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NON ARRENDERTI
ALLA FRATTURA DEL
GUIDA
FEMORE
SULLE
E ALLA
ALLA
E
FRAGILITÀ OSSEA
OSSEA
FRAGILITÀ
FRATTURE
DA FRAGILITÀ
Oggi esistono
esistono soluzioni
soluzioni effi
efficaci
caci
Oggi
per
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il
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Ogni anno, in Italia, si verificano negli anziani oltre 80.000 fratture da fragilità ossea
del collo di femore, con una netta prevalenza nelle donne. La frattura del collo femorale ha importanti conseguenze cliniche, che vanno dalla necessità di interventi chirurgici con periodi di immobilità prolungati, al rischio elevato di invalidità con perdita
parziale o totale dell’autonomia nelle comuni attività della vita quotidiana, all’aumento
significativo del rischio di mortalità. Con il progressivo invecchiamento della popolazione, è inevitabile che aumentino tutte le patologie croniche correlate all’età, fra cui
l'osteoporosi, che soprattutto in questi ultimi decenni, è diventata una vera e propria
priorità sanitaria e sociale. Per affrontare in modo adeguato la malattia è fondamentale identificare i fattori di rischio che ne predispongono l’insorgenza ed organizzare
un percorso diagnostico/terapeutico finalizzato a ridurre il rischio delle fratture da
fragilità, arrestando così la spirale discendente della salute e della qualità della vita.
Lo scopo di questo opuscolo è quello di spiegare, in maniera comprensibile anche
ai non addetti ai lavori, cosa sono le fratture da fragilità e l'osteoporosi e come
si possono combattere.
Prof. Salvatore Minisola
Presidente SIOMMMS, Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale
e delle Malattie dello Scheletro
Prof. Marco d’Imporzano
Presidente SIOT, Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia
Prof. Giovanni Minisola
Presidente SIR, Società Italiana di Reumatologia
Prof. Umberto Tarantino
Presidente GISOOS, Gruppo Italiano di Studio in Ortopedia dell’Osteoporosi Severa
Prof. ssa Maria Luisa Brandi
Direttore Esecutivo ORTOMED, Società Italiana di Ortopedia e Medicina
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Anatomia, funzione e composizione dello scheletro
Le fratture da fragilità ossea: patologia ed epidemiologia
Le fratture da fragilità ossea: fattori di rischio e localizzazione
Le fratture da fragilità ossea: sistemi di diagnosi
(e rischio di non diagnosi)
Come prevenire l’osteoporosi e le nuove fratture
I trattamenti disponibili
E se l’osteoporosi non viene trattata o non si prevengono
le nuove fratture?
La campagna “Stop alle fratture”
p. 3
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LO SCHELETRO
Lo scheletro è una struttura rigida formata da ossa e da tessuto cartilagineo. Il tessuto
osseo è caratterizzato da una notevole durezza e resistenza meccanica.
Nel soggetto adulto rappresenta circa il 20% del peso corporeo, ed è suddivisibile in
due parti: scheletro assiale, di cui fanno parte le ossa della testa e del tronco, e scheletro
appendicolare, di cui fanno parte le ossa degli arti, del cingolo scapolare (spalle) e di
quello pelvico (anche).
LE FUNZIONI
Lo scheletro svolge molteplici funzioni quali: sorreggere l’intero corpo e i muscoli;
interagire con il sistema muscolare per produrre il movimento; racchiudere e proteggere gli organi vitali come il cervello, il midollo spinale, il cuore, i polmoni e i visceri.
Rappresenta, inoltre, una riserva di sali minerali, in particolare di calcio e di fosforo,
alla quale l’organismo può eventualmente attingere in caso di condizioni patologiche o
di carenze alimentari. Infine, il midollo, che ha sede nelle cavità di alcune ossa lunghe,
produce la componente cellulare del sangue.
LA COMPOSIZIONE
L’osso è un particolare tessuto mineralizzato “composito”. È costituito per il 28% da sostanza organica (proteine di vario tipo, quali il collagene) nella quale è dispersa la massa
inorganica (circa il 56%) di minerali (idrossiapatite) con caratteristiche ottimali di durezza
e resistenza, ma anche di elasticità e flessibilità, ed infine da acqua (circa 17%).
LA STRUTTURA
Nell’osso si distingue una parte esterna compatta - osso corticale - che rappresenta
l'80% di tutto lo scheletro, presente soprattutto a livello delle ossa lunghe degli arti superiori ed inferiori (gambe e braccia ) e di quelle piatte (es. ossa del cranio); ed una parte
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interna costituita da un tessuto spugnoso - osso trabecolare - dalla caratteristica struttura leggera, paragonabile ad una rete tridimensionale, ma in grado di resistere a tensioni molto elevate. È necessario che tale rete rimanga intatta perché lo scheletro sia in
grado di svolgere al meglio il suo compito di sostegno. È grazie a questa struttura che
le ossa sono elastiche e flessibili. L’osso trabecolare rappresenta il rimanente 20% di
tutto lo scheletro, ed è presente prevalentemente nelle vertebre, nel bacino e nelle estremità delle ossa lunghe degli arti.
Con l’avanzare dell’età, le ossa dello scheletro perdono progressivamente le loro naturali
caratteristiche biomeccaniche di flessibilità ed elasticità e tendono a irrigidirsi, sgretolarsi, rompersi. Queste alterazioni legate all’invecchiamento sono un processo inevitabile,
ma che può essere contrastato. Inoltre, l’osteoporosi può comparire anche in epoche
più precoci della vita quando sono contemporaneamente presenti particolari condizioni
identificate come fattori di rischio.
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LA PATOLOGIA
L’osteoporosi è una malattia caratterizzata da un deterioramento della massa e della
microarchitettura ossea, per il quale lo scheletro diventa più fragile e suscettibile a fratturarsi per traumi minimi, se non addirittura spontaneamente. In sostanza, lo scheletro
diventa incapace di sopportare le normali sollecitazioni fisiologiche e si frattura.
Il tessuto osseo, come qualsiasi altro tessuto, organo od apparato, è infatti destinato ad
invecchiare. Con il passare degli anni, si assiste sia ad una riduzione progressiva della
quantità sia al deterioramento della qualità dell’osso. Per comprendere le cause di questo impoverimento strutturale va ricordato che il tessuto osseo è un tessuto vivo sottoposto ad un continuo processo di rinnovamento, definito rimodellamento, che dura tutta
la vita. Il tessuto osseo si rinnova costantemente attraverso processi di distruzione e di
ricostruzione. Il processo di rimodellamento osseo è operato dagli osteoclasti, cellule
che riassorbono il tessuto osseo vecchio o danneggiato, e dagli osteoblasti, cellule deputate alla formazione di tessuto osseo nuovo. Nel corso della vita si possono creare
condizioni in cui la quantità di osso riassorbito è maggiore della quantità di osso neoformato (ad esempio nel periodo post-menopausale) oppure la quantità di tessuto osseo
neoformato è insufficiente a riempire le fossette scavate dagli osteoclasti durante la
fase di riassorbimento (ad esempio nell'invecchiamento). La persistenza di piccole deficienze di tessuto osseo, alla fine di ogni ciclo di rimodellamento, crea una condizione
di progressiva perdita di massa ossea, chiamata osteoporosi.
LE CLASSIFICAZIONI
Esistono numerose classificazioni dell'osteoporosi, a seconda che si consideri il meccanismo patogenetico, l'età di insorgenza, l’associazione con altre patologie, i distretti
scheletrici interessati, etc. Una prima semplice classificazione consiste nel dividere le
osteoporosi primitive da quelle secondarie, e queste ultime possono a loro volta essere sistemiche o distrettuali.
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Le forme primitive, che sono responsabili di oltre l'80% delle osteoporosi, sono per
la massima parte dovute alla forma postmenopausale (conseguente alla naturale riduzione degli estrogeni che non vengono più prodotti dalle ovaie dopo la menopausa)
ed alla forma senile.
Fra le secondarie, che costituiscono circa il 20% di tutte le osteoporosi, annoveriamo principalmente quelle dovute a terapie con alcuni farmaci, la più importante delle quali (come
numerosità e gravità) quella indotta da cortisonici (GIO), ma anche ad altri farmaci (per
esempio antiepilettici, inibitori della aromatasi, agonisti della GnRH, eparina, anticoagulanti
orali, alcuni diuretici); oppure a problemi ghiandolari endocrini (un esagerato funzionamento
delle ghiandole surrenali o della tiroide). L’immobilizzazione protratta, la malattie croniche
ostruttive dei bronchi e dei polmoni, l’artrite reumatoide, la sarcoidosi, la celiachia, l’ipercalciuria (eccessiva eliminazione di calcio con le urine), le neoplasie maligne, l’intolleranza
al lattosio, possono condurre a osteoporosi. Infine non va dimenticato come l’osteoporosi
possa riscontrarsi anche in caso di eccesso o di difetto del peso corporeo.
L’EPIDEMIOLOGIA
Le fratture da fragilità ossea sono considerate come una delle maggiori cause di
morbilità e mortalità in tutto il mondo. Fra tutte le malattie che possono colpire le
ossa, l’osteoporosi è quella più diffusa e colpisce sia gli uomini che le donne. Le
donne, dopo la menopausa, evento fisiologico nella vita femminile, hanno un rischio
4 volte maggiore1. Anche l’appartenenza a una razza piuttosto che ad un’altra sembra favorire l’osteoporosi: le donne di razza bianca ed asiatica sono più colpite rispetto a quelle di razza africana2. Negli Stati Uniti, la maggior parte della popolazione
adulta sopra i 50 anni, presenta una densità ossea molto bassa o una franca osteoporosi3; anche in America del Sud l’aumento dell’incidenza di osteoporosi sta raggiungendo i livelli europei4 e statunitensi.
Nel nostro Paese si verificano ogni anno oltre 80.000 fratture di femore per fragilità
ossea per osteoporosi, con una netta prevalenza (72%) nelle donne5, 6.
Un numero così elevato di fratture di femore può essere considerato alla pari di
una vera e propria pandemia che, per effetto dell’invecchiamento della popolazione,
è destinata, tra l’altro, ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni. Stando alle
ultime stime sembra che nei prossimi 40 anni, in assenza di interventi terapeutici
mirati a tutta la popolazione a rischio, assisteremo al raddoppiare dell’incidenza
delle fratture da fragilità ossea.
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porosi ; anche in America del Sud l’aumento dell’incidenza di osteoporosi sta raggiungendo i livelli europei4 e statunitensi.
Nel nostro Paese si verificano ogni anno oltre 80.000 fratture di femore per fragilità
ossea per osteoporosi, con una netta prevalenza (72%) nelle donne5, 6.
Un numero così elevato di fratture di femore può essere considerato alla pari di
una vera e propria pandemia che, per effetto dell’invecchiamento della popolazione,
è destinata, tra l’altro, ad aumentare ulteriormente nei prossimi anni. Stando alle
ultime stime sembra che nei prossimi 40 anni, in assenza di interventi terapeutici
mirati a tutta la popolazione a rischio, assisteremo al raddoppiare dell’incidenza
delle fratture da fragilità ossea.
6
Cheng H, Gary LC, Curtis JR, Saag KG, Kilgore ML, Morrisey MA, Matthews R, Smith W, Yun H, Delzell E. (febbraio
2009). Estimated prevalence and patterns of presumed osteoporosis among older Americans based on Medicare
data. Osteoporos Int.
2
Bohannon AD. Osteoporosis and African-American women. J Women's Health Gend Based Med. 1999;8:609-615.
3
http:// www.nof.org/osteoporosis/stats.htm. National Osteoporosis Foundation. Fast Facts on Osteoporosis.
4
Riera-Espinoza G. (2009). Epidemiology of osteoporosis in Latin America 2008. Salud Publica Mex.
5
Dati SDO 2006 ISS
6
U. Tarantino e G. Resmini “La gestione delle fratture da fragilità. Raccomandazioni per chirurghi ortopedici” ortoEd.
Springer,
2011
Springer,
2011
1
7
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Il sesso, la razza, i caratteri costituzionali di un individuo, la mancanza di un adeguato
“picco di massa ossea” raggiunto al termine dell’accrescimento, le variazioni di complessi sistemi endocrini in relazione a fenomeni come la menopausa e l'invecchiamento,
interagendo con altri fattori, quali abitudini dietetiche, attività fisica, fumo, alcol, possono
determinare lo sviluppo della malattia e delle fratture da fragilità (tabella 1).
La predisposizione del sesso femminile per l’osteoporosi dipende innanzitutto dal fatto
che le donne possiedono una massa ossea minore rispetto agli uomini e, secondariamente,
dal fatto che la carenza di ormoni sessuali (estrogeni), subito dopo la menopausa, determina nelle donne una perdita di massa ossea più precoce e maggiore rispetto agli uomini.
Una costituzione esile e una carnagione chiara si accompagnano molte volte a fenomeni più o meno marcati di riduzione della densità ossea. Una storia familiare positiva
(genitori o nonni affetti da osteoporosi, o che hanno avuto durante la loro vita fratture
multiple) sembra poter indicare la predisposizione allo sviluppo di tale malattia, sia per
caratteri costituzionali, che per abitudini alimentari ed ambientali.
Un’alimentazione povera di latte e suoi derivati (ricchi in calcio), diete squilibrate
e la carenza di Vitamina D favoriscono una progressiva riduzione della densità ossea. In
particolare, un’alimentazione scorretta e povera di calcio è ancora più dannosa nelle
persone anziane, nelle quali l'assorbimento intestinale di questo minerale subisce fisiologicamente un rallentamento, favorendo l'instaurarsi dell'osteoporosi. Anche l’abuso
di alcol aumenta il rischio di osteoporosi.
Il fumo ha un effetto negativo anche sull'osso e sembra possa determinare l'insorgenza
anticipata della menopausa. Ed, infine, la vita sedentaria e la scarsa attività fisica
favoriscono una progressiva riduzione della massa ossea.
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TABE LLA
1
ALCUNI FATTORI DI RISCHIO NELLO SVILUPPO DELL’OSTEOPOROSI
E DELLE FRATTURE
POTENZIALMENTE MODIFICABILI
NON MODIFICABILI
Alimentazione sbilanciata con carenza
di calcio, proteine, vitamina C7 e vitamina D
Età - è il più elevato fattore di rischio
perché è durante l’età senile che
avviene normalmente il deterioramento
della massa ossea
Peso corporeo inferiore alla norma
Malattie (vedi tabella 2)
Sesso femminile incide anche
la menopausa8
Deficit di estrogeni (menopausa insorta
precocemente < 45 anni)
Storia personale di fratture
Abuso di alcol
Storia di fratture in parenti di primo grado
Fumo di sigaretta
Razza
Uso di corticosteroidi
Condizioni di salute scadenti
Cadute ricorrenti
Demenza
Discontinuità nell’assunzione di farmaci
per la prevenzione o terapia
Inattività fisica
TA BELLA
2
BREVE ELENCO DELLE MALATTIE ASSOCIATE ALLO SVILUPPO
DELL’OSTEOPOROSI E DELLE FRATTURE
Malattie reumatiche (artrite reumatoide,
lupus eritematoso sistemico, etc.)
7
8
Malattie apparato gastro-enterico
(celiachia, malattie epatiche, etc.),
malassorbimento
Malattie endocrine (ipertiroidismo,
ipogonadismo, etc.)
Malattie ematologiche (mieloma, linfoma)
Malattie renali (ipercalciuria, etc.)
Gravi disabilità
Anoressia
Broncopneumopatia cronica ostruttiva
Malattie metaboliche del collagene
Trapianto d’organo
(2009). Alimentary risk factors of osteoporosis. Vopr Pitan. 78: 22-32.
Akdeniz N., Akpolat V., Kale A., Erdemoglu M., Kuyumcuoglu U., Celik Y. (febbraio 2009). Risk factors for postmenopausal osteoporosis: anthropometric measurements, age, age at menopause and the time elapsed after menopause onset. Gynecol Endocrinol. 25: 125-9.
9
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Estremità prossimale
dell’omero
(braccio vicino alla spalla)
Vertebre
(colonna dorsolombare)
Estremità distale
del radio
(avambraccio
vicino al polso)
Estremità prossimale
del femore
(coscia vicino all’anca)
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La possibilità di non diagnosticare l’osteoporosi non è così remota.
Infatti, l’osteoporosi è asintomatica (si manifesta in assenza di sintomatologia dolorosa)
e può esordire con la comparsa di fratture anche in assenza di traumi, come spesso
accade per le fratture vertebrali. Può accadere che la frattura vertebrale si manifesti
anche con dolore improvviso, acuto localizzato alla schiena, che si accentua al carico e
al movimento, costringendo a rimanere bloccati a letto. Nella frattura da fragilità delle
ossa lunghe, ossia degli arti superiori o inferiori, il dolore è sempre presente e si associa
ad impotenza funzionale.
Pertanto, conoscere l’osteoporosi significa anche capire quali indagini devono
essere eseguite.
La diagnosi strumentale si basa sulla densitometria o mineralometria ossea computerizzata (MOC)9. Essa si avvale, nella maggiore parte dei casi, di una tecnica a raggi X
che consente di misurare la quantità di minerale presente in determinati segmenti scheletrici (colonna lombare, parte alta del femore, polso), particolarmente indicativi per la
presenza di osteoporosi.
Inoltre, è indicato eseguire una radiografia della colonna vertebrale per mettere
in evidenza la presenza di eventuali fratture vertebrali (crolli o schiacciamenti).
È anche importante eseguire comuni esami di laboratorio (analisi del sangue e delle
urine) al fine di eseguire una corretta diagnosi di osteoporosi e di escludere, nella maggior parte dei casi, le sue forme secondarie.
9
S. Adami, F. Bertoldo, M. L. Brandi ed altri, Linee guida per la diagnosi, prevenzione e terapia dell’osteoporosi,
Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro - SIOMMMS, “Reumatismo” 2009; 61 (4): 260-284
11
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Oltre alla diagnosi corretta è fondamentale anche la prevenzione: varie indagini hanno
messo in evidenza che, nonostante la conoscenza della malattia, poco o niente si conosce
della modalità per prevenirla. Chi, poi, ha subito fratture vertebrali da fragilità, non sempre
ha a sua disposizione tutte le informazioni necessarie su come prevenirne di ulteriori e,
ancora peggio, molti di questi soggetti non assumono le terapie farmacologiche necessarie ed adeguate per prevenire e curare questo grave problema di salute pubblica.
Le linee guida stabilite per la prevenzione e il trattamento dell’osteoporosi sono emesse
dal Ministero della Salute, in accordo con le Società Scientifiche che si occupano di tale
malattia, e sono periodicamente aggiornate e modificate9,10.
La corretta prevenzione dovrebbe avere inizio nel periodo infantile-adolescenziale, così
che soggetti ancora scheletricamente immaturi possano raggiungere ed ottimizzare il
picco di massa ossea. Una dieta equilibrata (dieta mediterranea ed assunzione dei nutrienti secondo i LARN11) che includa un apporto adeguato di calcio e vitamina D, a seconda delle diverse età, costituisce un primo passo per questo importante obiettivo.
L’attività fisica regolare rientra in uno stile di vita corretto per la prevenzione di molte
patologie croniche legate all’invecchiamento, ed anche per uno scheletro in buona salute. Vanno ovviamente aboliti il fumo e l'alcol, mentre va incoraggiata l'esposizione al
sole e l’assunzione quotidiana di un’adeguata quantità di calcio. L’ottimizzazione ed il
mantenimento di valori ormonali nei limiti della normalità deve essere un altro obiettivo
per il benessere del nostro scheletro. Infatti una produzione adeguata di ormoni sessuali
(estrogeni o testosterone) permette di ottimizzare il picco dopo la pubertà e protegge la
massa ossea nell’età adulta. Nei soggetti con produzione di bassi livelli di tali ormoni vi
è un aumento del rischio di sviluppare la malattia.
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Effettuare una Densitometria Ossea (MOC) è consigliato sia alle donne dopo la menopausa sia a tutti i soggetti, (donne e uomini), dopo i 65 anni, come indicato dalle
Linee Guida delle diverse Società Scientifiche6,9,10. L’esame va eseguito anche prima se
esistono fattori di rischio quali: la magrezza eccessiva, l’abitudine al fumo, il malassorbimento intestinale, una storia familiare di fratture, assunzione di farmaci che danneggiano l’osso, il diabete mellito, una menopausa precoce, l’immobilizzazione prolungata,
artrite (si vedano le tabelle 1 e 2 a pag. 9). L’esame densitometrico è indicato anche in
caso di una diminuzione della statura, oppure di una cifosi accentuata (piegamento eccessivo della colonna vertebrale conseguente a fratture vertebrali), o di una precedente
frattura per trauma di scarsa entità.
TAB ELLA
3
POSSIBILITÀ DI RIPORTARE ULTERIORI FRATTURE
TIPO DI FRATTURA
PROBABILITÀ
Frattura del collo femorale controlaterale
Circa 1,4-5 volte superiore a quella
di donne che non hanno avuto fratture
Rifrattura in un’altra vertebra,
spesso contigua alla precedente
Un quinto dei pazienti con fratture
vertebrali verificatesi in assenza
di trauma
Frattura del collo femorale
Più di un decimo dei pazienti con
fratture vertebrali verificatesi in assenza
di trauma
Quaderni del Ministero della Salute: Quaderno n. 4 Luglio-Agosto 2010: Appropriatezza diagnostica e terapeutica
nella prevenzione delle fratture da fragilità da osteoporosi.
LARN: Livelli di Assunzione Raccomandata di Nutrienti, 2011 (in corso di pubblicazione)
10
11
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La prevenzione delle fratture è l'obiettivo principale di qualsiasi terapia per l'osteoporosi.
Nella maggior parte dei pazienti, in assenza di fratture o di altri fattori di rischio,
un valore densitometrico solo di poco ridotto (fino a -20% rispetto al picco di
massa ossea) richiede una semplice supplementazione di calcio e vitamina D ed
una buona attività fisica, sempre da decidere con il medico sulla base dell’età e
della situazione clinica.
In presenza di bassi valori densitometrici, di pregresse fratture da fragilità o di
altri fattori di rischio, è necessario associare alla supplementazione con calcio e
vitamina D una terapia farmacologica (personalizzata insieme al medico sulla base
delle caratteristiche della persona e di eventuali malattie o terapie concomitanti)
capace di ridurre l'incidenza di fratture.
14
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Per una donna in post-menopausa il rischio di morire per una frattura del collo femorale
è purtroppo pari a quello del tumore della mammella. Dati epidemiologici indicano che
le fratture di collo di femore rappresentano la più seria e drammatica complicanza dell’osteoporosi poiché sono purtroppo associate ad un’elevata percentuale di decessi13.
Se nel 1990 si sono verificate nel mondo circa 2 milioni di fratture di collo del femore,
si è calcolato che nei prossimi quaranta anni, con l’aumento dell’età media, se ne verificheranno circa 6,5 milioni all’anno se non saranno attuati provvedimenti terapeutici
estesi a tutta la popolazione a rischio.
TAB ELLA
4
CONSEGUENZE DA FRATTURA DEL COLLO DEL FEMORE
MORTALITÀ AD 1 ANNO
SOPRAVVIVENZA
Maggiore probabilità di riportare altre
fratture (intervallo di tempo medio fra
le due fratture: > tre anni)
17-31% prevalentemente concentrata
nei primi sei mesi
Un anno dopo la frattura del collo femorale
- 40% dei pazienti ha difficoltà
a camminare senza aiuto
- 60% ha problemi a gestire la propria
quotidianità
- 80% ha interrotto definitivamente
le attività di svago e ricreative
15
11
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La Campagna di educazione e sensibilizzazione sulle fratture da fragilità ossea “Stop
alle Fratture” ha come obiettivo quello di aumentare la consapevolezza sull’importanza
di prevenire ulteriori fratture da fragilità in pazienti che abbiano già riportato una prima
frattura di femore.
Oltre la metà delle pazienti donne, di età superiore ai 65 anni d’età e con frattura di
femore, non ha eseguito ancora gli accertamenti diagnostici raccomandati e non riceve il trattamento farmacologico preventivo per evitare la rifrattura. Proprio queste
pazienti, invece, hanno un rischio maggiore di incorrere nuovamente in una seconda
frattura da fragilità ossea.
Per ulteriori informazioni: www.stop-alle-fratture.it
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Stesura dei testi a cura del Board scientifico:
Dr. Gerolamo Bianchi U.O. Reumatologia, ASL3 Genovese, Genova
Prof. Bruno Frediani Sezione di Reumatologia - Università di Siena
Dr. Giovanni D’Avola Coordinatore Reumatologia Azienda Sanitaria Provinciale Catania
Prof. Giovanni Luisetto Endocrinologia, Università di Padova
Dott.ssa Silvia Migliaccio Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sezione di Fisiopatologia
Medica, Endocrinologia e Scienza dell'Alimentazione, Università Sapienza di Roma
Dr. Alfredo Nardi Responsabile SOS Dpt Patologia Osteoarticolare, Ospedale Santa Maria
della Misericordia, Azienda ULSS 18 - Rovigo
Dott.ssa Giuseppina Resmini Responsabile Centro per lo Studio dell’Osteoporosi e delle Malattie
Metaboliche dell’Osso, U.O. di Ortopedia e Traumatologia. A.O. Ospedale di Treviglio-Caravaggio (Bg)
Progetto grafico e coordinamento editoriale
Weber Shandwick Italia, Milano
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NON ARRENDERTI
ALLA FRATTURA DEL
FEMORE
E ALLA
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per ridurre il rischio di fratture future.
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Stop alle fratture