Prevenzione dei Tumori
nell’ASL di Lecco
Prevenzione dei tumori
nell’ASL di Lecco
A cura del gruppo di lavoro Tumori e Ambiente
della Direzione Generale ASL di Lecco
A cura del gruppo di lavoro tumori e ambiente
Achille Giovanni
Amodio Emanuele
Boffetti Cinzia
Bolis Stefania
Cattaneo Rita
Coppola Daniele
De Grada Paola
Ferraroli Angelo
Ilardo Antonina
Limonta Fabrizio
Molinari Anna
Moroni Paolo
Saba Giuliana
Tortorella Franco
Toso Claudia
Grafica e stampa - Grafiche Rusconi - Bellano
2
Considerazioni introduttive
a cura di Paolo Moroni, Direttore Generale
Il numero di persone a cui ogni anno viene diagnosticato il cancro nella popolazione italiana, ed anche nella
provincia di Lecco, va purtroppo aumentando in valore assoluto.
La probabilità di contrarre la malattia è direttamente proporzionale ai tempi e livelli di esposizione al rischio
e/o predisposizione genetica familiare. Nella genesi della malattia possono entrare anche fattori virali oltre
che chimici, fisici, biologici e anche psichici singolarmente o sommandone gli effetti.
In Italia, nella Comunità Europea e in tutto il mondo industrializzato si ammalano ogni anno milioni di
persone di cancro.
Molti casi sono attribuibili a condizioni di lavoro, ad abitudini e stili di vita; altri casi - in quota rilevante
- sono sicuramente in rapporto all’atmosfera inquinata da sostanze cancerogene provenienti da varie fonti
come fumi dei veicoli, riscaldamenti, attività produttive o fonti naturali.
Anche le acque, sia potabili che di balneazione, possono essere inquinate in quanto l’inquinamento atmosferico ricade al suolo e viene dilavato dalla pioggia, raggiungendo i bacini e le falde.
Si potrebbe dire che tutti partecipiamo, anche se in diversa misura, all’emissione di cancerogeni contribuendo all’aumento dei rischi per la salute derivanti dalla nostra civiltà industrializzata.
Anche osservando i casi di mortalità per cancro si ha la conferma che ormai si tratta di una vera epidemia con
oltre il 30% di decessi, ma non ce ne rendiamo conto perché attribuiamo l’evento alla fatalità e rinunciamo
ad agire sia individualmente che collettivamente per sconfiggere o contenere questa malattia.
Forse la nostra passività può essere dovuta al fatto che non vediamo i fattori di rischio e che spesso ci vogliono molti anni per sviluppare la malattia o che ne attribuiamo la colpa ad altri, ma questa epidemia non
è di gravità inferiore alla peste del ‘600 descritta dal Manzoni eppure a quel tempo le persone si attivavano
fortemente - pur nell’ignoranza della causa - per limitare la propagazione della malattia.
Ogni anno nella Comunità Europea più di un milione di persone muore di cancro e almeno il 50% di questi
casi potrebbe essere evitato con interventi di prevenzione, educazione sanitaria o politiche di contenimento
del rischio.
3
Siccome il rischio in grande parte lo generiamo noi tutti, la ricetta per limitare l’incidenza della malattia dovrebbe prevedere una partecipazione collettiva dei cittadini e delle forze politiche e sociali nel far convergere
gli obiettivi anche con leggi premianti comportamenti virtuosi o istituendo assicurazioni collettive sociali per
questa malattia a carico di tutti, pagate magari in modo proporzionale al rischio generato.
Quando le cause di cancro sono lavorative lo Stato - tramite l’Inail - ha già previsto un sistema assicurativo,
come ad esempio per i tumori da amianto.
Ma ormai l’amianto è entrato a far parte degli inquinanti dell’aria che respiriamo, passibile di causare la malattia anche in chi non ha mai lavorato con amianto. In questo caso è evidente come il sistema assicurativo
sia insufficiente e migliorabile.
Solo trasformando il “rischio cancerogeno” in un costo si potranno vedere delle serie iniziative di prevenzione
collettive e individuali.
Chi genera il rischio dovrebbe rispondere del danno sociale collettivo e individuale, almeno dal punto di
vista economico e questo attiverebbe una sensibilizzazione diffusa sul problema, in grado di dimezzare in
alcuni decenni l’epidemia di tumori attraverso serie politiche di prevenzione e investimenti nella ricerca,
mirati allo studio del contenimento del rischio.
L’uomo è capace di azioni nocive, a volte inconsapevolmente, ma ancora di più di cose buone a volte geniali:
l’informazione e la cultura sono essenziali per orientare la bussola delle azioni di prevenzione.
Ci sono voluti molti decenni per diagnosticare il primo cancro lavorativo ovvero “il cancro allo scroto dello
spazzacamino da fuliggine”, ma ancora di più per convincersi che ciò fosse vero, tempi lunghi per capire che
bastava una tuta impermeabile per prevenire questo tumore.
Dopo le scoperte dei primi del ‘900 dei coniugi Curie e di Roentgen delle radiazioni ionizzanti (invisibili) che
hanno consentito un grande salto nel sapere medico, sono passati altri 50 anni per stabilire che generavano
tumori nel sangue e alla pelle e altri 20 per introdurre uno schermo di piombo per schermare le radiazioni.
Solo da pochi anni abbiamo la consapevolezza che i fumi di scarico dei veicoli sono cancerogeni: ci vorranno
alcuni decenni per renderci consapevoli del rischio e altrettanti per neutralizzarne il pericolo. Solo le iniziative di prevenzione e l’educazione possono ridurre i tempi e salvare vite umane.
Vale sempre di più anche in questo caso il motto “meglio prevenire che curare” ma anche “conoscere per
prevenire” ma ancora di più “uniti si vince”.
L’uomo ha una potenzialità di vita di oltre 100 anni, ci auguriamo che il manuale che presentiamo vada nella
direzione di educare per prevenire e allungare la vita nella collettività.
4
Indice
1. I numeri del cancro nel mondo, in Italia e nella provincia di Lecco
7
1.1 La situazione epidemiologica mondiale
7
1.2 La situazione epidemiologica italiana
8
1.3 La situazione epidemiologica nella provincia di Lecco
10
2. I fattori di rischio e la prevenzione
2.1 I fattori di rischio: conoscerli per una prevenzione efficace
13
13
2.1.1 Fumo
15
2.1.2 Dieta
16
2.1.3 Sovrappeso ed obesità
17
2.1.4 Alcol
18
2.1.5 Inattività fisica
19
2.1.6 Infezioni
20
2.1.7 Radiazioni solari
21
2.1.8 Inquinamento atmosferico
22
2.2 Gli interventi di prevenzione oncologica
23
2.2.1 Interventi di prevenzione nell’ambito degli stili di vita, alimentazione, attività fisica
24
2.2.2 Prevenzione delle esposizioni ambientali
26
2.2.3 Interventi di profilassi vaccinale
29
2.2.4 La diagnosi precoce dei tumori
30
2.2.4.1 Lo screening del cancro della mammella
31
2.2.4.2 Lo screening del cancro del colon-retto
33
2.2.4.3 Lo screening del cancro del collo dell’utero
35
5
3. Fattori di rischio e interventi di prevenzione dei tumori nei lavoratori
3.1 I tumori professionali
36
3.2 Gli obblighi del Medico: denuncia/certificato/referto
37
3.3 Il Registro Locale dei Tumori Professionali
39
3.4 Protezione da agenti cancerogeni e mutageni: obblighi per le aziende
41
3.5 Il Registro Locale dei lavoratori esposti a cancerogeni
44
3.6 La gestione del rischio amianto
45
3.7 Comunicazioni dei Medici Competenti aziendali dei dati di Sorveglianza Sanitaria
47
3.8 Il collocamento lavorativo della persona con patologia tumorale in atto
48
Appendice - Le prestazioni assistenziali
50
I. Invalidità Civile
50
II. La visita di accertamento e gli esiti
51
III. I benefici economici
52
IV. Il diritto all’indennità di accompagnamento durante la chemioterapia
52
V. Il pensionamento anticipato
53
VI. Le prestazioni previdenziali
53
Assegno ordinario di invalidità
53
Pensione di inabilità
53
VII. La tutela in campo lavorativo
54
Malattia e comporto
54
Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale
56
Il diritto al lavoro
56
Permessi e congedi lavorativi per i malati oncologici e i loro familiari
57
Congedo biennale retribuito
57
Congedo biennale non retribuito
58
Bibliografia
6
36
59
1. I numeri del cancro nel mondo, in Italia
e nella provincia di Lecco
1.1 La situazione epidemiologica mondiale
I tumori rappresentano una delle principali cause di malattia e mortalità a livello mondiale, determinando
ogni anno approssimativamente 14 milioni di nuovi casi e 8,2 milioni di decessi (1). Nel 2012, a livello
mondiale ben 32,6 milioni di persone risultavano vivere con una precedente diagnosi di tumore. Questo
già importante quadro è, purtroppo, destinato a crescere negli anni, e secondo alcune stime i nuovi casi di
tumore potrebbero aumentare del 70% nei prossimi due decenni, arrivando a coinvolgere circa 22 milioni
di persone per anno.
A livello internazionale il maggior impatto in termini di mortalità è fondamentalmente riconducibile a tumori di polmone, fegato, stomaco, colon retto, mammella ed esofago (1). L’incidenza di cancro è più alta nel
sesso maschile (+25%) rispetto a quanto osservato nel sesso femminile (2). In genere i Paesi industrializzati
(Figura 1.1.1) presentano una incidenza maggiore di quelli in via di sviluppo e tale differenza risulta maggiormente presente nel sesso maschile (2).
Figura 1.1.1:
Nuovi casi di
tumore maligno
per 100.000
abitanti per anno
(ad esclusione dei
tumori cutanei non
melanomatosi) nei
diversi paesi del
mondo (2012).
7
1.2 La situazione epidemiologica italiana
Secondo i dati resi noti dall’Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) nella popolazione italiana nel
2013 circa 2.250.000 persone hanno riportato una precedente diagnosi di tumore, rappresentando circa il
4% dell’intera popolazione nazionale (3).
Nello specifico, ogni anno in Italia vengono registrate 365.000 nuove diagnosi di tumore di cui circa 196.000
(54%) negli uomini e circa 169.000 (46%) nelle donne (3). Tutto ciò si traduce in quasi 1.000 nuove diagnosi di tumore al giorno ed una probabilità di ammalarsi di tumore durante tutta la vita pari al 50% negli
uomini (ovvero un uomo su due) ed al 33% nelle donne (ovvero 1 donna su 3). Come mostrato in figura
1.2.1 i tumori più frequentemente diagnosticati sono tumore al colon-retto (14%), tumore alla mammella
(13%) tumore della prostata (11%), tumore al polmone (11%) e vescica (7%).
Figura 1.2.1: Tumori più frequentemente diagnosticati divisi per sesso (Italia, 2007-2010).
I residenti nelle regioni del Nord hanno un rischio lievemente superiore di ammalarsi di tumore rispetto ai
residenti nel meridione, anche se tale differenza negli ultimi anni di osservazione ha evidenziato un progressivo allineamento.
8
Come riportato in figura 1.2.2, l’incidenza dei tumori è risultata essere stabile tra il 1996 e il 2009, con una
lieve riduzione, evidente soprattutto nel sesso maschile, nelle proiezioni 2014.
Nello specifico in figura 1.2.3 vengono riportati gli andamenti per i singoli tumori a più alta incidenza nei
due sessi (4).
Per quanto l’incidenza di nuovi casi di tumore sia relativamente stabile, la mortalità per tumore è invece
in riduzione in entrambi i sessi, anche se l’invecchiamento della popolazione rende meno evidente questo
fenomeno.
Nonostante questi progressivi miglioramenti sul fronte dell’aspettativa di vita per i malati oncologici, ogni
anno i tumori causano in Italia circa 176.000 decessi (99.000 tra gli uomini e 77.000 tra le donne).
Figura 1.2.2: Trend di nuovi casi di tumori tra 1996 e 2009 nella
popolazione italiana (dati AIRTUM).
Figura 1.2.3: Trend dei tumori più frequentemente diagnosticati per sesso (confronto tra 1996 e 2009).
9
1.3 La situazione epidemiologica
nella provincia di Lecco
Presso l’ASL di Lecco è attivo dal 2008 il Registro Provinciale Tumori per la valutazione dell’andamento delle
patologie oncologiche sia in termini di incidenza che di sopravvivenza, e per la valutazione d’efficacia delle
attività di screening. Nel 2005 le stime di incidenza di cancro, esclusi tumori cutanei non melanomatosi,
hanno mostrato per Lecco un’incidenza standardizzata per età pari a 528,6 casi per i maschi e 353,2 casi per
le femmine per 100.000 abitanti (5). Tali dati risultano sovrapponibili rispetto a quanto stimato dall’AIRTUM per i registri del Nord Italia per gli anni 2006-2008 (rispettivamente nei due sessi 523,9 casi e 376,0
casi per 100.000 residenti per anno) (6). Anche a Lecco la maggiore incidenza é stata rilevata per i tumori
della prostata, polmone e colon negli uomini e della mammella, colon ed utero nelle donne. Valutando i dati
di ospedalizzazione relativi al periodo 2008-2012 si evidenzia che nei cinque anni in studio, le persone che
hanno avuto un primo ricovero per una causa oncologica sono state 9.082. Questo dato rappresenta una valida stima dell’incidenza della malattia nel territorio e, confrontato con l’incidenza nei residenti nell’ambito
dell’intera regione Lombardia, indica che i residenti nell’ASL di Lecco presentano un rischio significativamente inferiore rispetto all’atteso regionale (9.082 casi osservati a fronte di 9.445 casi attesi nei cinque anni),
con un rapporto standardizzato di ospedalizzazioni incidenti pari a 0,961 (IC 95% = 0,94 – 0,98). Come
evidenziato in tabella 1.3.1 e nelle successive figure 1.3.1 e 1.3.2 , i minori valori di incidenza si riscontrano
in particolare nei tumori di polmone e trachea, colonretto e tiroide.
Il Registro della cause di morte dell’ASL di Lecco conferma i dati di letteratura relativi alla mortalità attribuibile alle patologie oncologiche con un trend in diminuzione anche nel nostro territorio ed una quota
complessiva di decessi che nel 2013 ha costituito il 33,2% di tutte le cause contribuendo, nello stesso anno,
a determinare oltre 5.000 anni di vita potenziale persi.
L’andamento in riduzione dei dati di mortalità per il complesso dei tumori suggerisce come gli interventi
combinati di prevenzione e cura sempre più efficaci e più estesamente accessibili siano stati in grado di modificare in senso migliorativo il decorso della malattia.
1
Per rapporto standardizzato di ospedalizzazione si intende il rapporto tra il numero di casi di ricoveri osservati e il numero
di ricoveri attesi per cause tumorali; esprime pertanto l’eccesso (>1) o il difetto (<1) di ospedalizzazione esistente tra la popolazione osservata e la popolazione presa come riferimento.
10
Di particolare interesse per la programmazione sanitaria è l’andamento della prevalenza delle patologie neoplastiche che mostra un incremento costante del numero di persone viventi con una diagnosi di tumore. Tale
incremento come indicato in letteratura è essenzialmente riconducibile all’invecchiamento demografico ed
al miglioramento della sopravvivenza. In tal senso, la Banca Dati Assistiti regionale evidenzia che nel 2012
i residenti nell’Asl di Lecco con una pregressa diagnosi oncologica erano 14.182 (pari al 4,22% dell’intera
popolazione residente).
Ospedalizzazioni
incidenti osservate
2008-2012
Ospedalizzazioni
incidenti attese
2008-2012
Rischio
Tumori maligni
9.082
9.082
9.445,3
9.445,3
Ļ*
Ļ*
Mammella solo F
1.551
1.551
1.574,3
1.574,3
=
=
Prostata
1.121
1.121
1.099,3
1.099,3
=
=
Colon-retto
1.085
1.085
1.214,1
1.214,1
Ļ*
Ļ*
Trachea e polmoni
1.074
1.074
1.191,4
1.191,4
Ļ*
Ļ*
Leucemie e linfomi
876
876
850,7
850,7
=
=
Vescica
758
758
782,0
782,0
=
=
Utero solo F
301
301
298,1
298,1
=
=
Fegato
441
441
458,0
458,0
=
=
Pancreas
338
338
371,6
371,6
=
=
Tiroide
200
200
249,2
249,2
Ļ*
Ļ*
Melanoma
154
154
146,4
146,4
=
=
Ossa
46
46
49,7
49,7
=
=
Tabella 1.3.1: Casi incidenti di ospedalizzazione per cancro in residenti a Lecco: confronto tra osservato ed atteso
su base regionale (l’asterisco indica le differenze statisticamente significative).
11
Figura 1.3.1: Rapporti
standardizzati di incidenza per sede tumorale in
residenti di sesso maschile a
Lecco rispetto a residenti in
regione Lombardia (periodo
di osservazione 2008-2012).
Figura 1.3.2: Rapporti
standardizzati di incidenza per sede tumorale in
residenti di sesso femminile a
Lecco rispetto a residenti in
regione Lombardia (periodo
di osservazione 2008-2012).
12
2. I fattori di rischio e la prevenzione
2.1 I fattori di rischio: conoscerli per
una prevenzione efficace
L’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro, dal 1971 ad oggi, ha identificato oltre 400 agenti da considerare quali cancerogeni certi, probabili o possibili (7). Tuttavia non tutti i fattori indicati hanno lo stesso
peso in quanto solo una parte degli agenti cancerogeni riguarda l’intera popolazione mentre la maggior parte
degli stessi ha interesse solo per piccoli gruppi di popolazione e, soprattutto, per addetti a determinati settori
lavorativi. Per tale motivo il presente capitolo si soffermerà soprattutto su un piccolo gruppo di fattori di
rischio molto diffusi e modificabili che da soli riescono ad essere causa di oltre il 40% di tutti i tumori e delle
morti ad essi riconducibili.
Figura 2.1.1: Nuovi casi di
ospedalizzazione per tumore
nei residenti della provincia
di Lecco nelle diverse classi
di età (periodo di osservazione 2008-2012).
13
Tuttavia bisogna anche evidenziare che esistono fattori di rischio “non modificabili” capaci di avere un ruolo
non indifferente nel determinismo del processo tumorale. Tra questi, l’invecchiamento rappresenta senza
dubbio un importante fattore di rischio non modificabile che comporta una maggiore probabilità di ammalarsi (figura 2.1.1).
Questo spiega parzialmente il motivo per cui negli ultimi anni sia aumentata la percezione di una maggior
diffusione del cancro legata in prevalenza sia all’incremento di età della popolazione sia al miglioramento
della terapia medica che determina, in particolare per alcune tipologie di tumori, un significativo prolungamento della sopravvivenza. I dati statistici ne danno conferma ed evidenziano in particolare come in realtà
il rischio di ammalarsi di tumore nelle singole fasce di età negli ultimi decenni risulti essere sostanzialmente
stabile. Senza fare ragionamenti troppo complessi, si può affermare semplicemente che nei decenni scorsi il
minor numero di persone affette da tumori contemporaneamente presenti nella popolazione fosse in gran
parte riconducibile sia alla minore sopravvivenza dei malati, sia alla prevalenza di altre cause di mortalità che
determinavano decessi in età premature prima che potesse manifestarsi la patologia oncologica.
A differenza dell’età, per i fattori di rischio riportati di seguito sono possibili interventi attivi che permettono
di “modificare” l’esposizione ad essi riducendo il rischio correlato. In figura 2.1.2 vengono riportati i pesi
relativi a 9 fattori di rischio maggiori che determinano una maggiore probabilità di ammalarsi di tumore (8).
Sebbene il dato sia riferito alla popolazione inglese, si può considerare che gli stessi fattori abbiano un simile
peso per la popolazione italiana; questi dati, riferiti ai fattori di rischio modificabili, indicano che almeno un
terzo di tutti i tumori risulta prevenibile intervenendo sugli stili di vita.
Figura 2.1.2:
Fattori di rischio
concorrenti nel
determinismo di
oltre il 40% di tutti
i tumori.
14
2.1.1 Fumo
Chi è
a rischio?
In Italia nel 2014 si sono stimati 11,3 milioni di fumatori tra i residenti sopra i 15
anni di età, pari al 22% dell’intera popolazione (25,4% tra gli uomini e 18,9% tra
le donne) (9). L’esposizione al fumo di sigaretta, sia essa attiva o passiva, aumenta il
rischio di contrarre patologie tumorali (cancerogeno certo per la IARC) (10). In particolare, studi internazionali evidenziano che il rischio tumorale aumenta all’aumentare
della quantità di sigarette fumate e degli anni di esposizione al fumo. Devono essere
considerati a maggiore rischio i bambini, le donne in gravidanza, i soggetti con altre
malattie tumorali concomitanti e coloro che hanno familiarità positiva per cancro.
Perché
aumenta
il rischio?
Il fumo di sigarette contiene più di 5.000 diverse sostanze di cui oltre 70 con caratteristiche carcinogenetiche (idrocarburi policiclici aromatici, nitrosammine, aldeidi,
fenoli etc). Diverse altre sostanze derivanti dalla combustione del tabacco risultano
avere inoltre effetti negativi sul sistema cardiovascolare, su quello respiratorio e su
quello nervoso.
Quali
organi
colpisce?
Il fumo risulta essere dannoso praticamente per tutti gli organi del nostro corpo e
comporta un aumento del rischio cancerogeno in tutte le sedi anatomiche. Tuttavia
il rischio oncologico aumenta soprattutto per il cancro di trachea e polmone, vescica,
stomaco, esofago, fegato, laringe e bocca, pancreas e tumori ematologici.
Come si
previene?
L’unica strategia di prevenzione dei danni da fumo è smettere di fumare e le diverse evidenze scientifiche internazionali concordano che la cessazione dell’abitudine al
fumo permette di dimezzare il rischio di cancro già pochi anni dopo la cessazione (11).
Purtroppo limitare il numero di sigarette fumate al giorno non è sufficiente ad ridurre
significativamente i rischi di salute.
15
2.1.2 Dieta
16
Chi è
a rischio?
La dieta è, senza dubbio, uno dei fattori di rischio che contribuiscono in modo significativo nel determinismo del cancro. Una prima ragione di tale affermazione deriva dal
fatto che ogni essere vivente quotidianamente si confronta con un regime dietetico che
lo espone a possibili rischi. La dieta è quindi un fattore di rischio che deve obbligatoriamente interessare tutti. Alcune stime arrivano ad attribuire alla dieta fino al 30% di
tutti i tumori registrati nei Paesi Industrializzati.
Perché
aumenta
il rischio?
L’alimentazione può influenzare l’insorgenza dei tumori attraverso sostanze cancerogene già presenti nell’alimento (ex. micotossine, nitrosammine, pesticidi etc) o formatisi
a seguito della cottura (ex. acrilamide o ammine eterocicliche) o della digestione (ex.
N-nitroso). Tuttavia sembrerebbe che essa possa contribuire anche attraverso la modulazione di processi metabolici ormono-mediati e attraverso l’induzione di uno stato
pro-infiammatorio generalizzato (12).
Quali
organi
colpisce?
Chiaramente una dieta non salutare può aumentare significativamente il rischio di
tumori delle vie digestive sia alte (esofago e stomaco) che basse (soprattutto colon
e retto). Tuttavia vi sono diversi altri organi che possono risentire di un aumentato
rischio oncologico correlato all’alimentazione e tra questi la mammella, il pancreas ed
il fegato.
Come si
previene?
Le società scientifiche internazionali concordano nel raccomandare di limitare l’introito energetico alimentare derivante da grassi (soprattutto se saturi), carni rosse,
insaccati e zuccheri raffinati. Per converso bisogna ricordare che una corretta alimentazione può avere un effetto protettivo nei confronti del rischio oncologico. In tal senso
si suggerisce una dieta varia e soprattutto ricca in frutta e verdura (almeno 5 porzioni
o 400 grammi al giorno) (12).
2.1.3 Sovrappeso ed obesità
Chi è
a rischio?
Nel 2012 in Italia più di un terzo della popolazione adulta (35,6%) è risultata in
sovrappeso, mentre una persona su dieci era obesa (10,4%) (13). Prendendo in considerazione il mondo pediatrico si osserva che il 9,8% dei bambini risulta obeso mentre
il 20,9% è sovrappeso (14).
Perché
aumenta
il rischio?
L’associazione tra eccesso ponderale e rischio cancerogeno è stata attribuita ad una
serie di fattori tra cui squilibri ormonali, infiammazione sistemica, stress ossidativo,
immunodepressione, ridotto transito intestinale, etc (15). Le persone sovrappeso ed
obese tendono, tra le altre cose, ad avere degli stili di vita meno salutari (vita sedentaria, maggiore consumo di alcolici, diete iperproteiche etc).
Quali
organi
colpisce?
Sovrappeso ed obesità tendono ad aumentare il rischio di tumore di utero, esofago,
colon-retto, mammella e rene. Sebbene meno frequentemente, vengono interessati
anche tiroide, cute e tessuti emolinfopoietici (15).
Come si
previene?
Il primo passo per prevenire obesità e sovrappeso è avere consapevolezza del proprio
stato ponderale provvedendo ad un periodico monitoraggio del peso e, soprattutto,
del proprio body mass index (BMI) orientandolo in modo da rientrare nei limiti di
normalità. Come indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, i passi successivi
devono garantire un bilanciamento tra calorie assunte tramite una dieta equilibrata e
ricca di frutta e vegetali e dispendio energetico garantito da un’adeguata attività fisica
(16).
17
2.1.4 Alcol
18
Chi è
a rischio?
Si devono considerare a rischio gli uomini che superano un consumo quotidiano
di 40 g di alcol e le donne che superano
un consumo quotidiano di 20 g. Da notare che l’organismo femminile, rispetto
a quello maschile, risulta essere più vulnerabile agli effetti dell’alcol. Tuttavia
si considerano comportamenti rischiosi
anche il consumare bevande alcoliche lontano dai pasti o assumere grandi quantità di
alcol in un arco di tempo ristretto (“binge drinking”). Sulla base di queste definizioni si
stima che in Italia nel 2012 fossero a rischio il 21,7% degli uomini (pari a 5,6 milioni)
e il 6,4% delle donne (pari a 1,8 milioni) in età superiore a 11 anni (17).
Perché
aumenta
il rischio?
Sebbene i meccanismi precisi di carcinogenesi non siano del tutto chiari, tuttavia sembrerebbe che almeno parte dell’aumentato rischio sia riconducibile al danno irritativo
da contatto che l’alcol esercita nei confronti delle mucose con cui entra in contatto
(bocca, esofago, stomaco etc), trasformazione a livello intestinale in composti cancerogeni (acetaldeide), danno cellulare e genetico. L’alcol ha inoltre un effetto di potenziamento di altri agenti cancerogeni tra cui il fumo di sigarette (18).
Quali organi
colpisce?
L’esposizione cronica ad alcol aumenta il rischio di tumori di bocca, gola ed esofago,
fegato, colon e retto, mammella e pancreas (18).
Come si
previene?
A livello individuale si deve mirare ad evitare l’abuso di alcol, riducendo i consumi in
modo da non superare i livelli indicati per un consumo moderato. Evitare il consumo
di alcool in minori e donne in gravidanza. Esistono inoltre degli interventi di sanità
pubblica che mirano a limitare il consumo di alcool intervenendo sui prezzi di vendita e
su normative specifiche (divieto di vendita ai minori, limiti alcolemici per la guida etc).
2.1.5 Inattività fisica
Chi è
a rischio?
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, per attività fisica si intende “qualunque sforzo esercitato dal sistema muscolo-scheletrico che si traduce in un consumo
di energia superiore a quello in condizioni di riposo”. In questa definizione rientrano
quindi non solo le attività sportive ma anche semplici movimenti quotidiani come
camminare, andare in bicicletta, ballare, giocare, fare giardinaggio e lavori domestici.
Perché
aumenta
il rischio?
L’aumento del rischio cancerogeno dell’inattività fisica è correlato all’influenza sugli
ormoni sessuali e stress-correlati nonché agli ormoni che regolano il metabolismo (insulina e glucosio), all’induzione di meccanismi di infiammazione sistemica e di stress
ossidativo, alla riduzione delle funzioni immunitarie ed alla riduzione dei meccanismi
di riparazione di danni al DNA (19).
Quali
organi
colpisce?
Risultano essere particolarmente interessati il colon-retto, la mammella e l’utero. Vi
sono tuttavia crescenti evidenze che l’inattività fisica determini un incremento di rischio per i tumori di polmone, prostata, ovaio, stomaco e pancreas (19).
Come si
previene?
Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano i seguenti
livelli minimi di attività fisica:
• per bambini e ragazzi (5-17 anni): almeno 60 minuti al giorno di attività moderata–vigorosa, includendo almeno 3 volte alla settimana esercizi che possono consistere in giochi di movimento o attività sportive;
• per gli adulti (>17 anni): almeno 150 minuti alla settimana di attività moderata o
75 di attività vigorosa (o combinazioni equivalenti delle due) in sessioni di almeno
10 minuti per volta, con rafforzamento dei maggiori gruppi muscolari da svolgere
almeno 2 volte alla settimana (20).
19
2.1.6 Infezioni
Chi è
a rischio?
In Italia la maggior parte dei tumori correlati ad agenti infettivi è riconducibile ad infezioni croniche causate da virus dell’epatite B (HBV), virus dell’epatite C (HCV), papilloma virus (HPV) e Helicobacter pylori. Bisogna anche evidenziare che l’infezione
da HIV aumenta il rischio di cancro nonostante il virus non abbia un proprio potere
oncogeno ma agisca prevalentemente tramite una riduzione delle difese immunitarie
del soggetto infetto (21).
Perché
aumenta
il rischio?
I meccanismi con cui i diversi microrganismi agiscono aumentando il rischio cancerogeno sono molteplici e conosciuti solo parzialmente. Tuttavia appare ben chiaro
come alla base del meccanismo vi sia la persistenza dell’infezione per molti anni con
dei danni a livello del DNA cellulare, un aumento dell’infiammazione e dei mediatori
dello stress ossidativo e una induzione della replicazione cellulare (22).
Quali organi
colpisce?
I diversi microrganismi hanno la tendenza ad avere organi bersaglio diversi:
• Virus dell’epatite B (HBV): cancro del fegato;
• Virus dell’epatite C (HCV): cancro del fegato;
• Papillomavirus (HPV): cancri cutanei, cancro dell’utero, cancro di testa e collo;
• Helicobacter pylori: tumori di stomaco ed esofago, linfomi.
Come si
previene?
Il modo migliore per prevenire i tumori correlati ad agenti infettivi è quello di minimizzare il rischio di infezione o evitare la cronicizzazione della stessa. Per gli agenti
trasmessi per via sessuale (HBV, HCV, HIV, papilloma virus) risulta essenziale:
• usare il preservativo nei rapporti sessuali a rischio;
• evitare lo scambio di oggetti personali, quali spazzolino, forbici, rasoi, tagliaunghie;
• qualora si facciano tatuaggi, fori alle orecchie o piercing accertarsi del rispetto delle condizioni igieniche dei locali in cui vengono eseguiti e pretendere l’uso di aghi usa e getta;
• evitare lo scambio di siringhe usate.
Le infezioni da HBV e HPV possono essere evitate ricorrendo alle rispettive vaccinazioni. Infine lo screening per il tumore della cervice uterina permette di individuare
lesioni precancerose e ridurre il rischio di progressione della malattia.
20
2.1.7 Radiazioni solari
Chi è
a rischio?
L’esposizione ai raggi solari è stata riconosciuta quale fattore di rischio per i tumori
cutanei. In particolare il rischio appare direttamente correlato alle ore di esposizione,
all’intensità della stessa e al fenotipo cutaneo. Devono considerarsi a più alto rischio
coloro che hanno carnagione chiara, capelli rossi o biondi ed occhi azzurri o verdi. Allo
stesso modo risultano essere a maggiore rischio i bambini, coloro che hanno un alto
numero di nevi, soprattutto se grandi e polimorfi, e coloro che sono affetti da altre
patologie cutanee, immunologiche o oncologiche. Anche le lampade ed i lettini solari
sono sorgenti di raggi ultravioletti e possono quindi concorrere ad aumentare i rischi
da esposizione a radiazioni ultraviolette (23).
Perché
aumenta
il rischio?
Le radiazioni ultraviolette solari aumentano il rischio di tumori cutanei interagendo
prevalentemente con il DNA ed inducendo mutazioni a carico dello stesso e, nel complesso, un effetto citotossico.
Quali organi
colpisce?
Le evidenze epidemiologiche suggeriscono che le radiazioni ultraviolette aumentano il
rischio prevalentemente di tumori cutanei (melanomi, carcinomi basocellulari e spinocellulari).
Come si
previene?
Si possono ridurre i rischi da esposizione alle radiazioni solari seguendo le seguenti
raccomandazioni:
• Limitare il più possibile l’esposizione alla luce solare nelle ore più calde, tra le 10 e
le 14;
• Indossare vestiti protettivi ed occhiali da sole ad alta protezione;
• Usare creme solari protettive (almeno +15), applicandole nuovamente ogni due ore.
• Evitare l’uso di lampade o lettini abbronzanti, soprattutto prima dei 18 anni.
21
2.1.8 Inquinamento atmosferico
22
Chi è
a rischio?
Secondo l’Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro (IARC) l’inquinamento di
aria, acqua e suolo con sostanze chimiche sarebbe responsabile di una percentuale
oscillante tra 1 e 4% di tutti i tumori. In particolare l’inquinamento atmosferico ha
assunto negli ultimi anni una sempre maggiore importanza soprattutto nelle grosse
metropoli caratterizzate da importanti fonti emissive (industria, veicoli, riscaldamento). Risultano essere a maggiore rischio di contrarre patologie oncologiche da inquinamento atmosferico bambini, fumatori e soggetti affetti da patologie immunitarie o
oncologiche.
Perché
aumenta
il rischio?
L’aria che respiriamo può contenere varie sostanze tossiche e cancerogene sviluppate dalle attività antropiche quali radon, benzene ed idrocarburi policiclici aromatici.
Queste sostanze vengono solitamente veicolate da particolato sottile (PM 10 o PM
2,5) che viene pertanto utilizzato come indicatore del livello di inquinamento. PM 10
e sostanze veicolate agiscono a livello dell’epitelio bronco-polmonare ed in alcuni casi,
entrando nel circolo ematico, a livello di altri organi periferici.
Quali organi
colpisce?
Chiaramente l’inquinamento atmosferico è fondamentalmente correlato ad un aumento del rischio di tumore del polmone sebbene recenti evidenze abbiano osservato
un incremento del rischio di cancro vescicale.
Come si
previene?
Per ridurre i rischi da esposizione ad inquinamento ambientale si raccomanda di evitare la permanenza all’esterno in presenza di alti livelli di inquinamento, riducendo in
tali momenti ed in luoghi altamente inquinati tutte le attività che aumentino gli atti
respiratori (attività fisiche di moderata o vigorosa intensità come correre o andare in
bicicletta). Evitare, quando possibile, di percorrere strade fortemente trafficate e con
presenza di mezzi pesanti (24). Nei capitoli successivi saranno riportati nel dettaglio
gli interventi messi in atto dall’ASL di Lecco per la prevenzione dei danni da inquinamento atmosferico (Capitolo 2.2.2).
2.2 Gli interventi di prevenzione oncologica
Per ridurre l’incidenza dei tumori esistono due strategie principali: prevenirne la comparsa mediante azioni
di prevenzione primaria, e formularne la diagnosi il più precocemente possibile, prima che si manifesti a
livello clinico (prevenzione secondaria).
La prevenzione primaria si rivolge a soggetti sani e mira a ridurre il rischio che gli stessi corrono di contrarre
patologie minimizzando l’esposizione a fattori di rischio modificabili. Per la prevenzione delle patologie oncologiche si deve intervenire sui fattori di rischio che agiscono a livello individuale come stili di vita (abitudini tabagiche, scarsa attività fisica, abitudini alimentari errate, alcolismo, comportamenti sessuali a rischio,
etc.), su quelli di carattere ambientale (qualità dell’aria, acque, siti contaminati, ambienti favorenti scelte di
salute, policy antifumo etc.), nonché su alcuni fattori di natura infettiva.
La prevenzione secondaria si rivolge a soggetti che, pur essendo apparentemente sani, presentano invece una
condizione morbosa ancora asintomatica. In questo caso una diagnosi anticipata dei quadri morbosi oncologici comporta la possibilità di interventi meno invasivi, di una migliore prognosi e di un ridotto rischio di
complicanze. Lo scopo della prevenzione secondaria è quindi quello di individuare il tumore in uno stadio
molto precoce in modo che sia possibile trattarlo in maniera efficace e ottenere di conseguenza un maggior
numero di guarigioni e una riduzione del tasso di mortalità. La prevenzione secondaria coincide quindi con
le misure di diagnosi precoce che, in genere dovrebbe intervenire nel periodo tra l’insorgenza biologica
della malattia e la manifestazione dei primi sintomi. Tipico esempio di prevenzione secondaria è il test di
screening (25), ossia un esame che consente di individuare in fase iniziale una certa malattia, nello specifico
un tumore, in persone asintomatiche. Per essere programmato e realizzato, lo screening deve riguardare patologie di grande rilevanza epidemiologica, basarsi su prove di efficacia e attenersi a linee guida di qualità.
In particolare, i programmi di screening si sono dimostrati efficaci nel cambiare la storia naturale dei tumori
della mammella, della cervice uterina e del colon retto. In alcuni casi, lo screening riesce a evitare l’insorgenza
del tumore, in altri può salvare la vita. L’attivazione di programmi di screening per questi tre tumori è quindi
sostenuta sia a livello nazionale che internazionale.
23
2.2.1 Interventi di prevenzione nell’ambito
degli stili di vita, alimentazione, attività fisica
Gli ambiti d’intervento dell’ASL hanno riguardato iniziative finalizzate al contrasto dei principali fattori di
rischio comuni alle principali patologie croniche, che in Europa provocano almeno l’86% dei morti e il
77% del carico di malattia. Le malattie croniche costituiscono la principale causa di morte quasi in tutto il
mondo. Si tratta di un ampio gruppo di malattie, che comprendono oltre al cancro, le cardiopatie, l’ictus, il
diabete e le malattie respiratorie croniche (26).
Gli interventi condotti hanno favorito in particolare:
• attività motoria organizzata attraverso l’offerta territoriale di iniziative nate nel nostro territorio quali i
“Piedibus” che coinvolge il 20% dei bambini delle scuole primarie; l’attivazione di 57 “Gruppi di cammino” rivolti alla popolazione adulta-anziana, per favorire la pratica di una “ginnastica cardiovascolare”
sotto soglia di sforzo, con una rete di offerta che raggiunge l’80% della popolazione residente. Il 10% dei
partecipanti sono soggetti affetti da patologie neoplastiche.
• attività motoria individuale attraverso l’avvio di progetti quali: “Pillole di Salute”, offerte gratuite di attività sportiva o ludico motoria on web e “Scale in salute”;
• dissuefazione dal fumo, ne sono esempi i progetti: “Counseling antitabagico” condotto nelle cardiologie
dell’ Azienda Ospedaliera e presso gli ambulatori ASL di medicina dello sport, “Progetto Smoke Free Team
Competition” proposto alle società sportive e la “Rete di offerta territoriale disassuefazione tabagica” in collaborazione con i Medici di Medicina Generale, Medici Specialisti ospedalieri e il Centro Trattamento
Tabagico;
• interventi di rete per la promozione di stili di vita sani nelle comunità come ad esempio: “Rete scuole
che promuovono la salute”, “Rete aziende che promuovono la salute”, “Rete città sane” per la diffusione delle
conoscenze e di ambienti favorevoli alla salute;
• corretta alimentazione attraverso la consulenza nutrizionale nelle ristorazioni scolastiche e progetti partecipati della “Rete alimenti in salute” con le associazioni di patologia per la diffusioni dei principi alimentari, favorendo scelte di salute nel carrello della spesa e nelle preparazioni familiari.
24
Tutti i progetti citati vedono il coinvolgimento
dei principali portatori di
interesse del nostro territorio e trovano ambito di
governance nel “Comitato
di coordinamento per la
Promozione della salute”.
Nel 2013, grazie alla collaborazione di settori dell’ASL che operano nel campo
della prevenzione è stato
avviato un progetto che
attraverso l’utilizzo delle
comunicazioni di esito negativo di screening ha veicolato informazioni su stili
di vita sani protettivi per
il rischio oncologico e non
solo (Figura 2.2.1.1). Inoltre si offre la formazione su
stili di vita alle associazioni
di volontariato che sostengono gli screening.
Figura 2.2.1.1: Retro
lettera esito negativo
screening colon retto con
promozione di comportamenti alimentari che
riducano il rischio di
cancro del colon-retto.
25
2.2.2 Prevenzione delle esposizioni ambientali
Il rapporto con l’ambiente è uno dei determinanti fondamentali che influenza lo stato di salute della popolazione incidendo nei diversi stati di benessere o di malattia, comprese le patologie oncologiche. Può infatti
favorire la circolazione di agenti patogeni e altri fattori biologici, come ad esempio i pollini e altri allergeni, che colpiscono, quando presenti, la popolazione suscettibile. Può anche agire per mezzo di fattori non
biologici, come la presenza di contaminanti chimici e fisici: in questo caso, è più difficile determinare una
relazione causa-effetto e gli studi epidemiologici cercano di descrivere e quantificare i danni da esposizione,
sia acuta che cronica, a diverse sostanze.
Gli inquinanti presenti nell’aria degli ambienti outdoor possono pesantemente condizionare la qualità della
vita dei cittadini sia in termini di perdita di salute che di fruibilità degli spazi aperti. L’ Agenzia Regionale di
Prevenzione Ambientale (ARPA) monitora costantemente i livelli di inquinanti pericolosi attraverso il dislocamento sul territorio di stazioni di monitoraggio che evidenziano come nel corso dell’ultimo decennio vi sia
una costante diminuzione di inquinanti quali biossido di azoto e di zolfo e monossido di carbonio; restano
tuttavia moderatamente critici i valori di polveri sottili in alcune aree e decisamente critici i valori di Ozono.
L’ozono non è un indicatore diretto dell’inquinamento locale in quanto è frutto di reazioni atmosferiche di
contaminanti “precursori” provenienti anche da altre aree della Regione.
La conformazione orografica della provincia influenza anche la diffusione degli inquinanti atmosferici, è
pertanto possibile distinguere tre aree territoriali con problematiche diverse:
• la Brianza, con una situazione critica praticamente sovrapponibile ai comuni dell’hinterland milanese, nei
quali l’inquinante più problematico è rappresentato dalle polveri sottili (PM10) e nel 2014 il valore soglia
di 50mg/m3 è stato superato 46 volte contro le 35 ammesse dalla normativa.
• Lecco e circondario, dove grazie alla maggior ventilazione si registra una situazione migliore con un numero di superamenti annui inferiori: infatti nel 2014 a Lecco il valore soglia di 50mg/m3 è stato superato
32 volte, in linea con la normativa.
• Lago e Valsassina, con una situazione decisamente migliore, solo 7 superamenti del valore soglia, fatto
salvo il problema dell’ozono nelle giornate calde della stagione estiva, problema presente su tutto l’arco
delle Prealpi e anche dell’Appennino, originato da precursori chimici immessi nell’atmosfera anche a molti chilometri di distanza.
26
Figura 2.2.2.1: concentrazioni medie annuali di PM10 ed ozono nella provincia di Lecco.
In tale ambito il compito principale richiesto all’ASL è di valutare la ricaduta sulla salute pubblica degli
interventi previsti in fase di programmazione e progettazione degli insediamenti e delle attività nel nostro
territorio valutando le variazioni indotte sui determinanti di salute.
A tal fine il Servizio Igiene e Sanità Pubblica collabora con gli Enti nell’ambito delle Conferenze dei Servizi
per Piani di Governo del Territorio (PGT), Bonifiche, Valutazioni Impatto Ambientale (VIA), Valutazione
Ambientale Strategica (VAS).
Nello specifico sono formulate osservazioni su inserimento di nuovi impianti o modifica di esistenti che
vanno a impattare sull’ambiente valutando in modo particolare i recettori sensibili nelle vicinanze (fasce di
popolazione fragile, scuole, ospedali, etc.) e dando indicazioni per un monitoraggio della qualità dell’ambiente anteoperam, in fase di cantiere e postoperam fornendo ai proponenti la disponibilità di banche dati
sanitarie presenti in ASL.
Sono state formulate osservazioni nelle Conferenze dei Servizi per interventi di bonifiche che hanno interessato sia aree industriali dismesse con valutazioni delle previsioni delle azioni da effettuare al fine di poter
restituire aree utilizzabili ai fini residenziali piuttosto che aree verdi e riqualificazioni ambientali, sia per
valutazioni sull’usabilità in sicurezza di strutture già presenti.
Le osservazioni su tutte le fasi di stesura dei piani di governo del territorio, a partire dalla conferenza di I°
VAS (Valutazione Ambientale Strategica), fino al recepimento degli stessi hanno coinvolto gli operatori in
una valutazione puntuale (sulla fruibilità degli spazi, sul garantire dei percorsi per una mobilità dolce pre-
27
vedendo sul proprio territorio piste ciclopedonali, etc.), dando infine indicazioni sulle possibili mitigazioni
da effettuare in modo che anche interventi di importanza strategica per l’Amministrazione non vadano ad
impattare negativamente sulle strutture già presenti.
Nella provincia lecchese assume un valore strategico, anche di carattere socio-economico, il controllo delle
acque di balneazione, con particolare riferimento per quanto attiene alla patologia oncologica al controllo
della contaminazione da cianotossine nelle acque. Si tratta di un’attività che il Laboratorio di Prevenzione svolge già da diversi anni, sia sulle acque di balneazione che su quelle destinate al consumo umano; il
laboratorio effettua tale controllo sia per il territorio di propria competenza che per quello di altre ASL in
qualità di centro di riferimento regionale all’interno della rete dei laboratori. Le cianotossine sono sostanze
tossiche prodotte da un particolare tipo di batteri, i cianobatteri, presenti nella maggior parte dei corpi idrici
in quasi tutti gli habitat (27). Ci sono diversi tipi di queste tossine (microcistine, nodularine, anatossine
etc.) e possono avere diversi effetti (epatotossine, citotossine, neurotossine, tossine irritative). Gli effetti da
esposizione possono essere sia di tipo acuto che cronico. La popolazione può essere esposta alle cianotossine
durante attività ricreative (balneazione) e professionali (es. pescatori, sportivi professionisti), in seguito all’uso di acqua potabile contaminata e altri usi umani (produzione alimenti, procedure di dialisi), attraverso il
consumo di cibi contaminati (prodotti ittici) e di integratori alimentari a base di cianobatteri, e a seguito di
uso irriguo. La presenza dei cianobatteri è considerata un problema sanitario perché la loro proliferazione,
legata a inquinamento e cambiamenti climatici, costituisce un rischio là dove i corpi idrici vengono utilizzati
per la produzione di acqua destinata al consumo umano.
Per quanto riguarda l’implicazione delle cianotossine nell’insorgenza dei tumori a seguito di consumo di
acqua potabile, in molti studi condotti non è stato possibile provare che queste fossero il vero agente causale
ma semplicemente il più plausibile. Tuttavia, nel caso per esempio del tumore epatico, le microcistine, essendo in grado di causare danni al fegato, sono considerate promotori tumorali. L’unico riferimento normativo
disponibile per questa problematica è quello dell’OMS che fissa il valore di 1μ/L per la microcistina- LR
nell’acqua potabile.
28
2.2.3 Interventi di profilassi vaccinale
Il papilloma virus umano (HPV) è un virus che causa infezioni estremamente diffuse nella popolazione. La
via di trasmissione è il contatto diretto, generalmente sessuale, con una persona infetta. Nella maggior parte
dei casi l’infezione è asintomatica e il virus viene eliminato dall’organismo, ma alcuni tipi di HPV, quelli
definiti ad alto rischio, causano lesioni che possono degenerare in forme tumorali, più comunemente il
carcinoma del collo dell’utero. Il vaccino contro l’HPV somministrato prima dell’esposizione al virus, preferibilmente prima dell’inizio dell’attività sessuale, è in grado di ridurre notevolmente la possibilità di sviluppo
dei tumori del collo dell’utero, perché contiene i 2 ceppi responsabili del 70% dei tumori stessi.
Anno di Nascita
LOMBARDIA
ASL LECCO
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
59,6
77,2
63,7
80,8
67,9
83
70,2
84,3
71,3
84,4
68,9
83,6
63,5
80,1
Figura 2.2.3.1: Coperture vaccinali per vaccinazione anti-HPV per coorte di nascita.
29
In Italia, come nella maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea, la vaccinazione è offerta in forma attiva
e gratuita alle femmine di 11 anni di età compiuti. In Regione Lombardia, la campagna di vaccinazione ha
preso avvio nel 2008, con la convocazione dell’anno di nascita 1997 (figura 2.2.3.1). I dati copertura vaccinale raggiunti negli anni sono riportati nella tabella che segue e nel grafico che ne rappresenta la tendenza
nel tempo.
Dalla lettura dei dati emerge che la copertura vaccinale ottenuta in provincia negli anni è, in termini assoluti, più che soddisfacente rispetto alla media regionale, anche se si osserva una tendenza alla stabilizzazione
sul valore di copertura del 80%. In linea con quanto riportato in letteratura, la motivazione più comune
per la mancata vaccinazione è il fenomeno emergente della crescente diffidenza nei confronti della pratica
vaccinale, associato - nel caso specifico del HPV - alla delicatezza del tema dell’inizio dell’attività sessuale
nell’adolescente, che può creare resistenza nei genitori.
Per questo motivo, pur nel rispetto delle opinioni della famiglia e dell’autonomia nelle scelte di salute, l’offerta vaccinale è supportata da un counselling accurato, svolto sia dal pediatra di famiglia che dal medico della
prevenzione al momento della somministrazione del vaccino.
2.2.4 La diagnosi precoce dei tumori
Nell’ASL di Lecco sono attivi i programmi di screening per la prevenzione del cancro della mammella e del
colon retto, essi rappresentano da sempre un esempio di intervento pianificato di sanità pubblica che si attua
attraverso l’offerta attiva, ogni due anni, di un test diagnostico o di un esame affidabile e nella garanzia, in
caso di positività, dell’eventuale iter diagnostico e terapeutico secondo protocolli pre-definiti e con caratteristiche di equità di accesso e qualità delle prestazioni erogate. Gli interventi di screening sono condotti in
stretta collaborazione con le strutture ospedaliere, le case di cura, le amministrazioni comunali e le associazioni di volontariato presenti sul territorio (LILT, ANDOS, Croce Rossa Italiana e altre associazioni). L’obiettivo principale che si pongono i programmi di screening per i tumori è quello di individuare la malattia
in una fase precoce, “pre-clinica”, e permettere quindi un trattamento più efficace associato all’anticipazione
diagnostica.
30
2.2.4.1 Lo screening del cancro della mammella
Lo screening del cancro della mammella è attivo nella nostra provincia dal 1999 ed è rivolto alle donne
residenti in età compresa tra i 50 e i 69 anni. Il carcinoma della mammella rappresenta ancora oggi una
malattia molto importante in quanto continua ad essere un tumore molto frequente fra le donne, per incidenza e mortalità.
Le attività di screening mammografico vengono condotte in collaborazione con le associazioni di volontariato LILT sezione di Merate e ANDOS sezione di Lecco che ne favoriscono l’accessibilità attraverso l’attività
di call center.
Nel corso dell’anno 2014 sono state invitate allo screening 22.304 donne, tra queste 13.339 hanno aderito
all’invito (Tabella 2.2.4.1.1). Considerando le mammografie di screening e le mammografie effettuate spontaneamente dalle donne appartenenti alla stessa coorte di età, la percentuale di adesione alla mammografia
ha raggiunto il 73,92% (adesione corretta).
Popolazione
invitata nel 2014
N. donne che
hanno aderito allo
screening
N. totale donne
richiamate per
approfondimenti
N. donne operate
con diagnosi di
benignità
N. donne operate
con diagnosi di
malignità
Anno 2014
50-54
6.567
3.839
323
9
18
55-59
5.664
3.250
133
6
11
60-64
5.173
3.210
125
3
18
65-69
4.801
2.960
108
4
22
70-74
99
80
1
0
0
Totale
22.304
13.339
690
22
69
Totale 50-69
22.205
13.259
689
22
69
Classi di età
Tabella 2.2.4.1.1: Screening mammografico - dati di attività anno 2014.
31
Tra le donne aderenti nel 2014, 690 sono state richiamate per approfondimenti e 69 sono state le operate
con diagnosi di malignità.
Delle 69 donne operate, 50 avevano un tumore invasivo di dimensioni  2 cm. ed hanno ricevuto un trattamento chirurgico di tipo conservativo. I risultati degli ultimi anni in termine di adesione ed estensione
hanno posto il programma di screening mammografico di Lecco in condizione di soddisfare i principali
standard di risultato e qualità previsti. Si è così garantito il miglior contesto per realizzare, per tutta la popolazione aderente, l’anticipazione diagnostica utile a ridurre i casi di malattia in stadio avanzato, favorendo i
trattamenti di tipo conservativo.
Nel corso del 2014 è stato condotto in ASL il progetto di monitoraggio dei cancri intervallo, avviato dal
2012.
Il progetto è stato attuato attraverso l’identificazione dei nominativi di donne risultate negative allo screening mammografico nell’anno 2010 e successivo incrocio di tali nominativi con i dati relativi alle Schede di
Dimissione Ospedaliera (SDO) per prestazioni sanitarie compatibili con la patologia ricercata.
I nominativi individuati sono stati inoltre ricercati attivamente, per conferma della patologia, anche presso
l’Anatomia Patologica dell’Ospedale di Lecco.
Tali azioni hanno consentito di individuare le donne che, con diagnosi negative allo screening mammografico nel 2010, sono state successivamente operate per cancro alla mammella prima del richiamo al
round successivo ovvero prima dei due anni.
Infine, tutti i nominativi dei casi individuati e dei controlli, in rapporto 1:4, sono stati resi disponibili
all’UOC di Radiologia dell’Ospedale di Lecco per la revisione radiologica.
In occasione della revisione degli esami, tutti i Radiologi partecipanti dovevano valutare, per ogni singolo
caso di cancro intervallo revisionato, se si trattava di: errore di screening, segni minimi, occulto. Il numero
di cancri intervallo così rilevati è risultato in linea con il numero di casi attesi e con gli standard di qualità
previsti dalle linee guida Ministeriali (28).
32
2.2.4.2 Lo screening del cancro del colon-retto
Lo screening del cancro del colon- retto è attivo nella nostra provincia dal 2005 ed è rivolto a uomini e donne
residenti in età compresa tra i 50 e i 69 anni che ogni due anni ricevono l’invito secondo calendarizzazione
territoriale.
Il tumore del colon-retto è una malattia “importante” in termini di salute pubblica, in quanto è la seconda
neoplasia più frequente nelle donne e la terza nei maschi. In entrambi i sessi rappresenta la seconda causa di
morte per tumore, preceduto dal cancro del polmone nei maschi e da quello della mammella nelle femmine;
circa il 90% delle persone si ammala dopo i 50 anni.
Nel corso del 2014 sono state invitate 35.579 persone, fra queste 21.073 hanno aderito (Tabella 2.2.4.2.1).
L’adesione corretta, calcolata tenendo conto anche del numero di inviti inesitati (442) e del numero di esclusi
dopo invito per segnalazione di test recente (528), è stata del 60,88%, nettamente al di sopra della media
regionale che risulta pari al 52,7% (dato 2013).
Popolazione
invitata nel
2014
N. rispondenti
nel 2014
N. persone
positive
N. persone
con crancro
N. persone con
adenoma
avanzato
n. persone con
adenoma
iniziale
50-54
10.554
5.907
234
4
49
30
55-59
8.777
5.148
181
8
20
42
60-64
8.237
5.074
220
6
32
48
65-69
7.790
4.822
233
6
39
62
70-74
221
122
12
0
1
3
35.579
21073
880
24
141
185
Classi di età
< 50
Ignoto
Totale 50-69
Tabella 2.2.4.2.1: Dati di attività screening del cancro del colon retto anno 2014.
33
Tra le 35.579 persone che nel corso del 2014 hanno aderito, 880 sono stati i positivi richiamati per gli approfondimenti di secondo livello (colonscopia), successivamente fra queste persone 24 sono state trattate per
diagnosi di malignità, 141 per adenoma avanzato, 185 per adenoma iniziale.
Il reale vantaggio del programma di screening è dato dall’intercettazione dei tumori in stadio iniziale, in
quanto l’identificazione dei casi di malattia nella fase asintomatica permette un intervento precoce ed una
prognosi migliore con conseguente riduzione della mortalità nei soggetti con tumore del colon retto. Nonostante l’alta adesione al programma, si rileva che il 10,56% dei soggetti risultati positivi al test di screening
nel corso del 2014, non ha aderito all’approfondimento colonscopico proposto. Il mancato completamento
dell’iter diagnostico previsto non consente purtroppo di raggiungere il fine ultimo dello screening.
Nel corso del 2014 è stato avviato in ASL il progetto di monitoraggio dei cancri intervallo del programma di
screening del cancro del colon retto. Il progetto è stato condotto attraverso l’identificazione dei nominativi
di uomini e donne risultati negativi al test di primo livello (FOBT) effettuato nel 2007 e dei nominativi di
soggetti risultati negativi all’esame di secondo livello, colonscopia; quest’ultima eseguita seguito di FOBT
positivo eseguito nel 2007. Tali nominativi sono stati in una seconda fase incrociati con i dati dei flussi informativi correnti SDO e flussi di attività ambulatoriali 28/SAN per interventi chirurgici e prestazioni sanitarie
compatibili con la patologia ricercata.
I casi che, a seguito del linkage con gli archivi SDO, avevano ricoveri sospetti per carcinoma al colon retto
(CCR) avvenuti successivamente agli episodi di screening o in presenza di prestazioni di interesse relative ad
esami endoscopici con presenza di procedure operative quali ad es. biopsia, polipectomia, sono stati successivamente verificati attivamente anche presso l’U.O.C. di Anatomia Patologica dell’Ospedale di Lecco per
ricerca e conferma della diagnosi e per misurare con precisione la durata effettiva dell’intervallo. Il dato ottenuto relativo al numero di casi di cancri intervallo individuati è stato relazionato agli uffici regionali preposti
per le valutazioni del caso. Non è possibile effettuare una valutazione del dato ottenuto poiché attualmente
in letteratura mancano le indicazioni necessarie per l’adozione di “standard di riferimento” in merito al
rapporto prevalenza/incidenza (29).
Nel corso del 2014 sono stati pubblicati i dati relativi ad un lavoro scientifico condotto in collaborazione
con l’Azienda Ospedaliera di Lecco dal titolo “Improved 5-year survival of patients with immunochemical
faecal blood test-screen-detected colorectal cancer versus non-screening cancers in northern Italy” . Si tratta,
per quanto noto, del primo lavoro in Italia che dimostra una riduzione della mortalità specifica per cancro
colo-rettale (di circa il 22%) con l’introduzione dello screening mediante sangue occulto fecale immunochimico; pertanto, i nostri risultati potrebbero essere presi ad esempio, per dimostrare la bontà del programma
di screening lombardo.
34
Tale studio osservazionale, di tipo caso controllo, giunge alle conclusioni sopra descritte, basandosi sul confronto dei dati di mortalità di soggetti “screening detected”cioè con diagnosi tumorale effettuata in ambito
screening e che hanno aderito al primo round di screening, con soggetti, della stessa fascia di età, appartenenti a due gruppi controllo:
• pre screening , con diagnosi effettuata prima dell’avvio delle campagne di screening;
• syntomatic, con diagnosi effettuata fuori ambito screening in soggetti sintomatici nello stesso arco temporale dello screening.
2.2.4.3 Lo screening del cancro del collo
dell’utero
Nel corso del 2014 è stata avviata nell’ASL la chiamata attiva, proseguita anche nel 2015, rivolta alle donne
in fascia di età compresa tra i 25 e i 29 anni, attuata attraverso l’invio di una lettera di sensibilizzazione che
invita le donne ad effettuare il pap-test, nel caso in cui non lo avessero già effettuato nel triennio precedente.
Per le restanti fasce di età (30 e i 64 anni), pur in assenza di un programma di screening dei tumori della cervice uterina con chiamata attiva, viene comunque offerto l’esame “PAP TEST” gratuitamente ogni tre anni.
Nel nostro contesto provinciale è presente un unico centro di effettuazione degli esami citologici il Laboratorio di Anatomia Patologica presso l’Ospedale di Lecco, al quale affluiscono per l’esame citologico, oltre che
i PAP TEST effettuati dall’ Azienda Ospedaliera. anche quelli dei consultori dell’ASL, dei privati accreditati
e dei libero professionisti. Dal 2008 viene effettuata la campagna di vaccinazione delle giovani undicenni
contro l’HPV come già precedentemente descritto. Nel 2014, al fine di conoscere ed incrementare le percentuali di copertura della popolazione provinciale, sono proseguite le iniziative volte alla sensibilizzazione delle
strutture accreditate pubbliche e private che sono state coinvolte nel monitoraggio puntuale dei PAP TEST
erogati. Nel corso del 2015, a livello aziendale, in prosecuzione con quanto già attuato negli anni precedenti, sono state avviate apposite iniziative per individuare e sensibilizzare la popolazione femminile “fragile”,
che meno si sottopone al pap test, favorendo soprattutto l’accesso alla prestazione alle donne in fascia di
età compresa tra i 55-64 che risulta con minore copertura. In questo ambito è stata data la possibilità di
prenotare l’esame direttamente presso i consultori dell’ASL anche in occasione del ritiro delle provette dello
screening del colon retto. Sono state inoltre coinvolte nelle attività di sensibilizzazione anche associazioni di
volontariato presenti sul territorio, LILT, ANDOS che facilitano l’accesso alla prestazione dando informazioni durante le attività di call center dello screening mammografico.
35
3. Fattori di rischio e interventi
di prevenzione dei tumori nei lavoratori
3.1 I tumori professionali
Recentemente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) ha aggiornato l’elenco delle malattie
per le quali è obbligatoria la denuncia da parte di qualsiasi medico che ravvisi anche solamente una possibile
correlazione con uno o più fattori di rischio lavorativi. L’elenco aggiornato delle Malattie Professionali con
Decreto del 10 giugno 2014, è pubblicato ai sensi del Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Il Testo Unico dispone l’obbligatorietà di
tale denuncia per ogni medico che riconosca l’esistenza di una malattia con sospetta origine professionale.
L’elenco aggiornato, rispetto al precedente elenco del 2009 implementa il gruppo dei Tumori Professionali e
si ritiene utile evidenziare il nuovo riconoscimento tra le malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità, dei seguenti tumori, tra gli altri:
• tumore della vescica per esposizione ad ammine aromatiche;
• tumore della laringe e dell’ovaio per esposizione ad asbesto e altri minerali contenenti fibre di asbesto;
• leucemie per esposizione a benzene;
• tumore della mammella per esposizione a radiazioni ionizzanti;
• tumore del nasofaringe per esposizione a polveri di legno.
Facendo un passo indietro, risulta opportuno in questa sede fornire la definizione di malattia professionale. Si considera malattia professionale la malattia causata da una graduale, lenta e progressiva azione lesiva
sull’organismo del lavoratore, contratta nell’esercizio e a causa della lavorazione alla quale è adibito il lavoratore. Si definiscono professionali i tumori nella cui genesi ha agito, come causa o concausa, l’attività lavorativa, con esposizione a cancerogeni.
La diagnosi dei tumori professionali presenta diverse e peculiari criticità:
• lungo periodo di latenza tra esposizione e insorgenza della patologia: in genere decorrono tra i 20 e i 30
anni, quindi risulta difficile risalire alle condizioni di lavoro e alle sostanze con cui la persona è venuta a
contatto durante la vita lavorativa;
36
• difficoltà a identificare tutte le sostanze con le quali il lavoratore è venuto a contatto e a definire l’intensità
dell’esposizione;
• scarse conoscenze sulle esposizioni multiple e sulle interferenze fra le diverse sostanze;
• interazioni fra esposizioni professionali, abitudini di vita e suscettibilità individuale.
3.2 Gli obblighi del Medico:
denuncia/certificato/referto
Di fronte ad una presunzione/ipotesi di correlazione tra il tumore e determinate esposizioni ad agenti cancerogeni presenti a cui la persona è stata esposta in virtù della propria attività lavorativa, per la quale il medico
(qualsiasi medico) formuli diagnosi, certa o sospetta, di malattia professionale, esistono degli obblighi di
legge ai quali ogni medico deve adempiere, nella fattispecie il medico deve provvedere a redigere:
• il Certificato medico di malattia professionale ai sensi dell’art. 53 D.P.R. 1124/65 con finalità assicurativo/previdenziali;
• la Denuncia di malattia professionale ai sensi dell’art. 139 D.P.R. 1124/65 con finalità epidemiologiche e
preventive;
• il Referto di malattia professionale ai sensi dell’art. 365 C.P. con finalità di prevenire e contrastare la criminalità.
Il Certificato medico di malattia professionale può essere primo, continuativo o definitivo.
Il primo certificato medico di malattia professionale è un atto necessario che consente a INAIL di avviare l’istruttoria per l’erogazione delle prestazioni nei confronti dell’assicurato; deve essere rilasciato all’interessato,
cioè al lavoratore ammalato per causa lavorativa, esso ha finalità assicurativo/previdenziali.
Il certificato continuativo documenta il protrarsi dell’inabilità temporanea assoluta.
Il certificato definitivo attesta la possibilità dell’assistito di riprendere le proprie mansioni lavorative.
Ricevuto il certificato medico di malattia professionale, il datore di lavoro inoltra a INAIL il medesimo entro i
cinque giorni successivi. La modulistica prevista da INAIL, scaricabile dal sito web di INAIL al link: http://www.
inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/internet/documents/document/ucm_087308.pdf è in triplice copia:
37
1) copia per il lavoratore affetto da malattia professionale (completa di diagnosi);
2) copia per INAIL (completa di diagnosi);
3) copia per il datore di lavoro (priva di ogni riferimento alla diagnosi).
La denuncia di sospetta malattia professionale ha finalità epidemiologiche e preventive. Il Medico deve trasmettere la denuncia di sospetta malattia professionale (modulo scaricabile dal sito web di INAIL al link:
http://www.inail.it/internet_web/wcm/idc/groups/internet/documents/document/ucm_portstg_115170.pdf )
alla Direzione Territoriale del Lavoro, alla ASL competente per il territorio dove è situata l’azienda e alla sede
INAIL competente in base al domicilio dell’assicurato. La denuncia deve essere attivata dal medico anche
senza il consenso dell’assistito e anche se il lavoratore non è assicurato INAIL, in quanto essa non avvia l’iter
di riconoscimento della tutela.
Il referto di malattia professionale deve essere redatto dal Medico allo scopo di segnalare un episodio su cui
l’autorità giudiziaria deve indagare per ricercare eventuali responsabilità penali. L’art. 365 del C.P. prevede
che coloro che esercitano una professione sanitaria e che prestano la propria assistenza o opera in casi che
possano presentare i caratteri di un delitto per il quale si deve procedere d’ufficio, devono riferirne all’autorità giudiziaria. Secondo quanto disposto dall’articolo 590 del C.P., tutti i fatti che abbiano determinato una
malattia professionale con lesione grave o gravissima possono presentare il carattere di un delitto perseguibile
di ufficio. Una volta diagnosticata la malattia professionale il medico deve presentare una denuncia all’autorità giudiziaria. La Procura di Lecco ha individuato nel Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di
Lavoro della ASL (Servizio PSAL) il destinatario dei referti di malattia professionale, il Servizio PSAL assolve
alle funzioni di Polizia Giudiziaria.
Ai sensi degli artt. 582 e 583 del codice penale la lesione personale viene considerata grave se dal fatto deriva:
• una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un’incapacità di
attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni;
• se il fatto produce l’indebolimento permanente di un senso o di un organo.
La lesione personale viene considerata gravissima se dal fatto deriva:
• una malattia certamente o probabilmente insanabile;
• la perdita di un senso;
• la perdita di un arto o una mutilazione che renda l’arto inservibile, ovvero la perdita dell’uso di un organo
o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
• la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso.
38
3.3 Il Registro Locale dei Tumori Professionali
Le denunce di sospetta malattia professionale alimentano una specifica banca dati nazionale denominata
MAPROWEB contenente tutte le segnalazioni pervenute ai Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro delle ASL su tutto il territorio nazionale, che dispongono di gestionali locali denominati
MALPROF. La banca dati contiene oltre ai dati inerenti le denunce, i nessi di causa attribuiti dai Medici del
Lavoro assegnati ai Servizi di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro delle ASL. Assumendo i dati,
pertinenti la denuncia, valore epidemiologico e preventivo, i criteri di attribuzione dei nessi da parte delle
ASL godono di una elevata capacità di includere tutti i possibili casi correlati a la lavoro a discapito di una
bassa capacità di escludere quelli certamente non correlati all’attività lavorativa.
Regione Lombardia dal 2013 ha dotato le ASL di specifico applicativo denominato Ma.P.I. (Malattie Professionali e Infortuni) in sostituzione di MALPROF. L’applicativo consente alle ASL lombarde di ricevere
direttamente le denunce da parte dei Medici del Lavoro che operano nelle Unità Organizzative Ospedaliere
di Medicina del Lavoro (specificità lombarda), particolarmente coinvolte nella ricerca attiva dei tumori professionali. Tramite cooperazione applicativa Ma.P.I. trasferisce i dati a MAPROWEB nazionale.
Le denunce di tumore professionale
pervenute all’ ASL
nel biennio 20132014 rappresentano il 6% del totale
(301) delle denunce di malattia professionale pervenute e caricate in
Ma.P.I., come rappresentato in Figura 3.3.1.
Figura 3.3.1: Distribuzione % delle denunce di sospetta malattia professionale per gruppo
di patologia pervenute alla ASL di Lecco nel biennio 2013-2014.
39
Nello specifico le 21 denunce di tumore professionale, 15 casi di sesso maschile e 6 casi di sesso femminile,
risultano essere così ripartite:
• 15 casi di mesotelioma pleurico;
• 3 casi di tumori naso sinusali;
• 1 caso di tumore polmonare in lavoratore addetto a fabbricazione di mobili;
• 1 caso di tumore vescicale in lavoratore addetto a trasporti autocarri;
• 1 caso di leucemia mieloide cronica in lavoratore addetto alla fabbricazione di altri prodotti di carpenteria
in legno e falegnameria per l’edilizia.
A tutti i casi di mesotelioma pleurico è stato attribuito un nesso epidemiologico di correlazione con l’attività
lavorativa di elevata probabilità, le attività lavorative dei casi accertati ricomprendono:
• imballaggio e confezionamento di generi non alimentari;
• fabbricazione di molle;
• costruzione di materiale rotabile ferroviario, tranviario, filoviario per metropolitane e per miniere;
• produzione di ghisa;
• tessitura;
• fabbricazione di macchine per l’agricoltura, la silvicoltura e la zootecnica;
• lavorazioni siderurgiche.
A due casi di tumore naso sinusale è stato attribuito un nesso epidemiologico di correlazione con l’attività
lavorativa di elevata probabilità, per un caso è stato definito un nesso epidemiologico improbabile. I casi
riconosciuti come professionali sono relativi a lavoratori addetti alla produzione di mobili, esposti a polveri
di legno duro; il caso non riconosciuto è di lavoratore impiegato nel settore delle costruzioni.
Ai tre casi di tumore a bassa frazione eziologica è stato attribuito un nesso epidemiologico di correlazione
con il lavoro di elevata probabilità.
40
3.4 Protezione da agenti cancerogeni
e mutageni: obblighi per le aziende
Il Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, oltre ad essere destinatario delle denunce e dei
referti di sospetto tumore professionale, è l’Ente, insieme ad INAIL, destinatario dei Registri dei lavoratori
esposti ad agenti cancerogeni e mutageni che i Datori di Lavoro devono istituire, per il tramite del Medico
Competente aziendale.
Le prescrizioni che le aziende devono applicare, ai fini della protezione dei lavoratori da agenti cancerogeni
e/o mutageni sono stabilite dal D. Lgs 81/08. L’obbiettivo principale delle prescrizioni normative è quello di
raggiungere misure di prevenzione tali da soddisfare quanto più possibile il principio di elusione dell’esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni e mutageni durante l’attività lavorativa.
Indipendentemente dall’evidenza della sua cancerogenicità, una sostanza cancerogena è più o meno potente
quanto è maggiore la probabilità che un certo livello di esposizione possa provocare il cancro.
È ancora controversa l’opinione in base alla quale si può ritenere che esista, per le sostanze cancerogene, un
livello di soglia al di sotto del quale il rischio di contrarre il tumore sia nullo. Esistono dei modelli matematici
che descrivono la relazione dose-risposta per queste sostanze. Tramite questi modelli, è possibile calcolare,
estrapolando alle basse dosi, il livello al di sotto del quale il rischio è pari a zero.
Tuttavia, il modo di agire di molte sostanze cancerogene è difficilmente classificabile in modelli comportamentali netti; la risposta individuale a tali sostanze è molto variabile e adottare un modello matematico al posto di un altro, alle basse dosi, può portare a notevoli differenze nella stima della soglia di rischio. Nonostante
vi siano dei dubbi sulla loro efficacia, alcune liste hanno adottato valori limite per le sostanze cancerogene.
I sistemi di classificazione sono basati sulla evidenza di cancerogenicità o di mutagenicità e non sulla “potenza” o il “meccanismo di azione” né il “rischio associato all’esposizione”. In altri termini si tratta di valutazioni
essenzialmente di tipo qualitativo delle “proprietà intrinseche” delle sostanze.
La classificazione proposta dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro – IARC (International Agency for Research on Cancer) è forse la più autorevole ed è stata adottata dalla Commissione Consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni e dell’igiene del lavoro, presso il Ministero del Lavoro (Tabella 3.4.1).
Inoltre, esiste un elenco, periodicamente aggiornato, di processi o lavori che espongono ad agenti cancerogeni (Tabella 3.4.2).
41
Cancerogeno accertato per l’uomo: vi è sufficiente evidenza di cancerogenicità nell’uomo in
studi epidemiologici adeguati.
Gruppo
1
Gruppo
2
2A
Probabile cancerogeno per l’uomo, sulla base di evidenza limitata nell’uomo ed evidenza
sufficiente negli animali da esperimento.
2B
Sospetti cancerogeni per l’uomo, sulla base di evidenza limitata nell’uomo e evidenza non del
tutto sufficiente negli animali da esperimento oppure di evidenza sufficiente negli animali ed
evidenza inadeguata nell’uomo.
Gruppo
3
Non classificati per cancerogenicità sull’uomo (tutto ciò che non rientra nei gruppi precedenti,
viene posto in questo gruppo).
Gruppo
4
Probabilmente non cancerogeno per l’uomo sulla base di evidenze che indicano l’assenza di
cancerogenicità nell’uomo e negli animali da esperimento e, in alcuni casi, sulla base di evidenze
inadeguate o in assenza di dati sull’uomo, ma assenza di cancerogenicità negli animali da
esperimento in presenza di un ampio numero di dati sperimentali.
Sopra - Tabella
3.4.1: Classificazione di cancerogenicità secondo IARC.
p
Lavorazione
42
g
p
ff
Agenti
Idrocarburi aromatici
policiclici
Bitume
Catrame
Classificazione IARC
2°-2B
Amianto
1
Silice
Idrocarburi aromatici
policiclici
1
2°-2B
Pleure, polmoni, tratto
gastro intestinale
Polmone
Cute, polmone
Erogazione, deposito,
trasporto carburanti
Benzene
Benzina
1
2B
Leucemie
Leucemie, altre sedi
Estrazione e
lavorazione marmi,
porfido, lapidei in
genere
Silice
1
Polmone
Idrocarburi aromatici
policiclici
Cromati VI
2°-2B
Cute, polmoni
Fusione ferro-acciaio
1
polmone
Asfaltatura
Edilizia
A lato - Tabella
3.4.2: Esempi di
agenti cancerogeni
presenti in alcune
diffuse lavorazioni.
g
2B-3
1
Sedi o tipi di tumore
Polmoni, vie respiratorie
Cute
Cute, polmoni
Il D. Lgs 81/08 prescrive che il datore di lavoro eviti o riduca l’utilizzazione di un agente cancerogeno o
mutageno sul luogo di lavoro in particolare sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un
preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene utilizzato non risulti nocivo o risulti essere
meno nocivo per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Nel caso in cui la sostituzione non sia tecnicamente possibile il datore di lavoro deve provvedere affinché
la produzione o l’utilizzazione dell’agente cancerogeno o mutageno avvenga in un sistema chiuso, purché
tecnicamente possibile.
Nel caso in cui il ricorso ad un sistema chiuso non sia tecnicamente possibile il datore di lavoro deve provvedere affinché il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso valore tecnicamente possibile.
L’esposizione non deve comunque superare il valore limite dell’agente, come stabilito nell’allegato XLIII al
medesimo Decreto.
43
3.5 Il Registro Locale dei lavoratori
esposti a cancerogeni
I dati derivati dalla trasmissione dei registri di esposizione all’ASL da parte delle aziende del territorio sono
archiviati in apposito database in formato excel che prende il nome di Registro Locale degli esposti. Di seguito viene data descrizione dei dati ivi contenuti al 31 dicembre 2014.
g
g
LAVORAZIONI
Fabbricazione e trattamento dei metalli
Fabbricazione di prodotti farmaceutici di base
arsenico triossido, cristal violetto, epicloridrina, fucsina,
idrazina solfato, tioacetammide
Fabbricazione e trattamento articoli in legno
polveri del legno
Fabbricazione materie plastiche
cloruro di vinile monomero
Attività di ricerca
5 bromo 2 deoxyuridine R46, acrilamide, cloramfenicolo,
ethidium bromide molecolar biology R46, formaldeide,
propidium iodide R46, trypan blu soluzione
Commercio di carburante per autotrazione
benzene
Fabbricazione della carta
radiazioni ionizzanti
Sviluppo e stampa materiale fotografico
idrochinone
Tabella 3.5.1: Lavorazioni, agenti cancerogeni
44
AGENTI CANCEROGENI
acido cromico, cloroformio, cobalto nitrato, formaldeide,
cromo VI, nichel carbonato in pasta, nichel cloruro, nichel
solfamato, nichel solfato, ossido di nichel, potassio bicromato,
rosso congo, solfato di cobalto, trielina, olii minerali,
passivazione gialla ebene tropical B1, solventi, sodio bicromato,
benzene, fumi di saldatura
In Figura 3.5.2 è rappresentata la distribuzione di frequenza dei lavoratori esposti nel 2014 per settore produttivo, classificato secondo la codifica ATECO 2007.
Si ritiene che vi sia una sottonotifica dei lavoratori
esposti ad agenti cancerogeni, tanto a livello locale
quanto a livello regionale. Proprio la ASL di Lecco
ha avanzato l’istanza di affrontare la criticità all’interno del Laboratorio di Approfondimento istituito presso la Direzione Generale Salute di Regione
Lombardia, nel corso dei lavori del 2015.
Figura 3.5.2: Percentuale di lavoratori esposti ad
agenti cancerogeni nel 2014 per settore di impiego.
3.6 La gestione del rischio amianto
Nell’ambito della prevenzione sanitaria sono da considerarsi prioritarie le attività relative alla gestione del
“rischio amianto”, che come noto riguardano sia i lavoratori professionalmente esposti, oggi riconducibili
agli addetti alle attività di bonifica, che la popolazione generale.
Proprio rispetto alla esposizione della popolazione generale, è in atto nel Dipartimento di Prevenzione Medica un processo di progressiva acquisizione di conoscenze tecniche e metodologiche da parte del Servizio di
Igiene e Sanità Pubblica, allo scopo di garantire interventi integrati sui siti contaminati, nonché nei cantieri
di bonifica dove può realizzarsi una esposizione indebita per la popolazione generale.
Come già più volte considerato, per quanto riguarda gli effetti patologici della esposizione ad amianto la
latenza è pluridecennale, e pertanto ogni possibile stima sul guadagno di salute prodotto dalle iniziative di
prevenzione di questo rischio non può che essere fondata sull’indicatore indiretto dei quantitativi di amianto
bonificati.
45
I dati indicano buoni risultatati soprattutto per quanto attiene alla promozione delle iniziative di bonifica,
in quanto dall’inizio dell’attuazione del PRAL (Piano Regionale Amianto Lombardia) il numero di “Piani di
Lavoro” valutati è progressivamente aumentato, e nel 2014 sono stati valutati 944 piani di lavoro/notifiche,
relativi alla rimozione sia di amianto in matrice friabile da coibentazioni, guarnizioni ecc. che di coperture in
cemento-amianto per circa 269.315 mq.
Nelle figure 3.8.1 e 3.8.2 è illustrato l’andamento nel tempo del numero piani di
lavoro presentati in provincia di Lecco, e
dei mq di copertura rimossi.
Rispetto al 2013 anno in cui era previsto
un termine per la notifica dei siti con presenza di materiali contenente amianto, si
registra un riduzione del 20% circa nel
numero di Piani di Lavoro valutati, e del
14,6% nel numero di mq complessivamente rimossi, a riprova che l’attitudine
alla bonifica che inizialmente interessava
prevalentemente le imprese e quindi le
coperture di grande estensione sta progressivamente interessando anche i singoli cittadini e pertanto le piccole superfici.
Si può comunque rilevare che nell’ultimo
quinquennio una media di circa 300.000
mq/anno di superficie rimossa, pari a
quasi 900 mq/1000 abitanti.
Si rammenta che la stima riportata in letteratura sull’entità media di rilascio in atmosfera di fibre di amianto dalle coperture in
cemento amianto è di 3g/mq/anno, e pertanto il quantitativo bonificato nel 2014
darebbe nell’anno un “risparmio” del valore di 807 Kg di fibra di amianto rilasciata
nell’atmosfera della provincia di Lecco.
46
Figura 3.6.1: Numero Piani di Lavoro pervenuti al Servizio PSAL
negli anni 2006-2014.
Figura 3.6.2: Numero mq smaltiti in provincia di Lecco negli
anni 2006-2014.
3.7 Comunicazioni dei Medici Competenti
aziendali dei dati di Sorveglianza Sanitaria
Dal 2014 è a regime il sistema nazionale di visualizzazione da parte delle ASL dei dati comunicati dai Medici
Competenti relativamente alla sorveglianza sanitaria condotta nell’anno precedente l’anno della comunicazione.
Il D. Lgs 81/08 all’articolo 40 definisce i rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale
disponendo che entro il primo trimestre dell’anno successivo all’anno di riferimento il medico competente
trasmetta, esclusivamente per via telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni, elaborate
evidenziando le differenze di genere, relative ai dati collettivi aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori,
sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo specifico modello allegato al D. Lgs. (Allegato 3B).
I dati sono caricati dal medico competente su portale INAIL e visualizzabili mediante accesso profilato su
web dai Medici assegnati ai Servizi PSAL delle ASL.
Le comunicazioni consentono al Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro (PSAL) di verificare
in modo puntuale il profilo di rischio nelle singole aziende, tali dati (la cui disponibilità è solo a partire dal
2014), sebbene ancora qualitativamente carenti, possono costituire una base di lavoro utile con i Medici
Competenti del territorio anche al fine di graduare il rischio per la programmazione di interventi di vigilanza
mirata sul territorio.
47
3.8 Il collocamento lavorativo della
persona con patologia tumorale in atto
Il terzo settore ha avanzato richiesta al Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro di contribuire alla
realizzazione di un opuscolo informativo destinato ai cittadini con patologia tumorale in atto. L’istanza è stata ricondotta al Comitato Provinciale che ha agito coinvolgendo il Dipartimento Ospedaliero di Prevenzione
Oncologica dell’Azienda Ospedaliera della provincia di Lecco al fine di valutare le esigenze di collocamento
lavorativo dei lavoratori con patologia tumorale in atto.
La collaborazione è esitata nella formulazione delle seguenti indicazioni per i lavoratori.
Indipendentemente dalla domanda di Invalidità Civile il soggetto con malattia tumorale, che rientri nella
definizione di lavoratore ai sensi del D. Lgs 81/08 e quindi sottoposto a sorveglianza sanitaria da parte del
Medico Competente aziendale, può richiedere di essere sottoposto a visita straordinaria per la valutazione
della propria idoneità a mansione specifica.
Il Lavoratore indirizza la richiesta al Datore di Lavoro, che la inoltra al Medico Competente aziendale il
quale ne valuta l’appropriatezza. Il Medico Competente aziendale, accolta la richiesta di visita straordinaria
da parte del lavoratore, lo sottopone a visita e sulla base degli esiti e dei rilievi specialistici presentati dall’interessato esprime il giudizio di idoneità specifica a mansione. Il giudizio può articolarsi in:
• idoneità;
• idoneità parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni o limitazioni;
• inidoneità temporanea;
• inidoneità permanente.
Quando si superano i 60 giorni consecutivi di assenza dal lavoro per malattia, il Datore di Lavoro, nei casi
in cui il lavoratore sia sottoposto a sorveglianza sanitaria, prima di adibire il soggetto agli ordinari compiti
lavorativi deve richiedere al Medico Competente una specifica visita per l’espressione del giudizio di idoneità
specifica.
Avverso il giudizio del Medico Competente il lavoratore può sempre ricorrere entro 30 giorni dal ricevimento del giudizio espresso dal Medico Competente, inviando specifica richiesta all’Organo di Vigilanza
(ASL - Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro) dove ha sede la ditta.
48
La Commissione Medica esaminatrice, potrà confermare, modificare o revocare il giudizio formulato dal
Medico Competente.
Nel caso di soggetto non esposto a rischi lavorativi specifici, e quindi non sottoposto a sorveglianza sanitaria,
il Datore di Lavoro può richiedere l’accertamento dell’idoneità generica al lavoro ai sensi dell’art. 5 Legge
300/70 (Statuto dei Lavoratori) “Il datore di lavoro ha facoltà di far controllare la idoneità fisica del lavoratore da parte di enti pubblici ed istituti specializzati di diritto pubblico”.
Nel caso in cui il lavoratore con patologia (compresa quella neoplastica) avanzi richiesta di Invalidità Civile
alla ASL di residenza, con valutazione ai sensi dell’art. 10 della Legge 68/99, verrà esaminato da una Commissione Medica per l’accertamento di Invalidità Civile, comprendente un Medico del Lavoro, che valuterà
in quale misura la capacità lavorativa viene compromessa dalla patologia in atto.
La scheda lavorativa compilata dal Medico del Lavoro durante la commissione si basa esclusivamente sullo
stato di salute accertato al momento della valutazione stessa e fornisce indicazioni di base sulle funzioni più
compromesse e sui profili di rischio/mansioni a cui il soggetto non deve essere esposto. Queste informazioni
sono essenziali per orientare la persona responsabile del collocamento e/o reinserimento lavorativo del soggetto.
Il grado di Invalidità raggiunto consente o meno di usufruire dei benefici della Legge 68/99:
• Invalidità>=46% consente l’iscrizione alle Liste Provinciali del Collocamento Obbligatorio;
• Invalidità>=60% consente al lavoratore dipendente di essere incluso nel novero dei soggetti in “quota
invalidi”.
Nota Bene: l’obbligo di assumere soggetti con Invalidità Civile riguarda solo aziende/enti con oltre i 15
dipendenti.
Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell’organizzazione del lavoro, anche al Datore di Lavoro è data facoltà di chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del
lavoratore, già inserito in organico aziendale mediante le liste di collocamento obbligatorio della Provincia,
per verificare se possa continuare ad essere utilizzato presso l’azienda. Si precisa che il Datore di Lavoro non
può chiedere al lavoratore, in quota invalidi, una prestazione che non sia compatibile con le sue limitazioni
funzionali ovvero menomazioni.
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Appendice - Le prestazioni assistenziali
I. Invalidità Civile
Lo Stato assiste i pazienti oncologici attraverso il riconoscimento dell’invalidità civile a prescindere da qualsiasi requisito assicurativo e previdenziale. Valutate le esigenze delle persone malate di tumore, è stato introdotto un iter per velocizzare il riconoscimento di invalidità per potere permettere al cittadino una tutela
immediata nel suo percorso di malattia.
Infatti l’art. 6 della legge n. 80/2006 stabilisce che l’accertamento dell’invalidità civile per soggetti affetti
da patologia oncologica deve essere effettuato dalle Commissioni Mediche entro 15 giorni dalla domanda
dell’interessato.
Il diritto di chiamata a visita entro 15 giorni è limitato ai soggetti affetti da patologia neoplastica in atto,
con necessità di trattamento chemioterapico o radioterapico, in caso di recidive o se in presenza di metastasi.
La richiesta di accertamento dell’invalidità civile si articola in due fasi:
• la compilazione telematica del certificato medico a cura del Medico di Medicina Generale o dello specialista oncologo,
• la compilazione telematica della parte amministrativa a cura dell’interessato o con l’aiuto di un patronato
sindacale o di una associazione di categoria dei disabilii.
Per chi desidera inoltrare in autonomia la domanda di Invalidità Civile si segnala che è stata realizzata un’
applicazione (Invalidità civile 2010 - InvCiv 2010) disponibile sul sito internet dell’istituto (www.inps.it)
ed accessibile solo agli utenti muniti di Pin, che potrà essere richiesto presso gli sportelli INPS oppure
chiamando il Contact Center Inps (803164) o direttamente sul sito Inps nella sezione dei Servizi online
(inserendo i dati richiesti saranno visualizzati i primi otto caratteri del PIN; la seconda parte del codice sarà
successivamente recapitata alla posta ordinaria).
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II. La visita di accertamento e gli esiti
A decorrere dal 1 gennaio 2010 l’INPS è divenuto l’ente che riceve le domande di invalidità civile, di legge
104/92 e di legge 68/99 sul collocamento lavorativo e che decide l’esito delle stesse.
L’ASL, che riceve le domande dall’INPS, ha il compito di svolgere gli accertamenti convocando a visita i
richiedenti, acquisendo da loro la relativa documentazione sanitaria e redigendo un verbale con la proposta
di valutazione. Terminato l’accertamento il fascicolo viene trasmesso entro 7 giorni all’INPS, che con il suo
personale medico potrà confermare o modificare il giudizio della Commissione ASL, eventualmente anche
effettuando direttamente un nuovo accertamento presso l’INPS. L’esito di tali accertamenti sarà comunicato
entro 60 giorni all’interessato da parte dell’INPS, che provvederà anche ad erogare i benefici economici di
cui avrà eventualmente diritto.
A seguito dell’accertamento verrà quindi inviata al paziente la seguente documentazione:
• Verbale di invalidità: contiene il giudizio definitivo relativamente all’ accertamento richiesto.
• Verbale Legge 104/92: con riconoscimento dello stato di handicap.
• Relazione con diagnosi funzionale delle capacità lavorative (se richiesta).
In applicazione della legge 80/2006 relativa all’iter accelerato è possibile rilasciare all’interessato, al termine
della visita, un provvedimento provvisorio della legge 104/92 immediatamente utilizzabile per ottenere permessi lavorativi per sé o per un familiare.
DISTRETTO
LECCO
MERATE
BELLANO
TOTALE
2012
482
298
166
946
ANNO
2013
460
306
185
951
2014
463
332
169
964
Tabella 4.2.1: Persone che hanno presentato domanda di invalidità civile ai sensi della legge 80/06.
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III. I benefici economici
Le provvidenze economiche sono le seguenti:
• Indennità mensile di frequenza (Legge 289/90): Minore con difficoltà a svolgere i compiti della propria
età da 0 a 18 anni con reddito non superiore a 4.805.19 (2015) frequentante scuola pubblica o privata.
È concessa solo per periodi effettivi di frequenza, incompatibile con indennità di accompagnamento e
ricovero ospedaliero.
• Assegno mensile di assistenza (Legge 118/71 art: 13): Invalido civile con riduzione della capacità lavorativa dal 74 al 99 %, con età dai 18 ai 65 anni e reddito non superiore a 4.805.19 (2015). È incompatibile
con altre pensioni di invalidità (Inps) e rendita Inail.
• Pensione di invalidità ( Legge 118/71 art. 12): Invalido civile con totale e permanente inabilità lavorativa
al 100%, con età dai 18 ai 65 anni e reddito non superiore a 16.532.10 (2015).
IV. Il diritto all’indennità di
accompagnamento durante la chemioterapia
Alcune sentenze della Corte di Cassazione (C. Cass. n. 102/2004), hanno stabilito per le persone malate
di cancro che seguono un trattamento chemioterapico o radioterapico, di ottenere l’indennità di accompagnamento, (legge 18/80), anche se per un breve periodo. Infatti, secondo la Corte, nessuna norma vieta il
riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento anche per periodi brevi.
Il diritto all’accompagnamento deriva comunque dalla sussistenza dei requisiti previsti dalla legge: impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o necessità di assistenza continua nel
compimento degli atti quotidiani della vita. Ciò, alla luce delle sentenze della Cassazione, può anche sussistere per periodi molto brevi (limitati alle cure oncologiche).
La presentazione della domanda di accertamento dell’invalidità e dello stato di handicap prevede sempre la
valutazione contestuale anche per il diritto alla eventuale concessione dell’indennità di accompagnamento.
L’erogazione dell’assegno di indennità di accompagnamento, che è di competenza dell’Inps, ha inizio dal
mese successivo alla presentazione della domanda. L’importo non è vincolato da limiti di reddito e non è
reversibile. L’erogazione viene però sospesa in caso di ricovero in struttura pubblica.
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V. Il pensionamento anticipato
I lavoratori a cui sia stata riconosciuta una invalidità civile superiore al 74%, hanno diritto, a loro richiesta,
per ogni anno di servizio, al beneficio di due mesi di contribuzione figurativa utili ai soli fini del diritto alla
pensione e dell’anzianità contributiva per ogni anno di lavoro effettivamente prestato come invalido (D.G.L.
388/2000 art. 80 comma 3). Tale beneficio è riconosciuto fino al limite massimo di 5 anni di contribuzione
figurativa utile al fine della maturazione degli anni di servizio per il diritto alla pensione, dell’anzianità contributiva e dell’ammontare del trattamento pensionistico.
VI. Le prestazioni previdenziali
Assegno ordinario di invalidità
È una prestazione economica, erogata a domanda, che spetta ai lavoratori la cui capacità lavorativa è ridotta
a meno di un terzo a causa di infermità (Legge 222/1984). Spetta ai lavoratori dipendenti e autonomi che
sono titolari di un conto assicurativo presso l’INPS.
L’assegno ordinario di invalidità ha validità triennale e può essere confermato altre 2 volte per ulteriori tre
anni, su domanda dell’interessato nei sei mesi che precedono la data di scadenza. Diventa definitivo dopo il
terzo riconoscimento.
Pensione di inabilità
Ai sensi della L. 222/1984, il lavoratore dipendente o autonomo ha diritto alla pensione di inabilità, se in
possesso dei seguenti requisiti:
• paziente affetto da infermità fisica o mentale tale da provocare l’assoluta e permanente impossibilità di
svolgere alcuna attività lavorativa;
• sia iscritto all’INPS da almeno 5 anni;
• abbia un’anzianità contributiva di almeno 5 anni, anche non continuativi (260 contributi settimanali), di
cui almeno 3 anni (156 settimane) versati nel quinquennio precedente la domanda di pensione.
La domanda va presentata presso una sede INPS sull’apposito modulo, allegando i certificati anagrafici e
il certificato medico che attesti la presenza di infermità tale da compromettere lo svolgimento di qualsiasi
attività lavorativa.
Le pensione di inabilità è incompatibile con lo svolgimento di attività lavorativa ed è reversibile ai superstiti.
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VII. La tutela in campo lavorativo
Malattia e comporto
Per le patologie oncologiche non esiste una normativa particolare che regolamenti le assenze da malattia.
Tuttavia l’INPS, con Circolare n. 136/2003, individua alcune situazioni che possono ricorrere anche nella
malattia oncologica.
Cicli di cura ricorrenti. Nell’ipotesi in cui il lavoratore, a causa delle patologie a suo carico, debba sottoporsi
periodicamente a terapie ambulatoriali di natura specialistica che determinano incapacità al lavoro, ai vari
periodi della terapia si applicano i criteri della ricaduta di malattia se sul certificato viene barrata l’apposita
casella e il trattamento viene eseguito entro 30 giorni dalla precedente assenza. È sufficiente una certificazione medica in cui viene attestata la necessità dei trattamenti che determinano incapacità e che siano classificati
uno ricaduta dell’altro.
Dimissioni protette. È previsto che il soggetto si rapporti alla struttura ospedaliera solo nei giorni in cui è
stato programmato il ricovero per un’eventuale indagine clinica. I periodi intermedi tra i vari appuntamenti
non sono equiparabili al ricovero. Per l’indennizzo dei periodi intermedi occorre che nella certificazione del
medico curante risulti che il lavoratore sia temporaneamente incapace al lavoro a causa della propria patologia.
Day Hospital. I giorni di ricovero in questa tipologia sono equiparati a giornate di ricovero vero e proprio.
Vengono applicati gli stessi requisiti certificativi e gli stessi criteri per l’indennizzabilità, compresa la riduzione dell’indennità ai 2/3 della misura intera.
Contrattazione e prolungamento del periodo di comporto. La contrattazione collettiva stabilisce il limite
della conservazione del posto di lavoro in caso di malattia e in parecchi casi amplia la tutela del lavoratore in
relazione a forme patologiche particolari, differenti nei diversi contratti. Nei contratti del settore pubblico,
e in alcuni del settore privato (es: contratto collettivo del credito) è previsto un prolungamento di comporto
in caso di patologie di natura oncologica o di particolare gravità (Dichiarazione di grave patologia). Altri benefici riguardano i pazienti sottoposti a terapie salvavita (chirurgia, radioterapia, chemioterapia), per i quali i
giorni di ricovero o trattamento day hospital e i giorni di assenza per sottoporsi alle terapie di cui sopra sono
esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia e sono retribuiti interamente.
54
Congedo retribuito per cure connesse alla patologia
Il tema legato al congedo di 30 giorni è, a tutt’oggi, controverso nella giurisprudenza giuslavoristica, anche se
in base ad alcune leggi, sentenze e circolari del ministero del lavoro, si è giunti ad una parziale stabilizzazione
della materia. Gli invalidi civili cui sia stata riconosciuta una invalidità superiore al 50%, hanno diritto a 30
giorni l’anno (anche non continuativi) di congedo per cure legate al loro stato di invalidità.
Il diritto nasce dal combinato disposto dell’art. 26 della legge 118/71: ai lavoratori mutilati ed invalidi civili
cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa inferiore ai 2/3, può essere concesso ogni
anno un congedo straordinario per cure non superiore a 30 giorni, su loro richiesta e previa autorizzazione
del medico provinciale e dall’art 10 del Dlgs 23/11/1988 n. 509: il congedo per cure può essere concesso ai
lavoratori mutilati ed invalidi ai quali sia stata riconosciuta una riduzione della attitudine lavorativa superiore al 50%, sempreché le cure siano connesse alla infermità invalidante riconosciuta”.
Questo congedo è inoltre riconducibile all’assenza per malattia ai sensi dell’art. 2110 del codice civile. Non
è però computabile al normale periodo di mutua prevista dai contratti collettivi, in quanto questo è un periodo “ulteriore” previsto in presenza delle succitate indicazioni. Infatti secondo la sentenza Cass. Sez. Lav.
3500/84, i 30 giorni devono essere di calendario anche se non necessariamente consecutivi e non priva il
lavoratore del diritto alla retribuzione da corrispondersi secondo la contrattazione collettiva o, in difetto, alla
stregua di tale ultima norma.
Secondo il Ministero del Lavoro (17/01/2005) i requisiti per il diritto e la procedura per ottenerlo sono elencati nel predetto art. 26: richiesta del lavoratore, autorizzazione del medico provinciale (ASL territorialmente
competente), richiesta di congedo al datore di lavoro nelle forme previste dalla contrattazione collettiva o,
si può ritenere, in mancanza di indicazioni sul punto, mediante forme analoghe a quelle previste per il godimento di congedi giustificati dalla presenza di uno stato che renda impossibile la prestazione di lavoro”.
Alla luce della complessità della materia di cui sopra, si possono riassumere questi punti precisi:
• il congedo di 30 giorni, anche non continuativi, per cure diverse è retribuito;
• il periodo di congedo straordinario per cure diverse non è computabile, in quanto ulteriore, nel periodo
di comporto per malattia individuato dal CCNL;
• la domanda di congedo per cure va rivolta al proprio datore di lavoro previa autorizzazione del medico
della ASL di residenza, il quale deve certificare che le cure sono collegate all’infermità invalidante ed effettuate per effettive esigenze terapeutiche e riabilitative.
In ogni caso, per la maggior sicurezza del lavoratore, vista la complessità della materia, consigliamo di verificare quanto specificamente previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di categoria a cui appartiene,
avvalendosi dell’assistenza di un ente di patronato.
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Trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno
a tempo parziale
Recentemente, anche nel nostro Paese, è stato introdotto per via normativa il diritto alla trasformazione del
rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale per i lavoratori affetti da patologie oncologiche (art.46,
lett. T, Dlgs n. 276/2003) che siano in grado di lavorare, ma che preferiscano comunque ridurre l’orario di
lavoro mantenendo il proprio posto per la durata dei trattamenti salvavita (radioterapia e chemioterapia).
La ridotta capacità dei lavoratori affetti da patologie oncologiche deve essere accertata dalla Commissione
Medica ASL territorialmente competente.
Il part time richiesto può essere sia verticale che orizzontale.
Successivamente, quando il lavoratore si trova in condizione di ricominciare a lavorare a tempo pieno, ha il
diritto di chiedere che il suo rapporto di lavoro torni ad essere nella sua forma originale.
Il diritto al lavoro
Per i malati oncologici l’accertamento dell’invalidità civile è utile anche ai fini di una futura assunzione.
Infatti a seguito dell’approvazione della L. n. 68/1999 sul collocamento dei disabili, le imprese e gli enti
pubblici hanno l’obbligo di assumere i soggetti con invalidità superiore al 46% iscritti alle liste speciali di
collocamento obbligatorio, in numero proporzionale rispetto alle dimensioni dell’azienda o ente. Il malato
in tale condizione dove presentare la domanda di iscrizione presso il Servizio collocamento Disabili (Centro
per l’impiego) della provincia di residenza allegando copia del verbale di invalidità.
Se al malato oncologico è stata riconosciuta una invalidità superiore al 67%, egli avrà diritto, nel caso di
assunzione per concorso in ente pubblico, alla priorità nella scelta della sede più vicina al suo domicilio.
Se invece al malato oncologico è stato riconosciuto lo stato di handicap in situazione di gravità, a prescindere
dal settore privato o pubblico, lo stesso ha il diritto di chiedere il trasferimento nella sede più vicina al suo
domicilio e non potrà essere trasferito senza il suo consenso.
È anche previsto infine, che nel caso in cui il lavoratore sia divenuto inabile alla mansione successivamente
all’assunzione, possa richiedere al datore di lavoro di essere adibito ad una mansione compatibile con il suo
stato di salute (DLGS n. 626/1994): è comunque importante verificare quanto previsto dalla contrattazione
collettiva (sempre più spesso per i malati oncologici viene prevista l’assegnazione a mansioni compatibili con
la momentanea riduzione della capacità lavorativa per il periodo delle terapie salvavita).
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Permessi e congedi lavorativi per i malati oncologici
e i loro familiari
La legge n. 104/1992 stabilisce per tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati, che una volta ottenuto
l’accertamento dello stato di handicap in situazione di gravità (art.3 comma 3), il malato oncologico potrà
usufruire di permessi lavorativi retribuiti per curarsi; questa disposizione prevede la stessa possibilità anche
per il familiare che assiste il lavoratore.
Secondo l’art 33 della suddetta legge, i limiti previsti per i permessi di cui sopra sono i seguenti:
• per il lavoratore con disabilità: a scelta 3 giorni mensili (o 6 mezze giornate) oppure 2 ore di permesso
retribuito al giorno secondo un orario di fruizione da concordare con il datore di lavoro;
• per il familiare: 3 giorni mensili o 6 mezze giornate oppure 2 ore al giorno ( Messaggio INPS n° 15995
del 2007).
L’articolo 24 della Legge 4/11/2010 n. 183 ha ridefinito la platea degli aventi diritto, modificando l’art.33
della Legge 104/92. Attualmente, secondo la vigente disposizione, in assenza di ricovero della persona con
handicap grave da assistere, possono godere dei tre giorni di permesso mensile retribuiti e coperti da contributi:
• il genitore;
• il coniuge;
• il parente o l’affine entro il secondo grado (es. nonni, nipoti in quanto figli del figlio, fratello).
Congedo biennale retribuito
Il familiare del malato portatore di handicap in situazione di gravità ha diritto ad un periodo di congedo
straordinario retribuito, continuativo o frazionato, fino ad un massimo di due anni (Legge 538/2000 - Sentenza C.C. n° 19 del 26/1/2009).
Il congedo deve essere concesso entro 60 giorni dalla presentazione della domanda da parte dell’interessato.
Durante tale periodo spetta una indennità economica pari alla retribuzione percepita nell’ultimo mese di
lavoro che precede il congedo; il periodo è inoltre coperto da contribuzione figurativa. In tale periodo non
si maturano ferie, tredicesima mensilità né trattamento di fine rapporto.
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Hanno titolo a fruire del congedo i lavoratori dipendenti secondo il seguente ordine di priorità:
• coniuge convivente con la persona gravemente disabile;
• genitori (naturali, adottivi, affidatari) del portatore di handicap grave anche non conviventi, nel caso di
mancanza o decesso ( o altre cause impeditive) del coniuge;
• fratello o sorella (anche adottivi) conviventi con il portatore di handicap grave, nel caso di decesso o impossibilità di entrambi i genitori.
Congedo biennale non retribuito
Il congedo biennale non retribuito per gravi motivi familiari (Legge 53/2000) si prefigge di dare la possibilità ai lavoratori di affrontare situazioni particolari che possono verificarsi nella vita, come decessi o malattie
gravi di familiari o indifferibili esigenze personali.
Il dipendente può usufruire del congedo non retribuito, continuativo o frazionato fino ad un massimo di
due anni; il periodo di congedo non è coperto da contribuzione e non è computato nell’anzianità di servizio.
Durante il periodo di congedo il lavoratore conserva il posto di lavoro e non può svolgere alcuna attività
lavorativa.
Per il congedo non retribuito non è previsto che l’assistito sia titolare della certificazione di handicap grave
(art. 3 comma 3 Legge 104/92) come nel caso dei congedi retribuiti.
Per richiedere i permessi sopra indicati occorre rivolgersi direttamente al proprio datore o all’ente previdenziale presso il quale vengono versati i contributi.
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60
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