FACOLTÀ DI SOCIOLOGIA
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE
TURISMO TERRITORIO E SVILUPPO LOCALE
Modulo
MARKETING TERRITORIALE
E CULTURAL PLANNING
DISPENSA
a cura del prof. Luigi Guiotto
Anno Accademico 2012-2013
INDICE
1. Il sistema turistico - a
3
Il sistema turistico - b
10
2. I Sistemi Turistici Locali
19
3. La destinazione turistica e il destination management
21
4. La natura delle destinazioni turistiche
26
5. Turismo culturale: destinazioni urbane e destinazioni rurali
32
6. Il marketing del territorio
35
7. Il Tourism Resource Audit
39
8. Territorio e marketing
53
9. Tipologia delle destinazioni
57
10. I modelli di relazione tra domanda e offerta
63
11. Brand e branding
65
12. Il turismo culturale. Musei e museologia
68
13. Gli ecomusei
83
2
PREMESSA
Per un efficace sviluppo turistico occorre:
1. Mentalità aperta e non ostile al turismo.
2. Conoscenza dei nuovi tipi e caratteri dei turisti, loro profili ed esigenze.
3. Conoscenza e valorizzazione delle “caratteristiche” globali del territorio.
4. Coordinamento e collaborazione, cioè reti, per:
• creare cooperazione fra i diversi soggetti (pubblico - privati - cittadini) che sono
potenzialmente interessati a promuovere il territorio;
• incentivare una politica di sviluppo delle infrastrutture e del miglioramento della
qualità dei servizi offerti;
Tutto questo si riassume nel concetto di DESTINATION MANAGEMENT, il processo di
gestione della località di destinazione turistica. È di questo che ci occuperemo nel nostro corso.
In particolare verrà trattato il tema della gestione dei sistemi turistici e del marketing territoriale
volto a evidenziare, gestire e promuovere le risorse, in particolare quelle di tipo culturale.
Cominciamo con la definizione di sistema turistico.
1. IL SISTEMA TURISTICO - a
Introduzione
Il concetto di destinazione può essere considerato secondo due prospettive: quella della domanda o
quella dell’offerta1.
- dal punto di vista della domanda, la destinazione è un insieme di prodotti, servizi, fattori di
attrattiva, naturali o artificiali, capaci di richiamare il turista in un determinato luogo. Il
punto centrale dell’analisi è l’esperienza del turista. Di conseguenza, il luogo geografico
non coincide con la destinazione, ma è soltanto uno dei fattori. Il Destination management è
indirizzato in via prioritaria verso l’individuazione delle caratteristiche dei segmenti di
domanda, l’analisi delle motivazioni e dei comportamenti dei turisti e il grado di conoscenza
pregressa e di fedeltà alla destinazione;
- dal punto di vista dell’offerta, si individua un sistema correlato ad un determinato territorio.
Secondo Brunetti il management turistico necessita di tre categorie logiche: il prodotto, il
produttore e un sistema di offerta, inteso in senso generico di insieme di elementi tra loro
in relazione. Il Destination Management focalizza lo studio sulla definizione di un
portafoglio di prodotti espressione dell’agire più o meno congiunto dei diversi soggetti che
appartengono alla destinazione. Vi sono vari problemi da affrontare: competitività interna e
alleanze, intenzionalità di relazioni tra operatori, meccanismi di coordinamento e
consistenza della rete tra le imprese.
Per tutti c’è il riconoscimento comune che la destinazione è un amalgama di prodotti, servizi,
elementi naturali e artificiali in grado di attrarre il turista2. Ma mentre per i teorici della domanda la
1
Franch M., Destination Management. Governare il turismo tra locale e globale, Giappichelli Editore, Torino 2002
3
destinazione diventa un elemento unitario attraverso l’esperienza di fruizione del turista, per gli altri
dipende dall’agire congiunto degli operatori. Di qui la necessità di indagare i processi secondo una
logica di sistema.
A trattare il turismo come un sistema, in maniera olistica, cioè considerando l’intera essenza del
tema, non sono stati molti autori.
I primi a parlarne sono stati Hunziker e Krapf, nel 1942, per i quali:
Il turismo è l’insieme di fenomeni e di relazioni che derivano dal viaggio e dal soggiorno
di persone non residenti, purché ciò non porti a insediamento permanente e non sia legato
ad alcuna attività lucrativa.3
Questa definizione è stata accettata da varie organizzazioni internazionali, in quanto riconosce che il
turismo comprende molti aspetti centrati attorno all’elemento principale, il turista. Peraltro è stata
criticata come troppo vaga; la frase “insieme di fenomeni e di relazioni” non indica possibilità di
applicazioni o estensioni sistematiche.
Un altro approccio olistico è apparso in uno studio dedicato alla progettazione di regioni turistiche,
ad opera di C. Gunn4.
L’autrice dichiara:
“L’ambiente turistico è un sistema chiuso fatto di cinque componenti:
persone … in un’area di mercato, con desideri e possibilità di partecipare;
attrazioni … offrono attività con partecipazione degli utenti;
servizi e impianti … per supportare le attività;
trasporto … muove le persone verso e dalle destinazioni;
informazione e direzione … assistono gli utenti nel conoscere, trovare, divertirsi”.
Questo approccio suggerisce la possibilità di formulare un quadro definitorio in un più formale
sistema teorico in quanto “un sistema può essere definito come un insieme di elementi in
interrelazione tra loro e con le condizioni ambientali. [Una teoria di sistema è] un modo di
vedere le cose in precedenza tralasciate o evitate ed in tal senso è una norma metodologica”. 5
Però la teoria di Gunn è incrinata dal fatto di non considerare le interazioni ambientali oltre i cinque
elementi citati e inoltre omette di delineare chiaramente un’industria turistica.
Sulla base di queste critiche, Neil Leiper6 propone la sua teoria olistica del sistema turistico,
cominciando a definire gli elementi: i turisti, le componenti geografiche e la componente
industriale, oltre a varie interazioni con l’ambiente circostante.
L’elemento umano: il turista
L’attività turistica ha due componenti: un elemento dinamico, il viaggio, e uno statico, il soggiorno.
Ciò distingue i turisti dagli escursionisti.
2
3
4
5
6
Buhalis D., Marketing the competitive destination of the future, Tourism Management, Vol.21(1), 2000
Hunziker, W. e K. Krapf , Grundriss der allgemeine Fremdenverkehrslehre, Zurigo 1942.
Gunn Clare A., Vacationscape; designing tourist regions, University of Texas, Austin 1972
Bertalanffy L., Teoria generale dei sistemi, Mondadori, 2004.
Leiper N., The Framework of Tourism, Annals of Tourism Research vol. 6, n. 4, 1979
4
Un altro concetto che distingue tra semplici viaggiatori e turisti è l’uso discrezionale di tempo e
denaro: evidente nel caso di un turista in vacanza, è importante a definire il grado di “turisticità” del
viaggio d’affari. Se esiste tale libertà d’uso c’è un aspetto turistico, altrimenti no.
Un terzo concetto che definisce i turisti è che sono dei consumatori finali di risorse economiche
nelle regioni visitate. Le spese nei vari item eccedono qualsiasi accidentale remunerazione
guadagnata sul posto. I turisti non viaggiano col primario scopo di guadagno, distinguendoli così
dai viaggiatori di commercio e dai lavoratori stagionali. Il turismo business rimane turismo in
quanto i soggetti sono remunerati a casa loro e nella destinazione si limitano a spendere.
L’ultimo concetto definisce i turisti in quanto essi fanno dei tour, dei circuiti con ritorno al punto di
origine, diversamente da espatriati ed emigranti.
Gli elementi geografici
Partendo dal modello circolare del turismo è possibile isolare gli elementi geografici del sistema.
Sono tre: c’è un’origine, o regione generante, il luogo dove il tour inizia e finisce (casa).
C’è una regione di destinazione, o località ospitante, dove i turisti stanno temporaneamente.
C’è infine una regione di transito o percorso che connette le due e attraverso cui il turista viaggia.
La regione di origine è il mercato di base dell’industria turistica, la fonte di potenziale domanda
turistica. Di conseguenza, le maggiori funzioni di marketing turistico vengono condotte là:
promozione, pubblicità, vendita all’ingrosso e al dettaglio. Sottolineare le funzioni di marketing è il
motivo per cui certe regioni mostrano un esodo turistico, un problema di rilevanza commerciale e
sociologica, con possibili effetti di impatto. Quali sono gli effetti economici, sociali e culturali in
una comunità quando un significativo numero dei suoi membri parte per tour in altre regioni?
[Milano a ferragosto]
Le regioni di destinazione turistica possono essere definite come luoghi che attraggono i turisti per
un soggiorno temporaneo. In tale contesto l’attrazione può essere considerata come l’anticipazione
da parte del turista di alcune caratteristiche qualitative, che mancano nella regione generante e che i
turisti desiderano sperimentare di persona. In un contesto più ampio, c’è da considerare che non
tutte le attrazioni attirano i turisti, alcune vengono scoperte durante il viaggio.
Molti studi sono stati dedicati alle regioni di destinazione. È dove accadono i più significativi
aspetti del turismo e dove hanno sede le parti principali del business: alloggi, aziende, servizi,
impianti ricreativi e di intrattenimento.
Gli itinerari di transito sono percorsi che collegano le regioni di origine e quelle di destinazione.
Includono punti di sosta, scelti sia per necessità che per l’esistenza di attrazioni. Sono un elemento
vitale del sistema. La loro efficienza e caratteristiche influenzano la qualità dell’accesso a
particolari destinazioni e quindi influenzano la dimensione e la direzione dei flussi turistici. i
percorsi di transito sono il luogo dei principali componenti di trasporto dell’industria turistica.
Le risorse nel processo turistico
Due fattori interagiscono nel processo turistico. C’è il turista, in cerca di esperienze, che necessita di
impianti e servizi di supporto. C’è poi un’ampia gamma di risorse che forniscono esperienza, servizi
e impianti. Per formulare un sistema turistico, occorre analizzare quella gamma di risorse, isolando
le parti industriali e non-industriali in elementi separati, permettendo in tal modo un’analisi delle
implicazioni economiche, gestionali e di governo.
5
Tre problemi sorgono nel delineare gli elementi industrializzati in queste risorse.
Il primo, la difficoltà di identificare i confini di un segmento turistico all’interno del mercato dei
viaggi.
Il secondo riguarda la difficoltà di definire le risorse in quanto turistiche o meno, soprattutto quando
servono ai turisti, ai residenti e ad altri tipi di viaggiatori. Come è possibile classificare le risorse
naturali come turistiche?
Il terzo problema è di specificare il numero delle industrie connesse al turismo. Molti autori
sostengono che esiste una industria turistica, mentre altri parlano di “una collezione di industrie,
aziende, risorse e attrazioni”.
Si può identificare la natura delle risorse analizzando il processo turistico, isolando vari passaggi.
- Nella regione di origine, prima del viaggio, c’è stimolo, motivazione, pianificazione e
organizzazione.
- Nel percorso di transito c’è il viaggio e talvolta l’interazione con attrazioni e l’uso di servizi
e impianti.
- Nella regione di destinazione c’è l’interazione con le attrazioni primarie e secondarie, l’uso
di servizi e impianti.
- Dopo il viaggio, nella regione di origine, ci sono i ricordi e il ri-adattamento alla vita
normale.
6
Diverse risorse contribuiscono a questo processo, che si possono raggruppare in cinque categorie:
1) Leisure, 2) risorse sociali, culturali, materiali e organizzative, 3) risorse naturali e simili, 4)
industrie accessorie, 5) industrie turistiche.
1. Il Leisure è solitamente riconosciuto come un fattore essenziale della domanda ricreativa e
turistica. L’anticipazione del leisure agisce come fattore di domanda, mentre il conseguente
uso del leisure è un fattore di offerta. Il leisure time è il fondamentale input di risorsa
consumata nel processo turistico.
2. Gli input organizzativi e programmatici per alcuni tour derivano completamente dai
partecipanti, i turisti. Altri tour comprendono extra input da varie fonti informative, in alcuni
c’è la partecipazione di ditte commerciali come tour operator e agenti di viaggio, ma il
contributo del turista è sempre evidente.
3. Risorse naturali e affini di libero uso sono vitalmente importanti per la maggior parte delle
forme di turismo: clima, paesaggio, spiagge, risorse acquatiche, flora e fauna e persone del
luogo che offrono ospitalità in maniera volontaria e occasionale. A questa categoria
appartengono i molti fattori che contribuiscono alla particolare “atmosfera” di un luogo:
persone amichevoli, manifestazioni pubbliche occasionali di cultura e costume, fornitura da
alloggio in case private durante la visita ad amici e parenti.
Nessuna delle categorie di risorse fin qui trattate può essere considerata come parte di un’industria,
in quanto non sono “intenzionali, progettate, finalizzate, caratterizzate da lavoro serio e assiduo”
(Oxford English Dictionary).
4. Le industrie accessorie servono desideri e bisogni dei turisti in molti modi: ci sono molti tipi
di aziende, organizzazioni e impianti che rientrano nella varietà di industrie che servono i
turisti in modo accessorio (negozi, ristoranti, servizi pubblici, impianti sportivi) i cui clienti
appartengono al pubblico generico, soprattutto residenti locali ed escursionisti [provenienti
da paesi vicini]. La percentuale di turisti nella loro clientela è spesso significativa e non è
riconosciuta come tale dal management della singola unità, soprattutto rispetto al proprio
marketing.
Spesso queste aziende sono comprese nelle industrie turistiche, soprattutto allo scopo di
monitorare la spesa totale dei turisti in una certa zona. Avendo stabilito una stima della
spesa aggregata, dal lato della domanda, illogicamente si identifica il ricevente come
industria turistica; in tal modo si confondono due problemi separati: la misura di
significativi dati economici derivanti da una particolare attività e la descrizione di
un’industria.
La principale causa di confusione è l’inesatto concetto di “industria”. Le risorse in questa
categoria formano industrie, ma non industrie “turistiche”. Un’industria è definita in
rapporto alle sue caratteristiche industriali e le risorse in questa categoria non hanno una
relazione industriale con i turisti. Non sono intese e progettate per loro e nemmeno sono
caratterizzate da lavoro serio e assiduo a favore dei turisti in quanto tali.
5. L’industria turistica è la quinta e ultima categoria di risorse al servizio del turista. Alcuni
componenti sono simili a quelli delle industrie accessorie: negozi, ristoranti ecc. possono
essere classificati in entrambe le categorie. L’industria turistica ha un ruolo unico nel
processo turistico, un rapporto speciale con tutte le parti del sistema e in ciò differisce da
7
altri input di risorsa. Di conseguenza è progettato come elemento separato all’interno del
sistema.
L’elemento industriale
L’industria turistica consiste in tutte quelle aziende, organizzazioni e impianti intese per servire gli
specifici bisogni e desideri dei turisti. Quell’intento è manifestato da un orientamento di marketing
delle singole unità che formano l’industria. L’industria può essere descritta e ulteriormente definita
dividendola in sei settori funzionali, ciascuno specializzato in un diverso tipo di servizio ai turisti.
Sono: marketing, vettori, alloggi, attrazioni, servizi vari e normativa.
1. Il marketing turistico fornisce stimoli e facilitazioni ai collegamenti comunicativi tra alcuni
elementi del sistema turistico: turisti, regioni di destinazione e varie unità dell’industria
turistica. È situato principalmente entro le regioni di origine in forma di agenzie di viaggio,
tour operator, uffici promozionali di organizzazioni nazionali e regionali, scrittori di viaggio
e pubblicisti di letteratura di viaggio oltre a numerose organizzazioni non profit che
forniscono assistenza e informazioni a turisti in partenza. Specialisti di marketing si trovano
anche nei punti di transito e nelle destinazioni, sotto forma di T.O. locali, guide, interpreti,
uffici di informazioni turistiche e simili. Tutte le aziende nell’industria turistica sono
impegnate in qualche attività di marketing, ma la caratteristica distintiva delle aziende in
questo settore è che sono specializzate. Le aziende in altri settori usano il marketing come
complemento alla loro funzione primaria, come il trasporto o l’alloggio.
2. I vettori turistici forniscono trasporto pubblico verso e dalla destinazione. Sono situati
soprattutto nei percorsi di transito. Sono compagnie aeree, ferrovie, bus e linee navali e il
riferimento principale di mercato è costituito dai turisti.
3. Gli alloggi forniscono una temporanea sistemazione e i relativi servizi (cibo), soprattutto
nelle destinazioni, ma anche nei luoghi di sosta nel transito. Sono compresi alloggi in hotel,
motel, campeggi e roulotte, affitto di case e appartamenti, ostelli; il riferimento di marketing
sono i turisti.
4. Le attrazioni turistiche, all’interno dell’industria, sono luoghi, eventi e attrezzature orientate
a creare opportunità di esperienza per i turisti. Nella maggior parte dei casi questo obiettivo
è raggiunto per la natura del marker che, in una varietà di forme, fornisce informazioni circa
le attrazioni turistiche. È spesso la caratteristica del marker a costituire la componente
industriale dell’attrazione (MacCannell 1976). La maggior parte delle attrazioni sono fuori
dall’ambito industriale (risorse naturali e di libero accesso), a meno di considerare gli
impianti aggiuntivi (parcheggi, seggiovie …). Una minoranza rientra appieno nel concetto di
industria: parchi a tema ed eventi appositamente costruiti a scopi turistici. la maggior parte
sono locate nelle destinazioni o nei luoghi di transito. Dei marker off-sight sono di frequente
disposti nelle regioni di origine.
5. I servizi di varia natura includono duty-free, negozi di souvenir e altre forniture turistiche,
assicurazioni di viaggio, cheques, e ristoranti e taxi appositamente destinati ai turisti. Sono
collocati nei tre ambiti del sistema.
6. La normativa turistica fornisce supporto per il buon andamento dell’industria in generale e
così facendo serve in maniera indiretta i turisti. Comprende le associazioni di aziende su
8
base settoriale o regionale, alcuni aspetti di istituzioni governative e le istituzioni addette
alla formazione professionale.
UNA DEFINIZIONE DI TURISMO
È a questo punto possibile proporre una definizione di turismo: il sistema che comprende un viaggio
discrezionale e un soggiorno temporaneo di una persona lontano dal consueto luogo di residenza per
una o più notti, eccetto i viaggi fatti a scopo primario di guadagno. Gli elementi del sistema sono i
turisti, le regioni di origine, i percorsi di transito, le regioni di destinazione e l’industria turistica.
Questi cinque elementi sono disposti in connessioni spaziali e funzionali.
Avendo le caratteristiche di un sistema aperto, l’organizzazione dei cinque elementi opera entro più
ampi ambiti con i quali interagisce: fisico, culturale, sociale, economico, politico, tecnologico.
Nel mondo degli affari questo schema ha potenziali applicazioni in diverse aree del management
dell’industria turistica soprattutto in aziende multi-settore che operano in varie località. Può essere
particolarmente utile per il marketing planning come strumento di identificazione di collegamenti
spaziali e funzionali.
Sembra particolarmente rilevante come guida per la pianificazione e la valutazione di politiche
governative in alcune aree del turismo.
9
IL SISTEMA TURISTICO – b
Un altro approccio di tipo olistico viene proposto da Mill e Morrison7 secondo i quali il sistema
turistico è composto da quattro parti: mercato, viaggio, destinazione, marketing.
1. La decisione di viaggiare può essere compresa esaminando i segmenti di mercato. La decisione
di viaggiare può realizzarsi se l’individuo ha appreso nel passato che il viaggio soddisfa i suoi
bisogni. Per esaminare questi processi serve un modello del comportamento di consumo.
2. Una volta deciso di fare un viaggio, si deve decidere dove, quando e come farlo. Il secondo
segmento del sistema analizza queste scelte. La forma del viaggio è la combinazione di chi
viaggia, dove, quando e come lo fa.
3. La destinazione è il terzo importante elemento del sistema. Il mix della destinazione consiste
delle attrazioni e dei servizi usati dal viaggiatore. Se si esaminano le parti del mix, diventa chiaro
che ciascuna parte è dipendente dalle altre per il successo nell’attrarre, servire e soddisfare il
turista. Per potersi vendere, la destinazione deve conoscere i benefici che può ottenere dal
turismo e le trappole da evitare. Deciderà una politica generale e un piano di sviluppo nel
contesto di un insieme di regole riguardanti il turismo.
4. La destinazione raggiunge le persone nel mercato e le incoraggia a viaggiare attraverso i processi
di marketing, quarta parte del sistema. Lo sviluppo di un piano di marketing, la selezione di un
appropriato marketing mix e la scelta dei giusti canali di distribuzione decideranno il successo o
il fallimento dei tentativi della destinazione di incoraggiare i turisti a viaggiare.
5.
1.
7
(Mill-Morrison, The tourism system,1992)
Mill R.C., Morrison A.M., The Tourism System, Prentice Hall, Englewood Cliffs, New Jersey, 1992
10
Definizione di turismo
Esiste una varietà di definizioni di ciò che chiamiamo turismo. Il turismo non è un’industria,
sebbene dia origine ad una molteplicità di industrie. Il turismo è un’attività svolta da persone che
viaggiano. Il viaggio si riferisce all’atto dello spostamento al di fuori della propria comunità per
piacere o affari, ma non da pendolare.
Turismo è il termine dato all’attività svolta dai turisti che viaggiano. Ciò comprende ogni elemento
a partire dalla pianificazione, il viaggio fino al posto scelto, il soggiorno, il ritorno e i ricordi
sull’esperienza fatta. Include le attività che il viaggiatore intraprende come parte del viaggio, gli
acquisti fatti e le interazioni tra host e guest.
Al fine di operare correttamente nel marketing di una destinazione o di un prodotto turistico è
necessario capire come le persone decidono di effettuare l’acquisto di una vacanza. Sebbene
ciascuna parte del modello che segue (la spiegazione del comportamento di consumo nell’acquisto
di viaggi e vacanze) sia spiegato nei singoli dettagli, è importante capire che il processo è dinamico.
Alcune forze operano verso la decisione di acquisto, mentre altre operano contro di essa.
Comprendendo come ciascuna parte influenzi l’intero processo, si otterrà una maggiore
comprensione degli acquisti di vacanza. Così gli uomini di marketing potranno influenzare ciascuna
parte del processo per vendere il loro prodotto.
IL MERCATO
Gli individui sono motivati (1) ad acquistare una vacanza per soddisfare bisogni e desideri8.
Particolari motivi sono combinati con le alternative di destinazione conosciute (2) e i criteri di
acquisto (3), entrambi importanti per arrivare ad una inclinazione (4), positiva o negativa, verso
ciascuna alternativa di destinazione “potrei andare là” “non penso che faccia al caso mio”. Questa
inclinazione influisce, in un momento successivo, sugli atteggiamenti (5) individuali. Il livello di
soddisfazione (6) derivante da un precedente acquisto di vacanza (7) ha effetto sia sulle alternative
(2) che sui criteri (3).
L’acquisto di una vacanza è fatto non sulla base di fatti reali ma sulla percezione di ciascun
individuo di questi fatti. Tale percezione può essere un riflesso reale della situazione effettiva
oppure no. Il punto chiave è che la decisione di acquisto è percettiva.
8
Il bisogno è uno stato di privazione percepita. Quando un individuo percepisce che una sua necessità non è soddisfatta,
cerca un modo per farlo ed esprime quindi un desiderio, individuando qualcosa che risponda alla sua necessità. I
desideri sono formulati culturalmente: la fame è un bisogno universale, mentre il desiderio di pizza o di cous-cous
dipende dalla propria cultura. Un desiderio si trasforma in domanda, indirizzata verso specifici prodotti, quando è
basato sulla capacità e volontà di acquistarli, vale a dire sul potere di acquisto. La domanda riguarda pertanto l’aspetto
economico, il desiderio è un aspetto culturale, il bisogno un fattore fisico o psicologico. (Kotler, 1993)
11
1. Modello del comportamento di consumo nell’acquisto di viaggi e vacanze.
2. Le fonti di informazione e le distorsioni percettive.
12
3. L’influenza degli elementi esterni: cultura, tempo, variabili socio-economiche
4. Il processo di acquisto.
13
IL VIAGGIO
I segmenti di mercato
I modi di selezione del viaggio
14
LA DESTINAZIONE
La destinazione è composta da:
- Attrazioni, che attirano visitatori in una zona.
- Impianti e attrezzature, al servizio dei visitatori lontani da casa.
- Infrastrutture e trasporti, per l’accessibilità verso e dentro la destinazione.
- Ospitalità, che si occupa del modo in cui i servizi sono forniti al visitatore.
15
IL MARKETING
La segmentazione
La segmentazione del mercato si riferisce al processo per cui persone con bisogni, desideri e
caratteristiche simili sono raggruppati assieme così che un’organizzazione possa usare una
maggiore precisione nel servire e comunicare con i propri clienti.
La segmentazione è quindi un processo a due fasi:
1- decidere come raggruppare tutti i potenziali turisti (i segmenti di mercato)
2- selezionare gruppi specifici all’interno di questi segmenti (i mercati obiettivo).
Vengono usati molti riferimenti per segmentare il mercato turistico. Le sette categorie principali
sono:
1- demografica o socio-economica
5- scopo del viaggio (tab. 14.2)
2- legata al prodotto
6- comportamentale
3- psicografica
7- per canale distributivo.
4- geografica
(tab. 14.1)
16
17
IL PROCESSO DI PROGRAMMAZIONE
18
2. I SISTEMI TURISTICI LOCALI
Con la legge 135/2001 sono stati istituiti i STL, che hanno come scopo la realizzazione di progetti
di sviluppo del turismo, la promozione dell’offerta e la commercializzazione del prodotto.
Il cuore dei sistemi è rappresentato dal Piano di Sviluppo Turistico, un progetto nel quale siano
precisate le strategie per il territorio di riferimento, con i tempi di realizzazione e che evidenzi il
tessuto imprenditoriale, i valori ambientali e paesaggistici, le risorse culturali e artistiche,
l’enogastronomia, i modelli di vita e le tradizioni della comunità locale, le attività economiche
tipiche e tradizionali. Vanno attuati in accordo tra organi di governo del territorio e i soggetti privati
interessati al prodotto turistico.
I rischi cui si va incontro, in mancanza di un’accurata pianificazione (attraverso il DM) sono:
- fare delle nuove APT, tradendo le attese dei soggetti che concorrono alla formazione del
prodotto turistico
- perdersi in interminabili discussioni interne, alla ricerca di equilibri tra località, soggetti,
associazioni rappresentate
- avviare un’attività di sola immagine
- fare i soliti itinerari
- aumentare la babele di competenze, creando nuovi enti, dando vita a doppioni
- tentare di occupare un posizionamento generico nel mercato, poco credibile, confuso (di
tutto un po’)
La situazione attuale in sintesi
I S.T.L.
Come dovrebbero essere
Come rischiano di essere
Definiti
Generici
Sistema
Accordo
Territoriali
Turistici
Marketing oriented
Promotion oriented
LA LEGGE SUI SISTEMI TURISTICI LOCALI
Quadro normativo di riferimento
Legge 29 marzo 2001, n. 135 “Riforma della legislazione nazionale del turismo”.
Legge costituzionale 18 Ottobre 2001 n. 3, Riforma del titolo V, Parte II, della Costituzione,
sull’ordinamento regionale e locale.
La definizione di STL
(art. 5, Legge Nazionale 135/2001)
Si definiscono sistemi turistici locali i contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti
territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali,
ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato
locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate (comma 1).
È una “Legislazione di principio” che lascia “libertà” nell’individuazione degli strumenti,
degli istituti e delle forme giuridiche e organizzative.
19
La promozione dei STL
Gli enti locali o soggetti privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso
forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla
formazione dell'offerta turistica, nonché con i soggetti pubblici e privati interessati (comma 2).
Processo di promozione di tipo bottom-up
Il riconoscimento dei STL
Nell'ambito delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l'integrazione tra politiche del
turismo e politiche di governo del territorio e di sviluppo economico, le regioni provvedono, ai
sensi del capo V del titolo II della parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti
locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e del titolo II, capo III, del decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a riconoscere i sistemi turistici locali di cui al presente
articolo (comma 3).
Le finalità dei STL
Le regioni, nei limiti delle risorse rivenienti dal Fondo di cui all'articolo 6 della presente legge,
definiscono le modalità e la misura del finanziamento dei progetti di sviluppo dei sistemi
turistici locali, predisposti da soggetti pubblici o privati, in forma singola o associata, che
perseguono, in particolare, le seguenti finalità:
a) attività di aggregazione e di integrazione tra le imprese turistiche..
b) interventi intersettoriali ed infrastrutturali necessari alla qualificazione dell'offerta turistica;
c) sostenere l'innovazione tecnologica... promozione degli standard dei servizi …
d) sostenere la riqualificazione delle imprese turistiche.. sviluppo di marchi di qualità, di certificazione ecologica e di qualità, e di club di prodotto, nonché alla tutela dell'immagine del prodotto
turistico locale;
e) promuovere il marketing telematico dei progetti turistici (comma 4).
Le risorse finanziarie per i STL
Il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, a decorrere dall'esercizio
finanziario 2001, nell'ambito delle disponibilità assegnate dalla legge finanziaria al Fondo unico per
gli incentivi alle imprese, di cui all'articolo 52 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, provvede agli
interventi di cofinanziamento a favore dei sistemi turistici locali per i progetti di sviluppo che
prestino ambiti interregionali o sovra regionali. Possono essere destinate ulteriori provvidenze ed
agevolazioni allo sviluppo dei sistemi turistici locali (comma 5 e 6)
20
3. LA DESTINAZIONE TURISTICA E IL DESTINATION MANAGEMENT
Definizioni
La più semplice:
Una destinazione turistica è uno spazio geografico in cui vi sia un certo numero (cluster) di
risorse turistiche, non necessariamente definito a livello politico-amministrativo: Montmartre,
Venezia, la Scozia, le Alpi. A livello basilare, le destinazioni sono essenzialmente delle
comunità comprese nei confini delle amministrazioni locali: più piccola la regione di
destinazione, più grande la probabilità di omogeneità interna.
S. Pike, Destination marketing
Quella ufficiale:
A local tourism destination is a physical space in which a visitor spends at least one overnight.
It includes tourism products such as support services and attractions and tourism resources
within one day’s return travel time. It has physical and administrative boundaries defining its
management, and images and perceptions defining its market competitiveness. Local
destinations incorporate various stakeholders, often including a host community, and can nest
WTO, Thinktank, (2002)
and network to form larger destinations.
Queste definizioni sono di tipo geografico, economico, amministrativo.
Ma cosa trasforma un “luogo” in una “destinazione”?
(ricordare Augé: luogo/non luogo)
Sostanzialmente: l’interesse di qualcuno che vi è attratto. Occorre quindi aggiornare le
definizioni, e le discipline di riferimento, in una prospettiva di marketing.
La più completa:
Una destinazione turistica è un ambito territoriale nel quale ha sede un complesso di attrattive
che possono soddisfare i bisogni e gli interessi di un determinato segmento di domanda
turistica. I confini della destinazione (non definibili a priori) possono essere identificati, pertanto,
partendo dall’analisi delle specifiche esigenze di ogni target di clientela in esame. Una
destinazione turistica può essere considerata tale solo nel momento in cui le risorse, cioè la
materia prima fonte di attrazione, siano integrate con infrastrutture e servizi che consentano,
rispettivamente, l'accessibilità e la fruibilità della meta desiderata. Se non sussistono queste tre
caratteristiche non si ha un "prodotto" vendibile. http://it.wikipedia.org/wiki/Destinazione_turistica
In seguito all’ultima definizione possiamo dire che il problema centrale riguarda la disciplina di
riferimento, che senza dubbio appare essere il marketing.
Al punto che la sigla DM va correttamente interpretata come Destination marketing piuttosto che
Destination management? Ciononostante il nostro riferimento costante è di più ampie dimensioni,
in quanto il management comprende tutti gli approcci ai problemi, incluso quello centrale del
marketing, inteso naturalmente come marketing sociale (non solo di prodotto).
Non va inoltre dimenticato che una destinazione non può andar bene per chiunque, ma va
individuato il giusto target a cui riferirsi. Pensate che lo slogan “Idaho – Great potatoes, tasty
destinations” possa avere lo stesso richiamo in qualsiasi segmento di mercato?
21
DESTINAZIONE E NON LOCALITÀ
La destinazione è l’insieme di prodotti, servizi, elementi naturali ed artificiali, in grado di
attrarre un certo numero di visitatori all’interno di un luogo geografico (Pearce, 1989;
Leipner, 1995).
Destinations are amalgams of tourism products, offering an integrated experience to
consumers (Buhalis, 2000).
Nell’esperienza di viaggio del turista l’interazione di questi elementi contribuiscono a
formare la sua immagine della destinazione.
La località diventa destinazione solo attraverso l’interazione con la domanda turistica,
quando si posiziona come “una meta” nelle preferenze dei turisti attraverso una serie di
processi strutturali, organizzativi e gestionali.
Per gestire la destinazione c’è un’apposita disciplina, il Destination Management
Le 6 A per l’analisi delle destinazioni
Buhalis, 2000
22
Ma cosa significa, in pratica, fare del Destination Management?
Il Destination Management comprende tutte le decisioni strategiche, organizzative e operative
prese per gestire il processo di definizione, promozione e commercializzazione del prodotto
turistico in modo da generare dei flussi turistici bilanciati, sostenibili e sufficienti a soddisfare
le esigenze economiche degli attori locali operanti nella destinazione (Franch, Martini, 2002:5)
Le Destination Management Organization (DMO) sono principalmente istituzioni pubbliche
che si occupano di marketing, branding, pianificazione, training e formazione in una
destinazione (Werthner and Klein, 1999).
Secondo vari autori, i compiti di una DMO (Destination Management Organization) sono molti e
diversi, come si evidenzia nella tabella seguente (Pike):
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Nel loro complesso, questi contributi sostengono l’idea che la competitività di una DMO risiede
nell’equilibrio tra: business turistici redditizi, un’efficace posizione di mercato, un ambiente
attraente, positive esperienze di visitatori e residenti locali che siano di sostegno al processo.
Vediamoli nel dettaglio.
1. Stimolare attività turistiche redditizie.
Le destinazioni sono multi-dimensionali, vale a dire che il “prodotto” destinazione è un
amalgama di diversi e spesso eclettici tipi di attrattive, attività, persone, scenari, alloggi,
attrazioni e clima. Per questa ragione, il principale problema di una DMO è nel numero di
fornitori che contribuiscono al prodotto-area. È nell’interesse della destinazione favorire la
crescita delle attività locali, di solito attraverso corsi di formazione/aggiornamento e attività
affini.
2. Stabilire e difendere un’efficace posizione di mercato è uno dei principali aspetti del
marketing; ogni attività deve essere finalizzata a rinforzare la presenza del brand nella
mente dei gruppi target.
3. Mantenere un ambiente attraente. Il turismo dipende dalla protezione di risorse ambientali e
comunitarie (vedi il problema delle diverse carrying capacity). Spesso occorre intervenire a
livello politico-amministrativo nel pubblico interesse: istituzione di parchi naturali,
conservazione di monumenti, leggi anti inquinamento ecc. In sostanza: turismo sostenibile.
- Un altro sistema è il de-marketing, che riguarda i modi per scoraggiare l’afflusso turistico
in determinate zone o nell’intera area (Mauritius non accetta voli charter, Venezia discute
del ticket e combatte i day-visitor, molte città controllano le tariffe di parcheggio9).
4. Puntare a positive esperienze di visitatori. Il punto focale dello sviluppo sostenibile è che la
soddisfazione del turista è l’elemento centrale di ogni pianificazione, in quanto influenza i
viaggi futuri. Occorre quindi monitorare il servizio e gli standard di qualità [vedi alcuni
programmi di monitoraggio in: www.dmma.at; www.valais-excellence.ch ] e stimolare lo
sviluppo di nuovi prodotti, pacchetti, eventi.
5. Il sostegno dei residenti locali è fondamentale per la buona riuscita del processo di DM.
Qualsiasi progetto deve includere la comunità locale, informandola di ogni importante
ipotesi di sviluppo, chiedendo pareri e feedback e affrontando ogni problema che possa
sorgere.
9
Buhalis, 2000
24
Altri problemi relativi alle DMO
Aree ed elementi di riflessione:
1. Governance e decision-making. Chi decide la priorità nella selezione dei mercati target e i temi
di posizionamento? È compito dello staff o di un comitato rappresentativo degli operatori
turistici locali? E gli operatori, i cui prodotti non sono presenti nella promozione olistica della
località, accetteranno queste decisioni? Chi decide la struttura di governance e la partecipazione
al gruppo direttivo? Deve essere un comitato elettivo o scelto in base all’esperienza? Qual è il
numero ottimale dei membri di un consiglio direttivo?
2. Efficiente struttura organizzativa. Come dovrebbe essere strutturata una DMO? Imprenditoriale
e decisionista o tradizionale e consultiva? Settore pubblico o privato? O partecipazione mista?
3. Se i fondi pubblici vengono a mancare, quali altre fonti di finanziamento si possono utilizzare?
Quali saranno le aspettative dei finanziatori? Saranno indipendenti rispetto alle decisioni
strategiche e operative?
4. Pianificazione e implementazione. In quale misura una DMO deve impegnarsi su un piano
strategico di lungo termine piuttosto che occuparsi di iniziative tattiche a breve?
5. Brand positioning. Un solo slogan andrà bene per tutti i segmenti? O l’eterogeneità del mercato
richiede considerazione per focalizzare temi specifici? E il tema scelto per il brand dovrebbe
rappresentare gli interessi di tutti gli operatori locali o solo dei principali? E come viene
rappresentato il senso di appartenenza della comunità? Che tempo di vita dovrà avere un brand
della località?
6. Risorse umane. Lo staff di una DMO deve essere composto da elementi mandati dai vari
stakeholder o totalmente indipendente? Completamente locale o proveniente dall’esterno?
7. Comunicazione con gli stakeholder. Come deve essere impostata una efficace comunicazione a
due vie con i vari operatori, senza scadere in rituali burocratici? È da privilegiare la
comunicazione interna o quella con il mercato? Con quale equilibrio?
8. Relazioni tra DMO di vario livello. In che misura le DMO nazionali, regionali e locali
dovranno lavorare insieme per sviluppare una brand equity a ciascun livello?
9. Ricerche di marketing. Se un orientamento al marketing è essenziale per tutte le organizzazioni,
quanto è fattibile che una DMO si impegni in raccolta ed analisi di dati relativi ai mercati e
segmenti di interesse? In che misura gli stakeholder valuteranno come priorità la necessità di
ricerche rispetto ad attività promozionali?
A proposito di quest’ultimo problema bisogna ricordare che il mondo degli addetti al turismo,
forse più di altri, è diviso tra “accademici e professionisti”, che difficilmente riescono a
comunicare tra loro. I “professionisti” non sanno che farsene delle ricerche scientifiche,
convinti che la loro vicinanza ai problemi reali sia sufficiente. Gli “accademici” si rendo conto,
a loro volta, che i risultati delle loro ricerche restano tra le mura dell’università.
10. Altri problemi. Tutte le DMO devono affrontare problemi di natura politica e legati alle risorse
che non sono affrontati dai singoli operatori del settore turistico privato. Capire per tempo
questi vincoli e problemi sarà di sicuro beneficio per coloro che dovranno occuparsi di DMO.
Senza questo tipo di conoscenza, gli incontri iniziali con lo staff di una DMO saranno
frustranti, potendo anche portare a difficoltà e ostacoli nelle relazioni tra partner pubblici e
privati.
25
La natura delle destinazioni turistiche
Frank Howie
10
Le destinazioni sono luoghi di interesse per i turisti.
Un luogo che non sia visitato da turisti non è, in base alla definizione, una destinazione; tuttavia,
attraverso il marketing esso può attrarre l’attenzione di potenziali turisti: con un’adeguata
comprensione dei loro bisogni e l’impegno a sviluppare le proprie risorse per rispondere a questi
bisogni, quel posto può diventare una destinazione turistica. Quanto a lungo lo rimanga con
successo dipende dal fatto di essere gestita in maniera sostenibile.
È altrettanto chiaro che limitarsi a invitare le persone (turisti) a visitare un certo luogo è, di per sé,
insufficiente a creare una destinazione. Senza un appropriato sviluppo tourist-oriented il posto non
diventerà una destinazione turistica. Occorrono diverse azioni essenziali:
1. convertire le risorse con potenziale in attrazioni
2. fornire un certo numero di alloggi turistici
3. fornire appropriati trasporti verso, da e dentro la destinazione
4. assicurare la necessaria integrazione degli sviluppi legati al turismo in modelli di attività sul
lungo periodo e su basi sostenibili.
I primi 3 sono approcci tradizionali, mentre il 4 è essenziale oggi, vista l’importanza crescente del
turismo e dei suoi potenziali effetti positivi e negativi. Questo è un punto centrale.
Un dato luogo – città, villaggio, regione – si è evoluto e sviluppato per andar bene ai propri abitanti,
più che ai visitatori. Come può questo modello abitativo essere modificato e continuare a soddisfare
i legittimi bisogni dei residenti soddisfacendo al contempo i diversi bisogni dei turisti?
CARATTERISTICHE COMUNI DELLE DESTINAZIONI
Secondo Mathieson-Wall (1987) sono:
- aspetti e processi naturali dell’ambiente
- struttura economica e sviluppo
- struttura e organizzazione sociale
- livello di sviluppo turistico
Secondo Clare Gunn (1988) gli elementi della destinazione si notano a partire dal comportamento
del turista:
il turista inizia il suo viaggio da casa, muovendosi lungo “corridoi di scorrimento” mediante diversi
tipi di trasporto (acqua, terra, aria); i corridoi conducono a dei “termini”, di solito adiacenti o nella
comunità ospitante o “comunità di servizio”, dove vi sono attrazioni e servizi. I punti di contatto tra
corridoi e comunità sono “ingressi”, particolarmente significativi in quanto qui si produce la prima
impressione. All’interno della destinazione il turista sperimenta le varie attrazioni (sia disperse, che
raggruppate in cluster), muovendosi lungo “corridoi di collegamento”. Alla fine, il turista lascia la
destinazione attraverso l’ingresso usato (o un altro), ripercorre i corridoi di ritorno, portando con sé
immagini e memorie dell’esperienza totale.
10
F. Howie, Managing the Tourist Destination, Continuum, London-New York 2003
26
All’interno di una destinazione vi sono alcune caratteristiche usate sia dai residenti che dai turisti,
mentre altre sono usate solo da uno dei due gruppi.
Possono sorgere dei conflitti laddove l’uso da parte dei due gruppi sia differente o più intenso
rispetto alla tollerabilità (strade, bus, parcheggi). Quale interesse deve prevalere?
Per i residenti la destinazione è dove vivono, è qui. La prospettiva dei visitatori è che la
destinazione è là; se non si trovano bene, fanno presto ad andare altrove e non tornare più.
Uno dei compiti principali del DM è di avvicinare il più possibile queste due prospettive, attraverso
la progettazione dell’ambiente condiviso dai vari stakeholder e il tentativo di incrementare la
consapevolezza dei mutui interessi di entrambi i gruppi nella condivisione del qui e là, anche per
evitare gli effetti evidenziati da Doxey e altri autori, riportati nelle tabelle seguenti.
27
EUFORIA
Fase iniziale dello sviluppo: visitatori ed investitori sono benvenuti,
minima pianificazione o meccanismi di controllo
⇓
APATIA
La presenza di visitatori viene data per scontata: i contatti tra visitatori e residenti divengono più
commerciali, la maggior parte delle attività è improntata al marketing.
⇓
FASTIDIO
Si avvicina il punto di saturazione: i residenti dimostrano apprensione verso il turismo, i responsabili delle
decisioni aumentano le infrastrutture invece che limitare la crescita.
⇓
ANTAGONISMO
I residenti esprimono un’aperta irritazione nei confronti del turismo: i visitatori sono visti come causa di
problemi, il rimedio è la pianificazione, ma le promozioni aumentano per compensare il declino
⇓
XENOFOBIA (?)
L’ambiente originale è totalmente cambiato: la colpa è del turismo ed i residenti possono diventare ostili
verso la causa di questo cambiamento
Figura 2.2: Trasformazione dell’atteggiamento verso i turisti
(da Doxey, “When enough is enough…”, HERITAGE CANADA, n. 2, 1976)
+
ATTEGGIAMENTO
–
FAVOREVOLE Aggressiva
promozione e supporto
al turismo
↔
SFAVOREVOLE
Aggressiva opposizione al
turismo ed ai turisti
↕
↕
Attivo
COMPORTAMENTO
FAVOREVOLE
SFAVOREVOLE Riluttante
Lieve accettazione e
accettazione del turismo
supporto al turismo
e dei turisti
Figura 2.3: Atteggiamenti personali nei confronti del turismo
↔
Passivo
(fonte: Bjorklund and Philbruck, 1974, in Ryan, 1991)
28
Risorse e attrazioni
Le risorse sono i preziosi “ingredienti grezzi” di un luogo e in gran parte determinano ciò che esso
può diventare. Per i residenti esse possono essere soddisfacenti così come sono; al contrario, è
possibile che i residenti non ne siano coscienti (abituati a considerarle “normali” e scontate).
Mentre invece lo spirito di un luogo, il genius loci, dipende proprio dalle attrazioni “ovvie” e dalle
caratteristiche intangibili (accoglienza, spirito amichevole, sicurezza, dinamismo, senso della storia
ecc.) che ne fanno “l’atmosfera”.
Relazione tra risorse, sviluppo e attrazioni.
Una risorsa ha tre possibilità: a) rimanere così, b) trasformarsi in attrazione turistica o c) tenere
entrambe le funzioni, in spazi o tempi diversificati.
Es. una foresta può servire a) come riserva di legname, b) trasformarsi in attrazione per campeggi o
trekking, con interventi volti a migliorare le comunicazioni interne (strade, parcheggi, radure,
strutture per barbecue, campeggi, capanne di tronchi ecc.) oppure può avere un uso multifunzione:
forestazione e usi ricreativi (passeggiate, pic-nic, orienteering o caccia).
Un’antica cattedrale, sorta per motivi religiosi, oggi può non riuscire a sostenere le proprie necessità
di manutenzione con gli oboli dei fedeli; il turismo di heritage può servire (meglio contribuire)
come fonte di entrate supplementari
Componenti di una destinazione
La somma di tutto ciò che è rilevante in una destinazione è stato definito prodotto turistico totale
(Middleton, 1994), come combinazione di risorse e servizi. Le attrazioni sono un elemento chiave.
Swarbrooke (1995) definisce quattro categorie di attrazioni:
1. caratteristiche dell’ambiente naturale
2. costruzioni, strutture e luoghi costruiti con scopi diversi dal turismo che col passare del
tempo, diventano attrazioni, es. cattedrali
3. costruzioni, strutture e luoghi costruiti a scopi turistici, es. parchi a tema
4. eventi speciali.
29
Page (1995) considera questi vari elementi come caratteristiche del leisure setting.
30
Le “cose ordinarie” per i residenti diventano “attrazioni” per i turisti
Punti critici nel rapporto turisti-residenti
31
5. IL TURISMO CULTURALE - DESTINAZIONI URBANE E DESTINAZIONI RURALI
LE DESTINAZIONI URBANE
“Il turismo urbano è un turismo che si sviluppa in città e paesi dove l’heritage non è la principale
attrazione, anche se vi sono edifici antecedenti la rivoluzione industriale” (Burton, 1995). Da questa
prospettiva, il turismo urbano non riguarda le attività turistiche che avvengono nelle città, ma
attività che con pochi cambiamenti potrebbero aver luogo anche altrove.
In modo significativo, il turismo urbano è una forma di turismo ma anche “un’integrale, tradizionale
e adeguata parte della vita urbana”. Il turismo urbano può includere:
- giri e visite della città
- visite a siti culturali: gallerie d’arte, concerti, musei
- shopping
- mangiar fuori
- business tourism, conferenze, meeting
Il turismo urbano è generalmente orientato verso le arti e la cultura e alti standard ambientali e
questi attributi sono ricercati dagli executive e impiegati altamente specializzati delle nuove
industrie. Nel valutare le risorse di una città e il loro uso (mantenimento o trasformazione?) la cosa
più importante, come dice Getz (1994) è di analizzare costi e benefici, ma soprattutto:
Sapere chi ne beneficia e chi paga i costi è spesso più importante che determinare e misurare gli
effettivi costi e benefici […] L’industria turistica guadagna, ma la comunità è forzata o
incoraggiata a cambiare.
Quali valori hanno la priorità quando si prendono certe decisioni? La comunità? L’amministrazione
pubblica? Interessi privati? Incoraggiare un senso di proprietà in un nuovo sviluppo è cosa
desiderabile; è probabile che contribuisca all’ospitalità che il turista riceve quando visita la
comunità. Questi problemi dovrebbero essere discussi per coinvolgere la comunità.
I festival locali sono un ulteriore esempio di beni ambigui per quanto riguarda la “proprietà”. In
quanto celebrazioni tradizionali, di lunga data, sono parte della storia di un luogo. Finché sono
goduti dalle sole comunità locali non fanno parte del prodotto turistico, ma non appena “scoperti”
da turisti allocentrici che si avventurano fuori dei sentieri battuti, possono venire “adottati” dalle
autorità locali che vi possono investire e metterli sul mercato per renderli più accessibili e, forse, più
“interessanti” per i turisti. Questo rappresenta una risposta alla globalizzazione che ha forzato molte
autorità locali a sviluppare un approccio più “basato sul mercato” delle tradizioni locali.
L’ALLOGGIO NELLA DESTINAZIONE URBANA
Un’esigenza basilare in una destinazione è l’alloggio per turisti, preferibilmente un range di tipi
diversi di alloggi appropriati al luogo. Un’ampia gamma include dagli alloggi economici a quelli di
lusso, ma ciò non potrebbe essere necessario in tutte le destinazioni, dipendendo dai mercati target.
Rispetto al luogo, è importante valutare l’impatto: in una città storica un nuovo albergo è preferibile
sia situato in un edificio esistente, riadattato (Hotel Molino Stucky a Venezia).
LA COMUNITÀ DI UNA DESTINAZIONE TURISTICA
Lo sviluppo turistico porta spesso con sé impatti negativi o quantomeno disagi per la popolazione
residente. Occorre però definire con precisione “la comunità”. Giustamente negli ultimi anni ci sono
stati positivi tentativi di superare la visione elitaria dei “master planner” e il loro approccio allo
sviluppo, cercando di coinvolgere tutti gli stakeholder di un luogo e non soltanto gli shareholder.
32
Bisogna essere però precisi nel considerare bisogni e ragioni della “comunità”, al fine che non si
limiti ad essere un termine astratto e generico.
Non esiste infatti un’unica, singola, visione comunitaria nei confronti dello sviluppo turistico di una
destinazione: i giovani avranno un’idea diversa rispetto alla popolazione anziana, i nuovi arrivati
avranno un’altra posizione rispetto ai residenti da lunga data, la comunità d’affari avrà un’altra
reazione rispetto alla comunità residenziale rispetto a specifici progetti di sviluppo o, forse, allo
sviluppo in generale nella “loro” zona: quartiere, villaggio, città, provincia o regione.
È possibile, attraverso un processo di indagine (questionari, focus group), misurare gli
atteggiamenti esistenti. Gli amministratori devono considerare tutti i fattori e ascoltare le opinioni
dei tecnici per non prendere decisioni impopolari, creando antagonismi, malumori e conflitti.
LE DESTINAZIONI RURALI
Caratteristiche delle aree rurali (Lane 1994):
1. dimensioni della popolazione/insediamento
2. attività
3. strutture sociali.
Le strutture sociali secondo Sharpley (1997) tendono ad essere tradizionali, con forte senso della
comunità, le economie sono semplici, il focus è più locale che cosmopolita e c’è uno stile di vita più
lento e materialistico. Questa immagine “old fashion” è anche quella che attira i turisti.
Vi sono però diversità nelle definizioni di “area rurale”:
- Australia: cluster di popolazione inferiore a 1000 persone
- Austria, parrocchie con meno di 5000 persone
- Canada, luoghi con meno di 1000 persone o sotto le 400 per miglio quadrato
- Norvegia, agglomerati inferiori a 200 persone
- Gran Bretagna, Italia, Spagna, insediamenti minori di 10000 persone, ma non ci sono dati
ufficiali.
L’ALLOGGIO NELLA DESTINAZIONE RURALE
Date le caratteristiche di questo turismo, l’alloggio è particolare, soprattutto di tipo privato, con
dimensioni modeste. Vi sono però alcune associazioni, che servono di garanzia per i controlli e gli
standard minimi di fornitura.
- In UK la Thomson Holidays offre cottage in affitto; la Scottish Farmhouse H. offre due tipi di
soggiorno: “centred h.” soggiorno in una sola fattoria o “touring h.” itinerante in più fattorie.
- In Francia e Belgio ci sono tre livelli di offerta
- l’associazione dei gites ruraux offre alloggio in case private.
- la catena dei Logis de France (fino a 3 stelle) e dei più rustici Auberges de France (1 o 2
stelle) offrono servizi legati alla situazione locale (es. piatti tipici)
- il top è rappresentato dalla catena Relais et Chateaux, molto lussuosi, situati in castelli e case
nobiliari di prestigio.
- Anche in Spagna (paradores) e in Irlanda (Manor House Hotels) ci sono offerte di alloggio in
castelli e palazzi.
- In Italia è più recente l’introduzione degli agriturismi e dei bed & breakfast, iniziati a metà
degli anni ’80 e ’90, ma esplosi dopo il giubileo del 2000. Vi sono molte associazioni.
33
TIPI DI TURISMO RURALE
Vi sono numerose categorie, secondo le motivazioni, che implicano diversi compiti per il
management.
- Vedere meraviglie naturali. Scenari famosi (cascate, parchi, isole) sono spesso collocati in zone
rurali (molti siti di world heritage). Possibili interventi per limitare le quote di turisti in visita.
- Prendere parte in attività all’aria aperta: canoa, deltaplano, sci fuori pista, oltre alle passeggiate
a piedi e in bici.
- Girare in auto o pullman. Interventi: aree pic-nic, pannelli esplicativi (geologia, flora, fauna)
- Provare un diverso stile di vita, “idillio rurale”: prendere parte a una vera vita rurale (o quasi):
working farm, agri-tourism (Sharpley 1997)
PROBLEMI DEL TURISMO RURALE
Spesso il turismo in zone rurali è di tipo “reattivo” piuttosto che “proattivo”, come risposta a
situazioni di crisi:
- popolazione in declino
- grandi cambiamenti strutturali (sociali, tecnologici)
- caduta dell’occupazione e del reddito
- diminuzione dei servizi
- perdita di identità e cultura.
34
6. IL MARKETING DEL TERRITORIO
Il compito che le imprese affidano al marketing è di stimolare, facilitare e valorizzare le transazioni,
al fine di ottenere comportamenti favorevoli da parte della domanda
In senso generale il marketing può essere inteso come la disciplina che gestisce qualsiasi forma di
scambio tra un soggetto in grado di offrire (un bene, un servizio, un’attività) e un soggetto che
abbia un corrispondente interesse o necessità nei confronti di tale offerta.
In tal senso il marketing può quindi riguardare anche un’area geografica.
Fare marketing territoriale significa:
• Conoscere
… i turisti
• Evidenziare … le risorse
• Gestire
… il sistema
• Promuovere … la destinazione
• Le fasi del marketing territoriale:
1. L’attività inizia sempre con una ricerca.
Conoscere le risorse, gli strumenti e i clienti, attuali e potenziali.
2. Si mettono a fuoco obiettivi chiari e realistici.
Non esiste un prodotto turistico che vada bene per tutti, non si può stare in attesa dei clienti.
Occorre individuare i segmenti di mercato a cui rivolgersi, sapere la propria posizione rispetto ai
concorrenti, decidere tempi e modalità di azione.
3. Bisogna scegliere una strategia e precise tattiche.
La strategia è l’insieme delle azioni di lungo periodo che permettono di raggiungere gli obiettivi,
attraverso singoli comportamenti di breve periodo, che rientrano nel comportamento tattico.
4. Importante è l’attività di monitoraggio e verifica dei risultati.
Conoscere i punti deboli di certe azioni, i motivi del successo o fallimento di certe scelte, la
soddisfazione della clientela è utile per programmare nuove attività e migliorare il proprio operato.
I primi passi
A - Elaborare un piano programmatico, con obiettivi dettagliati in grado di portare
positivi.
B - Considerare gli impatti: ambientali, economici e sociali (Vedi Doxey).
C - Costituire un Comitato di gestione, con soggetti pubblici, privati e residenti.
D - Analizzare e valutare le risorse.
E - Capire il mercato.
35
a traguardi
A - Elaborare un piano programmatico
TRAGUARDI e OBIETTIVI
• I TRAGUARDI rappresentano una direzione, un punto focale per la politica turistica:
- sono dichiarazioni di intenti o desideri relativi al modo in cui il turismo dovrebbe svilupparsi
per migliorare il suo potenziale e ridurre i problemi
- sono continui: mai effettivamente raggiunti, ma sempre perseguiti
- sono costituiti da brevi, chiare e concise dichiarazioni che definiscono la direzione del futuro
sviluppo
- sono le fondamenta per definire obiettivi più precisi.
• Gli OBIETTIVI TURISTICI sono più specifici. Ogni traguardo può avere molteplici
obiettivi, che dividono i traguardi in dettagliate dichiarazioni di intento e definiscono il modo
in cui i traguardi devono essere realizzati. Agiscono come punto di riferimento per misurare il
successo nel futuro; perciò devono essere:
- quantificabili o misurabili
- raggiungibili entro uno specifico periodo di tempo
- concisi, specifici e chiari per tutti
- realistici, non una lista di desideri impraticabili.
• Le FASI o step forniscono i dettagli: cosa, come, quando, da chi.
36
B - Considerare gli impatti:
1 - economici
2 – ambientali
37
C - Costituire un gruppo di gestione territoriale
38
7. IL TOURISM RESOURCE AUDIT
A completamento dei materiali qui raccolti, è utile riproporre il capitolo 4 del volume di Godfrey e Clarke,
Manuale di marketing territoriale per il turismo, Le Monnier, Firenze, 2002. Il libro è ormai fuori
commercio, ma secondo gli studenti che l’hanno utilizzato nel triennio, come testo per il Corso di “Analisi e
progettazione delle reti territoriali turistiche”, questo manuale risulta molto utile per la messa in pratica di
progetti di marketing territoriale.
Capitolo quattro
CHE COSA ABBIAMO?
Conoscere le risorse turistiche
INTRODUZIONE
Una base di risorse turistiche è l’essenza del richiamo turistico di ogni località di destinazione. Le risorse
turistiche sono tutte quelle caratteristiche che attirano i visitatori in una località. Esse formano il nucleo
centrale delle attrazioni per i turisti, ma includono anche altri servizi e impianti che provvedono ad
alloggiare e intrattenere i turisti mentre si trovano nell’area. Le risorse turistiche rappresentano il lato
dell’offerta nell’equazione di base tra domanda e offerta, che occorre poi confrontare con le richieste del
mercato per sviluppare una destinazione turistica di successo. Esse sono il “potere di trazione” che serve ad
attrarre specifici gruppi di turisti (vedi cap. 5).
Una completa ed approfondita conoscenza sia della domanda che dell’offerta è un elemento vitale di
qualsiasi processo di sviluppo turistico. Troppo spesso, tuttavia, quando le aree cominciano a pianificare in
vista di uno sviluppo turistico la prima direzione del loro agire è diretta semplicemente a provare ad attirare
gente. Si effettua un’insufficiente rassegna di ciò che un posto può offrire, ma senza una chiara
comprensione di come queste risorse si combinano insieme o che cosa la località possa realisticamente
sperare di raggiungere. Il compito di valutare il reale potenziale turistico dell’area (cioè la qualità delle
risorse, la loro accessibilità e capacità di attrazione) è spesso trascurato in favore della più immediata ed
attraente attività promozionale e pubblicitaria.
Anche nelle destinazioni turistiche già esistenti, valutare la fornitura turistica è un importante passo nel
processo di sviluppo. Esso contribuisce a identificare le lacune del prodotto, evidenzia i punti deboli nei
servizi e stabilisce le priorità di sviluppo. È anche molto utile in un secondo momento, quando si arriva alla
produzione delle guide turistiche, dei servizi informazione e in vista dei programmi futuri di promozione e
comunicazione. Sfortunatamente, alcune stazioni turistiche pensano di conoscere già ciò che possiedono e
credono che la crescita sarà raggiunta semplicemente attraverso una più efficace azione di vendita.
Tuttavia, un’adeguata strategia di sviluppo in qualsiasi ambito richiede informazioni aggiornate ed accurate
sull’offerta turistica, senza la quale nessuna promozione potrà mai ovviare alla mancanza di risorse
turistiche basilari. Così un passo fondamentale per qualsiasi area che cerchi di sviluppare o migliorare il suo
richiamo turistico, è quello di valutare criticamente la propria base di risorse turistiche. In quest’ottica il
capitolo spiega i principali accorgimenti per costruire un tourism resource audit come rassegna critica della
fornitura turistica di una località.
TIPI DI RISORSE TURISTICHE
Vi sono risorse turistiche di tutti i tipi e dimensioni; le principali caratteristiche di un’area possono essere
considerate parte della risorsa turistica complessiva di una destinazione. Esse includono elementi
dell’ambiente naturale e umano, festival ed eventi, attività, attrezzature costruite appositamente, servizi di
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ospitalità e trasporto. Queste caratteristiche possono essere classificate come risorse principali o di
supporto.
Le risorse principali sono quelle che hanno una più forte capacità di attrazione, solitamente rappresentano
il fattore chiave di motivazione nel processo decisionale di viaggio del turista.
Le risorse di supporto sono quelle che completano le risorse principali di una zona e contribuiscono a
formarne il richiamo, ma non rappresentano di per sé un motivo sufficiente per il viaggio.
Catalogare le risorse sotto un qualche titolo, tuttavia, richiede inevitabilmente un certo grado di giudizio.
Spesso ci sarà qualche sovrapposizione tra il tipo di categoria e la relativa importanza di queste risorse
rispetto ai diversi mercati di visitatori. Quella che può essere una risorsa culturale per qualcuno, può essere
considerata un festival o un evento speciale per qualcun altro. In effetti, il modo in cui si cataloga una
risorsa può dipendere molto da come si vedono la località e il tipo di attività turistica in offerta (per
esempio, per alcuni il Concorde è solo un servizio di trasporto, ma può essere considerato un’importante
attrazione da altri). In modo simile, quella che per qualcuno è una risorsa principale, può essere considerata
da altri come supplementare o con un semplice ruolo di supporto nel richiamo turistico di una località. Le
risorse possono anche avere un ampio richiamo universale (per esempio un panorama naturale) o essere
più specialistiche e richiamare solo uno specifico mercato (per esempio il luogo di nascita di qualche
personaggio famoso o sconosciuto).
In realtà, non tutte le località hanno effettivamente una risorsa principale “di per sé” importante, ma
piuttosto un insieme di risorse di supporto che quando sono combinate tra loro formano un’unica
principale attrazione. Da soli, gli ambiti territoriali (naturali o meno), la cultura locale o i servizi disponibili
possono non essere sufficienti ad attrarre visitatori, ma quando sono combinati formano una base
attrattiva o un’immagine che diventa la risorsa principale. In molte città e paesi è spesso questo amalgama
di risorse che crea il richiamo turistico o l’immagine che serve ad attrarre persone in quel particolare luogo.
Data la probabile sovrapposizione e l’ampio mix di risorse che costituiscono l’industria turistica, il numero
di potenziali categorie e sub-categorie che le descrive è virtualmente infinito. Per semplicità, in questo libro
vengono usate 5 categorie per descrivere le risorse basilari del turismo: risorse naturali, culturali, eventi,
attività e servizi. Ciascuno di questi gruppi ha un certo numero di sottotitoli che aiutano ulteriormente a
classificare i diversi aspetti di queste ampie categorie principali. I capitoli seguenti intendono fornire degli
esempi, non esaustivi, dei tipi di caratteristiche che possono essere considerati sotto ciascuna di queste
cinque categorie. Le tabelle non sono assolute e ciascuna destinazione avrà bisogno di eliminare o
aggiungere altri elementi in rapporto al proprio ambito turistico. Tuttavia, esse comprendono un ampio
raggio di risorse e di possibilità che comunemente caratterizzano le destinazioni turistiche.
Le risorse naturali
Le risorse naturali comprendono aspetti territoriali e di paesaggio, specie animali, uccelli o piante rare e
caratteristiche idriche come laghi, fiumi o cascate. Spesso questi elementi formano il nucleo centrale del
richiamo turistico di una zona. In alcune località ciò può essere anche la caratteristica più importante.
Anche il clima gioca un ruolo chiave, sia come fattore primario in rapporto ai cambiamenti stagionali, ma
anche con la sua influenza sulle altre categorie di risorse (es. quando si tengono festival o stagione sciistica)
Le risorse naturali costituiscono un inestimabile patrimonio turistico e sono fondamentali per lo sviluppo
del turismo praticamente per tutte le località. Le risorse naturali tendono ad essere i fondamenti da cui si
possono sviluppare altre risorse, e così spesso giocano sia un ruolo principale che di supporto nello sviluppo
turistico. Tuttavia, le risorse naturali tendono anche ad essere quelle di per sé meno produttive in termini di
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diretti benefici economici, specialmente quando sono di proprietà “pubblica” (vedi cap. 2).
Inoltre, esse sono frequentemente considerate una risorsa gratuita in quanto la loro proprietà può essere
difficilmente definita, rendendole più difficili da gestire in rapporto agli effetti negativi creati dai visitatori, a
meno che il loro uso non possa essere specificamente regolato. La tabella 4.1 elenca un certo numero di
comuni risorse naturali frequentemente incluse in varie liste di attrazione di una località.
RISORSE NATURALI
FLORA
Aree forestali; fattorie, frutteti e vigneti; flora selvatica; prati; fiori rari o minacciati; spezie ed erbe.
PAESAGGIO
Spiagge; cave; scogliere; barriera corallina; deserto; formazioni geologiche: per ghiaccio, vento, pioggia;
forre, burroni, canyon; isole; montagne; pianure; dune sabbiose; paludi; valli ed altipiani; vulcani.
FAUNA
Uccelli: acquatici, da preda, rari, specie in pericolo; insetti; selvaggina: di grande e piccola taglia, rara, in
pericolo; mammiferi marini; animali domestici.
CLIMA
Stagionale: primavera (fioritura), estate (secca/umida), autunno (fogliame), inverno (neve); clima arido,
temperato, tropicale, continentale, costiero, alpino.
ACQUA
Fiumi: meandri, cateratte, cascate; laghi; estuari; sorgenti termali; geyser; pozzi e sorgenti; cascate;
mari/oceani; neve/ghiaccio.
Tabella 4.1 – Gli elementi delle Risorse Naturali
RISORSE CULTURALI
Coprono un’ampia varietà di caratteristiche, inclusi aspetti negli stili di vita del passato e del presente,
atteggiamenti e scenari sociali. Comprendono elementi storici in situ, come palazzi antichi, rovine, castelli,
forti e dimore storiche. Riguardano elementi di interpretazione storica basata su fatti e artefatti, come
musei, siti storici e altri centri di interpretazione. Includono anche il tessuto urbano o edilizio di molti paesi
e città storiche. In effetti un ambiente urbano attraente è un’importante caratteristica di molte località
turistiche. Anche nello scenario naturale, la qualità delle attrezzature costruite è una caratteristica
significativa. Le risorse culturali riflettono certi aspetti della società attuale e il modo in cui le persone di
differenti aree ed origini etniche vivono, lavorano e giocano. Esse includono ambienti religiosi, elementi di
nazionalità e altri aspetti della vita e dello stile di vita di una particolare cultura e società indigena.
Includono anche elementi come il luogo di eventi significativi, o la locazione di alcuni popolari fenomeni
sociali, per esempio l’ambientazione di un famoso film, o dove è stata girata una serie televisiva. La maggior
parte di aspetti in questa categoria, come quelli delle risorse naturali, è diventata una risorsa turistica
autonoma più che in rapporto alla loro originale funzione o intento primario (vedi figura 4.2).
RISORSE CULTURALI
RELIGIOSE
Chiese: cattedrali, basiliche, santuari, cappelle; moschee; sinagoghe; templi; luoghi di sepoltura; sacrari;
luoghi di pellegrinaggio; elementi di altre religioni.
PATRIMONIO
Castelli; forti; luogo di nascita di personaggi storici; edifici storici; scenari storici: capanne, palazzi, villaggi;
città fantasma; folklore; musei: moderni, antichi, collezioni speciali; scienza e tecnica; monumenti; rovine:
preistoriche, celtiche, greche, romane, medievali, rinascimentali; Rivoluzione Industriale; campi di battaglia;
antiche strade, sentieri, strade ferrate.
ALTRO
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Celebrazioni etniche; cultura indigena: danze, costumi, linguaggi, dialetti, cibi e bevande; musica, arte;
lavoro e industria; artigianato; siti archeologici; locazioni di film; folklore; tradizioni locali.
Tabella 4.2 – Gli elementi delle Risorse Culturali
EVENTI
La categoria degli eventi presenta un vasto assortimento di festival, tornei e anche attività fieristiche che
servono sia a funzioni turistiche che a normali funzioni commerciali e d’affari. Molti eventi regolari hanno le
loro origini in qualche attività sociale o culturale, inizialmente progettata per servire un mercato di
residenti, ma che è cresciuta fino a diventare una risorsa turistica principale o di supporto. Le risorse di
evento possono includere carnevali di strada, parate o altre celebrazioni ludiche. Possono anche includere
gare sportive o ricreative, musicali o artistiche. Questi eventi, se avvengono su basi regolari, possono
servire a formare un’immagine della località, creando una risorsa sintetica principale da un insieme di più
piccole caratteristiche di supporto. Tuttavia, gli eventi sono realmente utili come risorsa turistica solo se si
presentano con dimensioni sufficienti ad attirare visitatori, oppure presentano un sufficiente interesse per
completare le attività dei turisti che sono in zona.
EVENTI
FESTIVAL
Musica: jazz, folk, classica, popolare, locale; teatro; danza: classica, balletto, contemporanea, tradizionale;
eno-gastronomia; letteratura, poesia.
TORNEI
Sportivi: locali, regionali, nazionali, internazionali; atletica; corse: cavalli, cani, auto, moto, biciclette.
AFFARI
Fiere, mostre e mercati: agricoli, nautici, auto, veicoli ricreativi, equipaggiamento sportivo; meeting e
convention: business, club, organizzazioni.
ALTRO
Festività nazionali, locali; celebrazioni storiche; carnevali di strada; sagre patronali; parate; fiere di
artigianato; fiere agricole; mostre floreali; aste; mercatini antiquari; pellegrinaggi e festività religiose;
mostre di animali; gare di pesca; regate; esibizioni aeree; parate militari; mostre fotografiche; visite di
celebrità.
Tabella 4.3 – Gli elementi delle Risorse di Evento
Gli eventi comprendono anche più consistenti ma meno frequenti attività di alto profilo, come grandi fiere
internazionali, grosse convention d’affari ed eventi sportivi nazionali e internazionali. Questo tipo di eventi
serve a mettere un certo luogo sotto i riflettori per brevi periodi di tempo, attirando un gran numero di
visitatori ma per una durata limitata. Essi spesso contribuiscono a promuovere un’area, soprattutto per la
durata dell’evento, ma una volta che esso è finito l’immagine può tendere a impallidire e può non incidere
realmente sui futuri sviluppi dell’attività turistica. La tabella 4.3 elenca un certo numero di categorie
generali di evento che possono essere a loro volta suddivise in una lista virtualmente infinita di variazioni
locali su un tema.
LE RISORSE DI ATTIVITÀ
La categoria delle “attività” tende genericamente ad includere quelli che tradizionalmente si definiscono
impianti appositamente costruiti come attrazioni per il tempo libero e il turismo.
Questi includono parchi a tema e centri di intrattenimento, zoo, acquari, giardini e altre ambientazioni sul
modello del parco. Le attività comprendono anche tutte quelle caratteristiche che forniscono al visitatore
42
l’opportunità di partecipare a qualche forma di attività ricreativa come lo sport, lo shopping di svago, o
anche affari e industria. Per quanto riguarda sport e ricreazione, le risorse di attività vanno dalle piste di sci
ai campi da golf e agli stadi sportivi, fino ad aspetti meno sviluppati come percorsi naturali, piste ciclabili o
punti panoramici naturali.
Quando ci si riferisce ad aspetti di commercio, industria e affari, le risorse possono includere centri di
conferenze e luoghi di riunione, visite alle fabbriche e ad impianti di vendita al dettaglio presso alcuni
fornitori principali (per esempio, spacci aziendali, fattorie, cantine, caseifici). Inoltre altri impianti di vendita
al dettaglio, come botteghe di artigianato, negozi di regali e altri beni di lusso, offrono varie opportunità per
lo shopping di svago, che è un elemento chiave di ogni località turistica.
Le risorse di attività spesso rappresentano sia elementi principali che di supporto. Per un potenziale
visitatore di lunga durata, l’ambito e la diversità delle attività disponibili può essere un fattore di grande
motivazione nella scelta della località. Per altri, tuttavia, può essere semplicemente la qualità di una
particolare attività a rappresentare la maggiore attrazione turistica, come ad esempio dei percorsi di
trekking o una pista da sci. Per il mercato dei visitatori giornalieri e di breve soggiorno, la diversità
complessiva può ancora essere importante, ma può essere un’opportunità di shopping che può talvolta
caratterizzarsi come principale risorsa di attrazione di una località, incidendo sulla scelta turistica.
La figura 4.4 elenca un certo numero di impianti, servizi e opportunità ricreative considerate come attività.
ATTIVITÀ
RICREATIVE
Campi da gioco per bambini; campi da golf; piste da sci, campi da tennis; sentieri naturalistici attrezzati;
percorsi equestri; percorsi per mountain bike; canali; aeroporti sportivi; luoghi di parapendio e
paracadutismo; palloni aerostatici; maneggi; corsi di pittura, scrittura creativa, artigianato; stadi sportivi;
campi da gioco; stagni ghiacciati; piscine; sport acquatici: canoa, barche, vela, windsurf, immersioni, rafting;
pesca; caccia; tiro a segno; tiro con l’arco; guida fuoristrada; bungee jumping; attività manuali in genere.
SERVIZI
Punti di vendita al dettaglio di attrezzature sportive, da campeggio, da vita all’aperto; gallerie d’arte;
botteghe d’artigianato; spacci aziendali; vetrerie; fabbriche di porcellane; teatri; cinema; luoghi di salute;
beauty–farm.
ATTREZZATURE
Cantine: visite, assaggi, vendita; zoo safari; parchi di selvaggina; parchi agricoli; voliere; acquari; arboreti;
giardini botanici; planetari; parchi a tema: di divertimento, acquatici; mini–golf; visite industriali: dighe,
centrali elettriche, miniere, fabbriche; porti e moli: navali, storici; ferrovie: a vapore, a scartamento ridotto,
funicolari; altri parchi: locali, regionali, nazionali.
Tabella 4.4 – Gli elementi delle Risorse di Attività
I SERVIZI
L’ultimo, ma non meno importante gruppo di risorse turistiche include tutti quei servizi che effettivamente
rendono possibile il turismo in una località. Essi includono le più ovvie attrezzature di accoglimento e di
catering, ma anche i mezzi di trasporto, di ospitalità e i servizi generali di una comunità. Come risorsa di
servizio i sistemi di trasporto, oltre ai basilari taxi e autobus, si allargano a comprendere i mezzi più svariati,
dalla bicicletta allo scooter in affitto fino agli aeroporti locali e ai basilari servizi connessi. Si considera anche
la presenza di infrastrutture che incidono sull’accessibilità al luogo e sulla mobilità personale una volta che
il turista è arrivato.
La reception è un altro significativo servizio per il turismo. È una collezione di funzioni di servizio che
rendono il viaggiare più facile, più efficiente e, se tutto va bene, producono una positiva esperienza
43
turistica. Non si tratta normalmente di risorse principali, ma giocano ugualmente un fondamentale ruolo di
supporto nella fornitura turistica complessiva. Includono servizi di informazione al visitatore (mappe,
brochure e cartine), servizi di interpretariato e di cambio, ma anche gli atteggiamenti della comunità verso
l’attività dei visitatori. Il modo di ricevere il turista è così un altro elemento chiave dell’immagine di una
zona, che è fondamentale sviluppare in quanto la maggior parte dei turisti non vuole visitare un posto con
un’immagine negativa, o che abbia la reputazione di essere poco amichevole verso gli estranei (vedi cap. 2).
Infine, i generali servizi di comunità costituiscono il resto di questa categoria. Questi includeranno, per
esempio, salute, sicurezza pubblica, interventi di emergenza e le normali forniture domestiche che possono
essere usate anche dai turisti (vedi tabella 4.5).
Chiaramente non tutte queste risorse sono disponibili in tutte le località. Se lo fossero, ci sarebbero ben
pochi motivi per viaggiare, dato che le premesse del turismo sono il desiderio di vedere e provare qualche
luogo diverso. Ciascuna località deve esaminare le proprie risorse e decidere se, dove, quando e come
queste possano esser usate nel processo di sviluppo turistico.
Tuttavia, uno dei più difficili aspetti della pianificazione del turismo per le comunità e le regioni è di
riconoscere il proprio totale potenziale di risorse e le relative opportunità e i limiti che possono incidere
sullo sviluppo turistico dell’area. Alcune risorse possono non essere facilmente identificate a prima vista,
poiché molte caratteristiche locali possono sembrare basilari e date per scontate nella località di
destinazione. Eppure quel che può sembrare di poca importanza può invece essere in realtà un’importante
forza di attrazione o un meccanismo di supporto nel richiamo complessivo della destinazione.
Considerando tutto ciò, il tourism resource audit è progettato per aiutare le destinazioni a rispondere a
questa domanda sul proprio sviluppo: cosa c’è, riguardo a questo posto, che possa invogliare i turisti a
venirci?
SERVIZI (o Infrastrutture turistiche)
TRASPORTI
Accesso: strade, ferrovie, mare/fiume/canali, aria; taxi: strada, acqua; noleggi: auto, aerei, biciclette, cavalli
(e carrozze), scooter/moto, moto da neve/da acqua, barche (canoe/kayak, a remi, a motore); tour in bus;
aeroporti locali: lezioni di volo, volo a vela; scuderie, maneggi.
ALLOGGIO
Hotel: 2-3 stelle, 4-5 stelle; B&B; agriturismo; case ed appartamenti in affitto; campeggi; ostelli,
collegi/dormitori per giovani; locande; motel.
ACCOGLIENZA
Centri d’informazione: mappe, brochure, souvenir; percorsi cittadini; interpreti e servizi di traduzione;
indicazioni pedonali; quadri informativi; tour: con guide locali, autonomi; immagine della città;
atteggiamento della comunità; politiche amministrative; sinergia con tour operator.
CATERING
Bar, pub, bistrot, enoteche, sale da tè, caffetterie; fast food; rosticcerie e takeaway; trattorie; ristoranti;
gourmet restaurant; cucina etnica; cucina internazionale; siti da picnic; bancarelle alimentari; self-service.
SERVIZI
Porti turistici: rimessaggio, riparazioni; officine meccaniche; stazioni di servizio; banche: bancomat, cambio;
polizia, vigili urbani; servizi medici: dottore, ambulanza, pronto soccorso; servizi veterinari; ferramenta e
casalinghi; comunicazioni: posta, telefono/fax/Internet; fornitura elettrica; fornitura idrica; servizi di
fognatura.
Tabella 4.5 – Gli elementi delle Risorse di Servizio
IL TOURISM RESOURCE AUDIT
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Il Tourism Resource Audit [letteralmente Piano di Verifica delle Risorse Turistiche] è un processo a due stadi,
strutturato e sistematico, di inventario e valutazione:
Primo Stadio
comprende una dettagliata elencazione di tutte le risorse che hanno qualche connessione con il turismo
Secondo Stadio
comprende una valutazione critica di quelle risorse in rapporto alla loro qualità, unicità e richiamo turistico,
ed una prima identificazione di quelli che necessitano di un miglioramento.
L’obiettivo complessivo dell’audit è di creare un database di risorse che verranno usate per stabilire una
strategia di sviluppo turistico, comprese le priorità di sviluppo immediate e di lungo termine, i
miglioramenti di prodotto e le future attività promozionali (vedi cap. 6 e 7).
Il resource audit tuttavia non è solo una semplice lista di risorse, ma una dettagliata analisi dei punti di forza
e di debolezza di una destinazione turistica, da una prospettiva di offerta. Preparare l’audit richiederà del
tempo e lo sforzo di un certo numero di persone per assicurare che il database copra l’intero spettro delle
opportunità e dei limiti turistici dell’area. Sebbene la produzione di un audit possa sembrare un po’ noiosa,
è essenziale stabilire una base di riferimento da cui sia possibile misurare il successo dell’attività di
sviluppo. Lo sforzo messo in opera a questo stadio sarà bene ricompensato più tardi con la realizzazione di
una destinazione turistica di successo e che presenta uno sviluppo sostenibile.
STADIO 1 - Inventario delle risorse
Il primo passo nello sviluppare un inventario delle risorse è essenzialmente quello di fare un esercizio di
brainstorming. Le questioni chiave da considerare quando si pensa al potenziale turistico di un’area
comprendono le seguenti domande:
• Cosa potrebbero vedere d’interessante i visitatori in quest’area?
• Quali sono i diversi tipi di attrazioni che potrebbero visitare?
• Quali tipi di servizi potrebbero richiedere?
• Quali diverse attività potrebbero svolgere durante il loro soggiorno?
• Se decidono di fermarsi per la notte, quale tipo di sistemazione è disponibile?
Le risorse turistiche dovrebbero essere elencate per tipo, come descritto qui sopra, e includere tutte quelle
caratteristiche della destinazione che correntemente sono o potrebbero essere usate dai visitatori. Queste
liste dovrebbero anche comprendere alcune caratteristiche al di fuori dell’immediata area locale, così come
le risorse regionali possono contribuire ad attirare le persone in una determinata zona. Tuttavia, per tenere
questa “regione” entro il contesto della località di destinazione, l’area circostante da includere dovrebbe
esser limitata ad un percorso a venti/trenta minuti di distanza dalla località centrale.
Chiaramente ci saranno alcune sovrapposizioni tra categorie. Per esempio, una ferrovia vapore è
ovviamente una forma di trasporto, ma è più probabile che rappresenti una “attività” per i visitatori
rispetto alla sua originaria funzione di viaggio. Quando ciò accade è generalmente più facile elencare la
risorsa secondo la sua funzione predominante in rapporto all’uso che ne faranno i visitatori.
Tuttavia, quest’inventario non è inteso per essere semplicemente una lista basilare di attrazioni e servizi,
ma una lista strutturata di risorse in rapporto al loro tipo, capacità, mercato, gestione, proprietà e
accessibilità. Non è sufficiente sapere che una risorsa esiste se non si sa dove andare o chi contattare
riguardo al suo ruolo o al potenziale sviluppo per uno scopo turistico.
Pertanto il secondo passo nello sviluppare l’inventario è di creare un database di risorse che indichi questi
punti di proprietà, conduzione, ecc. che possono essere facilmente accessibili e periodicamente aggiornati
con i cambiamenti della situazione. Indubbiamente, la creazione di un tale inventario porterà ad un
45
database molto grande per alcune destinazioni turistiche, che se non è propriamente organizzato può
dimostrarsi di scarsa utilità per la produzione di una strategia di sviluppo. È perciò essenziale che quando i
dati sono raccolti siano inseriti nel database, o tabulati in un formato coinciso che permetterà un loro facile
ritrovamento ed analisi. Esempi di tabelle per ciascuna delle 5 categorie di risorse sono riportati
nell’appendice di questo capitolo.
Inventario delle risorse naturali: elenca tutte quelle caratteristiche dell’ambiente che i visitatori possono
desiderare di vedere per prima cosa, o utilizzare per qualche attività. Le questioni chiave da considerare
nell’elencare queste caratteristiche includono le seguenti domande:
•
che cosa rende unica questa risorsa dell’area?
•
è comune o facilmente disponibile in altre zone?
•
quanto può essere significativa come attrazione esistente o potenziale?
Le informazioni da raccogliere su ciascuna caratteristica naturale dovrebbero includere le seguenti (vedi
appendice 4a):
•
nome e posizione rispetto ad un punto centrale o un centro di informazione turistica
•
accessibilità (punti di accesso, restrizioni, accesso invalidi); proprietà e gestione
•
contatto per informazioni
•
attuale volume di attività o livello di utilizzo
•
tipi di visitatori (origine, attività, dati demografici)
•
servizi per i visitatori (toilette, parking)
Ovviamente questi dati non posso esser raccolti per tutte le risorse naturali, ma laddove è rilevante sarà
utile alla valutazione del potenziale turistico in una fase successiva del processo di sviluppo.
Inventario delle risorse culturali: elenca tutte le caratteristiche dell’ambiente costruito e dei gruppi
culturali che i visitatori possono desiderare di vedere o di cui apprendere maggiormente. Le questioni
chiave da considerare nell’elencare queste risorse dovrebbero essere:
•
che cosa rende unica questa risorsa dell’area?
•
esiste qualche sensibilità sociale o culturale?
•
quanto può essere significativa come attrazione esistente o potenziale?
Le informazioni da raccogliere su ciascuna delle caratteristiche culturali dovrebbero includere le seguenti
(vedi appendice 4b):
•
nome e posizione rispetto ad un punto centrale o un centro di informazione turistica
•
accessibilità (punti di accesso, restrizioni, accesso invalidi)
•
proprietà e tipo di gestione (conservazione, sviluppo o promozione)
•
contatto per informazioni
•
attuale volume di attività o livello di utilizzo
•
stagionalità operativa
•
prezzo di entrata, se c’è
•
tipi di visitatori (origine, attività, dati demografici)
Inventario delle risorse di evento: dovrebbe elencare tutti i festival e le altre attività del tipo evento che si
tengono nella località su base annuale o comunque regolare. Dovrebbe anche includere le attività meno
frequenti, ma gli eventi unici o sporadici saranno meno significativi per una strategia di sviluppo turistico.
Nell’elencare i festival e gli eventi è generalmente consigliabile fissare un criterio di dimensione minima in
46
termini di partecipanti, così che quelli inclusi siano sufficientemente grandi da attirare visitatori esterni
all’area. Le questioni chiave da considerare nell’elenco di queste risorse includono:
•
che cosa rende unico questo evento?
•
attira partecipanti non locali?
•
è di completamento rispetto ad altri eventi locali o in competizione con essi?
•
qual è la sua frequenza?
Le informazioni da raccogliere su ciascun evento dovrebbero includere (vedi appendice 4 c):
•
nome e posizione rispetto ad un punto centrale o un centro di informazione turistica
•
collocazione nel tempo (stagione e durata dell’evento)
•
proprietà e gestione
•
contatto per informazioni
•
numero di partecipanti e spettatori (locali ed esterni)
•
tipo di visitatori (origine, attività, dati demografici)
•
tipi di attività dei partecipanti
•
tipi di attività dei visitatori
•
biglietto di entrata, se c’è
Inventario delle risorse di attività: elenca tutti gli impianti, le attrazioni costruite appositamente, le
strutture ricreative e tutti gli altri servizi che possono essere direttamente rivolti al mercato dei visitatori
oppure possono servire un doppio mercato di residenti e turisti. Le attrazioni sono quelle attrezzature per il
cui uso i visitatori pagano; le strutture ricreative includono le attrezzature che attirano persone, ma il cui
uso può non essere la principale ragione della visita; gli altri servizi includono le opportunità di shopping e
di intrattenimento generale. Le questioni chiave da considerare nell’elencare queste risorse includono:
•
in che modo è unica questa attività?
•
attira utenti non locali?
Le informazioni da raccogliere su ciascuna attività dovrebbero includere i seguenti elementi (vedi
appendice 4d):
•
nome e posizione rispetto ad un punto centrale o un centro di informazione turistica
•
collocazione nel tempo e stagioni operative
•
accessibilità (punti di accesso, restrizioni, accesso invalidi)
•
proprietà e gestione
•
contatto per informazioni
•
attuale volume di attività o livello di utilizzo
•
tipo di visitatori (origine, attività, dati demografici)
•
costo dei biglietti di entrata, sconti, possibilità di abbonamento
Inventario delle risorse di servizio: può essere potenzialmente piuttosto ingombrante, in quanto include
vari aspetti di trasporto, accoglienza, catering, ospitalità e i servizi generali di comunità. Per un certo
numero di queste sotto–categorie, possono già esistere guide locali e tabelle orario; l’inventario può solo
cercare di completare l’esistente con alcuni dettagli ulteriori, tra cui:
•
nome e posizione del fornitore del servizio
•
contatto per informazioni
•
descrizione dei servizi in generale
Poiché quest’informazione è importante, dovrebbe sempre essere raccolta nel contesto della sua
applicazione ad una strategia di sviluppo turistico. Vale a dire, il tipo di servizi da elencare dovrebbe avere
qualche ruolo nel fornire, nell’immediato o potenzialmente, un servizio ai visitatori (vedi appendice 4e).
Molti di questi dati posso essere usati per creare una guida locale delle funzioni di servizio presenti in loco,
compreso viaggi e trasporti, vendite al dettaglio, servizi relativi alla salute e sicurezza, servizi finanziari e
47
altri servizi generali collegati con il viaggio.
Inoltre, per quanto riguarda i servizi di accoglienza, i dati dovrebbero anche includere i seguenti elementi
(vedi appendice 4f):
•
nome e posizione dell’impianto rispetto ad un punto centrale o un centro di informazione
turistica
•
tipo e categoria del servizio
•
servizi offerti (piscina, catering, attrezzature per conferenze)
•
periodo stagionale di operatività
•
problemi di accessibilità (restrizioni per invalidi, tipi di utenti)
•
proprietà e contatto per informazioni
•
numero di camere/letti o volume complessivo
•
livello di utilizzo
•
tipo di visitatori (origine, attività, dati demografici)
•
prezzi e costi
Per i servizi di catering, i dati dovrebbero comprendere (vedi appendice 4g):
•
nome e posizione dell’impianto rispetto ad un punto centrale o un centro di informazione
turistica
•
tipo e categoria del servizio (fast-food, trattoria, ambiente raffinato, ecc.)
•
problemi di accessibilità (restrizioni per invalidi)
•
proprietà e contatto per informazioni
•
capacità (numero di persone sedute) e orari di apertura
•
livello di utilizzo e tipo di utenti (dati demografici)
•
costo medio di un pasto/ambito di prezzi a menu
Per i servizi di reception i dati dovrebbero riferirsi a tutti i servizi ed impianti disponibili per ciascun centro
di informazione dei visitatori o centro di servizi, e includere i seguenti punti (vedi appendice 4h):
•
nome e posizione del servizio di informazione
•
orari di apertura (se ci sono)
•
servizi disponibili (interpreti, guide, vendita di souvenir)
•
informazioni disponibili (pieghevoli, opuscoli, cartine e mappe)
•
contatto per informazioni
•
attuale volume di attività o livello di utilizzo
•
tipo di visitatori (origine, attività, dati demografici)
È anche importante indicare la posizione dei punti di informazione statica, display, pannelli esplicativi,
segnalazioni di strade e percorsi pedonali che possano essere rilevanti per l’attività dei visitatori. Può essere
più facile elencare questi elementi indicandoli con specifici simboli su una mappa turistica della
destinazione. La creazione di una tale mappa è anche molto utile per:
•
identificare la posizione fisica delle risorse naturali e culturali
•
indicare dove si trovano i siti per le varie attività, particolarmente quando si basano sull’uso di
risorse naturali o culturali
•
indicare la posizione fisica dei diversi servizi di accoglienza e catering e di altri fondamentali
fornitori di servizi
Inoltre, le risorse di evento posso essere segnate sulla mappa, indicando dove avvengono, mentre allo
stesso tempo è anche molto utile sviluppare un calendario annuale degli eventi, dando una visione
d’insieme di quando certi festival e altre attività avranno luogo. Ciò non solo aiuta nella costruzione e nella
preparazione degli eventi, ma fornisce un’immagine relativamente immediata di cosa è previsto per
attrarre i visitatori e dove possono esserci delle lacune da rimediare per sviluppare altri eventi turistici (vedi
48
appendice 4i). Tutte queste risorse dovrebbero essere elencate sotto forma tabulati, e incluse in qualche
forma di guida locale di tutte attività turistiche, dei servizi e degli eventi.
Un punto rilevante dell’inventario di tutti tipi di risorse riguarda la raccolta di dati in rapporto all’uso da
parte dei visitatori attuali (vedi cap. 5), incluso:
•
chi utilizza la risorsa
•
quando lo fa
•
a quale scopo
•
quanti sono i partecipanti
Questo tipo di dati sui visitatori è vitale nella comprensione del rapporto tra domanda e offerta,
particolarmente quando si intende valutare il “valore aggiunto” di una località derivante dallo sviluppo di
nuove attività, l’efficacia delle campagne di marketing o la generale struttura della domanda turistica.
Comprensibilmente, alcuni impianti o iniziative commerciali potranno considerare il rilascio di tali dati in
termini di competizione e di privacy, ma se i dati saranno raccolti in modo discreto e con certe restrizioni
nell’uso, allora questo problema non dovrebbe creare preoccupazioni. Tuttavia, senza questo tipo di
conoscenza del mercato può essere molto difficile per una singola destinazione turistica monitorare con
efficacia le sue attività e migliorare i suoi servizi (vedi cap. 9).
STADIO 2 - Valutazione delle risorse
Mentre il primo stadio dell’audit dovrebbe avere identificato che cosa un certo luogo ha da offrire, il
secondo stadio è progettato per contribuire ulteriormente a sviluppare un quadro generale della posizione
in cui la destinazione si inserisce all’interno del mercato turistico complessivo. Una volta che l’inventario è
completo, lo stadio di valutazione serve a identificare che cosa è buono e funziona bene riguardo a queste
risorse, e quali aspetti necessitano di ulteriore attenzione o dove siano necessari dei miglioramenti, se la
località vuole competere con successo. Sebbene la maggior parte delle comunità o regioni abbiano molte
risorse turistiche basilari, non è sufficiente limitarsi a contarle o elencarle, poiché la loro qualità può essere
di sotto dello standard medio od offrire esattamente le stesse esperienze fornite da qualsiasi altra località.
Ciascuna caratteristica di risorsa dovrebbe essere valutata in rapporto agli elementi della sua complessiva
qualità, unicità e capacità di richiamo, e poi riassunta in termini di una valutazione generale delle risorse in
relazione al loro ruolo nel futuro sviluppo dell’industria turistica della zona (vedi appendice tabella 4j).
Qualità della risorsa: il turismo è un’industria guidata dalla domanda del consumatore, ma in realtà vende
un prodotto intangibile. Non possiamo toccarlo, portarlo a casa o provarlo per un po’ di giorni per vedere
se ci piace. Non possiamo nemmeno restituirlo se non siamo soddisfatti. Il turismo vende un’esperienza e la
qualità di quell’esperienza sta diventando sempre più importante in quanto i turisti, in misura crescente,
cercano e si aspettano un miglior tornaconto dai prodotti turistici.
Tuttavia, la qualità delle risorse non è soltanto relativa al servizio al cliente (vedi cap. 8), essa include anche
la conservazione e la gestione. È la qualità totale ad essere vitale per un continuo successo e sviluppo
dell’industria turistica in ogni località. Per esempio, una destinazione turistica può avere un piacevole fiume
come risorsa naturale, ma se l’accesso al fiume è limitato, se ci sono restrizioni nell’uso degli ormeggi o dei
pontili o parti del fiume non sono navigabili, la qualità della risorsa per quanto concerne il turismo può
essere messa in discussione. Il fiume può essere una caratteristica significativa, ma i vincoli nel suo uso
possono limitare il suo valore come fattore chiave nello sviluppo turistico. Le domande da porsi riguardo
alla valutazione della qualità includono:
•
che cosa rende questa risorsa migliore o peggiore rispetto ad altre simili?
•
quali sono i suoi punti deboli, o dov’è vulnerabile?
•
è ben mantenuta?
•
la qualità del servizio è consistente e diffusa?
•
in che modo la risorsa potrebbe essere migliorata?
49
•
quali sono i limiti principali per un ulteriore sviluppo?
Unicità della risorsa: generalmente, se una località è poco “unica” o se è debole il suo senso del luogo, sarà
più difficile sia attirare persone sia competere nel mercato turistico. In realtà, se ogni destinazione turistica
offrisse virtualmente lo stesso insieme di attrazioni, ristoranti, negozi, ambiente e qualità di servizio, il
turismo diventerebbe qualcosa senza significato. Con una competizione sempre crescente, le destinazioni
di maggiore successo saranno quelle che si basano sulle risorse che le differenziano da tutte le altre.
Limitarsi a copiare ciò che gli altri hanno fatto non porta al successo e potrebbe anche essere
controproducente se la qualità della copia non è eccezionalmente migliore dell’originale.
Tuttavia, quasi tutte le zone hanno qualcosa che può essere usato per stabilire il senso del luogo, che si può
fondare su una o più delle categorie di risorsa ed è basato sul carattere della risorsa in quel particolare
ambito. Mentre può non essere possibile identificare qualcosa che sia unico, ciò che dà alla destinazione il
suo senso del luogo è il modo in cui la risorsa è stata usata o sviluppata in quel particolare ambiente. Anche
quando la risorsa base è molto simile ad altre destinazioni concorrenti, c’è sempre l’opportunità di
identificare degli aspetti che sono differenti e che possono servire a creare un’identità separata e unica. Lo
stadio dell’inventario dovrebbe aiutarci ad evidenziare un certo numero di caratteristiche che possono
essere sfruttate a questo fine.
Come per la qualità delle risorse, occorre esaminare l’unicità della risorsa pensando a come ciascuna
caratteristica potrebbe essere usata per mettere in luce le differenze tra destinazioni turistiche piuttosto
simili. Le questioni chiave da considerare riguardo a questo giudizio di unicità includono:
•
che cosa è speciale nella risorsa in questo particolare ambito?
•
che cosa la rende diversa rispetto a località similari?
•
in che modo la risorsa riflette il senso del luogo?
L’appeal della risorsa: come terzo elemento nella valutazione è da considerare la capacità di richiamo
turistico o il potere di attrazione di ciascuna caratteristica delle risorse. Quando si valuta l’appeal, è utile
considerare ciascuna caratteristica in rapporto a come essa si combina con il catalogo corrente delle attività
turistiche e dove possono esserci opportunità di sviluppo ulteriore. Le questioni chiave da considerare
riguardo a questa capacità di attrazione sono:
•
quale ruolo svolge nell’attuale attività dei visitatori (principale o di supporto)?
•
in che modo l’uso da parte dei visitatori viene misurato o valutato?
•
come potrebbe questa risorsa essere resa più attraente?
Sebbene il richiamo turistico sia spesso misurato semplicemente dai dati riguardanti l’utilizzo da parte dei
visitatori (volume, origini ecc.), ciò può essere fuorviante poiché questi dati non danno necessariamente
una reale indicazione del reale potere di attrazione.
Quasi tutte le caratteristiche di una risorsa svolgono qualche ruolo nell’attrarre visitatori nella località, ma
alcune sono chiaramente più importanti di altre. In realtà, poiché un turista visita un certo numero di
attrazioni diverse, non significa che quelle caratteristiche abbiano qualcosa a che fare con l’iniziale potere
di attrazione del luogo. Infatti ciò che può rappresentare una caratteristica centrale in una destinazione,
può non avere in sé effettivamente un ruolo predominante nell’attirarvi le persone. Piuttosto è spesso l’uso
che viene fatto di quella risorsa che rappresenta il vero richiamo turistico. Per esempio, un fiume o un lago
possono essere considerati un’attrazione essenziale in alcune zone, ma senza l’opportunità di utilizzare
queste risorse per qualche attività turistica, il loro effettivo potere di attrazione può essere notevolmente
ridotto.
COME PROCEDERE?
La funzione essenziale del tourism resource audit è di creare un database delle risorse turistiche e fornire
50
una valutazione complessiva di quelle caratteristiche in rapporto alle opportunità e ai limiti dello sviluppo.
Quando l’audit è completo sarà facile rispondere in maniera esauriente alle seguenti domande:
•
che cosa rende una caratteristica di risorsa un pregio o un potenziale vantaggio per la
destinazione, cioè che cosa la rende attraente?
•
quali aspetti del turismo sono attualmente adeguati e soddisfacenti e quali necessitano di
maggiore attenzione se devono svolgere un ruolo centrale nel futuro sviluppo della località?
•
quali sono, se ce ne sono, gli aspetti negativi della risorsa in questione che possono aver bisogno
di miglioramento o di cambiamento (per esempio, l’Ufficio Informazioni Turistiche è chiuso la
domenica)?
•
quali sono, se ce ne sono, gli aspetti della zona che rappresentano un potenziale svantaggio per
un ulteriore sviluppo del turismo (per esempio la deforestazione ha aumentato le probabilità di
inondazioni e smottamenti nella zona)?
Nel complesso, l’audit intende identificare che cosa è valido per il turismo dal punto di vista dell’offerta, e
quali aree od aspetti possono aver bisogno di miglioramenti. Nel fare ciò esso contribuisce a indicare le
principali opportunità per la crescita turistica e le aree critiche o di vincolo che si devono affrontare nella
produzione di una strategia di sviluppo turistico (vedi Capitolo 6). Tuttavia, sebbene l’audit esamini
essenzialmente l’offerta turistica, questa è solo la metà del problema. Se le destinazioni turistiche vogliono
avere successo, devono attirare visitatori che intendano utilizzare le varie risorse in offerta. Ma non tutti i
visitatori sono interessati a tutte le destinazioni, e nemmeno tutti i visitatori sono interessati a tutte le
risorse che possono essere disponibili per loro in una località. Tentare di attirare tutti i tipi di visitatori non
garantisce nulla e può in realtà rivelarsi controproducente.
Uno sviluppo turistico di successo, pertanto, non dipende solo da una chiara comprensione di come le
risorse si combinano insieme, ma dalla capacità di attirare i tipi di turisti che con più probabilità le useranno
e così creare il massimo vantaggio per l’intera zona.
Tuttavia, non tutti i turisti hanno lo stesso impatto, che dipende dalla durata del loro soggiorno, dagli
interessi e dalla capacità di spesa, e così via (vedi il capitolo 2). Il passo successivo nel processo di sviluppo
turistico è perciò quello di identificare quei gruppi di visitatori che già vengono nella località, quali di essi
portano i maggiori vantaggi e poi considerare i potenziali segmenti di mercato che potrebbero essere
incoraggiati a venire. Questa è l’essenza della comprensione della domanda turistica, argomento che viene
trattato nel capitolo 5.
Appendice 4a - Inventario delle Risorse Naturali
NATURALI
Nome
della
risorsa
(e dei
gestori)
Posizione
(riferimento
sulla mappa)
Accessibilità
Utenti
(m/s)1
Servizi per i
visitatori
PAESAGGIO
FLORA
FAUNA
ELEM. IDRICI
1 Utenti:
2 Dati
livello di attività/attuale numero di visitatori: m = misurato, s = stimato
sui visitatori: raccolti o non raccolti
51
Dati sui
visitatori2
Contatto
(nome e
telefono)
Appendice 4j - Valutazione delle risorse
Caratteristica della Risorsa
Problemi di qualità
Unicità relativa
Capacità di attrazione
NATURALE
CULTURALE
EVENTI
ATTIVITÀ
SERVIZI
Valutazione delle risorse
A questo punto occorre allargare la valutazione mediante una matrice SWOT, che indichi:
punti di forza (Strenght)
punti di debolezza (Weakness)
opportunità (Opportunity)
minacce (Threat).
I primi due punti, rapportati ai possibili concorrenti, derivano dall’analisi interna.
Gli ultimi due derivano invece dall’analisi esterna.
Gli elementi emersi vengono valutati con dei punteggi e in prospettiva temporale
Struttura di un’analisi SWOT
Punti di forza
•
•
•
Punti di debolezza
•
•
•
Opportunità
•
•
•
Minacce
•
•
•
Classe d’importanza: 1-5
Probabilità di successo/evenienza: 1-5
Scala temporale: Immediato, Medio, Lungo periodo
52
TERRITORIO E MARKETING
A partire dagli anni ’70 si è affermata l’idea che i principi di marketing possano trovare
applicazione anche fuori dal settore dei beni di consumo, estendendosi ai servizi, ai rapporti tra le
imprese, alle organizzazioni non profit11. In senso generale il marketing può essere inteso come la
disciplina che gestisce qualsiasi forma di scambio tra un soggetto in grado di offrire (un bene, un
servizio, un’attività) e un soggetto che abbia un corrispondente interesse o necessità nei confronti di
tale offerta. In tal senso il mkt può quindi riguardare anche un’area geografica.
Il mkt del territorio si riferisce alla gestione dei processi di scambio tra quanto un’area può offrire e
i soggetti esterni (individui, organizzazioni, enti, imprese) interessati a tale offerta nel perseguimento dei propri obiettivi.
Il processo di mkt diventa parte integrante della strategia sistemica territoriale, della quale diviene
nello stesso tempo strumento di attuazione e di ispirazione, prevedendo le seguenti fasi operative:
a) individuazione delle vocazioni di offerta del territorio (degli assi di attrattiva sulla base dei
quali definire l’offerta territoriale) e degli interventi necessari per svilupparle, potenziarle e
renderle convenientemente scambiabili con categorie definite di soggetti esterni;
b) individuazione dei target dei fruitori (attuali e potenziali) del territorio;
c) individuazione degli attori di riferimento per l’offerta di beni/servizi/strutture;
d) definizione di progetti di intervento sulle vocazioni di offerta, nell’ambito degli strumenti di
azione propri della strategia sistemica territoriale;
e) individuazione e gestione degli strumenti operativi per la promozione, la comunicazione e la
commercializzazione del territorio.
SPECIFICITÀ DEL MARKETING DEL TERRITORIO
Rispetto al marketing tradizionale dei prodotti, quello territoriale presenta alcune differenze.
a) Varietà: il territorio è un insieme di attività, competenze, strutture, risorse tangibili e intangibili
che può essere offerto a target diversi.
b) Controllo: le risorse e le attrazioni hanno una molteplicità di titolari, pubblici (risorse
ambientali e paesaggistiche, architettoniche, artistiche, culturali) o privati (beni e servizi).
c) Fruizione e non acquisto: l’utilizzo del territorio non sempre implica il trasferimento della
proprietà. Ciò avvicina il mkt territoriale al mkt dei servizi, che si generano attraverso
l’interazione fra esigenze del cliente e competenze del fornitore.
d) Non riproducibilità: la maggior parte delle risorse territoriali sono caratterizzate dalla non
riproducibilità. Perciò, una parte dell’offerta territoriale deve essere preservata dal “consumo”,
poiché questo porterebbe alla compromissione della generazione di valore nel tempo.
e) Localizzazione: il territorio non può essere separato dalla propria collocazione geografica e
dalle caratteristiche (fisiche, chimiche, spaziali9 che gli sono proprie; ciò vale anche per le sue
produzioni.
f) Delimitazione: i confini amministrativi delimitano un’area (città, comune, provincia, regione,
stato). Occorre verificare la percezione da parte dei target di domanda.
11
Questa parte è ripresa da: Martini U., Management dei sistemi territoriali. Gestione e marketing delle destinazioni
turistiche, Giappichelli, Torino 2005
53
COMPITI FONDAMENTALI DEL MKT TERRITORIALE
a) Promuovere la realizzazione di un’offerta mirata ad intersecare le richieste del mercato,
coerenti con la vocazione e i fattori di attrattiva del territorio, strutturando di conseguenza le
attività e i servizi di supporto necessari.
b) Incentivare gli attori locali ad assumere comportamenti e iniziative coerenti con il disegno
di offerta complessivo.
c) Favorire la visibilità delle offerte territoriali sui mercati obiettivo, attraverso adeguate
strategie di comunicazione, promozione e sostegno alla commercializzazione.
d) Facilitare l’accesso al territorio, sotto il profilo logistico (raggiungibilità) e informativo.
e) Rafforzare gli elementi di identità che sono in grado di differenziare l’offerta del territorio
rispetto ai territori concorrenti.
OGGETTO E DIMENSIONI DELLO SCAMBIO
Una volta definito ciò che il territorio può scambiare con fruitori esterni, è possibile identificare
anche il target di mercato a cui puntare e la natura della relazione che con esso viene attivata. Ci
sono tre oggetti fondamentali dello scambio:
a) l’insediamento, prima forma di mkt territoriale, teso ad attirare industrie e attività produttive,
commerciali ecc. (la Fiat a Melfi)
b) il valore simbolico, i prodotti sono arricchiti dalla provenienza territoriale, la loro diffusione
può avvenire all’interno (HoReCa) o all’esterno del territorio, in punti vendita promozionali
(lo speck dell’Alto Adige)
c) la visita del territorio, da parte di turisti/escursionisti. Se i flussi assumono dimensioni
significative in quantità e stabilità nel tempo, il territorio si afferma come Destinazione
Turistica.
LA PREVALENZA DI UN CERTO TIPO DI SCAMBIO PRODUCE SPECIALIZZAZIONE:
a) area a forte insediamento industriale, specializzata nell’offerta di servizi e di incentivi
finalizzati all’attrazione di imprese
b) area tipica di produzione, con offerta di prodotti “tipici” (industriali, artigianali,
agroalimentari) contraddistinti da marchi di riconoscimento territoriale
c) area turistica, specializzata nell’offerta di servizi ricettivi, di ristorazione e di occupazione
del tempo libero (attrazioni, eventi).
Il marketing del territorio si configura quindi come un disegno articolato che consente di perseguire
lo sviluppo attraverso la generazione di tre flussi sinergici:
- flussi verso il territorio: incoming turistico e insediamento di attività economiche, generati
attraverso azioni volte ad esercitare un’attrattiva verso target specifici di domanda
- flussi dal territorio verso il mercato, generati attraverso azioni volte ad accrescere il valore
simbolico dei prodotti e servizi offerti dal territorio, aumentandone la vendibilità attraverso
la differenziazione e la qualità
- flussi interni al territorio, generati attraverso azioni volte a rafforzare l’identità del territorio
e a valorizzare il sapere contestuale, coinvolgendo e formando gli attori locali.
54
Fonte: U. Martini, Management dei sistemi territoriali, Giappichelli, Torino 2005, pag. 51
55
Fonte: U. Martini, Management dei sistemi territoriali, Giappichelli, Torino 2005, pag. 81
56
TIPOLOGIA DELLE DESTINAZIONI: CORPORATE E COMMUNITY
Per affrontare la questione del governo delle destinazioni è indispensabile tener conto della struttura
dei processi decisionali di tipo strategico e della ripartizione del potere e del controllo delle risorse.
È così possibile identificare due tipi di destinazioni: corporate e community (Bieger, 1996)
1. Le destinazioni corporate sono luoghi in cui l’offerta turistica è progettata, gestita e promossa
sul mercato con una logica tipicamente processuale e orientata al mkt, da parte di una società di
gestione che possiede o controlla i fattori di attrattiva. Esempi:
- parchi di divertimento
- villaggi turistici
- destinazioni dipendenti da T.O. internazionali (la Sardegna dell’Aga Kahn e in genere le
isole)
- i resort multi-servizi
- le stazioni sciistiche di terza e quarta generazione
Queste destinazioni hanno carattere di holding in quanto:
- possedute da società che gestiscono tutti i servizi legati alla vacanza
- gestite nella logica della business unit, per creazione di valore attraverso molteplici fonti di
ricavo
- commercializzate attraverso pacchetti all inclusive, che mirano alla fidelizzazione al brand
della società piuttosto che alla località (“ovunque tu sia, sei sempre al Club Med”)
2. Altre destinazioni si configurano come luoghi che, nel loro insieme e attraverso l’interazione di
molteplici attori locali, si propongono sul mercato attraverso uno specifico brand. Le
caratteristiche salienti di una destinazione community sono:
- è il territorio nel suo insieme a proporsi sul mercato turistico, offrendo un sistema di
attrazioni che consentono specifiche tipologie di vacanza
- le risorse e le attività sono diffuse, ovvero sono possedute da unità imprenditoriali
indipendenti, spesso locali, con finalità specifiche (reddito, investimenti)
- l’ente pubblico ha un ruolo decisivo in quanto controlla le risorse paesaggistiche e i beni
pubblici e può sostenere l’offerta, con finanziamenti pubblici o funzioni dirette.
Il coordinamento nelle destinazioni community
Le D. community sono assimilabili a reti, che compongono l’offerta attraverso l’interazione fra i
diversi nodi che le compongono. Vi sono due schemi di riferimento per il management: il network
approach e lo stakeholder approach.
1. Un network può essere descritto come un insieme di nodi e di legami, i cui partecipanti cercano
di sviluppare una capacità che ne specializzi la funzione e tentano di assumere il controllo di
una risorsa chiave che consenta loro di assumere un peso maggiore all’interno dei processi
politici di definizione delle strategie. All’interno del network vi sono quattro forze di coesione:
- l’interdipendenza funzionale
- la struttura del potere, dipendente dal controllo delle risorse
- la struttura della conoscenza che si forma internamente al network, con forme di
apprendimento individuale e collettivo
- il legame col fattore tempo: il network è il prodotto della propria storia
57
La numerosità e la specificità delle relazioni impone di distinguere l’importanza di ogni relazione
per gli attori coinvolti e rispetto al network nel suo insieme. Un fondamentale contributo viene dallo
stakeholder approach, che analizza la significatività degli interlocutori esterni di un’impresa nel
processo di formulazione di una strategia.
2. Si definisce stakeholder qualsiasi individuo o organizzazione che sia influenzato o possa
influenzare il raggiungimento di un obiettivo dell’impresa, ovvero abbia un diritto o un
interesse specifico nell’impresa e nelle sue attività attuali, presenti o future (Freeman 1984). Gli
stakeholder possono essere primari, se la loro partecipazione è necessaria per la sopravvivenza
dell’impresa e alto livello di interdipendenza, o secondari, se c’è un’influenza, ma non sono
essenziali per l’esistenza dell’impresa.
L’azione degli stakeholder è legata alle pressioni esercitate sulla base di tre attributi:
- il potere si manifesta in una relazione tra attori quando un attore è in grado di spingere un
altro attore a fare qualcosa che altrimenti non avrebbe fatto;
- la legittimazione esprime la percezione generalizzata che l’azione di un attore sia
desiderabile e appropriata all’interno di un sistema definito di norme e valori;
- l’urgenza esprime il grado in cui un attore è in grado di richiamare immediatamente
l’attenzione degli altri.
58
59
60
61
62
10. I MODELLI DI RELAZIONE TRA DOMANDA E OFFERTA
Dal punto di vista della domanda, il prodotto turistico globale si compone di un insieme di
fattori di attrattiva.
Dal punto di vista dell’offerta il prodotto è l’insieme di fattori di attrattiva realizzati e
organizzati da un aggregato di operatori per rispondere alla domanda dell’utilizzatore attuale
o potenziale.
Questo insieme di operatori può essere più o meno ampio, più o meno coeso da rapporti
interorganizzativi e può essere variamente composto da organizzazioni pubbliche e private, profit e
non profit, che producono beni, servizi, informazioni, e gestiscono, controllano, valorizzano risorse
ambientali, naturali e antropiche. Rimane una questione cruciale:
chi organizza e coordina questo insieme variabile di fattori attrattivi e attori coinvolti?
La risposta parte dalla constatazione che il sistema di offerta si sviluppa attraverso i comportamenti
e le relazioni sia della domanda sia dell’offerta, prima durante e dopo l’esperienza turistica.
Vi sono tre modelli: one-to-one, package e network.
1. Nel modello one-to-one, il prodotto turistico complessivo viene composto dall’utilizzatore
attraverso un insieme di relazioni singole con i diversi attori del sistema di offerta. L’unità e la
coerenza del prodotto sono completamente gestite dall’utilizzatore. Il processo risulta
largamente fuori del controllo delle organizzazioni che fanno parte del sistema.
Mancando una proposta di prodotto complessiva, ciò che si presenta sul mercato è un insieme
di fattori “slegati”, difficili da comunicare in modo efficace attraverso gli strumenti
promozionali, anche qualora esista una qualche forma di promozione pubblica. Di conseguenza
la presenza sul mercato risulta debole.
2. Con la configurazione package, ampiamente nota, il prodotto viene progettato e assemblato da
un’impresa che risolve ex ante il problema dell’unità e della coerenza del prodotto
complessivamente offerto. Nella sua forma più spinta, i gradi di libertà dell’utilizzatore tendono
ad essere fortemente limitati. Emerge la rigidità rispetto all’adattabilità del prodotto e alla
possibilità di partecipazione dell’utilizzatore.
3. La configurazione network è costituita da un insieme di aziende, specializzate in produzioni
differenti o uguali, che si connettono e si accordano secondo diverse forme tecnico-giuridiche,
per assicurare determinati standard di qualità e di prezzo al consumatore. In tal modo il turista
ha la possibilità di scegliere, anche in tempo reale e in loco, tra diverse alternative di prodotto,
essendo guidato e garantito nella scelta e godendo spesso di condizioni di prezzo particolari.
Plus fondamentali del network sono: la più ampia varietà di alternative, la maggiore
disponibilità di informazioni, l’assicurazione della qualità da parte di tutti i produttori
partecipanti, le condizioni di prezzo.
Il grado di controllo e coordinamento è senz’altro inferiore al package, ma rimane ancora
elevato rispetto al primo.
La varietà di alternative a disposizione dell’utilizzatore , anche per uno stesso servizio, risulta
significativamente ampia pur se rimane “controllata”. La libertà di scegliere restituisce inoltre
al cliente un ruolo attivo nel confezionare un prodotto adatto alle sue esigenze, gratificando il
suo desiderio di partecipazione.
63
I tre modelli sono solo alcuni tra i possibili, pensati in un ideale continuum che ha come estremi le
prime due mentre la terza si pone in posizione intermedia.
Da sinistra a destra diminuisce il ruolo attivo e la partecipazione dell’utilizzatore (minore flessibilità
del prodotto) mentre aumenta il grado di controllo del sistema da parte delle organizzazioni
(maggiore possibilità di progettare e gestire il complesso delle relazioni).
La forza di una destinazione, stante l’evoluzione del mercato e dei consumatori turistici, risiede e
risiederà sempre di più nella capacità di offrire molteplici “esperienze turistiche” caratterizzate da
differenti fasce di prezzo, durate dei soggiorni, modi di fruire e sperimentare le attrattive ecc.
Da ciò consegue che devono essere create, per le diverse organizzazioni locali, le condizioni per
cooperare efficacemente con operatori remoti e inserirsi, caso per caso, in altre reti.
I MODELLI DELL’OFFERTA
In base a quanto esposto, vi sono tre modelli di offerta di una destinazione, a seconda che prevalga:
1. Un modello di frammentazione, spesso frutto di spontaneismo imprenditoriale, in cui risorse
e attività sono scarsamente integrate. La valorizzazione dei possibili prodotti dipende dal
comportamento della domanda e da azioni isolate di singole aziende, senza che vi sia
dunque una proposta forte e visibile nel mercato.
2. Un modello di dipendenza: la valorizzazione e l’identità dell’offerta è in mano a operatori
del turismo cosiddetto organizzato (in particolare i tour operator) esterni alla destinazione, a
cui gli operatori locali cedono autonomia strategica, potere di mercato e parte del valore
aggiunto.
3. Un modello di integrazione in cui si sono sviluppati tra gli operatori di una destinazione
comportamenti cooperativi di medio e lungo periodo, in grado di garantire una rete locale di
offerta efficace ed efficiente, che promuove un’identità distintiva e raggiunge una forte
capacità di competere.
Ciascuna azienda/organizzazione partecipa al prodotto complessivo con una produzione specializzata; tuttavia la sua attività è condizionata in modo rilevante dalla capacità di risposta del sistema in
cui è (consapevolmente o meno) inserita.
La possibilità di attivare risorse e godere vantaggi competitivi dipendono da:
- la composizione del prodotto globale che si ritiene desiderato dal turista (RICERCA)
- l’offerta di fattori di attrattiva organizzata e gestita dalle altre organizzazioni presenti nel
sistema, concorrenti e non (BENCHMARKING)
- il tipo di sistema di offerta in cui è inserita o cerca di inserirsi, ovvero in base a legami di
cooperazione con le altre organizzazioni del sistema (NETWORK).
64
11. BRAND E BRANDING
Simon Anholt
Brand: marca, marchio, logo, immagine, comunicazione coordinata.12
Brand: un prodotto, un servizio, un’organizzazione, considerati in associazione al proprio nome,
alla propria identità e alla propria reputazione.
Branding: è il processo mediante il quale si progettano, pianificano e comunicano il nome e
l’identità, in modo da progettare e costruire la propria reputazione.
Un brand è caratterizzato da quattro concetti chiave:
• identità del brand (brand identity): è il concetto chiave del prodotto, è quello che viene espresso
più chiaramente ed espressamente. Se consideriamo un prodotto o un servizio commerciale la
brand identity è ciò che si presenta ai consumatori:
o Logo
o Slogan
o Packaging
o Product design.
• Immagine del brand (brand image): percezione del brand esistente nella mente del
consumatore. Caratteristiche dell’image:
o è percepita. Non è detto che corrisponda alla brand identity, che è pianificata.
o è determinata dal contesto nel quale il messaggio viene percepito, non è il messaggio
o è sempre diversa, dipende dalla singola percezione del brand da parte di ogni consumatore.
• Scopo del brand (brand purpose): equivalente interno del brand image. È come l’immagine del
brand andrebbe colta.
• Valore del brand (brand equity): è un mix dei valori precedenti. Indica il valore, anche
monetario, che viene dato ad un brand. Indica la forza commerciale del brand, la legittimità
data ad un’azienda dai consumatori per continuare a produrre, promuovere, innovare,
sviluppare e vendere la gamma dei suoi prodotti. Questo valore, in dollari è spesso superiore a
quello dell’azienda che possiede il brand.
Però i brand non sono tutti uguali. Creare il brand di un panino, di un vestito o di una città è molto
differente e prevede processi diversi. Ogni località ha una reputazione, esattamente come ogni
prodotto. A differenza di un prodotto, però, l’immagine di una città non viene decisa a tavolino; la
sua reputazione viene creata attraverso processi più casuali e complessi.
• Un luogo ha una reputazione forte quando ha lo stesso significato per la maggior parte
delle persone che ne sono al corrente.
• Se un posto comporta significati diversi per le persone che ne sono al corrente, o dice ben
poco sulla sua natura, allora ha una reputazione debole.
• Se un luogo è solo conosciuto, e nessuna delle persone che lo conosce è in grado di
associare ad esso un significato particolare, si tratta semplicemente di un luogo famoso.
La reputazione di un paese influenza il modo in cui le persone, dentro e fuori dei suoi confini, lo
percepiscono, il mood in cui le persone si comportano nei suoi confronti e reagiscono rispetto a ciò
che viene, ad esempio, prodotto laggiù.
12
S. Anholt, L’identità competitiva, Egea , Milano 2007
65
Solitamente si ritiene che il modo migliore che ha un paese per comunicarsi e migliorare la propria
immagine sia parlare di se stesso. Di fatto è il metodo meno efficace e più costoso. La reputazione
di una nazione non è stata costruita attraverso la comunicazione e non verrà modificata attraverso la
comunicazione, parlare di sé attraverso la pubblicità rischia di essere controproducente, poiché essa
è presa quasi sempre con scetticismo.
Il brand comporta l’effetto-paese-di-origine: “più una decisione è importante e ricca di
conseguenze, più le persone tendono ad affidarsi ai loro sentimenti e alla loro intuizione piuttosto
che alla logica” (Maurice Allais, economista, 1952). La reputazione di un paese ha un impatto
diretto e misurabile su quasi tutti gli aspetti delle sue altre relazioni con gli altri paesi, e gioca un
ruolo decisivo nel suo progresso economico, politico, sociale e culturale. Per esempio brand come
Aston Martin o Jaguar mantengono il loro appeal inglese in un misto di lusso British, elegante e
stylish, anche se in realtà appartengono a imprese americane o addirittura indiane.
L’effetto-paese-di-origine è molto importante. Influenza tutte le scelte di acquisto, dal forno a
microonde all’automobile fino ad arrivare alle grandi multinazionali, che devono decidere dove
aprire filiali ed uffici.
Può addirittura influenzare la considerazione di un intero popolo, come nel caso del termine
“filippino” che soprattutto in Italia (a Milano) ha assunto il significato di collaboratore domestico, o
dei polacchi, che nel Regno Unito sono indissolubilmente associati al mestiere di idraulico.
L’IDENTITÀ COMPETITIVA.
L’identità di un territorio e la sua reputazione, sia esso città, regione o nazione, si sviluppa
principalmente attorno a sei fattori, o canali:
1) La promozione turistica: non slogan, loghi, pubblicità, ma attività concrete. Il miglior
passaporto per un paese nel mondo è l’esperienza diretta di coloro che visitano il paese come
i turisti e i viaggiatori d’affari.
2) I brand nazionali di esportazione che, se ben studiati, possono servire da veri e propri
ambasciatori, ma solo quando la loro origine è esplicita e il loro brand è forte.
3) La politica di governo, sia la gestione interna che i comportamenti che vanno a influire sulle
popolazioni straniere
4) La quantità e la qualità dei flussi di investimento, sia verso l’esterno che verso l’interno, la
capacità e l’interesse ad accogliere talenti, “cervelli” e imprese dall’estero
5) Il livello qualitativo e quantitativo di produzione culturale, la sua capacità di scambio, il suo
impatto sui sistemi culturali adiacenti ed esterni. Qualunque tipo di prodotto culturale può
concorrere a costruire o distruggere la reputazione di una nazione.
6) La popolazione stessa, la sua composizione sia in ambito governativo e politico, che sociale,
il livello di evoluzione civile e di istruzione delle persone e il loro comportamento
all’esterno del proprio ambito locale.
Queste sei variabili sono state espresse da Anholt in uno schema grafico esagonale, il Nation Brand
Hexagon,13 che rappresenta graficamente l’equilibrio che ci deve essere tra le sei categorie di
investimento che permettono una buona gestione del brand territoriale.
13
S. Anholt, L’identità competitiva, Egea , Milano 2007
66
Fig. n. 2 – S. Anholt: Nation Brand Hexagon 14
La teoria di base è che quando coloro che governano hanno un’idea globale del prodotto e riescono
e vogliono coordinare sforzi, azioni ed investimenti egualmente verso tutti i vertici dell’esagono,
allora hanno buone chance di costruire e mantenere un’identità nazionale e competitiva sia
internamente che a livello internazionale. Una strategia di creazione dell’identità prevede la
promozione di turismi e investimenti, il branding delle esportazioni e delle relazioni internazionali,
l’appartenenza ad organizzazioni sovranazionali, un rinnovamento delle politiche sociali e culturali,
lo sviluppo sociale, economico, sportivo e mediale.
Secondo Anholt, l’identità competitiva si comporta esattamente come un magnete e lo dimostra
attraverso tre proprietà:
• Attrae. Un identità forte e chiara alletta ogni tipo di stakeholder: se da un lato un
posizionamento forte negli equilibri internazionale attrae investitori e consumatori, dal lato
della visibilità si avrà una forte impennata di turismo, con il conseguente sviluppo in ogni sua
declinazione, da quello classico a quello del lavoro, implementando la necessità di beni e
servizi. Inoltre la gestione corretta e comunicata di un’identità competitiva forte attrae rispetto e
attenzione.
• Trasferisce magnetismo ad altri oggetti. Tutta l’attrattiva derivata da un brand nazionale o
meglio cittadino ben collocato si espande di riflesso anche alla città, ai suoi abitanti, ai prodotti
ad essa correlati, rendendoli attraenti anche fuori dal loro contesto.
• Può creare l’ordine dal caos. È la caratteristica più importante quando si parla di sfide
amministrative e organizzative che vengono a crearsi nella lotta verso la definizione della
propria identità competitiva:
“Una strategia di identità competitiva potente e attraente può essa stessa contribuire a
creare un allineamento spontaneo di scopi e di obiettivi condivisi fra gruppi di interesse
solitamente in concordanza o persino reciprocamente ostili”
14
http://www.ethanzuckerman.com/hexagon.png
67
12. Il turismo culturale. Musei e museologia
Cos’è un museo
Un museo è un posto in cui sono conservati oggetti di interesse. La maggior parte dei musei ha
anche delle gallerie, dove tali oggetti di interesse sono esposti. Ci sono musei per quasi ogni tipo di
interesse, dall’arte alla scienza fino alla biancheria e ai giocattoli, e ci sono anche gallerie di ogni
tipo - ma non ogni galleria è collegata ad un museo.
Cos’è la Museologia e perché studiarla
La Museologia è la scienza di gestire un museo, più di frequente applicata alle operazioni con cui il
museo tratta le sue collezioni piuttosto che l’amministrazione o le operazioni commerciali.
Di recente però si riconosce sempre più la necessità di effettuare attività promozionali e di
marketing, per entrare in maggiore contatto con i diversi tipi di utenza.
Musei e visitatori
L’affluenza di visitatori nei musei italiani è in continuo aumento, soprattutto negli ultimi anni.
In particolare nel 2006 i 401 istituti museali (196 musei e 205 monumenti e aree archeologiche
statali) e i 35 circuiti museali (derivanti da aggregazioni di musei, con biglietto cumulativo) hanno
contato oltre 34,5 milioni di visitatori (erano 25 milioni nel 1996), per un incremento di circa il 5%
annuo e con un introito lordo complessivo di oltre 104 milioni di Euro15.
In Italia il turismo culturale rappresenta la principale motivazione al viaggio per oltre un terzo dei
turisti. Il giro d’affari supera i 20 miliardi di euro, pari al 25,5% del fatturato complessivo del
settore turismo. Le città d’arte hanno registrato il 23% delle presenze turistiche (81 milioni) e il
33% degli arrivi (27 milioni).
L’Italia ha un forte vantaggio competitivo, una grande rendita di posizione, che per mantenersi tale
richiede gestione intelligente, creatività e valorizzazione.
Quanti sono i musei
L’ultimo censimento è del 1994, fatto da Daniela Primicerio, che elencava 3517 collezioni. L’Istat
però, l’anno dopo, correggeva la cifra in 3554. Di questi circa 400 sono di proprietà dello Stato, gli
altri sono della Chiesa, di vari Enti Locali o di privati.
15
Tratto da: http://www.statistica.beniculturali.it/rilevazioni/musei/Anno%202006/Note_musei_2006.doc,
http://www.statistica.beniculturali.it/rilevazioni/musei/Anno%202006/MUSEI_TAVOLA1_2006.pdf e da TCI, Musei
d’Italia, Milano 2003
68
Visitatori dei musei, monumenti e aree archeologiche statali. Top 30 - Anno 2006
69
Fonte: Centro Studi Touring Club Italiano 2009 In: http://static.touring.it/store/document/19_file.pdf
70
Queste tabelle si trovano tutte in:
http://static.touring.it/store/document/19_file.pdf
71
72
Visitatori dei musei, monumenti e aree archeologiche statali. Per Regione - Anno 2006
Regione
Istituti
Visitatori
Introito lordo in €
Piemonte
17
1.146.061
2.368.400
Lombardia
17
1.384.460
3.979.944
Veneto
12
943.934
2.443.113
Friuli V.G.
11
4.084.126
606.327
Liguria
7
79.162
78.293
Emilia-Romagna
32
851.646
845.502
Nord
96
8.489.389
10.321.580
Toscana
55
5.910.619
23.183.150
Umbria
10
235.779
375.859
Marche
15
488.162
766.109
Lazio
86
11.142.598
39.995.822
Centro
166
17.777.158
64.320.941
Abruzzo
17
183.559
175.266
Molise
8
42.185
18.814
Campania
59
6.769.725
28.227.340
Puglia
17
442.569
488.384
Basilicata
13
276.442
130.236
Calabria
16
321.340
279.385
Sardegna
9
265.649
271.797
Sud
139
8.301.469
29.591.223
TOTALE
401
34.568.016
104.233.745
73
Affluenza nei 20 musei italiani di maggiore interesse - 2001
Città
Museo
Roma
Natura giuridica
Musei vaticani
Ecclesiastico
Visitatori
3.333.755
Firenze
Galleria degli Uffizi
Statale
1.486.135
Firenze
Galleria dell’Accademia
Statale
1.172.345
Milano Musei del Castello
Firenze
Civico
630.323
Galleria Palatina
Statale
455.354
Roma
Galleria Borghese
Statale
415.581
Roma
Musei Capitolini
Venezia
Civico
389.822
Gallerie dell’Accademia
Statale
369.537
Museo Archeologico
Statale
316.718
Torino
Museo Egizio
Statale
284.660
Siena
Museo Civico
Napoli
Firenze
Civico
210.364
Museo del Bargello
Statale
210.317
Paestum
Museo Archeologico
Statale
201.228
Urbino
Galleria naz. delle Marche
Statale
195.373
Museo di S. Marco
Statale
195.062
Statale
192.870
Statale
144.402
Firenze
Milano Pinacoteca di Brera
Reggio Calabria
Museo Archeologico
Siena
Museo dell’Opera
Privato
143.519
Napoli
Museo di Capodimonte
Statale
135.613
Napoli
Museo di S. Martino
Statale
114.118
74
I musei
I musei sono “luoghi per la conservazione della memoria”, di cui i beni culturali sono testimonianza.
Il museo è un luogo, una costruzione o un insieme di ambienti, che contiene “cose” e le espone. Occorre però
chiarire sia il contenitore che il contenuto.
Contenitore
Si pensa in genere ad un edificio, che non è né una banca né un supermercato, né una chiesa né una scuola,
anche se in parte assume alcune delle caratteristiche di ciascuno di questi edifici/istituzioni:
come una banca – conserva
come un supermercato – espone
come una chiesa – è un “tempio” della cultura
come una scuola – insegna, istruisce.
Contenuto
Il museo raccoglie “testimonianze a cui sia attribuito un valore di civiltà”. Ma non è un semplice contenitore
di testimonianze, bensì lo è di alcune e non di altre, secondo un preciso criterio di selezione. La semplice
raccolta non realizza un museo, ma un deposito. Contenere significa proteggere e, nel contempo, rendere
disponibile, garantendo a tutti la più ampia fruibilità. Dunque un museo è certamente un luogo fisico, ma è
soprattutto un servizio.
Definizione dell’ICOM (International Council of Museum)
“Il museo è un’istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo,
aperta al pubblico, che ha come obiettivo l’acquisizione, la conservazione, la ricerca, la comunicazione e
l’esposizione per scopi di studio, di educazione e di diletto, delle testimonianze materiali dell’umanità e
dell’ambiente”.
Come analizzare un museo
Dapprima occorre capire la denominazione: Pinacoteca, gipsoteca, galleria nazionale ecc.
Poi occorre analizzarne la struttura, esaminandone le caratteristiche in rapporto al contenuto ed all’ambiente
che lo circonda. Infine occorre analizzarne e valutarne la funzione e i servizi.
MUSEO. Il termine generico di .museo può essere utilizzato per qualunque contesto espositivo stabile. In
senso più stretto, cioè come denominazione, lo ritroviamo in quattro grandi categorie: i musei archeologici,
quelli a carattere scientifico, quelli a carattere storico e i musei dedicaci alle cosiddette arti minori.
GALLERIA. La galleria indica, in forma un po’ generica, una raccolta di pezzi in cui prevalgano i dipinti e
le sculture. Con tutta probabilità la dicitura è stata coniata in relazione alla medicea Galleria degli Uffizi,
concepita, già nel 1581, secondo moderni criteri espositivi: una buona illuminazione, un ritmo cadenzato per
nicchie e basamenti dove collocare le opere d'arte.
PINACOTECA. Dal greco pinaks-akos, quadro, e tèke, deposito. Già menzionata da Vitruvio, la pinacoteca
è una galleria che espone esclusivamente opere di pittura.
QUADRERIA. Nel senso più comune, la parola s'identifica con pinacoteca, poiché in entrambi i casi si
tratta di collezioni di quadri. Ma sotto un profilo museografico, la parola assume un significato storico più
preciso: sono dette quadrerie le antiche raccolte private costituite esclusivamente da dipinti.
GLIPTOTECA. Dal greco glyptos, inciso, e tèke, deposito. Si definiscono così i musei che accolgono la
scultura, prevalentemente di provenienza antica. In senso letterale indica una raccolta di gemme incise, ma il
termine è usato di solito nell'accezione più ampia, che indica le collezioni di opere plastiche.
GIPSOTECA .Dal greco gypos, gesso, e tèke, deposito. è una raccolta di opere in gesso. Spesso la gipsoteca
contiene calchi in gesso tratti da marmi, generalmente antichi.
ACCADEMIA. Spesso un museo o una pinacoteca sono anche chiamati «accademia». In tal caso si tratta di
una trasformazione museale di un'istituzione nata a scopo didattico, un' accademia d'arte appunto, ossia una
delle tante scuole che fioriscono in Italia e in Europa a partire dal XVI secolo.
PALAZZO O DIMORA-MUSEO. Talora una collezione può essere contenuta in un palazzo storico. La
collezione può essere nata in relazione a quella dimora o esservi stata accolta successivamente. Le principali
tipologie di dimora-museo sono i palazzi reali e le sedi patrizie di gallerie antiche.
75
ANTIQUARIUM. È una collezione a carattere specialistico, costituita da epigrafi, cippi e ogni sorta di
materiale frammentario di provenienza greco-romana. Può trattarsi di una struttura espositiva a se stante o,
frequentemente, di ambienti annessi a musei o gallerie e destinati a raccogliere materiali pertinenti al luogo o
al palazzo.
GABINETTO. Dal francese cabinet: si tratta di un piccolo ambiente destinato a ospitare altre raccolte di
tipo specialistico. Sono tali i gabinetti di «numismatica», ossia di monete o medaglie; di «glittica» -vetri,
gemme, oreficerie; di «grafica» -disegni e stampe e altro. Sovente tali collezioni sono annesse a musei più
ampi.
PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI. È una forma atipica di museo: si tratta di edifici museali concepiti per
ospitare mostre ed esposizioni, dunque non predisposti per raccolte a carattere permanente.
CASA-ATELIER. Più rare, almeno in Italia, le cosiddette case-atelier degli artisti, ossia gli studi trasformati
in piccoli musei monografici: Parigi, come si può immaginare, ne elenca invece un buon numero (tra i molti,
il Musée Delacroix, il Musée Rodin, il Musée Moreau).
Sociologia dell’arte
Prima di parlare di una sociologia del Museo è opportuno soffermarsi brevemente sul tema della
Sociologia dell’Arte16. La produzione di un’opera, così come il suo consumo, non avvengono nel
vuoto sociale, ma sempre e solo all’interno di insiemi, più o meno strutturati, di convenzioni sociali,
che possono essere più o meno rigide, più o meno codificate – per esempio, quando si innova esse
sono spesso trasgredite – ma non possono essere ignorate.
La sociologia dell’arte
Pierre Francastel, uno dei primi studiosi ad occuparsi di questa nuova disciplina, considera che
l’opera d’arte non sia importante “in sé”, ma solo in relazione all’ambiente in cui viene prodotta e
fruita. Tra i primi, egli riconosce l’importanza dello sforzo dello spettatore, speculare allo sforzo
dell’artista-produttore:
“La lettura, la decifrazione di un quadro o di un monumento non avviene di colpo, per una specie di
apprendimento spontaneo. Se ci mettiamo davanti a un quadro, ci occorrono delle ore – o dei giorni
– per coglierne realmente il significato. […] l’estrema difficoltà che rende tanto appassionante la
lettura delle opere d’arte consiste nel fatto che esse non sono mai rappresentative di un senso
univoco. Ogni oggetto artistico è un luogo di convergenza dove si trova la testimonianza di un
numero più o meno grande, ma quasi sempre considerevole, di punti di vista sull’uomo e sul
mondo. Il carattere appassionante dell’inchiesta, che bisogna sempre condurre all’interno
dell’oggetto considerato, risulta da questa scoperta di tali punti di vista sempre rinnovata”.17
La prima necessità è quindi quella di capire che cosa si intenda per “valore” di un oggetto artistico,
perché esso abbia importanza storica, sociale ed economica.
Il concetto di valore
Georg Simmel indica che il valore non è una “caratteristica” degli oggetti, ma solo un giudizio del
soggetto su di loro:
“Non è il fatto che le cose abbiano valore che rende difficile il loro ottenimento, ma siamo noi ad
attribuire valore a quelle cose che oppongono resistenza al nostro desiderio di ottenerle”18
Caratteristica di questo processo è la sua oggettivazione: il soggetto ritiene che le cose abbiano
valore indipendentemente dal fatto che qualcuno glielo attribuisca.
Gli attori sociali producono credenze che, successivamente, tendono a considerare vere
16
Questa parte è adattata da: A.L. Tota, Sociologie dell’arte, Carocci, Roma 1999
P. Francastel, Études de sociologie de l’art, Denoël, paris 1970 (ed. it. Studi di sociologia dell’arte, Rizzoli, Milano
1976) pp. 8-16
18
G. Simmel, Filosofia del denaro, UTET, Torino 2003
17
76
indipendentemente da loro stessi. Ciò è possibile perché alla prospettiva della costruzione sociale si
tende a sostituire quella della scoperta: ciò che si scopre esisteva anche prima ed esisterà anche
dopo (l’oggetto appare dotato di valore proprio perché sopravvive al soggetto).
“Il contenuto del sentimento penetra nell’oggetto e appare al soggetto come qualcosa dotato di
autonoma rilevanza e di norme proprie, come qualcosa di intrinseco all’oggetto”.
Il valore dell’arte
È stato un problema rilevante, incontrando fortissime resistenze e opposizioni da parte degli studiosi
di estetica. Sono due discipline agli antipodi: una consolidatissima tradizione di studi di estetica ha
avuto per oggetto l’individuazione dei criteri di distinzione delle opere d’arte. In alcuni di questi
approcci l’assunto è che tali criteri siano individuabili e che risiedano nelle qualità degli oggetti.
“Per i sociologi, più della creazione artistica è importante il processo sociale della creazione di uno
status, al termine del quale alcune opere d’arte vengono scelte per essere incluse nel canone d’élite.
Il sociologo è più interessato all’uso simbolico-sociale dell’arte che non all’opera d’arte in sé.”19
Morte dell’autore, nascita del fruitore
A partire da Roland Barthes (con Foucault, Bourdieu e altri) avviene un definitivo superamento
delle concezioni autoriali dell’arte, cioè di quell’insieme di teorie che considera l’opera come
prodotto esclusivo dell’artista che l’ha creata. Secondo queste posizioni:
- l’artista è considerato come individuo straordinario che, grazie al suo talento, produce oggetti
(sculture, dipinti, musiche, romanzi) che hanno caratteristiche tali da essere poi annoverati fra le
opere d’arte
- il riconoscimento non sarebbe altro che una semplice attività di ratifica; si tratterebbe di saper
vedere negli oggetti quei tratti distintivi che li fanno automaticamente classificare come artistici
- l’artista in tale prospettiva è l’Autore, il genio che esplica la sua attività straordinaria nello
splendido isolamento della sua torre eburnea.
Queste teorie autoriali sono state invalidate su più fronti:
- da un lato le analisi storico–sociologiche20 hanno documentato la storicità di tali definizioni di
artista, che sarebbero un prodotto recente, configuratosi durante il romanticismo
- dall’altro il de–costruzionismo ne ha svelato la funzione di costrutto linguistico–discorsivo.
L’arte come comunicazione
Tutte queste teorie (e molte altre) in qualche modo creano uno “spazio vuoto” tra artefatto materiale
e oggetto estetico o, in termini sociologici, tra oggetto materiale (la tela dipinta, la copia cartacea
del libro) e artefatto mentale (ciò che i vari fruitori vedono nel quadro, leggono nel libro).
Questi approcci sottolineano il ruolo del processo di fruizione, che diventa parte costitutiva
dell’evento artistico.
Nell’approccio fenomenologico si sottolinea il carattere “non concluso” dell’opera, che si completa
soltanto dinanzi al ricettore che in questo senso diviene, almeno a livello interpretativo, coproduttore dell’opera stessa. È un po’ come nella teoria della Comunicazione, dove esiste un
Emittente, un Canale e un Ricevente. Nessuno di questi elementi esiste da solo.
L’evento artistico è il risultato del processo di integrazione tra le due fasi di produzione e ricezione.
Il valore artistico di un’opera è realizzato in modo compiuto solo attraverso le attività di ricezione
degli spettatori, attività di conferimento di senso.
In questa prospettiva l’arte si può definire non come l’insieme dei prodotti culturali in sé, ma come
quello stesso insieme nel momento della fruizione.
19
20
V. Zolberg, Sociologia dell’arte, il Mulino, Bologna, 1994, pg. 54
A Hauser, Storia sociale dell’arte, Einaudi, Torino 1955
77
Basilare è stata l’invenzione della stampa, che ha moltiplicato le copie dei libri. Da un lato permette
la creazione di biblioteche private, dall’altro rende impossibile per la Chiesa e gli apparati
ideologici di stato il controllo delle letture dei singoli libri.
Nasce così lo spazio e il luogo del lettore.
Nella narrazione orale autore e fruitore devono essere presenti entrambi; nel passaggio dall’oralità
alla scrittura viene meno la necessità della compresenza, e si crea un doppia assenza: lo scrittore
opera in assenza del lettore e il lettore riceve il messaggio in assenza del produttore.
L’autore come genio
Il concetto di genio è un prodotto relativamente recente: nasce nel Settecento e si completa nel
Romanticismo, che contribuirà a rivestire l’artista di un alone misterioso e sacrale.
Ancor oggi sopravvive nell’immaginario collettivo una rappresentazione sociale dell’artista che
tende a ricalcare una serie di stereotipi di derivazione romantica: l’artista come fallito nella vita
(povero, magari pazzo), la sua sofferenza psichica e materiale come fonte della profondità delle sue
opere (Van Gogh), il martirio simbolico cui il genio è sottoposto in vita per essere poi riconosciuto
e glorificato solo post mortem.
Nella postmodernità il genio così configurato non è affatto passato di moda, anzi continua ad essere
riprodotto socialmente anche attraverso i meccanismi di mercato.
Se a un’asta di Picasso si vendono brandelli di carta, scatole di fiammiferi, menu di ristoranti,
scatole da scarpe su cui lui ha disegnato o fatto ghirigori, ci sono alcune letture possibili.
Da un lato c’è l’aspetto economico, della valutazione monetaria, ma è una spiegazione riduttiva.
Vi sono altre dinamiche, fattori di natura simbolica.
Possedere un Picasso, dal punto di vista antropologico, può essere paragonabile a un atto rituale di
appropriazione dell’altro, del suo genio, del suo estro. Chi possiede l’opera di un genio è in qualche
modo contiguo alla genialità che emana dall’oggetto: è come se possedendo quell’opera costruisse
(o meglio rivelasse!!) pezzi nuovi e inediti della sua identità.
C’è poi anche, ma in maniera difficilmente valutabile, l’aspetto del piacere estetico, fondamentale
nel caso di altre opere di Picasso (possiedo un quadro perché provo un piacere estetico
profondissimo ogni volta che lo guardo), ma che non è ragionevolmente pertinente nel caso delle
scatole di fiammiferi.
Da un punto di vista sociologico ciò che colpisce è la concezione sottesa di genialità: una genialità
ontologica, un po’ positivistica, che consiste in insiemi selezionati di caratteristiche letteralmente
possedute dagli oggetti d’arte. Gli scarabocchi di Picasso hanno un valore incommensurabile
perché, alla stregua di feticci, producono la metamorfosi in chi li possiede, trasformandolo da
semplicemente ricco in “ricco possessore di una scatoletta di fiammiferi firmata da Picasso”.
Nella postmodernità i grandi geni del passato continuano ad essere celebrati e riprodotti socialmente
quali numi tutelari della nostra epoca e del nostro sapere.
78
SOCIOLOGIA DEL MUSEO
I musei sono, nella società contemporanea, una istituzione per il ricordo, un magazzino della
memoria dove si delineano le identità etniche, le classificazioni storiche e naturali, dove si scrive e
riscrive il passato e il presente delle nazioni.
L’idea di museo, come è oggi concepita, risale al primo umanesimo (Quattrocento). Nel
Cinquecento si consolida l’idea di acquisire e trasmettere la conoscenza mediante collezioni di
oggetti, organizzate secondo classificazioni di tipo enciclopedico.
Attualmente i musei nel mondo sono più di 35.000 (di cui il 10% in Italia, come abbiamo visto) e la
museologia è una disciplina in grande diffusione, come riflessione sul ruolo che i musei rivestono
nella costruzione delle identità nazionali e etniche, sulle modalità con cui parlano del passato,
intervengono nei processi di ricostruzione storica, scelgono di commemorare certi eventi e non altri.
Soprattutto nei centri urbani, ma non solo, i musei diventano o possono diventare luoghi di
aggregazione sociale o, al contrario, di discriminazione etnica.
C’è una nuova consapevolezza in riferimento all’autorità della forma museale, che è al contempo
una forma mentis e una forma istituzionale.
Si parla di “effetto museo” per dire della capacità che l’istituzione ha di congelare un pezzo di storia
sociale, di mummificare un oggetto, pietrificandolo per sempre nella sua funzione di indice rispetto
ad una cultura o ad un periodo storico.
Il museo come oggetto sociologico
Un modello sociologico della forma museale deve tener conto contemporaneamente di differenti
dimensioni analitiche, che possiamo indicare come testo e contesto (vedi fig. 1).
- In primo luogo si tratta di analizzare quello che si può definire il Visitatore Modello.
Occorre esplicitare la strategia testuale inscritta dai curatori nella mostra o nell’allestimento
museale. In tal senso il museo è concettualizzato come testo all’interno del quale i curatori e gli
organizzatori degli eventi esplicitano le loro poetiche espositive21. Si tratta di una scrittura
particolare, fatta utilizzando i codici comunicativi che l’istituzione museale mette a disposizione:
assetto delle luci, allestimento degli spazi, presenza o assenza di didascalie, sistemi di
classificazione degli oggetti esposti, notizie su autori, opere, periodo artistico di appartenenza,
prossemica (distanze e percorsi, tra visitatore e opere, tra un’opera e l’altra, tra opere maggiori e
minori). Non tutti questi sistemi di segni sono a disposizione: talvolta si può cambiare
l’illuminazione, ma non il numero di sale o la distanza tra l’opera e il visitatore.
Il progetto del Visitatore Modello è un progetto a più mani, in cui operano anche scrittori fantasma.
L’istituzione museo, infatti, continua a comunicare in modo tacito gran parte delle istruzioni per
l’uso della mostra stessa; è la musealizzazione, l’effetto di autorità cui molti museologi hanno fatto
riferimento.
Dal punto di vista empirico si tratta poi di studiare l’intreccio tra il punto di vista dei curatori del
singolo allestimento e i direttori del museo al fine di esplicitare l’orientamento istituzionale.
Occorre cioè studiare l’intreccio tra Visitatore Modello e Utente Modello.
- Mentre l’analisi del Visitatore Modello riguarda le poetiche espositive realizzate dai curatori
dell’allestimento museale, lo studio dell’Utente Modello riguarda il piano istituzionale.
21
Poetica: insieme delle concezioni e idealità artistiche di un autore, un movimento, un’epoca.
79
Figura 1
VERSO UN MODELLO SOCIOLOGICO DEL MUSEO
Testo (collezione di dipinti, sculture, libri, oggetti etnici ecc.)
Produzione dell’evento
Visitatore Modello
(poetiche e politiche
dell’allestimento museale)
Strategie testuali
Utente Modello
(definizione istituzionale
dell’evento e della prassi di consumo)
Evento museale (allestimento
museale, mostra ecc.)
Fruizione dell’evento
Analisi dei processi di costruzione degli artefatti mentali
Modelli di visitatore (come
Modelli di utenza (come
interpretano le istruzioni-per-l’uso emanate dai curatori)
interpretano le istruzioni
dell’istituzione museale)
Comporta cioè un’analisi dei modi in cui l’istituzione contribuisce a predeterminare le modalità
d’uso del museo stesso:
Come si accede al museo? Quanto costa l’ingresso gli orari di apertura sono compatibili con gli
orari quotidiani di quale classe sociale? L’istituzione delinea un identikit dei suoi visitatori? A chi si
rivolge? Chi avvantaggia? Chi discrimina? Chi sottorappresenta? A questo livello l’osservazione
etnografica degli spazi interni è un utile metodo per completare l’analisi, in quanto permette di
considerare la prossemica interna dell’edificio: a che distanza posso osservare gli oggetti? E per i
non vedenti, il museo ha ancora qualcosa da dire?
Dal punto di vista metodologico lo studio del Visitatore e dell’Utente Modello richiedono sia la
raccolta di dati dagli attori sociali coinvolti (interviste in profondità ai curatori della mostra e ai
direttori del museo) sia l’osservazione etnografica delle modalità e degli spazi d’allestimento, per
confrontare le dichiarazioni esplicite degli attori coinvolti con le prassi effettivamente perseguite (è
inutile prefiggersi un’apertura a classi sociali diverse e poi tener chiuso la domenica, come accaduto
80
al Metropolitan nell’83).
Rimane poi da indagare il livello delle esperienze effettive di fruizione.
I visitatori del museo hanno alcuni gradi di libertà nel decodificare i messaggi iscritti
nell’allestimento museale sia dall’istituzione (l’Utente Modello) sia dai curatori (il Visitatore
Modello).
Figura 2
LA FRUIZIONE MUSEALE:
processi di costruzione degli artefatti mentali da parte dei visitatori (processo diacronico e
sincronico)
Carriera estetica del visitatore (piano diacronico)
Esperienza di fruizione
Attualizzazione
del Visitatore Modello
Testo (collezione di sculture, dipinti, libri)
Evento attuale (piano sincronico)
Contesto (ambiente, comunicazione)
Attualizzazione
dell’Utente Modello
I visitatori svolgono un lavoro interpretativo, di attribuire un senso a ciò che leggono. Poiché le
strategie testuali sono composte da linguaggi non verbali, queste attività interpretative avvengono
perlopiù a livello tacito, spesso inconscio o poco consapevole.
È partendo da tale considerazione che si giustifica l’importanza di affiancare alla raccolta
tradizionale di dati mediante interviste, quella mediante osservazione etnografica.
I dati raccolti nell’analisi della fruizione permettono di costruire modelli di utente e modelli di
visitatore da confrontare con le rispettive strategie testuali (Utente Modello e Visitatore Modello).
Mentre il Visitatore Modello corrisponde al tipo di visitatore che i curatori hanno in mente quando
allestiscono una mostra e comprende l’insieme delle istruzioni che accompagnano la mostra stessa, i
81
modelli di visitatore che saremo in grado di delineare, una volta studiate le effettive esperienze di
fruizione, comprendono piuttosto i tipi ideali di fruitore che potremo costruire analizzando il
pubblico.
Se la declinazione empirica del Visitatore Modello riguarda il piano della produzione (interviste ai
curatori, osservazione etnografica delle modalità e scelte di allestimento, cioè poetiche e politiche
espositive) i modelli di visitatore si costruiscono a partire dalle tipologie di consumo che emergono
dai dati raccolti rispetto alla fruizione (interviste ai visitatori, osservazione etnografica delle loro
pratiche di consumo culturale).
Il divario tra i due piani può essere esemplificato ponendosi una semplice domanda: in che misura i
processi interpretativi dei visitatori avvengono in modo conforme alle ispettive dei curatori e alle
definizioni istituzionali del museo? (vedi Figura 2)
Musei e classe sociale
Negli Stati Uniti la distinzione tra arte popolare ed elevata è sorta a cavallo tra il secolo scorso e il
Novecento attraverso le policies messe in atto dai nuovi musei, dalle orchestre sinfoniche e dalle
nuove istituzioni artistiche. Tale distinzione di fatto funzionò molto efficacemente come barriera di
classe per lungo tempo.
Analizzando la situazione contemporanea, l’aumento nel numero di visitatori non è affatto un
indicatore attendibile di democratizzazione. Sebbene i musei siano in grado di attrarre più visitatori
dei teatri, tuttavia il loro pubblico sotto rappresenta largamente le classi meno abbienti.
In una ricerca degli anni sessanta (Bourdieu-Darbel, L’amore dell’arte, Guaraldi, Rimini, 1973)
emersero almeno tre modalità distinte di fruire i musei, strettamente correlate alla classe sociale:
- i visitatori provenienti dalle classi alte (gruppo più numeroso) tendevano a visitare i musei da soli
o con un amico competente, cercavano di evitare la folla, conoscevano già i nomi degli artisti e
tendevano ad evitare le visite guidate, facendo prevalentemente riferimento alla loro cultura
personale.
- i visitatori delle classi medie leggevano i cataloghi del museo e utilizzavano ogni artefatto
disponibile, visitavano il museo in gruppo accompagnati da una guida; cercavano insomma di
fagocitare ogni informazione disponibile. Di fatto, esplicitando la loro aspirazione a divenire colte,
le classi medie avviavano con le loro stesse mani un processo di subordinazione alle classi alte.
Riconoscendo nella cultura alta un valore cui aspirare, essi al contempo riconoscevano anche la
maggiore padronanza di tale codice culturale da parte delle classi alte, che si legittimavano di
conseguenza come “superiori”.
- infine le classi operaie al museo non andavano nemmeno, in quanto incapaci di decodificare i
codici museali. Mancava loro il capitale culturale necessario per addentrarsi fra le sale senza
provare imbarazzo e sentirsi osservati in modo ostile dai sorveglianti. Persino le visite guidate non
rappresentavano in questo caso una risorsa, perché i visitatori degli strati sociali più bassi,
partecipando a tali visite, temevano di tradirsi, che “venisse fuori” cioè la loro ignoranza.
82
Musei - Funzioni, problemi e sviluppi
La Museologia all’interno di un Corso di Laurea in Scienze del Turismo deve avere un tipo
particolare di impostazione perché diversa è la finalità dell’insegnamento rispetto a quello attuato in
altre Facoltà. Se nei corsi di Lettere e/o Beni Culturali lo scopo è di studiare il museo “in sé”, (come
istituzione culturale e come contenitore, protettore ed espositore di opere d’arte e di cultura), nei
corsi rivolti allo studio e all’organizzazione del Turismo la preoccupazione deve essere quella di
considerare il museo come risorsa ambientale e culturale da conoscere e valorizzare, così da farlo
diventare un’attrattiva turistica, meglio se in sinergia con altre risorse (culturali e altro).
Conoscere e valorizzare il museo significa in primo luogo avere coscienza delle sue funzioni,
sapendo poi rapportarle alla domanda espressa dal particolare target di utenza rappresentato dai
“diversi” turisti.
In questa prospettiva assume particolare importanza la funzione comunicativa, espressiva e
“didattica” del museo stesso. Non è questa la sede per approfondire discorsi sulle motivazioni dei
turisti, sulle loro esigenze, sulla necessità di attuare, nei loro confronti, un particolare tipo di filtro
culturale, in grado di far loro comprendere caratteristiche e specificità di ciò che vengono a
visitare.22
Bisogna però tener conto di queste motivazioni e del ruolo dell’operatore cultural/turistico.
È importante infatti una doppia consapevolezza: da parte del museo (dei suoi gestori) l’idea di
“aprirsi” a un pubblico particolare, meno tradizionale e scontato per il luogo, ma in sicura crescita.
Da parte degli organizzatori e intermediari turistici (i nostri laureati) l’idea di studiare e conoscere il
museo per trovare il giusto modo di “avvicinarlo” ai turisti, superando idee preconcette, rendendo
agile e interessante la visita e produttivo l’incontro con i beni esposti.
In tale prospettiva, questa quarta parte tratta due aspetti che considero importanti e significativi: da
un lato il tema della “didattica” museale, con il discorso connesso della comunicazione, per
rivolgersi a pubblici diversi (bambini, adulti, turisti), di diversa estrazione e preparazione; dall’altro
il tema del museo come “identità” di un luogo, come espressione di una comunità. In questo senso
verranno considerati gli ecomusei.
Il museo come tecnologia dell’identità
Considerazioni sul tema: Il museo deve collezionare e presentare solo elementi del passato? Quanto
lontani devono essere per poter essere accettati?
Facciamo l’esempio di un museo della civiltà contadina: è chiaro che alcuni attrezzi vengono usati,
da singoli contadini o da minoranze, ancor oggi.
Questo però non fa discutere, perché si tratta di attrezzi di lavoro.
Cambiamo l’esempio, invece dei contadini residenti nelle valli alpine, prendiamo gli emigranti delle
stesse valli alpine, emigranti di un secolo fa, o di 40 anni fa (nei primi anni Cinquanta c’è stata una
forte ondata di emigrazione dall’Italia). Ebbene, dove si deve fare questo museo?
Senz’altro nei paesi da dove sono partiti, ma probabilmente anche nei luoghi dove sono arrivati e
hanno vissuto, es. Little Italy a New York. Anzi è probabile che là vi siano molte più opportunità di
trovare oggetti, ricordi, documenti per testimoniare quella vita da emigranti rispetto a qui.
D’accordo?
Allora, pensiamo che tutto proceda liscio – si tratta di un lavoro scientifico, storico, di ricostruzione
della memoria e di una pagina di vita vissuta, ecc. ecc – oppure è probabile che si creino conflitti tra
gruppi comunitari diversi, tra minoranze e gruppi egemoni?
22
Sul tema delle motivazioni turistiche, della funzione delle guide e altri elementi correlati vedi D. MacCannell, Il
Turista. Una nuova teoria della classe agiata, ed. it. a cura di L. Guiotto, UTET, Torino 2005.
83
È chiaro che se questo esempio lo spostiamo da Little Italy ad altre comunità, come i cinesi o gli
africani o gli ispanici, la cosa si fa ancora più delicata, o incandescente.
E se un museo lo volessimo fare qui da noi, non sui nostri emigranti, ma sugli immigrati? È
pensabile come un lavoro facile, perché scientifico, storico?
Definizione di ecomuseo
Il concetto di Ecomuseo
Si tratta di un concetto piuttosto recente, nato e sviluppatosi all’inizio degli anni Settanta in Francia
ad opera di Georges-Henri Rivière e Hugues de Varine.
Fu Georges-Henri Rivière (1897-1985), etnologo e museologo, a creare nel 1937 il Musée des Arts
et Traditions Populaires, un museo delle civiltà rurali tradizionali.
Fu anche Rivière uno dei fondatori dell’Icom (Consiglio Internazionale dei Musei) - sede di una
riflessione sull’avvenire dell’istituzione museale in generale - in seno all’Unesco, tra il 1948 e il
1966. Fu in questo periodo che maturo’ il concetto di ecomuseo, una sorta di sintesi
interdisciplinare tra enciclopedismo e territorio. « J’ai créé (in particolare a Le Creusot) des musées
où les relations de l’homme et de la nature devaient trouver une expression diachronique, depuis les
temps géologiques jusqu’à nos jours, et une expression synchronique, parce que le musée se
prolonge dans l’environnement, sort de ses portes ».
Archeologo e storico dell’arte, Hugues de Varine, già presidente dell’Ecomusée de la Cucm (19921995) è stato presidente dell’Icom ed ha partecipato, con Georges-Henri Rivière, all’elaborazione
del concetto di ecomuseo. Nella sua definizione originale si tratta di un museo il cui obiettivo è
quello di identificare tutti gli elementi caratteristici delle attività di un territorio legittimamente
delimitato, al fine di preservare la cultura prodotta da queste attività e di mantenerla vivida presso
una popolazione che la possiede e che deve riconoscerla come elemento di coesione e di sviluppo.
E’ evidente, in questa definizione così ampia, che l’ecomuseo copre diversi settori dell’attività
produttiva, non solo industriale. La conseguenza inevitabile è l’ampliamento dell’utilizzo del
termine a casi che non sempre ne presentano le caratteristiche strutturali.
L'ecomuseo è stato fin dalle origini un «oggetto» non facile da descrivere23. Una delle definizioni
più efficaci rimane quella originariamente proposta da De Varine e che fa riferimento alle
differenze fra musei tradizionali ed ecomusei.
MUSEO
Collezione
Immobile
Pubblico
ECOMUSEO
Patrimonio
Territorio
Popolazione
P. Boylan (1992) ha proposto invece una semplice checklist per marcare le differenze fra ecomusei,
musei orientati all'ambiente e «outward-looking» e infine musei tradizionali.
CRITERI
Spazio di riferimento
Focus dell'interpretazione
Priorità organizzative
MUSEO
L'edificio
La collezione
Disciplinari
23
ECOMUSEO
Il territorio
Il patrimonio in senso olistico
Interdisciplinari
Questa parte è tratta da: M. Maggi, V. Falletti, Gli Ecomusei. Che cosa sono, cosa possono diventare, Allemandi,
Torino 2000, pp. 15-19.
84
Pubblico di riferimento
Controllo politic
I visitatori
Il museo e i suoi organi
La comunità
La collettività e i suoi organi
Per ogni criterio Boylan propone di assegnare un punteggio da 1 a 5 a seconda della minore o
maggiore vicinanza alle caratteristiche della seconda colonna e di considerare l'istituzione un
ecomuseo solo se la somma supera il punteggio di 20.
P. Davis (1999) propone l'utilizzo di cinque criteri:
territorio esteso oltre i confini del museo;
interpretazione «fragmented-site» e in situ;
cooperazione e partenariato in luogo della proprietà dei reperti; . .
coinvolgimeneo della comunità locale e degli abitanti nelle attività del museo;
interpretazione di tipo olistico e interdisciplinare.
Esistono poi altre istituzioni che prestano attenzione all'ambiente pur senza essere veri e propri
ecomusei.
A. Jorgensen (1999) indica cinque condizioni che differenziano l'ecomuseo dai musei all'aria aperta,
dai musei di storia locale e dagli «heritage centres»: .
esistenza di un centro di documentazione;
pluralità di centri visita con attività espositive;
esistenza di workshop per la partecipazione attiva dei visitatori;
legami con l'ambiente locale (un biotopo, tracce di civilizzazioni, un immobile);
sentieri e percorsi a tema.
La difficoltà di definizione del concetto di ecomuseo, che riscuote ancora molta attenzione da parte
dei:museologi, sembra avere molte origini.
La Nouvelle muséologie ha proposto dei principi in buona parte recepiti dagli ecomusei originali. Si
tratta di principi che potevano essere, e in alcuni casi sono stati, adattati anche a musei di tipologie
tradizionali (interdisciplinarietà, attenzione alla comunità, interpretazione olistica, valorizzazione in
situ, democrazia gestionale). Spesso poi si cerca di misurare un tipo di museo nuovo con parametri
vecchi, mentre è cambiato il concetto di museo: «object museum vs idea museum» (M. Maggi,
2000).
Inoltre dagli anni sessanta a oggi è cambiato il concetto di territorio. Da un riferimento soprattutto
spaziale ed ecologico il territorio è oggi maggiormente legato a processi sociali che vi si svolgono o
che si sono svolti in passato. La conseguenza è che l'ecomuseo rimane un museo del territorio, ma il
concetto di territorio non è più lo stesso e la distanza fra ecomusei nati per esempio dai parchi ed
esperienze tipo Le Creusot poteva sembrare limitata all'epoca della loro costituzione ma è molto più
rilevante oggi.
Quindi l'ecomuseo è, o dovrebbe essere, un museo del territorio in senso nuovo. (perché è nuovo il
concetto sia del museo che del territorio).
Gli elementi distintivi dell’ecomuseo
L'ecomuseo, in quanto concetto evolutivo, sfugge a una formula esaustiva di tutte le esperienze
realizzate o emergenti. Tuttavia una sintesi delle varie definizioni consente di mettere in luce gli
elementi essenziali della proposta originaria della museologia francese, ma anche di tutte le
esperienze che hanno fatto parte di un più vasto movimento di valorizzazione del patrimonio
85
popolare, del territorio e del prodotto di quella che Walter Benjamin ha definito «la corvée anonima
dei contemporanei»24.
Fra i vari elementi individuati se ne possono rintracciare sei, alcuni relativi ad aspetti museografici e
altri a caratteristiche museologiche, uno solo dei quali, a nostro parere, è peculiare degli ecomusei.
CARATTERISTICA
Interpretazione in situ
TIPO
museografia
«Fragmented museum»
museografia
Interdisciplinarità-olismo
museografia
Rapporto con la comunità locale
Attenzione al non pubblico
Il territorio come oggetto
museologia
museologia
museologia
AMBITO PECULIARE
anche per altri musei innovativi
(archeologici, marittimi)
anche per altri musei innovativi
(archeologici, marittimi)
anche per altri musei innovativi
(archeologici, marittimi)
per tutti i musei innovativi
per tutti i musei innovativi
ecomusei
I primi tre punti sono caratteristiche museografiche ma con forti conseguenze sul piano
museologico. Infatti l'interpretazione in situ e la frammentazione spesso si rivelano possibili solo a
condizione di accettare la non proprietà dei reperti e la strutturazione reticolare dell'offerta.
Si tratta di caratteristiche non peculiari degli ecomusei ma rintracciabili in altri tipi di istituzioni, ad
esempio in molti musei archeologici e marittimi. La legislazione di quasi tutti i paesi del mondo
impedisce infatti l'esportazione di reperti archeologici. La non disponibilità di strutture espositive
adatte oppure la fragilità dei reperti comporta talvolta la necessità di valorizzazione in situ oppure la
creazione di antenne periferiche, esterne alla sede principale del museo. In questi casi si tratta
comunque, a differenza degli ecomusei, di scelte dettate più dalla necessità che da politiche
museografiche deliberate.
L'interdisciplinarità comporta un passo nella direzione del museo sociale e quindi ha conseguenze
che riguardano l'impostazione tradizionale della missione del museo.
Molti musei di storia sociale innovativi che scelgono di contestualizzare le proprie esposizioni
utilizzano approcci di interpretazione multi disciplinari e olistici, sovrapponendo più piani di lettura.
In questo caso la scelta è deliberata e non dettata da necessità contingenti.
Il rapporto con la comunità locale e l'attenzione al pubblico potenziale possono essere (e molto
spesso sono) caratteristiche di molti musei innovativi (anche d'arte).
24
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86
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