FineVita.
La legge ora
(o mai più)
LE MINACCE
L’avrebbero dovuta approvare
in pochi giorni
ed invece sta per compiersi
un nuovo anno dalla morte di Eluana
e la legge è ancora ferma alla Camera,
stritolata dalle fibrillazioni
della maggioranza di governo.
Eppure proprio la situazione politica
potrebbe portare rapidamente
ad un’approvazione definitiva.
Nel frattempo migliaia di malati
in stato vegetativo rischiano
di pagare il vuoto legislativo
e di fare la fine di Eluana
34
gennaio 2011
I
l Movimento per la vita è intervenuto più volte sulla vicenda relativa alla legge sul
fine vita.
Basti ricordare il volume
“Eluana è tutti noi”, la realizzazione del Progetto Heptavium e
gli opuscoli inviati ai parlamentari
di cui SiallaVita ha dato notizia.
Ora, quando la legge recante
“disposizioni di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni
anticipate
di
trattamento”, sta per essere discusso alla Camera, la rivista Medicina e Morale dell’Università
Cattolica pubblica un saggio di
Carlo Casini. La lunghezza e il contenuto tecnico-giuridico del testo
non ne consentono la pubblicazione integrale in questa sede.
In sintesi lo scritto manifesta
una valutazione complessivamente positiva del disegno di
legge perché esso conferma il principio di indisponibilità della vita
umana, richiede la attualità del
dissenso del malato sulle cure, stabilisce la non vincolabilità per il
medico delle eventuali dichiarazioni anticipate.
Ne riportiamo la parte inizial e
e la conclusione.
O
ccorre ricordare l’occasione
che ha determinato l’avvio
di questa proposta di
legge. Il suo primo scopo è reso
evidente dalla sua origine. Il 9 feb-
braio 2009 alle ore 19.35 moriva a
Udine “di fame e di sete”, presso
la casa di riposo “La Quiete”,
Eluana Englaro, la giovane donna
38enne che da 17 anni, a seguito
di un incidente stradale, si trovava
in “stato vegetativo persistente”.
Per farla morire era stata ingaggiata una lunga e tormentata battaglia giudiziaria terminata con il
decreto emanato il 9 luglio 2008
dalla Corte d’Appello di Milano,
che autorizzava il padre tutore,
Peppino Englaro, a far cessare l’alimentazione e l’idratazione nei
confronti della figlia, effettuate
mediante sondino nasogastrico.
Per impedirne la morte era
stata intrapresa in extremis una
battaglia, anch’essa giuridica, fatta
di nuovi disperati ricorsi alla Cassazione e alla Corte europea dei diritti dell’uomo, denunce penali,
conflitti di attribuzione sollevati dinanzi alla Corte Costituzionale, appelli al giudice tutelare, atti di
indirizzo ministeriale.
Tutto inutile: anche la resistenza di fatto delle Regioni e dei
presidi sanitari che si rifiutavano di
accogliere Eluana per eseguire il
“protocollo” di morte. Inutili
anche le bottiglie d‘acqua simbolicamente depositate in grande
quantità sul sagrato del Duomo di
Milano e sulla piazza del Campidoglio per suggerimento di
Giuliano Ferrara. Inutili le
veglie di preghiera nelle
chiese
di
varie
città
d’Italia.
Eluana
nella notte
del 3 febbraio alle ore
L’acqua di Ferrara
1.30
veniva
Neppure l’azione
prelevata
dimostrativa lanciata
dalla
Casa
da Giuliano Ferrara
di deporre bottiglie
delle Miserid’acqua fuori
cordine
di
del
Duomo
di Milano
Lecco e pore
del
Campidoglio
tata a morire
a Roma è servita
ad Udine.
a salvare Eluana.
L’ u l t i m o
tentativo di
Sopra:
far vivere anEugenia Roccella
cora Eluana fu
legislativo. Per
iniziativa del Movimento per la
vita molti parlamentari si rivolsero
al presidente del Consiglio per ottenere dal governo un decretolegge d’urgenza: un solo articolo
che vietasse la sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione
e che entrasse immediatamente in
vigore.
Al mattino del 6 febbraio il governo formulò il decreto-legge, ma
subito il Presidente della Repubblica fece sapere con un messaggio
che non lo avrebbe firmato perché
lo riteneva incostituzionale. Prima
di rassegnarsi il governo, quello
stesso giorno, riunito in sessione
straordinaria, mentre Eluana moriva, approvò un disegno di legge
con lo stesso contenuto del decreto non firmato dal Capo dello
Stato, con il proposito di farlo approvare in tre giorni con una legge
9 FEBBRAIO. GIORNATA
DEGLI STATI VEGETATIVI
l Consiglio dei ministri ha approvato su proposta del Ministro
della Salute la direttiva che indice
per il 9 febbraio 2011 la Giornata
nazionale degli Stati vegetativi. In
merito alla decisione il Sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella ha
dichiarato:
“E’
molto importante,
in particolare in
questo momento di
acceso dibattito,
che dal prossimo
anno il 9 febbraio
sia la Giornata nazionale degli stati
vegetativi.
A volerla fortemente sono state le associazioni
dei familiari delle persone che vivono in questa condizione, che
hanno lavorato al Libro Bianco del
ministero della Salute.
Questa data ricorda a tutti noi
l’anniversario della morte di
Eluana Englaro, una ragazza affetta da disabilità grave la cui vita
è stata interrotta per decisione
della magistratura. Con questa
giornata il ricordo di Eluana non
sarà più una memoria che divide
ma un momento di condivisione
per un obiettivo che ci unisce tutti.
Da oggi sarà un’occasione preziosa in più per ricordare a tutti noi
quanto è degna l’esistenza di tutti
coloro che vivono in stato vegetativo e non hanno voce per raccontare il loro attaccamento alla vita.
Questa giornata sarà anche un
appuntamento per fare il punto
scientifico su tutte le scoperte su
queste situazioni di cui sappiamo
ancora troppo poco.
E potrà rappresentare una finestra di visibilità per queste persone e le famiglie che le
accudiscono
amorevolmente,
troppo spesso coscientemente accantonate dai media che si rivolgono al grande pubblico, come ha
dimostrato la recente vicenda della
trasmissione Vieni via con me”.
I
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LE MINACCE
PIU’ FORTI DELLA MALATTIA
Fabio Cavallari
V
Vivi. Storie
di uomini e donne
più forti della malattia
Lindau editrice
pp. 176, euro 16,00
testimonianza
ale la pena vivere così? È
dignitoso? Massimiliano ha
trascorso dieci anni della sua
esistenza in coma. Alcuni medici lo
hanno definito un «tronco morto», un
vegetale senza alcuna possibilità di
recupero. La sua famiglia lo ha tolto
dalla lungodegenza, lo ha portato a
casa, accudito come un neonato,
inserito in un programma di
riabilitazione. Una follia, hanno
sentenziato in molti. Ma un giorno
d’inverno si è risvegliato, ha
sconfessato tutta la letteratura medica
di riferimento, è tornato a testimoniare
la sua presenza. «Io sono contento
così. Mi dispiace per tutti quei ragazzi
che non hanno la fortuna di avere una
famiglia come la mia.»
Giulia non doveva neppure
nascere, perché affetta da una
gravissima malformazione celebrale.
Oggi partecipa a gare di sci per disabili.
Bruno e Claudio sono stati colpiti
dalla Sla, non si muovono, non
parlano. La loro salvezza, un
respiratore
artificiale.
Entrambi amano, ascoltano
musica, vogliono vivere.
E ancora le storie di
Daniela, Egle, Giovanni…
Malattie rare, patologie
sconosciute,
famiglie
smarrite.
Chi vuole vivere non fa
notizia, non riempie le pagine
dei giornali o le dirette
televisive.
Vivi
vuole
raccontare la realtà, il vissuto
quotidiano di uomini e donne
più forti della malattia.
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gennaio 2011
ordinaria immediatamente promulgata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Tuttavia, mentre
dinanzi al Senato si svolgeva l’ennesima manifestazione, Eluana
morì.
La legge vigente, così come in-
terpretata dai giudici, aveva cessato di garantire la vita.
Da allora molte altre “Eluane”
sono in pericolo di vita… la legge
non le protegge più! Bisogna impedire che si verifichino altri casi simili. Come fare?
Prima che gli eventi precipitassero gli ambienti contrari all’eutanasia – i cattolici in prima linea –
non volevano una legge che regolasse le modalità di cura di fronte
alla morte. Giudicavano impossibile definire con rigore l’accanimento terapeutico: preferivano
riferirsi alla coscienza e alla scienza
dei medici piuttosto che a una regola giuridica, stante la estrema
variabilità dei casi; soprattutto temevano l’introduzione, in forma
più o meno esplicita o strisciante,
all’eutanasia.
Ma molti, dopo la morte di
Eluana, cambiarono idea perché la
situazione dell’ordinamento giuridico era mutata. Come avevano invocato una legge al fine di porre
un rimedio estremo per salvare
Eluana, così ora chiedevano una
legge per salvare molte altre
Eluane.
La gravità del pericolo sembrava imporre tempi rapidissimi. Al
Senato fu promesso: “basteranno
due settimane”. Poi si disse: “un
mese”. Infine, la “legge Calabrò”
fu approvata dai senatori ed in-
viata alla Camera il 31 marzo 2009.
Una cosa è certa: quanti sono
favorevoli all’eutanasia, anche se
in forme apparentemente blande,
sono fortemente contrari alla
“legge Calabrò”. È già questo un
elemento di giudizio. Alla Camera
il tentativo di non giungere all’approvazione della “legge Calabrò”
è stato prolungato e duro: sono
state chieste e ottenute inutili indagini e sono stati depositati ben
2.516 emendamenti presso la commissione Affari sociali. L’esigenza
di chiudere rapidamente l’iter legislativo avrebbe reso preferibile la
blindatura della proposta di legge
e quindi il rigetto di tutti gli emendamenti. Si trattava non solo di
prevenire un altro caso Eluana, ma
anche di evitare i rischi di brecce
prodotte dalle tendenze eutanasiche, tanto più possibili quanto più
lungo l’iter legislativo.
Inoltre, eventuali crisi politiche
– si osserva ancora oggi – possono
sfaldare la maggioranza che aveva
sostenuto la “legge Calabrò”.
Eventuali elezioni anticipate potrebbero rendere inutile tutto il lavoro già compiuto. Sulla bilancia le
imperfezioni della “legge Calabrò” sembrano pesare molto di
meno del rischio di non raggiungere la conclusione, o di far prevalere soluzioni eutanasiche man
mano che la memoria del dramma
Eutanasia e tv. E’ partita la grande campagna
N
on è bastata l’ignobile propaganda eutanasica ad opera della trasmissione Vieni
via con me. Non è bastato neppure che
RaiTre consentisse la messa in onda dello spot
sull’eutanasia voluto dai radicali.
Nei giorni caldi prenatalizi abbiamo assistito ad un vero e proprio
bombardamento a favore della
“dolce morte”, come dimostra la
scelta di RaiTre (ancora quella!) di
mettere in onda in questi giorni il film
Million dollar baby e di RaiDue di
pubblicizzare la serie di inquietanti vignette sul suicidio presentate in chiusura di Annozero.
Se si considerano, inoltre, le pressioni anche parlamentari con cui si è
di Eluana si illanguidisce. Ma, come
previsto, con lo scorrere del tempo
si sono manifestate crepe nei partiti che avevano sostenuto la legge
al Senato ed ha prevalso l’idea che
per far passare la legge bisognava
introdurvi qualche modifica, possibilmente solo marginale, che ne
salvasse il contenuto essenziale,
ma fosse in grado di superare talune perplessità nella stessa maggioranza.
Perciò, in Commissione sono
stati approvati alcuni emendamenti, i più presentati dallo stesso
relatore, Domenico Di Virgilio.
È necessario ricordare l’origine
della proposta legislativa per non
dimenticarne lo scopo: evitare che
in futuro si concludano nello stesso
tragico modo di Eluana le vite di
persone che si trovano nella più
grave forma di disabilità: uno stato
di prolungata incoscienza.
Richiamare questo scopo è già
dare una risposta a coloro che, per
motivi asseritamente etici, insistono nel negare l’opportunità di
una legge, in particolare della
legge Calabrò.
Bisogna tenere presente che
l’ordinamento risulta modificato
dalla giurisprudenza sul caso
Eluana. Gli articoli del Codice penale 579 (omicidio del consenziente) e 580 (istigazione e aiuto al
suicidio) e l’articolo 5 del Codice ci-
deciso di strumentalizzare la disperazione di
Mario Monicelli, facendo credere che il suo suicidio sia stato un gesto di “libertà”, appare innegabile la volontà, da parte dei soliti noti, di
plagiare l’opinione pubblica sul versante del fine
vita.
Il Movimento per la vita si è sentito
in dovere di esprimere pubblicamente
indignazione e sgomento per le modalità con cui, a più livelli, si sta tentando
di pubblicizzare l’eutanasia.
Mario Monicelli
Anche il suo suicidio è stato utilizzato
per propagandare l’eutanasia
Sotto: Fazio con Beppe Englaro e Mina Welby
vile (divieto di atti di disposizione
del proprio corpo che cagionino
una diminuzione permanente dell’integrità fisica) non affermano
più che il diritto alla vita è indisponibile. Affermano - oggi a differenza di ieri - che il diritto alla vita
è indisponibile salvo il caso in cui vi
sia una perdita definitiva di coscienza e una volontà del malato
di non vivere in tale condizione
manifestata anche soltanto indirettamente con il pregresso “stile
di vita”.
Ci vuole, dunque, una legge,
ma non una legge qualsiasi.
Con quali criteri giudicarla?
Occorre valutare il testo che ora
viene presentato all’assemblea
plenaria della Camera sotto due
aspetti: a) come il principio di indisponibilità della vita umana viene
applicato nella legge; b) come
l’art. 32 della Costituzione viene
interpretato laddove esso sancisce
che “nessuno può essere sottoposto ad un determinato trattamento se non per disposizione di
legge”. (Omissis)
L’urgenza dell’approvazione
definitiva di una legge che regoli il
consenso informato nel caso di
perdita di coscienza è evidente.
Perciò, ai problemi di contenuto
della auspicata normativa si aggiungono quelli della tattica poli-
tico-parlamentare in una congiuntura nella
quale le tendenze eutanasiche cercano di
impedire o almeno di ritardare il più
possibile l’emanazione della
legge giunta
alle soglie della
sua possibile
promulgazione
ed in cui, peraltro, appare incerta la prosecuzione della
legislatura fino al suo termine naturale. Come è noto, con la fine
della legislatura vengono azzerate
tutte le iniziative legislative in
corso. In questa situazione potrebbe sembrare opportuno che la
Camera cancelli tutti gli emendamenti introdotti dalla sua commissione Affari sociali, in modo da
evitare ulteriori ritardi con l’ulteriore rinvio al Senato. Se, peraltro,
si ritenesse necessario confermare
gli emendamenti che hanno modificato il testo della prima lettura,
allora sarebbe quanto mai opportuno rendere più corretti e chiari
taluni punti della legge secondo
quanto indicato nel presente contributo.
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