicato
nell’annuncio pubblicitario sul sito internet “Autoscout24”, l’attore fosse stato portato
a conoscenza delle modifiche tecniche all’atto delle vendita e che, avendo concluso
coscientemente e consapevolmente il contratto di vendita, non possa ora pretendere
nulla in termini di riduzione del prezzo, al fine di sostenere i pretesi costi di ripristino
dello stato originario dell’autovettura.
Al riguardo, anche a non voler dare credito alla testimonianza di Margiotti
Rosaria, dipendente della ditta convenuta e -in base a quanto dalla stessa
spontaneamente riferito- a conoscenza dei fatti di causa per aver letto “ … la memoria
difensiva …”, è emerso, come riferito dal teste Cappa Giampaolo (precedente
proprietario della vettura) in relazione ai fatti della vendita ed alla telefonata con il
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Orbene, ribadito che l’attore ha a tal fine esercitato l’azione edilizia quanti
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
Soccol nel primo pomeriggio del 27/10/11, che “ … la Porsche 968 CS era una
vettura preparata per eventuali competizioni. In occasione di tale telefonata il Soccol
mi ha chiesto quali modifiche erano state apportate alla vettura. Adr: Non ricordo il
motivo per cui mi stava chiedendo tali informazioni. Adr: Mi disse che l’acquirente
era nel suo autosalone, Adr: Non mi disse né ho potuto capire se stesse con il sistema
viva voce. ...”; che “ … A seguito della richiesta del Soccol sulle modifiche apportate
alla Porsche 968 CS, ricordo di avergli detto che le modifiche riguardavano lo
scarico, una centralina (se ben ricordo) e il filtro dell’aria. Adr: La modifica allo
scarico l’avevo fatta io, come pure la centralina, visto che ne avevo cambiate due.
Adr: La centralina nuova era stata installata per aumentare la coppia ai bassi regimi
…”; che “ … avevo apportato delle modifiche anche all’estetica dell’auto; in pratica
i fanali erano fissi anziché ribaltabili come da fabbrica, poi i cerchi in lega erano
scomponibili anziché in monoblocco. Adr. Gli scarichi erano omologati, ma non
Porsche; mentre i fanali fissi erano Porsche, ma del modello 993, perfettamente
alloggiati nel vano fanali. Adr: Quanto alla scarico, se ben ricorso, avevo provveduto
alla sostituzione del pezzo finale. Adr: Non ho provveduto alle modifiche sul libretto
di circolazione, in quanto si trattava di modifiche minime. Ho passato senza problemi
la revisione e i controlli sulla strada delle forze dell’ordine ...”.
se effettivamente, come sostenuto dalla convenuta, il colloquio telefonico fra il teste
ed il Soccol fosse avvenuto con modalità ‘viva voce’, è stato lo stesso attore a
confermare la circostanza: per inciso non vi è contestazione sul fatto che la telefonata
fra il Soccol ed il Cappa sia avvenuta, nonostante il mancato ricordo della data da
parte del teste, proprio il 27/10/11, quando il Lusi era andato a ritirare l’auto e a
sottoscrivere il contratto (cfr. doc. 1 di parte attrice).
Nella memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c., in replica alle deduzioni di parte
convenuta in comparsa di risposta, parte attrice ha invero allegato, con riferimento ai
fatti del 27/10/11, che “ …. Nel primo pomeriggio al rientro in concessionaria, atteso
che mancava il libretto tagliandi di manutenzione della vettura, lo stesso Soccol portò
nella propria stanza il Sig. Lusi al fine di telefonare al proprietario della vettura per
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Nonostante che dalle dichiarazioni del teste Cappa non sia dato comprendere
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RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
chiedere spiegazioni in merito. …”; che “ … la telefonata, in modalità “viva voce”
(della durata di un minuto) fu fatta nella stanza del Sig. Soccol in presenza soltanto
del Sig. Lusi, mentre la segretaria, Sig.ra Margiotti, era seduta alla propria scrivania,
in una stanza diversa da quella dove si stavano intrattenendo l’attore ed il titolare
della Soccol. …” e che “ … nella breve durata della telefonata (alla quale si ribadisce
era presente solo il Sig. Lusi), contrariamente a quanto vorrebbe far credere la
convenuta, il Sig. Soccol chiese al proprietario della vettura oggetto di causa
esclusivamente informazioni in merito al suddetto libretto tagliandi di manutenzione,
senza far alcun riferimento alle modifiche effettuate sulla vettura. …”.
Dunque, benché parte attrice non abbia depositato memoria ex art. 183/6 n° 1
c.p.c. e l’allegazione sui fatti del 27/10/11 in replica alle deduzioni della convenuta
sia avvenuta nella memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c., è innegabile che si tratti
comunque di circostanze che ben possono essere prese in considerazione ai fini della
decisione.
In conclusione è processualmente emerso che il Lusi fosse a conoscenza delle
modifiche apportate all’autovettura, che intendeva acquistare, e che nonostante ciò
abbia acquistato l’automezzo.
A tal proposito la conferma che il colloquio telefonico fosse avvenuto prima
quale infatti ha riferito che il Soccol gli aveva parlato di un cliente interessato
all’acquisto (cfr. teste Cappa: “ … Il Soccol mi disse che aveva trovato una persona
interessata all’acquisto e mi chiese se potevo recuperare i fari originari. …”) e, a
proposito della questione dei fanali, ha chiesto se c’era il rischio per la ditta di perdere
il cliente (cfr. teste Cappa: “ … In occasione di questa telefonata il Soccol mi chiese
solo delle modifiche apportate e della questione dei fanali, ma non mi spiegò il
motivo della sua richiesta. Confermo che mi disse che il cliente era lì presente ed io
mi preoccupai di chiedere se poteva perdere il cliente per la questione dei fanali.
Adr: Se ben ricordo mi disse che non c’era alcun problema perché c’erano delle
permute in ballo con detto cliente …”); quindi il contratto non era stato ancora
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della conclusione del contratto si ricava dalla stesse dichiarazioni del teste Cappa, il
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sottoscritto ed il Lusi ha appreso delle modifiche prima appunto della conclusione del
contratto.
Nonostante il teste Cappa abbia riferito della visita del Soccol presso la
propria abitazione e del costante richiamo di costui alla circostanza della telefonata
con modalità in viva voce, quasi a voler far ricordare al teste detta circostanza in
occasione dell’imminente chiamata in tribunale (cfr. teste Cappa: “… Qualche mese
fa ho incontrato a casa mia o meglio mi è venuto a trovare a casa mia Soccol
Giuseppe che mi ha parlato dell’odierna controversia e di essere stato truffato da un
signore, cioè dal Lusi. Mi disse esattamente il nome di Lusi,… . In questa occasione il
Soccol mi disse che la telefonata di cui ho detto era in viva voce, cosa che non
ricordo che mi abbia detto durante la telefonata stessa. Adr. Quando è venuto a casa
mia, il Soccol ha parlato della pendenza della causa e ha detto che tramite il viva
voce il cliente aveva sentito indirettamente il nostro colloquio sulle modifiche
dell’auto. Adr. Confermo di non ricordare che il Soccol, in occasione della telefonata
di cui ai capitoli, mi abbia detto che il telefono era in viva voce. …”), ritiene il
Giudice che il teste sia pienamente attendibile, in quanto, a proposito della telefonata
in viva voce, lo stesso ha dichiarato di non avere avuto elementi per ritenere che
effettivamente il telefono fosse in quella modalità ovvero che il Soccol, unico con cui
lui (cfr. teste Cappa: “ … Adr: Non ricordo se, durante la telefonata, il Soccol desse
l’impressione di parlare con un’altra persona e riferisse a questa quanto stava
sentendo da me …”); quindi il teste non ha reso dichiarazioni compiacenti a favore
del Soccol su cose di cui non era sicuro.
Peraltro -come detto- è stato lo stesso Lusi che, dopo nulla aver detto sulla
circostanza in citazione, nella memoria ex art. 183/6 n° 2 c.p.c. ha confermato
l’effettuazione della telefonata fra il Soccol ed il Cappa nell’ufficio del primo e l’uso
del telefono in modalità ‘viva voce’.
Non vi sono poi motivi per ritenere il teste influenzabile o influenzato dalla
visita del Soccol, anche in considerazione tanto del fatto che -come detto- il teste non
ha potuto confermare nulla, come già a suo tempo fatto presente al Soccol in
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aveva parlato, facesse da tramite con una persona (appunto il Lusi) presente accanto a
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
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occasione della visita a casa, in ordine all’uso e meno della modalità ‘viva voce’
quanto del fatto che la Porsche era stata lasciata in permuta alla convenuta al
momento dell’acquisto, un anno e mezzo prima, di un’altra autovettura (cfr. teste
Cappa: “ … Adr: Era una Porsche 968CS, che avevo dato in permuta circa un anno e
mezzo prima, quando ho acquistato una Porsche 911 mod 996 turbo. Adr: Se ben
ricordo, proprio perché data in permuta e non in conto vendita, l’auto l’avevo
venduta alla Concessionaria. …”); quindi per il teste, non più proprietario della
Porsche, era indifferente se la vettura, ormai non più sua, fosse venduta e a quale
prezzo.
L’attore, nel confermare la telefonata fra il Soccol ed il teste Cappa, telefonata
in ‘viva voce’ alla quale ha assistito, ha allegato che l’oggetto della telefonata era solo
il libretto dei tagliandi, ma si tratta di circostanza non confermata dal teste, il quale ha
invero riferito che il libretto neanche lo aveva (cfr. teste Cappa: “ … Confermo la
circostanza della telefonata, ma non ricordo assolutamente la questione del libretto
tagliandi di cui mi si dice. Adr: Faccio presente che al momento del mio acquisto nel
1998, se ben ricordo, l’auto non aveva il libretto tagliandi; quindi quando l’ho data
in permuta l’auto non aveva il libretto dei tagliandi …”).
In conclusione, avendo l’attore conosciuto fin da prima dell’acquisto
meccanismo di ribaltamento, appariva inoltre ictu oculi- ed avendo nonostante ciò
acquistato l’autovettura, è evidente che alcuna rilevanza processuale può avere la
pretesa successiva scoperta e segnalazione delle modifiche da parte del centro di
assistenza Porsche di Roma.
Dunque la domanda va rigettata in parte qua, poiché Lusi, al momento
dell’acquisto, era pienamente consapevole dell’esistenza delle modifiche alla
centralina elettronica, al filtro dell’aria, ai fanali ed allo scarico; quindi, a prescindere
da quanto esposto sul sito internet, non può parlarsi di non conformità del bene al
contratto, in quanto l’acquirente ben sapeva cosa stava comprando e ben era stato reso
edotto, prima della conclusione del contratto, delle modifiche tecniche apportate, una
delle quali -i fanali- costituiva, usando le parole del teste Cappa, una “ … modifica
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l’esistenza delle modifiche -quella ai fanali, fissi anziché a scomparsa con
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peraltro lampante …”. Si consideri poi la fattura relativa all’acquisto, prodotta dallo
stesso attore come proprio doc. 2, in cui è scritto “saldo su acquisto veicolo visto e
piaciuto nello stato in cui si trova”.
Non rileva che nel documento sub 1, indicato dall’attore come ‘copia del
contratto di acquisto’, non si facesse menzione delle modifiche in quanto -come
detto- il contratto si è perfezionato dopo la ricordata telefonata, quando era chiaro,
tanto in chi vendeva quanto in chi acquistava, che la Porsche 968 CS, oggetto della
vendita, presentava le ricordate modifiche tecniche; quindi non vi è alcuna non
conformità del bene acquistato al contratto, così come concluso, e non vi è spazio per
alcuna pretesa sopravvenuta scoperta della non conformità.
L’attore ha inoltre instato per il risarcimento del danno patrimoniale sofferto,
in misura pari agli esborsi sostenuti.
Aprendo a questo punto un’ulteriore doverosa parentesi, si tratta di verificare
se ed in quale misura sia possibile proporre una domanda di risarcimento danni e
quale disciplina applicare, attesa la mancanza di disposizioni specifiche nel TU
Consumo.
Nelle osservazioni che seguono, a completamento del discorso introdotto
all’inizio della motivazione, è sempre implicito il riferimento al TU Consumo, salvo
Orbene l’art. 135, il cui primo comma è di contenuto identico all’abrogato art.
1519 nonies c.c., prevede che “le disposizioni del presente capo non escludono né
limitano i diritti che sono attribuiti al consumatore da altre norme dell’ordinamento
giuridico” (1° comma) e che “per quanto non previsto dal presente titolo, si applicano
le disposizioni del codice civile in tema di contratto di vendita” (2° comma, non
previsto nell’art. 1519 nonies c.c.).
Alla luce del dato normativo (TU Consumo) si deve quindi ribadire che,
ricorrendone i presupposti, deve essere sempre applicata la disciplina speciale
contenuta nel TU Consumo; va pertanto esclusa la possibilità per il consumatore di
scegliere di volta in volta la disciplina da applicare, secondo le convenienze del caso
concreto, dovendo sempre trovare applicazione la disciplina speciale in materia di
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diversa indicazione.
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
contratti di vendita di beni di consumo, salva la possibile integrazione con le norme
del codice civile nel caso in cui manchi su un punto particolare una specifica
regolamentazione.
Al riguardo valgono le seguenti osservazioni, che prendono in considerazione
le problematiche connesse alla compresenza nel nostro ordinamento di norme speciali
di derivazione europea e norme generali, ‘interne’ e preesistenti, destinate a
disciplinare lo stesso fenomeno giuridico.
In particolare, per quello che qui interessa, il fenomeno dell’esistenza di vizi e
difetti del bene acquistato è disciplinato, con modalità e conseguenze in parte
differenti, sia dal codice del consumo che dagli artt. 1490 e ss. c.c. ed il
coordinamento delle due normative ha costituito oggetto di acceso dibattito, con
prospettazione di soluzioni estremamente variegate, che prendono tutte, però, le
mosse dall’interpretazione del citato art. 135, che espressamente -come dettosancisce il principio della non esclusività delle disposizioni in esso contenute nella
regolamentazione dei diritti del consumatore in materia di garanzia.
Se è dunque chiaro che, come recita il citato art. 135, le disposizioni del
codice del consumo non escludono né limitano i diritti che sono attribuiti al
consumatore da altre norme dell’ordinamento giuridico, non può dubitarsi che si
con riguardo ai danni provocati in conseguenza dell’acquisto di un bene di consumo,
anche se la normativa speciale contenuta nel codice del consumo non contiene alcuna
previsione al riguardo; infatti si deve ritenere, conformemente alla dottrina
dominante, che al di là dei quattro rimedi tipici previsti dall’art 130 a tutela dei diritti
del consumatore, il diritto al risarcimento del danno, in caso di difetto di conformità
del prodotto acquistato, trova cittadinanza nell’ambito della vendita consumeristica
in forza del primo comma dell’art 135 e trova attuazione attraverso il richiamo
contenuto nel secondo comma della stessa norma con riferimento alle disposizioni
contenute nel codice civile in tema di contratto di vendita.
Ribadisce pertanto il Giudice che, nel rispetto della ratio della normativa
comunitaria e visto il secondo comma del citato art. 135, la normativa sulla tutela del
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possa invocare la tutela risarcitoria prevista in via generale dal nostro ordinamento
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
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consumatore, quale risulta attualmente dal citato TU Consumo, non esaurisce tutte le
possibili garanzie riconosciute al consumatore e che è possibile un’integrazione con
la normativa prevista dal codice civile.
In relazione a quest’ultimo profilo si è poi dibattuto in ordine
all’individuazione delle norme interne da applicare quali fonti della responsabilità
risarcitoria del venditore e precisamente ci si è domandati se si dovesse far
riferimento all’art. 1218 c.c. -i sostenitori di detta soluzione, ritenendo che gli artt.
129 e ss. del codice del consumo abbiano introdotto una vera e propria obbligazione
primaria di fornire un bene conforme al contratto, si richiamano alle regole relative
all’ordinaria responsabilità per inadempimento- ovvero all’art. 1494 c.c. -i sostenitori
di questa soluzione ricostruiscono la garanzia legale prevista dalla normativa
consumeristica in termini di responsabilità speciale, sullo stesso modello della
garanzia per i vizi della cosa venduta di cui agli artt. 1476 n. 3) e 1490 e ss. c.c.- ed al
riguardo ritiene il Giudice preferibile, stante il dettato letterale del richiamato art. 135,
la tesi della riconduzione della garanzia legale nell’ambito della responsabilità
speciale per garanzia in materia di compravendita e quindi all’art. 1494 c.c..
Non si tratta di una questione puramente di inquadramento dogmatico, in
quanto in astratto la prevalenza dell’una o dell’altra tesi potrebbe avere influenza in
imputazione della responsabilità, istituti invero disciplinati in maniera diversa nel
caso di vendita in generale e nel caso di inadempimento contrattuale.
Inoltre, una volta scelto il modello di responsabilità al quale si deve fare
riferimento, è altrettanto discussa la possibilità di adattare la normativa interna,
richiamata in materia di risarcimento del danno, a quella prevista per gli strumenti di
matrice comunitaria.
In proposito sembra potersi rilevare che la riconduzione della garanzia legale
nell’ambito della responsabilità generale per inadempimento o in quello della
responsabilità speciale per garanzia in materia di compravendita -soluzione,
quest’ultima, che pare più aderente al tenore letterale del secondo comma dell’art.
135 del codice del consumo- è destinata a perdere gran parte della sua rilevanza
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ordine, p.es., alla questione della decadenza e prescrizione ed al criterio di
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
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pratica, laddove si ritenga che esigenze di uniformità del sistema impongano di
coordinare, per le ipotesi di vendita di beni di consumo, la normativa civilistica,
applicabile in via residuale per quanto non previsto dalla normativa speciale, con
quella dettata dal codice del consumo, atteso che tale scelta interpretativa comporta,
in entrambi i casi, che l’esercizio del rimedio risarcitorio sia sottoposto ai termini di
decadenza e prescrizione previsti dall’art. 132 del codice di consumo e che la
responsabilità del venditore sia caratterizzata dalla natura sostanzialmente oggettiva e
prescinda dall’accertamento della colpa dell’alienante, così come previsto per gli altri
strumenti di tutela contemplati dall’art. 130 dello stesso codice.
La riconduzione ad unità del sistema, d’altra parte, appare la soluzione
preferibile, sia perché conforme alla vocazione all’armonizzazione integrale delle
discipline nazionali propria del diritto comunitario recepito nel nostro ordinamento ed
alla ratio di maggior tutela del consumatore che conforma la disciplina di matrice
europea della vendita di beni al consumo, sia perché, come è stato correttamente
osservato in dottrina, una diversa interpretazione della norma che consentisse
l’applicazione di termini di prescrizione e decadenza e di un criterio di imputazione
della responsabilità diversi per azioni che si basano sul medesimo presupposto -il
difetto di conformità- contrasterebbe con i principi di razionalità e logicità che
In conclusione, pur nel silenzio della disciplina del TU Consumo, si ritiene
ammissibile la domanda risarcitoria per danni conseguenti alla non conformità del
prodotto venduto; inoltre anche detta domanda deve ritenersi soggetta allo stesso
termine di decadenza e di prescrizione previsto dal citato art. 132 TU Consumo e non
a quello previsto dall’art. 1495 c.c. per la vendita in generale ed allo stesso criterio di
imputazione della responsabilità.
Dunque, una volta verificata l’ammissibilità della domanda risarcitoria, per
mancata proposizione dell’eccezione di decadenza e/o prescrizione (pacificamente
non rilevabile d’ufficio, in quanto nella disponibilità della parte interessata) ovvero
per infondatezza dell’eccezione stessa, la su individuata esigenza di uniformità deve
riguardare anche il merito e i presupposti stessi della domanda risarcitoria, con la
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devono presiedere all’attività ermeneutica.
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conseguenza che la responsabilità risarcitoria del venditore deve ritenersi
caratterizzata
dalla
natura
sostanzialmente
oggettiva
e
deve
prescindere
dall’accertamento della colpa del venditore, così come previsto per gli altri strumenti
di tutela contemplati dall’art. 130 dello stesso codice; quindi in questi casi,
diversamente da quanto previsto dall’art. 1494 c.c., il risarcimento del danno deve
ritenersi non regolato dai principi generali in tema di inadempimento contrattuale.
L’obbligo
risarcitorio
a
carico
del
venditore
pertanto
sussiste
indipendentemente da ogni considerazione circa il criterio di imputazione della
responsabilità e circa la conoscenza o conoscibilità dei vizi e/o difetti accertati; quindi
è necessario e sufficiente che il consumatore provi, in base a conferente allegazione,
l’esistenza dei vizi e dei difetti lamentati, delle conseguenze dannose e del nesso
causale fra gli uni e le altre.
Tornando al caso di specie, va ricordato che in citazione l’attore ha allegato
che “… il Sig. Lusi nell’immediatezza riscontrava una grave perdita d’acqua e tramite
la Europ Assistance per l’importo di €. 186,00 …, faceva trasportare la vettura presso
l’officina Centro Porsche Bologna – Soveco S.p.A …; … a causa del guasto il Sig.
Lusi si trovava costretto a ricorrere a mezzi alternativi per poter rientrare a casa
(noleggio vettura: €. 128,34 … ed inoltre, essendo privato della propria vettura per 70
2.964,50 …; … che … in data 2 dicembre 2011 il Sig. Lusi incaricava l’Autoservizi
Nanni Group S.r.l. di prelevare la Porsche presso la Soveco di Bologna e di condurla
direttamente a Roma presso il centro assistenza Porsche per far eseguire una verifica
più approfondita, corrispondendo alla medesima società di trasporto la somma di €.
665,50 …”; che “ … dopo solo un giorno, precisamente il 3 dicembre 2011, la vettura
in prova – presso il suddetto centro assistenza Porsche di Roma – rimaneva
nuovamente in panne e, pertanto, veniva riparata al costo di €. 1.719,00, …” e che
pertanto aveva “… dovuto sostenere i costi del noleggio della vettura sostitutiva, dei
carro attrezzi (i.e. €. 3.944,34) e delle spese di assicurazione e di bollo della vettura
viziata (i.e. €. 223,69, €. 117,83), subendo pure un grave stress a causa della mancata
disponibilità dell’auto … a partire dallo stesso giorno di acquisto per un periodo di
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giorni, è stato costretto ad utilizzare un auto a noleggio per un costo complessivo di €.
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tempo notevole che in via equitativa si quantifica in €. 5.000,00 ...” (cfr. atto di
citazione).
Come discorso di carattere generale, va ricordato che il creditore danneggiato
deve allegare non solo l’altrui inadempimento, ma deve anche allegare e provare
l’esistenza di una lesione cioè della riduzione di un bene della vita (patrimonio,
salute, immagine, ecc.), di cui chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al
fatto del debitore inadempiente: in ciò appunto consiste il danno risarcibile; in difetto
di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto, in quanto
il danno è ontologicamente differente ed ulteriore rispetto all’inadempimento (cfr.
Cass. 5960/05).
Conformemente ai principi generali in materia di risarcimento dei danni, va di
sicuro esclusa l’ipotizzabilità di un danno in re ipsa, che diversamente verrebbe a
coincidere con l’evento; l’evento è invece un elemento del fatto produttivo del danno
ed ormai si può ritenere pacifico (Cass. SU 26972/08) che il danno, ai sensi degli artt.
1223 e 2056 c.c., deve configurasi pur sempre come un danno-conseguenza e non
come danno-evento.
La domanda risarcitoria dei pretesi danni patrimoniali va accolta nei seguenti
termini.
pacifico il fatto storico del problema tecnico al radiatore e dell’ammessa riparazione
in garanzia, la domanda di risarcimento danni per l’importo di 186,00 euro, spesa
sostenuta per il trasporto ed il ricovero della vettura presso l’officina Centro Porsche
Bologna – Soveco Spa (cfr. doc. 4 di parte attrice: ricevuta fiscale n° 175/F del
27/10/11 di Euro Assistance).
Astrattamente sarebbe da riconoscere anche la somma di 128,34 euro per
noleggio di un’autovettura per poter ritornare a Roma da Bologna, ma nel caso di
specie dall’esame della fattura prodotta dallo stesso attore (cfr. doc. 5 di parte attrice:
fattura della Maggiore del 28/10/11) risulta che la stessa è intestata a tale ‘Saturnino
2000 Srl’, soggetto giuridico diverso dal Lusi, indicato solamente in fattura come
‘driver’, ma non come ‘soggetto fatturato’; quindi si deve ritenere che il costo del
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Seguendo l’ordine delle domande attrici, va sicuramente accolta, essendo
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
noleggio ed il beneficio del rimborso Iva siano stati a carico e a favore della predetta
Saturino 2000 Srl. La domanda va pertanto rigettata in parte qua.
L’attore, sul presupposto di essere stato privato della propria vettura per 70
giorni, ha allegato che era stato costretto ad utilizzare un’auto a noleggio per un costo
complessivo di 2.964,50 euro, come da fattura allegata (cfr. doc. 6 di parte attrice:
fattura n° 42 del 20/1/12 della ditta Di Croce Enzo, intestata all’attore, per
complessivi 2.964,50 euro, Iva compresa, relativamente al noleggio per settanta
giorni di una vettura Alfa Romeo 156, tg BM142BX, al costo unitario di 35,00 euro
al giorno).
Orbene, premessa l’irrilevanza di quanto allegato dalla convenuta sul fatto
che l’attore sia proprietario di altre auto o moto -non risulta peraltro neanche allegato
dalla convenuta se dette auto fossero perfettamente marcianti e regolarmente
assicurate-, ritiene il Giudice, stante il pacifico riconoscimento del guasto al radiatore
e l’assunzione dell’obbligo di riparazione in garanzia da parte della venditrice, che la
convenuta è tenuta al risarcimento del danno per le spese che il Lusi, privato dell’uso
dell’autovettura per un incontestato difetto di conformità, ha dovuto ragionevolmente
sostenere per ovviare alla mancata disponibilità della vettura da poco acquistata.
Peraltro, poiché -come subito dopo si vedrà- l’auto era stata riparata dalla
attrice), è di tutta evidenza che il periodo in cui, per fatto della venditrice, il Lusi non
ha potuto usufruire della vettura è stato al massimo 25 giorni (dal 27/10/11 al
21/11/11); quindi, considerando non eccessiva l’utilizzazione in noleggio di una Alfa
Romeo 156 né incongruo il costo di 35,00 euro al giorno più Iva al 21%, l’attore ha
diritto, a titolo di risarcimento del danno per le spese sostenute per il noleggio di
un’auto sostitutiva, alla corresponsione della complessiva somma di 1.058,75 euro,
Iva compresa, ossia 875,00 euro (35,00 euro x 25 giorni) + Iva al 21%.
Non è dovuta, in quanto l’autovettura risultava riparata dal un centro
autorizzato Porsche e non è stato neanche allegato alcun legittimo impedimento a
tornare a Bologna, la somma di 665,50 euro, asseritamente spesa (cfr. doc. 9 di parte
attrice: fattura del 2/12/11) per far rientrare l’autovettura da Bologna a Roma per
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
Soveco Spa di Bologna ed era pronta per il ritiro fin dal 21/11/11 (cfr. doc. 8 di parte
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
mezzo della Autoservizi Nanni Group Srl; infatti, come risulta dalla lettera 21/11/11,
anticipata via fax dalla Soveco Spa di Bologna (cfr. doc. 8 di parte attrice),
l’autovettura Porsche del Lusi era pronta per il ritiro fin appunto dal 21/11/11.
Dunque l’autovettura, riparata da un centro autorizzato Porsche ed in difetto di
qualsiasi allegazione su una non perfetta riparazione che ne impedisse la circolazione
in piena sicurezza, ben poteva essere ripresa dal Lusi e portata a Roma via autostrada,
completando il viaggio iniziato il precedente 27 ottobre.
A tutto concedere, all’attore si sarebbe potuto riconoscere, come risarcimento
minimo, il costo del biglietto del treno da Roma a Bologna per andare a riprendere
l’autovettura, ormai riparata in garanzia (cfr. doc. 1 di parte convenuta: fattura n° 6701013 del 23/11/11 della Centro Porsche Bologna Soveco Spa intestata alla ditta
Soccol per i lavori sulla vettura del Lusi), ma nulla risulta provato e quindi nulla può
essere disposto in tal senso.
Analogamente non dovuto è l’importo di 1.719,00 euro per spese
asseritamente sopportate a causa di quanto avvenuto il 3/12/11, quando “ … la vettura
in prova – presso il suddetto centro assistenza Porsche di Roma – rimaneva
nuovamente in panne e, pertanto, veniva riparata al costo di €. 1.719,00 …” (cfr.
citazione).
si osserva che non vi è prova del ‘vizio’ in ipotesi verificatosi in tale occasione e della
sua configurabilità in termini di difetto di conformità. In tal senso, invero, alcun
elemento utile può desumersi dalla fattura prodotta dall’attore come doc. 10 (fattura e
scontrino fiscale del 21/1/12), in quanto si tratta di interventi o richiesti per puro
interesse e piacere dell’attore (montaggio radio, strumento multiplo S+R, adattatore
antenna) o eseguiti senza prova dell’effettiva necessità (sostituzione di componenti
vari: cinghie, anelli, guarnizioni, lampade) ovvero connessi alla sostituzione dei fanali
(due proiettori, due telai girevoli, due motori elettrici, ecc.), su cui già si è detto;
quindi, con riferimento a queste ultime spese, l’attore tende a reintrodurre la domanda
di rimborso per costi (sostituzioni fanali), che già si dovevano intendere ricompresi
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
Orbene, a prescindere da ogni altra considerazione sull’episodio del 3/12/11,
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
nella prima richiesta di riduzione del prezzo per le lamentate (ma ben conosciute)
modifiche dell’autovettura.
In conclusione nulla è dovuto per le pretese ulteriori spese.
Per quanto riguarda la somma di 117,83 euro per ‘bollo’, si osserva, premesso
che con la dicitura ‘bollo’ deve ormai intendersi il riferimento alla ‘tassa di proprietà’
che ha sostituito la vecchia ‘tassa di circolazione’, che l’autovettura era di proprietà
dell’attore e quindi la tassa di proprietà si sarebbe dovuta comunque pagare; diverso
sarebbe stato il discorso se, come in passato, si fosse appunto trattato della tassa di
circolazione. Dunque nulla è dovuto per questa voce.
Per quanto riguarda la spesa per l’assicurazione (223,69 euro), la stessa
sarebbe dovuta per la quota parte relativa al periodo di mancato uso dell’autovettura,
ossia 25 giorni, ma non si hanno elementi per una tale liquidazione, anche in
considerazione del fatto che non si conosce l’origine della somma di 223,69 euro né
l’arco temporale di riferimento.
Nulla inoltre è possibile liquidare per il risarcimento del danno cd. da fermo
tecnico.
Al riguardo, il Giudice non ignora certo la giurisprudenza della Cassazione
sulla possibile liquidazione equitativa del danno da fermo tecnico del veicolo, a
ultimo Cass. 22687/13; Cass. 23916/06; Cass. 12908/04), ma non va dimenticato il
condiviso diverso orientamento della stessa Cassazione (cfr. Cass. 17135/11, in
motivazione; Cass. 12820/99), in forza del quale il danno da fermo tecnico non può
considerarsi sussistente in re ipsa, per il solo fatto che un veicolo sia inutilizzato dal
proprietario per un certo lasso di tempo, ma al contrario, come ogni danno, anche
quello da fermo tecnico deve essere provato.
Sul punto si richiama anche quanto detto sul danno-conseguenza.
Tanto premesso, è pertanto sicuramente dovuto il risarcimento del danno
patrimoniale nella misura pari alla somma di 1.244,75 euro, per le spese di cui si è
detto; si tratta infatti di una perdita patrimoniale (cd danno emergente) che l’attore ha
sofferto alla luce delle superiori osservazioni.
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
seguito di sinistro stradale, anche in assenza di prova specifica del danno (cfr. da
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
Dunque la convenuta va condannata al pagamento, a titolo di risarcimento dei
danni patrimoniali, della complessiva somma di 1.244,75 euro, oltre alla rivalutazione
monetaria, in base ai noti indici Istat sui prezzi al consumo per le famiglie di operai
ed impiegati, dalle date dei singoli pagamenti (precisamente dal 27/10/11 su 186,00
euro e dal 20/1/12 su 1.058,75 euro) fino alla presente sentenza e, sulle somme così
attualizzate, agli interessi legali dalla presente sentenza fino al saldo effettivo.
Non sono invece dovuti gli interessi compensativi, congiuntamente alla
rivalutazione monetaria per il periodo compreso fra i citati pagamenti e la presente
sentenza, in mancanza di prova del danno da ritardo.
Tradizionalmente, a proposito di detta ulteriore somma di denaro, dovuta in
conseguenza del mancato godimento della somma originaria, liquidata per il danno
emergente, la giurisprudenza parla appunto di interessi compensativi (cfr. Cass.
11718/02; Cass. 2654/05), che vengono così a rappresentare una modalità
liquidatoria, in via equitativa, del danno da ritardo nei debiti di valore (Cass.
4242/03), in mancanza di prova specifica del danno da ritardo.
Se dunque è accolta questa sostanziale equipollenza in ambito di liquidazione
equitativa fra lucro cessante ed interessi compensativi e se è vera la superiore
premessa sul danno-conseguenza, è allora evidente che non è configurabile alcun
conseguente onere allegatorio e probatorio, anche attraverso presunzioni, a carico del
danneggiato per il loro riconoscimento (cfr. Cass. 12452/03; Cass. 20591/04; Cass.
22347/07).
Questi principi, dettati in ordine all’eventuale risarcibilità di un danno da
ritardo, sono stati recentemente ribaditi anche da Cass. 3355/10, che in motivazione
così precisa: “ … va ricordato che nei debiti di valore il riconoscimento di interessi
costituisce una mera modalità liquidatoria del possibile danno da lucro cessante, cui
è consentito al giudice di far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di
calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito.
Non gli è invece inibito di riconoscere interessi anche al tasso legale su somme
progressivamente rivalutate; ovvero sulla somma integralmente rivalutata, ma da
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
automatismo nel riconoscimento di tali interessi in funzione risarcitoria, con
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
epoca intermedia; ovvero di determinare il tasso di interesse in misura diversa da
quella legale; ovvero, ancora, di non riconoscere affatto gli interessi se, in relazione
ai parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria e
dalla redditività media del denaro nel periodo considerato, un danno da lucro
cessante debba essere positivamente escluso (Cass., n. 748/2000, cfr. anche Cass.,
nn. 490/1999 e 10751/2002). ….”.
Dunque il riconoscimento degli interessi compensativi, dalla data del fatto o
dai singoli esborsi, è possibile solo nel caso di allegazione e prova, da parte del
creditore, su di un eventuale danno da ritardo, ulteriore e maggiore rispetto a quello
risarcito con la rivalutazione (cfr. Cass. 12452/03; Cass. 2654/05 in motivazione: “ …
Gli interessi che vengono qui in considerazione sono interessi ‘compensativi’ …
possono …. non riconoscersi affatto se il giudice ritenga che la rivalutazione abbia
interamente coperto il danno da ritardato conseguimento dell'equivalente monetario
(in relazione ai parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione
monetaria e dalla redditività media del denaro nel periodo considerato, come
precisato da Cass., n. 4729/2001 e n. 12788/98), essendo inibito solo il calcolo degli
interessi al tasso legale sulle somme integralmente rivalutate a far data dall'evento
dannoso. ….”).
l’allegazione di detto danno da mancato guadagno, in conseguenza del lamentato
ritardato pagamento della somma dovuta a titolo di risarcimento del danno emergente
(cfr. Cass. SU 1712/95 : “ …. Tale prova può essere offerta dalla parte e
riconosciuta dal giudice mediante criteri presuntivi ed equitativi, quale l'attribuzione
degli interessi, ad un tasso stabilito valutando tutte le circostanze obiettive e
soggettive del caso. ….”).
In conclusione, solo qualora l’equivalente monetario attuale del danno
dovesse risultare in concreto, in base alle allegazioni e prove del danneggiato, non
sufficiente a tenere indenne costui da tutte le conseguenze pregiudizievoli del fatto
dannoso, a causa del ritardo con il quale la somma gli è stata erogata, il giudice può
liquidare tale danno anche sotto forma di interessi, a condizione che tale danno sia
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
Del resto anche la nota Cass. SU 1712/95 richiede la prova -ed ancor prima-
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
ritenuto esistente prima del riconoscimento di detti interessi, che -come dettocostituiscono una mera modalità di liquidazione del danno.
Nel caso di specie nulla risulta provato dall’attore, in base a conferente
allegazione, nei termini su indicati.
Passando da ultimo alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali
(cfr. atto di citazione: “ … subendo pure un grave stress a causa della mancata
disponibilità dell’auto, come già detto, a partire dallo stesso giorno di acquisto per un
periodo di tempo notevole che in via equitativa si quantifica in €. 5.000,00; ...”), si
pone prima di tutto il problema dell’ammissibilità del risarcimento del danno non
patrimoniale nel caso, come quello che qui ci occupa, di inadempimento contrattuale.
Alla luce dell’orientamento delineato da Cass. SU 26972/08 la risposta non
può che essere affermativa, atteso che “il danno non patrimoniale, quando ricorrono
le ipotesi espressamente previste dalla legge, o sia stato leso in modo grave un diritto
della persona tutelato dalla Costituzione, è risarcibile sia quando derivi da un fatto
illecito, sia quando scaturisca da un inadempimento contrattuale”; anche
successivamente (cfr. Cass. 24145/10) è stato ribadito che, in questi casi (ipotesi
previste espressamente dalla legge o violazione di diritti della persona
costituzionalmente garantiti) “....l’interpretazione costituzionalmente orientata
quale che sia la fonte della responsabilità, contrattuale o extracontrattuale …”.
In relazione al richiesto risarcimento del danno non patrimoniale, si ritiene, in
adesione a Cass. SU 26972/08, che lo stesso non è più automaticamente riconoscibile
in difetto di adeguata allegazione e prova.
Preliminarmente è necessario aprire una parentesi, ribadendo che il discorso
che si farà con riferimento all’ambito extracontrattuale, vale, mutatis mutandis, anche
nell’ipotesi di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale.
Orbene, superando precedenti impostazioni dogmatiche, la Cassazione è da
ultimo tornata ad una impostazione del danno basata sulla tradizionale bipartizione
fra danno patrimoniale, riconducibile nella previsione di cui all’art. 2043 c.c., e danno
non patrimoniale, riconducibile nella previsione di cui all’art. 2059 c.c..
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
dell’art. 2059 c.c. porta ad affermare che …. vi è l’obbligo di risarcire tale danno,
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
Con particolare riferimento alla categoria dei danni non patrimoniali, oggetto
di specifico intervento chiarificatore della Suprema Corte a partire da Cass. 8827/03 e
8828/03 e successive sentenze ormai costanti, si osserva che in tale ambito vanno
ricompresi non solo i danni conseguenti a reato o previsti da specifiche disposizioni
di legge, ma anche quelli derivanti da lesione di valori della persona umana
costituzionalmente protetti (cfr. Cass. 12124/03; Cass. 16716/03).
Pertanto, conformemente alla tipicità della tutela offerta dall’art. 2059 c.c., il
danno non patrimoniale è appunto risarcibile solo nei casi determinati dalla legge (art.
185 c.p. in caso di reato e specifiche disposizioni di legge, p.es. in materia di libertà
personale, di riservatezza, di discriminazioni) ovvero nel caso di lesione di uno
specifico diritto inviolabile della persona umana costituzionalmente protetto (cfr.
Cass. SU 26972/08, che richiama e fa propri i principi di cui a Cass. 8827/03 e
8828/03): si noti al riguardo il dato normativo, in cui alla genericità ed atipicità
dell’art. 2043 c.c. (“qualunque fatto doloso o colposo …”) corrisponde la tipicità
dell’art. 2059 c.c. (“Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi
determinati dalla legge”).
Dunque ai fini dell’ammissione a risarcimento, ex art. 2059 c.c., ciò che rileva
è l’ingiusta lesione di un interesse inerente alla persona e costituzionalmente
quindi in tali termini si parla di danno non patrimoniale, indipendentemente
dall’indicazione descrittiva e classificatoria che si voglia ancora fare con riferimento
ad ipotetiche (tradizionali) voci o figure di danno (danno biologico, danno morale,
danno esistenziale, danno d’immagine, ecc.): nel caso di specie l’attore in citazione
ha allegato che aveva subito danni riconducibili alla tradizionale voce del danno
biologo e del danno esistenziale, a causa dello stress dovuto alle vicende allegate.
Al riguardo, rammentato che va esclusa la risarcibilità dei cd danni bagatellari
(cfr. citata Cass. SU 26972/08; Cass. 1766/14; Cass. 2370/14), cioè di quelle
situazioni che si configurano solo come stravolgimenti della quotidianità della vita,
sostanziantisi in meri disagi, fastidi, disappunti, ansie e ogni altra espressione di
insoddisfazione, costituenti conseguenze non gravi ed insuscettibili di essere
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
rilevante, dal quale conseguano pregiudizi non suscettibili di valutazione economica;
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
monetizzate perché appunto bagatellari, si ribadisce che il presupposto generale per
l’ammissibilità del risarcimento dei danni non patrimoniali, nei casi in cui ciò sia
possibile alla luce di quanto detto, è costituito dalla gravità dell’offesa; infatti “… il
diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio
serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il
pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un
grado minino di tolleranza …”, con la precisazione che “… il risarcimento del danno
non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità
ed il pregiudizio non sia futile …” e che entrambi i requisiti, cioè la gravità della
lesione e la serietà del danno, “… devono essere accertati dal Giudice secondo il
parametro costituito dalla coscienza sociale in un determinato momento storico ….”
(cfr. citata Cass. SU 26972/08 in motivazione; Cass. 21415/14).
Tanto premesso, è allora evidente che tale pregiudizio può essere risarcito
purché -è bene ricordarlo- sia oggetto di specifica allegazione e prova da fornire
anche in via di presunzione (cfr. citata Cass. SU 26972/08: “il danno non
patrimoniale, anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della
persona, costituisce danno conseguenza … che deve essere allegato e provato”): non
è certamente sufficiente la mera elencazione di possibili voci di danno non
Nel caso di specie la domanda è assolutamente priva di qualsiasi prova del
danno non patrimoniale asseritamente subito dall’attore per effetto delle
problematiche tecniche riscontrate sull’autovettura acquistata.
Da ultimo si ribadisce che la riscontrata lacuna in ordine all’allegazione e
prova di precisi elementi oggettivi, da cui desumere l’esistenza stessa del danno
risarcibile, non può essere colmata ricorrendo all’equità, che infatti non può mai
equivalere ad arbitrio da parte del Giudice: l’equità soccorre quando è difficile o
impossibile l’esatta monetizzazione del danno, ma presuppone pur sempre la prova,
in base a conferente allegazione, degli elementi costitutivi del danno stesso, oltre che
dell’altrui responsabilità (cfr. Cass. 682/01; Cass.16202/02; Cass. 13761/04; Cass.
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
patrimoniale per ritenere soddisfatto tale onere.
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
16992/05; Cass. 13288/07; Cass. 10607/10; Cass. 20990/11; Cass. 25222/11; Cass.
27447/11).
Alla luce delle risultanze di causa la domanda risarcitoria di parte attrice è
infondata e va rigettata in parte qua.
Le superiori conclusioni comportano il rigetto della domanda ex art. 96 c.p.c.
di parte convenuta.
Stante l’esito complessivo del giudizio, le spese di lite vanno compensate per
metà, ponendo il residuo, liquidato in dispositivo, a carico della convenuta per il
grado di soccombenza.
Si dà atto che per la liquidazione delle spese deve essere applicato il Decreto
Ministero Giustizia n° 55 del 10/3/14 (GU n° 77 del 2/4/14) sui nuovi parametri
forensi, entrato in vigore il 3/4/14, prima che avesse termine l’attività professionale
dei legali; l’udienza di p.c. si è infatti tenuta il 30/6/14 ed i termini ex artt. 281
quinquies e 190 c.p.c. sono scaduti il 3/11/14 e pertanto deve essere applicato
integralmente il nuovo regime, alla luce dell’art. 28 del citato DM 55/14 (arg. ex
Cass. SU 17405/12, in relazione alla precedente riforma ex Decreto Ministero
Giustizia 20/7/12 n° 140).
Si è proceduto alla somma degli importi medi indicati nella seconda tabella
e non a quello domandato, al secondo scaglione di valore (da 1.101,00 a 5.200,00),
tenuto conto della natura e del valore della controversia, della qualità e quantità delle
questioni trattate e dell’attività complessivamente svolta dal difensore (2.430,00
euro).
Su tale importo va operata la riduzione per compensazione.
Va nuovamente riconosciuto il rimborso forfettario (art. 2, 2° comma, citato
DM 55/14).
P.Q.M.
definitivamente pronunciando:

in parziale accoglimento della domanda attrice, condanna la convenuta Soccol Cars &
Boats di Soccol Giuseppe, in persona dell’omonimo titolare, (venditrice) al
31
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Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
(giudizi di cognizione innanzi al tribunale) con riferimento, in base al valore accertato
Sentenza n. 2383/2015 pubbl. il 02/02/2015
RG n. 20068/2012
Repert. n. 2122/2015 del 02/02/2015
pagamento, in favore dell’attore Lusi Giovanni (acquirente) e a titolo di risarcimento
dei danni patrimoniali, della complessiva somma di 1.244,75 euro, oltre alla
rivalutazione monetaria ed agli interessi legali come meglio indicato in motivazione;

rigetta la domanda attrice quanto al resto;

rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. di parte convenuta;

compensa per metà le spese di lite e pone a carico della convenuta, per il grado di
soccombenza, il residuo che liquida in 1.215,00 euro per compensi professionali e in
120,00 euro per spese, oltre rimborso forfettario, Cp ed Iva come per legge.
Così deciso a Roma, il 30/1/15
il Giudice
Firmato Da: SCERRATO FRANCESCO REMO Emesso Da: POSTECOM CA3 Serial#: 1848
dott. Francesco Remo Scerrato
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materiale 4 - Fondazione Forense Giovanni Dean