Beato Gennaro Sarnelli (1702-1744) – Italia.
Il venerabile [oggi beato]. Gennaro Sarnelli, tra gli uomini migliori della Congregazione del SS.
Redentore, occupa il primo posto. È anche il più vicino a S. Alfonso per la nobiltà dei natali, per il
tirocinio professionale, per la vocazione ecclesiastica, per l’opera apostolica, per le pubblicazioni
librarie.
Nacque dalla nobile famiglia dei Sarnelli, Baroni di Ciorani, il 12 settembre 1702. Fu educato in seno
alla famiglia da privati maestri nelle varie discipline culturali del tempo; e, per desiderio del padre,
scelse infine la carriera del Foro. Nel Palazzo Baronale e nelle aule universitarie e nel clamore del
Foro e nel trambusto della città, fu sempre eguale a sé stesso, con spiccata tendenza allo stato
ecclesiastico, che finalmente abbracciò, rinunziando ai Tribunali.
Seguendo il cammino di Alfonso Maria De Liguori, si ritirò prima a vivere nel Collegio della Sacra
Famiglia, detto dei Cinesi, e poi si aggregò alla Congregazione delle Apostoliche Missioni, eretta
nell’Arcivescovato di Napoli.
Era così ardente il suo zelo per la gloria di Dio e la salvezza delle anime che decise di appartenere
all’Istituto del SS. Redentore, che si iniziava a Scala, il 9 novembre 1732. Gennaro Sarnelli, figlio del
Barone Angelo, Avvocato nella Capitale, Missionario di grido nel Regno, fu tra i primi a seguire il
Fondatore, che impersonava nella sua vita i due scopi prefissi. Ne fu anzi il sostegno e l’animatore
nelle prime lotte e incertezze per il progredire dell’opera Missionaria e il consolidamento delle basi
della nuova fondazione, di cui volle una casa nel feudo paterno, che fece dedicare alla SS. Trinità.
Fu ammesso in Congregazione il 15 gennaio 1734; era sacerdote dall’8 giugno 1732.
Svolse la sua attività apostolica specialmente nell’Archidiocesi Napoletana, avendo a lui affidato il
Cardinale Arcivescovo tutto il peso delle Missioni date dai suoi confratelli religiosi e dai sacerdoti
secolari.
Il suo massimo impegno si volse, però, ad estirpare due gravissimi mali: il meretricio e la bestemmia.
Tutto osò allo scopo: ordinanze reali; intervento arcivescovile, predicazione, pubblici scritti, pubblica
opinione, sussidi finanziari, rieducazione nei conservatori; non curava minacce di cavalieri, insulti
volgari, pericoli della vita, rimostranze dei familiari. E vi riuscì!
Quale fortuna se tornasse quest’apostolo; e, non più nella sola capitale, ma nei capoluoghi di
Provincia, nelle città industriali, nei paeselli, nelle campagne d’Italia !
A fecondare quest’opera aveva già provveduto col mezzo della penna. Già moribondo, diceva al can.
Sersale: « Signor Canonico, io voglio con le mie opere predicare sino al giorno del giudizio!…». E
scrisse molto. A quarantadue anni, e a solo dodici di sacerdozio, aveva scritto opere più numerose e
robuste dello stesso Dottore Zelantissimo a quella età. Il P. De Meulemeester ne conta ventiquattro,
di cui alcune arrivate sino alla nona e decima edizione, altre tradotte in lingue estere. G. Basso — in
« biografie degli uomini illustri del Regno di Napoli » — assicura che egli lasciò « una cassa di altri
opuscoli e opere manoscritte di soda pietà».
L’ultima riproduzione di queste opere complete fu fatta dagli Editori Festa di Napoli, in quattordici
volumi, negli anni 1888-1889.
Un accenno alle virtù dell’uomo di Dio. Basti annunziarle: carità di Dio e del prossimo si fusero in lui
con lo zelo, e si manifestarono nelle fatiche delle missioni, nella lotta al peccato, nelle visite agli
ospedali, nel catechismo ai fanciulli, nel ministero delle confessioni, nell’ardore della orazione, nel
rigore della mortificazione, nello studio della umiltà. Virtù nutrite da una vivissima devozione alla
SS. Trinità, alla Passione di Gesù, al Sacramento dell’altare, e alla gran Madre di Dio, che lo
sostennero in mezzo alle desolazioni e aridità di spirito unite a terribili tentazioni di gola, infedeltà e
disperazione, sopportate sino alla morte.
Fece la morte di un santo. Aveva la corona in mano, stretto il Crocifisso al petto. Ripeteva: « Padre
mio, eccomi qua; già la creatura torna al Creatore, il figlio torna al Padre. Signore, se vi piace,
sospiro a vedervi faccia a faccia. Ma non voglio né morire né vivere, voglio quello che volete voi.
Sapete che, quanto ho fatto e detto, tutto è stato per la gloria vostra ».
Aveva desiderato di morire in una novena della Madonna, e spirò placidamente nell’antivigilia della
Visitazione, il 30 giugno 1744. Le sue reliquie riposano nella chiesa dei Redentoristi, alla salita di Via
Tarsia, in Napoli. [Oggi, 2013, riposano nella chiesa della SS. Trinità in Ciorani – È stato proclamato
beato nel 1996].
P. Mario Gagliardo
S. ALFONSO, 1952, pag. 9.
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Profilo tratto da
Nella luce di Dio, Redentoristi di ieri.
del P. Francesco Minervino, Pompei 1985
eato Gennaro Sarnelli (tela di Roma - Raccolta Marrazzo) fu amico e
compagno di S. Alfonso. Figlio del Barone di Ciorani, Angelo, Avvocato
nella Capitale, Missionario di grido nel Regno, fu tra i primi a seguire il
Fondatore e ne fu il sostegno e l’animatore nelle prime lotte e
incertezze.
Leggi il profilo scritto dal P. Benedetti.
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