Vol. 1 Numero 1
Maggio 2011
In questo numero :
Editoriale
Angela Peghetti
La ricerca infermieristica in Italia nell’ambito del Wound Care
ed il suo trasferimento nella pratica professionale
Paolo Chiari
Scrivi quello che fai e fai quello che hai scritto!
Il contributo dei protocolli nella pratica infermieristica
Giuseppe Lazzari, Mariangela Castagnoli, Emilia Lo Palo
VOL. 1 Numero 1 - Maggio 2011 Periodico online – Quadrimestrale v Edizione AISLeC - Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 8168 del 15 marzo 2011
Update della Consensus Conference A.I.S.Le.C. sulle superfici antidecubito
Angela Peghetti, Andrea Bellingeri, Paola Traspedini, Paolo Chiari, Tiziana De Prospo, Elisabetta Paoletti
Abstract VII Congresso Nazionale ASICLec 2011
Atti congressuali
Norme Editoriali
Norme per pubblicare sulla rivista
Editoriale
Angela Peghetti
La ricerca infermieristica in Italia nell’ambito del Wound Care
ed il suo trasferimento nella pratica professionale
Paolo Chiari
Scrivi quello che fai e fai quello che hai scritto!
Il contributo dei protocolli nella pratica infermieristica
Giuseppe Lazzari, Mariangela Castagnoli, Emilia Lo Palo
Update della Consensus Conference A.I.S.Le.C. sulle superfici antidecubito
Angela Peghetti, Andrea Bellingeri, Paola Traspedini, Paolo Chiari, Tiziana De Prospo, Elisabetta Paoletti
Abstract VII Congresso Nazionale ASICLec 2011
Atti congressuali
Norme Editoriali
Norme per pubblicare sulla rivista
Comitato scientifico editoriale
Coordinatore
Angela Peghetti
Bologna
Federica Liberale
Pavia
Emilia Lo Palo
Bergamo
Rocco Amendolara
Claudia Magli
Rina Bizzini
Dario Paladino
Herman Bondi
Giovanni Pomponio
Gloria Caminati
Palmiro Riganelli
Modena
Bologna
Monza
Cesena
Valeria Castelli
Lecco
Claudia Caula
Modena
Paolo Chiari
Bologna
Anna Maria Di Gianfilippo
Avezzano
Barbara Gabrielli
Ancona
Luca Innocenti
Firenze
Bologna
Napoli
Ancona
Perugia
Massimo Rivolo
San Secondo di Pinerolo
Ombretta Suardi
Abbiategrasso
Patrizia Terrosi
Firenze
Annalisa Viola
Abbiategrasso
Redazione
Emanuele Bascelli
Bologna
“
Il mio passato
Spesso ripeto sottovoce
che si deve vivere di ricordi solo
quando mi sono rimasti pochi giorni.
Quello che è passato
è come se non ci fosse mai stato.
Il passato è un laccio che
stringe la gola alla mia mente
e toglie energie per affrontare il mio presente.
Il passato è solo fumo
di chi non ha vissuto.
Quello che ho già visto
non conta più niente.
Il passato ed il futuro
non sono realtà ma solo effimere illusioni.
Devo liberarmi del tempo
e vivere il presente giacché non esiste altro tempo
che questo meraviglioso istante.
Questo modo inconsueto per aprire una rivista dal titolo impegnativo: “Il wound care basato sulle prove di
efficacia” … rappresenta una metafora di tutti noi, impegnati con costanza e tenacia a credere in un sogno.
Forse è una pazzia: da ciò la premessa con parole prese a prestito da una persona che la pazzia e il sogno li
ha pagati sulla propria pelle! Anche questa è una metafora … pagare sulla propria pelle è proprio quello che
succede ogni giorno ai nostri pazienti che a proposito appunto di pelle ne sanno qualcosa. Ma tornando
alle parole di Alda Merini, quello che ci proponiamo
oggi è di vivere il presente, consapevoli che i tempi
sono duri un po’ per tutti, ma consapevoli anche che
nonostante tutto credere nella nostra professione
rappresenta uno degli ultimi strumenti che abbiamo
a disposizione. Vogliamo ideare, elaborare e costruire
strategie che vadano verso e con i nostri pazienti, con
i loro familiari, con i caregiver e con i nostri colleghi,
a qualunque livello. Lo vorremmo fare sicuri che le
nostre scelte siano appropriate, efficaci ed efficienti ….
Impresa ardua in un contesto che a volte non mette
a disposizione gli strumenti migliori per raggiungere
obiettivi sempre più alti.
È a questo livello che vorremmo inserirci per rispon-
“
Alda Merini
dere alle domande di voi lettori, per fornirvi strumenti
di riflessione, di crescita culturale ed anche di pratico
utilizzo.
Per questo motivo abbiamo deciso di rendere la rivista
scaricabile a titolo gratuito da tutti coloro che hanno il
libero accesso al sito dell’AISLeC.
Il progetto editoriale che ci siamo prefissati è quello di
fornire contributi di letteratura primaria e secondaria e
di conseguenza letteratura in grado di produrre prove di efficacia per rispondere ai quesiti nati in qualsiasi contesto assistenziale relativo alla prevenzione, alla
cura, alla prognosi ed alla diagnosi. Il focus ovviamente è quello del wound care, focus che è “estensibile”
alle aree limitrofe come ad esempio le aree del wound
ostomy, dell’incontinenza, dell’educazione sanitaria,
della formazione, dell’organizzazione ecc…
L’idea è quella di sparare alto ma d’altra parte chi ci
conosce, conosce anche la filosofia che ci anima: puntiamo in alto, tanto … (metafora bolognese) “a calare si
fa sempre in tempo”….
È con questo messaggio che auguro a tutti, voi e a tutti noi un futuro che ci veda continuare questa cordata
insieme, aperti al dibattito e con spirito di elevazione a
tutti i livelli.
Angela Peghetti
La ricerca infermieristica in Italia nell’ambito del
Wound Care ed il suo trasferimento nella
pratica professionale
Paolo Chiari
Ricercatore Università di Bologna
Settore Scientifico Disciplinare MED/45 Scienze Infermieristiche Generali e Pediatriche
Affrontare compiutamente il tema della ricerca infermieristica
in Italia ed, in particolare, della ricerca infermieristica nell’ambito del Wound Care, non è oggi facilmente affrontabile per
almeno due ordini di motivi. Il primo è legato alla carenza di
veicoli di diffusione dei risultati della ricerca stessa. Le riviste
infermieristiche di ricerca di buona qualità sono pochissime
e solo due risultano indicizzate in Medline (la più importante
banca dati mondiale di ricerca bio-medica): “Assistenza Infermieristica e Ricerca” e “Professioni Infermieristiche”. Nell’ambito delle ferite, se tralasciamo “Acta Vulnologica”, solo ora
compare una rivista dedicata a questo tema che coinvolge
in modo determinante l’apporto infermieristico, “Il Wound
Care basato su prove di efficacia”. Il secondo motivo, che
influenza direttamente il primo, è la carenza di produzione
scientifica di buona qualità nel panorama infermieristico
italiano. Vuoi per il ritardo culturale di evoluzione dell’assistenza infermieristica italiana rispetto al mondo anglosassone (le leggi che hanno e stanno ancora portando ad una
grande accelerazione di questa evoluzione sono solo degli
anni ’90 e questa tipologia di cambiamento richiede tempi
lunghi per manifestarsi appieno) e vuoi per ancora lo scarso
o quasi nullo investimento che viene fatto per facilitare la
ricerca infermieristica. Tuttavia, alcuni segni di cambiamento ci sono ed anche in Italia si manifestano. In relazione al
“oggetto” della ricerca infermieristica il discorso è ancora più
complesso, al di là dell’aspetto “metodologico” che è condiviso e condivisibile con tutte le discipline che si occupano di
problemi di salute. La ricerca infermieristica può essere suddivisa in due grandi contenitori. Il primo relativo alla ricerca
clinico-assistenziale che ha come obiettivo l’acquisizione di
conoscenze nuove relativamente all’eziologia, alla diagnosi
(infermieristica), al trattamento ed alla prognosi delle problematiche infermieristiche. Il secondo è relativo alla ricerca
sanitaria, ovvero alle ricadute che la ricerca clinica determina
sulla salute della popolazione, con una forte valenza valutativa sui servizi sanitari e sugli outcomes dei pazienti ed anche
in questo caso. Inoltre, in ambito infermieristico, almeno nel
mondo anglosassone, si è diffusa un’altra importante modalità di ricerca, oltre la classica ricerca di impostazione quantitativa, che è la ricerca qualitativa che indaga il vissuto dei
pazienti e degli utenti dei servizi sanitari. Queste considerazioni riguardano tutti i settori dell’assistenza infermieristica e,
quindi, anche i temi sia tradizionali che innovativi del wound
care: dalla definizione dei pazienti a rischio di lesioni, alla efficacia dei trattamenti o delle azioni preventive; dall’impatto
sulla sanità degli ambulatori di gestione delle ferite difficili alla
percezione della sua situazione da parte del paziente con un
ferita cronica.
In merito alle “strutture” di supporto alla ricerca infermieristica dobbiamo evidenziare come queste siano ancora assai
carenti. Il mondo universitario, tradizionalmente orientato
alla ricerca, oltre che alla didattica, è in Italia rappresentato
solo da una trentina di ricercatori e docenti di Scienze Infermieristiche ed i corsi di dottorato assicurano le formazione di
solo alcune unità per anno. Ne consegue che i gruppi strutturati di ricerca infermieristica formalmente strutturati sono
pochissimi. Tuttavia, i corsi per fornire la base metodologica
alla buona ricerca ci sono e sono in aumento (sia come corsi
ECM che come Master universitari), i finanziamenti iniziano
ad essere disponibili. Ad esempio, nel Policlinico di Bologna,
in questi ultimi anni, come contributo al diffondersi della ricerca, sono stati emanati due bandi per il finanziamento della ricerca indipendente per il personale dell’area “comparto”,
il primo di 30.000 euro ed il secondo di altri 100.000 euro.
All’ultimo bando sono stati presentati 23 progetti di cui l’85%
da infermieri. Quindi, le prospettive sono oggi assai più positive che in passato. Per quanto attiene il grande capitolo del
trasferimento dei risultati della ricerca nella pratica professionale il panorama è più roseo grazie alla possibilità di accedere in tempo reale ad una vastissima letteratura infermieristica
internazionale, sia primaria che secondaria. Centri come la
RNAO canadese diffondono ottime linee guida in tema di
wound care (www.rnao.org), la Best Practice del JBI ha contribuito altrettanto bene con il prodotto di ottime revisioni
sistematiche (www.joannabriggs.edu.au), il “nostro” Centro
Studi EBN di Bologna ha fortemente contribuito a diffondere questa letteratura tradotta in italiano (www.evidencebasednursing.it). Forse, i supporti metodologici per favorire il
cambiamento dei comportamenti sono ancora poco diffusi, ma leggo ed ascolto spesso di audit clinici condotti nelle
aziende sanitarie anche per quanto attiene la prevenzione
ed il trattamento delle lesioni e ferite.
Pertanto, nonostante i problemi ancora numerosi, voglio
sostenere un atteggiamento positivo e credo che la nascita di “Il Wound Care basato su prove di efficacia”, accanto
all’impegno dell’Aislec per supportare la buona ricerca e la
sua applicazione nella pratica professionale, possa costituire
un contributo importante allo sviluppo della ricerca infermieristica italiana, sia in termini culturali che di metodologie e di
strutture di supporto.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
3
Scrivi quello che fai e fai quello che hai scritto!
Il contributo dei protocolli nella pratica
infermieristica
Giuseppe Lazzari - Infermiere, Tutor Corso di Laurea in Infermieristica, Università degli Studi di Milano – Bicocca, Sezione di Corso
A.O. Ospedali Riuniti di Bergamo
Mariangela Castagnoli – Infermiera, Master in Metodologia ed analisi della responsabilità professionale in area infermieristica, auditor
di sistemi di Certificazione Iso 9001:2008, componente della Commissione Qualità e Sicurezza della Regione Toscana.
Emilia Lo Palo – Infermiera, Master in Wound Care, Ambulatorio infermieristico per la cura delle lesioni cutanee, A.O. Ospedali
Riuniti di Bergamo
ABSTRACT
INTRODUZIONE
Uno dei problemi più persistenti nel garantire assistenza sanitaria di qualità è rappresentato dal gap
tra i risultati della ricerca e la pratica. I protocolli
rientrano tra gli strumenti della standardizzazione
dell’attività assistenziale associati all’EBP ed hanno
l’obiettivo di supportare il processo decisionale. Il
presente lavoro ha l’obiettivo di focalizzare gli elementi salienti dei protocolli in riferimento alle caratteristiche, all’elaborazione, all’utilizzo nella pratica
infermieristica ed alla valutazione della loro qualità
metodologica.
Uno dei problemi più persistenti nel garantire assistenza sanitaria di qualità è rappresentato dal gap
tra i risultati della ricerca e la pratica.1 Nel passaggio
dall’ambito accademico a quello clinico si verifica
una scarsa diffusione dei risultati della ricerca e, nella continua costernazione di molti ricercatori, i frutti
dell’accurato sforzo e lavoro sembrano rimanere
inutilizzati dai clinici. Tale difficoltà è stata evidenziata dagli studi condotti agli inizi degli anni duemila negli USA, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito,2 i
quali suggerivano che circa il 30 – 40% dei pazienti
non riceveva un’assistenza sanitaria supportata da
prove di efficacia e che circa il 20 – 25% dell’assistenza erogata era inappropriata o potenzialmente dannosa.3 4 Nel corso degli ultimi 20 anni siamo
stati testimoni della crescente popolarità delle linee
guida ed il consolidamento dell’Evidence – based
Practice (EBP) ha rappresentato un ulteriore stimolo alla diffusione di questi prodotti editoriali. Le linee guida sono viste come il tramite più idoneo per
favorire l’adozione da parte dei clinici di pratiche
maggiormente coerenti con le informazioni scientifiche disponibili sull’efficacia degli interventi sanitari
e sono gli strumenti più promettenti per colmare
questo gap.5
Infatti, se inizialmente si pensava che le informazioni scientifiche potessero essere cercate in maniera
attiva e analizzate criticamente dal singolo professionista, che le avrebbe poi trasferite nella pratica
clinica, ben presto si è riconosciuta la necessità di
offrire una sistematizzazione dell’informazione, adeguata valutazione critica e divulgazione da parte di
agenzie e organi credibili. Ciò ha reso le raccomandazioni un termine di riferimento per l’aggiorna-
Parole chiave
Linee guida; raccomandazioni; implementazione; protocol – based care; protocollo assistenziale; evidence –
based practice.
Write what you do and do what you write!
Contribution of protocols in nursing practice
ABSTRACT
One of the most consistent findings in health services research is the gap between best practice and the actual
clinical practice. In the context of evidence – base practice,
protocols facilitate the standardisation of care and streamline decision – making though rationalising the information
with which to make judgements and decisions. The aim
of this paper is to focus some of the issues involved in the
definition, development, implementation and evaluation
of protocols in nursing practice.
Keywords
Clinical guidelines; recommendation; implementation;
protocol –based care; nursing protocol; evidence – based
practice.
4 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
mento e la qualità metodologica del loro processo
di produzione un requisito irrinunciabile.7 8
Nonostante la loro grande diffusione e popolarità,
l’utilizzo delle linee guida nella pratica non è scevro da aspetti problematici; è documentato che
frequentemente le linee guida derivano da percorsi di elaborazione qualitativamente inadeguati
dal punto di vista metodologico,9 10 11 12 13 e che il
loro efficace e tempestivo trasferimento nella clinica rimane frammentario.14 A tal riguardo nel supplemento dedicato da Chest nell’agosto del 2000
all’argomento, già ci si interrogava sull’opportunità
di continuare a commissionarle, visto il basso tasso
di adozione delle raccomandazioni nella pratica. 15
In particolare, fra i messaggi più reiterati dalla letteratura, vi è quello che la loro semplice messa a disposizione degli operatori non ha alcun sostanziale
impatto sull’assistenza e non induce i cambiamenti
desiderati negli stili di pratica, 16 unitamente all’aumentata consapevolezza che le decisioni cliniche
risentono anche di fattori esterni di tipo economico, sociale, organizzativo ed accademico. Per avere
un reale impatto sulla pratica clinica, le linee guida dovrebbero, quindi, essere accompagnate da
adeguate iniziative di implementazione nell’ambito
dei contesti clinici e organizzativi locali a cui sono
destinate.
I programmi di implementazione, ponendosi come
obiettivo la revisione della qualità clinica dei servizi per migliorarne l’appropriatezza, rientrano tra le
attività di governo clinico, di cui i protocolli rappresentano alcuni tra gli strumenti.
Il presente lavoro ha l’obiettivo di focalizzare gli elementi salienti dei protocolli in riferimento alle caratteristiche, all’elaborazione, all’utilizzo nella pratica
infermieristica ed alla valutazione della loro qualità
metodologica.
COSA SONO E COSA NON SONO
Linee guida, percorsi clinici, piani di assistenza standard, algoritmi, protocolli e procedure rientrano tra
gli strumenti della standardizzazione dell’attività assistenziale che alcuni autori fanno afferire alla protocol – based care,17 18 un termine “ombrello” utilizzato per identificare un ampio range di processi
assistenziali 19 associati all’EBP ed alla standardizzazione. Uno sguardo alla letteratura mette immediatamente in luce che esiste nell’utilizzo del termine
protocollo una considerevole variabilità semantica.
Spesso i termini linea guida e protocollo sono stati
utilizzati come sinonimi 20 per identificare qualcosa
che guida i clinici nel processo decisionale. 21 22
Secondo la definizione attualmente più accreditata, fornita dall’Institute of Medicine statunitense, le
linee guida sono raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate secondo un procedimento sistematico per supportare clinici e pazienti nel
decidere le modalità di assistenza più appropriate
in specifiche circostanze cliniche. 23
Esse sono prodotte da agenzie governative e società scientifiche a livello nazionale o regionale e, per
questioni di risorse, competenze metodologiche e
tempo, non possono essere prodotte a livello locale
dalle aziende sanitarie; di conseguenza le organizzazioni sanitarie devono fare riferimento alle linee
guida per standardizzare i processi assistenziali ed
adattare localmente, attraverso i protocolli, le raccomandazioni valutandone la reale applicabilità.
Descritti come “applicazione di linee guida elaborate a livello nazionale o regionale traslate a livello
locale”, 24 i protocolli, a differenza delle linee guida
che si caratterizzano per la maggiore flessibilità del
loro approccio, hanno invece una connotazione
mirata, forniscono ai professionisti indicazioni esplicite e dettagliate specificando chi fa cosa, quando,
dove ed in quali condizioni relativamente alla pratica professionale in un determinato ambito.25 26 27
In linea con questa prospettiva, il protocollo assistenziale può essere quindi inteso come uno strumento informativo che definisce un modello formalizzato di comportamento professionale e che
descrive una successione di azioni fisiche, mentali,
verbali con le quali l’infermiere o gli operatori raggiungono un determinato obiettivo.28
Esso si può considerare tale quando dettaglia la
situazione clinica del paziente per la quale il protocollo può essere attivato, il problema o i problemi
che il protocollo si propone di affrontare e gestire,
i risultati che si intendono raggiungere, le azioni e
le procedure da attivare, gli indicatori di verifica, 29
oltre che basarsi sulle prove di efficacia disponibili.30
Anche i termini protocollo e procedura vengono
utilizzati in maniera interscambiabile. In alcuni casi
la procedura è intesa come descrizione di azioni in
sequenze dettagliate e logiche che compaiono in
un protocollo, identificandosi quindi come l’unità
elementare del processo assistenziale nel quale
vengono erogate un numero variabile di procedure.31 In altri casi, l’accezione data ai due termini può risentire di chi ha definito lo strumento o
della rigidità e della discrezionalità decisoria di chi
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
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li applica.32 Volendo quindi tentare una distinzione tra protocolli e procedure, non sembra possibile risolvere la questione. È importante, per coloro
che si apprestano a rivedere/stendere protocolli o
procedure, chiarire quale significato attribuire a tali
strumenti, considerando le terminologie previste
dai diversi sistemi di certificazione e accreditamento
presenti nel contesto locale.
A COSA SERVONO
L’elaborazione e l’utilizzo dei protocolli nella pratica infermieristica non rappresentano una novità.
Tuttavia in questi ultimi anni si è assistito ad un
crescente interesse nei loro confronti. I protocolli
trovano infatti una naturale collocazione nell’ambito dell’EBP, 33 un approccio alla pratica clinica
pensato per combattere gli errori derivanti da un
processo decisionale non informato dalle prove di
efficacia e che, oltre ad aver ridimensionato i rituali,
le esperienze cliniche isolate, le opinioni infondate
e la tradizione come base per la pratica, 34 contribuisce a contenere la presenza di una variabilità
delle decisioni cliniche. Risulta a tal proposito paradigmatico il lavoro di Freak e collaboratori che
avevano evidenziato che per il trattamento delle
ulcere vascolari degli arti inferiori si era rilevato l’uso
di 31 diversi tipologie di medicazione, 28 tipi diversi
di bendaggio e 59 diverse preparazioni topiche.35
In questa direzione, i protocolli, presidiando l’elevata variabilità di esecuzione delle procedure, documentano come le attività vengono svolte, standardizzano e sostengono la corretta esecuzione delle
medesime e contribuiscono alla riduzione di quella
parte di variabilità nelle decisioni cliniche legata alla
carenza di conoscenze, al mancato aggiornamento o alla soggettività nelle scelte assistenziali. I protocolli si prefiggono, quindi, di evocare una “teorica”
uguaglianza di trattamento oltre che assicurare alle
persone interventi basati sulle più recenti prove di
efficacia, di integrare e uniformare i comportamenti assistenziali, di favorire il confronto/coinvolgimento/motivazione tra operatori, di definire e valutare
la pratica assistenziale oggetto del protocollo.
Alcuni lavori hanno sottolineato come l’utilizzo
dei protocolli nella pratica infermieristica porti dei
benefici. In area critica, uno studio ha dimostrato
che nelle terapie intensive dove vengono utilizzati i protocolli, si rileva una maggiore aderenza alle
raccomandazioni di buona pratica clinica ed una
minore mortalità. 36 Analogamente uno studio ha
evidenziato come l’implementazione di un proto-
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collo multidisciplinare nell’assistenza a pazienti critici chirurgici può limitare l’utilizzo di risorse e ridurre i costi. 37 L’applicazione di un protocollo nurse
– led per lo svezzamento respiratorio dei pazienti
ventilati meccanicamente ha invece evidenziato
un alto grado di soddisfazione tra il personale infermieristico nell’assistenza ai pazienti, una migliore
conoscenza del programma di svezzamento ed un
miglioramento dei processi comunicativi tra i membri dell’equipe.38 Altri benefici sono documentati
anche in altri contesti assistenziali come la gestione
della terapia farmacologia da parte del personale
infermieristico neoinserito, 39 l’ambito oncologico,
40
dermatologico 41 e dell’emergenza. 42
Queste conclusioni non sono però univoche dato
che in una recente revisione della letteratura indica che gli strumenti dell’EBP sembrano migliorare
il processo di assistenza più che i risultati.43 Se l’utilizzo dei protocolli sottolinea la loro funzione a supporto del processo decisionale, de – enfatizzando
l’intuizione e la singola esperienza, va comunque
ricordato che l’approccio protocol – based è molto
di più di un testo di ricette da seguire pedissequamente in quanto contribuisce a rafforzare, ma non
sostituisce mai, le competenze cliniche, il giudizio
clinico e l’esperienza clinica. 44 È quindi necessario
un giusto grado di flessibilità nell’utilizzo di tali strumenti, in ragione della situazione clinica, delle caratteristiche individuali degli assistiti e delle varianze
ed eccezioni assistenziali che si possono verificare. In tal caso è importante che la registrazione di
eventuali difformità di applicazione del protocollo e
le relative motivazioni, siano debitamente riportate
nella documentazione dell’assistito.
COME REALIZZARE UN PROTOCOLLO ASSISTENZIALE
Il tema dell’implementazione, ossia il trasferimento dei risultati della ricerca nelle scelte assistenziali
quotidiane di professionisti e organizzazioni, costituisce oggi un nuovo filone della ricerca in ambito
sanitario, la ricerca translazionale. Essa si occupa del
“fluire” dei risultati della ricerca dall’ambito scientifico a quello clinico e studia i metodi per migliorare l’adozione dei risultati della ricerca nei contesti
assistenziali, potenziare i fattori che la favoriscono
e rimuovere i fattori che la ostacolano.45 Per migliorare l’efficacia degli interventi sanitari è necessario attivare meccanismi attraverso cui stimolare
il cambiamento individuale e dell’intera organizzazione. In merito la letteratura sottolinea come gli
interventi che danno maggiori garanzie di efficacia
siano quelli compositi, ossia una combinazione di
strategie che vengono scelte in funzione delle caratteristiche del contesto clinico – organizzativo in
cui verranno applicate e del comportamento clinico oggetto dell’intervento. 46 Fra gli insegnamenti
fondamentali mutuati dalle teorie sulla gestione
del cambiamento nell’ambito lavorativo figura l’importanza della collaborazione fra tutti. La maggior
parte dei modelli collaborativi comporta, infatti, un
certo grado di lavoro di gruppo dato che “[…] in
qualsiasi situazione si richieda l’associazione in tempo
reale di differenti abilità, esperienze e giudizi, i risultati
ottenibili da un gruppo sono inevitabilmente migliori
rispetto alla semplice somma delle attività di singoli individui che lavorino con ruoli e responsabilità limitati”.47
L’importanza del coinvolgimento diretto e attivo
di coloro che utilizzeranno il protocollo costituisce
quindi un elemento fondamentale affinché lo stesso possa trovare reale applicazione.
Nel 2002 il Modernisation Agency del Servizio Sanitario Inglese ed il National Institute for Clinical Excellence (NICE) hanno sviluppato, nell’ambito della
politica di attuazione del governo clinico prevista
dal Piano Sanitario Nazionale, una guida metodologica in 12 step per aiutare i professionisti sanitari
nella stesura di protocolli e nella loro implementazione.48 I 12 step [figura 1] se pur declinati nella prospettiva specifica del protocollo, sono accomunabili
a quelli indicati dai modelli di implementazione locale delle linee guida reperibili in letteratura (ad es.
Stetler Model of Research Utilization, 49 Iowa Model
of Research in Practice, 50 il Toolkit della canadese
Registered Nurses Association of Ontario [RNAO] 51
o quello proposto da Ballini e Liberati 52)
L’elemento unificante è rappresentato, infatti, dalla
progressione di un gruppo di lavoro rappresentativo
della componente professionale o multidisciplinare
attraverso alcuni step che sono sovrapponibili a
quelli che verranno di seguito illustrati.
Nonostante l’approccio della guida NICE sia
esperenziale e non rimandi ad una base teorica
specifica o a indicazioni relative alla sua efficacia,
gli step possono costituire un pratico riferimento
per l’attivazione di un percorso di elaborazione
ed applicazione di un protocollo. Di seguito viene
proposta una sintesi del contenuto di ciascuna fase.
STEP 1 – Individuare un argomento prioritario
La scelta di elaborare un protocollo e di
implementarlo a livello locale comporta
l’identificazione, nell’ambito della pratica clinica, di
un argomento prioritario per il quale lo strumento
potrebbe realmente portare un beneficio e spinge
a porsi le seguenti domande:
si tratta di una pratica di frequente attuazione e che
comporta l’impiego di tempo e risorse?
Vi sono interventi che si sono dimostrati efficaci ma
che non vengono garantiti?
STEP 2 – Costituire il gruppo di lavoro
La stesura e l’applicazione di un protocollo nella
pratica deve essere effettuata da un gruppo di
lavoro, non dal singolo; esse potrebbero vedere
coinvolti un solo gruppo professionale (es.
infermieri) oppure multidisciplinare (es. infermieri,
medici, farmacologi, fisioterapisti, microbiologi,
dietisti, etc.); tale gruppo dovrebbe quindi
comprendere rappresentanti di tutti coloro sui
quali il protocollo avrà influenza.
STEP 3 – Coinvolgere i pazienti e gli utilizzatori
Laddove è possibile andrebbe previsto anche il
coinvolgimento di una rappresentanza dei pazienti,
esperienza di fatto già in fase di realizzazione in
diverse organizzazioni sanitarie italiane, attraverso
l’invito alla partecipazione di Associazioni che si
occupano di particolari problemi di salute.
Figura 1 – Step per la stesura e l’implementazione di un protocollo (NICE, 2002)
STEP 4 – Definire obiettivi comuni
Il protocollo deve essere associato ad obiettivi
comuni e condivisi dal team; essi devono essere
specifici, misurabili, realizzabili e tesi ad un effettivo
miglioramento di una prestazione.
È utile in questa fase mappare quali sono i fattori
di ostacolo e/o favorenti incontrati dal gruppo
durante la pratica clinica.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
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STEP 5 – Costruire consapevolezza
Tutti i membri del team devono avere compreso
quale deve essere il loro contributo al gruppo ed al
lavoro di stesura e di implementazione.
Uno dei fattori importanti è la partecipazione
al cambiamento delle persone coinvolte
nell’implementazione assieme alla percezione di
avere la possibilità di attuarlo; ciò include la possibilità
di verificare direttamente le conseguenze positive
di una data scelta in termine di miglioramento
di salute per gli assistiti, l’importanza attribuita al
cambiamento da parte di persone di cui si ha stima
e fiducia e la percezione della propria capacità ed
efficacia.
Per ottenere i risultati desiderati occorre che
le capacità tecnico – cliniche dei sanitari siano
adeguatamente supportate da un ambiente
organizzativo e amministrativo funzionale al
raggiungimento degli obiettivi.
STEP 6 – Raccogliere le informazioni
Considerato che il protocollo dovrà essere evidence
– based, il reperimento di raccomandazioni/
indicazioni attraverso una adeguata ricerca
bibliografica risulta sostanziale, anche se può
necessitare del supporto di un bibliotecario. Alla
fase di reperimento deve seguire una fase di
valutazione della qualità metodologica dei prodotti
editoriali reperiti, siano essi primari che secondari.
STEP 7 – Attuare una valutazione di base per
determinare la attuale performance
Vi sono variazioni significative nella pratica clinica
dei diversi professionisti sanitari? Questa domanda
identifica la fase che precede l’implementazione
e consente di analizzare la variabilità della pratica
corrente.
STEP 8 – Stendere il protocollo
Il documento deve essere semplice, breve e
conciso, avere un impatto grafico immediato,
seguire una sequenza logica, risultare agile nella
lettura, consentire un rapido recupero delle
informazioni, evidenziare le responsabilità, indicare
obiettivi realistici ed outcome misurabili, specificare
i riferimenti bibliografici della revisione di letteratura
effettuata, la data di stesura e quella di revisione (per
la specifica del format e degli elementi costitutivi del protocollo si
rimanda alla Figura 2).
STEP 9 – Testare il protocollo in una unità pilota
Questa fase permette di evidenziare problemi
8 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
di applicazione in modo tale da consentire le
necessarie modifiche.
STEP 10 – Implementare il protocollo
La fase di implementazione dovrebbe essere
supportata da un dettagliato programma di
training (supportato anche con istruzioni scritte)
destinato allo staff che utilizzerà il protocollo. Può
essere utile individuare un membro del gruppo
quale referente locale per l’implementazione, al
fine di facilitare la sua integrazione nella pratica
clinica quotidiana nel contesto specifico.
In questa fase diviene fondamentale assicurare
anche un controllo sistematico sull’effettuazione di
alcune azioni/prestazioni che il protocollo contiene,
soprattutto su quelle di particolare complessità,
magari utilizzando una check di spunto.
Il fine di questo passaggio metodologico è
rappresentato dalla possibilità di “dare evidenza” e
dunque di poter verificare contemporaneamente
la qualità della prestazione erogata ed il livello di
adesione al protocollo 53 che è stato applicato.
STEP 11 - Monitorare eventuali variazioni
Per verificare ed evidenziare la realizzazione del
cambiamento nella pratica è indispensabile una
rilevazione post – implementazione successiva a
quella pre – implementazione. Le azioni assistenziali
effettuate, ma non previste dal protocollo, si
dovrebbero documentare a parte. Ciò indica che il
protocollo è utile a fare da “guida”al professionista,
ma le variazioni che il protocollo non può prevedere
– considerata la struttura formale- devono essere
annotate, documentate e giustificate.
A questo proposito è bene ricordare che il team
assistenziale potrebbe dedicare uno spazio definito
all’interno del documento in cui le variazioni, che
si potrebbero ritenere necessarie per la salute
della persona, siano espressamente dichiarate
e sostenute, in quanto esse costituiscono un
momento importantissimo nel quale la riflessione
della trattazione del singolo caso (appunto con
azioni non previste o modificate), trovino il loro
fondamento scientifico e, come tali, agite nel pieno
consenso dei professionisti.
STEP 12 – Revisionare il protocollo
È importante che il protocollo venga sottoposto a
revisione per verificare che l’obiettivo del protocollo
continui ad essere appropriato, che i nuovi membri
dello staff ricevano un adeguato training e che lo
stesso venga aggiornato.
Intestazione secondo format aziendale inserito nel Sistema Gestione Qualità con il suo titolo
Indice
Definizione del contesto e dello scopo
Obiettivi
Operatori coinvolti
Risorse materiali
Azioni da effettuare
Eventuali collegamenti con altri protocolli/procedure
Applicabilità del protocollo
Non applicabilità del protocollo
Criteri di accettazione dei professionisti
e degli utenti
Terminologia ed abbreviazioni
Misure di prevenzione delle complicanze e dei rischi
Livelli di responsabilità
Risultati attesi
Indicatori di verifica e standard
Indicatori di valutazione e standard
Bibliografia
Revisione ed Archiviazione
Allegati
Segnalare anche la pagina degli argomenti trattati nel protocollo
Descrivere il background – servizio – sistema in cui il protocollo è applicato
e quale è lo scopo della sua realizzazione, compresi i contenuti di interfaccia
con l’utenza, con l’organizzazione, con eventuali altri processi di lavoro che
entrano a far parte della realizzazione del protocollo
Definire l’obiettivo generale e, se il dettaglio riveste più livelli, anche gli obiettivi specifici
Inserire tutti i profili interessati; i nominativi possono essere inseriti solo se
chiaramente individuati ed il team lo ritiene opportuno
Inserire le risorse necessarie in ciascun passaggio di applicazione
Specificare le azioni che permettono al protocollo di essere applicato nella
sua interezza, secondo principi scientifici e/o normativi – cogenti e da ciascun operatore coinvolto
Elencare collegamenti ed interfacce con documenti di altro livello (es. aziendali, di altri servizi, etc.)
Descrivere su quali bisogni dell’utente è applicato il protocollo
Evidenziare eventuali ambiti di non applicabilità del protocollo
Definire i limiti per i quali il protocollo non può essere applicato, anche in
presenza di perfetta applicabilità, soprattutto rispetto alla condivisione con
l’utente
Inserire la legenda se sono utilizzati termini abbreviati e acronimi
Effettuare una ricognizione di eventuali rischi di errori nell’effettuazione delle
azioni, eventi avversi/o complicanze prevedibili e prevenibili (mappatura del
rischio specifico)
Assegnare i livelli di responsabilità dei diversi profili coinvolti (Informato, Collabora, Responsabile)
Esprimere gli esiti attesi e misurabili
Definire con tutti i componenti dell’equipe gli indicatori e gli standard di verifica dell’applicazione/adesione del protocollo, di rilevazione del passaggio
da fase a fase, di conformità.
Definire con tutti i componenti del team gli indicatori e gli standard relativi
agli esiti /risultati attesi dell’applicazione del protocollo
Elencare tutti i riferimenti bibliografici utilizzati ed eventuale sitografia, con
data degli ultimi accessi.
Dichiarare la data della prossima revisione ed il tipo di archiviazione del
protocollo dopo la sua revisione
Allegare istruzioni operative, check-list, algoritmi, report della ricerca bibliografica, tassonomie dei livelli delle evidenze e della forza delle raccomandazioni [se si utilizzano linee guida] etc.
Figura 2 – Elementi costitutivi di un protocollo (Casati, 2005; UNI EN ISO – 9001, 2008; JCAHO, 2011)
Quali sono i requisiti di qualità dei protocolli
A questo punto è utile considerare come gli step
sopracitati siano in realtà affrontati dai diversi team
assistenziali, nell’approccio alla realizzazione/ applicazione/ valutazione di un protocollo, tenendo
conto di aspetti organizzativi fondamentali quali il
sistema strutturale – culturale in cui gli attori (i professionisti) operano ai vari livelli dell’organizzazione,
con le loro diverse competenze, esperienze, personalità, attitudini e sulla base del flusso continuo
degli avvenimenti e delle loro esperienze. 54
Quindi, come dicevamo, la “struttura base” dei diversi tipi di documenti di matrice assistenziale, inclusi i protocolli che sono rivolti alle singole attività
assistenziali [Figura 2], deve poter assolvere:
• ad un buon “livello di conformità” tra gli interventi, che sono effettuati e che saranno registrati successivamente nella documentazione
infermieristica in uso, e le più recenti indicazioni scientifiche; 55
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
9
• ad un “buon standard documentale”, per
garantire la valutazione della quantità (dati ed
informazioni utili anche ai fini della ricerca) e
della qualità dell’assistenza infermieristica erogata56 (performance, indicatori di risultato, audit, etc.), della quale i servizi infermieristici hanno la responsabilità gestionalenti.
Dunque un protocollo è valido quando sono rispettati gli aspetti relativi alla revisione della letteratura,
quando quest’ultima è stata sottoposta a valutazione critica e se sono state rivalutate le indicazioni e
le modalità di erogazione delle prestazioni che in
esso sono contenute.
Gli attuali criteri di valutazione tengono conto, in
prima battuta, del rispetto di tutti gli step sopracitati
e del format/matrice definito dall’azienda/organizzazione di appartenenza del team assistenziale.
Ecco che un buon protocollo, per essere qualificato come tale, deve ottemperare criteri di valutazione più puntuali, che sono sostanzialmente:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
applicabilità sulle attività assistenziali;
validità formale da parte dell’organizzazione;
chiarezza di espressione;
completezza e sintesi dei contenuti,
contestualizzazione ai bisogni di salute individuati, al sistema strutturale e culturale;
flessibilità per i professionisti;
fondatezza rispetto alle evidenze scientifiche;
accessibilità alle best – practice necessarie;
verifica e valutazione dei risultati.
CONCLUSIONI
La stesura di un protocollo assistenziale rientra nella
responsabilità dei professionisti che lo condividono
e lo adottano.
Da questa assunzione ne deriva che tutte le valutazioni connesse alla pertinenza dei suoi contenuti
passano anche attraverso la correlazione su alcuni
dettati del codice penale, civile e disciplinare.
Su questi elementi è doveroso soffermarsi con una
riflessione più ampia rispetto alla liceità dell’esistenza del protocollo assistenziale come strumento di
lavoro e del suo utilizzo, preciso e contestualizzato
nel pianificare, gestire e valutare l’assistenza infermieristica, della quale l’infermiere è responsabile.
Dunque deve essere combattuto con forza il luogo
comune, molto diffuso tra i professionisti sanitari,
che considera la cartella clinica come l’unico atto
10 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
avente valore legale. 57
Resta certa, infatti, l’affermazione che il protocollo assistenziale, in quanto tenutario delle attività
assistenziali effettuate, si integra nell’insieme dei
documenti sanitari che vanno a formare l’intero
patrimonio delle informazioni clinico – assistenziali
del paziente e, di conseguenza, si deve rendere disponibile in caso di azione legale, anche per effetto
della responsabilità sugli altri operatori dell’equipe,
come nel caso dell’attribuzione di attività ricomprese nel profilo del personale di supporto.58
E’ proprio dalla nostra dichiarazione “scrivi quello
che fai e fai quello che hai scritto” che si colloca
il processo logico sul quale molte istanze e contenziosi non trovano ancora oggi, purtroppo, riscontri oggettivi ed evidenze che realizzino la veridicità
dell’applicazione delle buone pratiche, prima dichiarate e dopo non agite…
Un limite riscontrato nella nostra quotidianità, potrebbe essere rappresentato dal fatto che protocolli
estremamente elaborati e complessi sono spesso
poco applicati poiché non lasciano ai professionisti quella flessibilità operativa nell’erogazione delle
prestazioni, pur nel rispetto delle prassi condivise
e definite.
Si nota così che il protocollo redatto con un certo
rigore, si integra bene con la massima standardizzazione delle azioni e delle inter-azioni, ma potrebbe essere, come precedentemente accennato, un
elemento limitativo nella gestione delle varianze e
delle eccezioni assistenziali che si potessero verificare: queste ultime possono rappresentare un pericolo per il professionista, se non saranno gestite bene
attraverso la loro descrizione nella documentazione infermieristica.
Si deve rilevare che anche altri aspetti vanno a completare l’assunto di quanto sia necessario rispettare
i contenuti del protocollo in uso (o dichiararne con
chiarezza i motivi della non applicabilità sul quel
caso) e perché documentare bene la propria attività assistenziale.
Si pensi infatti al ricorso, sempre più frequente, ai
contenziosi per malpractice o semplicemente alla
responsabilità contrattuale che lega il datore di lavoro al mandato del professionista, alla posizione
di garanzia che si realizza tra quest’ultimo ed il paziente.
Infine, ma non ultimo, trova ulteriore fondamento
nella giurisprudenza che la corretta applicazione
dei protocolli si lega alle norme della responsabilità professionale per dettare le cosiddette “regole
dell’arte”, per le quali, in applicazione di quanto di-
chiarato come dovere nella normativa vigente di
interesse infermieristico,59 60 61 si impone l’obbligo di
accertamento dell’operato dei professionisti, a livello giuridico, anche in base al loro utilizzo.
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Update della Consensus Conference A.I.S.Le.C.
sulle superfici antidecubito
Update of A.I.S.Le.C.’s antidecubitus mattress Consensus Conference
Angela Peghetti, Andrea Bellingeri, Paola Traspedini, Paolo Chiari, Tiziana De Prospo, Elisabetta Paoletti
BACKGROUND
L’utilizzo e la diffusione di documenti quali le Linee
Guida ha sin dalla sua fondazione, rappresentato
uno degli scopi principali di A.I.S.Le.C. (Associazione
Infermieristica per lo Studio delle Lesioni Cutanee)
in quanto lo sviluppo di un’assistenza appropriata,
efficace ed efficiente nel campo del wound care
rappresenta oltre che un mandato professionale
imprescindibile, anche la meta verso cui l’associazione tende. Ancora oggi, tuttavia, malgrado la diffusione della pratica basata sulle evidenze, permangono molti ambiti in cui si assiste ad una pratica
professionale svolta in un ambito di incertezza e di
carenza informativa: la scarsità di prove di efficacia
negli interventi legati al mondo del wound care è
nota, come nota è la difficoltà a produrre ricerca
scientificamente rilevante. Ciò è determinato essenzialmente dalla difficoltà di selezionare campioni
molto ampi in un mondo come quello della cronicità, mondo in cui le variabili che entrano in gioco
e “confondono” il ricercatore sono innumerevoli,
data la presenza di comorbilità e multifattorialità
delle problematiche che si vorrebbero studiare.
Questo induce il mercato a investire raramente in
un settore ove i risultati si possono attendere dopo
parecchi anni dall’inizio degli investimenti e dove il
farmaco, soprattutto nel nursing, non rappresenta
l’elemento base delle attività.
Per superare questo empass, la comunità scientifica
propone tra i vari sistemi, tra questi, la produzione
di raccomandazioni di comportamento clinico in
cui il consenso può essere raccolto sia attraverso
l’utilizzo di modalità informali che formali. La Conferenza di Consenso rappresenta una dei metodi
formali che la letteratura suggerisce per raccogliere il consenso: consenso che deve essere espresso
da un gruppo di esperti sulla base di uno specifico
percorso metodologico.
Teoricamente le Conferenze di Consenso, si realizzano nella seguente modalità. Il gruppo promotore individua il problema clinico/assistenziale che
sarà oggetto delle future raccomandazioni (il tema
deve appartenere ad un ambito in cui le evidenze a sostegno dei comportamenti sono scarse e di
conseguenza la maggior parte delle future raccomandazioni sarà esplicitata sulla base del parere
degli esperti). La struttura prevede che il gruppo
promotore svolga una revisione sistematica della
letteratura e che sulla base dei risultati degli studi
reperiti e del parere degli esperti coinvolti definisca
una prima stesura delle raccomandazioni. Viene
poi indetta la giornata della consensus: il gruppo promotore a questo punto ha esaurito il suo
mandato e il lavoro svolto viene presentato ad un
secondo gruppo denominato “Giuria” guidato da
un “Chairman” super partis. I lavori vengono svolti nel corso di un’assemblea pubblica di fronte ad
un pubblico selezionato comprendente tutti gli stakeholders1 e le raccomandazioni vengono valutate
e discusse fino a trovare una posizione comune.
Come in un processo legale, la giuria ascolta i fatti sulla base dei quali successivamente delibera; a
differenza dei processi però i membri del gruppo
sono autorizzati a fare domande, il chairman del
gruppo è tenuto a controllare i procedimenti e il
pubblico (i membri del pubblico) può partecipare
alla discussione. La discussione di gruppo segue
una struttura formale (simile a quella di una giuria)
in cui il presidente dirige la discussione e delega i
compiti. Nonostante il gruppo sia sollecitato a raggiungere un consenso, i partecipanti sono comunque incoraggiati a comprendere, qualora non si
riesca a raggiungere un parere unanime, i punti
di vista alternativi o minoritari. Al termine la giuria
si ritira per esprimere in forma anonima il voto di
assegnazione del grading (forza della raccomandazioni). 2
Praticamente il metodo della Consensus può favorire la adozione di provvedimenti operativi, clinici,
assistenziali anche in presenza di scarse prove di
ricerca clinica, proprio perché costruita e gestita in
modo formale e con la partecipazione di tutti gli
“attori” significativi che concorrono nel produrre
l’atto sanitario in esame.
In pratica AISLEC ha condotto una consensus conIl Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
13
ference al fine di fornire indicazioni di comportamento clinico sulla scelta ed utilizzo delle superfici
antidecubito (2004) e nel corso del 2010 ha provveduto a svolgere un updating della letteratura al
fine di aggiornare le raccomandazioni precedentemente prodotte.
2.
OBIETTIVI
Obiettivo primario
L’obiettivo principale del progetto è quello di contribuire ad incrementare l’appropriatezza degli interventi sanitari volti a prevenire e curare le lesioni
cutanee croniche come ad esempio le lesioni da
pressione, attraverso la produzione di un documento che fornisca raccomandazioni per tutti gli
interventi nel campo delle superfici antidecubito.
Superfici che, alla luce del parere di esperti e della
revisione sistematica, evidenzino il migliore rapporto tra costi ed efficacia clinica (cost/effectiveness).
Si sottolinea comunque come, la corretta gestione
delle superfici coniugata all’identificazione, puntuale e precoce, dei cittadini a rischio, e l’applicazione
delle migliori pratiche di prevenzione e trattamento siano riconosciute dal mondo scientifico come il
cardine basilare dell’assistenza al paziente portatore di lesioni da pressione.
Obiettivi secondari
• Sviluppare consenso intorno alle raccomandazioni prodotte dalla ricerca clinica internazionale al fine di facilitare i processi di implementazione, creando un “core” condiviso di affermazioni
sulle quali basare i programmi formativi per i
professionisti, i cambiamenti organizzativi (evidencebased purchasing, profili di assistenza), i
cambiamenti normativi (modifiche del nomenclatore tariffario), la creazione di parametri per
la verifica della qualità e per l’accreditamento
(standard);
• Adattare le raccomandazioni prodotte dalla ricerca clinica alle specificità della realtà clinica
ed organizzativa italiana;
• Definire la ‘best clinical practice’ nelle aree in
cui la ricerca è di scarsa qualità metodologica o
del tutto insufficiente.
MATERIALI E METODI
Le fasi strategiche legate al progetto sono state:
1. La ricerca sistematica e la valutazione critica
14 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
3.
4.
5.
6.
7.
dei risultati provenienti dagli studi clinici reperiti attraverso la consultazione delle principali
banche dati biomediche e la ricerca manuale,
(con particolare attenzione alle linee guida e
revisioni sistematiche);
il confronto con le indicazioni e i riferimenti del
Piano Nazionale Linee Guida (PNLG) dell’Istituto Superiore della Sanità (I.S.S.) e dell’NHS R&D
HTA Programme del Health Technology Assessment (H.T.A.) della Gran Bretagna;
il coinvolgimento multiprofessionale e multidisciplinare;
il coinvolgimento del Ministero della Salute italiano;
il confronto con le associazioni degli utenti/pazienti;
il confronto trasparente con le aziende produttrici di ausili antidecubito e di prodotti per il
trattamento delle lesioni da pressione presenti
sul mercato;
il coinvolgimento diretto dei maggiori esperti
internazionali nel campo.
I passi principali seguiti nello sviluppo della Conferenza di Consenso (C.d.C.) sono stati i seguenti:
1. definizione dei quesiti e condivisione degli stessi;
2. revisione della letteratura attraverso la consultazione delle principali banche dati biomediche: PubMed, Chinal, Embase, Cochrane, Cleringhouse. In particolare:
• sono stati ricercati i documenti integrativi (linee
guida, revisioni sistematiche, report di technology assessment) prodotti dalle istituzioni, associazioni e società scientifiche accreditate internazionalmente. La ricerca è stata condotta
nelle banche dati disponibili online e completata con la ricerca manuale e con il contatto
diretto con i principali esperti mondiali del settore ;
• sono stati valutati criticamente gli studi clinici
condotti sul tema di interesse;
3. le informazioni raccolte sono state oggetto di
discussione e confronto con i maggiori esperti
internazionali in ripetute sessioni di studio tra il
2002 e il 2004;
4. le informazioni prodotte dalla ricerca clinica costituiranno la base sulla quale fondare la prima
edizione della C.d.C. che si è tenuta nell’Aprile
del 2004.
L’attuale aggiornamento si è svolto con la ricerca
di tutti gli studi reperibili in letteratura attraverso la
consultazione delle banche dati precedentemente
citate e della banca dati Clinical Trials.
La ricerca è stata condotta nel mese di novembre
2010 ed ha posto i limiti della lingua inglese, francese e spagnola prevedendo l’esclusione di tutti gli
articoli pubblicati prima del 2004 (anno di conduzione della ricerca precedente).
Sono stati recuperati complessivamente 2597 nuovi articoli comprendenti anche editoriali ed articoli
relativi al parere degli esperti.
È stata quindi condotta una prima analisi attraverso
la lettura del titolo (al fine di valutare la pertinenza
degli studi) che ha portato alla selezione di 888 articoli che rispondevano ai criteri previsti dai quesiti
di ricerca iniziali. Di questi è stata successivamente
valutato il disegno di ricerca: ciò ha portato alla selezione di 124 articoli corrispondenti a Linee Guida,
Revisioni Sistematiche e trials randomizzati e controllati (che rappresentavano il gold standard per
gli obiettivi prefissati). Di questi 124 studi è stato valutato il contenuto dell’abstract: ciò ha comportato
una ulteriore scrematura e in definitiva sono stati
selezionati 46 studi di cui è stato recuperato il full
text.
Dalla valutazione critica degli articoli relativa al rigore metodologico e alla presenza di bias, l’aggiornamento finale della CdC si è basato su 15 articoli
originali di cui 6 Revisioni sistematiche che comprendevano e citavano i restanti 9 studi primari che
avevano superato la valutazione critica.[vedi flow chart]
Le raccomandazioni per le quali è stato necessario
provvedere ad un aggiornamento in quanto sono
emerse dalla letteratura nuove evidenze riguardano principalmente i dispositivi da utilizzare sia
nell’ambito della prevenzione che del trattamento
delle lesioni da compressione. [Tabella 2] mentre per
tutte le altre raccomandazioni non sono emerse
nuove evidenze rispetto la consensus condotta nel
2004, pertanto queste ultime sono da considerarsi
aggiornate anche se sia il grading (forza della raccomandazione) che la definizione delle stesse sono
rimasti invariati.
Flow Chart del processo di ricerca
Negli studi esaminati non c’è differenza per quanto
riguarda la sede delle lesioni già insorte se non per
quegli studi che riguardano dispositivi specifici per
la ridistribuzione della pressione a livello calcaneare.
Il risultato di tale ricerca della letteratura non modifica in maniera sostanziale le raccomandazioni precedenti se non per il riposizionamento del paziente
ogni 3 o 4 ore che è risultato efficace come quello
ogni 2 ore. Per quanto riguarda il vello di pecora
(raccomandazione 20) e i velli sintetici è stata ulteriormente dimostrata l’inefficacia di tale dispositivo
se non per 2 studi condotti in Australia che hanno
riportato risultati a favore del vello di pecora, ma il
contesto è troppo lontano dalla nostra realtà, ad
esempio per la differenza del tipo di lana utilizzato
nell’ambito dei 2 studi (lana merinos di pecore australiane non presente sul mercato italiano dove i
velli di pecora commercializzati sono in realtà teli di
materiale sintetico), per cui non ne viene consigliato l’utilizzo.
Di seguito vengono riportati gli esiti delle votazioni
con l’elenco delle nuove raccomandazioni [Tabella 3],
ed l’elenco delle raccomandazioni rimaste invariate
[Tabella 4].
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
15
Autore
McInnes E, Cullum NA,
Bell-Syer SEM, Dumville JC,
Jammali-Blasi A
Nicky Cullum and Emily Petherick
Titolo
Rivista
Support surfaces for pressure ulcer
prevention (Review)
2010 The Cochrane Collaboration. Published
by JohnWiley & Sons, Ltd.
Pressure ulcers
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii:
1901.
Preventing pressure ulcers: a systematic
review.
Are pressure redistribution surfaces or heel
Junkin J, Gray M.
protection devices effective for preventing
heel pressure ulcers?
The effect of pressure-relieving surfaces on
Nicosia G, Gliatta AE, Woodbuthe prevention of heel ulcers in a variety of
ry MG, Houghton PE.
settings: a meta-analysis.
Reddy M, Gill SS, Rochon PA.
JAMA. 2006 Aug 23;296(8):974-84.
J Wound Ostomy Continence Nurs. 2009
Nov-Dec;36(6):602-8.
Int Wound J. 2007 Sep;4(3):197-207.
Tabella 2 Articoli compresi nella revisione
Numero
Raccomandazione
Raccomandazione
11
I soggetti allettati, ritenuti a rischio di lesioni da
pressione, devono essere riposizionati almeno
ogni 2 ore, se ciò è compatibile con le condizioni
generali del paziente.
Ogni individuo considerato a rischio di sviluppare lesioni da pressione deve essere riposizionato
con una frequenza dettata anche dalle condizioni generali e locali del paziente e dalla superficie
adottata.
La riabilitazione deve essere attuata in conformità con il programma terapeutico, con le
necessità individuali e con le condizioni della
cute del paziente.
Ai pazienti individuati a rischio deve essere applicato un piano scritto di riposizionamento
Studi che aggiornano
la raccomandazione
Reddy M, Gill SS, Rochon PA.
Preventing pressure ulcers: a systematic review.
JAMA. 2006 Aug 23;296(8):974-84.
Nicky Cullum and Emily Petherick
Pressure ulcers
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901.
McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC,
Jammali-Blasi A
Support surfaces for pressure ulcer prevention
(Review)
2010 The Cochrane Collaboration. Published by
JohnWiley & Sons, Ltd.
12
Per i pazienti individuati a rischio, devono essere
utilizzati ausili antidecubito atti a ridurre/ridistribuire le pressioni
Gli individui a rischio non devono essere posizio- Nicky Cullum and Emily Petherick
Pressure ulcers
nati su materassi standard
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901.
Reddy M, Gill SS, Rochon PA.
Preventing pressure ulcers: a systematic review.
JAMA. 2006 Aug 23;296(8):974-84.
Tabella 3 Raccomandazioni oggetto di aggiornamento
16 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
Numero
Raccomandazione
13
Raccomandazione
Utilizzare una superficie di supporto statica per
coloro che possono essere riposizionati purché
impedisca di toccare il piano di supporto e/o
non diventi una superficie rigida
L’utilizzo delle superfici di supporto deve essere
sempre accompagnato da un adeguato programma scritto di riposizionamento
Studi che aggiornano
la raccomandazione
McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC,
Jammali-Blasi A
Support surfaces for pressure ulcer prevention
(Review)
2010 The Cochrane Collaboration. Published by
JohnWiley & Sons, Ltd.
Nicky Cullum and Emily Petherick
Pressure ulcers
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901.
Junkin J, Gray M.
Are pressure redistribution surfaces or heel protection devices effective for preventing heel pressure
ulcers?
J Wound Ostomy Continence Nurs. 2009 NovDec;36(6):602-8.
15
Nicosia G, Gliatta AE, Woodbury MG, Houghton
Nei soggetti allettati immobili, eliminare con ausili
PE.
la pressione sui talloni.
The effect of pressure-relieving surfaces on the
prevention of heel ulcers in a variety of settings: a
meta-analysis.
Int Wound J. 2007 Sep;4(3):197-207.
Nicky Cullum and Emily Petherick
Pressure ulcers
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901.
16
20
Utilizzare un sistema di supporto antidecubito
per i soggetti con una lesione da pressione
Evitare l’uso di guanti ripieni di acqua vello
sintetico e quello naturale di pecora
Nicky Cullum and Emily Petherick
Pressure ulcers
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901.
McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC,
Jammali-Blasi A
Support surfaces for pressure ulcer prevention
(Review)
2010 The Cochrane Collaboration. Published by
JohnWiley & Sons, Ltd.
Nicky Cullum and Emily Petherick
Pressure ulcers
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901.
21
McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC,
Jammali-Blasi A
Support surfaces for pressure ulcer prevention
(Review)
Per i soggetti a rischio, in postura seduta usare
2010 The Cochrane Collaboration. Published by
un cuscino antidecubito conforme alle necessità JohnWiley & Sons, Ltd.
specifiche del soggetto
Nicky Cullum and Emily Petherick
Pressure ulcers
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901.
segue
Tabella 3 Raccomandazioni oggetto di aggiornamento
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
17
Numero
Raccomandazione
23
Raccomandazione
Studi che aggiornano
la raccomandazione
McInnes E, Cullum NA, Bell-Syer SEM, Dumville JC,
Jammali-Blasi A
Support surfaces for pressure ulcer prevention
(Review)
Una superficie che riduca la pressione deve
2010 The Cochrane Collaboration. Published by
essere utilizzato sul tavolo operatorio nel caso
l’intervento riguardi soggetti a rischio per lesioni JohnWiley & Sons, Ltd.
da pressione
Nicky Cullum and Emily Petherick
Pressure ulcers
Clin Evid (Online). 2008 Mar 19;2008. pii: 1901.
segue
Tabella 3 Raccomandazioni oggetto di aggiornamento
Numero di
Raccomandazione
Raccomandazione
Grading
La scelta delle superfici da adottare deve
tener conto della valutazione complessiva
dell’individuo.
1
2
3
4
Nella valutazione complessiva tenere conto delle
seguenti variabili: comfort, valutazione gestionale
accettazione da parte dell’utente, accettazione
da parte del caregiver.
La valutazione dell’appropriatezza della
superficie deve essere fatta attraverso un
gruppo interdisciplinare con esperienza nel
posizionamento (es: fisiatri, fisioterapisti, terapisti occupazionali, infermieri, Tecnici Ortop.,
Utenti).
Devono essere considerati per la valutazione
della posizione seduta: l’allineamento posturale,
distribuzione del peso, stabilità, equilibrio.
Tutti i soggetti allettati e con gravi limitazioni
della mobilità devono essere valutati per il
rischio di sviluppare lesioni utilizzando come
strumento la scala di Braden.
Nella valutazione del rischio devono essere
tenute in considerazione anche le patologie concomitanti, eventuali disabilità o menomazioni, i
limiti della Braden nei soggetti non caucasici e la
anamnesi positiva per presenza di ulcera.
Tutti i soggetti allettati e con gravi limitazioni
della mobilità devono essere valutati per il
rischio al momento del loro ricovero in ospedale, centri di riabilitazione, case di riposo,
programmi di cura a domicilio o ad altri tipi di
strutture sanitarie.
I soggetti a rischio devono essere valutati quotidianamente e comunque al cambiamento delle
condizioni del paziente.
Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate
18 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
Fortemente raccomandato
Fortemente raccomandato
Fortemente raccomandato
Fortemente raccomandato
segue
Numero di
Raccomandazione
Raccomandazione
Grading
5
La valutazione del rischio eseguita con l’uso
della scala di valutazione è complementare al
giudizio clinico e non deve prevaricarlo
La valutazione clinica deve essere condotta
in base ad una valutazione complessiva del
paziente (età, gravità delle malattie, comorbilità,
farmaci, stato psicosociale, superfici, posizione,
abbigliamento, comfort del paziente.
Fortemente raccomandato
6
Tutti i pazienti portatori di lesioni da pressione
vanno valutati al fine di determinare, il rischio
individuale di formazione di nuove lesioni.
La valutazione deve essere documentata in
forma scritta e se possibile iconografica
Fortemente raccomandato
7
La valutazione del rischio deve essere fatta da
professionisti sanitari formati a riconoscere i
fattori di rischio ed i metodi di prevenzione
Tutte le valutazioni del rischio devono essere
documentate in forma scritta.
La scheda di valutazione del rischio deve essere
parte integrante della documentazione che
segue il paziente.
Fortemente raccomandato
8
Tutti gli individui a rischio devono essere sottoposti ad un’ispezione cutanea sistematica
e giornaliera con particolare attenzione alle
salienze ossee.
I risultati dell’ispezione devono essere documentati in forma scritta.
La rivalutazione della cute deve essere fatta ad
ogni cambiamento della condizione abituale.
Fortemente raccomandato
9
I soggetti gravemente malati e a rischio di
sviluppare lesioni da pressione devono essere
riposizionati fuori dal letto per brevi periodi.
Quando è impossibile mantenere la frequenza di
un’ora fuori dal letto o quando essa si dimostra
incompatibile con gli scopi del trattamento generale occorre ricollocare il paziente nel letto.
Quando i pazienti si trovano seduti fuori dal letto
anche per brevi periodi, è necessario mantenere
gli ausili di prevenzione.
Raccomandato
10
Gli individui in grado di ispezionare la loro
pelle devono essere addestrati a farlo
Un programma di educazione / formazione per
caregiver e pazienti deve essere sempre applicato a chi presenta disabilità motorie
Fortemente raccomandato
Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
19
Numero di
Raccomandazione
Raccomandazione
Grading
11
I soggetti allettati, ritenuti a rischio di lesioni
da pressione, devono essere riposizionati
almeno ogni 2/4 ore, se ciò è compatibile con
le condizioni generali del paziente.
Ogni soggetto considerato a rischio di
sviluppare lesioni da pressione deve essere riposizionato con una frequenza dettata anche
dalle condizioni generali e locali del soggetto
stesso e dalla superficie adottata.
La riabilitazione deve essere attuata in conformità con il programma terapeutico, con le
necessità individuali e con le condizioni della
cute del soggetto.
Ai soggetti individuati a rischio deve essere
applicato un piano scritto di riposizionamento
Fortemente raccomandato
12
Per i soggetti individuati a rischio, devono essere utilizzati ausili antidecubito atti a ridurre/
ridistribuire le pressioni
Gli individui a rischio non devono essere
posizionati su materassi standard
Fortemente raccomandato
13
Utilizzare una superficie di supporto statica
per coloro che possono essere riposizionati
purché impedisca di toccare il piano di supporto e/o non diventi una superficie rigida
L’utilizzo delle superfici di supporto deve essere sempre accompagnato da un adeguato
programma scritto di riposizionamento
Raccomandato
15
Nei soggetti allettati prevedere l’utilizzo di
specifiche superfici atte a ridurre la pressione
sui talloni
Fortemente raccomandato
16
Utilizzare un sistema di supporto antidecubito
dinamico per i soggetti con una lesione da
pressione che non possono modificare la
posizione autonomamente
Utilizzare un sistema di supporto antidecubito statico per i soggetti con una lesione da
pressione che possono modificare autonomamente la postura
Raccomandato
17
Utilizzare un sistema di supporto antidecubito
per i soggetti con una lesione da pressione
Fortemente raccomandato
19
Selezionare un sistema di supporto dinamico, se il paziente ha sviluppato delle lesioni
da pressione e non è in grado di assumere
posizioni diverse senza caricare il suo peso
sulle lesioni stesse
Fortemente raccomandato
20
Evitare l’uso di guanti ripieni di acqua ed il
vello di pecora
Raccomandato
21
Per i soggetti a rischio, in postura seduta
usare un cuscino antidecubito conforme alle
necessità specifiche del soggetto
Raccomandato
20 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
Numero di
Raccomandazione
Raccomandazione
Grading
22
Il riposizionamento del paziente con lesioni
da pressione, deve avvenire anche quando gli
individui sono su ausili per la ridistribuzione
della pressione.
Il piano di riposizionamento deve essere scritto.
Fortemente raccomandato
23
Una superficie in materiale viscoelastico che riduca la pressione deve essere utilizzato sul tavolo
operatorio nel caso l’intervento riguardi soggetti
a rischio per lesioni da pressione
Raccomandato
24
In nessun caso utilizzare ausili a ciambella.
I dispositivi a ciambella sono sconsigliati in
quanto causano congestione venosa ed edema,
è molto più probabile che siano causa di lesioni,
piuttosto che svolgano una azione di prevenzione.
Fortemente raccomandato
25
Utilizzare dispositivi come cuscini o schiume
per prevenire il contatto diretto fra prominenze ossee (come ginocchia o caviglie).
Fortemente raccomandato
26
27
segue
Per i soggetti a rischio, in postura seduta
usare un cuscino antidecubito conforme alle
necessità specifiche del soggetto.
Evitare posture immobili per periodi prolungati.
Nella scelta del cuscino bisogna tener conto dei
fattori di rischio legati al paziente ed all’ambiente.
L’ausilio deve essere appositamente prescritto al
singolo individuo sulla base della sua sagoma ed
anatomia.
Utilizzare un piano scritto per l’uso di ausili per il
posizionamento.
Si deve evitare la posizione seduta nei pazienti che presentano lesioni da pressione in zona
ischiatica
La pressione dell’interfaccia tra la tuberosità
ischiatica ed il sedile della sedia, o simili, è alta e
deve essere alleviata frequentemente al fine di
evitare il danneggiamento del tessuto molle.
È consentita posizione seduta per brevi periodi
se necessari per l’alimentazione e/o per motivi
psicologici.
Fortemente raccomandato
Fortemente raccomandato
28
Definire la procedura per verificare l’adeguatezza del supporto alle esigenze del paziente.
Raccomandato
29
Verificare se il variare della situazione clinica
indica la necessità di sostituire il supporto.
Fortemente raccomandato
30
Tutti i pazienti con lesione da pressione, devono essere sottoposti a periodica rivalutazione
del rischio utilizzando la scala di Braden.
Fortemente raccomandato
Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
21
Numero di
Raccomandazione
31
32
33
segue
Raccomandazione
Utilizzare un sistema di letto ad aria fluidizzata
dopo il trattamento chirurgico delle lesioni
da pressione quando la pressione sul lembo
chirurgico è inevitabile.
Il tempo minimo di impiego della superficie fluidizzata nel post-operatorio è di due
settimane.
Riportare il paziente nella postura seduta per
un tempo progressivamente crescente per
prevenire le recidive dell’ulcera nel sito chirurgico.Il paziente deve essere posizionato su una
superficie antidecubito adeguata alla tipologia
dell’intervento subito Il tempo può variare da 3
settimane a 8 settimane.
Utilizzare ed espandere la classificazione UNI
EN ISO 9999. La classificazione UNI EN ISO
9999 suddivide gli ausili in Classi, Sottoclassi e
Divisioni. Sono previste Classi numeriche nonché
sottoclassi e divisioni ad esse associate per istanze
nazionali. (CSR) La condivisione di uno stesso
sistema di classificazione permette di comparare
valutazioni fatte a livello nazionale con quelli
internazionali.
Grading
Fortemente raccomandato
Fortemente raccomandato
Fortemente raccomandato
34
La capacità di una categoria di dispositivi di
compensare un handicap, ridurre un deficit,
prevenire una disabilità deve essere valutata
da un Apposito Organismo (Commissione
Unica) con competenze assistenziali, cliniche
e riabilitative. Si indica la necessità di effettuare
un controllo dell’idoneità e della conformità del
fornibile ai requisiti prescritti, che deve avvenire antecedentemente alla fornitura. La scelta
dell’ausilio dovrà essere effettuata esclusivamente nell’ambito della gamma di ausili accreditati.
(CSR)
Raccomandato
35
È necessaria la definizione di un REPERTORIO
DEGLI AUSILI EROGABILI indicando marca,
modello e prezzo di listino al pubblico, organizzati per classificazione UNI EN ISO 9999.
L’iscrizione in un Repertorio Nazionale di ciascun
ausilio erogabile permette di stabilire a priori
quali sono gli ausili che il Servizio Sanitario mette
a disposizione. Il collaudo potrà così semplicemente attestare che l’ausilio fornito appartiene
effettivamente all’elenco degli ausili accreditati
con il codice prescritto.
Raccomandato
36
Il personale sanitario prescrittore di superfici
di supporto, deve aver seguito una formazione specifica ai fini della predisposizione di
un corretto programma riabilitativo qualora
includa l’uso di sistemi di supporto.
Raccomandato
Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate
22 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
segue
Numero di
Raccomandazione
Raccomandazione
Grading
37
Il personale sanitario fornitore di superfici di
supporto, deve aver seguito una formazione
specifica ai fini di un uso corretto dei sistemi
di supporto qualora inseriti nel programma
riabilitativo.
Raccomandato
38
Il personale sanitario prescrittore e/o fornitore
di superfici di supporto, deve aver seguito
una formazione specifica ai fini di una corretta informazione al paziente ed a chi lo assiste.
La prescrizione degli ausili ai fini di un programma terapeutico deve essere integrata da una
esauriente informazione al paziente ed a chi lo
assiste oltre che dalla descrizione sulle caratteristiche funzionali e terapeutiche e sulle modalità di
utilizzo del dispositivo stesso (DL 332/99).
Raccomandato
Tabella 4 Raccomandazioni da considerarsi ancora aggiornate
Allegato 1 – GLOSSARIO
In questa sezione viene presentato il glossario dei termini relativi alla assistenza di pazienti a rischio o con lesione da pressione in correlazione con le superfici di supporto, elaborato dal GdL della Consensus al fine di poter utilizzare un linguaggio comune e per permettere di omogeneizzare procedure e protocolli assistenziali con quanto riportato in letteratura.
TERMINI
ACUTO
AFFONDAMENTO
COMPLETO
AUSILIO
AUSILIO CIRCOLARE A
CIAMBELLA
BARRIERA
ANTIBATTERICA
DEFINIZIONE
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
Di malattia, che compie con una certa violenza e De Mauro T – Grande Dizionario Italiano dell’Uso
piuttosto rapidamente il suo ciclo
– UTET - 1999
Vedi “Toccare il fondo”
GdL Consensus
Strumento tecnologico che consente di superare
Tecnologie per l’autonomia – Linee guida per i forbarriere all’accessibilità, o di compensare certe
nitori – Commissione Europea - Fondazione Don
limitazioni funzionali ai fini di facilitare o rendere
Gnocchi – SIVA 1999
possibili determinate attività della vita quotidiana
Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et al. TreStrumento di foggia circolare a forma di anello atment of pressure ulcers. Clinical Practice Guidecreato per diminuire la pressione sulla zona
line, Number 15. AHCPR Publication No. 95-0652.
corporea ove il soggetto si siede
Rockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US
Department of Health and Human Services 1994
Struttura che impedisce il passaggio di
microrganismi batterici
GdL Consensus
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
23
TERMINI
BOTTOM OUT
BOTTOMING OUT
CAMBIO DI POSTURA
COLLOIDALE
(SOLUZIONE)
COPRIMATERASSO
(TELO DI COPERTURA)
CRONICO
CUSCINO
ANTIDECUBITO
DENSITÀ
DISABILITÀ
DURATA D’EFFICACIA
DUREZZA
DEFINIZIONE
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
Vedi “Toccare il fondo”
GdL Consensus
Vedi “Verifica del toccare il fondo”
GdL Consensus
Vedi “Riposizionamento”
GdL Consensus
Sistema disperso in cui un solido in uno stato di
suddivisione più o meno spinto (fase dispersa) si
trova in un mezzo disperdente liquido; a seconEnciclopedia Zanichelli 1992
da della concentrazione, le soluzioni colloidali, si
distinguono in sol (soluzione colloidale allo stato
fluido) e in gel
Tessuto di rivestimento di un materasso o sovramaterasso
Santy J: Hospital matresses and pressure sore
prevention. J. Wound Care 1995;4 (7): 329332
Di malattia o di condizione morbosa a
decorso lento e con scarse probabilità di
guarigione completa
De Mauro T – Grande Dizionario Italiano
dell’Uso – UTET - 1999
Variazione di forma che qualsiasi
materiale subisce quando viene a
Maklebust J, Siwegreen MY - Pressure ulcers
trovarsi in stato di sforzo. L’entità della
guidelines for prevention and nursing manadeformazione dipende dalla rigidità del
gement Springhous Corporation 1996
materiale ed è in genere proporzionale
alla forza applicata
Rapporto tra una grandezza e l’unità di
spazio in cui essa è definita
Enciclopedia Zanichelli 1992
Qualsiasi limitazione o perdita, conseguente a menomazione, della capacità
di compiere un’attività nel modo o
Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA
nell’ampiezza considerati normali per
1988
un essere umano
(Termine obsoleto)
Periodo di tempo definito durante
il quale un prodotto è in grado di
conseguire lo scopo per cui è stato
progettato
Hover AE, Krouskop. Pressure relief characteristic of a new foam overlay: a preliminary performance evaluation. JET
Nurs. 1992;19:42-47.
Krouskop T, Rijswijk LV. Standardizing
performance–based criteria for support
surfaces. Ostomy Wound Management
41:1 34-44 1995.
Caratteristica dei materiali solidi, valutata in base alla loro resistenza, alla pene- Enciclopedia Zanichelli 1992
trazione, all’abrasione e alla scalfittura
24 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
TERMINI
DEFINIZIONE
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
EFFETTO AMACA
Effetto creato dalla copertura anelastica di una superficie, annullando
in parte l’azione del peso corporeo
dovuto alla caratteristica della superficie e provocando una concentrazione
della pressione sulle zone ove vi sono
prominenze ossee
Santy J - Hospital matresses and pressure
sore prevention - J. Wound Care 1995;4
(7): 329-332
Capacità di una superficie, quando
viene compressa, di ritornare alla sua
forma originale
Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et
al. Treatment of pressure ulcers. Clinical
Practice Guideline, Number 15. AHCPR
Publication No. 95-0652. Rockville, MD:
AHCPR, Public Health Service, US Department of Health and Human Services
1994
EFFETTO MEMORIA
ELASTICITÀ
La proprietà di deformarsi, in misura
diversa, sotto l’azione di forze esterne e
Enciclopedia Zanichelli 1992
di riprendere la forma e le dimensioni
iniziali al cessare di quelle forze
ESPANSO
Materiale caratterizzato da struttura cellulare e
conseguente bassa densità, prevalentemente di
origine sintetica ma anche naturale. I materiali
espansi vengono classificati in base alle caratteristiche meccaniche della matrice (rigida o flessibile) e al tipo di celle (chiuse o aperte), parametri
Enciclopedia Zanichelli 1992
che ne determinano le prestazioni. Espansi rigidi
a celle chiuse (poliuretano, polistirene, vetro e
argilla espansa) trovano impiego nell’isolamento
termico; espansi flessibili a celle aperte (poliuretano, polistirolo) nell’arredamento, nelle imbottiture, nell’imballaggio.
FATICA
(DINAMICA)
Situazione in cui vengono a trovarsi gli
elementi strutturali in seguito a sollecitazioni dinamiche cicliche di vario tipo
(trazione, flessione, etc..) che ne indeEnciclopedia Zanichelli 1992
boliscono le caratteristiche meccaniche
causando la rottura per carichi inferiori
a quelli nominali
FIBRA CAVA
SILICONATA
Struttura costituita da fibre in silicone o
siliconate che risultano cave
De Keyser G. : Compative study of pressure distribution in 19 pressure relieving
mattresses – University Hospital Leuven,
1992
FLUIDO
Stato di aggregazione della materia (
liquida op aeriforme ) le cui molecole
sono dotate di esigua coesione e scorrono più o meno liberamente le une
sulle altre, in contrapposizione al solito.
Caratteristiche fisiche dei fluidi sono la
comprimibilità la densità e la viscosità;
se quest’ultima è nulla il fluido è detto
perfetto
Enciclopedia Zanichelli 1992
FRIZIONE
Stedman’s Medical Dictionary 26th EdiResistenza al movimento di due oggettion. Webster’s New World Dictionary of
ti o di superfici che si toccano fra loro.
the American Language, 2nd Edition
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
25
TERMINI
FRIZIONE
(COEFFICIENTE DI)
GEL
GOMMAPIUMA
DEFINIZIONE
Costante che rappresenta il rapporto
tra la forza (F) applicata per muovere
una superficie sopra un’altra e la forza
perpendicolare totale (W) che fa aderire le due superfici (K=F/W). Esso può
essere definito un coefficiente statico,
applicabile quando le due superfici
non si stanno movendo una contro
l’altra, oppure come un coefficiente
di scivolamento quando è in atto un
movimento tra due superfici.
Soluzione colloidale di un solido disperso in un liquido, di concentrazione sufficiente a dare una massa omogenea,
gelatinosa, molle e abbastanza elastica,
che racchiude il disperdente
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
Handbook of Chemistry and Physics,
39th Edition
University physics, Sears and Zemansky
Enciclopedia Zanichelli 1992
Varietà di gomma espansa
Enciclopedia Zanichelli 1992
HANDICAP
Condizione di svantaggio conseguente ad una
menomazione o a una disabilità che in un certo
soggetto limita o impedisce l’adempimento del
ruolo normale in relazione all’età, sesso e fattori
socio culturali
(Termine obsoleto)
Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA 1988
IMBOTTITURA
Struttura ammortizzante di materiale
soffice, usata per comodità, per protezione o per posizionamento.
Random House Websters College Dictionary.
IMMERSIONE
Parziale sprofondamento di un corpo
in un materiale di appoggio
Stedman’s Medical Dictionary 26th Edition.
IMPERMEABILITÀ
AI LIQUIDI
Proprietà di non lasciar passare l’acqua
o altri fluidi
De Mauro T – Grande Dizionario Italiano
dell’Uso – UTET - 1999
LATTICE
Sostanza liquida e biancastra, prodotta
nei canali latticiferi di alcune piante di
composizione variabile; è spesso una
sospensione di grassi e resine in acqua
Enciclopedia Zanichelli 1992
LESIONE DA
PRESSIONE
(DA DECUBITO)
Lesione tessutale con evoluzione necrotica che interessa la cute, il derma
e gli strati sottocutanei fino a raggiungere, nei casi più gravi, la muscolatura e le ossa; essa è la conseguenza
diretta di una elevata e/o prolungata
compressione o di forze di taglio (o
stiramento) causanti uno stress meccanico ai tessuti e la strozzatura dei vasi
sanguigni
26 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
A.I.S.Le.C.
GdL Consensus
TERMINI
DEFINIZIONE
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
MATERASSO
Struttura costituita da materiale soffice
usata per sorreggere od ammortizzare
il corpo umano posizionato su un letto
(telaio)
Joseph V. Agostini, MD Dorthory I. Baker, PhM, RNCS Sidney T. Bogardus, Jr.,
MD Making Health Care Safer: A Critical
Analysis if Patient Safety Practices AHRQ
Evidence Report/Technology Assessment Number 43 Chapter 27 (p.302)
Random House Websters College Dictionary
MATERASSO
STANDARD
Superficie d’appoggio non progettata
e realizzata per essere antidecubito
GdL Consensus
MATERASSO
ANTIDECUBITO
Superficie d’appoggio antidecubito
progettata per sostituire il materasso
standard e per essere collocata direttamente sul telaio del letto esistente
(Nell’allegato B è possibile reperire le
caratteristiche che connotano una
superficie dei requisiti per poter essere
definita antidecubito)
Pieper B. Mechanical Forces: Pressure,
Shear and Friction, Chapter 11. In. Bryant,
R. (Ed.) Acute and Chronic Wounds Nursing Management 2nd Edition, Mosby,
St.Louis -.1997
“Chronic Wound Care: A Clinical Source
Book for Healthcare Professional” 3rd
Edition. Co-edited by: Diane Krasner, George Rodeheaver, Gary Sibbald Ch.63
p.646. Ch.65 p.664 - 1998
Robin Whittemore, RN, MS Cynthia Bautista, RN, MS Coy Smith, RN, ND, MSN
Kathleen Bruttomesso, DNSc, RNCS; Interface pressure meauserements of support surfaces with subjects in the supine
and 45-degree Fowler position. Journal
of ET Nursing, May/June 1993, (p.112).
MENOMAZIONE
Qualsiasi perdita o anormalità a carico di una
struttura o di una funzione psicologica, fisiologica o anatomica
(Termine obsoleto)
Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA 1988
Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et al. Tre-
MICROSFERE
Piccole particelle di materiale (per
atment of pressure ulcers. Clinical Practice Guideesempio sabbia) allo scopo di produrre
line, Number 15. AHCPR Publication No. 95-0652.
un mezzo di sostegno con caratteristiRockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US
che simile a quelle di un liquido
Department of Health and Human Services 1994
MOBILIZZAZIONE
Termine erroneamente utilizzato come
sinonimo di riposizionamento
GdL Consensus
ORTESI
Apparecchiature che aumentano, migliorano o controllano la funzionalità
di parti del corpo presenti ma compromesse, recuperandole alla normale
funzionalità
Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA
1988
PERMEABILITÀ
(AI VAPORI)
Proprietà di lasciarsi penetrare o attraversare dall’acqua allo stato aeriforme
De Mauro T – Grande Dizionario Italiano
dell’Uso – UTET - 1999
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
27
TERMINI
PERMEABILITÀ
(ALL’ARIA)
POLIURETANO
DEFINIZIONE
Proprietà di lasciarsi penetrare o attraversare da un corpo aeriforme
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
De Mauro T – Grande Dizionario Italiano
dell’Uso – UTET - 1999
Polimero ottenuto dalla poliaddizione
di più molecole di un diisocianato con
un alcol polifunzionale; di particolare
importanza è il poliuretano espanso:
Enciclopedia Zanichelli 1992
materiale a struttura cellulare usato
per imballaggi come isolante termico e
nelle imbottiture
POROSITÀ
Proprietà dei corpi che presenta, nella
loro struttura, piccoli spazi vuoti, generalmente associata alla permeabilità
Enciclopedia Zanichelli 1992
PRESSIONE
Forza per unità d’area esercitata perpendicolarmente ad una superficie (F/S)
Stedman’s Medical Dictionary 26th Edition.
Handbook of Chemistry and Physics, 39 Edition
University Physics, Sears and Zemansky
PRESSIONE
D’INTERFACCIA
Bergstrom N, Allman RM, Carlson CE. Et al. Pressure
Ulcers in Adults : Prediction and Prevention. Clinical
Practice Guideline, Number 3. AHCPR Publication
No. 92-0047. Rockville, MD: AHCPR, Public Health
Service, US Department of Health and Human Services (1992) (p.55).
Burman, PS (1993). Using pressure measurements
to evaluate different technologies. Decubitus 6:3
38-42.
Chronic Wound Care, 3rd edition (eds.) Krasner, D.,
Rodeheaver, GT & Sibbald, RG (2001) p.677.
Misura della forza meccanica perpendi- Acute in Wound Care (ed) Bryant, RA, (1992) p.127.
colare (o verticale) per unità d’area, nel Barnett, RI & Shelton, FE (1997). Measurement of
punto di contatto tra il corpo umano e support surface efficacy: pressure. Advances in
Wound Care 10;7 21-9.
la superficie di appoggio.
Allen V, ryan DW & Murray A. (1993). Potential for
bed sores due to high pressures; influence of body
sites, body position and mattress design. British
Journal of Clinical Practice 47:4 195-197.
Allen V, Ryan DW, Lomax N & Murray A. (1993). Accuracy of interface pressure measurements systems.
Journal of Biomedical Engineering 15 344-348.
Fontaine R, Risley S & Castellino R. (1998). A quantitative analysis of pressure and shear in the effectiveness of support surfaces. Journal of WOCN 25:5
233-239.
PRESSIONE DI
OCCLUSIONE
CAPILLARE (POC)
Pressione applicata al letto capillare
che è sufficiente per collassarlo, viene
comunemente accettato un valore tra
25-32 mm Hg nell’adulto sano.
(definizione obsoleta)
Burmann PMS Measuring pressure J
Wound Care 1994
PROTESI
Apparecchiature applicate al corpo
umano che sostituiscono totalmente o
parzialmente parti del corpo mancanti,
recuperando le funzionalità che esse
normalmente avrebbero
Andrich R – Ausili per l’autonomia – SIVA
1988
28 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
TERMINI
PULSOTERAPIA
RESILIENZA
RIDISTRIBUZIONE
DELLA PRESSIONE
RIDUZIONE DELLA
PRESSIONE
(o PRESSURE
REDUCTION)
DEFINIZIONE
Sistema che permette il gonfiaggio
e lo sgonfiaggio degli elementi di
una superficie secondo un’azione di
massaggio programmata per intervenire specificatamente su edemi e stasi
venosa
Resistenza dei materiali ad azioni dinamiche, inverso della fragilità: equivale
al lavoro assorbito per rompere con un
urto il materiale in esame
Distribuzione del carico del paziente
attraverso la differente gestione dei
punti d’appoggio che può avvenire
con il loro aumentato numero e/o la
loro alternanza
Ridistribuzione della pressione d’interfaccia su
un’area la più estesa possibile.
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
Gunther RA, Brofeldt TM – Incresead lymphatic flow: effect of a pulsatine air suspension bed system. Wounds 1996
Enciclopedia Zanichelli 1992
GdL Consensus
Rithalia S. Evaluation of support surfaces using human subjects :
principle, practice and limitations
Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et al. Tre-
RIPOSIZIONAMENTO
Ogni cambiamento della posizione del atment of pressure ulcers. Clinical Practice Guidecorpo che allevia la pressione dei tessu- line, Number 15. AHCPR Publication No. 95-0652.
ti che sovrastano le prominenze ossee Rockville, MD: AHCPR, Public Health Service, US
Department of Health and Human Services 1994
SCARICO DELLA
PRESSIONE
(o PRESSURE RELIEF)
Eliminazione della pressione d’interfaccia di parti del corpo per un significativo periodo di tempo
Rithalia S. Evaluation of support surfaces
using human subjects :
principle, practice and limitations
SCHIUMA
Vedi “Poliuretano”
GdL Consensus
SISTEMA
Insieme di corpi o elementi considerati
in modo cumulativo o in base alle loro
caratteristiche
GdL Consensus
Sistema che utilizza un elevato flusso
di aria per mantenere una superficie in
una situazione fluida simile a quella di
un liquido (1,5 volte la densità dell’acqua)
Hess CT. – Guida clinica alla cura delle lesioni cutanee – Masson 1999
Bengstrom N, Bennet MA., Carlson CE, et
al. Treatment of pressure ulcers. Clinical
Practice Guideline, Number 15. AHCPR
Publication No. 95-0652. Rockville, MD:
AHCPR, Public Health Service, US Department of Health and Human Services
1994
Holzapfel Kennedy S., Lyons NY. – Support surfaces and their use in the prevention and treatment of pressure ulcers, J
ET Nurs 1993; 20:251-260
SISTEMA DI LETTO AD
ARIA FLUIDIZZATA
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
29
TERMINI
DEFINIZIONE
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
SISTEMA DI LETTO CON
SUPERFICIE DI SUPPORTO
A TERAPIA ROTAZIONALE
LATERALE
Sistema che utilizza automaticamente
il posizionamento laterale del paziente
per intervenire contro complicanze
broncopolmonari. La rotazione deve
essere almeno di 40° da ogni lato
De Boisblanc BP, Bennet et al. – Effect of
air supported, continuos, postural oscillation on risk of early ICU Non traumatic
Illness – Chest 1993
SISTEMA DI LETTO
INTEGRATO
Sistema composto da un telaio letto,
una superficie di appoggio e un supporto elettrico
Pieper B. Mechanical Forces: Pressure,
Shear and Friction, Chapter 11. In. Bryant,
R. (Ed.) Acute and Chronic Wounds Nursing Management 2nd Edition, Mosby,
St.Louis. - 1997
SOLIDO
Stato di aggregazione della materia caratterizzato da comprimibilità nulla ed
elevate forze di coesione intramolecolari, tali da poter pensare alla posizione
Enciclopedia Zanichelli 1992
di ogni molecola come mediamente
fissata all’interno del corpo; per tale
motivo i solidi hanno forma e volume
proprio.
SOVRAMATERASSO
Pieper B. Mechanical Forces: Pressure, Shear and
Friction, Chapter 11. In. Bryant, R. (Ed.) Acute and
Chronic Wounds Nursing Management 2nd Edition, Mosby, St.Louis.
Superficie di appoggio progettata per essere colwww.kcil.com/glossary/index.2002
locata direttamente sopra un materasso esistente
“Chronic Wound Care: A Clinical Source Book for
Healthcare Professional” 3rd Edition. Co-edited by:
Diane Krasner, George Rodeheaver, Gary Sibbald
Ch.63 p.646. Ch.65 p.664
STRUTTURA
Complesso degli elementi costitutivi
De Mauro T – Grande dizionario italiano dell’uso –
di un insieme considerato in relazione
UTET - 1999
alla loro organizzazione e distribuzione
SUPERFICIE DI
SUPPORTO
Pieper B. Mechanical Forces: Pressure,
Shear and Friction, Chapter 11. In. Bryant,
R. (Ed.) Acute and Chronic Wounds Nursing Management 2nd Edition, Mosby,
St.Louis.
Sharp-Pucci M (1998). “Special Report:
Pressure-reducing support surfaces in the
prevention and treatment of pressure ulcers: Group I Technologies” Blue Cross/
Sono materassi, materassi antidecubito, Blue Shield Association. MDA 906-95sovramaterassi o cuscini da seduta pro- D0014; 1-45.
gettati per gestire i carichi del tessuto
Sharp-Pucci M (1998). “Special Report:
cutaneo, il microclima e/o per svolgere Pressure-reducing support surfaces in
funzioni terapeutiche.
the prevention and treatment of pressure ulcers: Group II. Blue Cross/Blue Shield
Association. MDS 906-95-D0014; 1-63.
Sharp-Pucci M (1998). “Special Report:
Pressure-reducing support surfaces in
the prevention and treatment of pressure
ulcers: Group III Technologies and continuous rotational devices”. Blue Cross/
Blue Shied Association.
30 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
TERMINI
SUPERFICIE DI SUPPORTO A
BASSA CESSIONE D’ARIA
DEFINIZIONE
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
Superficie di supporto che fornisce
un continuo flusso di aria tramite una
potente turbina che mantiene l’insufflazione d’aria negli elementi, che
RCN 2003
costituiscono la superficie, al più basso
livello possibile nonostante la continua
perdita d’aria.
SUPERFICIE DI SUPPORTO A Superficie di supporto che si modella
attorno alla forma del paziente per
RCN 2003
BASSA PRESSIONE
distribuire
il
suo
peso
su
un’area
estesa.
COSTANTE
SUPERFICIE DI
SUPPORTO A
PRESSIONE ALTERNATA
Superficie di supporto di tipo attivo che
fornisce cambiamenti ciclici (durata,
frequenza, intensità) della pressione
d’interfaccia
NPUAP ¬- Terms and definitions group,
2003
Clinical practice guidelines for prediction
and prevention of pressure ulcers, 2001 ?
SUPERFICIE DI SUPPORTO
AD ACQUA
Superficie di supporto che riesce a ridurre la
forza della pressione grazie all’azione fluttuante
dell’acqua
Hess CT. – Guida clinica alla cura delle lesioni cutanee – Masson 1999
Holzapfel Kennedy S., Lyons NY. – Support surfaces
and their use in the prevention and treatment of
pressure ulcers, J ET Nurs 1993; 20:251-260
SUPERFICIE DI SUPPORTO
DINAMICO
(o ATTIVO)
Superficie di supporto, alimentata elettricamente, in grado di variare da sola
NPUAP ¬- Terms and definitions group, 2003
le proprietà di distribuzione del carico,
indipendentemente dalle forze esterne
SUPERFICIE DI SUPPORTO
STATICO (o PASSIVO)
Superficie di supporto, non alimentata
elettricamente, in grado di variare da
sola le proprietà di distribuzione del
carico in risposta alle forze esterne
NPUAP ¬- Terms and definitions group,
2003
TAGLIO
(FORZA DI)
Forza che fa scivolare l’una contro
l’altra due parti, superfici o strati a contatto tra loro.
Webster’s New World Dictionary of the
American Language, 2nd Edition
TAGLIO
(TENSIONE DI)
Deformazione di un corpo per effetto
di due forze opposte parallele. L’effetto
degli strati del tessuto che scivolano
l’uno contro l’altro.
Webster’s New World Dictionary of the
American Language, 2nd Edition
TOCCARE IL FONDO
Quando la superficie corporea tocca
il piano d’appoggio della superficie di
supporto.
GdL Consensus
VERIFICA DEL TOCCARE
IL FONDO
Taler G, Barman R, Breeding C, et al. Pressure Ulcers
Clinical Practice Guideline. Columbia, MD: american
Medical Directors Association, 1996
Pressure Ulcers: Guidelines for Prevention and Nursing Management” 2nd Edition by: JoAnn MakleValutazione manuale dell’impatto di un aumen- bust & Mary Sieggreen Ch 6 p.84-85
to di carico su una superficie di supporto a livello “Understanding Support Surfaces” 1999. SenTech
Medical Systems
di una prominenza ossea
Wheelchair Cushion Terminology
JAY, R (1995). Pressure and shear: their effects on
support surface choice. Ostomy Wound Management 41:8 36-48
GdL Consensus
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
31
TERMINI
VISCOSITÀ
DEFINIZIONE
RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO
Grandezza fisica che individua il
comportamento di una sostanza (spec.
un fluido) rispetto a forze applicate, in
particolare come attrito interno che si
Enciclopedia Zanichelli 1992
oppone all’omogeneità del flusso, di
fondamentale rilevanza in tutti i problemi di lubrificazione
Allegato B – CARATTERISTICHE DI UNA SUPERFICIE ANTIDECUBITO
CARATTERISTICHE GENERALI
Per la scelta delle superfici di supporto sarebbe utile
considerare i seguenti criteri generali indicati nelle
Linee Guida Australiane:
• durevolezza;
• comodità del paziente;
• altezza complessiva del materasso antidecubito: 14-16 cm
• possibilità di adattarsi alle prominenze ossee
senza nessuna resistenza;
• permettere l’immersione del paziente senza
che questi tocchi la base del letto;
• rivestimento impermeabile ai liquidi, antibatterico, ma nello stesso tempo con proprietà che
riducano la frizione, il taglio, l’umidità e la temperatura;
• proprietà ignifughe;
• temperatura dell’interfaccia controllata;
• peso massimo che la superficie può tollerare;
• accesso al paziente e facilità di posizionamento;
• facilità di posizionamento dal letto alla sedia o
dal letto alla lettiga;
• facilità di trasporto;
• capacità di rendere stabile la superficie in casi
di emergenza e per attuare altre procedure;
• necessità di molteplici elementi: es. compressore, fonte energetica, tubazione ecc.;
• pulizia e manutenzione;
• adeguatezza all’ambiente clinico;
• dimensioni e peso dell’ausilio;
• disponibilità;
• costo di acquisto e noleggio.
32 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
Caratteristiche desiderabili di un buon tessuto di rivestimento (cover):
• Proprietà di elasticità a due strati, bilanciata per
l’uso finale in modo da non modificare le proprietà del sistema di supporto che ricopre
• Resistenza ai danni da abrasione
• Impermeabilità al BS5455 per la durata del rivestimento
• Resistenza al fuoco secondo gli standard richiesti
• Adeguato grado di permeabilità, in base alle
applicazioni
• Resistenza agli attacchi microbiologici
• Facilità di sanificazione
• Buon rapporto prezzo/qualità
Resistenza al fuoco: esiste una classificazione del
grado di resistenza ad una fonte di accensione che
si articola in tre livelli.
Accensione = 0 (pari ad una sigaretta accesa).
Accensione = 1 (pari ad un cerino acceso).
Accensione = 5 (test del telaio che brucia).
L’infiammabilità può essere condizionata dal materiale di rivestimento.
Dovendo far corrispondere le condizioni cliniche
del paziente con i benefici terapeutici della superficie d’appoggio e dovendo verificare se queste superfici siano coperte o meno dall’assicurazione del
paziente, si raccomanda di prendere in considerazione i nove criteri elencati qui di seguito pensati
per uniformare la scelta dei prodotti e valutare la
funzione delle superfici di appoggio:
• L’aspettativa di durata della superficie;
• Il controllo dell’umidità cutanea;
• Il controlllo della temperatura cutanea;
•
•
•
•
•
•
La distribuzione della pressione;
I requisiti dei prodotti e dei servizi;
L’affidabilità del prodotto;
L’infezione;
L’infiammabilità;
La frizione del paziente/prodotto.
I cuscini vanno sempre abbinati ad una posizione
seduta stabile
Controllare e mantenere registrati tutti i cuscini per
sedie a rotelle ad intervalli regolari
CARATTERISTICHE SPECIFICHE
CATEGORIA:
I CUSCINI
REQUISITI INDISPENSABILI
• Ridurre la pressione in eccesso sopra le sporgenze ossee
• Permettere l’immersione del corpo
• Evitare l’effetto del “bottom out”
• Assicurare la stabilità del paziente, prevenire le
sollecitazioni, evitare l’effetto di schiacciamento
anche per i pazienti obesi, diminuire la spasticità ove presente, diminuire il dolore ed aumentare il comfort, favorire il recupero della mobilità e di gesti utili
• Assorbire le forze di taglio e di frizione
• Permettere la ridistribuzione della pressione
• Assicurare un corretto allineamento posturale
e prevenire le deformità
CARATTERISTICHE DESIDERABILI DI UN BUON
TESSUTO DI RIVESTIMENTO:
• Proprietà di elasticità a due strati, bilanciata per
l’uso finale in modo da non modificare le proprietà del sistema di supporto che ricopre
• Resistenza ai danni da abrasione
• Impermeabilità al BS5455 per la durata del rivestimento
• Resistenza al fuoco secondo gli standard richiesti
• Adeguato grado di permeabilità, in base alle
applicazioni
• Resistenza agli attacchi microbiologici
• Buon rapporto prezzo/qualità
TIPOLOGIE:
• Cuscini in gel, viscoelastico o fluido acquoso.
• Cuscini in schiuma: monoblocco a comparti o
•
•
•
•
•
con manovra di forma.
Cuscini ad aria: pregonfiati, gonfiati a seconda
del peso del paziente, a pressione
alternata.
Cuscini ad acqua.
Cuscini misti: gel-schiuma, schiuma-acqua.
Cuscini da posizione
CATEGORIA:
SUPERFICI A CESSIONE D’ARIA
TIPOLOGIA - BASSA CESSIONE
CARATTERISTICHE
Superficie di supporto che fornisce un continuo
flusso di aria tramite una potente turbina che mantiene l’insufflazione d’aria negli elementi, che costituiscono la superficie, al più basso livello possibile
nonostante la continua perdita d’aria:
• riduzione della pressione di interfaccia (peso
del paziente/area della superficie supportata –
unità di misura: mmHg)
• capacità minima di cessione d’aria: 100 litri d’aria al minuto
• capacità minima di dispersione di umidità: 200
g per m2 nelle 24 ore (MVTR: tasso di trasporto
di permeabilità al vapor acqueo)
LIMITAZIONI D’USO
• aumento o diminuzione della temperatura in
relazione all’aria ambientale (dove è localizzato
il dispositivo)
• rumore della pompa
• uso dell’elettricità per il funzionamento
• pazienti con grave obesità
• scarsa efficacia con inclinazione (della testata)
del letto
TIPOLOGIA – SUPERFICI ALTA CESSIONE D’ARIA
CARATTERISTICHE
• riduzione della pressione di interfaccia (peso
del paziente/area della superficie supportata –
unità di misura: mmHg)
• elevata cessione d’aria per muovere le microsfere
• possibilità di riscaldamento dell’aria
LIMITAZIONI D’USO
• aumento della temperatura prodotta dal dispositivo
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
33
• rumore della pompa
• consumo dell’elettricità per il funzionamento
• elevato peso e grandi dimensioni del dispositivo
• non trasportabilità
• difficoltà per il nursing pazienti con grave obesità
• possibile disidratazione del paziente
SUPERFICI A PRESSIONE ALTERNATA
CARATTERISTICHE
I sistemi ad aria alternata vengono detti a grandi
celle, quando il loro diametro è superiore a 10 cm.
Sono detti a piccole celle, quando il loro diametro
è inferiore a 5 cm. (Large cells = cells di 102 mm
di diametro circa. Small cells = cells di 51 mm di
diametro circa).
Supporti a Pressione Alternata (PA), materassi o sovramaterassi composti di uno o due strati di celle a
sezioni parallele di aria che si gonfiano e sgonfiano alternativamente, modificando così le superfici
di appoggio comprimendo zone diverse di cute.
I materassi a pressione alternata sono formati da
una serie di celle collegate a gruppi ad una pompa
azionata elettricamente. Durante un ciclo, gruppi
diversi di celle vengono gonfiate e sgonfiate in sequenza al fine di attenuare la pressione in una determinata area.
Da considerare:
• funzionamento del sistema di pompaggio;
• presenza di un sistema di feed back;
• misura del diametro delle celle;
• numero di scomparti;
• numero di strati delle celle;
• fodera del materasso;
• idrorepellenza;
• ignifugicità;
• facilità di lavaggio.
SVANTAGGI
• consumo di energia elettrica che costituisce
una ulteriore spesa,
• rumorosità del motore,
• uso limitato dei prodotti a batteria in caso di
black out elettrico,
• quote di affitto giornaliero (Leasing) che gravano sul costo globale,
• impossibilità di adattarsi, in alcuni casi, ai pazienti molto obesi,
• non disponibilità di dimensioni più grandi di
34 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
•
•
•
•
quelle standard,
necessità di trovare una sistemazione per i materassi non in uso,
aumento dell’umidità (in alcuni casi)
aumento dell’accumulo del calore (in alcuni
casi)
I rivestimenti poco elastici tendono a produrre
elevati stress di interfaccia (hammocking)
LIMITAZIONI D’USO
• parti meccaniche: rumorosità, tubi, intolleranza
da parte dei pazienti,
• pressione intermittente troppo elevata,
• possibilità di ritenzione di umidità,
• costi di manutenzione,
• presenza di filtri che impediscono la trasmissione di batteri e spore ma non di virus,
• problemi di mantenimento della funzionalità in
caso di black out elettrico,
• impossibilità di adattarsi in caso di pazienti molto obesi,
• sconsigliate nei soggetti con fratture mobili,
• i dispositivi antidecubito si deteriorano o si
possono rompere, si devono controllare, mantenere in buono stato, e si deve insegnare al
personale ad utilizzarli in maniera ottimale
LE SUPERFICI STATICHE
All’interno di questo gruppo di superfici antidecubito di tipo statico comprendiamo sia materassi che
i sovramaterassi
Non devono causare alcuna forza di taglio, per
principio il materasso statico deve accompagnare il
cambio del paziente allettato, (vale per tutte le tipologie di statici, ad aria, schiuma, fibra, gel….).
INDICAZIONI:
• paziente a basso-medio rischio di lesione da
decubito
• prevenzione delle lesioni da decubito se combinata all’alternanza di postura del paziente
• paziente che può cambiare posizione senza
pesare su un ulcera da pressione e senza toccare il fondo (without bottoming out)
• paziente con lesioni da decubito di I e II grado,
paziente con mobilità conservata, il paziente
non deve toccare il fondo del dispositivo (no
bottom out)
CARATTERISTICHE
SUPERFICI IN SCHIUMA
Vantaggi
• ridistribuzione delle pressioni di interfaccia aumentando le superfici di contatto
• riduzione delle pressioni d’interfaccia
• non consumano energia
• minima necessità di manutenzione
INDICAZIONI:
• Tutte le persone valutate a rischio di ulcere
da pressione devono, come minimo provvedimento, essere posizionate su un materasso
in schiuma ad alta specificità con proprietà di
riduzione della pressione.
• Se il paziente rimane a rischio di sviluppare altre
lesioni da decubito dovrebbe essere usato un
materasso in schiuma ad alta specificità invece di un materasso standard ospedaliero per
prevenire le ulcere da pressione in soggetto da
moderato ad alto rischio.
• La schiuma ad alta specificità è stata efficace
nella diminuzione di incidenza delle ulcere da
pressione in soggetti ad alto rischio inclusi soggetti anziani e con frattura del collo del femore.
• Tutti gli individui che vengono sottoposti ad
interventi di chirurgia e valutati di essere vulnerabili alle ulcere da pressioni dovrebbero essere
posizionati o su un materasso di schiuma antidecubito su altra superficie antidecubito.
• Le schiuma alternative al posto di materasso di
schiuma standard ospedaliero possono ridurre
l’incidenza delle ulcere da pressione nei soggetti a rischio.
• I materassi in schiuma ad alta specificità con
proprietà di ridistribuzione della pressione hanno un buon rapporto di costo-efficacia nelle
persone a rischio di sviluppare lesioni da decubito.
Svantaggi
• possono causare forze di taglio
• aumentano umidità e calore
• poco controllo della traspirabilità rispetto alle
condizioni cliniche del paziente
LIMITAZIONI D’USO
• Usura variabile del materiale
• Scarsamente efficaci nella prevenzione delle lesioni dei talloni
PRINCIPALI TIPOLOGIE DI AUSILI STATICI
• Materassi di schiuma standard
• Sovra e materassi in schiuma (sostitutiva dei
materassi standard)
• Sovra e materassi in gel
• Sovra e materassi in fluido
• Sovra e materassi di fibra
• Sovra e materassi ad aria
Dati i prezzi relativamente bassi dei materassi statici
e la loro durata può essere interessante prevederne l’acquisto per tutti i pazienti, ciò contribuirà a ridurre il rischio di lesioni da decubito in pazienti in
grado di variare posizione seppur in modo limitato
o su indicazione dell’infermiere.
Vantaggi
• Riduzione utilizzo di sovramaterassi e di letti più
esosi
• Discreta efficacia nella prevenzione delle lesioni
da pressione
• Rapporto costo efficacia nel tempo
Svantaggi
• costi iniziali
• vita del prodotto incerta
• incapacità di utilizzare letti speciali quando richiesti
DEFINIZIONE E MATERIALE:
• dispositivi in poliuretano, costituito da una
struttura a nido d’ape formata da supporto di
polimeri ed aria
• prodotti realizzati in schiumati di polimeri diversi morbidi ed elastici
• sono usati dispositivi polimeri sintetici per lo più
in poliuretano
• poliuretani: polimeri ad alto peso molecolare
costituiti dai polioli e gli isiocianati che mescolati tra di loro reagiscono producendo un polimero (24). Il poliuretano è costituito da molecole molto lunghe. Intersecate come una palla
di spaghetti. Le molecole hanno legami morbidi o rigidi: sono quindi molto variabili, vanno
dai fluidi viscosi, a gomma morbida, a sostanza
dura
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
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• Le prestazioni della schiuma sono determinate
da tre proprietà: comfort, capacità di supporto
e durata. La schiuma non è rumorosa, non si
sbriciola, è compatta, non ha odori residui, non
aggrava le comuni allergie, e le sue cellule a
struttura aperta permettono sia al materiale di
“respirare” che la circolazione dell’aria durante
l’uso. Il poliuretano può essere prodotto usando diversi additivi chimici e processi meccanici
che ne determinano la diversità delle caratteristiche di supporto, durata, resistenza, morbidezza, densità
• La schiuma viscoelastica è un tipo di schiuma
poliuretanica flessibile a cellule aperte; si distingue per le proprietà che permettono una
maggiore distribuzione di pressione e un ritorno lento alla sua forma dopo la compressione
definita anche a schiuma “a memoria lenta”,
alcune tipologie sono sensibili alla temperatura
corporea.
• Il comfort della superficie e la distribuzione di
pressione sono strettamente connesse alla capacità della schiuma di conformarsi alla sagoma del corpo
• La schiuma a memoria lenta è generalmente
migliore per la distribuzione del peso rispetto
ad una con memoria veloce. Questa caratteristica è indipendente dalla densità
• Si ha una diminuzione del 20 o 30% a seconda
delle diverse posizioni del corpo in soggetti posti sopra materassi in poliuretano viscoelastico
• Lo stato attuale delle ricerche non permette di
consigliare l’acquisto di un particolare tipo di
materasso di schiuma a riduzione di pressione
Densità: è la quantità di materia prima presente
in un metro cubo di prodotto, ossia il rapporto tra
il peso di tale materiale e il suo volume espresso
in m3/kg; la densità non è l’espressione del peso.
E’ una caratteristica chiave delle prestazioni della
schiuma poliuretanica. Le schiume ad alta densità generalmente mantengono più a lungo le loro
proprietà di prestazione e perciò possono offrire
una durata di utilizzo maggiore.
CARATTERISTICHE
• Le superfici in schiuma possono essere: in
schiuma ad alta specificità, in schiuma viscoelastica, di profilo e sagomatura varia (bugnata,
a tronchi di piramide, liscia), di densità omogenea o differenziata per strati e/o per zone cor-
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•
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•
•
poree, a sezioni o lastra unica,
composite, cioè con inserti di altro materiale
asportabili (es. celle d’aria)
tra i materassi in espanso, quelli in espansi compositi, con densità diverse per la zona occipitale, sacrale e calcaneare hanno dato buoni risultati sulla capacità di distribuzione di contatto
altezza minima: da 10 cm per il sovramaterasso
standard inglese: 5 inches (12,5 cm)
i sovramaterassi sono solitamente dai 7,5 ai 10
cm (3-4 inches)
Il materasso in schiuma alto 5 cm non riduce significativamente la pressione sopra i trocanteri
vengono di norma rivestiti con una fodera che
ne diventa parte integrante e contribuisce in
modo significativo a determinare il livello di efficacia preventiva
provvisti di una copertura rimovibile, impermeabile, ai liquidi, permeabili ai vapori e multielastica (bielastica) (permette al prodotto di essere
lavato con acqua e sapone)
La schiuma di poliuretano puro di densità di 2
pcf (32 kg/m3), o più alta ha dimostrato di ottenere migliori risultati, a queste densità la perdita
di spessore della schiuma raggiunge meno del
5%
oggi sono disponibili non solo superfici di poliuretano convenzionale ma anche schiume con
formulazioni che hanno elevate performance.
Queste tendono a dare un maggior supporto,
una maggiore resilienza e una maggiore resistenza all’uso mantenendo le caratteristiche
di morbidezza durante l’uso. La schiuma ad
alta resilienza (HR Foam) è l’elemento meglio
conosciuto per definire la schiuma ad alta performance
alta resilienza HRII deve possedere una densità
minima di 40 kg/m3
dopo la trasformazione in schiuma, i poliuretani vengono tagliati in modo diverso per spessore e grandezza
non è possibile tagliare la gomma naturale,
questa viene colata in stampi singoli e, visto il
processo di fabbricazione, è molto più costosa
è stato osservato che la densità, la durezza
e l’altezza (thickness) dei sovramaterassi in
schiuma hanno una stretta correlazione con
la pressione di interfaccia dei tessuti. Quindi è
raccomandato che il sovramaterasso sia di 10
cm, che possieda una densità di 1,3 pcf (circa
21 kg/m3) e una indice di flessione al carico di
30 pounds (13,6 kg al 25%)
Durante il dibattito della consensus è stato suggerito che i materassi in schiuma ad alta specificità
hanno un rapporto di costo-efficacia comparati al
materasso standard ospedaliero per tutti i pazienti
a rischio di sviluppare lesioni da decubito. ….. C’è
stata molta discussione sul fatto che dovrebbero
essere estesi a tutti i pazienti indipendentemente
dal rischio perché molti pazienti non sono routinariamente valutati per il rischio di sviluppare lesioni
da decubito, perché è difficile realmente identificare e predire chi è a rischio. Questo sebbene ci sia
un’opinione molto forte e la consapevolezza relativamente al fatto che ci sono persone che sono
categoricamente non a rischio di sviluppare lesioni
da pressione (es. donne ricoverate per il parto), se
non in caso di perdita di sensibilità dovuta all’analgesia peridurale.
VANTAGGI
• aumento dell’area di supporto
• Riduzione delle pressioni
• Basso costo
• Basso peso, leggero
• L’utilizzo del materasso viscoelastico combinato con cambi di posizione del paziente ad intervalli di 4 ore è una soluzione migliore per ridurre il rischio di lesioni da compressione rispetto
allo stesso metodo con intervalli di 6 ore che
no incide nella prevenzione delle lesioni
• Le schiume flessibili, hanno molti vantaggi:
sono molto leggere, costano poco e sono facilmente tagliabili con un coltello (un materasso in ospedale può essere girato da una sola
persona)
• Facilità d’uso
• Manutenzione minima
• Resistenza a forature
• Costo contenuto (potrebbe sostituire il materasso standard)
• Comfort
SVANTAGGI
• Necessità di riduzione di forza di taglio e stiramento: valutare la qualità della fodera
• Richiedono una copertura di protezione oltre
che per evitare forze di taglio e stiramento
• Hanno una durata limitata perché diventano
sempre più molli a parità di carico, in quanto
aumenta sempre di più la deformazione
• Aumenta la temperatura corporea
• limitato uso nel tempo (inteso nel senso di perdita di efficacia proprietà antidecubito)
• Altro limite delle schiume è il rischio di combustione; ce sono altamente infiammabili, quindi,
specificare nella richiesta che il prodotto sia
ignifugo
• Le schiuma hanno una bassissima conducibilità termica: appena ci si siede, aumentano la T°
e la sudorazione con un conseguente aumento del fabbisogno metabolico
• Nei cuscini per carrozzelle bisogna sempre rinforzare la base
• Le gomme naturali con il tempo fanno il contrario: invece di diventare molli, diventano dure
poi si spaccano
• Assorbimento liquidi se senza adeguata fodera
• Facilità alla contaminazione se senza adeguata
fodera
• infiammabile e rilascia fumi tossici mentre brucia, necessità di richiedere caratteristica di non
infiammabilità
• trattiene la sudorazione, facilita macerazione
(se senza adeguata fodera)
• Difficoltà di sanificazione (se utilizzato senza fodera)
• non riduce le forze di taglio
• non ha una riduzione di accumulo di calore
SUPERFICI AD ARIA
CARATTERISTICHE
• Presenza di pompa meccanica manuale o elettrica per il gonfiaggio
• Necessità di verificare il livello di pressione attraverso regolari controlli e adattati al peso corporeo.
• Il livello della pressione interna spesso è determinato dall’operatore sulla base dell’affondamento del corpo sulla superficie
INDICAZIONI
• per pazienti con basso rischio
• valgono le stesse indicazioni elencate per tutti
i materassi statici
VANTAGGI
• possibilità di riparazione
• economici
• leggeri e trasportabili
• facili da pulire
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
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•
•
•
•
documentata efficacia
versatilità (versatility)
non richiedono molta manutenzione
questo sistema è probabilmente maggiormente utilizzabile nell’assistenza a lungo termine
SVANTAGGI
• Possibilità di foratura
• Difficoltà a mantenere il gonfiaggio stabilito nel
tempo
• Se poco o troppo gonfiati possono aumentare
le pressioni di appoggio
• Rischio di macerazione
• Quantità d’aria interna persa durante l’uso
• Difficoltà di installazione (Patching difficult)
SUPERFICI AD ACQUA
INDICAZIONI
• i materassi ad acqua non sono da consigliare
nella prevenzione delle lesioni da decubito anche a causa degli svantaggi che ne derivano
dall’uso
VANTAGGI:
• riducono la pressione
• temperatura fresca sulla cute del paziente
• facilità di pulizia
• economici
• possibilità di riparazione
SVANTAGGI
• difficile posizionare il paziente in decubito laterale a 30°
• il cambio di posizione sia spontaneo che con
aiuto richiede uno sforzo importante portando
al conseguente aumento del periodo di immobilizzazione
• Poco comfort per il paziente: instabilità
• temperatura dell’acqua non controllabile
• effetto di raffreddamento
• ad alcuni pazienti non piace il senso di galleggiamento/mal di mare e possono avere pertanto evidenti segni di cinetos
• Possibilità di foratura
• Peso eccessivo
• Impossibilità di sollevare la testata
• Non eseguibile CPR
• Difficile da gestire
• L’eccessivo o lo scarso riempimento di acqua
delle camere riduce l’efficacia
38 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
• Richiesto tempo ed esperienza per l’installazione
• Ci può essere l’effetto del buttom out alle natiche
SUPERFICI IN GEL
CARATTERISTICHE
• sono sottoforma di sovramaterassi di diversa
viscosità e possono contenere una schiuma e
un gel liquido che fluttua da una cella all’altra
• Il fluido si conforma alla sagoma del corpo riducendo in modo consistente le forze di taglio
e stiramento creando una ridistribuzione/sollievo della pressione
• Materassi in gel ed acqua non sono efficaci
VANTAGGI
• Frequentemente usato in sala operatoria per
proteggere testa, talloni e anche
• Facili da pulire
• Durata
SVANTAGGI
• Peso notevole
• Ridotto controllo dell’umidità/ macerazione
• Distribuzione anomala del gel
• Costo
• Insufficienza di flusso d’aria
SUPERFICI IN FIBRA CAVA
CARATTERISTICHE
• Le performances di un materasso in fibra cava
siliconata, a cilindri intercambiabili, con fodera
in cotone e contenente 6 Kg di fibra sono risultate tra le migliori
• Elementi qualitativi essenziali: fibra realmente
“cava”, diametro della fibra espressa in denari,
siliconatura della fibra (che permette lo scorrimento le une sulle altre)
VANTAGGI
• Riduzione delle forze di taglio e di frizione
• Comfort
• Riduzione di accumulo di umidità
• Mantenimento temperatura uniforme attorno
alla cute del paziente
• Adatti per pazienti cronici a domicilio o in strutture residenziali
• Buone qualità di ridistribuzione delle pressioni
SVANTAGGI
• Usura del silicone che riveste la fibra ad alte
temperature durante la sanificazione
• Nessuna significativa differenza con i materassi
d’ospedali standard
• Deve essere utilizzata una fodera di protezione
quando utilizzato con pazienti incontinenti
• La siliconatura non consente la ignifugicità
• Difficoltà di stoccaggio
9.
10.
11.
12.
13.
COPERTURE/FODERE/COVER
CARATTERISTICHE:
• Bielasticità (nel senso della lunghezza e della
larghezza)
• Non deve modificare le proprietà del sistema
di supporto
• Resistenza ai danni da abrasione (Impermeabilità al BS5455 per la durata al rivestimento)
• Ignifugo
• Permeabilità al vapore acqueo
• Batteriostatico
• Resistente durante la sanificazione
Il dispositivo e la sua copertura devono essere considerati un tutt’uno per valutarne la prestazione. La
mancanza di elasticità della fodera può limitare la
capacità del materasso nel ridurre la pressione; più
la rigidità di superficie è elevata più il rischio di un
effetto amaca aumenta e quindi aumenta la tensione della superficie di appoggio.
14.
15.
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17.
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Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
41
L’applicazione topica di lidocaina nella gestione del dolore
delle lesioni cutanee digitali in corso di sclerosi sistemica.
Braschi F, Del Rosso A, Amanzi L, Rasero L.
BACKGROUND
La Sclerosi Sistemica (SSc), o Sclerodermia, è una
malattia multisistemica del tessuto connettivo che
causa fibrosi e danno microvascolare alla cute e
agli organi interni (apparato gastro-intestinale, polmoni, cuore, reni).
In corso di SSc, le ulcere cutanee, causate da lesioni al microcircolo e fibrosi alla cute e spesso associate a microtraumi, possono comparire in ogni
sede, ma le lesioni alle dita delle mani, presenti nel
40-50% dei pazienti, sono le più frequenti. Oltre ad
essere molto dolorose e di difficile guarigione, spesso vanno incontro a sovrainfezione e, talora a gangrena e autoamputazione, incidendo sulla qualità
di vita del paziente. Il loro riconoscimento e trattamento tempestivo può ridurne sensibilmente il dolore e le altre complicanze ed accelerare la ripresa
funzionale delle mani. Tali lesioni, oltre che con terapia sistemica, devono essere trattate localmente
mediante un approccio razionale, per preparare
un buon letto di ferita e facilitare i processi di guarigione. E’ necessario rimuovere i Tessuti devitalizzati, trattare l’Infiammmazione/Infezione, gestire la
Macerazione o la secchezza e garantire un Epitelio
dei margini funzionale alla risoluzione della lesione
(T.I.M.E.). Il debridement per rimuovere il materiale
devitalizzato viene eseguito con metodo autolitico
insieme a bisturi e ferri chirurgici. Ciò accelera i tempi di guarigione, riducendo il rischio di sovrainfezione batterica e cronicizzazione. La procedura di
debridement, pur molto efficace, è invasiva e causa
dolore locale.
SCOPO
Valutare e confrontare, in pazienti con SSc, tramite un questionario, l’efficacia antalgica di 2 diverse
concentrazioni di lidocaina (2 e 4%), quale anestetico da applicare topicamente prima della fase di
debridement delle lesioni cutanee digitali.
MATERIALI E METODI
76 pazienti consecutivi affetti da SSc (69 donne e
7 uomini, per complessive 108 lesioni) che necessi-
44 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
tavano di debridment delle lesioni cutanee digitali
delle mani, sono stati arruolati e divisi in due gruppi: 42 pazienti (per 54 lesioni) sono stati trattati con
lidocaina al 2% (gruppo A) e 34 pazienti (per 54
lesioni) con lidocaina al 4% (gruppo B), prima del
debridment. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad
un questionario (a 10 domande) che valutava il dolore prima, durante e dopo il debridement, l’effetto
placebo, il disconfort locale e il ricorso alla terapia
antalgica sistemica al termine della procedura.
RISULTATI
In entrambi i gruppi non sono stati osservati effetti indesiderati sistemici riconducibili all’applicazione topica di lidocaina. Il dolore durante la fase
di debridement non è variato rispetto all’ingresso
in entrambi i gruppi, sebbene la procedura sia
invasiva e causi dolore (gruppo A: 4.88±2.70 versus 4.29±2.87; gruppo B: 6.00±3,48 versus 6.74±
2,96; p= NS in entrambi i casi). Il dolore al termine
della procedura (gruppo A: 2.96±2.91, gruppo B:
2.88±2,65) è minore di quello presente all’ingresso per entrambe le concentrazioni (p<0.001 per il
gruppo A e p<0.0001 per il gruppo B), nonostante
il debridement. La lidocaina al 4% è comunque capace di assicurare una copertura antalgica durante
la fase di debridement in un numero maggiore di
lesioni rispetto alla lidocaina al 2% (40 lesioni versus 28, p< 0,05).
CONCLUSIONI
L’applicazione topica di lidocaina al 2% e al 4% assicura una copertura antalgica durante il debridement in lesioni digitali in corso di SSc, più evidente
nella concentrazione al 4%, rendendo più tollerabile al paziente una procedura fondamentale per la
guarigione delle ulcere.
Sbrigliamento: atto per la guarigione
Stefano Gasperini
MD Medical Advisor - Pisa
ABSTRACT
Numerosi ed autorevoli sono i contributi scientifici
che riguardano l’argomento da me discusso, ciononostante mi rimangono ancora alcuni punti da
chiarire che vorrei discutere.
Vediamo dapprima le certezze: per l’eliminazione
dei tessuti necrotici, fibrinosi, scarsamente vascolarizzati, la via chirurgica, usando magari l’idrochirurgia, è la più immediata, la più risolutiva, anche
in termini di abbattimento della carica batterica, è
quella da preferire. Essa gode, oramai, della buona
pratica clinica quotidiana se il paziente si trova in
struttura adeguata all’atto chirurgico.
Se il Paziente, come accade nella maggioranza dei
casi, si trova assistito presso il proprio domicilio, la
scelta chirurgica molto spesso non è percorribile,
ci troviamo quindi a decidere che tipo di debridement mettere in atto: autolitico o enzimatico.
E se per l’autolitico pochi sono i dubbi nella scelta
del presidio più idoneo, la categoria degli Idrogeli
li racchiude tutti insieme e scarsamente scientifica
è la discussione che li differenzia, per l’enzimatico
quale dobbiamo preferire?
Possiamo associare l’azione enzimatica con l’autolitica? Per quanto tempo possiamo mantenere in
situ il farmaco?
Quale medicazione secondaria è da preferire?
Suggestivo a tal proposito risulta essere il contributo fornito da V. Falanga nel 2008 andando a definire bene il significato del “debridement di mantenimento” ovvero la necessità di “tener pulito” il letto
della ferita anche quando i classici segni clinici non
appaiono così evidenti.
Si generano, quindi, due scenari: definire lo sbrigliamento iniziale e definire la sequenza logica
dello sbrigliamento di mantenimento, tale che ci
faccia giungere rapidamente e senza complicanze
alla riparazione della nostra lesione.
Uso di schiume poliuretaniche nel trattamento delle ulcere
postraumatiche. Valutazione in lesione da morso animale.
Case report.
Riccardo Gabriolo, Caterina Costi
Asl To 3 Servizio di Vulnologia Osp.S. Agostino, Avigliana (To)
INTRODUZIONE
Le ulcere cutanee post traumatiche rappresentano
una complicanza frequente di eventi infortunistici
specie se la persona coinvolta è anziana. A volte
compaiono in seguito a traumi semplici e si manifestano nel tempo con difficoltà riparative.
SCOPI
Valutare l’efficacia della schiuma poliuretanica nel
trattamento delle lesioni cutanee post traumatiche.
METODI
Donna anziana con lesioni a carico della gamba sn
comparse successivamente a morso di cane.
E’ stata utilizzata una medicazione di schiuma poliuretanica associata a bendaggio di fissaggio con
benda coesiva a tensione media. La sostituzione
avvenne ogni
tre giorni.
DISCUSSIONE
La schiuma poliuretanica testata è stata in grado di
portare a guarigione la lesione, con un eccellente
gestione dell’essudato ed un ottimo controllo del
dolore.
La medicazione: Gli Infermieri finiscono in prima pagina!
Una nuova generazione di poster scientifici
Corti D, Cosci M, Ronconi R, Piovelli R, Neri E, Risso M.
DEA AOU Careggi Firenze Direttore Dott. Grifoni S.
INTRODUZIONE
La letteratura scientifica esalta la necessità di programmare l’aggiornamento e formazione continua in tema di wound care. Il gruppo di infermieri
che collabora dal 2008 al Follow Up Ferite Traumatiche/Ustioni minori del DEA dell’AOU Careggi
(Firenze), intende sensibilizzare l’intero gruppo dei
sanitari rispetto a questa tematica con l’obiettivo di
migliorare gli standard assistenziali.. Attualmente le
metodiche di preparazione del letto della ferita, da
parte dei sanitari del nostro Pronto Soccorso (AOU
Careggi Firenze), sono regolate da un protocollo
condiviso da implementare nell’uso. Le attività
sono ancora eccessivamente rimandate al giudizio clinico del singolo e inevitabilmente sono difformi e non strutturate.
MATERIALI E METODI
L’esperienza clinica e i dati scaturiti da uno studio
retrospettivo condotto intervistando le persone
con ferite traumatiche e ustioni minori medicate
presso l’ambulatorio di Follow-Up costituito da un
gruppo di infermieri dello stesso PS, suggeriscono
l’attuazione di un progetto di miglioramento che
propone l’utilizzo di un poster didattico sulla gestione delle lesioni traumatiche/ustioni minori in
cui sono evidenziati alcuni punti critici nell’attuale
pratica clinica. Alleghiamo di formato 70cm x 100
cm. La grafica scelta per illustrare gli argomenti riprende i font e la disposizione degli articoli utilizzata
nelle prime pagine dei quotidiani.
RISULTATI ATTESI
Dopo l’esposizione in sala riunioni di un primo poster illustrato ai sanitari tramite tutoraggio degli autori, la compilazione e lo spoglio di questionari anonimi di gradimento, verrà operata una revisione dei
contenuti e della grafica, fino alla stampa e alla presentazione ufficiale del poster in riunione plenaria
del personale del Pronto Soccorso nel settembre
2011. Le necessità formative rispetto agli argomenti dibattuti nel poster potranno essere soddisfatte
46 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
tramite la programmazione di corsi di formazione
ecm e tirocinio clinico presso il Follow Up Ferite/
ustioni minori del Pronto Soccorso. Un’indirizzo di
mail dedicata sarà una risorsa utile per condividere
quesiti clinici e ulteriori suggerimenti
CONCLUSIONI
Questo lavoro ha rappresentato un’occasione importante, per la conseguente redazione del progetto di miglioramento sulla gestione delle ferite
traumatiche e ustioni in DEA, in quanto ha sensibilizzato gli infermieri ed i medici su tale problematica assistenziale, ha contribuito ad implementare
nell’uso un protocollo interprofessionale e sensibilizzato l’equipe multiprofessionale per una migliore gestione delle persone con ferite traumatiche/
ustioni tramite l’utilizzo di un poster esplicativo.
Chi l’ha dura … la vince!
V. Martin, A. Visentin, Infermieri distretto Socio Sanitario n° 2 di Paese
Azienda unita’ locale socio - sanitaria n.9 di treviso distretto socio sanitario n° 2 – paese-villorba
La storia trentennale di un paziente che ha combattuto e convissuto per anni con delle ulcere croniche agli arti inferiori, pluri-trattato senza successo,
che grazie all’intervento multidisciplinare e all’applicazione di una terapia locale mirata ha trovato uno
spiraglio di luce.
INTRODUZIONE
Spesso nella pratica quotidiana ci troviamo di fronte a casi di difficile gestione, sia clinica che assistenziale; talvolta purtroppo, manca la presa in carico
condivisa tra le varie figure professionali presenti sul
territorio e in ospedale; questo porta a numerose
difficoltà.
E’ fondamentale che tutti i professionisti, guidati
da un case-manager, comunichino, collaborino e
condividano le scelte diagnostico-terapeutiche per
ogni paziente, ma in particolare questo è ancora
più importante nei casi fragili e “complessi”; è dimostrato infatti che solo la gestione condivisa può
realmente portare a un risultato concreto e dare
una risposta adeguata e completa all’Utente.
Per tali motivi andremo a esporre un caso di un
paziente “complesso”, di 58 anni d’età che, da circa
30 anni, convive e combatte con delle ulcere croniche agli arti inferiori; questa persona ha potuto trarre finalmente beneficio dal lavoro deciso, condiviso
e dettato dal confronto multidisciplinare .
MATERIALI E METODI
Il paziente, all’età di 18 anni, per l’insorgenza di due
piccole lesioni agli arti inferiori, inquadrate come lesioni vascolari, veniva preso in carico da Specialisti della Dermatologia e della Chirurgia Vascolare
ospedaliera, che lo rivalutavano a cadenza settimanale.
Negli anni sono stati utilizzati, con scarsi risultati, numerosi e diversi tipi di medicazione e con complicazioni imputabili a sovra-infezioni che necessitavano
di lunghi cicli di terapie antibiotiche.
Nel 1995 il paziente, ormai fragile e con alta comorbidità, è stato preso in carico dal servizio infermieristico domiciliare distrettuale con accessi giornalieri
di circa 90 minuti l’uno e anche in questo caso con
scarsi risultati.
Ad Ottobre 2010 si decide di affrontare il caso con
un approccio multidisciplinare fra Medici Distrettuali, della Chirurgia Plastica, con la Farmacia ed il
Medico di Medicina Generale, viene deciso l’uso
del bendaggio elasto–compressivo multistrato in
kit. Previa formazione e addestramento specifico
del personale, si è iniziato il trattamento dell’ulcera nella gamba sinistra; l’ulcera della gamba destra
non è stata trattata con tale metodica in quanto
ancora troppo compromessa.
Inizialmente il bendaggio veniva sostituito ogni 3 –
4 giorni, successivamente ogni 7; la durata di ogni
medicazione era di 45 min circa.
RISULTATI
A distanza di quattro mesi la lesione alla gamba sinistra è notevolmente ridotta, l’edema è scomparso
ed il paziente ha riacquistato la sensibilità nocicettiva a livello dell’arto inferiore sinistro.
CONCLUSIONI
L’esperienza condotta ha evidenziato, innanzitutto
una notevole riduzione dell’essudato e del cattivo
odore emanato dalla lesione, fattori che hanno
portato a un miglioramento della qualità di vita e
delle relazioni sociali per il paziente ed i caregivers.
La multidisciplinarietà e la scelta terapeutica mirata
e applicata con competenza e professionalità, hanno inoltre permesso di ottenere, in 4 mesi, senza
spreco di risorse umane e di materiali, risultati clinici
mai raggiunti in 30 anni di gestione sanitaria settoriale.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
47
Azione sinergica di una matrice proteasi-modulante e
dell’applicazione locale di fattori di crescita nella guarigione
delle ulcere del piede diabetico. La nostra esperienza.
Manicardi E., Pugni V., Baricchi R., Seligardi D., Iotti B.
Azienda Ospedaliera ASMN, Reggio Emilia
PREMESSA
Le infezioni del piede sono una severa e comune complicanza del diabete mellito, che espone il paziente ad un incremento del 25% del rischio di amputazione. Per evitare di
dover ricorrere all’amputazione è necessario un trattamento multidisciplinare, comprensivo della rivascolarizzazione
distale, del trattamento dell’osteomielite, di una accurata
gestione della lesione, che spesso ha una scarsa tendenza
alla guarigione anche dopo la correzione di tutti i fattori
sistemici che ne condizionano l’esito. Pur risultando la lesione all’analisi microscopica povera di fattori di crescita, l’applicazione locale dei medesimi non sempre porta a risultati
soddisfacenti: nelle lesioni croniche è infatti dimostrata una
accelerata degradazione non solo delle matrice extracellulare, ma anche dei fattori di che regolano il processo di
guarigione.
SCOPO DEL LAVORO
Recentemente Kakagia DD et al (2007) hanno dimostrato,
in un piccolo gruppo di pazienti, che l’applicazione locale
di fattori di crescita nel trattamento del piede diabetico abbinata con un biomateriale sterile (Promogran ®), costituito per il 55% di collagene e per il 45% di cellulosa ossidata
rigenerata (COR), migliora l’azione dei fattori di crescita,
che verrebbero protetti dalla matrice stessa, in grado anche di inattivare le proteinasi, di ridurre i radicali liberi di
ossigeno e di eliminare l’eccesso di metallo-ioni.
Scopo del nostro lavoro è stato di ampliare l’esperienza del
trattamento combinato gel piastrinico/Promogran, nel piede diabetico.
CASISTICA E METODI
Nel marzo 2007 è iniziata una collaborazione tra la Diabetologia Ospedaliera e la Medicina Trasfusionale del
nostro ospedale, sul trattamento del piede diabetico con
emocomponente (gel piastrinico) ad uso topico, di origine
autologa ed omologa, ottenuto in vitro dall’aggregazione
di un concentrato piastrinico messo a contatto con calcio
gluconato e fattori pro- aggreganti biologici (trombina). Le
prime applicazioni erano gravate dalla mancanza, in letteratura, di indicazioni precise sul numero e la frequenza di
applicazioni utili, così come non si reperivano indicazioni
su come effettuare la medicazione per ottimizzare l’effetto
del gel piastrinico. Inizialmente abbiamo pertanto utilizzato
medicazioni avanzate che gestissero il rapido aumento di
liquidi determinato dalla liquefazione del gel (alginato di
48 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
calcio, carbossimetilcellulosa, eventualmente addizionate
di argento); abbiamo inoltre diradato le applicazioni di gel
dopo avere osservato l’eccessiva proliferazione del tessuto
di granulazione in due pazienti con le applicazioni settimanali del gel suggerite dalla letteratura e infine nell’ultimo
anno abbiamo deciso di ampliare l’esperienza di Kakagia
DD, che suggeriva una sinergia tra l’azione dei fattori di
crescita ed il Promogran. Abbiamo applicato il gel piastrinico solo su lesioni > 2,5 cm di diametro e naturalmente
solo dopo che era avvenuta la rivascolarizzazione ove indicata, il debridement dei tessuti non vitali ottenuto anche
utilizzando Vacuum Assisted Closure, la risoluzione clinica
dell’infezione del piede, la risoluzione dell’osteomielite, l’ottimizzazione del compenso metabolico.
Sono stati trattati complessivamente 50 piedi diabetici, 30
con il solo gel piastrinico e 20 con il gel piastrinico associato
a Promogran.
RISULTATI E CONCLUSIONI
Nei primi 30 pazienti le applicazioni di gel sono state almeno 2 per ogni paziente (massimo 5 applicazioni): abbiamo
osservato una crescita esorbitante in 2 pazienti, che hanno
richiesto l’asportazione chirurgica del tessuto di granulazione in eccesso, debordante dalla lesione; due pazienti non
hanno ottenuto la guarigione, uno per sopravvenuto decesso, l’altro per ricomparsa di osteomielite grave, che ha
richiesto l’amputazione dell’avampiede.
I pazienti trattati con gel piastrinico e Promogran hanno
invece ottenuto, con una sola applicazione di gel, una sensibile accelerazione del processo di guarigione, che ci ha
indotto a proseguire con il solo Promogran, applicato una
volta alla settimana: tali pazienti sono tutti quanti arrivati alla
guarigione.
La nostra casistica va a sommarsi alla casistica riportata
da Kakagia e ne conferma i risultati positivi. In particolare
confermiamo che l’associazione gel piastrinico/Promogran
permette di ottenere risultati migliori rispetto all’utilizzo del
solo gel piastrinico, che pure ha confermato l’utilità nel trattamento del piede diabetico. L’associazione consente di
ridurre il numero di applicazioni di gel e non è gravato di
casi di iperplasia del tessuto di granulazione.
Si sottolinea in particolare la semplicità di utilizzo delle medicazioni così proposte, che consentono di gestire ambulatorialmente un numero elevato di pazienti, poichè devono
essere medicati una sola volta alla settimana.
Lesioni cutanee da iniezione di droga:
piano assistenziale infermieristico di trattamento
E.Lo Palo, R.Rinaldi, D.Rota
Ambulatorio Infermieristico per la cura e trattamento delle lesioni cutanee - Azienda Ospedali Riuniti Bergamo
BACKGROUND
L’utilizzo di sostanze stupefacenti per via iniettiva
comporta effetti devastanti a carico di vene , cute,
muscoli, articolazioni; (Piper et.al.2007) L’eroina, è
la droga maggiormente diffusa tra coloro che abusano di tali sostanze (Finnie 2002): la via iniettiva è
la modalità di assunzione maggiormente adottata.
Le prolungate e ripetute iniezioni (che si perpetuano per molti anni) conducono ad una graduale
sclerotizzazione e trombosi delle pareti venose e la
sostanza viene assorbita livello sottocutaneo o intramuscolare (Graham et.al.1999).Tale situazione è
maggiormente frequente nelle donne le cui pareti
venose sono sottili ed più difficilmente localizzabili.
(Derricott et.al.1998) Il danneggiamento tissutale
del sito di inoculazione e dell’area cutanea circostante determina ischemia localizzata e necrosi,
predisponendo i tessuti a diventare assai suscettibili
ad infezione. La formazione di ascessi sottocutanei
che evolvono in ulcerazioni sono una conseguenza frequente,tale evenienza può evolvere in complicanze severe e potenzialmente mortali; l’estensione di processi infettivi importanti, oltre agli ascessi,
includono la distruzione di strutture importanti in
aree vitali, le fasciti necrotizzanti, le batteriemie e le
sepsi sistemiche. (Ebright,et.al.2002)
OBIETTIVI
Descrivere il case report di una giovane donna con
vaste ulcere agli arti inferiori dovute a stravaso di
iniezioni di stupefacenti, in correlazione al trattamento topico delle lesioni ed alla valutazione della
qualità di vita.
MATERIALI E METODI
Si è presentata alla nostra osservazione una giovane donna di 37 anni, con vaste ulcere agli arti inferiori (presenti da circa due anni) dovute a stravaso
di sostanza stupefacente, (eroina) associate ad un
importante consumo di tabacco (60 sigarette/die).
All’accertamento si è evidenziato un grosso danno
ai tessuti molli e alla cute con lesioni che interessavano completamente la parte anteriore di entrambi gli arti inferiori, associate alla presenza di
importanti essudato, maleodore e ad edema. Tale
situazione si ripercuoteva in maniera pesante sulla
qualità di vita della giovane donna madre anche di
una bimba in termini di isolamento sociale, emarginazione, e grandi problematiche anche a livello
di relazioni familiari. “… a causa del cattivo odore
ero costretta a dormire in un’altra stanza per non
arrecare disturbo alla mia famiglia”……”non potevo
fermarmi a prendere un caffè per il timore che gli
altri percepissero il mio maleodore”…..”non andare
alle riunioni scolastiche della mia bambina …non
andare in macchina, dal dentista o frequentare luoghi chiusi” …… “comincio ad non avere cura della
mia persona”…… “avevo solo voglia di stare sola e
non vedere nessuno…….”sono affermazioni sostenute dalla stessa paziente ed eloquenti di un forte
disagio.
Gli interventi hanno compreso:
• inquadramento generale della persona e delle
lesioni,
• valutazione iniziale delle lesioni: valutazione
del letto di ferita, della cute perilesionale con
relative misurazioni (misurazione delle lesioni e
reperti fotografici.),
• prelievi per esame colturali (e successiva terapia antibiotica mirata impostata dall’infettivologo).
In attesa dei referti microbiologici è stato applicato un adeguato piano di trattamento topico delle lesioni che ha ripercorso i principi cardine della
wound bed preparation:
1. Gestione della carica necrotica e microbica:
iniziale detersione delle lesioni con medicazioni detergenti ad alto potere assorbente (idrofibra Aquacell Ag®) per circa tre cambi di medicazione (una
settimana di trattamento).
2. Gestione dell’essudato:
per la gestione dell’essudato è stato scelto di applicare il principio della di pressione topica negativa PTN (VAC® therapy) per un totale di trenta
applicazioni, con durata complessiva di circa settanta giorni di trattamento. Naturalmente è stato
fondamentale l’addestramento della paziente e del
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
49
familiare rispetto alla gestione domiciliare del device (come riconoscere gli allarmi, come sostituire il
contenitore di raccolta,ecc.).
Allo stabilizzarsi della situazione clinica, gli accessi in
ambulatorio sono diminuiti raggiungendo una cadenza bisettimanale: il trattamento e la cura locale
si è svolta mediante l’applicazione di medicazioni
avanzate associata a bendaggio elastocompressivo degli arti sino a completa guarigione delle lesioni .
Le medicazioni avanzate sono state utilizzate con
l’obiettivo di mantenere un ambiente ottimale e
di volta in volta scelte in relazione alla condizione
delle lesioni; durante il trattamento la paziente ha
sviluppato sensibilizzazione ad alcune tipologie di
medicazioni (schiume di poliuretano) dirottando
la scelta verso altre tipologie di medicazioni quali
alginati,idrofibra, medicazioni a captazione batterica, medicazioni non aderenti.
critica, il trattamento locale si è svolto applicando
medicazioni avanzate quali, alginati/idrofibra e medicazioni antiaderenti. Il trattamento così gestito
ha consentito, di portare a guarigione le lesioni in
poco meno di un anno. Fatto non di poco conto
visto l’elevato consumo di tabacco da parte della
paziente: sino a 60 sigarette al giorno.
Il bendaggio ha svolto un ruolo importantissimo
nella riduzione dell’edema malgrado la paziente
non presentasse deficit di insufficienza venosa (documentato da un ecocolordoppler): gli arti infatti si
presentavano edematosi ed il bendaggio applicato
era di tipo multistrato multicomponente.
Il coinvolgimento della paziente in tutto il processo
di cura ha svolto un ruolo fondamentale, nella fase
di educazione sanitaria infatti si è provveduto a motivare ed incoraggiare la paziente nell’accettazione
del sè in stretta collaborazione con il familiare di
supporto .
Alla luce di ciò si evidenzia che gli obiettivi assistenziali, anche in un ambito ambulatoriale come il nostro, devono considerare la globalità della persona
con lesioni.
Un clima di accettazione, accoglienza e fiducia,
senza pregiudizi,ha permesso di stipulare un piano assistenziale e riabilitativo condiviso. Guarire le
ulcere ha dato vigore ad una giovane donna che
da tempo si era auto esclusa dalla vita, sentendosi
emarginata, e giudicata.
RISULTATI
L’applicazione della PTN ha portato ad un risultato ottimale in quanto ha risposto ad un duplice
obiettivo: ottimizzare la gestione dell’essudato e
controllo dell’odore accelerando nel contempo la
riparazione tissutale. L’utilizzo della PTN infatti ha
consentito di gestire l’iperessudazione anche in
considerazione del fatto che la paziente inizialmente eseguiva cambi di medicazione a giorni alterni
(tre accessi settimanali) ed al proprio domicilio era
giunta a sostituire il contenitore di raccolta del device sino a 5 volte in 40 ore circa .
Inizialmente, si era ipotizzato di preparare il letto
delle lesioni al fine di avviare la paziente all’intervento chirurgico di innesto cutaneo, ma alla luce dei
costanti progressi nelle fasi di riparazione tissutale
si è preferito (in accordo con i chirurghi plastici) di
evitare la procedura chirurgica. Terminata la fase
50 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
CONCLUSIONI
La cura delle lesioni non prescinde dalla cura della
persona soprattutto in un caso clinico come questo in cui la convivenza della giovane donna con le
proprie lesioni ha comportato alterazioni importanti in termini di qualità di vita.
Curare le lesioni ha comportato anche la presa in
carico dei problemi della paziente: la presenza delle
lesioni aveva portato la ragazza ad un livello molto alto di trascuratezza personale, esacerbando in
modo importante la non accettazione del sé.
BIBLIOGRAFIA
Derricott J.,Preston A.,Hunt N. (1988) cit. in Finnie A. , Nicolson P.
(2002),Injecting drug use: implications for skin and wound management Br J Nurs Mar; 11, (6(Suppl):S17-28
Ebright J.R., Piper B. (2002), Skin and soft tissue infections in injection drug users Infect Dis Clin North Am Sep;16 (3): 697-712
Finnie A. , Nicolson P. (2002),Injecting drug use: implications for
skin and wound management Br J Nurs Mar; 11, (6(Suppl):S17-28
Graham CA, McNaughton GW,Crawford R.,(1999) “Popping”: a
cause of soft tissue sepsis in chronic drug abusers, Eur J Emerg
Med 6:259-61
Piper B.,Kirsner R.S.,Templin T.N.,Birk T.J.,(2007),Injection Drug
Use an understudied cause of venous disease Arch Dermatol.143(10):1305-1309
Association (EWMA)Position Document : Wound Bed Preparation
http://ewma.org/fileadmin/user_upload/EWMA/pdf/Position_
Documents/2004/pos_doc_Italian_04_final.pdf
Gestione delle lesioni da pressione in cure palliative:
valutazione dell’efficacia di un metodo preventivo per
un’assistenza di qualita’
Stefania Melino - Cure Palliative, Fondazione Maugeri, Pavia, Italy - [email protected]
La comunicazione riporta l’efficacia di un metodo
preventivo per la gestione delle lesioni da decubito
(ldd) in una unità di cure palliative. Il periodo di osservazione è stato di 4 anni.
La valutazione dimostra come l’insorgenza dell’evento ldd è un fenomeno che può essere controllato e mitigato, nelle sue conseguenze negative,
attraverso l’implementazione di Linee Guida di
Prevenzione e Trattamento dell’AHRQ e modelli
assistenziali, tesi all’individuazione del paziente a
rischio e al miglioramento della qualità nella pratica clinica. I dati riguardano 1010 pazienti di cui
576 identificati a rischio di ldd. Nonostante l’elevata mortalità (38%) l’assistenza preventiva, curativa e palliativa ha permesso di mitigare gli effetti
negativi e devastanti della patologia oncologica
evitando sofferenze aggiuntive, ottenendo un’incidenza dell’1% e una prevalenza del 13%.Le lesioni
da decubito non sono una complicanza inevitabile
nei pazienti di cure palliative. La consapevolezza di
poter svolgere un ruolo da “protagonista” nel programmare gli interventi assistenziali preventivi ha
responsabilizzato il personale non solo sui processi
assistenziali, ma soprattutto sui risultati.
In questo particolare scenario il prendersi cura, il
“palliare per fare qualità di vita”, fino all’ultimo istante di vita, hanno assunto una particolare connotazione, ricca di significati oltre che di evidenti risultati.
Una vera e propria sfida di fronte a chi, pur destinato a perire, chiede e domanda di dar senso, importanza, cura, alla vita che rimane, anche se breve.
Impatto della formazione sull’incidenza delle ldd in un reparto di cure palliative
Siracusa
Questo articolo riporta l’efficacia di un metodo preventivo per la gestione delle lesioni da decubito
all’interno di una realtà di cure palliative.
L’insorgenza di tale evento può essere controllato
e ridotto nelle sue conseguenze negative attraverso l’implementazione di linee guida di prevenzione,
trattamento dell’AHRQ e modelli assistenziali centrati sull’individuazione del paziente a rischio.
Ciò che tale studio si propone di dimostrare è come
un’adeguata formazione del personale responsa-
bile dell’assistenza possa incidere in maniera significativa sull’incidenza e prevalenza di sviluppo delle
ldd, dimostrando quindi che le lesioni da decubito
non sono una complicanza inevitabile nei pazienti
di cure palliative, ma che “palliare per fare qualità di
vita” assume una particolare connotazione.
Il periodo di osservazione è stato di 4 anni; i dati
analizzati riguardano 1010 pazienti e, nonostante
l’elevata mortalità (38%) l’assistenza preventiva, curativa e palliativa ha permesso di ottenere un’incidenza dell’1% e una prevalenza del 13% .
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
51
Lavare i pazienti non autosufficienti senz’acqua si puo?
Maniaci V.
Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo Milano
AREA TEMATICA
Prevenzione lesioni cutanee: L’igiene quotidiana può essere un efficace e diffuso metodo per la prevenzione diffusa
delle lesioni cutanee?
I CDC di Atlanta indicano che al fine di evitare lesioni cutanee e prevenire le infezioni ospedaliere, la pratica delle
cure igieniche deve essere fatta dividendo il corpo in 8 parti
diverse ed usando 8 presidi diversi rispettivamente per lavare, risciacquare e asciugare il paziente.
Dall’osservazione delle nostre realtà quotidiane per varie
ragioni, il risultato è palesemente diverso da quello che la
scienza ci dimostra.
OBIETTIVI
Individuare una migliore procedura di pratica clinica per
l’esecuzione delle cure igieniche al paziente allettato in relazione alle evidenze scientifiche.
Individuare un metodo realizzabile, protocollabile e verificabile per:
1. Migliorare l’igiene quotidiana del paziente agendo
da un lato come importante momento assistenziale,
dall’altro come prevenzione del rischio di infezioni
ospedaliere, contrastando irritazioni e secchezza cutanea,
2. Uniformare la procedura rendendola adattabile alle
reali esigenze del paziente e dei professionisti, mediante utilizzo di metodi semplici e verificabile nei risultati.
3. Garantire l’igiene ottimale del paziente nelle 24 ore
con un adeguato bilanciamento dei tempi e ottimizzando le risorse a disposizione soprattutto quelle economiche relative ai costi.
METODI
Indicazioni fornite dai CDC di Atlanta
Ricerca dei metodi igienici alternativi in commercio, che ha
individuato essere l’utilizzo di panni igienici,
Esame dei principi attivi dei principali panni umidificati presenti in commercio, e ricerca in letteratura riguardo quello
potenzialmente più valido in relazione ai componenti
Individuazione del metodo più innovativo e pratico cioè
panni umidificati appositamente studiati per l’igiene quotidiana del paziente non autosufficiente, in quanto non
necessitano di acqua, di risciacquo, mentre igienizzano
idratano e contrastano irritazioni. Tale metodo è l’unico
che permette attraverso protocolli mirati di dare un valore
economico preciso e verificabile alle diverse esigenze igieniche del paziente.
Studio e stesura di un protocollo mirato per l’applicazione
52 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
del metodo in un reparto di Medicina di un Azienda Ospedaliera di Milano che ha richiesto:
• Corso di formazione e informazione al personale coinvolto nella rilevazione
• Strutturazione di una scheda per la raccolta dei dati
mirata alla valutazione del metodo alternativo
• Selezione di un gruppo di pazienti da sottoporre ad
igiene personale con il sisrema alternativo dei panni
igienici
• Applicazione del metodo, e compilazione delle osservazioni rilevate sulla scheda di raccolta dati per un periodo di 30 giorni
• Raccolta delle schede ed elaborazione dei dati
RISULTATI
Sia dall’elaborazione dei dati delle schede raccolte, sia dalle
interviste ai pazienti a care giver / parenti coinvolti nella sperimentazione emerge che il sistema dei panni umidificati se
utilizzato con la giusta metodologia e non abbinato, ma sostituito ai tradizionali sistemi di igiene del pazienti conduce
ai vantaggi previsti negli obiettivi, e quindi permette:
1. Una migliore igiene quotidiana lavando a fondo, risciacquando e asciugando il paziente come meglio
non si può fare in quanto non serve farlo.
2. Un miglioramento dell’ idratazione e del trofismo della
cute, prevenendo in tal modo le complicanze legate
all’insorgenza d’irritazione e di lesioni cutanee.
3. Prevenzione delle infezioni ospedaliere legate al fatto che tale metodo evita l’uso di dispositivi e prodotti
pluriuso che possono diventare veicolo d’infezione se
usati incongruentemente o in caso di colonizzazione
sconosciuta.
4. Possibilità di aumentare la frequenza delle cure igieniche grazie alla facilità con cui si possono studiare
protocolli mirati, al risparmio di tempo, e alla minimizzazione dei materiali utilizzati nell’esecuzione delle
manovre igieniche
5. Programmare costi chiari e fissi nel tempo per quanto
riguarda la procedura inerente le cure igieniche.
CONCLUSIONI
Alla luce di quanto evidenziato la conclusione è che:
SI DOVREBBE lavare il paziente non autosufficiente senza
l’uso dei tradizionali metodi igienici ma con un protocollo
di panni pre umidificati!!!
Esperienze nella gestione di lesioni diverse, ma
accomunate dalla complessità assistenziale
Simonetta M.
Ambulatorio trattamento lesioni difficili, U.O. di Chirurgia generale d’urgenza - Ospedale di Circolo Rho (MI)
È indubbio che una ferita, a seconda delle sue caratteristiche, viene oggi considerata e valutata per il
proprio grado di complessità.
Se solo pensiamo, ad esempio, alla ferita che deriva
da un tipo di intervento, questa può, in base alle
caratteristiche dell’intervento stesso, essere considerata :
• non a rischio (intervento pulito),
• potenzialmente a rischio (intervento contaminato),
• a rischio (intervento sporco).
Ma diversamente da quanto descritto in letteratura,
il rischio a cui ci si vuole riferire è quello che determina un diverso grado di risposta assistenziale.
L’Operatore deve saper mettere in atto risposte
adeguate con l’evolvere dei potenziali ostacoli al
processo di guarigione: deiscenza, mancanza di
crescita tessutale, aumento dell’essudato, comparsa di segni clinici di infezione, protrarsi dell’infiammazione, mancata detersione del letto di ferita, do-
lore e molto altro ancora.
A monte di tutto deve essere ben chiara la valutazione (che spesso coincide con la diagnosi).
Questi gli elementi devono essere salvaguardati
dall’Operatore di un ambulatorio destinato al trattamento di lesioni considerate difficili.
Il poster vuole dare visibilità ad una metodologia di
presa in carico orientata ed indirizzata dai concetti
del TIME, e quindi ad una valutazione che partendo da una gestione dei tessuti mira a modulare le
possibili complicanze così da favorire il processo di
guarigione.
I quattro casi presentati, certamente non hanno
valore di evidenza, contribuiscono a far riflettere su
come le scelte dei materiali di medicazione, posteriori ad una buona valutazione, siano importanti e
possano guidare verso risultati da ritenersi congrui
ed in linea con i concetti di uso appropriato delle
risorse.
Le altre lesioni: il fenomeno delle lesioni in dialisi.
Inquadramento diagnostico
Antonia Lopez
Cad Bellaria Divisione Di Nefrologia Dialisi Ipertensione-Santoro
Il percorso che conduce all’ulcera del piede implica
diversi fattori causali che agiscono in concomitanza
fino alla lesione cutanea che poi si cronicizza.
Il paziente nefropatico condivide con il diabetico,
la triade di: neuropatia, arteriopatia periferica, aumentata suscettibilità alle infezioni. La polineuropatia interessa dal 60 al 100% dei pazienti in dialisi;
l’arteriopatia periferica ha una prevalenza nei pazienti dializzati del 25%; in ultimo si aggiungono
le alterazioni del sistema immunitario legate all’uremia ma anche alla malnutrizione ed all’età, progressivamente in aumento, del dializzato. Attualmente l’emodialisi costituisce un fattore di rischio
indipendente per il piede diabetico.
Considerando che il 25% dei pazienti in dialisi è dia-
betico, e che questo paziente ricco di comorbidità
presenta un rischio 4 volte maggiore di complicanze da piede diabetico e 10 volte maggiore di amputazione della popolazione diabetica in generale,
si capisce la portata sociale di questo problema. Va
inoltre considerato che la mortalità a 5 anni di un
paziente diabetico dopo infarto miocardico è del
72%, e la sopravvivenza sempre a 5 anni dopo amputazione è del 17.2% perché ai fattori peggiorativi
cardiovascolari, si aggiunge l’elevata suscettibilità
infettiva.
Numerosi studi hanno riportato gli effetti benefici
di un sistema di sorveglianza e di provvedimento
che agisca precocemente così da focalizzare gli interventi.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
53
Aggiornamenti in tema di lesioni diabetiche
Gli aspetti podologici
Gaetano Di Stasio
Podos Logo Italia srl
AREA TEMATICA
Piede diabetico
La storia delle Linee Guida al piede diabetico ha come
pietra miliare il Documento di Consenso (Consensus),
resistito fino al 2004 nonostante il metodo “classico” di
scrittura del volume. Esso infatti assomiglia molto più
ad una linea guida basata sull’opinione degli Autori
più che di un moderno strumento per orientare la
pratica clinica verso le migliori prove scientifiche disponibili, non includendo inoltre una dichiarazione esplicita sulla qualità delle informazioni utilizzate (“Levels of
evidence”) e l’importanza/rilevanza/fattibilità/priorità
della loro implementazione (“Strenght of recommendation”). Questo volume, aggiornato dal 1996 al 2004
dal Gruppo di Studio Internazionale sul Piede Diabetico, presenta infatti alcune pecche molto dibattute
dalle professioni sanitarie non mediche.
Un passo in avanti lo si è tentato di fare con gli Standard Italliani per la cura del Diabete Mellito del 2007
e del 2010. Ma queste Linee Guida hanno degli importanti limiti:
• non ci sono adeguate raccomandazioni, con giusto livello e forza, per la gestione dell’importante
capitolo della prevenzione, come invece si può
leggere in altre importanti Linee Guida di lingua
anglosassone.
• l’assenza di una reale multidisciplinarietà del gruppo responsabile della produzione della linea guida.
La mancanza dei chirurghi vascolari e degli ortopedici
e delle loro associazioni, fra i membri del Gruppo Responsabile, e la presenza invece di colleghi delle professioni sanitarie senza specializzazione e competenza
(addirittura con titoli ante legem, e quindi non equipollenti a laurea), inficia infatti la qualità dei risultati.
I particolare la mancanza dei vascolari nel Gruppo
Responsabile è stata stigmatizzata da lavori di ricerca
di recentissima pubblicazione sviluppati dalla “Society for Vascular Surgery” e dalla “American Podiatric
Medical Association”. In questi documenti la Società
di Chirurgia Vascolare e l’American Podiatric Medical
Association (Apma) riconoscono l’impatto positivo di
un approccio di team multidisciplinare per la cura dei
pazienti con ischemia critica degli arti, in particolare
nella popolazione diabetica.
Cesena: dal lavoro invisibile alla concretizzazione
Antonella Guidi
Azienda USL Cesena
AREA TEMATICA
Area governo assistenziale risk management
BACKGROUND
Lo sviluppo del modello organizzativo realizzato in
tema di sicurezza in ambito assistenziale ha permesso
la concretizzazione di un approccio globale e multidisciplinare per la prevenzione, il trattamento e la sorveglianza delle lesioni da pressione in tutta l’Azienda
USL di Cesena.
OBIETTIVI
Estrapolare dagli studi epidemiologici elementi per
una più puntuale lettura del fenomeno lesioni cutanee (da pressione e di origine vascolare) in ambito
domiciliare per una ridefinizione delle strategie preventive e curative.
54 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
METODI
Il consolidamento e l’impegno del gruppo professionale ha contribuito alla realizzazione di diversi strumenti operativi, progetti di formazione e attività di sorveglianza, in particolare Studi di prevalenza periodale
per tutti i pazienti in carico all’ADI AUSL Cesena.
RISULTATI
Confronto con i precedenti studi, lettura delle criticità
e ridefinizione di strategie migliorative.
CONCLUSIONI
La relazione si propone di presentare l’esperienza maturata in questi otto anni, in particolare sull’ utilizzo di
studi epidemiologici quali strumenti per una puntuale
lettura del fenomeno lesioni da pressione e di origine
vascolare in ambito domiciliare ma, anche in grado
di dare maggiore visibilità alla complessa gestione
assistenziale.
Risultati preliminari della ricerca multicentrica su un
prodotto di detersione delle lesioni
Francesca Falciani
Azienda Sanitaria Firenze
AREA TEMATICA
La ricerca su campo: i risultati di due studi
BACKGROUND
la detersione, insieme ad altri interventi come il cambio di postura e il supporto nutrizionale, è una delle componenti della gestione di routine delle lesioni
cutanee croniche; in letteratura tuttavia pochi sono
gli studi statisticamente significativi condotti sul tema
specifico della detersione delle lesioni cutanee. Questa sperimentazione ha lo scopo di valutare/verificare
le modalità operative e gestionali in ambito di trattamento delle lesioni cutanee croniche, nel particolare
aspetto dell’utilizzo di detergenti cutanei ad azione
antibatterica e/o ad azione sul biofilm.
OBIETTIVI
Valutazione dell’efficacia clinica di Propilbetaina e Poliesanide (Prontosan®) associato alla migliore pratica
clinico/assistenziale in soggetti portatori di lesioni da
pressione o lesioni di origine vascolare agli arti inferiori.
METODI
studio clinico multicentrico randomizzato controllato in cieco (valutatore). I pazienti che hanno firmato
il consenso informato, sono stati osservati per un minimo di 10 giorni ad un massimo di 4 settimane (29
giorni), pari ad un minimo di una rivalutazione dopo
la rilevazione al punto 0 (arruolamento) ad un massimo di 4 rivalutazioni dopo il reclutamento (rilevazione
al punto 0).
La scelta del timing di rivalutazione è stato definito
dalle singole organizzazioni tra 7 ± 2 giorni in base
alle abitudini e protocolli in uso nell’Azienda. Per ogni
paziente reclutato è stata considerata solo una lesione
che abbia le caratteristiche di inclusione. Nel caso di
lesioni multiple si è considerata la lesione peggiore. Il
prodotto oggetto di studio Propilbetaina e Poliesanide (Prontosan®), è stato confrontato con un Presidio tradizionale indicato dalle evidenze scientifiche e
Linee Guida, che per la classe relativa cioè la soluzione
isotonica (fisiologica o ringer lattato). Durante lo studio sono stati rilevati i parametri in base all’indice PSST
di Bates-Jensen (superficie, profondità, bordo, tessuto
sottominato, tessuto necrotico, quantità tessuto necrotico, tipologia tessuto necrotico, tipologia di essudato,
quantità di essudato, colore perilesionale, edema perilesionale, indurimento tessuto perilesionale, tessuto di
granulazione, epitelizzazione).
Le variabili relative a: tipo di tessuto necrotico, quantita’ di tessuto necrotico, tipo di essudato; sono state
utilizzate per poter valutare in modo particolareggiato
la “rimozione dei detriti dal fondo della lesione” nel primo obiettivo del protocollo.
Le variabili relative a : quantità di essudato, colore della pelle circostante, edema dei tessuti periferici, indurimento tessuto periferico;sono state utilizzare per poter
valutare in modo particolareggiato la “riduzione della
sintomatologia infiammatoria” nel primo obiettivo del
protocollo.
La riduzione del dolore, il miglioramento della lesione (la riduzione complessiva del indice PSST) sono le
variabili che sono state utilizzate per il monitoraggio
degli obiettivi secondari.
RISULTATI
lo studio è tuttora in corso :l’End-point primario è il
miglioramento della lesione valutato in termini di pulizia della lesione stessa e riduzione significativa della
sintomatologia infiammatoria.
CONCLUSIONI
lo studio anche se ancora in corso è stato utile per creare una rete tra i centri partecipanti che hanno avuto
la possibilità di ricevere una formazione per uniformare l’approccio alla detersione delle lesioni cutanee e
alla metodologia di rilevazione del miglioramento delle stesse secondo le indicazioni della best practice. Si
è creata così una rete di esperti che ha messo in atto
un confronto che contribuirà a dare ai professionisti
impegnati nel wound-care indicazioni sull’uso appropriato di un detergente cutaneo specificatamente
prodotto per il controllo dei detriti sul letto delle lesioni
e del biofilm.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
55
Aggiornamenti in tema di lesioni vascolari.
Quale compressione e per quale paziente?
Angelo Incorvaia
BACKGROUND
Le ulcere vascolari rappresentano il tipo più comune
di lesioni agli arti inferiori. Il 60-80% delle ulcere agli arti
inferiori presenta una componente venosa 1 .
La prevalenza di questo fenomeno è stata stimata nel
Regno Unito con dati che si assestano dallo 0,1% allo
0,3% 2 3: la prevalenza aumento al crescere dell’età4.
La storia naturale di questo tipo di ulcera evidenzia
periodi ricorrenti di guarigione e di riapertura con
l’insorgenza di svariate morbilità e un decadimento
della qualità di vita delle persone che ne sono affette. Il trattamento di questo grosso problema di salute
comporta anche un notevole dispendio di risorse economiche: il sistema sanitario inglese ha stimato che il
trattamento di una lesione vascolare agli arti inferiori
costa tra le 1.298 e le 1526 sterline quando la stessa
viene trattata in centri specializzati 5.
OBIETTIVI
Individuare le migliori evidenze relative alle indicazioni di pratica clinica per la valutazione delle lesioni vascolari venose e per la conseguente scelta del tipo di
bendaggio.
METODI
È stata condotta una revisione della letteratura secondaria al fine di individuare raccomandazioni di comportamento clinico relative agli obiettivi indicati.
È stata reperita una autorevole linea guida dello Scottish Intercollegiate Guidelines che dopo valutazione
critica con AGREE è stata individuata come documento di riferimento.
RISULTATI
le raccomandazioni relative alla valutazione delle lesioni indicano che:
• Dovrebbe essere misurata costantemente l’area
dell’ulcera.
• Dovrebbe essere valutato il tipo di tessuto presente sul fondo della lesione.
• Le rilevazioni dovrebbero essere documentate in
forma scritta.
• Nei pazienti che presentano lesioni non-healing
dovrebbe essere considerata l’effettuazione di
una biopsia.
56 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
• Nei pazienti che presentano lesioni di tipo eczematoso dovrebbero essere effettuati test dermatologici per verificare la sensibilità.
• Il re-assement globale (comprensivo di indagini
strumentali) dovrebbe essere ripetuto ad intervalli
di 12 settimane in caso di difficoltà di guarigione.
Dovrebbero inoltre essere riconsiderati i
seguenti punti:
• L’eziologia della lesione è confermata?
• Sono insorte nuove comorbilità?
• Potrebbe essere utile l’esecuzione di una biopsia?
• Il managment condotto fino ad oggi è appropriato?
• Il paziente è compliante al trattamento?
Le raccomandazioni relative alla scelta del bendaggio
riguardano la classificazione dei diversi tipi di bendaggio ed il loro utilizzo: vengono fornite alternative in
caso di mancanza di compliance da parte del paziente
al bendaggio.
CONCLUSIONI
Spesso i professionisti della salute si trovano ad operare in ambiti in cui le evidenze scarseggiano o sono
inesistenti. Il mondo del wound care però presenta
scenari sufficientemente ben definiti per lo meno per
le patologie di maggiore prevalenza come le lesioni
vascolari agli arti inferiori.
Per questo motivo i professionisti stessi devono imparare ad individuare autorevoli documenti di riferimenti che permettano di svincolarsi dalla pratica del
“si è sempre fatto così” ma che utilizzino l’evidencebasedpractice come prerequisito per le scelte fatte sui
pazienti.
BIBLIOGRAFIA
1.
2.
3.
4.
5.
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ISBN 978 1 905813 66 7 www.sign.ac.uk
Baker SR, Stacey MC, Jopp-McKay AG, Hoskin SE, Thompson PJ.
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Nelzen O, Bergqvist D, Lindhagen A. Venous and non-venous leg
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Callam MJ, Harper DR, Dale JJ, Ruckley CV. Chronic ulcer of the
leg: clinical history. Br Med J (Clin Res Ed) 1987;294(6584):1389 91.
Iglesias CP, Nelson EA, Cullum N, Torgerson DJ. Economic analysis
of VenUS I, a randomized trial of two bandages for treating venous
leg ulcers. Br J Surg 2004;91(10):1300-6.
Sempre bendaggio?
Vincenza Maniaci
Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo Milano
BACKGROUND
Le ulcere vascolari rappresentano il tipo più comune
di lesioni agli arti inferiori. Il 60-80% delle ulcere agli arti
inferiori presenta una componente venosa 1 .
La prevalenza di questo fenomeno è stata stimata nel
Regno Unito con dati che si assestano dallo 0,1% allo
0,3% 2 3: la prevalenza aumento al crescere dell’età4.
La storia naturale di questo tipo di ulcera evidenzia
periodi ricorrenti di guarigione e di riapertura con
l’insorgenza di svariate morbilità e un decadimento
della qualità di vita delle persone che ne sono affette. Il trattamento di questo grosso problema di salute
comporta anche un notevole dispendio di risorse economiche5.
Un approccio per il trattamento consiste nella terapia
compressiva, infatti molti studi ne riconoscono l’efficacia terapeutica, attribuendo alla terapia compressiva
un grado di evidenza molto elevato 6.
La compressione si è dimostrata utile in molti tipi di
ulcere degli arti inferiori e rappresenta sicuramente
un trattamento chiave nella cura delle malattie flebolinfatiche
scelta del bendaggio devono riguardare la classificazione dei diversi tipi di bendaggio ed il loro corretto
utilizzo a seconda della tipologia di lesione vascolare,
inoltre forniscono alternative in caso di mancanza di
compliance da parte del paziente al bendaggio.
OBIETTIVI
La terapia compressiva nel trattamento delle lesioni
vascolari agli arti inferiori
Individuare le migliori evidenze relative alle indicazioni
di pratica clinica per la scelta e la modalità ottimale
d’applicazione della terapia compressiva.
2.
METODI
Sono presenti diverse Linee Guida in letteratura che
indicano le raccomandazioni di comportamento clinico della terapia compressiva in relazione all’obiettivo
individuato, per la gestione delle diverse tipologie di
lesioni vascolari.
A tale proposito si rimanda alle L.G. della RNAO, dell’RCN, della NICE, che forniscono informazioni dettagliate sul comportamento clinico da adottare per la
terapia compressiva.
CONCLUSIONI
Non vi sono dubbi che la compressione sia una parte
essenziale della terapia dell’ulcera che non può essere
rimpiazzata ma solo integrata dalla terapia locale. Tale
ambito è talmente complesso che i professionisti della
salute si trovano ad operare spesso in contesti dove le
evidenze sono di per sé scarse, ed è quindi necessario che quelle presenti siano considerate efficaci. Per
questo motivo i professionisti stessi devono imparare
ad individuare autorevoli documenti di riferimenti che
permettano di svincolarsi dalla pratica del “si è sempre
fatto così” ma che utilizzino l’evidencebasedpractice
come prerequisito per le scelte fatte sui pazienti.
BIBLIOGRAFIA
1.
3.
4.
5.
6.
Scottish Intercollegiate Guidelines Network Management of chronic venous leg ulcers A national clinical guideline August 2010
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Mosti G, Mattaliano V, Polignano R, Masina M. Compression Therapy in the Treatment of Leg Ulcer; Acta Vulnologica Volume 7
– N° 3 – Settembre 2009.
RISULTATI
Le raccomandazioni indicano che la terapia compressiva agisce con effetti benefici sui sistemi di macrocircolo, microcircolo, linfatico ed arterioso. I criteri per la
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
57
Piacenza la costituzione di un percorso
Giuseppe Mori, Laura Ribaldi
Azienda USL di Piacenza
AREA TEMATICA
Sessioni parallele: gli Osservatori Aziendali in wound
care in Emilia Romagna.
BACKGROUND
nel Novembre 2007 la Direzione Assistenziale Aziendale dell’USL di Piacenza istituisce il servizio di case manager delle lesioni cutanee.
OBIETTIVI
l’appropriatezza degli interventi in materia di lesioni
cutanee tramite la consulenza, la supervisione, la presa in carico, la formazione e il management organizzativo per tutte le aree di cura e assistenziali aziendali.
METODI
uso di linee guida, e strumenti (scale di valutazione)
validate, operatività e formazione sul campo, creazione di protocolli e standard di prodotti aziendali (appropriatezza e miglioramento clinico).
RISULTATI
raggiungimento degli standard / omogeneizzazione
degli interventi/ formazione sul campo/ tracciabilità
degli interventi.
CONCLUSIONI
il metodo e l’organizzazione adottata hanno creato
un percorso virtuoso e prodotto un miglior rapporto
efficacia/efficienza nel campo lesioni cutanee..
Il trattamento topico dei grandi ustionati: la chirurgia
Davide Melandri
Ospedale “M. Bufalini” – AUSL Cesena
BACKGROUND
Le ustioni superficiali guariscono spontaneamente entro
due settimane. In tali situazioni è importante eseguire
medicazioni idonee a tale obiettivo. Il trattamento delle
aree di ustione profonda è chirurgico al fine di evitare infezioni, tempi troppo lunghi di guarigione ed esiti cicatriziali invalidanti dal punto di vista funzionale ed estetico.
Esso si fonda sulla rimozione il più precocemente possibile (generalmente entro 48-72 ore dall’ustione) dei
tessuti necrotici mediante un intervento definito escarectomia e sulla ricopertura delle aree bonificate con innesti dermo-epidermici autologhi. La chirurgia precoce
riduce le infezioni, la mortalità, i sanguinamenti, la durata del ricovero e migliora gli esiti. L’escarectomia, cioè
l’allontanamento strumentale dei tessuti necrotici, può
essere superficiale tangenziale o profondo alla fascia. Gli
innesti vengono di solito eseguiti nell’ambito della stessa seduta operatoria, prelevandoli da aree di cute sana
del paziente con appositi strumenti che ne permettono
di scegliere anche lo spessore. Se necessario, gli innesti
possono essere espansi (mesh graft) più o meno ampiamente. In aree esteticamente importanti quali il volto e le mani si preferiscono innesti non espansi (interi).
Oltre agli innesti autologhi, cioè prelevati dallo stesso
paziente vengono talora utilizzati gli innesti omologhi,
provenienti da donatore vivente ma soprattutto da ca-
58 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
davere grazie alla disponibilità delle Banche della Cute
e utilizzati freschi o crioconservati e gli innesti eterologhi
(generalmente di cute porcina) conservata sterilmente.
Nei grandi ustionati a causa della scarsità di aree donatrici sane si possono utilizzare gli innesti composti, costituiti da scaffolds bioingegnerizzati o derma omologo di
cadavere e di lamine di cheratinociti autologhi coltivati
in laboratorio secondo la Tecnica di Cuono.
L’utilizzo di sole lamine di epidermide coltivata non è tuttavia frequente a causa degli elevati costi del prodotto,
dei tempi di attesa necessari per ottenere una quantità
adeguata e dei rischi infettivi connessi ma, soprattutto,
per la scarsa prevedibilità dell’attecchimento. Infatti, pur
operando nelle più rigorose condizioni, l’attecchimento
dei cheratinociti autologhi su fondi ben detersi e vascolarizzati è “random”, cioè assolutamente imprevedibile.
Tale attecchimento migliora sensibilmente dopo posizionamento dei cheratinociti su idoneo supporto dermico.
Un’altra metodica sempre più utilizzata nei grandi ustionati è quella di Alexander. Essa consiste in un’ampia
espansione della cute autologa (a causa dell’esigua disponibilità) e nella sua copertura a sandwich con cute
omologa di banca poco espansa. La cute omologa ha
il compito di proteggere e promuovere la crescita della
fragile cute autologa sottostante al fine di ottenere una
guarigione definitiva.
Studio multicentrico, a livello nazionale,
sulle conoscenze nel wound care dell’infermiere
che opera nei servizi di emodialisi
Luca Innocentii
Azienda Sanitaria Firenze
BACKGROUND
Il problema delle lesioni cutanee rappresenta un fenomeno noto soprattutto per gli ambiti che riguardano
le lesioni da pressione, vascolari e diabetiche. Ancora
poco conosciuto, invece, è l’ambito delle lesioni cutanee che si sviluppano nei pazienti sottoposti a trattamento emodialitico.
Allo scopo di esplorare le conoscenze degli infermieri
relative al wound care per questo target di pazienti,
AISLeC (Associazione Infermieristica per lo studio delle Lesioni Cutanee) ha deciso di condurre uno studio
multicentrico nazionale
OBIETTIVI
l’appropriatezza degli interventi in materia di lesioni Esplorare le conoscenze evidence based practice
(EBP) nel wound care dell’infermiere che lavora in
emodialisi.
METODI
uso di linee guida, e strumenti (scale di valutazione)
Studio quantitativo realizzato mediante la sommini-
strazione di questionari anonimi di autovalutazione.
Saranno predisposti due questionari diversi uno per
l’infermiere coordinatore e l’altro per gli infermieri. Entrambi i questionari saranno composti da domande a
risposta chiusa.
Le domande del questionario fanno riferimento alle
Linee guida EPUAP.
Il questionario per l’infermiere coordinatore avrà domande di carattere organizzativo.
Il questionario per gli infermieri sarà diviso in due parti: la prima parte del questionario esplorerà le conoscenze teoriche dell’infermiere sul wound care e le
domande prevederanno una risposta dicotomica
(Sì / No);
la seconda parte esplorerà la percezione delle competenze o delle abilità pratiche nel wound care mediante un’auto – valutazione eseguita con una scala
modello Likert 1 – 5.
il metodo e l’organizzazione adottata hanno creato
un percorso virtuoso e prodotto un miglior rapporto
efficacia/efficienza nel campo lesioni cutanee..
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
59
Infermieristica Teatrale
Andrea Filippini
Libero Professionista
AREA TEMATICA
Infermieristica.
BACKGROUND
40 anni, 21 dei quali come infermiere e da poco di
più come attore e poi regista, sia teatrale che di cortometraggi. Dopo anni di convivenza e di continue
contaminazioni reciproche tra i miei due grandi amori
professionali, nel 2005 ho per la prima volta unito in
modo formale queste passioni nell’elaborato di tesi
per l’equipollente universitario del mio essere infermiere diplomato, classe ‘89. Una tesi di ricerca sperimentale sulla formazione “artistica” degli infermieri,
attraverso l’ipotesi di un progetto di laboratori di “Infermieristica Teatrale” per unità operative, mirati, grazie
alla mia esperienza in entrambi i campi, ad esplorare
il connubio tra la nostra professione infermieristica e
l’arte teatrale. La tesi mi ha permesso di analizzare le
fondamenta teoriche e scientifiche di questa idea (esiste oggi una letteratura scientifica significativa sui benefici del sorriso e della risata, più banalmente conosciuta come comicoterapia) e di approfondirne aspetti
pratici di implementazione e applicazione a situazioni
ricorrenti nella pratica infermieristica. L’obiettivo centrale del progetto è rafforzare il “Care”, una dimensione integrante e fondamentale del nostro lavoro,
anche se non di rado svalutata a causa di una enfasi quasi ossessiva sul “Cure”. Care è il prendersi cura
della persona, non solo del corpo obbligato al box,
ma anche dell’anima e della mente, e di conseguenza nutrirla con tutto ciò che necessita... amore, affetto,
comprensione, sorrisi, risate, chiacchierate, in alcuni
casi qualche lacrima... tu chiamale se vuoi... emozioni...
Nei miei quasi dodici anni (1996-2007) in OncoEmatologia Pediatrica nell’ospedale S.Orsola di Bologna
l’ho potuto constatare, praticare e vivere in prima persona (andando anche contro qualche tabù “sociale”)
e con un equipe sempre nel cuore, nel trattamento,
anche terminale, dove “Care” significa anche e soprattutto infondere serenità e forza ai genitori e alla stessa
equipe assistenziale per affrontare al meglio la morte
del bambino e gettare le fondamenta per “ricominciare” a vivere. Nel 2008 ho potuto lavorare all’ospedale
T.Terzani a Lashkar Gah, nel Sud dell’Afghanistan
e ho constato che il teatro piace anche agli afgani,
“nonostante la guerra”, quindi per la legge dei grandi
60 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
numeri... anche ai talebani curati... io del resto, attuo
il mio metodo, ma quello che mi auguro, a prescindere dal mio di progetto, è che si arrivi ad una presa
di coscienza collettiva... dare la possibilità di fare teatro, almeno per un po’, vuole dire dare la possibilità
a chi vuole... di tentare di ritrovarsi dentro di sè altri
strumenti per relazionarsi con il prossimo. L’attenzione per il Care rappresenta una frontiera cruciale della pratica ospedaliera, nel trattamento delle persone
anziane, adulte e quelle più piccole. Sto raccogliendo
queste prime esperienze in un documentario, diciamo
in stand-by e in un libro “spero... quasi pronto”. Per
questo progetto ho cercato e trovato alcuni consulenti esterni (il mio “Hey Team”), tra cui una psicologa,
per dare un riscontro con delle evidenze scientifiche
del settore; li ringrazio tutti, ma proprio tutti, nessuno
escluso, per avermi Donato la loro professionalità, disponibilità, ricerca e pazienza. Oltre ai vari dipartimenti
sparsi nella penisola, enti o associazioni mossi da una
propria e indipendente voglia di stimoli per migliorarsi
sempre di più, continuerò a cercare un ospedale che
abbia intenzione, voglia, possibilità e risorse per attuare il mio progetto di ricerca. Un infermiere che regala
buonumore con la sua arte e la sua professionalità
fa bene in primis a se stesso, poi all’equipe assistenziale
e per ultime ma non per importanza, fa molto bene
alle persone che si ammalano e al mondo che li circonda.
OBIETTIVI
Rafforzare il Care, e di conseguenza, per riflesso, anche il cure.
METODI
Laboratori con lezione teorica di gruppo e pratica di
teatro applicato al mondo ospedaliero
RISULTATI
Non ho risultati scientifici non essendo stato accolto in
maniera istituzionale e con tutto il progetto da alcun
ente, ma i singoli laboratori, convegni e congressi aumentano sempre e in maniera esponenziale.
CONCLUSIONI
Il cure cura il corpo, il care si prende cura della mente,
l’Infermieristica Teatrale si prende cura del care.
La terapia iperbarica
Emanuele Nasole
Istituto Iperbarico SpA – Villafranca di Verona
AREA TEMATICA
Aggiornamenti in tema di lesioni diabetiche
BACKGROUND
La terapia iperbarica è la somministrazione di ossigeno
in ambienti pressurizzati (camere iperbariche) al fine
di aumentare la quota di ossigeno fisicamente dissolta
nel plasma. La concentrazione ematica dell’ossigeno
raggiunta in iperbarismo trasforma l’ossigeno in “farmaco” in quanto sono possibili e riproducibili azioni
farmacologiche (neoangiogenesi, ad es.) dimostrate
già in vitro, in vivo sull’animale e, infine, sull’uomo.
Il razionale d’uso dell’OTI rende possibile, attraverso
modelli matematici, la dimostrazione della sua funzionalità. Tuttavia, studi clinici metodologicamente di alto
profilo hanno dimostrato che l’OTI aumenta il numero
di pazienti guariti o migliorati e diminuisce il numero
di amputazioni maggiori nel paziente diabetico.
Il trattamento del paziente diabetico con ulcere cutanee dell’arto inferiore con ossigenoterapia iperbarica
(OTI) è imprescindibile dal lavoro in rete con il chirurgo generale e vascolare, l’ortopedico, il diabetologo,
il dermatologo, l’infettivologo, il laboratorio di batteriologia. La Consensus Conference ECHM di Ravenna
del 2006, ha stabilito ed emanato le regole per avviare
il paziente alla terapia iperbarica
OBIETTIVI
Focalizzazione dell’uso, funzionalità e timing dell’OTI
nel percorso terapeutico del trattamento del paziente
diabetico “Ulcerato”
METODI
Revisione della letteratura (Medline).
RISULTATI
Indubbiamente lavori di evidenzacome quello di E.
Faglia (1996), hanno dimostrato già allora una significativa riduzione delle amputazioni maggiori nel pa-
ziente diabetico arteriopatico sottoposto a OTI. Tale
differenza emergeva a maggior ragione quando non
era sempre possibile – come ora – rivascolarizzare il
paziente, per le difficoltà dovute alle tecniche dell’inizio degli anni ‘90. Da allora non è stato più possibile
avere a disposizione nuovi studi randomizzati controllati condotti secondo la metodologia del lavoro di
Faglia, ma i lavori che sono succeduti hanno confermato quanto riportato da tale lavoro sia in termini di
maggior numero di guarigioni, sia in termini –soprattutto di salvataggio d’arto. Pertanto, restano di fatto
valide le linee guida SIMSI (condivise dalla SIAARTI) del
2007 che - per i pazienti affetti da piede diabetico - ha
emanato o le raccomandazioni che seguono: 1).-E’
necessario attuare lo studio vascolare dell’ulcera diabetica con adeguato iter diagnostico, prima di avviare il paziente all’OTI; 2).-E’ necessaria la valutazione di
una possibile rivascolarizzazione chirurgica; 3).-L’OTI è
indicata elettivamente nelle ulcere diabetiche ischemiche in presenza di un flusso ematico efficace (PA Sist.
alla caviglia>40 mmHg); 4)-L’ossimetria transcutanea
guida alla corretta applicazione dell’OTI. Una pTcO2
basale >20mmHg risulta essenziale per l’indicazione all’OTI; 5)-L’OTI è elettiva nelle ulcere diabetiche
ischemiche gravi (grado 3-5 Wagner) con alto rischio
d’amputazione; 6)-La gangrena umida deve essere
trattata con urgenza con OTI (anche prima di una
possibile rivascolarizzazione); 7)-L’OTI assume solo un
ruolo adiuvante nell’ulcera neuropatica.
CONCLUSIONI
Tali raccomandazioni allo stato attuale non appaiono
assolutamente superate (VEDI www.simsi.org), ma
necessitano di una revisione che prenda in considerazione la classificazione Texas University che valuta sia
la compromissione tissutale sia la presenza o meno di
infezione e ischemia e la definizione di ischemia critica
prevista dalla TASC-II.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
61
Istituzione Ambulatorio Vulnologico
presso Azienda Ospedaliera di Parma
Pedroni Egidio, Dellapina Monalda,Vallara Tiziana, Nouvenne Antonio
AREA TEMATICA
Wound Care
BACKGROUND
Le ulcere cutanee rappresentano un aspetto critico
dell’assistenza (1); i dati epidemiologici più recenti riferiscono che circa il 2% della popolazione in Europa
presenta ulcere cutanee con una distribuzione rispetto alla eziologia come segue: 40% vascolari su base
venosa, 40% da decubito e 20% tutte le altre (arteriose, vasculitiche, infettive, autoimmuni etc) (2). Nei
paesi anglossassoni questo fenomeno è affrontato
da più tempo; la scelta che si è rivelata fra le più interessanti adottate dal ministero della salute inglese, è
stata quella di investire sull’infermiere specializzato in
wound care (3). Dal 2002 nel sistema sanitario inglese l’infermiere esperto in wound care può prescrivere
antibiotici, medicazioni speciali, esami strumentali e
diagnostici, gestisce e coordina long care, ambulatori infermieristici sul territorio e in strutture ospedaliere
(4). In alcune regioni Italiane quali Lombardia, Friuli e
Veneto si stanno sperimentando modelli organizzativi
ispirati a quello anglosassone con l’individuazione di
centri di riferimento per pazienti affetti da ulcere cutanee croniche. I risultati preliminari, che si riferiscono
ad un periodo di 12 mesi dalla costituzione del centro
di riferimento presso la AUSL di Padova e Trieste, sono
stati presentati nell’ambito del congresso interregionale dell’Associazione Italiana Ulcere Cutanee (AIUC)
tenutosi a Padova nel 2009 (5). Sono emerse interessanti informazioni di carattere gestionale e clinico assistenziali quali la riduzione dei costi correlati alla ospedalizzazione (tempi lavoro del personale, consumi/
spreco materiali e medicazioni avanzate etc), ed una
riduzione dei tempi di guarigione dei pazienti seguiti
e curati secondo le raccomandazioni e le linee guida
internazionali in wound care. Nella nostra Azienda disponiamo oggi di professionisti esperti e specializzati
in wound care che possono promuovere iniziative di
miglioramento nella gestione di un fenomeno come
quello delle ulcere cutanee croniche. La recente pubblicazione del Protocollo sulla Gestione delle Medicazioni Avanzate e Speciali (Aprile 2009) che la Commissione Provinciale del Farmaco ha chiesto di elaborare
alle due aziende sanitarie di Parma (ma che solo l’A-
62 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
zienda Ospedaliero-Universitaria ha concluso) è solo
un esempio di lavoro in team multisciplinare. Il centro
di riferimento per la gestione di pazienti affetti da ulcere cutanee croniche dovrà seguire questa strada che
si realizza quando le competenze di discipline diverse
vengono utilizzate senza che ciascuna debba mutare
le proprie prospettive concettuali o i propri metodi ma
mettendoli a disposizione del team. Ciò comporta la
messa a confronto di ottiche diverse, la consapevolezza della parzialità di ciascuno e nello stesso tempo
della sua indispensabilità e deve essere centrato sul
paziente che non pùò essere considerato soggetto
passivo sul quale riversare tutte le cure ma diviene
soggetto partecipe alla risoluzione delle cure (6).
OBIETTIVI
Sulla base dell’ esperienza acquisita nei cinque anni
di gestione dell’Osservatorio, si evidenzia come oltre
alle lesioni da decubito, esista un numero sempre più
importante di pazienti ricoverati con ulcere croniche
“difficili” per la complessità e la difficoltà di guarigione
(11). Un numero importante di questi pazienti è stato
preso in carico dall’Osservatorio in stretta collaborazione con i medici resposabili clinici di UU.OO potendo
proseguire le cure negli ambulatori dipartimentali sino
al raggiungimento della guarigione. Queste esperienze hanno consentito alle UU.OO. di ridurre i tempi di
ospedalizzazione, di garantire continuità di cure appropriate e di restituire il paziente ad una vita sociale,
familiare e lavorativa in tempi più rapidi.
Da qui la proposta di attivare un ambulatorio specifico
a gestione prevalentemente infermieristica per la cura
di ulcere cutanee croniche a difficile e lenta risoluzione dove le funzioni dell’infermiere esperto in wound
care possono essere così riassunte:
• svolgere una corretta diagnosi avvalendosi,
se necessario, della consulenza di altri esperti
professionisti (internista, geriatra, chirurgo plastico, vascolare, dermatologo, infettivologo,
diabetologo, nutrizionista, psicologo)
• valutare e scegliere la medicazione ideale
• prevenire recidive ulcerative mediante una
costante attività di educazione sanitaria verso
i pazienti e i care givers al fine di prevenire recidive ulcerative
• Riduzione dei tempi di ospedalizzazione per
pazienti con ulcere complicate durante la fase
di ricovero
• Presa in carico di pazienti con ulcere croniche
provenienti da altri servizi: ambulatori divisionali, DH dipartimentali, distretti e servizi territoriali
• Ulteriore razionalizzazione ed appropriatezza
nell’utilizzo dei presidi antidecubito, medicazioni avanzate, speciali e tecnologiche
METODI
COLLOCAZIONE:
l’ambulatorio potrà essere realizzato al 2° piano del padiglione Barbieri, come proposto dal Direttore dell’UO
Medicina Interna e Lungodegenza Critica nell’ambito
della Giunta del Dipartimento Medico Geriatrico Riabilitativo in data 27/01/2010.
RESPONSABILITA’ MEDICA:
la responsabilità medica farà capo al Direttore della
UO Medicina Interna e Lungodegenza Critica Prof.
Loris Borghi che si è reso disponibile.
COORDINAMENTO:
il coordinamento, la responsabilità organizzativa e la
cura dei pazienti farà capo al responsabile dell’Osservatorio Ulcere Cutanee Sig. Egidio Pedroni, coadiuvato da Sig.ra Tiziana Vallara, Coordinatrice della UO in
cui è collocato l’ambulatorio stesso.
MODALITA’ DI ACCESSO:
le modalità per l’accesso all’ambulatorio sono:
1. Richiesta di consulenza inoltrata dalle UU.OO. per
paziente ricoverato
2. Richiesta di consulenza inoltrata dalle UU.OO. per
paziente post ricovero
3. Richiesta di consulenza inoltrata da DH/Ambulatori dipartimentali
4. Pazienti ambulatoriali tramite accesso diretto.
PRESA IN CARICO:
il paziente verrà preso in carico in ambulatorio, si compilerà la cartella vulnologica contenente la storia del
paziente con ulcera, che verrà aggiornata ad ogni accesso fino alla dimissione.
DIMISSIONE:
al termine del percorso di cura, verrà rilasciata una
relazione conclusiva da consegnare, oltre che al paziente, al care giver e/o case manager territoriale per il
proseguimento degli eventuali trattamenti. trattamenti.
APERTURA AMBULATORIO:
si ipotizza di iniziare con tre giorni settimanali (lunedì,
mercoledì e venerdì dalle ore 9 alle ore 13); Sulla base
delle richieste che giungeranno all’ambulatorio infermieristico, si valuterà l’ampliamento della fascia oraria
di apertura.
RISORSE UMANE:
inizialmente l’attività verrà gestita dal responsabile
dell’Osservatorio in collaborazione con la Coordinatrice Tiziana Vallara; in relazione all’esercizio svolto, potrà
essere necessario incrementare sia l’apertura dell’ambulatorio sia la presenza di una unità infermieristica
che dovrà essere esperta in wound care.
RISORSE STRUMENTALI:
allo stato attuale le risorse strumentali necessarie (lampada alogena dermatologica con stativo regolabile,
macchina lavaferri, carrello multifunzione per medicazioni, lettino polifunzionale, parete attrezzata) sono già
in parte acquisite od acquisibili attraverso la più ampia
dotazione prevista per l’attivazione del 2° piano del
Barbieri già in fase di ristrutturazione (il completamento è previsto entro l’estate).
Peraltro, un’ulteriore attrezzatura di grande importanza per tale servizio (ecografo Siemens Acuson X300
5.0) sarà messo a disposizione dal Prof. Borghi grazie
ad una donazione a lui effettuata per la Scuola di Specializzazione in Medicina d’Emergenza-Urgenza.
RISULTATI
Nel periodo di riferimento di tre mesi (dal 14.12.2010
al 14.3.2011) il numero delle prestazioni eseguite in
regime ambulatoriale sono state 360. Il numero delle
prestazioni eseguite in regime di post ricovero, DH, ed
altri servizi ospedalieri è quantificato 120.
CONCLUSIONI
Rispetto agli obiettivi prefissati si può affermare che in
riferimento al numero delle attività e delle prestazioni effettuate sarà necessario incrementare a 5 giorni
settimanali l’attività ambulatoriale. La rete con i servizi
territoriali è un processo che si sta consolidando attraverso lo scambio di informazioni e relazioni che avvengono quotidianamente con le diverse figure professionali dedicate alla presa in carico del paziente nel
critico passaggio fra territorio ed ospedale e viceversa.
Gli sforzi futuri dovranno pertanto puntare a rendere
visibili tutte queste attività e relazioni che ad oggi appaiono invisibili.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
63
Risultati di un audit di verifica di un protocollo aziendale
Pinelli Luigia
Azienda Ospedaliera “Ospedale di Circolo di Busto Arsizio”
BACKGROUND
Nell’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio un Gruppo
Operativo si occupa del governo delle lesioni da pressione e dal 1998.
Il gruppo ha implementato un protocollo per la prevenzione e per il trattamento di queste lesioni.
E’ stata fatta formazione degli operatori con corsi d’aula che ha coinvolto l’ 80% degli operatori delle Unità
Operative coinvolte. Per la verifica della ricaduta formativa è stato somministrato un questionario a distanza di 6 mesi dal corso.
Il monitoraggio dell’applicazione del protocollo avviene attraverso l’elaborazione trimestrale di un indicatore di performance che valuta quanti pazienti vengono
valutati per il rischio di lesioni da pressione e quanti
pazienti a rischio peggiorano lo stato delle lesioni durante il ricovero.
OBIETTIVI
Creare un punto di collegamento tra il Gruppo Operativo e le Unità Operative per verificare l’applicazione
del protocollo in modo puntuale.
Individuare per ogni Unità Operativa un referente per
le lesioni da pressione per condividere un percorso di
formazione sul campo con i componenti del Gruppo
Operativo.
METODI
Attraverso la Formazione sul Campo AUDIT è stato
64 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
individuato un Referente per le lesioni in ogni Unità
Operativa che ha condiviso, con i componenti del
Gruppo Operativo, un percorso di verifica dell’applicazione del protocollo e ha coinvolto la propria equipe
assistenziale in un processo di miglioramento continuo.
RISULTATI
L’audit ha permesso di:
• conoscere meglio il protocollo
• migliorare la valutazione del paziente
• rendere più funzionale la documentazione assistenziale
• applicare più correttamente i criteri di scelta dei
sistemi di prevenzione e delle medicazioni
• individuare le problematiche specifiche per ogni
Unità Operativa, coinvolgendo i Coordinatori e
l’intera equipe nella soluzione del problema
CONCLUSIONI
Nell’implementazione di un protocollo aziendale la
fase di verifica non è semplice da governare. L’esperienza della formazione sul campo ha permesso di
coinvolgere tutte le Unità Operative nel processo di
verifica facendo emergere gli errori.
Gli operatori sono stati direttamente coinvolti per applicare correttamente le attività assistenziali previste
dal protocollo aziendale di prevenzione e trattamento
delle lesioni da pressione.
L’organizzazione risponde:
un’assistenza efficace e appropriata
Marino Dell’acqua, Maria Josè Rocco
Azienda Ospedaliera Ospedale Civile di Legnano
AREA TEMATICA
Organizzazione-gestione-qualità
BACKGROUND
Il tema delle lesioni cutanee, a cominciare dalle LdP, da
sempre è stato di interesse della professione infermieristica che se ne è fatto carico. Oggi ci sono competenze infermieristiche avanzate in merito e contemporaneamente vi è un’esigenza forte di rivedere i modelli
organizzativi per rispondere in modo efficace ed efficiente ai bisogni sanitari. Il S.I.T.R.A. dell’A.O. Ospedale
Civile di Legnano, attraverso un progetto avviato nel
2004, governa l’intero processo relativo al tema degli
assistiti con lesioni cutanee di diversa origine.
OBIETTIVI
1. contenere la contrazione di LdP nelle nostre strutture ospedaliere in un’ottica di elevata qualità
dell’assistenza infermieristica
2. aumentare le competenze dei professionisti nella
prevenzione e nella cura di LdP e di lesioni cutanee in genere
3. ottimizzare l’utilizzo delle risorse tecnologiche disponibili
4. monitorare il fenomeno in maniera omogenea,
completa e con sistematicità su tutta l’Azienda
Ospedaliera
METODI
• Sviluppo delle competenze di base e avanzata
attraverso percorsi di formazione/addestramento
e il collegamento con la formazione universitaria
(Master)
• Creazione di una rete di “Infermieri Referenti di
Settore lesioni cutanee”
• Indagini di prevalenza ed incidenza relative alle
LdP
• Gestione complessiva dell’acquisizione delle tec-
nologie (preparazione, realizzazione, monitoraggio continuo delle gare di ausili e presidi)
• Elaborazione e diffusione di protocolli di cura e di
prevenzione
• Attivazione di ambulatori infermieristici specifici
• Creazione di collegamento con il territorio afferente alle nostre strutture ospedaliere e con gli
altri ambulatori specialistici inter ed extra regionali.
RISULTATI
A distanza di 6 anni c’è grande soddisfazione per i livelli ottenuti:
• riduzione della prevalenza di LdP negli anni,
• livello di competenze professionali infermieristiche
raggiunte e forte rete professionale creata all’interno dell’A.O. e con il territorio
• riconoscimento di tali competenze da parte degli
altri professionisti sanitari e soddisfazione degli infermieri con competenze avanzate
• attivazione di 2 ambulatori infermieristici per la gestione delle lesioni cutanee e per la soddisfazione
degli utenti che accedono a questi
• governo della spesa legata alle tecnologie (presidi
e ausili)
CONCLUSIONI
Per gestire un processo è necessario averne il governo completo, presidiando tutte le fasi e tutti gli aspetti.
Solo con una forte alleanza tra la componente clinicoassistenziale e quella organizzativo-gestionale, della
professione infermieristica, e con un comune progetto integrato si possono ottenere risultati di efficacia e
di efficienza.
La competenza dimostrata e dimostrabile, all’interno
di un preciso disegno, rappresenta il punto di partenza per lo sviluppo e il riconoscimento professionale
agli occhi dei cittadini, degli amministratori e delle altre
professioni sanitarie.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
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Il fenomeno ldp: risultati di una indagine epidemiologica
regionale, la Toscana
Maurilio Rossi
Consigliere AISLeC
AREA TEMATICA
Epidemiologia
BACKGROUND
Negli anni 2005-2006, in collaborazione con l’Università
di Firenze (Dipartimento di Igiene e Sanità pubblica), l’Osservatorio Qualità ed Equità della Regione Toscana, ha coordinato un Progetto regionale dedicato alla prevenzione
e al controllo delle lesioni da pressione e in collegamento
con la diffusione di Linee Guida regionali, curate dal Consiglio Sanitario Regionale e pubblicate dal Sistema Nazionale Linee Guida.
Il progetto si proponeva di:
• rilevare la prevalenza del fenomeno in Toscana
• raccogliere informazioni baseline sull’utilizzo dei presidi antidecubito
• contribuire alla diffusione delle raccomandazioni regionali
• contribuire alla formazione di base degli infermieri
• identificare ambiti di possibile intervento per il miglioramento delle azioni di prevenzione
Dopo una prima indagine pilota, conclusa nel 2005 in 16
centri (ospedali, distretti ed RSA), è stata realizzata nel 2006
un’indagine regionale, con la partecipazione di oltre 800
infermieri, precedentemente formati, che hanno raccolto
informazioni al letto di circa 20.000 pazienti, ricoverati in
44 ospedali regionali (di cui 3 aziende ospedaliere universitarie), o assistiti in 37 distretti del territorio e 57 RSA pubbliche.
La progettazione e realizzazione dell’indagine è stata anche l’occasione per un primo censimento di operatori con
formazione ed esperienza specifiche nella prevenzione e
trattamento delle ulcere cutanee.
Nel 2007 è proseguita l’attività di coordinamento del gruppo regionale ‘ulcere da pressione’ e degli infermieri esperti
in wound care e la Collaborazione con il Centro GRC per
la stesura di ‘buone pratiche” per le UdP.
Negli anni successivi la rilevazione del rischio e della presenza di ulcere da pressione è stata inclusa nel Progetto
regionale Qualità, equità e sicurezza nelle RSA.
OBIETTIVI
Condurre un’indagine epidemiologica relativa alla prevalenza delle lesioni da pressione sull’intero territorio della
regione Toscana.
METODI
Attraverso la collaborazione di referenti esperti è stata con-
66 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
dotta una rilevazione nel mese di maggio 2006 presso
tutte le strutture sanitarie pubbliche della regione Toscana: 40 Ospedali, 4 Aziende Ospedaliere, 37 Distretti e 56
Centri Residenziali (RSA).Sono stati esclusi dalla rilevazione
gli ambulatori e alcuni reparti medici e chirurgici rivolti a
pazienti con bassissimo o nullo rischio di insorgenza di
udp, quali Astanteria/PS/DEA, Day hospital, Dermatologia,
Neuropsichiatria infantile, Nursery, Tossicologia, Servizi ambulatoriali, Day surgery, Oculistica, Chirurgia della mano,
Chirurgia maxillo-facciale, Odontoiatria, Ostetrici e ginecologia, Otorinolaringoiatria.
RISULTATI
Nell’indagine sono stati esaminati 16689 pazienti. E’ stato
rilevato che il 31,4 % dei soggetti valutati in Aziende Ospedaliere e Ospedali è risultato a rischio, secondo Braden.
Nei distretti i soggetti a rischio rappresentavano il 53,8%
del campione, mentre nelle RSA risultavano a rischio il
40,3% . Relativamente alle strutture ospedaliere, il 10,16%
dei pazienti esaminati, presenta un’UdP al momento della
rilevazione. La prevalenza di UdP di II grado o superiore è
risultata il 6,34%. Nell’area distretti si è rilevato che il 30,4%
dei soggetti rilevati era portatore di udp al momento
dell’indagine e la prevalenza delle ulcere di II grado e superiore è stata del 26,9 %. Per quanto riguarda le RSA il 9,8%
presentava udp al momento della rilevazione e il 7,4% aveva lesioni di II grado e superiore. La prevalenza maggiore è
osservata in 3 aree assistenziali: Terapia Intensiva (12,1%),
Geriatria (12,7%) e Riabilitazione (17,6%). Dall’analisi relativa alla rilevazione nell’area ospedaliera della Regione
Toscana è stato rilevata una prevalenza complessiva del
10,16% , nell’area distretti 30,42% e nell’area RSA 9,83%.
CONCLUSIONI
Il fenomeno delle Lesioni da pressione continua ancora ad
interessare una grossa fetta della popolazione allettata, soprattutto in ragione dell’età e della presenza di comorbilità.
La possibilità di disporre di dati aggiornati relativi alla stima
del fenomeno, permette ai professionisti di evidenziare il
problema ed impostare corretti piani di prevenzione e di
cura; agli organizzatori di effettuare scelte strategiche anche in funzione della necessità di progettare e prevedere
investimenti sia in termini economici che umani; ai caregiver di identificare ed imparare a gestire la situazione del
rischio quando i pazienti vengono assistiti al domicilio; ai
pazienti di richiedere interventi efficaci, appropriati e tempestivi sia nell’ambito della prevenzione che in quello della
cura.
Aggiornamenti in tema di lesioni diabetiche.
Indicazioni dalle ultime LG NICE
Sammartino Angela
Azienda Istituti Ospitalieri Di Cremona
AREA TEMATICA
Piede diabetico
BACKGROUND
Le lesioni cutanee del piede dei pazienti diabetici rappresentano quotidianamente una sfida complessa per
gli operatori sanitari. Le stime riguardanti questo problema ci dicono che dal punto di vista epidemiologico
le complicanze del diabete ci porteranno a trattare un
numero sempre maggiore di pazienti. La complessità
della cura non si riduce nella scelta della medicazione, ma si gioca nel campo dell’educazione sanitaria,
sull’autocontrollo, sulla gestione delle attività quotidiane.
La patologia del piede diabetico deve essere considerata una sindrome.
L’ulcera può verificarsi in qualsiasi parte del piede, circa la metà si sviluppano sulla faccia plantare ( incluso l’alluce) e l’altra metà nelle altre aree. In generale
l’ulcera diabetica del piede può essere suddivisa in
neuropatica, neuro-ischemica, e solo ischemica, e in
parte con fisiopatologia mista. Le lesioni diabetiche del
piede sono spesso il risultato di una combinazione di
due o più fattori di rischio che si verificano insieme. E’
solo riconoscendo i fattori capaci di influenzare negativamente la prognosi, la correzione siamo in grado di
ridurre il numero delle amputazioni nella popolazione bersaglio diabetica, quindi l’importanza di definire
strategie terapeutiche in vari tipi di sindrome è fondamentale.
OBIETTIVI
Da circa metà degli anni’90 l’ Evidence-Based-Medicine, ha avuto un’ulteriore diffusione con il progressivo
interesse per le linee guida, intese come
“ raccomandazioni di comportamento clinico, prodotte attraverso un processo sistematico della letteratura,
allo scopo di assistere sia i medici che i pazienti nella
scelta delle modalità di assistenza più appropriate e in
specifiche circostanze cliniche”.
valutare la forza degli elementi di prova, estrae le informazioni pertinenti e quindi applica la prova nella
pratica del mondo reale.
In un’epoca in cui le risorse sono sempre più limitate
e l’emergenza epidemiologica del diabete è tutt’altro
che superata vi è un crescente bisogno di seguire protocolli di cura dettati dalle conoscenze scientifiche e
basati su linee guida condivise
RISULTATI
E’ frequentissimo imbattersi in comportamenti poco
corretti per la cura delle lesioni del piede, di interventi
inutili o dannosi ad opera di operatori sanitari o medici, dettati dall’improvvisazione.
E’ su questi concetti che si basa la medicina moderna,
come ad esempio gli ultimi aggiornamenti delle Linee
Guida NICE, ed in linea con questi principi, si muovono anche le Linee Guida per la cura del piede diabetico come: Consenso Internazionale sul piede diabetico,
le Linee Guida pratiche per la gestione e prevenzione
del piede diabetico, tradotte e compilate dal Gruppo
Internazionale di studio del piede diabetico.
CONCLUSIONI
Tutte le Linee Guida elaborate a livello Internazione
e Nazionale, vengono messe a disposizione a tutti i
professionisti che si occupano della sindrome del piede diabetico, allo scopo di rappresentare una guida
sicura nel percorso di cura come potente strumento
di razionalizzazione delle cure e di omogeneizzazione
dei percorsi assistenziali.
METODI
Questo approccio definisce la necessità di interventi
medici supportato dalle prove; il clinico incaricato di
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
67
La nutrizione nel paziente stomizzato
Sidoli Oreste
Azienda Usl di Parma
AREA TEMATICA
Wocn. Wound Ostomy and Continence Nurse: il
wound care e le stomie.
BACKGROUND
Nonostante il continuo impegno della comunità
scientifica nella prevenzione e nel trattamento delle
principali patologie che possono condurre al confezionamento di una stomia uro-digestiva (neoplasie,
malattie infiammatorie, divericolosi ecc) ed al miglioramento delle tecniche chirurgiche che eventualmente
si rendessero necessarie, i professionisti sanitari sono
coinvolti in tutte le fasi del processo riabilitativo. In tale
processo l’aspetto dell’alimentazione e della nutrizione può richiedere l’intervento di esperti in modo da
personalizzare il trattamento prevenendo o riducendo
le possibili complicanze.
OBIETTIVI
Fornire ai pazienti portatori di stomie uro-digestive ed
ai professionisti sanitari strumenti informativi e formativi inerenti gli aspetti nutrizionali in relazione alla patologia di base, alle pregresse abitudini alimentari, agli
aspetti sociali e religiosi.
METODI
Analisi della principale letteratura scientifica di riferimento con particolare attenzione ai recenti studi correlati alle intolleranze ed allergie alimentari in particolare in pazienti in età pediatrica. Analisi degli aspetti
organizzativi e gestionali necessari in ambito ospedaliero, residenziale o domiciliare.
RISULTATI
Nonostante sia sempre necessaria la personalizzazione della dieta da destinare a pazienti portatori di
stomie uro-digestive, sia in caso di alimentazione per
OS sia in caso di trattamento di nutrizione artificiale,
in letteratura (articoli scientifici, manuali ecc.) sono descritti i principali alimenti con le rispettive indicazioni
e controindicazioni che devono essere conosciute,
applicate e divulgate nel rispetto delle caratteristiche
etniche, sociali e religiose.
CONCLUSIONI
Professionisti sanitari esperti o, meglio, dedicati (dietisti,
dietologi, nutrizionisti, stomaterapisti ecc) rivestono e
dovrebbero rivestire un punto di riferimento sia per i
pazienti sia per i loro famigliari o caregiver seguendo
ed adeguando progressivamente l’evoluzione e l’auspicato miglioramento del processo riabilitativo.
La ferita psichica
Barbara Novelli
Ospedale “M.Bufalini”, AUSL Cesena
AREA TEMATICA
Il wound care nelle ustioni
BACKGROUND
nel Novembre 2007 la Direzione Assistenziale Aziendale dell’USL di Piacenza istituisce il servizio di case manager delle lesioni cutanee.
OBIETTIVI
Una ustione importante rappresenta sempre per la
persone un evento violento che ne lede profondamente l’identità psicofisica. Tale considerazione è di
fondamentale importanza per poter intervenire come
operatori sanitari al meglio quando ci si trova di fronte
ad un paziente ustionato.
METODI
68 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
Il contenuto della relazione si basa sulla letteratura internazionale e sull’esperienza diretta di Psicologo presso il CGU di Cesena da 15 anni
RISULTATI
Si tratteranno il tema del dolore, del Disturbo Posttraumatico da Stress, della sintomatologia depressiva,
del dolore e della paura del dolore, dell’alterazione
dell’immagine corporea, della Qualità della Vita nelle
persone colpite da ustione
CONCLUSIONI
Una panoramica sintetica ma esaustiva delle ripercussioni psicologiche di una grande ustione va a completare la formazione infermieristica con quelle informazioni che aiutano nell’approccio relazionale con tale
tipo di paziente
Il trattamento topico delle ustioni minori
Alberto Apostoli
Azienda Spedali Civili di Brescia
AREA TEMATICA
Simposio pre congressuale- Il wound care delle ustioni
BACKGROUND
Le ustioni minori rappresentano un evento traumatico
frequente, benché siano carenti le indagini epidemiologiche mirate. La qualità della ricerca clinica in questo
campo è estremamente limitata e molti sono gli aspetti clinici controversi. Anche il professionista sanitario ha
talora conoscenze poco aggiornate riguardo al trattamento locale.
OBIETTIVI
Conoscere i trattamenti locali più adeguati, evidenziandone i limiti e gli ambiti di utilizzo. Riconoscere gli
aspetti assistenziali controversi.
METODI
Revisione e analisi critica della letteratura infermieristica e medica, dando spazio all’esperienza del professionista riletta alla luce delle conoscenze più recenti
RISULTATI
Le proprie conoscenze riguardo al trattamento topico
delle ustioni minori risulteranno corrette e aggiornate
CONCLUSIONI
L’ambito del trattamento delle ustioni minori è poco
rappresentato dalla ricerca clinica. Molti aspetti devono essere ancora essere chiariti. La conoscenza su
cosa è meglio e possibile oggi per il mio paziente passa attraverso l’aggiornamento e la valutazione critica
della letteratura, sul confronto tra esperienze e sulla
valutazione degli obiettivi specifici per ogni singolo
paziente.
Aspetti peculiari nel trattamento riabilitativo dell’ustionato.
Daniela Arena,Danila Toscano,Sara Rossa
A.S. C.T.O. –M.Adelaide -Torino
AREA TEMATICA
Riabilitazione Ustioni e Cicatrici
BACKGROUND
Il ruolo della riabilitazione è fondamentale nel minimizzare e prevenire le disabilità a lungo termine dopo
un’ustione, e deve affiancarsi precocemente alla terapia rianimatoria, medica e chirurgica e continuare fino
alla completa stabilizzazione cicatriziale.
OBIETTIVI
Raccogliere quante più informazioni possibili sulla riabilitazione del paziente ustionato in Italia e creare un
rapporto di conoscenza tra i fisioterapisti italiani che
lavorano sul paziente ustionato dalla fase acuta alla
fase degli esiti.
METODI
E’ stato realizzato un questionario (composto da 40
domande) ed è stato inviato alla Struttura Complessa
di Recupero e Riabilitazione Funzionale delle Aziende
Ospedaliere italiane in cui sono presenti i Centri G.U.
per raccogliere dati sul trattamento riabilitativo effettuato in fase acuta, post-acuta e degli esiti cicatriziali
nei pazienti ustionati.
RISULTATI
Sul totale di 15 questionari inviati, 11 sono stati rinviati
compilati e da questi emergono dati comuni alla maggior parte dei centri G.U.
CONCLUSIONI
Lo studio è stato utile per delineare la situazione italiana nel trattamento del paziente ustionato ed incrementare l’informazione e lo scambio di conoscenze
tra gli operatori che operano nel settore.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
69
Quando l’infermiere diventa paziente.
Uno studio qualitativo sull’impatto professionale
dell’esperienza di malattia
Giovanna Baccillieri
A.O. ICP-CTO Milano
AREA TEMATICA
A tutto c’è un limite…, l’importanza dell’ascolto
BACKGROUND
nonostante la letteratura internazionale abbia indagato già dagli anni ’70 l’esperienza dell’infermiere che si
ammala e l’impatto della malattia sull’agire professionale, in Italia non esistono ricerche scientifiche sull’argomento, ma solo testimonianze autobiografiche.
OBIETTIVI
indagare come impatta l’esperienza di malattia sull’infermiere italiano, che si trova a vivere il doppio ruolo di
operatore e paziente.
METODI
Interviste semi-strutturate in profondità, registrate e
analizzate attraverso un metodo di ricerca qualitativo misto, fenomenologico e della Grounded Theory,
dando alla ricerca un taglio narrativo.
RISULTATI
L’infermiere che si ammala vive come tutti la malattia
in modo soggettivo ma, oltre all’esperienza personale,
egli vive parallelamente un’esperienza professionale
che può metterne in crisi convinzioni e ruoli. Dall’analisi delle interviste sono emersi undici temi, raggruppabili in due aree:
A. Esperienza di malattia grave (comune a tutti i pazienti)
con tre temi aspecifici:
1. sconvolgimento dell’esistenza;
2. carenza d’informazioni ricevute;
3. malattia come opportunità di crescita personale.
B. Temi specifici dell’infermiere che si ammala:
4. percezione di vantaggi ma anche di svantaggi nel
percorso di cura;
5. maggiore consapevolezza sulla malattia ma anche
esigenza di essere forti;
6. delusione delle aspettative sulle cure;
7. non riconoscersi più nel gruppo infermieristico;
8. ambiguità di ruolo;
70 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
9. malattia come opportunità di crescita professionale;
10. importanza di trasmettere la propria esperienza;
11. volontà-necessità di essere promotori di cambiamento.
CONCLUSIONI
I risultati rafforzano l’idea che la capacità di ascolto sia
una competenza cruciale dell’infermiere, che viene
percepita come irrinunciabile anche quando l’operatore si ammala. Indagare le cosidette qualità secondarie, quelle difficilmente sondabili con la ricerca quantitativa come le emozioni e i sentimenti, può aiutare
l’infermiere a considerare l’alterità della persona presa
in carico, a superare il limite dettato da schemi troppo
rigidi e ammettere così la titolarità della persona nel
processo di cura . Rafforzano inoltre l’idea che nuove
metodologie formative basate sull’analisi di illness experiences, anche di infermieri, possano essere un potente strumento di apprendimento nella formazione
infermieristica di base/continua.
Valutare e classificare le alterazioni della cute peristomale
oggi: quale approccio?
Daniela Battilana
Azienda Ospedaliera San Camillo Roma
AREA TEMATICA
Il Wound care e le stomie - la classificazione delle alterazioni cutanee
METODI
Confronto fra le scale di classificazione e sui metodi di
realizzazione degli strumenti
BACKGROUND
In letteratura sono riportati molteplici studi di ricerca in
cui si afferma che le lesioni della cute peristomale rappresentano una delle complicanze che più frequentemente si presentano all’osservazione degli operatori.
Definire e utilizzare strumenti all’uopo predisposti per
la classificazione delle alterazioni della cute peristomale risulta importante non solo da un punto di vista
clinico ma anche perché , con l’uniformità dell’approccio, si facilita la comunicazione e l’interpretazione
della condizione clinica rilevata tra gli operatori che intervengono nel processo di risoluzione del problema.
L’AIOSS nell’ultimo decennio ha attivato e coordinato
tre studi di ricerca finalizzati a definire strumenti e modalità di valutazione e classificazione delle alterazioni
della cute peristomale, che hanno consentito di sviluppare proposte evolutive in tale campo.
RISULTATI
Gli strumenti di classificazione proposti sottolineano il
processo di miglioramento dell’approccio clinico in
questo ambito disciplinare. Le diverse fasi di sviluppo
sono il frutto di una dinamica evoluzione dei saperi
professionali ed ognuna di esse ha costituito il punto
di partenza per quelle successive. Ogni scala di classificazione è costituita da criteri di valutazione diversificati
ed ognuna fa presupporre l’opportunità di ulteriori
considerazioni per costruire uno strumento di eccellenza.
OBIETTIVI
Considerare metodologie e strumenti di classificazione delle alterazioni della cute peristomale proposti
dall’AIOSS identificandone vantaggi e limiti.
CONCLUSIONI
La situazione italiana analizzata non si discosta da quella internazionale. L’AIOSS, in un ottica di promozione
e sviluppo delle competenze professionali continua
il suo impegno per arrivare a delineare strumenti di
classificazione sempre più funzionali al miglioramento della pratica clinica. L’obiettivo ultimo è quello di
poter proporre alla comunità professionale italiana e
internazionale una scala di classificazione che per le
sue caratteristiche possa essere riconosciuta e adottata universalmente.
Uno studio di prevalenza alle allergie dei prodotti di
medicazione
Tommaso Bianchi, Angela Peghetti
Azienda AUSL Bologna – Uoc Dermatologia
AREA TEMATICA
Allergologia , medicazioni avanzate, wound care
BACKGROUND
I dati relativi alla prevalenza delle dermatiti allergiche
da contatto in Italia sono frammentari e scarsi
OBIETTIVI
Ottenere dati di prevalenza delle dermatiti allergiche
da contatto derivate dall’uso di medicazioni a base di
idrocolloidi nei pazienti con ferite croniche e confron-
tarli con la popolazione non affetta da ferite croniche
METODI
Esecuzione di patch test con apteni derivati da idrocolloidi in un campione multicentrico di pazienti afferenti
a centri di wound care confrontandoli con popolazione non affetta da ferite croniche afferente a centro di
dermatologia allergologica
RISULTATI
Lo studio è in corso di esecuzione: i risultati verranno
discussi e presentati nella sessione congressuale
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
71
Dolore problema irrisolto ?
Ciro Caruso
ASL Na 1 Regione Campania P.O. San Giovanni Bosco
AREA TEMATICA
Dolore
BACKGROUND
Che sappiamo del dolore
OBIETTIVI
Studi metodologici che hanno mostrato e quali limiti
hanno.
RISULTATI
Sino al talamo sappiamo abbastanza della nocicezione ma dal talamo in poi.
CONCLUSIONI
Il nostro sapere sul dolore e la sofferenza è ancora
molto poco
Il documento di posizionamento AISLeC nell’ambito della
valutazione delle ulcere da pressione
Caula C*, Peghetti A, Apostoli A
*Distretto di Vignola, AUSL Modena
AREA TEMATICA
Prima sessione, 13 maggio 2011
BACKGROUND
II recenti sviluppi normativi, organizzativi, didattici,
deontologici ecc che hanno riformato la professione dell’infermiere hanno determinato una crescente
attenzione al metodo ed agli strumenti con cui l’assistenza viene erogata. 1
Il ricorso a strumenti di valutazione delle ulcere da
pressione risponde all’esigenza di quel “miglioramento continuo della capacità di assistere, in termini di sicurezza, efficacia, efficienza” 2 al quale, in quanto professionisti della salute, dovremmo sottendere in primis
nella fase diagnostica del processo di assistenza “la cui
principale finalità è di supportare l’infermiere nella sistematizzazione della raccolta delle informazioni”. 2
In questa prospettiva AISLeC si è prefigurata la realizzazione di un documento di posizionamento, mediante una rassegna e valutazione critica della letteratura pubblicata, integrata con il parere di un panel di
esperti. Le indicazioni, formulate adottando il metodo
GRADE, saranno anticipate nel corso del Congresso
Nazionale.
BIBLIOGRAFIA
1.
IP.AS.VI., I quaderni dell’infermiere. Le scale di valutazione,
Supplemento de L’infermiere, 6, 2003.
2.
Sasso L. (2008) in Santullo A. Le scale di valutazione in sanità. McGraw-Hill. pag XIV
Paziente ustionato, il trattamento in emergenza: quale assistenza?
M.Bartolomei – A. Monesi – S. Musolesi
ASL Na 1 Regione Campania P.O. San Giovanni Bosco
AREA TEMATICA
Ustioni
METODI
ricerca sulle principali banche dati scientifiche.
BACKGROUND
Fisiopatologia delle ustioni
RISULTATI
confronto dei metodi facilitati dall’esposizione di un
caso clinico
OBIETTIVI
Illustrare quale sia la best-practice del primo trattamento delle ustioni attraverso le evidenze scientifiche
e come attualmente siano gli strumenti in uso al 118
di bologna
72 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
CONCLUSIONI
suggerimenti per migliorare l’assistenza
MIsure di isolamento in caso di infezione da microrganismi
multi resistenti: l’esperienza della AUSL di Cesena
Paola Ceccarelli
AUSL Cesena
AREA TEMATICA
Simposio Pre Congressuale Il wound care delle ustioni
BACKGROUND
Uno dei più importanti fattori di morbilità e mortalità del
paziente ustionato è rappresentato dalle infezioni correlate all’assistenza sanitaria (ICA), acquisite quindi durante
il processo assistenziale in un ospedale o in un’altra struttura sanitaria, che non erano manifeste né in incubazione al momento del ricovero, e che possono manifestarsi
dopo la dimissione. Circa il 90% circa degli eventi epidemici ospedalieri interessa pazienti ricoverati in terapia
intensiva, come il Centro Grandi Ustionati, determinati
soprattutto da microrganismi multiresistenti (MDRO; da
una recente revisione della letteratura, gli MDRO che
sono stati maggiormente isolati nel paziente ustionato
sono Acinetobacter Baumanii, Enterococco Vancomicino Resistente, Stafilococco Aureo Meticillino Resistente,
ect..
L’approccio al rischio infettivo, come sostengono le migliori evidenze scientifiche, deve prevedere quindi strategie mirate alla prevenzione e al controllo.
Le strategie per il controllo del rischio infettivo all’interno
di un luogo critico come il Centro Grandi Ustionati, prevedono l’individuazione e l’inattivazione della sorgente
di infezione, e l’interruzione della catena di trasmissione,
modificando i fattori ambientali ed i comportamenti che
favoriscono la persistenza e la diffusione dei microrganismi.
Questo comporta la conoscenza e l’adozione da parte
degli operatori sanitari, dei pazienti se possibile, e di tutti
coloro che vengono a contatto con il paziente, di precauzioni semplici, ma consolidate, dimostratesi efficaci
nell’interrompere la catena di infezione: tali precauzioni
prendono il nome di “misure di isolamento”.
L’assistenza ai pazienti colonizzati/infetti da microrganismi multiresistenti richiede l’adozione di misure di isolamento aggiuntive, oggetto della presente relazione.
OBIETTIVI
Implementazione di un modello organizzativo-assistenziale progettato e applicato dall’AUSL Bologna,
diffuso poi in altre AUSL della Regione Emilia Romagna, fra cui l’AUSL di Cesena.
Il modello tiene conto del livello di rischio in relazione
alla localizzazione dell’infezione/colonizzazione e le
pratiche assistenziali correlate, e il grado di dipenden-
za strettamente correlato al grado di collaborazione/
orientamento dell’assistito. L’obiettivo principale nella
sua applicazione è rappresentato dalla riduzione del
numero di eventi epidemici.
METODI
Il piano di implementazione realizzato nell’U.O. Centro
Grandi Ustionati, garantendo un approccio di sistema,
ha previsto le seguenti azioni:
Sugli Operatori
• Incontri con il personale di U.O. per analisi isolamenti positivi da MDRO
• Formazione degli operatori sulle misure isolamento
• Procedura per sorveglianza microrganismi multiresistenti
• Schede per identificare rischio paziente
• Poster informativo
Sui Pazienti e familiari
• Opuscolo informativo sulle modalità di prevenzione da adottare nei pazienti colonizzati/infetti da
microrganismi multiresistenti
Sull’Ambiente
• Modifica modalità attività pulizia ambientale
• Formazione operatori ditta appalto pulizie
• Istruzione operativa specifica per pulizia ambientale
RISULTATI
Ad un anno dall’implementazione del modello organizzativo-assistenziale i risultati risultano soddisfacenti
e dimostrano che interventi multipli quali l’attivazione
di un sistema di sorveglianza, la formazione specifica
e l’applicazione di misure di isolamento specifiche e
condivise, contribuiscono a controllare il rischio di trasmissione di microrganismi multiresistenti.
La valutazione dell’efficacia delle misure di prevenzione della trasmissione adottate, basata sull’analisi del
numero di eventi epidemici verificatesi nell’U.O. CGU,
ha dimostrato una assenza di eventi nell’anno 2010.
CONCLUSIONI
Il modello organizzativo-assistenziale implementato,
adattato nella nostra realtà assistenziale, sembra essere efficace nella prevenzione della trasmissione di microrganismi multiresistenti.
Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
73
Ospedale Rizzoli: dalle fondamenta al primo piano
D’Alessandro Fabio
Istituto ortopedico Rizzoli Bologna
AREA TEMATICA
Simposi Aziendali - Sessioni Parallele Gli osservatori aziendali per il wound care in Emilia
Romagna: un momento di confronto tra professionisti
BACKGROUND
All’interno dell’istituto ortopedico Rizzoli (IOR) fino al
2006 non esisteva alcuna procedura volta alla prevenzione ed al trattamento delle lesioni da pressione
ne vi era alcun dato che documentasse la vera entità
del problema. Nel 2006, per affrontare il problema, si
è costituito un gruppo di professionisti che ha seguito un corso d’aggiornamento intensivo e reperito le
linee guida presenti in letteratura. Nell’anno 2007 il
servizio di assistenza dello IOR ha dato mandato al responsabile del centro di ricerca di coordinare il gruppo formatosi.
OBIETTIVI
È stata svolta un‘indagine d’incidenza e prevalenza, dal
01/01/2008 al 31/03/2008, delle lesioni da pressione
in tre reparti campione per quantificare il problema,
nel frattempo attraverso un processo di “adapting”
locale delle linee guida basate su evidenze scientifiche è stata redatta una procedura aziendale inoltre è
stata adottata una scala di valutazione (BRADEN) per
il riconoscimento del paziente a rischio e sono state
create delle apposite schede infermieristiche volte a
documentare la prevenzione, la stadiazione ed il trattamento delle lesioni da pressione. Successivamente
tale procedura è stata implementata nei tre reparti
campione. Nel primo trimestre del 2009 e stata ripetuta l’indagine d’incidenza e prevalenza estesa a tutto
l’istituto, ed è stata poi implementata la procedura a
tutte le unità operative, attraverso corsi di formazione
appositamente organizzati, ad esclusione di quelle
che nella suddetta indagine hanno incidenza 0 delle
lesioni da pressione. È stato inoltre condotto un Audit
al fine di verificare l’effettivo utilizzo delle schede infermieristiche introdotte con particolare attenzione alla
valutazione del rischio di sviluppare lesioni da pressione ed alla prevenzione.
METODI
Revisione e analisi critica della letteratura infermieristica e medica, dando spazio all’esperienza del professionista riletta alla luce delle conoscenze più recenti
74 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
RISULTATI
Si è assistito alla riduzione dell’incidenza delle lesioni
da pressione in quasi tutte le unità operative successivamente all’implementazione della procedura, per
esempio il reparto “A” è passato dal 5,9% (30/508)
del 2008 al 2,7% (12/439) del 2009 al 3,1% (14/445)
del 2010 (durante l’indagine del 2010 vi è stato un
aumento dei pazienti anziani con diagniosi di frattura
del collo del femore a causa di una sperimentazione
medica) interessante è il caso del reparto “C”, ricovera pazienti esclusivamente provenienti da altri reparti dell’istituto, che è passato da una prevalenza del
30,6% (19/62) nel 2008 al 16.3% (15/92) del 2009
fino a scendere al 5,8% (6/103) del 2010. Nel 2010
l’incidenza di lesioni dell’intero istituto era del 2.9%
(66/2266).
CONCLUSIONI
Attraverso la procedura aziendale e la sua diffusione si
è riusciti ad abbattere l’incidenza delle lesioni da pressione. Il percorso dalle fondamenta, rappresentate
dalla costituzione del gruppo di lavoro e dal mandato
del servizio d’assistenza, passando dal piano terra, rappresentato dalla creazione della procedura aziendale
e sua diffusione, al primo piano, situazione attuale, è
stato lungo ma ha prodotto buoni risultati. Ora si deve
procedere con la costruzione del secondo piano le cui
colonne portanti saranno l’aggiornamento costante
della procedura aziendale alle nuove evidenze scientifiche, l’implementazione di una procedura di prevenzione delle lesioni da pressione in sala operatoria e
l’istituzione di un servizio di consulenza infermieristica
sulle lesioni da pressione.
AISLeC, continua la ricerca:
il fenomeno LdP e la prevalenza nazionale
Angela Peghetti
Azienda Ospedaliero-Universitaria S.Orsola Malipighi Bologna
BACKGROUND
Uno dei principi fondamentali del mandato istituzionale di
AISLeC corrisponde alla ricerca, formazione e sviluppo di
progetti di miglioramento della qualità assistenziale nei vari
setting di cura per i pazienti portatori o a rischio di insorgenza
di lesioni cutanee.
Il problema delle lesioni da pressione è studiato in maniera
discontinua e diversificata su tutto il territorio nazionale; l’ultima ricerca sistematica condotta nel nostro paese è stata condotta nell’ambito domiciliare nel 20011 mentre nell’ambito
ospedaliero l’ultima indagine è stata condotta nel 1996 2 (se
si esclude la ricerca condotta dell’EPUAP 3 che però è stata
svolta solo sulla base di un’adesione volontaria delle diverse
strutture e per questo motivo difficilmente interpretabile in
termini di potenza dello studio) per questo motivo AISLeC ha
condotto una nuova indagine di prevalenza nazionale nei reparti di medicina/lungodegenza, e terapia intensiva, allo scopo di quantificare il problema e muovere le giuste leve a livello
locale ed istituzionale per sensibilizzare i prestatori di cura e i
manager.
OBIETTIVI
L’obiettivo principale dello studio è di valutare il tasso di prevalenza delle lesioni da pressione, correlandolo all’età, al sesso,
alla sede, all’area assistenziale e all’area geografica
DISEGNO DELLO STUDIO
Studio cross-sectional
SETTING E TIPOLOGIA DI PAZIENTI
Tutti i pazienti ricoverati entro le ore 24 del giorno antecedente la rilevazione nei reparti di medicina/lungodegenza e
terapia intensiva (comprese le terapie intensive cardiologiche,
post chirurgiche ecc.).
Sono stati raccolti i dati di 3.426 pazienti ricoverati presso 50
presidi ospedalieri/USL per una somma complessiva di 112
reparti di medicina e 55 reparti di area intensiva.
MATERIALI E METODI
Lo studio è stato condotto dall’1 al 30 novembre 2010 selezionando un campione di convenienza corrispondente alle
strutture presso cui operano i delegati e referenti regionali AISLeC. Questo ha permesso di fare si che il background
formativo e la competenza nella rilevazione dei dati fossero
sufficientemente omogenei in quanto i rilevatori sono già addestrati ad effettuare indagini di prevalenza.
La raccolta dati è stata eseguita utilizzando la scheda predisposta dalla Regione Toscana che ha messo a disposizione
anche il software necessario per la lettura ottica delle schede
compilate: principalmente sono stati valutati il livello di rischio
attraverso il calcolo della scala di Braden e se presenti, la sede,
il numero e il grado delle lesioni da pressione.
RISULTATI
I dati sono stati raccolti su un campione sufficientemente rappresentativo di tutto il territorio nazionale: nord 31,42%, centro 61,14%, sud e isole 7,44%.
I dati di prevalenza corrispondono a:
Nord
• 37,59% nelle aree intensive
• 19,38% nelle medicine/lungodegenze
Centro
• 20,78% nelle aree intensive
• 17,58% nelle medicine/lungodegenze
Sud e isole
• 41,51% nelle aree intensive
• 15,20% nelle medicine/lungodegenze
Complessivamente
28,94% nelle aree intensive
17,98% nelle medicine/lungodegenze
Con un dato di prevalenza globale del 19,53%
CONCLUSIONI
Dai dati emersi si evince che il problema delle lesioni da pressione rimane ancora oggi, malgrado l’evoluzione delle tecnologie e delle conoscenze, un problema significativo, che
incide pesantemente sulla qualità di vita e sulla salute dei pazienti, soprattutto quando ricoverati nelle unità di rianimazione/terapia intensiva. Questi risultati richiedono una riflessione
a tutti i livelli: da parte dell’organizzazione che deve focalizzare
il problema e riconoscere le risorse umane e materiali per permettere un approccio di garanzia alla prevenzione; da parte
dei professionisti che non devono abbassare la guardia rispetto il problema e coinvolgere sia gli operatori di supporto che
i caregiver nel processo di prevenzione; da parte dei pazienti
e dei caregiver che hanno il diritto di ricevere un’assistenza
appropriata ed efficace ma soprattutto che garantisca loro di
evitare danni durante il periodo di malattia.
BIBLIOGRAFIA
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Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
75
Il percorso di dimissione del paziente:
strumenti a supporto del processo decisionale
Caminati Gloria, Mondardini Silvia, Pini Roberta
BACKGROUND
La dimissione del paziente dall’ospedale ad altre strutture, al territorio o al domicilio è un momento critico
perché si modificano i regimi di cura, cambiano i contesti e gli operatori sanitari, l’intensità e la tipologia degli interventi.1
Anche per il paziente ustionato rappresenta una fase
estremamente delicata del percorso assistenziale poiché egli ritorna nel proprio contesto sociale con esiti
che spesso richiedono un proseguimento delle cure
e frequentemente un cambiamento nello stile di vita.
La partecipazione attiva della famiglia nell’assistenza
rappresenta un aspetto fondamentale per la salute
non solo del malato ma anche della famiglia stessa.
La letteratura consultata2 ha permesso di mettere in
evidenza come i bisogni della famiglia non necessariamente rispecchino i bisogni del paziente ustionato a
causa di una diversa percezione delle problematiche
connesse al trauma da ustione.
OBIETTIVI
La dimissione del paziente, pertanto, richiede un’ adeguata pianificazione e rappresenta un processo e non
un evento isolato che mira ad assicurare la continuità
delle cure e a creare le condizioni affinché paziente e
familiari siano in grado di contribuire alle migliori decisioni da prendere .3
Il paziente può essere dimesso quando non ha più necessità di cure oppure può proseguire le cure in una
struttura intermedia o a domicilio, la decisione è stata
presa da un team multidisciplinare che ha valutato le
criticità e il fabbisogno di presa in carico post dimissione e il paziente e la famiglia sono stati informati e
educati.
Nella gestione delle dimissioni, gli infermieri potrebbero assumere un ruolo rilevante.4
METODI
Revisione della letteratura
RISULTATI
Sono stati realizzati due strumenti al fine di documentare il percorso di dimissione e facilitare l’acquisizione
di informazioni necessarie per il proseguimento delle
76 - Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011
cure da parte del paziente ustionato e della sua famiglia.
CONCLUSIONI
L’organizzazione di una dimissione implica anche per
il paziente ustionato la stesura di un piano individualizzato di dimissione e l’utilizzo di strumenti che possano
facilitare e sostenere i processi decisionali e permettere
un efficace coinvolgimento della famiglia.
La letteratura sottolinea come la dimissione pianificata
permetta una miglior compliance del paziente al regime terapeutico, una miglior soddisfazione dell’utente5, delle famiglie e degli operatori e riduce i re-ricoveri
e i costi.6 7
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Il Wound Care basato su prove di efficacia - Italian Journal of WOCN Volume 1 Numero 1 - Maggio 2011 -
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Norme editoriali
Contenuto:
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DI EFFICACIA (Italian Journal of WOCN) pubblica
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aggiornamento, ecc.) riferiti alla teoria e prassi assistenziale, nel campo del wound care e relativi alle
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esposizione: non si devono in ogni caso superare
le 10-12 cartelle di 30 righe a 60 battute per riga.
Gli articoli devono essere accompagnati da un riassunto significativo in italiano, per un massimo di
250 parole; il riassunto deve essere fornito anche
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Risultati, Discussione, Conclusioni.
Le figure e tabelle devono essere scelte secondo
criteri di chiarezza e semplicità; devono essere numerate progressivamente in cifre arabe ed accompagnate da brevi ed esaurienti didascalie. Nel testo
deve essere chiaramente indicata la posizione di
inserimento. Diagrammi e illustrazioni, allestiti allo
scopo di rendere più agevole la comprensione del
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Le citazioni bibliografiche devono essere strettamente pertinenti e riferirsi esclusivamente a tutti
gli autori citati nel testo. Nel corpo del testo stesso i riferimenti bibliografici sono numerati secondo ordine di citazione; nella bibliografia al termine
dell’articolo ad ogni numero corrisponde la citazione completa del lavoro al quale ci si riferisce.
La bibliografia dovrà essere redatta secondo le norme riportate nell’Index Medicus.
I modelli sotto riportati esemplificano rispettivamente come si cita: un articolo, un libro, un capitolo preso da un libro.
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a Carattere Multidisciplinare
Associazione Infermieristica per
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