Il Giornale dei Grandi Eventi
20 aprile 2004
Anno X / numero 22
L’Editoriale
Verdi torna
a Caracalla
di Andrea Marini
P
oche righe. Poche righe per un plauso al
Teatro dell’Opera. E
non è servilismo o condizionamento, visto che fin
dall’inizio dell’avventura
di questo Giornale mi imposi - e ci imponemmo come redazione - una assoluta indipendenza dal Teatro
dell’Opera. Una indipendenza che ci permettesse di
plaudire o criticare senza
remore. Fortunatamente
gli attuali Sovrintendente,
Direttore Artistico e Direttore Principale hanno capito e rispettato questa libertà. Anche il pubblico,
indubbiamente preferisce
leggere su un foglio specializzato notizie e commenti
reali, piuttosto che plagerie
di comodo. Non abbiamo
risparmiato al Teatro ed a
vari registi e cantanti critiche su spettacoli che non
meritavano, o dove la volgarità nella regia era gratuita, fine a se stessa.
Ora però – come abbiamo
detto – dobbiamo rivolgere
un apprezzamento alla Direzione Artistica del Teatro
che ha deciso di riscrivere
Segue a pag. 13
N
Elektra
Le Repliche
il mito greco attraverso Strauss
Q
uesta volta il Teatro dell’Opera di
Roma presenta Elektra, uno dei
maggiori lavori del compositore tedesco Richard Strauss. Un atto unico su libretto di Hugo von Hofmannsthal dall’omonima, famosa tragedia di Sofocle. L’opera fu rappresentata per la prima volta al
Königlichers Opernhaus di Dresda il 25
gennaio 1909, dove non riscosse che un
successo di stima nei confronti del 45enne,
ma già affermato, autore. Il pieno trionfo
arrivò però l’anno successivo a Londra,
dove la rappresentazione al Covent Garden, diretta da Thomas Beecham è ricordato come un avvenimento memorabile.
L’opera, ambientata nel palazzo degli Atri-
di a Micene, tratta del mito di Elettra desiderosa di vendicare la morte del padre
Agamennone ucciso dalla moglie Clitemnestra e dall’amante di lei Egisto. La vendetta arriverà per mano del fratello Oreste
ed Elettra morirà di gioia danzando.
Il suggestivo allestimento, ispirato dal rogo del Teatro La Fenice di Venezia, è quello
del 1997 realizzato per il Teatro dell’Opera
di Roma da Henning Brockhaus.
Sul podio il maestro Will Humburg, che ha
dovuto sostituire il direttore francese
Alain Lombard colpito da una indisposizione, ma che a Roma dovrebbe tornare in
estate per dirigere alle Terme di Caracalla
Il Trovatore di Giuseppe Verdi.
La trama
ella corte interna del palazzo degli Atridi a Micene. Le ancelle si meravigliano di non vedere Elettra che solitamente a quell’ora lamenta la morte del padre Agamemmone e ne deridono il folle comportamento. Una delle ancelle prende
le difese di Elettra, ma al rientro a palazzo viene percossa dalle altre che non perdonano ad Elettra le angherie
rivolte loro.
Elettra esce nel cortile piangendo la morte del padre.
Proprio in quell’ora Agamennone fu ucciso ed Elettra rivive i momenti della tragedia: il bagno durante il quale
Clitemnestra ed Egisto l’hanno assassinato; il sangue di
cui l’acqua si è tinta; il corpo esanime e l’ultimo sguardo ricevuto. Ma in un sogno del giorno prima Elettra ha
visto Agamennone risorgere
con in testa una corona sanguinante. In quel giorno saranno
sacrificati i suoi cavalli ed i suoi cani, mentre i figli (lei,
Oreste e Crisotemide) danzeranno di gioia intorno alla
tomba.
Giunge Crisotemide, avvertendo Elettra che la madre
Clitemnestra ed Egidio vogliono rinchiuderla in una
torre. Elettra ride ed invita la sorella a seguire il suo
esempio: è meglio stare sedute ad attendere la morte
piuttosto che passare il tempo ad origliare. Ma Crisotemide, che vuole formarsi una famiglia, rinfaccia alla sorella la propria prigionia da parte di Clitemnestra ed
Egidio, perché temono che una delle due sorelle possa
Segue a pag. 3
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
21 aprile
22 aprile
23 aprile
24 aprile
20,30
20,30
18,00
17,00
La storia
dell’opera
Dai poeti greci
al testo teatrale
A pag. 6
Il saggio
Elektra e lo
spirito del tempo
A pag. 7
Il mito greco
La storia degli Atridi,
dalla mitologia alle
tragedie
A pag. 8, 9 e 10
Elektra
2
Dal 3 luglio alle Terme di Caracalla
Giornale dei Grandi Eventi
Le prossime opere
al Teatro Costanzi
Questa la stagione
estiva 2004
N
on sarà più Carmen di Georges
Bizet il titolo melodrammatico della stagione estiva nel ritrovato
spazio delle Terme di Caracalla. Dopo il grande
successo di pubblico dello
scorso anno, infatti, il
Teatro dell’Opera aveva
pensato di riproporre anche quest’anno il capolavoro del musicista francese ambientato in una Siviglia calda di atmosfere e
ritmi suadenti. Questo titolo era stato, infatti, annunciato come appuntamento estivo nella conferenza stampa di presentazione dell’intera stagione
2004 dello scorso ottobre.
Sarà, invece, un piccolo
festival verdiano a riempire le serate estive tra i
magnifici ruderi della
Il
13 Maggio
DON CARLO di Giuseppe Verdi
13 Giugno
DIE ZAUBERFLÖTE (Il Flauto Magico)
di W. Amadeus Mozart
dal 3 Luglio Stagione Estiva
Messa da Requiem; Nabucodonosor,
Il Trovatore, Il Lago dei Cigni
8 Ottobre
FIDELIO di Ludwig van Beethoven
2 Novembre TANCREDI di Gioachino Rossini
19 Novembre DER FLIEGENDE HOLLÄNDER
(L’Olandese volante) di Richard Wagner
19 Dicembre IL PIPISTRELLO (Die Fledermaus)
operetta di Johann Strauss
Giuseppe Verdi all'epoca della composizione della Messa da Requiem
La copertina della prima edizione della “Messa”
Passeggiata
Archeologica.
Un concerto e
due opere. A
completare il
cartellone - come tradizione anche un balletto.
L’apertura il 3
luglio sarà con
il Messa da Requiem di Giuseppe Verdi,
diretta
dal
maestro Gianluigi Gelmetti.
Una sola serata
per riproporre
Il G iornale dei G randi Eventi
Direttore responsabile
Andrea Marini
Direzione Redazione ed Amministrazione
Via Courmayeur, 79 - 00135 Roma
e-mail: [email protected]
Editore A. M.
Stampa
E PRINT S.r.l.
Via Empolitana, Km. 6,4
Castel Madama (Roma)
questo concerto eseguito
dall’orchestra e coro del
Teatro dell’Opera di Roma, sempre sotto la bacchetta di Gelmetti, la mattina del 27 gennaio 2001,
in diretta televisiva dalla
chiesa di Santa Maria in
Trastevere nell’ora e nel
giorno del Centenario
della morte dell’Autore.
Sempre Gelmetti diresse
nuovamente la Messa nello stesso anno, il 27 luglio
nella suggestiva cornice
di Villa Adriana a Tivoli e
poi in “trasferta” a Bologna. L’opera scritta in
onore di Alessandro
Manzoni, ebbe la sua prima esecuzione a Milano
nella Chiesa di S. Marco il
22 maggio 1874, nel giorno del primo anniversario
della scomparsa dello
scrittore lombardo.
Primo titolo d’opera sarà,
invece, Nabucodorosor in
programma dal 13 luglio,
diretto dal maestro Nello
Santi. Dal 27 luglio, invece, in scena tornerà Il Trovatore, che sul palcosceni-
co dell’Opera di
Roma è stato uno
dei tre titoli della
stagione del Centenario Verdiano
(2001) con cui il
Teatro romano
ha voluto rendere
omaggio al Compositore. Sul podio sarà il direttore francese Alain
Lombard.
Titolo di balletto
sarà Il lago dei Cigni, balletto in
quattro atti di
Vladimir Petrovic Begicev e Vasil Fedorovic Gelcer su musica di
Petr
Ilich
Chaikovskij, che
grande apprezzamento ha riscosso quest’anno in
gennaio e febbraio al Costanzi.
Caricatura di Verdi che dirige la Messa da
Requiem
Registrazione al Tribunale di Roma n. 277 del 31-5-1995
© Tutto il contenuto del Giornale è coperto da diritto d’autore
Le fotografie sono realizzate
in digitale con fotocamera Kodak DC290
Il Giornale dei Grandi Eventi è possibile consultarlo e stamparlo, anche
prima di venire in Teatro, dal sito:
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Elektra
Il Giornale dei Grandi Eventi
3
Parla il regista Henning Brockhaus
L’idea della scena dal rogo de La Fenice
L
a regia di questa Elettra,
qui al Teatro dell’Opera
di Roma, è curata dal regista
tedesco
Henning
Brockhaus. Originario della
Westfalia, ex assistente di
Giorgio Strheler, Brockhaus è
anche diplomato in clarinetto
e ha seguito studi di Filosofia,
Psicologia e Scienza del teatro
presso l’università di Berlino.
L’idea di questo spazio scenico che rappresenta un ambiente principesco semidistrutto è nata durante una riunione a Venezia con lo scenografo Ezio Toffoluti.
«Fu a Venezia - ricorda
Brockhaus (che parla un italiano eccellente) - che Ezio mi mostrò una fotografia da un giornale che raffigurava gli interni del
Teatro La Fenice di Venezia, appena divorato dal fuoco.
Era esattamente quello che cercavo: uno spazio di distruzione,
non sano, poiché tutto quello che
accade nell’opera di Strauss non è
sano: odio, rabbia, vendetta soffocano e non lasciano spazio alla vita e all’amore. Anche le architetture ricordavano la Grecia che ha
coltivato questo mito.
L’idea mi sembrava anche estremamente funzionale ad esprimere
il mio senso di scontentezza per
l’abbandono in cui viene lasciato
oggi il mondo della cultura, non
solo in Italia ma anche in Germania. Ricordo uno dei giornali più
importanti di Francoforte che
aveva una poderosa appendice dedicata alla cultura, un inserto ricco di almeno dieci pagine...Oggi
si è ridotto a due o tre pagine.
Questo mi sembra significativo:
ci si occupa ormai solo di eventi
dalla grande risonanza mediatica:
tutti i recital, i concerti, i quartetti e altri splendidi lavori che non
godono di questa enorme pubblicità. Sono vergognosamente censurati dalla stampa e dall’informazione. E non perché il pubblico
Segue Trama da pag. 1
partorire un erede che vendichi Agamennone.
Clitemnestra si avvicina col seguito. È
agitata per un incubo in cui le è parso di
rivedere il temuto figlio Oreste. Elettra
decide di affrontare la madre affacciata
ad una finestra che la minaccia imitata
dalle ancelle, le quali accusano Elettra di
perfidia. Elettra replica che sono proprio
le due confidenti a rovinare Clitemnestra
che trova nelle parole della figlia la forza
di allontanarle. Scesa accanto alla figlia,
Clitemnestra chiede ad Elettra un rimedio
per i sogni che le tormentano le notti.
Elettra dice che la giusta vittima che dovrà cadere sarà una donna, uccisa da un
uomo, un membro della loro famiglia.
Elettra, dicendo di conoscere gli intenti
omicidi della madre e di Egisto nei confronti di Oreste, le chiede se permetterà
mai ad Oreste di rientrare in famiglia. Clitemnestra riacquista la calma regale ed
impone alla figlia, dietro minaccia di incatenarla, di rivelare il nome della donna
che dovrà cadere per liberarla dagli incubi. Elettra in preda ad un entusiasmo delirante rivela che sangue uscirà dal collo
di Clitemnestra e ne descrive la scena: la
madre cercherà di fuggire al carnefice rifugiandosi nei sotterranei, dove davanti
all’ultimo muro l’attenderà l’ombra di
Agamennone. Una volta che l’ascia l’avrà
colpita Clitemnestra non avrà più incubi.
Clitemnestra è sconvolta dall’orrore, ma
dal palazzo esce la confidente che le sussurra all’orecchio qualcosa che la riempie
di gioia. Giunge anche Crisotemide in lacrime, annunciando che due stranieri appena giunti hanno annunciato la morte di
Oreste. Elettra ritiene che ora la vendetta
non vi partecipi appassionato e
curioso...»
«Per quanto riguarda la recitazione dei cantanti in Elettra, continua Brockhaus - ho cercato di evitare ogni orpello, ogni gesto che non fosse più che essenziale e simbolico. In certi momenti i cantanti sono immobilizzati
alla parete ed esprimono il loro
dramma solo attraverso l’espressione del viso, quasi fossero davanti a una cinepresa.
Mi sono trovato benissimo soprattutto con le tre cantanti che
incarnano i ruoli principali, hanno una recitazione molto moderna. La ragione di questa scelta deriva dal fatto che i personaggi di
Hofmannstahl non hanno alcuna
pretesa di realismo: essi sono simbolici ed incarnano un bagaglio
emozionale che fa parte del “puramente umano”. I Greci, infatti,
avevano analizzato moltissimo
nel loro teatro i problemi emozionali ed esistenziali dell’uomo: ad
dovrà essere compiuta dalle due sorelle
con l’ascia che ella ha custodito per Oreste, ma Crisotemide rifiuta. Elettra per
convincerla le prospetta le gioie coniugali, ma la sorella fugge maledicendola.
Elettra decide di agire da sola. In quel momento giunge Oreste che sotto mentite
spoglie dice di essere venuto per dare a
Clitemnestra prova certa della morte di
Oreste. Oreste conosciuta l’identità di
Elettra rimane colpito dall’aspetto trasandato della donna avvolta dal dolore e per
consolarla le rivela che Oreste è vivo. In
quell’istante quattro servitori, riconosciutolo, si gettano ai suoi piedi ed Oreste non
può più nascondere alla sorella la propria
identità. Elettra è in preda alla gioia, ma
quando Oreste la vuole abbracciare, lei rifiuta perché ritiene che il proprio aspetto
non sia degno di una principessa.
Dall’interno del palazzo la confidente a
cenno ai due stranieri di seguirla, chiudendo fuori Elettra che si dispera per non
aver potuto consegnare l’ascia ad Oreste.
Sentito un urlo dall’interno, Elettra invita
a colpire ancora. Crisotemide, udito il secondo urlo, accorre con le ancelle, ma il
gruppo è disperso dall’arrivo di Egisto
che vuole incontrare i due stranieri che
hanno visto morire Oreste. Elettra lo indirizza a palazzo, ma Egisto si insospettisce
per la gentilezza. Egisto entra nel palazzo.
Scoppia un tumulto. Egisto si affaccia ad
una finestra per chiedere aiuto, ma Oreste
lo raggiunge e lo uccide. Oreste è riconosciuto ed acclamato dalla folla esultante
che ha fatto strage dei seguaci di Egisto.
Elettra, con le poche forze che le rimangono, sente il dovere di guidare la danza
trionfale, ma dopo pochi passi crolla a terra. Crisotemide batte alla porta del palazzo per chiedere l’aiuto di Oreste, invano.
essi non interessava tanto la battaglia o il fatto di cronaca in sé,
quanto le reazioni delle persone,
tali reazioni fanno parte del nostro essere umani e questa è la ragione per cui tali miti ci accompagnano da millenni.
Il libretto di Hofmannstahl ha focalizzato l’attenzione ancor più
su questo aspetto, ampliando
quella ricerca già intrapresa da
quel grande “psicanalista” che fu
Euripide. Agamennone, il cui
spettro è presente in tutta la tragedia, era stato a propria volta assassino del primo marito di Clitennestra, Egisto era figlio dell’incesto di suo padre Tieste con
la propria figlia, quindi è lui stesso figlio di sua sorella...insomma,
una sequela di orrori che tuttavia
fanno parte del nostro “inferno
emozionale”. A vari livelli di coscienza si affacciano nell’animo
umano pulsioni ancestrali che se
non sono controllati dalla ragione, conducono l’uomo e con esso
la società civile al caos totale.
Clitennestra è invasata dalla paura e dal rimorso, Crisotemide,
consapevole dell’orrore che la circonda, cerca tuttavia la strada
della sua felictà e di dissocia dalla
~~
Il regista Henning Brockhaus
sorella nel suo proposito omicida..
Elettra è sposata col suo odio, segue ciecamente l’ideologia della
vendetta: quando Oreste compie
la sua vendetta ella si accascia al
suolo miseramente: la sua ragione
di vita, l’odio, le viene a mancare.
Secondo me è stato il migliore lavoro di Strauss. Forse, una volta
resosi conto di essersi spinto troppo in là, il compositore ha deciso
di ritornare indietro, anche per
l’esigenza di venire incontro ad
un pubblico che egli aveva “traumatizzato” con questa Elektra.
La musica è infatti straordinaria,
a tratti brutale, rocciosa, ed esprime in modo sublime la primitività
delle pulsioni e delle emozioni che
sono incarnate nei protagonisti».
An. C.
La Locandina ~ ~
Elektra
Tragedia in un atto
Libretto di Hugo von Hofmannsthal
Basata sulla omonima tragedia di Sofocle
Musica di Richard Strauss
Teatro Costanzi, 20 - 24 marzo 2004
Maestro concertatore
e Direttore d’Orchestra
Regia
Scene
Costumi
Disegno Luci
Will Humburg
Henning Brockhaus
Ezio Toffolutti
Nanà Cecchi
Bruno Monopoli
Personaggi - Interpreti
Elektra (Eletta) (S)
Janice Baird
Sophia Larson (21, 23/4)
Klytämnestra (Clitennestra) (Ms)
Karen Armstrong
Chrysothemis (Crisotemide) (S)
Tina Kieberg
Aegisthus (Egisto) (T)
Stuart Kale
Orestes (Oreste) (Bar)
Hartmut Welker
Il Mentore di Oreste (B)
Andrea Saarski
La confidente (S)
Rita Cammarano
L’ancella dello strascico (S)
Isabella Musumarra
Il servo giovane (T)
Claudio Barbieri
Il servo vecchio (B)
Bernardino Di Bagno
La sorvegliante (S)
Giovanna Lanza
Cinque ancelle (S,S, Ms, Ms, A)
Servi e serve
In lingua originale con sovratitoli in italiano
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma
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Elektra
Il Giornale dei Grandi Eventi
5
Karen Armostrong
Janice Baird
Una Clitennestra
del Montana
Elektra, principessa
bramosa di vendetta
I
l contralto che interpreta il
ruolo di Clitennestra sarà Karen Armstrong: originaria del
Montana, è oggi una delle più note cantanti specializzate nel repertorio moderno.
Conosciuta come “la prima donna della musica moderna” le sue
performances nei ruoli di Salomé,
Melisenda, Katia Kabanowa,
Emilia Marty (L’affare Makropulos), Marie (Wozzek) sono state tra
i suoi più grandi successi nei teatri operistici di Stoccarda, Parigi,
Londra, Tokyo e Los Angeles.
Ha preso parte alla creazione di
ruoli in importanti prime esecuzioni assolute, come Jesu Hochzeit,
di Gottfried von Eminem, Il maestro e Margherita di York Hoeller,
Desdemona e le sue sorelle di Siegrfiried Matthus. Le sue più notevoli creazioni comprendono la Donna nell’Attesa di Schoenberg, per
la prima volta alla Staats Oper di
Vienna e poi in un film per la televisione svedese e infine in una
nuova produzione alla Deutsche
Oper di Berlino. Ha dato ottime
prestazioni anche nel ruolo di
Giocasta nell’Edipo di Enescu.
Con l’opera di Cologne ha cantato nel ruolo di Laura nell’opera di
Hindemit Neus vom Tage.
Non è meno conosciuta nel repertorio classico: ha interpretato
Mimì, Violetta, Cho cho san, ma
ora i suoi ruoli preferiti sono Venere e Kundry Ortud e la moglie
di Dyer nella Donna senza ombra
di Strauss, Leonora nel Fidelio, Cassandra nei Troiani,
e specialmente Sieglinde
nella Walkiria e la Marescialla nel Cavaliere della Rosa.
Dal suo debutto alla Town
Hall di New York, nel 1976,
Karen Armstrong ha dato
molti concerti, specialmente nei Gurre-lieder di
Schoenberg, nei quattro ultimi lieder di Strauss, poi
nelle Tre canzoni per soprano
di Hindemit poi nel Requiem di Guerra di Britten.
Ha registrato molte opere e
ha partecipato a numerosi
film e produzioni televisive
come nel Lohengrin al Festival di Bayreuth e nel Falstaff sotto la direzione di Sir
George Solti.
J
anice Baird interpreta il ruolo
della vendicativa figlia di
Agamennone, Elektra. La
Baird è una dei principali soprano drammatici di oggi, soprattutto con le grandi eroine di Wagner
e di Strauss, la giovane americana ha dato la sua impronta caratteristica alla scena d’opera internazionale. Nata e cresciuta a
New York, figlia d’arte (la madre
cantante e il padre maestro di
canto), ha attentamente sviluppato il suo ricco materiale vocale
dal ruolo di mezzosoprano a
quello di soprano.
Fin dal 2000 è stata Brunilde nelle nuove produzioni della Walkiria al Bellini di Catania,
ruolo che ha replicato con grande
successo a Tolosa e a Berlino
Ha ricevuto numeroso proposte
come cantante dell’anno dalla
prestigiosa rivista Opernwelt per
la sua interpretazione di Brunilde.
Ha sostenuto il ruolo di Salomé alla Vienna State Opera e ancora a
Berlino, a Lipsia, al nuovo teatro
nazionale di Tokyo e al Carlo Felice di Genova.
Dopo ha riscosso ancora successi
nelle rappresentazioni di Elektra a
Essen e Siviglia. Considerata cantante e attrice carismatica ha ottenuto grande successo come Isolde al teatro Colon di Buenos Aires, come Turandot all’opera nazionale del Reno di Strasburgo e
come lady Macbeth al teatro di
Città del Messico e alla State
Opera di Berlino.
Tina Kieberg
La dolce sorella Crisotemide
T
ina Kieberg incarna la dolce sorella di Elettra, Crisotemide. Dopo aver vinto il
prestigioso concorso per voci internazionali di Benson & Hedges a Londra, il soprano danese
ha cantato nel Freischtuz il ruolo
di Agatha a Parigi Ginerva e
Stoccarda, la Marescialla nel Cavaliere della rosa a Copenahgen a
Berlino e Ginerva, la contessa,
nelle Nozze di Figaro a Francoforte e Amburgo, Elsa dal Loehngrin a Copenhagen e a Vienna,
poi ad Amburgo, Bruxelles,
Francoforte e Berlino, Lipsia e
Houston.
È membro del Teatro Reale di
Copenaghen dove canta anche
parti come Mimì, Didone, Elena
dei Vespri siciliani, Tatiana dell’Evgenij Onegin, di Elisabetta
del Don Carlo, la Leonora nel Fidelio, la Alice Ford del Falstaff e
la Contessa nel Capriccio.
Come concertista canta la Nona
sinfonia e la Messa solenne di
Beethoven e ancora musiche di
Mahler, Schumann, lo Stabat
mater di Dvorak e il Requiem di
Verdi.
Lavora frequentemente con direttori come Abbado Ashkenazy, Chung, Kuhn, Levine
Metha, Pappano.Tra i futuri progetti la sua prima Brunilde nel
nuovo ciclo del Ring a Copenaghen.
Foto di Corrado Maria Falsini
Elektra
6
Il Giornale dei Grandi Eventi
La storia dell’opera e le fonti letterarie
Elektra e Salome: così simili, così diverse
D
opo gli enormi
consensi di pubblico e critica ottenuti per la Salome, rappresentata a Dresda il 9 dicembre 1905, Strauss
cercò immediatamente un
librettista che gli procurasse un nuovo libretto
per un’opera. Scelse Hugo
von Hofmannsthal, un
poeta a drammaturgo
viennese che aveva conosciuto a Berlino nel 1899
in casa del poeta Richard
Dehmel. Hofmannsthal
propose a Strauss l’Elettra,
una tragedia in un solo atto tratta dall’omonimo
dramma di Sofocle che era
stata rappresentata il 30
ottobre 1903 al Kleines
Theater di Berlino con la
messinscena di Max
Reinhardt. L’opera aveva
suscitato accese polemiche, in quanto si offriva
una rilettura del soggetto
classico in chiave una moderna senza dubbio condizionata dalla coeve teorie di Freud sulla psicanalisi.
Il compositore, che aveva
visto la tragedia a Berlino
nel 1903, pur comprendendo subito che “se ne
poteva trarre uno splendido
libretto”, mostrò alcune riserve per l’eccessiva somiglianza dell’opera con la
precedente Salome spaventato soprattutto dall’idea che “i due soggetti fossero molto simili per il loro
contenuto psichico”. Inizial-
mente quindi i due artisti
vagliarono tutta una serie
di progetti alternativi: una
Semiramis, alcuni spunti
su Cesare Borgia, Savonarola o la rivoluzione francese. Alla fine Hofmannsthal riuscì a convincere il
compositore che le somiglianze potevano “ridursi
a nulla” e nel giugno del
1906 Strauss già iniziava a
comporre. Il 22 settembre
1908, dopo meno di due
anni, la maestosa e macabra partitura dell’Elettra
fu completata. Il lavoro di
adattamento del testo originario non presentò
grandi difficoltà: soltanto
qualche piccolo taglio e
l’aggiunta di alcuni versi
per la scena del riconoscimento di Oreste e per il
duetto tra le due sorelle
Elettra e Crisotemide.
Le fonti letterarie
Il soggetto dell’Elettra deriva dal mito di Oreste e narra l’uccisione di Agamennone da parte della moglie
Clitennestra e dell’amante
di lei Egisto. L’omicidio
scatena la vendetta dei figli
che uccidono per mano di
Oreste i due scellerati
amanti. La narrazione, già
presente nell’Odissea, ebbe
la sua prima traduzione in
tragedia con Eschilo e successivamente con Sofocle e
Euripide. L’opera di Hofmannsthal seppur tratta
dall’omonimo dramma
sofocleo, di cui mantiene
sostanzialmente l’unità
scenica (non appare il cimitero in cui è sepolto Agamennone presente ad
esempio in Eschilo), tuttavia sembra avvicinarsi più
senza esitare, istigato
dalla sete di
vendetta
della sorella
Elettra e l’amante della
regina Egisto non è
che una pallida figura
di contorno.
Gli uomini
non sono
che
meri
esecutori di
odi e volontà che in
quanto femminili risultano ancor
più incredibili e spaventose.
Sanguinaria
è
senza
Richard Strauss nel 1908 all’epoca della composizione di Elektra
Il teatro königliches Opernhaus a Dresda della prima esecuzione
Richard Strauss nel 1915 con Hugo von Hofmannsthal Librettista del
cavaliere della Rosa
a Euripide per la crudezza
della narrazione e la delineazione dei personaggi.
Non più le umane esitazioni o l’imminente presenza
del fato e degli dei in questa moderna “tragedia dell’isteria”, i personaggi di
Hofmannsthal sono quasi
inumani per la determinatezza delle azioni e dei sentimenti che scorrono nelle
loro vene.
In questa versione moderna di un dramma familiare, l’incesto e l’omicidio
rappresentano la violenza
degli istinti atavici tutti individuali. Nella tragedia
del letterato viennese ad
emergere sono le figure
femminili: Oreste uccide
la madre e il suo amante
dubbio la figura della regina Clitemnestra, empia
moglie e madre scellerata
al punto da cercare la morte dei figli, la cui immagine corrotta dal vizio e dal
rimorso è resa ancora più
ripugnante dal contrasto
con le meravigliose gemme di cui si adorna. Ad essa si contrappone per forza e crudeltà la figura della figlia Elettra consumata
dall’odio e dalla vendetta,
i cui tratti mancano completamente di quel nitore
e di quella dignità classica
con cui, seppur in diversa
misura, l’avevano tratteggiata gli autori antichi.
L’Elettra di Hofmannsthal
è una menade ferina assorta a tal punto nell’odio
e nella vendetta da sconfinare nella follia. “Io reco il
pondo de’ l’immensa Gioia, e
pure qui per voi danzare io
voglio.. A quegli ch’è beato al
par di noi, sol questo, ancor
s’addice: tacersi, ecco…e
danzare!” dirà alla fine dell’opera Elettra iniziando
una convulsa danza che
rappresenta il suo trionfo
e la sua morte. In questa
specie di isteria collettiva,
spicca senza dubbio la delicata figura dell’altra figlia di Agamennone: Crisotemide. La risposta della
giovane alla crudeltà del
mondo antico e all’indifferenza di quello moderno è
l’amore. Il desiderio di
completarsi con l’amore e
con la maternità la sottraggono dalla spirale di odio
e follia che ha investito gli
altri componenti della sua
famiglia. La cruda rilettura moderna del mito arcaico di Hofmannsthal, pur
impregnata di una sensibilità nevrotica e decadente, alla fine risulta comunque portatrice di valori
positivi. E persino Strauss,
certamente attratto dalle
suggestioni orgiastiche del
testo, non rimase immune
dal fascino di questa delicata fanciulla e non ebbe
neppure il coraggio di
contaminare il suo limpido e solitario canto con la
sua poderosa orchestra.
Claudia Capodagli
Elektra
Il Giornale dei Grandi Eventi
7
Il caleidoscopio di caratteri dell’opera di Strauss
Elektra e lo spirito del tempo
G
ià l’ordine di numerazione è complicato da criteri
diversi. Elektra è la quarta
opera teatrale di Richard
Strauss, dopo i due calchi
wagneriani, Guntram ovvero lo pseudo-Lohengrin
(1894) e Feuersnot ovvero
gli pseudo-Meistersinger
(1901), e dopo la wildiana-beardsleyana-klimtiana Salome (1905). Ma
Elektra è anche l’ultima
opera straussiana che si
sia incamminata lungo
una direzione al termine
della quale, vago, incerto, remoto quanto si vuole, si sentiva odore di
espressionismo. D’altra
parte, è la prima delle
cinque partiture teatrali
di Strauss (sei, se contiamo anche l’incompiuta
Des Esels Schatten) il cui
soggetto sia un mito classico, ellenico. Le altre sono Ariadne auf Naxos, Die
ägyptische Helena, Daphne,
Die Liebe der Danae. L’enumerazione ci invita a
riflettere: la periodica apparizione dei miti grecoromani, quelli per così
dire da Gymnasium (=
Liceo Classico) nel teatro
straussiano è invero una
periodicità irregolare,
Richard Strauss con lo spartito
tutta sbilanciata, con il
peso specifico collocato
nell’ultimo ventennio di
vita attiva. Le date sono
eloquenti: Elektra è del
1909, Ariadne del 19121916, Helena del 1928,
Daphne del 1938, Danae
del 1944, Des Esels Schatten del 1947-1948. L’infittirsi
dell’ispirazione
“ginnasiale” (in realtà, la
proposta veniva sempre
dall’alto, dall’elegante
eremita di Rodaun, almeno fino a Helena) negli ultimi vent’anni indica forse la crescente tendenza
di Strauss a privilegiare il
mito come strumento di
verità, come decifrazione
dell’esistenza? Proprio
Hugo von Hofmannsthal
formulò ripetutamente
una dichiarazione di fede: il mito è il più vero fra
tutti i soggetti drammatici. In particolare, lo affascinavano i miti antichi
costruiti sulle idee di metamorfosi e di fedeltà
spinta fino al sacrificio. Il
destino, tuttavia, abbreviando tragicamente la
vita di Hofmannsthal,
volle che soltanto una
parte dei soggetti da lui
fatti balenare a Strauss
venisse realizzata poeti-
camente dal suo Kunstwollen poetico: Daphne e
Die Liebe der Danae furono due libretti di Joseph
Gregor.
Infine, ed è un altro criterio di numerazione, Elektra è il primo lavoro teatrale di Strauss il cui libretto sia hofmannsthaliano. Quest’opera aspra,
barbarica e adolescenziale apre una serie di immagini che non potrebbero essere più raffinate e
civili, levigate e ricche di
sottigliezze, di maturità o
addirittura di aromatica
senilità. Dalle Coefore ai
vari drammi ellenici intitolati Elettra sino a Mourning becomes Electra (1931)
di Eugene O’ Neill, questo imbarazzante personaggio femminile varia la
propria natura, da démone invasato di vendetta in
Eschilo a fanciulla dolce e
sofferente in Sofocle a nevrotica strega (di nuovo)
in Euripide, e terribile
quanto raziocinante giustiziera nel teatro francese del “grand siècle”.
Hofmannsthal aggiunse
un elemento morboso: la
pulsione incestuosa e
coartante nei confronti
della sorella Chrysothemis, che a sua
volta nasconde
probabilmente
un tabu più terribile, il desiderio incestuoso e
sacrilego
nei
confronti del padre Agamemnon.
Questa variabilità ci aiuta a definire il significato storico e culturale di Elektra
nell’insieme del
lascito straussiano. Elektra andò
in scena la prima
volta lunedì 25
gennaio 1909 al
Königliches
Opernhaus di
Dresda, sotto la
direzione di Ernst von Schuch,
con la regia di
Georg Toller, le
scene di Emil
Rieck e i costumi
di
Leonhard
Richard Strauss
Fanto. Klytämnestra fu
un sacro (anzi, sacerrimo)
mostro del teatro d’opera, la terribile Ernestine
Schumann-Heink. Annie
Krull fu Elektra e la bella
Margarethe Siems fu
Chrysothemis. Nei ruoli
maschili principali, Orest
fu Carl Perron, Aegisth fu
Johannes Sembach. Cerchiamo, tuttavia, i fili sotterranei. Nel 1905, l’anno
in cui Vittorio Gnecchi,
inconsapevolmente, anticipò Elektra presentando
a Bologna, diretta da Arturo Toscanini, la sua
Cassandra (sappiamo quale pandemonio ne nacque), Albert Einstein definì la teoria della relatività in forma ristretta.
Sempre nel 1905, Sigmund Freud pubblicò le
famose Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie, in
cui prese forma la teoria
dei “complessi” fra cui
quello edipico, e i miti ellenici vennero svelati nel
loro fondo sotterraneo di
sangue e di orrore, di ossessione e di senso di colpa. Insomma, un annetto
tranquillo e di tutto riposo, confortato anche dalla
vicenda russa: l’assalto al
Palazzo d’Inverno, la
strage di cittadini in rivolta, l’episodio della corazzata “Potëmkin”. So-
prattutto, il 1905 fu per
Strauss l’anno memorabile di Salome, l’anno dello
scandalo e della ricchezza
finalmente a portata di
mano. Perciò, la caratteristica storica e culturale di
Elektra, colpita di rimbalzo dal brivido più o meno
addomesticato che aveva
percorso Salome, invasa
dagli umori scenografici
e tetri splendidamente
raffigurati nelle pagine di
«Ver Sacrum» (la rivista
della «Wiener Sezession»), investita dalla cupa energia irradiata dalla
Psychopathia
sexualis
(1886, l’anno del suicidio
di Ludwig II di Baviera)
di Richard von KrafftEbing, quella caratteristica, dunque, non è un carattere, bensì un caleidoscopio di caratteri, una
danse macabre di caratteri.
È l’ibrido, la fondamentale arma stilistica e culturale con cui Strauss, per
quasi l’intera sua vita
d’artista, combatté contro
ciò che egli più detestava:
il cupo e arrogante “Zeitgeist”, lo spirito del tempo, la dittatura che in arte
obbliga l’artista a piegare
la schiena ubbidendo alle
ideologie del momento o
a sentirsi in colpa per non
avere ubbidito.
Quirino Principe
Elektra
8
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Alle origini della vicenda: la saga degli Atridi
La leggenda della dinastia che regnò su M
U
na delle figure
più celebrate dalla tragedia greca,
Elettra si inserisce nell’antichissima saga degli
Atridi, la famiglia intorno a cui si incentrano
molti miti e leggende, fra
cui la guerra di Troia.
Discendenti dall’unione
di Zeus e Pluto, gli Atridi
prendono il nome da
Atreo che, in seguito a
cruente vicende familiari,
divenne re della città-stato di Micene e capostipite
di una casata che ha fornito un’inesauribile materia di ispirazione ai
poeti epici e tragici dell’antichità. Secondo la
versione più nota, dall’unione di Atreo con Erope,
nacquero infatti Agamennone e Menelao.
Intrighi a corte
Agamennone sposò Clitemnestra, dalla quale
ebbe quattro figli: Ifigenia (o Ifianassa), Crisotemi (o Crisotemide), Elettra (o Laodice) e Oreste.
In seguito a diverse peripezie, assunse il trono di
Micene e divenne il più
potente principe della
Grecia, in quell’epoca, intorno al XIV sec.a.C., che
è detta appunto “età micenea”.
Menelao, invece, sposò
Elena, la sorella di Clitemnestra, che fu poi rapita dal principe troiano
Paride dando origine alla
guerra di Troia cantata
nell’Iliade e simbolo della
prima espansione greca
Busto di Sofocle
in Asia Minore. Condottiero dei principi greci
unitisi in alleanza per riprendere Elena era Agamennone.
Al suo ritorno in patria
dopo dieci anni di guerra, Agamennone fu ucciso o dal cugino Egisto,
che era nel frattempo divenuto amante di Clitemnestra o, secondo i poeti
tragici, dalla sola Clitemnestra. All’origine dell’ira di Clitemnestra verso
il marito c’era l’immolazione della figlia Ifigenia,
che prima della guerra
Agamennone non aveva
esitato a sacrificare alla
dea Artemide per ottenere i venti favorevoli a salpare per Troia.
Dopo l’uccisione di Agamennone, Elettra fece
fuggire segretamente il
fratellino Oreste presso
lo zio Strofio, re di Crisa
nella Focide e marito di
Anassibia, sorella di
Agamennone. Qui il fanciullo fu allevato e strinse una forte amicizia con
il cugino Pilade, che divenne poi il compagno
delle sue imprese e peregrinazioni. Dopo sette
anni, raggiunta la maggiore età, Oreste tornò
segretamente in Patria e,
con la complicità di Elettra, vendicò la morte del
padre Agamennone, uccidendo la madre Clitemnestra e il suo amante.
La catarsi di Oreste
Ma dopo il delitto, Oreste
fu perseguitato
dalle Erinni, le
implacabili vendicatrici delle ingiustizie terrene
e dei reati familiari, che lo condussero alla pazzia costringendolo a vagabondare
senza meta. Come si vede, nella
saga tragica greca, il delitto viene
espiato con il delitto, perpetuandosi di padre in
figlio in una condanna voluta dagli dei, fino a che
dote il regno di Sparta.
Elettra, sposa in esilio
Clitemnestra uccide Agamennone
la colpa non è cancellata
da una purificazione. Dopo molto peregrinare, infatti, Oreste riparò ad
Atene dove presentandosi davanti all’Areopago,
il tribunale della città a
cui gli dei avevano dato
il potere di decidere il
suo destino, venne purificato. Questa versione
del mito è narrata dal tragediografo Eschilo in
quel capolavoro di letteratura antica che è la trilogia dell’Orestea.
Secondo Euripide, invece, l’oracolo di Apollo rivelò ad Oreste che avrebbe ottenuto la guarigione
dalla pazzia solo recandosi nel Chersoneso Taurico (la Crimea) e portare
via la statua di Artemide
che lì si trovava. Giunti
in Tauride, Oreste e Pilade furono fatti prigionieri e destinati ad essere sacrificati ad Artemide. La
sacerdotessa che doveva
eseguire il rito, però, era
proprio sua sorella Ifigenia che, secondo una nota versione del mito, era
stata salvata dal sacrificio
intentato da Agamennone prima della guerra di
Troia e condotta da Artemide in Tauride. I due
fratelli si riconobbero e,
preso il simulacro, tornarono in Grecia.
Oreste, così, poté tornare
in patria, prendere il regno che era stato di suo
padre e sposare la cugina
Ermione, figlia di Elena e
Menelao, uccidendone
prima il marito Neottolemo, il giovane guerriero
figlio di Achille. Da Ermione, Oreste ricevette in
La c. d. “maschera di Agamennone”
Nelle Coefore di Eschilo,
dopo l’assassinio di
Agamennone,
Elettra
continuò ad abitare nel
palazzo con Clitemnestra e Egisto e con la sorella Crisotemi. Come
nell’opera di Strauss, era
trattata come una schiava, privata di ogni diritto e relegata in un angolo «come una cagna molesta». Covando odio e
rancore verso gli assassini del padre, viveva nell’attesa della vendetta.
L’Elettra di Euripide, invece, dopo la morte di
Agamennone, fu chiesta
in sposa da molti principi greci. Ma Egisto, temendo che da un suo
matrimonio con un nobile poteva essere generato
il vendicatore di Agamennone, la dette in
sposa ad un contadino,
con cui Elettra condusse
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
9
Il mito nelle immagini dalla Grecia a Roma
una vita umile e dignitosa, rimanendo illibata.
La danza e l’ebbrezza incontenibile che conducono Elektra alla morte per
follia alla fine dell’opera
di Strauss non sono presenti nel mito antico. Furono un’invenzione di
Hofmannsthal, che è convenuta a Strauss, il quale
attribuiva grande importanza alla danza come
forma espressiva privilegiata, nel senso conferito
da Nietzsche nella sua
Nascita della tragedia dallo
spirito della musica (Die
Geburt der Tragödie aus
dem Geist der Musik). La
tragedia greca, invece, ha
un finale più lieto e nell’Elettra di Euripide, dopo
l’assassinio della madre,
Oreste diede la sorella,
condannata all’esilio come complice del delitto,
in sposa al caro cugino
Pilade. Da questa unione,
nacquero due figli, Medonte e Strofio.
E.C.A.
Il gruppo di Oreste ed Elettra
a Palazzo Altemps
I
mmaginando l’Elettra
disperata e piangente
della tragedia sofoclea
o vedendola danzare nell’opera di Strauss come
una Menade invasata,
tutto si può ipotizzare
fuorché una figura composta, statica, con i capelli cortissimi e uno sguardo materno.
Eppure, per gli antichi
Romani Elettra era così.
Almeno se si vuol dare
credito alla lettura che
Johann Joachim Winckelmann, il celebre storico
dell’arte tedesco del Settecento, propose per un
gruppo statuario colossale oggi conservato al Museo Nazionale Romano in
Palazzo Altemps, che
rappresenta due figure in
atto di dialogare fra loro.
Il gruppo è composto da
una figura femminile
adulta, alta quasi due metri, vestita di chitone e himation, alla maniera greca, che cinge con il braccio destro un giovane, rivolgendogli uno sguardo
amorevole. Il giovane, di
statura notevolmente più
piccola, ricambia l’abbraccio e solleva il volto
verso di lei.
Un intimo legame traspare
dalla posizione e dagli
sguardi dei due personaggi. Un affetto commovente, lontano dal pathos
espresso dalla tragedia e
che evoca piuttosto le lapidi funerarie greche, in particolare le stele che venivano prodotte ad Atene nel
IV sec.a.C., sulle quali la
scena del commiato del
defunto dai familiari costituiva uno dei motivi più
rappresentati. Ed un monumento funerario greco
richiamano anche il tipo di
marmo utilizzato, la stele
dietro il fanciullo e la chioma della donna, con i capelli tagliati corti in segno
di lutto, che in passato indusse a interpretare le figure come due fratelli “sese complectentes”.
Greca è anche l’importante iscrizione incisa sulla
stele dietro ad Oreste, con
il nome dell’artista che
eseguì l’opera: “Menelaos, allievo di Stephanos,
fece”. Un’iscrizione preziosa, che testimonia l’esistenza di una scuola di
scultori: un allievo e un
maestro, che si firmano
con nomi greci, ma che lavoravano a Roma all’inizio del I sec. d.C., giacché
sappiamo dalle fonti che
il maestro Stephanos era
a sua volta discepolo del
celebre Pasiteles, un artista, forse campano, che a
Roma fece scuola all’epoca di Cesare e Pompeo.
L’importanza
della firma
E proprio la presenza della firma permette di inquadrare il gruppo di Palazzo Altemps in quella
corrente dell’arte promossa fin dal II sec.a.C.
da artisti greci, o che si facevano passare come tali,
i quali lavoravano per le
classi abbienti dell’Urbs,
presentandosi come coloro che sapevano scolpire
secondo i canoni ateniesi
del V secolo. L’ambiente
romano che guarda alla
Grecia antica è evidente
anche nello stile dell’opera, freddo, accademico e
soprattutto eclettico, che
non si rifà ad un originale
preciso, ma è un pastiche
che racchiude in sé elementi formali che vanno
dall’arte classica del V
sec.a.C. a riecheggiamenti
delle opere di IV sec.a.C.
di Prassitele e Lisippo.
La scultura apparteneva
alla Collezione Boncompagni Ludovisi ed è conosciuta da almeno quattro
secoli. Nel tempo è stata
molto ripulita e restaurata, è stata vista e disegnata da viaggiatori e studiosi e un calco in gesso fu
realizzato anche all’epoca
di Luigi XIV per farne
una copia in pietra destinata al parco di Versailles.
In tutti questi secoli, la
lettura del gruppo ha dato luogo a diverse interpretazioni: negli inventari seicenteschi è menzionato come Gruppo del-
l’Amicizia, nel Settecento,
invece, la figura maschile
è identificata come Lucio
Papirio “che vien accarezzato dalla madre acciò che
riveli il segreto delle determinazioni prese dal Senato
romano, e che con sagace
menzogna diè saggio di
somma prudenza nell’età
puerile”, secondo un passo di Macrobio.
L’esegesi del Winckelmann - oggi convenzionalmente accettata - di
vedere nelle due figure
Oreste ed Elettra sulla
tomba di Agamennone
trova, invece, un preciso
riferimento in un brano
dell’Elettra di Sofocle, in
cui i due fratelli si ritrovano in lacrime sulla tomba
di Agamennone.
Se
l’interpretazione
winckelmanniana
del
gruppo di Palazzo Altemps è esatta, - e dunque nelle due figure si possono
ravvisare Oreste ed Elet-
tra -, si potrebbe immaginare un Romano, che aveva l’aspirazione intellettuale e le possibilità economiche per commissionare ad un artista capace
di scolpire alla maniera
greca un monumento funerario, con un soggetto
facilmente riconoscibile
per la fama del mito rappresentato. Si ricorda che
la storia di Elettra era ben
nota ai Romani, anche
perché fu ripresa nelle tragedie latine perdute di Attilio e Quinto Cicerone e
nell’Agamennone di Seneca. E che esistono anche
altre sculture rappresentanti lo stesso soggetto,
come una replica della figura di Elettra proveniente dalla necropoli di Porto
e un gruppo con entrambi
i personaggi conservato al
Museo Nazionale di Napoli.
Elena Cagiano
de Azevedo
Arch. Fot. Sopr. Archeologica di Roma
Micene
Il Gruppo di Oreste ed Elettra. Roma, Museo Nazionale Romano in Palazzo Altemps. Su concessione del M.B.A.C.
Elektra
10
Il
Giornale dei Grandi Eventi
L’evoluzione di un mito
Gli Atridi nella letteratura,
da Omero ad Euripide
L
a tragica vicenda
degli Atridi è un
mito che si è andato
plasmando attraverso i secoli con le versioni poetiche e drammatiche di vari
autori.
Nell’VIII-VII sec. a.C nasce la leggenda di Agamennone, re di Micene
che, tornato vincitore dalla lunga guerra troiana,
viene assassinato dalla
moglie Clitemnestra con
la complicità del suo
amante Egisto: il tragico
evento viene narrato nell’Odissea di Omero, in
netta antitesi alla storia di
Penelope, moglie di Ulisse, sposa fedele e virtuosa.
In Omero non esiste tuttavia ancora nessun riferi-
cielo) per consentire la
partenza dell’armata greca verso Troia. Clitemnestra acquisisce così un
motivo di ostilità in più,
per desiderare la morte
del marito. Anche il grande lirico Pindaro, nel V
sec. a.C., nella Pitica XI
esprime dubbi sul possibile movente della regina.
Scrive: «La eccitò forse Ifigenia, immolata presso l’Eurìpo, lontana dalla patria, sì da
suscitarne l’ira dalla mano
pesante? O vinta da un altro
amore la sedussero notturni
amplessi?».
Il mito degli Atridi prende forma completa solo
nel grande teatro tragico
ateniese. Nell’Orestea di
Eschilo, nell’Elettra di
mento alle figlie di Agamennone, Ifigenia e Elettra, poiché tali personaggi
non rivestivano un ruolo
significativo nel progetto
educativo e sociale del
racconto omerico. A tal
scopo l’attenzione si concentra sul modello muliebre negativo di Clitemnestra e sulla giusta punizione di Egisto. Il matricidio
viene ignorato.
Il mito venne ripreso un
secolo dopo da Stesicoro,
poeta della Magna Grecia,
che nel suo poemetto Orestea menziona per la prima volta Ifigenia, sacrificata dal padre ad Artemide, (che poi l’accolse in
Sofocle e in quella di Euripide: nelle ultime due tragedie la figura di Elettra
assume contorno definito
e potenza drammatica.
L’Orestea di Eschilo fu
rappresentata ad Atene
nel 458 a. C. e fu seguita
quarant’anni dopo dalle
due tragedie di Sofocle e
di Euripide.
La tragedia eschilea nasce
in un momento storico in
cui il mito omerico comincia a porre delle problematiche di tipo giuridicomorale alla coscienza degli ateniesi: nell’Atene democratica del tempo, le
istituzioni politiche miravano all’educazione e alla
persuasione del cittadino
anche e soprattutto attraverso il teatro, che era il
più efficace mezzo di comunicazione e aveva per
questo motivo una valenza sia politica che religiosa.
Da quando Omero aveva
concluso la vicenda con la
“giusta” uccisione di Egisto, amante e usurpatore,
il mito si era arricchito di
aspetti scabrosi e moralmente inquietanti, come il
matricidio e l’odio feroce
della figlia verso la madre. Per chiarire tali
schiaccianti interrogativi
etici nasce la trilogia di
Eschilo, l’Orestea, articolata in tre tragedie: Agamennone, Coefore, Eumenidi.
Nella prima protagonista
è Agamennone, con l’atroce scelta a favore del sacrificio della figlia per la
guerra che viene deplorata dal Coro come scelta di
morte e distruzione. Si
conclude con l’assassinio
del Re. Nella seconda, la
vicenda di Elettra: essa
rappresenta il dolore e allo stesso tempo l’innocenza privata dei suoi diritti
che attende il suo restauratore. Nella terza tragedia, Eumenidi, si svolge il
processo al matricida Oreste, che sarà assolto dal
magnanimo tribunale dell’Areopago. La celebrazione dell’organo giudiziario
ateniese appena depurato
dai democratici dalla sua
faziosità oligarchica, è evidente. La trilogia di Eschilo abbraccia un lasso di
tempo molto ampio, da
Agamennone al
processo ad Oreste, e si pronuncia
su importanti temi
etico-politici:
il
male nasce dall’errore dell’uomo e
gli dei conducono
gli uomini sulla
strada della saggezza attraverso la
sofferenza.
Gli esiti delle tragedie di Sofocle ed
Euripide conducono verso una diversa prospettiva.
Il gigantesco personaggio
di Elettra, in Sofocle, diventa memoria vivente
dell’oltraggio subito: lei
vive per non dimenticare
e attende vendetta. È consapevole del suo odio colpevole, tuttavia sembra
purificarsi nel materno
amore per il fratello. Elettra, privata della possibilità di sposarsi e di avere
una prole, riversa tutto il
suo amore sul fratello e allorché le giunge la falsa
notizia della morte di lui,
si scioglie in un pianto che
è il momento più struggente della tragedia. Oreste si fa riconoscere ed
Elettra guida la sua mano
vendicatrice per due volte, nell’abbattimento della
coppia omicida. Il finale
sofocleo è liberatorio,
Elettra è purificata dal suo
odio e reintegrata nei suoi
diritti attraverso una giu-
sta vendetta.
Nel dramma di Euripide
l’interpretazione del mito
è rivoluzionaria: per la
prima volta viene condannato senza appello il matricidio compiuto dai due
fratelli.
L’omicidio appare biecamente premeditato: Elettra viene descritta freddamente determinata a riacquisire quei benefici che le
erano stati preclusi dopo
la morte del padre: il rango, gli agi e la possibilità
di un principesco matrimonio.
Persino il comando di
Apollo, che imponeva ad
Oreste di vendicarsi, appare stupido e portatore
di sventura.
Con Euripide i personaggi
del mito degli Atridi vengono completamente rivisitati: la giusta sete di giustizia diventa un barbaro,
ingiustificabile
matricidio, compiuto per le miserie e le debolezze di uomini e
dei.
La sorte dei due
fratelli è angosciosa: saranno
condannati, dopo il massacro,
ad un disperato
esilio e i loro destini si separeranno per sempre.
Andrea Cionci
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
11
Strauss e la morbosa opera “Elektra”
Fra romanticismo ed espressionismo
N
el 1893 il norvegese
Edward
Munch dipinse
“L’urlo”, efficace rappresentazione di come un’e-
tante, fatto d’interiezioni
e di grida.
Nello stesso anno Kokoschka diede vita al cabaret artistico “Il pipistrello”
Richard Strauss nel 1903
mozione possa trasformare ogni contorno di un
volto, stravolgendone la
fisionomia.
L’opera di Munch registrava genialmente un
mutamento in atto nell’arte e nella società.
Il romanticismo stava
chiudendo il proprio ciclo, altre correnti incalzavano, maggiormente rispondenti alle nuove esigenze culturali, sociali e
storiche.
Nel 1907 a Parigi Picasso
inaugurò l’avanguardia
pittorica con “Les demoiselles d’Avignon”; a Vienna il pittore-letteratodrammaturgo Kokoschka
scrisse il dramma “Assassino, speranza delle donne”
(che Hindemith avrebbe
musicato nel 1919) e lo
scultore Barlach terminò
il dramma “Il giorno morto”. Il compiacimento per
il macabro, per la crudeltà ben presente in questi drammi ispirava agli
autori uno stile duro, ur-
circondandosi di nomi
importanti:
citiamo
l’architetto Adolf Loos e
il letterato Altenberg.
Contemporaneamente a
Monaco nel 1907 fece
scalpore una mostra di
Van Gogh. E proprio a
Monaco Vasilj Vasiljevic
Kandinsky nel 1909 approdò al cosiddetto
“informale”.
Ciò che disorientò il pubblico nella nascente arte
espressionista, ha scritto
Ernst Gombrich «non fu
forse tanto la deformazione
della natura quanto la violenza fatta alla bellezza. Era
dato per scontato che il caricaturista potesse mostrare la
bruttezza dell’uomo: era il
suo compito. Non si permetteva invece ad un artista che
si considerava serio di imbruttire in luogo di idealizzare...».
ne ma come specchio impietoso della realtà, faceva riscontro una visione
della musica e del teatro
assolutamente innovativa
e corrosiva, tendente a
bruciare gli ultimi aneliti
romantici, preparando la
strada al Novecento. I
protagonisti assoluti di
questo delicato momento
storico-culturale furono
in Germania Gustav
Mahler e Richard Strauss.
Entrambi rivoluzionari,
ognuno però con una
propria, differente personalità. Mahler agì nell’ambito delle forme classiche, la sinfonia e il Lied:
ma le “rovesciò” dall’interno, le trasformò, le rivitalizzò con un linguaggio di impressionante
modernità. Strauss, legato invece al mondo wagneriano, puntò sul poema sinfonico e sul teatro.
Fra il 1886 e il 1898
Strauss si dedicò, dunque, ai poemi sinfonici (si
citano Vita d’eroe, Don
Juan, Tod und Verklarung,
I tiri burloni di Till Eulenspiegel, Also sprach Zarathustra, Don Chisciotte).
Poi virò verso il teatro e le
sue prime opere furono
due atti unici scandalosi
che spalancarono le porte
al nuovo: Salomè, ispirata
Mahler e Strauss
protagonisti in Germania
All’arte pittorica non più
intesa come idealizzazio-
Gustav Mahler
a Oscar Wilde (1905) ed
E l e k t r a
(1909)
di
Hofmannsthal. Originale appariva, intanto,
la scelta dell’atto unico
nel panorama tedesco dominato
dai lunghi
drammi wagneriani che si riconduceva all’esperienza
italiana del
Verismo. In
Salomè prevale l’erotismo, la sen- Richard Strauss
sualità (la
celebre “Danza dei sette
veli”), mentre in Elektra a
dominare è la morbosità.
Entrambe stravolgono il
mito della classicità, i valori del mondo antico. Se
nel Romanticismo l’antica Grecia era stata celebrata come la culla delle
arti, della libertà dell’uomo, la Grecia che Hofmannsthal e Strauss rappresentarono in Elektra ne
denunciava impietosamente le bassezze e le
immoralità.
Opere di ascendenza wagneriana, per l’uso del
leitmotiv, dell’orchestra
allargata, del canto potente, violento, Salomè ed
Elektra sembrano, comunque, guardare al teatro
espressionista per l’accentuazione di caratteri
come il senso del macabro, le passioni sfrenate,
l’aggressività del linguaggio e delle vicende.
Entrambe le opere si posero, dunque, sin dall’inizio in una posizione cruciale nel teatro non solo
tedesco.
Va notato che “Elektra”
nacque contemporaneamente a Erwartung di
Schoenberg, considerata
l’avvio del teatro espressionista tedesco. Nell’esperienza dei due grandi
compositori, insomma,
tardoromanticismo ed
espressionismo si saldavano, trovando nell’idea
dell’orrido, dello spaventevole, del brutto evocato
da Gombrich un punto di
incontro, specchio di una
società in disfacimento di
cui era significativa traduzione musicale la ormai irreversibile crisi tonale: nei lancinanti, sensuali cromatismi straussiani così come nelle urtanti armonie per quarte
di Schoenberg si percepiva l’ormai definitivo tramonto di un’epoca.
Roberto Iovino
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Elektra
13
La curiosa vicenda che ha diviso gli studiosi
Plagio o telepatia in Elektra
A
ll’indomani della
prima rappresentazione dell’Elektra
di Richard Strauss, l’illustre musicologo Giovanni
Tebaldini pubblicò sulla
Rivista Musicale Italiana un
articolo intitolato “Telepatia musicale”, in cui metteva a confronto la partitura
straussiana con la Cassandra un opera di un giovane
Giovanni Tebaldini
musicista italiano Vittorio
Gnecchi, andata in scena
per la prima volta al teatro
Comunale di Bologna il 5
dicembre 1905 su libretto
di Luigi Illica e con la direzione di Arturo Toscanini.
Nell’articolo il musicologo
bresciano, stimato per serietà e serenità di giudizio,
evidenziò con una innumerevole quantità di
esempi le indiscutibili affinità tematiche presenti
nelle due opere. Il Tebaldini attribuì, con molta saggezza, le innegabili somiglianze ad una sorta di
istintiva concordanza psicologica, che egli definì
proprio con il termine
scientifico telepatia. Non
quindi plagio, ma rassomiglianza dovuta ad una
visione del mondo eroico
mediata dalla medesima
sensibilità di due artisti
non immuni dalle suggestioni del proprio tempo.
Il musicologo arrivò a concludere che: «Poiché Cassandra anche nella tragedia
greca di Eschilo e di Sofocle si
presenta come antefatto di
Elettra, si è quasi portati a
dire che i temi principali apparsi come in formazione nell’una, hanno trovato il loro
grandioso sviluppo nella seconda (Elektra, n.d.r.) per la
mano potente di un grande
maestro drammatico-musicale della tavolozza sinfonicostrumentale». L’articolo suscitò un vero e proprio vespaio di polemiche da parte di coloro che da tempo
tacciavano la produzione
di Strauss di povertà di invenzione sia tematica che
drammatica. Alcuni accusarono il compositore tedesco di plagio, altri sostennero invece che fosse
stato Gnecchi ad attingere
a precedenti lavori del
maestro, altri ancora negarono addirittura le somi-
Intendiamo aprire un filo diretto con i lettori. Una finestra per
dialogare sul Teatro dell’Opera. Gireremo i vostri suggerimenti, le vostre proposte e le vostre opinioni ai responsabili
del Teatro. Pubblicheremo le lettere più interessanti.
Vi invitiamo a scriverci una e-mail al seguente indirizzo:
[email protected]
Vi ringraziamo fin d’ora per la collaborazione.
Vittorio Gnecchi
non sono riuscite nel tempo ad offuscare la lucentezza e il fascino dello
spartito di Elektra che al
pari del suo autore - come
disse D’Annunzio parlando di Strauss durante un
brindisi in onore del compositore - «…ha saputo esser sordo alla contumelia e
alla lode».
Cla. Cap.
La collaborazione
tra Strauss ed Hofmannsthal
Segue Editoriale da pag. 1
la stagione estiva, tornata dallo scorso anno nell’impareggiabile cornice delle Terme di Caracalla. Riscriverla
rispetto a quello che era stato comunicato solo l’autunno passato presentando l’intero cartellone 2004, estate
compresa. Era stata annunciata una sola opera (oltre
un concerto ed un balletto) come lo scorso anno e come
lo scorso anno sarebbe dovuta essere Carmen di Georges Bizet. Una scelta che aveva lasciato qualcuno perplesso: si torna a Caracalla e per due anni si propone
sempre lo stesso titolo, pur se molto suggestivo e di
grande colore.
Invece, dal cilindro del Teatro esce ora a sorpresa una
nuova stagione estiva, più ricca – due opere – e con titoli diversi, due capolavori verdiani come Nabucodonosor ed Il Trovatore. Torna così a Caracalla la grande musica del “Cigno di Busseto”, che riporta alla mente i faraonici allestimenti di Aida, alle Terme indissolubilmente legati nella memoria di moltissimi. Torna poi
Nabucco, con i suoi cori, con il “Va pensiero”, che a Roma mancava da diversi anni. Un titolo adatto ai grandi
spazi (anche se per imposizioni della Sovrintendenza ai
Beni Culturali il palcoscenico di Caracalla è stato fortemente ridimensionato) che ha stupito lo scorso anno all’Arena di Verona e che certamente, anche con Il Trovatore, richiamerà pubblico di appassionati e neofiti nelle
serate tra i ruderi. Dunque, un applauso a scena aperta
per il coraggio di cambiare, arricchendo l’offerta ed il
cartellone.
Andrea Marini
glianze. Il Tebaldini cercò
di acquietare le polemiche
ribadendo che mai aveva
voluto accusare Strauss di
plagio. Purtroppo però la
discussione era stata sollevata e gli studiosi continuarono a scontrarsi sull’argomento per anni. Tra
gli interventi più significativi e senza dubbio più sereni, va menzionato il saggio del musicologo Mario
Rinaldi, Elektra del 1943 e
in tempi più recenti l’articolo di Quirino Principe autore tra l’altro di una accuratissima biografia sul
compositore tedesco pubblicato nel 1990 nella
Rivista Illustrata del Museo
Teatrale alla Scala. L’autorevole studioso ha riaffermato la genuinità dell’invenzione musicale dell’Elettra, rispolverando una
querelle che dura ormai
da quasi un secolo. Nonostante ciò, le polemiche
Non fu vera amicizia,
ma grande armonia
R
ichard Strauss e HuHoffmanstahl era il dramma
go von Hofmannpoetico e simbolico, l’iniziatica
stahl si era già conorivelazione del senso della poesciuti una prima volta a Pasia e dell’esistenza: come semrigi nel 1898 mentre il compre è accaduto nei dubbi estetici
positore dirigeva i suoi condella civiltà occidentale, anche
certi e Hofmannstahl comil genio di Hofmannstahl cercò
piva uno dei suoi viaggi nei
la salvezza nei Greci. Uscì dal
quali era solito avvicinare i
tempo, dunque; scrutò nel buio
grandi artisti della sua epodei segreti della mente e dell’aca. Il giovane poeta austrianima e creò così le sue grandi
co (Vienna 1874 - Rodaun,
opere di quegli anni: Elektra e
Vienna 1929) gli volle proOedipus und die Sphinx».
porre un balletto pantomiDella tragedia di Sofocle,
ma, Der Triuph der Zeit, Il Hugo von Hofmannstahl
Hofmannstahl mantiene a
trionfo del tempo da mettere
grandi linee la trama essenin musica. Strauss, dopo essersi preso al- ziale, pur omettendo il Coro. Ma i persocuni giorni per pensare, rifiutò recisamen- naggi sono trattati in un modo nuovissite.
mo, sull’onda delle nuove conoscenze in
Fu nel 1899 a Berlino, che in casa del poe- campo psicoanalitico.
ta Richard Dehmek, Richard Strauss, re- Anche l’influenza di Nietzche si fa sentire
duce dal trionfo di Salomé, rincontrò Hu- nello scavo del subconscio: le pulsioni più
go von Hofmannstahl e gli chiese di ce- profonde dell’animo umano vengono
dergli per musicarlo il testo drammatico scandagliate a fondo e si può dire che cerdella sua Elektra che aveva avuto modo di te intuizioni di Hoffmanstahl per quanto
vedere in teatro e del quale si era subito riguarda il campo dei rapporti fra parenti,
convinto.
possano dirsi pre-freudiane. Per Strauss
Iniziò così il fruttuoso rapporto fra i due, Hofmannstahl scrisse ancora i libretti del
che non fu mai vera amicizia, ma esempio Cavaliere della Rosa, Arianna a Nasso, La
di estrema collaborazione fra due artisti.
donna senza ombra, Elena egizia e Arabella.
A. Ci.
Scrive Franco Serpa: «Il disegno letterario di
Elektra
14
Il
Giornale dei Grandi Eventi
Il compositore
D
Richard Strauss
iscendente di una famiglia in cui la tradizione musicale si tramandava da generazioni, Richard Strauss nacque a Monaco l’11 giugno 1864 con una
straordinaria sensibilità artistica. Gli agi economici, che
grazie ad una fabbrica di birra il ramo materno assicurò
alla famiglia, gli offrirono la
possibilità di studiare e di affinare questo talento. A quattro anni Richard suonava il
pianoforte e a sei il violino e
fin da subito manifestò la volontà di dedicarsi alla composizione. Ancora studente nelle scuole secondarie, diede alle stampe una sinfonia in re
minore, la Festmarch op. 1,
compose diversi lieder, concerti e composizioni da camera. La prima produzione
straussiana ligia agli accademismi romantici e priva di intemperanze, ed in particolare
la Serenade op. 7, scritta a soli
diciassette anni, attirarono le
simpatie e la stima di Hans
Von Bulow che nel 1885 gli
affidò la guida dell’orchestra
di Meiningen. In un periodo
particolarmente fecondo e stimolante per l’ambiente musicale diviso tra la seducente
scuola “neotedesca” di Listz e
Wagner e la più radicata tradizione romantica che faceva
capo a Brahms, Strauss inizialmente aderì alla seconda,
fedele all’indirizzo antiwagneriano che il padre aveva
tentato con ostinazione di trasmettergli, ma finì col cedere
alla tendenza tutta wagneriana della musica a programma. Questa virata stilistica è
attribuita all’amicizia che
Strauss strinse a Meiningen
con Alexander Ritter, apostolo listziano dell’anarchico potere evocatore della musica,
sciolta dai limiti e dai vizi formali. Nel 1896, abbandonata
Richard Strauss nel 1870 al tempo
della sua prima composizione
la carica offertagli da von Bulow, Strauss compì il suo primo viaggio in Italia e compose Aus Italien, con cui si gettò
alle spalle il romanticismo accademico e si misurò con il
poema sinfonico che caratterizzò la sua produzione fino
al 1903.
I furenti ritmi dispari e gli
scalmanati cromatismi lo fecero apparire un rivoluzionario della scena musicale, ma
si rivelarono un amore passeggero che andò scemando
con la scoperta del teatro e
l’incontro con il librettista
Hofmannsthal. All’attività
compositiva Strauss accostò
sempre la direzione d’orchestra. Dal 1889 al 1894 fu direttore del teatro di Corte di
Weimar, dal 1894 al 1898 fu
scritturato dalla Hofoper di
Monaco e nel 1898 fu primo
direttore d’orchestra a Berlino, carica che lasciò solo nel
1918 per un impegno con l’Opera di Vienna, dove rimase
fino al 1924 quando si ritirò
per dedicarsi esclusivamente
alla composizione.
Un prima ed incosciente incursione nel teatro era avvenuta con Guntram nel 1894, a
cui la neosposa Pauline de
Anha partecipò come cantante e che si risolse in un insuccesso. Strauss aveva allora
fatto regolarmente ritorno alla sua musica a programma.
Solo qualche anno più tardi
comprese che le possibilità
espressive del poema sinfonico erano giunte al limite e intuì che il tempo del dispotismo del dramma wagneriano
aveva esaurito il suo corso e
la sua potenza. Tornò quindi
a rivolgere il proprio sguardo
creativo al teatro musicale. La
prima opera teatrale davvero
matura fu Salomè (1905), seguita dall’Elektra (1909) opera
suggestiva che si colloca al
confine tra la produzione postwagneriana e quella espressionista per i marcati tratti
barbarici e che segna l’inizio
della feconda collaborazione
con Hofmannsthal. Quest’incontro produsse un’ulteriore
svolta nello stile straussiano
verso una semplicità ed una
raffinatezza dei mezzi espressivi che trovò la sua migliore
concretizzazione nel Rosenkavalier (1911) e che spinse
Strauss a saggiare con alterne
fortune i più diversi generi di
teatro musicale dal neoclassico Ariadne auf Naxos (1912; se-
Richard Strauss al lavoro
conda versione 1916) al mitologico Die aegyptische Helena
(1928; nuova versione 1933),
alla commedia di intrigo Arabella (1933) fino al più senile
ma riassuntivo Capriccio
(1941), una sorta di commedia conversata in cui la musica si fa discreta reagendo in
direzione diametralmente
opposta all’eredità dei trionfi
wagneriani.
Il periodo più duro della vita
del musicista coincise certamente con l’instaurazione del
regime nazista che nel 1933
che gli offrì la presidenza della Musikkammer del Reich,
carica che egli accettò pur
non simpatizzando per la
causa. Alla morte di Hofmannsthal avvenuta nel 1929,
Strauss aveva però stretto collaborazione con Stefan Zwig,
librettista viennese di origine
ebrea, fatto che lo indusse per
ragioni di opportunità alle dimissioni nel 1935. Al termine
del conflitto mondiale Strauss
fu esiliato in Svizzera con
l’accusa di collaborazionismo
con il regime, ma l’ingiusta
disposizione fu poi revocata
nel 1947 e permise al musicista di fare ritorno nella sua dimora a Garmisch dove si
spense due anni più tardi, l’8
settembre 1949. Solo tre mesi
prima, in occasione dei festeggiamenti per il suo ottantacinquesimo compleanno,
durante le prove generali del
Rosenkavalier salì per un’ultima volta sul podio per dirigere il terzetto finale dell’opera
che fra tutte rimaneva la sua
preferita e che per espressa
volontà dell’autore accompagnò i suoi funerali.
Ludovica Sanfelice
Il librettista
Hugo Von Hofmannsthal
I
l nome di Hugo Von
Hofmannsthal è legato
in maniera quasi esclusiva alla collaborazione con
Richard Strass sebbene i
suoi raffinati scritti (poesie
e teatro) siano stati anche di
ispirazione per altri, diversi
compositori.
Hofmannsthal nacque a
Vienna nel 1874 e già a 16
anni pubblicò studi, saggi e
drammi sotto lo pseudonimo di Loris o Theofil Morren e si guadagnò uno spazio di rilievo nel mondo letterario viennese accanto a
personalità del calibro di
Schntzler.
L’incontro con Strauss avvenne in un momento delicato nella carriera di entrambi gli artisti. Un disagio li accomunava: Strauss,
esauriti gli slanci creativi
nel filone sinfonico sentiva
che era maturato il momento di misurarsi con il teatro;
Hofmannsthal, da parte
sua, prendeva le distanze
da ciò che fino ad allora
aveva scritto e soffriva un
distacco dalla cultura
asburgica viennese appesantita ed esausta, auspicando un assorbimento dei
caratteri e degli aspetti più
validi di tale cultura in una
forma più attuale e meno
ancorata al passato.
Probabilmente fu un equivoco sulle intenzioni a portare alla creazione dell’Elektra. Mentre Strauss dopo il
successo di Salomé riponeva
in questo antico dramma,
visto in prosa a teatro, la
possibilità di un riadattamento musicale altrettanto
fortunato, Hofmannsthal
mirava a sondarne i valori
positivi più tradizionali
della famiglia attraverso il
personaggio di Crisotemide. L’opera fu un successo
perché Strauss prese in seria considerazione le velleità di Hofmannsthal che
dimostrò così un ascendente sul musicista. La stima
reciproca diede il suo primo ed autentico frutto con
Der Rosenkavalier,dal momento che l’Elektra rimaneva pur sempre un adattamento di un testo precedente. La vasta cultura e la
singolare eleganza nel plasmare il linguaggio mettendone in risalto le possibilità
musicali del testo, regalò ad
Hofmannsthal un certo dominio su Strauss che mostrò estrema docilità nei
confronti della volontà del
letterato.
Seguirono l’Ariadne auf
Naxos (1912) in cui la tematica amorosa si conferma
terreno di ispirazione per lo
scrittore e successivamente
Die Frau ohne Schatten
(1919) ambiziosa e complessa opera fantastica sul
tema della maternità. Il
simbolo, l’emblema, l’immortalità di certi valori che
saturano questa opera si
oppongono alla distruzione
di un universo che il con-
flitto mondiale stava operando.
La scialba parentesi del ritorno alla mitologia classica
con Elena egizia (1928) fu seguito dalla composizione di
Arabella, il cui libretto Hofmannsthal stava adattando
da una propria novella.
Purtroppo però di questa lo
scrittore riuscì a completarne in maniera definitiva solo il primo atto poiché il dolore per il suicidio del figlio
lo stroncò. La sua morte fu
talmente inaspettata che
poche ore dopo la sua
scomparsa giunse un telegramma da parte di Strauss
di congratulazioni per il lavoro che stava svolgendo.
Lu. San. di M.
Il
Elektra
Giornale dei Grandi Eventi
15
Negli scritti del compositore tedesco
Curiose annotazioni di
Richard Strauss
N
ella sua lunga attività
Richard
Strauss ha lasciato numerosi articoli e
saggi intorno alla sua
musica e - più in generale - su grandi temi della
cultura del suo tempo.
Molti dei suoi scritti sono
raccolti in un libro curato
da Sergio Sablich per la
Edt e intitolato “Note di
passaggio”. È interessante
estrapolare alcune osservazioni che aiutano a capire meglio il pensiero
del musicista tedesco.
Nel 1925, ad esempio,
Strauss dettò “Dieci regole
auree” per un giovane direttore d’orchestra:
1) Ricordati che non fai
musica per il tuo piacere, ma per la gioia
dei tuoi ascoltatori.
2) Quando dirigi, non
devi sudare, solo il
pubblico deve riscaldarsi.
3) Salome ed Elektra come
se fossero state scritte
da Mendelssohn: musica di elfi.
4) Non lanciare mai
sguardi incoraggianti
agli ottoni; solo una
breve occhiata per dare un’entrata importante.
5) Al contrario, non perdere mai d’occhio i
corni e i legni: se li senti, vuol dire che suonano già troppo forte.
6) Se ritieni che gli ottoni
non suonino abbastanza forte, smorzali ulteriormente di due gradi
di intensità.
7) Non basta che sia tu a
distinguere ogni parola del cantante, tu che
conosci quelle parole a
memoria: è il pubblico
che deve poterle seguire senza fatica. Se
non capisce il testo, il
pubblico dorme.
8) Accompagna sempre
il cantante in modo
che possa cantare senza sforzo.
9) Se credi di aver raggiunto la massima velocità in un prestissimo, raddoppia la velocità.
10)Se avrai la bontà di tener conto di tutti questi miei suggerimenti,
il tuo bel talento e le
tue grandi capacità faranno di te sempre la
pura delizia dei tuoi
ascoltatori.
Quattro anni dopo,
Strauss tornava sul problema della direzione sostenendo che “solo la
sensibilità artistica del direttore d’orchestra debba
decidere quel che è giusto e quello che è sbagliato”. Strauss intendeva difendere il suo modo di
interpretare Beethoven:
«La nostra formazione
umanistica si basa ancora
su discipline il cui studio fu
premessa indispensabile di
un’educazione superiore
dello spirito prima che nascesse la nostra musica. Oggi è ancora gravata dell’inutile studio della matematica
superiore e dei fondamenti
della chimica e della fisica,
studio che potrebbe venir
tranquillamente lasciato alle università e alle scuole
professionali per coloro che
vi si vogliono dedicare. Una
istruzione generale superiore deve comprendere anche
lo studio della musica, fino-
Richard Strauss
Elektra: «Quando vidi per
la prima volta il geniale
dramma di Hofmannsthal
con Gertrud Eysoldt al Piccolo Teatro, capii subito che
se ne poteva trarre uno
splendido libretto… e come
a suo tempo in “Salome”
intuii il possente crescendo
musicale che culmina nella
scena conclusiva: in “Elektra” la danza liberatoria
dopo la scena della agnizione, realizzabile fino in fondo soltanto con la musica;
in Salome dopo la danza
(punto culminante dell’azione) la raccapricciante
apoteosi finale… Dapprincipio mi spaventava l’idea
che i due soggetti fossero
molto simili nel suo contenuto psichico… Tuttavia il
desiderio di contrapporre
questa grecità demonica,
estatica del VI secolo alle
copie romane di Winckelmann e all’umanesimo di
Goethe ebbe il sopravvento
sui dubbi; e così Elektra superò addirittura Salome per
la compattezza della costruzione e la tensione
drammatica in violento
crescendo».
Francesca Oranges
Richard Strauss a lavoro nella villa di Garmisch
“chi può affermare oggi
con assoluta certezza che
Beethoven abbia voluto
questo o quel tempo così
e non in un altro modo
(per esempio come lo
concepisco io?)”. E, nello
stesso articolo a proposito della composizione sosteneva: “Non è affatto
vero che si possa comporre tutto, se per comporre si intende tradurre
ed esprimere un’idea o
un sentimento nel linguaggio simbolico della
musica”.
Sull’insegnamento
della musica
È interessante poi, in
quanto sempre attuale,
ricordare l’opinione di
Strauss sull’insegnamento della musica. Scriveva
il compositore nel 1933:
ra completamente trascurato nelle nostre scuole secondarie: quanto meno armonia, composizione fino a poter capire una fuga di Bach,
lettura della partitura fino a
poter afferrare in pieno tanto i conflitti interiori resi
contrappuntisticamente
nel terzo atto del Tristano
quanto l’architettura e lo
sviluppo dei temi in un movimento di una sinfonia di
Beethonen o la struttura
sinfonica di un atto della
Tetralogia».
Indubbiamente Strauss
non si accontentava di
poco: vedesse la nostra
scuola odierna chissà cosa potrebbe pensare!
Elektra
Infine da ricordare una
sua testimonianza su
Richard Strauss in una caricatura come tormentone
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