INSEGNAMENTO DI
DIRITTO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE
LEZIONE III
“LA LIBERTÀ DI STAMPA”
PROF. ERNESTO PALLOTTA
Diritto dei Mezzi di Comunicazione
Lezione III
Indice
1 La libertà di stampa ------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 Il giornalismo in Italia ----------------------------------------------------------------------------------- 6 2.1 I dubbi di legittimità costituzionale sull'istituzione dell'Albo ------------------------------------- 8 3 Il prodotto editoriale e gli enti associativi di settore --------------------------------------------- 10 4 Il codice etico -------------------------------------------------------------------------------------------- 12 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Lezione III
1 La libertà di stampa
La libertà di stampa rappresenta “uno degli elementi distintivi di quella forma di Stato,
strettamente legato ai mutamenti che si vanno determinando nella struttura dei rapporti tra i poteri
pubblici, nonché di riflesso, nei rapporti tra Stato e cittadini” 1 .
Preludio della libertà di stampa è la libertà di manifestazione del pensiero di cui se ne
cominciò a parlare in Inghilterra intorno alla seconda metà del 600.
Le prime costituzioni a sancire la libertà di parola si attribuiscono all'Inghilterra, nel 1689,
con il Bill of Right, agli Usa, nel 1787, con la Dichiarazione dei diritti, alla Francia, nel 1791, con la
Costituzione francese, alla Germania nel 1874, quando entrò in vigore la libertà di stampa.
In Italia, è lo Statuto Albertino del 1848 che sancisce la libertà di stampa, prevedendo però
una legge per reprimere eventuali abusi.
Purtroppo, la delega in bianco a favore delle maggioranze parlamentari finirono per inasprire
il trattamento riservato alla stampa, attraverso una serie di norme restrittive come l'obbligo
dell'autorizzazione preventiva alla pubblicazione, aumento dei casi di sequestro della stampa e di
imputazione di reati anche agli editori.
I controlli si attenuarono con l'era giolittiana degli anni 1903-1913 ove fu firmato anche il
primo contratto nazionale di lavoro per i giornalisti, chiamato “Convenzione d'opera tra editori e
giornalisti, nel 1911.
Si trattò però di una parentesi dorata che si chiuse repentinamente con lo scoppio della prima
guerra mondiale e drasticamente archiviata durante il periodo fascista attraverso una legislazione
restrittiva e repressiva.
La libertà di stampa si impose con prepotenza soltanto con l'avvento della Repubblica che
demolì i limiti imposti dal regime fascista, garantendo una ampia libertà di manifestazione del
pensiero.
Il secondo comma dell’art. 21 è espressamente dedicato alla libertà di stampa, con una
dichiarazione di principio che, per essere colta nel suo significato originario deve essere letta con i
due successivi commi: “La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Oggetto
della libertà di stampa è non solo la pubblicazione di giornali, siano essi quotidiani o periodici, ma
anche libri, opuscoli, manifesti, ciclostilati, depliants, cioè ogni riproduzione tipografica, meccanica
1
P. Caretti, Diritto dell'informazione e della comunicazione, Cedam, Padova, 2001
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e fisiochimica. Ciò comporta che chiunque voglia pubblicare e diffondere un testo scritto è
assolutamente libero di farlo (tenendo conto del limite esplicito dell’ultimo comma dell’art. 21, cioè
le “manifestazioni contrarie al buon costume” e degli altri limiti che secondo la Consulta
s’impongono alla manifestazione del pensiero); inoltre una volta stampato, tale testo non potrà
essere sottoposto a censura.
L’utilizzo della stampa per manifestare il pensiero è dichiarato libero e non sottoponibile ad
autorizzazioni o censure (art. 21 II comma), i limiti a questa libertà, i sequestri d’opere stampate,
devono rispettare la riserva di legge e la riserva di giurisdizione:
solo la legge del Parlamento può stabilire le ipotesi in cui questo diritto di libertà può
incontrare delle limitazioni e solo il giudice può disporne l’applicazione rispetto alle singole
fattispecie concrete (art. 21, comma III). La cesura rispetto al passato è evidente: non spettano più
all’autorità di pubblica sicurezza poteri propri in materia di limitazioni alla stampa, ma ha solo
poteri provvisori, da esercitarsi in via di momentanea sostituzione del giudice, con riguardo a
situazioni di urgenza.
Ritornando all’analisi del II comma, il principio quivi enunciato esclude che vi sia un
controllo preventivo sul contenuto sia un controllo discrezionale sulle caratteristiche del soggetto
che effettua la pubblicazione. Non incide sulla libertà di stampa la registrazione, richiesta dall’art. 5
della legge n. 47 del 1948, presso la cancelleria dei tribunale nella cui circoscrizione la
pubblicazione deve effettuarsi: tale registrazione è un atto dovuto da parte del tribunale, che non
può rifiutarla qualora siano adempiute le condizioni per ottenerla. La ratio della registrazione sta nel
consentire l’identificazione dei responsabili qualora siano commessi reati a mezzo stampa.
L’unica forma di limitazione che può essere applicata alla libertà di stampa, è il sequestro. Si
tratta di una misura repressiva, che può essere posta in essere solo dopo la pubblicazione dello
stampato, al fine di impedirne la pubblicazione. A norma del III comma dell’art. 21 il sequestro può
essere disposto “soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la
legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazioni delle norme che la legge
stessa preveda per l’individuazione dei responsabili”. Si è già detto della riserva di legge e di
giurisdizione contenuta in questo comma, e delle modalità che l’hanno ispirata. Mancando
un’organica legge sulla stampa, le ipotesi di sequestro sono ancora disciplinate nel R.D.L. 31
maggio 1946 n. 561, e, per quanto riguarda l’individuazione dei responsabili, dalla L. 47/1948.
Il IV comma dell’art. 21, detta, con riguardo alla sola libertà di stampa, le condizioni
necessarie (assoluta urgenza di eseguire un sequestro e impossibilità di un tempestivo intervento
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dell’autorità giudiziaria) affinché l’autorità di pubblica sicurezza può provvedere al sequestro. Il
ricorso a tale intervento, simile a quello previsto in caso di limitazione della libertà personale, è
limitato alla sola stampa periodica (cioè giornali, riviste, ed ogni altra pubblicazione che avvengano
ad intervalli regolari di tempo) e sempre “nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa
espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per
l'indicazione dei responsabili”.
La ragione di una previsione solo con riferimento alla stampa periodica è chiara: questo tipo
di stampa ha una particolare rapidità e ampiezza di diffusione che rende i suoi effetti altrettanto
dilaganti e pericolosi. Il sequestro quindi può essere eseguito da ufficiali di polizia che devono
immediatamente, e mai non oltre le ventiquattro ore, fare denuncia all’autorità giudiziaria. Se le
autorità giudiziarie non provvedono alla convalida nelle 24 ore successive alla denuncia, il
sequestro s’intende revocato e privo d’effetto.
Il V comma stabilisce che “la legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano
resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica”. In questo caso quindi, come con riguardo
al comma precedente, ci si limita a prevedere la possibilità di rendere noti i mezzi di finanziamento
solo di quella stampa con il carattere della periodicità, questo perché essa può essere più facilmente
condizionata da interessi e da gruppi economici.
In quella sede ebbero una ben poca attenzione i profili legati alle esigenze di pluralismo e
diversificazione delle fonti. Questa disposizione mette in luce tutta la cautela del Costituente ad
immaginare forme di intervento che potessero richiamare alla memoria gli strumenti di
condizionamento già noti nell’esperienza del passato regime. Questa disposizione non ha come
scopo quello di assicurare allo Stato un’ingerenza sugli aspetti legati alla conduzione economica
delle imprese editoriali, ma serve a garantirne la trasparenza per meglio tutelare l’interesse
all’informazione da parte dei cittadini. Una lettura critica della stampa periodica è resa possibile
solo attraverso la conoscenza dei nomi dei proprietari e dei finanziatori della stessa, e dunque da
una conoscenza dei loro orientamenti, per dare a chi legge una possibilità di scelta e di lettura
consapevole.
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2 Il giornalismo in Italia
Per esercitare l'attività professionale di giornalista è necessario essere iscritti nell'apposito
albo professionale.
L'Ordine dei giornalisti, come per la maggior parte degli ordini professionali, è un ente
pubblico, che nonostante rappresentino una chiusura della categoria tendente ad un protezionismo
che ne limita l'ingresso, svolge importanti funzioni pubbliche.
L'Ordine, sotto il controllo del Ministro della Giustizia, si regge sui contributi che gli iscritti
sono tenuti a versare.
La funzione principale dell'ordine è quella di controllare l'accesso alla professione,
consentendo l'iscrizione solo a chi è in possesso di determinati requisiti previsti dalla legge. L'ordine
ha anche il compito di tenere il rispettivo albo professionale, cioè l'elenco degli iscritti, nelle singole
circoscrizioni cui è ripartito sul territorio nazionale.
Infine, esso vigila sul rispetto del codice deontologico professionale che si traduce nel buon
comportamento dell'onesto professionista, si occupa di questioni attinenti agli onorari, hanno
compiti disciplinari sugli iscritti, organizza corsi di aggiornamento professionale, contribuiscono
alle modifiche normative riguardanti la categoria attraverso la formulazione di proposte che fanno
pervenire alle autorità istituzionali competenti.
La professione di giornalista nasce con la legge n. 3 febbraio 1963, n. 69, istitutiva
dell'Ordine.
La legge introduce alcuni principi che prevedono da un lato il regime di accesso, tramite un
esame di Stato, e di svolgimento dell'attività giornalistica, dall'altro disciplina la struttura con
l'attribuzione di poteri di amministrazione attiva.
La disciplina prevede:
a) obbligo di appartenenza all'Ordine per chi voglia assumere il titolo ad esercitare la
professione di giornalista;
b) definizione di diritti e doveri inerenti lo status di giornalista e la corrispondente
previsione dei poteri disciplinari e delle sanzioni, quali l'avvertimento, la censura, la
sospensione dall'esercizio e la radiazione dall'Albo.
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c) la suddivisione dei giornalisti in due categorie, con corrispondente divisione
dell'Albo in due elenchi:
i. quella dei professionisti, composta da coloro che esercitano in modo
esclusivo e continuativo la professione giornalistica;
ii.
quella dei pubblicisti, composta da coloro che svolgono l'attività anche se
contestualmente ad altre professioni o impieghi.
d)
La previsione e la disciplina della pratica giornalistica - da svolgersi presso
un quotidiano o un servizio giornalistico della radio o della televisione, un'agenzia
quotidiana di stampa a diffusione nazionale, con almeno quattro giornalisti professionisti
redattori ordinari, ovvero un periodico a diffusione nazionale con almeno sei giornalisti
professionisti, il cui svolgimento, limitato ad un periodo massimo di tre anni è, per almeno
diciotto mesi, posto come condizione per l'accesso all'elenco dei professionisti.
e) la previsione di una speciale prova di idoneità professionale;
f) l'istituzione di elenchi speciali per i giornalisti stranieri e per i direttori di
periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico.
Sinteticamente, per poter divenire giornalisti, in Italia, è necessario aver raggiunto il
ventunesimo anno di età, essere iscritti nel registro dei praticanti, che tale pratica si svolta
continuativamente per un periodo non inferiore a diciotto mesi, superare l'idoneità professionale
dinanzi ad una commissione composta da cinque giornalisti professionisti e due magistrati.
Oltre a questi requisiti positivi, la legge prevede anche i requisiti negativi riguardanti
l'assenza di condanne penali che comportino l'interdizione dai pubblici uffici.
Invece, per quanto attiene ai pubblicisti, il candidato deve documentare di aver svolto
un'attività pubblicistica retribuita per almeno due anni.
L'autogoverno dell'Ordine dei giornalisti si realizza attraverso due gradi in cui esso è
strutturato:
1)
Consigli regionali o interregionali, eletti su base territoriale dagli iscritti;
2)
Consiglio nazionale dell'Ordine, formato dai membri eletti in sede regionale.
Quest'organo decide anche sui ricorsi proposti contro le deliberazioni dei Consigli regionali.
I Consigli sono organi eletti su base regionale e sono composti da sei professionisti e tre
pubblicisti. Restano in carica un triennio e sono rieleggibili. Ogni consiglio elegge un Presidente,
vice Presidente, Segretario e Tesoriere. Ogni organo ha un Collegio dei revisori dei conti i cui
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membri non devono aver ricoperto l'incarico di consigliere negli ultimi tre anni. Il collegio verifica
la gestione dei fondi e verifica i bilanci predisposti dal Consiglio.
Ogni consiglio vigila per la tutela del titolo di giornalista, svolgendo attività di repressione
dell'esercizio abusivo della professione.
Il Ministro della Giustizia, sentito il parere del Consiglio Nazionale, ha il potere di
sciogliere, con decreto motivato, un Consiglio regionale che non svolga regolarmente le sue
funzioni o che sia illegittimamente in regime di proroga o che sia recidivo nell'inosservanza degli
obblighi ad esso imposti, benché richiamato.
Il Consiglio vigila sulla condotta e sul decoro degli iscritti. I comportamenti in
violazione del codice etico professionale, che minano la reputazione e dignità dell'Ordine, sono
sanzionati con l'avvertimento; la censura; la sospensione dall'esercizio professionale; la radiazione.
Trascorsi cinque anni dalla radiazione è possibile una nuova iscrizione all'Albo.
L'azione disciplinare può essere avviata dal competente Consiglio presso cui è iscritto
l'incolpato o su richiesta del Procuratore Generale.
L'irrogazione della sanzione disciplinare avviene dopo un regolare procedimento dinanzi il
Consiglio con tutte le garanzie processuali tipiche del diritto di difesa.
L'azione disciplinare si prescrive nel termine di cinque anni dal fatto.
2.1
I dubbi di legittimità costituzionale sull'istituzione dell'Albo
La dottrina e la giurisprudenza si sono occupati del problema circa la compatibilità dei
principi di libertà di stampa dettati dalla Costituzione e l'istituzione di un ordine che pur se
riformato, disciplina l'accesso alla professione.
La Corte Costituzionale, sul caso, si è pronunciata con la sentenza n. 11 del 1968, chiarendo
che: “l'istituzione di un albo giornalistico e l'obbligatorietà dell'iscrizione ad esso non costituiscono
di per sé una violazione della sfera di libertà di chi voglia al giornalismo professionalmente
dedicarsi, purché le norme che disciplinano l'ordine assicurino a tutti il diritto di accedervi e non
attribuiscono ai suoi organi poteri di tale ampiezza da costituire minaccia alla libertà dei soggetti.
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La Corte ha poi aggiunto che è da escludersi che l'obbligo legislativo dettato dalla legge n.
69 del 1963, relativo all'esercizio della pratica, realizzi un'ampia discrezionalità degli editori,
direttori e giornalisti già iscritti, per l'accesso all'albo. Si tratta infatti di conseguenze che non
derivano dalla legge, ma dalla natura privatistica delle imprese editoriali, nell'ambito della quale la
non discriminazione può essere assicurata solo dalla concorrenza delle iniziative giornalistiche.
Sulla base di tali principali argomentazioni è stata pertanto esclusa la fondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3, 21 Cost. e artt. 29, 33, 34, e 35 della
legge 3 febbraio 1963 n. 69.
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3 Il prodotto editoriale e gli enti associativi di
settore
La libertà di stampa viene sancita con la legge n. 47 del 1948, all'indomani della
promulgazione della Costituzione.
L'obiettivo della legge è quello di dettare delle regole che privassero il potere giudiziario ed
il Ministero dell'Interno attraverso le sue diramazioni territoriali, di limitare la libertà di stampa e di
consentire l'individuazione dei soggetti responsabili, sia civilmente che penalmente, per i contenuti
editoriali.
La disciplina sulla stampa è stata successivamente modificata da alcune disposizioni
legislative.
La prima è la legge n. 416 del 1981 n. 416 che ha introdotto l'obbligo di registrazione di
tutte le testate presso il Tribunale competente, previa verifica della regolarità dei documenti
presentati da parte del Presidente del Tribunale che emette ordinanza di iscrizione in un apposito
registro tenuto presso la cancelleria.
Il tribunale ha il solo compito di verificare l'individuazione del proprietario e dell'editore,
che possono essere soggetti distinti), del direttore responsabile, che deve essere giornalista o
pubblicista, dello stampatore, della sede della redazione.
La testata giornalistica è il nome attraverso cui viene diffuso il prodotto editoriale periodico.
La legge n. 223 del 1990, ha poi esteso l'obbligo di registrazione anche dei prodotti
radiotelevisivi.
Con la legge n. 62 del 2001, all'art. 1 si definisce quale prodotto editoriale quello “realizzato
su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione
o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o
attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici e
cinematografici”.
Poiché una prassi consolidata aveva portato alla registrazione anche le testate telematiche, la
norma ha sancito inoltre la sussistenza di tale obbligo nei soli casi in cui le imprese intendevano
accedere ai benefici previsti dalla stessa legge.
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Per le testate a carattere sindacale, scientifico, professionale o di partito, il direttore
responsabile può non essere giornalista ma viene iscritto presso una sezione speciale all'uopo
istituita.
La registrazione della testata solitamente avviene presso il tribunale competente
territorialmente ove è ubicata la redazione, ma per alcuni tribunali il foro competente è quello ove vi
è lo stampatore.
Per quanto attiene alla responsabilità civile e penale per i contenuti dei prodotti editoriali vi
è una distinzione a seconda se si tratta di testate diffuse a mezzo stampa o con altri mezzi di
comunicazione.
Nel primo caso, la Cassazione ha sostenuto che la competenza è quella del giudice ove il
giornale viene stampato, perché è in quella sede dove la notizia viene pubblicata per la prima volta o
alternativamente quella del giudice ove il danneggiante ha la residenza o il domicilio.
Per quanto attiene agli altri mezzi di comunicazione quali ad esempio Internet, la
competenza esclusiva è quella del giudice ove vi è il domicilio del soggetto offeso all'epoca dei
fatti, in quanto è in quel luogo che si realizzano i pregiudizi consequenziali all'offesa della propria
reputazione.
Oggi a difesa del sistema editoriale esistono diverse associazioni di settori. Tra questi si
citano: la Fieg (Federazione Italiana degli Editori di Giornali) che è la più rappresentativa dei
quotidiani e grandi periodici, l'USPI (l'Unione Stampa periodica Italiana) che vanta il maggior
numero di iscritti, l'AIE (Associazione Italiana editori), che raggruppa gli editori di libri, la FRT
(Federazione Radiotelevisiva), Auditel che rileva l'ascolto televisivo e tante altre.
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4 Il codice etico
La legge n. 69 del 1963, garantisce il principio fondamentale della libertà di informazione e
di critica del giornalista.
Tuttavia nell'intento di regolare e distinguere i vari settori dell'informazione, quali il
giornalismo, pubblicità, sondaggi e pubbliche relazioni, l'Ordine dei giornalisti, in attuazione ai suoi
diritti di autoregolamentazione, ha firmato una serie di protocolli con le altri parti dell'informazione,
per stabilire “l'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui”.
Tra questi vi è il protocollo per impedire la commistione tra pubblicità e informazione che è
la causa di numerose violazioni alle norme deontologiche.
Il protocollo serve all'utente per verificare l'identità del mittente del messaggio: impresa,
ente, marca, prodotto, servizio offerto.
I giornalisti, di contro, devono essere in grado di distinguere il committente della pubblicità,
della concessionaria dell'agenzia per verificare la veridicità del contenuto del messaggio
pubblicitario e ove lo ritenga necessario correggerla o smentirla.
Un particolare protocollo per la tutela dell'infanzia è stato stipulato tra l'Ordine, d'intesa con
la Federazione Nazionale della Stampa, in collaborazione con il Telefono Azzurro, per garantire
l'anonimato del minore vittima o colpevole di reati, o coinvolto in situazioni psicologiche a rischio.
In particolare si stabilisce:
a) il rispetto per la persona del minore sia come agente che come vittima di un reato,
mantenendo l'anonimato e quindi la rinuncia a pubblicare elementi che anche
indirettamente possono portare alla sua identificazione;
b) la tutela della personalità del minore, a fatti che non siano specificamente reati
(suicidio, adozione, affidamento, figli di carcerati, ecc), in modo che sia tutelata la
specificità del minore come persona in divenire per un regolare processo di
maturazione che potrebbe essere turbato dalle circostanze;
c) evitare strumentalizzazioni di adulti portati a far rappresentare e prevalere
esclusivamente il proprio interesse;
d) valutare se il caso che stanno prospettando sia nell'interesse del minore;
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Lezione III
e) se, nell'interesse del minore (casi di rapimento o bambini scomparsi), si ritiene
opportuno la pubblicazione di dati personali e divulgazioni di immagini,
verificando anche il preventivo assenso dei genitori e giudice competente.
In tema di tutela dei minori, si cita anche il nuovo codice su tv e minori, siglato il 29
novembre 2002 tra le emittenti televisive nazionali e locali e il ministero delle Comunicazioni, che
prevede una fascia televisiva adattabile alle esigenze di tutti (dalle ore 07.00 alle ore 22.30) e una
per minori (dalle 16 alle ore 19), con tre livelli di protezione per gli spot pubblicitari per tutelare i
minori dalle violenze della televisione.
Analogo protocollo è stato siglato a Roma il 19 novembre 2003 tra il Ministero delle
Comunicazioni e alcune associazioni di providers, per quanto attiene a Internet, al fine di:
¾ aiutare gli adulti, i minori e le famiglie a un uso corretto e consapevole della rete
telematica;
¾ predisporre cautele per impedire che il minore venga in contatto con contenuti illeciti o
dannosi per la sua crescita;
¾ promuovere un accesso sicuro alle risorse di rete;
¾ tutelare il diritto alla riservatezza e al corretto trattamento dei suoi dati personali.
Tra i protocolli degni di nota si annovera quello siglato tra l'Ordine dei giornalisti e la
Federazione della Stampa, per fissare una serie di doveri inerenti la responsabilità del giornalista,
con riguardo all'obbligo di rettifica e al diritto di replica, la presunzione di innocenza, corretto uso
delle fonti, la distinzione tra informazione e pubblicità, incompatibilità tra svolgimento dell'attività
di giornalista e assunzione di incarichi di responsabilità in contrasto con l'esercizio della
professione.
Il 7 aprile 1995 viene siglato un accordo con ASSIMIR l'associazione che riunisce gli Istituti
di ricerche di mercato, sondaggi, opinione per definire questo tipo di informazioni e tecniche di
rilevamento.
Il 3 agosto 1988 è entrato in vigore il Codice Deontologico che riguarda il trattamento dei
dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica, in aderenza alla legge 675/96 sulla tutela della
privacy.
L'8 febbraio 2005 l'Ordine dei giornalisti ha approvato la nuova carta dei doveri.
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