ISTITUTO PONTANO
LICEO CLASSICO
CLASSE V GINNASIO SEZ. A
L’IDENTITA’ CULTURALE:
DAL ‘MIO’
AL ‘NOSTRO’ MONDO
ANNI SCOLASTICI 2009/1010 – 2010/2011
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SVOLGIMENTO DELL’ ATTIVITA’ DIDATTICA
FASE I Il problema ‘immigrazione’: lettura e selezione di articoli pubblicati sui
maggiori quotidiani negli anni 2008, 2009 e 2010.
FASE II Gli indicatori della popolazione, relazione tra territorio e popolazione, le
cause e le conseguenze delle migrazioni. Realizzazione di mappe concettuali.
FASE III Somministrazione del questionario prodotto in classe ‘Noi e gli immigrati’.
Lavoro statistico e riflessioni.
FASE IV Il luogo in cui vivo: identità culturale di Napoli e della sua provincia.
FASE V La cultura non tangibile: la sinagoga e la comunità ebraica di Napoli.
FASE VI Visita d’istruzione presso l’isola di Ischia. Alla scoperta delle diversità
culturali della nostra regione.
FASE VII I luoghi delle vacanze: identità culturale dei posti che ho visitato.
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QUESTIONARIO
NOI E GLI IMMIGRATI
1. HAI MAI CONOSCIUTO UN IMMIGRATO?
ETÀ _______
SI
NO
2. GENERALMENTE COME TI COMPORTI NEI CONFRONTI DI UN IMMIGRATO?
a. Lo ignori.
b. Ti allontani.
c. Ti attivi per aiutarlo.
d. Altro.
3. CHI È PER TE UN IMMIGRATO?
a. Uno straniero.
b. Una persona che vuole migliorare le sue condizioni di vita.
c. Una persona diversa da te.
4. LA MESCOLANZA DI DIVERSE CULTURE E TRADIZIONI:
a. ti crea disagio;
b. è motivo di confronto;
c. è per te indifferente.
5. PERCHÉ L’IMMIGRAZIONE PUÒ DIVENTARE UN PROBLEMA PER LO STATO CHE
OSPITA?
a. Perché è difficile la gestione di troppi immigrati.
b. Perché non c’è lavoro per tutti.
c. Perché gli immigrati possono essere coinvolti nella malavita.
6. SECONDO TE, QUALE ATTEGGIAMENTO DOVREBBE ASSUMERE LO STATO NEI
CONFRONTI DEGLI IMMIGRATI?
a. Vietare l’accesso a stranieri per lunghi periodi.
b. Rimandare al paese d’origine gli stranieri senza un regolare permesso di soggiorno.
c. Accogliere gli stranieri, ma monitorare costantemente la loro presenza.
7. SECONDO TE, QUALI LAVORI DOVREBBE SVOLGERE UN IMMIGRATO?
a. Non dovrebbe svolgere alcun lavoro perché spetta allo Stato che li ospita prendersi cura di loro e
sostenerli economicamente.
b. Lavori adeguati alle attitudini e ai titoli di studio conseguiti nel paese d’origine.
c. Lavori di manodopera.
8. COSA PENSI DEGLI IMMIGRATI CHE ACCETTANO LAVORI UMILI E SOTTOPAGATI?
a. Sono persone responsabili.
b. Non hanno trovato altro lavoro.
c. Accettano qualsiasi condizione in attesa di offerte migliori.
9. QUALE OPINIONE HAI DI UN NUCLEO FAMILIARE DI IMMIGRATI?
a. Si tratta di famiglie disgregate.
b. Si tratta di famiglie molto unite.
10. SEI COSTRETTO AD ABBANDONARE IL TUO PAESE D’ORIGINE:
a. sei pronto ad affrontare nuove esperienze;
b. sei consapevole delle difficoltà da affrontare;
c. ti aspetti di essere emarginato;
d. non ti poni alcun problema perché non lasceresti mai il tuo paese d’origine.
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I RISULTATI – CAMPIONE DI 80 PERSONE TRA I 14 E I 35 ANNI
1. HAI MAI CONOSCIUTO UN IMMIGRATO?
8%
SI
30%
NO
62%
NULLE
2. GENERALMENTE COME TI COMPORTI NEI CONFRONTI
DI UN IMMIGRATO?
LO IGNORI
29%
32%
11%
28%
TI ALLONTANI
TI ATTIVI PER
AIUTARLO
ALTRO
3. CHI E’ PER TE UN IMMIGRATO?
UNO
STRANIERO
18%
27%
55%
UNA PERSONA
CHE VUOLE
MIGLIORARE
LE SUE
CONDIZIONI DI
VITA
UNA PERSONA
DIVERSA DA
TE
4. LA MESCOLANZA DI DIVERSE CULTURE E TRADIZIONI:
30%
13%
ti crea disagio
è motivo di confronto
è per te indifferente
57%
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5. PERCHE’ L’IMMIGRAZIONE PUO’ DIVENTARE UN PROBLEMA PER LO
STATO CHE OSPITA?
19%
27%
perché è difficile la
gestione di troppi
immigrati
perché non c'è lavoro
per tutti
54%
perché gli immigrati
possono essere
coinvolti nella malavita
6. SECONDO TE, QUALE ATTEGGIAMENTO DOVREBBE ASSUMERE LO
STATO NEI CONFRONTI DEGLI IMMIGRATI?
vietare l'accesso agli stranieri per
lunghi periodi
1%
10%
42%
47%
rimandare al
paese d'origine
gli stranieri
senza un
regolare
permesso di
accogliere gli
stranieri, ma
monitorare
costantemente
la loro presenza
nulle
7. SECONDO TE, QUALI LAVORO DOVREBBE SVOLGERE
UN IMMIGRATO?
non dovrebbe
svolgere alcun
lavoro perché
spetta allo Stato
che li ospita
prendersi cura
1%
28%
7%
64%
lavori adeguati
alle attitudini e ai
titoli di studio
conseguiti nel
paese d'origine
lavori di
manodopera
nulle
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8. COSA PENSI DEGLI IMMIGRATI CHE ACCETTANO LAVORI UMILI E
SOTTOPAGATI?
sono persone
responsabili
12%
27%
61%
non hanno
trovato altro
lavoro
accettano
qualsiasi
condizione in
attesa di offerte
migliori
9. QUALE OPINIONE HAI DI UN NUCLEO FAMILIARE DI IMMIGATI?
3%
si tratta di famiglie
disgregate
1%
40%
si tratta di famiglie
molto unite
penso che siano
famiglie normali
56%
nulle
10. SEI COSTRETTO AD ABBANDONARE IL TUO PAESE D’ORIGINE:
sei pronto ad affrontare
nuove esperienze
1%
31%
6%
23%
39%
sei consapevole delle
difficoltà da affrontare
ti aspetti di essere
emarginato
non ti poni alcun
problema perché non
lasceresti mai il tuo
paese d'origine
nulla
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LE DIVERSITA’ CULTURALI NELLA PROVINCIA DI NAPOLI
NAPOLI – QUARTIERE VOMERO
A CURA DI PAUL CUOMO
Il Vomero costituisce la principale e più vasta delle
zone collinari della città, per il resto consistenti nelle alture dell'Arenella e nel promontorio di
Posillipo. E' il cuore commerciale e residenziale di Napoli, con una popolazione globale equivalente
a quella di una cittadina di medie dimensioni. Il nome Vomero deriva dal "gioco del vomere" che i
contadini della collina praticavano nei giorni festivi, sfidandosi a tracciare con l'aratro il solco più
diritto. Per vedere questo giuoco vi saliva una quantità di gente dalla città, e dicevano: andiamo a
vedere il giuoco del vomere; e per questo è restato a questo luogo questo nome. Nel secolo XVIII, il
Vomero era luogo prediletto per la villeggiatura e numerose erano le ville che vi sorgevano. Nel
1866 la Certosa di S. Martino, acquistata dallo Stato, fu destinata a Museo nazionale di storia
napoletana. Il Vomero in quell'epoca aveva un carattere, essenzialmente, agricolo: tutta la zona era,
infatti, rinomata, per i suoi broccoli e "pèr e vruòccolo" è, per l'appunto, l'appellativo scherzoso con
il quale, ancora oggi, si suole apostrofare i vomeresi purosangue. Nel primo dopoguerra, il Vomero
aveva, ormai, assunto la fisionomia di elegante quartiere residenziale. Con l'avvento del regime
fascista, l'attività edilizia fu intensificata realizzando anche insediamenti cooperativistici e di
edilizia popolare. I collegamenti con la città bassa subirono un miglioramento, con l'entrata in
funzione della funicolare Centrale nel 1926. Nel 1929 fu inaugurato lo stadio Littorio. Il secondo
conflitto mondiale ha riguardato direttamente il Vomero per l'episodio delle "Quattro giornate di
Napoli" che ebbe lì il suo inizio e la sua fine. Quando, infatti, si diffuse la notizia dello sbarco degli
americani, un gruppo di uomini armati si diresse verso lo stadio Littorio, dov'era il comando
tedesco. Appresa la notizia, il comando tedesco si affrettò a rastrellare quanti più uomini poté. Nel
frattempo, il movimento di resistenza cercò di darsi un'organizzazione: il professore Tarsia in Curia
ne assunse, in nome di un "Fronte unico rivoluzionario", il comando politico, fissandone la sede nel
liceo Sannazzaro; il capitano Vincenzo Stimolo ne assunse quello militare, facendo disporre uomini
armati sui lastrici dei palazzi, soprattutto, in prossimità dello stadio. Una mitragliatrice fu
recuperata dal brigadiere Pace, il quale la installò su un camioncino e mosse verso il comando
tedesco. L'azione fu sospesa, a causa dell'incalzare della pioggia, finché due soldati tedeschi
avanzarono, agitando una bandiera bianca, verso il capitano Stimolo. Fu così che furono concordate
le condizioni della resa (restituzione degli ostaggi italiani e dipartita del comando tedesco entro la
mezzanotte di quello stesso giorno). Senonché una colonna corazzata nemica tentò di rientrare al
Vomero ma un gruppo di partigiani fece fuoco contro di loro e, dopo uno scontro di apprezzabile
durata, li respinse indietro. L'ultimo combattimento, che fu decisivo, avvenne nella masseria
Pezzalonga, fra Via Case Puntellate e l'odierna Via Simone Martini dove quasi tutti i partigiani
caddero e, soltanto i rinforzi, giunti più tardi, riuscirono ad avere ragione dei nemici. E,
giustamente, dopo questo episodio così glorioso di storia cittadina e di quartiere, allo stadio del
Vomero fu attribuita la nuova denominazione di "stadio della Liberazione". Fino alla fine del 1800,
quest'area era quasi totalmente agreste, e vi si potevano trovare solamente sporadiche masserie e
qualche villa nobiliare; unici nuclei abitati erano i piccoli villaggi di Antignano e del Vomero
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Vecchio, difficilmente accessibili dalla città bassa, e ad essa collegati da antiche salite ancora oggi
percorribili. I primi interventi di una urbanizzazione moderna risalgono agli ultimi anni
dell'Ottocento, con gli investimenti della Banca Tiberina nella zona delle attuali Piazza Vanvitelli e
via Scarlatti; per agevolare le comunicazioni con il nuovo quartiere, in quegli anni vengono
progettate e realizzate le funicolari di Chiaia e Montesanto. Il forte sviluppo del quartiere si è avuto
negli anni '50/'60 del secolo scorso, e purtroppo in molti casi si è trattato di urbanizzazione
selvaggia, senza vincoli e controlli. Tuttavia, in numerose strade e zone del Vomero rimangono
ancora gli edifici più antichi: si possono osservare caratteristici esempi dello stile Liberty di inizio
'900, e anche qualche villa.
Dal punto di vista monumentale, le principali attrattive del Vomero sono il Castel Sant'Elmo e la
Certosa di San Martino, che dominano la collina dalla sua sommità. Il polmone verde del quartiere è
la villa Floridiana, uno splendido parco al cui interno si trova il museo nazionale della Ceramica
Duca di Martina. Infine, i panorami più belli godibili dal Vomero sono quelli dal Castel Sant'Elmo,
dal belvedere della Floridiana, da via Palizzi, da via Aniello Falcone e dalla zona del Petraio.
Per lo shopping, principale vocazione del quartiere, va segnalata tutta l'area intorno a piazza
Vanvitelli, e in particolare l'isola pedonale di via Scarlatti, strada elegante e tranquilla, in cui è
sempre piacevole passeggiare. Il Vomero, data la sua posizione, è spesso considerato una città a sè
stante, separata dalla città bassa. In realtà i collegamenti sono oggi ottimi, soprattutto grazie alle tre
antiche funicolari, e, da qualche anno, anche alla moderna Metropolitana Collinare.
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NAPOLI – PIAZZA GARIBALDI, LA STAZIONE CENTRALE
A CURA DI DARIO DE SIMONE
La Stazione di Napoli Centrale è il principale scalo ferroviario della città di Napoli e dell'Italia
meridionale ed è la sesta stazione italiana per flusso di passeggeri.
Il primo progetto della stazione fu dell'architetto Errico Alvino, risalente al 1866. Essa era collocata
in posizione più avanzata rispetto all'attuale, occupando gran parte dell'odierna piazza Garibaldi.
La nuova stazione fu progettata nel 1954 da Pierluigi Nervi, Carlo Cocchia, Massimo Battaglini,
Bruno Zevi, Giulio De Luca, Luigi Piccinato e Giuseppe Vaccaro fu edificata al posto della vecchia
stazione ferroviaria ed affaccia sulla piazza dedicata a Giuseppe Garibaldi. I lavori terminarono nel
1960. La Fontana della Sirena, inaugurata intorno alla metà dell'Ottocento su disegno di Francesco
Jerace era situata nei giardini dell'attuale piazza Garibaldi, antistante la stazione ferroviaria; fu
ricollocata in piazza Sannazzaro nel 1924.
Attualmente la stazione è sottoposta ad un lavoro di ristrutturazione che prevede la realizzazione di
una struttura molto più moderna ed esteticamente gradevole, con il rifacimento delle coperture
superiori, la ristrutturazione della zona sotterranea dedicata alla metropolitana cittadina e regionale,
la costruzione di diverse ascensori e una serie di spazi dedicati ai servizi di accoglienza dei clienti
trenitalia, di biglietterie, ristoranti ed altre strutture ricettive. La nuova fisionomia della stazione
ricorda vagamente quella della stazione ferroviaria di Roma Termini.
Fra gli elementi architettonici che contraddistinguono la stazione è da notare il tetto "a piramidi"
reso famoso anche da un carosello interpretato da Mina, in cui la cantante passeggiava vestita da
enormi cavi telefonici tra le piramidi del tetto stesso. Arditi e innovativi furono anche i pilastri ad
"albero" che sorreggono le tettoie poste all'ingresso della stazione e alla testa dei binari.
Dal piano inferiore della stazione di Napoli Centrale si accede alla linea 2 della metropolitana,
ovvero alla Stazione di Napoli Piazza Garibaldi e alla stazioni delle linee 3 e 4.
Dal 2005 lo scalo è in fase di ristrutturazione e riqualifica su disegno di Dominique Perrault. Gli
ultimi interventi della ristrutturazione all'interno della stazione (2006) sono stati la collocazione di
teleschermi al plasma ad ogni binario, un passaggio pedonale per l'accesso allo stazionamento taxi
all' esterno della stazione e della creazione di un corridoio dotato di scale mobili e tapis-roulant che
permette l'ingresso nel piano binari delle linee 3 e 4 con il restauro della Fontana Partenope, che si
trova all' interno della stazione. Nel 2007 la biglietteria è stata spostata causa lavori.
La stazione di Napoli Centrale dispone di 24 binari, numerati da 2 a 25. Presso la testa del binario 9
una targa commemora le vittime dell'attentato al Rapido 904 del 23 dicembre 1984.
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NAPOLI – QUARTIERE DI MERGELLINA, LA FESTA DI PIEDIGROTTA
A CURA DI ANNALISA ARENIELLO, RITA AMOROSO, LUDOVICA CIMINI
La festa di Piedigrotta ha avuto origine fra il Trecento ed il Quattrocento. Notizie sicure si hanno
però solo a partire dal 1487 infatti un cronista dell’epoca riferisce di una festa di Santa Maria della
Grotta svoltasi tra il 7 e l’8 settembre con la partecipazione di tutto il popolo.
La festa ha sempre mantenuto costanti due aspetti: quello pagano e quello religioso. Il primo pare
che risalga al culto orgiastico dedicato al dio Priapo (dio della fecondità) che si svolgeva
nella “crypta neapolitana” nei pressi di Mergellina. Il secondo, invece, risale al culto mariano che
sostituì quello pagano nel periodo in cui il viceré Pietro di Toledo fece erigere una cappella dedicata
alla Madonna (simbolo di fecondità). Col passare degli anni la numerosa presenza di fedeli fece sì
che i pescatori di Mergellina costruissero un altro tempio dedicato alla Vergine. A cominciare dagli
Angioini e dagli Aragonesi fino ad arrivare ai Borboni. Proprio con i Borboni, la Piedigrotta
raggiunse fulgore regale e ufficialità, con la sua "Parata di Piedigrotta" alla quale partecipavano
anche dignitari del regno (e talvolta gli stessi regnanti), corpi militari in parata, pellegrini e
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delegazioni di paesi vicini. La vera trasformazione della festa di Piedigrotta si ha nella seconda
metà dell’Ottocento quando la manifestazione diventa un’occasione di pubblicizzazione delle
canzoni e delle merci. Dal 1894 Napoli cominciò ad organizzare le Feste estive che culminavano in
quelle di Piedigrotta che ne rappresentava l’acme e nello stesso tempo la fine. Nel corso degli anni
fu arricchito il programma, si predisposero depliant con l’indicazione di mezzi di trasporto e relativi
orari nonché sconti per consentire una partecipazione sempre più massiccia del pubblico. Da
pellegrinaggio del popolo si trasformò pian piano in grande festa con carri allegorici, con
esposizione di nuove invenzioni e merci varie. Fuochi pirotecnici, canti, balli, bancarelle con
prodotti locali hanno reso la festa unica, un richiamo per visitatori, una grande opportunità per i
commercianti.
IL FESTIVAL DELLA CANZONE NAPOLETANA - Secondo Svetonio, lo stesso Nerone quando
soggiornò a Napoli fece sosta a Piedigrotta per esibire il suo canto di fronte alla cittadinanza, già
considerata a quei tempi altamente intenditrice delle arti musicali. Come in ogni manifestazione
popolare il canto era sempre stato parte importante della festa, e le gare tra cantori una delle sue
attrazioni. La Piedigrotta canterina venne ufficialmente inaugurata l' 8 settembre del 1839, con il
trionfo di Te voglio bene assaie in un'atmosfera variopinta di suoni, visto che oltre all'ascolto delle
canzoni in gara, la manifestazione dava ampio spazio ad improvvisazioni basate su strumenti
tradizionali, come putipù, triccheballacche, nacchere oppure su strumenti denominati 'e
scucciamienti utilizzati per rumoreggiare fastidiosamente. Sulla scia di questa tradizione la festa di
Piedigrotta diventò nel XIX secolo la culla della canzone napoletana classica, che conobbe i suoi
anni d'oro tra il 1890 e il 1910: sono gli anni di Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio, Raffaele
Sacco e tanti altri ancora. Allora la Piedigrotta era l'occasione per pubblicare le nuove canzoni (nel
1889 i testi furono più di tremila), il cui successo era sancito - prima della radio e della televisione dalla loro circolazione popolare e dal numero di spartiti venduti dalle maggiori editorie dell'epoca
(La Canzonetta, Epifani, Bottega dei Quattro, Gennarelli, ecc.). Nel 1952 venne introdotto, in
concomitanza con la festa, il Festival della Canzone Napoletana, che si svolgerà fino al 1970. Dopo
la fine del Festival di Napoli inizierà il declino della Piedigrotta, che verrà sospesa nel 1982. Nel
2007 il Comune ha patrocinato una nuova edizione della festa, nel quadro degli eventi estivi,
riprendendo in parte le modalità tradizionali: le luminarie in via Piedigrotta, i mortaretti che
annunziano l'inizio della festa la mattina dell'8 settembre, la sfilata dei carri allegorici sul
lungomare, la sfilata dei bambini con i vestitini di carta, il concerto in Piazza del Plebiscito nonché
la batteria di fuochi d'artificio a mare, di durata oltre 30 minuti, spettacolare tra l'altro per l'eco degli
scoppi sulla collina del Vomero [4]; questi ultimi sono stati, probabilmente, l'evento più apprezzato.
La nuova Piedigrotta rinata nel 2007 è una festa religiosa, anche perché non bisogna dimenticare
che la festa, nella tradizione, nasce come contorno al pellegrinaggio settembrino verso Santa Maria
di Piedigrotta. Sono stati innumerevoli i momenti di culto al santuario, quali la celebrazione della
messa degli artisti (2 settembre), la concelebrazione della Natività della Vergine presieduta
dall'arcivescovo di Napoli (8 settembre), la "Serenata alla Madonna" (10 settembre) e la
concelebrazione del Nome di Maria (12 settembre).
LA FESTA DEL CARMINE – NAPOLI
A CURA DI ILARIA AVALLONE
La festa della Vergine del Carmine ha lontane origini, e nei vari articoli di cui si ha memoria e
fonte, si può notare una straordinaria riuscita della stessa, sempre maggiore, di anno in anno. Nel
Santuario del Carmine Maggiore di Napoli, si venera la Beata Vergine Maria del Carmine,
protettrice degli artigiani, detta "la Bruna" per il colorito olivastro della sua carnagione. La
tradizione vuole che il settore degli artigiani del paese, in questa giornata, si fermi per onorare la
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bellissima Madonna del Carmine. La festa del Carmine, che si tiene alla metà di luglio, ha luogo
con la processione della sacra icona accompagnata lungo tutto il tragitto del quartiere Mercato,
trovando poi il suo culmine nel tradizionale incendio del Campanile. Infatti la notte del 16 luglio, il
campanile, struttura alta 75 metri, viene abilmente rivestito di "giochi pirotecnici" da valenti
"fuochisti" napoletani, per dare l’ impressione di un terrificante incendio che viene interrotto solo
nel momento in cui arriva il quadro della Vergine del Carmine. Inoltre per accompagnare questo
avvenimento, in ogni angolo della piazza e dei vicoli del Carmine, arrivano decine di suggestive
bancarelle sulle quali sono esposte merci di tutti i tipi e generi, e soprattutto con prodotti tipici
alimentari. Sebbene questo quartiere non sia uno dei più belli di Napoli vale comunque la pena di
assistere a questo spettacolo.
SECONDIGLIANO – LA STORIA DI GAETANO ERRICO
A CURA DI CHIARA MARINO
(1791-1860)
Gaetano Errico, fondatore dei Missionari dei Sacri Cuori, nasce il 19 ottobre 1791 a Secondigliano,
antico casale a nord della città di Napoli. È il terzogenito di dieci figli di Pasquale e Maria
Marseglia. Il papà gestisce un modesto laboratorio artigianale per la produzione dei maccheroni, la
mamma tesse la felpa. Viene battezzato il giorno dopo la nascita nella chiesa parrocchiale dei Santi
Cosma e Damiano con i nomi di Gaetano, Cosma e Damiano. Frequenta la scuola comunale con
due maestri sacerdoti, Tagliamonte e Vitagliano. A sette anni è ammesso alla prima comunione e ad
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undici al sacramento della confermazione. A quattordici anni chiede di entrare prima tra i
Cappuccini e, poi, tra i Redentoristi, ma la domanda è respinta a causa dell'età.A sedici anni chiede
di essere ammesso al seminario arcivescovile di Napoli. Nel gennaio del 1808 indossa l'abito talare
e poiché la famiglia non è in grado di sostenere i costi per il suo mantenimento da interno, segue gli
studi da esterno, raggiungendo a piedi il seminario. Ogni giorno, tra andata e ritorno, sono 8
chilometri, con il freddo, il caldo e la pioggia, attirando l'ammirazione delle persone, che al vederlo
passare esclamano: «Ecco San Gaetano che passa!». Sviluppa la sua attività apostolica secondo
quattro direzioni: annuncio della Parola, ministero della riconciliazione, assistenza materiale e
spirituale ai malati, servizio della carità. Quattro modi distinti per dire agli uomini che Dio è Padre e
li ama. Ha una vita d'intensa preghiera e di rigorosa penitenza, da far dire alla mamma, che lava le
sue camicie intrise di sangue: «Adesso mi fai sentire quel dolore che non intesi quando ti portai in
seno e ti partorii». Ogni anno, da sacerdote, si ritira a Pagani (Salerno), nella casa dei padri
Redentoristi, per gli esercizi spirituali. Nell'anno 1818, mentre prega sul coro, avviene un fatto
destinato a segnare ed a cambiare il corso della sua vita: gli appare Sant'Alfonso per comunicargli
che Dio lo vuole fondatore di una Congregazione religiosa, dandogli come «segno» la costruzione
in Secondigliano di una chiesa in onore della Vergine Addolorata. L'annuncio che è Dio a volere la
costruzione di una chiesa in onore dell'Addolorata, in Secondigliano è accolto con entusiasmo dalla
maggior parte del popolo, ma c'è anche chi si dimostra diffidente ed ostile. Gli avversari, pochi, ma
molto agguerriti e combattivi, giurano che impediranno la costruzione della chiesa. Quando il
progetto sembra definitivamente destinato a fallire, don Gaetano continua a credervi ed assicura la
gente: «La chiesa si farà, perché è Dio a volerla». Il 9 dicembre del 1830 la chiesa è benedetta.
S'impegna nell'attività missionaria, nella predicazione al popolo e degli esercizi spirituali in
numerosi conventi di suore, nella direzione spirituale e, specialmente, nell'amministrazione del
sacramento della riconciliazione. Muore a Secondigliano, all'età di 69 anni, il 29 ottobre 1860.
«Amatevi scambievolmente e siate osservantissimi delle Regole». È il testamento che lascia ai suoi
congregati. «È morto un santo» è l'unanime commento di tutto il popolo. L'eco di questa
espressione continua ancora. Per i secondiglianesi e per tutti i suoi devoti, Gaetano Errico, chiamato
e conosciuto come «O Superiore», continua ad essere un «santo», cioè un esempio, un punto di
riferimento, un intercessore, una freccia puntata che indica a tutti la strada di Dio, che i Sacri Cuori,
per amore, hanno vissuto e tracciato.
Nel 1866 il Card. Riario Sforza introduce il processo ordinario diocesano. Nel dicembre 1884 il
Papa Leone XIII lo dichiara Venerabile ed il 4 ottobre 1974 il Papa Paolo VI emette il decreto di
eroicità delle virtù. Il 24 aprile 2001 Giovanni Paolo II firma il Decreto d'approvazione del miracolo
ottenuto dal signor Salvatore Cacciappoli per intercessione di Gaetano Errico.
LA CITTA’ DI CARDITO (PROVINCIA DI NAPOLI) – LA FESTA DI SAN
BIAGIO
A CURA DI ALESSANDRA CASILLO
S. Biagio fu un vescovo che visse tra il III e il IV secolo a Sebaste. I fedeli si rivolgono a S. Biagio
nella sua qualità di medico anche per la cura dei mali fisici e in particolare per la guarigione delle
malattie della gola. Si narra che il Santo avesse miracolosamente salvato un bambino che stava per
morire soffocato da una lisca di pesce. A causa della sua fede venne imprigionato e torturato, ma
rifiutò di rinnegare la fede Cristiana e per questo fu decapitato.
Il 3 febbraio a Cardito si celebra la festa di S. Biagio, patrono del paese. Crdito è situato in
Campania in provincia di Napoli; nel 1302 il paese fu possesso dei Caracciolo di Napoli, poi dei De
Alessandro e dei Loffredo. Durante questo giorno molti fedeli si recano in basilica per essere
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cosparsi dell’olio benedetto; qui si Celebrano messe ogni ora. Lungo le strade si allestiscono
bancarelle che vendono svariati tipi caramelle e dolciumi e infine verso sera tutti i cittadini si recano
nella piazzetta davanti la basilica per assistere ai fuochi d’artificio che vengono sparati a
conclusione della festa.
LA CITTA’ DI SANT’ANASTASIA- IL MITO DELLA MADONNA
DELL’ARCO
A CURA DI ALESSANDRO REA
Tra la fine del ‘500 e l’ inizio del ‘600, un Nolano, per la rabbia, lanciò una palla sulla mascella
sinistra della Madonna raffigurata in un quadro. La sua guancia cominciò a sanguinare e con gran
stupore quel ragazzo urlò: “Miracolo! Miracolo!” Da quel momento in poi, il paesino di Madonna
dell’ Arco divenne un conosciuto centro di pellegrinaggi. Questo che ho raccontato è solo uno dei
miracoli compiuti: infatti ricordiamo quello de “I piedi di Aurelia del Prete”. Ella era una donna
bestemmiatrice e cattiva, che mentre stava tagliando la legna, si ferì gravemente a un piede. Quindi
chiese alla Madonna di guarire, donando un paio di piedi di cera come voto; ella li ebbe, ma quando
cadde uno di essi, calpestò l’ altro bestemmiando. Aurelia, però, voleva guarire: infatti stava per
dare un altro paio di piedi alla Madonna, quando il maialetto che portava con sé (secondo l’ usanza
del paese) le scappò e per la rabbia distrusse quel voto e bestemmiò di nuovo. L’ anno seguente all’
accaduto, durante la notte, i piedi di Aurelia del Prete si staccarono dal corpo, senza fuoriuscita di
sangue e senza dolore.
Adesso vorrei parlare di un evento interessante: all’ alba del Lunedì di Pasqua un gruppo di uomini
vanno verso l’ altare della Vergine dell’ Arco. Queste persone sono chiamate “fuienti” o “battenti”,
perché si avvicinano verso l’ altare “fuggendo” e per il rumore dei loro piedi. Essi si vestono
sempre allo stesso modo: camicia bianca, pantaloni bianchi, sciarpa azzurra a tracolla con l’
immagine della Madonna, fascia rossa alla vita, una volta a piedi nudi, ora con le scarpe bianche.
Essi sono divisi in gruppi e ognuno di essi è preceduto da una bandiera con l’ immagine della
Vergine con ricami in oro.
Concludendo posso dire che prima Madonna dell’ Arco era un paesino non molto conosciuto,
mentre ora è un paese ammirato da molti della provincia di Napoli soprattutto per il turismo
religioso.
Fonti: “Le Associazioni della Madonna dell’ Arco” di P. E. Giardino
“Le origini della Madonna dell’ Arco” di M. Miele
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LA CITTA’ DI VOLLA
A CURA DI GIANLUCA GUERRA
Volla è un comune di circa 21.400 abitanti che si trova in Campania provincia di Napoli. Il 20
settembre si festeggia il Patrono, San Michele Arcangelo;che non è solo il Patono di Volla ma
anche di altri comuni come San Sebastiano e San Giorgio. La sua storia è strettamente legata a San
Sebastiano al Vesuvio di cui fu frazione per lungo tempo e dove poi diventò comune indipendente
nel 1953. Sorse in una zona denominata "Palude di Napoli" per la presenza di molti torrenti che
confluivano nella zona del Monte Somma.Il suo nome; infatti, ebbe varie trasformazioni da Bolla in
Bulla, in Labolla ed infine Volla."Bolla",era così chiamata dai latini perchè in questo luogo esisteva
una sorgente di acqua bollente che poi si divide in due rami: uno formava un piccolo fiume, ed
un'altro, un corso d'acqua sotterraneo. Fu coinvolta in un vasto piano di bonifica territoriale e la sua
fertilità del territorio ha favorito lo sviluppo di attività agricole molto produttive;ed è proprio dopo
la bonificazione che prese il nome di "Volla". L'economia è strettamente legata all'attività agricola e
alla commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli,il paese è produttore anche di materiali per
l'edilizia e per l'imballaggio.A partire dal 1980 Volla ha subito un fortissimo incremento
demografico causato dalla forte immigrazione da Napoli, che la portata ad essere il comune che è
oggi.
La Chiesa di San Michele - Realizzata nel 1975 anche grazie al contributo degli stessi abitanti del
luogo. La chiesa ha un'unica navata chiusa da un'abside semicircolare. Dotata di un imponente
campanile alto 24 metri, è abbellita da piccolissime vetrate di varie forme.
Il Municipio - L'edificio che ospita oggi la nuova sede amministrativa del paese si sviluppa su due
livelli con ampie finestre ed una scalinata di accesso.
Resti del Castello - Alle porte di Volla troviamo gli antichi resti del castello. Oggi restano solo le
mura perimetrali e si distinguono archi a tutto sesto e torrione quadrangolare. Fu residenza dei
Borbone nel periodo di caccia.
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RIFLESSIONE SCRITTA: Le diversità culturali e la cultura non tangibile:
tratteggia le linee fondamentali dell’argomento attraverso il racconto della visita
di istruzione svolta presso la sinagoga di Napoli.
Rita Andrea Amoroso - La cultura non tangibile è l’insieme di tutte le manifestazioni culturali,
religiose, linguistiche di una popolazione, di cose, appunto, che non possono essere intese come
quelle materiali, le quali fanno parte della cultura tangibile. Ho avuto modo di constatare la realtà di
questo fenomeno grazie ad una visita scolastica in una sinagoga. La sinagoga è il luogo di preghiera
degli ebrei e qui a Napoli è presente in Piazza dei Martiri. Ci sono varie differenze riguardanti il
modo di pregare, di pensare e di svolgere le cerimonie religiose. In primo luogo, nella sinagoga, a
differenza della nostra Chiesa, non ci sono immagini, poiché loro sono dell’idea che Dio non si può
e non si deve rappresentare. Il loro giorno di festa non è la domenica, ma il sabato, o shabat, e in
quel giorno sono in completo riposo e non possono essere a contatto con la tecnologia. Perfino la
luce viene accesa con un timer installato il giorno prima. Prima di entrare nella sinagoga, gli uomini
in particolare devono mettersi un cappellino o coprirsi con un velo il capo. La messa dello shabat
inizia verso le dieci, ma, mentre gli uomini hanno orari obbligatori, le donne possono arrivare
quando vogliono, poiché, secondo un racconto, attraverso il ciclo mestruale queste hanno un
orologio e, quindi, un tempo interno che le collega a Dio. Una delle cose che mi ha colpito
particolarmente è l’unione che hanno tra corpo e spirito. Gli Ebrei hanno un concetto di vivere la
vita più libero, credono che il piacere del corpo e dello stare con gli altri (i piaceri terreni) siano
indispensabili. Inoltre, non credono nel peccato originale, perché gli uomini nascono tutti puri.
Il loro concetto di peccato è quasi inesistente. La loro guida spirituale, il rabbino, può sposarsi,
avere figli e partecipare a tutte le feste e cerimonie di una comune persona.
Infine, non possono nutrirsi di tutti gli animali che hanno il bizoccolo e devono passare almeno tre
ore di distanza dall’ingerire il cotto della carne secondo il detto “il capretto non deve cuocere nel
latte di sua madre”.
Dario De Simone - La cultura non tangibile (tutto ciò che non si può toccare) è caratterizzata tra le
varie cose anche dalla diversità religiosa tra i vari popoli. Qualche giorno fa ho visitato una
sinagoga, che è il luogo religioso della religione ebraica, dove i credenti si riuniscono. Le differenze
tra una Chiesa e una sinagoga sono molte: prima di tutto affinchè inizi una cerimonia in sinagoga
devono esserci almeno dieci uomini che abbiano più di tredici anni (che è l’età in cui si diventa
adulti). Gli ebrei non hanno la stessa concezione del peccato che abbiamo noi cattolici: per loro il
peccato non esiste, ma esistono le buone e le cattive azioni e le ultime possono essere perdonate
solo tramite la preghiera e una sorta di auto confessione fatta dal credente e Dio. Non esistono
cariche religiose e tutti i partecipanti alla cerimonia religiosa possono leggere alcune parti della
Bibbia. In sinagoga uomini e donne pregano in due parti diverse e talvolta anche in orari diversi. La
Bibbia viene letta da rotoli di pergamena che vengono conservati nell’armadio principale della
sinagoga. Gli arredi interni della sinagoga sono in legno e l’unico simbolo raffigurante la sinagoga è
la stella di David. In sinagoga inoltre c’è un’unica scritta in ebraico che significa: “Sappi davanti a
chi sei”.
Annalisa Areniello – La cultura è sostanzialmente l’insieme delle manifestazioni della vita sociale,
spirituale, materiale di un popolo. Essa si divide in elementi tangibili ed elementi non tangibili. Gli
elementi tangibili sono per lo più strutture, edifici, strade e tutto ciò che costituisce il paesaggio
urbano, mentre gli elementi non tangibili sono le manifestazioni spirituali, tra cui la lingua e la
religione. Per quanto riguarda le religioni, il panorama è piuttosto complesso: nel mondo è presente
ancora una consistente parte di popolazione che è atea, ovvero che non crede in nessuna religione.
Poi c’è un importante distinzione tra religioni monoteiste e politeiste. Le principali religioni
monoteiste sono la religione Islamica, la religione Ebraica e la religione Cristiana. Durante la nostra
visita in sinagoga siamo stati ricevuti dal rabbino, guida spirituale della comunità ebraica. Egli ci ha
parlato degli aspetti della religione Ebraica e soprattutto delle principali differenze con la nostra
religione. ci ha chiarito la sua posizione di rabbino spiegandoci che in realtà si tratta di una figura
che è “un po’ più” e “un po’ meno” del nostro sacerdote, infatti egli organizza anche attività di altro
genere nella comunità, cosa che il nostro sacerdote non fa, ma allo stesso tempo egli non è
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considerato, come il sacerdote, un tramite con Dio. Non ha il potere di perdonare qualcuno e infatti
essi, non credendo in Gesù, pregano direttamente Dio e hanno con lui un rapporto diretto. Per lo
stesso motivo nella religione ebraica non esistono sacramenti e, a causa di ciò, unirsi alla loro
confessione è un processo lungo e complicato. Infine ci ha spiegato come avvengono le loro
funzioni religiose; ci ha informati che nel corso di queste ultime non c’è silenzio assoluto in
sinagoga, ma ciò avviene durante la lettura della Bibbia, unico momento davvero sacro della
funzione, in quanto tutta la loro religione si basa su ciò che è scritto nel Testo Sacro. Per concludere
la visita egli ci ha mostrato alcuni segni presenti in sinagoga, come il candelabro a sette e a nove
braccia o il “presbiterio” che in realtà ha poco a che vedere con la loro religione e si trova lì solo per
influenza architettonica con la religione cattolica.
Alessandra Casillo - Quando una persona viene a contatto con un’altra avente lingua o religione
diversa si parla di diversità culturale. Le diversità culturali possono essere considerate negative o
positive. Positive perché il confronto tra lingua o religione diversa potrebbe essere un modo per
arricchirsi culturalmente. Negative perché possono essere causa di scontro o conflitto tra civiltà. E’
importante conoscere le religioni delle altre civiltà perché molti popoli, talvolta, giustificano i loro
atteggiamenti utilizzando elementi della loro confessione. Secondo la religione cattolica la messa
viene celebrata dal sacerdote che non deve sposarsi e quindi avere una famiglia. Invece il rabbino
può farlo e può anche crearsi una famiglia.
Chiara Marino – La diversità culturale è sempre presente perché non tutte le persone hanno le
stesse tradizioni. La cultura è una manifestazione delle tradizioni e dei vari culti di un determinato
popolo. Inizialmente la cultura veniva considerata come una qualità di un singolo individuo, con il
passare del tempo però si è compreso che la cultura appartiene a un’intera comunità. Infatti, con il
termine paideia ci si riferiva appunto alla cultura di un singolo individuo.
Rosa Abete – La visita alla sinagoga è stata un’opportunità per confrontarci con una cultura diversa
dalla nostra. Attraverso varie domande siamo venuti a conoscenza di tradizioni a noi sconosciute.
Gli ebrei arrivarono in Italia circa 2500 anni fa. All’interno della sinagoga uomini e donne pregano
divisi: nella parte superiore le donne, in quella inferiore gli uomini. Gli ebrei pregano tre volte al
giorno e mentre per gli uomini è obbligatorio recarsi in sinagoga in tempo stabilito, per le donne
invece è diverso poiché posseggono un orologio interiore. Dal venerdì sera inizia per loro il riposo e
cominciano a preparare tutte le pietanze per il sabato. Il sabato è un giorno sacro e dedito al riposo
assoluto: pranzano quello che hanno preparato il venerdì poiché in questo giorno tutte le attività
creative sono vietate, non possono guidare né accendere il fuoco e neppure fare i compiti.
Ilaria Avallone – La cultura non tangibile, che comprende tradizioni, usi e costumi, è molto
importante per l’identità di ogni popolo o città. Un aspetto fondamentale della cultura non tangibile
è la religione: questa influenza in diversi aspetti le tradizioni di ogni popolo. Ad esempio, dal punto
di vista familiare, soprattutto per quanto riguarda la donna, che viene rispettata e considerata in
maniera diversa in base alla religione. oppure dal punto di vista alimentare, poiché determinati culti
religiosi vietano il consumo di alcuni alimenti, come specifici tipi di carne.
Raffaele Carbone – Ogni popolazione in ogni parte della terra ha una propria cultura, cioè i propri
usi, costumi, religione, arte ecc. come abbiamo potuto osservare durante le passate ore di geografia,
anche in piccole porzioni di terra, come per esempio la provincia di Napoli e Napoli stessa, ci sono
diversità culturali.
Fabio Catalano – L’esperienza della sinagoga è stata molto importante soprattutto per il confronto
con la nostra società, anche se, essendo il rabbino italiano, non segue esattamente tutte le usanze
ebraiche, o almeno non alla stessa maniera. Secondo me il popolo ebraico ha modi più severi e
rigidi nel rispetto della religione, poiché hanno valori come il rispetto, l’onore e l’orgoglio. Hanno
molto rispetto per la parola di Dio e per gli scritti sacri, tanto da tenere anche qualche preghiera in
casa per purificarla. Uno dei simboli sacri per loro è la stella di David che simboleggia oltre allo
scudo del re David anche il fatto che l’uomo non deve essere né troppo materiale né troppo
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spirituale, ma bisogna essere equilibrati tra queste metà. La loro città santa è Gerusalemme di cui
l’unico resto della città antica è il muro del pianto che si chiama così perché i romani videro
semplicemente gli ebrei piangerci vicino; inoltre, tutte le sinagoghe sono indirizzate verso
Gerusalemme come segno di rispetto.
Ludovica Cimini – Proprio qualche giorno fa ci siamo recati alla sinagoga, luogo di ritrovo per tutti
i fedeli ebraici. Abbiamo ascoltato la spiegazione del rabbino di quella sinagoga e la cosa che mi ha
colpito maggiormente è che il rabbino ci ha detto che per loro non è importante il luogo dove si
prega, perché il loro Dio li ascolta e li osserva sempre anche quando non sono in sinagoga. Il
signore che ci esponeva i punti fondamentali della loro religione, ci ripeteva sempre che dovevamo
uscire per un momento dall’ottica della nostra religione cristiano-cattolica e dovevamo riuscire a
cogliere le differenze di quella religione senza però paragonarla alla nostra, in modo da poter
percepire le caratteristiche che compongono questa cultura.
Paul Cuomo – In sinagoga abbiamo parlato tra le varie cose anche della circoncisione, che per gli
ebrei sarebbe il nostro battesimo e che consiste nel tagliare una piccola parte del pene del bambino
con un coltello.
Giulia Del Gaudio – Conoscere le professione religiosa di un popolo significa riuscire a capire
molto di più il comportamento del popolo stesso e i suoi usi. In alcune religioni, per esempio, c’è il
divieto di nutrirsi di alcuni alimenti in particolare, come la carne di maiale ed altri, favorendo così
la produzione di alcuni alimenti e impedendo la produzione di altri.
Francesco Pellegrino – Il giorno 29 Aprile 2010 siamo andati, io e la mia classe, a visitare la
comunità ebraica di Napoli. Questa visita, oltre ad essere un motivo di confronto tra la nostra
religione e quella ebrea, è stata anche una buona occasione per passare la giornata in modo diverso
rispetto a come facciamo di solito.
Francesco Pirozzi – La settimana scorsa abbiamo vissuto un’esperienza interculturale tra la
religione cristiano-cattolica e quella ebrea e ho notato che ci sono molte differenze tra le religioni
cugine (così si chiamano in gergo). Ad esempio ho riscontrato una diversità nello stile
architettonico: infatti, non hanno quadri, statue o qualsiasi cosa che possa rappresentare il Signore o
un profeta; nelle scritte o nei libri sacri la parola del Signore non è scritta nella lingua parlata
(italiano, inglese ecc.), ma nella lingua originaria, cioè l’ebraico.
Alessandro Rea – Alcuni paesi contengono più culture e, infatti, vengono chiamati multietnici; uno
di questi è l’Italia che contiene cattolici, che ne costituiscono la maggioranza, musulmani, ROM ed
ebrei. In particolare abbiamo a Napoli un gruppo di ebrei che si trova nei pressi de La Feltrinelli.
Essi ovviamente hanno una sinagoga che giorni fa ho visitato con la mia classe. Ci hanno spiegato
che hanno la Torah come libro sacro, che è costituita dall’Antico Testamento della Bibbia più altri
brani. Ciò non mi ha colpito molto, sapendo che il Cristianesimo è nato dall’Ebraismo, in un certo
senso.
Mirko Rosa – In classe mia c’è un ragazzo italo-tunisino che è stato ben accolto da tutta la classe:
questo è un esempio di diversità culturale e di cultura non tangibile. Penso che sia importante
perché è un modo per confrontarsi con altre religioni e altre culture.
Domenico Maria Ievoli – Un aspetto che non mi è piaciuto del rabbino è che era molto fiero della
sua religione e continuava a ripetere che il cattolicesimo è “inferiore” all’ebraismo. Io penso che,
comunque, anche se noi siamo “turisti” della sinagoga e non siamo ebrei, il rabbino non avrebbe
dotuto dire che l’ebraismo è meglio perché ci ha offesi. Penso inoltre che ogni persona debba essere
rispettata per ciò che è, quindi anche se è di religione diversa, un colore di pelle diverso e qualsiasi
altra diversità, che va rispettata mai offesa o discriminata. Il mondo è bello proprio perché siamo
tutti diversi.
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Roberto Vitiello – Secondo molte persone è difficile la convivenza pacifica tra due religioni
differenti, ma io non sono dello stesso parere. Ho infatti un compagno di classe con cui mi trovo
bene, anzi, lo trovo più simpatico di molte persone che conosco, ma professa una religione diversa
dalla mia. E’ musulmano. Alla fine tutti i ragazzi hanno gli stessi interessi, le stesse emozioni e gli
stessi sentimenti, quindi non riesco proprio a comprendere come alcune persone possano
qualificarne altre semplicemente dalla religione. La multi etnia di un Paese non deve essere vista
come un pericolo, bensì come punto di svolta nella nostra Storia ed una crescita intellettuale per la
popolazione accogliente. Infatti, è importante lo scambio culturale che non sarebbe possibile nel
caso in cui uno Stato respingesse gli immigrati che, però, non devono essere una fonte di danno.
VISITA D’ISTRUZIONE PRESSO L’ISOLA DELLE SCIMMIE
Alla scoperta delle diversità culturali della nostra regione
Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre,
ma nell'avere nuovi occhi.
Marcel Proust
L’interesse e l’impegno mostrati dalla classe IV ginn. sez. A del Liceo Classico Pontano durante
l’anno scolastico 2009/2010 mi hanno indotta a proporre una visita d’istruzione che potesse
agevolare il processo di socializzazione e promuovere l’autonomia degli allievi attraverso una
conoscenza consapevole di una parte del territorio campano. Ho ritenuto che l’isola di Ischia fosse
una meta adeguata al consolidamento di alcuni argomenti trattati in modo trasversale nelle materie
letterarie: l’isola, infatti, rinomata attrattiva turistica per le spiagge e le bellezze naturali,
consentiva agli alunni un confronto pratico con quella che nelle lezioni teoriche avevamo definito
‘identità culturale’, composta dagli elementi tangibili e non tangibili presenti in ogni luogo.
L’intento prioritario della visita, dunque, consisteva nel guardare con ‘occhi nuovi’ un luogo che
probabilmente alcuni allievi già conoscevano, prestando l’opportuna attenzione alle eventuali
diversità culturali che avrebbero potuto riscontrare e cercando elementi nuovi che potessero
valorizzare il loro territorio di appartenenza.
Si è ritenuto opportuno visitare il Museo di Villa Arbusto, un piccolo museo collocato nella zona di
Lacco Ameno composto da poche sale, in cui sono distribuiti in scansione cronologica reperti
archeologici di varia datazione che hanno consentito agli allievi una visione sinottica delle varie
stratificazioni antropiche dell’isola, dalla Preistoria al periodo romano. La visione di reperti su cui
sono presenti iscrizioni dal greco può essere un motivo di stimolo per gli alunni, così che
l’apprendimento della lingua greca non sia legato alla mera conoscenza grammaticale, ma
evidenzi aspetti del mondo greco che molti ritengono oggetto di studio soltanto degli specialisti.
La presentazione dell’attività didattica è stata accolta dalla classe in modo positivo e attivo;
dinanzi agli imprevisti riscontrati nell’organizzazione, gli alunni hanno risposto in modo
propositivo, incoraggiando la realizzazione della visita e mettendo in luce una buona spinta
motivazionale.
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OBIETTIVI DELLA VISITA
1. Promuovere negli studenti una maggiore conoscenza della regione in cui
vivono (art. 2 C.M. 623/96).
2. Favorire l’integrazione scolastica e sociale degli alunni (art. 3 C.M. 623/96).
3. Fornire agli studenti la possibilità di un’attività pratica che rappresenti
un’occasione di apprendimento alternativa alle lezioni teoriche in classe.
4. Consolidare l’apprendimento di argomenti studiati.
DESCRIZIONE DELL’ATTIVITA’ DIDATTICA
Secondo i fondamenti del Paradigma Pedagogico Ignaziano, gli alunni sono stati
guidati a scoprire le caratteristiche peculiari dell’antica isola di Pithecusae, la prima
colonia greca che i Greci fondarono in Italia.
Praelectio: 1. attività didattica svolta in aula sulle diversità culturali nella regione
Campania e in particolare nella provincia di Napoli; 2. lezione propedeutica sugli
aspetti fondamentali della seconda colonizzazione con particolare riferimento alle
indicazioni cronologiche e geografiche.
Tra l'VIII e il VI secolo a.C. iniziò un importante fenomeno di migrazione di popoli ellenici, che
interessò vaste zone del mar Mediterraneo.
Alle origini di questa seconda ondata di colonizzazione vi furono diversi fattori:
1. il bisogno di terre coltivabili, reso più impellente dal forte incremento demografico successivo al
fiorire delle città;
2. la connaturata povertà del suolo greco e l'affermarsi del latifondo a scapito della piccola
proprietà;
3. il desiderio di dar vita a commerci che facilitassero l’esportazione delle merci prodotte in
sovrabbondanza e la ricerca di materie prime.
A tal fine i Greci fondarono empori sulle coste, dove immagazzinavano merci da trasferire nei
territori dell’interno e dove effettuare lo scambio con gli abitanti autoctoni. Nacquero due tipi di
colonie: l’apoikia, una città autonoma nata dal bisogno di trovare nuove terre da coltivare e
l’emporion, un insediamento che rispondeva a finalità esclusivamente commerciali.
Lectio
La lectio è stata svolta presso il Museo di Villa Arbusto, laddove sono conservati i
resti che testimoniano la presenza di numerosi scambi commerciali a partire dall’età
preistorica.
L’isola di Ischia, infatti, è anche conosciuta come l’antica Pithecusae, una colonia fondata dai Greci
nell’VIII sec. a.C., nata anch’essa come emporion, con lo scopo di commerciare i metalli degli
Etruschi e divenuta una polis, che viveva non solo di commercio, ma anche della coltivazione delle
terre circostanti. L’appellativo ha una etimologia incerta. Secondo Senagora il nome deriverebbe da
pithekos, scimmia, e alluderebbe al mito dei Cercopi, abitanti delle isole flegree trasformati da Zeus
in cercopitechi. Plinio il Vecchio (Nat. Hist. 111, 6.82) fa invece derivare il nome da pythos, anfora,
teoria suffragata da ritrovamenti archeologici che testimoniano la produzione greco-italica di
ceramiche (e in particolare di anfore da vino) nell'isola e nel golfo di Napoli. In epoca romana
l'isola divenne centro di attività commerciali e manifatturiere, che esistevano non solo in epoca
greca a Pithecusae (località Mazzola presso Lacco Ameno), ma anche a Carta Romana, presso
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l'isolotto del Castello, e l'insediamento prese il nome di Aenaria, derivabile da aenus, metallo, ma
associata anche alla figura di Enea, che qui avrebbe fatto scalo. Virgilio la identificò con Arime,
isola citata nell'Iliade (II 783).
Repetitio
I fase: gli alunni sono stati invitati a reperire all’interno del Museo di Villa Arbusto
gli oggetti archeologici che ritenevano maggiormente significativi e che
dimostrassero l’importanza dell’isola di Ischia come emporion greco. Gli oggetti
sono stati fotografati e sono state copiate le didascalie. Al termine della visita gli
studenti hanno liberamente fotografato altri aspetti dell’isola che potessero
valorizzare il territorio, rispondendo pienamente agli obiettivi 1 e 2.
II fase: in classe, sono state proiettate le fotografie scattate durante la visita di
istruzione e gli alunni sono stati stimolati a collegare l’apprendimento teorico con
quello avvenuto durante la visita. I commenti scaturiti dal dialogo e dalle domande a
pioggia sono stati annotati e riportati di seguito.
Annalisa Areniello: “ci sono tanti motivi per cui una
scuola campana dovrebbe andare in gita a Ischia:
quest’isola, infatti, oltre ad essere geograficamente
vicina, è ricca di storia. Essa fu fondata dai Greci
durante la seconda colonizzazione e il suo nome
originario è Pithecusae che significa letteralmente
isola delle scimmie. Nel corso della visita siamo stati
al Museo Archeologico di Lacco Ameno. Si tratta di
un Museo dove sono conservate soprattutto anfore,
tra cui le più importanti sono: la coppa di Nestore,
dove sono conservate iscrizioni in greco e il cratere
del naufragio che si chiama così perché è
rappresentata la scena di un naufragio.”
Martina Mezzacapo: “guardando le foto della gita ho avuto
la possibilità di ripercorrere l’intera giornata trascorsa a
Ischia… una foto raffigura un bellissimo panorama dove
risalta il vulcano circondato da una fitta vegetazione, nelle
rimanenti vi sono reperti archeologici che abbiamo potuto
vedere al Museo di Villa Arbusto.”
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Giulia Del Gaudio: “come sappiamo, Ischia è
stata punto di riferimento fondamentale per la
colonizzazione di molte città nell’Italia
meridionale. Ogni turista che la visita, infatti,
può venire a contatto con oggetti e paesaggi
molto antichi e importanti per la storia
dell’umanità. Sbarcando sull’isola, ci si
immerge in un paesaggio meraviglioso, inoltre,
la vista è fantastica. Qui è presente un piccolo
museo, che però poi diventa molto grande,
pensando a tutti gli oggetti archeologici
risalenti circa all’VIII sec. a.C.”
Ilaria Avallone: “Ischia è una meravigliosa
isola dove possiamo trovare molti svaghi, ma
anche bellezze naturali e resti storici. La visita
è stata finalizzata sia ad ammirare i luoghi sia a
conoscere la parte storica dell’isola. Nel Museo
Archeologico abbiamo potuto guardare delle
anfore, degli utensili e dei vasi ritrovati nei
dintorni dell’isola, risalenti per lo più all’VIII
sec. a.C.”
Ludovica Cimini: “tutte le classi dovrebbero visitare l’isola di Ischia perché oltre ad essere un’isola
turistica, ha anche una storia ed una tradizione antica. In questa gita mi sono divertita, era una
bellissima giornata, ed inoltre il museo era situato in una posizione ottima per ammirare il
bellissimo panorama che da un lato mostra montagne e dall’altro la bellissima costa.”
Rita Amoroso: “penso che per una classe sia interessante visitare l’isola di Ischia per avere un
quadro completo delle civiltà che hanno colonizzato la nostra regione, proprio perché nell’isola di
Ischia vi sono diversi resti storici delle civiltà cretesi, greche, egiziane e addirittura risalenti al
Neolitico. Oltre alla parte storica, Ischia è anche utile da vedere per una questione di paesaggio:
mare, vulcani, monti, scogli ecc.”
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Fabio Catalano: “l’isola è particolarmente verdeggiante; è un
vecchio cratere di un vulcano e perciò presenta anche delle alture.
Nel museo ci sono alcune anfore e altri reperti; ho imparato che
sull’isola c’è una scuola di archeologia subacquea e molte anfore
reperite ora sono conservate presso il museo archeologico. Mi
hanno colpito i resti che forse appartenevano a navi.”
Chiara Marino: “tra le varie cose mi ha colpito la quantità di anfore
che sono visibili nel Museo Archeologico di Ischia: a Pithecusae
(vecchio nome dell’isola) queste anfore venivano utilizzate per il
trasporto di grano, vino ed olio, anche se spesso venivano anche
riutilizzate come tombe per i bambini. Un interessante ritrovamento
è la coppa di Nestore, su cui vi sono alcuni versi di Omero,
importante per la datazione dei poemi omerici.”
Alessandra Casillo: “Ischia è un’isola campana che attrae molti turisti. E’ un luogo che
racchiude soprattutto un’importanza storica e culturale. Una settimana fa abbiamo
svolto una gita a Ischia; è stata sicuramente una bella esperienza per noi ragazzi.
Abbiamo visitato in particolar modo un museo archeologico in cui vi erano numerosi
resti storici. Erano esposte enormi anfore, le quali erano importanti soprattutto per il
commercio; esse poggiavano su dei rialzi perché non possedevano una base stabile. E’
importante che molte altre classi possano avere l’opportunità di fare questa gita perché
grazie ad essa possiamo avere maggiori informazioni sull’importanza di molti luoghi.”
Raffaele Carbone: “l’isola di Ischia è la più
grande tra le isole che si trovano in
prossimità del golfo di Napoli. E’
importante
visitare
quest’isola
per
valorizzare il nostro territorio, che secondo
me è il più bello in Italia, anche se le
persone che hanno le “competenze” non lo
hanno saputo gestire. Come si può vedere
dalle foto, Ischia è piena di natura e di
storia dell’antichità. Sull’isola abbiamo
gustato alcune specialità come la Zingara e
buonissimi gelati.”
Mirko Rosa: “Ricordo il mare molto pulito
e la vasta spiaggia, per cui ci siamo molto
divertiti a giocare a pallone.”
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Alessandro Rea: “il mare, la spiaggia,
i paesaggi e molte altre caratteristiche
rendono l’isola un capolavoro della
natura. Grazie alla visita ho imparato
che l’isola è anche ricca di storia.
Abbiamo imparato cose nuove sulla
sua origine e abbiamo anche
rafforzato la nostra amicizia.”
Rosa
Abete:
“Ischia,
situata
nell’arcipelago campano, è un’isola di
meravigliose bellezze da visitare per:
1. bellezza naturale (varietà di piante,
fiori, agrumi); 2. la storia (nel museo
di Villa Arbusto abbiamo osservato e
scattato foto a reperti archeologici).”
Sergio De Simone: “Stiamo vedendo delle foto fatte dai nostri compagni che
raffigurano molti reperti archeologici non solo sono stati ritrovati a Ischia, ma anche
in altri posti vicini. Ci sono molte anfore in cui venivano trasportate diverse cose in
base al commercio. Queste popolazioni riutilizzavano le anfore anche per inserirci in
corpicini dei bambini che non riuscivano a sopravvivere. Alla fine la visita è stata un
divertimento per tutti!”
Paul Cuomo: “secondo me le scuole campane dovrebbero andare a visitare Ischia
non solo per andare al Museo, ma anche per godersi una giornata rilassante con i
propri amici, senza stare davanti ai libri. La storia, infatti, si può apprendere in modo
molto più piacevole così.”
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ATTIVITA’ LABORATORIALE: IDENTITA’ CULTURALE DEI POSTI CHE
VISITATO DURANTE LE VACANZE
Ciascun viaggio nasconde sempre un posto nuovo da scoprire e identità culturali
da rispettare. Confronta con i tuoi compagni di classe almeno un prodotto tipico
del posto dove sei stato in vacanza e tre foto che rappresentino il concetto di
identità/diversità culturale delle località che hai visitato. Cerca, infine, di
sintetizzare le tue riflessioni in una breve relazione.
APPUNTI DI VIAGGIO
A CURA DI ALESSANDRO REA
Quest’estate le mie vacanze sono state rilassanti, ma anche istruttive. Agli inizi di Agosto sono
andato con la mia famiglia a Merano in Trentino Alto Adige e da lì ho partecipato a diverse
escursioni. La più interessante è stata quella fatta nella località di Sluderno, dove ho visitato Castel
Coira. E’ questo un castello antichissimo, di cui si sa che nel 1259, in data 21 Febbraio, il vescovo
di Coira Enrico IV menzionò per la prima volta l’esistenza di questo castello in un documento
scritto. Per capire ciò occorre fare un viaggio nel tempo e dire che l’imperatore Federico II di
Svevia, morendo, nel 1250 aveva lasciato un vuoto al livello del potere centrale che provocò
ripercussioni anche nella realtà locale. Infatti, al termine di una faida scoppiata da Enrico IV di
Montford e i signori di Matsch e di Wangen, nel 1253 al vescovo fu conferito il diritto di costruire
un castello tra le località di Cleven e Laces. Il vescovo, allora, fece erigere questo castello.
A metà Agosto sono partito da Venezia alla volta delle isole greche e sono approdato a Corfù, dove
oltre allo splendore della macchia mediterranea e del mare cristallino ho goduto di un’escursione
che prevedeva la visita dell’Achilleion, detto anche Palazzo di Sissi. E’ questa una splendida
costruzione stile liberty del 1891, dove l’imperatrice Elisabetta d’Austria dimorò per i suoi ultimi
sette anni, poiché nell’anno stesso in cui acquistò l’Achilleion morì l’amato figlio Rodolfo. Da quel
dolore ella non si riprese mai più. Il palazzo si chiama così in onore dell’eroe preferito di Sissi,
Achille.
Continuando il mio viaggio attraverso le isole greche ho trovato di particolare interesse la visita al
palazzo di Cnosso a Creta. Esso appartiene alla civiltà minoica, che si stanzia tra il 2500 e 1100 a.C.
e la sua ricostruzione risale al 1600 a.C. circa, periodo di massimo splendore della civiltà. Esso è
diviso in due ali: quella occidentale, costruita dagli appartamenti sacri e ufficiali, e quella orientale
costituita dalle abitazioni del popolo, dalle officine e dai magazzini. Grazie agli affreschi presenti
nel palazzo, conosciamo il modo di abbigliarsi della popolazione. L’abbigliamento maschile
prevede una stola legata a mo’ di pareo, con una cintura molto stretta, che permetteva di stare
sempre in posizione eretta, nonostante i lavori pesanti. La donna, invece, indossava un abito fatto
con stoffe e colori pregiati che prevedeva il seno scoperto, come segno del fatto che ella era colei
che generava il popolo.
MATERIALE SCAMBIATO CON LA CLASSE: LIBRI, OPUSCOLI
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AMALFI
A CURA DI CHIARA MARINO
Amalfi è una delle città marinare ed è situata nella regione Campania. Inizialmente Amalfi fu
fondata dai Romani e da sempre ha un buon commercio nel Mar Mediterraneo. La chiesa più
importante è il Duomo dedicato a Sant’Andrea. Si narra che egli fermò un’invasione barbara con
una tempesta, salvando tutti gli amalfitani rifugiatisi nel Duomo a pregare.
Il 30 novembre è la data ufficiale dei festeggiamenti in onore del santo, ma il miracolo viene
ricordato il 27 giugno.
Il 30 novembre viene celebrata una messa e in seguito ha luogo una processione che, partendo dal
Duomo, giunge fino al porto. Il 27 giugno oltre alla messa e alla processione, la statua viene portata
in spiaggia per la benedizione e dopo avviene la famosa “corsa di Sant’Andrea”: essa consiste in
una vera e propria corsa sulle scale del Duomo. La corsa non riguarda in alcun modo il santo, ma è
solo un atto pagano molto pericoloso. Alla festa del patrono di Amalfi accorrono numerosi turisti
provenienti da tutto il mondo. Amalfi è ricca di storia, specialmente delle varie conquiste da parte
dei normanni e poi dai barbari in diversi periodi.
Si racconta che la bussola fu inventata da un amalfitano di nome Flavio Gioia, ma non c’è nessun
documento scritto che ci dia conferma. Tuttavia gli amalfitani ritengono che sia stata inventata o
comunque perfezionata ad Amalfi.
Amalfi è piena di bellezze naturali, come ad esempio il mare, un tempo fondamentale per la
sopravvivenza delle persone.
Il limoncello è un prodotto tipico della costiera amalfitana ed è realizzato con la buccia di limone,
alcol e zucchero. Anche il limone è un prodotto tipico: infatti, ad Amalfi crescono limoni di grosse
dimensioni e con essi si realizzano numerosi dolci, tra cui la Delizia a limone.
Amalfi, essendo una delle città marinare, prende parte alla famosa regata delle Antiche Repubbliche
Marinare. La Regata consiste in una sfida tra i quattro equipaggi remieri in rappresentanza delle
quattro Repubbliche Marinare: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. Inoltre, prima della gara vi è un
corteo durante il quale sfilano i personaggi caratterizzanti delle antiche popolazioni delle
Repubbliche.
Infine, ad Amalfi fin dal XIII secolo viene prodotta la carta anche se nel 1220 fu proibita da
Federico II. In seguito, a causa di un’alluvione, furono distrutte quasi tutte le cartiere,
risparmiandone soltanto tre. Ancora oggi viene prodotta la carta, ma è utilizzata solo per alcune
occasioni ufficiali.
PRODOTTO SCAMBIATO CON LA CLASSE: LIMONCELLO.
STROMBOLI
A CURA DI DOMENICO IEVOLI
Lo Stromboli si eleva per oltre 800 m, mentre 1000 m sono sommersi. Le bocche si aprono dai 600
m sul versante di nord est. E’ un vulcano sempre attivo; la sua attività è così particolare e tipica da
aver indotto geologi e vulcanologi a definirla proprio “attività stromboliana” caratterizzata da lanci
di brandelli di lava, gas, cenere e lapilli che possono raggiungere l’altezza di 500 m ed
eccezionalmente anche 700. queste esalazioni sono generalmente accompagnate da un forte boato.
Negli ultimi anni lo Stromboli è stato caratterizzato da un’attività particolarmente intensa che ha
modificato la struttura del paesaggio, in particolare il lato nord-est chiamato “sciara del fuoco”.
Stromboli è un’insola di forma conica abitata su due versanti che comunicano tra loro solo via
mare. A largo di Stromboli si erge Strombolicchio, residuo di una colata lavica raffreddata; sullo
Strombolicchio è stato posto il faro. Stromboli è una delle sette isole dell’arcipelago eolico. Le altre
isole sono anch’esse vulcaniche, ma di queste restano attive solo Vulcano e alcune bocche di un
vulcano sommerso.
Si dice che Stromboli sia la più sicura proprio perché in continua attività.
PRODOTTO SCAMBIATO CON LA CLASSE PER: CANNOLI SICILIANI
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TRAPANI, FABIO CATALANO
PRODOTTO SCAMBIATO CON LA CLASSE: QUADRETTO DI SALE, ESPOSTO IN AULA
SANTA GIUSTA (CAGLIARI)
A CURA DI ANNALISA ARENIELLO
Il comune di Santa Giusta si trova sulla baia di Costa Rei in provincia di Cagliari e sorge su di un
importante stagno. La principale attività praticata è la tessitura: sappiamo, infatti, dalle nostre fonti
storiche che essa era praticata già nel Medioevo e che si è poi sviluppata a livello familiare
nell’Ottocento. I principali tessuti utilizzati sono: lino, canapa, lana e seta. Vengono poi usati due
tipi di telai: il telaio verticale e quello orizzontale, anche se viene adoperato soprattutto quello
verticale che è più semplice da utilizzare. La grande abbondanza di lana ha consentito lo sviluppo
del settore tessile nell’industria, tuttavia anche la tessitura e la vicinanza al mare consente lo
sviluppo della pesca.
L’attività turistica si sviluppa, invece, in varie forme grazie alla coesistenza sul territorio di mare,
montagna e campagna. Inoltre l’attività turistica è stata recentemente favorita dalla bonifica del lago
che è iniziata nel 1982 e ha influenzato positivamente non solo il settore turistico, ma anche quello
commerciale, la pesca e naturalmente ha migliorato notevolmente le condizioni ambientali del
luogo. Dal punto di vista paesaggistico Santa Giusta presenta una costa stupenda con un mare
incontaminato, in particolare la spiaggia più importante è quella di Peppino che prende il nome da
un pastore che amava trascorrere le giornate sullo scoglio vicino alla spiaggia chiamato anche esso
scoglio di Peppino. La spiaggia presenta un fondale molto basso e l’acqua estremamente calda:
queste due condizioni la rendono particolarmente adattan a bambini e famiglie. A un certo punto la
piccola spiaggia di Peppino si fonde con la più grande spiaggia di Santa Giusta. Essa è
particolarmente adatta a lunghe passeggiate sulla riva, e quando è bel tempo, è anche possibile fare
gite in gommone, canoa, catamarano ecc.
PRODOTTO SCAMBIATO CON LA CLASSE: CUSCINO IN CANAPA
ROMA: LA CITTA’ ETERNA
A CURA DI FRANCESCO PIROZZI
Tra le città più belle e storiche al mondo c’è sicuramente Roma, capitale d’Italia dal 1871, dove si
possono visitare i suoi monumenti meravigliosi. Roma è costruita su sette colli (Aventino,
Viminale, Esquilino, Quirinale, Palatino, Celio, Capitolino) sui quali nacque la famosa leggenda di
Romolo e Remo. Roma è costruita, inoltre, accanto al fiume Tevere e ha un clima temperato. La
città contiene 2.748.809 abitanti ed il suon territorio comunale è grande quanto la somma dei
territori dei comuni di Milano, Napoli, Torino, Genova, Bologna, Firenze; Palermo, Catania e Bari
ed è superiore alle città di New York, Madrid, Parigi, Berlino e Londra. La storia di Roma è quella
più amplia del mondo, partendo dall’antichità fino ai giorni nostri. Esattamente la sua storia
incomincia il 21 aprile 753 a.C., partendo dal popolo romano, che costruì l’impero più prospero e
duraturo che il mondo abbia mai visto, e che ancora oggi deve essere eguagliato.
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I simboli memorabili di questa città sono due: la lupa capitolina, che racconta la leggenda della
nascita della città, e la famosa sigla SPQR (Senatus PopolusQue Romanorum).
La città di Roma ha un numero particolarmente elevato di monumenti, quali il Pantheon, Piazza San
Pietro, Fontana di Trevi, la chiesa di San Giovanni in Laterano, gli Archi di Trionfo (Costantino,
Tito, Settimio Severo), le Terme (Caracalla, Diocleziano, Tito).
A Roma non ci sono solo monumenti, ma anche piazze molto belle e storiche, come San Pietro. I
piatti tipici di Roma sono la Carbonara e l’Amatriciana, piatti famosi non solo in tutta Italia, ma
anche nel resto del mondo.
GAETA
A CURA DI ROBERTO VITIELLO
La città di Gaeta era nota ai vari abitanti d’Europa già dal V sec. a.C., infatti sia Diodoro Siculo sia
Virgilio scrivono della località nel mito degli Argonauti e nell’Eneide.
I primi ritrovamenti che sono stati rinvenuti di Gaeta risalgono, però, all’età romana che lascerà alla
cittadina molti mausolei. Con la fine dell’Impero Romano d’Occidente la città fu soggetta a
saccheggi e ruberie fino alla costruzione nel VI sec. d.C. del Castello Aragonese che sorse sulla
collina di Gaeta per dominare la città dall’alto, consentendo di difenderla sia dal mare sia dalla
terraferma. Il castello fu costruito da Carlo V ed è costituito da due edifici: uno angioino e l’altro
aragonese. Altri due luoghi ritengo importanti da descrivere: la Chiesa di Santa Maria di Porto
Salvo e la Montagna Spaccata. La prima è stata visitata da me durante la processione della
Madonna sull’acqua: infatti, secondo i GAetani, la Madonna deve ogni anno essere traghettata nel
golfo di Gaeta, per tradizione, tutte le estati, l’8 Agosto. Il Santuario della Montagna Spaccata fu
edificato nel XI secolo d.C. e vi troviamo ancora oggi l’impronta della Mano del Turco che,
secondo la leggenda, fu infilata nella roccia, sciogliendo la pietra.
Prodotti tipi di Gaeta sono: le olive di Gaeta, famose in tutta Italia, e la tiella gaetana che deriva
dalla parola latina ‘tigella’.
Infine i dialetti che caratterizzano la località sono il napoletano a Gaeta Vecchia e un dialetto simile
al Pugliese nel Borgo di Elena.
PRODOTTO SCAMBIATO CON LA CLASSE: OLIVE DI GAETA.
GAETA
A CURA DI ALESSANDRA CASILLO
Porta di Carlo V: nel 1516 alla morte di re Ferdinando il trono di Spagna venne ereditato dal nipote
Carlo d’Asburgo (Carlo V). Dal 1516 al 1538 fece costruire un’alta e robusta muraglia chiamata La
Cittadella. Dentro quest’ultima nel 1661 Alonso de Monroy costruì una cappella.
Duomo di Gaeta-campanile: Vicino al porto sorge il Duomo di S. Erasmo, patrono di Gaeta. Esso
conserva le spoglie di S. Erasmo e Marciano. All’interno si trova una vasca battesimale e il museo
che raccoglie sculture, elementi architettonici, dipinti. Il campanile è suddiviso in tre parti:
l’inferiore costruita con massi e colonne monoblocco, con pezzi di monumenti romani; la parte
mediana con bifore e decorazioni di archetti intrecciati e infine vi è una parte superiore con angoli
con torri celle.
Santuario SS. ma Annunziata: la chiesa fu fondata nel 1320. Nel 1600 iniziò il suo restauro Andrea
Lazzari. Verso il 1900 a causa delle guerre la chiesa non ebbe vita felice. Nonostante ciò tutti i
capolavori della chiesa si sono salvati. Infine nel 2009 la chiesa è stata elevata a Basilica.
PRODOTTO SCAMBIATO CON LA CLASSE: PATE’ DI OLIVE DI GAETA
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IL CARRETTO SICILIANO E TRAPANI
A CURA DI ILARIA AVALLONE
Trapani è ormai legata da molto tempo all’industria del sale. Infatti, questa città è famosa anche per
le rinomate saline di Trapani. Le saline sono essenzialmente un ambiente di origine artificiale,
costruito nel corso dei secoli prendendo terra al mare, mediante la creazione di nuovi bacini
artificiali. Si tratta di acque basse, calde e di salinità variabile, laddove possono vivere solo pochi
organismi. Tutti gli organismi delle saline sono, appunto, quelli di una laguna, con alcune variazioni
dovute alla presenza di zone sovrassalate. Il sale, sin dal Neolitico, ha rappresentato la materia
fondamentale per l’alimentazione, sia per effetti benefici all’organismo che per la conservazione
degli alimenti. Il processo di estrazione del sale non è inquinante: i motori che fanno evaporare
l’acqua di mare sono il sole e il vento, non vi sono scorie di produzione inquinanti e l’acqua dei
bacini viene conservata e riutilizzata l’anno seguente.
Mi è stato possibile visitare, inoltre, Mozia, un’antica colonia fenicia fondata nell’VIII secolo a.C.,
il cui nome deriverebbe probabilmente proprio dai fenici col significato di “filanda”. Qui, infatti, vi
è la presenza di stabilimenti per la lavorazione della lana. La riscoperta di Motya è legata al nome di
Giuseppe Whitaker, un nobile inglese della fine dell’Ottocento, la cui famiglia si era stabilita in
Sicilia ed aveva avviato un fiorente commercio di esportazione di vino Marsala. Sull’isola si erge
l’abitazione dei Whitaker, oggi trasformata in museo. In questo museo si possono ammirare i resti
fenici scoperti grazie a degli scavi archeologici effettuati appunto nei dintorni di questa piccola
isola. Inoltre, qui è presente una piccola casetta dove riposò Giuseppe Garibaldi dopo la spedizione
dei mille a Marsala.
Il carretto siciliano è un mezzo a trazione equina per il trasporto merci, in uso in tutto il territorio
siciliano dal XIX secolo fino alla seconda metà del XX secolo. In seguito fu usato sempre meno a
causa della crescente motorizzazione del lavoro nelle campagne. Costruito con diverse qualità di
legno, spesso fregiato da incisioni naturali e sgargianti decorazioni pittoriche, al giorno d’oggi è
divenuto oggetto d’arte artigianale, nonché uno dei simboli dell’iconografia tipica siciliana.
PALAZZO REALE A MADRID, TOLEDO
A CURA DI LUDOVICA CIMINI
Il Palazzo Reale di Madrid è un maestoso edificio, simbolo del potere della monarchia spagnola;
oggi il Palazzo non è più la residenza dei reali, ma è destinato alle cerimonie ufficiali ed ospita una
ricca collezione di opere d’arte. L’ampia area verde che circonda il Palazzo Reale è utilizzata dai
madrileni come zona di jogging. E’ considerata la residenza Reale Europea più grande in assoluto e
ricca di tesori e storia.
Circondata dal fiume Tago, Toledo è una città situata al centro della Spagna ed apparteneva
all’antico Regno di Castiglia. In questa città sono passate le dominazioni dei Romani, dei Visigoti,
dei Mussulmani ed infine del Regno di Castiglia. Un elemento culinario molto famoso a Toledo è il
marzapane. Lì risiedono i migliori artigiani che cucinano all’interno del convento per riuscire a
mantenere le loro spese.
MAIORCA, MATILDE SERGIO
PRODOTTO SCAMBIATO CON LA CLASSE: NACCHERE
IL POSTO PIU’ BELLO DA VISITARE: LONDRA
A CURA DI RITA AMOROSO
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L’anno scorso i miei genitori mi organizzarono una vacanza studio in una delle città più belle, che
sin dalla mia infanzia desideravo vedere: Londra. Partii a metà Luglio e l’emozione di quella
mattina era talmente elettrizzante che mi veniva voglia di urlare dalla felicità. Londra mi è parsa
come immaginavo, dalla prima volta che la vidi. E’ stata una delle città più belle e interessanti che
io abbia mai visto. Interessante da più punti di vista: culturale, commerciale, paesaggistico..
Londra possiede numerosi monumenti, musei e chiese.
E’ una città molto sviluppata anche dal punto di vista commerciale e ci sono diversi centri
commerciali e addirittura intere zone commerciali come: Piccadilly Circus, un’enorme piazza dove
ovunque giri ti trovi di fronte enormi cartelloni pubblicitari digitali; Oxford Street dove sono
presenti i più importanti negozi, per non parlare dei due più grandi centri commerciali.
Londra è anche una città piena di verde e parchi, tra i più visitati.
La cosa che più mi ha colpito è stata la differenza tra i quartieri di classe, dove vivono tutti i parenti
dei reali e i quartieri più poveri.
Nonostante il cibo, tranne i buonissimi muffin e le gustosissime bevande di Starbucks, non sia stato
tra i migliori, Londra sarà sempre nel mio cuore e spero di tornare lì il prima possibile.
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l`identita` culturale