LICEO LINGUISTICO E DELLE SCIENZE UMANE “G. Bianchi Dottula” – Bari Ob. C Azione 3- FSE- 2010- 1436 Le(g)ali al Sud: un progetto per la legalità in ogni scuola A. S. 2011-2012 CONVIVIALITÁ DELLE DIFFERENZE: IMMIGRATI, PROBLEMA o RISORSA? Stage della classe IVB scienze sociali “Siamo specchi riflessi: l’unica differenza è nella luce, che attraversandoci provoca piccole variazioni di immagini” (Florinda Palacco) Ente partner: “ABUSUAN” TUTOR INTERNI: Prof.ssa 1 Ammaturo Prof.ssa M.R. TUTOR AZIENDALI : Diomede Annamaria DIRIGENTE SCOLASTICO: Prof.ssa Anna Maria Amoruso 2 Ha coordinato il lavoro la prof.ssa Rosaria Ammaturo Hanno collaborato: Barone Raffaella Bussola Francesco Capozzi Antonia de Candia Chiara De Giglio Alessia Di Monte Ludovica Dellino Marika D’Elia Claudia Maria Ferrigno Rosalia Grimaldi Serena Loporto Sara Macellaio Silvia Mininni Antonia Montagna Adriana Palacco Florinda Pasquariello Giovanna Poliseno Ylenia Ranieri Clara Saccente Vanessa Sciannimanico Claudia Sifanno Bianca Signorile Signorile Marta Straniero Stefania Tanzi Ilaria 3 INDICE Introduzione: - Esperienze sensazioni poesie - Introduzione 4 5 Luoghi: 7 - Abusuan e Sportello 108 -Sportello immigrazione socio-sanitaria-culturale degli Immigrati -“RESEM”: Sportello - somalo -CENTRO EMMAUS - Centro interculturale Baobab - sotto la stessa ombra (Foggia) -Centro interculturale Baobab ( Foggia ) Incontri: 8 9 10 11 13 15 16 - Genèvieve Makaping -Il fenomeno migratorio in Puglia (intervento della dott.ssa Angela Martiradonna) - Dati del 21° Dossier statistico “Caritas/Migrantes” -Comunità Mauriziana -“Il diritto di cittadinanza per gli immigrati nati in Italia. Come lavorare per l’integrazione.” (Intervento di Elsheikh Elrashid Ibrahim di Etnie Onlus) 17 19 - Mbacke Gadji 25 21 22 24 - Villaggio di Mbacke Gadji 26 Storie di vita: - Hanna Shaini Samira Ysmail Yasine Mehdi Zara Amira Hussein Racconti meticci: - Un’esperienza di scrittura meticcia - “Ascolta il tuo cuore” - “Una donna” -“ Lo spirito del vento” Approfondimenti e non solo: - 4 Migrantes Don Gianni De Robertis Etnie Onlus Minori non accompagnati Muas Rifugiati politici 28 29 29 30 31 31 32 32 32 33 34 35 37 39 40 41 42 43 44 44 45 - Festa interculturale Riflessioni: - “L’Italia sono anch’io” Convivialità delle differenze Una giornata importante Quale cittadinanza per gli stranieri? A sostegno della campagna “L’Italia sono anch’io” Ho imparato L’impegno 55 - Giovani Senza Frontiere 56 5 47 48 49 50 51 52 53 54 continua: Esperienze sensazioni poesie Lettere strane Lettere strane, di giorno e di notte lavoro immane. Sento parole, non sento niente. Cercavo riposo, di giorno e di notte lavoro immane. Sento parole, non sento niente. Volti che guardano e non vedono niente. Come un serpente Sul tuo suolo cocente di sabbia cosa sogni? Come un serpente spinato, il fervente bisogno di libertà s’incrocia con una lontana realtà di rumore. Sogna tu, una lontana terra chiara intemperante e sgraziata , non ascolti il suono del grano che chiama è troppo lontana. Del giorno soltanto si fida , con quel sogno nascosto nel petto, vergognoso. Non ascolta, non guarda , resta lì lontana sul suo suolo rugoso. Non può sentire , non vive , e non può morire. Clara Ranieri Introduzione 6 Alcune volte è difficile esporre o scrivere il proprio pensiero, le proprie riflessioni, ma è uno dei tanti modi per condividere e informare gli altri di quello che si è vissuto. Il tema immigrazione, o meglio migrazione, è uno dei temi che si affrontano spesso a scuola o di cui si legge spesso sui giornali, ma secondo me viene affrontato in maniera sbagliata. Io frequento il quarto anno al Liceo delle Scienze Sociali “G. Bianchi Dottula” a Bari, quest’anno la nostra professoressa di scienze sociali d’intesa con il consiglio di classe, ha proposto, come tema del nostro stage, un percorso di educazione interculturale dal titolo significativo: “Convivialità delle differenze: immigrati problema o risorsa?”. In classe, tra noi alunni, inizialmente ci sono state parecchie polemiche: pensavamo di conoscere a fondo questo argomento, ne avevamo sentito parlare già in prima. Ora che siamo a metà percorso abbiamo cambiato tutti idea, e io so qual è il motivo della nostra sicurezza nell’affermare il contrario, ci siamo resi conto che quello che sapevamo erano pensieri che altri ci avevano trasmesso e non nostri pensieri maturati autonomamente facendo esperienza. A scuola ci viene proposto uno studio “passivo” che si basa su conoscenze teoriche, la maggior parte del tempo ascoltiamo e quando parliamo non è per dire la nostra, ma per esporre ai professori ciò che abbiamo appreso dai libri. Anche a livello sociale spesso succede che si parli dei giovani senza ascoltare i giovani o che si parli dei migranti, o si facciano leggi che li riguardino, senza ascoltare la loro testimonianza, senza chiedere come vivono o quali sono i loro bisogni e le ragioni che li hanno spinti a lasciare il loro paese. Noi italiani siamo presuntuosi nel voler affermare che conosciamo, che sappiamo e che siamo informati, ma non è così. Per due giorni a febbraio nel nostro liceo abbiamo organizzato la raccolta di firme per le leggi di iniziativa popolare sostenute dal comitato”L’Italia sono anch’io” e abbiamo sensibilizzato genitori, docenti e alunni di altre classe al tema della cittadinanza che abbiamo capito deve essere un diritto e non una concessione. Ho potuto conoscere e capire la vera diversità umana che non è quella dettata dai marcatori esterni come il colore della pelle, il taglio degli occhi, o altri aspetti fisici evidenti agli occhi, ma è data dal nostro essere sensibili o insensibili, disposti al dialogo o indifferenti e arroganti. L’episodio che mi ha segnato di più è stato quando una mia amica, venuta per firmare la proposta di legge di iniziativa popolare, non ha potuto farlo perché albanese e priva della cittadinanza italiana. Lei ci è rimasta male più di tutti perché vedeva gli altri firmare e lei non poteva, anche se era la diretta interessata. Allora tante domande sono nate in me: Perché escludere queste persone dalla nostra vita se sono come noi, vengono con noi a scuola, parlano la nostra stessa lingua, hanno gli stessi nostri sogni, le stesse prospettive di vita? Perché non tutelarli? Vivere consapevolmente, conoscere, informarsi non vuol dire solo leggere i giornali o vedere i TG su tutti i canali televisivi, ma ogni tanto uscire di casa e parlare con qualcuno dei migranti che si incontrano per strada, nel pullman, in coda alla cassa del supermercato. Tutti si renderebbero conto che non c’è niente di diverso tra “noi” e “loro”. In uno degli incontri del nostro percorso formativo abbiamo partecipato ad una conferenza tenuta da un’antropologa, giornalista del Camerun che ci ha fatto notare come quando usiamo il linguaggio per esprimerci possiamo, senza rendercene conto,mettere in atto processi di esclusione o di inclusione. Quando per esempio usiamo il termine integrazione dovremmo chiederci perché dovremmo omologare a noi persone che hanno culture differenti;l’uso del termine straniero abbinato ad integrazione,evidenzia una contraddizione :perché dovremmo integrare qualcosa che ci è estraneo, diverso? Cosa significa parlare di terzo mondo? Chi ha deciso questa divisione e gerarchia tra mondi che non esistono, se il mondo è uno solo? 7 Molte volte il fenomeno migratorio è associato a quello dell'aumento della delinquenza e della criminalità. Alcune ricerche sociologiche hanno dimostrato che non c'è alcun nesso diretto fra l'immigrazione e la criminalità. I due fenomeni possono intensificarsi contemporaneamente nelle zone ricche, senza però che l'una causi o favorisca l'altra. Un altro aspetto che bisognerebbe tener presente è il peso statistico della presenza dei migranti sulla popolazione totale. Avere paura non serve a niente, escludere queste persone, etichettarle non porterà a nulla di buono se non ad episodi di razzismo che nel secolo scorso hanno macchiato la storia dell’umanità. In ogni parte del mondo ci sono persone buone e persone cattive, ma non per questo dobbiamo generalizzare e fare di tutta un’erba un fascio! Allora perché chiudere le porte? Perché respingere?Noi italiani dovremmo essere i primi a ricordarci come siamo stati trattati quando siamo emigrati in America, in Germania, in Belgio … Mi chiedo allora perché studiamo la storia, se non per imparare dagli errori, e perché noi stiamo facendo gli stessi errori che pure abbiamo subito in prima persona? Siamo anche noi un popolo in movimento: perché vogliamo, quando emigriamo, avere un certo trattamento, se anche noi non lo riserviamo a quelli che vengono nel nostro paese? 8 Bianca Sifanno Abusuan: Sportello 108 ABUSUANè un luogo di incontro tra culture e tradizioni di paesi diversi. Le sue molteplici attività nascono dall’intenzione di dare luogo ad una società nuova e ad un linguaggio capaci di esprimere, costruire e significare le nuove e diverse forme della convivenza e interetnicità. ABUSUAN,quindi, si pone tra i suoi principali obiettivi, 9 quello di informare e di conoscere le realtà di altri popoli, le culture, le storie e i conflitti che le attraversano. ABUSUAN è punto di riferimento per servizi di informazione e formazione nel campo delle migrazioni internazionali. Il suo intento è quello di promuovere l’integrazione, la risoluzione dei conflitti tramite la cooperazione e la sensibilizzazione ai diritti umani. Per questo motivo Abusuan svolge le sue attività in due principali direzioni: da un lato il lavoro nell’ambito della conoscenza e dell’informazione, dall’altro il lavoro nell’ambito della formazione e della scuola: organizzazione di corsi di formazione e di aggiornamento per docenti ed operatori culturali. Le attività del centro sono rivolte a tutti coloro che operano nel campo della cooperazione sociale, al mondo del volontariato, alle amministrazioni locali, agli assistenti sociali, agli educatori, ai docenti, agli studenti, ai migranti e nascono dalla cooperazione. Abusuan ha istituito nella propria sede lo Sportello per l’integrazione socio sanitaria e culturale degli immigrati secondo i parametri del regolamento regionale n.4 del 2007. Sportello immigrazione socio-sanitaria-culturale degli Immigrati Lo “Sportello per l’integrazione socio-sanitaria-culturale degli Immigrati”, è presente in modo stabile e continuativo nella sede del Centro Interculturale . Lo sportello opera per l’integrazione sociale e culturale dei cittadini stranieri, attraverso una vasta rete di Servizi nonché di iniziative culturali a livello locale ed è strettamente legato ai servizi e agli operatori sociosanitari del territorio. Servizi erogati: Primo ascolto e rilevazione delle richieste specifiche degli utenti. Orientamento in merito ad aspetti e procedure legislative in materia d’immigrazione, orientamento alle modalità ed alla procedura di richiesta d’asilo e permessi di soggiorno, orientamento all’audizione con la Commissione territoriale per l’immigrazione. Orientamento alla rete dei Servizi e delle Istituzioni sia pubbliche che private presenti sul territorio. Accompagnamento dei cittadini stranieri e dei rispettivi nuclei familiari nell’accesso ai Distretti socio- sanitari, scolastici e verso altri servizi o enti privati. Accompagnamento presso la Questura di Bari e lo Sportello Unico per pratiche che richiedano interventi rapidi con l’impiego di figure professionali adeguate. Supporto nella compilazione di modulistica specifica e redazione di istanze presso enti e/o uffici vari. 10 Consulenza tecnico-specialistica per la costruzione e la gestione di progetti personalizzati d’intervento per cittadini immigrati e rispettivi nuclei familiari, concertati con i Servizi Sociali del comune di Bari. Mediazione linguistica e culturale. Redazione di curriculum vitae ed orientamento al mondo del lavoro. Attività di formazione ed affiancamento degli operatori socio-sanitari per la promozione di una cultura dell’integrazione in favore degli immigrati. Corsi di formazione professionali finalizzati a valorizzare le competenza dei cittadini immigrati e al loro inserimento nel mondo del lavoro. Francesco Bussola Sara Loporto RESEM”: Sportello-somalo Lo sportello informativo gestito dai somali e denominato “RESEM” è caratterizzato da postazioni telefoniche e numerosi computer con la connessione ad internet. In fondo alla saletta, che ne costituisce l’unico ambiente, c’è la direzione con un punto di accoglienza dove vengono date informazioni ai concittadini per regolarizzare la loro posizione legale rispetto alla Questura, al Comune o alla Prefettura. È anche un’occasione di incontro tra connazionali. La prima che abbiamo conosciuto è una giovane ragazza di nome Zara, che si impegna molto ad aiutare i suoi connazionali come MEDIATRICE CULTURALE. Ci ha raccontato che è partita dalla Somalia senza dire a sua madre che veniva in Italia, sicura che non avrebbe mai avuto il permesso. Nonostante tutto il viaggio andò bene. Arrivata a Bari, per inserirsi nella nostra città, ha chiesto aiuto in diverse parrocchie per trovare un alloggio, un lavoro che potesse darle da vivere e regolarizzare il suo soggiorno. Ad oggi, lavora come badante. Ha frequentato ad “Abusuan”, un corso per imparare l’ italiano. Ci ha fatto sorridere quando ha raccontato che dopo pochi mesi che prende in carico un anziano, quello muore e lei è costretta a cercarne subito un altro prima che scada il permesso di soggiorno. È un ragazza molto dolce e allo stesso tempo molto forte e coraggiosa. La seconda testimonianza è di una ragazza di nome Samira, ci ha raccontato che prima di venire in Italia, ha vissuto in Egitto, paese al quale lei è molto legata. Lei ha evidenziato la mancanza di rapporti con gli italiani qui a Bari. Infatti sembrava quasi una richiesta di maggiore aiuto e maggiori amicizie e non solo per lei ma anche per gli altri amici somali. Comunque lei sogna di tornare in Egitto, per fermarsi a vivere lì. Poi ci ha parlato, l’altro socio di Zara, che ha spiegato che loro hanno seguito un corso di formazione regionale per poter aprire lo sportello e che tra i tanti 11 partecipanti loro hanno avuto questa possibilità di finanziamento. La sua storia è molto più movimentata: ha girato mezza Europa pur essendo irregolare. Anche lui ha espresso il desiderio di imparare meglio l’italiano, con l’aiuto di qualche amico o amica barese. Ai nostri occhi è sembrato, una persona affascinata dai viaggi e dallo spirito di avventura. Lui insieme a Zara e agli altri hanno organizzato un po’ meglio l’accoglienza al Ferrhotel ordinando gli ingressi e le uscite dei vari ospiti somali. Ci ha anche accennato come funzionerà lo sportello che non è stato ancora inagurato. L’ultimo che abbiamo conosciuto è un cantante che ha raccontato di aver lasciato la moglie per cercare lavoro in Europa. Anche lui ha parlato della sua vita in Somalia, della gelosia della moglie nel pensarlo lontano tra le braccia delle italiane. È anche papà, si perché ha lasciato i suoi bimbi a casa. Ora lavora come muratore e coltiva la sua passione per il canto. Infatti ci ha fatto ascoltare due singoli da lui incisi nella sua lingua. Tutto questo mi fa pensare alle migrazioni del secolo scorso degli italiani che partivano anche loro all’avventura per poter sostenere economicamente le famiglie lasciate nel proprio paese. Antonia Capozzi Centro Emmaus (CASA DEL GIOVANE) EMMAUS nasce nel 1978, da una piccola comunità di sacerdoti Salesiani ed un gruppo di giovani della Parrocchia "Sacro Cuore" della periferia di Foggia. Questa è una associazione di volontariato che si occupa di varie problematiche: persone che vivono in situazione di disagio; disabili; persone con problematiche psico-sociali e di tossicodipendenza; immigrati con le loro famiglie; attualmente la Casa ospita i minori non accompagnati. Si occupa anche dell'integrazione tra persone di culture diverse, facendoli mettere in gioco per scoprirne ciò che li valorizza di più. Il Centro offre: • servizi di animazione per anziani e giovani all'interno della struttura; • accompagnamento scolastico; • servizi di animazione e prevenzione per adolescenti sul territorio con interventi di educativa di strada; 12 • centri di ascolto per le famiglie; • servizi di sostegno. Questa struttura dal 1997 comprende anche la "Casa del giovane", centro polivalente e di aggregazione per minori a rischio, con la finalità di accogliere bambini, preadolescenti, adolescenti e giovani in uno spazio educativo che promuove processi di scambio, di relazione, di partecipazione ed integrazione nei confronti del minore e delle loro famiglie. Tutto questo con l'aiuto di una equipe specializzata formata da diverse figure: o o o o o o o un direttore; una coordinatrice delle attività educative; un educatore responsabile del lavoro di strada; un responsabile delle attività di accompagnamento scolastico; un responsabile delle attività ludiche; quattro educatori; cinque esperti di laboratorio. Chi convive nel centro EMMAUS deve rispettare delle regole che vanno dall'orario alla convivialità tra i membri. Ritengo che il Centro di Accoglienza EMMAUS dia una grande opportunità ai minori migranti, in quanto offre servizi di istruzione, di accoglienza, ma in particolar modo di integrazione, che per questi ragazzi, purtroppo, è ancora un sogno difficile da realizzare nella nostra società. Spero che strutture come questa continuino a lavorare sia con i ragazzi come con tutti coloro che versano in situazione di disagio. Proporrei ai responsabili del Centro di organizzare dei corsi di formazione o degli stage estivi per noi studenti, così da poter contribuire ed incrementare le fila dei volontari nell'ambito dell'assistenza, dell'accoglienza e dell'integrazione. Alessia De Giglio Cos’è : Il Centro Interculturale "Baobab - Sotto la Stessa Ombra" è un punto di riferimento, di animazione e di promozione delle attività interculturali nel capoluogo dauno. L'accoglienza coinvolge la comunità territoriale e attiva percorsi di integrazione e di inclusione sociale. Centrointerculturale Baobab-sotto la stessa ombra foggia SONO PRESENTI: Lo Sportello Immigrazione offre Servizi di Informazione, Assistenza e Orientamento rivolti ai cittadini stranieri riguardo ogni aspetto legato alla loro 13 permanenza nel nostro paese. La finalità dello Sportello è diffondere una Cultura dell’Accoglienza e della Solidarietà. Presso lo Sportello, si può richiedere assistenza per le diverse tipologia di permessi di soggiorno, rinnovo, carta di soggiorno, cittadinanza, nulla osta, decreto flussi, visto per turismo, coesione, ricongiungimento. Questo sportello dispone di vari servizi che servono ad ACCOGLIERE (ascoltare e valutare le richieste), ACCOMPAGNARE nella redazione e compilazione di atti e istanze, INTERPRETARE per agevolarli nell’accedere più facilmente ai servizi ed ELABORARE curriculum e lettere di presentazione. La Cooperativa Arcobaleno svolge un attività di elaborazione, progettazione e consulenza in merito a progettualità e percorsi di educazione e animazione interculturale con particolare riferimento ai temi della pace, della cittadinanza attiva, del Commercio Equo e Solidale e all'inserimento scolastico di alunni stranieri. Laboratori attivi Laboratorio interculturale "Latinoamericando"; Corso di italiano per stranieri al Baobab. Servizi erogati o Animazione Interculturale per i gruppi-classe o Feste Interetniche e Incontri di Culture o Corsi di alfabetizzazione di lingua italiana o Esperienze di volontariato Presso i locali del Centro Interculturale, è attivo un Centro di Risorse e Documentazione Interculturale, con testi, anche in lingua e bilingue, ricerche, tesi di laurea, documenti e strumenti di educazione interculturale, musiche e film dal mondo. Sono presenti in questo centro: Consultazione La dotazione bibliografica e informativa del Centro Interculturale è costituita da documenti multimediali di varia tipologia. 14 Assistenza e informazioni bibliografiche. Il personale del Centro Interculturale si occupa dell'accoglienza e del primo orientamento dell'utente in biblioteca. Una dichiarazione del responsabile del servizio, dott. D. La Marca, lascia perplessi rispetto al futuro di una servizio che abbiamo verificato essere eccellente. "Più volte nei mesi scorsi è stato lanciato l'allarme, ma questa volta la decisione appare irrevocabile. Siamo costernati nel prendere atto della sospensione di un'attività quinquennale al Baobab che proprio quest'anno ha raggiunto il picco massimo di visite". Marika Dellino Marta Signorile Signorile Centro interculturale Baobab ( Foggia ) Storie che si incontrano, che si scontrano, storie raccontate per essere ascoltate e capite. Il centro interculturale Baobab è stato intitolato così perché in Africa esiste un grande albero chiamato Baobab, sotto cui gli anziani raccontano storie quasi dimenticate, le storie degli uomini, dei loro viaggi e dei loro sogni. Circa tre anni fa i promotori del centro interculturale di Foggia hanno rievocato i racconti africani quando hanno scelto il nome della struttura. Baobab, infatti, è prima di tutto un luogo di incontro, di conforto, di scambio di idee dove gli uomini e le donne che lo frequentano si fermano per pensare, per conoscersi e per ascoltarsi. Il Baobab è un albero che rappresenta per molti villaggi un punto di incontro ed è questo lo spirito che gli operatori vogliono tenere vivo nel centro interculturale. In questa struttura vengono organizzati laboratori interculturali di cucina, lavori manuali, percorsi di lingua italiana per cittadini stranieri e una serie di attività di animazione e sensibilizzazione. Entrare nel centro interculturale Baobab è come fare un lungo viaggio per il mondo, come toccare cinque continenti con la mano, dai quadri appesi alle pareti, agli oggetti conservati sugli scaffali, ogni cosa sembra parlare di Paesi distanti, lontanissimi. Molti degli oggetti esposti al centro sono stati donati dai cittadini stranieri come ricordo, per loro è importante che in quel luogo ci sia traccia del loro paese di provenienza e ci tengono che i mediatori li mettano bene in vista perché dietro ogni oggetto c’è una storia. Il centro è uno spazio per tutte le età, sono tanti i migranti che ogni settimana varcano la soglia del centro, oltre una cinquantina le diverse nazionalità : Marocco, Polonia, Iraq, Venezuela, Cuba, Senegal. Migranti o cittadini stranieri vengono nel nostro territorio per cercare lavoro, per ricominciare, per trovare un futuro migliore ma senza dimenticare le loro origini. I mediatori culturali nel corso dell’anno organizzano diversi incontri con le scuole e anche i mediatori culturali sono stranieri: Ana viene dall’Albania e dice 15 che un vero cittadino deve partecipare alla vita sociale per sentirsi un vero italiano, “non è un pezzo di carta a far diventare una persona italiana”. Samira proviene dal Marocco, è in Italia da sette anni ed è sposata, ma non ha la cittadinanza italiana. Giovanna Pasquariello 16 GenèvieveMakaping L’incontro con GenèvieveMakaping è stato per me particolarmente importante: mi ha colpita questa donna dalla forte personalità che purtroppo ha visto con i suoi occhi quelle realtà terribili che formano il retroscena della nostra società moderna. Donne e bambine sfruttate perchè la loro pelle è più scura, ma che in realtà non hanno nulla di diverso da noi , hanno dai 14 ai 25 anni, come tutte noi, hanno dei sogni, e la loro pelle non fa di loro esseri senza alcuna dignità e alcun diritto...vengono nel nostro paese spesso per vivere meglio, per aiutare le loro famiglie e poi..??? Si imbattono allo sbarco nella persona sbagliata e la loro vita da quel momento è finita. Probabilmente provano a ribellarsi, provano a reagire e cambiare strada, ma senza un supporto e senza conoscere nessuno al di fuori dei loro carnefici non hanno speranze e quindi che cosa resta se non arrendersi??? E da qui deriva la rabbia, quella rabbia che le si legge negli occhi di Genèvieve e che ho avuto l'onore di catturare in delle fotografie che non necessitano di parole per essere spiegata. Una donna legata ai giovani perchè nutre la speranza di vederli crescere e maturare coscienze capaci di salvare questo nostro mondo dal baratro, perchè solo baratro si può definire la condizione in cui si vengono a trovare delle ragazzine, con l'unica colpa di avere la pelle di un colore diverso. E’possibile, mi chiedo, che solo per questo perdano agli occhi di uomini e donne, padri e madri di altre vite identiche alle loro,la dignità e i diritti che nessuno vorrebbe mai veder sottratti alle proprie figlie? Ecco il perchè di quei lacrimoni che necessitavano di scivolare lungo il suo viso, ma che per pudore restavano nascosti tra le palpebre! Le sue parole erano lame affilate quando parlava dei "marcatori esterni" , uomini e donne che peccano di presunzione dando per scontata la provenienza etnica di un uomo basandosi sui suoi tratti somatici che a rigor di logica non possono dir nulla della sua vita e della sua provenienza. Parliamo di uomini e donne che purtroppo, per paura o per presunzione, si credono parte di una "RAZZA PERFETTA" ...E lei nella sua grandezza si infervora e sostiene "siamo tutti il prodotto dell'incontro tra più etnie, un incontro ormai lontano nel tempo, ma che in origine c'è stato e dunque se scavassimo nella genetica di ognuno di noi scopriremmo che ognuno di noi è un meticcio" anche chi ha il cuore colmo d'odio per il diverso presumendo d'essere parte di quella "RAZZA PERFETTA"! Allora domandiamoci: ha senso tutto questo odio? tutta questa paura delle diversità??? Impariamo ad essere curiosi di fronte alle diversità e facciamo che sia uno scambio di diversità...quello che ci hanno insegnato a chiamare uno scambio culturale...vi accorgerete che non è poi così terribile come pensate. 17 Adriana Montagna GenevièveMakaping è il nome della antropologa, giornalista camerunense incontrata presso la sede dei Comboniani a Bari in occasione dei ‘martedì della conoscenza’. Geneviève è una donna perfettamente integrata nella realtà sociale italiana che ha saputo superare l’ostacolo della lontananza dal suo paese d’origine. Questa bellissima donna ha dato voce a chi come lei ha subito e subisce ancora la “violenza” di uno sguardo superficiale ed accusatorio che spinge al margine chi ne è oggetto. Ci ha parlato per circa due ore e ha iniziato il suo bellissimo discorso sostenendo che l’uso del linguaggio è molto importante perché può determinare inclusione o esclusione sociale. Infatti bisogna conoscere bene la lingua per “abbattere” le barriere tra noi e gli altri. Esistono alcuni termini italiani che non andrebbero utilizzati poiché portano all’esclusione, ad esempio non andrebbe utilizzato il termine straniero: come si può integrare qualcosa a noi estranea? Ci deve essere il confronto tra culture diverse, non si devono annullare le differenze;è sbagliato usare la parola extracomunitario perché la comunità europea ormai non esiste più quindi di quale comunità parliamo? Oppure la parola immigrato, che in molti utilizzano, non andrebbe utilizzata più perché tutti quanti ci spostiamo e quindi siamo tutti migranti. Questa donna mi ha colpito per la sua forte determinazione, per le sue lotte, per i suoi pensieri e le sue idee, una donna che nonostante abbia ricevuto minacce per le sue numerose battaglie contro la prostituzione minorile, non si è mai fermata ed è sempre andata avanti senza avere paura di niente e di nessuno. Incontrare Geneviève è stato emozionante poiché sono poche le donne che hanno una forza come la sua e una voglia di non arrendersi mai. 18 Ludovica Di Monte Il fenomeno migratorio in Puglia (intervento della dott.ssa Angela Martiradonna) Angela Martiradonna è la curatrice nel Dossier “Caritas/ Migrantes” della sezione riguardante il fenomeno migratorio nella regione Puglia. Ha cominciato ad occuparsene nel 2006, quando l’è stato chiesto di commentare i dati statistici sul fenomeno. All’inizio, ci ha confessato che temeva il discorso matematico; i calcoli e le statistiche la terrorizzavano, ma poi è rimasta colpita dal grande potere che in questo ambito ha il numero . La vera differenza, secondo lei, la fa come si comunica il numero: c’è chi afferma che gli stranieri siano ¼ della popolazione , ed in questo modo la comunicazione risulta violenta perché crea allarmismo. Ecco perché il numero è importante, perché in otto pagine si devono racchiudere i numeri più importanti che rappresentano questa realtà. Nel suo lavoro è necessario selezionare argomenti e numeri in modo da far comprendere, alle persone che leggono, il fenomeno attraverso i numeri. La difficoltà maggiore è per lei far emergere un punto di vista critico. Nel momento in cui non sono rispettati i diritti non è questione di numeri, perché anche se si tratta di una sola persona è necessario intervenire per tutelarla. Quando si affronta il fenomeno migratorio tutti gli estremismi sono fuorvianti, sia un rifiuto pregiudiziale, sia un’accoglienza di tutti e comunque. La Convenzione di Ginevra per esempio, parla di accoglienza, ma anche di respingimenti per situazioni particolari. Le persone vanno ascoltate una per una. Il provenire da un paese in guerra non è un motivo per ottenere la richiesta di asilo, la Convenzione parla di accoglimento o respingimento dello straniero in conformità a motivi personali, se ci sono degli immigrati tunisini scappati dal loro paese perché in guerra, l’arrivare nel nostro paese senza documenti è un reato per cui vengono respinti senza essere ascoltati nel merito della motivazione e delle ragioni per cui hanno lasciato il loro paese. Molte volte si ha paura dello straniero, ma ciò secondo Martiradonna, è un qualcosa di assolutamente naturale. Il pregiudizio fa parte del nostro essere persona, quindi non possiamo ignorarlo, tantomeno far finta che non ci appartenga; il vero impegno sta nel volerlo superare, in quanto è un qualcosa che non si cancella, ma si supera, perché il pregiudizio è in noi e ci aiuta ad andare oltre le difficoltà quotidiane. Quando pensiamo a uno straniero emerge lo stereotipo dell’ africano, povero, mal vestito, ignorante. Il pregiudizio si supera attraverso la conoscenza. Trovarsi di fronte all’immigrazione non è semplice. La difficoltà più grande che Martiradonna ha incontrato è stata il trovarsi di fronte a persone che volevano un diritto, come quello di cittadinanza, che lei non poteva dargli. A volte ci sono persone che appena arrivano in Italia, finiscono subito in carcere perché hanno commesso un reato che loro in quel momento nemmeno sapevano di commettere, per esempio l’essere senza documenti e perciò clandestini per la legge 19 italiana. Nelle carceri, la percentuale di stranieri è alta perché per loro è difficile scagionarsi, o ancora potrebbero scontare la loro pena ai domiciliari, se avessero un domicilio. Migrantes tutti gli anni presenta un dossier e tutti gli anni puntualmente i telegiornali mandano in onda sbarchi anche quando in realtà non ci sono stati. L’immagine è più forte della parola e di conseguenza anche se si dice che gli sbarchi non ci sono stati, la gente sarà portata a pensare che ci siano stati proprio perché l’immagine è più forte e quindi quello che si dice, non conta niente. L’unico limite che ha il dossier Migrantes è di rilevare solo le presenza regolari , ignorando quelle irregolari che rappresentano un numero molto maggiore. Generalmente con il termine straniero stiamo a indicare chi è straniero per l’italiano; in realtà siamo stranieri reciprocamente nel senso di estranei l’uno all’altro . Ecco perché il numero è importante, perché in otto pagine deve racchiudere i numeri più importanti che stanno rappresentando questa realtà. La legge prevede che uno straniero che non ha un lavoro deve ritornare nel suo paese non potendo usufruire del permesso di soggiorno. Spesso capita che un migrante arrivi in Italia ma non compaia nei registri perché sprovvisto di permesso di soggiorno .Analizzando poi il discorso delle quote, ci ha detto che annualmente il Ministero degli Interni stabilisce per ogni regione il numero d’immigrati che possono essere accolti. Per la legge il migrante deve già avere un lavoro assicurato all’arrivo nel paese ospitante; se lo straniero rientra nelle quote il datore di lavoro accetta di stipulare il contratto e lo straniero può arrivare in Italia. Tutto in realtà , avviene in mondo molto virtuale; i datori di lavoro infatti hanno già una lista di lavoratori che, in caso di necessità, possono portare i genitori se sono figli unici. Ci ha parlato anche dei Kit, che sono dei formulari a pagamento per potersi inserire nelle quote e chiamare il lavoratore. Parlando dell’associazione Etnie, la nostra esperta ci ha parlato del progetto TIM e della Legge sull’emersione dal lavoro nero. Il progetto mirava a far diventare regolari i lavoratori stranieri. Ogni tanto si propone una sanatoria , l’ultima nel 2011 ha riguardato il lavoro domestico. Molti servizi in Puglia non sono garantiti dal pubblico per cui c’è il fenomeno delle badanti straniere. Inoltre gli stranieri sia che siano irregolari sia che siano regolari vengono sottopagati. In Puglia l’immigrazione sta invecchiando: i giovani stranieri emigrano al nord per effetto della crisi del salottificio che occupava gli stranieri . Altro aspetto caratterizzante il fenomeno migratorio nella nostra regione è il lavoro nero in agricoltura nel foggiano e nel salento, con problematiche pesanti come a Borgo Mezzanone. La Puglia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo per la riduzione in schiavitù dei lavoratori stranieri in agricoltura. Infine Martiradonna ha finito dicendo che “Certamente se l’Italia continua a tenere testa al problema dell’invecchiamento del paese, lo deve ai bambini nati da famiglie immigrate residenti nel territorio nazionale. Attualmente i residenti stranieri in Italia hanno superato i 4,5 milioni, con una presenza di quasi 96 mila unità in Puglia, la quale registra un trend di crescita di quasi il doppio rispetto al 2003”. In realtà in Puglia sta emergendo che le donne straniere hanno un tasso di fecondità più basso e questo è legato alle difficoltà economiche che queste donne devono affrontare in una terra dove anche le donne italiane non trovano lavoro o lo perdono. 20 Concludendo Angela Martiradonna ha anche parlato del tragico problema dei minori non accompagnati. Le problematiche sorgono anche a causa dei regolamenti CEE e a dimostrarlo il caso dei minori afgani. Attualmente è in vigore la Convenzione di Dublino, che stabilisce che i minori non accompagnati debbano richiedere asilo o protezione al primo paese europeo in cui arrivano. Questo problema tocca direttamente la Puglia, perché è la prima regione in cui arrivano i minori. Per paura di essere rimpatriati, questi minori una volta partiti dalla Grecia e transitati in Italia, fanno perdere le loro tracce. L’Europa si dovrebbe occupare di più di questo problema e se è necessario, dovrebbe anche modificare qualche regolamento. Quale soluzione, quali strategie per affrontare il fenomeno migratorio? Non esisterà più il problema quando si sarà superata la logica che esiste una categoria di persone da garantire, quando non ci sarà discriminazione né in positivo né in negativo. Raffaella Barone Dati del 21° Dossier statistico “Caritas/Migrantes” Utilizzando il 21° Dossier statistico dell’immigrazione “Caritas Migrantes” , pubblicato nel 2011 e relativo ai dati del 2010, raccogliamo i dati più significativi del fenomeno migratorio in Italia e nella regione Puglia. TABELLA RELATIVA AL FENOMENO IN ITALIA Immigrati regolari 4.968.000 Permessi di soggiorno per lavoro non rinnovati 684.413 Immigrati non regolari Circa mezzo milione Principali collettività presenti sul territorio Romeni Albanesi 968.576 482.627 Marocchini 452.424 Cinesi 209.934 TABELLA RELATIVA AL FENOMENO IN PUGLIA (popolazione residente Tot. 4.091.259) Aumento % 2002-2010 Aumento % 2009-2010 Incidenza % stranieri su popolazione Seconda generazione (dato provvisorio) 172,7 13,5 2,3 10.479 21 Primi 5 paesi di provenienza % v.a % Primi 5 comuni per residenti stranieri e % su popolazione Albania 23,8 Bari 8.881 2,8 Romania 23,6 Lecce 6.058 6,3 Marocco 8,1 Foggia 4.290 2,8 Cina 4,7 Altamura 3.287 4,7 Polonia 4,2 Taranto 2.242 1,2 Clara Ranieri Claudia Sciannimanico Comunità Mauriziana 22 Il giorno 28/02/2012 abbiamo incontrato Vassoo ,viene dalle Mauritius ed è da 30 anni in Italia, ha tre figli di cui uno sposato con figli. Lavora a Monopoli come operaio in una conceria. In quanto sacerdote presso il tempio Tamil, a Torre a Mare, celebra la messa ogni venerdì dalle 20.30 alle 21.30. Durante il rito i mauriziani si vestono con vestiti lunghi e restano a piedi nudi, all’inizio di ogni messa ringraziano il loro Dio Shiva congiungendo le mani e facendo un piccolo inchino. Rispetto a noi italiani che amiamo e crediamo in un solo Dio, i mauriziani lodano tanti dei ,quindi la loro religione è politeista. La religione mauriziana prevede che prima di diventare sacerdote si debba fare un percorso di purificazione. Vassoo è vegetariano, ed è sposato, perché solo chi è sposato può celebrare i matrimoni. Vassoo oltre a celebrare messe e matrimoni, celebra anche i funerali. La celebrazione del funerale dura otto giorni,si celebrano in casa, e la famiglia del defunto non deve mangiare la carne e deve restare a digiuno. Il figlio maschio ,nel caso muoia il padre, fa da porta voce verso Dio, e poi deve tagliarsi i capelli a zero come inizio di una nuova vita. Vassoo è venuto in Italia perché nel suo paese era molto difficile trovare lavoro. A causa del suo stato inizialmente di clandestino, finchè non ha avuto il permesso di soggiorno, non poteva muoversi dall’Italia; solo dopo cinque anni poté tornare alle Mauritius per vedere suo figlio che era nato e cresciuto senza il padre. Nonostante lui sia in Italia non ha mai abbandonato la sua cultura e tradizione, e continua a praticare la sua religione insieme alla sua famiglia e agli altri mauriziani nel tempio Tamil. (Dio Shiva) Oltre a raccontarci la sua vita ci ha raccontato delle tradizioni e dei cibi che si usano nel suo paese, e anche la storia del Dio Ganesha che è un Dio con la testa di elefante e il corpo umano. Quando era piccolo sua madre doveva farsi la doccia e disse a Ganesha di sorvegliare la porta e di non far entrare nessuno, e così fece. Quando suo padre tornò a casa Ganesha gli proibì per tre volte di entrare e il padre arrabbiato gli tagliò la testa. La mamma sgridò il marito e preoccupata gli ordinò di trovare la testa di loro figlio, così il padre andò nella foresta e il primo animale che trovò fu un elefante,gli tagliò la testa e la mise sul corpo del figlio. (abbiamo visto un video sulle cerimonie della religione Tamil che si praticano nel tempio a Torre a Mare) Questo incontro mi è piaciuto più di tutti, perché mi ha sempre affascinato la cultura mauriziana anche se ne sapevo poco; ho imparato tante cose che non sapevo e sono rimasta affascinata dalla semplicità di Vassoo e della sua passione nel raccontare la sua cultura. 23 (Dio Ganesha) Ilaria Tanzi “Il diritto di cittadinanza per gli immigrati nati in Italia. Come lavorare per l’integrazione.” (Intervento di ElsheikhElrashid Ibrahim di Etnie Onlus) La storia di Ibrahim è molto diversa da quelle degli altri ospiti ascoltati. Proviene dal Sudan, ha vissuto per lungo tempo in Iugoslavia, dove studiava medicina all’università, ma è stato costretto ad interrompere quando scoppiò la guerra che lo costrinse a trasferirsi in Italia dove purtroppo – dice lui – non ha potuto continuare i suoi studi . Risiede in Italia da circa vent’anni ed è sposato con una donna italiana. 24 Alla nostra domanda se avesse la cittadinanza, ci ha risposto con tranquillità che per legge potrebbe richiederla, ma che non lo farà fino a che la cittadinanza sarà una concessione e non un diritto. Attualmente egli lavora presso “ Etnie Onlus” e fa l’operatore sociale. Opera anche nel carcere di Trani dove offre consulenza agli immigrati che spesso finiscono in carcere per reati minori che potrebbero scontare ai domiciliari, se avessero un domicilio. Durante l’incontro Ibrahim ci ha parlato dei migranti e della loro condizione sociale. La domanda a cui ha voluto rispondere è stata: “Gli immigrati sono un problema o una risorsa?” Ci ha presentato dei dati statistici da cui è emerso che gli immigrati sono per lo Stato Italiano una grandissima risorsa. Essi rappresentano 1,8% della popolazione nazionale, inoltre gli studenti ‘stranieri’ residenti in Italia sono 374 mila e tra questi gli studenti universitari sono 48 mila. Gli immigrati titolari di imprese artigianali sono 165.114. Ma bisogna ricordare che i migranti incidono sul PIL per l’11%. Vanessa Saccente Mbacke Gadji Oggi abbiamo conosciuto un uomo molto interessante e colto, diverso dagli altri immigrati, il suo nome è GadjiMbacke. Deve la sua vita agli incontri che ha fatto, perché è stato molto fortunato in questo. La sua infanzia l’ha passata principalmente con sua nonna che avendo avuto tre figli di cui è sopravvissuta solo la prima, ha paura che succeda così anche a sua figlia perché Gadji è il terzo di tre figli ed essendo morto il secondo non vuole accada alla figlia la stessa cosa che è successa a lei. Così prende Mbacke e lo porta a vivere con sè lontano dal villaggio: gli rasa metà testa per renderlo brutto così da non permettere agli spiriti di portarglielo via. Negli anni ’70 aprono una scuola e il padre lo chiama per tornare al villaggio perché due bambini per famiglia erano obbligati ad andare a scuola. La nonna non era d’accordo sul fatto che lui frequentasse questa scuola e così per trasmettergli la cultura della tradizione 25 senegalese e contenere l’influenza della cultura francese, ogni volta che tornava a casa gli raccontava delle fiabe. Nel 1986,all’età di 20 anni circa, Gadji parte. In realtà lui non sa di preciso la sua età perchè sua padre l’ha iscritto all’anagrafe quando lui aveva già circa 6 anni, nel ’64. Nel ’86 arriva in Toscana per lavorare e studiare, nonostante lavori per tre mesi non riesce a racimolare abbastanza soldi per iscriversi all’università. Verso la fine degli anni ’90 va a Nizza per studiare, ma dopo sei mesi era quasi per strada e cercava di sopravvivere. In quel periodo incontra un docente di legge e un imprenditore che l’hanno orientato e aiutato economicamente così da potersi iscrivere alla facoltà di economia e commercio, prende una laurea breve. Qui nel ’89 ha avuto una figlia con una ragazza francese. Dice che adattarsi non è facile, ma è indispensabile per creare i presupposti per essere utile alla società. Nel ’92 arriva in Italia da un cugino a San Rocco per fare l’operaio. Inizialmente lavora come spazzino, però rinuncia dopo poco a causa del troppo freddo e inizia a lavorare in una fabbrica che si occupa della costruzione di guarnizioni. Nel ’93 decide di andare a Milano dove starà fino a 4 mesi fa. Qui ha imparato l’italiano grazie alla TV e alla radio. Lavorava vendendo giornali al metrò di San Babila. La sua vita è cambiata grazie all’incontro con due giornalisti che hanno comprato il giornale “Terra di mezzo” dove c’era un suo articolo. È stato invitato da loro a partecipare ad un convegno sul tema dell’immigrazione ed è rimasto sorpreso perché non è intervenuto nemmeno un immigrato e lui per farsi sentire ha chiesto di poter scrivere sul giornale. Intatti ha scritto un articolo intitolato “Sono sordo, muto e chiedo parola”. Gadji diventa così cronista e tutti i giorni va in questura per raccogliere tutte le informazioni sull’immigrazione. Verso la metà del ’96 diventa redattore di un giornale e inizia a scrivere il suo primo libro: scrive le fiabe che gli raccontava la nonna. Da quel momento ogni due anni circa pubblica un libro. Nel ’96 finalmente riesce ad ottenere la cittadinanza italiana. La figura di questo uomo mi ha particolarmente colpita sia per la sua presenza fisica, sia per il suo modo coinvolgente di parlare . Nonostante abbia raccontato di sé e del suo villaggio per più di tre ore di seguito, sono stata rapita da quello che diceva e da come lo diceva. Infatti si appropriava dello spazio e lo usava per facilitarci nella comprensione di quello che diceva, spesso anche riproducendo scenette con pezzi di dialogo relativi a situazioni reali da lui vissute. A volte mi sembrava di assistere ad una rappresentazione teatrale,di fatto Gadji ha messo in scena lo spettacolo della sua vita! Il modo in cui usava le parole ed esprimeva i pensieri mi sorprendeva. Quando poi ci ha raccontato le favole di sua nonna, ho avuto l’impressione che si immergesse mentalmente in quel clima permettendo anche a noi di viaggiare con l’immaginazione nei paesaggi che descriveva e raccontava. Chiara de Candia Villaggio di Mbacke Gadji Il villaggio nel quale MbackeGadji è nato, Nguith, non ha origini molto antiche, risale a circa 215 anni fa. La storia racconta che il guardiano del bestiame dell’antico re del 26 nord era stato incaricato di portare gli animali al pascolo. A causa di un periodo di siccità, a cui fece seguito una alluvione i capi di bestiame morirono tutti e il povero guardiano, per paura di essere ucciso, chiese soccorso a un altro re al centro del Senegal, che per soccorrerlo gli regalò degli spazi di terra sui quali poter vivere. A questo punto l’uomo, di nome Mbacke, chiamò con sé il fratello e insieme fondarono il nuovo villaggio. La lingua ufficiale del villaggio è il wolof, come nel resto del Senegal, ma dopo la colonizzazione nel villaggio si parlò anche il francese. La colonizzazione non ha intaccato soltanto la sfera linguistica, ma anche quella religiosa. L’antica religione animista, che non prevede pratiche di culto particolari e che attribuisce qualità divine o soprannaturali a cose, luoghi o esseri materiali, è stata soppiantata da quella musulmana che ha portato con se nuove usanze creando una nuova cultura ibrida. Tuttavia le antiche tradizioni non sono andate perse. La religione animista, se pur in minore misura, è ancora praticata. Nel villaggio sono ancora vive le credenze di spiriti che vivono in boschi sacri e che controllano il destino dei vari villaggi. Anche i matrimoni hanno mantenuto la loro struttura. La dote del futuro sposo, per il matrimonio, è di circa 19678 Franco CFA che, corrisponderebbero a circa 30 euro. La donna prima della cerimonia, che si svolge davanti al capo religioso nella piazza del villaggio, deve passare attraverso un percorso prestabilito nel bosco e fermarsi sotto alcuni alberi per svolgere particolari rituali dei quali però solo chi li svolge può esserne a conoscenza. Dopo la celebrazione del matrimonio, che avviene con danze e canti, gli sposi possono recarsi nella loro nuova abitazione. A questo punto però il marito, secondo sempre antiche usanze, deve uscire da casa dalla finestra per poi ribussare alla porta e farsi aprire dalla moglie. Essendo tribù di tipo matriarcale, la donna deve accogliere il marito in casa come se fosse lei la proprietaria. Nel villaggio Nguith, come da noi, vale il detto dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Tutte le cariche importanti all’interno della tribù sono gestite da uomini, ma le vere decisioni le prendono le loro donne. Inizialmente non era possibile sposarsi con un membro di un altro villaggio, ma questo è cambiato dal 1990, quando per la prima volta accadde un caso di matrimonio misto. La discendenza segue la linea matriarcale. Nel villaggio esiste la proprietà di famiglia e questa non può essere venduta. Fino agli anni ‘80 non c’era corrente elettrica e acqua, e i muri delle abitazioni erano costruiti con argilla e sterco, mentre il tetto era in paglia. Nel villaggio attualmente sono presenti un dispensario, una scuola elementare e una scuola media. L’unica strada asfaltata è quella principale e per spostarsi usano come mezzi i cavalli e gli asini. L’amministrazione della giustizia è affidata ai capi di alcune famiglie che devono riunirsi per giudicare il presunto colpevole. Come pene per i vari reati ci sono il pagamento di una somma di denaro, oppure l’isolamento in una capanna lontana dal villaggio per quattro anni. La storia però racconta che nessuno delle persone che è stato costretto all’isolamento abbia mai resistito più di due anni prima di perdere la vita. Altre famiglie si tramandano il compito di custodi della parola, ruolo importante per una cultura in cui tutto si tramanda oralmente. Oggi il villaggio Nguith è un villaggio pilota, agli abitanti è affidato il compito di custodire la tradizione senegalese. 27 Claudia Sciannimanico 28 HANNA SHAINI: “Sono Hanna Shaini , sono nata in Albania da una famiglia cristiana. In quel periodo nel mio paese era proibito professare la propria religione , le chiese, le moschee, ogni luogo di culto era stato chiuso perché nella nostra costituzione si sosteneva l’ateismo, in linea con la dittatura comunista di quel periodo. Da quando ero piccola mia nonna mi insegnava le preghiere, ripetendomi sempre che se le avessi dette a scuola , o se avessi fatto capire di esserne a conoscenza , la mia famiglia sarebbe stata perseguitata dalle forze di polizia. Finita la scuola superiore decisi di andare all’università per studiare Scienze Religiose, avevo tanti interrogativi e argomenti che da sempre esigevano una risposta e un approfondimento, per questo sono venuta in Italia. Sono qui da 10 anni, non ho la cittadinanza italiana e non ho voluto chiederla perché per me non deve essere una concessione, ma un diritto. Del resto ora ho una casa mia, vivo con mio marito qui a Foggia e continuo a stare in contatto con la mia famiglia. Mi piace il mio lavoro, sono al centro Baobab dal 2006,data della sua apertura, ho avuto l’opportunità di conoscere tante persone diverse anche se non è sempre stato facile perché quando si ha a che fare con uomini e donne che non hanno la stessa cultura , tutto si fa più complicato. Qui però , nel bene e nel male, sento di poter dare il mio contributo e utilizzare la mia esperienza per aiutare per aiutare chi mi chiede aiuto.” SAMIRA: “Sono Samira, vengo dal Marocco e sono in Italia da 7 anni , sto per sposarmi con un ragazzo italiano, viviamo insieme già da un po’ …(ride) Lavoro in questo centro interculturale quasi da quando sono arrivata qui a Foggia , anche se abito a Manduria con mia sorella. Sono venuta in Italia per lei,studiava medicina in Polonia quando, a causa dell’eccessivo freddo e della sua fragile costituzione fisica, si ammalò di una grave malattia ossea e l’unica soluzione per guarire fu quella di trasferirsi in un paese più caldo che avrebbe giovato alla sua salute. Andai quindi a prenderla e appena si sentì meglio ci trasferimmo in Italia, dove vivemmo come clandestine per alcuni mesi. Ora con noi c'è tutta la mia famiglia, si trasferirono dopo alcuni anni per raggiungerci, varcare la porta di casa significa ritrovare il mio paese con i miei odori, le mie 29 tradizioni , i colori, i cibi; anche i tempi dentro casa sono diversi , è come essere in una matrioska, la casa nella casa. Non ho la cittadinanza italiana anche se sto per sposarmi, ma per ora non voglio chiederla, anche se mi sento più che italiana. “ Clara Ranieri YSMAIL: Mi chiamo Ysmail ho 27 anni e ho lasciato l’Afganistan per motivi politici e per la difficile situazione economica del paese che non mi permetteva di aiutare la mia famiglia. La mia terra è povera, tormentata dalle guerre, una dura repressione impedisce il libero pensiero. La guerra continua ha distrutto l’Afganistan ormai al collasso. Fin da piccolo mi sono sempre dato da fare, lavoro in campagna da quando avevo sette anni, grazie a mio nonno che mi ha insegnato a coltivare la terra. Vivo da cinque anni in Italia, anche la mia famiglia per fortuna è riuscita a scappare da Kabul. Lavoro in un ristorante importante in corso Vittorio Emanuele, ricevo una buona paga, e inoltre con molto entusiasmo e piacere studio da quattro anni nei corsi serali al “De Lilla”. Ho trovato un piccolo appartamento, comodo per me, pago regolarmente l’affitto e le tasse. Io non mi sento straniero perché sono riuscito ad integrarmi molto bene con la popolazione locale, però soffro per la lontananza della mia amata famiglia. E’ difficile essere soli e non poter ricevere l’amore di una madre, di un padre o l’aiuto dei fratelli. Credo nel futuro, e spero che un giorno la mia famiglia possa raggiungermi qui in Italia. 30 Rosalia Ferrigno YASINE: Ero il proprietario di un grande supermercato in Tunisia, ma dopo la Guerra del Pane, che si è verificata a febbraio del 2011, sono stato costretto, a seguito di una aggressione subita, ad abbandonare tutto e a scappare in Italia. Ho 30 anni e ho viaggiato con 280 persone in una "barca" che ne poteva contenere solo 120. Ho pagato 600 euro il viaggio, grazie ad un mio caro amico. La mia prima tappa è stata Lampedusa, in Sicilia sono rimasto due giorni. E' stato molto difficile avere riconosciuto il diritto di asilo politico. Attualmente mi trovo al CARA (centro accoglienza richiedenti asilo) e sono in cerca di lavoro. Sono stato in Francia e nel nord Italia. Vorrei rivedere i miei parenti, i miei amici e la mia fidanzata. Spero che le cose vadano per il verso giusto e che la mia situazione migliori. Il mio migliore amico è Mustafà , un bambino, ma io lo trovo adorabile. E' il mio vicino di casa e trascorro parte del mio tempo in sua compagnia. Non ho figli, però mi piacerebbe averli e creare una famiglia. Voglio continuare gli studi, laurearmi e comprarmi una bella macchina. Amo cantare e ballare, amo stare in compagnia dei miei amici e divertirmi. Adoro mangiare e il francese è la mia seconda lingua. Anche se provengo da uno Stato del Nordafrica, io mi ritengo italiano MEHDI: Ho 28 anni e vengo dalla Tunisia. Sono arrivato in barca e ho speso 1000 euro per il viaggio. Volevo raggiungere l'Olanda, invece mi ritrovo qui in Italia. Adoro questo paese, ma la nostalgia di casa c'è sempre. Mi mancano i miei fratelli e i miei genitori. Sono molto giovane e vorrei viaggiare però la mia situazione economica al momento non me lo permette. Non ho il permesso di soggiorno, un po’ come tutti noi che siamo costretti a viaggiare, e non ho nemmeno un lavoro. In Italia c'è molta crisi e disoccupazione, una realtà davvero triste. Attualmente mi trovo al CARA, insieme a Yasine. La mattina passo per i negozi in cerca di lavoro, alle due pranzo e prima delle 11 devo rincasare. Vorrei innamorarmi e avere dei bambini. A volte mi sento un numero, privo di emozioni e sentimenti. Ho ricevuto molte umiliazioni e quotidianamente mi sento ripetere le tipiche paroline "Va bene, le faremo sapere". Non pretendo di lavorare in banca o nelle grandi multinazionali perché sono umile e mi 31 accontento di poco, voglio solo il necessario per sopravvivere. Mi manca tutto del mio paese: il cibo, le tradizioni, gli usi e i costumi. Conosco molto bene il francese, poco l'inglese e quasi per niente l'italiano. Vorrei realizzare i miei sogni. Anch'io non sono italiano, ma ormai un pezzo del mio cuore rimarrà in questa penisola. Antonella Mininni ZARA: Ho 23 anni, sono scappata da Mogadiscio all’età di 19 anni e sono arrivata qui in Italia dove vivo con il permesso di soggiorno. Il mio viaggio è stato lungo e faticoso, ero una ragazza sola e ho viaggiato per giorni su di una piccola nave stipata di persone, forse più di 200; ma una vota arrivata ho trovato sicurezza nelle parole dei responsabili del centro interculturale CARA di Trapani, i quali mi hanno rassicurata sulla possibilità di continuare la mia carriera scolastica. Certezza che tuttavia ho capito essere illusoria poiché, arrivata a Bari, mi sono resa conto che la realtà era ben diversa: quindi ho deciso di cercare lavoro. Non è stato facile, ma dopo qualche tentativo sono riuscita ad essere assunta come badante e a studiare (per quanto sia possibile) la lingua italiana nel centro ABUSUAN. Il mio lavoro è instabile, purtroppo dopo qualche mese sono costretta a cercare una nuova famiglia che abbia bisogno di una badante, ma tutto sommato, riesco a cavarmela; anche perché ho il mio lavoro al centro somalo che ha grande valore per me: grazie alle attrezzature della sede riesco ad aiutare tanti amici che come me hanno parenti lontani e documenti non in regola. Infatti grazie ai computer forniti di webcam e ai telefoni fissi, riesco a mettermi in contatto con la mia famiglia a Nairobi… e con il mio fidanzato, anch’esso somalo, ma che vive in Norvegia per lavoro! AMIRA: Ho 23 anni e sono nata a Mogadiscio, Somalia. Non parlo molto volentieri di me, forse perché la guerra mi ha fatto diventare una donna chiusa, forse è una sorta di barriera che ho innalzato per non soffrire ulteriormente. Proprio a causa della guerra sono scappata con la mia famiglia in Uganda, però poi ho dovuto proseguire da sola il tragitto che mi ha portato prima in Libia (2 settimane) e poi qui in Italia. Ho cercato di riprendere il mio percorso scolastico e ho dovuto ricominciare dall’inizio, adesso studio alla scuola media Galileo Galilei. Per mantenermi lavoro come baby-sitter , mi occupo di due bambini italiani di 3 e 5 anni, sono bellissimi! Mi piace venire allo sportello perché solo qui posso avere notizie dalla mia famiglia che non vedo da 10 anni … è 32 molto numerosa sapete? Ho 22 fratelli e il mio sogno è quello di vivere qui in Italia tutti insieme … io adoro l’Italia! HUSSEIN: Mi chiamo Hussein, sono somalo e vivo al Ferrohotel di Bari. Sono sbarcato nel 2009 a Lampedusa con una piccola barca stracolma di persone che, come me, sono emigrate in cerca di salvezza. La mia vita è stata molto movimentata , prima di stabilirmi in modo permanente a Bari, ho viaggiato in tutta Europa come turista: grazie all’aiuto e all’ospitalità dei miei amici ho vissuto anche per periodi abbastanza lunghi in Germania, per esempio, ma anche in Grecia, Norvegia, Chad… e in Italia. Da quando sono a Bari ho deciso di impegnarmi seriamente ad aiutare i miei concittadini a vivere.. non a sopravvivere! Adesso lavoro allo sportello da noi gestito grazie ad un bando della Regione Puglia a cui abbiamo partecipato e che abbiamo vinto: faccio servizio di accompagnamento, aiuto a rinnovare i permessi di soggiorno e aiuto i miei connazionali con la lingua. Ho viaggiato tanto quindi ho avuto modo di conoscere da vicino tantissime culture, ma credo che nessun posto sia come quello in cui ti senti a casa… e per me questo posto è l’Italia! Florinda Palacco 33 Un’esperienza di scrittura meticcia Insieme a Gadji, scrittore senegalese, ci siamo immersi in una esperienza di scrittura meticcia. Abbiamo iniziato con la lettura di un suo racconto che narrava di una “guerra pacifica” tra due tribù. In questa storia erano presenti alcuni elementi e ambientazioni interessanti, per esempio l’albero del tamarindo che ha, secondo la loro tradizione, una natura magica. Abbiamo quindi appuntato le parole che più ci avevano colpito,senza troppo pensarci, di sottofondo c’era una musica portata da Gadji che ci aiutava ad immergerci nel paesaggio africano. Le parole le abbiamo poi condivise con il resto del gruppo trascrivendole su di un cartellone. Queste parole, servivano come spunto per la creazione di una storia e per avere chiari riferimenti alla cultura senegalese. Ci è stato anche di aiuto un video con immagini di riti tribali in cui gli abitanti di un villaggio africano indossano maschere diverse l’una dall’altra. Mi ha colpito la vivacità dei vestiti che indossavano, tutti di colori sgargianti : giallo, rosso, verde, viola, ecc. Sono così incominciate a maturare le trame intorno a cui tessere le nostre storie. 34 Chiara de Candia ASCOLTA IL TUO CUORE Albero Buul: mia dolce Africa, terra di sogni, tradizioni e speranze. Ti ho vissuta e osservata da secoli ormai. Quante diverse civiltà sono passate da qui, con anime colme, ognuna, di gioia e tristezza. Quanti di loro avevano anime annebbiate dall'odio e dalla vendetta a tal punto da creare minaccia per noi alberi, appiccando fuochi. Noi che siamo radici e frutto di millenni di civiltà. Narratore: sono le prime luci dell'alba e nel villaggio dei Wolof è in corso un'assemblea di saggi nella quale si discute la successione al potere del capo tribù Lattir Go. Si è deciso che la primogenita LingherNgoneLattir, figlia del capo tribù, sposi il primogenito della famiglia Pool. Lattir Go: (soliloquio) So che questo é il bene per la mia tribù, ma come farò a spegnere i sogni di una giovane donna? Dovrà presto imparare che essere figlia del capo tribù comporta sacrifici. È il suo dovere, non c'è spazio per i sentimenti. Narratore: al termine dell'assemblea il padre ed i saggi convocano la giovane fanciulla per informarla della decisione appena presa. La ragazza accetta senza fare obiezioni perché sa che quello è il suo dovere per garantire la pace, la serenità e l'equilibrio per la sua gente. Dopo essere stata congedata dall'assemblea, LingherNgoneLattir si reca all'albergo sacro Buul per invocare lo spirito Nguru, recandosi al suo cospetto con un’ anfora piena di grano. Albero Buul: cosa tormenta la tua anima quieta? LingherNgoneLattir: sono triste per la decisione presa dai saggi della mia tribù riguardante il mio destino. Albero Buul: così cupo vedi il tuo destino dopo questa decisione? LingherNgoneLattir: ebbene sì, sono costretta a sposare un uomo contro la mia volontà. 35 Albero Buul: e tu lo conosci? LingherNgoneLattir: si, è un ragazzo della mia tribù che conosco da molto tempo. Albero Buul: la sua anima è pura? LingherNgoneLattir: non avevo mai pensato a questo, ma... SI! Albero Buul: è sincera? LingherNgoneLattir: ... Si! Con gli uomini della tribù sì! E a pensarci anche con me! Albero Buul: ascolta il tuo cuore, cosa ti dice? LingherNgoneLattir: ... Albero Buul: e allora per quale motivo credi che il tuo destino insieme a lui possa essere cupo? LingherNgoneLattir: in realtà ora non lo penso più. Ora vado da mio padre. Narratore: non appena LingherNgoneLattir alza il capo per ringraziare lo spirito, ecco che immediatamente esso scompare. La ragazza torna nella tribù per rassicurare il padre del felice avvenire. LingherNgoneLattir: padre! Lattir Go: dimmi cara! LingherNgoneLattir: sono pronta, non ho più paura del mio avvenire. Lattir Go: (le sorride dolcemente e sfiorandole una guancia sussurra) ormai sei una donna. 36 Storia scritta da: B. Sifanno,I. Poliseno,M. Dellino, S. Loporto,S. Grimaldi, A. Capozzi. UNA DONNA Ha grandi occhi scuri e pelle bruciata dalle continue vessazioni subite. E’ una donna che sarebbe stata bella se non fosse per le cicatrici e i maltrattamenti subiti. << Sono nata in Darfur, quasi al limitare con le terre ricche del Sudan. Il villaggio in cui vivevo non è mai stato molto ricco: ci sono stati periodi di fuoco, siccità, ma eravamo felici… fino a quando gli scontri non hanno iniziato a farsi sempre più intensi. Non chiedetemi quando sono nata, non ve lo saprei dire; adesso dovrei essere una donna sposata, con dei figli, come mia madre e mia nonna prima di lei. La nostra famiglia era una famiglia di allevatori non troppo ricca ma nemmeno troppo povera; eravamo cinque fratelli, il più piccolo morì all’età di tre anni a causa di una malattia che lo aveva reso magro e pallido. Mentre i più grandi crescevano e si preparavano giorno per giorno all’addestramento con altri uomini e ragazzi del villaggio, io non potevo far altro che aspettare il loro ritorno sperando che le tribù vicine non li attaccassero. Forse quando ero ancora troppo piccola iniziò per noi un periodo sempre più critico, che sembrava di preparazione a qualcosa che forse per la mia giovane età non riuscivo a comprendere. Vedevo i miei genitori farsi più seri, i turni di notte farsi più frenetici, sentivo rumori al di là delle poche dune che ci separavano dai pozzi d’acqua e nessuno voleva dirmi cosa succedeva. Passò un anno così, la polverosa sfera di cristallo in cui vivevo si sarebbe di lì a poco frantumata in mille pezzi, trafiggendoci tutti. Vedevo su di me i cambiamenti legati alla pubertà, la somiglianza con mia madre farsi sempre più evidente, i miei fratelli già altissimi portare a compimento i loro riti; alcuni si sposavano e la famiglia si allargava. In quel periodo sembrava necessario per tutti creare dei legami abbastanza forti. Arrivò, tuttavia, un giorno in cui le donne della tribù furono riunite tutte dalla vecchia Mane, le cui rughe segnavano reti tanto fitte da non permettere di distinguere gli antichi lineamenti del suo volto. Cii disse che dovevamo essere pronte a veder finita la nostra pace, che gli spiriti avevano parlato al nostro capo Mokum dicendogli che le nostre terre non sarebbero più state tranquille: le avevano comunicato l’arrivo di una tribù da occidente chiamata Serer, pronta a prendere la nostra acqua, i nostri animali a distruggere tutto ciò che avrebbero incontrato. Passarono due giorni nei quali 37 ci fecero preparare tutte le nostre cose, trascinare i nostri animali dove potevano essere al sicuro dai nemici. La nostra vita sedentaria stava volgendo al termine dopo che la nostra tribù aveva vissuto in quella terra sassosa fin da alcuni anni prima della mia nascita. Ricominciava il nostro viaggio nomade verso un posto più sicuro. La tribù dei Serer fu più veloce, sentivamo giorno e notte durante il nostro cammino i suoni provenire da quel piccolo territorio che mi ero ormai abituata a chiamare casa. Con noi erano venute tutte le donne, i bambini e gli uomini troppo anziani per poter combattere. Gli animali però, come avremmo scoperto solo dopo, lasciavano dietro di noi i segni del nostro percorso, che gli anziani speravano invece si sarebbero cancellati con l’alzarsi del freddo vento notturno. Fu di notte, col buio, che i nostri nemici scorsero il fuoco vivace tra le nostre misere tende; sentimmo i colpi nell’aria, mia madre disse solo: non è rimasto più nessuno! Sentimmo le forti urla di guerra dei nostri nemici sovrastare quelle terrorizzate dei bambini; iniziarono a minacciarci dall’alto dei loro camelidi, le armi straniere puntate su di noi, i visi coperti dai drappi scuri. Fecero mettere le donne in fila, chine con il capo basso. Chi provava ad opporsi moriva, a volte senza emettere neanche un suono tant’era la paura; forte l’orgoglio quando toccò a mia madre che non si piegò davanti agli uomini, che non erano i sui uomini, quelli che aveva amato e avrebbe seguito anche dopo la morte. Adesso sono qui con gli altri sopravvissuti. Ci nutrono,e questa forse è l’unica cosa positiva dopo giorni che le poche di noi rimaste non ricevevano altro che punizioni e violenze. Devono essere passati alcuni mesi da quando siamo partiti dal Sud: ora ci troviamo in Libia, questo mi hanno detto gli altri prigionieri. Sentiamo i bombardamenti, qualcosa mi dice che siamo molto vicini ad una città e la cosa mi sembra così strana, a me che sono vissuta tra le colline del deserto. Qualche giorno fa sono venuti due uomini con vestiti ricchi che ci hanno guardato e i nostri carcerieri hanno dato per ognuno di noi un prezzo; hanno scelto me e altre due ragazze. Non saremo libere, ma certo sarà meglio di questo; non saremo libere ma almeno saremo vive>>. 38 Storia scritta da: C. Ranieri, I. Tanzi, F. Bussola, F. Palacco, S. Straniero,A. De Giglio. LO SPIRITO DEL VENTO Nel lontano Kenya la tribù dei Makadi era in festa per augurarsi un buon anno di pesca. La vegetazione fioriva di giorno in giorno e gli animali vivevano contenti nel loro habitat naturale. Questa tribù era pacifica e solidale, molto legata alle proprie tradizioni e alla propria cultura. Un giorno però, durante i festeggiamenti rituali, il cielo iniziò ad oscurarsi e in lontananza si scorse una strana figura. Man mano che si avvicinava i suoi lineamenti diventavano più chiari: alto, magro, lunga barba, portava con sè uno strano bastone. All’improvviso il fuoco si spense, gli animali iniziarono a scappare e si alzò un vento inquietante. L’uomo, ormai vicino al villaggio, alzò il bastone al cielo e lanciò una maledizione. Tutti gli abitanti iniziarono a scappare spaventati nel bosco sacro, pensando che gli spiriti che lo governavano li avrebbero salvati, ma un fulmine lo colpì e lo incendiò, così che tutta la tribù fu annientata. Solo due ragazze, ignare di tutto, riuscirono a salvarsi, perché durante i festeggiamenti erano state mandate dal capotribù a prendere l’acqua. Nayma e Malika erano due bellissime ragazze di quindici anni, ben conosciute a causa di una differenza rispetto a tutte le altre ragazze del villaggio: avevano gli occhi azzurri. Vedendo in lontananza quello che era successo alla loro tribù, decisero di scappare, risalendo il fiume grazie ad una canoa. Guardando per l’ultima volta quello che era rimasto delle loro case, i loro occhi si riempirono di lacrime. La loro avventura era iniziata al tramonto, e quindi subito si fece notte. Le uniche luci alle quali le ragazze potevano affidarsi erano quelle della luna e delle stelle. Tutto intorno a loro era scuro e tetro, e all’improvviso il vento iniziò a soffiare forte facendo muovere la vegetazione e sembrava guidarle verso una direzione ben precisa. Le ragazze decisero di farsi 39 trasportare dalla corrente, convinte che lo spirito del vento volesse aiutarle a sopravvivere. Passarono molte ore, ma sulle sponde non riuscivano a vedere nessun villaggio al quale poter chiedere aiuto. Iniziarono a sentirsi ancora più disperate perché non solo quella sera avevano perso tutti i loro cari, ma adesso rischiavano di morire anche loro. All’improvviso finalmente il cielo iniziò a farsi più chiaro, e i primi raggi di sole iniziarono a liberarsi. L’alba era arrivata, e con essa aveva portato la visione di un villaggio lungo il fiume. Stanche e affamate riuscirono ad attraccare la loro piccola imbarcazione vicino alle sponde del fiume e raggiungere così il villaggio. Erano salve! Storia scritta da: de Candia Chiara, D’Elia Claudia, Ferrigno Rosalia, Macellaio Silvia, Mininni Antonella, Pasquariello Giovanna, Saccente Vanessa, Sciannimanico Claudia 40 Migrantes La fondazione Migrantes è l'organismo costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana per assicurare l'assistenza religiosa ai migranti, italiani e stranieri, per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti ed opere di fraterna accoglienza nei loro riguardi, per stimolare nella stessa comunità civile la comprensione e la valorizzazione della loro identità in un clima di pacifica convivenza rispettosa dei diritti della persona umana. Il tema delle migrazioni è ormai da alcuni anni al centro del dibattito pubblico europeo. Esse sono da molti considerate come uno degli aspetti cruciali della globalizzazione e la loro regolazione si è intrecciata con il processo di costruzione dell'Unione europea. La rubrica "Migrantes" intende proporsi non tanto come uno strumento d'informazione giuridica o di analisi economica delle migrazioni, quanto come uno spazio di riflessione sull'identità migrante e come uno spazio dedicato all'analisi delle società occidentali attraversate e "rivelate" dalle migrazioni. In letteratura, come nel dibattito politico, prevale una concezione delle migrazioni come fenomeni naturali riconducibili a cause oggettive. Questa impostazione trascura il fatto che i migranti sono uomini e donne che decidono di lasciare il proprio paese, spesso fuggendo dalla povertà e dalla guerra, ma sempre animati da motivazioni di carattere personale che li conducono a scegliere uno specifico progetto migratorio. Come ha scritto SaskiaSassen, le migrazioni non sono fenomeni disordinati e fuori controllo: obbediscono a dinamiche transnazionali che possono essere studiate e comprese solo se si prendono in considerazione le soggettività migranti. I movimenti di popolazione dipendono da logiche specifiche, nelle quali i legami storici e culturali fra i paesi di partenza e i paesi di arrivo e le storie delle diverse comunità migranti giocano un ruolo centrale. Una parte della letteratura sociologica si è negli ultimi anni orientata a studiare il tema della migrazione abbandonando un sistema di pensiero che appare strettamente legato alle politiche di controllo e di repressione dell'immigrazione attuate nei paesi occidentali. Lo straniero, quando non è costretto a vivere e lavorare in condizioni di vera e propria schiavitù, è visto come una "risorsa economica" al servizio degli 'autoctoni'. Il migrante è una "non-persona", legata al paese di arrivo da un "contratto di soggiorno" che gli consente di trattenersi sul territorio nazionale solo per il periodo necessario all'assolvimento della prestazione lavorativa richiestagli. Il migrante è dunque concepito, in primo luogo dalle leggi che regolano l'immigrazione, come un portatore di forza-lavoro e non come un individuo titolare di diritti. L'impressione è che i paesi occidentali si nascondano dietro paure diffuse (spesso mediaticamente costruite) per avallare una concezione dell'immigrazione come fenomeno utile alla regolamentazione del mercato del lavoro interno. Le "politiche d'integrazione", volte alla costruzione di una "cittadinanza multiculturale" sono sempre più spesso ridotte a una basilare retorica e la politica migratoria si limita all'organizzazione di "flussi" di una forza-lavoro che non deve più essere "integrata" nel paese di arrivo. Nonostante la repressione però, i migranti continuano a mettersi in viaggio, rischiando la vita e pagando ingenti somme di denaro che alimentano la criminalità organizzata. Trascurare le loro motivazioni dunque, significa non capire le dinamiche in atto e accontentarsi di un'analisi delle migrazioni funzionale alla loro 41 gestione istituzionale. Questa rubrica vuole prestare attenzione ai percorsi dei migranti, individuali e di gruppo, ai motivi che stanno alla base della loro decisione di emigrare, ai viaggi che li conducono in Occidente, alla migrazione vista dal Sud, rovesciando lo sguardo per illuminare il paradosso, o l'ipocrisia, delle nostre politiche migratorie e guardare alle società occidentali attraverso lo "specchio" che i migranti ci pongono di fronte. Sara Loporto Don Gianni De Robertis La fondazione Migrantes, è l’organismo costituito dalla conferenza Episcopale italiana per assicurare assistenza religiosa ai migranti, italiani e stranieri,per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti ed opere di accoglienza nei loro riguardi , per stimolare nella comunità civile la comprensione e la valorizzazione della loro identità in un clima pacifico e rispettoso dei diritti della persona. L’ufficio Migrantes è diretto da Don Giovanni De Robertis e ha come vice direttore Don Giovanni Pedone. Questo ufficio si occupa dei problemi dell’immigrazione ed in particolare degli immigrati italiani all’estero anche attraverso missioni cattoliche nei vari paesi. Don Gianni sin da giovane non avrebbe mai immaginato di diventare parroco. Nella sua adolescenza era dedito a studi scientifici, ha frequentato il liceo Scacchi, successivamente si è iscritto a ingegneria. Ad un certo punto della sua vita ha deciso di dedicarsi a Dio. Ora è parroco presso la chiesa San Marcello. Da quando ha ricevuto dal vescovo l’incarico di presiedere l’associazione Migrantes ha messo in primo piano l’accoglienza verso i richiedenti asilo, gli irregolari e chi, divenuto povero , ha perso un tetto e considerazione sociale. Don Gianni con l’aiuto dell’operatrice interculturale Teresa Spinelli, ha scritto “ Le vie dell’accoglienza” opuscolo utile per fornire informazioni ai migranti circa i servizi di accoglienza presenti in città. L’intento di don Gianni è stato raggiunto, questa guida è utile anche a operatori dei servizi sociali che aiutano legalmente e psicologicamente i migranti, ma secondo lui una guida non basta a rispondere al bisogno di assistenza sempre più elevato. Migrantes, è una delle associazioni della campagna “L’Italia sono anch’io” promossa da enti ecclesiali e dalla società civile tra cui ( caritas, acli, migrantes, centri arci, Libera e cgil). per il diritto di voto amministrativo per gli stranieri regolari che vivono da più anni in Italia. Il presidente del comitato promotore è Graziano Delrio sindaco di Reggio Emilia. 42 Silvia Macellaio Etnie Onlus Etnie è un’associazione di promozione sociale onlus. Dal 1998 promuove politiche di inserimento culturale e lavorativo dei cittadini stranieri e politiche di valorizzazione delle identità culturali. Dal 2001 al 2007 è membro dell’ICS (ItalianConsortium of Solidarity) organismo umanitario che promuove attività di cooperazione e di solidarietà internazionale. Etnie nasce come uno spazio multietnico di socializzazione, di incontro e di confronto tra italiani e migranti; è impegnata a creare, nel Barese e in Puglia, spazi multietnici per far conoscere le culture ‘diverse’. Le attività promosse da quest’associazione rappresentano un insieme di iniziative a carattere educativo, culturale, sociale e politico per stabilire delle collaborazioni con le organizzazioni e istituzioni pubbliche e private. Negli sportelli informativi gestiti da Etnie Onlus si svolgono attività di supporto per tutti gli immigrati. Lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) è stato istituito ai sensi dell’art. 32 della legge 189/02 ed affidato dal Ministero dell’Interno all’ANCI mediante convenzione. Esso prevede l’attivazione di servizi di accoglienza e integrazione per richiedenti e titolari di protezione internazionale. Infine è esistente un giornale scritto da studenti stranieri dal nome Talands: Ta sta per talenti, perché ogni essere umano ne possiede uno; mentre lands è parola inglese che significa terre. 43 Vanessa Saccente Minori non accompagnati Minori non accompagnati sono tutti quei ragazzi e quelle ragazze che arrivano in Italia senza alcun adulto che sia responsabile per loro. Ragazzi insomma, che si ritrovano già grandi ad appena quindici anni..età in cui un ragazzino “italiano” è impegnato tra partite di calcio e feste di paese. Si ritrovano quindi ad essere particolarmente vulnerabili e abbandonati a se stessi. La legge italiana che si rifà a fonti di diritto internazionale, in base al principio di non discriminazione, si impegna a garantire ai minori stranieri non accompagnati tutti i diritti previsti dalla convenzione internazionale tra i quali figurano il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione, all'unità familiare, alla tutela dallo sfruttamento. Le norme generalmente riconosciute dalla legge italiana prevedono che ogni minore non accompagnato debba essere segnalato alle autorità competenti. In particolare, a seconda dei casi, constatata l'illegittima presenza sul territorio italiano del minore straniero non accompagnato è previsto che il minore non venga espulso in base al principio della inespellibilità (laddove il minore non rappresenti motivo di minaccia per la sicurezza e l'ordine pubblico dello Stato); tuttavia, al fine di mantenere l'unità familiare, è prevista la pratica del rimpatrio assistito. In base al principio di inespellibilità ,i minori stranieri non accompagnati godono del diritto di ottenere il permesso di soggiorno. Perciò che concerne l'assistenza sanitaria, la procedura prevista dal nostro ordinamento si differenzia a seconda che il minore sia provvisto o meno del permesso di soggiorno. Difatti al minore titolare del permesso di soggiorno è garantita l'iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale, con la possibilità di usufruire di tutte le prestazioni da esso garantite; per il minore straniero non accompagnato sprovvisto di permesso di soggiorno, invece, non è fornito accesso al S.S.N. ma tuttavia sono garantite le cure ambulatorie urgenti ed essenziali purché non continuative. Il diritto all'istruzione è garantito per tutti i minorenni stranieri non accompagnati, sia che siano titolari del permesso di soggiorno o meno. Difatti, in base all'ordinamento vigente, sono anch'essi soggetti all'obbligo scolastico ed hanno il diritto di essere iscritti a scuola. Muas Muas, un ragazzo tunisino di appena quindici anni, è scappato dalla sua triste realtà raccontando una bugia alla propria famiglia per non crearle dispiacere. La famiglia è stata avvisata una settimana dopo il suo arrivo in Italia dal centro di identificazione ed espulsione(C.I.E.) di Foggia. Il ragazzo ha viaggiato in un barcone per tre notti, racconta, senza acqua né cibo..con il timore di poter morire da un momento all’altro, senza amici né parenti..completamente solo. L’unica cosa che ha sempre avuto con 44 sé,dice, sono le sigarette. Fuma da sempre e quelle non sono mai mancate; quando gli ho chiesto di sé, dei suoi interessi e dei suoi sogni, Muas si è stretto nelle spalle e ha abbassato lo sguardo,accarezzando il cappello che gli copriva il capo e lo ha spinto in giù per evitare il mio sguardo. Una risposta più forte di qualsiasi altra parola questa. Che rumore questo silenzio! La mia ultima domanda è stata: Muas hai paura? Il ragazzo mi ha risposto: “Io non ho paura, vorrei solo stare bene. Il mio sogno è quello di riabbracciare la mamma in Tunisia e rivedere la mia vecchia casa.” Questo ragazzino è uno dei tanti minori non accompagnati che decide di intraprendere un viaggio così rivoluzionario e spaventoso pur di abbandonare una condizione di vita cosi precaria. Lasciando a casa tutto quello che di più caro potesse avere. Niente più profumi familiari, niente più visi amici, nessuna certezza, solo speranze e un grosso magone nello stomaco. Sara Loporto I rifugiati politici Rifugiato (o rifugiato politico) è un termine giuridico che indica chi è fuggito o è stato espulso a causa di discriminazioni politiche, religiose o razziali dal proprio Paese e trova ospitalità in un Paese straniero. A differenza del concetto di profugo, espressione usata per definire chi si è allontanato dal Paese di origine per le persecuzioni o per una guerra, ciò che caratterizza il rifugiato è l'aver ricevuto dalla legge dello Stato che lo ospita questo status e la relativa protezione attraverso l'asilo politico. Il fenomeno ha assunto dimensioni rilevanti dopo la Seconda guerra mondiale, quando l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha istituito un organismo chiamato a tutelare i rifugiati, l'Alto Commissariato per i Rifugiati ACNURfondato alla fine del 1950. Di poco successiva alla fondazione dell'ACNUR è la prima definizione organica del concetto giuridico di rifugiato, contenuta nella Convenzione firmata a Ginevra il 28 luglio1951. La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo riconosce il diritto d'asilo all'art. 14 come diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni, non invocabile, però, da chi sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai princìpi delle Nazioni Unite. Hanno dunque diritto di asilo i "rifugiati". Quello di "rifugiato" è uno status riconosciuto, secondo il diritto internazionale a chiunque si trovi al di fuori del proprio paese e non possa ritornarvi a causa del fondato timore di subire violenze o persecuzioni. Diritto di asilo e diritti dei rifugiati nel Diritto internazionale Convenzione ONU relativa allo status dei rifugiati (Ginevra, 1951) La Convenzione di Ginevra del 1951 e il Protocollo del 1967 sono alla base del diritto internazionale del rifugiato. Secondo la Convenzione, un rifugiato è un individuo che: • ha fondato motivo di temere la persecuzione a motivo della sua • discendenza, • religione, • nazionalità, • appartenenza ad un particolare gruppo sociale, • opinione politica; • si trova al di fuori del suo paese d’origine; e 45 non può o non vuole avvalersi della protezione di quel paese, o ritornarvi, per timore di essere perseguitato. Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti (New York, 1984) La Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti è uno strumento internazionale per la difesa dei diritti umani, sotto la supervisione dell'ONU. Legislazione sul diritto di asilo in Europa • Il Regolamento Dublino II che ha sostituito fra gli stati membri dell'Unione Europea la preesistente Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, garantisce ad ogni richiedente lo status di rifugiato che la sua domanda sarà esaminata da uno Stato membro dell’Unione Europea, in modo da evitare che egli sia successivamente mandato da uno Stato membro all’altro senza che nessuno accetti di esaminare la sua richiesta d’asilo (il problema dei cosiddetti "rifugiati in orbita"). Il Regolamento mira, ad evitare che i richiedenti asilo godano di una libertà troppo ampia nella individuazione del Paese europeo al quale rivolgere la propria domanda di asilo. • • In Italia il diritto di asilo è garantito dall’art.10 comma 3 dellaCostituzione: Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge. il diritto di asilo è oggi previsto , sia per i rifugiati veri e propri, come già definiti dalla convenzione di Ginevra, sia per le persone riconoscibili quali beneficiari di protezione sussidiaria. Essi corrispondono a quelle persone che, pur non essendo rifugiati propriamente intesi, hanno ugualmente esigenza di protezione internazionale, in quanto in caso di rimpatrio, correrebbero un rischio oggettivo di danno grave, quale la sottoposizione a pena di morte, a tortura o altri trattamenti inumani o degradanti, ovvero una minaccia grave ed individuale alla loro vita o alla loro persona a causa di una situazione di violenza generalizzata dovuta ad un conflitto armato interno o internazionale. • La valutazione delle esigenze di protezione internazionale dei richiedenti asilo è oggi demandata, in via amministrativa, alle Commissioni Territoriali per il Riconoscimento della Protezione Internazionale. Secondo l'UNHCR, le domande di asilo presentate in Italia nel 2008 sono state 30.324, e i principali paesi di origine dei richiedenti asilo sono stati, nell'ordine, la Nigeria con 5.333 domande, la Somalia con 4.473 domande, l'Eritrea con 2.739 domande, l'Afghanistan con 2.500 domande e la Costa d'Avorio con 1.844 domande. • 46 Rosalia Ferrigno Ylenia Poliseno Festa interculturale Ed eccoci qui... alla festa! Dopo tanta fatica, ci ritroviamo in un momento di gioia e felicità! Una festa interculturale, di scambio, di condivisione e di allegria! Tutti con i visi sorridenti, allegri e spensierati... La festa è iniziata alle ore 16 con l'arrivo dei ragazzi della scuola media Fraccacreta di Palese. Una ragazza di terza media ha illustrato il loro progetto attraverso un video che ripercorreva, tappa per tappa, il loro percorso. Subito dopo, la preside ha ringraziato tutti gli ospiti presenti e le persone che abbiamo avuto la fortuna di conoscere. Successivamente Bianca ha preso la parola e con l'aiuto di Marika, Serena e Chiara, ha presentato il nostro lavoro. Il video di Gianfranco e il video di Adriana hanno intervallato le presentazioni. In seguito, abbiamo letto le storie delle persone conosciute ad Abusuan, allo sportello gestito dai Somali e al centro interculturale di Foggia. Una ragazzina mauriziana in abiti tipici, in compagnia di suo cugino, ha ballato al suono di musiche tipiche del loro paese... erano davvero bellissimi! Disinvolti, sembrava che ci conoscessero da tempo... Bravissimo è stato anche il cantante afgano VahdatRahimi che ha più o meno la nostra età. Emozionante però è stato ascoltare Claudia, la mia amica di classe che ha cantato due canzoni di Fiorella Mannoia... le emozioni che ha trasmesso a me e ai presenti, facevano venire i brividi... E' stata una bellissima festa e i panzerottini di carne e cipolla portati da Mohammed, il nostro amico somalo, erano buonissimi! Anche se non faceva freddo, io avevo i brividi... brividi ricchi di gioia e speranza! Vedere la prof.ssa Ammaturo contenta e soddisfatta del nostro lavoro è stato già un traguardo. Un lavoro difficile, impegnativo che ci ha portato a un ottimo risultato... cosa resta da dire?! NON POTEVA ANDARE MEGLIO! Tutto è andato per il verso giusto, la sala era piena di persone e tutti ci sentivamo un'unica famiglia... Ogni persona che ho incontrato mi ha segnata, mi ha cambiata e in un certo senso mi ha aiutata a crescere! HO IMPARATO che le cose brutte della vita sono altre, HO IMPARATO che la famiglia e i genitori hanno un ruolo importantissimo nella vita di ognuno di noi... HO IMPARATO CHE PRIMA DI GIUDICARE, DEVO RIFLETTERE! Nella vita non serve avere una macchina nuova, un mascara che ti allunga le ciglia o un fard che ti evidenzia gli zigomi... NELLA VITA BISOGNA ESSERE, PIUTTOSTO CHE APPARIRE! Ringrazio le prof.sse che ci hanno seguiti, i tutor che ci hanno sempre sostenuto, ringrazio i miei compagni di classe e tutti coloro che ho incontrato in questo progetto... "L'immigrazione 47 cambierà nome, diventerà mobilità, soltanto grazie alla comunicazione. Non c'è dunque mobilità fino a quando non ci sarà comunicazione. Senza comunicazione vince l'immigrazione illegale" Antonella Mininni 48 “L’Italia sono anch’io” Campagna di promozione di due leggi di iniziativa popolare. Le due proposte di legge di iniziativa popolare volte a favorire l'integrazione dei migranti nel nostro paese riguardano le norme per la partecipazione politica ed amministrativa e il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di nazionalità e le nuove norme sulla cittadinanza. Le prime comprendono il diritto di partecipazione politica ed amministrativa,il diritto di elettorato nelle elezioni comunali e provinciali,il diritto di elettorato nelle elezioni regionali, il diritto di elettorato dei cittadini europei, l'iscrizione nelle liste elettorali, la ratifica ed esecuzione della convenzione di Strasburgo; mentre le seconde regolamentano i diritti di cittadinanza per i nuovi nati, per i minori,in caso di matrimoni tra un italiano ed uno straniero, le adozioni di maggiorenni, l'integrazione linguistica e sociale dello straniero, i motivi preclusivi la cittadinanza, il riordino della disciplina di attuazione,il regolamento e le disposizioni transitorie. Queste proposte di legge servono a tutelare il migrante sia nel suo ingresso in Italia che a tutelarlo in itinere durante il suo soggiorno. Per questo motivo ci siamo impegnati, supportati dalla nostra scuola,il Liceo delle Scienze Umane "G. Bianchi Dottula", nella raccolta firme a sostegno di queste proposte di legge. Nonostante il primo atteggiamento di diffidenza delle persone incontrate, abbiamo riscontrato che con una accorta opera informativa, le opinioni mutavano rendendo le menti più aperte e spingendo le persone ad approvare quella che era la nostra causa. Siamo giunti alla conclusione che l'immigrazione non è un problema nel nostro paese, il problema siamo noi, la nostra diffidenza e la nostra scarsa capacità di auto informazione, non possiamo giustificare i nostri pregiudizi attribuendoli ad una cattiva/mancata informazione per esempio da parte dei media; bisogna imparare, non solo in ambito interculturale ma nella vita, che prima di formulare qualunque pensiero o giudizio, ognuno di noi ha la possibilità e i mezzi per documentarsi. La prima azione di sensibilizzazione è quindi informare! 49 Bianca Sifanno Convivialità delle differenze Il percorso di studi che sto affrontando presso il liceo delle scienza sociali G. Bianchi Dottula , in origine preannunciava il fatto che mi sarei impegnata in attività ed esperienze sociali di grande valore che mi avrebbero arricchita come persona. Tuttavia, mai avrei potuto immaginare l'entità del coinvolgimento che avrei provato e l'intensità delle tematiche che mi sarei trovata ad affrontare, come avvenuto durante il nostro stage sull'immigrazione previsto per il nostro quarto anno dal titolo: Convivialità delle differenze: immigrati, problema o risorsa? Parole apparentemente familiari, ma di cui ho sempre ignorato il valore; solo in seguito e durante questo percorso, ho scoperto cosa voglia dire "Convivialità delle differenze" . Ad esempio, come la giornalista ed antropologa GenevieveMackaping, donna meravigliosa ha saputo illustrarci,ovvero se provassimo a scavare nella storia genetica di ciascuno di noi tutti scopriremmo a malincuore di non essere parte della "razza pura" da molti stupidi acclamata.. Al contrario ci accorgeremmo i d'essere tutti "meticci". Nessuno di noi potrà mai conoscere completamente le proprie origini, non saprà mai grazie a quale originaria unione esiste ed è quello che è ; per questo motivo ritengo stupida l'esistenza dei cosiddetti "marcatori esterni" che in base a tratti somatici più o meno marcati presumono di classificare correttamente una persona come parte di una determinata etnia senza sapere nulla della sua vita! Prima di affrontare questo stage ero altresì convinta che gli immigrati fossero d'ostacolo al nostro sistema economico,ma dinanzi a dati statistici che dimostrano esattamente il contrario, ho dovuto ricredermi. Così come ritenevo che tutti quei ragazzi dalla carnagione più scura che vedevo attorno a me e che pronunciavano il mio dialetto e la mia lingua spesso, meglio di me fossero tutti come me. A malincuore ho appreso che molti di loro, pur essendo nati in Italia e pur non conoscendo i paesi d'origine dei loro genitori, perché gli si CONCEDA D'ESSERE COME ME sono costretti ad aspettare procedure burocratiche di anni per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana. Procedure e lungaggini burocratiche che servono solo a metterli in crisi e a farli sentire APPARTENENTI A NULLA E NESSUNO. Come ci si sentirebbe privi di identità senza sapere in cosa effettivamente riconoscersi? Io credo che si sentirebbe la necessità di difendersi da tutto e tutti e dal terrore di sbagliare ed essere giudicati; per tutti questi motivi bisogna smetterla di nascondersi dietro l'ignoranza, specie noi "italiani puri" dalla nascita, a cui viene detto che la conoscenza è la base di una vita presumibilmente corretta. Si prosegue per piccoli 50 passi, io uno l'ho già fatto: sono diventata consapevole del fatto che è profondamente sbagliato giudicare ciò che non si conosce, e soprattutto è sbagliato, anche se umano, farsi spaventare da quello a cui non si è abituati. Dunque perché non fare insieme un grande passo, impariamo a guardare le differenze con curiosità, quella curiosità sana che non sottolinea le differenze come negatività ma come arricchimento. Adriana Montagna Una giornata importante La manifestazione organizzata nella nostra scuola il 13 Gennaio è stata finalizzata alla raccolta di firme per sostenere la campagna ‘’L’Italia sono anch’io’’. Le proposte di legge sono rispettivamente per il diritto di partecipazione politica e amministrativa senza discriminazione di cittadinanza e nazionalità e per l’acquisizione della cittadinanza da parte dei bambini o dei ragazzi nati in Italia, figli di migranti regolarmente residenti in Italia. La compagna ben si inserisce nel progetto che stiamo portando avanti con il PON “Le(g)ali al sud” dal titolo “Convivialità delle differenze. Immigrati problema o risorsa?” oltre che con il nostro percorso di studio. L’essermi avvicinata a questo mondo totalmente diverso da quello che ci viene mostrato dai distaccati media mi ha permesso di conoscere realmente le diversità del mondo che ci circonda. Posso dire adesso di sentirmi una ‘ giovane cittadina del mondo ’ che quando un giorno verrà lasciato nelle nostre mani, non dovrà trovare divisioni e conflitti infiniti da risolvere, ma una convivenza pacifica e prolifica tra tutti e tutto. Ad avvalorare il mio sentire c’è un recentissimo studio che sostiene che negli ultimi anni il sovrapporsi di diverse culture stia portando alla nascita di una nuova varietà umana: l’Homo Biculturalis. Alcuni psicologi hanno studiato i comportamenti di alcuni studenti di diverse etnie in campus americani e si è scoperto che questi riescono a muoversi tra lingue e valori diversi senza contraddizioni. Questi ragazzi non hanno bisogno di essere ‘’assimilati’’ per sentirsi a proprio agio nel luogo in cui vivono, ma vogliono fare da ponte tra entrambe le tradizioni che gli appartengono di diritto dalla nascita. La loro apertura verso il mondo dovrebbe in questo senso spingerci a cambiare per poter vivere la realtà che ci circonda , mettendo da parte i radicati pregiudizi che ci allontanano dal viso scuro del nero o dal pantalone borchiato del bianco . Osservate. Davvero sapete cosa c’è intorno a voi? 51 Clara Ranieri Quale cittadinanza per gli stranieri? Il 13 febbraio 2012 si è svolta una giornata molto importante all’insegna del senso civico e della convivialità. Grazie alla campagna “L’Italia sono anch’io” abbiamo ospitato la raccolta firma per portare in Parlamento la proposta di legge che prevede il diritto di voto degli stranieri alle amministrative, e il diritto di cittadinanza ai figli di cittadini stranieri nati in Italia. Nel nostro paese non vige la legge dello ius soli, che prevede la cittadinanza per tutte le persone nate qui; da noi la legge si basa sullo iussanguinis, ovvero lo status dei figli è legato alla condizione dei genitori: se loro hanno ottenuto la cittadinanza, questa si trasmette ai figli, altrimenti bisogna richiedere i permessi di soggiorno. All’incontro del 13 febbraio hanno partecipato l’assessore alle politiche giovanili del comune di Bari Fabio Losito, il presidente del Centro Interculturale “Abusuan” TasirHasan, e Rosy Paparella ‘Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza’ della Regione Puglia, che hanno dato il loro contributo condividendo alcune riflessioni personali sul tema. In seguito, alcuni ragazzi di ” seconda generazione” (bambini nati in Italia da genitori stranieri) hanno raccontato brevemente la loro storia e cosa sognano per il loro futuro in Italia. Grazie a questi incontri riesco a comprendere meglio la posizione delle persone che migrano nel nostro paese e a mettermi nei loro panni. Ascoltare storie vissute che magari altrimenti sentiremmo solo in televisione, vedere immagini, ascoltare canzoni mi hanno aiutata a rompere il muro dei pregiudizi che prima avevo verso di loro e a costruire un recinto con un cancello sempre aperto per accogliere dentro di me tutte le culture che possano esistere sulla terra. Il razzismo di grandissima parte della popolazione è sicuramente un fenomeno causato dai molteplici fatti di cronaca nera che vedono protagonisti gli “extracomunitari”. I ricorrenti stupri, rapine, assassini e furti nei quali sono implicati stranieri sono effettivamente tanti, ma è anche vero che in molte persone esiste un “razzismo preventivo” che discrimina tutti quelli che non parlano la stessa lingua o non siano nati nello stesso paese. Grazie all’incontro con lo scrittore senegalese MbackeGadji mi sono resa conto che ciò che lui raccontava dei costumi e delle usanze del suo villaggio, anche se apparentemente potevano 52 sembrarmi assurde e pazzesche, come il rito del matrimonio che prevede il passaggio della sposa sotto alcuni alberi, oppure l’esistenza di un bosco sacro nel quale risiedono gli spiriti che proteggono il villaggio, per un’altra parte del mondo rappresentano la quotidianità e la normalità. Nessuno dovrebbe cercare di escludere qualcun altro dal proprio paese, perché in fondo siamo tutti stati generati sulla stessa terra e ogni singolo individuo ha il diritto di sentirsi cittadino del mondo. L’esperienza che stiamo vivendo con il Ponc3 dovrebbe essere fatta almeno una volta in tutte le classi, perché solo entrando in contatto diretto con persone portatrici di una cultura diversa dalla nostra, sarà possibile capire che non siamo poi così diversi perché ognuno di noi ha sogni nel cassetto, e anche dall’altra parte del pianeta si provano le stesse emozioni che proviamo noi. Claudia Sciannimanico A sostegno della campagna “L’Italia sono anch’io” Il progetto che quest’anno ci vede impegnati ha come tema l’immigrazione, e si propone di aiutarci a stabilire se gli immigrati costituiscano o meno una risorsa. Mi sento di affermare, con una certa sicurezza, che gli immigrati, meglio i migranti come dovremmo chiamarli, sono una risorsa più che un problema. Certamente i pro e i contro ci sono, ma durante gli incontri che si sono tenuti gli esperti e in primo luogo i diretti interessati che abbiamo incontrato, ci hanno offerto molti spunti e dati reali sulla situazione immigrati. In particolare: Ibrahim, mediatore interculturale, grazie al cui aiuto siamo riusciti a mettere in piedi una raccolta firme nella nostra scuola, nell'ambito della campagna nazionale “L'Italia sono anch'io”; si tratta di un’ iniziativa popolare che serve a spingere le istituzioni a fare in modo che le seconde generazioni, ovvero i figli di cittadini stranieri nati in Italia, abbiano di diritto la cittadinanza anziché per concessione. Ho avuto conferma che non tutti gli italiani sono favorevoli all’integrazione, in realtà la maggioranza è propriamente sfavorevole; questo non è sorprendente visto le notizie di cronaca. Tutto sommato io sono favorevole ad una piena integrazione perché a mio parere non possiamo impedire ad altri uomini di soggiornare in Italia, dopotutto solo perché noi ci definiamo italiani chi ci dice che l’ Italia è nostra ed esclusiva? Dopotutto non ci sono differenze tra bianchi e neri se non un colore, e questo può portare a tanta discriminazione? Allora potremmo prevedere che il mondo prima o poi diventerà deserto perché se un colore può fare la differenza, allora anche la lingua influirà sui rapporti sociali e, andando avanti, troveremo sicuramente qualcos’altro per farci guerra tra noi e distruggerci a vicenda. Bel futuro che ci aspetta! Spero che questa esperienza ci stimoli e ci aiuti a far 53 comprendere ai più che dopotutto siamo uguali e che i diritti non si possono negare. Non a caso il titolo del nostro pon è “CONVIVIALITÀ DELLE DIFFERENZE”! Florinda Palacco Ho imparato Si parla tanto di integrazione, ma quali possibilità offriamo ai migranti di integrarsi? Che senso ha parlare di integrazione se poi neghiamo il diritto di cittadinanza a chi, figlio di stranieri, nasce in Italia? Conoscere il punto di vista dei migranti, i loro pensieri, i loro sogni ci ha fatto comprendere come per loro sia importante che la cittadinanza sia un diritto e non una ‘concessione’. Abbiamo così deciso di promuovere nel nostro Liceo la raccolta di firme a sostegno della campagna “L’Italia sono anch’io” . Quante sorprese ci attendevano! Ho capito quanto possa essere doloroso per un adolescente condurre uno stile di vita, abituarsi a ritmi, regole ed usanze e poi sentirsi ricordare “TU NON SEI ITALIANO!” Sentirsi al 100% italiano e non poterlo dimostrare a chi non sa se ritenerti italiano o extracomunitario. Ho imparato davvero tante cose durante questo percorso; per esempio ora so che la paura più grande che gli uomini provano nasce dalla non conoscenza, dalla paura di esser giudicati. Come si fa a giudicare se non si conoscono le molteplici sfaccettature dell’animo umano che si nascondono dietro un volto? Ho imparato che le differenze arricchiscono e non allontanano. Ho scoperto che insieme ad un perfetto sconosciuto, che sia bianco o nero non importa, posso 54 conoscere più a fondo me stessa; mi sono resa conto che la verità oggettiva viene percepita in tanti modi diversi,quante sono le persone che ne vengono a conoscenza;quindi vi saranno molteplici reazioni differenti. Ho scoperto che aiutare chi è in difficoltà mi fa sentire bene,più leggera e l’anima più “calda”. Ho imparato a guardare,ragionare e pensare come un nero, che è identico a come lo fa un bianco, allora perché non possiamo ragionare insieme? Perché dobbiamo per forza sottolineare le differenze che ci rendono diversi,piuttosto che evidenziare ciò che ci accomuna? Ho scoperto che molte persone fanno cose perché devono e non perché vogliono, e ne ho conosciute altre che invece fanno di tutto pur di essere d’aiuto e sentirsi bene con se stessi. Ho imparato che l’unione fa la forza, che una semplice fiaba è più significativa di mille discorsi etici. Ho capito a fondo che la ricchezza di un uomo è data dal suo cuore, dal coraggio che lo riempie, dalla bontà che lo domina e dall’umiltà che lo rende più ricco di qualsiasi altro uomo economicamente ricco. La vera ricchezza è quella che ogni uomo scopre dentro di sé, e negli sguardi, nei sorrisi e nelle vite altrui e non nelle mani di chi detiene il potere. In questo percorso ho avuto la possibilità di conoscere tante persone in difficoltà, ma davvero,davvero ricche; ricche di speranza,diidee,valori,pieni di vita e sicuri di sensibilizzare e magari cambiare il mondo occidentale. Vorrei un giorno poter camminare in mezzo alla gente di qualsiasi etnia,sicura che nessuna potrà più fare del razzismo, che tutti, ma proprio tutti, si sentano a casa in qualsiasi posto decidano di andare. Mi sento toccata da tutto questo e forse anche un po’ cambiata; sento di poter fare qualcosa,anche con poco. So che riusciremo un giorno a far valere i diritti di tutti gli essere umani in egual misura. Lo so perché lo penso, e lo penso perché ci credo,e se ci credo vuol dire che è vero! (Cartesio). Sara Loporto 55 Giovani Senza Frontiere L’associazione “ GIOVANI SENZA FRONTIERE” nasce dall’esperienza fatta durante il percorso di stage del quarto anno di liceo delle scienze sociali. Con il prezioso aiuto del toutor Gianfranco Leonardi, ci siamo impegnate, per poter proseguire questa esperienza nel campo dell’aiuto e dell’ integrazione dei migranti. L'Associazione nasce come realtà spontanea che non comporta nessun riconoscimento legale e nessuna spesa sociale. Ognuno partecipa come volontario secondo le proprie possibilità di tempo, di ingegno e di economia. Non ci sono limiti alla creatività per la realizzazione degli obiettivi. I soci fondatori sono - Bianca Sifanno Sara Loporto Adriana Montagna Yuli Girone 4^B s.s 4^B s.s 4^B s.s Candidate a far parte dell’associazione: - Bintu Lo (Senegal) - Aida Trò (Costa d’Avorio) Obiettivi: 1) Promuovere incontri con immigrati, soprattutto giovani; 2)Favorire alleanze e collaborazioni con altre realtà sul territorio; 3) Promuovere la conoscenza delle problematiche degli immigrati e dei loro 56 discendenti; 4) Sostenere e promuovere la formazione di una associazione 2G a Bari; 5)Promuovere azioni di sensibilizzazione finalizzate all'abbattimento di ogni forma di discriminazione in genere e specialmente etnica, culturale, linguistica, religiosa e di ogni altra differenza; 6)Realizzare gemellaggi con realtà all'estero o attività di sostegno a distanza con precisi mini progetti; 7)Favorire l’integrazione degli stranieri attraverso corsi finalizzati all’acquisizione della lingua italiana; 8)Sostenere l’integrazione scolastica degli alunni stranieri; 9)Il progetto vuole promuovere il protagonismo delle donne. Possibili attività: - Andare una volta in una mensa sociale a scelta (alla mensa serale della stazione o diurna a C.so Italia ecc); - Sostenere la Festa dei Popoli e parlarne; - Incontrare altre realtà e partecipare a riti e diverse feste etniche; -Curare la nostra formazione partecipando, per esempio, ai martedì della cultura promossi dai Comboniani; -Organizzare corsi di lingua italiana per gli stranieri partendo dalle recenti richieste ricevute dalla comunità somala del nostro territorio; -Prossimo impegno è la partecipazione all’incontro per la Festa dei popoli il 25/5 ore 18.30, presso la casa dei Padri Comboniani. Collaborazione: - Gianfranco Leonardi è collaboratore esterno che si impegna a fornire contatti e collaborazione varia. Per ora non si elegge una "sede sociale", ma ci si incontrerà o Ad Abusuan (strada Vallisa) o presso i Missionari Comboniani (via G.Petroni 101) o presso le Missionarie di Padre Kolbe (via Manzoni). 57