LICEO LINGUISTICO E DELLE SCIENZE UMANE
“G. Bianchi Dottula” – Bari
Ob. C Azione 3- FSE- 2010- 1436
Le(g)ali al Sud: un progetto per la legalità in ogni
scuola
A. S. 2011-2012
CONVIVIALITÁ DELLE DIFFERENZE:
IMMIGRATI, PROBLEMA o RISORSA?
Stage della classe IVB scienze sociali
“Siamo specchi riflessi: l’unica differenza è nella
luce,
che attraversandoci provoca piccole variazioni di
immagini”
(Florinda Palacco)
Ente partner: “ABUSUAN”
TUTOR INTERNI:
Prof.ssa
1
Ammaturo
Prof.ssa M.R.
TUTOR AZIENDALI :
Diomede Annamaria
DIRIGENTE SCOLASTICO:
Prof.ssa Anna Maria
Amoruso
2
Ha coordinato il lavoro la prof.ssa Rosaria Ammaturo
Hanno collaborato:
Barone Raffaella
Bussola Francesco
Capozzi Antonia
de Candia Chiara
De Giglio Alessia
Di Monte Ludovica
Dellino Marika
D’Elia Claudia Maria
Ferrigno Rosalia
Grimaldi Serena
Loporto Sara
Macellaio Silvia
Mininni Antonia
Montagna Adriana
Palacco Florinda
Pasquariello Giovanna
Poliseno Ylenia
Ranieri Clara
Saccente Vanessa
Sciannimanico Claudia
Sifanno Bianca
Signorile Signorile Marta
Straniero Stefania
Tanzi Ilaria
3
INDICE
Introduzione:
- Esperienze sensazioni poesie
- Introduzione
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5
Luoghi:
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- Abusuan e Sportello 108
-Sportello immigrazione socio-sanitaria-culturale degli Immigrati
-“RESEM”: Sportello - somalo
-CENTRO EMMAUS
- Centro interculturale Baobab - sotto la stessa ombra (Foggia)
-Centro interculturale Baobab ( Foggia )
Incontri:
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11
13
15
16
- Genèvieve Makaping
-Il fenomeno migratorio in Puglia
(intervento della dott.ssa Angela Martiradonna)
- Dati del 21° Dossier statistico “Caritas/Migrantes”
-Comunità Mauriziana
-“Il diritto di cittadinanza per gli immigrati nati in Italia. Come lavorare per
l’integrazione.”
(Intervento di Elsheikh Elrashid Ibrahim di Etnie Onlus)
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- Mbacke Gadji
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22
24
- Villaggio di Mbacke Gadji
26
Storie di vita:
-
Hanna Shaini
Samira
Ysmail
Yasine
Mehdi
Zara
Amira
Hussein
Racconti meticci:
- Un’esperienza di scrittura meticcia
- “Ascolta il tuo cuore”
- “Una donna”
-“ Lo spirito del vento”
Approfondimenti e non solo:
-
4
Migrantes
Don Gianni De Robertis
Etnie Onlus
Minori non accompagnati
Muas
Rifugiati politici
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29
29
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31
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32
32
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44
44
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- Festa interculturale
Riflessioni:
-
“L’Italia sono anch’io”
Convivialità delle differenze
Una giornata importante
Quale cittadinanza per gli stranieri?
A sostegno della campagna “L’Italia sono anch’io”
Ho imparato
L’impegno
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- Giovani Senza Frontiere
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5
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48
49
50
51
52
53
54
continua:
Esperienze sensazioni poesie
Lettere strane
Lettere strane,
di giorno e di notte
lavoro immane.
Sento parole,
non sento niente.
Cercavo riposo,
di giorno e di notte
lavoro immane.
Sento parole,
non sento niente.
Volti che guardano
e non vedono niente.
Come un serpente
Sul tuo suolo cocente di sabbia
cosa sogni?
Come un serpente spinato, il fervente bisogno di libertà s’incrocia
con una lontana realtà di rumore.
Sogna tu,
una lontana terra chiara
intemperante e sgraziata ,
non ascolti il suono del grano che chiama
è troppo lontana.
Del giorno soltanto si fida , con quel sogno nascosto nel petto, vergognoso.
Non ascolta,
non guarda ,
resta lì lontana sul suo suolo rugoso.
Non può sentire ,
non vive ,
e non può morire.
Clara Ranieri
Introduzione
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Alcune volte è difficile esporre o scrivere il proprio pensiero, le proprie riflessioni, ma è
uno dei tanti modi per condividere e informare gli altri di quello che si è vissuto. Il
tema immigrazione, o meglio migrazione, è uno dei temi che si affrontano spesso a
scuola o di cui si legge spesso sui giornali, ma secondo me viene affrontato in
maniera sbagliata. Io frequento il quarto anno al Liceo delle Scienze Sociali “G. Bianchi
Dottula” a Bari, quest’anno la nostra professoressa di scienze sociali d’intesa con il
consiglio di classe, ha proposto, come tema del nostro stage, un percorso di
educazione interculturale dal titolo significativo: “Convivialità delle differenze:
immigrati problema o risorsa?”. In classe, tra noi alunni, inizialmente ci sono state
parecchie polemiche: pensavamo di conoscere a fondo questo argomento, ne
avevamo sentito parlare già in prima. Ora che siamo a metà percorso abbiamo
cambiato tutti idea, e io so qual è il motivo della nostra sicurezza nell’affermare il
contrario, ci siamo resi conto che quello che sapevamo erano pensieri che altri ci
avevano trasmesso e non nostri pensieri maturati autonomamente facendo
esperienza.
A scuola ci viene proposto uno studio “passivo” che si basa su conoscenze teoriche, la
maggior parte del tempo ascoltiamo e quando parliamo non è per dire la nostra, ma
per esporre ai professori ciò che abbiamo appreso dai libri. Anche a livello sociale
spesso succede che si parli dei giovani senza ascoltare i giovani o che si parli dei
migranti, o si facciano leggi che li riguardino, senza ascoltare la loro testimonianza,
senza chiedere come vivono o quali sono i loro bisogni e le ragioni che li hanno spinti a
lasciare il loro paese. Noi italiani siamo presuntuosi nel voler affermare che
conosciamo, che sappiamo e che siamo informati, ma non è così.
Per due giorni a febbraio nel nostro liceo abbiamo organizzato la raccolta di firme per
le leggi di iniziativa popolare sostenute dal comitato”L’Italia sono anch’io” e abbiamo
sensibilizzato genitori, docenti e alunni di altre classe al tema della cittadinanza che
abbiamo capito deve essere un diritto e non una concessione. Ho potuto conoscere e
capire la vera diversità umana che non è quella dettata dai marcatori esterni come il
colore della pelle, il taglio degli occhi, o altri aspetti fisici evidenti agli occhi, ma è data
dal nostro essere sensibili o insensibili, disposti al dialogo o indifferenti e arroganti.
L’episodio che mi ha segnato di più è stato quando una mia amica, venuta per firmare
la proposta di legge di iniziativa popolare, non ha potuto farlo perché albanese e priva
della cittadinanza italiana. Lei ci è rimasta male più di tutti perché vedeva gli altri
firmare e lei non poteva, anche se era la diretta interessata.
Allora tante domande sono nate in me: Perché escludere queste persone dalla nostra
vita se sono come noi, vengono con noi a scuola, parlano la nostra stessa lingua,
hanno gli stessi nostri sogni, le stesse prospettive di vita? Perché non tutelarli? Vivere
consapevolmente, conoscere, informarsi non vuol dire solo leggere i giornali o vedere
i TG su tutti i canali televisivi, ma ogni tanto uscire di casa e parlare con qualcuno dei
migranti che si incontrano per strada, nel pullman, in coda alla cassa del
supermercato. Tutti si renderebbero conto che non c’è niente di diverso tra “noi” e
“loro”.
In uno degli incontri del nostro percorso formativo abbiamo partecipato ad una
conferenza tenuta da un’antropologa, giornalista del Camerun che ci ha fatto notare
come quando usiamo il linguaggio per esprimerci possiamo, senza rendercene
conto,mettere in atto processi di esclusione o di inclusione. Quando per esempio
usiamo il termine integrazione dovremmo chiederci perché dovremmo omologare a noi
persone che hanno culture differenti;l’uso del termine straniero abbinato ad
integrazione,evidenzia una contraddizione :perché dovremmo integrare qualcosa che
ci è estraneo, diverso? Cosa significa parlare di terzo mondo? Chi ha deciso questa
divisione e gerarchia tra mondi che non esistono, se il mondo è uno solo?
7
Molte volte il fenomeno migratorio è associato a quello dell'aumento della
delinquenza e della criminalità. Alcune ricerche sociologiche hanno dimostrato che non
c'è alcun nesso diretto fra l'immigrazione e la criminalità. I due fenomeni possono
intensificarsi contemporaneamente nelle zone ricche, senza però che l'una causi o
favorisca l'altra. Un altro aspetto che bisognerebbe tener presente è il peso statistico
della presenza dei migranti sulla popolazione totale.
Avere paura non serve a niente, escludere queste persone, etichettarle non porterà a
nulla di buono se non ad episodi di razzismo che nel secolo scorso hanno macchiato la
storia dell’umanità. In ogni parte del mondo ci sono persone buone e persone cattive,
ma non per questo dobbiamo generalizzare e fare di tutta un’erba un fascio! Allora
perché chiudere le porte? Perché respingere?Noi italiani dovremmo essere i primi a
ricordarci come siamo stati trattati quando siamo emigrati in America, in Germania, in
Belgio … Mi chiedo allora perché studiamo la storia, se non per imparare dagli errori, e
perché noi stiamo facendo gli stessi errori che pure abbiamo subito in prima persona?
Siamo anche noi un popolo in movimento: perché vogliamo, quando emigriamo, avere
un certo trattamento, se anche noi non lo riserviamo a quelli che vengono nel nostro
paese?
8
Bianca Sifanno
Abusuan: Sportello 108
ABUSUANè un luogo di incontro tra culture e tradizioni di paesi diversi. Le sue
molteplici attività nascono dall’intenzione di dare luogo ad una società nuova e ad un
linguaggio capaci di esprimere, costruire e significare le nuove e diverse forme della
convivenza e interetnicità. ABUSUAN,quindi, si pone tra i suoi principali obiettivi,
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quello di informare e di conoscere le realtà di altri popoli, le culture, le storie e i
conflitti che le attraversano. ABUSUAN è punto di riferimento per servizi di
informazione e formazione nel campo delle migrazioni internazionali. Il suo intento è
quello di promuovere l’integrazione, la risoluzione dei conflitti tramite la cooperazione
e la sensibilizzazione ai diritti umani. Per questo motivo Abusuan svolge le sue attività
in due principali direzioni: da un lato il lavoro nell’ambito della conoscenza e
dell’informazione,
dall’altro il lavoro nell’ambito della formazione e della scuola: organizzazione di corsi di
formazione e di aggiornamento per docenti ed operatori culturali. Le attività del centro
sono rivolte a tutti coloro che operano nel campo della cooperazione sociale, al mondo
del volontariato, alle amministrazioni locali, agli assistenti sociali, agli educatori, ai
docenti, agli studenti, ai migranti e nascono dalla cooperazione.
Abusuan ha istituito nella propria sede lo Sportello per l’integrazione socio
sanitaria e culturale degli immigrati secondo i parametri del regolamento
regionale n.4 del 2007.
Sportello immigrazione socio-sanitaria-culturale degli Immigrati
Lo “Sportello per l’integrazione socio-sanitaria-culturale degli Immigrati”, è presente in
modo stabile e continuativo nella sede del Centro Interculturale . Lo sportello opera
per l’integrazione sociale e culturale dei cittadini stranieri, attraverso una vasta rete di
Servizi nonché di iniziative culturali a livello locale ed è strettamente legato ai servizi e
agli operatori sociosanitari del territorio.
Servizi erogati:


Primo ascolto e rilevazione delle richieste specifiche degli utenti.
Orientamento in merito ad aspetti e procedure legislative in materia
d’immigrazione, orientamento alle modalità ed alla procedura di richiesta d’asilo e
permessi di soggiorno, orientamento all’audizione con la Commissione territoriale
per l’immigrazione.

Orientamento alla rete dei Servizi e delle Istituzioni sia pubbliche che private
presenti sul territorio.

Accompagnamento dei cittadini stranieri e dei rispettivi nuclei familiari nell’accesso
ai Distretti socio- sanitari, scolastici e verso altri servizi o enti privati.

Accompagnamento presso la Questura di Bari e lo Sportello Unico per pratiche che
richiedano interventi rapidi con l’impiego di figure professionali adeguate.

Supporto nella compilazione di modulistica specifica e redazione di istanze presso
enti e/o uffici vari.
10

Consulenza tecnico-specialistica per la costruzione e la gestione di progetti
personalizzati d’intervento per cittadini immigrati e rispettivi nuclei familiari,
concertati con i Servizi Sociali del comune di Bari.

Mediazione linguistica e culturale.

Redazione di curriculum vitae ed orientamento al mondo del lavoro.

Attività di formazione ed affiancamento degli operatori socio-sanitari per la
promozione di una cultura dell’integrazione in favore degli immigrati.

Corsi di formazione professionali finalizzati a valorizzare le competenza dei cittadini
immigrati e al loro inserimento nel mondo del lavoro.
Francesco Bussola
Sara Loporto
RESEM”: Sportello-somalo

Lo sportello informativo gestito dai somali e denominato “RESEM” è caratterizzato
da postazioni telefoniche e numerosi computer con la connessione ad internet.

In fondo alla saletta, che ne costituisce l’unico ambiente, c’è la direzione con un
punto di accoglienza dove vengono date informazioni ai
concittadini per
regolarizzare la loro posizione legale rispetto alla Questura, al Comune o alla
Prefettura. È anche un’occasione di incontro tra connazionali. La prima
che
abbiamo conosciuto è una giovane ragazza di nome Zara, che si impegna molto ad
aiutare i suoi connazionali come MEDIATRICE CULTURALE.

Ci ha raccontato che è partita dalla Somalia senza dire a sua madre che veniva in
Italia, sicura che non avrebbe mai avuto il permesso. Nonostante tutto il viaggio
andò bene. Arrivata a Bari, per inserirsi nella nostra città, ha chiesto aiuto in
diverse parrocchie per trovare un alloggio, un lavoro che potesse darle da vivere e
regolarizzare il suo soggiorno.

Ad oggi, lavora come badante. Ha frequentato ad “Abusuan”, un corso per imparare
l’ italiano. Ci ha fatto sorridere quando ha raccontato che dopo pochi mesi che
prende in carico un anziano, quello muore e lei è costretta a cercarne subito un
altro prima che scada il permesso di soggiorno. È un ragazza molto dolce e allo
stesso tempo molto forte e coraggiosa.

La seconda testimonianza è di una ragazza di nome Samira, ci ha raccontato che
prima di venire in Italia, ha vissuto in Egitto, paese al quale lei è molto legata. Lei
ha evidenziato la mancanza di rapporti con gli italiani qui a Bari. Infatti sembrava
quasi una richiesta di maggiore aiuto e maggiori amicizie e non solo per lei ma
anche per gli altri amici somali. Comunque lei sogna di tornare in Egitto, per
fermarsi a vivere lì.

Poi ci ha parlato, l’altro socio di Zara, che ha spiegato che loro hanno seguito un
corso di formazione regionale per poter aprire lo sportello e che tra i tanti
11
partecipanti loro hanno avuto questa possibilità di finanziamento. La sua storia è
molto più movimentata: ha girato mezza Europa pur essendo irregolare. Anche lui
ha espresso il desiderio di imparare meglio l’italiano, con l’aiuto di qualche amico o
amica barese.

Ai nostri occhi è sembrato, una persona affascinata dai viaggi e dallo spirito di
avventura.
Lui insieme a Zara e agli altri hanno organizzato un po’ meglio
l’accoglienza al Ferrhotel ordinando gli ingressi e le uscite dei vari ospiti somali. Ci
ha anche accennato come funzionerà lo sportello che non è stato ancora inagurato.
L’ultimo che abbiamo conosciuto è un cantante che ha raccontato di aver lasciato
la moglie per cercare lavoro in Europa. Anche lui ha parlato della sua vita in
Somalia, della gelosia della moglie nel pensarlo lontano tra le braccia delle italiane.
È anche papà, si perché ha lasciato i suoi bimbi a casa. Ora lavora come muratore
e coltiva la sua passione per il canto. Infatti ci ha fatto ascoltare due singoli da lui
incisi nella sua lingua.

Tutto questo mi fa pensare alle migrazioni del secolo scorso degli italiani che
partivano anche loro all’avventura per poter sostenere economicamente le famiglie
lasciate nel proprio paese.
Antonia Capozzi
Centro Emmaus
(CASA DEL GIOVANE)
EMMAUS nasce nel 1978, da una piccola comunità di sacerdoti Salesiani ed un gruppo
di giovani della Parrocchia "Sacro Cuore" della periferia di Foggia.
Questa è una associazione di volontariato che si occupa di varie problematiche:





persone che vivono in situazione di disagio;
disabili;
persone con problematiche psico-sociali e di tossicodipendenza;
immigrati con le loro famiglie;
attualmente la Casa ospita i minori non accompagnati.
Si occupa anche dell'integrazione tra persone di culture diverse, facendoli mettere in
gioco per scoprirne ciò che li valorizza di più.
Il Centro offre:
• servizi di animazione per anziani e giovani all'interno della struttura;
• accompagnamento scolastico;
• servizi di animazione e prevenzione per adolescenti sul territorio con interventi di educativa
di strada;
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• centri di ascolto per le famiglie;
• servizi di sostegno.
Questa struttura dal 1997 comprende anche la "Casa del giovane", centro polivalente
e di aggregazione per minori a rischio, con la finalità di accogliere bambini,
preadolescenti, adolescenti e giovani in uno spazio educativo che promuove processi
di scambio, di relazione, di partecipazione ed integrazione nei confronti del minore e
delle loro famiglie.
Tutto questo con l'aiuto di una equipe specializzata formata da diverse figure:
o
o
o
o
o
o
o
un direttore;
una coordinatrice delle attività educative;
un educatore responsabile del lavoro di strada;
un responsabile delle attività di accompagnamento scolastico;
un responsabile delle attività ludiche;
quattro educatori;
cinque esperti di laboratorio.
Chi convive nel centro EMMAUS deve rispettare delle regole che vanno dall'orario alla
convivialità tra i membri.
Ritengo che il Centro di Accoglienza EMMAUS dia una grande opportunità ai minori
migranti, in quanto offre servizi di istruzione, di accoglienza, ma in particolar modo di
integrazione, che per questi ragazzi, purtroppo, è ancora un sogno difficile da
realizzare nella nostra società. Spero che strutture come questa continuino a lavorare
sia con i ragazzi come con tutti coloro che versano in situazione di disagio.
Proporrei ai responsabili del Centro di organizzare dei corsi di formazione o degli stage
estivi per noi studenti, così da poter contribuire ed incrementare le fila dei volontari
nell'ambito dell'assistenza, dell'accoglienza e dell'integrazione.
Alessia De Giglio
Cos’è : Il Centro Interculturale
"Baobab - Sotto la Stessa Ombra"
è un punto di riferimento, di
animazione e di promozione delle
attività interculturali nel
capoluogo dauno. L'accoglienza
coinvolge la comunità territoriale
e attiva percorsi di integrazione e
di inclusione sociale.
Centrointerculturale
Baobab-sotto la stessa ombra
foggia
SONO PRESENTI:
Lo Sportello Immigrazione offre Servizi di Informazione, Assistenza e
Orientamento rivolti ai cittadini stranieri riguardo ogni aspetto legato alla loro
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permanenza nel nostro paese. La finalità dello Sportello è diffondere una
Cultura dell’Accoglienza e della Solidarietà. Presso lo Sportello, si può
richiedere assistenza per le diverse tipologia di permessi di soggiorno, rinnovo,
carta di soggiorno, cittadinanza, nulla osta, decreto flussi, visto per turismo,
coesione, ricongiungimento.
Questo sportello dispone di vari servizi che servono ad ACCOGLIERE (ascoltare
e valutare le richieste), ACCOMPAGNARE nella redazione e compilazione di atti
e istanze, INTERPRETARE per agevolarli nell’accedere più facilmente ai servizi
ed ELABORARE curriculum e lettere di presentazione.
La Cooperativa Arcobaleno svolge un attività di elaborazione, progettazione e
consulenza in merito a progettualità e percorsi di educazione e animazione
interculturale con particolare riferimento ai temi della pace, della cittadinanza
attiva, del Commercio Equo e Solidale e all'inserimento scolastico di alunni
stranieri.
Laboratori attivi
 Laboratorio interculturale "Latinoamericando";
 Corso di italiano per stranieri al Baobab.
Servizi erogati
o Animazione Interculturale per i gruppi-classe
o Feste Interetniche e Incontri di Culture
o Corsi di alfabetizzazione di lingua italiana
o Esperienze di volontariato
Presso i locali del Centro Interculturale, è attivo un Centro di Risorse e
Documentazione Interculturale, con testi, anche in lingua e bilingue, ricerche,
tesi di laurea, documenti e strumenti di educazione interculturale, musiche e
film dal mondo.
Sono presenti in questo centro:
Consultazione
La dotazione bibliografica e informativa del Centro Interculturale è costituita da
documenti multimediali di varia tipologia.
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Assistenza e informazioni bibliografiche. Il personale del Centro Interculturale si
occupa dell'accoglienza e del primo orientamento dell'utente in biblioteca.
Una dichiarazione del responsabile del servizio, dott. D. La Marca, lascia
perplessi rispetto al futuro di una servizio che abbiamo verificato essere
eccellente. "Più volte nei mesi scorsi è stato lanciato l'allarme, ma questa volta
la decisione appare irrevocabile. Siamo costernati nel prendere atto della
sospensione di un'attività quinquennale al Baobab che proprio quest'anno ha
raggiunto il picco massimo di visite".
Marika Dellino
Marta Signorile Signorile
Centro interculturale Baobab ( Foggia )
Storie che si incontrano, che si scontrano, storie raccontate per essere
ascoltate e capite. Il centro interculturale Baobab è stato intitolato così perché
in Africa esiste un grande albero chiamato Baobab, sotto cui gli anziani
raccontano storie quasi dimenticate, le storie degli uomini, dei loro viaggi e dei
loro sogni.
Circa tre anni fa i promotori del centro interculturale di Foggia hanno rievocato
i racconti africani quando hanno scelto il nome della struttura.
Baobab, infatti, è prima di tutto un luogo di incontro, di conforto, di scambio di
idee dove gli uomini e le donne che lo frequentano si fermano per pensare, per
conoscersi e per ascoltarsi.
Il Baobab è un albero che rappresenta per molti villaggi un punto di incontro ed
è questo lo spirito che gli operatori vogliono tenere vivo nel
centro
interculturale.
In questa struttura vengono organizzati laboratori interculturali di cucina, lavori
manuali, percorsi di lingua italiana per cittadini stranieri e una serie di attività
di animazione e sensibilizzazione.
Entrare nel centro interculturale Baobab è come fare un lungo viaggio per il
mondo, come toccare cinque continenti con la mano, dai quadri appesi alle
pareti, agli oggetti conservati sugli scaffali, ogni cosa sembra parlare di Paesi
distanti, lontanissimi.
Molti degli oggetti esposti al centro sono stati donati dai cittadini stranieri come
ricordo, per loro è importante che in quel luogo ci sia traccia del loro paese di
provenienza e ci tengono che i mediatori li mettano bene in vista perché dietro
ogni oggetto c’è una storia.
Il centro è uno spazio per tutte le età, sono tanti i migranti che ogni settimana
varcano la soglia del centro, oltre una cinquantina le diverse nazionalità :
Marocco, Polonia, Iraq, Venezuela, Cuba, Senegal.
Migranti o cittadini stranieri vengono nel nostro territorio per cercare lavoro,
per ricominciare, per trovare un futuro migliore ma senza dimenticare le loro
origini.
I mediatori culturali nel corso dell’anno organizzano diversi incontri con le
scuole e anche i mediatori culturali sono stranieri: Ana viene dall’Albania e dice
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che un vero cittadino deve partecipare alla vita sociale per sentirsi un vero
italiano, “non è un pezzo di carta a far diventare una persona italiana”.
Samira proviene dal Marocco, è in Italia da sette anni ed è sposata, ma non ha
la cittadinanza italiana.
Giovanna Pasquariello
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GenèvieveMakaping
L’incontro con GenèvieveMakaping è stato per me particolarmente importante: mi ha
colpita questa donna dalla forte personalità che purtroppo ha visto con i suoi occhi
quelle realtà terribili che formano il retroscena della nostra società moderna.
Donne e bambine sfruttate perchè la loro pelle è più scura, ma che in realtà non hanno
nulla di diverso da noi , hanno dai 14 ai 25 anni, come tutte noi, hanno dei sogni, e la
loro pelle non fa di loro esseri senza alcuna dignità e alcun diritto...vengono nel nostro
paese spesso per vivere meglio, per aiutare le loro famiglie e poi..??? Si imbattono allo
sbarco nella persona sbagliata e la loro vita da quel momento è finita.
Probabilmente provano a ribellarsi, provano a reagire e cambiare strada, ma senza un
supporto e senza conoscere nessuno al di fuori dei loro carnefici non hanno speranze e
quindi che cosa resta se non arrendersi??? E da qui deriva la rabbia, quella rabbia che
le si legge negli occhi di Genèvieve e che ho avuto l'onore di catturare in delle
fotografie che non necessitano di parole per essere spiegata.
Una donna legata ai giovani perchè nutre la speranza di vederli crescere e maturare
coscienze capaci di salvare questo nostro mondo dal baratro, perchè solo baratro si
può definire la condizione in cui si vengono a trovare delle ragazzine, con l'unica colpa
di avere la pelle di un colore diverso. E’possibile, mi chiedo, che solo per questo
perdano agli occhi di uomini e donne, padri e madri di altre vite identiche alle loro,la
dignità e i diritti che nessuno vorrebbe mai veder sottratti alle proprie figlie?
Ecco il perchè di quei lacrimoni che necessitavano di scivolare lungo il suo viso, ma
che per pudore restavano nascosti tra le palpebre! Le sue parole erano lame affilate
quando parlava dei "marcatori esterni" , uomini e donne che peccano di presunzione
dando per scontata la provenienza etnica di un uomo basandosi sui suoi tratti somatici
che a rigor di logica non possono dir nulla della sua vita e della sua provenienza.
Parliamo di uomini e donne che purtroppo, per paura o per presunzione, si credono
parte di una "RAZZA PERFETTA" ...E lei nella sua grandezza si infervora e sostiene
"siamo tutti il prodotto dell'incontro tra più etnie, un incontro ormai lontano nel tempo,
ma che in origine c'è stato e dunque se scavassimo nella genetica di ognuno di noi
scopriremmo che ognuno di noi è un meticcio" anche chi ha il cuore colmo d'odio per il
diverso presumendo d'essere parte di quella "RAZZA PERFETTA"! Allora
domandiamoci: ha senso tutto questo odio? tutta questa paura delle diversità???
Impariamo ad essere curiosi di fronte alle diversità e facciamo che sia uno scambio di
diversità...quello che ci hanno insegnato a chiamare uno scambio culturale...vi
accorgerete che non è poi così terribile come pensate.
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Adriana Montagna
GenevièveMakaping è il nome della antropologa, giornalista camerunense incontrata
presso la sede dei Comboniani a Bari in occasione dei ‘martedì della conoscenza’.
Geneviève è una donna perfettamente integrata nella realtà sociale italiana che ha
saputo superare l’ostacolo della lontananza dal suo paese d’origine.
Questa bellissima donna ha dato voce a chi come lei ha subito e subisce ancora la
“violenza” di uno sguardo superficiale ed accusatorio che spinge al margine chi ne è
oggetto.
Ci ha parlato per circa due ore e ha iniziato il suo bellissimo discorso sostenendo che
l’uso del linguaggio è molto importante perché può determinare inclusione o
esclusione sociale. Infatti bisogna conoscere bene la lingua per “abbattere” le barriere
tra noi e gli altri. Esistono alcuni termini italiani che non andrebbero utilizzati poiché
portano all’esclusione, ad esempio non andrebbe utilizzato il termine straniero: come
si può integrare qualcosa a noi estranea? Ci deve essere il confronto tra culture
diverse, non si devono annullare le differenze;è sbagliato usare la
parola
extracomunitario perché la comunità europea ormai non esiste più quindi di quale
comunità parliamo? Oppure la parola immigrato, che in molti utilizzano, non andrebbe
utilizzata più perché tutti quanti ci spostiamo e quindi siamo tutti migranti.
Questa donna mi ha colpito per la sua forte determinazione, per le sue lotte, per i suoi
pensieri e le sue idee, una donna che nonostante abbia ricevuto minacce per le sue
numerose battaglie contro la prostituzione minorile, non si è mai fermata ed è sempre
andata avanti senza avere paura di niente e di nessuno.
Incontrare Geneviève è stato emozionante poiché sono poche le donne che hanno
una forza come la sua e una voglia di non arrendersi mai.
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Ludovica Di Monte
Il fenomeno migratorio in Puglia
(intervento della dott.ssa Angela Martiradonna)
Angela Martiradonna è la curatrice nel Dossier “Caritas/ Migrantes” della sezione
riguardante il fenomeno migratorio nella regione Puglia. Ha cominciato ad
occuparsene nel 2006, quando l’è stato chiesto di commentare i dati statistici sul
fenomeno. All’inizio, ci ha confessato che temeva il discorso matematico; i calcoli e le
statistiche la terrorizzavano, ma poi è rimasta colpita dal grande potere che in questo
ambito ha il numero . La vera differenza, secondo lei, la fa come si comunica il
numero: c’è chi afferma che gli stranieri siano ¼ della popolazione , ed in questo modo
la comunicazione risulta violenta perché crea allarmismo. Ecco perché il numero è
importante, perché in otto pagine si devono racchiudere i numeri più importanti che
rappresentano questa realtà.
Nel suo lavoro è necessario selezionare argomenti e numeri in modo da far
comprendere, alle persone che leggono, il fenomeno attraverso i numeri. La difficoltà
maggiore è per lei far emergere un punto di vista critico. Nel momento in cui non sono
rispettati i diritti non è questione di numeri, perché anche se si tratta di una sola
persona è necessario intervenire per tutelarla. Quando si affronta il fenomeno
migratorio tutti gli estremismi sono fuorvianti, sia
un rifiuto pregiudiziale, sia
un’accoglienza di tutti e comunque. La Convenzione di Ginevra per esempio, parla di
accoglienza, ma anche di respingimenti per situazioni particolari. Le persone vanno
ascoltate una per una. Il provenire da un paese in guerra non è un motivo per
ottenere la richiesta di asilo, la Convenzione parla di accoglimento o respingimento
dello straniero in conformità a motivi personali, se ci sono degli immigrati tunisini
scappati dal loro paese perché in guerra, l’arrivare nel nostro paese senza documenti è
un reato per cui vengono respinti senza essere ascoltati nel merito della motivazione
e delle ragioni per cui hanno lasciato il loro paese.
Molte volte si ha paura dello straniero, ma ciò secondo Martiradonna, è un qualcosa di
assolutamente naturale. Il pregiudizio fa parte del nostro essere persona, quindi non
possiamo ignorarlo, tantomeno far finta che non ci appartenga; il vero impegno sta nel
volerlo superare, in quanto è un qualcosa che non si cancella, ma si supera, perché il
pregiudizio è in noi e ci aiuta ad andare oltre le difficoltà quotidiane. Quando pensiamo
a uno straniero emerge lo stereotipo dell’ africano, povero, mal vestito, ignorante. Il
pregiudizio si supera attraverso la conoscenza. Trovarsi di fronte all’immigrazione non
è semplice.
La difficoltà più grande che Martiradonna ha incontrato è stata il trovarsi di fronte a
persone che volevano un diritto, come quello di cittadinanza, che lei non poteva
dargli. A volte ci sono persone che appena arrivano in Italia, finiscono subito in carcere
perché hanno commesso un reato che loro in quel momento nemmeno sapevano di
commettere, per esempio l’essere senza documenti e perciò clandestini per la legge
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italiana. Nelle carceri, la percentuale di stranieri è alta perché per loro è difficile
scagionarsi, o ancora potrebbero scontare la loro pena ai domiciliari, se avessero un
domicilio.
Migrantes tutti gli anni presenta un dossier e tutti gli anni puntualmente i telegiornali
mandano in onda sbarchi anche quando in realtà non ci sono stati. L’immagine è più
forte della parola e di conseguenza anche se si dice che gli sbarchi non ci sono stati, la
gente sarà portata a pensare che ci siano stati proprio perché l’immagine è più forte e
quindi quello che si dice, non conta niente. L’unico limite che ha il dossier Migrantes è
di rilevare solo le presenza regolari , ignorando quelle irregolari che rappresentano un
numero molto maggiore. Generalmente con il termine straniero stiamo a indicare chi è
straniero per l’italiano; in realtà siamo stranieri reciprocamente nel senso di estranei
l’uno all’altro . Ecco perché il numero è importante, perché in otto pagine deve
racchiudere i numeri più importanti che stanno rappresentando questa realtà.
La legge prevede che uno straniero che non ha un lavoro deve ritornare nel suo
paese non potendo usufruire del permesso di soggiorno. Spesso capita che un
migrante arrivi in Italia ma non compaia nei registri perché sprovvisto di permesso di
soggiorno .Analizzando poi il discorso delle quote, ci ha detto che annualmente il
Ministero degli Interni stabilisce per ogni regione il numero d’immigrati che possono
essere accolti. Per la legge il migrante deve già avere un lavoro assicurato all’arrivo
nel paese ospitante; se lo straniero rientra nelle quote il datore di lavoro accetta di
stipulare il contratto e lo straniero può arrivare in Italia. Tutto in realtà , avviene in
mondo molto virtuale; i datori di lavoro infatti hanno già una lista di lavoratori che, in
caso di necessità, possono portare i genitori se sono figli unici. Ci ha parlato anche dei
Kit, che sono dei formulari a pagamento per potersi inserire nelle quote e chiamare il
lavoratore.
Parlando dell’associazione Etnie, la nostra esperta ci ha parlato del progetto TIM e
della Legge sull’emersione dal lavoro nero. Il progetto mirava a far diventare regolari
i lavoratori stranieri. Ogni tanto si propone una sanatoria , l’ultima nel 2011 ha
riguardato il lavoro domestico. Molti servizi in Puglia non sono garantiti dal pubblico
per cui c’è il fenomeno delle badanti straniere. Inoltre gli stranieri sia che siano
irregolari sia che siano regolari vengono sottopagati.
In Puglia l’immigrazione sta invecchiando: i giovani stranieri emigrano al nord per
effetto della crisi del salottificio che occupava gli stranieri . Altro aspetto
caratterizzante il fenomeno migratorio nella nostra regione è il lavoro nero in
agricoltura nel foggiano e nel salento, con problematiche pesanti come a Borgo
Mezzanone. La Puglia è stata condannata dalla Corte di Strasburgo per la riduzione in
schiavitù dei lavoratori stranieri in agricoltura.
Infine Martiradonna ha finito dicendo che “Certamente se l’Italia continua a tenere
testa al problema dell’invecchiamento del paese, lo deve ai bambini nati da famiglie
immigrate residenti nel territorio nazionale. Attualmente i residenti stranieri in Italia
hanno superato i 4,5 milioni, con una presenza di quasi 96 mila unità in Puglia, la
quale registra un trend di crescita di quasi il doppio rispetto al 2003”. In realtà in
Puglia sta emergendo che le donne straniere hanno un tasso di fecondità più basso e
questo è legato alle difficoltà economiche che queste donne devono affrontare in una
terra dove anche le donne italiane non trovano lavoro o lo perdono.
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Concludendo Angela Martiradonna ha anche parlato del tragico problema dei minori
non accompagnati. Le problematiche sorgono anche a causa dei regolamenti CEE e a
dimostrarlo il caso dei minori afgani. Attualmente è in vigore la Convenzione di
Dublino, che stabilisce che i minori non accompagnati debbano richiedere asilo o
protezione al primo paese europeo in cui arrivano. Questo problema tocca
direttamente la Puglia, perché è la prima regione in cui arrivano i minori. Per paura di
essere rimpatriati, questi minori una volta partiti dalla Grecia e transitati in Italia,
fanno perdere le loro tracce. L’Europa si dovrebbe occupare di più di questo problema
e se è necessario, dovrebbe anche modificare qualche regolamento.
Quale soluzione, quali strategie per affrontare il fenomeno migratorio? Non esisterà
più il problema quando si sarà superata la logica che esiste una categoria di persone
da garantire, quando non ci sarà discriminazione né in positivo né in negativo.
Raffaella Barone
Dati del 21° Dossier statistico
“Caritas/Migrantes”
Utilizzando il 21° Dossier statistico dell’immigrazione “Caritas Migrantes” , pubblicato
nel 2011 e relativo ai dati del 2010, raccogliamo i dati più significativi del fenomeno
migratorio in Italia e nella regione Puglia.
TABELLA RELATIVA AL FENOMENO IN ITALIA
Immigrati
regolari
4.968.000
Permessi di soggiorno per lavoro
non rinnovati
684.413
Immigrati non regolari
Circa mezzo milione
Principali collettività presenti sul territorio
Romeni
Albanesi
968.576
482.627
Marocchini
452.424
Cinesi
209.934
TABELLA RELATIVA AL FENOMENO IN PUGLIA (popolazione residente Tot. 4.091.259)
Aumento %
2002-2010
Aumento %
2009-2010
Incidenza % stranieri su popolazione
Seconda generazione
(dato provvisorio)
172,7
13,5
2,3
10.479
21
Primi 5 paesi di provenienza %
v.a
%
Primi 5 comuni per residenti stranieri e % su
popolazione
Albania
23,8
Bari
8.881
2,8
Romania
23,6
Lecce
6.058
6,3
Marocco
8,1
Foggia
4.290
2,8
Cina
4,7
Altamura
3.287
4,7
Polonia
4,2
Taranto
2.242
1,2
Clara Ranieri
Claudia Sciannimanico
Comunità Mauriziana
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Il giorno 28/02/2012 abbiamo incontrato Vassoo ,viene dalle Mauritius ed è da 30 anni
in Italia, ha tre figli di cui uno sposato con figli. Lavora a Monopoli come operaio in una
conceria. In quanto sacerdote presso il tempio Tamil, a Torre a Mare, celebra la messa
ogni venerdì dalle 20.30 alle 21.30. Durante il rito i mauriziani si vestono con vestiti
lunghi e restano a piedi nudi, all’inizio di ogni messa ringraziano il loro Dio Shiva
congiungendo le mani e facendo un piccolo inchino. Rispetto a noi italiani che amiamo
e crediamo in un solo Dio, i mauriziani lodano tanti dei ,quindi la loro religione è
politeista.
La religione mauriziana prevede che prima di diventare sacerdote si debba fare un
percorso di purificazione. Vassoo è vegetariano, ed è sposato, perché solo chi è
sposato può celebrare i matrimoni.
Vassoo oltre a celebrare messe e matrimoni, celebra anche i funerali. La celebrazione
del funerale dura otto giorni,si celebrano in casa, e la famiglia del defunto non deve
mangiare la carne e deve restare a digiuno. Il figlio maschio ,nel caso muoia il padre,
fa da porta voce verso Dio, e poi deve tagliarsi i capelli a zero come inizio di una
nuova vita.
Vassoo è venuto in Italia perché nel suo paese era molto difficile trovare lavoro. A
causa del suo stato inizialmente di clandestino, finchè non ha avuto il permesso di
soggiorno, non poteva muoversi dall’Italia; solo dopo cinque anni poté tornare alle
Mauritius per vedere suo figlio che era nato e cresciuto senza il padre. Nonostante lui
sia in Italia non ha mai abbandonato la sua cultura e tradizione, e continua a praticare
la sua religione insieme alla sua famiglia e agli altri mauriziani nel tempio Tamil.
(Dio Shiva)
Oltre a raccontarci la sua vita ci ha raccontato delle tradizioni e dei cibi che si usano
nel suo paese, e anche la storia del Dio Ganesha che è un Dio con la testa di elefante
e il corpo umano. Quando era piccolo sua madre doveva farsi la doccia e disse a
Ganesha di sorvegliare la porta e di non far entrare nessuno, e così fece. Quando suo
padre tornò a casa Ganesha gli proibì per tre volte di entrare e il padre arrabbiato gli
tagliò la testa. La mamma sgridò il marito e preoccupata gli ordinò di trovare la testa
di loro figlio, così il padre andò nella foresta e il primo animale che trovò fu un
elefante,gli tagliò la testa e la mise sul corpo del figlio.
(abbiamo visto un video sulle cerimonie della religione Tamil che si praticano nel
tempio a Torre a Mare)
Questo incontro mi è piaciuto più di tutti, perché mi ha sempre affascinato la cultura
mauriziana anche se ne sapevo poco; ho imparato tante cose che non sapevo e sono
rimasta affascinata dalla semplicità di Vassoo e della sua passione nel raccontare la
sua cultura.
23
(Dio Ganesha)
Ilaria Tanzi
“Il diritto di cittadinanza per gli immigrati
nati in Italia. Come lavorare per
l’integrazione.”
(Intervento di ElsheikhElrashid Ibrahim di Etnie Onlus)
La storia di Ibrahim è molto diversa da quelle degli altri ospiti ascoltati. Proviene dal
Sudan,
ha vissuto per lungo tempo in Iugoslavia, dove studiava medicina
all’università, ma è stato costretto ad interrompere quando scoppiò la guerra che lo
costrinse a trasferirsi in Italia dove purtroppo – dice lui – non ha potuto continuare i
suoi studi .
Risiede in Italia da circa vent’anni ed è sposato con una donna italiana.
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Alla nostra domanda se avesse la cittadinanza, ci ha risposto con tranquillità che per
legge potrebbe richiederla, ma che non lo farà fino a che la cittadinanza sarà una
concessione e non un diritto.
Attualmente egli lavora presso “ Etnie Onlus” e fa l’operatore sociale. Opera anche nel
carcere di Trani dove offre consulenza agli immigrati che spesso finiscono in carcere
per reati minori che potrebbero scontare ai domiciliari, se avessero un domicilio.
Durante l’incontro Ibrahim ci ha parlato dei migranti e della loro condizione sociale. La
domanda a cui ha voluto rispondere è stata: “Gli immigrati sono un problema o una
risorsa?”
Ci ha presentato dei dati statistici da cui è emerso che gli immigrati sono per lo Stato
Italiano una grandissima risorsa.
Essi rappresentano 1,8% della popolazione nazionale, inoltre gli studenti ‘stranieri’
residenti in Italia sono 374 mila e tra questi gli studenti universitari sono 48 mila. Gli
immigrati titolari di imprese artigianali sono 165.114.
Ma bisogna ricordare che i migranti incidono sul PIL per l’11%.
Vanessa Saccente
Mbacke Gadji
Oggi abbiamo conosciuto un uomo molto interessante e colto, diverso dagli altri
immigrati, il suo nome è GadjiMbacke. Deve la sua vita agli incontri che ha fatto,
perché è stato molto fortunato in questo. La sua infanzia l’ha passata principalmente
con sua nonna che avendo avuto tre figli di cui è sopravvissuta solo la prima, ha
paura che succeda così anche a sua figlia perché Gadji è il terzo di tre figli ed essendo
morto il secondo non vuole accada alla figlia la stessa cosa che è successa a lei. Così
prende Mbacke e lo porta a vivere con sè lontano dal villaggio: gli rasa metà testa per
renderlo brutto così da non permettere agli spiriti di portarglielo via. Negli anni ’70
aprono una scuola e il padre lo chiama per tornare al villaggio perché due bambini per
famiglia erano obbligati ad andare a scuola. La nonna non era d’accordo sul fatto che
lui frequentasse questa scuola e così per trasmettergli la cultura della tradizione
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senegalese e contenere l’influenza della cultura francese, ogni volta che tornava a
casa gli raccontava delle fiabe.
Nel 1986,all’età di 20 anni circa, Gadji parte. In realtà lui non sa di preciso la sua età
perchè sua padre l’ha iscritto all’anagrafe quando lui aveva già circa 6 anni, nel ’64.
Nel ’86 arriva in Toscana per lavorare e studiare, nonostante lavori per tre mesi non
riesce a racimolare abbastanza soldi per iscriversi all’università. Verso la fine degli
anni ’90 va a Nizza per studiare, ma dopo sei mesi era quasi per strada e cercava di
sopravvivere. In quel periodo incontra un docente di legge e un imprenditore che
l’hanno orientato e aiutato economicamente così da potersi iscrivere alla facoltà di
economia e commercio, prende una laurea breve. Qui nel ’89 ha avuto una figlia con
una ragazza francese. Dice che adattarsi non è facile, ma è indispensabile per creare i
presupposti per essere utile alla società. Nel ’92 arriva in Italia da un cugino a San
Rocco per fare l’operaio. Inizialmente lavora come spazzino, però rinuncia dopo poco
a causa del troppo freddo e inizia a lavorare in una fabbrica che si occupa della
costruzione di guarnizioni. Nel ’93 decide di andare a Milano dove starà fino a 4 mesi
fa. Qui ha imparato l’italiano grazie alla TV e alla radio. Lavorava vendendo giornali al
metrò di San Babila. La sua vita è cambiata grazie all’incontro con due giornalisti che
hanno comprato il giornale “Terra di mezzo” dove c’era un suo articolo. È stato invitato
da loro a partecipare ad un convegno sul tema dell’immigrazione ed è rimasto
sorpreso perché non è intervenuto nemmeno un immigrato e lui per farsi sentire ha
chiesto di poter scrivere sul giornale. Intatti ha scritto un articolo intitolato “Sono
sordo, muto e chiedo parola”. Gadji diventa così cronista e tutti i giorni va in questura
per raccogliere tutte le informazioni sull’immigrazione. Verso la metà del ’96 diventa
redattore di un giornale e inizia a scrivere il suo primo libro: scrive le fiabe che gli
raccontava la nonna. Da quel momento ogni due anni circa pubblica un libro. Nel ’96
finalmente riesce ad ottenere la cittadinanza italiana.
La figura di questo uomo mi ha particolarmente colpita sia per la sua presenza fisica,
sia per il suo modo coinvolgente di parlare . Nonostante abbia raccontato di sé e del
suo villaggio per più di tre ore di seguito, sono stata rapita da quello che diceva e da
come lo diceva. Infatti si appropriava dello spazio e lo usava per facilitarci nella
comprensione di quello che diceva, spesso anche riproducendo scenette con pezzi di
dialogo relativi a situazioni reali da lui vissute. A volte mi sembrava di assistere ad una
rappresentazione teatrale,di fatto Gadji ha messo in scena lo spettacolo della sua
vita! Il modo in cui usava le parole ed esprimeva i pensieri mi sorprendeva. Quando
poi ci ha raccontato le favole di sua nonna, ho avuto l’impressione che si immergesse
mentalmente in quel clima permettendo anche a noi di viaggiare con l’immaginazione
nei paesaggi che descriveva e raccontava.
Chiara de Candia
Villaggio di Mbacke Gadji
Il villaggio nel quale MbackeGadji è nato, Nguith, non ha origini molto antiche, risale a
circa 215 anni fa. La storia racconta che il guardiano del bestiame dell’antico re del
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nord era stato incaricato di portare gli animali al pascolo. A causa di un periodo di
siccità, a cui fece seguito una alluvione i capi di bestiame morirono tutti e il povero
guardiano, per paura di essere ucciso, chiese soccorso a un altro re al centro del
Senegal, che per soccorrerlo gli regalò degli spazi di terra sui quali poter vivere. A
questo punto l’uomo, di nome Mbacke, chiamò con sé il fratello e insieme fondarono il
nuovo villaggio.
La lingua ufficiale del villaggio è il wolof, come nel resto del Senegal, ma dopo la
colonizzazione nel villaggio si parlò anche il francese. La colonizzazione non ha
intaccato soltanto la sfera linguistica, ma anche quella religiosa. L’antica religione
animista, che non prevede pratiche di culto particolari e che attribuisce qualità divine
o soprannaturali a cose, luoghi o esseri materiali, è stata soppiantata da quella
musulmana che ha portato con se nuove usanze creando una nuova cultura ibrida.
Tuttavia le antiche tradizioni non sono andate perse. La religione animista, se pur in
minore misura, è ancora praticata. Nel villaggio sono ancora vive le credenze di spiriti
che vivono in boschi sacri e che controllano il destino dei vari villaggi. Anche i
matrimoni hanno mantenuto la loro struttura. La dote del futuro sposo, per il
matrimonio, è di circa 19678 Franco CFA che, corrisponderebbero a circa 30 euro. La
donna prima della cerimonia, che si svolge davanti al capo religioso nella piazza del
villaggio, deve passare attraverso un percorso prestabilito nel bosco e fermarsi sotto
alcuni alberi per svolgere particolari rituali dei quali però solo chi li svolge può esserne
a conoscenza. Dopo la celebrazione del matrimonio, che avviene con danze e canti, gli
sposi possono recarsi nella loro nuova abitazione. A questo punto però il marito,
secondo sempre antiche usanze, deve uscire da casa dalla finestra per poi ribussare
alla porta e farsi aprire dalla moglie. Essendo tribù di tipo matriarcale, la donna deve
accogliere il marito in casa come se fosse lei la proprietaria. Nel villaggio Nguith, come
da noi, vale il detto dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna. Tutte le
cariche importanti all’interno della tribù sono gestite da uomini, ma le vere decisioni le
prendono le loro donne.
Inizialmente non era possibile sposarsi con un membro di un altro villaggio, ma questo
è cambiato dal 1990, quando per la prima volta accadde un caso di matrimonio misto.
La discendenza segue la linea matriarcale. Nel villaggio esiste la proprietà di famiglia e
questa non può essere venduta.
Fino agli anni ‘80 non c’era corrente elettrica e acqua, e i muri delle abitazioni erano
costruiti con argilla e sterco, mentre il tetto era in paglia. Nel villaggio attualmente
sono presenti un dispensario, una scuola elementare e una scuola media. L’unica
strada asfaltata è quella principale e per spostarsi usano come mezzi i cavalli e gli
asini. L’amministrazione della giustizia è affidata ai capi di alcune famiglie che devono
riunirsi per giudicare il presunto colpevole. Come pene per i vari reati ci sono il
pagamento di una somma di denaro, oppure l’isolamento in una capanna lontana dal
villaggio per quattro anni. La storia però racconta che nessuno delle persone che è
stato costretto all’isolamento abbia mai resistito più di due anni prima di perdere la
vita.
Altre famiglie si tramandano il compito di custodi della parola, ruolo importante per
una cultura in cui tutto si tramanda oralmente.
Oggi il villaggio Nguith è un villaggio pilota, agli abitanti è affidato il compito di
custodire la tradizione senegalese.
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Claudia Sciannimanico
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HANNA SHAINI:
“Sono Hanna Shaini , sono nata in Albania da una famiglia cristiana.
In quel periodo nel mio paese era proibito professare la propria religione , le chiese, le
moschee, ogni luogo di culto era stato chiuso perché nella nostra costituzione si
sosteneva l’ateismo, in linea con la dittatura comunista di quel periodo.
Da quando ero piccola mia nonna mi insegnava le preghiere, ripetendomi sempre che
se le avessi dette a scuola , o se avessi fatto capire di esserne a conoscenza , la mia
famiglia sarebbe stata perseguitata dalle forze di polizia.
Finita la scuola superiore decisi di andare all’università per studiare Scienze Religiose,
avevo tanti interrogativi e argomenti che da sempre esigevano una risposta e un
approfondimento, per questo sono venuta in Italia. Sono qui da 10 anni, non ho la
cittadinanza italiana e non ho voluto chiederla perché per me non deve essere una
concessione, ma un diritto. Del resto ora ho una casa mia, vivo con mio marito qui a
Foggia e continuo a stare in contatto con la mia famiglia.
Mi piace il mio lavoro, sono al centro Baobab dal 2006,data della sua apertura, ho
avuto l’opportunità di conoscere tante persone diverse anche se non è sempre stato
facile perché quando si ha a che fare con uomini e donne che non hanno la stessa
cultura , tutto si fa più complicato. Qui però , nel bene e nel male, sento di poter dare
il mio contributo e utilizzare la mia esperienza per aiutare per aiutare chi mi chiede
aiuto.”
SAMIRA:
“Sono Samira, vengo dal Marocco e sono in Italia da 7 anni , sto per sposarmi con un
ragazzo italiano, viviamo insieme già da un po’ …(ride) Lavoro in questo centro
interculturale quasi da quando sono arrivata qui a Foggia , anche se abito a Manduria
con mia sorella. Sono venuta in Italia per lei,studiava medicina in Polonia quando, a
causa dell’eccessivo freddo e della sua fragile costituzione fisica, si ammalò di una
grave malattia ossea e l’unica soluzione per guarire fu quella di trasferirsi in un paese
più caldo che avrebbe giovato alla sua salute. Andai quindi a prenderla e appena si
sentì meglio ci trasferimmo in Italia, dove vivemmo come clandestine per alcuni mesi.
Ora con noi c'è tutta la mia famiglia, si trasferirono dopo alcuni anni per raggiungerci,
varcare la porta di casa significa ritrovare il mio paese con i miei odori, le mie
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tradizioni , i colori, i cibi; anche i tempi dentro casa sono diversi , è come essere in una
matrioska, la casa nella casa. Non ho la cittadinanza italiana anche se sto per
sposarmi, ma per ora non voglio chiederla, anche se mi sento più che italiana. “
Clara Ranieri
YSMAIL:
Mi chiamo Ysmail ho 27 anni e ho lasciato l’Afganistan per motivi politici e per la
difficile situazione economica del paese che non mi permetteva di aiutare la mia
famiglia. La mia terra è povera, tormentata dalle guerre, una dura repressione
impedisce il libero pensiero. La guerra continua ha distrutto l’Afganistan ormai al
collasso.
Fin da piccolo mi sono sempre dato da fare, lavoro in campagna da quando avevo
sette anni, grazie a mio nonno che mi ha insegnato a coltivare la terra. Vivo da cinque
anni in Italia, anche la mia famiglia per fortuna è riuscita a scappare da Kabul. Lavoro
in un ristorante importante in corso Vittorio Emanuele, ricevo una buona paga, e
inoltre con molto entusiasmo e piacere studio da quattro anni nei corsi serali al “De
Lilla”. Ho trovato un piccolo appartamento, comodo per me, pago regolarmente
l’affitto e le tasse. Io non mi sento straniero perché sono riuscito ad integrarmi molto
bene con la popolazione locale, però soffro per la lontananza della mia amata famiglia.
E’ difficile essere soli e non poter ricevere l’amore di una madre, di un padre o l’aiuto
dei fratelli. Credo nel futuro, e spero che un giorno la mia famiglia possa raggiungermi
qui in Italia.
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Rosalia Ferrigno
YASINE:
Ero il proprietario di un grande supermercato in Tunisia, ma dopo la Guerra del Pane,
che si è verificata a febbraio del 2011, sono stato costretto, a seguito di una
aggressione subita, ad abbandonare tutto e a scappare in Italia. Ho 30 anni e ho
viaggiato con 280 persone in una "barca" che ne poteva contenere solo 120. Ho
pagato 600 euro il viaggio, grazie ad un mio caro amico. La mia prima tappa è stata
Lampedusa, in Sicilia sono rimasto due giorni. E' stato molto difficile avere riconosciuto
il diritto di asilo politico. Attualmente mi trovo al CARA (centro accoglienza richiedenti
asilo) e sono in cerca di lavoro. Sono stato in Francia e nel nord Italia. Vorrei rivedere i
miei parenti, i miei amici e la mia fidanzata. Spero che le cose vadano per il verso
giusto e che la mia situazione migliori.
Il mio migliore amico è Mustafà , un bambino, ma io lo trovo adorabile. E' il mio vicino
di casa e trascorro parte del mio tempo in sua compagnia. Non ho figli, però mi
piacerebbe averli e creare una famiglia. Voglio continuare gli studi, laurearmi e
comprarmi una bella macchina. Amo cantare e ballare, amo stare in compagnia dei
miei amici e divertirmi. Adoro mangiare e il francese è la mia seconda lingua. Anche se
provengo da uno Stato del Nordafrica, io mi ritengo italiano
MEHDI:
Ho 28 anni e vengo dalla Tunisia. Sono arrivato in barca e ho speso 1000 euro per il
viaggio. Volevo raggiungere l'Olanda, invece mi ritrovo qui in Italia. Adoro questo
paese, ma la nostalgia di casa c'è sempre. Mi mancano i miei fratelli e i miei genitori.
Sono molto giovane e vorrei viaggiare però la mia situazione economica al momento
non me lo permette. Non ho il permesso di soggiorno, un po’ come tutti noi che siamo
costretti a viaggiare, e non ho nemmeno un lavoro. In Italia c'è molta crisi e
disoccupazione, una realtà davvero triste. Attualmente mi trovo al CARA, insieme a
Yasine. La mattina passo per i negozi in cerca di lavoro, alle due pranzo e prima delle
11 devo rincasare. Vorrei innamorarmi e avere dei bambini. A volte mi sento un
numero, privo di emozioni e sentimenti. Ho ricevuto molte umiliazioni e
quotidianamente mi sento ripetere le tipiche paroline "Va bene, le faremo sapere". Non
pretendo di lavorare in banca o nelle grandi multinazionali perché sono umile e mi
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accontento di poco, voglio solo il necessario per sopravvivere. Mi manca tutto del mio
paese: il cibo, le tradizioni, gli usi e i costumi. Conosco molto bene il francese, poco
l'inglese e quasi per niente l'italiano. Vorrei realizzare i miei sogni. Anch'io non sono
italiano, ma ormai un pezzo del mio cuore rimarrà in questa penisola.
Antonella Mininni
ZARA:
Ho 23 anni, sono scappata da Mogadiscio all’età di 19 anni e sono arrivata qui in Italia
dove vivo con il permesso di soggiorno. Il mio viaggio è stato lungo e faticoso, ero
una ragazza sola e ho viaggiato per giorni su di una piccola nave stipata di persone,
forse più di 200; ma una vota arrivata ho trovato sicurezza nelle parole dei
responsabili del centro interculturale CARA di Trapani, i quali mi hanno rassicurata
sulla possibilità di continuare la mia carriera scolastica. Certezza che tuttavia ho capito
essere illusoria poiché, arrivata a Bari, mi sono resa conto che la realtà era ben
diversa: quindi ho deciso di cercare lavoro. Non è stato facile, ma dopo qualche
tentativo sono riuscita ad essere assunta come badante e a studiare (per quanto sia
possibile) la lingua italiana nel centro ABUSUAN. Il mio lavoro è instabile, purtroppo
dopo qualche mese sono costretta a cercare una nuova famiglia che abbia bisogno di
una badante, ma tutto sommato, riesco a cavarmela; anche perché ho il mio lavoro al
centro somalo che ha grande valore per me: grazie alle attrezzature della sede riesco
ad aiutare tanti amici che come me hanno parenti lontani e documenti non in regola.
Infatti grazie ai computer forniti di webcam e ai telefoni fissi, riesco a mettermi in
contatto con la mia famiglia a Nairobi… e con il mio fidanzato, anch’esso somalo, ma
che vive in Norvegia per lavoro!
AMIRA:
Ho 23 anni e sono nata a Mogadiscio, Somalia. Non parlo molto volentieri di me, forse
perché la guerra mi ha fatto diventare una donna chiusa, forse è una sorta di barriera
che ho innalzato per non soffrire ulteriormente. Proprio a causa della guerra sono
scappata con la mia famiglia in Uganda, però poi ho dovuto proseguire da sola il
tragitto che mi ha portato prima in Libia (2 settimane) e poi qui in Italia. Ho cercato di
riprendere il mio percorso scolastico e ho dovuto ricominciare dall’inizio, adesso studio
alla scuola media Galileo Galilei. Per mantenermi lavoro come baby-sitter , mi occupo
di due bambini italiani di 3 e 5 anni, sono bellissimi! Mi piace venire allo sportello
perché solo qui posso avere notizie dalla mia famiglia che non vedo da 10 anni … è
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molto numerosa sapete? Ho 22 fratelli e il mio sogno è quello di vivere qui in Italia tutti
insieme … io adoro l’Italia!
HUSSEIN:
Mi chiamo Hussein, sono somalo e vivo al Ferrohotel di Bari. Sono sbarcato nel 2009 a
Lampedusa con una piccola barca stracolma di persone che, come me, sono emigrate
in cerca di salvezza. La mia vita è stata molto movimentata , prima di stabilirmi in
modo permanente a Bari, ho viaggiato in tutta Europa come turista: grazie all’aiuto e
all’ospitalità dei miei amici ho vissuto anche per periodi abbastanza lunghi in
Germania, per esempio, ma anche in Grecia, Norvegia, Chad… e in Italia. Da quando
sono a Bari ho deciso di impegnarmi seriamente ad aiutare i miei concittadini a
vivere.. non a sopravvivere! Adesso lavoro allo sportello da noi gestito grazie ad un
bando della Regione Puglia a cui abbiamo partecipato e che abbiamo vinto: faccio
servizio di accompagnamento, aiuto a rinnovare i permessi di soggiorno e aiuto i miei
connazionali con la lingua. Ho viaggiato tanto quindi ho avuto modo di conoscere da
vicino tantissime culture, ma credo che nessun posto sia come quello in cui ti senti a
casa… e per me questo posto è l’Italia!
Florinda Palacco
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Un’esperienza di scrittura meticcia
Insieme a Gadji, scrittore senegalese, ci siamo immersi in una esperienza di scrittura
meticcia. Abbiamo iniziato con la lettura di un suo racconto che narrava di una
“guerra pacifica” tra due tribù. In questa storia erano presenti alcuni elementi e
ambientazioni interessanti, per esempio l’albero del tamarindo che ha, secondo la loro
tradizione, una natura magica. Abbiamo quindi appuntato le parole che più ci avevano
colpito,senza troppo pensarci, di sottofondo c’era una musica portata da Gadji che ci
aiutava ad immergerci nel paesaggio africano. Le parole le abbiamo poi condivise con
il resto del gruppo trascrivendole su di un cartellone. Queste parole, servivano come
spunto per la creazione di una storia e per avere chiari riferimenti alla cultura
senegalese. Ci è stato anche di aiuto un video con immagini di riti tribali in cui gli
abitanti di un villaggio africano indossano maschere diverse l’una dall’altra. Mi ha
colpito la vivacità dei vestiti che indossavano, tutti di colori sgargianti : giallo, rosso,
verde, viola, ecc.
Sono così incominciate a maturare le trame intorno a cui tessere le nostre storie.
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Chiara de Candia
ASCOLTA IL TUO CUORE
Albero Buul: mia dolce Africa, terra di sogni, tradizioni e speranze. Ti ho vissuta e
osservata da secoli ormai. Quante diverse civiltà sono passate da qui, con anime
colme, ognuna, di gioia e tristezza. Quanti di loro avevano anime annebbiate dall'odio
e dalla vendetta a tal punto da creare minaccia per noi alberi, appiccando fuochi. Noi
che siamo radici e frutto di millenni di civiltà.
Narratore: sono le prime luci dell'alba e nel villaggio dei Wolof è in corso
un'assemblea di saggi nella quale si discute la successione al potere del capo tribù
Lattir Go. Si è deciso che la primogenita LingherNgoneLattir, figlia del capo tribù, sposi
il primogenito della famiglia Pool.
Lattir Go: (soliloquio) So che questo é il bene per la mia tribù, ma come farò a
spegnere i sogni di una giovane donna? Dovrà presto imparare che essere figlia del
capo tribù comporta sacrifici. È il suo dovere, non c'è spazio per i sentimenti.
Narratore: al termine dell'assemblea il padre ed i saggi convocano la giovane
fanciulla per informarla della decisione appena presa. La ragazza accetta senza fare
obiezioni perché sa che quello è il suo dovere per garantire la pace, la serenità e
l'equilibrio per la sua gente. Dopo essere stata congedata dall'assemblea,
LingherNgoneLattir si reca all'albergo sacro Buul per invocare lo spirito Nguru,
recandosi al suo cospetto con un’ anfora piena di grano.
Albero Buul: cosa tormenta la tua anima quieta?
LingherNgoneLattir: sono triste per la decisione presa dai saggi della mia tribù
riguardante il mio destino.
Albero Buul: così cupo vedi il tuo destino dopo questa decisione?
LingherNgoneLattir: ebbene sì, sono costretta a sposare un uomo contro la mia
volontà.
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Albero Buul: e tu lo conosci?
LingherNgoneLattir: si, è un ragazzo della mia tribù che conosco da molto tempo.
Albero Buul: la sua anima è pura?
LingherNgoneLattir: non avevo mai pensato a questo, ma... SI!
Albero Buul: è sincera?
LingherNgoneLattir: ... Si! Con gli uomini della tribù sì! E a pensarci anche con me!
Albero Buul: ascolta il tuo cuore, cosa ti dice?
LingherNgoneLattir: ...
Albero Buul: e allora per quale motivo credi che il tuo destino insieme a lui possa
essere cupo?
LingherNgoneLattir: in realtà ora non lo penso più. Ora vado da mio padre.
Narratore: non appena LingherNgoneLattir alza il capo per ringraziare lo spirito, ecco
che immediatamente esso scompare. La ragazza torna nella tribù per rassicurare il
padre del felice avvenire.
LingherNgoneLattir: padre!
Lattir Go: dimmi cara!
LingherNgoneLattir: sono pronta, non ho più paura del mio avvenire.
Lattir Go: (le sorride dolcemente e sfiorandole una guancia sussurra) ormai sei una
donna.
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Storia scritta da: B. Sifanno,I. Poliseno,M. Dellino, S. Loporto,S. Grimaldi, A. Capozzi.
UNA DONNA
Ha grandi occhi scuri e pelle bruciata dalle continue vessazioni subite. E’ una donna
che sarebbe stata bella se non fosse per le cicatrici e i maltrattamenti subiti. << Sono
nata in Darfur, quasi al limitare con le terre ricche del Sudan. Il villaggio in cui vivevo
non è mai stato molto ricco: ci sono stati periodi di fuoco, siccità, ma eravamo felici…
fino a quando gli scontri non hanno iniziato a farsi sempre più intensi.
Non chiedetemi quando sono nata, non ve lo saprei dire; adesso dovrei essere una
donna sposata, con dei figli, come mia madre e mia nonna prima di lei. La nostra
famiglia era una famiglia di allevatori non troppo ricca ma nemmeno troppo povera;
eravamo cinque fratelli, il più piccolo morì all’età di tre anni a causa di una malattia
che lo aveva reso magro e pallido. Mentre i più grandi crescevano e si preparavano
giorno per giorno all’addestramento con altri uomini e ragazzi del villaggio, io non
potevo far altro che aspettare il loro ritorno sperando che le tribù vicine non li
attaccassero.
Forse quando ero ancora troppo piccola iniziò per noi un periodo sempre più critico,
che sembrava di preparazione a qualcosa che forse per la mia giovane età non
riuscivo a comprendere. Vedevo i miei genitori farsi più seri, i turni di notte farsi più
frenetici, sentivo rumori al di là delle poche dune che ci separavano dai pozzi d’acqua
e nessuno voleva dirmi cosa succedeva.
Passò un anno così, la polverosa sfera di cristallo in cui vivevo si sarebbe di lì a poco
frantumata in mille pezzi, trafiggendoci tutti. Vedevo su di me i cambiamenti legati alla
pubertà, la somiglianza con mia madre farsi sempre più evidente, i miei fratelli già
altissimi portare a compimento i loro riti; alcuni si sposavano e la famiglia si allargava.
In quel periodo sembrava necessario per tutti creare dei legami abbastanza forti.
Arrivò, tuttavia, un giorno in cui le donne della tribù furono riunite tutte dalla
vecchia Mane, le cui rughe segnavano reti tanto fitte da non permettere di distinguere
gli antichi lineamenti del suo volto. Cii disse che dovevamo essere pronte a veder
finita la nostra pace, che gli spiriti avevano parlato al nostro capo Mokum dicendogli
che le nostre terre non sarebbero più state tranquille: le avevano comunicato l’arrivo
di una tribù da occidente chiamata Serer, pronta a prendere la nostra acqua, i nostri
animali a distruggere tutto ciò che avrebbero incontrato. Passarono due giorni nei quali
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ci fecero preparare tutte le nostre cose, trascinare i nostri animali dove potevano
essere al sicuro dai nemici. La nostra vita sedentaria stava volgendo al termine dopo
che la nostra tribù aveva vissuto in quella terra sassosa fin da alcuni anni prima della
mia nascita. Ricominciava il nostro viaggio nomade verso un posto più sicuro.
La tribù dei Serer fu più veloce, sentivamo giorno e notte durante il nostro cammino i
suoni provenire da quel piccolo territorio che mi ero ormai abituata a chiamare casa.
Con noi erano venute tutte le donne, i bambini e gli uomini troppo anziani per poter
combattere. Gli animali però, come avremmo scoperto solo dopo, lasciavano dietro di
noi i segni del nostro percorso, che gli anziani speravano invece si sarebbero
cancellati con l’alzarsi del freddo vento notturno.
Fu di notte, col buio, che i nostri nemici scorsero il fuoco vivace tra le nostre misere
tende; sentimmo i colpi nell’aria, mia madre disse solo: non è rimasto più nessuno!
Sentimmo le forti urla di guerra dei nostri nemici sovrastare quelle terrorizzate dei
bambini; iniziarono a minacciarci dall’alto dei loro camelidi, le armi straniere puntate
su di noi, i visi coperti dai drappi scuri. Fecero mettere le donne in fila, chine con il
capo basso. Chi provava ad opporsi moriva, a volte senza emettere neanche un suono
tant’era la paura; forte l’orgoglio quando toccò a mia madre che non si piegò davanti
agli uomini, che non erano i sui uomini, quelli che aveva amato e avrebbe seguito
anche dopo la morte.
Adesso sono qui con gli altri sopravvissuti. Ci nutrono,e questa forse è l’unica cosa
positiva dopo giorni che le poche di noi rimaste non ricevevano altro che punizioni e
violenze. Devono essere passati alcuni mesi da quando siamo partiti dal Sud: ora ci
troviamo in Libia, questo mi hanno detto gli altri prigionieri. Sentiamo i
bombardamenti, qualcosa mi dice che siamo molto vicini ad una città e la cosa mi
sembra così strana, a me che sono vissuta tra le colline del deserto. Qualche giorno fa
sono venuti due uomini con vestiti ricchi che ci hanno guardato e i nostri carcerieri
hanno dato per ognuno di noi un prezzo; hanno scelto me e altre due ragazze. Non
saremo libere, ma certo sarà meglio di questo; non saremo libere ma almeno saremo
vive>>.
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Storia scritta da: C. Ranieri, I. Tanzi, F. Bussola, F. Palacco, S. Straniero,A. De Giglio.
LO SPIRITO DEL VENTO
Nel lontano Kenya la tribù dei Makadi era in festa per augurarsi un buon anno di pesca.
La vegetazione fioriva di giorno in giorno e gli animali vivevano contenti nel loro
habitat naturale. Questa tribù era pacifica e solidale, molto legata alle proprie
tradizioni e alla propria cultura.
Un giorno però, durante i festeggiamenti rituali, il cielo iniziò ad oscurarsi e in
lontananza si scorse una strana figura. Man mano che si avvicinava i suoi lineamenti
diventavano più chiari: alto, magro, lunga barba, portava con sè uno strano bastone.
All’improvviso il fuoco si spense, gli animali iniziarono a scappare e si alzò un vento
inquietante. L’uomo, ormai vicino al villaggio, alzò il bastone al cielo e lanciò una
maledizione.
Tutti gli abitanti iniziarono a scappare spaventati nel bosco sacro, pensando che gli
spiriti che lo governavano li avrebbero salvati, ma un fulmine lo colpì e lo incendiò,
così che tutta la tribù fu annientata.
Solo due ragazze, ignare di tutto, riuscirono a salvarsi, perché durante i
festeggiamenti erano state mandate dal capotribù a prendere l’acqua. Nayma e Malika
erano due bellissime ragazze di quindici anni, ben conosciute a causa di una differenza
rispetto a tutte le altre ragazze del villaggio: avevano gli occhi azzurri.
Vedendo in lontananza quello che era successo alla loro tribù, decisero di scappare,
risalendo il fiume grazie ad una canoa. Guardando per l’ultima volta quello che era
rimasto delle loro case, i loro occhi si riempirono di lacrime. La loro avventura era
iniziata al tramonto, e quindi subito si fece notte. Le uniche luci alle quali le ragazze
potevano affidarsi erano quelle della luna e delle stelle. Tutto intorno a loro era scuro e
tetro, e all’improvviso il vento iniziò a soffiare forte facendo muovere la vegetazione e
sembrava guidarle verso una direzione ben precisa. Le ragazze decisero di farsi
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trasportare dalla corrente, convinte che lo spirito del vento volesse aiutarle a
sopravvivere. Passarono molte ore, ma sulle sponde non riuscivano a vedere nessun
villaggio al quale poter chiedere aiuto. Iniziarono a sentirsi ancora più disperate perché
non solo quella sera avevano perso tutti i loro cari, ma adesso rischiavano di morire
anche loro.
All’improvviso finalmente il cielo iniziò a farsi più chiaro, e i primi raggi di sole
iniziarono a liberarsi. L’alba era arrivata, e con essa aveva portato la visione di un
villaggio lungo il fiume. Stanche e affamate riuscirono ad attraccare la loro piccola
imbarcazione vicino alle sponde del fiume e raggiungere così il villaggio. Erano salve!
Storia scritta da: de Candia Chiara, D’Elia Claudia, Ferrigno Rosalia, Macellaio Silvia,
Mininni Antonella, Pasquariello Giovanna, Saccente Vanessa, Sciannimanico Claudia
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Migrantes
La fondazione Migrantes è l'organismo costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana
per assicurare l'assistenza religiosa ai migranti, italiani e stranieri, per promuovere
nelle comunità cristiane atteggiamenti ed opere di fraterna accoglienza nei loro
riguardi, per stimolare nella stessa comunità civile la comprensione e la valorizzazione
della loro identità in un clima di pacifica convivenza rispettosa dei diritti della persona
umana. Il tema delle migrazioni è ormai da alcuni anni al centro del dibattito pubblico
europeo. Esse sono da molti considerate come uno degli aspetti cruciali della
globalizzazione e la loro regolazione si è intrecciata con il processo di costruzione
dell'Unione europea. La rubrica "Migrantes" intende proporsi non tanto come uno
strumento d'informazione giuridica o di analisi economica delle migrazioni, quanto
come uno spazio di riflessione sull'identità migrante e come uno spazio dedicato
all'analisi delle società occidentali attraversate e "rivelate" dalle migrazioni. In
letteratura, come nel dibattito politico, prevale una concezione delle migrazioni come
fenomeni naturali riconducibili a cause oggettive. Questa impostazione trascura il fatto
che i migranti sono uomini e donne che decidono di lasciare il proprio paese, spesso
fuggendo dalla povertà e dalla guerra, ma sempre animati da motivazioni di carattere
personale che li conducono a scegliere uno specifico progetto migratorio. Come ha
scritto SaskiaSassen, le migrazioni non sono fenomeni disordinati e fuori controllo:
obbediscono a dinamiche transnazionali che possono essere studiate e comprese solo
se si prendono in considerazione le soggettività migranti. I movimenti di popolazione
dipendono da logiche specifiche, nelle quali i legami storici e culturali fra i paesi di
partenza e i paesi di arrivo e le storie delle diverse comunità migranti giocano un ruolo
centrale. Una parte della letteratura sociologica si è negli ultimi anni orientata a
studiare il tema della migrazione abbandonando un sistema di pensiero che appare
strettamente legato alle politiche di controllo e di repressione dell'immigrazione
attuate nei paesi occidentali. Lo straniero, quando non è costretto a vivere e lavorare
in condizioni di vera e propria schiavitù, è visto come una "risorsa economica" al
servizio degli 'autoctoni'. Il migrante è una "non-persona", legata al paese di arrivo da
un "contratto di soggiorno" che gli consente di trattenersi sul territorio nazionale solo
per il periodo necessario all'assolvimento della prestazione lavorativa richiestagli. Il
migrante è dunque concepito, in primo luogo dalle leggi che regolano l'immigrazione,
come un portatore di forza-lavoro e non come un individuo titolare di diritti.
L'impressione è che i paesi occidentali si nascondano dietro paure diffuse (spesso
mediaticamente costruite) per avallare una concezione dell'immigrazione come
fenomeno utile alla regolamentazione del mercato del lavoro interno. Le "politiche
d'integrazione", volte alla costruzione di una "cittadinanza multiculturale" sono
sempre più spesso ridotte a una basilare retorica e la politica migratoria si limita
all'organizzazione di "flussi" di una forza-lavoro che non deve più essere "integrata"
nel paese di arrivo. Nonostante la repressione però, i migranti continuano a mettersi in
viaggio, rischiando la vita e pagando ingenti somme di denaro che alimentano la
criminalità organizzata. Trascurare le loro motivazioni dunque, significa non capire le
dinamiche in atto e accontentarsi di un'analisi delle migrazioni funzionale alla loro
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gestione istituzionale. Questa rubrica vuole prestare attenzione ai percorsi dei
migranti, individuali e di gruppo, ai motivi che stanno alla base della loro decisione di
emigrare, ai viaggi che li conducono in Occidente, alla migrazione vista dal Sud,
rovesciando lo sguardo per illuminare il paradosso, o l'ipocrisia, delle nostre politiche
migratorie e guardare alle società occidentali attraverso lo "specchio" che i migranti ci
pongono di fronte.
Sara Loporto
Don Gianni De Robertis
La fondazione Migrantes, è l’organismo costituito dalla conferenza Episcopale italiana
per assicurare assistenza religiosa ai migranti, italiani e stranieri,per promuovere nelle
comunità cristiane atteggiamenti ed opere di accoglienza nei loro riguardi , per
stimolare nella comunità civile la comprensione e la valorizzazione della loro identità
in un clima pacifico e rispettoso dei diritti della persona.
L’ufficio Migrantes è diretto da Don Giovanni De Robertis e ha come vice direttore Don
Giovanni Pedone. Questo ufficio si occupa dei problemi dell’immigrazione ed in
particolare degli immigrati italiani all’estero anche attraverso missioni cattoliche nei
vari paesi.
Don Gianni sin da giovane non avrebbe mai immaginato di diventare parroco. Nella
sua adolescenza era dedito a studi scientifici, ha frequentato il liceo Scacchi,
successivamente si è iscritto a ingegneria.
Ad un certo punto della sua vita ha deciso di dedicarsi a Dio. Ora è parroco
presso la chiesa San Marcello. Da quando ha ricevuto dal vescovo l’incarico di
presiedere l’associazione Migrantes ha messo in primo piano l’accoglienza verso i
richiedenti asilo, gli irregolari e chi, divenuto povero , ha perso un tetto e
considerazione sociale.
Don Gianni con l’aiuto dell’operatrice interculturale Teresa Spinelli, ha scritto “ Le vie
dell’accoglienza” opuscolo utile per fornire informazioni ai migranti circa i servizi di
accoglienza presenti in città.
L’intento di don Gianni è stato raggiunto, questa guida è utile anche a operatori dei
servizi sociali che aiutano legalmente e psicologicamente i migranti, ma secondo lui
una guida non basta a rispondere al bisogno di assistenza sempre più elevato.
Migrantes, è una delle associazioni della campagna “L’Italia sono anch’io” promossa
da enti ecclesiali e dalla società civile tra cui ( caritas, acli, migrantes, centri arci,
Libera e cgil). per il diritto di voto amministrativo per gli stranieri regolari che vivono
da più anni in Italia. Il presidente del comitato promotore è Graziano Delrio sindaco di
Reggio Emilia.
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Silvia Macellaio
Etnie Onlus
Etnie è un’associazione di promozione sociale onlus.
Dal 1998 promuove politiche di inserimento culturale e lavorativo dei cittadini stranieri
e politiche di valorizzazione delle identità culturali.
Dal 2001 al 2007 è membro dell’ICS (ItalianConsortium of Solidarity) organismo
umanitario che promuove attività di cooperazione e di solidarietà internazionale.
Etnie nasce come uno spazio multietnico di socializzazione, di incontro e di confronto
tra italiani e migranti; è impegnata a creare, nel Barese e in Puglia, spazi multietnici
per far conoscere le culture ‘diverse’.
Le attività promosse da quest’associazione rappresentano un insieme di iniziative a
carattere educativo, culturale, sociale e politico per stabilire delle collaborazioni con le
organizzazioni e istituzioni pubbliche e private.
Negli sportelli informativi gestiti da Etnie Onlus si svolgono attività di supporto per
tutti gli immigrati.
Lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) è stato istituito ai
sensi dell’art. 32 della legge 189/02 ed affidato dal Ministero dell’Interno all’ANCI
mediante convenzione.
Esso prevede l’attivazione di servizi di accoglienza e integrazione per richiedenti e
titolari di protezione internazionale.
Infine è esistente un giornale scritto da studenti stranieri dal nome Talands: Ta sta per
talenti, perché ogni essere umano ne possiede uno; mentre lands è parola inglese che
significa terre.
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Vanessa Saccente
Minori non accompagnati
Minori non accompagnati sono tutti quei ragazzi e quelle ragazze che arrivano in
Italia senza alcun adulto che sia responsabile per loro. Ragazzi insomma, che si
ritrovano già grandi ad appena quindici anni..età in cui un ragazzino “italiano” è
impegnato tra partite di calcio e feste di paese. Si ritrovano quindi ad essere
particolarmente vulnerabili e abbandonati a se stessi. La legge italiana che si rifà a
fonti di diritto internazionale, in base al principio di non discriminazione, si impegna a
garantire ai minori stranieri non accompagnati tutti i diritti previsti dalla convenzione
internazionale tra i quali figurano il diritto alla protezione, alla salute, all'istruzione,
all'unità familiare, alla tutela dallo sfruttamento. Le norme generalmente riconosciute
dalla legge italiana prevedono che ogni minore non accompagnato debba essere
segnalato alle autorità competenti. In particolare, a seconda dei casi, constatata
l'illegittima presenza sul territorio italiano del minore straniero non accompagnato è
previsto che il minore non venga espulso in base al principio della inespellibilità
(laddove il minore non rappresenti motivo di minaccia per la sicurezza e l'ordine
pubblico dello Stato); tuttavia, al fine di mantenere l'unità familiare, è prevista la
pratica del rimpatrio assistito. In base al principio di inespellibilità ,i minori stranieri
non accompagnati godono del diritto di ottenere il permesso di soggiorno. Perciò che
concerne l'assistenza sanitaria, la procedura prevista dal nostro ordinamento si
differenzia a seconda che il minore sia provvisto o meno del permesso di soggiorno.
Difatti al minore titolare del permesso di soggiorno è garantita l'iscrizione al Servizio
Sanitario Nazionale, con la possibilità di usufruire di tutte le prestazioni da esso
garantite; per il minore straniero non accompagnato sprovvisto di permesso di
soggiorno, invece, non è fornito accesso al S.S.N. ma tuttavia sono garantite le cure
ambulatorie urgenti ed essenziali purché non continuative. Il diritto all'istruzione è
garantito per tutti i minorenni stranieri non accompagnati, sia che siano titolari del
permesso di soggiorno o meno. Difatti, in base all'ordinamento vigente, sono anch'essi
soggetti all'obbligo scolastico ed hanno il diritto di essere iscritti a scuola.
Muas
Muas, un ragazzo tunisino di appena quindici anni, è scappato dalla sua triste realtà
raccontando una bugia alla propria famiglia per non crearle dispiacere. La famiglia è
stata avvisata una settimana dopo il suo arrivo in Italia dal centro di identificazione ed
espulsione(C.I.E.) di Foggia. Il ragazzo ha viaggiato in un barcone per tre notti,
racconta, senza acqua né cibo..con il timore di poter morire da un momento all’altro,
senza amici né parenti..completamente solo. L’unica cosa che ha sempre avuto con
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sé,dice, sono le sigarette. Fuma da sempre e quelle non sono mai mancate; quando gli
ho chiesto di sé, dei suoi interessi e dei suoi sogni, Muas si è stretto nelle spalle e ha
abbassato lo sguardo,accarezzando il cappello che gli copriva il capo e lo ha spinto in
giù per evitare il mio sguardo. Una risposta più forte di qualsiasi altra parola questa.
Che rumore questo silenzio! La mia ultima domanda è stata: Muas hai paura? Il
ragazzo mi ha risposto: “Io non ho paura, vorrei solo stare bene. Il mio sogno è quello
di riabbracciare la mamma in Tunisia e rivedere la mia vecchia casa.”
Questo ragazzino è uno dei tanti minori non accompagnati che decide di intraprendere
un viaggio così rivoluzionario e spaventoso pur di abbandonare una condizione di vita
cosi precaria. Lasciando a casa tutto quello che di più caro potesse avere. Niente più
profumi familiari, niente più visi amici, nessuna certezza, solo speranze e un grosso
magone nello stomaco.
Sara Loporto
I rifugiati politici
Rifugiato (o rifugiato politico) è un termine giuridico che indica chi è fuggito o è
stato espulso a causa di discriminazioni politiche, religiose o razziali dal proprio
Paese e trova ospitalità in un Paese straniero. A differenza del concetto di profugo,
espressione usata per definire chi si è allontanato dal Paese di origine per le
persecuzioni o per una guerra, ciò che caratterizza il rifugiato è l'aver ricevuto dalla
legge dello Stato che lo ospita questo status e la relativa protezione attraverso l'asilo
politico. Il fenomeno ha assunto dimensioni rilevanti dopo la Seconda guerra
mondiale, quando l'Organizzazione delle Nazioni Unite ha istituito un organismo
chiamato a tutelare i rifugiati, l'Alto Commissariato per i Rifugiati ACNURfondato
alla fine del 1950. Di poco successiva alla fondazione dell'ACNUR è la prima
definizione organica del concetto giuridico di rifugiato, contenuta nella Convenzione
firmata a Ginevra il 28 luglio1951.
La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo riconosce il diritto d'asilo all'art.
14 come diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni, non
invocabile, però, da chi sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni
contrarie ai fini e ai princìpi delle Nazioni Unite.
Hanno dunque diritto di asilo i "rifugiati". Quello di "rifugiato" è uno status
riconosciuto, secondo il diritto internazionale a chiunque si trovi al di fuori del proprio
paese e non possa ritornarvi a causa del fondato timore di subire violenze o
persecuzioni.
Diritto di asilo e diritti dei rifugiati nel Diritto internazionale
Convenzione ONU relativa allo status dei rifugiati (Ginevra, 1951)
La
Convenzione di Ginevra del 1951 e il Protocollo del 1967 sono alla base del diritto
internazionale del rifugiato. Secondo la Convenzione, un rifugiato è un individuo che:
• ha fondato motivo di temere la persecuzione a motivo della sua
•
discendenza,
•
religione,
•
nazionalità,
•
appartenenza ad un particolare gruppo sociale,
•
opinione politica;
• si trova al di fuori del suo paese d’origine; e
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non può o non vuole avvalersi della protezione di quel paese, o ritornarvi, per
timore di essere perseguitato.
Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani
o degradanti (New York, 1984)
La Convenzione contro la tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o
degradanti è uno strumento internazionale per la difesa dei diritti umani, sotto la
supervisione dell'ONU.
Legislazione sul diritto di asilo in Europa
• Il Regolamento Dublino II che ha sostituito fra gli stati membri dell'Unione
Europea la preesistente Convenzione di Dublino del 15 giugno 1990, garantisce
ad ogni richiedente lo status di rifugiato che la sua domanda sarà esaminata da
uno Stato membro dell’Unione Europea, in modo da evitare che egli sia
successivamente mandato da uno Stato membro all’altro senza che nessuno
accetti di esaminare la sua richiesta d’asilo (il problema dei cosiddetti "rifugiati
in orbita"). Il Regolamento mira, ad evitare che i richiedenti asilo godano di una
libertà troppo ampia nella individuazione del Paese europeo al quale rivolgere la
propria domanda di asilo.
•
•
In Italia il diritto di asilo è garantito dall’art.10 comma 3
dellaCostituzione:
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà
democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio
della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
il diritto di asilo è oggi previsto , sia per i rifugiati veri e propri, come già
definiti dalla convenzione di Ginevra, sia per le persone riconoscibili quali
beneficiari di protezione sussidiaria. Essi corrispondono a quelle persone che,
pur non essendo rifugiati propriamente intesi, hanno ugualmente esigenza di
protezione internazionale, in quanto in caso di rimpatrio, correrebbero un rischio
oggettivo di danno grave, quale la sottoposizione a pena di morte, a tortura o
altri trattamenti inumani o degradanti, ovvero una minaccia grave ed
individuale alla loro vita o alla loro persona a causa di una situazione di violenza
generalizzata dovuta ad un conflitto armato interno o internazionale.
• La valutazione delle esigenze di protezione internazionale dei richiedenti asilo è
oggi demandata, in via amministrativa, alle Commissioni Territoriali per il
Riconoscimento della Protezione Internazionale.
Secondo l'UNHCR, le domande di asilo presentate in Italia nel 2008 sono state 30.324,
e i principali paesi di origine dei richiedenti asilo sono stati, nell'ordine, la Nigeria con
5.333 domande, la Somalia con 4.473 domande, l'Eritrea con 2.739 domande,
l'Afghanistan con 2.500 domande e la Costa d'Avorio con 1.844 domande.
•
46
Rosalia Ferrigno
Ylenia Poliseno
Festa interculturale
Ed eccoci qui... alla festa! Dopo tanta fatica, ci ritroviamo in un momento di gioia e
felicità! Una festa interculturale, di scambio, di condivisione e di allegria! Tutti con i
visi
sorridenti,
allegri
e
spensierati...
La festa è iniziata alle ore 16 con l'arrivo dei ragazzi della scuola media Fraccacreta di
Palese. Una ragazza di terza media ha illustrato il loro progetto attraverso un video
che ripercorreva, tappa per tappa, il loro percorso. Subito dopo, la preside ha
ringraziato tutti gli ospiti presenti e le persone che abbiamo avuto la fortuna di
conoscere. Successivamente Bianca ha preso la parola e con l'aiuto di Marika, Serena
e Chiara, ha presentato il nostro lavoro. Il video di Gianfranco e il video di Adriana
hanno intervallato le presentazioni. In seguito, abbiamo letto le storie delle persone
conosciute ad Abusuan, allo sportello gestito dai Somali e al centro interculturale di
Foggia. Una ragazzina mauriziana in abiti tipici, in compagnia di suo cugino, ha ballato
al suono di musiche tipiche del loro paese... erano davvero bellissimi! Disinvolti,
sembrava che ci conoscessero da tempo...
Bravissimo è stato anche il cantante afgano VahdatRahimi che ha più o meno la nostra
età. Emozionante però è stato ascoltare Claudia, la mia amica di classe che ha cantato
due canzoni di Fiorella Mannoia... le emozioni che ha trasmesso a me e ai presenti,
facevano venire i brividi...
E' stata una bellissima festa e i panzerottini di carne e cipolla portati da Mohammed, il
nostro amico somalo, erano buonissimi! Anche se non faceva freddo, io avevo i
brividi... brividi ricchi di gioia e speranza! Vedere la prof.ssa Ammaturo contenta e
soddisfatta del nostro lavoro è stato già un traguardo. Un lavoro difficile, impegnativo
che ci ha portato a un ottimo risultato... cosa resta da dire?! NON POTEVA ANDARE
MEGLIO! Tutto è andato per il verso giusto, la sala era piena di persone e tutti ci
sentivamo
un'unica
famiglia...
Ogni persona che ho incontrato mi ha segnata, mi ha cambiata e in un certo senso mi
ha aiutata a crescere! HO IMPARATO che le cose brutte della vita sono altre, HO
IMPARATO che la famiglia e i genitori hanno un ruolo importantissimo nella vita di
ognuno di noi... HO IMPARATO CHE PRIMA DI GIUDICARE, DEVO RIFLETTERE!
Nella vita non serve avere una macchina nuova, un mascara che ti allunga le ciglia o
un fard che ti evidenzia gli zigomi... NELLA VITA BISOGNA ESSERE, PIUTTOSTO CHE
APPARIRE!
Ringrazio le prof.sse che ci hanno seguiti, i tutor che ci hanno sempre sostenuto,
ringrazio i miei compagni di classe e tutti coloro che ho incontrato in questo progetto...
"L'immigrazione
47
cambierà
nome,
diventerà
mobilità,
soltanto
grazie
alla
comunicazione. Non c'è dunque mobilità fino a quando non ci sarà comunicazione.
Senza
comunicazione
vince
l'immigrazione
illegale"
Antonella Mininni
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“L’Italia sono anch’io”
Campagna di promozione di due leggi di iniziativa popolare.
Le due proposte di legge di iniziativa popolare volte a favorire l'integrazione dei
migranti nel nostro paese riguardano le norme per la partecipazione politica ed
amministrativa e il diritto di elettorato senza discriminazioni di cittadinanza e di
nazionalità e le nuove norme sulla cittadinanza. Le prime comprendono il diritto di
partecipazione politica ed amministrativa,il diritto di elettorato nelle elezioni comunali
e provinciali,il diritto di elettorato nelle elezioni regionali, il diritto di elettorato dei
cittadini europei, l'iscrizione nelle liste elettorali, la ratifica ed esecuzione della
convenzione di Strasburgo; mentre le seconde regolamentano i diritti di cittadinanza
per i nuovi nati, per i minori,in caso di matrimoni tra un italiano ed uno straniero, le
adozioni di maggiorenni, l'integrazione linguistica e sociale dello straniero, i motivi
preclusivi la cittadinanza, il riordino della disciplina di attuazione,il regolamento e le
disposizioni transitorie. Queste proposte di legge servono a tutelare il migrante sia nel
suo ingresso in Italia che a tutelarlo in itinere durante il suo soggiorno. Per questo
motivo ci siamo impegnati, supportati dalla nostra scuola,il Liceo delle Scienze Umane
"G. Bianchi Dottula", nella raccolta firme a sostegno di queste proposte di legge.
Nonostante il primo atteggiamento di diffidenza delle persone incontrate, abbiamo
riscontrato che con una accorta opera informativa, le opinioni mutavano rendendo le
menti più aperte e spingendo le persone ad approvare quella che era la nostra causa.
Siamo giunti alla conclusione che l'immigrazione non è un problema nel nostro paese,
il problema siamo noi, la nostra diffidenza e la nostra scarsa capacità di auto
informazione, non possiamo giustificare i nostri pregiudizi attribuendoli ad una
cattiva/mancata informazione per esempio da parte dei media; bisogna imparare, non
solo in ambito interculturale ma nella vita, che prima di formulare qualunque pensiero
o giudizio, ognuno di noi ha la possibilità e i mezzi per documentarsi.
La prima azione di sensibilizzazione è quindi informare!
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Bianca Sifanno
Convivialità delle differenze
Il percorso di studi che sto affrontando presso il liceo delle scienza sociali G. Bianchi
Dottula , in origine preannunciava il fatto che mi sarei impegnata in attività ed
esperienze sociali di grande valore che mi avrebbero arricchita come persona.
Tuttavia, mai avrei potuto immaginare l'entità del coinvolgimento che avrei provato e
l'intensità delle tematiche che mi sarei trovata ad affrontare, come avvenuto durante
il nostro stage sull'immigrazione previsto per il nostro quarto anno dal titolo:
Convivialità delle differenze: immigrati, problema o risorsa?
Parole apparentemente familiari, ma di cui ho sempre ignorato il valore; solo in
seguito e durante questo percorso, ho scoperto cosa voglia dire "Convivialità delle
differenze" . Ad esempio, come la giornalista ed antropologa GenevieveMackaping,
donna meravigliosa ha saputo illustrarci,ovvero se provassimo a scavare nella storia
genetica di ciascuno di noi tutti scopriremmo a malincuore di non essere parte della
"razza pura" da molti stupidi acclamata.. Al contrario ci accorgeremmo i d'essere
tutti "meticci".
Nessuno di noi potrà mai conoscere completamente le proprie origini, non saprà mai
grazie a quale originaria unione esiste ed è quello che è ; per questo motivo ritengo
stupida l'esistenza dei cosiddetti "marcatori esterni" che in base a tratti somatici
più o meno marcati presumono di classificare correttamente una persona come parte
di una determinata etnia senza sapere nulla della sua vita!
Prima di affrontare questo stage ero altresì convinta che gli immigrati fossero
d'ostacolo al nostro sistema economico,ma dinanzi a dati statistici che dimostrano
esattamente il contrario, ho dovuto ricredermi. Così come ritenevo che tutti quei
ragazzi dalla carnagione più scura che vedevo attorno a me e che pronunciavano il
mio dialetto e la mia lingua spesso, meglio di me fossero tutti come me.
A malincuore ho appreso che molti di loro, pur essendo nati in Italia e pur non
conoscendo i paesi d'origine dei loro genitori, perché gli si CONCEDA D'ESSERE COME
ME sono costretti ad aspettare procedure burocratiche di anni per ottenere il
riconoscimento della cittadinanza italiana. Procedure e lungaggini burocratiche che
servono solo a metterli in crisi e a farli sentire APPARTENENTI A NULLA E NESSUNO.
Come ci si sentirebbe privi di identità senza sapere in cosa effettivamente
riconoscersi?
Io credo che si sentirebbe la necessità di difendersi da tutto e tutti e dal terrore di
sbagliare ed essere giudicati; per tutti questi motivi bisogna smetterla di nascondersi
dietro l'ignoranza, specie noi "italiani puri" dalla nascita, a cui viene detto che la
conoscenza è la base di una vita presumibilmente corretta. Si prosegue per piccoli
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passi, io uno l'ho già fatto: sono diventata consapevole del fatto che è profondamente
sbagliato giudicare ciò che non si conosce, e soprattutto è sbagliato, anche se umano,
farsi spaventare da quello a cui non si è abituati. Dunque perché non fare insieme un
grande passo, impariamo a guardare le differenze con curiosità, quella curiosità sana
che non sottolinea le differenze come negatività ma come arricchimento.
Adriana Montagna
Una giornata importante
La manifestazione organizzata nella nostra scuola il 13 Gennaio è stata finalizzata alla
raccolta di firme per sostenere la campagna ‘’L’Italia sono anch’io’’. Le proposte di
legge sono rispettivamente per il diritto di partecipazione politica e amministrativa
senza discriminazione di cittadinanza e nazionalità e per l’acquisizione
della
cittadinanza da parte dei bambini o dei ragazzi nati in Italia, figli di migranti
regolarmente residenti in Italia. La compagna ben si inserisce nel progetto che
stiamo portando avanti con il PON “Le(g)ali al sud” dal titolo “Convivialità delle
differenze. Immigrati problema o risorsa?” oltre che con il nostro percorso di studio.
L’essermi avvicinata a questo mondo totalmente diverso da quello che ci viene
mostrato dai distaccati media mi ha permesso di conoscere realmente le diversità del
mondo che ci circonda. Posso dire adesso di sentirmi una ‘ giovane cittadina del
mondo ’ che quando un giorno verrà lasciato nelle nostre mani, non dovrà trovare
divisioni e conflitti infiniti da risolvere, ma una convivenza pacifica e prolifica tra tutti e
tutto.
Ad avvalorare il mio sentire c’è un recentissimo studio che sostiene che negli ultimi
anni il sovrapporsi di diverse culture stia portando alla nascita di una nuova varietà
umana: l’Homo Biculturalis. Alcuni psicologi hanno studiato i comportamenti di alcuni
studenti di diverse etnie in campus americani e si è scoperto che questi riescono a
muoversi tra lingue e valori diversi senza contraddizioni. Questi ragazzi non hanno
bisogno di essere ‘’assimilati’’ per sentirsi a proprio agio nel luogo in cui vivono, ma
vogliono fare da ponte tra entrambe le tradizioni che gli appartengono di diritto dalla
nascita. La loro apertura verso il mondo dovrebbe in questo senso spingerci a
cambiare per poter vivere la realtà che ci circonda , mettendo da
parte i radicati pregiudizi che ci allontanano dal viso scuro del nero o dal pantalone
borchiato del bianco . Osservate. Davvero sapete cosa c’è intorno a voi?
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Clara Ranieri
Quale cittadinanza per gli stranieri?
Il 13 febbraio 2012 si è svolta una giornata molto importante all’insegna del senso
civico e della convivialità. Grazie alla campagna “L’Italia sono anch’io” abbiamo
ospitato la raccolta firma per portare in Parlamento la proposta di legge che prevede il
diritto di voto degli stranieri alle amministrative, e il diritto di cittadinanza ai figli di
cittadini stranieri nati in Italia. Nel nostro paese non vige la legge dello ius soli, che
prevede la cittadinanza per tutte le persone nate qui; da noi la legge si basa sullo
iussanguinis, ovvero lo status dei figli è legato alla condizione dei genitori: se loro
hanno ottenuto la cittadinanza, questa si trasmette ai figli, altrimenti bisogna
richiedere i permessi di soggiorno.
All’incontro del 13 febbraio hanno partecipato l’assessore alle politiche giovanili del
comune di Bari Fabio Losito, il presidente del Centro Interculturale “Abusuan”
TasirHasan, e Rosy Paparella ‘Garante dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza’ della
Regione Puglia, che hanno dato il loro contributo condividendo alcune riflessioni
personali sul tema. In seguito, alcuni ragazzi di ” seconda generazione” (bambini nati
in Italia da genitori stranieri) hanno raccontato brevemente la loro storia e cosa
sognano per il loro futuro in Italia.
Grazie a questi incontri riesco a comprendere meglio la posizione delle persone che
migrano nel nostro paese e a mettermi nei loro panni. Ascoltare storie vissute che
magari altrimenti sentiremmo solo in televisione, vedere immagini, ascoltare canzoni
mi hanno aiutata a rompere il muro dei pregiudizi che prima avevo verso di loro e a
costruire un recinto con un cancello sempre aperto per accogliere dentro di me tutte le
culture che possano esistere sulla terra. Il razzismo di grandissima parte della
popolazione è sicuramente un fenomeno causato dai molteplici fatti di cronaca nera
che vedono protagonisti gli “extracomunitari”. I ricorrenti stupri, rapine, assassini e
furti nei quali sono implicati stranieri sono effettivamente tanti, ma è anche vero che
in molte persone esiste un “razzismo preventivo” che discrimina tutti quelli che non
parlano la stessa lingua o non siano nati nello stesso paese. Grazie all’incontro con lo
scrittore senegalese MbackeGadji mi sono resa conto che ciò che lui raccontava dei
costumi e delle usanze del suo villaggio, anche se apparentemente potevano
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sembrarmi assurde e pazzesche, come il rito del matrimonio che prevede il passaggio
della sposa sotto alcuni alberi, oppure l’esistenza di un bosco sacro nel quale risiedono
gli spiriti che proteggono il villaggio, per un’altra parte del mondo rappresentano la
quotidianità e la normalità.
Nessuno dovrebbe cercare di escludere qualcun altro dal proprio paese, perché in
fondo siamo tutti stati generati sulla stessa terra e ogni singolo individuo ha il diritto di
sentirsi cittadino del mondo. L’esperienza che stiamo vivendo con il Ponc3 dovrebbe
essere fatta almeno una volta in tutte le classi, perché solo entrando in contatto
diretto con persone portatrici di una cultura diversa dalla nostra, sarà possibile capire
che non siamo poi così diversi perché ognuno di noi ha sogni nel cassetto, e anche
dall’altra parte del pianeta si provano le stesse emozioni che proviamo noi.
Claudia Sciannimanico
A sostegno della campagna “L’Italia sono
anch’io”
Il progetto che quest’anno ci vede impegnati ha come tema l’immigrazione, e si
propone di aiutarci a stabilire se gli immigrati costituiscano o meno una risorsa.
Mi sento di affermare, con una certa sicurezza, che gli immigrati, meglio i migranti
come dovremmo chiamarli, sono una risorsa più che un problema. Certamente i pro e
i contro ci sono, ma durante gli incontri che si sono tenuti gli esperti e in primo luogo
i diretti interessati che abbiamo incontrato, ci hanno offerto molti spunti e dati reali
sulla situazione immigrati. In particolare: Ibrahim, mediatore interculturale, grazie al
cui aiuto siamo riusciti a mettere in piedi una raccolta firme nella nostra scuola,
nell'ambito della campagna nazionale “L'Italia sono anch'io”; si tratta di un’ iniziativa
popolare che serve a spingere le istituzioni a fare in modo che le seconde
generazioni, ovvero i figli di cittadini stranieri nati in Italia, abbiano di diritto la
cittadinanza anziché per concessione. Ho avuto conferma che non tutti gli italiani sono
favorevoli all’integrazione, in realtà la maggioranza è propriamente sfavorevole;
questo non è sorprendente visto le notizie di cronaca. Tutto sommato io sono
favorevole ad una piena integrazione perché a mio parere non possiamo impedire ad
altri uomini di soggiornare in Italia, dopotutto solo perché noi ci definiamo italiani chi ci
dice che l’ Italia è nostra ed esclusiva? Dopotutto non ci sono differenze tra bianchi e
neri se non un colore, e questo può portare a tanta discriminazione? Allora potremmo
prevedere che il mondo prima o poi diventerà deserto perché se un colore può fare la
differenza, allora anche la lingua influirà sui rapporti sociali e, andando avanti,
troveremo sicuramente qualcos’altro per farci guerra tra noi e distruggerci a vicenda.
Bel futuro che ci aspetta! Spero che questa esperienza ci stimoli e ci aiuti a far
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comprendere ai più che dopotutto siamo uguali e che i diritti non si possono negare.
Non a caso il titolo del nostro pon è “CONVIVIALITÀ DELLE DIFFERENZE”!
Florinda Palacco
Ho imparato
Si parla tanto di integrazione, ma quali possibilità offriamo ai migranti di integrarsi?
Che senso ha parlare di integrazione se poi neghiamo il diritto di cittadinanza a chi,
figlio di stranieri, nasce in Italia? Conoscere il punto di vista dei migranti, i loro
pensieri, i loro sogni ci ha fatto comprendere come per loro sia importante che la
cittadinanza sia un diritto e non una ‘concessione’. Abbiamo così deciso di promuovere
nel nostro Liceo la raccolta di firme a sostegno della campagna “L’Italia sono
anch’io” .
Quante sorprese ci attendevano! Ho capito quanto possa essere doloroso per un
adolescente condurre uno stile di vita, abituarsi a ritmi, regole ed usanze e poi sentirsi
ricordare “TU NON SEI ITALIANO!” Sentirsi al 100% italiano e non poterlo dimostrare a
chi non sa se ritenerti italiano o extracomunitario. Ho imparato davvero tante cose
durante questo percorso; per esempio ora so che la paura più grande che gli uomini
provano nasce dalla non conoscenza, dalla paura di esser giudicati. Come si fa a
giudicare se non si conoscono le molteplici sfaccettature dell’animo umano che si
nascondono dietro un volto?
Ho imparato che le differenze arricchiscono e non allontanano. Ho scoperto che
insieme ad un perfetto sconosciuto, che sia bianco o nero non importa, posso
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conoscere più a fondo me stessa; mi sono resa conto che la verità oggettiva viene
percepita in tanti modi diversi,quante sono le persone che ne vengono a
conoscenza;quindi vi saranno molteplici reazioni differenti. Ho scoperto che aiutare chi
è in difficoltà mi fa sentire bene,più leggera e l’anima più “calda”. Ho imparato a
guardare,ragionare e pensare come un nero, che è identico a come lo fa un bianco,
allora perché non possiamo ragionare insieme? Perché dobbiamo per forza
sottolineare le differenze che ci rendono diversi,piuttosto che evidenziare ciò che ci
accomuna? Ho scoperto che molte persone fanno cose perché devono e non perché
vogliono, e ne ho conosciute altre che invece fanno di tutto pur di essere d’aiuto e
sentirsi bene con se stessi. Ho imparato che l’unione fa la forza, che una semplice
fiaba è più significativa di mille discorsi etici. Ho capito a fondo che la ricchezza di un
uomo è data dal suo cuore, dal coraggio che lo riempie, dalla bontà che lo domina e
dall’umiltà che lo rende più ricco di qualsiasi altro uomo economicamente ricco. La
vera ricchezza è quella che ogni uomo scopre dentro di sé, e negli sguardi, nei sorrisi e
nelle vite altrui e non nelle mani di chi detiene il potere. In questo percorso ho avuto la
possibilità di conoscere tante persone in difficoltà, ma davvero,davvero ricche; ricche
di speranza,diidee,valori,pieni di vita e sicuri di sensibilizzare e magari cambiare il
mondo occidentale. Vorrei un giorno poter camminare in mezzo alla gente di qualsiasi
etnia,sicura che nessuna potrà più fare del razzismo, che tutti, ma proprio tutti, si
sentano a casa in qualsiasi posto decidano di andare. Mi sento toccata da tutto questo
e forse anche un po’ cambiata; sento di poter fare qualcosa,anche con poco. So che
riusciremo un giorno a far valere i diritti di tutti gli essere umani in egual misura. Lo so
perché lo penso, e lo penso perché ci credo,e se ci credo vuol dire che è vero!
(Cartesio).
Sara Loporto
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Giovani Senza Frontiere
L’associazione “ GIOVANI SENZA FRONTIERE” nasce dall’esperienza fatta durante il
percorso di stage del quarto anno di liceo delle scienze sociali. Con il prezioso aiuto del
toutor Gianfranco Leonardi, ci siamo impegnate, per poter proseguire questa
esperienza nel campo dell’aiuto e dell’ integrazione dei migranti.
L'Associazione nasce come realtà spontanea che non comporta nessun riconoscimento
legale e nessuna spesa sociale. Ognuno partecipa come volontario secondo le proprie
possibilità di tempo, di ingegno e di economia. Non ci sono limiti alla creatività per la
realizzazione degli obiettivi.
I soci fondatori sono
-
Bianca Sifanno
Sara Loporto
Adriana Montagna
Yuli Girone
4^B s.s
4^B s.s
4^B s.s
Candidate a far parte dell’associazione:
- Bintu Lo (Senegal)
- Aida Trò (Costa d’Avorio)
Obiettivi:
1) Promuovere incontri con immigrati, soprattutto giovani;
2)Favorire alleanze e collaborazioni con altre realtà sul territorio;
3) Promuovere la conoscenza delle problematiche degli immigrati e dei loro
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discendenti;
4) Sostenere e promuovere la formazione di una associazione 2G a Bari;
5)Promuovere azioni di sensibilizzazione finalizzate all'abbattimento di ogni forma di
discriminazione in genere e specialmente etnica, culturale, linguistica, religiosa e di
ogni altra differenza;
6)Realizzare gemellaggi con realtà all'estero o attività di sostegno a distanza con
precisi mini progetti;
7)Favorire l’integrazione degli stranieri attraverso corsi finalizzati all’acquisizione della
lingua italiana;
8)Sostenere l’integrazione scolastica degli alunni stranieri;
9)Il progetto vuole promuovere il protagonismo delle donne.
Possibili attività:
- Andare una volta in una mensa sociale a scelta (alla mensa serale della stazione o
diurna a C.so Italia ecc);
- Sostenere la Festa dei Popoli e parlarne;
- Incontrare altre realtà e partecipare a riti e diverse feste etniche;
-Curare la nostra formazione partecipando, per esempio, ai martedì della cultura
promossi dai Comboniani;
-Organizzare corsi di lingua italiana per gli stranieri partendo dalle recenti richieste
ricevute dalla comunità somala del nostro territorio;
-Prossimo impegno è la partecipazione all’incontro per la Festa dei popoli il 25/5 ore
18.30, presso la casa dei Padri Comboniani.
Collaborazione:
- Gianfranco Leonardi è collaboratore esterno che si impegna a fornire contatti e
collaborazione varia.
Per ora non si elegge una "sede sociale", ma ci si incontrerà o Ad Abusuan (strada
Vallisa) o presso i Missionari Comboniani (via G.Petroni 101) o presso le Missionarie di
Padre Kolbe (via Manzoni).
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CONVIVIALITÁ DELLE DIFFERENZE:IMMIGRATI, PROBLEMA o