La Redazione
risponde
«Beni abbandonati»,
perché le liquidazioni
sono così lente
A cura dell’Avv.
Vipsania Andreicich
A pagina 5
anno XIV - n° 6
Giugno 2008
periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Centro Studi padre Flaminio Rocchi
Il 10 maggio si è tenuto a Mestre
il Congresso nazionale straordinario
ANVGD e di seguito il Consiglio nazionale
Le nuove prospettive
della politica italiana.
La fine delle contrapposizioni
ideologiche apre una nuova fase
nel governo del Paese
L’esito delle elezioni politiche del 13 aprile e delle amministrative di
Roma del 27, con la vittoria inaspettata di Gianni Alemanno e la successiva
ascensione di Gianfranco Fini alla Presidenza della Camera, può essere valutato come una svolta storica, come hanno fatto un po’ tutti: la fine di due o
tre epoche a seconda delle prospettive.
Un evento che viene giudicato simile al 18 aprile del 1948, che escludeva per decenni dal potere il PCI, consentendo l’adesione dell’Italia al blocco
occidentale, alla NATO, alla Comunità Europea.
Altri, più modestamente, vi vedono la fine della fase transitoria aperta da
Tangentopoli nel 1993-’94, segnata dal crollo dei partiti del CLN, con la
singolare eccezione di quel PCI che la caduta del Muro di Berlino avrebbe
dovuto far scomparire fin da allora. E invece furono travolti dagli scandali
«solamente» la DC, il PSI, il PSDI, il PRI e il PLI; sigle ormai sconosciute ai
giovani di oggi; tutti facenti parte di quell’arco costituzionale che garantiva
l’esclusione dal potere dei neo-fascisti.
Ne seguì il fenomeno Berlusconi, che riempiva un vuoto politico-sociale
per motivazioni storiche talmente consistenti (in natura ogni vuoto tende ad
essere riempito da qualcosa di nuovo) che soltanto la cecità di una parte
della sinistra estrema non riuscì a capire. E non capisce ancora oggi, mostrandosi frastornata, come se fosse caduta da una giostra immaginaria.
Tanto immagimaria era ormai l’Italia che loro avevano nella testa.
Fenomeno, il berlusconismo, demonizzato nell’immaginario collettivo
da una stampa sorretta dai poteri forti, che dopo essersi sbarazzata dei partiti
storici a consenso popolare, si credeva aperta la strada al controllo assoluto
del Paese, imprigionando i DS nella coalizione con gli ex democristiani di
sinistra. Oggi Berlusconi con il suo PDL, inventato sul predellino di Piazza
San Babila, si è preso la rivincita, dimostrando di rappresentare più di metà
del Paese.
Ma nel frattempo anche i DS, con il congresso di scioglimento dell’aprile
2007 e la fondazione del PD, hanno trovato una collocazione nuova, dando
vita con coraggio ed esperienza antica, ad un soggetto politico più duttile e
aperto alle esigenze dell’Italia e dell’Europa di oggi. Le sconfitte del 13 aprile
e del 17 a Roma non significano di per sé la vanità del cambiamento e tanto
meno delle ragioni che lo hanno determinato. Non sarà una cammino facile, perché la sinistra italiana ha saltato la lunga esperienza social-democratica di altre sinistre europee. Ma questo potrebbe anche risultare un vantaggio, visto che il modello social-democratico è anch’esso al tramonto.
Lucio Toth
segue a pagina 2
Poste Italiane SpA - Spedizione in
Abbonamento Postale - D.L.353/2003 (conv. in
L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 2 DCB - Roma
Il Congresso nazionale straordinario si è regolarmente costituito, grazie alla presenza della maggioranza assoluta degli aventi diritto. Il Presidente nazionale Toth era assente per importanti motivi di salute che lo terranno lontano dall’attività per alcune
settimane. Oltre ai consiglieri nazionali, erano presenti i rappresentanti dei Comitati provinciali di Venezia, Roma, Bolzano, Verona, Cremona, Udine,
Trieste, Varese, Treviso, Padova, Pescara, Genova,
Belluno, Bologna, Trento, Ferrara, Ancona, L’Aquila,
Massa Carrara, Pesaro Urbino, Modena, Avellino,
Pisa, Cuneo, Pordenone, Gorizia.
Mestre (Venezia),
10 maggio 2008,
Congresso
straordinario
dell’ANVGD.
Una parte della
sala e dei delegati
segue a pagina 5
Le Comunità istriane
nella Federazione
Codarin: «L’unità
delle forze si è ricreata»
Come anticipato sul numero di
maggio, l’Associazione delle Comunità
Istriane è rientrata lo scorso aprile nella Federazione delle Associazioni degli Esuli, dalla quale era uscita nove
anni addietro per dissensi con la linea
seguita. «Nel 2003 – ha dichiarato il
presidente delle Comunità, Lorenzo
Rovis – sono diventato presidente portando avanti questa linea di unione, che
considero la migliore perché divisi si è più deboli e uniti si
ha più forza rappresentativa. Ma se uscire è facile rientrare
è sempre difficile».
Presidente Ruggero Rovatti, nove anni fa la Comunità si
staccò dalla Federazione: «C’era più enfasi sui “rimasti”
che sugli esuli – ricorda Rovis – e alcuni di noi pensavano
si dovessero portare le istanze di questi al governo, e non
viceversa. Ma io non ho mai condiviso la spaccatura – racconta Rovis –, gli assenti hanno sempre torto, ho ricercato
l’unità».
Soddisfazione è stata espressa anche dal presidente della
Federazione, Renzo Codarin (nella foto in alto): «L’unità
delle forze si è ricreata, adesso la Federazione rappresenta
la maggioranza degli esuli, aumentano il nostro peso politico e l’autorevolezza, particolarmente importanti in questo momento, anche dopo le parole del Presidente
Napolitano. Io e la mia associazione (l’ANVGD, n.d.r.) abbiamo fatto di tutto perché le Comunità rientrassero».
COMUNICATO STAMPA
Federazione chiama Governo
Riprendere subito le fila del dialogo con il Governo e le istituzioni per i problemi ancora irrisolti dei
profughi giuliano-dalmati.
Questa la richiesta avanzata dalla Federazione delle Associazioni al nuovo Governo con la lettera indirizzata dal Presidente Renzo Codarin e dal Vicepresidente Lucio Toth al premier Berlusconi, al Sottosegretario Letta e ai Ministri Tremonti per l’Economia (indennizzi dei «beni abbandonati») Maroni per l’Interno (anagrafe), Bondi per i Beni e le Attività Culturali
(Legge 193/2004 per le associazioni degli Esuli), Vito
per i Rapporti con il Parlamento.
Ai ministri La Russa (Difesa) e Meloni (Politiche Giovanili), che ben conoscono la realtà dell’associazionismo giuliano-dalmata, la Presidenza della Federazione ha rivolto l’invito a rendersi parte attiva nei
contatti con gli interlocutori di Governo.
Codarin e Toth hanno dunque chiesto il ripristino
del «Tavolo di coordinamento» Governo-Federazione
già istituito in precedenza, per affrontare in una visione globale e organica le questioni più pressanti riassunte negli «Otto punti» definiti lo scorso marzo.
Una lettera è stata inviata anche al Segretario del
Partito Democratico, Veltroni, prendendo atto con favore della costituzione del Governo-ombra che renderà più agevoli e trasparenti i rapporti con il maggior
partito di opposizione.
Roma, 15 maggio 2008
Il fascismo non “giustifica” le Foibe
Il comunicato stampa dell’ANVGD
Sul limitare del mare, in Istria
Thoughts on April 25th, which in Italy
celebrates the end of the Fascist regime.
A comment by Paolo Barbi
The “liberation” of Trieste
In english language to page 14
Sobre la fecha del 25 de abril, en la que en Italia
se celebra el fin del régimen fascista,
un comentario de Paolo Barbi
La «liberación» en Trieste
En lengua española en la página 15
Nelle pagine di prestigiosi quotidiani nazionali quali “la Repubblica”,
“La Stampa” e il “Corriere della Sera”,
sono apparse tra marzo ed aprile interviste a Boris Pahor, esponente noto
della minoranza slovena di Trieste, che
in occasione della pubblicazione del
suo romanzo ha espresso dal suo punto di vista diverse considerazioni sull’esodo e sulle Foibe, riproponendo la
consueta equazione fascismo-Foibeesodo storicamente confutata da storici di vario orientamento e che, lo si
voglia o meno, fornisce da sempre una
“giustificazione” degli eccidi e del disegno annessionistico jugoslavo.
Un’interpretazione che, oltre ad essere ingiusta come sappiamo, appare finalmente superata nel metodo perché
ripropone le stesse visioni e strumentalizzazioni ideologiche che nel Novecento hanno causato deportazioni
e soppressioni di massa, esilii e
sradicamenti in tutta Europa.
Purtroppo gli interventi di Pahor
non sono stati accompagnati in nessun caso da un’opportuno commento
che fornisse ai lettori una diversa chiave di lettura dei fatti. Nessuno storico,
tra i molti che in questi anni si sono
occupati con serietà scientifica di quegli argomenti, e che non abbiamo
mancato di segnalare ai nostri Lettori
su “Difesa Adriatica”, è stato sinora
interpellato da quelle testate giornalistiche per offrire una riflessione aggiornata e affrancata da ipoteche ideologiche, quali invece si ritrovano nelle
parole di Pahor. Nella veste di Presidente di questa Associazione Lucio
Toth ha provveduto ad inviare ai direttori dei tre quotidiani una circostanziata lettera di protesta, con la quale li
ha invitati, tra l’altro, a fornire sulle loro
pagine diverse fonti di conoscenza e
di comprensione.
«Nulla, negli interventi di Pahor scrive tra l’altro Toth nella sua lettera-,
appare della maturazione registrata su
questi temi così dolorosi in sede politica, storiografica e di pubblica opisegue a pag. 6
nione.
Sul tema l’intervento di Renzo Codarin,
Presidente della Federazione delle Associazioni
a pagina 6
2
DIFESA ADRIATICA
Giugno 2008
fatti e commenti
continua dalla prima pagina
Le nuove prospettive
della politica italiana.
La fine delle contrapposizioni
ideologiche apre una nuova fase
nel governo del Paese
Del resto anche per la nuova destra il cammino non sarà facile, con un
Paese incrostato di privilegi e di corporazioni arroccate a difendere posizioni
acquisite o a gettarsi sulla vittoria per avere mano libera nel nuovo sviluppo
delle infrastrutture di cui l’Italia ha bisogno urgente.
Il risultato più solido e significativo dell’attuale svolta è l’affermarsi di due
partiti avversari, non più divisi da un odio ideologico, ma da programmi
politici ed economici diversi e a volte nemmeno contrastanti. La
contrapposizione fascismo-antifascismo diventa un giudizio storico inappellabile, non più una discriminante politica da usare strumentalmente.
L’evoluzione del clima politico,
il ruolo del Ricordo
A questa evoluzione del clima politico e culturale ha contribuito non
poco il riconoscimento delle nostre vicende delle Foibe e dell’Esodo giulianodalmato con l’istituzione del Giorno del Ricordo.
È sintomatico che tale argomento sia entrato nelle dichiarazioni postelettorali di Silvio Berlusconi, che ha ricordato l’incontro Fini-Violante a
Trieste del 1996 come inizio di una presa di coscienza comune delle diverse
anime della Resistenza e quindi del significato unificante da attribuire alla
Liberazione del 25 aprile 1945; che per noi rappresentò invece l’inizio di un
nuovo incubo sotto un’occupazione straniera ancora più cupa e sanguinaria.
Sulla stessa linea il discorso post-elezioni del Presidente della Repubblica e quello di insediamento del nuovo Presidente della Camera. Addirittura
sorprendenti sono le parole di Alemanno: «I valori della Resistenza non si
discutono, sono valori di libertà. Non c’è nessuna polemica ma grande rispetto e radicamento. Poi c’è la componente d’odio e di guerra civile sulla
quale siamo chiamati a un’opera di verità [...] Ma qualsiasi opera di chiarimento storiografico e di ricucitura nazionale non mette in discussione i valori della Resistenza, fondativi della Costituzione»
La verità è che gli Esuli istriani, fiumani e dalmati sono stati i primi ad
avvertire, per la sensibiltà acquisita attraverso le sofferenze e le emarginazioni
subite e per la coraggiosa elaborazione e rivendicazione del loro sacrificio,
che la guerra civile del 1943-’45 era finita da un pezzo. Che di questa guerra
la vicenda delle Foibe e della pulizia etnica delle loro terre natali era sì una
tragica appendice, ma era al tempo stesso e ancor più il portato di uno
scontro tra nazionalismi esasperati e totalitarismi ideologici, che aveva investito tutta l’Europa centro-orientale.
Gli Esuli hanno aiutato tutti a capire che la loro tragedia non era una
storia marginale di una terra di frontiera. Ma un passaggio obbligato e decisivo nel cammino dell’Europa verso la democrazia e il superamento delle
contrapposizioni nazionali.
Chi si ostina a non capirlo dovrebbe riflettere sulla significativa coincidenza: il fatto che le ultime elezioni politiche abbiano lasciato fuori dal
Parlamento proprio chi non aveva voluto votare la legge sul Giorno del
Ricordo. L’Italia non si è sentita rappresentata da chi non aveva preso le
dovute distanze dagli slogan del tipo «Tito ce lo ha insegnato: le foibe non
sono reato».
Adesso occorrerà gestire con senso di responsabilità questa nuova situazione, confermando la nostra volontà di ricostruire una memoria comune
della Nazione e di vedere riconosciuti con onestà quei diritti personali che
sono l’essenza della Costituzione europea e non possono essere negati soltanto a noi, che dei totalitarismi del Novecento siamo stati vittime.
Lucio Toth
Sul bilinguismo
a Fiume e in Istria
non tira aria...
Dare più concretezza al concetto di
autoctonia a Fiume e nella regione, questa la proposta di Furio Radin, deputato
della Comunità italiana al Parlamento
di Zagabria. Il progetto dell’Unione Italiana era stata anticipata alle Amministrazioni cittadine e regionali nel corso
della recente visita a Fiume dell’ambasciatore italiano Alessandro Pignatti
Morano di Custoza. Ma qual è l’opinione della «maggioranza» croata al riguardo? Il quotidiano “La Voce del Popolo”
ha registrato, non senza una qualche
difficoltà, sull’edizione del 19 aprile scorso le opinioni di alcuni esponenti della
maggioranza, ad iniziare dal sindaco del
capoluogo quarnerino, Vojko Obersnel,
secondo il quale «nello Statuto della Città, alla minoranza italiana è riconosciuto lo status di etnia autoctona. Ne conviene, che a Fiume, la presenza di cittadini di origine italiana si registra sin da
epoche lontane, insomma li possiamo
considerare ‘indigeni’. Non ho nulla in
contrario ad aprire la questione connessa al bilinguismo». Obersnel, tuttavia,
parlando dell’uso della lingua italiana
negli atti pubblici, ha aggiunto che è indispensabile non addossare ai contribuenti spese inutili.
Ancora più tergiversanti le dichiarazioni di Irvin Lukezic, «storico», che si
chiede se «il bilinguismo sia effettivamente una priorità della Fiume odierna»; e da qui si lancia in una personale
interpretazione dei fatti storici: «bisogna
considerare che la lingua è uno strumento che supera i confini della mera comunicazione quotidiana, assumendo
connotazioni politiche. Proprio per tale
Elezioni 2008, i risultati
in Friuli Venezia Giulia
I risultati delle elezioni politiche e amministrative 2008
hanno sancito il passaggio del testimone nella Regione dal
centrosinistra della Giunta Illy al centrodestra di Renzo Tondo, che ha guidato una coalizione composta da PDL, Lega,
Pensionati e UDC.
Ecco di seguito i neo-eletti del Friuli Venezia Giulia alla
Camera e al Senato per la XVI legislatura.Tre appartengono
alla Lega Nord: Mario Pittoni al Senato e Massimiliano
Fedriga e Fulvio Follegot alla Camera; per il PDL eletto Isidoro
Gottardo, mentre il centrosinistra schiera l’unica donna
proveniente dal Friuli Venezia Giulia, l’ex consigliereTamara
Blazina del PD; sullo stesso fronte anche Carlo Monai, dell’Italia dei Valori.
Tra i nuovi ingressi, quello del leghista Fedriga, triestino, 27 anni, uno dei parlamentari più giovani. Pressoché
tutti i neo-parlamentari sono ex consiglieri regionali.
Gottardo è attualmente coordinatore regionale di Forza Italia, mentre Follegot è stato sindaco e commissario della
Lega nord del Friuli Venezia Giulia. Monai, invece, ha ricoperto la carica di vicepresidente del Consiglio regionale
per cinque anni. Tutti riconfermati invece gli altri parlamentari eletti in Friuli Venezia Giulia: al Senato, Giulio
Camber, Giovanni Collino e Ferruccio Saro (PDL), Carlo
Pegorer e Flavio Pertoldi (PD); alla Camera, Roberto Menia,
Roberto Antonione e Manlio Contento (PDL), Alessandro
Maran, Ivano Strizzolo, Ettore Rosato (PD) e Angelo
Compagnon (UDC).
Il Consiglio Regionale, dunque, si presenta profondamente modificato, e con poche donne, nonostante la nuova legge elettorale obblighi i partiti a presentare il 50% di
“candidature rosa” nelle liste.
d.a.
Le elezioni dell’aprile 2008 hanno sancito il successo
della coalizione di centrodestra, con la presidenza
della Regione Friuli Venezia Giulia a Renzo Tondo,
che ha sconfitto l’uscente Riccardo Illy
A Milano
l’Esecutivo nazionale
ANVGD
L’Esecutivo nazionale ANVGD si è riunito a Milano il
21 aprile scorso. Nel corso dell’incontro sono state ratificate le costituzioni dei nuovi Comitati provinciali di
Pescara e di Palermo. Inoltre è stata analizzata la recente tornata elettorale, nella prospettiva di riproporre
con forza al nuovo Governo i temi degli esuli ancora
sul tappeto. Sono state così analizzate le linee guida
da proporre alla Federazione, rafforzata con il rientro
dell’Associazione delle Comunità Istriane, per condurre
con strategia e buon senso il cammino verso un nuovo
approccio al «Tavolo di coordinamento».
All’Esecutivo erano presenti il presidente Toth, i
vicepresidenti Codarin e Brazzoduro, i consiglieri
Mohoratz, Ziberna, Predolin, Briani e Cuk, il delegato
all’Amministrazione Segnan, il segretario nazionale
Rocchi.
Sulla data del 25 aprile, che in Italia celebra la fine del regime fascista,
un commento di Paolo Barbi
La «liberazione» a Trieste
Il 25 aprile anche quest’anno è stato occasione per polemiche e speculazioni sulla tragica vicenda diTrieste e della
Venezia Giulia. Certuni, a sinistra, si sono indignati per la
freddezza dei giuliano-dalmati nel giorno del ricordo della
liberazione dal nazi-fascismo. Altri, a destra, si sono affrettati a contrapporvi il Giorno del Ricordo delle foibe e dell’esodo, quasi a giustificazione della loro freddezza (o addirittura l’ostentata assenza) nella celebrazione della liberazione. Posizioni storicamente, moralmente e politicamente
errate e deplorevoli ambedue. Ma non c’è dubbio che la
polemica insensata dei primi fornisce materia e pretesto per
la speculazione ignobile dei secondi.
Perché indignarsi (e tacciare di fascismo) per l’atteggiamento di una città che negli ultimi giorni dell’aprile 1945
vide, sì, la liberazione dal regime fascista e dall’occupazione tedesca – per opera del CLN [Comitato Nazionale di Liberazione, ndr] insediatosi nel Palazzo del Governo – ma
immediatamente dopo, il 1° maggio, subì l’occupazione
militare slava e l’imposizione di un regime – quello comunista di Tito – ancor più totalitario e liberticida?
E come non ricordare che il nuovo tiranno cominciò
subito coll’arrestare, infoibare o costringere all’esilio i dirigenti e i militanti del «CLN di Trieste e dell’Istria»? (E fu così
che in quello stesso maggio io divenni napoletano e subito
cominciai a spiegare tutto ciò nelle pagine del “Domani
d’Italia”, il quotidiano della Democrazia Cristiana).
Si deve capire che di liberazione dalla dittatura e di
motivo Fiume nel corso del XIX e del
XX secolo, invece di essere il palcoscenico di una collaborazione culturale
paritetica, si è trasformata in luogo di
scontro tra nazionalismi italo-croati. Probabilmente è per questo motivo che
l’uso della lingua croata, ovvero di quella
italiana è interpretato in modo assai
emotivo. Ciò che desidero dire è che il
problema della lingua, se non è affrontato con molta cautela, può suscitare
nuovi malintesi, riaprendo delle vecchie
ferite», ha chiosato.
E ancora più esplicito Goran Moravek, giornalista, direttore della casa editrice Adamic: «Se a Fiume entrasse in
vigore il bilinguismo, gli abitanti di Susak
e di Zamet potrebbero intendere la manovra, come una sorta di provocazione». «La Fiume odierna e quella di sessant’anni fa non sono la medesima città
– ha soggiunto –. La Fiume di oggi è
sorta dopo il 1945. Anche una decina
d’anni fa si parlò di introdurre il
instaurazione della democrazia a Trieste si poté cominciar
a parlare solo 40 giorni dopo quando, il 10 giugno, le truppe titine dovettero lasciare la città; e si poté considerarla
compiuta solo nove anni dopo, quando nel novembre del
’54, cessò l’Amministrazione militare anglo-americana. E
in Istria, a Fiume e in Dalmazia i pochi italiani rimasti e i
nuovi immigrati slavi i primi spiragli di libertà e di democrazia li cominciarono a vedere solo dopo il crollo del comunismo e la dissoluzione della Jugoslavia.
Non riconoscere tutto ciò e non capire la condizione,
umana e psicologica ancor prima che politica, dei giulianodalmati in quel tremendo dopoguerra, porta a critiche faziose
e inaccettabili. Ma fornisce anche a chi è, in buona parte,
l’erede del nazional-fascismo l’opportunità e gli argomenti
per speculare inverecondamente sul dramma dei triestini e
degli istriani, addirittura contrapponendo il loro “ricordo”
di vittime della guerra fascista al ricordo della liberazione di
tutti gli italiani – e in primo luogo di quelle “vittime” – dalla
tirannide di chi quella guerra aveva voluto.
Invece i due “ricordi” non sono alternativi e non devono esser contrapposti perché, anzi, sono ambedue l’espressione della consapevolezza del male radicale dei regimi
totalitari. Consapevolezza che è frutto di una drammatica
esperienza da trasmettere alle nuove generazioni.
bilinguismo, però i promotori dell’iniziativa si videro costretti a fare i conti
con pesanti considerazioni politiche»,
e non ne dubitavamo.
Fa lo stupito l’«accademico» Petar
Strcic, fautore della piena croaticità della Fiume storica: «sono sorpreso di apprendere che a Fiume il bilinguismo
croato-italiano sia vietato. Vorrei chiedere al deputato Furio Radin se a Fiume
è vietato l’uso della lingua italiana, perché ritengo che una cosa del genere sia
inammissibile. Mi chiedo, però, a che
Fiume si riferisce, Radin, quando invoca il bilinguismo? Non dobbiamo scordarci che l’odierna Fiume è sorta all’inizio del 1948». Come a dire, evidentemente: ma quale italiano...
Rovigno, Consiglio della CI:
le proposte per applicare il bilinguismo
E all’applicazione del bilinguismo
nel rovignese è stata dedicata una sessione del Consiglio della Comunità degli Italiani. Le norme che lo disciplina-
Paolo Barbi
Presidente Nazionale onorario ANVGD
no, è emerso, raramente vengono rispettate dagli organi statali e dalle aziende
private, benché le due lingue, croata ed
italiana, siano paritetiche. L’applicazione dei dirittti non risulta soddisfacente
da parte dell’amministrazione e degli
organi statali, mentre è migliore, benché non sistematica, da parte delle istituzioni del governo locale e regionale.
Tra le proposte, quella di stampare opuscoli informativi sullo Statuto cittadino
e sul bilinguismo, per quanti si siano
insediati di recente a Rovigno; e, ai gerenti e proprietari di esercizi commerciali, la fornitura di opuscoli con la traduzione delle informazioni più utili; e,
ancora, la promozione di corsi di lingua italiana finanziati dalla Municipalità e rivolti a quanti per lavoro sono a
contatto con la cittadinanza. Molte apprezzabili intenzioni, queste, che dovranno misurarsi con la reale sensibilità
degli interlocutori della maggioranza.
Red.
Giugno 2008
3
DIFESA ADRIATICA
cultura e libri
Italiani prima e dopo Tito
nel saggio di Sergio Tazzer
Giornalista professionista, già direttore della Sede Rai – Radiotelevisione italiana del Veneto, curatore
della storica trasmissione radiofonica
“Est Ovest” per Radio Uno RAI, Sergio Tazzer è tra i migliori conoscitori della storia giuliano-dalmata del
Novecento, alla quale il suo programma ha dedicato e dedica costante attenzione. Con lo stile proprio del buon giornalismo divulgativo che guarda tuttavia alle fonti,
Tazzer scrive questo ottimo saggio
dal sottotitolo La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, nel
quale, a partire dagli eventi traumatici
dell’occupazione jugoslava e quindi
dell’esodo della popolazione italiana,
ricostruisce il complesso e spesso penoso lungo dopoguerra della comunità italiana «rimasta» quale minoranza nei territori ceduti, irregimentata dal
regime nazionalcomunista di Tito, oggetto perenne di ricatti ideologici e di
asfissianti coercizioni e di snazionalizzazione.
Il saggio prende avvìo dagli eccidi
delle Foibe, dai bombardamenti alleati su Zara, dall’esilio, per approdare
agli anni del secondo dopoguerra, dal
«controesodo» dei cosiddetti monfalconesi il cui sogno di società socialista finì, insieme con la vita, nel lager
titino di Goli Otok, alla delicata ricostruzione di un tessuto associativo che,
pur nelle maglie ferree del regime di
Belgrado, consentisse alla comunità
italiana di riconoscersi in quanto tale,
benché a mala pena tollerata.
In capitoli ben scanditi Tazzer restituisce al lettore il clima degli anni
Sessanta e Settanta sino alla provvidenziale caduta del muro di Berlino nel
1989 e alla disssoluzione dell’ex Jugoslavia dalla quale ebbero principio,
Una colonna di soldati jugoslavi
nel secondo dopoguerra
con il resuscitato odio interetnico tra i
popoli balcanici, le guerre degli anni
Novanta. In tutta questa ulteriore trasformazione profonda dell’assetto politico dei nuovi Stati di Croazia e
Slovenia, nei quali le intolleranze nazionalistiche sono ancora oggi tutt’altro che rimosse, la comunità italiana
si trova a dover sfidare il futuro in uno
scenario di integrazione europea che
sola può garantire la sua conservazione.
Il volume di Tazzer si ferma comunque al 1991, anno della proclamazione d’indipendenza di Slovenia e di
Croazia (una cronologia essenziale, in
appendice, giunge invece al 1998) e
del censimento che segnala un’insperata ripresa della percentuale di popolazione istriana dichiaratasi italiana.
Dal capitolo Italiani al margine riproduciamo un significativo estratto.
p.c.h.
Sergio Tazzer, Tito e i rimasti,
Libreria Editrice Goriziana,
Gorizia 2008,
pp. 230, Euro 20,00
__________________________
Quasi da subito il nazionalismo
jugoslavo mostra la sua faccia peggiore con tutta una serie di angherie e di
vessazioni, sia spontanee che, soprattutto, organizzate, a danno di tutto ciò che appare italiano: dalle istituzioni alla toponomastica, dal
bilinguismo visivo a quello parlato.
Racconta il britannico Fitzroy
Maclean, uno dei fondatori delle SAS,
paracadutato nel 1943 sull’isola di
Curzola, con l’incarico di fungere
da ufficiale di collegamento con i
reparti di Tito, di essere stato portato
alloro quartier generale, situato in
«un vecchio palazzo veneziano».
Maclean osserva subito che «sopra il
vano d’ingresso il leone di San Marco
era stato decapitato, opera di un partigiano troppo zelante, che aveva voluto festeggiare la fine del dominio di
Mussolini distruggendo il simbolo di
una più antica dominazione italiana».
«Tanti, troppi furono i cambiamenti
sia sostanziali che formali che le autorità croate e slovene adottarono per far
sì che l’impronta italiana ancora visibile in Istria, a Fiume e in Dalmazia
fosse cancellata. I nomi delle città, dei
borghi, delle vie, dei negozi e financo
delle persone vennero slavizzati. La
maggioranza dei cognomi che terminavano con il suffisso ch, ritenuto sinonimo di italianità, vennero trascritti
sui documenti e nei registri con il suffisso c, senza il consenso degli interessati» [Tazzer cita lo storico Guido
Rumici, ndr].
Come a Pola, dove al signor Felice
Giugno viene rilasciata la nuova carta
d’identità nella quale si ritrovava
Srecko Lipanj, la traduzione in croato
di nome e cognome.
E ad Albona via Giuseppe Verdi,
dalla sera alla mattina, diventa Ulica
Jospi Zeleni, anche qui traduzione
dall’italiano in croato.
Oltre alla cattiveria, ci si mettono
Genova per Enrico Morovich
Genova ha ricordato lo scrittore
fiumano Enrico Morovich dedicandogli una terrazza posta in posizione panoramica al di sopra della stazione
“Principe”, a lato della lunga scalinata che egli, riservato e pensieroso, percorreva ogni volta che scendeva in città. Esule da Fiume (era nato nel sobborgo di Pecine nel 1906), dopo soggiorni piu o meno lunghi in diversi altri centri dell’Italia (Lugo di Romagna,
Pisa, Camaiore, Viareggio) nel 1958 si
era stabilito nella sovrastante Via
Almeria, la strada che, con una serie
di strette ed erte volute, conduce ai
quartieri in collina, dove in quegli stessi
anni avevano trovato casa diversi profughi giuliano-dalmati.
Qui ha abitato fino al 1992, quando, afflitto da problemi di salute, su
insistenza dei parenti si era trasferito a
Chiavari, dove, nel 1994, è mancato.
Morovich era nato a Fiume nel
1906, ma, battezzato un anno dopo,
si considerò, non senza ironia, del
1907. Per questa ragione l’assessorato
alla Cultura della Provincia di Genova ha voluto ricordarlo lo scorso anno
nel “suo” centenario con due giornate di studio e la proiezione di un Dvd
realizzato dalla Provincia di Genova
che contiene l’unica intervista delllo
scrittore. «Un autore – ha ricordato l’assessore alla Cultura Giorgio Devoto –
capace di lampi di grande qualità,
anche se ha scritto dei romanzi ha
certamente dato il meglio di sé sulla
“pagina” più che sul testo di maggiore
dimensione». La sezione del conve-
gno più attinente a Fiume – dal titolo
«Fiume e dopo. Morovich e gli altri»
si è tenuto a Busalla e a Chiavari, luoghi dove egli visse a lungo, con interventi di Silvio Ferrari, Mario Simonovich, Stefano Verdino.
Oltre ad un’infinità di racconti pubblicati su prestigiose riviste culturali (a
partire dalla fiorentina “Solaria”) e sui
più importanti quotidiani italiani, di
Morovich si ricordano opere come il
romanzo Piccoli amanti finalista al
Premio Strega 1991 e il volume di ricordi Un italiano di Fiume del 1993.
La sua bibliografia è così vasta che indusse Leonardo Sciascia a denunciare, sulle pagine di “Tuttolibri”, supplemento letterario del quotidiano “La
Stampa”, un «caso Morovich» per
stigmatizzare l’ombra nella quale per
decenni era vissuto fino a quando una
più attenta critica gli aprì le porte dei
grandi editori italiani, Einaudi, Rusconi,
Sellerio.
p. c. h.
Fiume quale fu vissuta ed attraversata da Enrico Morovich
Pola, l’antica Porta Ercole,
dietro la quale è la sede della Comunità degli Italiani
pure l’ignoranza e il disprezzo.
Quel che di italiano si può chiudere, cancellare, coprire, annullare,
cassare, abrogare, eliminare viene fatto. Addirittura si tenta di spegnere, peraltro intonata al coro, “La Voce del
Popolo”, il giornale stampato a Fiume,
uscito per iniziativa del Comitato cittadini popolare di liberazione. [...]
A Pola invece viene liquidato senza problemi “Il Nostro Giornale”.
Con la scusa che ormai di italiani
ne sono rimasti pochi, vengono chiusi
decine di circoli culturali. Da Zara a
Lussino, da Cherso a Pisino, da Umago
ad Abbazia, da Montona a Fasana, da
Fianona a Laurana al centro minerario di Arsia.
Dove i circoli non vengono chiusi, ne vengono liquidati e sostituiti i
vertici. [...]
C’è poco da scherzare: già l’essere italiano non depone bene. [...]
Sergio Tazzer
A Milano una mostra
ed un documentario
su Alida Valli
Si è inaugurata a Milano, alla
«7.24 x 0.26 Gallery» in via San
Pietro all’Orto 26, la mostra fotografica dedicata all’attrice polesana
Alida Valli.
Si tratta di ventidue immagini
di provenienza cinematografica. È
un omaggio all’attrice istriana, nata
a Pola nel 1921. Le fotografie sono
state scelte dall’archivio di Grazia
Neri che collabora fin dall’inizio
con questo progetto che vuole coniugare bellezza e stile, ricordo
nostalgico e richiamo per una nuova idea di femminilità.
Le immagini scelte personalmente da Moroni negli archivi di
Grazia Neri sono quelle perfette del
set cinematografico, dove tutto lo
Un intenso primo piano
sforzo per raggiungere la perfeziodell’attrice nativa di Pola
ne è catturato dall’obiettivo fotografico, nell’attimo assoluto.
Durante l’inaugurazione è stato presentato in anteprima assoluta il documentario «Come diventai Alida Valli» che il nipote di Alida Valli, Pier
Paolo De Mejo ha realizzato insieme ad Antonio Tarallo basandosi sull’autobiografia inedita dell’attrice istriana. L’unica biografia esistente non era
mai stata autorizzata dall’attrice, e infatti si chiama «Il romanzo di Alida
Valli». Il documentario è stato
presentato ufficialmente anche a
Roma il 31 maggio, anniversario della sua nascita.
«Come diventai Alida Valli»
ripercorre la vita dell’attrice dalla nascita fino all’esordio sul
grande schermo con il film «Il
feroce saladino» del 1937. I vaghi ricordi dell’infanzia nella città
natale, Pola, l’adolescenza vissuta a Como, il rapporto con i
genitori, i sogni ambiziosi di una
giovane aspirante attrice e infine il tanto sognato arrivo nella
città del cinema.
Alida Valli e Gregory Peck,
Nella seconda parte del dointerpreti del film Il caso Paradine cumentario si affrontano le
(1947, regia di Alfred Hitchcock) problematiche del mestiere dell’attore, attraverso una vera e propria inchiesta che vede coinvolti anche i giovani attori che attualmente
frequentano il Centro Sperimentale di Cinematografia.
La mostra resterà aperta sino all’8 settembre p.v.
(fonte www.arcipelagoadriatico.it)
4
DIFESA ADRIATICA
Giugno 2008
Quel luglio 1943 a Zara, in Calle San Zorzi
È stato presentato a Torino, nell’ambito della Fiera del Libro edizione 2008,
il romanzo di Lucio Toth La casa di Calle San Zorzi, edito da Sovera.
Offriamo ai nostri Lettori un saggio dal capitolo Luglio 1943.
Il giornale-radio della sera prima aveva già
dato notizia del voto del Gran Consiglio, della
caduta di Mussolini; del suo arresto a Villa Savoia. Quel mattino di luglio era come qualsiasi altro giorno in quella città di frontiera. A quell’ora
il mare già luccicava da levante con una striscia
obliqua di traverso ai bastioni di San Demetrio. Il
SignorVeltz usciva per comprare il giornale, come
ogni mattina, e fare le spese più importanti. A
due passi lo seguiva la Darinka con due borse di
incerata a triangoli colorati e un canestrino. Il
sole filtrava dal fogliame degli alberi del viale.
Non c’era un alito di vento e tutto era immobile,
di una immobilità innaturale.
Qualche ragazzino tutto nero di sole, con il
solo costume da bagno addosso, attraversava di
corsa il viale con la togna in mano per andare a
pescare sulla riva. Altri due portavano un
sandalino con le braccia protese sulla testa. Uscivano a piccoli passi veloci dall’ombra fresca delle callette per entrare nel sole del viale e sparire
di nuovo lungo il marciapiede ombreggiato dell’Hotel Bristol, diretti a qualche scaletta della riva.
Un tonfo della chiglia leggera sulle onde limpide e via a colpi di remi in mezzo alle jole e alle
vele che già scivolavano sul Canale.
Un mattino come tutti gli altri. «Per noi è finita, Livio, lo sai?» disse al nipote che lo accompagnava con la merenda delle undici avvolta nel
costume da bagno. Doveva farsi comprare
l’“Intrepido” all’edicola e sembrava la sola cosa
che gli importasse.
Il cameriere del Bristol, caricando due valigie su una Balilla nera, salutò il Signor Veltz con
un affettuoso «Bon giorno, Sior Veltz». Come se
nascondesse nell’abitualità del saluto, formale e
amichevole, un’ansia contenuta, una paura che
non si poteva dire.
Qualche conoscente, incontrandoli lungo il
viale, scambiò un cenno di saluto, indifferente e
sfuggente, come per evitare un colloquio sgradito.
Poi il brusìo della Piazza delle Erbe li riportò
fuori da quella atmosfera irreale. Tutto era come
ieri e l’altro ieri. Le bancarelle dei negozianti cittadini allineate con le loro tende nella prima parte
della piazza. I tendoni dei negozi distesi. Le ceste delle “scoiane” e i tappetini da mercato dei
morlacchi distesi sul lastricato davanti alla facciata dell’Arcivescovado, tra la colonna romana
e un cantoncino del Foro davanti a San Donato:
due muretti di “opus reticolatum”, un fazzoletto
di mosaico bianco e nero.
Meloni e angurie, prugne dure bislunghe e
blu, melanzane gigantesche e lucenti erano ammucchiate in piramidi che le mani irrispettose
delle compratrici scompaginavano continuamente. E la contadina le riassettava con pazienza. Si
scambiavano complimenti e insulti alla merce,
nelle due lingue del mercato. «Cosa mi dai oggi,
vecchia imbrogliona?» «Eh Siora, no piove da
settimane».
Per antico rispetto, o forse per un’istintiva
“captatio benevolentiae”, ciascuno parlava nella lingua dell’altro. La rozzezza della celia e la
falsa ingenuità della risposta nascondevano distinzioni ataviche di ceto, di lingua, di nazione.
Odio non era. Forse rivalsa. Solidarietà e ostilità
incrociate legavano il marinaio italiano e il pescatore croato, il patrizio veneto e il montanaro
morlacco.
Castel Venier in Dalmazia, uno dei tanti luoghi “toccati” dal romanzo
Tutto era come sempre. Che il re avesse tradito il suo ministro non importava niente a nessuno. Anche se tutti sapevano che tutto avrebbe
potuto cambiare, che tutto sarebbe cambiato.
Come? In che misura? Con quali conseguenze,
per gli uni e per gli altri?
Il piroscafo salpava alle dieci di sera. Era già
lì, ormeggiato alla riva, fuori Porta Marina, davanti ai tavolini del Caffè del Porto. Il Signor Veltz
sfogliò i giornali, quello che aveva preso all’edicola della piazzetta, con il fumetto per il ragazzo, e quelli portati dal cameriere con il lungo
grembiule bianco, infilati nelle stecche. Non dicevano gran che di più dei giornali-radio.
Mussolini non era più il “Duce”, come nella grande triplice scritta sui bastioni delle caserme, nera
sulla calce bianca. Era “il Cavaliere Mussolini”.
Quali marce avrebbe suonato la sera, in Piazza
dei Signori, la banda militare? Certo la Marcia
Reale, quella della Marina, dei Carabinieri. Non
certo “Giovinezza”. Forse “Vincere,Vincere,Vincere. In cielo, in terra e in mar”.
Bisognava sfuggire ai sommergibili inglesi. Per
questo il piroscafo per Fiume passava dentro il
Canale della Morlacca. Era quello che Dario
doveva prendere la sera per tornare alla base di
La Spezia. Guardiamarlna Darlo Veltz, classe
1919, studente di matematica al Politecnico di
Torino. La licenza era finita ed entro la sera dopo
doveva reimbarcarsi sul suo caccia. Mentre ripiegava sul letto la biancheria, stirata dalla
Darinka sul marmo della cucina, la mamma lo
guardava radersi nel piccolo specchio del comò,
sciacquando il rasoio nella bacinella di porcellana. In fondo era una partenza come le altre,
quando andava ai Littoriali di scherma o partiva
per Torino alla metà di ottobre, abbronzato dai
bagni come una statua antica. [...]
E poi... c’era il destino. ArrigoVeltz era a modo
suo un fatalista.Positivista come tutti quelli della
sua generazione, che avevano letto Zola e Renan,
ma fatalista, nel senso che non bisognava...era
meglio non sfidare il destino. In che senso poi diciamo la verità - Zara era più sicura di La Spezia o del suo cacciatorpediniere?
Avrebbe potuto proteggerlo lui dalle insidie
del destino, o la madre, con i suoi grandi occhi
color tortora, o cacao, come diceva la Darinka?
O lozio, Federale del Fascio? Proprio adesso che
il Fascio non c’era più! Che facesse quello che
voleva. Lui non gli avrebbe parlato. Che la vita
scorresse come doveva scorrere, come la piccola scia della lancia del vecchio Zane che traghettava la gente al molo della Porporella. La seguiva
nell’acqua intorbidita dalla nafta, fra i ghirigori
azzurrastri e viola che galleggiavano come un
arabesco fra gomene e catene di ancore.
Dario restò fuori tutto il giorno. Con gli amici
sulla barca di Elio, a pescare con il parangale.
Voleva godersela tutta la licenza. E non sentirsi
addosso quell’aria di malumore, di incertezza,
di malinconia che girava per casa. I vecchi - anche se i suoi ancora non lo erano - tendono ad
arrestare i ritmi della vita, appannati dalle loro
insicurezze. Credono di aver capito come vanno le cose, ma non ne sono affatto sicuri. Almeno i migliori. E i suoi erano certo fra questi. Non
così stupidi da credere che la vita insegni a vivere. Non così egoisti e decaduti da imporre agli
altri i propri sogni andati in fumo e le paure represse.
Prima di raggiungere Barcagno si era fermato in Calle San Zorzi in casa delle zie Versani. Lì
era nato suo padre, a due passi dalla Chiesa dei
Greci. E anche suo cugino, Tullio, il figlio del
giudice, emigrato in Brasile dopo la grande guerra.
Non che c’entrassero niente loro con i greci.
Del resto la chiesetta di Sant’Elia, sede del
vescovado ortodosso di Zara, più che per quei
quattro greci italiani della città, serviva agli ortodossi serbi del contado e delle aree dalmate interne, ai piedi delle Dinariche.
Non che ci venissero alle funzioni. La chiesa, per quanto antica, nel suo stile veneto-greco,
con il corto campanile sul campiello silenzioso,
era troppo piccola per i morlacchi e anche troppo lontana dai loro paesi. Per questo era frequentata solo dai greci italiani della città e dai pochi
ortodossi italiani, serbi inurbati o dalmati delle
Bocche di Cattaro, rifugiatisi a Zara negli anni
Venti.
Era una presenza discreta, senza ostentazioni. Quando i pope uscivano per le processioni
nelle calli del sestiere le Versani mettevano gli
addobbi cremisi al davanzale, come se fosse il
Corpus Domini o il Venerdì Santo. [...]
Lucio Toth
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Il modello di consenso sarà spedito a tutti gli abbonati per posta ordinaria o come supplemento a “Difesa Adriatica”.
Giugno 2008
5
DIFESA ADRIATICA
La Redazione risponde
«Beni abbandonati», perché le liquidazioni sono così lente
A cura dell’Avv.
Vipsania Andreicich
A seguito dell’emanazione della Legge 137/
2001, ho provveduto ad inviare al Ministero
dell’economia la domanda per ottenere l’ulteriore indennizzo relativo ai beni abbandonati
nell’ex Jugoslavia. Avendo io perduto un’azienda agricola, insieme a tale domanda ho anche
fatto richiesta di indennizzo per l’avviamento
commerciale. Sono ormai trascorsi più di sette
anni dalla data in cui ho inviato la domanda di
indennizzo dei miei beni, il cui valore è inferiore a Lire 100.000, ma ancora non ottenuto
il pagamento. Qual è il motivo di tale ritardo?
Lettera firmata
La legge 137 del 2001, a differenza delle
precedenti leggi che disciplinavano gli indennizzi per la perdita di beni all’estero (cfr. Legge
135 del 1985 e Legge 98 del 1994), non ha
previsto la necessità che le autorizzazioni dei
pagamenti venissero deliberate da una Commissione Interministeriale. Ciò fu deciso al fine
di snellire la procedura di pagamento degli indennizzi. Purtroppo però l’autorizzazione ai
pagamenti degli indennizzi da parte della Commissione Interministeriale è comunque rimasta per la liquidazione delle leggi precedenti, il
cui pagamento è propedeutico alla liquidazione dell’indennizzo riconosciuto dalla legge 137
del 2001.
Fino al mese di dicembre 2006, i ritardi
motivati dalla necessità di liquidazione
propedeutica degli indennizzi previsti dalla
Legge 135 del 1985 e dalla Legge 98 del 1994
(legge che ha previsto il pagamento dei beni
immateriali, ovvero dell’avviamento commerciale) potevano essere di pochi mesi, in quanto la Commissione Interministeriale si riuniva
varie volte durante l’arco del mese e riusciva
ad evadere in tempi brevi tutte le pratiche che
necessitavano di una autorizzazione da parte
della stessa.
Con il mese di dicembre 2006, la Commissione Interministeriale creata esclusivamente per discutere le questioni attinenti agli indennizzi riservati a coloro che avevano perdu-
Qualche precisazione tecnica
sugli indennizzi
Sul numero dell’11 aprile de
«Il Piccolo» è apparso un intervento di Silvio Stefani relativo alle varie leggi e fondi che riguardano gli
esuli e i rimasti. Mi premono solo
alcune piccole precisazioni tecniche, atte soltanto a fare chiarezza
ai tanti esuli che in questi giorni ci
chiamano allarmati dopo aver letto tale articolo.
1. Non è esatto che gli indennizzi per i beni degli esuli siano
stati finora solo la ventesima parte
(5%) del dovuto, perché le somme erogate – e questo lo sa chiunque si occupi di economia –vanno rapportate al valore reale della
moneta al momento dell’erogazione: centomila lire erogate nel
1968 non possono essere considerate i 50 euro di oggi.
Indennizzi
2. Non è esatto che la Legge
per i «beni abbandonati»,
del 2001 per gli indennizzi preveattualmente il Ministero
deva il pagamento in tre anni, ma
sta liquidando il secondo scaglione
in tre anni veniva distribuito lo
previsto dalla Legge del 2001
stanziamento fondi, cosa ben diversa dalla effettiva erogazione.
3. Non è esatto che finora sono state indennizzate solo le domande del
primo scaglione, in quanto il secondo scaglione è già in avanzato stato di
pagamento.
4. Non è esatto che i pagamenti sono fermi, ma sono solo rallentati da
quando è tornato a casa il gruppo di lavoro dell’INPS, mentre ora si occupano dei pagamenti solo gli addetti «ordinari» del Ministero dell’Economia.
5. Le leggi a favore delle comunità dei rimasti e dell’associazionismo
degli esuli non hanno nulla a che vedere con i fondi destinati agli indennizzi dei beni abbandonati.
Queste precisazioni hanno evidentemente un carattere esclusivamente tecnico, ferma restando naturalmente l’evidente vergogna, per un Paese
civile, di continuare a dilazionare nel tempo il pagamento di un diritto (e
non di una elargizione) relativo ai beni sottratti alle proprietà degli Esuli da
accordi raggiunti sopra le loro teste più di sessant’anni fa. Una indegna
condizione di cui si assumono la responsabilità i governi del passato e
sulla quale dovranno riflettere quelli futuri.
Fabio Rocchi
Segretario nazionale ANVGD
Ti sei iscritto all’ANVGD?
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Rivolgiti ai nostri Comitati Provinciali
o contatta la nostra Sede nazionale
(tel. 06 5816852)
L’abbonamento a Difesa Adriatica non equivale alla quota associativa
to dei beni nella ex Jugoslavia, ha cessato di
esistere a causa di quanto disposto dal D.P.R.
14 maggio 2007, n. 114.
Tale legge, all’art. 2, ha infatti disposto che:
«Le Commissioni Interministeriali di cui all’art.
3, commi 2 e 3, della Legge 29 gennaio 1994,
n. 98, sono soppresse. Le competenze delle
Commissioni soppresse ai sensi del comma 1
del presente articolo sono attribuite ad una sola
Commissione Interministeriale denominata
Commissione per l’esame delle istanze di indennizzi e contributi relative alle perdite subite dai cittadini italiani nei territori ceduti alla
Jugoslavia, nella Zona B dell’ex territorio libero di Trieste, nelle ex colonie ed in altri Paese».
Attraverso tale legge, quindi sono state soppresse le Commissioni Interministeriali con
competenza relativa agli indennizzi riguardanti
esclusivamente la perdita di beni in un determinato Paese, e sono state sostituite da una sola
Commissione Interministeriale con competenza relativa a tutti i Paesi esteri.
Dure sono state le critiche a tale legge, anche all’interno della stessa amministrazione, le
quali ne hanno inoltre determinato l’invio al
Consiglio di Stato per un parere in merito alla
legittimità della stessa.
Anche le associazioni dei vari Paesi interessati si sono opposte al fatto che questioni,
aventi caratteristiche così distanti tra loro, dovessero essere decise da una Commissione
unica, che non può certamente avere le conoscenze necessarie per poter dare un giudizio,
che tenga in considerazione tutte le problematiche concernenti i Paesi in questione.
Ma la conseguenza più grave della nuova
normativa sulle Commissioni Interministeriali,
è stata la totale interruzione dei lavori delle
Commissioni stesse e conseguentemente della liquidazione degli indennizzi di cui alle Leggi
135/86 e 98/94, che, essendo propedeutiche
alla liquidazione dell’indennizzo previsto dalla Legge 137 del 2001, in alcuni casi ha impedito anche il pagamento di tale indennizzo.
Secondo i pronostici dell’amministrazione,
la Commissione Interministeriale, così come
introdotta dal D.P.R. 14 maggio 2007, dovrà
iniziare i suoi lavori il prossimo settembre.
continua dalla prima pagina
Il 10 maggio si è tenuto a Mestre
il Congresso nazionale straordinario
ANVGD e di seguito il Consiglio nazionale
Guido Brazzoduro è stato nominato presidente del Congresso, vicepresidenti Codarin e Cattalini.
Sono stati eletti i nuovi Revisori dei
Conti effettivi: Stefano Nedoh (Trieste),
Attilio Raimondi (Messina), Giampaolo Miglierini (Varese). Supplenti
saranno Gianfranco Serravallo (Milano) e Azaleo Cergnul (Roma).
Sulle riforme statutarie il Congresso ha dato mandato al Consiglio Nazionale di studiare con maggiore approfondimento la questione tramite
una Commissione da istituire ad hoc,
con la consultazione dei Comitati provinciali, per essere poi formalizzata tramite un apposito Congresso straordinario.
Il Consiglio Nazionale regolarmente costituito, ha nominato la commissione destinata alla valutazione
sulle proposte di modifica dello Statuto. Sono stati incaricati Cattalini
(Udine), Corsi (Varese), Benussi
(Bolzano), Rossi (Verona), Ballarin
(Roma), Segnan (Bologna). Da collegamento con Consiglio ed Esecutivo
farà Codarin (Trieste), mentre Vallery
(Venezia) sarà a disposizione come
consulente.
È seguito un confronto di idee sulla situazione politica nazionale e le
prospettive delTavolo di coordinamento col Governo, degli indennizzi dei
beni abbandonati, delle restituzioni dei
beni degli Esuli, dell’edilizia popola-
re, della perequazione INPS.
Hanno partecipato i Consiglieri
nazionali: Brazzoduro (Milano),
Codarin (Trieste), Mohoratz (Genova),
Schurzel (Roma), Ziberna (Gorizia),
Andreatini (Firenze), Ballarin (Roma),
Copettari (Verona), Corsi (Varese),
Costanzo (Treviso), Fagarazzi (Vicenza), Giacca (Padova), Grizon (Trieste), Peri (Trieste), Rossi (Verona),Varin
(Pordenone), Cattalini (Udine), Martinuzzi (Roma).
Red.
Mestre (Venezia), 10 maggio 2008, Congresso straordinario
dell’ANVGD , interviene il consigliere Claudio Grizon
In memoria delle vittime giuliane
degli anni di piombo
la mozione approvata dall’Assemblea
Il Vicepresidente nazionale Guido Brazzoduro ha dato lettura della mozione
che riproduciamo, approvata dall’Assemblea all’unanimità.
Il Consiglio Nazionale dell’ANVGD, riunito a Venezia
il 10 maggio 2008, nella Giornata della Memoria delle
Vittime del terrorismo, rende omaggio con civile partecipazione alle vittime della barbarie politica degli «anni di
piombo», che credeva di risolvere con l’assassinio di innocenti le domande di giustizia della nostra società, che
solo la democrazia può assicurare.
Tra le vittime di quella violenza omicida gli Esuli Istriani
Fiumani e Dalmati ricordano anche i loro conterranei che
diedero anche in quel momento all’Italia il loro contributo di coraggio, di sangue, di lealtà alle istituzioni:
il Colonnello dei Carabinieri Antonio Varisco, esule
da Zara, ucciso dalle Brigate Rosse a Roma il 17 luglio
1977;
il Generale dell’Aeronautica Licio Giorgieri, di famiglia lussignana, ucciso dalle Brigate Rosse il 20 marzo
1983.
A questi uomini, caduti a difesa della Costituzione e
delle Leggi della Repubblica rendiamo l’onore che meritano e chiediamo la gratitudine della Nazione per chi,
persa la terra natale, aveva sempre una sola Patria da
amare, per la quale vivere e morire.
6
DIFESA ADRIATICA
continua dalla prima pagina
Il fascismo
non “giustifica”
le Foibe
Il comunicato
stampa dell’ANVGD
Al contrario, vi rilevo una evidente nostalgia regressiva verso quelle tragiche contrapposizioni tra totalitarismi che nel Novecento hanno
causato tragedie infinite, e vi leggo il
profondo, ingiustificabile fastidio per
il ricordo che si deve alle vittime innocenti degli eccidi, ai profughi
incolpevoli costretti all’esodo dalla
violenza delle bande di Tito e alla repressione della polizia politica jugoslava».
«Ciò che non è condivisibile –
prosegue il Presidente ANVGD – è
l’equazione subdola, propria dell’interpretazione vetero-marxista e
giustificazionista, di fascismo-reazione jugoslava, utile a giustificare gli
eccidi, l’esodo e la cessione dell’Istria, di Fiume e di Zara, già annesse all’Italia in forza di trattati internazionali, alla Jugoslavia titoista. Non
è tollerabile che le vittime civili delle
Foibe e le decine di migliaia di Esuli
debbano essere “giustificati” dalle
colpe del fascismo. Un alibi, questo,
autorevolmente rifiutato da Leo
Valiani in un’intervista del 1987, e
ancora nel 1996 proprio sul “Corriere della Sera”».
«Il Giorno del Ricordo e le finalmente libere riflessioni che ne sono
scaturite – rimarca Toth – hanno prodotto, tra l’altro, una cospicua
pubblicistica storica ad opera di studiosi di vario orientamento [...] che
da anni si cimentano su questi temi
con rigore scientifico [...], avendo ben
inteso come la memoria di una Nazione debba recuperare le pagine occultate dalle convenienze di partito,
di politica interna o internazionale,
e che la nostalgia per le interpretazioni e le riduzioni ideologiche del
passato non offrono chiavi oneste di
comprensione dei fenomeni storici».
Roma, 30 aprile 2008
Giugno 2008
Il Presidente Napolitano in occasione
del Giorno della memoria
dedicato alle vittime del terrorismo:
«Ideologismo comunista, datato e rozzo»
Nel giorno dedicato alla memoria
di quanti sono caduti vittime dell’eversione negli «anni di piombo», il
9 maggio di ogni anno, il Presidente
della Repubblica Napolitano ha pronunciato dal Palazzo del Quirinale un
significativo discorso nel quale trova
la più alta espressione la condanna
della violenza estremistica ed ideologica che per tutto il Novecento ha
minato la democrazia italiana. Di quella violenza perirono due figure di primo piano dello Stato, di origine
giuliano-dalmata, il gen. Antonio
Varisco e il gen. Licio Giorgieri, ricordati anche dall’Assemblea congressuale dell’ANVGD il 10 maggio (si veda
la mozione a pag. 5). Quella violenza, in un altro tempo e in un diverso
contesto, conobbero bene gli esuli, che
l’avevano provata e rifiutata.
Dell’intervento di Napolitano riportiamo uno stralcio, laddove egli fa
importante riferimento proprio all’ideologia comunista, in termini di
condanna storica e morale.
__________________________
Questo è il giorno del ricordo e del
pubblico riconoscimento che l’Italia da
tempo doveva alle vittime del terrorismo. È il giorno del sostegno morale e
della vicinanza umana che l’Italia sempre deve alle loro famiglie. Ed è il giorno della riflessione su quel che il nostro Paese ha vissuto in anni tra i più
angosciosi della sua storia e che non
vuole mai più, in alcun modo, rivivere. [...]
L’obiettivo che i gruppi terroristici
così perseguivano era quello della
destabilizzazione e del rovesciamento dell’ordine costituzionale. Dedichia-
Il gen. dei Carabinieri
Antonio Varisco
mo l’incontro di oggi in Quirinale alle
vittime di quell’attacco armato alla
Repubblica, che seminò ferocemente
lutto e dolore.
Sappiamo che nell’istituire, un
anno fa, questo Giorno della memoria il Parlamento ha raccolto diverse
proposte, comprese quelle rivolte a
onorare gli italiani, militari e civili, caduti in anni recenti nel contesto delle
missioni in cui il nostro Paese è impegnato a sostegno della pace e contro il
terrorismo internazionale, nemico insidioso capace di colpire anche a casa
nostra. Alla loro memoria rinnovo
l’omaggio riconoscente delle istituzioni repubblicane e della nazione. [...]
Più in generale, mi inchino a tutti i
caduti per la Patria, per la libertà e per
la legalità democratica, e dunque –
come dimenticarle ! – alle tante vittime della mafia e della criminalità organizzata. [...]
Abbiamo cercato di restituire, di
consegnare alla memoria degli italiani, l’immagine – i volti, i percorsi di
vita e di morte – di tutte le vittime. [...]
Imprevedibili erano stati, e sarebbero
stati ancora dopo, molti altri bersagli
colpiti dalle Brigate Rosse con cieco
furore ideologico: studiosi, magistrati,
avvocati, giornalisti, amministratori
locali, dirigenti d’azienda, commercianti, rappresentanti dei lavoratori,
militari, uomini delle forze dell’ordine, e altri ancora, in una successione
casuale e non facilmente immaginabile. [...]
Ci sarà ugualmente da riflettere
ancora e a fondo [...] sulla genesi e
sulla fisionomia dei fenomeni di
stragismo e terrorismo politico di cui è
stata teatro l’Italia: su come siano nati
e via via cresciuti, su quali ne siano
state le radici, i punti di forza, le ideologie e strategie di supporto. [...]
In effetti abbiamo visto negli ultimi anni il riaffiorare del terrorismo, attraverso la stessa sigla delle Brigate
Rosse, nella stessa aberrante logica, su
scala, è vero, ben più ridotta ma pur
sempre a prezzo di nuovi lutti e di
nuove tensioni.
Si hanno ancora segni di reviviscenza del più datato e rozzo ideologismo comunista, per quanto negli
scorsi decenni quel disegno rivoluzionario sia naufragato insieme con la
sconfitta del terrorismo, mostrando
tutto il suo delirante velleitarismo, la
sua incapacità di esprimere un’alternativa allo Stato democratico. E se vediamo nel contempo – come li stiamo
vedendo – segni di reviviscenza addirittura di un ideologismo e simbolismo
neo-nazista, dobbiamo saper cogliere
il dato che accomuna fenomeni pur
Il gen. Licio Giorgieri,
assassinato dalle Brigate Rosse,
al suo tavolo di lavoro
diversi ed opposti: il dato della intolleranza e della violenza politica, dell’esercizio arbitrario della forza, del ricorso all’azione criminale per colpire
il nemico e non meno brutalmente il
diverso, per sfidare lo Stato democratico. Occorre opporre a questo pericoloso fermentare di rigurgiti terroristici la cultura della convivenza pacifica, della tolleranza politica, culturale, religiosa, delle regole democratiche,
dei principi, dei diritti e dei doveri sanciti dalla Costituzione repubblicana.
E occorre ribadire e rafforzare, senza
ambiguità, un limite assoluto, da non
oltrepassare qualunque motivazione si
possa invocare: il limite del rispetto
della legalità, non essendo tollerabile
che anche muovendo da iniziative di
libero dissenso e contestazione si varchi il confine che le separa da un
illegalismo sistematico e aggressivo.
[...]
Chi abbia regolato i propri conti
con la giustizia, ha il diritto di reinserirsi
nella società, ma con discrezione e
misura e mai dimenticando le sue responsabilità morali anche se non più
penali. Così come non dovrebbero
dimenticare le loro responsabilità
morali tutti quanti abbiano contribuito a teorizzazioni aberranti e a campagne di odio e di violenza da cui sono
scaturite le peggiori azioni terroristiche,
o abbiano offerto al terrorismo motivazioni, attenuanti, coperture e indulgenze fatali.
(fonte Presidenza della Repubblica)
Il Giorno del Ricordo
conserva la memoria di una civiltà
La dichiarazione di Renzo Codarin
in difesa del valore e dei contenuti della legge istitutiva
Nelle scorse settimane alcuni interventi sulla stampa locale hanno inteso attribuire alla legge del Ricordo
dell’esodo istriano, fiumano e dalmata
una parte significativa di responsabilità nella perdurante rimozione dell’opinione pubblica italiana e delle sue istituzioni del pezzo di storia che riguarda la politica di violenta e sistematica
repressione attuata dal nazionalismo
italiano e del fascismo nei confronti
della popolazione slovena e croata che
i Trattati avevano incluso nel Regno
d’Italia alla fine della Prima guerra
mondiale.
Non sono intervenuto subito perché sono temi che a mio avviso vanno sottratti al clima polemico della
campagna elettorale. Ora considero
doveroso e giusto intervenire a riguardo.
La legge del Ricordo è stata approvata recentemente, nel 2004, dalla
stragrande maggioranza del Parlamento della Repubblica. Meriterebbe pubblicare i testi degli interventi che vi furono pronunciati a dimostrazione dell’unità maturata a riguardo nel nostro
Paese. Nella maggioranza dei casi
mostrano, infatti, una esplicita consapevolezza che la storia del confine
orientale va compresa in tutte le sue
parti e complessità, come recita il primo articolo della legge stessa.
La legge del Ricordo ha inteso colmare, in ritardo, un vuoto, il vuoto di
una pagina di un libro di storia che va
letto nella sua interezza. Vuoto colpevole, che salvava le coscienze e toglieva responsabilità, come Biagio Marin
ebbe modo di sottolineare già negli
anni in cui avveniva la dissoluzione
dellaVenezia Giulia. Per decenni solo
le disperse comunità degli esuli conservarono la memoria di quelle sofferenze e di una civiltà nobile, alta, quel-
la degli italiani dell’Istria, di Fiume e
della Dalmazia, che è parte costitutiva
della fisionomia dell’Adriatico. Una
civiltà antica del mare, della vite e
dell’ulivo che il fascismo deformò e
che il comunismo e il nazionalismo
jugoslavo vollero svuotare di uomini,
di memoria, ma anche di segni di
un’antica presenza.
I fatti e gli elenchi di tutto ciò sono
sotto gli occhi di tutti. Ancora ieri a
Pola è stato proibito al coro degli ita-
Palazzo del Quirinale, 10 febbraio 2008. Il Capo dello Stato
commemora il Giorno del Ricordo dell’esodo e delle Foibe
alla presenze della massime autorità civili e militari
e dei congiunti degli infoibati (foto Presidenza della Repubblica)
Pola, immagini dell’esodo (foto archivio storico A NVGD)
liani di cantare nella propria lingua.
Grazie alla giornata del Ricordo i
tratti di quella civiltà sono stati riportati alla memoria degli italiani e le numerose cerimonie, iniziative, pubblicazioni, testimonianze di gente che
aveva ripreso la parola lo attestano. È
un capitolo della nostra storia nazionale che appartiene a tutti gli italiani.
Questo non è contro qualcuno,
anzi. Io sono il primo a dire che tutte
le pagine devono essere restituite alla
memoria di noi europei di queste terre. Ed è giusto e doveroso che ciascuno si assuma le responsabilità di quello che ha fatto e delle distruzioni che
sono state qui prodotte. È giusto e doveroso condannare la dissennata politica del nazionalismo italiano e del
fascismo ed è giusto e doveroso far
conoscere agli italiani quello che qui
il fascismo ha prodotto, in termini di
sofferenza, di negazione di identità, di
cancellazione di lingua e di storia, di
snazionalizzazione. Così è altrettanto
giusto e doveroso che si sappia quello
che il regime comunista e il nazionalismo jugoslavo hanno qui generato
per alterare radicalmente la composizione demografica e culturale dei territori che vanno dall’Istria, a Fiume e
alla Dalmazia, smantellando con
un’opera di decenni una cultura che
ha caratterizzato da sempre una parte
consistente del profilo di queste
contrade.
È giusto farlo nella sua interezza e
senza nessuno sconto per nessuno e
sono convinto che oggi siamo in grado di farlo e di capire a pieno che nessuna cultura, nessun popolo è un intruso, in questo territorio etnicamente
complesso che va dalle valli del
Natisone alla coste dalmate.
Renzo Codarin
Presidente della Federazione
delle Associazioni degli Esuli
Istriani Fiumani e Dalmati
Giugno 2008
7
DIFESA ADRIATICA
dai comitati
COMITATO DI CREMONA
Con una solenne cerimonia il Comune di Cremona e il Comitato ANVGD
presieduto dal comm. Mario Ive hanno comemmorato le vittime delle
Foibe nell’ambito della Giornata del
Ricordo, istituita per non dimenticare
una delle tragedie rimosse della storia
italiana del Novecento. La comunità
giuliano-dalmata, che a Cremona è
numerosa, con le massime autorità
civili e militari si sono raccolte intorno
al monumento ai Caduti giuliani e
dalmati. Due le corone d’alloro deposte dal Comune e da AN. «Il Giorno
del Ricordo – ha detto tra l’altro il sindaco Giancarlo Corada – rende omaggio alle vittime italiane delle Foibe, un
omaggio dovuto e doloroso anche a
distanza di sessant’anni. Non hanno
senso le polemiche politiche e ideologiche, la tragedia delle foibe tenuta
nascosta per opportunità diplomatica,
è ora patrimonio di tutti e deve insegnarci che un Paese deve avere cura
della sua storia».
Il presidente Mano Ive ha portato
la voce della numerosa comunità
istriana e giuliana cremonese: «Quando trent’anni fa volli questo monumento l’amministrazione comunale mi aiutò, e capì l’esigenza della comunità di
profughi di avere un luogo dove piangere i propri cari – ha detto –. Dopo la
cessione delle province di Pola, Fiume e Zara e parte dei territori goriziani
e triestini al regime di Tito gli slavi cominciarono la sistematica distruzione
dei monumenti dei nostri caduti. Accadde a Zara dove il 4 aprile del ’47
fecero saltare il monumento dei nostri
martiri, accadde a Gorizia. Ecco perché la cerimonia di questa mattina,
l’omaggio ai nostri caduti è un modo
per restituirci la memoria del nostro
tragico passato e condividerla con la
comunità cremonese».
CONSULTA
EMILIA ROMAGNA
Si è costituita a fine aprile la Consulta regionale dell’Emilia Romagna
della nostra Associazione. Le Consulte
regionali hanno lo scopo di coordinare le attività delle realtà locali sul territorio e mantenere i contatti istituzionali con le autorità regionali.
La costituzione è stata possibile
anche grazie all’apertura di nuovi nostri Comitati in una regione non certo
facile per i nostri Esuli.
Presidente della Consulta regionale
dell’Emilia Romagna è stato eletto Paolo Ielich, attuale vicepresidente del
Comitato di Bologna. Vicepresidente
della Consulta sarà Flavio Rabar, attuale presidente del Comitato di
Ferrara. Segretario sarà Marino Segnan,
presidente del nostro Comitato di Bologna.
COMITATO DI FERRARA
Domenica 9 marzo si è chiusa la
Mostra, aperta il 22 febbraio, dal titolo
«Ricordo di un Esodo. I Campi Profughi» che ha avuto un buon successo
ed è stata visitata da oltre 500 persone, gran parte delle quali hanno dimostrato il loro apprezzamento per
l’equilibrio nella descrizione dei fatti
storici e per la qualità e completezza
dei pannelli esposti.
Le iniziative collaterali alla Mostra
sono state: il concerto di musica sacra
presso la Chiesa di S.Biagio di Ferrara
che ha raccolto numeroso pubblico
di oltre 100 persone ed alto gradimento
per la qualità del programma; la proiezione del Dvd «Ritorno a casa» il 5
Cremona, la deposizione della corona di alloro
del Comune al monumento ai caduti giuliano-dalmati
marzo, presso la sede dell’Associazione di ricerche storiche “Pico Cavalieri” di Ferrara. Dopo la proiezione, un
partecipato dibattito ha trattenuto tutti
fin dopo le 23.30. Il film/documentario è stato apprezzato per la scelta di
proporre le nostre vicende con una
sensibilità d’oggi, con pacatezza e senza fanatismi di sorta. Ciascun spettatore ha espresso la sua opinione sul
Dvd, giudicato comunque avvincente. Il giudizio complessivo è di un lavoro ben fatto, particolarmente adatto
a coloro che poco o nulla sanno delle
nostre terre; la conferenza di Paolo
Jelich, vicepresidente del Comitato di
Bologna ha dovuto scontare una variazione nel programma, per improvvisi ed imprevisti impegni del relatore,
con l’anticipo dal giorno 7 al 6 marzo, ma avvicente e coinvolgente, condotta con passione, rigore storico ed
equilibrio. Complimenti da parte di
tutti i partecipanti al relatore.
Flavio Rabar
• • •
Di Rabar il quotidiano “la Nuova
Ferrara” ha ospitato un articolo dal titolo Il “Giorno del Ricordo” di una tragedia dimenticata. Lo riproduciamo
integralmente.
Il Parlamento Italiano ha istituito il
Giorno del Ricordo il 10 febbraio di
ogni anno «[...] al fine di conservare e
rinnovare la memoria della tragedia
degli italiani e di tutte le vittime delle
foibe, dell’esodo dalle loro terre degli
istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa
vicenda del confine orientale».
Il Comitato Provinciale di Ferrara
dell’Associazione Nazionale Venezia
Giulia e Dalmazia vuole richiamare
l’attenzione sulle vicende di quelle
terre, per lungo tempo volutamente
nascoste ed ignorate. Furono teatro di
uccisioni – emblematici gli episodi
delle foibe –, sparizioni, sopraffazioni
e violenze nei confronti di coloro che
si riconoscevano nelle abitudini, nella
lingua e nella cultura italiana, costringendoli ad abbandonare le terre ove
da sempre avevano vissuto, per cercare rifugio in Italia, ed anche all’estero, preferendo, in ben 350.000 italiani, una momentanea e precaria sistemazione in uno dei 109 centri raccolta profughi piuttosto che rinunciare alla
loro identità nazionale.
Il Comitato Provinciale di Ferrara,
ben conscio delle sofferenze e delle
angherie subite da sloveni e croati
durante la dittatura fascista e l’occupazione di loro territori, dal 1941 al
1943, da parte dell’esercito italiano,
ritiene che quanto avvenuto in Istria, a
Fiume ed in Dalmaa sia il risultato, non
di vendette personali, ma di un esasperato nazionalismo che, unito all’ideologia comunista, attuò scientemente una feroce pulizia etnica della
popolazione italiana.
COMITATO DI GORIZIA
Il 25 Aprile non è festa
nella Venezia Giulia
Il comunicato diffuso
dal presidente Ziberna
Il 25 aprile, festività nazionale per
ricordare la liberazione dal fascismo e
dal nazismo, nemmeno in ambito nazionale viene vissuta come un vera e
proprio anniversario che accomuna
tutti gli italiani. Nella Venezia Giulia,
addirittura, la ritirata dei nazisti ha coinciso non con una liberazione bensì con
una brutale occupazione delle truppe
comuniste del maresciallo Tito.
Che la volontà non fosse quella di
liberare Gorizia dalle truppe naziste
ma di annettere alla Jugoslavia tutta
quella che Tito chiamava «Slavia
Veneta», ovvero il FriuliVenezia Giulia
sino al Tagliamento, era evidente e dichiarata. Se non fossero entrate le truppe titine, infatti, sarebbero entrate quelle neozelandesi, che invece furono
rallentate dai titini proprio per poter
vantare diritti di occupazione.
Per snazionalizzare rapidamente
Gorizia e per soffocare sul nascere ogni
tentativo di ribellione dal 2 maggio
iniziò il rastrellamento di tutti coloro
che potevano rappresentare un pericolo per le aspirazioni annessionistiche. Tra questi la burocrazia
goriziana e chi aveva manifestato con
eccessivo entusiasmo la propria
italianità.
Oltre 650 goriziani pagarono con
la deportazione – avvenute dopo il 25
aprile! – e la vita il loro amore per
Gorizia e l’Italia. Questo rappresenta
per i goriziani l’entrata dei titini a
Gorizia, altro che liberazione dal giogo nazista o fascista! Questo è per i
goriziani il 25 aprile!
Rispettiamo i sentimenti di tutti
coloro che, in diversa misura, hanno
subito torti o violenze dai regimi. In
primo luogo la comunità ebraica, che
ha pagato duramente con milioni di
vittime la ferocia dell’uomo sull’uomo.
Ma anche la comunità slovena che ha
subito la snazionalizzazione in questa area di confine, anche con atti di
violenza e soprusi. Rispettiamo tutti
coloro che individuano nel 25 aprile
la festa della liberazione, ma parimenti
va rispettato chi continua – come noi
– ad associare il 25 aprile non già ad
una liberazione, bensì alla brutale occupazione slavo-comunista, che rappresenta, per tempi e modalità con cui
è avvenuta, la pagina più nera della
storia della nostra città: consumata a
guerra finita e come vittime inermi
degli innocenti.
COMITATO DI LATINA
Il 30 aprile si è tenuto presso l’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura e l’Ambiente “San Benedetto”
di Borgo Piave (Latina) un incontro sul
tema «La tragedia delle Foibe e l’Esodo Giuliano Dalmata», aperto dal saluto del Dirigente Scolastico prof. ing.
Nicola Di Battista. L’introduzione è stata affidata dai docenti promotori del
progetto, mentre la prolusione storica
è stata affidata al dott. Marino Micich,
direttore dell’Archivio Museo storico
di Fiume in Roma. Susanna Sauchella,
ex allieva dell’Istituto, ha presentato la
mostra e il volume a corredo, mentre
il presidente provinciale del Comitato, cav. Benito Pavazza, ha introdotto
le testimonianze del vicepresidente
m.llo Alberto Musco e del consigliere
Ottavio Sicconi. Sono seguiti alcuni
interventi degli studenti.
In chiusura dell’incontro, l’intervento del prof. Fausto Orsini, studioso
di storia contemporanea.
COMITATO DI MODENA
Anche quest’anno le celebrazioni
del 10 Febbraio, Giorno del Ricordo,
sono state particolarmente sofferte per
alcune iniziative della Provincia di
Modena di cui il Comitato ANVGD non
era stato informato. Infatti nei primi
giorni di febbraio l’Istituto Storico di
Modena e la Fondazione ex Campo
Fossoli di Carpi hanno fatto pervenire
l’invito, individualmente ad alcuni esuli, per alcune conferenze commemorative a Modena ed a Carpi e per la
mostra dal titolo «Profughi nel silenzio. Gli Esuli giuliano dalmati a Modena e Carpi», costituita da 17 pannelli, aperta dal 9 febbraio al 31 marzo presso il Palazzo dei Musei a Modena.
Di queste iniziative non avevano
fatto alcun accenno né il Sindaco, né
il Presidente del Consiglio comunale
di Modena con i quali erano stati presi vari contatti tra la fine del dicembre
2007 e la metà di gennaio 2008 per la
realizzazione e l’inaugurazione della
mostra dell’ANVGD. Il Sindaco di Modena, venuto certamente a conoscenza del disappunto e delle rimostranze
espresse dal Comitato provinciale, ha
provveduto a divulgare un invito per
una cerimonia, in memoria delle vittime delle Foibe, con la deposizione di
una corona di fiori davanti all’insegna
della strada intitolata ai «Martiri delle
Foibe» che si è svolta il giorno 10 Febbraio alle ore 9.30.
La mostra fotografica «Il Giorno del
Ricordo» organizzata dal Comitato di
Modena presso il Palazzo Comunale
di Modena è stata inaugurata sabato 9
febbraio alle ore 15.30 con una breve
presentazione del presidente Giampaolo Pani alla presenza dell’on.le
Carlo Giovanardi, del Sindaco di Modena prof. Giorgio Pighi e del presidente del Consiglio comunale di Modena dott. Ennio Cottafavi.
La mostra, che doveva essere aperta al pubblico dal giorno 4 al 16 febbraio, è stata prorogata fino al 31 marzo per concessione del Sindaco.
Domenica 10 febbraio, dopo la
cerimonia di deposizione della corona di fiori, voluta dal Sindaco, presso
la Chiesa Monumentale di San
Domenico, si è celebrata una S. Messa per conservare e rinnovare la memoria delle vittime delle foibe con la
partecipazione delle massime autorità della Città.
Al termine della funzione religiosa è stata inaugurata dal Sindaco la
nuova sede del Comitato di Modena,
situata in via Belle Arti 4 (orario: martedì e venerdì dalle ore 10.00 alle ore
12.00).
La stampa quotidiana, in particolare “l’Informazione”, il giorno 5 febbraio ha riportato la notizia delle due
mostre separate e della polemica sulle iniziative di commemorazione; a
pagina 12 dello stesso giornale è stata
pubblicata un’intervista dell’esule (nostro tesserato) Alfredo Dapinguente che
ha sottolineato, tra l’altro, la perplessità sui motivi per cui non è stata organizzata una unica mostra. Egli ha
stigmatizzato l’assenza a Modena di
strade intitolate a località istriane e
dalmate. Nello stesso giorno, sul “Resto del Carlino”, l’articolo che trattava
delle mostre e delle conferenze a Modena e Carpi organizzate dalla Provincia non faceva menzione di quella
organizzata dall’ANVGD. Sulla stessa
pagina riportata una favola di Alfredo
Dapinguente in cui l’esule racconta ai
nipoti di una terra dove i bimbi giocavano insieme pur parlando lingue diverse.
Sul quotidiano bolognese l’8 febbraio in cronaca di Carpi si evidenziano le interviste agli esuli Luciano
Bussani ed Antonio Zappador con i
ricordi dell’esodo e della sistemazione nel campo di raccolta di Fossoli.
Gli intervistati hano dichiarato di ritenersi ancora “dimenticati”, vittime dell’esodo e dalla fuga dalle foibe, dall’orrore, dalla sopraffazione e dall’odio,
e ricordano con tristezza l’ostilità con
cui vennero accolti nel 1954 in Emilia
dai comunisti locali che non si rendevano conto del perché fossero fuggiti
da un regime ritenuto dalla propaganda del PCI una società migliore. Nello
stesso articolo le testimonianze delle
esuli Maria Giani e Francesca Carpenetti che non amano ricordare quelle
brutte pagine della loro vita. Ancora
oggi non si capacitano dell’ostilità dei
carpigiani di fede comunista che le
facevano sentire straniere in Italia.
Il 10 febbraio, ancora sul “Resto
del Carlino”, l’articolo del giornalista
Saverio Cioce, dopo l’intervista al presidente e vicepresidente del Comitato
modenese, sottolineava l’insolita separazione delle celebrazioni e delle
mostre. Il giornale inoltre rimarcava in
particolare quanto gli esuli si sentano
«insultati» quando viene riportato nelle
conferenze e nelle rievocazioni storiche circa «la restituzione delle terre
d’Istria e Dalmazia alla Jugoslavia».
Sulla Gazzetta di Modena del 9
febbraio un breve trafiletto sull’incontro pubblico, promosso dall’Amministrazione comunale, presso la Sala
Consiliare del Comune di Pavullo, per
ricordare la tragedia delle foibe e dell’
esodo tenuto dalla professoressa Maria Luisa Molinari, ricercatrice dell’Istituto Storico di Modena. Nello stesso
giorno su “Nostro Tempo”, settimanale cattolico modenese sono state riportate tutte le iniziative organizzate dal
Comitato ANVGD per il giorno del
Ricordo. Lunedì Il febbraio, su “il
Resto del Carlino” è stata riportata una
sintesi delle celebrazioni con l’intervista al presidente del Comitato che delinea i prossimi obiettivi: il cippo
commemorativo ed il desiderio di rintracciare gli oltre 1500 istriani e dalmati
residenti in provincia di Modena..
COMITATO DI ROMA
Organizzato dal Comitato capitolino ANVGD e dall’Associazione per la
Cultura fiumana, istriana e dalmata nel
Lazio, si è tenuta venerdì 14 marzo
scorso la presentazione degli Atti del
convegno 2007 Venezia Giulia dalla
terra al mare. Dialoghi sulla frontiera
tra passato e presente, promosso
dall’Anvgd di Roma e la Libera
Univesità “S. Pio V” nella sede di quest’ultima. Èseguito un appaluditissimo
concerto del Trio Benussi presso il “Teatro San Marco”, al Quartiere Giuliano-Dalmata della Capitale.
Tra i relatori, il presidente nazionale ANVGD Lucio Toth, la prof.ssa
Donatella Schürzel e il dott. Amleto
8
DIFESA ADRIATICA
Giugno 2008
dai comitati
Ballarini, preisdente della Società di
Studi Fiumani. Gianclaudio de Angelini, poeta, ha recitato due poesie
nell’istrioto di Rovigno per terminare
con alcuni versi del concittadino Eligio
Zanini.
Il foltissimo pubblico presente alla
serata comprova quanto sia significativa la presenza, a Roma, di un’attiva
e consolidata comunità di giuliani e
dalmati non solo per la città ma anche
per la sua Provincia.
La prof. Miriana Tramontina Ivone,
delegata ANVGD, ha voluto ricordare
quel periodo a lungo sottaciuto. Ha
invitato i docenti a trasmettere questa
dolorosa realtà storica, rimossa dai
nostri testi scolastici, in quanto chi ha
perso la vita per difendere l’italianità
ha diritto al “ricordo” affinché non
avvengano più simili atrocità ed alla
“gratitudine” per l’esempio trasmesso
alle giovani generazioni. Commuovendosi ha descritto i momenti ed i
DELEGAZIONE
DI SALERNO
Il giorno 9 febbraio 2008 nel capoluogo campano, organizzata dalla
presidente del CEPIS, (Centro Europeo
per la pace nel mondo, per l’infanzia,
per lo sviluppo), prof. Miriana Tramontina Ivone e l’ANVGD dedicata alle
vittime delle Foibe e all’esodo, e in
memoria della morte del Questore di
Fiume italiana Giovanni Palatucci, è
stata officiata solennemente la S. Messa
dall’Arcivescovo metropolita Gerardo
Pierro nella Chiesa dell’Immacolata.
Tra le autorità civili, militari e religiose di Salerno, le rappresentanze
degli Ufficiali di tutte le Armi e delle
scuole di ogni ordine e grado, erano
presenti tra gli altri: il Prefetto, dr. Claudio Meoli; il Questore, Dr. Vincenzo
Roca; il Dirigente dell’USP Dr. Luca
Iannuzzi; il colonnello dei Carabinieri, dr. Gregorio De Marco; il Comandante della Marina, dr. Vincenzo De
Luca; il presidente del Comitato ANVGD
di Avellino prof. Carmelo Testa.
Ha accompagnato la funzione religiosa l’orchestra degli alunni della
Scuola Media ad indirizzo musicale
“Alfonso Gatto” di Battipaglia, sotto la
guida del violinista Daniele Gibboni,
del pianista Vincenzo Farabella e della soprano giapponese Yuki Sunami.
Presente anche il dirigente scolastico
prof.ssa Napoli ed alcuni docenti della stessa Scuola.
Nell’omelia l’Arcivescovo ha ricordato le migliaia di italiani coinvolti in
una tragedia dolorosa che la Nazione
non può e non deve dimenticare, vittime innocenti che desideravano poter conservare l’italianità e professare
la loro fede, ecco perché il “Ricordo”
restituisce dignità a quegli italiani precipitati, ancora vivi, nelle Foibe e chi
ha dovuto, dal nulla, riprendere la vita
lontano da casa abbandonando ogni
affetto, ogni avere, rifugiandosi nel ricordo del passato con la preghiera
consolatrice per poter sperare in un
futuro migliore.
Salerno, 9 febbraio 2008.
Commemorazione del Giorno del Ricordo:
da sin., il presidente del Comitato ANVGD di Avellino, Carmelo Testa,
il Prefetto Claudio Meoli, la Delegata Anvgd Miriana Tramontina
e il Questore, Vincenzo Boca
Salerno, 9 febbraio 2008.
La giovanissima Orchestra dell’istituto comprensivo
“Alfonso Gatto” di Battipaglia, che ha accompagnato
la cerimonia religiosa in memoria delle Foibe e dellesodo
sentimenti che la hanno invasa quando, esule, in quel treno che la strappava dalla sua città, allontanandola dai
suoi compagni di scuola dai suoi affetti e dal suo azzurro mare, ha lasciato che le lacrime le rigassero il viso.
Alla fine della funzione il presidente dell’A NPS di Salerno, ispettore
Gianpiero Morrone, ha donato alla
prof. Tramontina il quadro di Giovanni Palatucci per averlo sempre presente al CEPIS, Centro di Volontariato che
opera combattendo l’abbandono scolare. Subito dopo gli ospiti si sono trasferiti all’ingresso del Liceo “T. Tasso”
dove, davanti alla lapide che porta i
nomi dei caduti durante la Prima Guerra mondiale, al suono del Silenzio
d’Ordinanza, sono stati presentati gli
onori ai caduti.
Gli esuli italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia, che fin dal 1920
e poi tra il 1944 e il 1954 hanno conosciuto la strada della persecuzione
etnica e dell’esilio, abbandonando per
sempre le terre natali, esprimono al
popolo armeno e ai suoi discendenti
dispersi in tutto il mondo fraterna solidarietà nella Giornata della Memoria
del loro Genocidio: 24 Aprile 1915.
Alessandro Cuk,
il nuovo presidente
Alessandro Cuk è il nuovo presidente della Consulta ANVGD del
Veneto.
Eletto dai presidenti dei comitati
ANVGD veneti, sostituisce il dimissionario Gian Paolo Sardos Albertini.
Cuk, noto per la sua esperienza
nel mondo cinematografico come
critico ed autore di testi sul cinema,
è vicepresidente del nostro Comitato di Venezia, oltre a far parte dell’Esecutivo nazionale della nostra
Associazione.
«Esodo»: il documentario ANVGD
si sdoppia in nuova veste
«Esodo»è il titolo di uno dei primi documentari prodotti dall’ANVGD
sulla storia della nostra gente. Edito nel 2004, ha ottenuto unanime apprezzamento tra le istituzioni, i critici, il popolo dell’Esodo e gli studenti.
È stato più volte inserito nel palinsesto della piattaforma Sky, recensito dai più importanti quotidiani nazionali e alcuni passaggi sono stati
trasmessi dalle televisioni di tutta Italia, soprattutto in coincidenza del
Giorno del Ricordo. Le due puntate da 50 minuti, contenute finora in un
unico dvd, si sdoppiano da oggi e diventano due eleganti ed inseparabili
confezioni: «Esodo- La memoria negata» ed «Esodo-L’Italia dimenticata». Rinnovata anche la grafica delle copertine.
Ecco parte della presentazione riportata sulle confezioni.
«Questa storia, fatta di orrori, di sacrifici e di eroismi di gente semplice, strappata dalle memorie più care di luoghi abitati da secoli da popolazioni italiane, è stata per cinquant’anni totalmente dimenticata e nascosta alle nuove generazioni e all’opinione pubblica del Paese.
In questi due documentari si ricostruiscono quegli eventi con riprese
cinematografiche autentiche e con una serie di testimonianze, ad alto
contenuto emozionale, di uomini e donne che quelle vicende hanno
vissuto».
I documentari sono prodotti per l’ ANVGD dalla VeniceFilm di Padova,
per la regia di Nicolò Bongiorno, figlio d’arte del celebre Mike.
I due dvd sono disponibili presso la Sede nazionale ANVGD, tel/
fax 06.58 16 852, mail [email protected]
NELLA GIORNATA DEL GENOCIDIO ARMENO
24 aprile 2008
In occasione del 24 aprile, giorno in cui in tutto il mondo gli
armeni ricordano il genocidio di
cui si rese responsabile il governo
di Istanbul nel 1915, il Vicepresidente della Federazione delle Associazioni, Lucio Toth, ha firmato
il comunicato stampa che riproduciamo.
CONSULTA VENETO
Quei massacri, perpetuati sotto lo
sguardo passivo delle grandi potenze
di allora, furono l’inizio di una serie di
pulizie etniche e di persecuzioni razziali, dalla catastrofe greca del 1922
in Anatolia alla Shoah degli ebrei di
tutta Europa, all’attuale tragedia del
Darfur. Perché ciò non accada mai più
la comunità internazionale deve farsi
carico con i suoi strumenti diplomati-
ci e militari per tutelare ovunque i diritti umani violati in nome di totalitarismi o di integralismi di ogni genere. Come ha ribadito Benedetto XVI
nel suo discorso all’ONU.
Gli esuli giuliano-dalmati si uniscono ai sentimenti e ai voti degli armeni
raccolti il 24 aprile attorno alla Basilica di Sant’Ambrogio a Milano, assunta a simbolo della cristianità europea.
Trieste-Roma, 23 aprile 2008
Il Vicepresidente
On. Lucio Toth
Adriatico-Baltico,
allo studio una nuova via di interazione
Periodico mensile dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia
Centro studi padre Flaminio Rocchi
DIRETTORE RESPONSABILE
Patrizia C. Hansen
Editrice:
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n° 91/94 dell’11 marzo 1994
Spedizione in abbonamento Postale di ROMA
Stampa:
Beta Tipografica Srl (Roma)
Finito di stampare il 23 maggio 2008
Un «corridoio multimediale» che colleghi il
Baltico e i Paesi del Nord Europa e il bacino
Mediterraneo attraverso l’Adriatico, per aprire
questa parte d’Europa ai mercati globali, favorendo anche la coesione economica tra Paesi
dell’Est e dell’Ovest
del vecchio continente.
È questo il progetto del quale si è
parlato a metà aprile a Venezia, alla
Scuola Grande di
San Giovanni Evangelista, nel corso di
un incontro internazionale. L’iniziativa
si chiama «Progetto
Adria-tic - Baltic
Landbridge», e a
Venezia sono state
illustrate le conclusioni di un’analisi di fattibilità,
che coinvolge i temi delle infrastrutture di trasporto con l’obiettivo di migliorare le opportunità di sviluppo delle regioni comprese tra il
mare Adriatico ed il Mare Baltico per aiutare la
coesione economica attraverso lo sviluppo del territorio,
e migliorare la qualità della vita delle
comunità interessate.
Il progetto coinvolge, oltre alla Regione del Veneto ed
altre istituzioni e
realtà italiane, enti
e organizzazioni di
Repubblica Ceca,
Polonia, Slovenia,
Austria, Germania.
Giugno 2008
Su “Italia Oggi” intervista a Roberto Predolin
Su “Italia Oggi”, uno dei principali quotidiani economici nazionali, è
comparsa il 7 maggio una intervista a
tutta pagina a Roberto Predolin, consigliere nazionale dell’ANVGD e presidente della SOGEMI di Milano, una delle maggiori società di gestione del capoluogo lombardo e non solo.
Predolin, che vanta anche una consolidata esperienza politica, non manca in questa intervista a firma di
Domenico Aliperto (dal titolo Trasformo i sogni in realtà) di ricordare la sua
origine dalmata, con le parole che riportiamo.
_________________________
«Tra le cose che Roberto Predolin
preferisce ci sono le persone che sanno realizzare i sogni. Quelle che prendono in mano un grande progetto e lo
trasformano in realtà. Ma se gli chiedete se si ritiene pure lui capace di tanto, si schernisce e dice che i suoi sogni
sono assai più semplici. [...]
Ma intanto, a dispetto di quello che
dice lui probabilmente con eccesso di
modestia, dall’undicesimo piano che
domina il complesso del mercato
ortofrutticolo di Milano, Predolin, presidente di Sogemi (società che gestisce i mercati all’ingrosso della metropoli), ha il compito non semplice di
traghettare l’intera struttura verso l’appuntamento che attende il capoluogo
lombardo al varco dell’Expo 2015.
Attraverso la riqualificazione della
zona e la creazione di nuovi spazi
dedicati alla cultura del buon vivere,
Predolin intende infattti rilanciare l’immagine di quello che potrebbe diventare uno dei più rilevanti punti di accesso alla città. [...]
In ambito professionale l’esperienza di Predolin si è sviluppata su due
fronti, quello della logistica e quello
della politica. Ho lavorato in diverse
aziende del settore, e per un periodo
sono stato anche imprenditore. Ma la
globalizzazione imponeva regole che
avrebbero cambiato radicalmente il
mio lavoro, e ho preferito rinunciare
piuttosto che accontentarmi. [...]
Sulla carta d’identità di Predolin si
legge che è nato a Pisa. Eppure nel
suo accento del toscano non c’è nemmeno l’ombra. «Marina di Pisa», precisa sorridendo. «Sono nato lì perché
mio padre voleva che la prima cosa
che vedessi una volta aperti gli occhi
fosse il mare. E anche se dopo ci siamo quasi subito trasferiti al Nord,
l’amore per il grande blu non mi ha
abbbandonato: non appena mi è possibile vado con mia moglie a Sestri
Levante, dove ho una casa che uso
come base per le escursioni con i nostri tre cani, così come una delle mie
più grandi passioni è la vela, alla quale purtroppo posso dedicare meno
tempo».
Pur avendo il mare nel cuore,
Predolin ha vissuto a Milano, «Una
città nella quale mi sono sempre inserito con facilità, a differenza dei miei
genitori, dalmati, che hanno vissuto
come una frattura insanabile l’allontanamento forzato dalla loro terra in fuga
dai comunisti di Tito». L’identità
dalmata è una componente fondamentale dell’esistenza di Predolin, che
dal 1970 ricopre il ruolo di dirigente
dell’Associazione Venezia Giulia e
Dalmazia, con l’elezione nel 2002
all’interno dell’Esecutivo nazionale. Ed
è solcando l’Adriatico in barca a vela
che il presidente torna a scoprire le sue
origini. «Con pochi amici, anche loro
dalmati, sfruttiamo queste occasioni
per incontrarci e per godere insieme
delle bellezze della nostra terra. Ma
occhio alle correnti della costa balcanica: se non si presta massima attenzione navigare lì l’è dura».
Domenico Aliperto
(“Italia Oggi”, 7 maggio 2008)
Lussignani negli Stati Uniti,
una lunga storia
La storia dei Lussignani in America è la storia del coraggio, della speranza, degli sforzi di gente che con
determinazione e serio impegno affronta o svolge ogni azione o professione intrapresa. [...]
Dal 1880 al 1924 molti lasciarono a Lussino le loro case e i loro cari,
si imbarcarono sulle navi, attraversarono l’Oceano per la prima volta alla
ricerca di una vita migliore nel nuovo
mondo. I primi Lussignani arrivati in
questo paese si sistemarono nelle città come New York, Hoboken, Philadelphia, San Francisco, Galveston ecc.
Dopo la grande crisi economica del
1929 alcuni decisero di ritornare
definitivamente in patria. La maggioranza dei primi emigranti in America
erano uomini che arrivavano da soli,
mentre le rispettive famiglie rimanevano a Lussino.
I Lussignani sono sempre stati uniti e si sono sempre aiutati vicendevolmente. Per questa ragione nel 1922, a
Hoboken, nel New Jersey, hanno fondato una società di mutuo soccorso
denominata «Lussignana Benevolent
Society». [...] La Società aveva anche
9
DIFESA ADRIATICA
provveduto all’acquisto di diverse tombe nel cimitero di North Arlington,
New Jersey; qualsiasi socio, senza famiglia in questo paese, poteva venir
sepolto con dignità. [...] In questo cimitero ci sono inoltre moltissime altre
tombe di famiglie lussignane. [...]
Questa societa è stata attiva per oltre
cinquant’anni.
Dopo il nostro esodo, dal 1945 al
1960, moltissimi Lussignani si sono
trasferiti in questo Paese, molti per raggiungere i propri familiari già qui residenti, sperando tutti in un domani diverso e migliore. Nonostante le tipiche avversità che si riscontrano in un
nuovo Paese, i Lussignani si sono adattati ben presto alla nuova vita, grazie
alla genialità e all’impegno che li caratterizzano. Spesso hanno iniziato
con umili lavori, ma ben presto si sono
resi indipendenti attivandosi in proprio
o in società con altri. Già nel 1924 i
fratelli Mirto e Federico Scopinich avevano aperto, con successo, a Freeport,
Long Island, N.Y., dei cantieri navali
denominati ]Freeport Point Shipyard».
[...]
Altri, arrivati dopo l’esodo, hanno
trovato ottimi impieghi presso grandi
società italiane, come Fiat, Montecatini, Snia Viscosa, Marzotto ecc.,
giacché, nell’immediato dopoguerra,
centinaia di ditte e banche italiane
avevano aperto negli Stati Uniti i loro
uffici di rappresentanza. Molte donne, che a Lussino avevano, come tutte, una macchina da cucire “Singer”,
hanno trovato lavoro nel campo della
moda. [...]
Il lavoro non è mai mancato in
questo paese e i Lussignani, da bravi
«sparagnini», si sono tutti sistemati
decorosamente, acquistando le proprie case; hanno insegnato ai loro figli
il valore e l’utilità d’avere una buona
istruzione e, infatti, quasi tutti i figli
Con l’isola
nel cuore,
negli Stati Uniti
i lussignani
si sono
ottimamente
inseriti
nella società
e nel lavoro
Arcipelago della memoria,
paesaggi e miti del mare
Licio Damiani ha presentato
il suo ultimo libro Arcipelago della memoria a Trieste, giovedì 8
maggio, presso la Società Triestina della Vela.
L’incontro era organizzato dal
Centro di Documentazione Multimediale della cultura giuliana,
istriana, fiumana e dalmata. Ad
introdurre il libro e l’autore la prof.ssa Maria Carminati, critico letterario e
curatore della collana La Nuova Base Editrice.
Questa nuova edizione dei racconti di Licio Damiani, già pubblicati
negli anni Settanta, è arricchita da due testi inediti, che si aggiungono ai
precedenti, conferendo un motivo di interesse e di attenzione. L’autore,
nato nel 1935 a Lussinpiccolo, vive a Udine. Giornalista professionista e
critico, fa parte dell’AICA, l’Associazione internazionale dei critici d’arte. È
autore di due volumi sull’arte del Novecento in Friuli, nonché di numerose monografie e saggi su pittori, scultori, architetti. Nel 2001 è uscito Friuli
Venezia Giulia. L’Arte del Novecento. Ha pubblicato libri di narrativa, di
poesia e di viaggio. Già capo servizio alla RAI, collabora a quotidiani e a
riviste ed ha realizzato documentari cinematografici e televisivi.
Carlo Sgorlon nella premessa al volume, sottolinea «Come quella di
tutti i veri scrittori mediterranei, l’indole di Damiani è un po’ pagana, e
significa adesione calda e voluttuosa alla bellezza del mondo. Ma la felicità della sua pagina è notevole anche perché essa dispone dello spessore
prospettico creato dalla malinconia, da momenti di stanchezza di scoramento, dal dissolvimento dei sentimenti in una specie di reverie e di sognante monologo. Ad esempio il mare in lui non è soltanto luogo che fa
sentire più forte la gioia di esistere: è anche qualcosa di sterminato che
scioglie i pensieri e fa nascere il desiderio di andar lontano, quando si
vedono partire i bragozzi da pesca e sfilare le vele colorate all’orizzonte».
Storia e memoria sono le due chiare direttrici lungo le quali si sviluppa
la narrazione di Damiani, accompagnata da un diffuso senso di nostalgia
che aleggia intorno a tutti i racconti: una nostalgia dolce, pacata, priva di
qualsiasi sentimento di rivendicazione per i suoi luoghi perduti: non solo
la città e l’isola di Lussino, ma tutto l’arcipelago delle Absirtidi, le isole
piccole e piccolissime che insieme a Cherso e Lussino formano un paesaggio marino di folgorante bellezza, di uno splendore che sembra rivivere in ogni pagina di questi racconti, ove la parola si carica di una intensa
passione per questo mondo amato e così fortemente radicato nell’anima
dell’autore.
(fonte www.arcipelagoadriatico.it)
Paesaggi
e sentori
di Cherso
hanno frequentato le migliori università americane. Oggi abbiamo in questo paese diversi affermatissimi medici, avvocati, ingegneri, dottori commercialisti e anche un presentatore alla
televisione.
Un Lussignano, in particolare, arrivato a New York nel 1956, ha acquisito fama mondiale per il suo grande
ingegno e bravura. Si tratta di Mario
Tarabocchia, figlio di Pietro Tarabocchia (primo squero). Mario era un
uomo straordinario, un genio sul lavoro e alla fine degli anni Sessanta era
già riconosciuto, anche dalla stampa
internazionale, fra i più grandi
progettisti di yachts al mondo. Tutte le
barche che, dal 1964 al 1980, hanno
difeso vittoriosamente per gli Stati Uniti
la prestigiosa Coppa America sono state da lui progettate, nei suoi uffici della Madison Avenue di New York. Nonostante i tanti successi ottenuti, Mario Tarabocchia è rimasto sempre un
uomo di un’eccessiva modestia; era
felicissimo quando poteva incontrare
i Lussignani ai vari raduni. [...]
Giannina Lechich Galeazzi
(fonte periodico “Lussino”)
10
DIFESA ADRIATICA
Giugno 2008
Francesco Patritio, un saggio e una lapide
Il prof. Luigi Tomaz, assiduo studioso della storia antica e moderna
dell’Istria e della Dalmazia, è autore
di due recenti volumi, il primo dei quali
abbiamo presentato sul numero di
maggio, il secondo dedicato invece
alla figura e all’opera dell’umanista
chersino Francesco Patrizi. Dall’Autore ci perviene una riflessione sul tema
della storia e dell’indebita manipolazione di personalità e civiltà intere ad
opera della storiografia croata, che
pubblichiamo di seguito nei passaggi
più significativi.
__________________________
Tra giugno e settembre 2007 ho
dato alle stampe due libri apparentemente diversissimi: Il Confine d’Italia
in Istria e Dalmazia – Due millenni di
storia e Francesco Patritio da Cherso,
un grande italiano del Rinascimento.
L’uno e l’altro sono stati inviati dall’Editore alle principali Biblioteche e
dall’ANVGD ai Comitati provinciali dell’Associazione, ma soltanto il libro sul
Confine è stato diffuso tra il pubblico
che mi segue con particolare attenzione mentre quello sul Patritio è in corso
di distribuzione.
I due lavori sono diversissimi per
gli argomenti che trattano, ma vanno
perfettamente d’accordo nella loro
finalità in quanto rispondono all’esigenza di difendere la storia di noi
Istriani e Dalmati dalla costante aggressione della storiografia nazional-razzista degli Stati di Slovenia e di Croazia
che, pur nati dal crollo della Jugoslavia da loro stessi demolita, ne hanno
assunto con rinnovato vigore l’impegno di combattere fino alla totale
estirpazione la nostra presenza nella
memoria dell’Umanità. Resisi conto di
non poter arrivare alla cancellazione
dei grandi eventi territoriali e dei grandi protagonisti della nostra tradizione
culturale italica, hanno adottato la tattica dell’assimilazione forzata.
Furbescamente essi sanno che la
propaganda martellante attuata dai
centri del potere culturale quali le università statali (o meglio nazionali) ed il
coinvolgimento di prestigiose istituzioni internazionali cadute nei loro trabocchetti, hanno maggior forza di convincimento delle argomentazioni logiche che vengono ridotte a bisbigli di
esigue e trascurabili minoranze fatte
passare per antipatriottiche o, nel migliore dei casi, per eccentriche. A loro
non interessa il consenso universale
ma unicamente l’educazione delle
loro masse all’orgoglio nazionalista
fondato sulla certezza della superiorità astratta della razza di presunta appartenenza.
Nel campo della geografia politica le regioni italiche d’Istria e Dalmazia
devono passare alla storia come regioni da sempre (dalla preistoria!) totalmente slave costrette a subire le dominazioni di Roma, di Venezia e dello Stato Italiano. Nel campo della letteratura e del pensiero, tutte le personalità, da San Girolamo al Tommaseo
devono essere considerate grandi geni
croati forzati ad esprimere sentimenti
italiani in lingua italiana e costretti ad
emergere tra i massimi italiani delle
loro epoche.
Anche la mia recente Architettura
adriatica tra le due sponde – Saxa
loquuntur va inquadrata nella stessa
necessità di difesa del patrimonio culturale giuliano-dalmata dalla proterva
appropriazione indebita da parte balcanica.
Se tutti parliamo soltanto degli
eccidi, dell’Esodo e dei beni abbandonati, continuando a dare la colpa
della nostra tragedia alla cattiveria comunista del 1943-’45, riduciamo la
nostra storia ad un piccolo periodo e
la presentiamo come un episodio della storia della ferocia umana. Così però
abbandoniamo i nostri duemila anni
di altissima storia civile che sono stati,
e continuano ad essere, il vero movente delle violenze che abbiamo subito e stiamo subendo.
La difesa dell’italianità totale di
Francesco Patritio è necessaria oggi più
che mai. Soltanto chi vive tra le nuvole può permettersi di non capirlo.
Nel mio libro ho ristampato, con
l’aggiunta di una quantità esuberante
di altre note e notizie documentatissime, due relazioni già pubblicate
nella “Rivista Dalmatica” del 1966 e
del 1998. La prima di poco si scosta
dalla Commemorazione che nel 1994
fui chiamato a tenere a Trieste dall’Unione degli Istriani, mentre la seconda è la puntualizzazione delle violenze attuate contro la memoria del
grande chersino nel quattrocentenario
della morte. Il titolo è Il grande falsificato. In questo secondo lavoro, che
ho diviso in capitoli, ho ripreso le critiche ai simposi patriziani organizzati
annualmente a Cherso dalla Società
dei filosofi Croati di Zagabria. I Simposi avevano già allora, nel 1997, provocato traduzioni in lingua croata delle
opere del Nostro, con i frontespizi falsificati sicché l’ignaro lettore se li trova editi nel XVI secolo U Ferrari (a
Ferrara) o UVeneciji (aVenezia) da Frane Petriæ con caratteri di stampa, fregi e figure copiati dagli originali cinquecenteschi stampati allora in lingua
italiana o latina. Il più evidente dei prodotti dei Simposi è il monumento di
bronzo a Frane Petric – Petrisìvic.
A proposito della lapide
in Sant’Onofrio a Roma
La lapide è scritta in latino. Unica
parola non latina è Cres.
Il testo è l’evidentissimo risultato
di un tiramolla assai poco serio tra l’insistenza dei Croati e la resistenza del
Cardinale o di chi l’ha rappresentato
nell’estenuante trattativa tra...latinisti.
La lapide
posta sul
lato sinistro
della Chiesa
di S. Onofrio
a Roma
Il Bronzo di Lussino a Fiume
Il Bronzo di Lussino è giunto a Fiume, a bordo di un furgone “trasporti
speciali”, non avendo mai superato gli 80 chilometri orari. Durata del viaggio,
circa sette ore. Nel capoluogo quarnerino la splendida statua è stata collocata
nel salone grande dell’ex Palazzo del Governo, al primo piano. Nella sede del
Palazzo, nel corso di una conferenza stampa, è stata presentata la mostra e il
progetto che accompagna l’Apoxyómenos di Lussino. Il bronzo, che raffigura
un atleta che si sta detergendo (un soggetto abbastanza frequente nell’arte greca), è alta un metro e 93, e secondo gli studiosi è copia di un’opera dello
scultore greco Lisippo. Come si ricorderà, fu casualmente rinvenuta nel 1997
nelle acque dell’arcipelago di Lussino da un subacqueo belga. Lungo il restauro
cui è stato sottoposto all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, che lo ha riportato
all’originario splendore. Dopo una prima esposizione a Zagabria, l’Apoxyómenos
è stato esposto a Firenze in Palazzo Medici Riccardi. Ora è approdato a Fiume.
Da qui successivamente sarà trasferito in Dalmazia, a Spalato, Ragusa e Zara,
per trovare infine stabile sistemazione nella “sua”Lussino, che lo ha fortemente
voluto, in quel di Palazzo Quarnero.
d. a.
Un’elaborazione
grafica dell’atleta
di Lussino
Sconterà la pena
in Italia un croato
condannato dal TPI
per crimini di guerra
Mladen Naletilic, condannato dal Tribunale internazionale
dell’Aja (TPI) a 20 anni di carcere
per crimini commessi contro i
musulmani di Bosnia a Mostar,
nella Bosnia-Erzegovina, dall’aprile del 1993 al gennaio del 1994,
e’ stato trasferito in Italia dove
scontera’ la sua pena. Ne dà notizia il TPI. Naletilic, conosciuto anche con il nome di Tuta, è stato il
fondatore e il comandante del
«Battaglione dei condannati»,
un’unità paramilitare del Consiglio
di difesa croato.
La corte del Tribunale lo ha riconosciuto colpevole di torture,
trattamenti crudeli e di avere inflitto deliberatamente gravi sofferenze ai musulmani bosniaci in
Doljani e nel centro di detenzione “Heliodrom”. Secondo la sentenza, Tuta è stato personalmente
coinvolto nel trasferimento forzato di 400 musulmani dai villaggi
di Sovici e Doijani, dopo avere
ordinato di bruciare tutte le case,
ed è stato ritenuto colpevole di
avere forzato i prigionieri a lavorare nella sua villa.
Roma, la Chiesa e il convento di S. Onofrio in una stampa del XVIII sec.
Ciò che si legge fa ridere quanti
non riescono a piangere di commiserazione per chi, da parte romana, forse ingenuamente crede di aver concorso a formulare un’opera d’arte diplomatica riuscendo a comporre soltanto un pateracchio storichese. A noi
Chersini veri, quella lapide fa soltanto
compassione. [...] Tutti ricordiamo le
Sale Vaticane ridotte a galleria per
esporre al mondo allibito l’Arte che i
Croati hanno trovato nelle nostre terre, esibita quale «arte croata». Agli
schiaffi del Vaticano noi siamo dunque abituati ma ciò non ci impedisce
di soffrire per il comportamento dei
Principi della Santa Chiesa che perseverano a parteggiare per i prepotenti
smentendo gli insegnamenti che noi
abbiamo ricevuto dai nostri Vescovi,
tutti esulati con noi per fuggire dal
nazional-razzismo allora comunista
ma non nato nè morto col comunismo.
È evidente che i Croati hanno trovato resistenza ma è anche evidente
che son riusciti a raggirarla. Non potendo scrivere la lapide in croato con
tanto di nome Frane Petriæ –Petrisìviæ
col quale hanno ribattezzato il grande
chersino, han dovuto chiamarlo in latino Franciscus Patricius, come lui ha
firmato ovviamente soltanto le sue
opere scritte in latino per i filosofi europei. Han dovuto inghiottire il Serenissimae Reipubblicae Venetiarum
insignis philosophus et litterarum cultor
ma hanno ottenuto il natus... A.D.
MDXXIX in insula Crexi, hodie Cres
in Croatia.
Francesco Patritio o Paticio (variazione olografa tipica del tempo, comunque pronunziata Patrizio) così
scrisse il 12 gennaio 1587 a Baccio
Valori che gli aveva chiesto i suoi dati
biografici: «Nacque Fran.co Patricio
in Cherso terra d’una delle antiche
Absirtidi in Liburnia, nel Quarnaro, la
qual terra o isola Plinio chiama Crexa,
Tolomeo Crepsa».
La tradizione chersina ha sempre
preferito, per il periodo medievale e
moderno il latino Chersum. Il doge
Ranieri Zeno nel 1260 scrive al conte
Giovanni Tiepolo: «comitatus Absarensis et Chersi [...] homines Absari et
Chersi». Il re Sigismondo, nel cinquantennio 1358-1409 in cui l’Ungheria
tenne la Dalmazia, definiva l’isola:
«insula nostra regia Absari et Kersi [...]».
E così via.
La K prova che la pronuncia non
era ‘Z’ mentre Crexi può essere pronunciata, alla croata, come si pronuncia Cres, cioè Zres. È chiaro che la traduzione latina della Cherso del
MCXXIX è Chersum. Ai Croati interessava una sola cosa, che il nome Cherso
non venisse assolutamente menzionato perché la storia apparisse, come vogliono loro, evolutasi direttamente dal
latino antico al croato moderno. [...]
Il madornale «hodie Cres in
Croatia», riduce la lapide ad un foglietto volante in balìa del mutevole vento
della Storia. Qualche anno fa il Hodie
avrebbe richiesto in Jugoslavia,
sessantadue anni fa in Italia, cent’anni
fa in Austria e così via. Il Hodie del
domani quale sarà? Anche l’Accademia Croata quindici anni fa sarebbe
stata Jugoslava e da oltre un secolo.
Un onore molto precario rende al
grande italiano di Cherso quella lastra
di pietra nata dal compromesso contingente che in una lingua antica ha
messo in evidenza l’oggi per eliminare il passato nel quale il Patritio è vissuto ed ha operato. [...]
Luigi Tomaz
Jasenovac e Bleiburg: i difficili
conti con la storia della Croazia
Nella commemorazione annuale delle vittime del lager ustascia di
Jasenovac non sono mancati duri attacchi alla Chiesa cattolica, accusata di
fiancheggiare i croati filonazisti. L’accusa è stata mossa da Ivan Fumic nel
corso della cerimonia svoltasi alla presenza del Presidente Mesic.
Il fatto che mai i più alti esponenti del clero croato hanno reso omaggio
alle vittime – serbi, ebrei e croati comunisti – induce Fumic a ritenere che
«molti preti all’interno del sistema ustascia hanno formato organizzazioni
affini, hanno eseguito attività di proselitismo, e alcuni hanno partecipato
personalmente agli assassini in questo lager. Questa, probabilmente, è anche la ragione per cui il clero cattolico si tiene molto alla larga da Jasenovac,
ma non da Bleiburg», località quest’ultima nella quale, secondo fonti storiche croate, vennero trucidati dai partigiani di Tito tra i 50.000 e gli 80.000
croati inquadrati nelle milizie dello Stato croato di Pavelic
Secondo la stampa di Zagabria lo scorso anno l’arcivescovo di Zagabria,
il cardinale Josip Bozanic, ha celebrato a Bleiburg la Messa. Anche il suo
predecessore, il cardinale Franjo Kuharic, come Bozanic, ha visitato Bleiburg
e mai Jasenovac.
Secca la reazione della Chiesa, anche alle parole del Capo dello Stato
Mesic, il quale quest’anno ha affermato che «ci sono stati dei preti cattolici
che si sono sporcati le mani di sangue durante il regime NDH [ustascia,
ndr]» e per questo sarebbe bene che il vertice della Chiesa cattolica venisse
a Jasenovac, per quei preti che sono stati dalla parte della giustizia e della
democrazia». La Conferenza episcopale croata, nella nota su Jasenovac, ha
stigmatizzato le parole di Fumic e di Mesic come «diffamazione di stampo
comunista».
Ma la stampa di Zagabria non ha mancato di notare come anche il
Parlamento usi due pesi e due misure, avendo stanziato 500.000 kune
(70.000 euro circa) per la commemorazione delle vittime di Bleiburg, e soli
100.000 kune (poco meno di 14.000 euro) per la commemorazione delle
vittime di Jasenovac.
Red.
Giugno 2008
11
DIFESA ADRIATICA
Storia di una gloriosa società
la “Diadora” di Zara
Dal nostro
inviato nel tempo...
Comunemente si crede che la “Diadora” si sia trasformata, nel
tempo, da società di canottaggio in una grande azienda produttrice di articoli sportivi. In realtà la multinazionale veneta ha preso
questo nome grazie ad un suggerimento dato al fondatore e Presidente della società Danieli da un amico. L’antico sodalizio oggi
ha la sede presso il Lido di Venezia ed ha conquistato un titolo
europeo nel 1923 e una storica medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Parigi nel 1924.
Eccone una breve storia.
Nel 1898 venne fondata a Zara la Società Canottieri Diadora,
grazie alla passione per l’attività remiera di Desiderio Barich, Antonio de Hobert, Giovanni Paitoni, Oscar Randi, Antonio Smirich
a cui successivamente si aggiunsero Venceslao Stermich, Roberto
Rossini, Vittorio Verban.
Iniziarono con una «passera» a quattro remi con timoniere e
successivamente misero in mare una flottiglia di sandolini sui quali
si distinsero Ludovico de Shoenfeld e Casimiro Sorich. In quegli
anni la città e tutta la Dalmazia facevano parte dell’Impero
austroungarico e ciò impediva alla Diadora di poter partecipare
al “Reale Rowing Club Italiano”.
Dopo lunghe fatiche, Verban, Stermich e Rossini riuscirono a
sfuggire alla Federazione di canottaggio austriaca e finalmente, l’8
settembre 1907, presero parte alle regate internazionali di Trieste,
dove l’armo composto da Stenta, Zanella, Cattalinich e Luxardo
conquistò la prima vittoria per la Diadora. Da quel giorno fino al
Note dolorose...
Cinque anni dalla
scomparsa di Padre Rocchi
Nel quinto anniversario della scomparsa di
Padre Flaminio Rocchi O.F.M.
la Sede nazionale ANVGD con il Presidente Lucio Toth e l’Amministrazione, e la Direzione di “Difesa Adriatica” ne ricordano
con grande stima il pluridecennale e quotidiano impegno a favore dei profughi giuliano-dalmati.
Il cospicuo archivio della sua corrispondenza comprova la
Sua tenacia, la Sua umiltà e le Sue preziose capacità di relazione
con le amministrazioni pubbliche, qualità che hanno permssso
agli Esuli di poter beneficiare di un costante aiuto, durato oltre
quarant’anni.
• • •
Il 30 aprile 2008 a Sala Consilina (Salerno), dove si trovava per
un soggiorno, a 16 mesi di distanza dal suo adorato marito Angelo, è venuta a mancare la mia mamma,
Norma Molan ved. Mancini
Nata a Fiume il 2 giugno 1924. Dal 1948 risiedeva al Villaggio
Dalmazia di Novara.
Con dolore la figlia dedica questu pensieri alla cara mamma,
che piangerà per il resto dei suoi giorni.
«Mamma cara, sto guardando il tuo volto appena disteso nella morte, so che nonostante l’atrocità del male te ne sei andata
serena, io e te, mano nella mano, quelle mani benedette che per
noi hanno scavato pane sulle strade di una vita che non sempre è
stata facile. Eppure, con estremo coraggio,dignità e tanto amore,
hai saputo tenere in piedi una famiglia i cui valori sono fermi e
indiscutibili.Grazie, e grazie per ciò che siamo.
Sessant’anni fa, con due bambini piccolissimi, varcasti da sola
un confine mal tracciato dall’ignominia umana, infreddolita, stanca,
spogliata di ogni avere, come altri 350.000 tuoi connazionali,
scegliesti la tua italianità e con essa tutte le vie tortuose che ne
conseguirono. Sono le grandi donne come te che hanno dato alla
storia, che hanno fatto la storia
e di fronte alle quali la storia si
deve inchinare.Grazie mamma
anche per questo. I tuoi meravigliosi occhi color del cielo sono
chiusi per sempre, ma il tuo
sguardo vive dentro di noi, nei
nostri cuori che tu hai innondato
di amore fino all’ultimo, così che
il tuo ultimo respiro è stata una
carezza che ha avvolto noi tutti
in un tenero bozzolo profumato di primavera che ci terrà per
sempre uniti nel tuo ricordo.
l tuoi amati figli
Notizie liete...
DALMATI D.O.C.
GIOVANE DALMATA SI LAUREA
CON UNA TESI SULL’INTEGRAZIONE
MULTIETNICA
1940 gli armi della Diadora vinsero numerosissime regate, campionati d’Italia e d’Europa, riuscendo a conquistare la medaglia di
bronzo allaVIII Olimpiade di Parigi con un “otto” fuori scalmo. La
guerra purtroppo, oltre a mietere le vite di molti soci, portò alla
rovina della città di Zara costringendo la popolazione alla fuga e
all’esilio in Italia e all’estero.
Con loro se ne andò anche la Società Canottieri Diadora abbandonando Zara per sempre. Lo spirito del Sodalizio sopravvisse
agli eventi bellici e nel 1961 alla Canottieri Stamura riapparvero
sulle acque antistanti Ancona, in una manifestazione sportiva, le
maglie bianco/blù della Diadora. Fu il primo passo verso la ricostruzione fisica del Sodalizio che trovò sede al Lido di Venezia.
La sede, dapprima un insieme di baracche, più tardi in un
fabbricato in muratura, venne stabilita presso il Tiro a Volo al Lido
di Venezia. Grazie alla generosità delle Società consorelle cittadine si costituì il primo parco di imbarcazioni. Rinacquero così le
condizioni per riavviare quell’attività sportiva e formativa per i
giovani che portò nuovamente la Diadora sui campi di regata.
Como 2 settembre 1923
Si svolgeranno domani sul percorso storico, risalente al lontano 1896, di circa 2 chilometri e mezzo daVilla d’Este aVilla Olmo,
le finali del Campionato europeo di Canoa. Ore: 9’00: Campionato a quattro vogatori e timoniere. Partecipanti: Svizzera, Olanda, Ungheria, Francia, Italia, Belgio Spagna. Ore 10.00: Campionato di Skiff: Svizzera, Olanda, Cecoslovacchia, Italia, Belgio, Francia, Spagna. Ore 11.00: Campionato a due vogatori di punta e
timoniere. Svizzera, Italia, ( Scaturin e Tassan Della Querini di
Venezia ) Francia, Belgio, Olanda. Ore 12.00: Campionato Double
Scull: Svizzera, Olanda, Italia, (Dones e Salvini) Francia e Belgio.
Ore 14: Campionato a otto vogatori e timoniere: Italia (Diadora di
Zara), Svizzera, Cecoslovacchia, Francia, Belgio.
Campionati Europei di canottaggio:
«La Diadora di Zara vittoriosa
nel campionato ad otto vogatori»
Como, lunedì 3 settembre 1923
Si sono chiusi oggi, con un nuovo grande banchetto dato in
onore a tutti i partecipanti alle gare, i campionati europei di canottaggio. Si sono sentite cantare, nella festa organizzata al Hotel
Plinius, canti e canzoni care a ciascuna nazione fino a notte tarda.
In realtà. la festa ufficiale del remo, si era chiusa nel tardo pomeriggio a Villa d’Este con la consegna dei premi agli atleti. In questa
manifestazione continentale, gli svizzeri si sono aggiudicati quattro primi premi. Appare chiaramente necessario ai vogatori italiani migliorare la preparazione tecnica e fisica per poter ritornare ad
essere competitivi alle prossime Olimpiadi. Tuttavia l’Italia non
deve rammaricarsi del risultato ottenuto anche se non è conforme
alle aspettative. La vittoria conseguita dalla Diadora compensa in
parte la delusione e ci lascia ben sperare per l’ avvenire tanto più
che anche nella gara a due i nostri atleti hanno dimostrato di poter
tenere testa ai migliori di Europa.
Le Gare: campionato a otto vogatori e timoniere Classifica
Finale: 1.ITALIA Vogatori: Milles, Toniazzi, Cattalinich, S. Ivanow,
Crivelli, Cattalincich F., Glimbich, Serich, Timoniere: Galassi della
Diadora di Zara in 6.48. 2. Svizzera. in 6.48,5.3. Cecoslovacchia.
in 7.5 4 Francia in 7.17 5. Belgio in 7.29.
L’allineamento piuttosto faticoso, segnale buono. Il distacco è
simultaneo per tutti. L’Italia parte a 40 e vi insiste mentre la Svizzera cala presto a 36. A 500 metri l’Italia conduce con oltre mezza
lunghezza sulla Svizzera che è in linea con la Cecoslovacchia.
Seguono Francia e Belgio. A 750 metri, mentre la Diadora è sempre in testa, con quasi una lunghezza di vantaggio, la Svizzera
incomincia a staccare la Cecoslovacchia, che voga a larga cadenza e che precede di una lunghezza la Francia. Ultimo è il Belgio
staccato. Anche ai 1000 metri l’Italia passa in testa; la Svizzera
sembra ora colmare il distacco e fra i 1500 e i 1700 metri accelera
la sua andatura, avvicinandosi agli italiani che vogano a 34. La
Diadora se ne accorge, scatta e a sua volta, ma non riesce a mantenere la leggerezza e perde terreno. Solo la sua energia riesce a
salvarla dal pericoloso attacco svizzero, che per poco ci costa sul
palo una sconfitta.
Giorgio Di Giuseppe
È un fiorire di successi fra i giovani dalmati di terza generazione. La giovane dalmata Emilia Maburzio, figlia dello zaratino Armando Maburzio, esule da Zara nel 1948, ha brillantemente conseguito la laurea in Scienze dell’Educazione (Facoltà di Scienze
della Formazione) presso l’Università Roma Tre, discutendo una
tesi in “Laboratorio di Pedagogia interculturale” dal titolo Quando
in classe siamo tutti diversi. Integrazione e pari opportunità: percorsi e progetti in una scuola multiculturale.
La tesi rappresenta uno studio di particolare interesse del fenomeno dell’integrazione culturale e linguistica nella scuola primaria, focalizzato in particolare sulla realtà di una scuola elementare
di Roma caratterizzata da una forte multietnicità e dal problema
di una reale integrazione fa gli alunni, con la proposta di un concreto progetto di integrazione attraverso la realizzazione di un
laboratorio di lingue. Un percorso che nasce dalla presentazione
del concetto di diversità come vettore di una integrazione capace
di salvaguardare l’identità culturale e individuale di bambini di
differente etnia a partire dalla risoluzione del problema della lingua.
I temi della multietnicità, della convivenza con il “diverso”
(nella sua accezione di “straniero”) e dell’integrazione culturale e
linguistica a partire dall’infanzia caratterizzano fortemente l’odierno
contesto socio-culturale italiano, con particolare evidenza nelle
grandi città come Roma, e sono di grande attualità anche nelle
aree ex-italiane dellaVenezia Giulia e della Dalmazia dove, come
è noto, il problema dell’incontro-scontro tra l’originaria cultura
italiana e la cultura slava è ancora irrisolto. Sarebbe dunque
auspicabile promuovere lo studio di un progetto di fattiva integrazione negli asili tra bambini italiani – appartenenti alle comunità
dei cosiddetti “rimasti” – e bambini sloveni e croati. Un ambito
nel quale forse la giovane Emilia Maburzio potrebbe cimentarsi in
futuro offrendo con il suo studio un contributo scientifico di grande valore e utilità per la nostra comunità di esuli che, da sempre,
ha dovuto affrontare il problema della difficile integrazione culturale, non soltanto con gli slavi, ma anche con gli italiani “della
madrepatria”.
Emilia svolge la professione di insegnante di scuola primaria a
Roma e collabora a progetti di studio e ricerca sul tema dell’integrazione multietnica presso l’Università Roma Tre. Molto orgoglioso del risultato conseguito il padre Armando, da sempre appassionato sportivo in numerose discipline (marcia, calcio, nuoto-categoria Master), che pratica ancora oggi partecipando a numerose gare di livello nazionale ed internazionale. La famiglia
Maburzio è originaria dell’isola di Lagosta, lasciata negli anniTrenta
dal bisnonno di Emilia, Giuseppe, (nato a Pomiza nel 1887 da
genitori entrambi italiani, commercianti, provenienti da Bari, e
spentosi nel 1956 a Torino) insieme alla famiglia per trasferirsi a
Zara. Proprio a Zara, nel 1936/’37 fondò il primo e unico
conservificio di pesce della Zara italiana, esportando in tutta Italia
e anche nel resto del mondo le sue famose scatolette di sgombri
dalmati in olio d’oliva, ma che durante la Seconda guerra mondiale, a causa dei bombardamenti della città, andò irrimediabilmente distrutto. Unica testimonianza di quell’importante
passato per la famiglia Maburzio è il coperchio di una scatoletta
di sgombri ritrovata sul fondo del mare Adriatico da una nave
peschereccio. La famiglia Maburzio farà dono del prezioso reperto al Museo storico di Venezia, contribuendo ad arricchire la storia economico-commerciale della Zara italiana con la testimonianza di una attività imprenditoriale oggi scomparsa ma all’epoca assai fiorente.
Una storia familiare costellata di momenti importanti, quella a
cui appartiene la giovane Emilia Maburzio, alla quale tutta la comunità di esuli
giuliano-dalmati
rivolge i complimenti più vivi per
il risultato conseguito, con l’augurio di poter proseguire con successo sulla strada, già
brillantemente avviata, dell’insegnamento e della ricerca universitaria. La famiglia Maburzio nel giorno della laurea.
F. G.
Emilia, terza da sinistra, fra la sorella Emanuela
e i genitori Armando e Nicoletta
12
Questa rubrica riporta:
le elargizioni a “Difesa Adriatica” di importo superiore all’abbonamento ordinario;
- le elargizioni dirette alla Sede
nazionale ANVGD;
- eventuali elargizioni di altra natura;
- gli abbonamenti ordinari sottoscritti a “Difesa Adriatica”;
All’interno di ogni gruppo, i nominativi sono elencati in ordine
alfabetico. In rispetto della normativa sulla privacy non vengono citate le località di residenza degli
offerenti. Ringraziamo da queste
pagine tutti coloro che, con il loro
riconoscimento, ci inviano il segno
del loro apprezzamento e del loro
sostegno. Le offerte qui indicate
non comprendono le elargizioni
ricevute dai singoli Comitati provinciali dell’ ANVGD .
-
ABBONAMENTI
CON ELARGIZIONI
A “DIFESA ADRIATICA”
(ccp. 32888000)
Le elargizioni si concentrano
maggiormente tra fine e inizio
anno, in occasione del rinnovo
dell’abbonamento. L’elenco comprende gli abbonati sostenitori o
che hanno versato comunque una
quota maggiore dell’ordinario.
GENNAIO (per ritardo comunicazione da Poste Italiane) Borghesi Mario € 50, Faraguna Carlo
€ 50, Geissa Pierpaolo € 200,
Petrani Pauletich Paolo € 50, Russi Bruno € 35, Superina Pietro
€ 60.
ABBONAMENTI ORDINARI
A “DIFESA ADRIATICA”
(ccp. 32888000)
Il rinnovo degli abbonamenti si
concentra maggiormente tra fine e
inizio anno, quando i lettori ricevono insieme al giornale il bollettino postale precompilato. L’elenco comprende solo coloro che
hanno versato la quota ordinaria
di abbonamento.
GENNAIO (per ritardi di comunicazione da Poste Italiane )
Apollonio De Marzi Regina, Arneri
Silvio, Beaco Bruno, Bracco Fiorenza, Bravi Leonella, Bussi Thea,
Caneva Franco, Cherin Luciano,
Codiglia Ornella, Coslovich Armido, Dal Bosco Mario, Dellabernardina Vanna in Campatelli, Della Savia Gianluca, Del Linz Pietro,
Demori Andrea, Devescovi Giovanna, Fabroni Sandro, Fioravanti
Silva, Germek Vittoria, Giantomassi Mirella, Marangoni Falcioni Gemma, Marinzuli Giovanni, Matcovich Nadia, Monica Giuseppe, Naddi Caterina, Pakler Carlo.
GENNAIO (continua dal numero precedente) Perich Eligio,
Perini Fulvio, Perper Alcide, Persich Bruno, Persich Carlo, Persich
Flaviano, Pesto Laura, Petrani Antonio, Petricich Gallo Liliana,
Petrich Giuliana, Petris Rita,
Petronio Guido, Pettazzi Giuseppe, Pezzani Filippo, Pianezzola
Giancarlo, Piantanida Adelvia,
Pibernik Elena, Picciola Giampaolo, Picot Arturo, Pierucci
Giovanbattista, Piscopo Giovanni,
Pistan Schiavon Editta, Pitacco
Arrigo, Pitacco Riccardo, Pitamitz
Honoré, Piutti Graziano, Pizzini
Franco, Plank A.Maria, Pogliani
Marino, Polessi Alfredo, Politi Giuseppe, Polla Teresa, Polonio Luigi,
Poretti Tullio, Poretti Silvi Mercedes, Porro Renata, Postet Piero,
Pravi Quirino, Predonzani Favretto
M. Luisa, Primeri Iolanda, Prioglio
Giuseppe, Prodan Giovanni, Pugliese Aldo, Putigna Luciano,
Puzzer Patrizia, Quaglia fam.,
DIFESA ADRIATICA
Giugno 2008
ELARGIZIONI E ABBONAMENTI
Quarantotto Lucio, Quattrone
M.Ausilia, Raccamarich Giovanni,
Raccar Fiorella, Racchi Franco,
Racozzi Anna, Radmann Emerico,
Raffin Osvaldo, Ramatelli Alfredo,
Randi Renato, Randich AntonioAnita-Ubaldo, Ravini Nerio, Raze
Raldi Stellia, Re Alfio, Rech Margherita, Redovnicovich Graziella,
Resaz Clapci Carmen, Richard Vittoria, Rigo Romanita, Rigutto Plinio, Rinaldi Mariano, Riosa Alessandra, Rocchetti Piergiorgio,
Rocchi Santamaria Elda, Rocco
Edda, Rocco Sabina, Rock Laura,
Rolli Annamaria, Rolli Giovanni,
Roman Bruno, Romich Eugenio,
Rossi Aldo, Rossi Nidia, Rotta
Caterina, Rovatti Fulvio, Rubessa
Luciano, Rubini M.Teresa, Rubinich Marino, Rude Mario, Rusich
Piera, Sabatti Albina, Sabatti
Matilde, Sablich Antonio, Sablich
Guido, Sabotha Bernardo, Sabotha
Eleonora, Sacchetti Maria, Sacchi
Calbiani Fiorella, Salghetti Drioli
Giovanni, Salvagno in Mutascio
Iolanda, Sambo Licia, Sandrini
Annamaria, Sanza Guido, Sartori
Giuseppina, Sartori Graziano,
Sascor Stelio, Saule Fiore, Saule
Fiorella, Sbrizzai M.Grazia, Sbrizzai Giorio Gemma, Scalambra
Rita, Scappin Tarcisio, Scantamburlo Libera, Scatton Manlio,
Schiffini Daria, Schmeiser Euro,
Scomazzetto Luciano, Scomersich
Giordano, Scotto Lachianca Giuliana, Scrobogna Adriana e Diego,
Segnan Giancarlo, Seguini Glauco, Selem Alessandro, Semic
Emma, Senigagliesi Michela,
Sepich Angelina, Sepich Ervino,
Sepich Mirella, Sequenzia M.
Renata, Serantoni Iolanda, Sergi
Ernesto, Sergi Sonia, Serrai Mario,
Serrentino Pietro, Servi Sergio,
Sevieri Enzo, Signori Ottavio, Silvi
Antonia, Silz Lia Nella, Simetti
Giorgio, Simicich Giuseppe, Simone Dionisio, Simone Maria, Simonetti Anita, Sindici Fiorella, Sirotich Bruno, Skert Alfrida, Skull Giuseppe, Slaviero Delio, Smareglia
Corinna, Smillovich Alessandra,
Smilovich Nerina, Solari Attilio,
Sorgarello Maria, Sossa Claudio,
Sotte Silvano, Spada Eneo, Spada
Mario, Spada Paolo, Spinelli Fortuna Livia, Sponza Lidia, Sponza
Menegotti Eufemia, Stancich Gigliola, Steffè Alda, Stemberger Flora, Stergar Silvana, Stilli Livia Licia,
Stipanovich Campana Maria,
Stipcevich Sergio, Stocchi Sergio,
Stocco Luciana, Stoppari Francesco, Strolego Fabio, Suffi Guido,
Superina Mario, Superina Olinda,
Suttora Peinkhofer Biancamaria,
Svorinich Anna, Svorinich Loretta,
Szolil Guglielmo, Tagini Amalia,
Tamaro Franco, Tamino Gianni,
Terdis Armida, Tesi Mario, Tessarolo Aurelio, Thoman Brunetta,
Timeus Brodar Mirella, Toffetti
Dolores, Toffetti Graziella, Tolja
Mario Bianco, Tomada Giovanni,
Tomasello Angelo, Tomasini Giacomina, Tomassoni Poggiolini
Miriam, Tomsic Ala, Tomsic Vittorio, Tonelli Marinella, Tornari Tito,
Torre Salvatore, Tosolin Fabio,
Travas Bruna, Treleani Carmen,
Trenti Ferrarese Marina, Treveri
Laura, Trigari Nicolò, Troiani Cicogna Ervina, Trusgnach Maria,
Tulliach Anna, Turrisi Francesca,
Uccello Enrico, Udovicich Iginio,
Ujcic Fioritto Lidia, Ulianich Giuseppe, Urbani Garbin Egeria,
Urbini Vanna, Usmiani Chiari Maria, Valdemarin Maria, Valente Santo, Valerio Mario, Vallery Tullio,
Valvassori Giuseppe, Vanelli Emilia, Varglien Maria, Vatta Alida,
Veceralo Massari Maria, Vecerina
Fernando, Vecerina Ruggero,
Velenich Italo, Velenich Vittorio,
Velicogna Alfredo, Venezia Adelia,
Ventin Luigi, Veronese Brunello,
Veronesi Stefani Donatella, Verzini
M. Lauretana, Vescovi Lina, Vesnaver Marcello, Vezzali Maria, Viale Ugo Nevio, Vidali Giovanni,
Vidoli Ratti Paola, Vidossi Aligi,
Vidotto Maria, Vidulich Gianni,
Vincenzi Xenia, Virdis Franzi Silvia, Viscovi Ferruccio, Viscovi Francesco, Vitelli Tafani Iolanda, Viti
Sergio, Viviani Fiorina ved. Pavesi,
Vollman Edoardo, Vosilla Silvano,
Vlacancich Florio, Vukich Ruza,
Zago Italo, Zambiasi Gino, Zanelli
Aldo, Zanini Marcella, Zelco Giuliana Oregna, Zelko Aldo, Zelko
Olga, Zencovich Margherita, Zett
Antonio, Zizzi M.Pia, Zorco Maria, Zori Marino, Zorich Antonietta,
Zubin Arcida, Zucchi Flaminio,
Zuccoli Albina, Zurk Rodolfo.
FEBBRAIO Amorino Armenio,
Andretti Giovanni, Andrioni Marina, Anelich Lina, A NVGD Comitato
Venezia, Balde Luciano, Ballarin
Maria, Baratto Mirella, Basezzi
Nevio, Bertini Fulvia, Bertossa Bruno, Bianco Ingrid, Blasetti Aris,
Bogdanich Battista, Boniciolli
Antonietta, Borme Sergio, Bronzini
Silvana, Brussi Luciana, Budinis
Livio, Bulli Armanda, Busetto Marina, Caffarelli Francesco, Camponi Gelmi, Candelori Marina,
Capriz Anna Rosa, Capudi Annuto,
Casagrande Mara, Castelli Lauretta, Cech Emilia, Cociancich Ernesto, Coglievina Marino, Colombo
Silvano, Colonnello Giovanni,
Corazza Antonia, Corazza Robinia, Coslovich Primo, Covacev
Aldo, Cozza Antonia, Dalla Chiara Clara, Damiani Nevia ved.
Caravaggio, Dapas Nirvana, Dapretto Leonella, Decarli Pino,
Degrassi Marini Evelina, Della
Gaspera Cesare, De Draganich
Venanzio Giuseppe, De Mariassevich M.Cristina, Depicolzuane
Carmelo, Derossi Loreana, Dessanti Mario, De Stefano Annamaria, de Tonetti Furlan Lucia,
Detoni Fulvia, Diamadi Vittoria, Di
Maggio Giuseppe, Diviacchi Marcella, Domestico Rosathea, Dominico Lucio, Duiella Aldo, Duiella Guido, Dussizza Giovanna,
Ebert Elio, Fabris Silvia, Fameia
Gallesanesa, Farosich Buscarato
Giuliana, Fedel Ernesto, Fogar Sergio, Fornasaro Antonio, Fortunato
Luigi, Fossa Sergio, Franchi Franco, Francillo Viviana, Franzin
Domenico, Fratantaro Alberto,
Gardossi Bianca Frigerio, Gatti Gabriella, Geletti Flavia, Giachin
Anita, Giadrossich Gianni, Gianotti Marisa, Giassi Adriana,
Giorgini Anna, Giovannini Carlo,
Gissi Gianna, Gobis Livia, Gori
Cesare, Grassi Mario, Gripari Angela, Grisan Franco, Grossi Scacchi Maria, Guglielmi Corrado,
Guerra Jolanda, Jankovits Marisa,
Kucich Mario, Labignan Bruno,
Ladillo Giorgio, Laszloczky Giuliana, Leonardelli Ida, Lizzul Matilde,
Lombardi Ottorino, Lorini Rita e
Giorgio, Lucich Antonietta, Maino
Mario, Maisani Antonella, Maisani
Cristina, Mamolo Maria, Maniglio
Klemen Tullio, Manzini Bruna,
Marcon Ivana ved. Mioni, Marconi
Giovanni, Marinzulich Colearo
Clara, Martinelli Dante, Marussich
Bruno, Marussich Jemon Lidia,
Maurini Norma, Medizza Claudio,
Melli Maria in Corva, Merni Ada,
Michelini Evelina, Mihich Enrico,
Milinovich Nevio, Minach Ferruccio, Minguzzi Anna, Montanari
Claudio, Mori Anita, Moscheni
Claudio, Mottica Corinna, Nardone Borghi Licia, Neri Claudio,
Niccoli Giovanni, Notaris Cappellani Graziella, Oberti di Valnera
Roberto, Oliosi Pin Bruna, Orlich
Laura, Ossoinck Anna, Ostrogovich Flavia, Pamich Irma, Papo
Luigi, Parmeggiani Maria, Pasquali Sergio, Pauluzzi Ego, Perovich
Tullio, Perruccio Gianfranco,
Peteani Luigi, Petranich A.Maria,
Pezzoli Paolo, Piasentier Evelino,
Piccini Vieri, Pintar Nada, Pistan
Nerina, Poli Martino, Poretti Michele, Poso Armanda, Premuda
Leila, Qualich Stella, Radovich
Antonio, Rauni Andrea, Ridoni
Relda, Rinaldo Alda, Ritschl Giuseppe, Roma Bruno, Rosiglioni
Ennio, Rossovich Giovanni, Rotta
Rinaldo, Rovina Fausto, Rudan
Doris, Runco Livio, Salvador Paolo, Salvadore Antonia, Sandorfi
Francesco, Sangallo Nello, Sani
Nevia, Sarti Giuseppe, Scategni
Francesco, Schiulaz Ezio, Senizza
Edvige, Sepich Aurelia, Serrentino
Cecconi Melina, Sidrovich Emma,
Signori Matteo, Simoneschi Pietro,
Smoiver Dolencz Anna, Soltich
Diana Curletto, Souczek Ambretta,
Spizzamiglio Dario, Stagni Graziano, Sterle Mario, Stroligo Adelina,
Tarabocchia Mirella, Tardo La Vecchia Santa, Tessaris Ida, Turchetto
Lavinia, Turcich Sergio, Uratoriu
Edoardo, Valli Morpurgo Graziella,
Veggian Giorgio, Venier Carmen,
Vernier Luisa, Verona Ilse ved.
Crast, Vianelli Lizzi Nerina, Vodopia Ettore, Vosilla Angela Nacinovich, Zanella Silvio, Zetto Ettore, Zetto Gregori Nerina, Zovato
Romano, Zuccheri Argeo, Zuklich
Zorovich Livia, Zustovi Onorato,
Zustovich Mariuccia, Zvietich Violetta.
Istria, Momiano nella foschia della mattina
Piemonte d’Istria, sessant’anni dopo l’esodo
Cittanova d’Istria, il mare dietro la porta antica
Giugno 2008
Il Piccolo
13 aprile 2008
Croazia: 12.000 immobili
comprati da stranieri
Da parte italiana l’interesse per l’acquisto di proprietà immobiliari in
Croazia è tuttora molto «tiepido» e
probabilmente tanto al di sotto di
quanto fosse nelle ipotesi. Lo si apprende da dati ufficiali. Per la prima volta
sono state infatti pubblicate le cifre
esaustive concernenti gli acquisti immobiliari da parte di cittadini stranieri
nell’arco degli ultimi 17 anni. Si tratta
di una specie di «inventario» delle
acquisizioni straniere, avvenute soprattutto lungo la fascia litoranea nel periodo che va dai primi mesi del 1991 al
18 marzo scorso. I dati sono stati forniti dal ministero della Giustizia (competente anche per l’amministrazione
pubblica e del quale è indispensabile
il nullaosta per l’acquisto) e riguardano tanto le persone fisiche che quelle
giuridiche straniere.
Stando alle evidenze del predetto
dicastero e ai nullaosta da esso rilasciati, in 17 anni cittadini o ditte straniere (senza proprie affiliate o succursali in Croazia) hanno potuto acquistare complessivamente 11.825 proprietà regolarmente iscritte nelle evidenze catastali e nei libri tavolari: case
e terreni in primo luogo, ma anche vani
d’affari o locali da adibire a varie attività commerciali o di rappresentanza.
La cifra in questione non include le
persone giuridiche straniere che hanno effettuato acquisti immobiliari attraverso proprie imprese o aziende registrate regolarmente in Croazia. [...]
Le richieste respinte – soprattutto perché provenienti da paesi con i quali
non sussistono accordi di reciprocità
in materia – sono state 1.897, mentre
in poco più di un migliaio di casi c’è
stata un’archiviazione delle pratiche
per vari motivi.
Quanto alla nazionalità delle persone fisiche o giuridiche straniere che
hanno acquisito delle proprietà in
Croazia nel periodo preso in esame
(nel 90 per cento dei casi lungo la fascia costiera), la Germania è di gran
lunga «über alles», ossia nettamente
al primo posto (con 4.763 fra case, terreni o locali). Al secondo e terzo posto, ma nettamente staccate, troviamo
Austria (2.049) e Slovenia (1.821). Solo
la sesta piazza invece per l’Italia, preceduta in questa speciale graduatoria
da Ungheria e – sorpresa – anche dalla Gran Bretagna. In tutto 1.220 i beni
che risultano acquistati da cittadini
magiari, mentre quelli targati Gran
Bretagna sono poco meno di un migliaio. Abbastanza staccati anche dai
«sudditi di Sua Maestà» gli italiani, con
appena 657 proprietà debitamente
registrate (ma c’è il sospetto che in realtà ve ne siano di più, attribuite a prestanome, escamotage al quale ricorrono spesso e volentieri anche sloveni
e magiari). Nell’elenco, che comprende in tutto 28 nominativi, figurano poi
anche cittadini irlandesi (che prediligono le vecchie case rurali anche nell’immediato entroterra costiero), olan-
13
DIFESA ADRIATICA
RASSEGNA
desi, francesi, svedesi e via via gli altri.
In genere, quasi l’85 per cento delle
proprietà acquistate da stranieri in
Croazia riguarda cittadini dell’Unione Europea. Curiosa, infine, la presenza nell’elenco – come titolari di una
proprietà a testa – anche di cittadini
bulgari, maltesi e ciprioti.
Ansa
3 maggio 2008
Morto Ugo Amodeo,
storico regista di Radio Trieste
È morto la scorsa notte a Trieste,
all’età di 86 anni, Ugo Amodeo, uomo
di teatro e regista storico di Radio Trieste. Noto in particolare per la regia
della trasmissione radiofonica di successo “El Campanon”, scritta dal duo
Carpinteri e Faraguna (quelli delle
Maldobrie), che per decenni ha rappresentato il punto di riferimento della tradizione dialettale triestina,
Amodeo è stato uno dei fondatori di
Radio Trieste, la prima stazione radio
nata nel capoluogo giuliano il 28 ottobre 1931.
Successivamente è stato anche regista per la Rai nazionale, in particolare come curatore di programmi dedicati ai più giovani. Tra le sue esperienze più recenti, va ricordato il suo
impegno con l’Associazione Amici del
Dialetto e con la compagnia teatrale
l’Armonia, oltre alle lezioni di teatro
che continuava a tenere all’Università
della Terza Età.
Il Piccolo
4 maggio 2008
Draguccio: nuova campana
donata da Venezia
A Draguccio, villaggio nel comune centroistriano di Cerreto, si è svolta
ieri la benedizione della nuova campana che andrà a sostituire quella vecchia incrinata da una crepa, collocata
sul campanile nel 1852. La benedizione è stata impartita dal Vescovo
della Diocesi di Parenzo Pola, monsignor Ivan Milovan. Alla breve cerimonia hanno parlato il vicepresidente
italiano della regione Sergio Bernich e
il sindaco di Cerreto Mirko Opasic. La
campana di 640 chilogrammi è stata
realizzata nella fonderia «De Poli» vicino a Venezia. Il suo costo è di 12.000
euro, stanziati dalla Regione Veneto
con i mezzi previsti dalla Legge sul
recupero del patrimonio culturale lasciato in queste terre dalla Serenissima. La benedizione della campana,
che ben presto verrà issata sul campanile, era abbinata alla messa concelebrata per la prima comunione,
officiata dal vescovo. Il promotore dell’iniziativa Teobaldo Giovanni Rossi si
è detto convinto che la collaborazione con il Veneto avrà un seguito in
quanto sono in attesa di restauro l’organo della Chiesa parrocchiale di Santa Croce e la fontana della piazza.
Portole
(Istria),
un campiello
dopo l’arco
Messaggero Veneto
4 maggio 2008
Omertà e silenzio
resistono ancora
«Chiediamo soltanto un gesto di
buona volontà. Chiediamo poco, pochissimo, anche perché meno di così,
meno di niente, non è possibile».
Questo il concetto espresso ieri dalla
presidente del comitato dei familiari
dei deportati nell’ex Jugoslavia, Clara
Morassi Stanta, durante la cerimonia
svoltasi nel Parco della rimembranza
dinanzi al Lapidario con la deposizione delle corone di fiori e che ha costituito il momento più intenso delle iniziative per la commemorazione delle
vittime delle foibe a 63 anni di distanza dall’inizio dell’occupazione di
Gorizia da parte delle milizie titine che
nel maggio del 1945 segnò l’inizio
della tragedia delle deportazioni. Un
appello, accorato e mosso dalla volontà di non cedere neanche a fronte
dell’inesorabile passare del tempo, un
appello, ancora una volta, spinto da
quel dolore vissuto con dignità e fierezza, per continuare ancora a chiedere risposte che da più di sessant’anni vengono negate. «Siamo qui, come
ogni 3 maggio, per non dimenticare
tutte le migliaia di persone che furono
deportate in quei giorni, che scomparirono durante l’occupazione delle
milizie di Tito per poi andare incontro
alla morte, inghiottiti nelle foibe, fucilati o spirati per gli stenti nei lager – ha
detto Clara Morassi –. Speravamo che
con l’entrata della Slovenia nell’Unione Europea sarebbe cambiato qualcosa, che avremmo potuto sapere dove
quelle persone morirono affinché i familiari possano portare almeno una
volta una piccola croce o un fiore in
quel luogo. Invece l’omertà, il silenzio sulla nostra tragedia resistono ancora e con il passare del tempo per
noi il dolore si fa più forte».
Durante la cerimonia ha preso la
parola anche il prefetto Roberto De
Lorenzo: «Di fronte alla tragedia dei
Draguccio in una immagine dei primi del Novecento e ai giorni nostri
deportati goriziani – ha sottolineato –
non si può restare inerti. Conoscere
finalmente la verità sulla loro sorte è
un diritto e tutte le istituzioni devono
dare il proprio contributo per arrivare
a trovare quella verità». A tale proposito il prefetto si è richiamato alla recente visita di Napolitano a Gorizia:
«Il presidente – ha affermato De Lorenzo – ha fatto proprio questo problema». Oltre a Romoli e De Lorenzo, sono stati numerosi, ieri, i rappresentanti istituzionali che sono voluti
essere presenti alla cerimonia, dal comandante provinciale dei carabinieri
Stefano D’Ambrosio all’esponente
della giunta provinciale Maurizio Di
Matteo.
Il Piccolo
4 maggio 2008
«Mi è venuto un dubbio:
Portole esiste?»
Mi ricollego alla segnalazione del
signor Vascotto sul problema internetpaesi istriani. Lui è più fortunato di me
almeno è stato appurato che Isola
d’Istria esiste, non si sa in che provincia si trovi essendo Pola segnata a volte PL o PO - PU o Pola. Io sono nata a
Portole d’Istria, riportato sui miei vari
documenti Portole (PL), Portole d’Istria
o semplicemente Portole. Nei giorni
scorsi dovevo aprire un c/c di comodo, per successione, presso un operatore finanziario di una nota società di
Trieste. Tutto bene, però il computer
dice alla brava operatrice, che Portole
non risulta e richiede, per proseguire,
la sigla della Provincia, non accettando però nessuna di quelle sopra citate. E allora l’operatrice mi propone di
provare con: Slovenia, no, Portole è
nell’attuale Croazia, non se ne parla,
sempre perché il computer non accetta, allora si prova Italia (io sono nata
sotto l’Italia), ex Jugoslavia, niente da
fare. A questo punto mi sorge il dubbio se sono veramente nata a Portole,
attualmente inesistente. Allora, andiamo su Google e appare una descri-
zione di Portole (Oprtalj) bi-lingue con
una bellissima foto del ridente paese
dell’Istria interna arroccato sulla collina. Sospiro di sollievo! Portole esiste!
A questo punto siamo passati al dossier
cartaceo per l’apertura del c/c. Tutto
bene. Ma quanta fatica! Questo è
quanto. Deducete voi le conclusioni.
Claudia Gardelli Barin
La Voce del Popolo
5 maggio 2008
Smareglia
commemorato a Pola
Come da tradizione, anche quest’anno è stato reso omaggio ad Antonio Smareglia. La celebrazione del
154.esimo anniversario dalla sua nascita si è svolta dinanzi alla sua casa
natia in Piazza Foro, al cui interno c’è
la sala museo del Maestro. Per l’occasione, si è tenuto un concerto del coro
della SAC “Lino Mariani”, che accompagnato dall’Orchestra a fiati cittadina ha attirato in Piazza Foro numerose persone. Il coro e l’orchestra hanno
eseguito assieme, per la prima volta,
l’“Inno a Tartini”, composto da
Smareglia in onore del grande compositore. Presente alla cerimonia, la
nipote di Antonio Smareglia, Adua
Rigotti Smareglia, si è detta onorata e
contenta del fatto che Pola si ricordi di
suo nonno organizzando questo tipo
di manifestazioni. Inoltre, la nipote del
celebre musicista ha espresso la propria soddisfazione nell’ascoltare “Inno
a Tartini”eseguito congiuntamente dal
coro della “Mariani” e dai Fiati. Ai presenti si è rivolto pure il presidente della Comunità degli Italiani di Pola nonché vice sindaco, Fabrizio Radin, il
quale ha raccontato in poche parole
la vita di Smareglia. Al termine del
concerto è seguita la proiezione della
prima parte del documentario «La forza del destino»di Ines Pletikos che racconta la vita del grande compositore
polesano.
La Voce del Popolo
5 maggio 2008
Gli esuli dignanesi
in raduno a Dignano
Grazie al lungo ponte festivo, quest’anno il Raduno dei Dignanesi che
tradizionalmente si svolge a Peschiera
del Garda nell’organizzazione della
“Famiglia Dignanese”, si è svolto in
casa, nella natia Dignano, grazie all’impegno congiunto dell’organizzazione che raggruppa gli esuli e la locale Comunità degli Italiani. Due giornate spese tra le vie di casa. Il primo
giorno di permanenza, una visita guidata alle chiese campestri, con soste
nelle casite e a godere del panorama
che da Barbariga si apre alle Brioni ma
gustando anche i resti romani venuti
alla luce a Dragonera e poi per le
contrade della località. In serata lo spettacolo a Palazzo Bradamante: nell’occasione la CI ha fatto salire sul palco il
coretto “Pizzichino” ed il gruppo folk
dell’elementare, il coro della CI e i
recitatori per un assaggio del dialetto
istroromanzo. Tutte le età, si potrebbe
dire, a conforto dell’impegno della
Comunità degli Italiani di mantenere
viva la parlata e le tradizioni tramandandole ai più giovani rendendoli così
anello di transizione con quelli che
verranno, a garanzia, proprio, della
continuità. La serata è proseguita con
rinfresco e canti e balli. [...] Particolarmente toccante e sentito l’omaggio ai
Defunti, nel cimitero dietro la chiesa
di San Biagio. Ancora una volta il coro
diretto da Orietta Sverko ha toccato il
cuore di tutti. [...] In serata, ha chiuso
il Raduno, il concerto di Tatiana Sverko
Fioranti e Giulia Fonzari (pianoforte e
clarinetto), Elisa Rumici (giovanissima
e bravissima al pianoforte) e poi Elisa
con Luigi Donorà in un Concertino
dello stesso Donorà: un mosaico di
musiche con comune denominatore
Dignano. [...]
14
DIFESA ADRIATICA
The “Difesa Adriatica” for its readers abroad
To give our readers abroad easier access to our monthly newspaper, the
ANVGD central office has decided to cancel all shipping costs.
This means that, from now on, our subscribers in Europe, Oceania, the
Americas and Africa will not need to send any sum of money whatsoever for
their subscriptions. The same policy will apply for any new subscribers abroad.
We invite all our readers to let us know of any prospective subscribers,
especially in light of the fact that every issue has a section of articles translated in
Spanish and English.
Articles in English and Spanish on our Website
While on the subject, our readers should know that the English- and Spanishlanguage articles found in the “Difesa” can also be found on our website, with
easy access: just click on the proper section in the right-hand column.
The last three months’ articles can be found online, along with the usual
three months’ archive of all “Difesa” articles.They all deal with subjects pertinent
to the history and life of our people in exile. Whenever possible, we ask you to
spread the word amongst our communities in South America, the U.S., Canada
and Australia.
F.R.
Capodistria (Istria),
a detail of the Loggia of the
Palazzo Pretorio, a splendid
turreted building dating from
the twelfth century.
On its façade there are coats
of arms, busts, inscriptions,
Venetian lions and a Roman
statue of Cibele, symbolizing
Justice. In Venetian-gothic
style, it was built in 1643
by Nicolò da Pirano
and Tomaso da Venezia,
and restored in 1698
A view of Toronto, where there is a sizeable community of Giuliani
and Dalmati. The English-language articles published in our monthly
newspaper, can also be found on our website, www.anvgd.it
Thoughts on April 25th, which in Italy
celebrates the end of the Fascist regime.
A comment by Paolo Barbi
The “liberation” of Trieste
This year the 25th of April was, yet
again, an occasion for polemics and
speculation on the tragic events
surrounding Trieste and VeneziaGiulia. Certain left-leaning people
showed their indignation at the cold
way that the Giuliani and Dalmati
commemorated the day of memory of
our liberation from Nazi Fascism.
Others, rightists, rushed to give
importance to the Day of Remembrance of the foibe victims, almost as
a justification of their cold attitude
during the celebrations. Both positions
are historically, morally, and politically
deplorable and wrong. But there is no
doubt that the overstated polemics of
the former provide fuel and pretext for
the speculations of the latter.
Why should people be indignant
(and accuse of fascism) for the attitude
of a city that, in the final days of April
1945, while it witnessed its liberation
from the Fascist regime and the
German occupation, – thanks to the
CLN (“National Liberation Committee”)
which had made its base at the main
Government offices – but immediately
after these events, on the first of May, it
witnessed the Slavic military occupation and the setting up of a regime –
that of Tito’s communists – which was
even more totalitarian and freedomkilling?
How can we not remember that
the new tyrant began right away with
arrests, killing, or sending into exile the
leaders and militants of the local
section of the CNR? (It was at this time
that I became Neapolitan and immediately began to explain these events
in the pages of the “Domani d’Italia”
newspaper, the official organ of the
Italians before and after Tito
In Sergio Tazzer’s latest book
Professional journalist, ex-director
of theVeneto branch of Italian national
television, and head of the “Est Ovest”
(“East West”) national radio program,
Sergio Tazzer is one of the leading
experts onVenezia-Giulia issues of the
last century, given the coverage his
program has always given and continues to give on the subject. With his
own style of journalistic integrity and
objectivity, Tazzer has written a book
whose second title is “The defense of
the Italian identity in Istria, Fiume and
Dalmatia”. Starting from the traumatic
events of the Yugoslav occupation and
subsequent exodus of the Italian
population, he reconstructs the
complex and often painful post-war
period of those Italians who were left
as a minority in those ceded territories,
tightly controlled by Tito’s regime, and
subject to constant ideological pressures and denationalization.
The book begins with the excesses
of the foibe, the Allied bombings of
Zara and the exodus, passing to the
second post-war period and the
“counter-exodus” of the groups from
Monfalcone who dreamed of a
socialist society and whose dreams,
and lives, came to an end in Tito’s Goli
Otok prison camp. It continues on to
the delicate reconstruction of an associative fabric that, while still under the
iron-handed regime of Belgrade,
allowed the Italian community to be
recognized as such, albeit hardly
tolerated.
In well-laid out chapters, Tazzer
brings the reader back to the climate
of the 1960s and 1970s and through
to the fall of the Berlin Wall in 1989
Giugno 2008
Christian Democrat party).
People must understand that we
can begin to speak of liberation in Trieste – liberation from dictatorship and
the subsequent establishment of
democracy – only if we start from after
those 40 days, when, on June 10th,Tito’s
troops were made to leave the city, and
we can consider Trieste’s liberation to
have reached completion only nine
years later when, in November of
1954, the Anglo-American military
administration came to an end. And
in Istria, Fiume and Dalmatia, the few
remaining Italians, along with the new
Slavic migrants to the area, were able
to experience the first breath of
democracy only after the fall of
Communism and the break-up of
Yugoslavia.
Not to understand all of this, and
Trieste, Piazza dell’Unità in the days following October 26th, 1954,
the date that marks the return of the Julian city to Italy after a long
and tormented post-war period. Contested by Tito’s Yugoslavia,
which occupied it for 40 terrible days, then placed under the
administration of the Anglo-American Allies, the city turned out onto
the squares and docks to welcome the Italian ships and troops
centage of the local population
declares itself to be Italian.
Following is an excerpt, taken from
the chapter “Italians on the Margins”.
p.c.h.
Sergio Tazzer,
“Tito and the Italians
who Remained”
Goriziana Publishing House,
Gorizia, 2008
230 pages, 20.00 euros
In the second post-war period, in Yugoslavia, there was a
personality cult surrounding Tito and the Communist Party
nomenclature. Under his regime, the Italian community remaining
in the territories of Istria, the Quarnar and Dalmatia ceded to the
Federal Republic were kept under tight political and social control,
and not allowed freedom of expression. Today, even after decades
of conditioning and repression, it makes up, with its cultural
institutions, a valid antidote for the nationalistic tendencies
of many Croatian and Slovenian spheres of influence
and the break-up ofYugoslavia, which
then led to the rekindling of Balkan
ethnic hatred and the wars of the
1990s. Throughout all this political
upheaval and the establishment of
Slovenia and Croatia as independent
states, in which nationalistic intolerances have yet to be removed, the
Italian community finds itself in the
position of challenging the future, in a
situation of European integration that
is the only way for it to ensure its
survival.
Tazzer’s study ends at 1991, the
year of Croatian and Slovenian
independence. (A basic timeline in the
appendix takes the reader through to
1998). Noteworthy is census information from 1991, showing that a
considerable and surprising per-
not to understand the conditions,
human and psychological even before
political, of the Giuliano-Dalmati in
those terrible years, brings people to
criticisms of an unacceptable nature.
But it also allows an opportunity and
fuel for those who are the heirs of
fascism to speculate unjustly on the
drama that the people of Trieste and
Venezia-Giulia lived through, to the
point of comparing their “memory” as
victims of the fascist war with the
memory of the liberation of all Italians
– and placing, before all others, the
liberation of these “victims” – from
tyranny, even though they were the
ones who had wanted the war in the
first place.
The two differing “memories” are
not alternatives, and should not be
contrasted because both are the
expression of the knowledge of the
existence of evil rooted in totalitarian
regimes. Knowledge that is the fruit of
dramatic experiences, and which must
be transmitted to future generations.
Paolo Barbi
Honorary National President
of the ANVGD
Almost immediately, Yugoslav
nationalism began to show its worst
side, with a whole series of violent
excesses, both spontaneous and,
above all, organized, to the detriment
of everything that appeared to be
Italian, from the institutions to the
language used in road signs, from seen
bilingualism to spoken bilingualism.
Fitzroy Maclean, a British founder
of the SAS who parachuted onto the
island of Curzola in 1943, with the job
of acting as the official go-between
with Tito’s men, told that he was taken
to Tito’s headquarters on the island, an
“ancient Venetian palazzo” He observed right away that, in the entry hall,
the” lion of Saint Mark, symbol of
Venice, had been decapitated, work
of an over-zealous partisan, who had
wanted to celebrate the overthrowing
of Mussolini by destroying the symbol
of a much-older Italian dominating
force.”
Many, too many, were the changes,
in substance and in form, which were
wrought by the Croatian and Slovenian
authorities in their efforts to annihilate
any still-visible Italian presence in Istria,
Fiume and Dalmatia. Names of cities,
burghs, streets and businesses, even
people’s names, were rendered Slavic.
The majority of names ending in “ch”,
considered Italian, were transcribed in
official registers and on documents
with only an accented Slavic “c”,
without the consent of the person
involved. (Tazzer cites the historian
Guido Rumici).
An example: a man named Felice
Giugno received his new identity card,
and discovered that his name was now
Srecko Lipanj, a Croatian translation
of his first and last names.
And in Albona, the street named
after Giuseppe Verdi was changed
overnight to Ulica Jospi Zeleni, also a
direct translation.
Besides blatant bad treatment,
these and countless other examples
showed ignorance and disrespect.
Anything Italian that could be
cancelled, deleted, covered, eliminated, was. There was even a movement to stop the publication of the
Italian-language newspaper, “La Voce
del Popolo”, which had its offices in
Fiume and had been established by
the Popular Citizens’ Committee for
Liberation.
Without problems, in Pola the “Il
Nostro Giornale” newspaper was
closed down.
With the excuse that few Italians
were now left, cultural circles and
clubs were closed. From Zara to Lussino, from Cherso to Pisano, from
Umago to Abbazia, from Montana to
Fasana, Fianona, Laurana and the
mining center of Arsia.
Those few cultural circles left
running experienced a total change of
leadership. It was no laughing matter:
being Italian had already become
desperately hard.
Sergio Tazzer
(traduzioni di Lorie Ballarin)
Giugno 2008
15
DIFESA ADRIATICA
“Difesa Adriatica” para sus lectores en el extranjero
Para acercarnos a las exigencias de los Lectores de nuestro mensual “Difesa
Adriatica” residentes fuera de Italia, la Sede nacional ANVGD ha decidido hacer
completamente gratuito el envío del periódico a los abonados en el extranjero.
Por tanto los Lectores que ya reciben “Difesa Adriatica” en
Europa, Oceanía, América y África no tendrán que enviar más alguna cantidad
para el abonamiento. La misma facilidad valdrá para todos los nuevos Lectores
en el extranjero que proporcionarán de ahora en adelante nombres y direcciones
para el envío de nuestro periódico.
La invitación para todos es la de indicarnos estos nuevos nominativos, para
proporcionar gratuitamente este servicio, también considerando el hecho de
que en cada número aparecen artículos y ampliaciones traducidos en inglés y
en español.
Sobre la fecha del 25 de abril, en la que en Italia
se celebra el fin del régimen fascista, un comentario de Paolo Barbi
La «liberación» en Trieste
El 25 de abril también este año
ha sido ocasión de polémicas y
especulaciones sobre el trágico
evento de Trieste y de Venecia
Giulia. Algunos, en la izquierda,
se han indignado por la frialdad
de los giuliano-dalmatas en el día
del recuerdo de la liberación del
nazi-fascismo. Otros, de la derecha, se han dado prisa en contraponer el Día del Recuerdo de
las foibe y del éxodo, casi como
justificación de su frialdad (o incluso la ostentada ausencia) en la
celebración de la liberación.
Posiciones históricamente, moralmente y políticamente erróneas y
deplorables ambas. Pero no hay
duda de que la polémica insensata de los primeros provee materia
y pretexto para la especulación
innoble de los segundos.
¿Por qué indignarse (y tachar de
fascismo) por el comportamiento
de una ciudad que en los últimos
días de abril de 1945 vio, si, la
liberación del régimen fascista y
de la ocupación alemana – por
obra del CLN [Comité Nacional de
Liberación, ndr] insidiado en el
Edificio del Gobierno – pero
inmediatamente después, el 1 de
mayo, sumió la ocupación militar
eslava y la imposición de un
régimen – el comunista de Tito –
todavía más totalitario y liberticida?
¿Y cómo no recordar que el
nuevo tirano comenzó inmediatamente a arrestar, enfoibar u
obligar al exilio a los dirigentes y
militantes del «C LN de Trieste y de
Istria»? (Y fue así como en aquel
mayo yo me hice napolitano e
inmediatamente comencé a explicar todo aquello en las páginas del
“Domani d’Italia”, el periódico de
la Democracia Cristiana).
Se debe comprender que de
liberación de la dictadura y de
instauración de la democracia en
Trieste se pudo comenzar a hablar
solo 40 días después cuando, el
10 de junio, las tropas titinas
tuvieron que dejar la ciudad; y se
pudo considerar cumplida solo
nueve años después, cuando en
noviembre del ’54, cesó la Administración militar anglo-americana.
Y en Istria, en Fiume y en Dalmazia
los pocos italianos que habían
quedado y los nuevos inmigrados
eslavos empezaron a ver las prime-ras ventanas de libertad y de
democracia solo después de la
caída del comunismo y la disolución de Yugoslavia.
No reconocer todo esto y no
entender la condición, humana y
psicológica aun antes que la
política, de los giuliano-dalmatas
en aquel tremendo posguerra,
lleva a críticas facciosas e inaceptables. Pero provee también a
quien es, en buena parte, el
heredero del nacional-fascismo la
oportunidad y los argumentos para
Italianos antes y después de Tito
en el ensayo de Sergio Tazzer
las instituciones a la toponomastica,
desde el bilingüismo visivo al hablado.
Cuenta el británico Fitzroy Maclean, uno de los fundadores de las SAS,
enviado en el 1943 en la isla de
Curzola, con el encargo de hacer de
oficial de enlace con los repartos de
Tito, de ser llevado a su cuartel general,
situado en «un viejo edificio veneciano». Maclean observa inmediatamente que «sobre la sala de
ingreso el león de San Marco había
sido decapitado, obra de un partisano
demasiado celoso, que había querido
festejar el fin del dominio de Mussolini
destruyendo el símbolo de una
dominación italiana más antigua».
«Tantos, demasiados fueron los
cambios tanto sustanciales como
formales que las autoridades croatas y
eslovenas adoptaron para hacer que
la huella italiana aun visible en Istria,
en Fiume y en Dalmazia fuera cancelada. Los nombres de las ciudades,
de los barrios, de las calles, de los
negocios e incluso de las personas
fueron eslavizados. La mayoría de los
apellidos que terminaban con el sufijo
ch, retenido sinónimo de italianidad,
fueron transcritos en los documentos
y en los registros con el sufijo c, sin el
consentimiento de los interesados»
[Tazzer cita al historiador Guido
Rumici, ndr].
Como en Pola, donde al señor Fe-
Los artículos en inglés y en español también en la página web
En referencia a la presencia de artículos en inglés y en español en nuestro
periódico mensual, los mismos ahora se transcribirán también en nuestra página
web, de modo que los usuarios puedan verlos directamente, a través de las
propias secciones de la columna derecha de la página de inicio.
Los artículos están actualizados y estan disponibles los de los últimos tres
meses, así como funciona con el resto del archivo de “Difesa Adriatica”, y tratan
todos los argumentos inherentes a la historia y a la vida del pueblo giulianodalmata en exilio.
Donde sea posible, se invita a difundirlo entre nuestras comunidades en
Sudamérica, Estados Unidos, Canadá, Australia.
F.R.
Albona (Istria)
una bonita representación
del centro histórico, con un
edificio del renacimiento.
En el 1420 Albona reconoció
la soberanía de la República
de Venecia. Desde entonces
y hasta el 1797, Albona estuvo
sujeta a la Serenissima,
que le reconoció
una cierta autonomía,
habiendo reconocido
el Estatuto, los usos
y los derechos precedentes
Una vista aérea de Buenos Aires.
De la Sede nacional de la ANVGD nuevos servicios informativos on
line para los desterrados giuliano-dalmatas en Sudamérica
Periodista profesional, ya director
de la Sede Rai – Radiotelevisione italiana del Veneto, encargado de la
histórica transmisión radiofónica “Est
Ovest” para Radio Uno RAI, Sergio
Tazzer esta entre los mejores conocedores de la historia giuliano-dalmata
del Novecientos, a la que su programa
ha dedicado y dedica constante
atención. Con el estilo propio del buen
periodismo divulgativo que mira
todavía a las fuentes, Tazzer escribe
este optimo ensayo subtitulado La difesa dell’identità italiana in Istria, Fiume e Dalmazia, en el que, a partir de
los eventos traumáticos de la ocupación yugoslava y por tanto del éxodo
de la población italiana, reconstruye
el complejo y a menudo penoso largo
posguerra de la comunidad italiana
«permanecida» como minoría en los
territorios cedidos, regida por el
régimen nacional comunista de Tito,
objeto perenne de chantajes ideológicos, de asfixiantes represiones y de
desnacionalización.
El ensayo toma la marcha con las
masacres de las Foibe, con los
bombardeos aliados en Zara, con el
exilio, para abordar los años de la
segunda posguerra, del «contra
éxodo» de los susodichos monfalconeses cuyo sueño de sociedad socialista acabó, junto con la vida, en el
lager titino de Goli Otok, a la delicada
reconstrucción de un tejido asociativo
que, aun en la alambrada del régimen
de Belgrado, consintiera a la comunidad italiana de reconocerse como
tal, aunque a duras penas tolerada.
En capítulos bien claros Tazzer
devuelve al lector el clima de los años
Sesenta y Setenta hasta la providencial
caída del muro de Berlín en el 1989 y
a la disolución de la ex Yugoslavia de
la que tuvieron inicio, con el resucitado odio interétnico entre los
pueblos balcánicos, las guerras de los
años Noventa. En toda esta ulterior
transformación profunda de la disposición política de los nuevos Estados
de Croacia y Eslovenia, en los que las
intolerancias nacionalistas todavía hoy
no puede decirse que hayan desaparecido, la comunidad italiana se
encuentra con deber retar al futuro en
un escenario de integración europea
que únicamente sola puede garantizar
su conservación.
El volumen de Tazzer se para de
todas maneras en 1991, año de la
proclamación de independencia de
Eslovenia y de Croacia (una cronología esencial, en apéndice, llega
sin embargo al 1998) y del censo que
señala un inesperado restablecimiento
del porcentaje de población istriana
declarada italiana.
Del capítulo Italiani al margine
reproducimos un significativo extracto.
p.c.h.
Sergio Tazzer,
Tito e i rimasti,
Libreria Editrice Goriziana,
Gorizia 2008,
pp. 230, Euro 20,00
__________________________
Casi inmediatamente el nacionalismo yugoslavo muestra su peor
cara con toda una serie de injurias y
vejaciones, bien espontáneas y,
sobretodo, organizadas, en detrimento de todo lo que parece italiano: desde
especular impúdicamente sobre el
drama de los triestinos y los
istrianos, contraponiendo su “recuerdo” de victimas de la guerra
fascista al recuerdo de la liberación de todos los italianos – y
en primer lugar de aquellas “victimas” – de la tiranía de quien
había querido aquella guerra.
En lugar de dos “recuerdos”
que no son alternativos y no deben
ser contrapuestos porque, al contrario, son ambos la expresión del
conocimiento del mal radical de
los regimenes totalitarios. Conocimiento que es fruto de una
dramática experiencia que transmitir a las nuevas generaciones.
Paolo Barbi
Presidente Nacional
honorario A NVGD
(traduzioni di Marta Cobian)
Trieste, las Riberas abarrotadas de ciudadanos llegados a acoger a
las naves italianas en los días siguientes al 26 de octubre de 1954,
fecha que señala la vuelta de la ciudad giuliana a Italia después de
una larga y atormentada posguerra. Contendida por la Yugoslavia
de Tito, que la ocupó durante 40 tremendos días, administrada
después por los aliados angloamericanos, la ciudad se echo a las
plazas en los muelles para acoger a las tropas y a las naves italianas
lice Giugno fue expedito el nuevo
carné de identidad en el que se
encontraba Srecko Lipanj, la traducción en croata de nombre y
apellido.
Y en Albona la calle GiuseppeVerdi, de la noche a la mañana, se
convierte en Ulica Jospi Zeleni,
también aquí traducción del italiano
al croata.
Además de la malicia, se meten
también la ignorancia y el desprecio.
Todo lo que de italiano se puede
cerrar, cancelar, cubrir, anular, borrar,
abrogar, eliminar se hace. Incluso se
intenta apagar, por algo entonada
todos a una, “La Voce del Popolo”, el
periódico impreso en Fiume, salido por
iniciativa del Comité ciudadanos
populares de liberación. [...]
En Pola sin embargo es liquidado
sin problemas “Il Nostro Giornale”.
Con la excusa de que italianos han
quedado pocos, se cierran decenas de
círculos culturales. Desde Zara hasta
Lussino, desde Cherso hasta Pisino, de
Umago a Abbazia, de Montona a
Fasana, de Fianona a Laurana al centro minero de Arsia.
Donde los círculos no se cierran,
son liquidados y sustituidos los
superiores. [...]
No hay de que bromear: ya el ser
italiano no depone bien. [...]
Sergio Tazzer
16
Pubblichiamo alcune delle notizie
apparse in tempi recenti sul nostro sito
www.anvgd.it, così da rendere edotti
e aggiornati anche coloro che non utilizzano internet per avere informazioni
dalla nostra Associazione.
Il sistema Feed RSS
anche sul nostro sito
lunedì 14 aprile 2008
Anche lo spazio web della nostra
Associazione ha attivato il sistema Feed
RSS, ovvero quello che consente in
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Un fiumano
alla Camera dei Deputati
giovedì 17 aprile 2008
Alla Camera dei Deputati del Parlamento di Roma è stato eletto, nelle
liste del PDL anche un candidato con
residenza a Fiume. Si tratta di Aldo Di
Biagio. In un comunicato il neodeputato ha sottolineato di aver accolto
con gioia la notizia della sua elezione
alla Camera dei Deputati per la Ripartizione Europa e soprattutto d’essere
risultato primo tra i candidati del Partito della Libertà.
«Un esito sbalorditivo, raggiunto
grazie anche alle vostre preferenze. [...]
È per questo motivo che mi pongo al
servizio delle organizzazioni che vi
rappresentano con le quali è mia intenzione lavorare per garantire il rispetto dei vostri diritti e per individuare
soluzioni concrete alle vostre esigenze. Mi riferisco in particolare all’Unione Italiana e a tutte le realtà associative che con caparbia operano da sempre in vostro favore nel Paese. [...]», ha
concluso Aldo Di Biagio.
Rinnovate le cariche
dei Giuliano-Dalmati di Toronto
sabato 19 aprile 2008
Il Club Giuliano-Dalmato di
Toronto (Canada) ha provveduto al rinnovo biennale delle cariche nel corso
dell’assemblea dei soci. Ecco la nuova composizione. Presidente Guido
Braini, vicepresidenti Roberto Braini e
Gino Bubola, segretario Adriana Gobbo, tesoriere Mario Joe Braini, consiglieri Bruno Bocci, Dinora Bongiovanni, Marina Cotic, Carlo Milessa,
Romano Molo, Wanda Stefani e Silvia Toscan. A tutti loro l’augurio di
buon lavoro dai giuliano-dalmati d’Italia.
Anche Diana Bracco
nel nuovo esecutivo Confindustria
giovedì 24 aprile 2008
Emma Marcegaglia ha varato il
nuovo esecutivo che guiderà la Con-
DIFESA ADRIATICA
Giugno 2008
La rubrica di “Difesa”
www.anvgd.it
findustria nei prossimi 4 anni. Tra i
nomi di spicco figura anche Diana
Bracco, con la delega per la Ricerca e
l’Innovazione. Diana Bracco, originaria di Neresine (isola di Lussino) e
succeduta al padre Fulvio, è alla guida della multinazionale farmaceutica
Bracco ed è già presidente di Assolombarda. Da sempre è vicina agli
Esuli, manifestando costante interessamento verso le loro vicende.
Il giubileo episcopale
di Mons. Ravignani
giovedì 24 aprile 2008
«Un buon compagno di viaggio,
di quelli che fanno più semplice e lieta la strada»: è il saluto del patriarca di
Venezia, cardinale Angelo Scola, a
mons. Eugenio Ravignani, che ha celebrato a Trieste il suo Giubileo
episcopale. Il card. Scola ha partecipato al giubileo episcopale di mons.
Ravignani, durante il quale, al Teatro
Verdi di Trieste, il sindaco Roberto
Dipiazza ha consegnato a mons.
Ravignani, la civica benemerenza della città. Il card. Scola ha sottolineato «i
numerosi interventi e le preghiere di
don Eugenio» che «soprattutto, a partire dall’istituzione della Giornata del
Ricordo, documentano l’intensa e discreta partecipazione con cui il vescovo Eugenio opera per la riconciliazione dopo la tragedia legata alla fine della
guerra nelle sue amate terre». Dipiazza
ha sottolineato l’alto valore morale e
spirituale del messaggio portato in
questi anni alla comunità triestina» e
il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Renzo Tondo, alla sua
prima cerimonia pubblica ufficiale, ha
ringraziato «il vescono Eugenio per
essere sempre stato un riferimento costante per la città e per tutta la comunità regionale nel corso degli ultimi
dieci anni».
I settant’anni
di Nino Benvenuti
venerdì 25 aprile 2008
Nino Benvenuti, campione del
mondo dei pesi medi, il 26 aprile ha
compiuto 70 anni, dimostrando che
non è vero, come si dice, che i pugili
fanno una brutta fine. In perfetta forma fisica, con lo spirito di un ragazzino, Benvenuti è stato acclamato come
una vera e propria star al Madison
Square Graden di New York, dove ha
rincontrato il suo nemico-amico Emile
Griffith, all’anteprima di Carnera The
Walking Mountain di Renzo Martinelli
in cui, oltre a dare molti suggerimenti,
fa un cammeo nel ruolo dell’allenatore di Max Baer.
Originario di Isola d’Istria, oggi città
slovena, dove è nato nel 1938, Benvenuti che per il Tg2 intervisterà venti
atleti italiani in vista delle Olimpiadi
di Pechino.
Berlusconi
ricorda Esuli ed Infoibati
domenica 27 aprile 2008
«Il 25 aprile indica simbolicamente
il ritorno dell’Italia alla democrazia ed
alla libertà». Lo afferma il leader del
PDL, e presidente del Consiglio, Silvio
Berlusconi in un comunicato diffuso
in occasione delle celebrazioni per la
Festa della Liberazione. «In quel giorno di 63 anni fa – aggiunge – si videro
le piazze festanti attorno alle truppe
alleate e ai combattenti per la libertà.
Già il 25 luglio del ’43, quando cadde
il regime, quello stesso sentimento di
Diana Bracco, originaria
di Neresine (Lussino)
è alla guida della multinazionale
farmaceutica Bracco.
Ora è entrata nell’Esecutivo
di Confindustria
liberazione si era manifestato con una
festa nazionale senza vendette e senza morti. Purtroppo seguì la guerra civile, l‘occupazione da parte dei tedeschi, che creò un segno di sangue nella memoria italiana.
Generò un odio tra vincitori e vinti che segnò la coscienza del Paese».
«Ormai – rimarca il leader del PDL –
tutto questo è storia e adesso è tempo
di dare al 25 aprile un senso italiano
popolare e nazionale, un senso di libertà e di pace. Il giorno della Liberazione è un alto simbolo di libertà, e
così deve essere vissuto da tutto il popolo italiano».
«Credo fermamente che oggi – afferma il Cavaliere – ci siano le condizioni storiche e politiche perché questo 25 aprile possa rappresentare un
salto di qualità verso la definitiva
pacificazione nazionale. Togliere quei
veli, capire quelle ragioni non può in
qualche modo ledere l’orgoglio di chi
combatté per la libertà contro la tirannia. Non c’è revisione storica che possa
cambiare la gratitudine che dobbiamo
a quei combattenti – sottolinea – che
posero le basi per la libertà delle generazioni successive e per il ritorno
dell’Italia nel consesso delle democrazie. Ma non c’è gratitudine che possa
impedire la ricostruzione obiettiva di
quegli anni. L’anniversario della Liberazione – conclude – è dunque principalmente l’occasione per riflettere sul
passato, sul presente e sull’avvenire del
Paese. Se oggi riusciremo a farlo insieme, avremo reso un grande servizio
non a una parte politica o all’altra, ma
al popolo italiano e, soprattutto, ai
nostri figli che hanno il diritto di vivere
in una democrazia finalmente pacificata».
Un’insenatura
del Quarnero,
il pino
a sfiorare
l’acqua
L’Associazione Comunità Istriane
celebra il rientro in FederEsuli
venerdì 2 maggio 2008
Sul numero 175 de “La nuovaVoce
Giuliana” l’Associazione delle Comunità Istriane celebra il rientro nella Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati. Lo fa con
la penna di Sergio Tomasi e Chiara
Vigini. Tomasi, nel riferirsi alla breve
esperienza di collaborazione con
l’Unione degli Istriani, ricorda che
«motivi di divisione si sono aggiunti
negli ultimi tempi per contrasti di carattere generazionale attribuiti a giovani dirigenti di una parte, discendenti di esuli, più esigenti e più impulsivi
nelle loro istanze, scarsamente strategici ed inadeguati nelle modalità e nel
linguaggio». Chiara Vigini, sullo stesso argomento aggiunge: «Non sono
d’accordo che si stringano legami con
realtà europee che hanno un passato
storico, un vissuto presente e dei programmi per il futuro assai poco limpidi (o limpidamente poco chiari). Poi
non sono d’accordo sull’atteggiamento
che viene assunto da quella parte nei
riguardi della nostra Patria: notizie
come quella che ho appreso poco fa
riguardo la bandiera italiana tolta dal
frontespizio di quella sede per ribadire atteggiamenti e parole provocatori
e che rasentano l’insolenza nei confronti del nostro Presidente della Repubblica, come la lettera inviatagli lo
scorso anno e ribadita in occasione
della sua visita in Regione pochi giorni fa, non fa parte del mio modo d’essere e di agire. Ne sono rimasta contrariate e dolente. Non credo che sia
questo il testimone che gli istriani esuli vogliono passare ai loro figli. Io mi
dissocio decisamente da queste prese
di posizione e mi sembra molto opportuno che l’Associazione delle Comunità istriane se ne tenga alla larga,
rientrando nella Federazione».
A Castua (Fiume)
ricordati i caduti italiani
martedì 6 maggio 2008
Anche quest’anno la Società di Studi Fiumani con sede a Roma ha fatto
celebrare nella chiesa parrocchiale di
Sant’Elena, a Castua (Fiume), una S.
Messa in ricordo dei caduti italiani
morti nel corso della Seconda guerra
mondiale e in particolare i dodici connazionali che finirono trucidati e sepolti sommariamente in una fossa comune, tra cui c’era anche il senatore
Riccardo Gigante. La funzione religiosa è stata celebrata da don Franjo
Jurcevic, parroco di Castua, il quale,
nell’omelia, si è augurato che sui fatti
dovuti all’odio, dopo tanti anni
sopravvalga l’amore, che, prima o poi,
su quei tristi eventi sia fatta luce e che
nel luogo in cui accaddero venga posto almeno un segno in ricordo delle
vittime. Alla Santa Messa erano presenti il dottor Amleto Ballarini e Marino Micich, in rappresentanza della
Società di Studi Fiumani con sede a
Roma, Guido Brazzoduro e Mario
Starzer e Laura Calci Chiozzi, rispettivamente sindaco, vicesindaco e segretario del Libero Comune di Fiume in
Esilio, il presidente del Comitato esecutivo della Comunità degli Italiani di
Fiume Roberto Palisca, in rappresentanza del sodalizio della CNI, i consiglieri dell’Assemblea della CI di Fiume Giuseppe Bulva e Alessandro
Lekovic e numerosi esuli giunti appositamente a Castua per assistere alla
commemorazione da Roma, da Trieste e da altre località italiane.
(fonte “La Voce del Popolo”)
Le ingiuste accuse di Mazzaroli
giovedì 8 maggio 2008
Comunicato
del Segretario nazionale ANVGD
Leggo con profondo rammarico
sulla prima pagina de L’Arena di Pola
del 30 aprile un corsivo di Silvio
Mazzaroli, sindaco del Libero Comune di Pola in Esilio, di cui il giornale è
l’organo ufficiale di stampa. Lo scritto,
pur indirizzato in forma di lettera aperta
al Presidente ANVGD, contiene sostanzialmente una serie di strali nei miei
confronti, in qualità di presunto
estensore delle notizie apparse sul sito
internet dell’ ANVGD e riferite alla recente candidatura del Mazzaroli alle
elezioni politiche. In realtà la mia firma non appare in nessuna notizia diffusa sul nostro sito e il medesimo è
sottoposto alla vigilanza dell’organo di
stampa della nostra Associazione, ovvero “Difesa Adriatica”. Pertanto non
ha nessun significato reale la pubblicazione di espressioni nei miei confronti quali “corbellerie”, “imbecille”,
“cafone”, “maleducato” e “in malafede”. Un linguaggio che non è simpatico leggere – chiunque ne sia il
destinatario – soprattutto se viene dal
massimo rappresentante di un’associazione di Esuli. Sulle notizie pubblicate dal sito ANVGD, ritengo invece (a titolo personale e in qualità di socio
ANVGD) che si tratti di libera espressione di una posizione che risponde ad
un diffuso sentimento emerso all’interno della nostra Associazione,
univocamente direzionato verso una
sottolineatura delle contraddizioni
della candidatura del Mazzaroli. Ma
come libera opinione, chiunque è libero di pensarla diversamente. Umanamente capisco come la sconfitta
elettorale abbia montato sentimenti
non esattamente positivi, per cui concedo volentieri al generale l’attenuante generica del caso. Naturalmente ho
inviato il testo pubblicato ad un legale
affinché valuti se nei contenuti vi siano gli estremi di un’azione legale a
difesa della mia persona. Un atto dovuto che, passati i postumi delle elezioni, anche Mazzaroli comprenderà.
Fabio Rocchi
Segretario nazionale ANVGD
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Il numero di Giugno 2008