Il Giornale dei Grandi Eventi 20 aprile 2004 Anno X / numero 22 L’Editoriale Verdi torna a Caracalla di Andrea Marini P oche righe. Poche righe per un plauso al Teatro dell’Opera. E non è servilismo o condizionamento, visto che fin dall’inizio dell’avventura di questo Giornale mi imposi - e ci imponemmo come redazione - una assoluta indipendenza dal Teatro dell’Opera. Una indipendenza che ci permettesse di plaudire o criticare senza remore. Fortunatamente gli attuali Sovrintendente, Direttore Artistico e Direttore Principale hanno capito e rispettato questa libertà. Anche il pubblico, indubbiamente preferisce leggere su un foglio specializzato notizie e commenti reali, piuttosto che plagerie di comodo. Non abbiamo risparmiato al Teatro ed a vari registi e cantanti critiche su spettacoli che non meritavano, o dove la volgarità nella regia era gratuita, fine a se stessa. Ora però – come abbiamo detto – dobbiamo rivolgere un apprezzamento alla Direzione Artistica del Teatro che ha deciso di riscrivere Segue a pag. 13 N Elektra Le Repliche il mito greco attraverso Strauss Q uesta volta il Teatro dell’Opera di Roma presenta Elektra, uno dei maggiori lavori del compositore tedesco Richard Strauss. Un atto unico su libretto di Hugo von Hofmannsthal dall’omonima, famosa tragedia di Sofocle. L’opera fu rappresentata per la prima volta al Königlichers Opernhaus di Dresda il 25 gennaio 1909, dove non riscosse che un successo di stima nei confronti del 45enne, ma già affermato, autore. Il pieno trionfo arrivò però l’anno successivo a Londra, dove la rappresentazione al Covent Garden, diretta da Thomas Beecham è ricordato come un avvenimento memorabile. L’opera, ambientata nel palazzo degli Atri- di a Micene, tratta del mito di Elettra desiderosa di vendicare la morte del padre Agamennone ucciso dalla moglie Clitemnestra e dall’amante di lei Egisto. La vendetta arriverà per mano del fratello Oreste ed Elettra morirà di gioia danzando. Il suggestivo allestimento, ispirato dal rogo del Teatro La Fenice di Venezia, è quello del 1997 realizzato per il Teatro dell’Opera di Roma da Henning Brockhaus. Sul podio il maestro Will Humburg, che ha dovuto sostituire il direttore francese Alain Lombard colpito da una indisposizione, ma che a Roma dovrebbe tornare in estate per dirigere alle Terme di Caracalla Il Trovatore di Giuseppe Verdi. La trama ella corte interna del palazzo degli Atridi a Micene. Le ancelle si meravigliano di non vedere Elettra che solitamente a quell’ora lamenta la morte del padre Agamemmone e ne deridono il folle comportamento. Una delle ancelle prende le difese di Elettra, ma al rientro a palazzo viene percossa dalle altre che non perdonano ad Elettra le angherie rivolte loro. Elettra esce nel cortile piangendo la morte del padre. Proprio in quell’ora Agamennone fu ucciso ed Elettra rivive i momenti della tragedia: il bagno durante il quale Clitemnestra ed Egisto l’hanno assassinato; il sangue di cui l’acqua si è tinta; il corpo esanime e l’ultimo sguardo ricevuto. Ma in un sogno del giorno prima Elettra ha visto Agamennone risorgere con in testa una corona sanguinante. In quel giorno saranno sacrificati i suoi cavalli ed i suoi cani, mentre i figli (lei, Oreste e Crisotemide) danzeranno di gioia intorno alla tomba. Giunge Crisotemide, avvertendo Elettra che la madre Clitemnestra ed Egidio vogliono rinchiuderla in una torre. Elettra ride ed invita la sorella a seguire il suo esempio: è meglio stare sedute ad attendere la morte piuttosto che passare il tempo ad origliare. Ma Crisotemide, che vuole formarsi una famiglia, rinfaccia alla sorella la propria prigionia da parte di Clitemnestra ed Egidio, perché temono che una delle due sorelle possa Segue a pag. 3 Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 21 aprile 22 aprile 23 aprile 24 aprile 20,30 20,30 18,00 17,00 La storia dell’opera Dai poeti greci al testo teatrale A pag. 6 Il saggio Elektra e lo spirito del tempo A pag. 7 Il mito greco La storia degli Atridi, dalla mitologia alle tragedie A pag. 8, 9 e 10 Elektra 2 Dal 3 luglio alle Terme di Caracalla Giornale dei Grandi Eventi Le prossime opere al Teatro Costanzi Questa la stagione estiva 2004 N on sarà più Carmen di Georges Bizet il titolo melodrammatico della stagione estiva nel ritrovato spazio delle Terme di Caracalla. Dopo il grande successo di pubblico dello scorso anno, infatti, il Teatro dell’Opera aveva pensato di riproporre anche quest’anno il capolavoro del musicista francese ambientato in una Siviglia calda di atmosfere e ritmi suadenti. Questo titolo era stato, infatti, annunciato come appuntamento estivo nella conferenza stampa di presentazione dell’intera stagione 2004 dello scorso ottobre. Sarà, invece, un piccolo festival verdiano a riempire le serate estive tra i magnifici ruderi della Il 13 Maggio DON CARLO di Giuseppe Verdi 13 Giugno DIE ZAUBERFLÖTE (Il Flauto Magico) di W. Amadeus Mozart dal 3 Luglio Stagione Estiva Messa da Requiem; Nabucodonosor, Il Trovatore, Il Lago dei Cigni 8 Ottobre FIDELIO di Ludwig van Beethoven 2 Novembre TANCREDI di Gioachino Rossini 19 Novembre DER FLIEGENDE HOLLÄNDER (L’Olandese volante) di Richard Wagner 19 Dicembre IL PIPISTRELLO (Die Fledermaus) operetta di Johann Strauss Giuseppe Verdi all'epoca della composizione della Messa da Requiem La copertina della prima edizione della “Messa” Passeggiata Archeologica. Un concerto e due opere. A completare il cartellone - come tradizione anche un balletto. L’apertura il 3 luglio sarà con il Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, diretta dal maestro Gianluigi Gelmetti. Una sola serata per riproporre Il G iornale dei G randi Eventi Direttore responsabile Andrea Marini Direzione Redazione ed Amministrazione Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma e-mail: [email protected] Editore A. M. Stampa E PRINT S.r.l. Via Empolitana, Km. 6,4 Castel Madama (Roma) questo concerto eseguito dall’orchestra e coro del Teatro dell’Opera di Roma, sempre sotto la bacchetta di Gelmetti, la mattina del 27 gennaio 2001, in diretta televisiva dalla chiesa di Santa Maria in Trastevere nell’ora e nel giorno del Centenario della morte dell’Autore. Sempre Gelmetti diresse nuovamente la Messa nello stesso anno, il 27 luglio nella suggestiva cornice di Villa Adriana a Tivoli e poi in “trasferta” a Bologna. L’opera scritta in onore di Alessandro Manzoni, ebbe la sua prima esecuzione a Milano nella Chiesa di S. Marco il 22 maggio 1874, nel giorno del primo anniversario della scomparsa dello scrittore lombardo. Primo titolo d’opera sarà, invece, Nabucodorosor in programma dal 13 luglio, diretto dal maestro Nello Santi. Dal 27 luglio, invece, in scena tornerà Il Trovatore, che sul palcosceni- co dell’Opera di Roma è stato uno dei tre titoli della stagione del Centenario Verdiano (2001) con cui il Teatro romano ha voluto rendere omaggio al Compositore. Sul podio sarà il direttore francese Alain Lombard. Titolo di balletto sarà Il lago dei Cigni, balletto in quattro atti di Vladimir Petrovic Begicev e Vasil Fedorovic Gelcer su musica di Petr Ilich Chaikovskij, che grande apprezzamento ha riscosso quest’anno in gennaio e febbraio al Costanzi. Caricatura di Verdi che dirige la Messa da Requiem Registrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995 © Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore Le fotografie sono realizzate in digitale con fotocamera Kodak DC290 Il Giornale dei Grandi Eventi è possibile consultarlo e stamparlo, anche prima di venire in Teatro, dal sito: www.millenotizie.it Elektra Il Giornale dei Grandi Eventi 3 Parla il regista Henning Brockhaus L’idea della scena dal rogo de La Fenice L a regia di questa Elettra, qui al Teatro dell’Opera di Roma, è curata dal regista tedesco Henning Brockhaus. Originario della Westfalia, ex assistente di Giorgio Strheler, Brockhaus è anche diplomato in clarinetto e ha seguito studi di Filosofia, Psicologia e Scienza del teatro presso l’università di Berlino. L’idea di questo spazio scenico che rappresenta un ambiente principesco semidistrutto è nata durante una riunione a Venezia con lo scenografo Ezio Toffoluti. «Fu a Venezia - ricorda Brockhaus (che parla un italiano eccellente) - che Ezio mi mostrò una fotografia da un giornale che raffigurava gli interni del Teatro La Fenice di Venezia, appena divorato dal fuoco. Era esattamente quello che cercavo: uno spazio di distruzione, non sano, poiché tutto quello che accade nell’opera di Strauss non è sano: odio, rabbia, vendetta soffocano e non lasciano spazio alla vita e all’amore. Anche le architetture ricordavano la Grecia che ha coltivato questo mito. L’idea mi sembrava anche estremamente funzionale ad esprimere il mio senso di scontentezza per l’abbandono in cui viene lasciato oggi il mondo della cultura, non solo in Italia ma anche in Germania. Ricordo uno dei giornali più importanti di Francoforte che aveva una poderosa appendice dedicata alla cultura, un inserto ricco di almeno dieci pagine...Oggi si è ridotto a due o tre pagine. Questo mi sembra significativo: ci si occupa ormai solo di eventi dalla grande risonanza mediatica: tutti i recital, i concerti, i quartetti e altri splendidi lavori che non godono di questa enorme pubblicità. Sono vergognosamente censurati dalla stampa e dall’informazione. E non perché il pubblico Segue Trama da pag. 1 partorire un erede che vendichi Agamennone. Clitemnestra si avvicina col seguito. È agitata per un incubo in cui le è parso di rivedere il temuto figlio Oreste. Elettra decide di affrontare la madre affacciata ad una finestra che la minaccia imitata dalle ancelle, le quali accusano Elettra di perfidia. Elettra replica che sono proprio le due confidenti a rovinare Clitemnestra che trova nelle parole della figlia la forza di allontanarle. Scesa accanto alla figlia, Clitemnestra chiede ad Elettra un rimedio per i sogni che le tormentano le notti. Elettra dice che la giusta vittima che dovrà cadere sarà una donna, uccisa da un uomo, un membro della loro famiglia. Elettra, dicendo di conoscere gli intenti omicidi della madre e di Egisto nei confronti di Oreste, le chiede se permetterà mai ad Oreste di rientrare in famiglia. Clitemnestra riacquista la calma regale ed impone alla figlia, dietro minaccia di incatenarla, di rivelare il nome della donna che dovrà cadere per liberarla dagli incubi. Elettra in preda ad un entusiasmo delirante rivela che sangue uscirà dal collo di Clitemnestra e ne descrive la scena: la madre cercherà di fuggire al carnefice rifugiandosi nei sotterranei, dove davanti all’ultimo muro l’attenderà l’ombra di Agamennone. Una volta che l’ascia l’avrà colpita Clitemnestra non avrà più incubi. Clitemnestra è sconvolta dall’orrore, ma dal palazzo esce la confidente che le sussurra all’orecchio qualcosa che la riempie di gioia. Giunge anche Crisotemide in lacrime, annunciando che due stranieri appena giunti hanno annunciato la morte di Oreste. Elettra ritiene che ora la vendetta non vi partecipi appassionato e curioso...» «Per quanto riguarda la recitazione dei cantanti in Elettra, continua Brockhaus - ho cercato di evitare ogni orpello, ogni gesto che non fosse più che essenziale e simbolico. In certi momenti i cantanti sono immobilizzati alla parete ed esprimono il loro dramma solo attraverso l’espressione del viso, quasi fossero davanti a una cinepresa. Mi sono trovato benissimo soprattutto con le tre cantanti che incarnano i ruoli principali, hanno una recitazione molto moderna. La ragione di questa scelta deriva dal fatto che i personaggi di Hofmannstahl non hanno alcuna pretesa di realismo: essi sono simbolici ed incarnano un bagaglio emozionale che fa parte del “puramente umano”. I Greci, infatti, avevano analizzato moltissimo nel loro teatro i problemi emozionali ed esistenziali dell’uomo: ad dovrà essere compiuta dalle due sorelle con l’ascia che ella ha custodito per Oreste, ma Crisotemide rifiuta. Elettra per convincerla le prospetta le gioie coniugali, ma la sorella fugge maledicendola. Elettra decide di agire da sola. In quel momento giunge Oreste che sotto mentite spoglie dice di essere venuto per dare a Clitemnestra prova certa della morte di Oreste. Oreste conosciuta l’identità di Elettra rimane colpito dall’aspetto trasandato della donna avvolta dal dolore e per consolarla le rivela che Oreste è vivo. In quell’istante quattro servitori, riconosciutolo, si gettano ai suoi piedi ed Oreste non può più nascondere alla sorella la propria identità. Elettra è in preda alla gioia, ma quando Oreste la vuole abbracciare, lei rifiuta perché ritiene che il proprio aspetto non sia degno di una principessa. Dall’interno del palazzo la confidente a cenno ai due stranieri di seguirla, chiudendo fuori Elettra che si dispera per non aver potuto consegnare l’ascia ad Oreste. Sentito un urlo dall’interno, Elettra invita a colpire ancora. Crisotemide, udito il secondo urlo, accorre con le ancelle, ma il gruppo è disperso dall’arrivo di Egisto che vuole incontrare i due stranieri che hanno visto morire Oreste. Elettra lo indirizza a palazzo, ma Egisto si insospettisce per la gentilezza. Egisto entra nel palazzo. Scoppia un tumulto. Egisto si affaccia ad una finestra per chiedere aiuto, ma Oreste lo raggiunge e lo uccide. Oreste è riconosciuto ed acclamato dalla folla esultante che ha fatto strage dei seguaci di Egisto. Elettra, con le poche forze che le rimangono, sente il dovere di guidare la danza trionfale, ma dopo pochi passi crolla a terra. Crisotemide batte alla porta del palazzo per chiedere l’aiuto di Oreste, invano. essi non interessava tanto la battaglia o il fatto di cronaca in sé, quanto le reazioni delle persone, tali reazioni fanno parte del nostro essere umani e questa è la ragione per cui tali miti ci accompagnano da millenni. Il libretto di Hofmannstahl ha focalizzato l’attenzione ancor più su questo aspetto, ampliando quella ricerca già intrapresa da quel grande “psicanalista” che fu Euripide. Agamennone, il cui spettro è presente in tutta la tragedia, era stato a propria volta assassino del primo marito di Clitennestra, Egisto era figlio dell’incesto di suo padre Tieste con la propria figlia, quindi è lui stesso figlio di sua sorella...insomma, una sequela di orrori che tuttavia fanno parte del nostro “inferno emozionale”. A vari livelli di coscienza si affacciano nell’animo umano pulsioni ancestrali che se non sono controllati dalla ragione, conducono l’uomo e con esso la società civile al caos totale. Clitennestra è invasata dalla paura e dal rimorso, Crisotemide, consapevole dell’orrore che la circonda, cerca tuttavia la strada della sua felictà e di dissocia dalla ~~ Il regista Henning Brockhaus sorella nel suo proposito omicida.. Elettra è sposata col suo odio, segue ciecamente l’ideologia della vendetta: quando Oreste compie la sua vendetta ella si accascia al suolo miseramente: la sua ragione di vita, l’odio, le viene a mancare. Secondo me è stato il migliore lavoro di Strauss. Forse, una volta resosi conto di essersi spinto troppo in là, il compositore ha deciso di ritornare indietro, anche per l’esigenza di venire incontro ad un pubblico che egli aveva “traumatizzato” con questa Elektra. La musica è infatti straordinaria, a tratti brutale, rocciosa, ed esprime in modo sublime la primitività delle pulsioni e delle emozioni che sono incarnate nei protagonisti». An. C. La Locandina ~ ~ Elektra Tragedia in un atto Libretto di Hugo von Hofmannsthal Basata sulla omonima tragedia di Sofocle Musica di Richard Strauss Teatro Costanzi, 20 - 24 marzo 2004 Maestro concertatore e Direttore d’Orchestra Regia Scene Costumi Disegno Luci Will Humburg Henning Brockhaus Ezio Toffolutti Nanà Cecchi Bruno Monopoli Personaggi - Interpreti Elektra (Eletta) (S) Janice Baird Sophia Larson (21, 23/4) Klytämnestra (Clitennestra) (Ms) Karen Armstrong Chrysothemis (Crisotemide) (S) Tina Kieberg Aegisthus (Egisto) (T) Stuart Kale Orestes (Oreste) (Bar) Hartmut Welker Il Mentore di Oreste (B) Andrea Saarski La confidente (S) Rita Cammarano L’ancella dello strascico (S) Isabella Musumarra Il servo giovane (T) Claudio Barbieri Il servo vecchio (B) Bernardino Di Bagno La sorvegliante (S) Giovanna Lanza Cinque ancelle (S,S, Ms, Ms, A) Servi e serve In lingua originale con sovratitoli in italiano ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma Con Filatelia online, fate collezione da casa. Comodi, comodi. Acquistare francobolli e prodotti filatelici è facile e veloce, basta andare su www.poste.it e cliccare la sezione filatelia. Elektra Il Giornale dei Grandi Eventi 5 Karen Armostrong Janice Baird Una Clitennestra del Montana Elektra, principessa bramosa di vendetta I l contralto che interpreta il ruolo di Clitennestra sarà Karen Armstrong: originaria del Montana, è oggi una delle più note cantanti specializzate nel repertorio moderno. Conosciuta come “la prima donna della musica moderna” le sue performances nei ruoli di Salomé, Melisenda, Katia Kabanowa, Emilia Marty (L’affare Makropulos), Marie (Wozzek) sono state tra i suoi più grandi successi nei teatri operistici di Stoccarda, Parigi, Londra, Tokyo e Los Angeles. Ha preso parte alla creazione di ruoli in importanti prime esecuzioni assolute, come Jesu Hochzeit, di Gottfried von Eminem, Il maestro e Margherita di York Hoeller, Desdemona e le sue sorelle di Siegrfiried Matthus. Le sue più notevoli creazioni comprendono la Donna nell’Attesa di Schoenberg, per la prima volta alla Staats Oper di Vienna e poi in un film per la televisione svedese e infine in una nuova produzione alla Deutsche Oper di Berlino. Ha dato ottime prestazioni anche nel ruolo di Giocasta nell’Edipo di Enescu. Con l’opera di Cologne ha cantato nel ruolo di Laura nell’opera di Hindemit Neus vom Tage. Non è meno conosciuta nel repertorio classico: ha interpretato Mimì, Violetta, Cho cho san, ma ora i suoi ruoli preferiti sono Venere e Kundry Ortud e la moglie di Dyer nella Donna senza ombra di Strauss, Leonora nel Fidelio, Cassandra nei Troiani, e specialmente Sieglinde nella Walkiria e la Marescialla nel Cavaliere della Rosa. Dal suo debutto alla Town Hall di New York, nel 1976, Karen Armstrong ha dato molti concerti, specialmente nei Gurre-lieder di Schoenberg, nei quattro ultimi lieder di Strauss, poi nelle Tre canzoni per soprano di Hindemit poi nel Requiem di Guerra di Britten. Ha registrato molte opere e ha partecipato a numerosi film e produzioni televisive come nel Lohengrin al Festival di Bayreuth e nel Falstaff sotto la direzione di Sir George Solti. J anice Baird interpreta il ruolo della vendicativa figlia di Agamennone, Elektra. La Baird è una dei principali soprano drammatici di oggi, soprattutto con le grandi eroine di Wagner e di Strauss, la giovane americana ha dato la sua impronta caratteristica alla scena d’opera internazionale. Nata e cresciuta a New York, figlia d’arte (la madre cantante e il padre maestro di canto), ha attentamente sviluppato il suo ricco materiale vocale dal ruolo di mezzosoprano a quello di soprano. Fin dal 2000 è stata Brunilde nelle nuove produzioni della Walkiria al Bellini di Catania, ruolo che ha replicato con grande successo a Tolosa e a Berlino Ha ricevuto numeroso proposte come cantante dell’anno dalla prestigiosa rivista Opernwelt per la sua interpretazione di Brunilde. Ha sostenuto il ruolo di Salomé alla Vienna State Opera e ancora a Berlino, a Lipsia, al nuovo teatro nazionale di Tokyo e al Carlo Felice di Genova. Dopo ha riscosso ancora successi nelle rappresentazioni di Elektra a Essen e Siviglia. Considerata cantante e attrice carismatica ha ottenuto grande successo come Isolde al teatro Colon di Buenos Aires, come Turandot all’opera nazionale del Reno di Strasburgo e come lady Macbeth al teatro di Città del Messico e alla State Opera di Berlino. Tina Kieberg La dolce sorella Crisotemide T ina Kieberg incarna la dolce sorella di Elettra, Crisotemide. Dopo aver vinto il prestigioso concorso per voci internazionali di Benson & Hedges a Londra, il soprano danese ha cantato nel Freischtuz il ruolo di Agatha a Parigi Ginerva e Stoccarda, la Marescialla nel Cavaliere della rosa a Copenahgen a Berlino e Ginerva, la contessa, nelle Nozze di Figaro a Francoforte e Amburgo, Elsa dal Loehngrin a Copenhagen e a Vienna, poi ad Amburgo, Bruxelles, Francoforte e Berlino, Lipsia e Houston. È membro del Teatro Reale di Copenaghen dove canta anche parti come Mimì, Didone, Elena dei Vespri siciliani, Tatiana dell’Evgenij Onegin, di Elisabetta del Don Carlo, la Leonora nel Fidelio, la Alice Ford del Falstaff e la Contessa nel Capriccio. Come concertista canta la Nona sinfonia e la Messa solenne di Beethoven e ancora musiche di Mahler, Schumann, lo Stabat mater di Dvorak e il Requiem di Verdi. Lavora frequentemente con direttori come Abbado Ashkenazy, Chung, Kuhn, Levine Metha, Pappano.Tra i futuri progetti la sua prima Brunilde nel nuovo ciclo del Ring a Copenaghen. Foto di Corrado Maria Falsini Elektra 6 Il Giornale dei Grandi Eventi La storia dell’opera e le fonti letterarie Elektra e Salome: così simili, così diverse D opo gli enormi consensi di pubblico e critica ottenuti per la Salome, rappresentata a Dresda il 9 dicembre 1905, Strauss cercò immediatamente un librettista che gli procurasse un nuovo libretto per un’opera. Scelse Hugo von Hofmannsthal, un poeta a drammaturgo viennese che aveva conosciuto a Berlino nel 1899 in casa del poeta Richard Dehmel. Hofmannsthal propose a Strauss l’Elettra, una tragedia in un solo atto tratta dall’omonimo dramma di Sofocle che era stata rappresentata il 30 ottobre 1903 al Kleines Theater di Berlino con la messinscena di Max Reinhardt. L’opera aveva suscitato accese polemiche, in quanto si offriva una rilettura del soggetto classico in chiave una moderna senza dubbio condizionata dalla coeve teorie di Freud sulla psicanalisi. Il compositore, che aveva visto la tragedia a Berlino nel 1903, pur comprendendo subito che “se ne poteva trarre uno splendido libretto”, mostrò alcune riserve per l’eccessiva somiglianza dell’opera con la precedente Salome spaventato soprattutto dall’idea che “i due soggetti fossero molto simili per il loro contenuto psichico”. Inizial- mente quindi i due artisti vagliarono tutta una serie di progetti alternativi: una Semiramis, alcuni spunti su Cesare Borgia, Savonarola o la rivoluzione francese. Alla fine Hofmannsthal riuscì a convincere il compositore che le somiglianze potevano “ridursi a nulla” e nel giugno del 1906 Strauss già iniziava a comporre. Il 22 settembre 1908, dopo meno di due anni, la maestosa e macabra partitura dell’Elettra fu completata. Il lavoro di adattamento del testo originario non presentò grandi difficoltà: soltanto qualche piccolo taglio e l’aggiunta di alcuni versi per la scena del riconoscimento di Oreste e per il duetto tra le due sorelle Elettra e Crisotemide. Le fonti letterarie Il soggetto dell’Elettra deriva dal mito di Oreste e narra l’uccisione di Agamennone da parte della moglie Clitennestra e dell’amante di lei Egisto. L’omicidio scatena la vendetta dei figli che uccidono per mano di Oreste i due scellerati amanti. La narrazione, già presente nell’Odissea, ebbe la sua prima traduzione in tragedia con Eschilo e successivamente con Sofocle e Euripide. L’opera di Hofmannsthal seppur tratta dall’omonimo dramma sofocleo, di cui mantiene sostanzialmente l’unità scenica (non appare il cimitero in cui è sepolto Agamennone presente ad esempio in Eschilo), tuttavia sembra avvicinarsi più senza esitare, istigato dalla sete di vendetta della sorella Elettra e l’amante della regina Egisto non è che una pallida figura di contorno. Gli uomini non sono che meri esecutori di odi e volontà che in quanto femminili risultano ancor più incredibili e spaventose. Sanguinaria è senza Richard Strauss nel 1908 all’epoca della composizione di Elektra Il teatro königliches Opernhaus a Dresda della prima esecuzione Richard Strauss nel 1915 con Hugo von Hofmannsthal Librettista del cavaliere della Rosa a Euripide per la crudezza della narrazione e la delineazione dei personaggi. Non più le umane esitazioni o l’imminente presenza del fato e degli dei in questa moderna “tragedia dell’isteria”, i personaggi di Hofmannsthal sono quasi inumani per la determinatezza delle azioni e dei sentimenti che scorrono nelle loro vene. In questa versione moderna di un dramma familiare, l’incesto e l’omicidio rappresentano la violenza degli istinti atavici tutti individuali. Nella tragedia del letterato viennese ad emergere sono le figure femminili: Oreste uccide la madre e il suo amante dubbio la figura della regina Clitemnestra, empia moglie e madre scellerata al punto da cercare la morte dei figli, la cui immagine corrotta dal vizio e dal rimorso è resa ancora più ripugnante dal contrasto con le meravigliose gemme di cui si adorna. Ad essa si contrappone per forza e crudeltà la figura della figlia Elettra consumata dall’odio e dalla vendetta, i cui tratti mancano completamente di quel nitore e di quella dignità classica con cui, seppur in diversa misura, l’avevano tratteggiata gli autori antichi. L’Elettra di Hofmannsthal è una menade ferina assorta a tal punto nell’odio e nella vendetta da sconfinare nella follia. “Io reco il pondo de’ l’immensa Gioia, e pure qui per voi danzare io voglio.. A quegli ch’è beato al par di noi, sol questo, ancor s’addice: tacersi, ecco…e danzare!” dirà alla fine dell’opera Elettra iniziando una convulsa danza che rappresenta il suo trionfo e la sua morte. In questa specie di isteria collettiva, spicca senza dubbio la delicata figura dell’altra figlia di Agamennone: Crisotemide. La risposta della giovane alla crudeltà del mondo antico e all’indifferenza di quello moderno è l’amore. Il desiderio di completarsi con l’amore e con la maternità la sottraggono dalla spirale di odio e follia che ha investito gli altri componenti della sua famiglia. La cruda rilettura moderna del mito arcaico di Hofmannsthal, pur impregnata di una sensibilità nevrotica e decadente, alla fine risulta comunque portatrice di valori positivi. E persino Strauss, certamente attratto dalle suggestioni orgiastiche del testo, non rimase immune dal fascino di questa delicata fanciulla e non ebbe neppure il coraggio di contaminare il suo limpido e solitario canto con la sua poderosa orchestra. Claudia Capodagli Elektra Il Giornale dei Grandi Eventi 7 Il caleidoscopio di caratteri dell’opera di Strauss Elektra e lo spirito del tempo G ià l’ordine di numerazione è complicato da criteri diversi. Elektra è la quarta opera teatrale di Richard Strauss, dopo i due calchi wagneriani, Guntram ovvero lo pseudo-Lohengrin (1894) e Feuersnot ovvero gli pseudo-Meistersinger (1901), e dopo la wildiana-beardsleyana-klimtiana Salome (1905). Ma Elektra è anche l’ultima opera straussiana che si sia incamminata lungo una direzione al termine della quale, vago, incerto, remoto quanto si vuole, si sentiva odore di espressionismo. D’altra parte, è la prima delle cinque partiture teatrali di Strauss (sei, se contiamo anche l’incompiuta Des Esels Schatten) il cui soggetto sia un mito classico, ellenico. Le altre sono Ariadne auf Naxos, Die ägyptische Helena, Daphne, Die Liebe der Danae. L’enumerazione ci invita a riflettere: la periodica apparizione dei miti grecoromani, quelli per così dire da Gymnasium (= Liceo Classico) nel teatro straussiano è invero una periodicità irregolare, Richard Strauss con lo spartito tutta sbilanciata, con il peso specifico collocato nell’ultimo ventennio di vita attiva. Le date sono eloquenti: Elektra è del 1909, Ariadne del 19121916, Helena del 1928, Daphne del 1938, Danae del 1944, Des Esels Schatten del 1947-1948. L’infittirsi dell’ispirazione “ginnasiale” (in realtà, la proposta veniva sempre dall’alto, dall’elegante eremita di Rodaun, almeno fino a Helena) negli ultimi vent’anni indica forse la crescente tendenza di Strauss a privilegiare il mito come strumento di verità, come decifrazione dell’esistenza? Proprio Hugo von Hofmannsthal formulò ripetutamente una dichiarazione di fede: il mito è il più vero fra tutti i soggetti drammatici. In particolare, lo affascinavano i miti antichi costruiti sulle idee di metamorfosi e di fedeltà spinta fino al sacrificio. Il destino, tuttavia, abbreviando tragicamente la vita di Hofmannsthal, volle che soltanto una parte dei soggetti da lui fatti balenare a Strauss venisse realizzata poeti- camente dal suo Kunstwollen poetico: Daphne e Die Liebe der Danae furono due libretti di Joseph Gregor. Infine, ed è un altro criterio di numerazione, Elektra è il primo lavoro teatrale di Strauss il cui libretto sia hofmannsthaliano. Quest’opera aspra, barbarica e adolescenziale apre una serie di immagini che non potrebbero essere più raffinate e civili, levigate e ricche di sottigliezze, di maturità o addirittura di aromatica senilità. Dalle Coefore ai vari drammi ellenici intitolati Elettra sino a Mourning becomes Electra (1931) di Eugene O’ Neill, questo imbarazzante personaggio femminile varia la propria natura, da démone invasato di vendetta in Eschilo a fanciulla dolce e sofferente in Sofocle a nevrotica strega (di nuovo) in Euripide, e terribile quanto raziocinante giustiziera nel teatro francese del “grand siècle”. Hofmannsthal aggiunse un elemento morboso: la pulsione incestuosa e coartante nei confronti della sorella Chrysothemis, che a sua volta nasconde probabilmente un tabu più terribile, il desiderio incestuoso e sacrilego nei confronti del padre Agamemnon. Questa variabilità ci aiuta a definire il significato storico e culturale di Elektra nell’insieme del lascito straussiano. Elektra andò in scena la prima volta lunedì 25 gennaio 1909 al Königliches Opernhaus di Dresda, sotto la direzione di Ernst von Schuch, con la regia di Georg Toller, le scene di Emil Rieck e i costumi di Leonhard Richard Strauss Fanto. Klytämnestra fu un sacro (anzi, sacerrimo) mostro del teatro d’opera, la terribile Ernestine Schumann-Heink. Annie Krull fu Elektra e la bella Margarethe Siems fu Chrysothemis. Nei ruoli maschili principali, Orest fu Carl Perron, Aegisth fu Johannes Sembach. Cerchiamo, tuttavia, i fili sotterranei. Nel 1905, l’anno in cui Vittorio Gnecchi, inconsapevolmente, anticipò Elektra presentando a Bologna, diretta da Arturo Toscanini, la sua Cassandra (sappiamo quale pandemonio ne nacque), Albert Einstein definì la teoria della relatività in forma ristretta. Sempre nel 1905, Sigmund Freud pubblicò le famose Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, in cui prese forma la teoria dei “complessi” fra cui quello edipico, e i miti ellenici vennero svelati nel loro fondo sotterraneo di sangue e di orrore, di ossessione e di senso di colpa. Insomma, un annetto tranquillo e di tutto riposo, confortato anche dalla vicenda russa: l’assalto al Palazzo d’Inverno, la strage di cittadini in rivolta, l’episodio della corazzata “Potëmkin”. So- prattutto, il 1905 fu per Strauss l’anno memorabile di Salome, l’anno dello scandalo e della ricchezza finalmente a portata di mano. Perciò, la caratteristica storica e culturale di Elektra, colpita di rimbalzo dal brivido più o meno addomesticato che aveva percorso Salome, invasa dagli umori scenografici e tetri splendidamente raffigurati nelle pagine di «Ver Sacrum» (la rivista della «Wiener Sezession»), investita dalla cupa energia irradiata dalla Psychopathia sexualis (1886, l’anno del suicidio di Ludwig II di Baviera) di Richard von KrafftEbing, quella caratteristica, dunque, non è un carattere, bensì un caleidoscopio di caratteri, una danse macabre di caratteri. È l’ibrido, la fondamentale arma stilistica e culturale con cui Strauss, per quasi l’intera sua vita d’artista, combatté contro ciò che egli più detestava: il cupo e arrogante “Zeitgeist”, lo spirito del tempo, la dittatura che in arte obbliga l’artista a piegare la schiena ubbidendo alle ideologie del momento o a sentirsi in colpa per non avere ubbidito. Quirino Principe Elektra 8 Il Giornale dei Grandi Eventi Alle origini della vicenda: la saga degli Atridi La leggenda della dinastia che regnò su M U na delle figure più celebrate dalla tragedia greca, Elettra si inserisce nell’antichissima saga degli Atridi, la famiglia intorno a cui si incentrano molti miti e leggende, fra cui la guerra di Troia. Discendenti dall’unione di Zeus e Pluto, gli Atridi prendono il nome da Atreo che, in seguito a cruente vicende familiari, divenne re della città-stato di Micene e capostipite di una casata che ha fornito un’inesauribile materia di ispirazione ai poeti epici e tragici dell’antichità. Secondo la versione più nota, dall’unione di Atreo con Erope, nacquero infatti Agamennone e Menelao. Intrighi a corte Agamennone sposò Clitemnestra, dalla quale ebbe quattro figli: Ifigenia (o Ifianassa), Crisotemi (o Crisotemide), Elettra (o Laodice) e Oreste. In seguito a diverse peripezie, assunse il trono di Micene e divenne il più potente principe della Grecia, in quell’epoca, intorno al XIV sec.a.C., che è detta appunto “età micenea”. Menelao, invece, sposò Elena, la sorella di Clitemnestra, che fu poi rapita dal principe troiano Paride dando origine alla guerra di Troia cantata nell’Iliade e simbolo della prima espansione greca Busto di Sofocle in Asia Minore. Condottiero dei principi greci unitisi in alleanza per riprendere Elena era Agamennone. Al suo ritorno in patria dopo dieci anni di guerra, Agamennone fu ucciso o dal cugino Egisto, che era nel frattempo divenuto amante di Clitemnestra o, secondo i poeti tragici, dalla sola Clitemnestra. All’origine dell’ira di Clitemnestra verso il marito c’era l’immolazione della figlia Ifigenia, che prima della guerra Agamennone non aveva esitato a sacrificare alla dea Artemide per ottenere i venti favorevoli a salpare per Troia. Dopo l’uccisione di Agamennone, Elettra fece fuggire segretamente il fratellino Oreste presso lo zio Strofio, re di Crisa nella Focide e marito di Anassibia, sorella di Agamennone. Qui il fanciullo fu allevato e strinse una forte amicizia con il cugino Pilade, che divenne poi il compagno delle sue imprese e peregrinazioni. Dopo sette anni, raggiunta la maggiore età, Oreste tornò segretamente in Patria e, con la complicità di Elettra, vendicò la morte del padre Agamennone, uccidendo la madre Clitemnestra e il suo amante. La catarsi di Oreste Ma dopo il delitto, Oreste fu perseguitato dalle Erinni, le implacabili vendicatrici delle ingiustizie terrene e dei reati familiari, che lo condussero alla pazzia costringendolo a vagabondare senza meta. Come si vede, nella saga tragica greca, il delitto viene espiato con il delitto, perpetuandosi di padre in figlio in una condanna voluta dagli dei, fino a che dote il regno di Sparta. Elettra, sposa in esilio Clitemnestra uccide Agamennone la colpa non è cancellata da una purificazione. Dopo molto peregrinare, infatti, Oreste riparò ad Atene dove presentandosi davanti all’Areopago, il tribunale della città a cui gli dei avevano dato il potere di decidere il suo destino, venne purificato. Questa versione del mito è narrata dal tragediografo Eschilo in quel capolavoro di letteratura antica che è la trilogia dell’Orestea. Secondo Euripide, invece, l’oracolo di Apollo rivelò ad Oreste che avrebbe ottenuto la guarigione dalla pazzia solo recandosi nel Chersoneso Taurico (la Crimea) e portare via la statua di Artemide che lì si trovava. Giunti in Tauride, Oreste e Pilade furono fatti prigionieri e destinati ad essere sacrificati ad Artemide. La sacerdotessa che doveva eseguire il rito, però, era proprio sua sorella Ifigenia che, secondo una nota versione del mito, era stata salvata dal sacrificio intentato da Agamennone prima della guerra di Troia e condotta da Artemide in Tauride. I due fratelli si riconobbero e, preso il simulacro, tornarono in Grecia. Oreste, così, poté tornare in patria, prendere il regno che era stato di suo padre e sposare la cugina Ermione, figlia di Elena e Menelao, uccidendone prima il marito Neottolemo, il giovane guerriero figlio di Achille. Da Ermione, Oreste ricevette in La c. d. “maschera di Agamennone” Nelle Coefore di Eschilo, dopo l’assassinio di Agamennone, Elettra continuò ad abitare nel palazzo con Clitemnestra e Egisto e con la sorella Crisotemi. Come nell’opera di Strauss, era trattata come una schiava, privata di ogni diritto e relegata in un angolo «come una cagna molesta». Covando odio e rancore verso gli assassini del padre, viveva nell’attesa della vendetta. L’Elettra di Euripide, invece, dopo la morte di Agamennone, fu chiesta in sposa da molti principi greci. Ma Egisto, temendo che da un suo matrimonio con un nobile poteva essere generato il vendicatore di Agamennone, la dette in sposa ad un contadino, con cui Elettra condusse Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi 9 Il mito nelle immagini dalla Grecia a Roma una vita umile e dignitosa, rimanendo illibata. La danza e l’ebbrezza incontenibile che conducono Elektra alla morte per follia alla fine dell’opera di Strauss non sono presenti nel mito antico. Furono un’invenzione di Hofmannsthal, che è convenuta a Strauss, il quale attribuiva grande importanza alla danza come forma espressiva privilegiata, nel senso conferito da Nietzsche nella sua Nascita della tragedia dallo spirito della musica (Die Geburt der Tragödie aus dem Geist der Musik). La tragedia greca, invece, ha un finale più lieto e nell’Elettra di Euripide, dopo l’assassinio della madre, Oreste diede la sorella, condannata all’esilio come complice del delitto, in sposa al caro cugino Pilade. Da questa unione, nacquero due figli, Medonte e Strofio. E.C.A. Il gruppo di Oreste ed Elettra a Palazzo Altemps I mmaginando l’Elettra disperata e piangente della tragedia sofoclea o vedendola danzare nell’opera di Strauss come una Menade invasata, tutto si può ipotizzare fuorché una figura composta, statica, con i capelli cortissimi e uno sguardo materno. Eppure, per gli antichi Romani Elettra era così. Almeno se si vuol dare credito alla lettura che Johann Joachim Winckelmann, il celebre storico dell’arte tedesco del Settecento, propose per un gruppo statuario colossale oggi conservato al Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps, che rappresenta due figure in atto di dialogare fra loro. Il gruppo è composto da una figura femminile adulta, alta quasi due metri, vestita di chitone e himation, alla maniera greca, che cinge con il braccio destro un giovane, rivolgendogli uno sguardo amorevole. Il giovane, di statura notevolmente più piccola, ricambia l’abbraccio e solleva il volto verso di lei. Un intimo legame traspare dalla posizione e dagli sguardi dei due personaggi. Un affetto commovente, lontano dal pathos espresso dalla tragedia e che evoca piuttosto le lapidi funerarie greche, in particolare le stele che venivano prodotte ad Atene nel IV sec.a.C., sulle quali la scena del commiato del defunto dai familiari costituiva uno dei motivi più rappresentati. Ed un monumento funerario greco richiamano anche il tipo di marmo utilizzato, la stele dietro il fanciullo e la chioma della donna, con i capelli tagliati corti in segno di lutto, che in passato indusse a interpretare le figure come due fratelli “sese complectentes”. Greca è anche l’importante iscrizione incisa sulla stele dietro ad Oreste, con il nome dell’artista che eseguì l’opera: “Menelaos, allievo di Stephanos, fece”. Un’iscrizione preziosa, che testimonia l’esistenza di una scuola di scultori: un allievo e un maestro, che si firmano con nomi greci, ma che lavoravano a Roma all’inizio del I sec. d.C., giacché sappiamo dalle fonti che il maestro Stephanos era a sua volta discepolo del celebre Pasiteles, un artista, forse campano, che a Roma fece scuola all’epoca di Cesare e Pompeo. L’importanza della firma E proprio la presenza della firma permette di inquadrare il gruppo di Palazzo Altemps in quella corrente dell’arte promossa fin dal II sec.a.C. da artisti greci, o che si facevano passare come tali, i quali lavoravano per le classi abbienti dell’Urbs, presentandosi come coloro che sapevano scolpire secondo i canoni ateniesi del V secolo. L’ambiente romano che guarda alla Grecia antica è evidente anche nello stile dell’opera, freddo, accademico e soprattutto eclettico, che non si rifà ad un originale preciso, ma è un pastiche che racchiude in sé elementi formali che vanno dall’arte classica del V sec.a.C. a riecheggiamenti delle opere di IV sec.a.C. di Prassitele e Lisippo. La scultura apparteneva alla Collezione Boncompagni Ludovisi ed è conosciuta da almeno quattro secoli. Nel tempo è stata molto ripulita e restaurata, è stata vista e disegnata da viaggiatori e studiosi e un calco in gesso fu realizzato anche all’epoca di Luigi XIV per farne una copia in pietra destinata al parco di Versailles. In tutti questi secoli, la lettura del gruppo ha dato luogo a diverse interpretazioni: negli inventari seicenteschi è menzionato come Gruppo del- l’Amicizia, nel Settecento, invece, la figura maschile è identificata come Lucio Papirio “che vien accarezzato dalla madre acciò che riveli il segreto delle determinazioni prese dal Senato romano, e che con sagace menzogna diè saggio di somma prudenza nell’età puerile”, secondo un passo di Macrobio. L’esegesi del Winckelmann - oggi convenzionalmente accettata - di vedere nelle due figure Oreste ed Elettra sulla tomba di Agamennone trova, invece, un preciso riferimento in un brano dell’Elettra di Sofocle, in cui i due fratelli si ritrovano in lacrime sulla tomba di Agamennone. Se l’interpretazione winckelmanniana del gruppo di Palazzo Altemps è esatta, - e dunque nelle due figure si possono ravvisare Oreste ed Elet- tra -, si potrebbe immaginare un Romano, che aveva l’aspirazione intellettuale e le possibilità economiche per commissionare ad un artista capace di scolpire alla maniera greca un monumento funerario, con un soggetto facilmente riconoscibile per la fama del mito rappresentato. Si ricorda che la storia di Elettra era ben nota ai Romani, anche perché fu ripresa nelle tragedie latine perdute di Attilio e Quinto Cicerone e nell’Agamennone di Seneca. E che esistono anche altre sculture rappresentanti lo stesso soggetto, come una replica della figura di Elettra proveniente dalla necropoli di Porto e un gruppo con entrambi i personaggi conservato al Museo Nazionale di Napoli. Elena Cagiano de Azevedo Arch. Fot. Sopr. Archeologica di Roma Micene Il Gruppo di Oreste ed Elettra. Roma, Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps. Su concessione del M.B.A.C. Elektra 10 Il Giornale dei Grandi Eventi L’evoluzione di un mito Gli Atridi nella letteratura, da Omero ad Euripide L a tragica vicenda degli Atridi è un mito che si è andato plasmando attraverso i secoli con le versioni poetiche e drammatiche di vari autori. Nell’VIII-VII sec. a.C nasce la leggenda di Agamennone, re di Micene che, tornato vincitore dalla lunga guerra troiana, viene assassinato dalla moglie Clitemnestra con la complicità del suo amante Egisto: il tragico evento viene narrato nell’Odissea di Omero, in netta antitesi alla storia di Penelope, moglie di Ulisse, sposa fedele e virtuosa. In Omero non esiste tuttavia ancora nessun riferi- cielo) per consentire la partenza dell’armata greca verso Troia. Clitemnestra acquisisce così un motivo di ostilità in più, per desiderare la morte del marito. Anche il grande lirico Pindaro, nel V sec. a.C., nella Pitica XI esprime dubbi sul possibile movente della regina. Scrive: «La eccitò forse Ifigenia, immolata presso l’Eurìpo, lontana dalla patria, sì da suscitarne l’ira dalla mano pesante? O vinta da un altro amore la sedussero notturni amplessi?». Il mito degli Atridi prende forma completa solo nel grande teatro tragico ateniese. Nell’Orestea di Eschilo, nell’Elettra di mento alle figlie di Agamennone, Ifigenia e Elettra, poiché tali personaggi non rivestivano un ruolo significativo nel progetto educativo e sociale del racconto omerico. A tal scopo l’attenzione si concentra sul modello muliebre negativo di Clitemnestra e sulla giusta punizione di Egisto. Il matricidio viene ignorato. Il mito venne ripreso un secolo dopo da Stesicoro, poeta della Magna Grecia, che nel suo poemetto Orestea menziona per la prima volta Ifigenia, sacrificata dal padre ad Artemide, (che poi l’accolse in Sofocle e in quella di Euripide: nelle ultime due tragedie la figura di Elettra assume contorno definito e potenza drammatica. L’Orestea di Eschilo fu rappresentata ad Atene nel 458 a. C. e fu seguita quarant’anni dopo dalle due tragedie di Sofocle e di Euripide. La tragedia eschilea nasce in un momento storico in cui il mito omerico comincia a porre delle problematiche di tipo giuridicomorale alla coscienza degli ateniesi: nell’Atene democratica del tempo, le istituzioni politiche miravano all’educazione e alla persuasione del cittadino anche e soprattutto attraverso il teatro, che era il più efficace mezzo di comunicazione e aveva per questo motivo una valenza sia politica che religiosa. Da quando Omero aveva concluso la vicenda con la “giusta” uccisione di Egisto, amante e usurpatore, il mito si era arricchito di aspetti scabrosi e moralmente inquietanti, come il matricidio e l’odio feroce della figlia verso la madre. Per chiarire tali schiaccianti interrogativi etici nasce la trilogia di Eschilo, l’Orestea, articolata in tre tragedie: Agamennone, Coefore, Eumenidi. Nella prima protagonista è Agamennone, con l’atroce scelta a favore del sacrificio della figlia per la guerra che viene deplorata dal Coro come scelta di morte e distruzione. Si conclude con l’assassinio del Re. Nella seconda, la vicenda di Elettra: essa rappresenta il dolore e allo stesso tempo l’innocenza privata dei suoi diritti che attende il suo restauratore. Nella terza tragedia, Eumenidi, si svolge il processo al matricida Oreste, che sarà assolto dal magnanimo tribunale dell’Areopago. La celebrazione dell’organo giudiziario ateniese appena depurato dai democratici dalla sua faziosità oligarchica, è evidente. La trilogia di Eschilo abbraccia un lasso di tempo molto ampio, da Agamennone al processo ad Oreste, e si pronuncia su importanti temi etico-politici: il male nasce dall’errore dell’uomo e gli dei conducono gli uomini sulla strada della saggezza attraverso la sofferenza. Gli esiti delle tragedie di Sofocle ed Euripide conducono verso una diversa prospettiva. Il gigantesco personaggio di Elettra, in Sofocle, diventa memoria vivente dell’oltraggio subito: lei vive per non dimenticare e attende vendetta. È consapevole del suo odio colpevole, tuttavia sembra purificarsi nel materno amore per il fratello. Elettra, privata della possibilità di sposarsi e di avere una prole, riversa tutto il suo amore sul fratello e allorché le giunge la falsa notizia della morte di lui, si scioglie in un pianto che è il momento più struggente della tragedia. Oreste si fa riconoscere ed Elettra guida la sua mano vendicatrice per due volte, nell’abbattimento della coppia omicida. Il finale sofocleo è liberatorio, Elettra è purificata dal suo odio e reintegrata nei suoi diritti attraverso una giu- sta vendetta. Nel dramma di Euripide l’interpretazione del mito è rivoluzionaria: per la prima volta viene condannato senza appello il matricidio compiuto dai due fratelli. L’omicidio appare biecamente premeditato: Elettra viene descritta freddamente determinata a riacquisire quei benefici che le erano stati preclusi dopo la morte del padre: il rango, gli agi e la possibilità di un principesco matrimonio. Persino il comando di Apollo, che imponeva ad Oreste di vendicarsi, appare stupido e portatore di sventura. Con Euripide i personaggi del mito degli Atridi vengono completamente rivisitati: la giusta sete di giustizia diventa un barbaro, ingiustificabile matricidio, compiuto per le miserie e le debolezze di uomini e dei. La sorte dei due fratelli è angosciosa: saranno condannati, dopo il massacro, ad un disperato esilio e i loro destini si separeranno per sempre. Andrea Cionci Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi 11 Strauss e la morbosa opera “Elektra” Fra romanticismo ed espressionismo N el 1893 il norvegese Edward Munch dipinse “L’urlo”, efficace rappresentazione di come un’e- tante, fatto d’interiezioni e di grida. Nello stesso anno Kokoschka diede vita al cabaret artistico “Il pipistrello” Richard Strauss nel 1903 mozione possa trasformare ogni contorno di un volto, stravolgendone la fisionomia. L’opera di Munch registrava genialmente un mutamento in atto nell’arte e nella società. Il romanticismo stava chiudendo il proprio ciclo, altre correnti incalzavano, maggiormente rispondenti alle nuove esigenze culturali, sociali e storiche. Nel 1907 a Parigi Picasso inaugurò l’avanguardia pittorica con “Les demoiselles d’Avignon”; a Vienna il pittore-letteratodrammaturgo Kokoschka scrisse il dramma “Assassino, speranza delle donne” (che Hindemith avrebbe musicato nel 1919) e lo scultore Barlach terminò il dramma “Il giorno morto”. Il compiacimento per il macabro, per la crudeltà ben presente in questi drammi ispirava agli autori uno stile duro, ur- circondandosi di nomi importanti: citiamo l’architetto Adolf Loos e il letterato Altenberg. Contemporaneamente a Monaco nel 1907 fece scalpore una mostra di Van Gogh. E proprio a Monaco Vasilj Vasiljevic Kandinsky nel 1909 approdò al cosiddetto “informale”. Ciò che disorientò il pubblico nella nascente arte espressionista, ha scritto Ernst Gombrich «non fu forse tanto la deformazione della natura quanto la violenza fatta alla bellezza. Era dato per scontato che il caricaturista potesse mostrare la bruttezza dell’uomo: era il suo compito. Non si permetteva invece ad un artista che si considerava serio di imbruttire in luogo di idealizzare...». ne ma come specchio impietoso della realtà, faceva riscontro una visione della musica e del teatro assolutamente innovativa e corrosiva, tendente a bruciare gli ultimi aneliti romantici, preparando la strada al Novecento. I protagonisti assoluti di questo delicato momento storico-culturale furono in Germania Gustav Mahler e Richard Strauss. Entrambi rivoluzionari, ognuno però con una propria, differente personalità. Mahler agì nell’ambito delle forme classiche, la sinfonia e il Lied: ma le “rovesciò” dall’interno, le trasformò, le rivitalizzò con un linguaggio di impressionante modernità. Strauss, legato invece al mondo wagneriano, puntò sul poema sinfonico e sul teatro. Fra il 1886 e il 1898 Strauss si dedicò, dunque, ai poemi sinfonici (si citano Vita d’eroe, Don Juan, Tod und Verklarung, I tiri burloni di Till Eulenspiegel, Also sprach Zarathustra, Don Chisciotte). Poi virò verso il teatro e le sue prime opere furono due atti unici scandalosi che spalancarono le porte al nuovo: Salomè, ispirata Mahler e Strauss protagonisti in Germania All’arte pittorica non più intesa come idealizzazio- Gustav Mahler a Oscar Wilde (1905) ed E l e k t r a (1909) di Hofmannsthal. Originale appariva, intanto, la scelta dell’atto unico nel panorama tedesco dominato dai lunghi drammi wagneriani che si riconduceva all’esperienza italiana del Verismo. In Salomè prevale l’erotismo, la sen- Richard Strauss sualità (la celebre “Danza dei sette veli”), mentre in Elektra a dominare è la morbosità. Entrambe stravolgono il mito della classicità, i valori del mondo antico. Se nel Romanticismo l’antica Grecia era stata celebrata come la culla delle arti, della libertà dell’uomo, la Grecia che Hofmannsthal e Strauss rappresentarono in Elektra ne denunciava impietosamente le bassezze e le immoralità. Opere di ascendenza wagneriana, per l’uso del leitmotiv, dell’orchestra allargata, del canto potente, violento, Salomè ed Elektra sembrano, comunque, guardare al teatro espressionista per l’accentuazione di caratteri come il senso del macabro, le passioni sfrenate, l’aggressività del linguaggio e delle vicende. Entrambe le opere si posero, dunque, sin dall’inizio in una posizione cruciale nel teatro non solo tedesco. Va notato che “Elektra” nacque contemporaneamente a Erwartung di Schoenberg, considerata l’avvio del teatro espressionista tedesco. Nell’esperienza dei due grandi compositori, insomma, tardoromanticismo ed espressionismo si saldavano, trovando nell’idea dell’orrido, dello spaventevole, del brutto evocato da Gombrich un punto di incontro, specchio di una società in disfacimento di cui era significativa traduzione musicale la ormai irreversibile crisi tonale: nei lancinanti, sensuali cromatismi straussiani così come nelle urtanti armonie per quarte di Schoenberg si percepiva l’ormai definitivo tramonto di un’epoca. Roberto Iovino Il Giornale dei Grandi Eventi Elektra 13 La curiosa vicenda che ha diviso gli studiosi Plagio o telepatia in Elektra A ll’indomani della prima rappresentazione dell’Elektra di Richard Strauss, l’illustre musicologo Giovanni Tebaldini pubblicò sulla Rivista Musicale Italiana un articolo intitolato “Telepatia musicale”, in cui metteva a confronto la partitura straussiana con la Cassandra un opera di un giovane Giovanni Tebaldini musicista italiano Vittorio Gnecchi, andata in scena per la prima volta al teatro Comunale di Bologna il 5 dicembre 1905 su libretto di Luigi Illica e con la direzione di Arturo Toscanini. Nell’articolo il musicologo bresciano, stimato per serietà e serenità di giudizio, evidenziò con una innumerevole quantità di esempi le indiscutibili affinità tematiche presenti nelle due opere. Il Tebaldini attribuì, con molta saggezza, le innegabili somiglianze ad una sorta di istintiva concordanza psicologica, che egli definì proprio con il termine scientifico telepatia. Non quindi plagio, ma rassomiglianza dovuta ad una visione del mondo eroico mediata dalla medesima sensibilità di due artisti non immuni dalle suggestioni del proprio tempo. Il musicologo arrivò a concludere che: «Poiché Cassandra anche nella tragedia greca di Eschilo e di Sofocle si presenta come antefatto di Elettra, si è quasi portati a dire che i temi principali apparsi come in formazione nell’una, hanno trovato il loro grandioso sviluppo nella seconda (Elektra, n.d.r.) per la mano potente di un grande maestro drammatico-musicale della tavolozza sinfonicostrumentale». L’articolo suscitò un vero e proprio vespaio di polemiche da parte di coloro che da tempo tacciavano la produzione di Strauss di povertà di invenzione sia tematica che drammatica. Alcuni accusarono il compositore tedesco di plagio, altri sostennero invece che fosse stato Gnecchi ad attingere a precedenti lavori del maestro, altri ancora negarono addirittura le somi- Intendiamo aprire un filo diretto con i lettori. Una finestra per dialogare sul Teatro dell’Opera. Gireremo i vostri suggerimenti, le vostre proposte e le vostre opinioni ai responsabili del Teatro. Pubblicheremo le lettere più interessanti. Vi invitiamo a scriverci una e-mail al seguente indirizzo: [email protected] Vi ringraziamo fin d’ora per la collaborazione. Vittorio Gnecchi non sono riuscite nel tempo ad offuscare la lucentezza e il fascino dello spartito di Elektra che al pari del suo autore - come disse D’Annunzio parlando di Strauss durante un brindisi in onore del compositore - «…ha saputo esser sordo alla contumelia e alla lode». Cla. Cap. La collaborazione tra Strauss ed Hofmannsthal Segue Editoriale da pag. 1 la stagione estiva, tornata dallo scorso anno nell’impareggiabile cornice delle Terme di Caracalla. Riscriverla rispetto a quello che era stato comunicato solo l’autunno passato presentando l’intero cartellone 2004, estate compresa. Era stata annunciata una sola opera (oltre un concerto ed un balletto) come lo scorso anno e come lo scorso anno sarebbe dovuta essere Carmen di Georges Bizet. Una scelta che aveva lasciato qualcuno perplesso: si torna a Caracalla e per due anni si propone sempre lo stesso titolo, pur se molto suggestivo e di grande colore. Invece, dal cilindro del Teatro esce ora a sorpresa una nuova stagione estiva, più ricca – due opere – e con titoli diversi, due capolavori verdiani come Nabucodonosor ed Il Trovatore. Torna così a Caracalla la grande musica del “Cigno di Busseto”, che riporta alla mente i faraonici allestimenti di Aida, alle Terme indissolubilmente legati nella memoria di moltissimi. Torna poi Nabucco, con i suoi cori, con il “Va pensiero”, che a Roma mancava da diversi anni. Un titolo adatto ai grandi spazi (anche se per imposizioni della Sovrintendenza ai Beni Culturali il palcoscenico di Caracalla è stato fortemente ridimensionato) che ha stupito lo scorso anno all’Arena di Verona e che certamente, anche con Il Trovatore, richiamerà pubblico di appassionati e neofiti nelle serate tra i ruderi. Dunque, un applauso a scena aperta per il coraggio di cambiare, arricchendo l’offerta ed il cartellone. Andrea Marini glianze. Il Tebaldini cercò di acquietare le polemiche ribadendo che mai aveva voluto accusare Strauss di plagio. Purtroppo però la discussione era stata sollevata e gli studiosi continuarono a scontrarsi sull’argomento per anni. Tra gli interventi più significativi e senza dubbio più sereni, va menzionato il saggio del musicologo Mario Rinaldi, Elektra del 1943 e in tempi più recenti l’articolo di Quirino Principe autore tra l’altro di una accuratissima biografia sul compositore tedesco pubblicato nel 1990 nella Rivista Illustrata del Museo Teatrale alla Scala. L’autorevole studioso ha riaffermato la genuinità dell’invenzione musicale dell’Elettra, rispolverando una querelle che dura ormai da quasi un secolo. Nonostante ciò, le polemiche Non fu vera amicizia, ma grande armonia R ichard Strauss e HuHoffmanstahl era il dramma go von Hofmannpoetico e simbolico, l’iniziatica stahl si era già conorivelazione del senso della poesciuti una prima volta a Pasia e dell’esistenza: come semrigi nel 1898 mentre il compre è accaduto nei dubbi estetici positore dirigeva i suoi condella civiltà occidentale, anche certi e Hofmannstahl comil genio di Hofmannstahl cercò piva uno dei suoi viaggi nei la salvezza nei Greci. Uscì dal quali era solito avvicinare i tempo, dunque; scrutò nel buio grandi artisti della sua epodei segreti della mente e dell’aca. Il giovane poeta austrianima e creò così le sue grandi co (Vienna 1874 - Rodaun, opere di quegli anni: Elektra e Vienna 1929) gli volle proOedipus und die Sphinx». porre un balletto pantomiDella tragedia di Sofocle, ma, Der Triuph der Zeit, Il Hugo von Hofmannstahl Hofmannstahl mantiene a trionfo del tempo da mettere grandi linee la trama essenin musica. Strauss, dopo essersi preso al- ziale, pur omettendo il Coro. Ma i persocuni giorni per pensare, rifiutò recisamen- naggi sono trattati in un modo nuovissite. mo, sull’onda delle nuove conoscenze in Fu nel 1899 a Berlino, che in casa del poe- campo psicoanalitico. ta Richard Dehmek, Richard Strauss, re- Anche l’influenza di Nietzche si fa sentire duce dal trionfo di Salomé, rincontrò Hu- nello scavo del subconscio: le pulsioni più go von Hofmannstahl e gli chiese di ce- profonde dell’animo umano vengono dergli per musicarlo il testo drammatico scandagliate a fondo e si può dire che cerdella sua Elektra che aveva avuto modo di te intuizioni di Hoffmanstahl per quanto vedere in teatro e del quale si era subito riguarda il campo dei rapporti fra parenti, convinto. possano dirsi pre-freudiane. Per Strauss Iniziò così il fruttuoso rapporto fra i due, Hofmannstahl scrisse ancora i libretti del che non fu mai vera amicizia, ma esempio Cavaliere della Rosa, Arianna a Nasso, La di estrema collaborazione fra due artisti. donna senza ombra, Elena egizia e Arabella. A. Ci. Scrive Franco Serpa: «Il disegno letterario di Elektra 14 Il Giornale dei Grandi Eventi Il compositore D Richard Strauss iscendente di una famiglia in cui la tradizione musicale si tramandava da generazioni, Richard Strauss nacque a Monaco l’11 giugno 1864 con una straordinaria sensibilità artistica. Gli agi economici, che grazie ad una fabbrica di birra il ramo materno assicurò alla famiglia, gli offrirono la possibilità di studiare e di affinare questo talento. A quattro anni Richard suonava il pianoforte e a sei il violino e fin da subito manifestò la volontà di dedicarsi alla composizione. Ancora studente nelle scuole secondarie, diede alle stampe una sinfonia in re minore, la Festmarch op. 1, compose diversi lieder, concerti e composizioni da camera. La prima produzione straussiana ligia agli accademismi romantici e priva di intemperanze, ed in particolare la Serenade op. 7, scritta a soli diciassette anni, attirarono le simpatie e la stima di Hans Von Bulow che nel 1885 gli affidò la guida dell’orchestra di Meiningen. In un periodo particolarmente fecondo e stimolante per l’ambiente musicale diviso tra la seducente scuola “neotedesca” di Listz e Wagner e la più radicata tradizione romantica che faceva capo a Brahms, Strauss inizialmente aderì alla seconda, fedele all’indirizzo antiwagneriano che il padre aveva tentato con ostinazione di trasmettergli, ma finì col cedere alla tendenza tutta wagneriana della musica a programma. Questa virata stilistica è attribuita all’amicizia che Strauss strinse a Meiningen con Alexander Ritter, apostolo listziano dell’anarchico potere evocatore della musica, sciolta dai limiti e dai vizi formali. Nel 1896, abbandonata Richard Strauss nel 1870 al tempo della sua prima composizione la carica offertagli da von Bulow, Strauss compì il suo primo viaggio in Italia e compose Aus Italien, con cui si gettò alle spalle il romanticismo accademico e si misurò con il poema sinfonico che caratterizzò la sua produzione fino al 1903. I furenti ritmi dispari e gli scalmanati cromatismi lo fecero apparire un rivoluzionario della scena musicale, ma si rivelarono un amore passeggero che andò scemando con la scoperta del teatro e l’incontro con il librettista Hofmannsthal. All’attività compositiva Strauss accostò sempre la direzione d’orchestra. Dal 1889 al 1894 fu direttore del teatro di Corte di Weimar, dal 1894 al 1898 fu scritturato dalla Hofoper di Monaco e nel 1898 fu primo direttore d’orchestra a Berlino, carica che lasciò solo nel 1918 per un impegno con l’Opera di Vienna, dove rimase fino al 1924 quando si ritirò per dedicarsi esclusivamente alla composizione. Un prima ed incosciente incursione nel teatro era avvenuta con Guntram nel 1894, a cui la neosposa Pauline de Anha partecipò come cantante e che si risolse in un insuccesso. Strauss aveva allora fatto regolarmente ritorno alla sua musica a programma. Solo qualche anno più tardi comprese che le possibilità espressive del poema sinfonico erano giunte al limite e intuì che il tempo del dispotismo del dramma wagneriano aveva esaurito il suo corso e la sua potenza. Tornò quindi a rivolgere il proprio sguardo creativo al teatro musicale. La prima opera teatrale davvero matura fu Salomè (1905), seguita dall’Elektra (1909) opera suggestiva che si colloca al confine tra la produzione postwagneriana e quella espressionista per i marcati tratti barbarici e che segna l’inizio della feconda collaborazione con Hofmannsthal. Quest’incontro produsse un’ulteriore svolta nello stile straussiano verso una semplicità ed una raffinatezza dei mezzi espressivi che trovò la sua migliore concretizzazione nel Rosenkavalier (1911) e che spinse Strauss a saggiare con alterne fortune i più diversi generi di teatro musicale dal neoclassico Ariadne auf Naxos (1912; se- Richard Strauss al lavoro conda versione 1916) al mitologico Die aegyptische Helena (1928; nuova versione 1933), alla commedia di intrigo Arabella (1933) fino al più senile ma riassuntivo Capriccio (1941), una sorta di commedia conversata in cui la musica si fa discreta reagendo in direzione diametralmente opposta all’eredità dei trionfi wagneriani. Il periodo più duro della vita del musicista coincise certamente con l’instaurazione del regime nazista che nel 1933 che gli offrì la presidenza della Musikkammer del Reich, carica che egli accettò pur non simpatizzando per la causa. Alla morte di Hofmannsthal avvenuta nel 1929, Strauss aveva però stretto collaborazione con Stefan Zwig, librettista viennese di origine ebrea, fatto che lo indusse per ragioni di opportunità alle dimissioni nel 1935. Al termine del conflitto mondiale Strauss fu esiliato in Svizzera con l’accusa di collaborazionismo con il regime, ma l’ingiusta disposizione fu poi revocata nel 1947 e permise al musicista di fare ritorno nella sua dimora a Garmisch dove si spense due anni più tardi, l’8 settembre 1949. Solo tre mesi prima, in occasione dei festeggiamenti per il suo ottantacinquesimo compleanno, durante le prove generali del Rosenkavalier salì per un’ultima volta sul podio per dirigere il terzetto finale dell’opera che fra tutte rimaneva la sua preferita e che per espressa volontà dell’autore accompagnò i suoi funerali. Ludovica Sanfelice Il librettista Hugo Von Hofmannsthal I l nome di Hugo Von Hofmannsthal è legato in maniera quasi esclusiva alla collaborazione con Richard Strass sebbene i suoi raffinati scritti (poesie e teatro) siano stati anche di ispirazione per altri, diversi compositori. Hofmannsthal nacque a Vienna nel 1874 e già a 16 anni pubblicò studi, saggi e drammi sotto lo pseudonimo di Loris o Theofil Morren e si guadagnò uno spazio di rilievo nel mondo letterario viennese accanto a personalità del calibro di Schntzler. L’incontro con Strauss avvenne in un momento delicato nella carriera di entrambi gli artisti. Un disagio li accomunava: Strauss, esauriti gli slanci creativi nel filone sinfonico sentiva che era maturato il momento di misurarsi con il teatro; Hofmannsthal, da parte sua, prendeva le distanze da ciò che fino ad allora aveva scritto e soffriva un distacco dalla cultura asburgica viennese appesantita ed esausta, auspicando un assorbimento dei caratteri e degli aspetti più validi di tale cultura in una forma più attuale e meno ancorata al passato. Probabilmente fu un equivoco sulle intenzioni a portare alla creazione dell’Elektra. Mentre Strauss dopo il successo di Salomé riponeva in questo antico dramma, visto in prosa a teatro, la possibilità di un riadattamento musicale altrettanto fortunato, Hofmannsthal mirava a sondarne i valori positivi più tradizionali della famiglia attraverso il personaggio di Crisotemide. L’opera fu un successo perché Strauss prese in seria considerazione le velleità di Hofmannsthal che dimostrò così un ascendente sul musicista. La stima reciproca diede il suo primo ed autentico frutto con Der Rosenkavalier,dal momento che l’Elektra rimaneva pur sempre un adattamento di un testo precedente. La vasta cultura e la singolare eleganza nel plasmare il linguaggio mettendone in risalto le possibilità musicali del testo, regalò ad Hofmannsthal un certo dominio su Strauss che mostrò estrema docilità nei confronti della volontà del letterato. Seguirono l’Ariadne auf Naxos (1912) in cui la tematica amorosa si conferma terreno di ispirazione per lo scrittore e successivamente Die Frau ohne Schatten (1919) ambiziosa e complessa opera fantastica sul tema della maternità. Il simbolo, l’emblema, l’immortalità di certi valori che saturano questa opera si oppongono alla distruzione di un universo che il con- flitto mondiale stava operando. La scialba parentesi del ritorno alla mitologia classica con Elena egizia (1928) fu seguito dalla composizione di Arabella, il cui libretto Hofmannsthal stava adattando da una propria novella. Purtroppo però di questa lo scrittore riuscì a completarne in maniera definitiva solo il primo atto poiché il dolore per il suicidio del figlio lo stroncò. La sua morte fu talmente inaspettata che poche ore dopo la sua scomparsa giunse un telegramma da parte di Strauss di congratulazioni per il lavoro che stava svolgendo. Lu. San. di M. Il Elektra Giornale dei Grandi Eventi 15 Negli scritti del compositore tedesco Curiose annotazioni di Richard Strauss N ella sua lunga attività Richard Strauss ha lasciato numerosi articoli e saggi intorno alla sua musica e - più in generale - su grandi temi della cultura del suo tempo. Molti dei suoi scritti sono raccolti in un libro curato da Sergio Sablich per la Edt e intitolato “Note di passaggio”. È interessante estrapolare alcune osservazioni che aiutano a capire meglio il pensiero del musicista tedesco. Nel 1925, ad esempio, Strauss dettò “Dieci regole auree” per un giovane direttore d’orchestra: 1) Ricordati che non fai musica per il tuo piacere, ma per la gioia dei tuoi ascoltatori. 2) Quando dirigi, non devi sudare, solo il pubblico deve riscaldarsi. 3) Salome ed Elektra come se fossero state scritte da Mendelssohn: musica di elfi. 4) Non lanciare mai sguardi incoraggianti agli ottoni; solo una breve occhiata per dare un’entrata importante. 5) Al contrario, non perdere mai d’occhio i corni e i legni: se li senti, vuol dire che suonano già troppo forte. 6) Se ritieni che gli ottoni non suonino abbastanza forte, smorzali ulteriormente di due gradi di intensità. 7) Non basta che sia tu a distinguere ogni parola del cantante, tu che conosci quelle parole a memoria: è il pubblico che deve poterle seguire senza fatica. Se non capisce il testo, il pubblico dorme. 8) Accompagna sempre il cantante in modo che possa cantare senza sforzo. 9) Se credi di aver raggiunto la massima velocità in un prestissimo, raddoppia la velocità. 10)Se avrai la bontà di tener conto di tutti questi miei suggerimenti, il tuo bel talento e le tue grandi capacità faranno di te sempre la pura delizia dei tuoi ascoltatori. Quattro anni dopo, Strauss tornava sul problema della direzione sostenendo che “solo la sensibilità artistica del direttore d’orchestra debba decidere quel che è giusto e quello che è sbagliato”. Strauss intendeva difendere il suo modo di interpretare Beethoven: «La nostra formazione umanistica si basa ancora su discipline il cui studio fu premessa indispensabile di un’educazione superiore dello spirito prima che nascesse la nostra musica. Oggi è ancora gravata dell’inutile studio della matematica superiore e dei fondamenti della chimica e della fisica, studio che potrebbe venir tranquillamente lasciato alle università e alle scuole professionali per coloro che vi si vogliono dedicare. Una istruzione generale superiore deve comprendere anche lo studio della musica, fino- Richard Strauss Elektra: «Quando vidi per la prima volta il geniale dramma di Hofmannsthal con Gertrud Eysoldt al Piccolo Teatro, capii subito che se ne poteva trarre uno splendido libretto… e come a suo tempo in “Salome” intuii il possente crescendo musicale che culmina nella scena conclusiva: in “Elektra” la danza liberatoria dopo la scena della agnizione, realizzabile fino in fondo soltanto con la musica; in Salome dopo la danza (punto culminante dell’azione) la raccapricciante apoteosi finale… Dapprincipio mi spaventava l’idea che i due soggetti fossero molto simili nel suo contenuto psichico… Tuttavia il desiderio di contrapporre questa grecità demonica, estatica del VI secolo alle copie romane di Winckelmann e all’umanesimo di Goethe ebbe il sopravvento sui dubbi; e così Elektra superò addirittura Salome per la compattezza della costruzione e la tensione drammatica in violento crescendo». Francesca Oranges Richard Strauss a lavoro nella villa di Garmisch “chi può affermare oggi con assoluta certezza che Beethoven abbia voluto questo o quel tempo così e non in un altro modo (per esempio come lo concepisco io?)”. E, nello stesso articolo a proposito della composizione sosteneva: “Non è affatto vero che si possa comporre tutto, se per comporre si intende tradurre ed esprimere un’idea o un sentimento nel linguaggio simbolico della musica”. Sull’insegnamento della musica È interessante poi, in quanto sempre attuale, ricordare l’opinione di Strauss sull’insegnamento della musica. Scriveva il compositore nel 1933: ra completamente trascurato nelle nostre scuole secondarie: quanto meno armonia, composizione fino a poter capire una fuga di Bach, lettura della partitura fino a poter afferrare in pieno tanto i conflitti interiori resi contrappuntisticamente nel terzo atto del Tristano quanto l’architettura e lo sviluppo dei temi in un movimento di una sinfonia di Beethonen o la struttura sinfonica di un atto della Tetralogia». Indubbiamente Strauss non si accontentava di poco: vedesse la nostra scuola odierna chissà cosa potrebbe pensare! Elektra Infine da ricordare una sua testimonianza su Richard Strauss in una caricatura come tormentone