atgabbes
Persone con bisogni
d’accompagnamento
intensivi
Monica Lupi, membro CC atgabbes
Origine
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Richiesta di genitori: accordare maggior attenzione ai
bisogni delle persone con handicap gravi
„
10 punti messi a punto dalle associazioni nazionali per le
persone con handicap in occasione della NPF
Da qualche anno a questa parte cerchiamo di rilanciare il tema dell’integrazione, inteso in modo
particolare come inserimento in azienda. Un gruppo di genitori ci ha invitati per lettera ad occuparci
maggiormente delle persone in situazione d’handicap fin dall’infanzia per le quali non si può
intravedere in età adulta un inserimento in azienda data la gravità della loro disabilità. A questo
hanno aggiunto che, in età adulta i loro figli presto o tardi avrebbero avuto bisogno di un
collocamento in struttura abitativa, questo considerando che loro sarebbero invecchiati e un giorno
non ci sarebbero stati più.
In occasione della nuova perequazione finanziaria le associazioni nazionali delle persone in
situazione d’handicap e delle strutture per invalidi hanno elaborato un prontuario di 10 punti da
considerare nelle relazioni con i cantoni. Leggendoli si nota come, trasversalmente, sia
sottolineata la necessità di posti di buona qualità per le casistiche più gravi questo al fine che la
decisione di una mantenimento a domicilio da parte dei genitori sia frutto di una vera scelta e non
del fatto che non ci sono posti o che il figlio non avrà l’opportunità di condurre una sua vita
dignitosa se collocato in struttura.
Osservazione: partecipando agli incontri delle associazioni nazionali, posso dire che a confronto
ad altri cantoni noi siamo fortunati se non altro per la tendenza all’ascolto e alla collaborazione dei
funzionari preposti…non in tutti i Cantoni è così.
Approfondimento concettuale: cosa possiamo
intendere con “handicap grave?”
“Persons with complex dependency needs- Excluded
among the excluded” ed FEPH
“Persone in situazione di grande dipendenza-Esclusi fra gli
esclusi” ed. FEPH
Abbiamo dapprima svolto un approfondimento concettuale. Infatti, ci siamo chiesti cosa si potesse
intendere con “handicap grave”: infatti, ogni situazione d’handicap, in quanto situazione
d’esclusione sociale, è una situazione che consideriamo grave…ci siamo quindi chiesti se vi
potessero essere tratti distintivi che portassero a considerare una situazione d’handicap più o
meno grave di un’altra o se persone in situazione d’handicap potessero avere caratteristiche che le
distinguessero da altre persone in situazione d’handicap
Per questo abbiamo letto il testo riportato nella diapositiva edito dal Forum Europeo delle persone
con handicap: anche le associazioni internazionali infatti si sono chinate sul tema nel momento in
cui hanno dovuto prender atto che prospettive politiche come l’autorappresentanza, il lavoro con
inserimento in azienda o la vita indipendente fungendo da datore di lavoro di assistenti personali,
non sono praticabili da tutte le persone in situazione d’handicap
FEPH: Forum Europeo persone con handicap
Il testo in inglese purtroppo non può più essere trovato nel sito del FEPH
La traduzione italiana del testo è distribuita in forma gratuita e può essere comandata all’indirizzo
mail [email protected]
…come possiamo rappresentarcele?
Come rappresentarci queste persone gravi …o, come preferiamo chiamarle, con bisogni
d’accompagnamento intensivi? (l’espressione “alta dipendenza” che utilizzavamo, è stata
abbandonata perché nel nostro territorio induce rappresentazioni legate alla tossicodipendenza)
Di solito quanto di pensa a queste persone si pensa a qualcuno con grandi difficoltà nel movimento
per cui dev’essere aiutato in tutto e per tutto perché dal profilo motorio non ce la fa …qualcuno
come la signorina nella foto che ha un polyhandicap
….ma anche la persona che vediamo nella foto, che non ha alcun problema motorio da solo non
ce la fa a svolgere attività anodine per ciascuno di noi e quindi è da considerasi qualcuno con
bisogni d’accompagnamento intensivi
Cosa le accomuna?
“la persona non è in grado di giovarsi autonomamente
dell'aiuto del suo prossimo perché non ha piena
consapevolezza del nesso causale tra il suo stato di
insoddisfazione e l'eventuale intervento esterno d'ausilio e
può non essere in grado di chiedere autonomamente
"aiuto", oppure “la riduzione drammatica della possibilità di
comunicare, in associazione alla totale disabilità motoria,
rende "gravissima" la persona che ha bisogno di un tramite
per manifestare la propria insoddisfazione o per chiedere
"aiuto"
Prof. Aldo Pacifici-Conferenza 26 ottobre 2003
Dal testo che potete leggere nella diapositiva si può evincere che quanto accomuna le persone
delle quali parliamo e le distingue da altre persone in situazione d’handicap, è il fatto che, per
ragioni diverse, sono incapaci di chiedere in modo comprensibile un aiuto pertinente in caso di
bisogno.
Sono quindi persone che hanno bisogno di un'altra persona, di un tramite, che capisca di che aiuto
hanno bisogno per star bene o che interpreti e comunichi le loro necessità e richieste in modo che
vi si possa rispondere.
Un po’ come la persona con sordità necessita dell’interprete della lingua dei segni per comunicare
con le persone non sorde, queste persone hanno bisogno di un “traduttore”, di un “interprete
umano” che le conosca bene per poter fruire d’un aiuto utile a far fronte alle loro necessità.
Possibili cause per il FEPH
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Sordo-ciecità
Polyhandicap
Disabilità fisica importante che impedisce anche di
esprimersi
Disabilità cognitiva grave
Autismo grave
Il Forum europeo per le persone con handicap ha determinato le situazioni riportate nella
diapositiva come cause di un bisogno d’accompagnamento particolare
Noi ci siamo chiesti se anche le persone con disagio psichico, nei momenti di crisi, non fossero da
considerare persone di questo tipo, senza arrivare a conclusioni.
Discusso in un gruppo composto di
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Rappresentate associazione familiari e tutori Miralago
Rappresentate Autismo Svizzera Italiana
Rappresentate VASK (disagio psichico)
Rappresentate atis
Direttore CARL
Rappresentante FD
Ufficio Invalidi
ProInfirmis
Consulenza prof..Mainardi
Come nostra abitudine abbiamo discusso delle nostre idee in un gruppo composto di
rappresentanti di diversi enti interessati. Abbiamo tenuto in modo particolare a raggruppare le
associazioni di parenti che potevano essere interessate al tema pensando anche che non tutte le
associazioni di parenti dispongono, come la nostra, di un segretariato professionale.
Bisogni emersi
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Valorizzare il lavoro svolto dalle equipe che si occupano di
queste persone e possibilità per un loro aggiornamento
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Posti in struttura pensando in particolare all’invecchiamento
dei genitori che li accolgono ancora a casa
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Sostegni al mantenimento a domicilio e possibilità di
momenti di respiro
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Disorientamento sui servizi da parte di familiari, in
particolare delle persone con disagio psichico
I bisogni emersi sono annotati sulla diapositiva
In verde sono cerchiati quelli per i quali si sta operando.
In rosso un tema sul quale occorre certamente chinarsi in modo serio pensando eventualmente
all’elaborazione dio un opuscolo che descriva i servizi a disposizione e divulgandolo attraverso
canali appropriati (strutture, psichiatri…)
Ci è sembrato particolarmente importante valorizzare il lavoro svolto dagli operatori con queste
persone: si tratta di un lavoro impegnativo, che certamente procura soddisfazioni personali, ma di
regola poco conosciuto per cui alle soddisfazioni personali spesso non fa seguito anche una
soddisfazione legata ad un riconoscimento sociale
Valorizzazione del lavoro svolto e aggiornamento
attraverso 3 mezze giornate a tema
Curati ed assisti…ma per la Qualità di vita?
Per ogni mezza giornata:
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Presentazione di esperienze che le equipe ritengono
particolarmente significative attraverso un atelier
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Conferenza sul tema di un relatore che avrà visitato gli atelier
in modo da favorire la concettualizzazione delle prassi
Vogliamo partire dalle esperienze svolte dalle equipe: siamo convinti che nelle nostre strutture si
svolgano delle buone esperienze, talvolta poco esplicitate, quindi poco comunicabili agli altri,
dunque poco valorizzabili e poco fonte di apprendimento reciproco. Siamo convinti che se
vogliamo valorizzare le equipe è da queste esperienze e non da quanto i relatori potranno dirci che
bisogna partire.
I relatori visiteranno gli spazi di presentazione delle esperienze in modo da poter creare un legame
fra la pratica e la teoria, favorendo la concettualizzazione delle prassi
Le tematiche
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Viversi e percepirsi come un essere umano attivo nel
suo ambiente. (Teresa Wysocka – 4 dicembre 2009)
„
Comunicare nel proprio ambiente. (Théo Peeters - 22 o
29 gennaio 2010)
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L’utente, l’operatore e il medico per la salute ( X –
marzo 2010)
Viversi e percepirsi come un essere umano attivo nel suo ambiente
È il fondamento di qualsiasi partecipazione, anche intesa in forme molto ristrette, concrete e vicine
alla persona come l’acquisire consapevolezza dei nessi causa-effetto delle proprie azioni. Sembra
banale, ma le persone con gravi handicap fisici, del sensorio (pensiamo alle persone sordo-cieche
fin dalla nascita) o con disabilità cognitive gravi non sempre riescono a vivere tale esperienza
senza azioni a a carattere educativo
Cosa si fa nelle nostre strutture per sviluppare e mantenere la consapevolezza di sé, del mondo
circostante e della possibilità di un’azione propria che abbia degli effetti mirati?
Quali concetti, quali strategie potrebbero migliorare quanto già si svolge?
Comunicare nel proprio ambiente
È il fondamento di ogni relazione umana, quindi di ogni partecipazione sociale…non tutte le
persone delle quali parliamo sono in grado di comunicare magari in forme elementari, ma efficaci
….pensiamo alle persone con disabilità cognitive gravi e pensiamo alle persone con un disturbo
autistico delle quali si è tanto parlato oggi
Cosa si fa nelle strutture sociali per favorire le capacità di comunicazione?
Quali concetti, quali strategie potrebbero migliorare quanto già di svolge nelle nostre equipe?
L’utente, l’educatore e il medico per la salute
La questione situazione d’handicap inizia là dove il medico deve dichiarare la propria impotenza a
guarire….è lì che iniziano misure a carattere abilitativo o riabilitativo volte a migliorare le possibilità
della persona e misure sociali volte a favorirne l’integrazione. E questi di per sé non sono affari
medici. Queste persone però possono presentare problemi di salute associati alla loro causa
invalidante che è bene conoscere per prevenirle. Le loro condizioni spesso possono condurre a
stili di vita che non favoriscono la salute fisica o psichica (per esempio mancanza di movimento,
essere esposti a climi caratterizzati da tensione). Nel contempo si tratta di persone che, lo
abbiamo visto, non dispongono dei mezzi utili a chiedere un aiuto pertinente, quindi a comunicare
con il medico, cosa che pone il medico in una situazione di cura particolare. È evidente che con
loro la cura, ma pure la promozione della salute dev’essere frutto di una collaborazione fra gli
operatori che li circondano e il medico.
Quali sono le esperienze di collaborazione operatori-medici volte a curare e a favorire la salute che
si svolgono ?
E come si potrebbero ottimizzare?
I relatori già reperiti
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Teresa Wysocka: stimolazione basale
Fondazione Robert Hollman (bambini con deficit visivo)
Forma educatori e pedagogisti alla stimolazione basale
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Théo Peeters: autismo
Direttore del Opleidingscentrum Autisme, Belgio
Tiene conferenze e formazioni sul tema a livello
internazionale
Dei relatori contattati possiamo dire che tutti si sono dimostrati entusiasti all’idea di un’iniziativa che
non concernesse solo una tipologia di persone in situazione d’handicap, com’è abituale, bensì
diverse tipologie di persone in situazione d’handicap accomunate da tematiche relative al loro
accompagnamento
Destinatari dell’evento:
. Familiari attraverso atgabbes e altre associazioni e indirizzari strutture
. Operatori attraverso strutture e sindacati
. Studenti delle scuole sociali (SUPSI, SCOS, SSPSS) e sanitarie (SCOS; Scuola infermieri,
SUPSI)
. Medici e infermieri attraverso le associazioni professionali
. Docenti scuole speciali attraverso ufficio
Atelier
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Spazio nel quale i partecipanti possono conoscere una
tematica attraverso materiale illustrativo o compiendo essi
stessi delle esperienze
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Dà al partecipante la libertà di muoversi, di soffermarsi il
tempo che egli ritiene necessario, di approfondire
maggiormente quanto gli interessa di più e di sorvolare
quanto gli interessa di meno
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Di regola funziona senza un animatore, ma può essere
presente una persona per rispondere a domande
Il metodo atelier è un metodo della pedagogia attiva. Messo a punto da Célestine Freinet,
impossibilitato nel “far lezione” perché, causa la guerra, si era ritrovato afono. Dalla situazione
d’handicap di Célestine Freinet, la nascita della pedagogia attiva in Francia.
È un metodo che mi sembra interessante pensando alla presentazione d’esperienze perché
consente molta autonomia ai partecipanti e favorisce il loro scambio informale che, soprattutto in
campo professionale, è oggi considerato fonte sicura di apprendimento.
Concretamente
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3 Istituti per invalidi con spazio sufficiente per accogliere
atelier da altre strutture
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Proposte per atelier entro la metà agosto: almeno 3-4
atelier per tematica
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Favorire la partecipazione degli operatori, ma pure dei
familiari (divulgazione attraverso indirizzari delle strutture)
Per gli aspetti concreti il signor Mengoni prenderà contatto con la conferenza dei direttori atis in
modo da individuare degli accordi
La scelta delle esperienze per gli atelier
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Esperienza inerente il titolo della mezza giornata e non la
specializzazione dei relatori
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Considerare la valenza per la Qualità di vita degli utenti e
non l’eventuale valenza a carattere accademico
Mi permetto d’invitare i direttori delle strutture per persone in situazione d’handicap ad incoraggiare
le loro equipe a presentare esperienze che svolgono senza guardare all’interesse accademico
dell’esperienza stessa o all’applicazione di un metodo piuttosto di un altro: il mio ormai lontano
passato come educatrice mi conduce a credere che di regola gli operatori, in particolare quando
lavorano con questo tipo di persone, sono persone timide, poco avvezze a presentare il loro lavoro
e che, confrontate con situazioni d’handicap di questo tipo capita non siano consapevoli fino in
fondo dell’immenso valore per il benessere della persona (che è quello che cerchiamo noi parenti
di queste persone) delle loro prassi. Credo quindi stia alle direzioni e ai responsabili, in primo
luogo, valorizzare quanto svolgono queste equipe considerando le tematiche poste e il valore per
la persona in situazione d’handicap di quanto si fa.
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Giornate di studio, Atgabbes, Monica Lupi