J. Français
La Chiesa e la stregoneria ( 1910)
Compendio storico
Seguito dai documenti ufficiali, testi principali e
da un processo inedito
Traduzione di Franco Virzo (2008)
Non dobbiamo mettere sul conto della pietà nessuno di
quei crimini atroci commessi e che si commettono ancora in
nome suo…
… Sul piano pratico, lo spirito di dominazione
ecclesiastico…, sul piano intellettuale, lo spirito di
dominazione dogmatico… non bisogna confondere questi
fenomeni con quelli della vita interiore.
W. James, L’Esperienza religiosa,
Questo libro è uscito dallo stesso pensiero de “La Chiesa e
la scienza”, si è ispirato agli stessi metodi rivestiti della
medesima sincerità.
L’argomento era particolarmente difficile e l’autore sa
molto bene quello che gli mancava per trattarlo come
avrebbe voluto. Sarebbe dovuto essere storico, teologo,
giurista e medico al contempo. La grande stregoneria, la
stregoneria epidemica descritta in queste pagine, rientra
nel campo della patologia mentale. Da questo punto di
vista, la storia di questo male strano è una miniera
inesauribile ed ancora sfruttata pochissimo. Per restare,
però, sul piano di quest’opera, ci si è dovuto attenere ai
rapporti, troppo poco conosciuti dagli storici ufficiali, tra la
Chiesa e la stregoneria: la Chiesa si è lasciata imporre dal
popolo superstizioni che aveva prima condannato, poi le ha
imposte a sua volta alle menti illuminate e, per questo
motivo, ha moltiplicato durante tre secoli, in tutta l’Europa,
supplizi e roghi. Diciamo Chiesa, sebbene siamo stati
rimproverati, da più parti, di non dire semplicemente:
gerarchia o clero. I fedeli, in effetti, nutrivano, qui come
nella lotta contro la scienza, gli stessi sentimenti del clero,
anzi, è da loro che il clero li aveva attinti originariamente.
Non sembra che si possa separare l’uno dall’altro,
sennonché il popolo era meno illuminato e cosciente.
Si tratterà qui solamente di Stregoneria e non di
possessioni, che esigerebbero uno studio speciale. I teologi
hanno saggiamente distinto le due cose e la psichiatria ha
avuto talvolta il torto di confonderle. Sono due forme
patologiche distinte, tra le quali la licantropia, in cui la
personalità è già fortemente alterata, serve da transizione.
La storia della stregoneria appare così come uno degli
episodi più significativi della lotta antiscientifica intrapresa
dalla Chiesa. Nulla potrebbe spiegare meglio l’affermazione
di Spencer, che potrebbe agevolmente essere estesa dalla
medicina alla scienza intera: “Essa si è costituita contro il
prete e malgrado il prete”.
………..
***********************************************+
Nota del traduttore
Le note a piè di pagina sono quelle del testo francese, i titoli delle opere
citate ed i nomi dei personaggi non sono stati in genere tradotti e le
abbreviazioni sono riportate come nel testo originale. Sono state inoltre
tralasciate alcune parole incomplete o incomprensibili nel testo
originale.
Primo periodo
Dogma della stregoneria-superstizione
Tolleranza della Chiesa
(Dalle origini al XIII secolo)
Capitolo Primo
Il diavolo ed i cristiani dei primi secoli- Magia e stregoneria
nel Medio Evo- Apparizione del Sabba- La Chiesa rigetta la
realtà della magia e della stregoneria- La superstizione
popolare guadagna incessantemente terreno Arretramento della teologia scientifica davanti all’opinione
popolare.
I
I demoni sono vecchi quanto l’umanità. Per scoprirne le
origini, bisogna risalire fino all’animismo primitivo, fino al
tempo in cui l’uomo, proiettando la sua anima infantile
dietro i fenomeni e gli esseri della natura, scopriva in tutto
quello che lo circondava un’intelligenza ed una volontà, uno
spirito, infine, analogo al suo. Buoni o cattivi, amici o
nemici, l’albero, la roccia, la sorgente, la nuvola, la
tempesta erano esseri animati con i quali conveniva
conciliarsi, che non bisognava soprattutto irritare né
rivoltare contro di sé. Così pensa il selvaggio nostro
contemporaneo, così pensava il selvaggio nostro antenato.
Le visioni dei loro sogni, l’immagine dei loro morti che gli
comparivano nel sonno, aggiungevano ancora una categoria
di potenze nascoste a quelle che si rivelavano durante il
giorno. Già dalla seconda età della pietra, l’uomo sapeva
che i morti non sono morti completamente e che gli
occorrono, per la vita nell’aldilà, come in questa, vestiti,
armi e cibo.
L’Egitto, dove il periodo preistorico e quello storico
continuano senza iato, conservò fedelmente le credenze
che si ritrovano nelle più antiche epoche della storia, sparse
attraverso tutto l’Oriente.
Le diverse religioni, soppiantandosi, precisarono il ruolo
degli Spiriti in rapporto agli uomini. Per ogni nuova
religione, gli dei della religione vinta divennero nemici,
demoni, come lo furono più tardi, per i primi cristiani, le
divinità della Grecia e di Roma. Il Mazdeismo [o
Zoroastrismo, ndt], personificando in Ahriman [o Angra
Mainyu, ndt] le potenze del male, il superbo mito della
caduta degli angeli ribelli contro Jahvè, conferì a queste
credenze le espressioni intellettuali più vigorose.
Nei primi secoli del cristianesimo, come i pagani
ammettevano senza difficoltà i miracoli di Mosè o di Gesù, i
cristiani non dubitavano per nulla della realtà degli dei
dell’Olimpo: li identificavano con i demoni. Questi
risiedevano negli idoli e, quando si esumava qualche opera
d’arte antica, il primo pensiero era quello d’espellerne il
demonio. Senza di che, questi poteva gettare intorno a sé
fiamme infernali, come la statuetta di bronzo dissotterrata
dai religiosi di San Benedetto1, o molto peggio ancora: si
raccontò che Paolo II era stato strangolato dai demoni della
sua collezione di gemme2. E’ per affamare i demoni che i
sacrifici erano proscritti, per torturarli che erano
esorcizzati3.
Quelli si vendicavano in mille modi. Mostrandosi ai cristiani,
soprattutto ai monaci, per tentarli. Il diavolo non aveva
ancora l’aspetto orrendo che gli sarà conferito nel Medio
Evo. La sua più brutta sembianza è quella di un piccolo
etiope: nugoli di bambini nudi e neri si abbattono talvolta
tra i religiosi nel mezzo della funzione 4. Più spesso, però, è
una bella donna che penetra nella loro cella e svanisce,
mentre questi la stringono tra le braccia 5. Fin nella bara, il
diavolo perseguita il peccatore, lo tortura, lo brucia, lo fa
gridare dal dolore. Per questa ragione ci si fa seppellire
nelle chiese, vicino agli altari ed al resto dei martiri 6.
Questo, però, divenne una nuova colpa: “NIL JUVAT IMO
GRAVAT TVMVLIS HAERERE PIORVM.7” Lo stesso fuoco
infernale vi consuma il peccatore, i demoni lo lacerano e lo
trascinano fuori per i piedi8. A mano a mano che si procede,
l’intervento del demonio nella vita diventa ossessivo ed
esasperato. Ad una religiosa basta mangiare una foglia di
1
Sulp. Sévèr. Dial. II, 14 ; III, 6 ; Vita B. Marini, § 24. – S. Greg.
Magn., Dial. L. II. C. X
2
Muntz, Les arts à la Cour des papes, I parte, p. 151.
3
Minut. Felix. Octavius, c XXVII
4
Rufin. Hist. Monach., c. XXIX, De Macario Alexandrino.
5
Rufin. Hist. Monach., c I e 15, ecc.
6
Greg. Turon. Vitae Patr., c. XVI, §2 – S. Hieron., Adversus Vigil., inizio
– Le Blant, Inscript. chreét. de la Gaulle, n° 293, 353, ecc.
7
Iscrizione trovata nel cimitero di Saint-Laurent-hors-les-murs- De
Rossi. Bollet. di arch. Chr., 1864, p.34.
8
S. Greg. Mag. Dial. L. IV, § 51, 52, 53. – Cf. Le Blant. Les premiers
chrétiens et le démon, dans les actes de l’Accademia dei Lincei, 1888,
vol. III, p. I.
lattuga senza fare il segno della croce perché un demone
nascosto sotto la foglia s’impadronisca della poveretta 9.
Gli innumerevoli geni benevoli che i barbari portano con sé
non perdono nulla della loro realtà con la conversione dei
loro protetti. Anche di quest’altri la Chiesa ne fa dei
demoni, ma sono demoni che il popolo riverisce e che fa
piacere avere al proprio servizio. Come l’addetto di quel
cavaliere conosciuto da Césaire d’Heisterbach che andava in
Arabia a cercare del latte di leonessa per la moglie malata 10
di questi, e quell’altro che, al dire di Froissart, riportava ogni
notte al signore di Corasse le notizie dal mondo intero11.
In tutto e per tutto, l’uomo del Medio Evo è a stretto
contatto col demonio. Lo trova nel campo, nella chiesa, nel
letto. A quest’ultimo ruolo il diavolo si mostra più attaccato
e più fedele. Durante i trenta ed i quarant’anni, è il migliore
marito, la migliore moglie. Soprattutto monaci e religiose,
durante tutto il Medio Evo, conoscevano queste unioni
misteriose. Si crea per loro un nuovo capitolo della morale
ed il diritto canonico se ne preoccupa senza sosta 12. Satana
9
S. Greg. Magn., Dial. I, §4.
Ces. Heisterb., Dial., Dist. III, 26
11
Froissart, III, 26
12
Thom. Cantiprat. Bonum universale, II, 55. – Alv. Pelag. De Planctu
Ecces., II, a. 44, n° 102. – S. Tomm., Summ. I, q. 51, art. 3, ad. 6, ecc.
Non è privo d’interesse estrarre dai “demoniografi”[démonographes] la
teologia diabolica, come si trova fino al XVII secolo. Sotto Satana, 72
principi, secondo Wier, riassumendo i teologi della stregoneria,
comandano a 7.405.900 diavoli. Possono “formare un corpo con aria o
altri elementi”, secondo Boguet. Spesso appaiono sotto forma di
un’ombra, talvolta di un angelo consolatore, ma generalmente sotto
l’aspetto di un uomo, di un caprone, di un asino, di una pecora. Un
vecchio d’Alest, vicino Montmorillon, riconosceva il diavolo Abiron,
secondo il rapporto di De Lance, sotto forma di una grossa mosca. Per
alcune streghe della Franche-Comté, era un ratto dal ventre bianco, un
gatto o un cane nero (Archivi Haute-Saône b. 5045 e 5057) E’ come
incubo o succube che conveniva di più scorgere il diavolo; era una
10
rendeva molti altri servizi oltre a quello dell’amore. Ai
poveracci prometteva e dava qualche ricchezza: agli
ambiziosi, onori, ai vinti dalla vita, una vendetta. In tutto
questo, però, il suo scopo è sempre la perdizione eterna
degli uomini e meglio valgono ancora le sue persecuzioni.
Sotto quest’aspetto è il tiranno ed il despota del Medio Evo.
“bellissima signora” che “invitava nel suo letto il giovanotto bello e
perfetto di Harcota, nei pressi della città d’Aberdonia, e prendeva dal suo
corpo tutto ciò che desiderava” (De Lancre, p. 375). Le streghe di
Valenciennes, 1616 a 1621 l’hanno visto con i tratti di un giovanotto
seducente. (Louise, De la sorc. Et de la justice crim. à Valenciennes,
p.31). Per il curato Gaufridi, è vestito « come un finanziere ». Jeanne
Pothière (posseduta), lo prende per un confessore, e si lascia abusare “a
conti fatti quattrocentotrentaquattro volte”.(Delacroix, p. 80). Il tentatore
sceglie abilmente la sua ora: si mostra nella solitudine, al momento di
miseria più profonda, di disperazione o di passione. Il suo primo sforzo è
d’ottenere una rinuncia a Dio, uno scambio di promesse ed un patto
firmato. Allora marchia con il proprio segno (sigillum diaboli) il suo
protetto. La marca (punto anestetico) era il più delle volte alla spalla
sinistra, di solito invisibile; non ne usciva sangue, quando vi s’infilava
un ago. A Biarritz, la marca era sull’occhio e rassomigliava ad un
piccolo rospo. Le streghe erano in preda solo all’ossessione, che
bisognava distinguere dalla possessione, vane teorie basate su
un’osservazione molto giusta. I bambini possono nascere stregoni e
diventarlo dall’infanzia. Bambini di 10, di 8, anche di 5 anni, si
pretendono in relazione col diavolo. Generalmente si dicono iniziati dai
loro genitori. Già da quell’età le bambine offrono il proprio corpo al
diavolo. In compenso questi dava spesso manciate d’oro. Al risveglio,
però, l’oro era trasformato in foglie secche. A Valenciennes (1619), il
diavolo Poussé filava il lino con l’arcolaio della sua amante Margherite.
Satana prometteva spesso ai suoi fedeli burro, uova, latte. (Horts,
Démonomagie, p. 253). Gli piaceva fare ai mariti il cattivo scherzo di
accarezzarne le mogli in barba a loro e nei loro letti. François Bos, di
Gueille, in Auvergne, bruciato nel 1606, raccontava un’impresa del
genere.(Reg. du Parlem. De Paris, 1606). La cosa più triste è che queste
unioni erano feconde e che Satana popolò così il mondo dei suoi bastardi
(i criminali nati ante litteram). San Tommaso spiega che, prima succube,
rubava lo sperma che utilizzava poi come incubo! Alle sue amanti, però,
Sofferenze, disgrazie, dalla malattia o dalla rovina
all’ossessione ed alla possessione, sono di sua competenza
e, la maggior parte delle volte, opera sua. Presenti
dappertutto, conoscendo tutto, con potenza quasi assoluta,
i demoni si aggirano in una folla immensa intorno all’uomo
per tormentarlo senza sosta. Quindicimila assediano il letto
di morte di un monaco di Hemmerode; sono più numerosi
delle foglie della foresta al capezzale di una badessa di
benedettini13. Il beato Reichelm li vede più fitti di una
pioggia fine14.
In condizioni così unicamente favorevoli, la magia, vecchia
quanto la civilizzazione e così profondamente connaturata
all’uomo, come non avrebbe potuto prendere uno slancio
inaudito? Invece, però, d’essere rituale e religiosa come
nell’antichità, divenne un’opera dell’Inferno. Le due forme
parallele che rivestì, la forma dotta, o scienze occulte, e la
l’infernale partner non dava alcun piacere. Ha il corpo ghiacciato, esse
concordano nell’assicurare che hanno provato l’impressione di un
ghiacciolo.
Demoni di un’altra sorte sono quelli delle miniere e delle ricchezze.
Nascosti nei giacimenti metalliferi, provocano i crolli, le cadute, i vapori
malefici e proiettano in aria i lavoratori sotterranei (De Lance, 388,389)Per una crudeltà analoga, il diavolo brutalizza e frusta spesso i suoi
adepti. Ne hanno il corpo “straziato e mutilato”. E’ in questo stato che si
trova, nella sua cella, Michel, il mago di Moulins, che fu bruciato vivo
per aver un diavolo in una fiala (1623) (Delacroix, Sorcellerie au XVII
siècle, p. 73 e seg.).
13
Ces. Heist. Dial. Dist. IV, XI, 17, XII, 5.
14
B. Richalmi. Lib. De Insid. Doemon (Pez, Thesaur. Anecd., I, II, 376)Si nota la strada percorsa dalla credenza dei primi secoli. I demoni erano
allora materiali (Origene, Contra Cels. I, 6; - Aug. De Civit. Dei, XXI,
10) e così poco chiaroveggenti che non hanno potuto scoprire la
verginità di Maria semplicemente perché aveva uno sposo legale (Ignat.
Ephès., 19; Orig., In Luc. Homil., VII; Basil., Homil. In s. Christi
generat., 3, ecc.)
forma popolare, o stregoneria, furono ugualmente
maledette.
Divinazione sotto le sue molteplici forme, incantesimi,
sortilegi e affascino, malefici, malie, metamorfosi, delitti
demoniaci passano da Roma nel Medio Evo15. Lo stesso per
le imprese della stregoneria. La prima apparizione del sabba
nei testi, lo mostra come una festa notturna di Diana 16. A
Diana si aggiungono talvolta Minerva e, più tardi, una
Bizazia ed un’Abundia, o Dame Habonde, L’Holda teutonica
nel suo ruolo benefico. Il corteo notturno cresce sempre di
più. Si parla tanto delle lamie o mascœ, che volano di notte
giocando brutti tiri, mentre Jean de Meung dichiara che
formano un terzo della popolazione17. Non sono, però,
ancora criminali, sono le “bonnes femmes”18 (donne o tizie).
Fino a metà del XIV secolo, e questo è fondamentale, la
magia è una colpa individuale, e non una colpa sociale. E’
15
Per Roma, vedi art. Magia di M. Hubert, nel Dict. Di Daremberg e
Saglio e la ricca bibliografia di Lea, Inquisition, III, p. 469 e seg.
16
Nel Canone Episcopi; vedi testo fine volume
17
Johan. Saresber. Polyc. II,17 – J. de Meung, Rom. de la Rose v. 18624
18
J. De Voragine. S. Germ. Le « bonnes femmes » vi sono descritte
come facenti le faccende domestiche di notte. – Acta Sanctor., 5 luglio, p
287.
un peccato, non è ancora un crimine. La Chiesa non ha
ancora acquisito l’autorità che permetterà a Giovanni XXII
d’assimilare la stregoneria all’eresia, e poi gettare i
colpevoli nelle fiamme dei roghi. Insegna ancora che le
imprese delle streghe sono solo illusioni, condanna come
empi chi le creda reali.19
19
Vedi il Canone Episcopi. – Il Sabba è la cerimonia rituale diabolica. Ci
si va su di una scopa, o semplicemente portati da un rospo o da un
diavolo. L’assemblea si tiene nella radura, nelle lande, nelle caverne,
talvolta addirittura nelle chiese o nel palazzo dei giudici o ancora sui tetti
(Les Gravissous d’Authoison, Haute-Saône). Il numero degli astanti
varia. Nel Labourd, arriva a 12.000: preti, borghesi, popolino, donne e
bambini. C’era generalmente un appello prima d’ogni altra cerimonia.
(Cfr. Arch. Haute-Saône, B. 5049) . Uno degli spettatori fa la cucina per
il banchetto, così Georges Grandjourné di Demangevelle (1629- cfr.
arch, Haute-Saône, B. 5048,5058). Durante tutto il tempo Satana
presiede in forma di caprone, talvolta in forma vacca nera, di gatto o
anche di un tronco di cipresso. E’ sotto la forma di caprone che riceveva
il bacio ignobile di cui parlano senza sosta i “demoniografi”. La regina
del Sabba era la prima. Cosicché, la bella J. Detsail, bruciata a Bayonne
nel 1609 e a chi il boia, che l’amava, chiedeva un bacio di perdono, lo
respinse “non volendo, dice De Lance, profanare la sua bella bocca che
aveva costume d’essere incollata al sedere di Satana” Lo stesso De
Lance ha dato in versi un programma che riassume tutti i Sabba:
Ballare indecentemente
Gozzovigliare schifosamente
Accoppiarsi diabolicamente
Sodomizzare esecrabilmente
Bestemmiare scandalosamente
Vendicarsi insidiosamente
Le immagini di lussuria abbondavano soprattutto nei Sabba meridionali.
Nel XVII secolo, quasi tutti i magistrati ammettevano la realtà del
Sabba. Anche il bibliofilo Jacob e Michelet vi hanno creduto, ma per
loro, è l’orgia, l’orgia dei servi in rivolta. Eppure Wier aveva già notato
che è impossibile ammettere le ammissioni di vecchie storpie che
pretendevano passare, per andare al Sabba, attraverso buchi di topi. Dei
bambini chiusi in delle chiese pretendevano di andarsene di giorno,
durante le funzioni, al Sabba (D’Autun, loc. cit., p.777). Si ritrovavano
II
perfettamente vive le vittime che le streghe dichiaravano di aver ucciso
nell’assemblea notturna, e Spée riporta (Cautio criminalis, p. 292) che
ad Ingolstadt, al momento in cui i condannati erano ai piedi del rogo, si
videro accorrere seicento pretesi morti che venivano a protestare
dell’innocenza degli pseudo-assassini. In un convento della Germania un
religioso pretende di frequentare il Sabba durante la funzione. Viene,
però, notato nella sua stalla? E’ un demonio, dice, che ve lo sostituisce.
(D’Autun, loc. cit. Disc. XIII, p. 775). Un giudice di Firenze fa legare al
letto una strega. Punture, botte, bruciature, nulla la strappa dal sonno
letargico e una volta sveglia racconta il Sabba da cui ritorna
(GianBattista Porta, Magia Naturalis, II, XXVI). Abbiamo già citato
l’esperienza di Gassendi. E’ facile concludere che il Sabba era
un’allucinazione inerente al male di stregoneria. Era basata su un piano
uniforme grazie alle suggestioni ambientali. Semplice cavalcata in un
primo tempo, uscita dalle leggende mitologiche e da certi riti pagani, i
festini sono aggiunti quando la miseria e la fame danno alle immagini
gustative un’importanza primordiale. Le cerimonie della Chiesa
v’introducono per opposizione l’offerta ed il bacio: il disordine mentale
specifico spiega la violenza delle immagini sessuali in tutti questi
racconti.
Piacque a Dio che essa [La Chiesa, ndt] si attenesse al buon
senso dei suoi canonisti e che, sotto la pressione delle
superstizioni popolari non trasformasse in dogma quello
che aveva rigettato in primo momento come eresia!
La magia è punita nel VIII secolo solo con un’ammenda 20,
nell’impero di Carlomagno, con l’incarcerazione del
colpevole fino ad emendamento21. La Chiesa vi aggiunge
una penitenza molto variabile secondo tempi e luoghi22.
La ragione di questa tolleranza risiede nel dogma, che restò
dogma quasi fino al XIV secolo, e che divenne allora eresia,
che i fenomeni magici non sono reali. Dal 563, il primo
concilio di Braga, nella provincia di Minho, in Portogallo,
decretava nel canone VIII: “Anatema per chiunque crede
che il diavolo, perché ha fatto alcune cose nel mondo, può
anche produrre da sé il tuono ed i fulmini, le tempeste e la
siccità”. Con ciò stesso era condannata la credenza ai poteri
degli stregoni sugli elementi23. Il celebre canone Episcopi
ingiunge ai preti d’insegnare ai propri parrocchiani che i
misteri diabolici, specialmente il sabba, “accadono soltanto
nella mente e chiunque crede il contrario è un infedele e
pagano24”. Tal era anche l’insegnamento d’Agobard, come
vedremo25. Il dogma era quindi pienamente stabilito tra i
cristiani istruiti. Non fu, però, mai accettato dal popolo, che
finalmente lo rovesciò e fece proclamare al suo posto il
dogma contrario.
20
Concil. German. I (Baluz. I, 104-5). – Conc. Leptin., ann. 743 (Baluz.,
ibid).
21
Capit. II, an. 806, c. 25
22
Buchard, Decr. X, 8, XIX, 5 etc. – Libell. De remed. Pecc., c. ) –
Baluz, I, 1285
23
Vedi in Documenti alla fine del volume
24
Idem
25
Idem
Nei secoli XI e XII, la magia è molto diffusa tra il clero 26.
Gerbert d’Aurillac, rinomato negromante finì col supremo
pontificato [papa Silvestro II, ndt] ed un arcivescovo di
Besançon va a caccia d’eretici con l’aiuto d’ecclesiastici
negromanti. Poppo, arcivescovo di Tréves, verso 1030, è
stregato da calzature confezionate per lui da una religiosa;
divenne perdutamente innamorato di lei e, dopo di lui,
tutto il suo clero che si ripassa le scarpe maledette. Si
accontenta d’esigere maggiore severità nella regola delle
religiose27. In Ungheria, le streghe sono semplicemente
assimilate alle prostitute. In questo momento, quindi, le
antiche leggi romane contro la magia sono cadute quasi
completamente in disuso. Cominciano così, invece, le
esecuzioni popolari, i linciaggi, che moltiplicandosi
diventeranno la pena legale. Il popolo della provincia di
Lione s’impossessa un giorno di tre uomini ed una donna
che condanna alla lapidazione. Li presenta come sbucati
dalla regione immaginaria chiamata Magonia, da dove gli
stregoni evocano le tempeste e la grandine. L’arcivescovo
Agobard dovette discutere a lungo per liberarli28.
Nel XIII secolo, la corrente popolare è diventata
sufficientemente potente per poter cominciare ad istruire il
26
Atton Vercell. Capit., c.48- Il monopolio delle canonizzazioni di santi
fu riservato alla Santa Sede da Alessandro III, nel 1181, perché i monaci
abusavano della magia per darsi al popolo come taumaturghi. Essendo,
in effetti, l’abate di Saint-Gristan partito per l’Inghilterra, il priore
ubriaco aveva colpito col suo coltello due monaci. Questi si vendicarono
picchiandolo a sangue, tanto che ne morì. Ora, i monaci “per magia”
indussero il popolo a venerarlo come un santo, fino al giorno in cui il
vescovo Arnoul de Lisieux, li denunciò al papa. (Baronius, Annal., aan
1181, n° 6-10). Fu in quest’occasione che Alessandro prese la misura
indicata.
27
Gest. Trevir. Arcchiep., c. 19.
28
S. Asgobardi Lib. De Grandine, c. I, 2, 15,16
processo degli stregoni e metterli a morte 29. Da questo
momento, l’altra corrente, quella dei dotti, comincia a
perdere terreno. Nel Midi, L’Inquisizione istruisce simili
processi già dal 1274 e 1275.
Secondo Periodo
29
La tolleranza del XIII secolo per la stregoneria si rivela da molti fatti
che, messi a confronto con le prime persecuzioni, mostrano
adeguatamente la lotta delle due correnti. L’Inquisizione era alla testa
del movimento d’intolleranza che trionfò nel secolo seguente. Molti
vescovi se lasciano trasportare alle misure di rigore e questa novità, di
cui non si supponevano ancora le tragiche conseguenze, apparve
dapprima un’occasione eccellente per i burloni di mettere a segno
qualche buona farsa… che non finì sempre così bene come nell’aneddoto
che segue.
Al tempo in cui Jacques de Lorraine era vescovo di Metz (1236-1260)
una ragazza d’eccellente famiglia, si prese una violenta passione per lui.
Ricorse ai metodi classici degli amanti infelici e si fece fabbricare un
filtro da un “buono stregone e negromante” del villaggio il cui mestiere
era di vendere filtri. Il servitore episcopale che aveva incaricato di
versare il liquore magico, era anche lui, come ogni buon lacché di
vescovo, alla ricerca di successi amorosi. Del filtro, fece due parti e
riservò la migliore alla donna che desiderava.
Non sembra che il filtro abbia prodotto gli effetti attesi. Ne ricavò,
tuttavia, imprevisti: l’affare trapelò ed il vescovo fece arrestare il suo
servitore e l’innamorata Caterina. Furono entrambi condannati a morte
per complicità con i negromanti. I pretesi negromanti, però, fecero
opportunamente constatare al vescovo che non avevano dato a Caterina
altro che un vino inebriante il cui unico maleficio era di produrre
“grand’ubriachezza”. Allora “ vi furono molte e grandi risate a danno dei
giudici per aver creduto troppo alla leggera a stregoni, magia e
negromanti di sorta.”. – J. Bourbon, Chroniques, lois, etc., de la
Lorraine au Moyen Age, p. 7.
Nascita del dogma della stregoneria-realtà
Assimilazione all’eresia
Stato sporadico: Processi isolati
(XIV secolo)
Capitolo II
I – Il crimine di stregoneria. – Trionfo della superstizione. –
Diventa dogma. – I grandi processi del XIV secolo- Processi
politici: Guichard de Troyes, Enguerraud de Marigny, ecc. –
Processi teologici: Pierre d’Apone, Petro d’Ascoli, ecc. –
Giovanni XXII assimila la stregoneria all’eresia. – La sua
influenza nefasta- Marion d’Estalé ed altri condannati.
II- Il male della stregoneria. – La sua eziologia: miseria,
guerre, pesti, ecc. – Perversioni sessuali- Eccitanti artificialiLe marche. – Innocenza delle vittime.
I
Il XIV secolo ha un ruolo capitale nella storia delle
repressioni della stregoneria. Esso ha visto, soprattutto
sotto l’influenza di Giovanni XXII, la trasformazione della
superstizione popolare condannata fino a quel momento, in
un vero dogma, imposto ben presto con la forza agli ultimi
scettici. Da questo momento non si predicherà più al
popolo che gli stregoni sono ciarlatani, ma al contrario che
sono criminali legati a Satana da un patto e giustiziabili con
gli stessi supplizi dell’eresia.
Attraverso i predicatori e gli aneddotisti, il pensiero
popolare si apre un cammino attraverso la teologia.
Tommaso di Chantimpré dimostra che è ortodosso credere
all’origine magica delle tempeste, meno di due secoli dopo
che Buchard prescriveva una penitenza a chi avesse creduto
al potere dei maghi della piaggia 30 [tempestaires]. Cesaire
d’Heisterbach è pieno di racconti in cui è implicata la realtà
dei fenomeni di stregoneria. Le due scuole erano in lotta
durante il XIII secolo. A datare dall’inizio del XIV secolo,
però, le teorie della scuola popolare vincono e sono
ufficialmente esposte da papa Giovanni XXII.
30
Thom. Cat., Bon. Univ. II, 56 – Burch., Décret, XIX, 5 – Lo stregone,
dal punto di vista, ….logico [parola incompleta nel testo], è il delegato
di Satana; ha ricevuto in delega quasi tutti i suoi poteri, tanto più elevati
quanto più ha a che fare con un diavolo situato più in alto nella
gerarchia. Può diventare invisibile come il suo padrone, comprendere e
parlare anche lingue a lui sconosciute. La moglie di Henri Chalande,
perciò, conoscendo solo il dialetto, nella Svizzera Romanda, nel 1615,
risponde in tedesco al giudice che l’interroga e così bene che questi non
osa perseguirla. (D. La dame, Etud. Chrét., Ginevra ,1892). Talvolta
anche gli stregoni diventano invulnerabili (anestesia), privilegio più
comune tuttavia nei posseduti. Uno stregone di un rango superiore può
danneggiare un altro stregone. L’inquisitore Sprenger cita una vecchia
strega che ne fece morire un’altra per salvare un vescovo. Gli stregoni, in
compenso, possono associarsi. Possono anche inviare diavoli ad altri.
Marie Carlier, di Préseau, invia i suoi, in forma di moscerini, nel corpo
di una ragazzina. (Louise, Sorcellerie à Valenciene, p. 19). E’ in un
frutto, una noce, una castagna, che i diavoli sono inviati più
frequentemente. Con ciò la possessione è legata alla stregoneria. Appena
si era in presenza di un posseduto, si cercava da quale stregone gli
venivano i demoni e le accuse fatte da questi durante l’esorcismo
valevano come prova, poiché il diavolo si presumeva allora che fosse
costretto a dire la verità. Ciò è valso alla storia tanti famosi supplizi
legati ad affari di possessione: quello d’Urbain Grandier, di Thomas
Boullay, di Gaufridi, ecc. Altre volte gli stregoni si accontentano
d’inviare diavoletti schiamazzanti nelle case. Nel 1612, la casa di Fr.
Perreaud, a Macon, è così invasa e poco più tardi quella di M. Favre
primo presidente di Chambéry. Lo spirito parlava, raccontava i suoi
viaggi, cantava canzoni “profane e lascive” denunciava tesori nascosti.
M. Favre inviò alla forca il suo valletto, sospettato di stregoneria. (Fr.
Perraud, Traité de la démonol. Et l’Antidémon de Mascon, in-12,
Ginevra, 1657, p. 3, 28). Alla stessa maniera, Philibert Lernau, curato di
Brasé, fu bruciato il 17 aprile 1624, ad Autun, per aver alloggiato un
Da qui s’apre l’era atroce dei roghi di stregoneria. I processi
con quest’imputazione sono numerosi già nel XIV secolo,
alcuni celebri ancora oggi31.
“I primi anni del XIV secolo, dice Michelet, non sono altro
che un lungo processo… Le accuse vennero in quantità,
diavolo presso il signore di Brandon. (Ibid). Gli stregoni possono
trasformarsi in animali: gatti (Vivarais, Jura, ecc.), lupi soprattutto. Per
qualche medico del XVII secolo, come Sennert, Nynauld, è soltanto
un’illusione. (J: de Neynauld, De la lycantropie Parigi, Rousset, 1615).
Magistrati e teologi ammettono, però, che Satana ricopre gli stregoni di
sembianze esterne di lupo molto realistiche. La Jura, la Labourd, furono
rattristate dalla licantropia. Non soltanto gli stregoni attentano alla vita
umana travestiti da lupi, ma, in ogni maniera, danneggiano gli uomini.
Fabbricano nubi di grandine che sferzano l’acqua del mare, abbattono le
fontane, “pisciano nei buchi”, per parlare come l’accademico di Jouy.
Ricevono dal diavolo polveri per distruggere le piante. Nel 1644, la
Borgogna era terrorizzata dai temporali malefici (J. D’Autun, Incrédulité
ignor., préface). Claude Oudot, bruciato a Vesoul, nel 1626, ammette di
aver causato simili temporali. (Arch. Haute-Saône, B. 5051). Gli stregoni
disseccano le vacche, infettano le fontane, fanno morire il bestiame,
stregano con un soffio, con uno sguardo, con una parola. Anne Marie,
bruciata a Rouen, il 16 settembre 1635, uccideva con le sole parole.
(Reg. Parl. De R., 1635). Un palpeggiamento basta per produrre una
malattia, paralizzare un arto. Si aveva una paura terribile del contatto con
gente sospetta. Jeanne Joly infligge a Jacques Prévotet, curato di
Cromare, grandi “dolori al fondo schiena” ed alle reni, nel 1611. (arch.
Haute-Saône, B.5040) Françoise Trenillet, de Corbenay, è condannata al
fuoco nel 1608, per aver attaccato un male alla mammella ad una vicina,
….. (Ibid., B. %048). Spesso è con un regalo, una leccornia, un pezzo di
pane che lo stregone lancia un sortilegio. Reciprocamente, gli stregoni
possono togliere il malocchio. Sicché Estevère Audebert, bruciato a
Bordeaux, nel 1619, riesce a far macinare “con forza” un mulino al quale
da sette settimane un sortilegio impediva di girare. (Reg. Parl. Bord.,
1619).
Come posatori di spilli, gli stregoni erano il terrore dei giovani sposi. Al
contrario, non solamente sapevano togliere, ma anche fare incantesimi
d’amore.
stregoneria soprattutto. Quest’ultima era combinata con
tutte, ne costituiva l’attrazione e l’orrore32”.
Sotto Filippo III, già verso la fine del secolo precedente, la
Corte di Francia si era commossa per uno di quei processi
enormi e misteriosi, in cui si parlava di veleno e di cattiva
sorte e nel quale furono compromessi, con due beghine
delle Fiandre, Pierre de Benais, vescovo di Bayeux, e suo
cugino, Pierre de la Broce, consigliere e favorito del re.
Questi fu impiccato ed il vescovo dovette fuggire33.
“Furono, tuttavia, nota M.A. Rigault, soprattutto gli ultimi
anni di Filippo IV ed il regno di Luigi X che sconvolsero
queste inchieste mostruose in cui si trovavano immischiate
con altri “crimini enormi”. Volta per volta, in quindici anni,
si vide, a fianco dei grandi processi di Saisset, di Boniface e
del Temple, quelli d’Arnauld de Villeneuve, di Guichard de
Troyes, di Merguerite Porete, di Pierre de Latilly,
D’Enguerraud de Marigny, l’affare del cardinale François
Caietani, nipote di Bonifacio VIII, quello di Mahaut d’Artois
ed altri ancora. Era, tra tutte le epoche del Medio Evo, un
tempo di sortilegi e di negromanzia34.
31
Qui ancora teologi ed inquisitori hanno il primato, mentre la giustizia
civile segue mollemente. Cosicché in Lorena, sotto il regno di Raoul
(1329-1346), è decretato che “chi farà magia, sortilegio, fatture,
pronostici d’uccelli o si vanterà d’aver cavalcato di notte con Diana o
con altra vecchia che si dice maga, sarà bandito e pagherà dieci libre
tornesi”. (Bourbon, Chroniques, etc., de la Lorraine, p.19) E’ ancora una
pena clemente. Più tardi, al contrario, quando gli animi saranno plasmati
dalla nuova dottrina teologica, i tribunali civili continueranno ad
obbedire all’impulso e compiranno essi stessi l’opera persecutrice.
32
Michelet, Histoire de France, lib. V. cap. 5.
33
J. De Grulle, Bull. de la Soc. De l’Hist. De Fr., 1844, p.87-100Léopold Delisle, Cartulaire normand, n° 927.
34
A. Rigault, Le procès de Guichard, évêque de Troyes (1308-1313),
Parigi, Picard, 1896, p. II.
Nel 1299 si svolse a Parigi il processo d’Arnaud de
Villeneuve, un uomo che le ricerche di Pelayo ci mostrano
come uno delle più grandi menti del suo tempo.
Naturalmente tra le accuse mosse ritroviamo il sortilegio:
gli si rimproverava di aver in tal modo provocato la morte di
Benedetto XI.35 Arnaud corse a rifugiarsi da Federico di
Sicilia e morì durante il viaggio.
Nel 1308, Guichard de Troyes è perseguitato, per denuncia
di un giovane prete, eremita a Saint-Flavit, Regnault de
Langres, una sorta di visionario che sembra essere stato
pilotato da due specialisti di queste accuse complicate e
temibili, Noffo Dei, l’accusatore dei Templari, ed il famoso
Nogaret. Guichard aveva fatto un sortilegio alla regina
Giovanna, senza pregiudizio dei suoi altri “crimini enormi”,
alchimia, falsa moneta, patto diabolico, ecc. di cui il minore
non era d’essere figlio di neton (incubo)36. Dopo cinque anni
di prigione, quest’uomo che aveva avuto una fortuna
singolare, aveva goduto del favore di due regine e, figlio di
contadini, si era fatto posto nella corte, gli fu assegnato da
Clemente V la sede di Diakovar, in Bosnia, paese a metà
selvaggio e quasi infedele. Il vecchio morì subito dopo.
Pierre de Latilly, cancelliere e vescovo di Châlons, fu
accusato, nel 1315, di aver procurato la morte di Filippo il
bello e di Louis le Hutin. Fu imprigionato ed un tribunale
ecclesiastico dovette pronunciarsi sul suo caso37.
35
Mss Bibl. Nat. fonds latin n° 4270, fol. 12, 50, 51, 61. – Hist. litt. Fr.
XXVIII, 35- Pelayo, Heterodoxos Españoles, l. 450, 461, 475. 590-I,
726-7, 772. – Lea, Inquis., III, 52.
36
A. Rigaud, op. cit.- Neton (luiton, nuiton), deriva, secondo Littré da
lutin (folletto). Secondo Gaston Paris, bisognerebbe legare questa parola
a neptunus.
37
Contin. Guill. Nagiac, in Histor. De Fr., XX, 609,615
Il 30 aprile dello stesso anno, Enguerrand de Marigny fu
impiccato: sua moglie e sua cognata avevano, in effetti,
fabbricato immagini di cera destinate a sbarazzarle dei
nemici, il re ed i reali. Con suo fratello, arcivescovo di Sens,
lo stesso Enguerrand aveva ordito l’odioso processo di
Guichard de Troyes. I suoi metodi si ritorcevano contro di
lui38.
Era ancora un tentativo di sortilegio su due cardinali, il re ed
il conte di Poitiers che era rinfacciato, nel 1316, al cardinale
François Caietani39. Nel 1317, Mahault, contessa d’Artois e
di Borgogna, era accusata di malefici delittuosi. Aveva
composto un filtro, si diceva, per riconciliare la figlia,
Jeanne, detenuta a Dourda, con il genero Philippe, ed un
altro per avvelenare Louis X40.
Tutti questi processi sono caratterizzati dal loro sfondo
politico. La magia non vi rappresenta che un’accusa,
ricavata dalla credenza popolare, e abilmente sfruttata dai
politici feroci di quel tempo. Buon mezzo per rendere più
facile la condanna di un nemico. In un mondo differente, si
procedeva allora in maniera analoga. Invece di accoppiare
la magia alle accuse politiche, era accoppiata all’accusa
d’eresia. In tal modo s’incamminava verso l’assimilazione
pura e semplice all’eresia, come sarà realizzata da Giovanni
XXII. Una delle accuse portate contro Bernard Délicieux fu
d’aver attentato, con artifici magici, alla vita di Benedetto
XI. La magia è una delle imputazioni invocate contro Pierre
d’Apone e Cecco d’Ascoli. Pierre d’Apone era diventato
illustre con le sue conoscenze in campo medico e
soprattutto con i suoi scritti d’astrologia. Il suo Conciliator
38
Jean de Saint-victor, Histor. De Frr. , XXI, 660.
Bibl. Nat., Clairambault, ° 487, p. 427.
40
M. de Godefroy-Ménilglaise, in Mém. Soc. Antiq. De France, XXVIII,
182.
39
Differentiarum scritto nel 1303, ebbe molteplici edizioni.
Spiegava i grandi fatti storici con l’influenza degli astri e
poneva una legge secondo la quale monarchia e religioni si
rinnovavano ogni 960 anni, con la congiunzione di Saturno e
Giove nella testa dell’Ariete. Aveva una gran fortuna:
circostanza questa aggravante. L’Inquisizione non mancò la
cuccagna. Egli, però, morì prima della fine del processo, nel
1316. Il Medio Evo esaltò la sua gloria alla guisa di
Salomone e d’Ermete.
Cecco d’Ascoli spingendo ancora più lontano la scienza
astrologica, non lasciava alcun segreto del presente o
dell’avvenire senza permearlo con la scienza degli astri. Le
sue predizioni lo resero illustre. Aprì un corso a Bologna e vi
spiegò, tra l’altro, l’oroscopo di Gesù. Ogni dettaglio del
racconto evangelico era una conseguenza rigorosa della
posizione delle costellazioni. La crocifissione, per esempio,
non poteva essere evitata, poiché la Bilancia era a 10°.
Il 16 dicembre 1324, dovette abiurare. In caso di ricaduta,
diventava quindi relapso. Orbene, riprese ad insegnare a
Firenze, vi mise in circolazione le sue opere condannate, vi
pubblicò il poema filosofico l’Acerba, nuova esposizione
delle sue dottrine. Arrestato nel 1327, fu abbandonato al
braccio secolare e immediatamente condotto al supplizio41.
Il pontificato di Giovanni XXII fu decisivo per il trionfo della
scuola popolare. Dotto teologo, molto infatuato della sua
teologia al punto da sostenere più tardi contro tutti e fino ai
suoi ultimi giorni un’eresia radicale sulla visione beatifica,
non ammetteva il dubbio sulla realtà dei prodigi della magia
ed intraprese contro questa una lotta senza quartiere. Le
sue bolle lo mostrano affetto di quello che noi
chiameremmo oggi mania di persecuzione. Si dichiara
41
Lea, Hist. De l’Inquis., III p. 532 e seguenti.
attorniato da nemici che attentano alla sua vita
confezionando figurine di cera, inviandogli il diavolo
rinchiuso dentro degli anelli, circondandolo con incantesimi
e sortilegi. Dall’inizio del suo pontificato, fa mettere alla
tortura e giustiziare un chirurgo-barbiere e diversi chierici
del Sacro Palazzo, per attentati di questa sorta. Pure
Gérard, vescovo di Cahors, è perseguitato e bruciato 42. Nel
1318, Robert Arrufati de Mauvoisin, arcivescovo d’Aix, è a
sua volta accusato di magia. Giovanni lo fa perseguitare,
scartando espressamente tutte le garanzie di giustizia
imposte dal diritto. “Solum Deum habendo prœ oculis“,
aggiunge. E’ già la procedura ex informata conscientia che è
l’obbrobrio del diritto canonico moderno. E’ provato che
Robert ha consacrato ore e giorni allo studio delle arti
matematiche, ma nega qualsiasi pratica illecita. Ciò
nonostante viene “dimissionato”43. Con numerose bolle,
Giovanni XXII anatematizza i maghi, denuncia i loro misfatti,
stimola contro di loro gli inquisitori e conferma così la
credenza nella realtà delle forze magiche 44. C’era là, come
ha detto giustamente Léa, la migliore propaganda per la
magia45.
Cosicché, i processi di magia si moltiplicano. Nel 1323, è
l’affare di Château-Landon, riportato da Girare de Frachet.
Erano stati trovati, a Château-Landon, nascosti ad una certa
profondità, un gatto nero e diversi incantesimi. L’inchiesta
appurò che, ritirati, e sottomessi a certe cerimonie
magiche46 questi preziosi oggetti costringevano il demone
Bérich a rivelare il nome di un ladro di cui era stato vittima
42
Gallia Christiana, t. I, col. 140
Biblioteca d’Aix, Recuil de pièces manuscrites sur la Provence, n°
540, pièce 16.
44
MAGNUM BULL ROM. I, 256.
45
Lea, Hist. De L’Inquis., III, p. 549
43
l’abate cistercense di Sarcelles. I laici incriminati furono
bruciati, gli ecclesiastici messi in prigione a vita 47.
La persecuzione contro la magia è, a questa data, diffusa
nell’Europa intera. La stessa Irlanda l’inaugura dal 1325
nell’affare della signora Alice Kyteler. Accusata di magia da
eredi scontenti, sfuggì al rogo solo scappando in Inghilterra.
Ma una delle sue donne, alla quale la frusta del vescovo
Ledrède cavò le confessioni più straordinarie, e numerosi
presunti complici, non ebbero la stesso vantaggio 48. In
questo stesso anno, un gran processo di sortilegio si
svolgeva in Inghilterra con vent’otto accusati. Nel 1326,
importante affare simile in Francia. Per aver “stregato” il re
Carlo IV il Bello, si bruciano gli accusati, ad eccezione del
nipote di Giovanni XXII, Pierre de Vic49.
Nel 1366, il Concilio di Chartres ordina di scomunicare ogni
domenica alla messa i maghi. Con misure simili, la credenza
alla realtà della loro disfatta si è così bene ancorata che
adesso si fa a gara a chi, del Parlamento o dell’Inquisizione,
conoscerà crimini simili. La lotta tra le due istituzioni
parimenti ombrose si circoscrive intorno a quest’oggetto. Si
può vedere all’opera la procedura singolare nell’affare di
Marion l’Estalée, ragazza dalla folle vita. Grazie a torture e
questioni ripetute, Marion confessa di aver fatto gettare il
malocchio da una vecchia strega, Margot de la Barre, ad un
vecchio amante, Hainsselin Planiche, che l’aveva lasciata e
si era sposato. L’una e l’altra furono bruciate vive
nell’agosto 138050. Lo stesso anno, il tribunale dell’abbazia
46
Tra l’altro, un uomo doveva tenersi nel cerchio magico, munito di una
“supposta” fatta con i resti dell’animale.
47
Uill. Nangiac. Contin., ann. 1323. (Histor. De Fr., XXI, 60)
48
Wright’s, Dame Alice Kyteler, Camden Society, 1843.
49
Vaissette, IV, Pr. 173.
50
Registro criminale di Châtelet di Parigi, I, 362 e seg.
di Saint-Chaffre, nel Velay, condannava alla stessa pena una
vecchia vagabonda, Jeannette Revergarde, che vendeva un
filtro al signore di Budget per ristabilire la pace a casa sua. Il
signore ne morì ed ebbe una pace sulla quale non
contava51.
Questi pochi esempi bastano a stabilire che nel XIV secolo
magia e stregoneria sono diventati crimini sociali, che sono
perseguiti nella società civile come nella Chiesa e che, con
gli sforzi di questa, magia e stregoneria sono ormai potenze
reali sebbene maledette. L’eresia dei secoli precedenti
muta in dogma imposto, dogma in nome del quale i secoli
seguenti verseranno tanto sangue innocente52
II
51
Lea, Hist. De l’Inq., III p. 560
Una delle ultime manifestazioni della vecchia scuola, quella del buon
senso, avvenne al sinodo di Langres, nel 1404. Il cardinale di Bourbon
invitava i parrocchiani a non prestare fede alle pratiche magiche. Questo
barlume di ragione era senza dubbio dovuto a due recenti affari
provocati dalla follia di Carlo VI. Due eremiti agostiniani si erano fatti
forti, nel 1397, di guarire il re, vittima, dicevano, dei maghi. Ben pagati,
ben trattati, gozzovigliarono fino al giorno che decisero di accusare
Louis d’Orleans, fratello del re. Si scoprì così la loro impostura: squartati
e decapitati. Qualche anno dopo, nel 1403, un prete che aveva tre
demoni al suo servizio, intraprese, con qualche altro confratello di
stregoneria, la guarigione del re con mezzi così stravaganti che si diffidò;
ammisero la loro soperchieria e furono tutti bruciati (24 marzo 1404) –
Cf. Lea, Hist. De l’Inq. III, p. 562.
Nel XV secolo, non c’è più che qualche medico e qualche giurista che
osa difendere la vecchia opinione, aspettando le menti libere che la
faranno rivivere nel XVI secolo. Nel clero, non ha altri rappresentati che
i Carmi di Bologna, perseguitati nel 1473, da Sisto IV, per aver
insegnato che non era eretico interrogare il demonio, e Bernardo di
Como, che professava le stesse idee sempre che non fosse questione
d’ottenere da Satana i favori illeciti di una donna.
52
L’innocenza delle streghe è oggigiorno fuori dubbio e penso
che non è necessario dimostrare che i maghi erano assai
incapaci di compiere i guasti che gli si addossavano.
Alcuni, senza dubbio, spinti dalle passioni umane, potettero
spingersi fino al crimine, ma è evidente che furono crimini
di diritto comune e non crimini realmente magici.
Da questo non scaturisce, però, che il fenomeno della
stregoneria sia semplice e di facile analisi. Vi concorsero
simultaneamente numerosi ed eterogenei elementi, più o
meno chiaramente individuabili.
Se si pensa alla condizione del popolo nel Medio Evo, la
povertà e talvolta la miseria profonda in cui viveva, mentre
riusciva a far produrre alla terra soltanto un po’ di segala
per il pane scuro, rovinato dalle imposte e più ancora dalle
guerre incessanti, frequentemente decimato da terribili
epidemie, pesti che portavano via gli abitanti di un intero
villaggio, vittima di un’igiene deprecabile, d’assenza di cure
mediche, la medicina essendo sospetta, proscritta, riservata
agli Ebrei, che erano accusati d’avvelenare le fonti, vittime
ancora della propria religione superstiziosa e materiale,
pervasa dal carattere diabolico e di sogni infernali, si
comprenderà allora che si sia sviluppato uno stato nervoso
speciale, terreno di cultura meraviglioso per alcuni disturbi
mentali. Va considerato che in alcune delle “moralità” del
Medio Evo, bisogna indubbiamente riconoscere la sifilide,
epidemica allora, poiché alla sua prima apparizione, poi
ambientata e resa domestica, diventando così endemica. 53
Ora, si conoscono le relazioni dell’eredità sifilitica e dei
diversi accidenti legati all’isteria. E’ in questo gruppo,
eterogeneo ed impreciso, provvisoriamente etichettato
come isteria, nell’attesa di meglio, che devono essere
53
V. Dupouy, Le Moyen.Age medical, Parigi, 1895.
catalogati i fenomeni morbosi della stregoneria. Tali sono
gli stati di trance, durante i quali lo stregone in catalessi, ma
soprattutto la strega, dato che la stregoneria, essendo di
natura isterica, era più diffusa tra le donne, spaventava le
menti ingenue con questa sembianza mortale e, molto più
ancora con i racconti che faceva al risveglio delle prodezze
che aveva compiuto nell’intervallo e dei prodigi di cui era
stato testimone: trasporti a distanza, incontro di persone
conosciute, metamorfosi in animali, delitti, incontri
amorosi, intervista con Satana. Gli innumerevoli racconti di
letteratura popolare ambiente non avevano altro
fondamento e c’era qui una suggestione sufficiente per
immaginazioni malate. Il “contagio” dei disturbi della mente
non è meno certo. Si conoscono molti casi in cui l’isteria di
un soggetto unico ha provocato vere epidemie d’attacchi e
convulsioni. Conventi e monasteri furono frequentemente i
punti di partenza di queste strane epidemie ed il loro stato
morale ne fu certamente in parte responsabile. All’epoca
più splendente del Medio Evo, nel XIII secolo, si vedono gli
uomini più pii e degni di fede, dichiarare che “i conventi
rassomigliano a dei lupanari e che prendere il velo equivale
a fare la donna pubblica” e paragonare i monasteri a
Sodoma. I secolari dell’epoca non erano meno corrotti solo
perché si accontentavano generalmente di una concubina 54.
I costumi dei laici erano conformi. L’ortodossia delle
credenze importava molto di più dell’onestà della vita.
54
Nic. Clemang., De Ruina Eccles., XIX e seg. – S. Bonav., Libell.
Apol., quest. I – Alvaro Pelag. De Planctu Eccls., II, VII. – Rével di S.
Brigida- Lettere di S. Caterina da Siena.- Rével. di S. Ildegarda. – Per il
secolo precedente: S. Bernarrdo: Serm. De Convers., 19, 20; Serm. 77 in
Cant ; De consid., III, 4, 5. Poth. Prűm. De Statu dom. Dei, I.I. – Petr.
Cantor., Verb. Abbrev., 57, 59. – Honoris III (Marténe, Coll. Ampl., I ,
1149.1151). Ecc. – Cf. Lea, Hist. Of Celibacy.
La depravazione dei crociati di Giovanni Senza-Paura
[Giovanni I duca di Borgogna, ndt] scandalizzarono gli stessi
Turchi. Le relazioni sessuali passavano dai piaceri più
disordinati all’incesto55. Nel XV secolo, Ænéas Sylvius, Il
futuro papa [Pio II, ntd], che non era un pudibondo, - il suo
romanzo Lucrezia ed Eurialo è la descrizione cruda
dell’amore fisico, - si spaventava della depravazione dei
suoi contemporanei, che gli sembravano attirare l’invasione
e la vittoria dei Turchi56 come punizione. Questi disordini
avevano sicuramente ripercussioni sullo stato mentale e
fisico di tutti.
L’eziologia del male delle streghe sarebbe incompleta, se
non tenessimo conto degli accessi provocati artificialmente.
Si sa che il pane grossolano fornito dalla segala o l’avena, ed era quello di cui viveva ancora il popolo ad un’epoca
relativamente recente, - fermenta molto spesso, e produce
una sorta d’ubriachezza che, alimentata ad ogni pasto,
finisce per rovinare i nervi. Ci fu, però, un’altra specie
d’allucinazioni volontarie che il mondo delle streghe amava
provocare, senza conoscerne il meccanismo. Tra questi,
alcuni unguenti misteriosi avevano un ruolo immenso. Ce
ne si frizionava per andare al Sabba. Ora, J-B. Porta, Cardan,
Jean Wier ce ne hanno lasciato delle ricette. Sono tutte a
base di stupefacenti: papavero, oppio, aconito, giusquiamo,
cicuta, stramonio57. Quest’ultima soprattutto è ben
conosciuta per i deliri e le allucinazioni che produce.
Talvolta i narcotici si prendevano sotto forma di pillola,
55
La frequenza delle relazioni incestuose si spiega con la promiscuità in
cui si viveva: un solo letto per tutta la famiglia ed i suoi ospiti. - Per i
fatti citati vedi: Religieux de Saint Denis, Hist de Charles VI, XVI, 10;
XXXV, 8- Alvar. Pelag., loc. cit., II, I, II.
56
Op. Ined. – Cf. Acad. D. Lincci, 1883, p. 558 e seg.
57
G-B. Porta, Magiæ Naturalis, lib. XX, Napoli, 1589
come successe al pastore di Gassendi 58. Dagli effetti di
queste droghe su di un organismo normale, si può dedurre
quello che doveva provocare su nervi debilitati da tutte le
cause che abbiamo esposto. Il male delle streghe era così il
risultato fatale di uno stato sociale difettoso.
Per le conoscenze che abbiamo attualmente acquisito nel
campo della patologia mentale, sappiamo che, senza
dubbio, le perversioni sessuali ebbero anche la loro parte
d’influenza. Quante volte ed in quale misura, non si saprà
mai. Quando, tuttavia, si vede nei processi di stregoneria, il
numero incredibile di cause in cui si tratta di bambini fatti a
pezzi, di cadaveri squartati, di festini infami, è impossibile
non confrontarli con i casi oggi classici di sadismo, di
necrofilia o di necrofagia d’origine sessuale. La stragrande
maggioranza delle ammissioni di questo genere estorte alle
streghe, erano verosimilmente il prodotto della loro
immaginazione.
Per diventare, tuttavia, l’ossessione universale, occorre che
in qualche caso almeno abbiano avuto un fondamento
reale. Quello che abbiamo detto dei disordini nervosi del
Medio Evo, rende verosimile anche che le perversioni
sessuali vi si siano riscontrate abbastanza di frequente.
Come termine di paragone, ci si può riferire alla storia
troppo conosciuta del Marchese di Sade, al caso famoso del
sergente Bertrand, e dei necrofili di Versailles e di SaintAmand59.
58
Lettres juives, t. I. lettre 20. Gassendi volendo disingannare un pastore
che affermava di frequentare il sabba, ricevette da costui una pillola che
fece sparire, mentre l’altro assorbiva la sua. Il pastore preso da delirio si
mise a conversare con i demoni e, al risveglio, raccontò minuziosamente
al filosofo, che non lo aveva lasciato, il sabba da cui ritornava.
59
Articolo di Brierre de Boismont nella Gazette médicale de Paris, 1849,
p. 555 et seg. – V. Testi e documenti alla fine del volume- Bodin,
Démonom., fol, 93, riporta, secondo un allievo d’Antonin Rondelet, che
La stregoneria non ebbe, però, in qualche punto, una base
reale? La bacchetta magica che le apparteneva una volta in
proprio, è stata recentemente ritirata in nome della scienza.
Le divinazioni, i fatti di chiaroveggenza, i fenomeni
dell’occultismo così discussi oggi, non hanno avuto un
grande spazio nella stregoneria? Non avranno un giorno il
loro posto nella scienza, sotto qualche altra forma, simile in
questo all’alchimia e l’astronomia, scienze molto onorevoli?
E’ un problema più facile da porre che da risolvere.
Bisognava, però, almeno porlo.
In ogni caso sia, il sintomo più chiaro del male di
stregoneria consisteva nei segni distintivi. Quando il medico
aveva scoperto il marchio sul corpo di un’accusata, questa
era considerata consapevole e infallibilmente condannata.
Tali segni distintivi si scoprivano attraverso l’insensibilità di
certe regioni del corpo. Si pensava che Satana avesse
apposto lì la sua "griffe" per marchiarne i fedeli.
S’incontrano ancora spesso oggi queste regioni anestetiche:
sono le stimmate isteriche60.
Delle povere sbandate, delle infelici squilibrate, delle
malate in una parola, tali sono quelle per le quali vedremo
innalzarsi tanti orribili roghi. Sebbene in parte responsabile
del loro delirio, la Chiesa le sterminerà nella maniera più
atroce. Le perseguiterà fino a che il XVIII secolo farà
vacillare la sua potenza. E tuttavia è essa che, con la
barbarie del X secolo in via d’organizzazione, ha preso in
il celebre medico, spiò egli stesso, nel cimitero di Montpellier, un
necrofago, uno “stregone”, dice, e lo vide sedersi su di un cadavere di
donna.
60
Le stimmate sono studiate in tutte le opere sull’isteria. Vedi in special
modo: Pitre, Leçon clinique sur l’hystérie, Paris, Doin, 1891, t. I, p. 56 e
seguenti e le figure. – Da notare l’eredità della stregoneria, spesso
constatata (Bodin, Rémy, ecc.)
prestito dal popolo le sue superstizioni più enormi, dopo
averle in primo momento combattute; è essa che, a forza di
triturare, nel crogiolo teologico, le credenze grossolane
della folla, n’estrae una dottrina ed un dogma che impone
con i roghi. Grazie ad essa, i liberi pensatori per i quali il
potere delle streghe non era altro che impostura e follia,
devono tacere e scomparire, contentissimi se non hanno
pure da condividere il supplizio delle disgraziate. Ai mali
spaventosi che pesano sul Medio Evo, La Chiesa aggiunge il
più atroce, quella Chiesa che, secondo Nicola II, ha orrore
del sangue61.
Capitolo III
La magia
Le Arti maledette- Persecuzioni contro gli alchimisti –
Variazioni dell’ortodossia sull’astrologia – Supplizio di Pietro
d’Apone, Cecco d’Ascoli, ecc. – Il processo di Gilles de Rais –
Giovanna d’Arco.
Le innumerevoli pratiche magiche, - un iniziato del XV
secolo che divenne più tardi illustre nelle leggende popolari,
Don Enrique d’Aragon, n’annovera più di quaranta- sono
state raggruppate in sette categorie principali. Il vecchio
61
Penso che non sia necessario dimostrare che il supplizio dei
condannati, sebbene lasciato al braccio secolare, è nondimeno opera
dell’Inquisizione ecclesiastica. Gli Inquisitori non avevano nessuna
difficoltà a riconoscerlo, e c’è voluta tutta l’ignoranza ostentata nel XIX
secolo dagli storici ortodossi della Chiesa per affermare il contrario. Vedi i testi degli Inquisitori in: Lea, Storia dell’Inq., I, p. 602 2 603.- Se
il potere secolare mostrava di resistere, la Chiesa interveniva subito per
castigarlo a sua volta.- Lea, loc. cit., p. 606 e seg.
Sul Sabba, vedi: Bourneville et Teinturier, Le Sabbat des sorcières, in-8
(Bibl. Diabolique), Parigi.
numero sacro della cabala ebrea che serviva a censire le
operazioni divine, i sacramenti per esempio, doveva essere
anche quello delle operazioni diaboliche, poiché il diavolo si
sforzava in ogni cosa di mimare Dio. Vi furono quindi Sette
arti maledette.
L’alchimia era una di queste. Assemblaggio abbastanza
caotico di dati razionali, elementi filosofici e sogni mistici,
l’alchimia tutto sommato compiva in segreto un’opera
seria. Da questa proviene la chimica moderna. Come
credere, però, che l’alchimista, che s’immaginava di tenere
il segreto delle trasmutazioni misteriose e di crearsi tesori
con i metalli più vili, come credere che gli era stato
conferito un potere così prezioso da altri che Satana? Gli
alchimisti furono frequentemente perseguitati a questo
titolo per il reato di magia.
In quanto all’astrologia, l’opinione varia molto dal XIII al XV
secolo. Catalogata in un primo momento tra le arti liberali,
fu liberamente e così universalmente praticata, nel XIV e XV
secolo, che papi e cardinali avevano spesso, come i re ed i
principi, i loro astrologi personali. L’astrologo ed il suo
astrolabio erano consultati per i più piccoli atti della
giornata. Secondo Savonarola, la Chiesa stessa si governava
con gli astri. L’erudito cardinale d’Ailly non esitava a
studiare l’astrologia e a diffonderla 62. Contestualmente,
però, un’altra corrente d’idee si manifestava già e finì per
trionfare più tardi con l’insieme delle opinioni di S.
62
Il cardinale d’Ailly è famoso soprattutto per le sue prediche, di cui una
fu singolarmente felice. Con i suoi calcoli astronomici, annunciava che
nel 1789, il mondo avrebbe subito grandi sconvolgimenti. Aveva anche
annunciato che il concilio di Costanza avrebbe condotto alla fine della
religione e che al Grande Scisma sarebbe succeduto l’Anticristo. In
questo però aveva visto meno giusto. V. Lea, Inquisition, III, p. 530 e
536.
Tommaso: l’astrologia, includendo il fatalismo, doveva
essere condannata dalla Chiesa. Da qui le tragiche
avventure di Pietro d’Apone e di Cecco d’Ascoli. Verso lo
stesso periodo, erano presi severi provvedimenti contro
altri accusati più oscuri: il signore d’Ulmet aveva tentato, si
diceva, di sbarazzarsi di sua moglie con mezzi magici. I
maghi che aveva consultato furono bruciati63. Guichard,
vescovo di Troyes fu perseguitato a più riprese per aver
fatto morire allo stesso modo la regina Bianca di Navarra 64.
Con un’accusa dello stesso genere si riuscì a rovinare
Enguerrand de Marigny, che, onnipotente sotto Filippo il
Bello, era stato coinvolto, come si sa, nel processo dei
Templari. Fu impiccato il 30 aprile 1315 ed i suoi complici
impiccati o bruciati.
Nel XV secolo, l’opinione di condanna della magia stava
trionfando dappertutto. Era un’arma così comoda! Un’arma
a profusione. I politici e gli ambiziosi non mancarono di
farne uso, non più dei potenti che cercavano una vendetta
o la cui avarizia bramava il patrimonio altrui.
Uno dei più illustri processi di magia del XV secolo, e anche
di tutti i tempi, è quello di Gilles de Rais. Più degli altri
ancora, è stato alterato in mille modi da quelli che ne hanno
parlato, dalla tradizione popolare, che ha finito per
confonderne l’eroe con Barbablù, e dagli scrittori del secolo
successivo. Gli atti del processo sono stati pubblicati
soltanto nel 1886. Nessun documento potrebbe meglio
mettere sotto i nostri occhi, se non spiegarci, dato che
questi stati d’animo sono così lontani da noi che non ci sono
completamente spiegabili, lo straordinario miscuglio di
nobili sentimenti e d’infamie, di fede mistica e di
63
64
Contin. Guill. Nanagiac., anno 1308.
A. Rigault, Le Procès de Guichard, evêque de Troyes, Parigi , 1896
superstizioni grossolane, di virtù e vizi, che poteva
racchiudere in sé l’anima di un uomo del quindicesimo
secolo. Personaggio eccezionale per il potente rilievo dei
suoi tratti, Gilles de Rais è solo il più rappresentativo, il più
significativo campione della massa incalcolabile di
sconosciuti, di personalità cancellate che furono i suoi
contemporanei e che ne condivisero le credenze, sebbene
con minore energia65.
Nato nel 1404, sui confini della Bretagna e dell’Anjou, dalla
stirpe dei Montmorency, pronipote di Du Guesclin, Gilles de
Rais era il primo barone di Bretagna e, quando a sedici anni
ebbe sposato Caterina de Thouars, divenne uno dei più
potenti signori di Francia. Ricevuto a braccia aperte dalla
corte di Carlo VII, si legò a Giovanna d’Arco e combatté a
suo fianco da Orleans fino a Parigi. Alle festività della
consacrazione, fu nominato maresciallo di Francia, ad
appena venticinque anni d’età. Con questa straordinaria
“garçonne” [maschietta, ndt], per utilizzare l’espressione di
Huysmans, assisteva a tutti i pii sermoni, alle messe e
s’inginocchiava alla mensa eucaristica.
Di più, erudito e curioso, possedeva una biblioteca ricercata
e trovava gioia nel leggere il latino elegante. Infatuato
d’arte, sognava di letteratura “tenebrosa [ténébrante ] e
remota”, andava pazzo per la musica, collezionava le belle
rilegature, le miniature, gli smalti. Incastonava lui stesso
con smalti artistici la copertina del suo messale. Con ciò, era
un carattere indomabile e sfrenato, che aveva da sempre
conosciuto l’autorità soltanto per sottrarvisi. Ad undici anni,
perse il padre e non obbedì poi a suo nonno.
65
Bossard et Maulde, Gilles de Rais, dit Barbe-bleue, Parigi, 1886- Cf.
J-K. Huysmans, Là bas – Jean Chatier, Hist. De Charles VI, ann. 1440.
Era al tempo stesso un energico ed un raffinato. Da qui
forse le sue atrocità e depravazioni. Fu tuttavia anche una
vittima, e non è questa la causa minore dei suoi crimini.
Verso il 1432, la Bretagna, l’Anjou, il Poitou, rilevarono con
orrore improvvisamente la scomparsa consecutiva ed
inspiegabile di numerosi bambini. Il panico popolare
moltiplicava a dismisura i racconti di simili rapimenti. Le
inchieste non rivelarono nulla. Il male continuava e la verità
non si lasciò individuare se non molto tempo dopo. La voce
pubblica finì con l’accusare apertamente Gilles de Rais: era
lui, si diceva, che faceva rapire da suoi uomini bambini e
bambine, per soddisfare le sue basse passioni, e che, poi,
sgozzava per utilizzare nelle sue pratiche magiche. Nel
mistero del suo castello di Tiffauges, Gilles, in effetti,
perseguiva il segreto dell’elisir universale che doveva dargli
una conoscenza, una ricchezza ed un potere senza limiti.
Vendeva i suoi beni per provvedere alle esigenze di una
banda di “maghi” che dovevano ottenere questi preziosi
privilegi.
A costoro occorreva sangue di bambini: Gilles ne trovò. Gli
inganni di questi ciarlatani sono, nel dettaglio, così puerili,
così grossolani, che non ci si spiega come un uomo del suo
calibro vi si sia lasciato prendere. Proprio da qui il processo
del maresciallo ci apre sul suo secolo degli spiragli
insospettabili. Finalmente, dopo molte difficoltà, il
maresciallo fu arrestato nel settembre 1440, accusato
d’eresia ed altri crimini. A dire il vero, le prove mancavano
di precisione nell’atto d’accusa. Il 15 ottobre, però, si ebbe
un colpo di scena. Il fiero ed altezzoso maresciallo, a
ginocchio, in lacrime, supplicò che si ritirasse la scomunica
contro di lui, chiese perdono dei suoi insulti, e confessò i
crimini che gli erano addossati. Il 21, al momento di entrare
nella temibile camera di tortura, con voce sorda e soffocata
dai singhiozzi, racconta i suoi rapimenti e stupri, recita la
lunga litania dei suoi crimini. I giudici non possono credere
alle sue confessioni, poiché non riescono ad immaginare
alcun movente sufficiente a dei tali orrori. Fanno velare il
crocefisso. Poi, terminato il racconto delle strane orge
perpetrate, Gilles si prosterna gridando: “O Dio, mio
redentore, ti chiedo misericordia e perdono!”. L’indomani
avvenne uno spettacolo ancora più straordinario. Nel suo
pentimento e rimorso, Gilles fece leggere al pubblico
terrificato l’ignominiosa lista delle sue confessioni, chiese
perdono ai genitori delle sue vittime, numerosi
nell’auditorio, poi alzandosi, esortò tutti ad educare i figli
nella virtù, poiché, diceva, è la gioventù sregolata che lo
conduceva al patibolo. E di nuovo gemendo, a ginocchio,
reclamava d’essere riconciliato con la Chiesa. Condannato
ad essere impiccato e bruciato, volle esortare, morendo con
loro, i suoi complici e cooperare alla loro salvezza. Per sua
richiesta, il clero ed il popolo di Nantes fecero una
processione solenne per fargli avere una fede ardente e la
suprema salvezza. Salì sugli scanni del patibolo con gioia,
salutando la morte con fiducia infinita. Le dame della sua
famiglia ne strapparono il corpo dal rogo per fargli funerali
solenni66.
In quest’uomo s’unirono energie che ci confondono. E',
però, facile districare in lui la conclusione delle correnti
intellettuali che abbiamo analizzato in precedenza. Nella
66
Quale fu esattamente la colpevolezza di Gilles de Rais, è impossibile
da stabilire con precisione. “Un mistero impenetrabile pesa ancora sulla
verità” (Lea, Inquis., III, 585) Il popolo ha legato questa storia alla
leggenda più vecchia di Barbablù. La stirpe de Rais si spense nel 1502.
La baronia de Rais fu assegnata poi ai Gondi ed il nome divenne di
nuovo celebre con il cardinale di Retz.
sua ingenuità di vittima, aveva soprattutto la fede: quella
predicata dal clero del suo secolo, nella realtà delle poteri
magici. Tale credenza contribuì al suo smarrimento tanto
quanto i suoi vizi, e forse anche di più a giudicare dai fatti
dimostrati.
E’ la stessa credenza che fece della Pulzella, di cui era stato
l’eroico compagno, una vittima non meno tragica di lui. Non
è perché Cauchon era vescovo che questo crimine ricade
sulla Chiesa. E’ perché lo stato di cose, delle credenze e
delle anime, che fatalmente conducevano Giovanna verso
la sua orribile fine, era opera della Chiesa. Diffondendo ed
imponendo la sua credenza nelle opere diaboliche,
plasmando le anime, creando loro un mondo allucinatorio
in cui si muovevano e regnavano gli spiriti infernali, la
Chiesa, da molto tempo, con le sue mani, pezzo dopo pezzo
erigeva il rogo al quale Cauchon non ebbe più che da
appiccare la fiamma. Di tutte le streghe, folla senza numero
e troppo dimenticata, la Pulzella è solo la più illustre. Non
c’è da stupirsi se uno storico della stregoneria, J. Baissac, le
dedica il suo libro. “A Giovanna la Pulzella, erronea
indovina, idolatra, invocatrice di diavoli, blasfema di Dio e
dei suoi santi e sante, scismatica e che smarrì molte volte
nella fede Gesù Cristo 67”. Ecco quello che dice uno storico
tedesco: “Quest’essere sublime, dice Geoges Conrad Horst,
quest’eroina meravigliosa in un fragile involucro di donna è
stata incontestabilmente la più celebre di tutte le streghe
67
Passaggio estratto dalla lettera scritta in nome del re Errico VI, ai
vescovi, duchi, conti, ed altri nobili, ed ai comuni del regno di Francia,
sei giorni dopo l’esecuzione del mercoledì 30 maggio 1431, e tradotta in
lingua dell’epoca. E’ la dedica dell’opera capitale, in lingua francese,
sulla storia della stregoneria, opera che, con l’ammirevole Histoire de
l’Inquisition di Lea, ci ha servito costantemente in questo lavoro. J.Paissac, Le Grands jours de la Sorcellerie, Parigi, Klicksieck, 1890.
che sono state bruciate. Da una vita piena del meglio che
termina sul rogo, non ne ricaverà altro vantaggio che la
gloria di figurare eternamente, tra gli immortali del suo
sesso, molto al di sopra delle migliaia d’altri della miserabile
accozzaglia comune che morì della stessa morte. A
quest’essere strano, così elevato, nel quale la bellezza e la
dignità della donna hanno avuto la più alta espressione,
ogni donna, in ogni paese, dovrebbe, ed a ragione, ogni
anno dedicare una festa.68”E’ da questo punto di vista che
bisogna giudicare la storia di Giovanna. Chiunque ha scritto
di lei trascurando gli altri processi di magia e stregoneria si
è condannato a fare opera vana. Non ha capito nulla
dell’anima del XV secolo nel quale le superstizioni
diaboliche avevano il primo posto69
68
G-C. Horst. Dœmonomagie oder Geschichte des Glaubens an
Zauberei, Francoforte, 1818, t. I, p. 130, citato da J. Baissac, p. 1.
69
Bisogna vedere come le menti più colte dell’epoca, gli umanisti più
arditi sono colmi di superstizioni grossolane. Macchiavelli crede, come
Cellini, nell’influenza degli astri sui destini umani. (Discorsi, I, 56) “ Ci
sono, dice Guichardin, esseri eterei che s’intrattengono con gli uomini;
lo so per esperienza” (Ricordi politici, CCXII). I filosofi ammettono che
questi stessi spiriti si manifestano con i paesaggi ed i sogni. (Ficini,
Theol. Platon. De Import. Anim. Duodevig. Libr., Parigi, 1559Macchiavelli, Stor. Fior., IV e VIII- Poggi, Facetiae, fol.174- Politine,
Conj. Pact. Commerat., apud Roscoe, Léon X- Piero Valeriano, De
Infelicit. Literat.- Ranke, Rœm. Paepsie, I, 247)“Ne' Le derisioni di Petrarca (Epist. Senil., III, i) dice Gebhardt, né la
critica sensata dei due Villani(III, I; X, 39; XI, “; XII, 4), né il libro di
Pico della Mirandola, Contro gli astrologi, guarirono i Medici stessi
dalla loro credulità”. Gebhardt, Rabeleis, p. 66-67- Pico della Mirandola,
d’altra parte, credeva fermamente nella stregoneria ed alla magia. E’ lui
che ha raccolto e volgarizzato la storia di due preti che vivevano in
concubinaggio con Satana. Vedi nell’autobiografia di Benvenuto Cellini,
il singolare racconto di un’evocazione magica alla quale se diede nel
Colosseo in compagnia di un prete, di un amico e del giovane Agnolino
Gaddi che mischiò qualche buffoneria al demonismo. Vita di B: Cellini,
edit. Di Milano, 1806, I, 223.
Capitolo IV
Il XV secolo
La stregoneria
I – Prima della Bolla Summis desiderantes – Incertezza dei
giudici all’inizio del secolo- La stregoneria diventa
epidemica- Origine del male – Le prime regioni raggiunte- I
primi processi collettivi- Processo di Guillame Edeline – La
stregoneria (La Vaudoisie ) d’Arras
II – La Bolla – Nascita dell’epidemia di stregoneria sotto
l’influenza della Chiesa- Il “canto di guerra dell’Inferno” –
Occasione- Analisi – Influenza – Il Malleus Maleficarum.
III – Dopo la Bolla – Gli stregoni del Tirolo e la miseriaHenri Institor, inquisitore- Le streghe della LombardiaNumero immenso di vittime – Il male e la persecuzione si
estendono all’Italia intera- Ruolo nefasto dei papi.
La teoria che considera le operazioni magiche o di
stregoneria come reali e come crimine assimilabile
all’eresia, è fondata all’inizio del XV secolo. A servirsene,
però, c’è ancora esitazione. Lo spirito d’indipendenza del
Parlamento di Parigi si spinge fino ad assolvere, nel 1460, il
curato Yves Fabins, accusato d’aver battezzato e
comunicato un rospo, l’animale caro agli stregoni, mentre a
Soissons è bruciata viva una strega sua complice. 70 Parlando
di questi casi eccezionali di tolleranza, si è potuto affermare
70
Jacques du Clerc, Mémoires, IV, 33
che nel XV secolo, “il diavolo perdeva terreno” e ricordare
che è anche il tempo in cui Corneille Agrippa osava scrivere
pensando ad un quadro di Lucas de Leyde, che “l’inventore
della cappa con cappuccio [gagoule] è stato il diavolo, dal
quale gli altri monaci e fratelli l’hanno ricevuta come
eredità.”71
Le disuguaglianze di trattamento, di cui parliamo sono
dovute al fatto che le teorie del sabba non avevano ancora
preso consistenza ed al fatto che la stregoneria non era
ancora epidemica. Si sa che il contagio terribile dei disturbi
mentali li trasforma facilmente in epidemia. Ora, non
c’erano ancora che casi isolati ed indipendenti.
E’ il XV secolo che vide nascere la grand’epidemia, che vide
raggrupparsi e sistematizzarsi i disordini nervosi che
abbiamo analizzato. Dove? In quale paese? Alcuni scrittori
stranieri si sono divertiti a additare la Francia e le sue
province meridionali.72
Ecco un nazionalismo davvero imprevisto. Altri, meno
strettamente sciovinisti, convengono che la stregoneria, in
Germania, si ricollega direttamente alle vecchie feste
teutoniche della santa Walpurgis73. In ogni modo, è
accertata nel XV secolo, stabilmente insediata in punti
molto diversi74.
71
C. Agrippa, De incertt. Et vanit. Scientiar., c. 25
D L. Meyer, Die Periode der Hexenprocesse; J. Scheltema,
Geschiedemis der Heksenprocessen… Haarlem, 1828
73
Th. Wright, Narrative of sorcery; J. Grimm, K. Simrock, Handbuck
der Deutschen Mythol.
74
Già dal 1353, a Tolosa, un processo parla di danze di streghe, il
giurista Bartolo (m. 1357), aveva condannato una strega votata al
diavolo, ma non senza stupore su questo nuovo caso. A Berna, Pierre de
Berne, nello stesso periodo circa, aveva già bruciato un gran numero di
stregoni.
72
A Roma è bruciato, nel 1424, Funicella, per aver stregato
svariate persone. In Svizzera, Pietro di Berna aveva visto la
setta costituirsi, con a capo un certo Scavi, poi col suo
discepolo Poppo, poi con Stœdeli. Nel 1453, la stregoneria
esplode in forma epidemica, in Normandia. L’anno
precedente, una strega giudicata a Provins, dichiarava
ancora che in Francia ed in Borgogna c’erano in tutto non
più di sessanta streghe. Nella Franche-Comté, il male colpi
nello stesso anno 1453. La Germania vede, già dal 1456,
bruciare streghe affiliate alla setta, - vale a dire affette dal
male epidemico- a Heidelberg, e nel 1456, a Colonia, dove
le poveracce avevano provocato una gelata distruttrice. Per
Bodin, la scuola di stregoneria era in Spagna, a Toledo, da
moltissimo tempo. E queste non sono altro che “indicazioni
sparse su tutto un insieme di fatti che non attirarono mai
l’attenzione pubblica o non furono registrati dagli storici. 75
Gli scrittori della Lorena hanno conservato il ricordo di
parecchi processi che avevano fatto scalpore e preludevano
alle terribili esecuzioni dei secoli successivi.
Nel 1408, “ ci fu una gran rovina di donne che, si diceva,
avessero rapporti e blandizie con un certo gentiluomo che
aveva un castello nelle Vôges ed era chiamato Romaric
Bertrand… Con scienza negromantica e stregonesca aveva
messo a mal partito molte ragazze e donne”. Fu così che in
una sola notte, da mezzanotte alle due, “aveva avuto gioiosi
amori e rapporti con donne che furono nel buon numero di
diciotto”. Compiva queste prodezze con l’aiuto di filtri
amorosi ed è senza dubbio per ricordarle che il diavolo fu
talvolta chiamato Signor Bertrand dagli stregoni. 76
75
Lea, Inquisition, III, 537
J. Bourbon, Chroniques, etc., p. 33- I soprannomi più frequenti di
Satana nei suoi incontri amorosi erano: Verdelet, Jolibois, Perrin, Nanel,
Saute-Buisson.
76
A Senones fu giustiziato nel 1428 una certa Idate, moglie di
Colin Paternostre du Mesnil. Questa era accusata di
stregoneria (triage) e divinazione (génocherie) [cf. nota piè
di pagina, ndt]. Si fece venire per l’occasione un inquisitore
da Metz77.
I più noti affari contemporanei sono: il processo di
Guillaume Edeline e quello degli stregoni d’Arras.
Guillame Edeline, dottore in teologia, monaco benedettino
dell’abbazia di Lure, lasciò un giorno il suo ritiro per pregare
la falsità della stregoneria, l’inanità delle pratiche magiche e
la pietà per gli stregoni. Dimostrava che il sabba non era
altro che una favola accreditata dall’ignoranza. La sua
eloquenza fu coinvolgente e le fu dovuta in gran parte la
tolleranza relativa dell’inizio del XV secolo.
Guillaume Edeline, conosciuto da allora con il nome di
Guillaume di Lure, arrivò così fin nel Poitou e la sua
immensa reputazione lo fece nominare professore di
teologia a Poitiers. Era nel medesimo tempo priore di SaintGermain-en-Laye. La disgrazia volle, però, che fosse anche
lui accusato di stregoneria, denunciato simultaneamente al
vescovo di Poitiers, Pierre de Combont ed al vescovo
d’Evreux, Guillaume de Floques. Fu aperta una doppia
istruttoria e Edeline finì per confessare, nella cappella del
77
A. Fournier Une épidémie de sorcellerie en Lorraine aux XVI et XVIIe
siècle, Nancy, 1891, p. 7 – M. Fournier aggiunge questa nota filologica:
“Deriva dal basso latino striga, stregone". Genocherie, da gynosco,
contrazione di gyronosco, conoscere l’avvenire con monete e bacchette.
Ai giorni nostri lo stregone è chiamato “genot”. Quindici anni dopo, un
affare di stregoneria fece grande scandalo a Nancy. Un prete, Louis
Monzon, mise incinta una ragazza, Guillaumette Lancon. Per tirarsi
d’imbarazzo, accusa “il Signor Diavolo d’aver rovinato la ragazza” in
seguito ad un sortilegio fatto da un certo Michel Adam, anche lui uomo
di chiesa. Michel e Guillaumette, sono arrestati, ma protestano
vigorosamente che il diavolo non c’entra niente nell’affare e l’accusatore
spaventato prende la fuga.
vescovo d’Evreux, i seguenti misfatti: da anni frequentava il
sabba, vi andava a cavallo ad un manico di scopa, vi adorava
il diavolo sotto forma di un ariete nero, o di un caprone, o
di un uomo, vi aveva rinnegato la fede e aveva come
complice una signora cavallerizza. Per contratto
sinallagmatico, si era impegnato a predicare la vanità della
stregoneria e con una manovra satanica l’aveva dichiarata
pura illusione dell’immaginazione. Ecco le ammissioni alle
quali, in un’epoca simile, si poteva indurre una bella e
nobile intelligenza.
Di conseguenza, il 12 dicembre 1453, Edeline fu
condannato dalle autorità d’Evreux alla prigione perpetua,
in catene ed a pane ed acqua. Davanti alla folla accorsa, il
condannato fu esposto, con il capo coperto da una mitra.
L’inquisitore ricordò le sue brillanti campagne contro i
processi di stregoneria ed egli rivendicò l’enormità del suo
crimine. La voce spezzata dai singhiozzi, Guillaume chiese
perdono a Dio, al vescovo, alla giustizia, si raccomandò alle
preghiere degli assistenti e fu condotto, incatenato nella
segreta dalla quale non doveva mai più uscire. Un mattino
fu trovato morto, in ginocchio, in atteggiamento di
preghiera78.
78
Petri Mamoris, Flagellum Hœrelicorum, in-8, 1621 ( senza luogo). E’
l’opera di un contemporaneo d’Edeline- Bodin. Démonomanie,
prefazione, p.3; Refut. De Wier, fol. 219. Bodin fra gli altri dettagli parla
della “sua confessione che si trova ancora nei registri di Poitiers, come
so da Salvert, presidente di Poitiers”. Jacquier, Flagellum Hœrelicorum,
8°, Francoforte, 1581. Jacquier ha conosciuto Edeline al tempo della sua
prosperità.- Enguerrand de Monstrelet, Chroniques, in-8°, Parigi, - Pierre
Mattayer, 1595, t. III, p.63.- Jules Garinet, Histoire de la magie en
France depuis le commencement de la monarchie jusqu’à nos jours, in8°, Parigi, Fouloy, 1818.- Bull. de la Soc. Des Antiquaires de l’Ouest,
1856, I trim., articolo di M. Bonsergent, bibl. di Poitiers- Masson SaintAmand, Essais historiques et anecdotiques sur l’ancien comté d’Evreux,
p. 208 e 209- A, Déy, Hist. De la Sorcellerie au Comté de Bourgogne,
Si accusavano le sue prediche d’aver accresciuto il numero
di stregoni impedendo ai giudici di punirli. Post hoc ergo
propter hoc. Si vede, almeno, che l’epidemia continuava le
devastazioni.
Qualche anno più tardi cominciava il gran processo d’Arras.
Fu avviato Nella Champagne, a Langres, dove nel 1459,
durante lo svolgimento del capitolo generale dei
domenicani, fu bruciato un eremita accusato di stregoneria,
Robinet de Vaux. Robinet sotto torture, come succede in
casi simili, aveva denunciato i suoi complici, tra gli altri
Deniselle, di Douai, “una ragazza di folle vita”, e Jean la
Vitte, d’Arras. Come aveva conosciuto quelli che Robinet
accusava? Se pur li conosceva, non arrivò ad indicarli solo
dietro suggerimento dell’inquisitore d’Arras, Pierre le
Brousart, presente al capitolo d’ordine? In ogni caso questi,
al rientro fece arrestare Deniselle e ricercare Jean-la-Vitte.
Era un artista, un cervello un po’ stupido, pittore e poeta di
mestiere, poeta mistico, che componeva ballate per la
Vergine. Era chiamato l’Abate di poco senno79. In prigione, si
8°, Vesoul, 1861, p. 79- Cfr. Del Rio, Disquis,p. 784- Alain Chaartier,
Hist. De Charles VII, ann 1453.
79
Jean Frenoye, dice Jean la Vitte, un pio troviero, si scopriva, alla fine
dei detti e ballate, esclamando: “ Non ne dispiaccia al mio padrone!”.
Tale padrone fu individuato nel diavolo. Il canonico ortodosso Jean
Molinet stigmatizzò così la sua esecuzione:
Ho visto grande stregoneria (vauderie)
Pullulare in Arras
Gente carica di fantasticherie
Essere bruciate per giudizio,
Per trent’anni, poi quest’affare
il parlamento decretò
che a torto o a ragione
A morte li portò.
tagliò la lingua, per evitare d’essere spinto alla confessione.
Sapeva tuttavia scrivere e non poté evitare la questione.
Allora si decise e furono ammissioni straordinarie. Clero,
nobiltà, gente del popolo, dappertutto denunciava complici,
tutta Arras sembrava doverci passare. Jean de la Vitte non
la finiva più di confessare. La cosa doveva essere molto
imbarazzante. Si dovettero fermare le sue rivelazioni.
Gettavano il discredito sull’affare e nessuno, al di fuori
d’Arras, ci credeva più. Si procedette nondimeno alla prima
infornata di vittime il 10 maggio 1460. In mezzo delle
fiamme, i poveracci protestavano la loro innocenza e
l’Abate di poco senno morì gridando: Jesus autem transiens
per medium illorum. Si fermò ad ibat. Il miracolo sul quale
contava la sua fede ingenua, non avvenne.
Si procedette ad una seconda serie d’arresti, questa volta
tra gli abitanti più ricchi e più considerati. Durante una
seconda esecuzione, il 7 luglio, i disgraziati morirono
gridando che le confessioni gli erano state estorte con la
tortura e protestando la loro innocenza. Gli arresti
continuarono. I più ricchi erano i più minacciati. Panico e
terrore regnavano in città. Fino ad ottobre, Arras fu in
preda agli inquisitori. Fu una crisi terribile per il commercio
e l’industria. Il malcontento pubblico fu tale che si dovette
fermare ogni nuova azione giudiziaria. Dei quattro ultimi
condannati, uno fu bruciato, dopo aver dichiarato nulle le
confessioni che gli erano state estorte sotto tortura, un
altro fu condannato a venti anni di prigione, a pane ed
acqua, gli ultimi due ne vennero fuori con forti ammende. Il
Dinaux, Trouvères du Nord de la France, in-8°, Paris 1843, t. III, p. 309Cfr. Nationale Mss, Bibl. roi, in-f Z 1365 . Invectives contre la secte de
Vauderie.- Gilles Cartier, decano di Cambral, Sportula fragmentorum,
in-4, gothique, Bruxelles, 1479
resto degli accusati fu rimesso in libertà a condizione di
pagare le spese della carcerazione e di processo, o
lasciando parte ei loro averi.
L’affare non era terminato. Le lamentele delle vittime
finirono per essere ascoltate dal Parlamento di Parigi. Fu
ordinata un’inchiesta. Jacques du Boys, dottore in diritto,
decano del capitolo, istigatore d’ogni processo, vedendo
avvicinarsi la data della comparizione, fu preso da pazzia. Il
verdetto del Parlamento fu emesso soltanto trent’anni
dopo, riabilitando i condannati e annullando il
procedimento80. Era un po’ tardi. E altri grandi processi
attiravano l’attenzione pubblica. A questa data, in effetti, si
era verificato un avvenimento capitale: la pubblicazione
della famosa Bolla Summis desiderantes.
(traduzione Franco Virzo, 2008)
II
Il ruolo rivestito della Chiesa in ciascun processo, lo
vedremo in un capitolo speciale. Una responsabilità più
grave e d’ordine superiore ci ferma qui.
L’adozione della teoria popolare sulla realtà degli effetti di
stregoneria, aveva avuto la conseguenza fatale di fare
un’eccellente propaganda agli stregoni legittimando nello
stesso tempo i supplizi più crudeli.
S’inaugura quindi la persecuzione. Oggi, però, sappiamo
qual è il risultato delle persecuzioni: ovvero quello di
80
Jacques de Clercq, Memoires, IV – Mathieu de Coussy, Chroniques,
129 – Martène, Ampl. Collect., V, 501- Du Verger, La Vauderie dans les
etats de Philippe-le-bon, Arras, 1885- Biblioth. Roy. De Bruxelles,
MSS, na 2296 – Les Inquis., III, 520.
consolidare i perseguitati nella loro credenza e di
moltiplicarne il numero in maniera illimitata.
Si consideri, in oltre, che la base fisiologica del male di
stregoneria era costituita da disturbi mentali e si
comprenderà che disordini di questo genere, il cui contagio
è ben conosciuto dagli alienisti, dovevano prendere da qui
uno sviluppo preoccupante. Non è tutto, però. A questi
deboli mentali, la cui predisposizione s’incrementa con le
miserie e le sofferenze della guerra dei Cento anni, i
processi per stregoneria apportavano una suggestione
multipla e ossessiva. Su ordine dei sinodi, dei vescovi, dei
papi, si ripeteva nelle chiese, davanti al popolo riunito, in
alcune diocesi ogni domenica, le minacce contro ogni specie
di magia e di stregoneria. Nelle inchieste e nei
procedimenti, gli inquisitori, sullo stesso argomento,
facevano parlare davanti alla folla un predicatore da loro
scelto. Per atterrire l’immaginazione del popolo, gli si
ricordavano i misfatti ed i supplizi dei principali colpevoli
degli anni precedenti e di paesi lontani. Si creava tutta una
letteratura con la quale erano accuratamente trasmessi i
racconti classici. Si creava in questo modo una vera
ossessione per le menti.
Di fronte ad un’accusa di stregoneria, si scongiuravano i
sospettati di confessare i loro misfatti. Si formò presto una
lista tipo di crimini, un questionario stereotipo, se oso dire,
che era inflitto ad ogni accusato. Poi veniva la tortura. I
malcapitati erano messi sotto pressione con nuove accuse,
gli si ripeteva con insistenza la lista dei crimini che doveva
aver commesso. E queste scene si ripetevano, si
moltiplicavano, durante lunghi mesi. Nel frattempo c’era
l’oscurità della galera, la solitudine ed il silenzio, cose
terribili per immaginazioni malate. Era il regime estenuante
dei prigionieri. Caratteri solidi, e più di un esempio lo
dimostra, non resistevano a simile trattamento. Che ne
doveva allora essere per le povere donne vittime della
suspicione popolare? Nulla rivela quanto gli interrogatori
raccolti dai cancellieri. La sfortunata lotta innanzitutto
contro le imputazioni degli accusatori. Giura la sua
innocenza. E’ condotta nella camera di tortura. Incapace di
resistere al dolore, non prova più a negare. Non ha fatto
incantesimi, sortilegi, frequentato i sabba? Sì. Non ha visto
nelle assemblee notturne volti a lei noti? Sì. Altrettante basi
per nuove persecuzioni. La tortura cessa. Alcuni giorni
dopo, nuovo interrogatorio, nuovi dinieghi. Nuove torture,
però, e nuove ammissioni.
L’interrogatorio inedito di Susanna Gaudry, di cui si
troveranno degli estratti alla fine di questo volume, è tipico
al riguardo. La povera donna, secondo gli atti del processo,
è affetta da “sordità”, è “mezza cieca”, ha la memoria così
debole che non ricorda la sua età. E’ evidentemente una
degenerata. Essa nega dapprima. Non ha udito nulla, visto
nulla distintamente. E’ facilmente comprensibile visto
l’ebetaggine dei suoi sensi. Si ricorre alla tortura: non lesina
più sulle ammissioni. Un mese dopo, ritorna sulla prima
confessione. La tortura! Prima nega, ma subito dopo “tirata
sulla questione”, vale a dire sul tavolo di tortura, fa nuove
confessioni. Si capisce allora che diritto si avesse
d’infliggerle fortemente prima la forza e poi il rogo.
Nella maggior parte dei processi verbali, è facile fare
constatazioni analoghe.
I dibattimenti del processo, prolungati per mesi, e per mesi
occupanti l’opinione pubblica, il supplizio stesso dei
condannati poi, con le solennità da cui era avvolto ed i
commenti di cui era inevitabilmente l’oggetto, tutto questo
costituiva ancora una nuova suggestione.
In un villaggio del XV secolo, isolato dalla vita esterna,
abbandonato alle proprie impressioni, alla reazione dei
terrori superstiziosi di ciascuno dei suoi abitanti, si finiva col
non aver più un cervello sano e si vide più di una volta,
come nei secoli seguenti, interi villaggi affetti dal male di
stregoneria.
Si creò e si diffuse in tal modo l’epidemia attraverso
l’Europa. La principale causa della sua nascita risiede nei
procedimenti barbari utilizzati prima contro le streghe
dall’epoca precedente. Il male irreparabile era stato
d’assimilare la magia all’eresia, dopo che l’Inquisizione
trattava già l’eresia con la maniera forte.
Si vedono le due tappe della responsabilità della Chiesa nei
sanguinosi processi che terrorizzeranno i secoli. La prima,
soprattutto teorica, è di aver ceduto alla corrente popolare,
che teneva dal paganesimo la credenza alla magia. La
seconda, in ambito pratico, è d’aver esaltato le
immaginazioni, col supplizio di maghi e stregoni, e creato di
sana pianta, in un ambiente predisposto, L’Epidemia degli
stregoni.
Ognuna delle misure di rigore, ciascun atto pubblico,
destinato a guarire il male, non ha avuto altro effetto se
non quello d’esasperarlo. Le bolle di Giovanni XXII sono
l’origine primaria dell’epidemia81. La famosa bolla
d’Innocenzo VIII del 1484, ha tuttavia ampliato il male in
proporzioni inaudite. Con essa, ha inizio un’epoca, un’epoca
di sangue e di vergogna. Uno storico protestante a potuto
81
Vedi in Documenti
dire di questa bolla che era “il canto di guerra
dell’Inferno!82” talmente le conseguenze ne furono terribili.
Questa fu provocata dalla consistente espansione avuta
dall’epidemia nell’Alta Germania, nella diocesi di Magonza,
Colonia, Treviri, Salisburgo e Brema. Due inquisitori,
dell’ordine di San Domenico avevano intrapreso delle
persecuzioni. Si formò, tuttavia, subito un’opposizione,
poiché chierici e laici negarono agli inquisitori il diritto alla
giurisdizione delle cause di stregoneria. Per spezzare
quest’opposizione il papa Innocenzo VII emise, il 9
dicembre 1484, quella bolla di sinistra memoria che
comincia con le due parole: Summis desiderantes… Con
questo documento ufficiale, conferma la realtà dei crimini
di stregoneria, in ogni variante: incubo e succubo,
incantesimi e sortilegi, sterilità trasmessa dagli uomini alla
natura, produzione di malattie, epidemie ed epizoozie e
“diversi altri crimini abominevoli”. Poi conferisce ai due
inquisitori ogni potere per perseguitare, nell’Alta Germania,
imprigionare e punire i colpevoli, di qualsiasi condizione.
Chiunque si opporrà in qualche modo al loro ufficio, sarà
scomunicato e colpito da pene ancora più terribili.
L’effetto di questa bolla fu considerevole. L’imperatore
Massimiliano prese i due Inquisitori sotto la sua protezione
(6 novembre 1486) e l’Università di Colonia li esortò “ a
proseguire con zelo il loro compito”.
Questi due inquisitori erano Henri Institor e Jacob Sprenger,
tristemente celebri per il loro famoso Malleus Maleficarum,
stampato a Colonia, due anni dopo la bolla83 e che fu da
allora consultato con lo stesso rispetto di un libro ispirato.
Era lo sviluppo della dottrina d’Innocenzo VIII, arricchito da
82
Schwager, Hexenprocesse, citato da Baissac, loc. cit., p. 11
H. Institor e Jacob Spreng., Malleus Maleficarum, in-4°, Colonia,
1486.
83
una moltitudine d’aneddoti straordinari destinati a
dimostrare la teoria. Nelle edizioni posteriori, nuovi
racconti furono aggiunti, riuniti nella Fourmilière di Jean
Nider84. Si vede in questi racconti come, per esempio, si
produce la grandine e la pioggia. Niente di più semplice:
fare un piccolo buco, versarvi dell’acqua, rimestare
pronunciando il nome dei villaggi o delle navi sulle quali si
deve scatenare la tempesta. Sprenger ha conosciuto una
vecchia donna che, con questo semplice procedimento,
aveva distrutto ventotto leghe di terra molto fertile. In
mancanza d’acqua, la strega usava un liquido “più lurido”
ma non meno efficace. Spencer lo ha ancora visto. Ha visto
anche molte altre cose. Ha visto giovanotti bruscamente
spogliati di un organo che generalmente i sortilegi si
accontentavano di “legare”. “Passando con la mano, dice,
non si percepiva nemmeno un’asperità”. Niente di
stupefacente in questo: le streghe collezionavano questi
ninnoli. “N’ammassavano fino a venti o trenta, afferma
Nider, in nidi o scrigni” e sa che alcuni, per rientrare in
possesso dei loro beni, hanno dovuto arrampicarsi sugli
alberi e scegliere tra la collezione nel nido meraviglioso,
quello che gli apparteneva.
Ecco un campione di questo libro capitale. S’incrementò
sempre, ad ogni edizione, di scritti contro la stregoneria e
finì per formarne una voluminosa raccolta. Il numero delle
sue edizioni è la prova della straordinaria influenza che
ebbe sulle menti. Con il Malleus, l’orda dei persecutori si
scatenò.
III
84
Formicarium Joannis Nideri suevi, aggiunto in appendice al Malleus
nell’edizione di Francoforte, 1588.
I primi fatti memorabili si svolsero nel Tirolo. Già nel 1485,
la bolla d’Innocenzo VIII vi fu pubblicata e lo sterminio
cominciò. Il vescovo di Brixen e l’arciduca Sigismondo
diedero pieni poteri a Henri Istitor ed il 14 ottobre il
tribunale inquisitorio si mise all’opera. Dopo un mese, però,
gli arresti erano stati talmente numerosi che il vescovo
aveva avuto paura di una sommossa popolare. Tentò di
fermare l’inquisitore e le sue procedure giudiziarie.
Inutilmente, d’altra parte, dato che parecchi mesi dopo, se
ne lamentava ancora nei seguenti termini: “Questo monaco
mi è di grande imbarazzo nella diocesi…L’età mi sembra
averlo ridotto del tutto allo stato infantile”. Gli arresti si
moltiplicavano, sempre con lo sbocco tragico abituale. Il
rimbambimento dell’inquisitore Institor favorì la tragedia di
cui la stessa corte di Sigismondo fu teatro. Un intrigo ordito
contro l’arciduchessa Caterina di Sassonia si sforzò di
persuadere l’arciduca che sua moglie voleva avvelenarlo.
Piazzarono una miserabile in un forno, in cui rivestiva il
ruolo del diavolo rivelatore e questa denunciò una
moltitudine di persone che furono torturate. Denunciò la
stessa Caterina di Sassonia. Il vescovo fece prova di gran
giudizio riuscendo ad ottenere la partenza d’Institor, che
andò a continuare le sue imprese in Germania e divenne poi
professore di teologia a Salisburgo.
Sigismondo, messo in agitazione dagli scompigli coniugali
che gli aveva rivelato il monaco, ne fece non di meno
continuare i processi dal tribunale che aveva organizzato
Institor. La tortura ed il rogo continuarono i loro disastri. Le
confessioni degli sventurati ci mostrano che l’origine del
male era per lo più dovuta alla miseria. Julienne Winckler
(1492) si siede nella luppoliera, estenuata dalla stanchezza
e dalla fame. Suo marito è morto, non è più in grado di
sfamare i figli, gambe e braccia non le permettono più di
guadagnarsi da vivere. A questo punto le appare Satana e le
regala delle carni che non nutrono. Anna Misler piange
davanti alla sua porta, all’imbrunire. Anche lei ha perduto il
marito. Suo figlio è un cattivo soggetto che ha rovinato la
povera vedova. Satana s’avvicina, le riempie d’oro le mani
tese, ma l’oro svanisce, quando questa rientra a casa. E’
ancora la miseria che fa aderire a Satana Anna Oberharder,
Catherine Hasebrieder, schiacciata dai debiti, Catherine
Moser, condannata alla più miserevole esistenza, la
Mesmerin di Sanct Christanz, che si disperava durante la
notte perchè non poteva nutrire i suoi bambini in tenera
età. A tutte queste sventurate, il diavolo serve splendidi
banchetti in cui la carne è di poca sostanza ed il vino non
disseta. L’immaginazione trasporta le poveracce sulle
montagne dirupate del Tirolo, in qualche landa, in qualche
prateria, dove assistono al sabba. Vi affluiscono perché si
mangia. Il banchetto è costituito da animali rubati ai
proprietari, ma accuratamente restituiti l’indomani mattina.
Talvolta sono dei bambini ad essere serviti arrosto. Le madri
li ritrovano il giorno dopo e non dubitano di nulla, ma questi
non tardano a morire e gli iniziati sanno perché. Oltre
all’assassinio satanico, si praticava anche l’arte delle
tempeste e delle grandinate85.
E’ facile cogliere in questi racconti l’allucinazione da cui
provenivano le confessioni dei miserabili. L’allucinazione,
però, conduceva allora al supplizio.
Dal Tirolo, la persecuzione passò in Lombardia e l’alta Italia
tutta. Per dire che non mancava nulla a quello che Stendhal
85
L. Rapp. Die Hexenprocesse und ihre Gegner aus Tirol.
-Fr. Sinnacher, Gesch. Der Kirche von Sâben und Brixen
- J. Baissac, ouv, cité p. 20 e seg.
chiamò “la meno imperfetta incarnazione del diavolo”,
Alessandro VI, con una bolla speciale, decise il massacro 86.
Gli stessi misfatti che Innocenzo VIII attribuiva agli stregoni,
gli sono imputati da Alessandro VI che incarica l’inquisitore
Angelo da Verona “di ricercare diligentemente, punire e
castigare” chiunque si dedichi alla stregoneria. I supplizi
cominciarono. Bartolomeo Spina riporta che furono
bruciate più di mille streghe in un anno in Lombardia e ciò
per venticinque anni. Giulio II, con un breve, volle ancora
spronare lo zelo degli inquisitori ed ordinò loro di estirpare
il male “col ferro e col fuoco”. Verona, Cremona, Brescia,
Bergamo, Bologna, furono successivamente decimate.
Leone X stimolò la persecuzione con una nuova bolla, in
data 15 febbraio 152187. Adriano VI, il 29 luglio 1523,
Clemente VII, il 18 gennaio 1524, presero misure analoghe.
Nella sola contea di Burbia, nei pressi di Como, 41 donne
furono bruciate. Il totale delle vittime è impossibile da
determinare. Secondo le cifre di Bartolomeo da Spina,
scrittore di demonologia contemporaneo, per la Lombardia
bisognerebbe contarne più di venticinquemila88. L’Italia
intera fu invasa verso l’inizio del XVI secolo. Il male
prendeva proporzioni paurose. Nel 1510, furono bruciate
settanta donne ed altrettanti uomini a Brescia. Nel 1514,
trecento a Como, nel 1518, settanta streghe nella
Valcamonica mentre un quarto della popolazione fu
accusato e sospettato. Queste poche indicazioni
frammentarie che ci sono pervenute non sono altro che
segnali che possono guidare la nostra valutazione,
insufficienti, però, per un’esatta statistica. Qui, come
86
La bolla Cum acceperimus, vedi alla fine del volume
Vedi in documenti
88
Bart. De Spina, O. P., Questio de Strygibus, 1523 e In Ponzinibium de
Lamis Apologia.
87
altrove, non si saprà verosimilmente mai il numero di
sventurati che perirono89.
Gli orribili crimini del XV secolo non sono pur tuttavia
ancora che un preludio.
Capitolo V
Inizi del XVI secolo
I – Tentativi di resistenza – Venezia, sommosse popolari
- Cornelius Agrippa.
II – Apparizioni e Spiriti da commedia – Hans Jetzer ed i
domenicani di Berna- L’immacolata Concezione- Appari­
zioni simulate- Processo e supplizio dei domenicani – I
cordiglieri d’Orleans e lo spirito della moglie del prevo­
sto [la Prévôte, ndt] – Loro condanna.
III - La stregoneria in Spagna – Il curato di Bargota ed i
suoi viaggi aerei- Come protegge il papa contro un mari­
to tradito- Il dottor Torralba.
I
89
Archivi di Venezia, Misti. Concil., X, vol. 44. p. 7.
Lea, Inquis., III, 546. – Baissac, p. 40
Naturalmente una procedura di questa sorta non poteva
instaurarsi senza generare tentativi di resistenza. Il più
vigoroso venne dalla repubblica di Venezia.
Venezia aveva leggi contro la magia e le faceva applicare dai
suoi magistrati. Talvolta permetteva all’Inquisizione
d’intervenire, ma ne subordinava il permesso alla sua
politica nei confronti dei papi90.
Quando l’epidemia dei primi anni del XVI secolo, con la
persecuzione degli inquisitori, si fu aggravata con una
rapidità spaventosa, il territorio di Venezia, specialmente
Bergamo e Brescia, soffrì della repressione in maniera
particolare. Leone X aveva designato queste regioni ai rigori
inquisitoriali. Per compiacergli, si andò oltre le sue
intenzioni, mettendo in atto una severità tale che il popolo
se ne lagnò e che finalmente la repubblica di Venezia si
rifiutò di lasciar eseguire le sentenze degli inquisitori. Il
Consiglio dei Dieci era spaventato dal numero d’esecuzioni
e da quello più minaccioso ancora degli arresti e degli
accusati. Ritenendo che “i laici non hanno alcuna facoltà in
simile materia, l’unica cosa che devono fare è obbedire ed
eseguire91” , Leone X, il 15 febbraio 1521, lanciò
fulmineamente la bolla Honestis, nella quale ordinò agli
inquisitori di colpire con pene e censure canoniche, il
Senato, il Doge e le altre autorità veneziane “se si rifiutano
d’eseguire prontamente, senza revisioni ed esami” le
sentenze da loro pronunciate. Da qui si vede quanto
infondati sono gli apologisti nel pretendere che la
responsabilità delle misure di rigore e dei supplizi ricada sul
90
Con il suo Concordato dell’agosto 1289, con Nicola IV, la repubblica
di Venezia aveva ammesso l’Inquisizione sul suo territorio soltanto a
certe condizioni.- V. Fleury, Hist. Eccl. all’anno 1289
91
La lotta contro il laicismo non data quindi da oggi.
“braccio secolare. 92” D’altra parte, il senato di Venezia non
si turbò per questa misura. Si accontentò d’elaborare un
regolamento procedurale e serbò l’ultima parola.
Le popolazioni delle campagne, però, non avevano un
Consiglio dei Dieci a difenderle. Spesso, ma senza successo,
provarono a ribellarsi. Abbiamo visto il malcontento del
popolo d’Arras durante il gran processo del secolo
precedente, quello delle popolazioni lombarde, le
lamentele della gente di Brescia e d’altri territori della
repubblica veneziana.
Nel 1517, gli abitanti della Valle dell’Oglio si sollevarono e
fu necessario un intervento del senato di Venezia per
pacificarli. Fatti del genere, che potrebbero essere rilevati in
quantità, sono particolarmente significativi. Provano fino
all’evidenza che il ruolo delle credenze popolari non è stato
quello che gli apologisti ufficiali vogliono far credere. Il
popolo si è accontentato di passare ai teologi le sue
superstizioni. E’ tuttavia falso che l’Inquisizione abbia
sempre agito contro maghi e stregoni sotto la spinta
dell’opinione popolare: fu invece spesso contro di questa.
L’opinione, che era stata l’artefice di quei crimini, era
diventata un’opinione d’intellettuali e dogmatici: quella dei
teologi.
A tener loro testa, non si vede allora altri che un Cornelius
Agrippa. Questi ebbe fama di sollevarsi contro i processi di
stregoneria e di prendere la difesa delle vittime sventurate,
prima ancora degli Jean Wier, Balthazar Bekker, Freidrich de
Spée, Agrippa di Nettesheim.
Aveva visto all’opera
l’Inquisizione nel nord d’Italia ed aveva tracciato un quadro
deciso dei suoi abusi: le regole procedurali continuamente
infrante e trascurate volutamente, le confessioni incoscienti
92
Vedi documento alla fine del volume.
estorte con la tortura, con supplizi terminanti con il rogo
per i poveri e commutati in pene pecuniarie per i ricchi,
talvolta in canone annuo imposto alle sventurate per non
essere di nuovo trascinate davanti all’Inquisizione, la
confisca dei beni di cui l’Inquisitore prende la sua parte, la
nota d’infamia inflitta ad ogni accusato e sospettato e
riscattata solo con donazioni in denaro93.
Come avvocato della città di Metz ed amministratore
municipale, nel 1529, ebbe a difendere contro l’inquisitore
Nicolas Savin una povera campagnola accusata di
stregoneria. Non c’era il minimo indizio di prove. L’unica
accusa era che la madre di questa donna era stata bruciata
come strega. L’inquisitore pretendeva che i figli di streghe
fossero generalmente figli d’incubi e consacrati al demonio
dalla nascita. Tal era la dottrina del Malleus sul quale
fondava la sua teoria. Agrippa si offrì di difendere la
sventurata: fu scacciato dalla sala. In quanto all’accusata, fu
crudelmente torturata, affamata in prigione, il marito non
poté ottenere di seguire il processo, per paura che
interponesse appello. Fortunatamente per lei, l’ufficiale
Jean Léonard, che collaborava con Nicolas Savin, cadde
gravemente malato, fu preso da rimorsi e prima di morire
attestò la sua fiducia nell’innocenza dell’accusata. Il
Capitolo fu colpito e, malgrado Savin, che reclamava di
nuovo il rogo, accordò ad Agrippa la grazia della povera
donna. L’Inquisizione, però, non si dette per vinta. Agrippa
dovette dimettersi e fuggire. Nuove persecuzioni furono
basate sulle confessioni dell’accusata, i processi ripresero in
massa, tanto che alla fine, profittando del malcontento
generale, il curato di Saite-Croix, Roger Brennon, intraprese
93
C. Agrippa, De vanitat scientiarum, c. 96, de arte inquisitorum- E’
noto che Agrippa è l’Her Trippa del Pantagruel (I. III. C. 25)
la lotta contro l’Inquisizione e con la sua energia ostinata
riuscì a far riaprire le prigioni94.
II
A fianco a queste resistenze rilevanti, il XVI secolo offre
processi di carattere non meno rivelante.
Durante l’oscuro XV secolo, le cause di magia e di
stregoneria hanno esse stesse una fisionomia oscura e
crudele, talvolta fino all’atrocità. Il XVI secolo, che fu in
primo luogo l’epoca della vendita in grande delle
indulgenze e delle querelle di monaci, mescola ai processi di
stregoneria un elemento di furberia e traffici pecuniari
molto curiosi da discernere.
Chi furono gli ingannatori e chi le vittime nel processo dei
domenicani di Berna (1507-1509) è difficile da dire, anche
oggi che gli Atti sono stati pubblicati. In ogni caso, è
soprattutto alla gran lotta che sostenne l’ordine
domenicano contro il dogma dell’Immacolata Concezione
che si collega questo strano affare, e non è l’episodio meno
singolare nella storia incoerente di questo dogma. E’ noto
come, uscito dalla pietà popolare e a lungo rigettato dalla
teologia dotta, il nuovo dogma si propagasse rapidamente
nel XIV secolo, nonostante l’opposizione dei Tommaso
d’Aquino, dei Bonaventura, e dei Richard de Saint-Victor 95.
Adottato dai Francescani, fu rigettato dai Domenicani, in
conformità con S. Tommaso. Fu allora guerra senza
quartiere tra i due ordini, che si contendevano il favore dei
papi, le cattedre alla Sorbona, le decisioni dei Concili,
ciascuno per il proprio articolo di fede. Da entrambe le
94
Corn. Agrippa, De Occulta Philosophie, I, 40; III, 35; Epist. II, 38 a
40, 59; D Vani. Scientar., loc. cit.
95
Vedi Herzog, La Sainte Vierge dans l’histoire, Parigi. 1908
parti, i predicatori s’insultavano e si trattavano
reciprocamente d’eretici.
Ora, verso l’inizio del XV secolo, sostenuti dalla credenza
popolare, i francescani avevano vinto e il dogma aveva
invaso quasi tutta la Chiesa, eccezion fatta per l’ordine di
Domenico, naturalmente. Ci si trovò nell’alternativa
d’abbandonare S. Tommaso o di suscitare miracoli per
appoggiare la sua dottrina.
In questa situazione avvennero i fatti di Berna96.
Nell’agosto 1506, un giovane sarto di Zurzach, Hans Jetzer,
si presenta come novizio al convento dei domenicani di
Berna. “Laycus idiota, nullas litteras sciens, mecanicus
natus”, così lo dipingono gli atti del processo. Il suo passato
non era molto limpido, i suoi costumi nemmeno, non più
del suo equilibrio mentale. Visionario e nello stesso tempo
simulatore, fin dall’entrata in convento, ha di notte la
visione di un fantasma, e di giorno crisi estatiche, catalessi,
trance ipnotiche. Le prime visioni di Hans Jetzer furono di
uno “Spirito” dall’aspetto bizzarro, con il naso penzoloni,
come se fosse stato reciso, e brulicante d’animali
vermiformi che si divertivano ad alzare e far ricadere il
coperchio della brocca. Si prega per abbreviare a
quest’essere soprannaturale il purgatorio e, l’11 marzo
96
De quator Hoeresiarchis in civitate Bernensi nuper combustis, A..
1509. (Relazione contemporanea stampata a Strasburgo ed attribuita a
Thomas Murner). Trithemius, Chron. Hirsang., ann. 1509- Sebast.
Brandt., in Pauli Langii, Chrom. Citic., anno 1509- Chrom. Di
Classenberger, anno, 1501, 1506, 1509. Gariby, Compendio Historial de
Espaua, XX, 13 – Lea, Inquis. III, 604 seg.- Baissac, Grands jours de la
Sorcellerie, p 44- Rettig, Archiv des Historischen Vereins von Bern,
1884-86 –Abbé Paulus, Ein Instizmord an vier Dominikanerns
berganen, Francfort, 1897. – Rod Steck, Die Akten des
Jetzerprozesses…Basilea, 1904- - reuss, Le Procès des Dominicains de
Berne, Parigi, 1905 (Estratto della Rev. De L’Hist. Des Relig.).
1507, quegli scompare annunciando visioni ancora più
importanti.
In effetti, nella notte del 24 al 25 marzo, la Vergine visita
Jetzer, ritorna molte volte durante le notti seguenti e lo
marca con le stimmate. Di giorno, Jetzer cade in trance,
riproduce le scene della Passione davanti al pubblico, a
beneficio del convento. La sua popolarità è considerevole e
raggiunge il colmo, quando viene esposta un’ostia tinta di
sangue portata dalla Vergine97, e soprattutto quando, il 24
giugno 1507, durante la notte, Jetzer fu trasportato dagli
angeli del coro della chiesa sull’altare della Vergine. Là,
sente l’effige di Maria dichiarare che è stata concepita nel
peccato, che i fratelli minori sostenendo il contrario
ingannano le menti, e subito degli occhi lasciano colare
lacrime di sangue dall’immagine. Grand’affluenza di
bernesi, il 25 mattina. Si constatano le lacrime di sangue sul
viso della Vergine. La gente istruita, però, comincia ad avere
dubbi. Il Provinciale dell’Ordine apre un’inchiesta, il vescovo
di Losanna n’apre un’altra e s’irrita per le reticenze dei
monaci. Da quel giorno si ripete che “ tutto ciò accade a
causa dell’Immacolata Concezione”.
Non si trova però niente di riprovevole. Segue una leggera
calma. Poi, nella notte del 12 al 13 settembre, la Vergine
appare sul pulpito, con i capelli “gialli” sparsi, una corona
sulla testa, un candelabro in mano, con cui benedice i
presenti. Il priore ed il suo vicario hanno visto Jetzer salire
sul pulpito. Si precipitano nelle tenebre. Trovano dietro
97
Le ostie sanguinanti sono un prodigio frequente nel Medio Evo. Si
avrebbe torto di vedervi sempre delle allucinazioni o dei raggiri. Il
Microcossus prodigiosus trasforma il pane in una vera poltiglia
sanguinolenta. V. Continuat. Rob. De Monte in Chronic., Sigebert
Gembl., all’anno 1182..
l’organo i capelli gialli e la corona, e vedono Jetzer scendere
verso l’altare e lì flagellarsi con una catena di ferro.
Sono tuttavia inviati a Roma gli attestati firmati e
controfirmati di tutti questi prodigi, eccetto l’ultimo. Jetzer
affermava che provenivano tutti da Dio salvo la commedia
del 13 settembre.
Il Consiglio di Berna, però, ed il vescovo di Losanna, meno
creduli, aprirono un’inchiesta approfondita (2 ottobre).
Negli interrogatori che seguono, l’atteggiamento di Jetzer
varia continuamente. Cause clamorose ci hanno dimostrato
di recente la stessa inconsistenza nelle testimonianze di
qualche grande isterico. Prima nega che la Vergine gli abbia
parlato
del
suo
concepimento,
poi
riporta
abbondantemente i colloqui in cui lei gli ha dichiarato “la
sua nascita nel peccato originale”, poi afferma fortemente
che sono i Domenicani che, nonostante le loro convinzioni
intime, l’hanno costretto a negare la Concezione
Immacolata. E Jetzer cita i santi Bonaventura, Anselmo,
Alessandro di Hales, etc. etc. per dimostrare la sua
personale opinione. Molto sapiente per un idiota laycus ed
uomo meccanico, che nessuno si sarebbe incaricato
d’imbeccare. Accanto a ciò, le accuse contro i suoi vecchi
confratelli scendono dalle labbra di Jetzer fitte come
grandine: l’hanno perseguitato per le sue opinioni
“immacolatiste”, hanno tentato di avvelenarlo, di
denunciarlo al papa, hanno personificato loro stessi la
Vergine per ingannarlo.
Di fronte a queste accuse, il vescovo di Losanna rinvia Jetzer
al Magistrato di Berna. Jetzer continua ad accusare, mentre
i domenicani gridano alla calunnia. La folla, però, ce l’ha con
i miracolisti e li suppone capaci di tutto. Allora Jetzer
dichiara che gli hanno messo il veleno in un’ostia e indica il
fratello che gli ha impresso le stimmate. Quattro dignitari
del convento sono arrestati e messi sotto chiave. Poi
pretende svelare i trucchi di cui si sono serviti per
ingannarlo: uno dei fratelli faceva il ventriloquo, ma lui, dal
primo giorno, aveva smascherato la fantasmagoria. L’affare
si complica sempre di più. La repubblica di Berna chiede al
papa di rinviare a giudizio gli accusati.
Con un suo breve, Giulio II nominò giudici il vescovo di
Losanna, quello di Sion ed il Provinciale dei domenicani. Il 7
agosto 1508, cominciò il nuovo processo. Jetzer rinnovò le
accuse, i padri ribadirono la loro innocenza, ma sotto
tortura, come sempre, confessarono, ammettendo tutto
quello che si voleva: avvelenamento, idolatria, eresia,
sacrilegio, apostasia, rinuncia a Dio, patto satanico,
stregoneria e sortilegio. Sono loro ad aver recitato il ruolo
della Vergine, quello degli angeli, che hanno rapito Jetzer,
ecc. Poi ritrattano ogni ammissione e si appellano al papa
meglio informato. Una frase del priore descrive
meravigliosamente la psicologia degli accusati dinanzi al
tavolo di tortura: “ Ah! Che dire? Se taccio, è la tortura, se
parlo è la menzogna”. Avrebbero potuto esprimersi in
questo modo le innumerevoli vittime dei processi di
stregoneria.
Giulio II istituisce un nuovo tribunale soltanto il 1° marzo
1509. I vescovi di Sion e di Losanna ne fanno ancora parte.
Non si vedono più difensori, pochissimi i testimoni, assente
la tortura ed una precipitazione singolare. Sembra che un
accordo segreto sia intervenuto per abbandonare gli
accusati alla loro sorte interrompendo allo stesso tempo le
ricerche. In fondo, si voleva soffocare l’affare ed i quattro
sventurati prigionieri dovevano servire da capro espiatorio.
In venti giorni, il processo è terminato; il 23 maggio, i padri
sono condannati e bruciati il 31, sulla Schwellwnmatte, nei
pressi di Berna.
Hans Jetzer fu portato in giro per la città, con una mitra di
carta sulla testa, poi, mentre si deliberava sulla sua sorte,
egli risolse la questione evadendo. La cosa dovette essergli
facile, poiché il Consiglio di Berna, felice di essersene
sbarazzato, si rifiutò di riacciuffarlo. Non si sa cosa divenne
poi.
In questo famoso affare, Hans Jetzer fu un incosciente di cui
i monaci sfruttarono l’isteria per lottare contro i
Francescani e l’Immacolata Concezione? Fu al contrario un
simulatore abile e loro degli ingenui? Senza dubbio, né
l’uno, né l’altro. I domenicani avevano già scoperto la
parrucca gialla della Vergine, quando facevano ancora una
forte campagna per i miracoli di Jetzer: l’interesse teologico
dell’Ordine e l’interesse pecuniario del convento s’univano
a meraviglia in quell’occorrenza. Resta comunque il fatto
che Jetzer fu uno di quegli spostati malefici che non si osa
ritenere pienamente responsabili ed ai quali gli annali
giudiziari cominciano ad abituarci.
Vi sono tuttavia ancora molti punti oscuri e non si saprà
senza dubbio mai quello che l’autorità ecclesiastica cercava
di nascondere. Il Provinciale dell’Ordine, siccome si parlava
di perseguitarlo a sua volta, morì qualche giorno dopo il
supplizio dei suoi quattro monaci e corse voce che si era
avvelenato. Venti anni dopo, quando Berna aderì alla
riforma, i domenicani fornirono al protestantesimo
nascente alcuni dei più ardenti proseliti98.
98
I quattro domenicani condannati erano i quattro personaggi principali
del convento: Jean Vater, Etienne Bolshurt, François Ulschi, Henri
Steinegger.
Mentre i domenicani di Berna perdevano prestigio a
vantaggio dei rivali, ad Orléans i Cordiglieri ordivano
apparizioni con uno scopo meno onorevole99.
Il prevosto François de Saint-Mesmin, nel 1532, aveva fatto
sotterrare sua moglie Louise de Mareau nella chiesa dei
cordiglieri, di cui questa era una benefattrice. I monaci
trovarono, però, che non erano stati sufficientemente
pagati con i sei scudi che gli erano stati dati e, soprattutto,
ricevettero la defunta soltanto malvolentieri, perché le
rimproveravano tendenze al protestantesimo.
In un
solenne sermone, Jean Colimant, Provinciale dei cordiglieri
“disse e pubblicò che la moglie del prevosto era dannata”,
dato che il suo spirito era comparso per rivelarlo. Il marito
intenta subito una causa per diffamazione, accusando i
religiosi d’aver “supposto uno spirito” soltanto per
denigrare la defunta. Questi replicarono con un memoriale
al re, che lo spirito era fin troppo reale, che esso “agitava i
fratelli del convento in maniera tale che non potevano
restare in sicurezza” nella loro dimora. Lo spirito non era
altro che quello della moglie del prevosto [la Prévôte] e per
liberarsene, richiedevano l’esumazione. Lo spirito battente
si manifestava in un angolo del dormitorio degli allievi,
secondo le stesse modalità dei tavolini parlanti moderni.
Confessava di essere stato dannato dalla sua civetteria e
negligenza nella devozione alla Vergine ed ai Santi.
Il re ordinò quindi un’inchiesta e si cominciò con
l’imprigionare il Provinciale e parecchi religiosi. Il prevosto
pretendeva che il ruolo dello Spirito fosse stato tenuto da
un novizio, fra Alicourt. La commissione delegata dal gran
cancelliere di Francia, cardinale legato ed arcivescovo di
99
Jean Wier, Histoires disputes, etc.Bibliot. Bourneville, Parigi, 1885,
II, p. 140.
Sens, si trasferì ad Orléans, e cominciò le indagini il 24
marzo 1534. Fin dal primo confronto, sono arrestati e messi
in cella dodici religiosi. Il primo aprile seguente, su proposta
dei religiosi di dimostrare la realtà dello spirito, la
commissione comincia col far “coricare su di un giaciglio”
fra Alicourt, sotto buona scorta, e si fa invocare lo spirito
nella forma abituale. Si riprende l’esperienza l’indomani,
poi l’8 aprile. Tuttavia, mai “ fu udito o visto qualcosa”. Si
ebbe poi la sfilata dei testimoni nel corso del quale fra
Alicourt spiegò come, dalla cima della cappella, con un
angolo che sporgeva nel dormitorio, faceva lo spirito
battente. Il procuratore del re, Jean Bertorial, chiedeva per i
dodici responsabili pene diverse, adeguate alla loro età e
colpevolezza, di cui il rogo per i sette più compromessi e tre
anni di prigione per i giovani novizi “ con riguardo alla loro
giovane età”.
Finalmente il consiglio di stato condannò i dodici cordiglieri
a fare pubblica onorevole ammenda per il loro inganno ed
al bando perpetuo. In quanto alla fondazione Saint-Mesmin,
passò ai domenicani100. Era la loro rivincita sull’affare di
Berna101.
III
Queste tragicommedie non devono farci perdere di vista i
processi di stregoneria propriamente detti.
100
Lengket-Dufresnoy, Recuil de Dissetations anc, et nouvelles sur les
apparitions, etc., I, p. 93- Baissac, Sorcellerie, p. 52.
101
I condannati erano il Provinciale Jean Colimant, Pierre Darras,
Rolland Bressin, Pierre Brossier, Jeha Multrois, Phelippes Querronier,
Estienne Crochet, Guillame Falleau, Leguay, Froment, Desnoues,
Corner, religiosi e novizi : Nicolas Massier, Jehan Petit et Pierre
Alicourt.
Sfortunatamente, anche per quest’epoca non abbiamo che
documenti frammentari, su qualche caso straordinario che
ha particolarmente colpito i contemporanei.
Tal è, in Spagna, il processo del Dottor Torralba e sua sorella
Madeleine de la Croix.
Fin dagli inizi del XV secolo, l’epidemia di stregoneria aveva
invaso la Spagna e vi si diffondeva sempre di più, quanto
più si applicavano rigorosamente le prescrizioni pontificali.
Fu così che nel 1507, l’Inquisizione di Calahorra fece
bruciare come streghe più di trenta povere donne. Cinque
anni dopo, il popolo era ancora così rivoltato dalle crudeltà
commesse che, alle Cortès de Monzon, in Aragona, chiese al
re Ferdinando V di limitare la competenza degli inquisitori
ai casi rubricati dalla bolla Super illius specula di Giovanni
XXII. Che ci si attenesse ai crimini già assai stravaganti
denunciati da Giovanni XXII, questo solo chiedeva!
I rapidi progressi dell’epidemia sono rilevanti nell’affare
delle Jurginas della Navarra. Nel 1527, due ragazzine
d’Estella arrivarono ad accusarsi di stregoneria e
denunciarono numerose affiliate alla setta che esse
chiamavano le Jurginas. Le riconoscevano con certezza con
l’occhio sinistro, ma non si sa esattamente a quale segno. Il
tribunale reale s’incaricò delle indagini. Si andò da villaggio
in villaggio, furono fatte defilare davanti a ciascuna delle
ragazzine le persone sospette e, fatto notevole, successe
che tutte quelle che indicarono le due ragazzine ammisero,
in effetti, d’essere streghe. Fecero del sabba la descrizione
classica. La loro colpevolezza, vale a dire il disordine del loro
stato mentale, era quindi pienamente accertato. Il
commissario del Consiglio reale, però, si accontentò di
condannarne una cinquantina alla prigione dopo aver fatto
loro amministrare duecento colpi di frusta. Dovettero
essere contente di non aver a che fare con un Henri
Institor!102
Il contagio, tuttavia, continuò e le repressioni anche. Carlo
V, nel 1527, organizzò missioni con cui i monaci dovevano
“illuminare le popolazioni”. Bella battuta! I monaci
predicando la realtà e la natura demoniaca dei malefici e
altre imprese degli stregoni, non potevano che aggravare il
male. Ed è quello che avvenne.
Nel 1536, a Saragoza, vi fu, tra l’altro, un’esecuzione di
streghe. La cosa c’è nota perchè l’inquisizione violò in
quell’occasione i suoi stessi principi costitutivi e che il
Consiglio della Suprema ne profittò per ricordare con una
circolare l’osservanza delle formalità giuridiche 103. In un
altro documento dello stesso anno, il Consiglio ordina il
rinvio a giudizio ordinario di qualsiasi causa nella quale il
patto diabolico non sia stato provato. Sfortunatamente, il
caso non si presentò mai, poiché la stregoneria per gli
inquisitori includeva sempre un patto implicito.
Al di fuori di questi processi collettivi, di cui la maggior
parte dimenticata, sebbene fossero stati sanguinosi, la
102
Prudencio Sandoval, Historia de la vida y hechos del emperador
Carlos V, I. 6, §16.- Llorente, Histoire critique de l’Inquisition
d’Espagne, II, 15. – Sandoval racconta quest’aneddoto un po’ forte :
un’accusata, per dimostrare il suo potere, dopo essersi cosparsa
dell’unguento diabolico, discese dall’alto di una torre, a testa in giù,
lungo il muro, poi prese il volo nel cielo, davanti ad una folla radunata e
scomparve all’orizzonte. Dei pastori l’incontrarono due giorni dopo a tre
miglia dalla città: il diavolo aveva rifiutato di portarla oltre.
103
Nell’affare di Saragozza, la maggioranza del tribunale chiedeva la
morte; ma c’era un minoranza che si accontentava della prigione
perpetua. In case simili, le Costituzioni volevano che il Grande
Inquisitore decidesse in merito. A Saragoza, tuttavia, la maggioranza
passò oltre, da cui i reclami degli altri giudici del Grande Inquisitore, che
teneva alle sue prerogative- Llorente, Inquisition d’Espagne, II, 15
Spagna ebbe all’epoca processi individuali diventati poi
celebri.
Ci fu per primo quello del curato di Borgata, poi di Viana,
nella diocesi di Calahorra. Poteva a suo piacimento
trasferirsi con un batter d’occhio in un paese molto lontano,
senza che ci si accorgesse della sua assenza. In tal modo
aveva potuto seguire dall’alto dei cieli le guerre di
Ferdinando e di Carlo V e annunciare le vittorie spagnole di
Viana e Logos il giorno stesso che erano state conquistate. I
moderni potrebbero vedere qui un bel caso di telepatia,
poiché, a quanto si dice, i corrieri nei loro rapporti non
smentirono mai le affermazioni del curato. Grazie a tal
privilegio demoniaco, questi poté un giorno ingannare il
demonio, salvare la vita al papa ed ottenere un’assoluzione
plenaria che lo metteva al riparo dall’Inquisizione. Il papa in
effetti, Alessandro VI o Giulio II, non si sa, aveva preso
l’abitudine d’usurpare i diritti di un marito che prese molto
male la cosa e ordì l’assassinio del suo rivale. Rallegrato, il
diavolo lo confidò al curato di Borgata che con l’inganno si
fece trasportare a Roma, con il pretesto di dare un'occhiata,
ma in realtà per avvertire il pontefice. Appena a terra, il
prete spagnolo corse dal papa, gli raccontò tutto, n’ottenne
in compenso l’assoluzione da ogni accusa e riprese subito la
strada per Borgata. Il papa non andò all’appuntamento ed
ebbe salva la vita; il curato, arrestato dagli inquisitori
argomentò dell’assoluzione pontificale e conservò la libertà.
Meno abile, l’illustre dottor Torralba non seppe premunirsi
di così utili sostegni. Nato a Cuenca, verso la fine del XV
secolo, era venuto a Roma all’età d’undici anni, in qualità di
paggio del cardinale Sederini e vi aveva studiato medicina
con il dottor Cipion. Nella società dei medici, che era già
accusata di materialismo, perse i suoi sentimenti religiosi
senza tuttavia farlo trasparire, poiché conservò i favori del
suo protettore.
Tra gli altri amici, Torralba frequentava a Roma un
domenicano, fra Pietro, che aveva a suo servizio uno spirito,
uno buono però, di nome Ezechiele. Potente e
disinteressato, Ezechiele era molto cortese, ma molto
indipendente. Torralba volle fare la sua conoscenza e il loro
primo approccio fu un incantesimo reciproco. Ezechiele si
mostrò sotto l’aspetto di un grazioso efebo dai capelli
biondi, vestito con un abito color carne e dichiarò al
medico: “ Sarò tuo fino a che vivrai, ti seguirò dovunque
vorrai”. Da quel giorno, Ezechiele divenne il compagno
fedele che si mostrò ogni volta che Torralba lo chiamava, lo
accompagnava nelle chiese, gli dava buoni consigli e lo
trasportava in paesi lontani. Indubbiamente era uno spirito
buono!
Per prima cosa trasportò in Spagna Torralba che desiderava
rivedere il suo paese (1502). Nel 1503, però, Torralba era
già di ritorno in Italia e diventava celebre nell’alto clero
romano per la sua scienza medica. Ezechiele gli svelò le
proprietà delle piante e lo riprendeva quando faceva pagare
troppo caro i suoi consulti, per la buona ragione che non
doveva far pagare che il suo lavoro e non le rivelazioni del
suo spirito intimo. Durante il soggiorno a Roma, Torralba
studiò inoltre la chiromanzia. Poi ritornò in Spagna nel 1510
e visse alla corte di Ferdiando, frequentò il cardinale
Ximenes, al quale annunciò un giorno prima dei corrieri
della disfatta e la morte di Garcia di Toledo, figlio del duca
d’Alba e battuto dai mori. Predisse ancora a Ximenes che
sarebbe diventato re, ma Ezechiele rifiutò sempre di farsi
vedere dal cardinale. Un’altra predizione d’Ezechiele fu
quella della fine tragica del cardinale Petrucci di Siena,
strangolato nella prigione per aver attentato alla vita di
Leone x, nel giugno 1517. In seguito alla stessa congiura, il
cardinale Sederini fu degradato con due altri membri del
Sacro Collegio.
Nel 1513, nuovo viaggio di Torralba a Roma e ritorno in
Spagna verso il 1516, anno in cui il Cardinale Bernardin de
Carvajal fa ricorso ai saperi dell’illustre medico per
sorvegliare una casa abitata dal fantasma di un uomo
assassinato e sepolto nei sotterranei. Nel 1517, Torralba è a
Roma, nel 1519, si ritrova in Spagna in compagnia di un
fratello del gran priore dell’ordine di San Giovanni, in
Castiglia, il quale si avvale di una formula magica per
vincere al gioco forti somme, ma sa com’esser d’aiuto alla
formula. Nel 1520, ritorno a Roma, per via aerea. Torralba
vi dimora fino al 1525, epoca in cui, di ritorno in Spagna, è
addetto al servizio dell’infante Eleonora che sposò poi
François I.
All'incirca a questo momento capitò l’avventura famosa che
portò al colmo la reputazione di Torralba ed immortalò
Cervantes104. Dalla sua finestra, la sera del 5 maggio 1527,
Torralba contemplava il cielo stellato, quando Ezechiele gli
apparve e gli annunciò che l’indomani Roma sarebbe stata
presa e saccheggiata dall’esercito di Carlo V. Il dottore
desiderò contemplare questo spettacolo e si lasciò
trasportare su un bastone nodoso che, in un’ora, lo depose
a Torre di Nona, vale a dire davanti ad una delle torri del
muro di cinta dove il papa rinchiudeva dei prigionieri.
Suonava mezzanotte alla campana di Castel Sant’Angelo. I
due viaggiatori attesero l’alba e Torralba vide con i suoi
occhi l’assalto, la morte del duca di Borbone, la fuga di
Clemente VI verso la tomba d’Adriano e l’orribile macello
104
Don Quichotte, II parte, cap. XLI
seguito dalle orge selvagge dei vincitori. In un’ora e mezzo,
Torralba fu di ritorno a Valladolid e pubblicò
immediatamente la notizia imprevista del sacco di Roma
con tutti i dettagli che furono ufficialmente confermati più
tardi. Un simile exploit sarebbe bastato a renderlo illustre.
Il popolo però gridava alla magia e l’Inquisizione si
preoccupava. Una denuncia venne a puntino. Proveniva,
ovviamente, da un amico e debitore di Torrealba, l’uomo
dalla martingala magica, Don Diego di Zugniga. Di passaggio
a Cuenca, nel 1528, Torralba vi fu arrestato ed il suo
processo cominciò. Confessò le sue relazioni con Ezechiele,
ma si rifiutò di vedervi uno spirito cattivo, fino a che la
tortura gli fece confessare tutto quello che si voleva. Nel
1529, il processo si aggravò di un’accusa d’eresia. Un
secondo amico denunciò l’accusato per le opinioni
eterodosse della sua gioventù sulla divinità di Gesù Cristo e
l’immortalità dell’anima. In pochi giorni, furono ottenute
nuove ammissioni. Si voleva che Torralba rinunciasse a
qualsiasi rapporto con Ezechiele. Come fare, però? Lo
spirito gli compariva suo malgrado fin nella prigione. Si volle
conoscere allora il grado d’ortodossia d’Ezechiele: questi
disapprovò Lutero ed Erasmo. D’altra parte, le alte relazioni
di Torralba, in special modo l’intercessione dell’ammiraglio
di Castiglia, Don Federico Enriquez, erano una buona
raccomandazione. Il 6 marzo 1531105, fu condannato alla
prigione ed al porto del san-benito.
Fu condannato a morte dall’Inquisizione e ucciso il 6 maggio
1531? E’ più probabile che fu messo poi in libertà106.
Il processo di Madeleine de la Croix non ebbe una risonanza
minore di quello dell’illustre dottore.
105
Louis Viardot l’afferma secondo Pellicier, in una nota della sua
traduzione. (Don Quichotte, II. 41)
106
Llorente, loc. cit.
Nata nel 1487, da una famiglia povera, ad Aguilar de la
Frontiera, fin dall’infanzia passava per una santa e dall’età
di dodici anni faceva miracoli. Nel 1504, entrò nelle religiose
di San Francesco nel convento di Santa Elisabetta di
Cordova e poi ne divenne badessa. La Spagna intera la
venerava, il suo nome era conosciuto in tutta la comunità
cristiana. Il cardinale di Siviglia, don Manrique, era in
corrispondenza con lei e la chiamava sua carissima figlia . Il
cardinale Francisco de Quignones, generale dei francescani,
fece il viaggio da Roma per vederla e parlare con lei. Il
nunzio, Jean de Reggio, venne da Cordova con lo stesso
scopo. L’imperatrice, la moglie di Carlo V, le inviò, insieme
al suo ritratto il berretto e la camicia del futuro Filippo II,
pregandola di benedirli. I predicatori celebravano la sua
santità e gli inquisitori la veneravano. D’intelligenza pratica
meravigliosa, era consultata da ogni parte, ed il “suo
convento- secondo i contemporanei- rassomigliava ad una
cancelleria”. Non si contavano più le sue predizioni, tutte
verificate: come la prigionia di François I ed il suo
matrimonio con Léonora del Portogallo. Era addirittura
entrata, ancora vivente, nell’agiografia. La saggezza delle
nazioni c’insegna che era troppo presto.
In effetti, tre volte eletta alla carica di badessa, alla quarta
elezione vide formarsi una congiura contro di lei. Ci si era
accorti che viveva di pane ed acqua, mentre si affermava
dappertutto che non aveva altro cibo che la comunione
quotidiana. Non fu rieletta. Cosicché, da quel giorno, non
versò più al convento le immense offerte che riceveva dal
mondo intero. Che ne fece? S’ignora. Senza dubbio non
n’abusò, poiché allora l’accusa ce lo avrebbe certamente
fatto sapere. Possiamo vedere da qui i piccoli rancori
femminili operare nel convento. Studiando la storia delle
grandi possessioni, vedremo un giorno che la maggior parte
ha avuto un punto di partenza simile. In quel momento,
però, la possessione non era ancora epidemica, come
diventerà poi, alla stregua del male delle streghe.
L’effetto delle torture morali di Madeleine fu solamente
una grave malattia durante la quale, consumata dalla
febbre, arrivò a chiedersi se, come si diceva intorno a lei,
non era il diavolo piuttosto che Dio che aveva guidato il suo
destino. Spaventata e depressa, si mise a tremare con tutte
le membra, quando il suo confessore volle disporla agli
ultimi sacramenti. Non si dubitò più che Satana fosse in lei;
si cominciarono gli esorcismi e si cavarono dalla poveraccia
delirante tutte le ammissioni che si desideravano. Dall’età
di cinque anni apparteneva anima e corpo al demonio, che
le compariva con l’aspetto del Cristo crocefisso, che faceva
attraverso di lei miracoli, le procurava estasi, le aveva
impresso le stigmate, la trasportava dappertutto senza che
ci si accorgesse della sua assenza… Aveva sempre creduto
che fosse Gesù, che i suoi favori straordinari, visioni, estasi,
lacrime, ubiquità, miracoli, venissero d Dio. Adesso, però,
non dubitava più d’essere stata la vittima di Satana.
Fintantoché gli altri avevano creduto alla sua santità,
Madeleine ci aveva creduto pure lei, ma dal giorno che
dubitarono, lei cominciò a dubitare. Come nota
giudiziosamente J. Baissac, non c’è niente nella sua vita che
differisca da quella di numerosi altri santi. Sfortunatamente
per lei, il delirio della malattia e l’odio delle sue compagne
ne frantumarono bruscamente la reputazione. Ebbe un bel
ritrattare le sue confessioni, dopo l’accesso e appena ebbe
un po’ mangiato e ripreso forza: assillata di nuovo dalle
altre religiose e sotto l’effetto inevitabile degli esorcismi,
ripeté le sue confessioni, mentre le religiose nascoste vicino
a lei, l’ascoltavano per poterne testimoniare ufficialmente.
Fu costretta a firmare le deposizioni e subito l’Inquisizione
ne iniziò il processo. Fu condannata, dopo una cerimonia di
pubblica umiliazione, alla clausura perpetua in un convento
fuori città107.
Ci si chiede curiosamente cosa sarebbe successo con santa
Teresa se, alla fine della sua vita, simili persecuzioni si
fossero abbattute su di lei. I teologi che non hanno né
abbastanza ammirazione per l’una di queste donne, né
abbastanza disprezzo per l’altra, si rendono conto che tra le
due non c’è che un accesso di febbre e persecuzioni
femminili?
Capitolo VI
In Francia
(XVI e XVII secolo )
I – Influenza nefasta del concordato di François I – Supplizio
di Berquin e di Trois-Echelles- Processi diversi a Parigi.
II – A Bordeaux: come il Parlamento dimostra la propria
fede. – Poitiers: il sabba di Poitiers- Maine. – Touraine: il
medico Pigray- Limousin: supplizio del curato Aupetit. –
Anjou: il lupo mannaro Jacques Rollet.
I
Quale ne sia la causa, un fatto è certo: sotto Carlo VII e Luigi
XII, ci furono pochissimi processi di stregoneria in Francia,
mentre in Germania le più orribili crudeltà continuavano ad
essere commesse, per applicazione della bolla d’Innocenzo
107
Llorente, Inquisition d’Espagne, II, p. 104.- Calmeil, De la folie, I, p.
252- Baissac, Sorcellerie, p. 84.
VIII. L’inizio del XV secolo s’era già fatto notare da noi [in
Francia, ndt] per una tolleranza relativa, di cui Guillaume
Edeline era stato una delle cause principali e di cui fu anche
la vittima. All’inizio del XVI secolo, la distensione,
cominciata con la Pragmatica Sanzione di Bourges[emessa
da Carlo VII di Francia il 7 luglio 1438, ndt], finì con il
Concordato di François I. Durante tutto questo periodo, le
Bolle contro la stregoneria furono senz’influenza
sull’opinione francese.
Con François I ed il suo Concordato, i processi ripresero e
questa volta per terminare soltanto alla fine del XVIII
secolo108. Bisogna, però evitare le esagerazioni stravaganti
108
Ecco il quadro che traccia Bouguet della stregoneria all’inizio del
XVII secolo nei diversi paesi dell’Europa: “Li vediamo tutti pullulanti di
questa sciagurata e dannata teppaglia. La Germania non pensa quasi ad
altro che a metterli al rogo, la Svizzera ne spoglia molti villaggi, la
Lorena fa vedere agli stranieri mille e mille pali ai quali li lega…La
Savoia (dato che c’invia ogni giorno un’infinità di persone possedute dai
demoni, che essendo congiurati, dicono che sono stati messi nei corpi di
questa povera gente da stregoni), pretende che i principali che abbiamo
fatto bruciare qui in Borgogna, n’erano originariamente usciti. Quale
giudizio daremo, tuttavia, della Francia?… Gli stregoni avanzano
dappertutto a migliaia, si moltiplicano in terra come i bruchi nei nostri
giardini”. Boguet, Discours ses Sorc., Lyon, 1602, prefaz.
Lo spavento nel quale si viveva è stato descritto dal primo traduttore di
Spée: “Per non essere sospettato, si prestava attenzione alla maniera di
tenere il rosario, di prendere l’acqua benedetta, di dire la messa, giacché
tutte queste cose potevano diventare indizi. Alcuni preti non osavano più
dire la messa, o la dicevano solo di nascosto con la chiesa chiusa”. J.B.
de Velledor, Doubte VIII, p. 15.
Ci si recava in massa alla tomba di San Claudio, si andava ad
inginocchiarsi davanti al sudario di Besançon, per guarire dagli attentati
diabolici. Boguet vide così, in un solo giorno, 45 persone di un villaggio
di Savoia, l’Habergement, prosternarsi davanti alla tomba di San
Claudio. – D. P. Benoit, Hist. De Saint Claude, II, 562. – Delacroix,
Sorcellerie au XVII siècle, Parigi, 1894, p. 18.- Allo stesso scopo, il
Concistoro di Ginevra decise preghiere pubbliche, il 15 ottobre 1607.
di qualche storico straniero, di cui abbiamo già indicato la
puerile tattica. Scheltema arriva addirittura ad avanzare la
cifra di centomila esecuzioni sotto François I e trecentomila
sotto Francçois II, Carlo IX ed Enrico III. Tutto ciò mutilando i
testi e per il piacere di dichiarare che il male di stregoneria
era d’origine francese.
Cerchiamo di vedere come stanno le cose.
A Parigi, il 17 aprile 1529, fu condannato ad essere bruciato
vivo Louis de Berquin, che aveva denunciato il direttore
della Sorbona, Nicolas Beda, per le sue opinioni luterane e
perché si era rifiutato di fare onorevole ammenda. A
quest’accusa si aggiunse il suo coinvolgimento nelle orge
Verso la metà del secolo, un giurista normanno scoprì la legge di
ripartizione geografica dei posseduti e degli stregoni che erano dovuti ad
una lettera fatale, la L iniziale: Lussemburgo, Lorena, Liegi, Lapponia,
Lituania, Livonia, Labourd, Laon, Loudun, Louviers, ecc. – Du PastisHérembert, Extrait des singularités de la prov. De Normandie, mss. della
Biblioteca di Rouen.- Delacroix, loc. cit., p. 33.
La maggior parte dei medici nel XVII secolo crede ancora nella
stregoneria: Planters (1602) descrive una follia demoniaca speciale,
Sennert (1572-1657) ammette i viaggi aerei degli affetti da demonolatria,
Willis (1621-1675) spiega che il corpo può essere occupato da spiriti. La
maggior parte dei magistrati non pensa diversamente: De Thou crede alla
magia (Hist. Univ. IV). Nicolas, consigliere del parlamento della Franca
Contea, che combatté strenuamente la tortura, credeva nondimeno alla
stregoneria. (Nicolas, Si la sorcellerie est un moyen sûr à vérifier les
crimes secrets, p. 153). I giudici temevano molto per loro stessi. Il Loyer
fece del tutto per rassicurarli. Durante il processo di Gaufridi, che era
accusato di rientrare dal sabba dal caminetto, si udì all’improvviso un
rumore sordo da lì, poi apparve un uomo nero e tutti scapparono: era uno
spazzacamino. (Papon, Hist. Gén. De la Provence, IV, 430). I parlamenti
sono trascinati dal movimento generale, quello di Bordeaux, quello di
Lorena, quello di Dôle e quello di Tolosa moltiplicano le ecatombe.
Quello di Normandia indirizza al re energiche proteste perché questi
aveva fatto cessare una sentenza di morte emessa nel 1670 a Carentan
contro 34 stregoni.
degli stregoni. Il suo supplizio avvenne il 22 aprile, in piazza
di Grève.
Si situa nel 1572 l’affare di Trois-Echelles, di Le Mans.
Questi “vedendosi convinto, dice Bodin, di parecchi atti
impossibili alla potenza umana, confessò che tutto ciò si
realizzava con la potenza di Satana109”. Carlo IX lo fece
chiamare e gli promise di salvargli la vita se avesse
denunciato i suoi complici. Cosa che fece. Dichiarò innanzi
tutto che c’erano più di centomila stregoni nel regno, - cifra
sulla quale le stime di cui abbiamo parlato hanno avuto il
torto di basarsi- e ne nominò molti “sui quali fu trovato il
marchio”. Furono però sospese le azioni giudiziarie per
timore dello scandalo e forse anche per scetticismo.
Alcuni anni dopo, però, si cominciò a colpire. Ripreso e
giudicato, Trois-Echelles fu giustiziato verso il 1574,
secondo Bodin. In quel momento, il contagio regnava a
Parigi con la paura che portava sempre con sé. Nello stesso
anno, un cieco è condannato come stregone e impiccato
dopo aver denunciato un gran numero di complici. Nello
stesso anno ancora fu decapitato un gentiluomo, trovato
con un’immagine di cera trapassata da spilli 110 addosso.
Parlando di quegli anni, Bodin dice: “Quando si
perseguitarono gli stregoni in Francia” e riporta numerose
esecuzioni contemporanee111.
Nel 1577, il parlamento di Parigi, la cui pratica era
singolarmente cambiata negli anni precedenti, ebbe a
confermare il giudizio del balivo di Saint-Christophe-lesSenlis, contro Barbe Doré. Questa aveva confessato “ di
aver fatto morire tre uomini gettando un po’ di polvere in
una carta nel posto in cui dovevano passare”. Sapeva
109
Démon., fol. 166 b. (liv. IV, ch. I)
Bodn, Dèmon., fol. 116 b. (liv. II, ch. 8)
111
Démon, fol. 92 (t. II, ch. 5)
110
inoltre guarire i malefici applicando un piccione sullo
stomaco. Il giudizio fu confermato e la strega fu bruciata
viva112.
E’ l’anno successivo, il 1578, in cui si celebrò il processo di
Jeanne Hervilliers al quale Bodin assistette e che gli “diede
occasione di mettere mano alla penna per chiarire
l’argomento stregoni.113” Sta qui l’importanza di questo
processo che, d’altronde, rassomiglia a tutti gli altri. Ha
avuto, però, l’effetto fondamentale di permetterci di
misurare le devastazioni del teologismo in una mente così
notevole come quella di Bodin, precursore di Montesquieu.
Serviva il suo libro per cogliere sul fatto la valanga di sciocca
superstizione sotto la quale era stato un tempo sepolto il
senso comune. Fu quello l’ultimo misfatto di coloro che
avevano già creato il dogma della stregoneria e poi fatto
nascere l’epidemia mentale che i loro trattamenti crudeli e
le loro prediche assurde avevano in seguito diffuso
dappertutto; fu il loro ultimo misfatto quello di viziare le
menti con teorie insensate e di fare così continuare con la
giustizia civile l’opera di barbarie che l’Inquisizione carente
non poteva più proseguire da sola114.
Jeanne Hervilliers era nata a Verberie, nei pressi di
Compiègnes. Senza inchiesta né tortura, si accusava da sola
112
Bodin, Démon., fol. 115 (liv. II, ch. 8)
Bodin, Prefazione, p. I.
114
Jean Bodin, De la Démonomanie des sorciers, in-4 ; Parigi, da
Jacques du Pays, 1580. – L’opera è dedicata a Mons. Chestofle de Thou,
primo presidente nel Parlamento e consigliere del Re. Contiene quattro
libri in cui Bodin, con grand’erudizione, alla maniera del tempo, espone i
misfatti degli stregoni, incantesimi, malefici, tempeste, licantropia,
succubi, ecc, con molti esempi tratti dall’antichità, dagli scrittori di
demonologia anteriori e dai processi contemporanei. Non c’è assurdità
che Bodin non ammetta e, per i suoi contraddittori, come Jeaq Wier,
chiede niente di meno che il rogo.
113
di un’infinità di misfatti. Promessa al diavolo da sua madre
sin dalla nascita, affermava che gli era stata presentata
all’età di dodici anni e che, da quel giorno fino a
cinquant’anni o giù di lì, lo aveva tenuto per amante. Si
presentava a lei con speroni, stivali, la spada di fianco,
lasciava il cavallo alla porta e s’infilava nel suo letto senza
addirittura che il marito di Jeanne se ne rendesse conto.
Oltre a questo crimine teologico, dichiarava di aver fatto
morire con i suoi sortilegi segreti numerose persone o
animali.
Era insomma una malinconica in preda al delirio d’autodenuncia. I giudici, tuttavia, scoprirono che era già stata
frustata trent’anni prima per crimine di stregoneria, che sua
madre era stata condannata al rogo dal giudice Senlis, per
una ragione analoga. Nessuno dubitò che meritasse la
morte, e la maggioranza fu perché fosse bruciata viva. La
condanna fu eseguita il 30 aprile 1578, da Claude Defay,
procuratore del re a Ribemont.
La condotta di Jeanne Hervilliers dopo la sua condanna e
prima del supplizio è certamente di natura tale da
illuminare sul suo disturbo mentale. Rifiutò di ricorrere in
appello, di ritrattare alcunché, e per di più si caricò di nuove
accuse e si mise a descrivere il sabba che aveva
frequentato. Sembrava che avesse fretta di finirne con la
vita e Bodin ricorda a tal proposito diverse condannate che
avevano manifestato sentimenti simili.
Una condanna dello stesso genere è confermata dal
parlamento il 5 marzo 1597: il curato di Saint-Pierre-deLampes, nella diocesi di Bourges, è condannato ad essere
impiccato e bruciato, per crimine di stregoneria115.
115
Baissac, Stregoneria, p. 391.
Il XVII secolo vide svolgersi a Parigi più di un famoso
processo di stregoneria in cui si mescolarono gli intrighi
politici in proporzioni varie.
La marescialla d’Ancre bruciata in piazza di Grève nel 1617,
si dava a pratiche magiche. “Era accusata e fu riconosciuta
colpevole d’essersi servita d’immagini di cera che
conservava in alcune bare, d’aver fatto venire dei pretesi
stregoni religiosi, detti Ambrosiani116, da Nancy per aiutarla
nell’oblazione di un gallo che faceva di notte nella chiesa
degli Agostiniani ed in quella di Saint-Sulpice, ecc.117”
116
Gli Ambrosiani erano venuti a Nancy verso 1595, chiamati dal
cardinale Charles, figlio del duca Carlo III. Molto reumatico o gottoso, il
cardinale non poteva muoversi dalla sua lettiera ed i medici l’avevano
abbandonato. Si credé stregato. Fu allora che fece venire dall’Italia i frati
Ambrosiani “molto abili ad esorcizzare”. Ne restò nondimeno
immobilizzato fino alla morte (24 nov. 1607). – A. Fournier, Epid. De
Sorcell. En Lorraine, p. 27.
117
Frédéric Delacroix, Les procès de sorcellerie au XVIIe siècle, Parigi,
Nouvelle Revue, 1904, p. 24.
Una « Mazarinata » del 1649, rappresenta Mazarin stesso come mago.
Condannati a morte, per sortilegio, in Italia, « clima odioso e ripugnante
per la società » che non produce più che « tirannia, usurpazione,
sorprese, blasfemia e brigantaggi, seguiti da magia, stregoneria,
predizioni, e sortilegi », tre maghi prima d’andare al supplizio
dichiararono che uno dei loro complici era Mazarin « e che il demonio
gli aveva conferito molte cose artificiose…che avevano fatto insieme un
giuramento solenne davanti al becco infernale, ecc… ».
Nel 1674, il primo presidente Lamoignon è a sua volta in pericolo: un
certo Séjournant chiede alla Chappelain di aiutarla a fare un patto per
sbarazzarsi di un magistrato ingombrante- Delacoix, Sorc. Au XVII
siècle p. 174 – H. R. Drazor (Champenois), Histoire tragique des trois
magiciens qui ont accusé à la mort Mazarin, en Italie, Parigi, François
Musnier, 1649.
La storia di Bel-Amour è del 1679. Il marchese di Feuquières ed il
maresciallo di Lussenburgo, curiosi di cose occulte, desideravano
assistere al sabba. Avevano ricevuto da un soldato, Bosse, detto BelAmou run biglietto che senza dubbio doveva servire da biglitto
d’ingresso. Questo, segnato con 4 croci, portava scritto : « C.P.C. la
Si situano nel 1691 le Avventure diaboliche di Braccio di
ferro ed i suoi complici che commossero fortemente i
giuristi del tempo. Dei pastori di Pacy-en-Brie erano
accusati d’aver fatto morire il bestiame con i loro sortilegi. I
due maggiori colpevoli, Brioule e Lavaux, furono condannati
ad essere impiccati, poi bruciati, mentre un terzo, Etienne
Nocque fu condannato soltanto alla galera. Tutti e tre
fecero appello ed il Parlamento dovette pronunciarsi. Nel
frattempo, Nocque restava nelle prigioni della Tornelle. Il
signore di Pacy aveva i cavalli stregati e cercava di far
parlare Nocque. Gli fece dare come compagno un altro
detenuto, Béatrice, al quale aveva dato soldi e fatto sperare
in uno sconto di pena se avesse carpito il segreto dei
pastori. Béatrice parlò di Sabba e stregoneria, offrì a
Nocque del pane bianco, della carne e del buon vino che
pretendeva aver avuto dal suo diavolo. Il vino rese Etienne
Nocque loquace e tradì il segreto: solo Braccio di Ferro,
pastore dei dintorni di Sens, poteva togliere il sortilegio.
Nocque scrisse addirittura a suo figlio di andare a trovare
Braccio di Ferro e di non lasciarlo se non dopo che il
sortilegio fosse stato tolto. Al risveglio, Nocque, furioso per
essere stato ingannato in quel modo, mentre era ubriaco, si
gettò su Béatrice, e lo strangolò quasi.
persona…F.P.C.A. l’assemblea segreta » -F. Ravaisson, Archives de la
Bastille, V, 219, 262 ; VI, 124- Bel-Amour fu giustiziato il 10 marzo
1679.
All’inizio del XVII secolo, il parlamento di Parigi ammetteva ancora il
crimine di manifestazione di succubo. Nel 1606, confermò una condanna
a morte emessa dal giudice della Guiolle, in Auvergne, contro una donna
anziana accusata di commercio carnale col demonio, nonostante la sua
rasistenza e la presenza di suo marito accanto a lei. La seduta era
presieduta da due magistrati illustri : Antonio Séguier ed Edouard Molé.
Séguier era stato già tra i giudici della marescialla d’Ancre.
Ora, ricevuta la lettera, Braccio di Ferro tolse per prima cosa
il sortilegio fatto da Nocque sui cavalli. Nello stesso tempo,
Etienne Nocque moriva in maniera subitanea in prigione,
“con strane convulsioni e senza voler sentir parlare di Dio o
di confessione”. A questa notizia Braccio di Ferro si rifiutò di
togliere un altro sortilegio gettato su delle pecore dai figli di
Hocque. Temeva per loro la stessa sorte del padre. Da qui
una denuncia contro Braccio di Ferro e nuovi arresti.
Il processo seguì il suo corso. Il 18 dicembre 1691 fu
confermata la sentenza che condannava Brioule e Lavaux
ad essere impiccati e bruciati. I figli di Nocque, due figli ed
una figlia furono arrestati come pure Braccio di Ferro e due
complici, Jardin e Petit-Pierre, anche loro pastori. I figli
furono messi al bando, i pastori impiccati e bruciati. 118
Di tutti i processi dell’epoca, tuttavia, il più famoso è di gran
lunga l’Affare dei Veleni.
La corte e la città appresero con stupore, il 23 gennaio
1680, l’arresto per crimini di magia di parecchi dei più
grandi personaggi del regno.
I nomi delle più illustri famiglie si mischiavano in
quest’affare misterioso a quelli della Voisin, de’ La Bosse,
della Vigoureux. Effettivamente, le deposizioni dei
testimoni rivelarono ai giudici istruttori dettagli singolari. La
Filâtre, indovina, dichiarò che la Simon, della sua stessa
professione, rimasta incinta, l’aveva chiamata per
consacrare al demonio il figlio che portava. La Filâtre aveva
quindi tracciato un cerchio magico al cui bordo aveva
partorito la Simon e appena il piccolo era apparso, il padre,
il signor Lacoudray, e la madre avevano rinunciato per lui al
battesimo e al SS Sacramento119. La ragazza Joly dichiarava
118
De La marre, Traité de la police, Parigi, Brunet, 1722, 4 in-f, I, 563. –
Brillon, Dict. des Arrêts, alla parola Sortilège.
119
Mss. Bibl. Corps Législatif, B. 105, 377.
di aver sciolto dall’incantesimo una donna La Mothe per
mezzo di un “cuore punto e bollito in un recipiente
nuovo120”. Fu bruciata in piazza di Grève, il 19 dicembre
1681.
Una vera follia d’incantesimi passionali aveva invaso le
menti. “La contessa di Soissons e la Sig.ra di Montespan
ricevevano filtri per il re…La Voisin aveva promesso alla
Sig.ra di Baucé, moglie del siniscalco di Rennes, un acido per
farsi amare ed avere denaro. Questa pretendeva d’aver
ricevuto da Guilbourg oli consacrati che rendevano
amorose le labbra che n’erano impregnate… Françoise
Filaste, avventuriera, … “né ragazza, né donna”, … riconosce
d’aver consacrato delle bisce per l’amore”121. Il sortilegio
era più che mai fiorente122. Si utilizzavano soprattutto le
120
Ibid.
Delacroix, Sorcellerie au XVIIe s., p. 186
122
Il sortilegio, frequente fin dal Medio Evo (cfr. E. Falgairolle, Un
envoûtement en Gévaudan en l’année 1347) era ancora largamente
praticato nel XVII secolo. “ Erboristi, quali Deslauriers, Paris, Petit,
avevano la specialità dei rospi per scoprire tesori, malefici e sortilegi. La
maga La Brosse e suo figlio, giovane soldato, per un maleficio mortale,
danno colpi di punta di coltello ad un rospo che tengono in mano, mentre
gli fanno ingoiare veleno.
Lesage custodiva a casa sua una figura di cera per far morire e su di lei
faceva congiure per la morte del re.
Un decreto del 20 febbraio 1682 condanna Jean Maillard, revisore dei
conti a Parigi, come complice dello stregone Barenton e del fattucchiere
Pinon, ad essere decapitato”. Delacroix, Sorcellerie au XVIIe siècle, p.
205.
L’autore ricorda un affare di sortilegio datato 1619 e che finì con la
condanna alla frusta della principale accusata. Una notte, il guardiano del
cimitero di Saint-Germain-des-Près aveva sorpreso tre vecchie donne
che deponevano in una fossa pezzi di carne sanguinante. Sono tre streghe
che seppelliscono “un cuore di pecora pieno di chiodi, bordato da listelli
a forma di mezza croce e con moltissime lunghe spille dentro”. E’ un
maleficio per arrecar danno a qualcuno che ha fatto loro del male. –
Processo verbale del crimine di tre streghe, Parigi, Silvestre Moreau,
121
Messe Nere… “Si sistema una pietra d’altare o un semplice
materasso sopra una tavola o due sedie illuminate da ceri di
solito neri. La donna, nuda con la gonna rialzata, si stende
come la vittima di un sacrificio, pronta ad ogni compiacenza
e ad ogni onta.
Il prete, con indosso gli abiti sacerdotali, posa su di lei il
calice e dà inizio alle profanazioni. Consacra il pane ed il
vino con parole orribili. Un bacio osceno sostituisce quello
che il prete usa dare all’altare, bacio seguito talvolta da
possessione completa. In alcune messe si dà la comunione
delle due specie, confuse nel più odioso miscuglio che la
dissolutezza abbia mai immaginato. All’immondo si unisce
la ferocità: sacrifici di bambini completano la festa, e non
siamo più nel campo del sogno.
La celebrazione delle messe sul ventre con il loro
cerimoniale ed il personale, le formule ed i crimini di cui
erano il pretesto o la causa, è attestata in documenti
autentici e da una massa di testimoni e d’accusati la cui
veracità non può essere messa in dubbio… L’uso di queste
messe era così diffuso che le donne che non volevano farsi
conoscere né sottomettersi a simili impudicizie, trovavano
creature compiacenti per sostituirle…Roma e la Grecia, al
parossismo della loro decadenza morale, non hanno
inventato niente di simile.
Questo culto abominevole aveva creato una sorta
d’industria. Mastro Jean, portiere dei Quinze-Vingts [storico
ospedale per 300 ciechi fondato a Parigi da San Luigi, ndt],
prestava la sua camera ed ornamenti. L’abate Olivier aveva
innalzato un altare speciale dalla Gouin, indovina, “ che
teneva un luogo malfamato verso i Quinze-Vingts”…
Deschault aveva comprato una pietra d’altare di cui si
1619- F. Delacroix, Sorcellerie au XVII s., p. 206
serviva l’abate Tournee. A carico di quest’ultimo si rilevano
parecchie messe dette sopra una ragazzina di quattordici
anni, che aveva sedotto e deflorato, ed altre in una cantina,
sul ventre della sua domestica123. Accusato di sortilegi e
d’avvelenamenti, Tournet fu condannato alla pena
capitale124.
L’abate Guibourg è stato inizialmente sollecitato da Leroy,
governatore dei paggi della piccola scuderia, “dei
lavoratori” della sig.ra di Montespan. Dice messa a Mesnil,
nei pressi di Montlhéry, poi a Saint-Denis, poi a Parigi, da
Voisin, sopra una donna “che gli è stato sempre detto
essere Mme de Montespan”. Riconosce di Aver sgozzato tre
bambini. D’altronde, i massacri di bambini per congiure
demoniache erano allora così diffusi che seminavano il
terrore a Parigi e portarono disordini nel 1676125.
E’ doloroso pensare, con questi odiosi racconti, che la
teologia demoniaca, tal come l’abbiamo visto svilupparsi,
era applicata qui con tutto il suo rigore. E’ per aver creduto
con i teologi che le congiure ed altre pratiche di stregoneria
hanno un effetto reale che tanti miserabili furono spinti a
simili crimini.
La messa nera è la conclusione fatale del dogma di Satana.
Se ci si può aspettare tutto da lui, ci saranno sempre degli
spostati e dei miserabili per tentare a questo scopo i più
123
Numerosi preti presero parte a queste imprese odiose: Rebours,
associato della Duval, Bobie, prete di Saint-Laurent, Gérard, prete di
Sanit-Sauveur, Dubousquier, Despan, Lemperrier, Deshayes, Gilles
Davot, confessore del marito della Voisin, Mariette, genitore di M. de
Mesme e vecchio precettore, Meignan, che sgozzò due bambini, ecc.,
senza contare l’abate Guibourg, il più tristemente noto a tutti.
124
F. Delacroix , Sorcellerie au XVIIe s. p. 191 e seg.
125
Delacroix, loc. cit. – Funck-Brentano, Le drame des Poison, Parigi,
106, p.95 e seg. Vedi nella stessa pagina, in note indicazioni delle fonti
manoscritte.
grandi delitti. Le epoche ed i paesi di fede non hanno mai
mancato di farne la prova.
II
In provincia, numerosi processi furono celebrati durante il
XVI secolo e generalmente con maggior crudeltà che a
Parigi. La lotta tra cattolici e protestanti non fece altro che
rendere più aspra ed accanita la lotta contro la stregoneria
e diffondere con ciò stesso l’epidemia. Era a chi avesse
affermato la propria fede innalzando roghi.
“Bèze non era ben informato, dichiarava Florimont de
Raimond, consigliere del Parlamento di Bordeaux, quando
dal suo seggio tacciava poco tempo fa il nostro parlamento
d’incredulità e di poca fede, perché, diceva, - e questo lo
tengo da un uomo d’onore che l’udì- che non osavamo
condannare gli stregoni a morte: i nostri registri
testimoniano il contrario, i decreti celebri che ho raccolto,
che potranno forse un giorno venire alla luce,
dimostreranno che non c’è parlamento in Francia in cui essi
sono trattati in maniera più severa del nostro.126”
E per confermare la profonda fede del suo parlamento:
“Tutti quelli che hanno lasciato qualche traccia del tempo
che l’anticristo deve venire, scrivono che la stregoneria sarà
allora diffusa dappertutto. E’ mai stata tanto in voga che in
questo sventurato secolo qui? Gli sgabelli del nostro
parlamento ne sono tutti anneriti, non ce ne sono
abbastanza per sentirli. Le nostre portinerie ne traboccano
e non passa giorno che i giudizi non ne siano insanguinati, e
che non ritorniamo tristi nelle nostre case, spaventati dalle
cose odiose che confessano. Il diavolo, poi, è così buon
126
Florimont de Raimond, L’Anti.Christ et l’Anti-Papesse, p. 40-41
maestro che non ne possiamo mandare un così gran
numero al fuoco che non ne rinascano di nuovo altri dalle
loro ceneri.127”
Questa rivalità nello sterminio spiega le esecuzioni simili
emesse dai protestanti. Pertanto, dopo la peste del 1542,
sono bruciate a Ginevra cinquantotto streghe colpevoli
d’aver generato l’epidemia. Era stato organizzato per
giudicarle un tribunale che era la copia fedele di quelli
dell’Inquisizione.
Ritorniamo alle diverse province francesi. A Poitiers, nel
1654, il presidente Salvert e d’Avanton fecero giustiziare tre
stregoni ed una strega, Anthoine Tornire, che si riallacciava
ad una vecchia setta di stregoneria locale con una
tradizione molto particolare di sabba. “Il presidente Salvert,
riporta Bodin, mi disse inoltre che si trovò in vecchi registri,
che cento anni prima, erano stati condannati degli stregoni,
per casi simili e simili confessioni e nello stesso luogo della
Croce portata per il processo.128” Nel loro sabba, “ il
caprone si consumava al fuoco”, dice Bodin129. Secondo un
altro testimone: “Erano costretti a trovarsi almeno tre volte
l’anno al sacrificio del caprone, che bruciava davanti a
loro130.“E della cenere ciascuno ne prendeva per far morire
il bue o la vacca del proprio nemico… da sotterrare sotto la
soglia delle stalle, ovili e case 131”. Due di questi sventurati si
pentirono, aggiunge Bodin, due morirono ostinati.
Verso la stessa epoca, ci fu un gran processo nel Maine, di
cui Bodin parla come di una cosa “notoria”. “C’erano non
127
Florimond de Raimond, loc. cit.
Bodin, Démon., fol. 86 b. (II, 4) ; fol. 113 (II, 8)
129
Stesso passaggio
130
P. Jude Sarclier, L’Antidémon historial, Colonia, 1633
131
Bodin, Démon., loc. cit.
128
meno di trenta stregoni che si accusavano l’un l’altro per
invidia reciproca”.
Gli fu applicato il supplizio abituale132.
La Touraine vide condanne simili nel 1559. Qui, però, si
trovò un uomo di scienze per salvare i quattordici
condannati. Il parlamento di Parigi si riuniva a Tours ed
incaricò quattro medici, tra cui Pigray, chirurgo di Henri IV e
di Luigi XIII, di esaminarli. “Non vi riconoscemmo, dice
Pigray, che povera gente stupida, gli uni che non si
preoccupavano affatto di morire, gli altri che lo
desideravano. Il nostro avviso fu di dar loro piuttosto
dell’elleboro”. La Corte ebbe quindi il buon senso di
assolverli.
Non si fece purtroppo prova dello stesso buon senso nel
celebre processo del curato Aupetit, nel 1598, nel Limousin.
Era un prete di una cinquantina d’anni, curato di Pageas
(Haute-Vienne). La voce pubblica l’accusava di stregoneria:
teneva il sabba, vi presidiava, vi celebrava la messa nera.
Ricusò inutilmente la giurisdizione civile, chiedendo
d’essere rinviato davanti al tribunale ecclesiastico
[officialité, organismo della curia diocesana, soppresso nel
1790 dall’Assemblea costituente francese, ndt]. I giudici
presidiali [sorta di giudici di cassazione dell’Ancien Regime
francese, ndt] riconobbero la loro competenza e
procedettero all’interrogatorio. Aupetit, quando gli fu
parlato di sabba e di stregoneria, dichiarò che non sapeva
cosa volesse dire. Ciò nonostante, fu condannato ad essere
bruciato vivo dopo l’applicazione della tortura.
Durante la tortura, che precedette immediatamente il rogo,
il povero prete si lasciò andare alle più stravaganti
confessioni. Vi si possono rilevare tracce evidenti di follia.
132
Bodin, Démon., fol. 85 (II, 4).
“Sono stato, diceva, al sabba sulle lande di Mathegoutte e
nel Puy-de-Dôme, vi ho visto il diavolo sotto forma di una
pecora mezza bianca e mezza nera, dava il segnale
condensando una nube in cui si rifletteva l’ombra di una
pecora… Mi ha insegnato a dire la messa in suo onore…
Quando provavo a concentrarmi per officiare degnamente,
svolazzava davanti ai miei occhi in forma di farfalla e mi
confondeva l’intendimento…Ho il potere di bloccare le
ruote, di far cessare le emorragie e di farmi amare dalle
ragazze, di guarire i frenetici, di far perire i frutti, gli uomini,
le donne ed i bambini. Quando volevo guarire i malati, il
diavolo mi si presentava sotto forma di mosca di gran
taglia…” Tra tutti questi sintomi predominano in maniera
singolare le zoopsie: visioni di pecore, di farfalle e di mosche
gigantesche. Ecco un altro sintomo altrettanto curioso: il
diavolo gli aveva chiesto dapprima un dito, poi il corpo, poi
l’anima, e quel dito fu ormai colpito da paralisi. La
suggestione porta alla paralisi? La paralisi suggestiona
l’intervento diabolico? E’ difficile deciderne. Sul rogo,
Aupetit confermò le sue confessioni e morì senza alcun
dubbio persuaso dei propri crimini133.
De Lance, al quale dobbiamo il racconto del processo
d’Aupetit, ci ha conservato la storia di un altro affare
contemporaneo che ha avuto una gran risonanza
nell’Anjou. Era una causa di “licantropia”, la prima che
133
Pierre de Lancre, consigliere del Parlamento di Bordeaux, Tableau de
l’inconstance de mauvais anges et démons, in-4, Parigi, 1613. –
L’incrédulité et mécréance su sortilège pleinement convaincue, in-4,
Parigi, 1622.
De Lancre che fu un grand’erudito e gran giurista e che era una mente
abbastanza libera da dare una spiegazione razionale dei fossili, era
nondimeno persuaso della colpevolezza degli stregoni e condivideva su
di loro tutti i pregiudizi della teologia.
incontriamo e che ci porta così alle grandi allucinazioni
deliranti [lycanthropiques, ndt] che studieremo più in là.
Symphorien Damon, arciere delle guardie del gran prevosto
d’Angers, incontrò, sulla sua strada, il 4 agosto 1598, un
uomo coricato per terra, con capelli lunghi e “lo sguardo
cattivo”, il quale prese subito la fuga attraverso le ginestre.
Ora, arrivando al villaggio vicino, Damon apprese che un
ragazzino era stato divorato dai lupi. Quasi subito ne furono
riportati i resti del cadavere sopra una carretta ed a questa
era legato un uomo dai capelli incolti, le unghie lunghe due
dita, “le mani insanguinate ed il viso spaventoso”. I resti del
ragazzino erano stati strappati dalle zampe di due lupi,
mentre un terzo si gettava nel campo vicino. Correndo in
questo campo, era stato trovato l’uomo dai lunghi capelli e
gli era stato chiesto che cosa faceva: “Non un granché!” E
siccome gli era stato chiesto ancora chi aveva mangiato il
ragazzino, aveva risposto che era stato lui, un fratello e suo
cugino. Ecco cos’erano i tre lupi, uomini trasformati in
bestie, lupi mannari.
Il povero pazzo, di nome Jacques Rollet fu quindi arrestato.
Damon riconobbe facilmente l’essere singolare che aveva
incontrato il mattino. La carne del ragazzino era “triturata e
lacerata come con denti o unghie di bestie”. Rollet, tuttavia,
non ritornò sulle sue dichiarazioni. Dichiarò addirittura
d’aver mangiato o ferito una quantità d’altri bambini.
Mendicava di villaggio in villaggio, con suo fratello ed il
cugino, e grazie ad un unguento speciale si trasformava
spesso in lupo. Fu quindi gettato in prigione la sera stessa, a
Cande. Aveva “ il ventre grande, teso e durissimo; la sera
bevve un secchio d’acqua e poi non ha più voluto bere”.
Trasferito alla prigione d’Angers il 7 agosto, Rollet spiegò
come aveva fatto per divorare il ragazzino. Aveva morso
prima al basso ventre. Confrontato però col cadavere, non
lo riconobbe. “Interrogato su chi gli avesse insegnato a
trasformarsi in lupo, rispose che non ne sapeva niente, se
non che era stato scomunicato con sentenza di scomunica”.
Meglio ancora di questa risposta, l’interrogatorio del giorno
8 ci mostrerà l’incoerenza del suo pensiero.
“Cospargendovi con quest’unguento diventavate lupo?”
- No, ero lupo quando ho divorato il ragazzino Corner.
- Eravate lupo quando siete stato arrestato?
- Ero lupo
- Eravate vestito da lupo?
- Ero vestito come adesso.
- Piedi e mani vi diventavano zampe di lupo?
- Sì
- La testa vi diventava di lupo?
- Lo ignoro… Avevo la testa come oggi”
Nonostante queste contraddizioni insulse, Jacques Rollet fu
condannato a morte. Con l’appello del suo avvocato, però,
il parlamento di Parigi annullò la sentenza e l’inviò per due
anni all’ospedale di Saint-Germai-des-Près per “risanare la
mente”. Vi fu qui una gran prova di saggezza134.
134
De Lancre, L’incrédulité et mécréance, p. 785 e seg.
-Cfr Calmeil, De la Folie, I, 342
Capitolo XV
Il ruolo della Chiesa
Teologi della stregoneria- Il Malleus – Del Rio- Torreblanca,
ecc…
Giurisprudenza e procedura- Tribunali ecclesiastici- Capi
d’imputazione- Innocenzo IV riporta in auge la tortura
(1252) – Le sue molteplici forme- La tortura “continua” degli
inquisitori- La prigione – I testimoni – Ricerca del segno - La
confessione forzata- Nullità della ritrattazione – Supplizi –
Responsabilità della Chiesa- Arretramento dei teologi
davanti medici e giuristi. Agrippa – Jean Wier- Spée – La
teologia attuale.
Il ruolo della Chiesa nell’evoluzione della stregoneria è stato
molteplice e vario. Se tuttavia ci si pone dal punto di vista
delle credenze, si possono distinguere due grandi fasi. Nella
prima, fino al XIV secolo, in maniera generale, la Chiesa non
crede alla stregoneria e condanna con l’accusa di
superstizione quelli che vi credono. Combatte con tutte le
sue forze l’ignoranza popolare per la quale, invece, il potere
degli stregoni era fuori dubbio. Ordina ai preti d’istruire la
folla su quest’argomento e di proclamare durante la predica
che i pretesi exploit degli stregoni sono semplicemente
l’opera d’immaginazioni malate, di cui il diavolo si prende
gioco e che si diverte ad ingannare.
A datare da quest’epoca, separata dalla precedente da un
periodo di transizione che abbiamo studiato, la Chiesa
prende in contropiede il suo insegnamento antecedente.
Crede alla realtà della stregoneria e condanna con l’accusa
d’empietà quelli che non ci credono.
Combatte con tutte le sue forze gli spiriti illuminati per i
quali il potere degli stregoni è chimerico. Ordina ai preti
d’insegnare al popolo che gli exploit di stregoneria sono fin
troppo reali e che sarebbe empio attribuirli ad
immaginazioni malate.
In queste opposte credenze risiede il movente
d’atteggiamenti opposti. Fino al XIV secolo, la Chiesa tratta
la magia e la stregoneria con relativa tolleranza. Nei
numerosi Penitenzieri del Medio Evo, le penitenze indicate
per questo duplice peccato, che è ancora soltanto un
peccato di superstizione, sono molto varie ma senza
nessuna gravità speciale.
Dal XIV secolo in poi, la pena diventa terribile: è la morte,
perché la stregoneria è assimilata all’eresia, sono i
raffinamenti della tortura, perché è il più grande dei crimini,
un patto con il demonio.
E’ a quel momento che si costituisce la teologia demoniaca
da cui uscirà una giurisprudenza impietosa. I giuristi della
stregoneria nel XVII secolo non sono che la moneta dei
teologi del XV e del XVI.
Compilare la lista degli specialisti del demonio che hanno
scritto interi libri sulla stregoneria, sarebbe molto lungo e
noioso. Non essendo teologi a metà, utilizzavano il metodo
teologico per eccellenza che consiste nel non innovare nulla
ma di ridirsi noiosamente sempre le stesse cose gli uni con
gli altri.
Il punto di partenza di questa letteratura, il colpetto che
mise tutto in moto, fu la Bolla del 1484. L’inquisitore
Jacques Sprenger [1436-1494, ndt], dopo le sue prime
campagne di sterminio, riunì il risultato delle sue feroci
esperienze in un corpo di dottrine da cui gli esperti di
demonologia successivi non hanno smesso d’attingere a
piene mani: Il Malleus Maleficarum, pubblicato a Colonia
nel 1489, cinque anni dopo la Bolla Summis desiderantes. Le
riedizioni di questo libro nefasto furono molteplici e
servirono da manuale a numerose generazioni d’inquisitori.
Fu esso a creare la dottrina inquisitoria, basata sulla più
sciocca superstizione ed orientata verso le più violente
misure. Soltanto un monaco, ed un monaco teologo, poteva
sistematizzare in quel modo le più vaste aberrazioni
dell’immaginazione popolare e, senza il minimo scrupolo
d’umanità, partire da lì per infliggere la tortura e l’ultimo
supplizio. Non si può dire quanto l’opera di Sprenger sia
stata capitale nella storia della stregoneria: ha fornito ai
teologi il punto d’appoggio nella realtà che essi sono
generalmente poco adatti a scoprire. Gli altri hanno seguito
come le pecore di Panurge.
I domenicani invocarono il Malleus alla stessa stregua di un
libro ispirato. I documenti attestano che tutti gli argomenti
che gli inquisitori traevano da questo libro facevano fede e
non erano discutibili. Al solo fine di spiegarlo o mostrarne le
applicazioni essi vi aggiunsero, nelle edizioni successive,
nuovi opuscoli, come il Foumilier di Jean Nider, che da
allora non n’è stato più separato.
Qualche anno dopo, poiché il dotto giurista Ponzinibio si
ergeva contro le dottrine del Malleus e la pena di morte
applicata ad un crimine immaginario, ancora un
domenicano, il Maestro del sacro Palazzo Bartolomeo di
Spina, pubblicò subito un libro per difendere il principio
attaccato dal giureconsulto.
Non contento di chiedere la pena di morte per gli stregoni,
e questo con l’autorità legata alla sua funzione, si ergeva
contro Ponzinibio e lo segnalava alle persecuzioni degli
inquisitori135. Sessant’anni dopo, Jacquier non pensa
diversamente136. Michaelis, anch’egli inquisitore dell’ordine
di San Domenico, s’incarica di raccogliere tutte le storie
diaboliche che circolano nel suo tempo e ne compone una
stravagante Pneumalogie che in quanto a sciocchezze cede
il passo solo all’Histoire admirable nella quale racconta la
possessione di Madeleine de Mandoul e le sue mene
infernali contro il curato Gaufridi137.
La teoria dello sterminio implacabile, però, non era il fatto
soltanto degli inquisitori, né il proprio di un ordine religioso.
A fianco dei domenicani specialisti in demonologia, i Gesuiti
sono brillantemente rappresentati dal celebre Del Rio. Era
uno spirito distinto, un vecchio consigliere del parlamento
di Brabant entrato in religione nel mezzo di una brillante
carriera mondana. Pur non avendo la triste gloria di
Sprenger che fondò la scienza della demonologia, egli ha
quella d’aver costruito per questa scienza un vero
Sommario138. E’ il tipo più compiuto di specialisti singolari di
135
B. de Spina (B. de l’Epine, B. de Lépine), O. P. Quœstio de Strygibus
et in Ponzinibium de Lamiis Apologia, 1523
136
Jacquerius, Flagellum hœreticorum, in-8, Francoforte, 1581
137
Michaelis, Pneumalogie ou Discours sur les Esprit, in-4, 1587 ; 2°
edit.. alla fine della Histoire Admirable…, Parigi, 1613
138
Del Rio, S. J., Disquisitionum Magicarum libri sex, in-4, Louvain,
1599; Magonza, 1624,. Duchesse ne ha dato un sunto in francese. Del
Rio, tra molte altre cose, c’informa che il demonio raccomandava
soprattutto ai suoi scherani di non ascoltare i gesuiti: Caveret interim
cui “ si affermerebbe che hanno vissuto nella più grande
intimità col diavolo e che questi gli ha rivelato tutti i suoi
segreti. Ne conoscono le abitudini, il potere, le
comunicazioni con gli uomini, gli artifici e le leggi del suo
potere. Descrivono le mostruosità del sabba, raccontano i
crimini degli stregoni, indicano le procedure da seguire, le
pene da applicare, e fanno, perseguitandoli, il racconto
dettagliato di una massa di processi di stregoneria, fondati
quasi sempre sulle stesse accuse.139”
All’incirca nel medesimo tempo, un altro teologo, Padre
Casmann, attacca lo stesso argomento da un lato più
particolare. In una monografia impeccabile, fa il censimento
minuzioso dei diavoli noti, con descrizione, proprietà,
potenza, ecc140.
Credo che sia la prima statistica del regno infernale.
Conoscere i diavoli era tuttavia poco se non si sapeva
metterli in fuga. Certo, c’erano gli esorcismi, ma riuscivano
male. Bisognava aggiungervi altri mezzi meno anodini:
bruciare zolfo e materie puzzolenti, ma soprattutto gettare
nel fuoco un biglietto con il nome del diavolo o meglio
ancora il suo ritratto. Quest’ultimo mezzo era sovrano,
come c’informa Padre Mengo, in un libro interamente
consacrato alla farmacopea diabolica141.
D’altra parte, tra tutti questi bizzarri trattati, ritorna
continuamente un’idea familiare, quella che esprimeva
senza mezzi termini, nel 1578, il minimo Pierre Nodé:
etiam atque etiam ne jesuitas adiret unquam, alioquin gravissimas eum
pœnas daturum Lib. VI, cap. II, Sect. 3 – Un altro gesuita
contemporaneo, P. Leyman, faceva testo e del Rio lo cita spesso.
139
Delacroix, Procès de Sorcellerie, p. 48
140
Othonis Casmanni Angelogrphia, in-8, Francoforte, 1597
141
R. P. F. H. Mengo, Flagellum dœmonum, exorcismos terribiles,
potentissimos, efficaces…complectens, in-8, Venetiis, Guerrœa, 1602
“Tagliate, diceva ai signori ed ai magistrati, recidete il filo
dell’abominevole vita di questa gente che sapete che ci
riempiono e ci opprimono con tanti sventurati disastri, che
cadono su di noi più fitti della grandine…Aspettate che
leghino vostra moglie…che vi uccidano i figli appena usciti
dal ventre della madre? Ritarderete fino a che vi avvelenino
cibo o bevanda, che facciano cadere la grandine sui vostri
frutti e vi fulminino i castelli, che vi portino la morte del
gregge, che curvino la schiena dei vostri servitori e serve
con un’infinità di torsioni angosciose e mantengono in duro
languore i vostri poveri fattori e lavoratori, o che loro stessi,
possibile, essendo imbevuti di malizia, scaglino contro di
voi, i loro maestri nel loro furore, e mille stregonerie e
veleni?142”
Nel corso del XVII secolo, l'andamento di questa letteratura
non fu per niente interrotto. Nel 1609, Jean Filesac, dottore
alla Sorbona, che calcolava in milioni gli stregoni in Francia,
si lamentava che quest’immenso numero fosse dovuto
giustamente alla loro impunità143.
Un po’ più tardi, nel 1623, Don Francisco Torreblanca
pubblicava la sua magistrale Demonologia, opera che
attesta, unitamente ad un gran talento di composizione,
conoscenze universali in materia di magia e di stregoneria.
La teologia, la giurisprudenza, la “fisica” del soggetto, sono
esposte in maniera superlativa. Fu quella certamente una
142
Pierre Nodé, Déclamation contre l’erreur exécrable des maleficiers,
sorciers, etc. Parigi, Du Carroy, 1587, in-8, p. 4 – Queste veementi
esortazioni erano tutto sommato meno abili del ragionamento del
Consigliere del Parlamento, Le Loyer, Discours des spectres ou vision
set apparitions des esprits, in-4, Parigi, Buon, 1608. Gli stregoni, diceva,
non possono nulla contro i giudici e i loro incantesimi non agiscono
contro i magistrati. Che fortuna!
143
J. Filesac, De idolatria magica, Parigi, 1609. –Cfr. Merlin, Repertoire
alla parola Sortilège e Baissac, Sorcellerie, p. 315.
delle più potenti macchine da guerra scagliate contro degli
innocenti144.
Uno dei più ardenti inquisitori della Franche-Comté, Jean
Des Loix, provinciale dei domenicani dei Paesi Bassi, diede
anch’egli prova di una vera scienza giuridica. Il suo principio
fondamentale era che “l’inquisitore deve essere irremovibile
per se stesso e formidabile per quello che l’attacca, che non
è altro che il diavolo, che ceca di diventare padrone dei suoi
miserabili stregoni.145” Dalla convinzione che costoro
intraprendessero un corpo a corpo con il diavolo stesso,
nasceva l’inspiegabile crudeltà di tutti gli inquisitori. Pierre
Symard, che successe a Des Loix, nel 1649, come inquisitore
di Besançon e che non gli fu per niente da meno
nell’accanimento nel perseguitare gli stregoni 146, ci ha
lasciato una prova dell’influenza enorme che esercitavano i
teorici della teologia demoniaca sulla repressione
inquisitoria: un trattato manoscritto sugli stregoni di cui è
l’autore, è solo un’imitazione di quello di Torreblanca147.
L’Incrédulité savante del cappuccino Jacques d’Autun è uno
dei libri più curiosi sulla stregoneria del XVII 148. Incredulità
144
D. F. Torreblanca, Dœmonologia, sive de Magia libri quatuor,
Magonza, 1623.
145
Des Loix, Speculum Inquisitionis Bisuntinae, Dôle, Binard, 1628L’inquisiteur de la Foi, Lyon, Poiteret, 1634.
146
Nei registri del comune di Besançon si trova una lettera indirizzata da
lui stesso ai magistrati della città per lamentare l’insufficienza di prigioni
e chiederne insistentemente di più vaste.
147
Delacroiz, Sorcellerie, p. 63. – Symard morì verso il 1680 priore dei
domenicani di Poligny. Tra le altre vittime, condannò la moglie del boia.
Il marito chiese una dispensa ed ebbe come risposta queste parole scritte
a margine della richiesta: “Autorizzato a farsi sostituire”. – Dey, loc. cit.,
p. 46.
148
J. D’Autun, L’incrédulité savante et la crédulité ignorante au sujet
des magicien et des sorciers, in-4, Lyon, 1671. Dedicato a MM. del
Parlamento de Dijon
sapiente che vuole confondere, è l’opinione di quelli che
credono che “i sortilegi sono chimere, le assemblee
notturne illusioni ed i malefici mali immaginari”.
La posizione di J. d’Autun è ancora quella dei teologi
odierni. Dominati dal passato, non possono e non potranno
mai, senza illogicità, rigettare la credenza nella stregoneria.
Da questa teologia è nata la giurisprudenza applicata agli
stregoni. “Non c’è crimine tanto contrario a Dio quanto il
sortilegio”, dirà ancora nel 1670 il Parlamento di Rouen
nella sua rimostranza al re. Tribunali secolari e tribunali
episcopali, perciò, perseguitano la stregoneria con uguale
trasporto. Fin dal 1374, l’inquisitore di Francia perseguita
stregoni senza che se ne discuta la competenza. Nel 1409,
nel 1418, l’inquisitore della Provenza è incaricato di
sterminare “maghi e congiurati”. Nel 1437, poi nel 1445,
Eugenio IV spinge gli inquisitori a raddoppiare l’attività
contro la stregoneria. Nel 1451, Nicolas V aumenta i
privilegi di Hugues le Noir, inquisitore di Francia,
accordandogli la competenza su questi stessi crimini, con o
senza odore d’eresia. I vescovi contendevano talvolta
all’Inquisizione il diritto di perseguire gli stregoni, ma in
generale, secondo le Clementine, le due potenze rivali
dovevano cooperare per l’applicazione della tortura e la
sentenza finale149. Per di più sappiamo che in Francia, nel XV
secolo, il Parlamento era arrivato a far riconoscere la
propria competenza nei processi di stregoneria: con questa
tripla giurisdizione molto abile, chi avrebbe potuto
sfuggire? D’altronde, il Parlamento mostrò in generale una
sana ragione che esasperava gli inquisitori. Questi
s’irritavano di vedere prosciolti degli sventurati che la sana
ortodossia attendeva con impazienza come vittime.
149
Lea, Inquisition, III,512
“L’usanza di Francia deve essere rigettata per
quest’imputazione. Ci conformiamo all’usanza della
Chiesa.150” In Germania, conflitti di questo genere erano
perenni. In tal modo, nel 1674, un giudice di Tanlach, in una
richiesta al duca di Gotha, si rammarica vivamente delle
violenze e delle usurpazioni del clero nei confronti dei diritti
della giustizia ordinaria151. La giustizia ordinaria non ha,
d’altra parte, mai molto contato nei riguardi della
superstizione.
Si crearono talvolta tribunali eccezionali, come per Urbain
Grandier o per gli accusati dell’Affare dei Veleni.
Con tutti questi tribunali, i fornitori di pire avevano buon
gioco. Le accuse nascevano con una facilità quasi così
sconcertante come quella con cui erano accolte. Il diavolo
era dappertutto e con lui lo stregone. “ Che un’epizoozia
arrivi a colpire, diceva Frédéric Spée, che un temporale
distrugga un raccolto, che un medico con capisca nulla di
una malattia o che una malattia resista al medico, che una
disgrazia, qualunque essa sia, succeda all’improvviso, c’è lì
sotto qualche diavolo. La gente è furiosa, non sta più in sé:
il clero fa coro152”. Si ordinava frequentemente di
150
Spec. Inquis. Bisunt, p. 141-2.
Soldan-Heppe, loc. cit.., p. 331
152
Spée, Cautio criminalis.
Molto spesso le epidemie così numerose nel Medio Evo come nel XVI e
XVII secolo furono il pretesto di accuse assurde. “Si accusano, dice
Lallemand, preti, uomini, donne, di diffondere il germe della malattia. Si
pretende che ungono le porte, le serrature, per mezzo di sostanze
pericolose, che seminano nelle strade stracci e oggetti infettati in
precedenza.”. (L’autore fornisce qui alle masse di quest’epoca una
spiegazione che suppone idee scientifiche più moderne. La verità è che
s’incriminavano gli unguenti e polveri diaboliche che abbiamo così di
frequente attribuito agli stregoni per l’immaginazione di teologi e
giuristi.). “Nessuno si trova al riparo dai sospetti e spesso raggiungono i
funzionari che curano la salute pubblica. A Ginevra (1530), le vittime
151
denunciare i sospetti, con pena di scomunica. E’ quello che
fece l’inquisitore della Franche-Comté, nel 1659. Allora si
videro genitori denunciarsi a vicenda, figli di dieci o dodici
anni testimoniare contro i genitori. Nel 1662, nel
Wurtemberg, un ragazzino di dieci anni dice ad un
compagno: “Mia nonna può produrre topi, bruchi e pulci”.
E’ subito aperta un’inchiesta. La povera vecchia fugge nei
boschi e qualche giorno dopo n’è rinvenuto il cadavere
mezzo sbranato dai lupi153. Tre testimoni che depongono tre
fatti diversi, diceva Bodin “questi tre testimoni senza
sono l’ospedaliero, un ecclesiastico ed altri servitori dell’ospedale degli
appestati.
“A Milano (1630) le esecuzioni diventano numerose. Il re di Spagna,
duca del Milanese, promette ricompense a quelli che denunciano gli
untori[in italiano nel testo].
“I condannati si vedono sottomessi ai più spaventosi supplizi: tenaglie
rosse di fuoco mordono la carne palpitante, la mano destra è tagliata. Si
rade al suolo la dimora di chi è dichiarato colpevole. A Milano, al posto
dove sorgeva la casa del barbiere G. Giacomo Mora, si erge una Colona
Infame [in italiano nel testo].
“Costantemente gli accusati revocano le confessioni estorte con la forza
e protestano la loro innocenza al momento stesso di subire l’ultimo
supplizio”. – L. Lallemand, Les maladies épidémiques en Europe, du
XVI au XIX siècle, nella Revue des Q. Hist., 1908, p. 464.- Cfr. Processo
originale degli untori nella peste del MDCXXX, in-8, Milano, 1839. – J.
Ripamondi, De Peste quœ fuit…, in-4, Milano 1641. – In Slesia,
numerose persone accusate di questo crimine furono bruciate nel 1606..
Lambert, Geschichte der Seuchen.. in-8, Wiesbaden, 1890, p. 12
A Cahors, nel 1533, “ furono individuati e scovati gli affumicatori della
peste, i quali…attaccavano la peste alle case, ungendo le chiusure delle
porte, ecc.” Louis Greil, Le Livre de main des du Pouget (1522-1598),
Cahors, 1897, p. 11. – Nel 1659, a Besançon, in seguito ad un’epidemia,
uno dei notabili di Besançon fu condannato al fuoco dall’inquisitore.
Questi si appellò a Roma e fu dichiarato innocente. “Più di duecento
persone, dice il gesuita Prost, che erano state bruciate su simili indizi,
non era colpevoli di più.” Prost., Hist. De Besançon.
153
Pfaff, Z. fűr d. Culturgeschichte, an. 1856, p. 351
ricusazione e qualche altra supposizione, bastano per
emettere sentenza di morte”154.
La stregoneria era un crimine occulto e di difficile prova, agli
inquisitori bastava congetturare il corpo del reato. Il
Sant’Uffizio stesso rimproverava loro gli eccessi in cui la
procedura d’eccezione li trascinava. Il 4 settembre 1657,
dichiarava a quello della Borgogna “spesso gli inquisitori
avevano commesso vessazioni ingiuste, indagini,
carcerazioni ed altre cattive procedure, tanto negli
interrogatori ed istruzioni quanto nella questione della
tortura”155.
La stregoneria era ritenuta ereditaria: c’era lì un primo
indizio. Il cambiamento di domicilio, anche se può sembrare
singolare, ne costituiva un secondo, “poiché, dice Bodin,
succede normalmente che le streghe si spostano da un
posto ed un villaggio all’altro”. E’ la mania della fuga
conosciuta dagli alienisti moderni. Turbarsi davanti al
giudice, era altrettanto grave. Lienhard, di Stumm, nel
Tirolo, dopo la morte della madre, poiché il patrigno era
troppo brutale, lasciò la casa e se n’andò a custodire le
greggi da villaggio in villaggio. Incappato nei gendarmi, si
turbò; arrestato, si turbò di nuovo davanti ai giudici. Era
appunto scoppiato un temporale il giorno prima e ne fu
accusato lui. Messo sotto pressione dalle domande, finì per
confessare che era stregone, che un giorno aveva
incontrato un cacciatore nero che non poteva essere che il
diavolo e che gli aveva insegnato a fare temporali ed anche
topi. Il ragazzo fu messo sotto tortura ed il 13 dicembre
1679 fu issato sul rogo, fu decapitato, il suo piccolo corpo
bruciato e le ceneri maledette gettate nel fiume 156.
154
Demon., IV, 2
Delacroix, loc. cit., p. 249
156
L. Rapp, Die Hexempr. Ans Tyrol, p. 25-28
155
Sospetto, secondo Del Rio, anche chi denunciava con
troppo zelo gli altri stregoni: era un mezzo per sviare i
sospetti. Sospettato era, chi trascurava i doveri religiosi,
sospettato chi vi si mostrava troppo assiduo. “Chiunque
recitava il paternostro con troppa devozione, prendeva
troppo spesso l’acqua benedetta, era troppo assiduo alle
funzioni, dice Fréderic de Spée, diventava sospetto di
stregoneria”. L’attaccamento ad un cane, ad un gatto, che
potevano essere diavoli dissimulati, fornirono molto spesso
i capi d’accusa. L’ultimo vescovo di Mersebourg, Michel
Helding, soprannominato Sidonius, mente fine e
predicatore di talento, dovette fuggire dalla sua città
episcopale e rifugiarsi a Vienna, perseguitato dall’accusa
d’essere in commercio col diavolo nella persona del suo
gatto157.
Altri indizi: l’abitudine di tenere gli occhi fissi a terra
durante l’interrogatorio, una cattiva fisionomia, l’abitudine
di giurare e bestemmiare, la finta di cacciare lacrime senza
poter piangere, l’assenza di una croce o di una parte di
croce alla corona del rosario, il fatto di farsi chiamare strega
o genaulche o hiryge, [ strega, ndt] ecc. senza perseguire il
calunniatore, stravaganze o sconvenienze, la negligenza nel
denunciare gli eretici. La voce pubblica, la confessione
dell’accusato o di un complice, la minaccia di sortilegio
seguita da effetto, il possesso su di sé o in casa di polveri
grasse non abituali, le menzogne e modifiche agli
interrogatori, la fuga prima o durante l’indagine e il
marchio, erano classificati tra gli indizi più gravi o
prim’ordine. Uno di questi, unito ad un degli altri, bastava al
magistrato per ordinare la messa sotto tortura.
157
Morì nel 1561. – Hauber, Biblioth. magica - C’è bisogno di ricordare
il cane d’Agrippa?
La tortura venuta dal diritto romano e proibita dalla Chiesa
fino al XII secolo, fu rimessa in auge da Innocenzo IV, che,
nel 1252, n’approvò l’uso in caso di scoperta d’eresia 158. Gli
inquisitori, però, non potevano applicarla autonomamente.
Nel 1258 Alessandro IV glielo permise, a condizione di
assolversi l’uno l’altro e di dispensarsi dalle “irregolarità”
intercorse159. E’ noto l’elogio che faceva della tortura
l’inquisitore Bernard Gui, come mezzo per estorcere le
confessioni ad accusati e testimoni 160.
Fu la gran leva dei processi di stregoneria. “Senza di questa,
dice Soltan, non sarebbe stato possibile individuare quelle
masse di streghe, senza di essa, i processi di stregoneria
non avrebbero mai avuto posto nella storia dell’umanità”161.
“Sventurata la povera donna, scrive l’autore del Cautio
criminalis, Fréderic de Spée, che ha messo piede nella
camera di tortura, non ne uscirà che dopo aver detto tutto
quello che si voleva farle dire. Una volta sotto tortura, è
spacciata, non può scappare, deve morire. Spesso mi sono
detto che se il mondo intero non era fatto di stregoni era
perché il mondo intero non era passato attraverso di quella.
La cosa è talmente vera, che molto recentemente
l’inquisitore di un gran principe osava dichiarare che se il
papa fosse caduto tra le sue mani e avesse subito la tortura,
lo avrebbe costretto a confessare d’essere stregone.”162
Dato che la stregoneria era un “crimine d’eccezione” gli
accusati erano sottoposti a quella che si chiamava in Francia
la questione straordinaria. Si doveva prima di tutto cavargli
la confessione della loro colpa, questione preparatoria, poi
158
Bolla Ad extirpanda, §6
Bolla, Ut Negotium e Bolla Ne inquisitionis
160
Practica, p. IV, V.
161
Soldan-Heppe, loc. cit., p. 356
162
Citato da Baissac, Sorcellerie, p. 52
159
il nome dei complici, questione definitiva. Davanti ai diversi
parlamenti, la forma della questione non era la stessa.
Quello di Parigi non ammetteva che l’acqua- servendosi di
un corno, si versavano 8 pinte [4,55 l. circa, ndt] d’acqua
nella bocca dell’accusato- e gli stivaletti -si stringevano le
gambe in una pergamena o tra due tavole di legno che
venivano strette violentemente mediante arnesi di ferro.
Altrove, vi si aggiungevano le manette; a Besançon si
utilizzava di preferenza la strappata. Ad Avignone avevano
importato da Roma una tortura particolarmente atroce: la
veglia. Era una sorta d’impalamento dell’accusato in una
specie di forno riscaldato da bracieri.
Da nessuna parte, però, si era costretti ad attenersi a
queste forme di tortura, sempre perché la stregoneria era
un crimine d’eccezione. S’immaginavano i supplizi più
inauditi. Le tenaglie e la morsa sono d’utilizzo frequente.
Anna Schmeck, nel 1652, è attanagliata per mezzo di
krebbs. Soldan-Heppe cita una donna che, in Vestfalia,
subisce venti volte questa tortura e ogni sequenza durava
da tre a quattro ore. A Baden-Baden, un’altra sventurata,
nel 1628, è attanagliata dodici volte e lasciata cinquantadue
ore sul banco di tortura 163. “In Olanda, dopo aver subito le
tenaglie ventiquattro volte, un’accusata fu esposta a vespe
e topi ed ebbe brandelli di carne strappati fino alle ossa. Il
boia non potendone più chiese di riposarsi, il borgomastro
lo sostituì.
“Jacques Cornil e suo figlio, orribilmente torturati per molti
giorni, sono messi nove volte nella morsa, poi, sui loro corpi
vengono bruciate quattro misure di liquido infiammabile.
Sotto i loro piedi sono sistemati carboni ardenti, tanto che
la pianta se ne stacca; uno resta sei giorni senza mangiare,
163
Soldan-Heppe, loc. cit. I, 357.
dopo di che gli si dà un’aringa salata e gli s’impedisce di
bere. Sono portati topi che gli si mettono sul petto nudo,
dopo averli stuzzicati ed eccitati, poi è circondato da vespe
ed api. Sono aggiunti altri supplizi rivoltanti indescrivibili.164”
Talvolta si versava sul corpo dello zolfo fuso o si fissavano i
piedi sopra di un fuoco acceso. Un giudice di Münster
faceva slogare le braccia, altri facevano spezzare le
gambe165. Altre volte, si utilizzava un collare munito di
chiodi all’interno. “La regina delle streghe”, Arnoulette
Desfrasnes, il 21 marzo 1663, fu “condannata alla questione
del collare per ventiquattro ore.166”
L’eculeo era di frequente utilizzo. Una ragazzina di tredici
anni, nel 1647, Marie Carlier, vi restò parecchie ore.
Giacomo I d’Inghilterra immaginò di conficcare punte di
legno e spille sotto le unghie. Un’invenzione ancora più
felice, secondo quanto dice Binsfeld, gran vicario di Trèves,
era venuta dall’Italia: consisteva nel mantenere il paziente
nell’insonnia tramite la presenza d’aguzzini che si davano il
cambio e lo svegliavano con grandi colpi in testa167.
Leggi e canoni impedivano di reiterare la tortura.
L’inquisitore Sprenger immaginò, però, una distinzione che
farebbe invidia agli ultimi casisti: “Quod si nec sic (alla prima
tortura) poterit ad veritatem induci, tunc pro seconda aut
termia die quœsionanda ad continuandum tormenta, non
ad iterandum.168” Le torture che venivano dopo la prima
n’erano la continuazione e non la ripetizione!
164
Diefenbach, loc. cit., 159 – Delacroix, loc. cit., 276
Wachter, Hist. De la Sorcell. Dans la princip. De Munster, citato da
Delacroix, loc. cit., p. 280 – Soldan-Heppe, loc. cit., I, 352
166
Delacroix, loc. cit., p. 281
167
Ibid. p. 285
168
Malleus Malefic., p. 3, q.19
165
La continuazione fu ripetuta fino a cinquantasei volte per
una strega nominata Holf, citata da Schengral 169.
La prigione è già essa stessa una tortura. Nella gattabuia
senza luce, l’umidità, il freddo, i ratti, i pidocchi e gli
escrementi sostituivano il carnefice. Se la prigioniera era
giovane, bisognava aggiungere a questi terrori quello dei
carcerieri. Wier ne cita alcune che furono messe incinte più
volte in tal modo. Rémy parla di una ragazzina che fu
trovata mezza morta un mattino nella sua cella: fu
dichiarato che era stata vittima di Satana. I carnefici,
secondo la testimonianza di Fr. De Spée, non si privavano di
simili attentati170. Per cercare il segno, si doveva procedere
prima ad una depilazione completa. “Pili ex omni parte
corporis abradantur” diceva il Malleus171. Era, aggiunge, il
momento dei tentativi più criminali172.
Molto spesso le accusate soccombevano alla tortura. E’
quello che successe il 22 agosto 1668 alla moglie di Paul
Mopen, a Watingen, nel ducato di Sassonia Meinengen. Il
processo verbale dichiarò che “era stato il diavolo ad aver
torto il collo” alla povera donna 173. Frequenti erano pure i
suicidi, si capisce. Per Bodin, è “il diavolo che le aiuta a
morire” ed è la ragione per la quale non bisognava mai
lasciare soli i prigionieri174. Una donna di Thann, Anna
Morgin, condannata nel 1641, ricevette dal diavolo un
coltello con cui si sferrò due colpi alla gola. Perse
169
Schnegraf, Hist. De la civilisation en Allemagne, p. 706
De Velledor, pseudonimo di Bouvot, medico della Franche-Comté,
Advis aux criminalistes sur les abus qui se glissent dans les procès de
sorcellerie… (Traduzione della Cautio criminalis de Spée) Lyon, prost,
1660, p. 129, 243, 244. – Cfr. Déy, loc. cit. p. 83 e seg.
171
P.3, q. 15
172
Loc. cit.
173
Rotteck et Welcker, Staatslexikon, t. VII, p. 4, art. De Bopps.
174
Demonom., IV, 5
170
conoscenza ed il carnefice, credendola morta, la portò sul
rogo. All’improvviso gridò: “Gesù! Maria!” Fu portata mezza
bruciata in gattabuia. Affermava di esser risuscitata, con
l’intervento della Vergine, a sfuggire alla dannazione. Fu
bruciata in seguito solo dopo averle tagliato la testa175.
Crimine d’eccezione, la stregoneria esigeva soltanto la
testimonianza di un solo testimone. Una miserabile, sotto
tortura, costretta a nominare i suoi complici e le persone
che aveva riconosciuto al sabba, rivelava i nomi dei suoi
nemici, o talvolta di tutti quelli che le venivano in mente.
Ogni messa sotto inchiesta produceva nuovi processi e
finalmente ci si spiega che intere popolazioni siano state
coinvolte in quelle tremende persecuzioni.
Tutti i testimoni erano ammessi qualunque ne fosse l'età e
la morale. Bouvot, il medico di Besançon che tradusse la
Cautio criminalis di Spée, riporta un fatto successo “poco
tempo fa in una città abbastanza notevole della FrancheComté”. Due piccoli mendicanti, un ragazzino di dodici anni,
una ragazzina di dieci, conviti con minacce e promesse,
fecero condannare la propria madre. In seguito,
dichiararono d’averla falsamente accusata per avere del
pane. “Ci facevano capire, dicevano, che a meno di dire la
verità, capite bene quale, non saremmo mai usciti dalla
miseria nella quale eravamo, ma che dicendola, avremmo
avuto pane a sazietà.176”
Per avvalorare le deposizioni dei testimoni si ricerca il
marchio. L’accusato è svestito, rivestito con una camicia
nuova, nella quale Satana non avrà potuto mettere in atto
qualche trabocchetto, e dopo aver passato il rasoio o la
candela, se ne rovistano le carni con un ago. Era questa una
175
176
Reuss, Sorcellerie en Alsace, p. 116
De Velledor, Advis aux criminalistes, Advis préliminaire
ricerca capitale in ogni processo. Appena era trovata una
placca anestetizzata da cui l’ago non tirava sangue o nella
quale alcun dolore era percepito, la prova era ottenuta.
Quando fu visitata la Chaillotte di Saint-Georges, al
tribunale [baillage, ndt] di Vesoul, nel 1624, fu trovata
marchiata “nei muscoli dei glutei dal lato destro, nel quale
marchio è penetrato uno spillo della lunghezza di quattro
dita e del ritratto che è a margine; una volta penetrato
interamente il detto spillo, non è stato possibile asportarlo
in alcun modo ed è restato ancora così com’è nei glutei,
senza che la convenuta in giudizio abbia mostrato alcun
segno di dolore.177”
Un prete del clero d’Avranches, al tempo di Huet, fu messo
alla stessa ignominiosa prova. “Il signore di Glatigny,
luogotenente criminale, l’ha fatto spogliare nudo e gli ha
fatto conficcare degli aghi in tutte le parti del corpo. 178”
Spesso, d’altra parte, l’insensibilità era attribuita
gratuitamente alla vittima. Claude Pellot, primo presidente
del parlamento di Normandia, in una lettera à Colbert parla
di un contadino normanno che “ ha fortemente avvertito la
puntura… il cancelliere non vi ha badato ed ha scritto quello
che ha voluto.179”
Quello che bisognava ottenere di buon grado o di forza, era
la confessione. Era d’uso comune che, su semplice
ammissione di stregoneria, senza d’altra parte aver fatto
alcun male, un accusato doveva essere condannato. Per
ottenere questa confessione, tutti i mezzi erano buoni. Un
avvocato di Saint-Claude frequentava le prigioni e
raccoglieva le confidenze degli accusati sotto forma
177
Archivi dipart. Haute-Saône, B. 5056 - Delacroix, loc. cit., p. 258.
Foucault, intendente della généralité di Caen, Mémoires, citato da
Delacroix, loc. cit. p. 259
179
Bibl. Nat., Clairambault. Lettera del 10 luglio 1670.
178
amichevole, poi andava a testimoniare contro di loro. La
Facoltà di Strasbourg dichiarò lecita tale pratica, quando fu
consultata per un caso analogo180. Astuzia, inganno,
minacce, violenza, tutto era lecito contro un accusato
“d’eccezione”. Parlando di stratagemmi menzogneri, Bodin
dichiara: “Tutto ciò è lecito per diritto divino ed umano 181”.
Da parte sua, Boguet aggiunge: “Abbiamo sperimentato che
il rigore costringe il più delle volte gli stregoni a addivenire a
confessione, anche se sono giovani 182”. Se l’accusato si
rifiutava di confessare, era d’altronde cattivo segno: il
demonio l’aveva dotato del fascino di taciturnità.
Talvolta, uscito dalla tortura, l’accusato ritrattava le
confessioni. Non soltanto la ritrattazione non era valida, ma
addirittura era passibile di nuova pena. Una delle quattro
streghe che erano condotte al rogo a Vézelise, nel 1604,
ritornò sulle sue confessioni. Per punirla d’aver voluto
ingannare la giustizia, le fu trapassata la lingua con un ferro
rovente183.
La morte è la pena per gli stregoni. Il più delle volte, sono
strangolati, impiccati, o, per esempio in Germania,
decapitati, prima d’essere bruciati. Numerosi sono anche
quelli che sono bruciati vivi. Anche qui l’età importa poco.
180
Soldan-Heppe, loc. cit., I, 330
Démon., IV, in fine. [sic]
182
Instruct. pour un juge, art. I
183
Dumont, Justice criminelle de Lorraine et de Bar, II, 54.- Alle volte
l’anestesia o anche l’eccesso di dolore rendevano, sembra, gli stregoni
insensibili alla tortura. E’ quello che attesta Nic. Aymeric,
grand’inquisitore d’Aragon, nel “Directoire des inquisiteurs ; Pegna, il
suo commentatore, Director. Inquis., 1578, p. 481, 483- - Et. Taboureau,
libro 4, riporta che i carcerieri “applicavano ricette assideranti” agli
accusati. Hipp. de Marsiliis, professore di diritto a Bologna, nel 1524,
dice, nella sua Pratique criminelle, li vedevo spesso addormentati in
mezzo ai tormenti. Secondo l’articolo 7dell’accusa, Giovanna d’Arco
avrebbe portato della mandragora a scopo analogo.
181
Dieffenbach cita molte ragazzine e bambini di cui uno non
aveva ancora cinque anni.
Talvolta, le streghe furono sepolte vive. “A Valenciennes,
dice F. Delacroix, una ragazza di diciotto anni fu sepolta viva
per stregoneria. Le grida della sventurata erano così orribili
che il carnefice stette male e chiese grazia per sé e la
vittima. Il giudice ordinò di continuare.
Come per i crimini più atroci, aggiunge l’autore, si vedono
poveri pazzi portati al rogo sul graticcio: legati dietro una
carretta, sono trascinati per le strade con la faccia per terra,
nel fango, sulle pietre o nella polvere.184
Generalmente, prima di morire, il condannato doveva fare
pubblica onorevole ammenda. Era portato davanti alla
porta della chiesa e a ginocchio chiedeva perdono “a Dio, al
re ed alla giustizia”. I preti erano degradati dal vescovo
prima di essere consegnati al braccio secolare.
Né gli inquisitori, né i tribunali ecclesiastici pronunciavano
la pena di morte, almeno in teoria. Il condannato, secondo
la formula, era “consegnato al braccio secolare”, e spesso si
aggiungeva: “Debita animadversione puniendus”. Quello
che queste ipocrite formule significavano, ce lo diranno gli
inquisitori stessi. Bernard Gui, citando un inquisitore del
secolo precedente, diceva: “Lo scopo dell’inquisizione è la
distruzione dell’eresia. L’eresia non può essere distrutta
senza che gli eretici lo siano pure, e questo si può fare in
due modi: attraverso la conversione o con incenerimento
carnale dopo abbandono al braccio secolare.185”
Angiolo da Chiavasso diceva chiaramente: Ista
animadversio est pœna ignis de consuedutine, licet de jure
sit pœna mortis,e Bernardo di Como, pœna
184
185
Delacroix, Sorcellerie, p. 292
Bern. Guidonis, Practica, p. 4.
animaddversionis est qœ evertit animam e corpore 186.
Sprenger, d’altra parte, il prototipo dei persecutori di
stregoni, non esitava a parlare delle vittime “che aveva
bruciato” quas incinerari fecimus187. Rispondendo in
qualche maniera alla dichiarazione di Nicola II, troppo bella
per essere vera, “la Chiesa ha orrore del sangue”, Gregorio
IX non esitava a proclamare che la “Sede apostolica, quando
l’Ebreo s’unisce al Madianita, aveva l’obbligo di versare il
sangue, se sembrava altrimenti non vegliare sul popolo
d’Israele.188” Che cosa avrebbe quindi detto due o tre secoli
più tardi, dopo che la procedura della Chiesa non cessò di
diventare sempre più dura e crudele189?
La morte stessa non metteva al riparo dalle persecuzioni.
Quando uno stregone soccombeva in prigione, si pensava
che il diavolo l’avesse ucciso per sottrarlo alla giustizia e ci si
accaniva sul cadavere. Anche morto e sotterrato, si poteva
essere oggetto di denuncia e di un’inchiesta in buona
forma. Il cadavere era riesumato, trascinato sul graticcio e
solennemente bruciato. Successe addirittura che si affiancò
un condannato vivo ad un cadavere e che i due fossero
bruciati insieme. Fu in particolare la sorte di un prete,
186
A. da Chiavasso (+ 1485), Summa Angelica, s.v. Hœticus,§ 16. B. di
Como, Lucerna inquisitionis, s.v. Executio, n° 4. – Léa, Inquis., I 535.
187
Malleus Malefic., p. 2, q. 7, c. 2 – Niente potrebbe meglio di quello
che precede far apprezzare tutto il sapore della parola di Mns
Douais : “Si veramente ! La Chiesa, nei confronti degli eretici [gli
stregoni gli erano assimiltati], ha sempre avuto il pensiero della giustizia
e della carità” Rev. des quest. histor., XXX, p. 400.
188
Breve del 1234.- Ripoll. I 66.
189
Giovanni XXII, questo tipo di quello che gli alienisti chiamano il
perseguitato-persecutore, ebbe gran parte nell’accrescimento di crudeltà,
non soltanto con i suoi costumi generali, ma per di più col suo esempio
personale. E’ noto che il 4 maggio 1317, fece scorticare vivo e trascinare
al rogo Ugo Gérold, vescovo di Cahors, col pretesto d’aver cospirato
contro la sua vita di papa. – B. Guidonis, Vita J. XII
Thomas Boullay, trascinato, il 21 agosto 1647, per le strade
di Rouen con il cadavere putrefatto di Mathurin Picard,
curato di Mesnil-Jourdain. Furono bruciati sulla piazza del
Vecchio Mercato dove morì Giovanna d’Arco.
Qualche volta la condanna fu più leggera e ci si accontentò
del bando. Marie Vilain fu, in tal modo, bandita il 5 maggio
1610, dalla giustizia d’Avanne (Doubs), “alla pena del
capestro, fino a che morte ne consegua190”.
In compenso, l’aberrazione fu spinta fino a permettere
talvolta le esecuzioni popolari, senza inchiesta e giudizio di
sorta. Il parlamento di Dôle, durante l’epidemia di
Licantropia che colpì nello Jura, permise al popolo di
perseguitare e colpire a colpi di mazze, forconi, ecc., i “lupi
mannari” che venivano trovati nei campi e nelle vigne 191.
Una disposizione giuridica che contribuì non poco a
moltiplicare le condanne, era la confisca dei beni del
condannato al profitto del signore temporale. E’
l’argomento che avanza l’inquisitore Symard, quando, nel
1649, negozia con i magistrati di Besançon, incurante di
lasciar riprendere i procedimenti. “Non capite, gli diceva,
che l’ammenda facoltativa equivale alla confisca e che basta
saperla applicare? 192” All’ammenda venivano ad
aggiungersi spese d’ogni sorta, prelevate anch’esse dai beni
del condannato: mantenimento e nutrimento di questi,
spese di magistrati, cancellieri, notai, ecc. Trasporto di
confessori, del boia, luce, corda della forca, legna del rogo,
nulla è dimenticato.
Nel paese di Montbéliard, in Germania, in Lorrena, anche
altrove, senza dubbio, i giudici, i ministri, il boia, si offrivano
pasti copiosi, sempre a spese del condannato. L’inquisitore
190
Déy, loc. cit., p. 117
Calmeil, De la folie, I, p. 310 e seg.
192
Déy, loc. cit., p. 45.
191
si faceva pagare: quello di Besançon riceveva sei franchi al
giorno ed altrettanto per il suo compagno; il loro cameriere
riceveva le spese di trasferta. Per emettere la sentenza
della Cornu e procedere all’interrogatorio di Jean Gaillard,
ricevono 60 libbre; un’altra volta, 129 libbre per spese di
rogo, 129 ancora al processo di Jean Girod 193. Il processo di
Melchiorre de la Vallée, a Nancy, costò 1157 franchi e 3
gros194.
Talvolta, di fronte ad abusi odiosi, le popolazioni si
rivoltavano. Senza, tuttavia, seri risultati. I medici ed i
giuristi fecero un’opposizione più sostenuta. Certamente,
tra gli uni e gli altri, la massa condivideva le superstizioni
locali195. Molto presto, però, comparvero uomini illuminati
che si eressero contro i crimini dei persecutori di streghe.
Cornélius Agrippa de Nettesheim fu uno dei primi.
L’abbiamo visto difendere un accusato a Metz nel 1520 col
pericolo della sua stessa vita ed ormai costretto ad errare
da città in città, perseguitato dall’odio di tutti. Il suo allievo,
Jean Wier, medico del duca di Zclèves, scrisse un libro
immortale per confutare gli errori barbari degli Sprenger e
dei Del Rio. Bodin chiese subito la morte per questo
benefattore dell’umanità196. Presto, Guillaume de Baillou e
Bonnet Théophile descrivono scientificamente alcune
malattie mentali. Poi vengono Ducan, Cyrano de Bergerac,
Riolan, Gabriel Naudé con la sua Apologie pour les grands
hommes faussement accusés de magie, Gury Patin,
193
Archivi di Gy- Tali esigenze provocarono il sollevamento degli
abitanti di Gy, nel 1680.
194
Delacroix, loc. cit., p. 312
Ambroise Paré, per esempio, ammetteva tutte le balordaggini
tradizionali.
196
Wier, De prœstigis,Amsterdam, 160 ; Histoires, disputes, ecc. (Bibl.
Bourneville)
195
Ferdinand Bonnot. I magistrati scendono in lizza. Bisogna
conservare il ricordo delle proteste d’Augustin Nicolas,
consigliere al parlamento di Besançon, e di Pellot, primo
presidente del parlamento di Normandia197.
In fine, il clero stesso si lascia talvolta commuovere.
L’antagonismo innato tra domenicani e gesuiti, ebbe
almeno il felice risultato di reclutare tra quest’ultimi
avversari determinati della procedura barbara contro la
stregoneria. Il primo grande tra loro fu Freédéric de Spée (!
595-1635)198. Ad appena trent’anni, aveva i capelli bianchi,
ed all’arcivescovo di Magonza che gliene chiedeva la causa:
“E’, rispose, per aver condotto al rogo tante streghe
innocenti”.
I teologi amano citare il suo libro, quando gli capita di
parlare di stregoneria. Dimenticano di dire che Spèe
dovette nascondersi sotto il velo dell’anonimato e
pubblicare la sua opera in una città protestante dove non
era conosciuto. Il suo traduttore francese, il medico Bouvot
di Besançon, fu costretto ad imitare la stessa riserva e di
nascondersi sotto uno pseudonimo, F.-B. de Velledor.
M. Delacroix cita altri gesuiti che si mostrarono più larghi e
più indulgenti del loro tempo: Adam Tenner (1572-1632),
Busée (1547-1611), Roberti, Caussin, Maunoir (1606-1683),
Pinamonti (1632-1709).
Non bisogna credere che la credenza teologica se ne sia
trovata modificata. Oggi [1910, ndt], il teologo cattolico
ammette gli stessi poteri diabolici del suo antenato del XVI
197
A. Nicolas, Si la torture est un moyen sûr à verifier les crimes secrets
[Se la tortura è un mezzo sicuro per verificare i crimini segreti],
Amsterdam, Wolfang, in-12, 1681.
198
Cautio criminalis contra sagas, autore teologo romano, in-8, Rhintel,
1631.
secolo; ammette il patto, l’incubo, il succubo, e tutti i
misfatti della stregoneria199.
L’unico cambiamento è che, grazie alla scienza e lo spirito
moderno, ha le mani legate. Se resta il perseguitato di
Satana, non sarà più persecutore degli uomini.
Testi e Documenti
199
Sarebbe ingiusto non nominare qui i ministri protestanti che si
unirono al movimento liberatore : Reynold Scott, Struve, Meyfart, Jean
Gréve (di Buderich, vicino Clèves, Tribunal Reformatum, 1604) e
soprattutto il focoso Balthasar Bekker, il cui Monde enchanté (1691) è
stato tradotto dal fiammingo in tutte le lingue d’Europa.
IL Canone Episcopi.
E’ il primo testo sul sabba. Non se ne conosce la data esatta, ma è
anteriore al IX secolo, spesso citato dai canonisti e ricondotto, a torto, al
Concilio d’Ancira del 314, o ancora, come Bodin e Boguet, al Concilio
d’Aquileia. E’ stato raccolto in una collezione di lettere decretali, da
Réginon (De Eccles. Discipl., II, 364), Buchard (Decret X,I), Ivon (Decret,
XI,30), Gratin (Decret, II XVI, q. V, ch.12). – Ancira, antica capitale della
Galazia, in Asia minore, oggi Angora o Angourich (Ankara, ndt), è spesso
chiamata nei testi Angouri. – E’ il vescovo Buchard che ha aggiunto:
“Con Erodieade” (XI s.) senza che se ne sappia il perché.
Bisogna ancora aggiungere che alcune donne scellerate,
cultrici di Satana, sedotte da illusioni e fantasmi del
demonio, credono e professano che nottetempo, con
Diana, dea pagana, (o con Erodiade), ed una
numerosissima torma di donne che cavalcano bestie,
attraversano lo spazio nella calma della notte, ubbidendo ai
suoi ordini come ad una padrona assoluta. In alcune notti
sono chiamate a servirla. Se almeno fossero sole a perire
nella loro empietà! Se almeno non trascinassero numerose
persone nella morte dell’infedeltà! Un’ innumerevole
moltitudine, però, tratta in inganno da questi errori, devia
dalla vera fede e sprofonda negli errori pagani, supponendo
che vi sia una qualche potenza divina al di fuori dell’unico
Dio. Chi di noi non è fuorviato dai sogni e dormendo non
vede tante cose che non ha mai visto durante la veglia? Chi
può essere tanto pazzo da immaginare che il corpo prova
l’effetto di quello che avviene nello spirito soltanto?
Bisogna dire molto forte che chiunque crede a tali cose ha
perduto la fede e non appartiene più a Dio, ma al Diavolo”
Baluz. Capitular. Fragm., c. 13
Cfr. Decret gratian., loc. cit.
Questo testo è stato parzialmente riprodotto nei capitolari di Charlesle-Chauve, nell’anno 872. (Baluz, ibid.)
Il suo interesse è grandissimo. Dimostra che, in quell’epoca, il clero non
ammetteva ancora la realtà dei fenomeni di stregoneria. Il dogma che
doveva raggiungere il periodo più alto nel XV secolo e scomparire nel
XIX, non era ancora nato nel IX secolo.
E’ stato Buchard che per primo, con un controsenso, l’attribuì al concilio
“Aquirensi”. Per Baluze, si tratta in realtà di un frammento di capitolare
(Bal., De emend. Grat., II, 14), per Richter, di un estratto di un’opera del
VI secolo, falsamente attribuita a sant’Agostino. (De Spiritu et animo, c.
28)
L’irrealtà degli effetti della Magia
prima dogma e poi eresia
La credenza nel potere dei maghi e degli stregoni fu in un primo
momento condannato dalla Chiesa. Si trattava di un atto di grande
ragionevolezza la cui origine è d’attribuire alla cultura filosofica e
scientifica che i Padri traevano per di più dall’ambiente pagano nel
quale erano stati cresciuti. Se questo dogma fosse stato mantenuto
avrebbe evitato tantissimi crimini. Lo troviamo nel testo seguente:
I - Dogma
Concilio di Braga, 563:
Sia colpito con anatema chiunque crede che il diavolo,
poiché ha fatto alcune cose nel mondo, può anche produrre
da sé il tuono ed i lampi, i temporali e la siccità, come
insegna Priscilliano.
I Concil. Bragarens. Anno 563, c. 8.
(Buchard. Décret, X, 8 – Ivon. Décret, XI, 36.)
Sant’Agobardo
Essendo scoppiata un’epizoozia, il popolo accusava Grimoaldo, duca di
Benevento, di aver fatto diffondere una polvere magica sulle montagne,
i campi ed i fiumi dell’immenso territorio contaminato. Agobardo
riporta che un gran numero di disgraziati furono arrestati e messi a
morte con l’accusa d’aver partecipato ai misfatti. Aggiunge poi:
Quello che è più incredibile, è che molti di questi sciagurati
confessavano, in effetti, d’essere maghi. Tanti e così assurdi
errori circolano tra loro, che è probabile che i pagani, pur
così creduloni, non vi avrebbero nemmeno fatto caso.
Agobardi. Contar insulsam vulgi opinionem
de grandine e tonitruis liber. C. 1-2 e 15-16
Verso la stessa epoca, un concilio irlandese, anatematizza chiunque
crede alla stregoneria. (Synod. Patricelli, c. 16, in Haddan and Stubbs, II,
329). Nel 1080, Gregorio VII biasima severamente la stessa credenza
(Greg. VII Regist. VII, 21) Vedi Lea, Inquisition, III, 501.
Giovanni di Salisbury (1181)
Giovanni di Salisburgo, vescovo di Chartres, uno degli uomini più
illuminati del XII secolo, crede già alla realtà dei misfatti magici, ma non
ancora a quelli del sabba. A quest’epoca, c’è quasi dappertutto la stessa
esitazione e la stessa incoerenza:
Lo spirito maligno, con il permesso di Dio, spinge la sua
malizia fino a che taluni credano falsamente reale ed
esterno ciò che patiscono in maniera immaginaria e per
colpa loro. Sicché dicono che una Nocticula (Diana) o
Erodiade convoca assemblee notturne in cui si banchetta…
in cui sono sacrificati e divorati bambini… Chi sarebbe tanto
cieco da non vedere qui una pura illusione dei demoni? Non
bisogna dimenticare che coloro ai quali accade ciò, sono
povere donne o gente semplice e credulona.
Joh. Saresberiens. Polycretic., II, 17
Sinodo di Trevi (1310)
E’ uno degli ultimi testi in cui sopravvive il vecchio dogma di distinzione
e le stesse idee. Esso enumera a lungo le pratiche di magia ed impone
una penitenza di quaranta giorni a quanti vi si dedicano. Non ammette,
però, la realtà del sabba:
Nessuna donna pretenda cavalcare di notte con Diana o
Erodiade, poiché é un’illusione del demonio.
II- Eresia
San Tommaso d’Aquino:
E’ uno degli ultimi testi in cui sopravvive il vecchio dogma dell’irrealtà
degli effetti magici. Dopo di questo, non resta più da citare che il
Sinodo di Langres del 1404, in cui Luigi di Borbone invita le sue
pecorelle a non prestar fede alle imprese dei maghi:
“Alcuni hanno affermato che il maleficio non è nulla e che
questa credenza proviene dalla mancanza di fede, perché
pretendevano che i demoni fossero soltanto immaginazioni
umane. La fede cattolica, però, vuole che i demoni siano
reali e possano nuocere con il loro operato ed impedire
l’attività materiale”.
Quodlibeta, XI,10, ad 2.
Si deve credere che con il permesso di Dio, i demoni
possono turbare l’atmosfera, sollevare i venti, far cadere il
fuoco dal cielo…Tutto ciò che può essere fatto col semplice
movimento da un luogo ad un altro, gli spiriti buoni e cattivi
possono farlo. Ora, i venti, le piogge e le altre perturbazioni
atmosferiche possono avvenire col solo movimento dei
vapori condensati. Vi basta, quindi, la potenza naturale del
demonio.
Exposit. In Job., c I, lect. 3, ad fin.
Bisogna dire, con sant’Agostino (De Civit. Dei, XV, 23,) che
molti affermano di sapere per propria esperienza o per
quanto ne dicono altri, che i Fauni e i Silvani, chiamati
incubi dal volgo, sono stati spesso cattivi con le donne, e ne
hanno ottenuto le gioie sessuali. Sarebbe quindi
imprudente negarlo… Se tuttavia alcuni nascono dal coito
demoniaco, ciò non avviene affatto con lo sperma dei
demoni né attraverso il corpo che rivestono, ma con lo
sperma di un uomo al quale è servito da succubo il demonio
che esercita poi il ruolo d’incubo per una donna.
Summa Teol., P. I, q. 51, art. 3, ad 6
Bartolomeo Spina (XVI s.)
Bartolomeo Spina era Maestro del Sacro Palazzo Apostolico [ Il Maestro
del Sacro Palazzo Apostolico…si chiamerà peraltro Teologo della Casa
Pontificia - Paolo VI, Motu Proprio, 3, §4 -.28.3.1968, NDT]. Ha scritto
un libro celebre tra tutti i libri di demonologia, per aver confutato il
giurista Gian Francesco Ponzinibio, che, rappresentando la dottrina del
Canone Episcopi, dimostrava che era eretico credere nella magia e nella
stregoneria. Una prima confutazione era stata quella del predecessore
di Bartolomeo Spina nella sua carica, Silvestro Mozzolino Priero. Questi
dichiarava che la stregoneria presa di mira nel Canone Episcopi era
spenta e che la stregoneria attuale era nata soltanto nel 1484. (data
della Bolla Summis desirantes). Non è un bel ragionamento? Ecco cosa
dice a sua volta Bartolomeo Spina:
Si può chiamare eresia la dottrina difesa dagli inquisitori?
La dottrina con la quale giudicano i nemici della fede? La
dottrina di cui teologi e canonisti illustri dimostrano
l’ortodossia? Occorre che teologi e giudici e finanche gli
stessi inquisitori abiurino quest’opinione davanti
all’Inquisizione?
Bart. Spinei De Strigibus, p. 175
E per concludere, il Maestro del S. Palazzo Apostolico
chiede azioni giudiziarie contro Ponzinibio per forte
suspicione d’eresia. La dottrina dei teologi comincia a fare
vittime. Quale miglior prova che essa è diventata un
dogma?
D’altra parte questo dogma è quello che s’insegna ancora
normalmente nel manuale di Teologia morale dei grandi
seminari.
E l’irrealtà dei fenomeni di magia, dogma fino al IX secolo, è
restata un’eresia… fino ai giorni nostri.
La dottrina di Papa Giovanni XXII
Giovanni XXII era certamente affetto da mania di persecuzione. Durante
il suo pontificato, si lamenta di nemici immaginari che, da vicino o da
molto lontano, minacciano la sua vita con le loro pratiche magiche. Era
in preda a vere fobie. I processi intentati a questi nemici di un genere
speciale hanno riempito il suo pontificato. Nel 1317 pertanto fa
perseguitare numerosi funzionari del Sacro Palazzo Apostolico, i quali,
come sempre d’altronde, sotto l’effetto persuasivo della tortura,
confessarono tutti i crimini che gli erano imputati e che sono enumerati
nel testo qui sotto. Nel 1320, Giovanni XXII incarica gli inquisitori
d’azioni giudiziarie contro stregoni e maghi.
Vi sono persone che, essendo cristiane soltanto di nome,
hanno abbandonato le prime illuminazioni della verità per
allearsi con la morte e scendere a patti con l’Inferno.
Sacrificano ai demoni e li adorano, fabbricano o si
procurano immagini, anelli, fiale, specchi ed altre cose
ancora, alle quali legano i demoni con la loro arte magica,
strappandogli risposte, gli chiedendo aiuto per eseguire i
loro malvagi disegni, impegnandosi nella più vergognosa
servitù per la cosa più vergognosa.
Bolla Super illius specula
(Magn. Bullar. Rom. I, 205)
Le pene fissate dalla bolla per i colpevoli erano le stesse applicate agli
eretici, ivi compreso la confisca dei beni.
Innocenzo VIII
La bolla Summis desirantes (1484)
E’ uno dei documenti capitali della storia della stregoneria. Rinchiude la
teoria teologica dei fatti di magia e nello stesso tempo è il punto di
partenza storico di un’epoca unica nella storia. E’ ad essa che s’inspira il
Malleus Maleficarum la cui influenza fu inestimabile.
Dio.
Innocenzo, vescovo, servitore dei servitori di
Affinché ne sia conservata memoria.
Scopo- Desiderando noi ardentemente, com’esige la
solerzia pastorale, che la fede cattolica cresca e fiorisca
dappertutto più che mai, e che eresie e depravazioni siano
allontanate dai fedeli, decretiamo volentieri e di nuovo
concediamo le misure con le quali il pio desiderio avrà la
sua realizzazione e in seguito, ogni errore essendo stato
estirpato dal nostro ministero, come con il sarchio di un
coltivatore premuroso, lo zelo e l’osservanza di questa
stessa fede s’imprimeranno più fortemente nel cuore stesso
dei fedeli.
Occasione. Misfatti degli stregoni.- Ora, è recentemente
giunto alle nostre orecchie, non senza gran dolore, che in
alcune regioni dell'Alta Germania, come nelle province,
città, terre, località e diocesi di Magonza, Colonia, Treviri,
Salisburgo, e Brema, molte persone d’entrambi i sessi,
dimentichi della propria salvezza, deviando dalla fede
cattolica, si abbandonano a demoni incubi e succubi, e che,
a causa dei loro incantesimi, eccessi, crimini e altre pratiche
abominevoli, i parti delle donne, i prodotti delle greggi, i
raccolti, l’uva dei vigneti, i frutti degli alberi, gli uomini, le
donne, le greggi, il bestiame, le diverse specie d’animali, le
vigne, i prati, i frutteti, i pascoli, il grano, i frumenti e le
altre produzioni del suolo periscono e muoiono; gli stessi
uomini e le donne, le bestie da soma, le greggi, il bestiame,
gli altri animali sono colpiti e martoriati da mali e tormenti
tanto interni che esterni; gli uomini non riescono a
procreare, le donne a concepire, i mariti a compiere con le
mogli gli atti coniugali e le mogli con i mariti. Rinnegano
con bocca sacrilega la stessa fede che hanno ricevuto col
santo battesimo. Non temono più di commettere, sotto
istigazione del nemico del genere umano, i più disparati
crimini, altri eccessi e misfatti, mettendo in pericolo la loro
anima, disprezzando la maestà divina e provocando
scandalo nella folla.
Inquisitori e loro avversari- E, sebbene i nostri diletti figli
Heinrich Institor e Jacob Sprenger, appartenenti all’ordine
dei Frati Predicatori, professori di teologia, siano stati
nominati, con nostre lettere apostoliche, inquisitori della
depravazione eretica, il primo nelle suddette regioni
dell’Alta Germania , … il secondo in alcune zone della valle
del Reno, e sebbene lo siano ancora, nondimeno alcuni
esponenti del clero e del laicato… non nominativamente e
specificamente indicati, non hanno avuto timore
d’affermare ostinatamente che il compito degli inquisitori
non vi si estende, e che pertanto, non hanno il diritto
d’esercitare il loro ufficio nelle province, citate, diocesi,
terre e luoghi designati, e che essi non devono essere
ammessi a punire, incarcerare e castigare le suddette
persone per il loro misfatti e crimini qui sopra indicati.
Pertanto, nelle citate province, diocesi e luoghi designati,
misfatti, crimini di questa natura restano impuniti, non
senza la perdita certa delle loro anime e al prezzo della loro
salvezza eterna.
Potere degli Inquisitori- Noi quindi, per eliminare gli ostacoli
con i quali l’ufficio degli inquisitori sarebbe in qualche
maniera ritardato e temendo che la depravazione eretica e
gli altri misfatti spargano veleno per la perdita degli
innocenti, vogliamo rimediarvi opportunamente e nella
misura della nostra carica, spinti soprattutto dallo zelo della
fede. Temendo quindi che le province, città, diocesi, terre
ed altri luoghi dell’Alta Germania siano privati dei benefici
dell’Inquisizione, decretiamo con la nostra autorità
apostolica e con la presente, che detti inquisitori hanno il
diritto d’adempiere il loro ufficio, di procedere alla
correzione dei misfatti e crimini indicati, d’applicare la
prigione ed una pena, in tutto e per tutto, come se le
province, città, diocesi, terre, luoghi, persone e crimini,
fossero specificati nella citata lettera.
Per maggiore sicurezza, nello stesso tempo, concediamo
agli inquisitori o ad uno di loro che prendendo con sé il
nostro caro figlio Jean Gremper, chierico della diocesi di
Costanza, maestro d’arti, il proprio attuale notaio o altro
notaio pubblico, che dovrà essere deputato da loro o uno di
loro temporaneamente nelle province…indicate, possano
adempiere al loro ufficio contro chiunque e di qualsiasi
condizione e rango, e correggere, incarcerare, punire e
castigare queste persone secondo i loro misfatti. Nella
stessa maniera, gli concediamo di nuovo piena ed intera
libertà, in tutte le chiese parrocchiali di queste province, di
predicare la parola di Dio al popolo ogni volta che gli
sembrerà utile ed opportuno, di fare tutte e ciascuna delle
altre cose necessarie e di eseguirle liberamente e
lecitamente.
Misure contro l’opposizione- Ordiniamo anche al nostro
venerabile fratello vescovo di Strasburgo in persona,
attraverso un altro o altri, ove, quando e quante volte lo
giudicherà utile e ne sarà legittimamente richiesto dagli
inquisitori o da uno di loro, di non permettere che, contro il
tenore della citata lettera e dei presenti, siano molestati da
qualsivoglia autorità o altrimenti. In quanto agli oppositori,
recalcitranti, contraddittori e ribelli, qualunque essi siano,
di qualsiasi rilevanza, stato, rango, grado, nobiltà,
eccellenza o condizione che siano, di qualsiasi privilegio
d’esenzione di cui godano, egli dovrà provvedere a calmarli
con le censure e pene di scomunica, di sospensione e di
divieto, e più temibili ancora, secondo il suo giudizio, e tutto
ciò senza appello, ed anche secondo le procedure da
seguire, ad aggravare e riaggravare le stesse sentenze, in
virtù della nostra autorità, facendo appello se ce ne fosse
bisogno al braccio secolare, nonostante costituzioni e
decisioni apostoliche anteriori…
Che non sia permesso a nessuno di trasgredire a questa
pagina della nostra dichiarazione, estensioni di potere,
concessione e mandato, o di contraddirvi con temeraria
audacia. Se qualcuno pensasse di tentarlo, incorrerebbe,
che ne sia consapevole, nell’indignazione di Dio onnipotente
e dei beati apostoli Pietro e Paolo.
Fatto a Roma, a San Pietro, nell’anno
dell’Incarnazione 1484, il nove dicembre,
primo anno del nostro pontificato.
“Dopo una simile decisione, contestare la realtà della stregoneria,
equivaleva a mettere in questione l’autorità del Vicario di Cristo, venire
in aiuto a qualcuno accusato, era ostacolare l’Inquisizione. Muniti di
questi poteri, i due inquisitori, pieni di zelo, attraversarono il paese,
lasciando dietro di loro una scia di sangue e di fuoco, inculcando nelle
popolazioni la credenza assoluta agli orrori della stregoneria ed
accendendo nei cuori un terrore spaventoso. Si vantavano di aver
bruciato, nella sola piccola città di Ravenspurg, quarantotto vittime in
cinque anni.200 “ Lea, Inquisition, III, 540.
Da notare ancora che l’interprete supremo attraverso il quale si
esprimeva così disumanamente lo stupido dogmatismo teologico del
XVI secolo, era singolarmente scelto male. Era quell’Innocenzo VIII, di
cui Gebhardt, che non era certo sospetto d’anticlericalismo, dice che in
lui “dignità,e pudore erano scomparsi”. E’ quello stesso Innocenzo VIII
al quale è praticata una trasfusione col sangue di tre giovani ragazzi.
“Questi ne morirono, dice Infessura, il medico ebreo prese la fuga ed il
papa non guarì”. “Egli, però, lasciava al mondo un’interpretazione
inattesa del Sinite parvulos venire ad me e l’impressione dolorosa di un
regno deturpato dal traffico delle cose sante. “ Gebhardt, Les Borgia
(nella Revue des Deux.Mondes, 15 dic. 1887, p. 906)
Alessandro VI
Bolla Cum acceperimus (1494) [altre fonti riportano 1501 (?), ndt]
Questa Bolla aveva come scopo quello d’estendere alla Lombardia gli
effetti della Bolla di Innocenzo VIII. L’epidemia, in effetti, era passata dal
Tirolo in Italia, negli ultimi anni del XV secolo e le repressioni
marciarono di pari passo. La Bolla è indirizzata al domenicano Angelo da
Verona, inquisitore della provincia e data del 1494.
Avendo noi appreso che, nella provincia di Lombardia,
uomini e donne si abbandonano ad incantesimi e
superstizioni diaboliche, commettono crimini infami con il
loro veleno e pratiche diverse, distruggendo uomini, bestie,
raccolti, diffondendo scandalosi errori, per l’adempimento
del nostro dovere pastorale, abbiamo deciso di reprimere
tali crimini e di fermare, per quanto a noi possibile, con
l’aiuto di Dio, la propagazione di codesti scandali ed errori.
200
Mall. Malefic.. p. II, q.1. c. 4.
Diamo pertanto mandato a te ed ai tuoi successori in
Lombardia nei quali riponiamo con la presente e riporremo
la nostra completa fiducia nel Signore, e vi ordiniamo di
ricercare diligentemente, soli o nell’onesta compagnia
d’associati che sceglierete, detti uomini e donne e di punirli
e castigare per mezzo della giustizia.
E perché possiate compiere questa missione, con la
presente vi conferiamo contro di loro, pieni poteri,
nonostante ogni costituzioni o ordine apostolico, indulto e
privilegio ordinario che potrebbe essere stato promulgato
anteriormente e nonostante ogni cosa contraria, qualunque
essa sia.
Ales. VI, Decret. T. VII, lib. V, tit. XII
Un Alessandro VI dopo un Innocenzo VIII ! In questa storia tragica di
persecuzione e persecutori vi sono ironie trascendenti. Nulla potrebbe
far capire meglio tutta la potenza del razionalismo nella Chiesa ed il
ruolo primordiale che vi esercitano i concetti dogmatici: la vita morale
passa in secondo piano.
Leone X (1521)
Il potere secolare costretto ad eseguire la sentenze
dell’Inquisizione.
Gli inquisitori erano stati accusati di severità eccessiva sul territorio di
Venezia. Il Senato di Venezia si era rifiutato di eseguire “com’era suo
dovere” parecchie sentenze del tribunale inquisitorio ed aveva anche
imposto al delegato pontificio di comparire davanti ad esso. Leone X,
come protesta, dichiarava quindi all’inquisitore:
Premesso che è sconveniente, contrario al diritto ed i santi
canoni, lesivo della libertà della Chiesa, che i laici
intervengano nelle cause ecclesiastiche e rifiutino di
procedere ad un’esecuzione ordinata da noi, quando non è
riconosciuta loro facoltà alcuna in simile materia e che
obbedire ed eseguire è l’unica cosa che devono fare … per
tali motivi:
Stabiliamo e decretiamo, in virtù della nostra autorità
apostolica che, come prima delle dette lettere potevate
procedere di diritto, secondo costume o per privilegio,
potrete, com’è vostro dovere, continuare a procedere
contro maghi, stregoni e apostati, secondo quanto esiga la
natura del crimine, mandando ed ordinando che
significhiate al Senato di Venezia, al Doge ed alle altre
autorità veneziane di non dover più intervenire in questo
genere di cause, ma d’eseguire prontamente, senza
revisione alcuna né esame dei processi fatti dai giudici
ecclesiastici, le sentenze che potranno loro essere ordinate
di eseguire, salvo costrizione, in caso di rifiuto, da parte dei
censori della Chiesa ed altri mezzi di diritto pertinenti, ogni
appello rigettato.
Magn. Bull. Rom. I, 617.
Si vede quanto era insostenibile la posizione degli apologisti che
pretendevano che la Chiesa non aveva per nulla partecipato ai supplizi.
Bisognerebbe ammettere, con un ragionamento analogo, che il giudice,
non è per nulla nell’applicazione della sentenza e che non può esserne
responsabile. Sarebbe certamente una scappatoia molto comoda…
I PROCEDIMENTI DEGLI INQUISITORI
IN ITALIA
Abusi segnalati da C. Agrippa.
Cornelio Agrippa di Nettesheim, l’Her Tippa di Rabelais (Pantagruel, 1,
III, cap. 25), che aveva percorso una parte d’Europa, era stato testimone
in Italia, dei procedimenti degli inquisitori nel ducato di Milano. Stessa
cosa in Lorena, quando era stato sindaco di Metz. Agrippa, uno dei più
eminenti scienziati del suo tempo ed uno degli spiriti più liberi dei tempi
moderni, fu accusato di magia, gettato più volte in prigione, braccato da
paese in paese e fatto oggetto delle leggende più ridicole.
“Dopo la sua morte, Paul Jove , scrisse (2 libr. Elogior.), che fu visto un
cane nero, che egli chiamava “Monsieur” uscendo dalla propria stanza,
che andò a tuffarsi nel Rodano, e che da allora non fu più visto”: Bodin,
Démon., p. 20. Per Bodin “Monsieur” non era altro che il diavolo in
persona e Jean Wier, discepolo d’Agrippa, non fu creduto da nessuno,
quando affermò il contrario. Agrippa era un grande scienziato per i suoi
tempi. Insegnò la medicina in numerose città e regioni e la sua influenza
fu grandissima per il rinascimento degli studi medici nel XVI secolo.
Aveva visto all’opera gli Inquisitori nel Nord d’Italia ed ecco come ne
parla:
Arrogandosi la giurisdizione pontificia in cose che non sono affatto
eretiche, colpiscono crudelissimamente povere donne della campagna,
che, accusate di malefici e sortilegi o denunciate come streghe, spesso
senza alcuna decisione preventiva, sono sottomesse da loro ad atroci
torture fino a che abbiano ottenuto di che condannarle con le
confessioni incoscienti che hanno loro estorto. Non pensano d’agire
veramente da inquisitori e non desistono dal compito fino a quando la
sfortunata inquisita è stata bruciata o che gli abbia fatto dei regali. In tal
caso la rimandano assolta. Infatti, non è raro che l’inquisitore commuti
la pena da corporale a pecuniaria, cosa che gli crea abbondanti entrate.
Da alcuni di questi disgraziati tirano un canone annuale in mancanza
del quale sono di nuovo trascinati davanti all’Inquisizione. In oltre, i beni
degli eretici, essendo confiscati, una buona parte spetta all’Inquisitore.
Infine la sola accusa, il solo sospetto d’eresia comportando l’infamia,
non ce ne si libera se non dando moltissimo denaro all’Inquisitore.
Durante il mio soggiorno in Italia, la maggior parte degli inquisitori del
ducato di Milano derubavano in tal modo le donne più nobili come
povere donne timorose, terrificate, da cui traevano le più grandi
somme.
C. Agrippa, De vanite scientiarum
(c. 96, De arte inquis.)
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La Chiesa e la stregoneria