Anno II - Numero 233 - Giovedì 3 ottobre 2013
Direttore: Francesco Storace
Caso Mps
Sovranità
Milano
Suicidio Rossi,Viola
torna in procura
Isole ed aerei:
il Paese è in vendita
Luxuria derubato
e boccia Pisapia
Colosimo a pag. 2
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Musumeci a pag. 3
Fruch a pag. 7
ALFANO ASSICURA AL GOVERNO LETTA I NUMERI PER CONTINUARE: E BERLUSCONI IN EXTREMIS FA MARCIA INDIETRO
Le ultime
parole famose
di Robert Vignola
hi ha vinto? Letta
che resta in sella?
Alfano che ha per
una volta avuto ragione sul Capo? O
Berlusconi, che voleva solo
far uscire allo scoperto i traditori? La domanda è tanto
difficile da sembrare (come
fin troppo spesso accade)
sbagliata. Certo non va meglio
a chi deve cercare una risposta alla domanda più spontanea: perché?
Molti, soprattutto tra gli elettori
del centro-destra, se lo saranno chiesto quando – erano
le 13.33 – Berlusconi annunciava “non senza interno travaglio” il sì del suo gruppo
alla fiducia al Governo. Eppure, neanche due ore prima,
le decisioni stabilite erano altre, tanto che Bondi e Cicchitto
si azzuffavano mediaticamente
e Matteoli preconizzava un
Letta-bis col Pdl all’opposizione. Chissà che tutto ciò
non avesse a che fare, allora,
con quanto ha immediatamente preceduto quella dichiarazione di voto. Con Letta
che, confidando urbi et orbi
di non aver dormito, “rassicurava” comunque l’Italia che l’indomani avrebbe avuto un nuovo governo, con una nuova
maggioranza e nuovi numeri, mentre Alfano
gli porgeva il “pizzino” con l’elenco di quanti
era riuscito a raccogliere attorno alla sua decisione di strappare col Cav (23 secondo
alcuni, 25 secondo altri).
Chissà invece se la retromarcia non avesse a
che fare con un anelito dello stesso Berlusconi
alla ”pacificazione”, cui del resto ha fatto appello
nella dichiarazione-choc: certo, se il Pd si rispecchia nelle battute del capogruppo Zanda
C
“Letta e Napolitano sono inaffidabili”
(Silvio Berlusconi)
“I ministri del Pdl rassegnano
le proprie dimissioni, non ci sono
le condizioni per restare”
(Angelino Alfano)
“Dico no a un Governo con transfughi
che viva una vita stentata”
(Guglielmo Epifani)
“Faccio il tifo per un Governo solido”
(Matteo Renzi)
“Berlusconi resiste: voto la sfiducia”
(Il Giornale di ieri)
“I senatori del Pdl all’unanimità
voteranno la sfiducia”
(Renato Brunetta)
Insulti tra falchi e colombe, gruppi parlamentari
del Pdl verso l’implosione. Oggi il redde rationem
(“si forma una nuova maggioranza indipendentemente da operazioni tattiche e furbesche”),
la sua speranza era mal riposta… E infatti Bondi
prendeva la parola (e le distanze) così: “non mi
unisco a questa compagnia”. E al momento
del voto sparirà, insieme ad altri sei colleghi,
mentre l’altro pidiellino Vincenzo D’Anna addirittura resterà per votare contro. Aveva allora
poco da augurarsi, il presidente del gruppo
Schifani, che non ci fossero diaspore: il pomeriggio era tutto un battere d’ali e d’insulti tra
falchi e colombe, finalmente liberati dalle voliere.
Ad Alfano resterà il Pdl, a Berlusconi Forza
Italia: entrambi, guardandosi in cagnesco, a
sostenere lo stesso governo di prima. Così è
se vi pare, il sipario cala sul Senato (235 sì, 70
no) ma non è stato un bello spettacolo. Tutt’al
più, un teatrino.
Ad applaudire sono stati invece i deputati Pd,
quando il sipario si è alzato alla Camera e
Cicchitto ha annunciato “un nuovo gruppo
parlamentare”. Epifani se l’è risa, sonoramente:
“L'onorevole Berlusconi ha perso, al di là dell'espressione di voto che ha voluto fare, di
A cura di Giuseppe Sarra
fronte al Paese e all'opinione pubblica”, ha
graffiato il segretario del Pd. Dal resto del dibattito della Camera nessuno scossone, nessuna
novità: solo gli ennesimi proclami e le solite,
languide scintille dialettiche, buone solo rinverdire la vicenda dei ladri di Pisa (e ogni riferimento alle origini del premier è puramente
casuale).
Ma insomma: tra le dimissioni dei ministri Pdl
e la farsa di ieri, cosa è successo? L’Iva si è
alzata di un punto. E quindi, chi ha vinto? Chissà... Certo, hanno perso gli italiani.
PATATRAC SUI RIFIUTI: LA GIUNTA DI SINISTRA CONTINUA A SBAGLIARE LE SCELTE DEI SITI
GRECIA
Alba Dorata, tre
tornano in libertà
ono tornati in libertà tre
dei sei parlamentari di Alba
Dorata arrestati nell’inchiesta sulle presunte attività illegali
della formazione di estrema destra greca. Dopo un interrogatorio
fiume durato oltre 14 ore, i due
giudici istruttori che stanno ascoltando i deputati e i militanti del
partito filo-nazista greco Chrysi
Avgì (Alba Dorata) ne hanno incriminati quattro per costituzione
e partecipazione ad un'organizzazione criminale, ma hanno disposto il rilascio di tre di essi in
libertà vigilata. Intanto ieri è comparso di fronte ai giudici, Nikos
Michaloliakos, il leader del partito
arrestato nel quadro di una vasta
operazione che ha portato agli
arresti 22 persone e che è scattata
a seguito dell'omicidio del rapper
Pavlov Fyssas il 18 settembre
scorso. Mentre Michaloliakos
faceva il suo ingresso nel tribunale di Atene, un gruppo di circa
300 militanti ha gridato slogan
in suo sostegno.
B.R.
“Grande”
(Enrico Letta ad Angelino Alfano dopo
la dichiarazione di voto di Berlusconi
al Senato)
S
DISASTRO ZINGARETTI
Il consenso del governatore del Lazio precipita nei sondaggi e il Pd si preoccupa
di Francesco Storace
ugiardi matricolati. Alla regione Lazio
si aggira la solita coppia, ZingarettiCivita (l'assessore che si occupa male
di rifiuti) che ne combina di tutti i colori.
Tre sedute di consiglio regionale tra luglio
e settembre per discutere il post Malagrotta,
la tormentata decisione a maggioranza e
contro il popolo per il sito di Falcognana. E
infine la sorpresa di ieri, con l'individuazione
in solitaria, senza dirlo a nessuno, clande-
B
stinamente, della discarica a Bracciano.
Una scelta che contraddice il proclama di
tenere a Roma i rifiuti della Capitale senza
scaricarli sulla sua provincia.
Tutto questo si sta abbattendo sui consensi
del governatore del Lazio, che era partito
con sondaggi trionfalistici ed ora pare
avviato verso il tonfo. Le cifre percentuali
sulla fiducia dei cittadini verso il presidente
del Lazio, Zingaretti, sono ufficialmente nascoste, ma alla Pisana i consiglieri del Pd
sono preoccupati: "Ci stiamo facendo male
da soli", confidano nei corridoi del consiglio
regionale, leggendo cifre che abbassano il
gradimento di oltre cinque punti.
Lo scontro aperto è con lo staff del governatore, dove primeggiano quelli del quieto
vivere, le colombe de' noantri. Sono costoro
i responsabili del calo di consensi che si
registra con cadenza settimanale. Nel partito
c'è subbuglio: su tutti i dossier più delicati
- rivela un dirigente molto vicino a Gasbarra,
il segretario regionale che pare scomparso
dal dibattito politico - "Nicola sceglie di
fuggire, nascondersi, pararsi".
La realtà è che Zingaretti "puntava ad accreditarsi come l'antiRenzi, ma è bastato
l'Espresso a fargli passare i bollori", racconta
un ex margheritino molto informato che
ancora non manda giù il repulisti elettorale,
quando l'allora presidente della Provincia
ha preteso di far fuori tutti i consiglieri
uscenti dopo lo scandalo Fiorito-Maruccio.
Mentre alla Pisana il governatore riesce a
far digerire tutto ai suoi consiglieri, è infatti
nel partito che trova le maggiori difficoltà.
A partire dalla storia della discarica di Falcognana, aggravata adesso dal caos di
Bracciano. E la sua immagine è sempre
più in difficoltà, perché i cittadini comprendono che non ci sono soluzioni valide ai
problemi. La vicenda rifiuti è emblematica,
un pasticcio che non servirà a nulla e scontenterà ancora tutti.
Poi, le vicende legate alle nomine. Zingaretti
ne ha fatte troppe e ogni tanto prende
qualche musata, come nel caso del direttore
dell'Ater di Roma, dove ha perso al Tar nel
tentativo di cacciare un bravo dirigente.
E ora ci si è messa anche la Corte dei
Conti, che lo ha preso di petto su troppi incarichi e assunzioni. Per uno che si è candidato come alfiere della legalità, una specie
di disastro, insomma.
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Giovedì 3 ottobre 2013
Attualità
Prima dell’acquisto di Antonveneta l’ex presidente comunicò la notizia al sindaco e al Presidente della Provincia di Siena
Banca rossa, Mussari e quella soffiata al Pd
I pm toscani oggi presenteranno nuove richieste di rinvio a giudizio: i vertici del centrosinistra
sono salvi – Viola ancora interrogato in Procura per gli scambi di mail con David Rossi
di Federico Colosimo
anca rossa Mps, il
centrosinistra sapeva tutto. Nuove e inquietanti rivelazioni
sullo scandalo finanziario che ha travolto il
principale istituto di credito
italiano. Per i pm toscani, l’8
novembre 2007 Giuseppe
Mussari “ha comunicato, al di
fuori dal normale esercizio
della professione, la notizia
dell’acquisto di Antonveneta
a Maurizio Cenni e a Fabio
Ceccherini”. Esponenti politici
del Pd e, all’epoca dei fatti, rispettivamente sindaco e presidente della Provincia di Siena.
Cenni e Ceccherini erano due
personaggi chiave per gli
aspetti di potere senesi, visto
che il Comune e la Provincia
nominavano i vertici della Fondazione Mps. Su quella scellerata acquisizione erano d’accordo tutti. Mussari è quello
che ci ha messo la faccia e
pagherà, ma probabilmente
a tessere la tela c’erano altri
personaggi. E sempre del centrosinistra. Dall’interno degli uffici romani si
prendevano tutte le decisioni. Nulla era lasciato
al caso e prima di fare qualsiasi cosa bisognava
aspettare gli ordini giusti.
I pm Natalini, Nastasi e Grosso oggi presenteranno le richieste di rinvio a giudizio nell’in-
B
chiesta principale sull’acquisizione di Antonveneta da parte di Mps. Alla sbarra, ben 9 persone. Tra queste, Giuseppe Mussari e Antonio
Vigni. I soliti noti, insomma. E basta. Nonostante
i tanti indizi, le dichiarazioni degli ex gerarchi
di Siena, i vertici del centrosinistra se la cave-
ranno. Per loro neanche un interrogatorio, niente
di niente.
Intanto in Procura è stato riascoltato anche l’attuale amministratore delegato di Mps, Fabrizio
Viola. Un fulmine a ciel sereno per il manager,
che ha dovuto spiegare agli inquirenti i motivi
di quegli strani scambi di mail
con David Rossi, ex responsabile dell’area comunicazione
del Monte, gettatosi (presumibilmente) dalla finestra del
suo ufficio il 6 marzo scorso.
All’interno della Procura regna
il silenzio assoluto e la riservatezza più totale. Quanto dichiarato da Viola, ancora non
ci è dato saperlo. Fatto sta che
l’amministratore delegato della
banca rossa, dopo il primo
interrogatorio reso l’8 marzo
scorso, è finito ancora davanti
ai magistrati. Un fatto molto
strano e che, chissà, potrebbe
riservare un retroscena ancora
tutto da decifrare.
Stamattina, per concludere,
all’interno del Palazzo di Giustizia di Siena riprenderà il
processo con ritto abbreviato
contro Mussari, Baldassarri
e Vigni. L’accusa, per tutti, è
di ostacolo all’esercizio delle
funzioni dell’autorità di vigilanza. Reato che per i magistrati gli ex vertici avrebbero
compiuto “occultando” il contratto di mandate agreement
tra Mps e Nomura per la ristrutturazione del derivato Alexandria (documento poi ritrovato nel 2012 nella cassaforte
di Vigni). Il Tribunale dovrà decidere prima
di tutto se ammettere come parte civile Bankitalia (che nel procedimento è anche parte
offesa) e Mps.
LA BCE CI CONDANNA AD ALTRE TASSE
UNA MANCANZA CHE COSTA PIÙ DI 30 MLD
IL CASO SI COMPLICA
Draghi contestato
anche in Francia
Banda larga, l’Italia
rimane indietro
L’Economic Times ci deride
Ministri indiani divisi sui marò
di Giuseppe Sarra
entre nel vecchio continente cresce l’onda della
sovranità nazionale, in
particolare tra i paesi più colpiti
dalla crisi economica e dalle politiche di austerità messe in campo da Angela Merkel, in Europa
si tenta di arginare e – per giunta
– censurare i cosiddetti movimenti “euroscettici”. Anche il
presidente della Bce, Mario Draghi, cerca di limitare i danni facendo credere che i fiaschi della
politica monetaria siano fischi
di approvazione. I fischi, però,
se li è beccati lui: da Parigi, dove
ha presieduto la riunione di inizio
mese del consiglio direttivo della
Banca centrale europea, è arrivata
la dura contestazione di una delegazione di sindacalisti francesi
che hanno presidiato l’ingresso
della “Banque de France”.
“Una politica monetaria che –
hanno incalzato i manifestanti aiuta solo i padroni e non i lavoratori”. Eppure, come suo solito, il numero uno della Bce
non ha battuto ciglio. “Un banchiere e un uomo tutto d’un
pezzo”, verrebbe da dire. Anzi,
nella conferenza stampa in cui
M
si annunciava che la Bce decideva
di lasciare i tassi invariati, ha ribadito che “oggi l’Eurozona è
meno colpita da crisi nazionali”.
Ma come? Il tasso della disoccupazione, soprattutto tra i giovani, aumenta di mese in mese?
Non solo. Draghi si è anche soffermato sulla situazione italiana:
“I periodi di instabilità come
quelli che hanno colpito la Grecia,
il Portogallo e ora l'Italia, minacciano le prospettive di ripresa
di questi paesi” ma ha assicurato
che “non toccano le fondamenta
dell’Eurozona come avveniva
tempo addietro”. Non finisce
qui. Poi, condanna l’Italia e gli
altri paesi a nuove manovre ‘tartassine’: “Il messaggio dei mercati è chiaro: stabilità e riforme”.
E rincara: “I Paesi in difficoltà
sono consapevoli dei propri problemi, ma ora devono proseguire
esprimendo questa consapevolezza in azioni”. Il che tradotto
fa più o meno così: “Siete in
difficoltà ma dovete introdurre
altre tasse. Ve lo chiede l’Europa
altrimenti non ce la fate”. Questa
la tanto decantata “Europa dei
popoli”? In primavera milioni di
cittadini sceglieranno da che
parte stare.
di Barbara Fruch
l divario tra nord e sud
aumenta, così come quello tra aree urbane e rurali.
Così mentre la banda larga è
destinata a crescere in quasi
tutti i Paesi del mondo l’Italia
resta indietro. È piuttosto desolante il panorama che emerge dalla tavola rotonda “Senza
rete non si fa rete”, organizzata
martedì dalle associazioni
Cia, Agia e Cittadinanzattiva
che ha messo letteralmente
a nudo le nostre debolezze
nei confronti dell’Adsl e della
connettività a banda larga in
generale. In Italia l’accesso
alla rete è ancora regno di
pochi, nelle aree rurali soltanto
il 17 per cento degli abitanti
può contare su una connessione costante e di qualità,
contro l’89 per cento delle
aree urbane. Il problema delle
aree ‘ svantaggiate’, dove le
infrastrutture tecnologiche
sono latenti soprattutto nel
Mezzogiorno, finisce per pesare ovviamente sulle imprese
agricole: oggi le aziende informatizzate del settore sono
circa 61mila (il 3,8 per cento
del totale), ma con un gigan-
I
tesco gap territoriale. Al NordOvest, il 10,8% delle aziende
agricole è informatizzato; al
Nord-Est, si arriva all’8,1%.
Nelle Isole e nel Sud si scende
rispettivamente al 2% e
all’1,3%. Il “digital divide” tra
città e campagna, senza contare quello annoso tra settentrione e meridione, è insomma ancora fortissimo nel nostro Paese, dove secondo l’ultimo rapporto Onu, solamente
il 58% della popolazione utilizza attivamente la rete. Si
tratta di un risultato che ci
mette solamente al 57° posto
al mondo in questa speciale
classifica. “Bisogna superare
il ‘digital divide’ e colmare
gli inaccettabili ritardi sull’Agenda digitale, solo così si
può raggiungere l’obiettivo
della semplificazione amministrativa per cittadini e imprese. Oggi la burocrazia fa
perdere al sistema Italia qualcosa come 31 miliardi di euro.
Quasi 4.500 euro a cittadino.
Soltanto all’agricoltura costa
oltre 4 miliardi l’anno, di cui
più di un miliardo addebitabile ai ritardi, ai disservizi e
alle inefficienze della Pubblica
amministrazione”.
arnesina nel caos. Prosegue
la guerra diplomatica fra
Italia e India. Nonostante le
‘rassicurazioni’ del ministro degli
Esteri Bonino, che nei giorni scorsi ha espresso le sue perplessità
sulla “innocenza” dei Marò, i fucilieri della Marina Militare sono
– ancora – trattenuti a New Delhi.
A fotografare la scarsa caratura
internazionale italiana anche il
quotidiano “The Economic Times”.
I ministeri della Giustizia e dell’Interno indiani – scrive il giornale
- hanno posizioni discordanti su
come risolvere l’impasse esistente
nelle indagini sull’incidente in cui
sono coinvolti i marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.
Nulla è cambiato dal 15 febbraio
del 2012, giorno dell’ “incidente
diplomatico”. Secondo il quotidiano - infatti, come peraltro ribadito all’inviato speciale di Palazzo Chigi De Mistura dal ministro Khurshid - la Giustizia vorrebbe procedere all’interrogatorio
degli altri quattro fucilieri che
erano a bordo della nave “Enrica
Lexie” attraverso una rogatoria,
mentre l’Interno propende per
un ricorso alla Corte Suprema.
Mentre la situazione in Kerala
appare sempre più complicata,
F
milioni di italiani disseminano di
pensieri i social network. Tra i
più condivisi: “La vita è una tempesta, puoi ripararti al sole per
un momento, e il successivo ti
potresti ritrovare sbattuto contro
gli scogli”, scrive Michela Moschetti fidanzata di Latorre.
“A fare grande una persona –
prosegue la Moschetti - è come
si comporta quando arriva la
tempesta, devi guardarla in faccia,
e dirle avanti fai presto, io saprò
resistere!!!”.
G.S.
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Giovedì 3 ottobre 2013
Attualità
Punto della situazione a palazzo Chigi. Pressione di Letta su banche per ricapitalizzazione della compagnia
Air France avverte:“Le condizioni le dettiamo noi”
De Juniac: “Simbolo di Alitalia verrebbe tutelato”. Apertura da Intesa Sanpaolo
di Giorgio Musumeci
IL NUOVO PADRONE È UN NEOZELANDESE RESIDENTE IN SVIZZERA
era una volta l’Alitalia. Potrebbe iniziare così la storia della nostra, ormai da
tempo “ex”, compagnia
di bandiera. Archiviate da
tempo le foto dei Divi del cinema che
scendevano sorridenti dagli aerei marchiati dal tricolore, o delle inconfondibili
hostess “in verde” che invitavano a
salire a bordo, oggi la compagnia aerea
italiana fa parlare di sé sulle cronache
soltanto per difficoltà economiche e
scioperi del personale. E così, dopo fallimenti, aiuti dello Stato, e costituzioni
di nuove società, si arriva all’ultimo (per
ora) capitolo che si sta scrivendo in
queste settimane. La disponibilità mostrata dalla compagnia di bandiera francese Air France di acquistare un’ulteriore
fetta dell’Alitalia rendendola di fatto, per
metà straniera, ha ravvivato le acque.
Nella giornata di martedì, infatti, il presidente del consiglio Enrico Letta ha
incontrato i vertici della società aerea
insieme al ministro dei trasporti Maurizio
Lupi, il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato oltre al sottosegretario alla presidenza del consiglio,
Filippo Patroni Griffi. Tuttavia, all’incontro
a palazzo Chigi non è stata presa alcuna
decisione, e il tavolo tecnico è stato rimandato alla prossima settimana. Sul
fronte bancario, ieri mattina, il presidente
di consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, ha dichiarato come la suddetta banca sia
pronta a fare la propria parte per il superamento della crisi che sta vivendo
l’Alitalia. Rispondendo a chi gli chiedeva
se Intesa Sanpaolo fosse disponibile a
partecipare a una ricapitalizzazione o
a immettere nuovi fondi in Alitalia, GrosPietro ha aggiunto: "Il nostro mestiere è
quello di anticipare dei fondi alle imprese
che hanno possibilità di sviluppo, se
Alitalia si dimostrerà come un'impresa
che ha capacità di sviluppo noi faremo
il nostro mestiere anche verso Alitalia".
Sardegna, venduta l’isola di Budelli
C’
Tre milioni il prezzo battuto all’asta. Governo
e Ente Parco possono ancora rimediare
Intanto, da oltralpe arriva la notizia che
Air France è pronta a venire in soccorso
di Alitalia, ma solo se saranno soddisfatte
le condizioni che ha posto. Il numero
uno del gruppo franco-olandese, Alexander de Juniac, in un’intervista pubblicata dal sito internet di Les Echos, ha
prospettato "una grandissima compagnia
europea". “Le nostre condizioni sono
molto stringenti. Se saranno soddisfatte,
sono pronto ad andare avanti", ha dichiarato de Juniac, senza tuttavia precisare di quali condizioni si tratti. "Se
Alitalia con noi si dà i mezzi per svilupparsi in modo sostenibile a medio e
lungo termine, noi la accompagneremo
nel cammino di riconquista". Il presidente
di Air France risponde anche sul timore
di molti circa il destino dello storico
marchio Alitalia: “Se Alitalia diverrà
uno dei tre grandi marchi del gruppo
(con Air France e Klm), nessun marchio
sarà trattato peggio degli altri''. ''Capiamo
che Alitalia sia un simbolo nazionale in
Italia - aggiunge de Juniac- un marchio
di valore verso il quale non abbiamo
intenzione di aver pregiudizi, qualunque
cosa succeda''. Tornando alle mosse
del governo, nel corso della riunione di
martedì scorso –stando a una nota diramata al termine dell’incontro- “si è
svolto un confronto sulla situazione di
difficoltà della compagnia di trasporto
aereo discutendo con spirito costruttivo,
sulla base del piano rappresentato dal
presidente e dall'amministratore delegato, diverse ipotesi volte a consentire
il superamento dell'attuale fase congiunturale". Il premier Enrico Letta, dal
canto suo, scongiura un’ulteriore matassa
da sbrogliare e, riunendo i vertici della
compagnia, le banche e i fornitori,
chiede uno sforzo per evitare che la situazione di cassa precipiti. Nel mirino
del presidente del consiglio ci sono soprattutto le banche, alle quali vengono
chiesti oltre 300 milioni (la liquidità necessaria indicata dal piano industriale).
A tal proposito, esprime fiducia il ministro
dello Sviluppo economico, Zanonato,
che parla di una "una grande disponibilità
da parte delle banche ad accogliere
l'appello del premier Letta. Stiamo cercando –prosegue il ministro- una soluzione per superare le attuali difficoltà
finanziarie e attuare il piano di risanamento di Del Torchio e consentire ad
Alitalia di discutere il proprio futuro
senza difficoltà e pressioni". A chiedere
l’intervento del governo erano stati sindacati e politici preoccupati dai numeri
della compagnia, che nei primi sei mesi
dell'anno ha accumulato una perdita di
quasi 300 milioni di euro e si trova in
cassa una liquidità di appena 128 milioni.
Il tempo è un nemico; dopo il 'no' dei
francesi all'aumento di capitale da 150
milioni, nella giornata di venerdì a Milano
tornerà a riunirsi il cda, in vista dell'assemblea dei soci del 14 ottobre che
dovrà varare l'operazione. Il tavolo tecnico del governo si riunirà, invece, all'inizio della settimana prossima "in considerazione della situazione politica".
2,94 milioni di euro. A tanto è
stata battuta all’asta l’isola di
Budelli, perla dell’arcipelago
della Maddalena. Il passaggio
di mano di uno dei paradisi
turistici del nostro Paese è avvenuto davanti al giudice del
Tribunale di Tempio Pausania.
L'Isola, che ospita la celebre
Spiaggia "rosa", autentica perla
del Parco nazionale dell'arcipelago
della Maddalena, è in un'area incontaminata di 1,6 metri quadri
dove non è possibile costruire
nulla, visti i pesanti vincoli paesaggistici e ambientali che gravano sull'area: non ci si può, infatti, neppure mettere piede se
non si è accompagnati dal personale del Parco. L’asta per la
vendita di “Budelli” si è resa necessaria a causa del fallimento
che ha colpito il precedente proprietario dell’isola, una società
immobiliare con sede nel capoluogo lombardo. Il nuovo acquirente di questo spettacolo paesaggistico è un imprenditore neozelandese con società in Svizzera.
“Un vero ambientalista, innamorato di Budelli e dell'arcipelago
della Maddalena da decenni, un
neozelandese impegnato nella
autentica conservazione della
flora e della fauna marina e terrestre, ha vissuto in varie parti
del mondo ed è coinvolto in significativi progetti di conservazione marina e terrestre in vari
siti”. Giò Mura, legale dell’imprenditore, traccia l’identikit del
suo cliente col tentativo di asso-
pire le critiche generate dalla
vendita della notissima isola sarda. "Ha acquistato l'isola con
l'obiettivo di preservarne l'ecosistema in conformità con gli
ideali dell'Ente Parco dell'Arcipelago”, chiarisce ancora l'avvocato Mura, che ha rappresentato lo studio legale toscano, primo patrocinatore del neozelandese, nell'udienza davanti al giudice dell'esecuzione immobiliare
di Tempio Pausania, Alessandro
di Giacomo. Secondo quanto riferito dal legale Mura, il neo proprietario “sottoporrà uno specifico piano di conservazione dell'isola alle autorità e alla comunità
locale della Maddalena per lavorare insieme impegnandosi in
un progetto di conservazione
che tenga conto del migliore interesse di tutti coloro che amano
e rispettano questo speciale arcipelago e la sua straordinaria
modalità di vita". Tuttavia, l’imprenditore neozelandese potrebbe
presto uscire di scena. Entro 90
giorni, infatti, il ministero dell'Ambiente e l'Ente Parco potrebbero far valere il diritto di
prelazione, versando però la stessa cifra battuta all'asta.
G.M.
IL CASO SOTTOFASCIASEMPLICE LO DIMOSTRA: MAI PIÙ OPERAZIONI DI DIFFAMAZIONE E DI DEMOLIZIONE DELL’IMMAGINE DI TANTI UOMINI E DONNE LIBERI
In Italia tira una brutta aria: la Fondazione An difenda la nostra cultura
di Mario Vattani
interessante intervento di
Alessio Aschelter sul Giornale d’Italia del 24 settembre 2013 “Note identitarie alla conquista dell’immaginario. La musica
alternativa e quelle etichette ghettizzanti”, mi dà lo spunto per una
considerazione sulla difesa della
“nostra” cultura, portando come
esempio un caso che mi riguarda
molto personalmente.
Infatti dopo la vicenda della mia
breve partecipazione a un concerto
sul palco di Casapound, mi ha meravigliato la furia censoria e diffamatoria con cui sono stato aggredito
non solo io, ma anche e soprattutto
le canzoni, la musica di Sottofasciasemplice. Ancora più esasperante è stato veder prendere di
mira, con lo stesso intento persecutorio, un intero contesto musicale
che (malgrado tutto..) noi chiamiamo ancora “musica alternativa”,
ma che alcuni giornalisti-censori
hanno voluto dileggiare e travisare,
usando termini grotteschi come
“fascio-rock” e - peggio, perché
L’
sappiamo quanto fa comodo che
una cosa tiri l’altra - “nazi-rock”.
Credo abbia senso approfondire
questo punto proprio su questo
giornale, il cui Direttore Francesco
Storace, quando apprese della campagna stampa lanciata contro di
me, esclamò alla radio:“Viva il nostro canto libero!”.
In un Paese come l’Italia, l’apertura
mentale nei confronti di arte, cultura
e creatività dovrebbe avere un
ruolo importante. Eppure nel mio
caso, per il reato di “musica alternativa”, si è potuto per mesi impunemente insultare e bollare addirittura come razzista una persona
che nella vita avrà vissuto al massimo dieci anni in Italia, ha servito
il paese in America, in Africa, in
Asia, ha da sempre una profonda
curiosità verso tutti i popoli, le tradizioni, le lingue che ha incontrato,
tanto da sposare una donna giapponese e avere due figli che sono
il risultato di un’unione tra persone
e tra culture.
Sì perché pur essendomi macchiato
del reato di “musica alternativa”,
non sono mai venuto meno al mio
giuramento di fedeltà alla Repubblica e alla Costituzione: è quella
la stessa Costituzione che mi dà
anche il diritto, come italiano, di
esprimere un dubbio in una canzone, sul modo manicheo in cui
vennero raccontati alcuni dei momenti fondanti della nostra Repubblica. Non sarò né il primo né l’ultimo italiano a volerlo e a poterlo
fare. Ma soprattutto, ho ancora più
diritto, come ogni italiano, di esprimermi ben più liberamente quando
lo faccio attraverso l’arte, la musica,
il racconto, la rappresentazione.
Finora la varietà dei miei interessi
nel campo dell’arte e della cultura
aveva sempre giocato a mio favore, permettendomi negli anni in Egitto, in Giappone, negli Stati
Uniti - di allargare le mie conoscenze e i miei contatti, sempre a
vantaggio del servizio e del Paese.
E’ stato veramente triste e umiliante per me trovarmi a rendere
conto in questo modo della mia
passione per la musica e per l’arte
in generale.
Perché la verità è che gli strumenti
che sono stati usati da un poker
di giornali e giornaletti, sono degni
del totalitarismo più bieco: disinformazione, falsità, dileggio (“quella non è musica… fa rabbrividire..!”), roba da fare invidia ai curatori berlinesi della mostra anni
’30 su “L’Arte Degenere”, ai loro
partner sovietici, e ai loro degni
successori della DDR.
Se è vero che per fortuna i magistrati mi hanno alla fine dato ragione, è stato più difficile quando
ho rivolto la mia attenzione ai giornali responsabili di quel linciaggio
mediatico: addirittura quando mi
mossi per ottenere il ritiro di un
articolo infamante in cui mi si dava
nientedimeno che del “picchiatore”, un giudice inizialmente volle
archiviare il caso, opponendo che,
siccome in alcune canzoni di Sottofasciasemplice si faceva cenno
a episodi di lotta, l’articolo non
era da considerarsi diffamatorio.
Come dire insomma che Francis
Ford Coppola può essere chiamato
mafioso perché ha diretto tutti
quei film sulla mafia, o Anthony
Burgess violentatore, perché ha
scritto Arancia Meccanica.
Personalmente ho voluto dimenticare le bruttissime figure fatte
nella mia vicenda da alcuni “ex”
per i quali provo solo imbarazzo,
mentre ricorderò sempre con gratitudine i molti rappresentanti politici e alcune importanti firme
della stampa, così come gli amici
che hanno voluto e saputo intervenire in mio favore.
Ma non è bastato, e quindi non
basta.
Per questo penso che se esiste
oggi una Fondazione Alleanza Nazionale che tra i suoi obiettivi ha
quello di valorizzare, difendere e
promuovere la cultura e i valori
della nostra tradizione, quelli dovrebbero comprendere anche l’arte e la musica che sono state create, e verranno create da tanti di
noi in futuro.
In Italia tira una brutta aria, e noi
non dobbiamo permettere mai più
che si ripetano operazioni di diffamazione e di sistematica demolizione dell’immagine di tanti uomini
e donne liberi, per l’arte o la musica
che hanno creato e che vogliono
lasciare alla loro Comunità.
4
Giovedì 3 ottobre 2013
Esteri
LE ULTIME DALLA CINA: IL GOVERNO STA MUTANDO IL SUO ATTEGGIAMENTO REPRESSIVO CONTRO LA SPIRITUALITA’
Non c’è più religione: anzi, c’è ancora
Cade un’altra… grande muraglia del comunismo: “l’oppio dei popoli” viene
riabilitato come arma anti-corruzione. Ma resta il drammatico nodo del Tibet
di Giuliano Castellino
sisteva “il sogno americano” e in questi giorni si
è infranto contro una terribile e drammatica crisi.
C’era il comunismo russo
mangia-preti….oggi Putin punta l’indice contro l’Europa, colpevole di
aver perso le sue radici cristiane,
di essere eterofobica e di subire
l’offensiva relativista.
C’erano nazioni arabe laiche, nazionali e socialiste, non fondamentaliste, che non rappresentavano
nessuna minaccia ed anzi erano
interlocutori privilegiati per tutti i
paesi del Mediterraneo.
C’era anche la Cina ultra-comunista,
che faceva dell’ateismo la sua religione! Insomma, c’era tutto un altro
mondo! Un mondo oggi stravolto:
da un lato in senso negativo (vediamo mondo arabo ed il ritorno
al progetto di un grande Califfato)
e in altri aspetti in modo positivo
(pensiamo all’ex Urss).
Quello che ci colpisce, in questi
giorni, è la svolta cinese, patria del
motto “religione oppio dei popoli”,
oggi invece convertita a “religione
arma anti-corruzione”.
In poche e semplici parole il governo cinese ha riabilitato la fede.
Il Presidente Xi Jinping nella sua
“guerra” contro la corruzione, il
E
malcostume ed il malaffare (davvero tutto il mondo sembra essere paese!), ha chiamato in causa perfino il potere della
religione, allo scopo di
portare maggiore moralità in un paese che
sembra aver perso alcuni
parametri fondamentali.
Mai, negli anni passati,
avremmo immaginato
una tangentopoli cinese.
Il Presidente della Cina
sembra voglia cambiare
un po’ gli animi del suo
popolo, da troppo tempo, almeno
trent’anni, non solo lobotomizzati
dalla dottrina marxista, forse anche
da quella più estrema, ma da oltre
trent’anni, anche oppressa dalla dittatura della produzione e da riforme
economiche basate sullo sfruttamento e sul profitto della nazione.
Dove non sono mancati i Laogai,
posti più simili a campi di sterminio,
che a campi di lavoro o di prigionia
e dove l’unico credo è stato il Dio
denaro.
Dopo tanti anni la dittatura cinese
sembra disposta a lasciare maggior
spazio a quello che era fino a ieri
considerato “l’oppio dei popoli” e
addirittura conta sulla sua influenza
positiva per raddolcire gli animi e
rimoralizzare un paese corrotto fino
al midollo.
In questo periodo di assestamento
della nuova amministrazione, entrata
in carica lo scorso marzo, le varie
lobby e fazioni all’interno del potere
cinese sembrano volersi spartire
la torta ed anche quella favorevole
ad una maggiore tolleranza religiosa
starebbe facendo sentire la sua
voce. Non tanto per improvvisa devozione, ma al fine tutto pragmatico
di combattere crimine, corruzione
e amoralità diffuse, tramite un timor
di Dio vecchio stampo.
Tutte le Ong, le organizzazioni umanitarie e le comunità buddhiste,
stanno confermando questo cambio
di vento sostenendo che il periodo
maggiormente persecutorio nei
confronti di religioni e culti sarebbe
infatti terminato.
In molti sostengono
che il presidente Xi Jinping abbia forti simpatie buddhiste, come
del resto l’intera sua
famiglia, e non è certo
l’unico caso all’interno
del Partito Comunista.
Come Xiao, da tempo
promotore del “soft power”, membro di Partito e fervente buddhista, promotore della
Cina come “il più grande Paese buddhista al
mondo”. E’ facile immaginare che
per vari motivi, o di fede reale o
pragmatismo, l’era dell’ateismo e
delle persecuzioni sia terminata e
che assisteremo presto a un progressivo rilassamento dei controlli
più repressivi nei confronti delle
tre religioni tradizionali cinesi - ovvero il buddhismo, il confucianesimo
e il taoismo - ma, secondo altre
fonti, anche nei confronti del cristianesimo qualcosa si starebbe
muovendo. Fonti vaticane affermano
che “La Cina sta cambiando atteggiamento anche con la Chiesa cattolica e comincia ormai a non sopportare più l’assenza di relazioni
diplomatiche con lo Stato Pontificio:
potremmo forse vedere le prime
concessioni in occasione della no-
mina del vescovo di Shanghai”.
Comunque, al di là delle indiscrezioni, le religioni che sono state
esplicitamente menzionate fino ad
ora non comprendono il cattolicesimo, ma si concentrano sulle tre
religioni tradizionali.
Si tratta però di un segnale notevole:
sotto Jiang Zemin, infatti - e dal
1999 in poi - si sono avute le persecuzioni anti-religiose più forti
degli ultimi anni, con la messa al
bando del gruppo spirituale Falun
Gong e la scomparsa del Panchen
Lama riconosciuto dal Dalai Lama,
sostituito con un bambino approvato
dal governo centrale.
Un discorso a parte comunque riguarderebbe il Tibet, dove la situazione è diversa, è più politica, e
le tensioni potrebbero rimanere più
a lungo.
Quello che possiamo affermare,
concludendo questo articolo sull’ex
atea Cina è che anche paesi tradizionalmente anti-religiosi stanno riscoprendo le loro radici ed una visione spirituale della vita, mentre
noi europei stiamo facendo di tutto
per sradicarci dalle nostre tradizioni
e dalla nostra cultura.
La nostra Civiltà è nata, cresciuta e
prosperata sul sacro. Oggi sta morendo sul profano e sul relativismo,
mentre altri continuano a prendere
ad esempio il nostro passato.
5
Giovedì 3 ottobre 2013
Roma
Il prescelto è Oreste Liporace, attualmente a capo dell’Urp del Comando generale dell’Arma
Un carabiniere alla guida dei “pizzardoni” della Capitale
Il suo stipendio costerà 190mila euro l’anno. Intanto le casse comunali sono sempre più vuote
rriva dal Comando generale della Benemerita
il nuovo capo della polizia
municipale di Roma. Il
sindaco Marino e il vice
capo di gabinetto con delega alla
sicurezza Rossella Matarazzo hanno
infatti annunciato la nomina per tale
incarico del tenente colonnello Oreste Liporace, un ufficiale dal curriculum di tutto rispetto: insignito di
diverse onorificenze (ha una medaglia di bronzo al valor civile ed è ufficiale al merito della Repubblica
italiana), ha ricoperto numerosi incarichi di comando (base Nato di
Vicenza, Compagnie di Castellammare di Stabia e Castel Gandolfo)
ed è stato capo sezione dell’Ufficio
legislazione e dell’ufficio ordinamento, nonché capo ufficio del vicecomandante generale dell’Arma
e capo ufficio operazioni e aiutante
di campo del comandante interregionale di Napoli. Attualmente è il
capo ufficio relazioni con il pubblico
del Comando generale. Oltretutto
ha tre lauree (Economia, Giurisprudenza e Scienza della sicurezza). A
mancare quasi completamente in
questo pur rilevante elenco di qualifiche è però un elemento che, nel
nuovo difficile incarico che andrà a
ricoprire, gli sarebbe di certo stato
molto utile: ovvero esperienze di
polizia locale.
Liporace, calabrese di origine, ha
avuto la meglio su una serie di altri
A
candidati (tra essi il capo dell’Anticrimine della Questura Raffaele Clemente e alti ufficiali di polizia locale
di altre città) che, nei tre mesi trascorsi dalle dimissioni del precedente comandante (Carlo Buttarelli)
per disaccordo con il primo cittadino,
sono stati via via considerati e poi
messi da parte. L’idea di Ignazio
Marino di scegliere per il delicato
S ORVE GL IAVANO SULLE COLTIVAZIONI
Le sentinelle dell’erba?
I nomadi del campo rom
incarico un esterno alla polizia municipale, è quindi stata realizzata.
Nonostante le difficoltà di bilancio
(l’ingaggio dell’ormai ex carabiniere
costerà alle già disastrate casse comunali la bellezza di 190 mila euro
l’anno, una cifra che si sarebbe
potuta tranquillamente risparmiare
scegliendo un interno al Corpo. Proposta peraltro presentata in consiglio
L E
V I E
comunale dall’opposizione e prontamente bocciata) e nonostante le
proteste degli appartenenti alla polizia locale romana, che considerano
le scelte del sindaco come una delegittimazione al loro operato.
“Siamo molto perplessi – ha dichiarato Marco D’Emilia, responsabile
del coordinamento Fp Cgil – dal
fatto che si continua a prendere persone da fuori invece di valorizzare
il personale interno e di risparmiare.
Marino ha scelto un carabiniere per
guidare la Municipale: per lui evidentemente di 27 dirigenti dei Gruppi non ce n’è uno all’altezza. Il Corpo
sembra ormai diventato una terra
di conquista”. Gli fa eco Stefano
Giannini, segretario romano del SULP,
secondo cui “alla fine Marino è riuscito a nominare un carabiniere a
capo della Polizia Locale. Nulla contro
la persona, a cui auguriamo da subito
un buon lavoro nel difficile incarico
di sostituire Burrarelli. Ma da subito
gli chiediamo di farsi portavoce delle
problematiche della nostra categoria.
Non è più tollerabile per noi – ha
concluso – lavorare come poliziotti
ed essere trattati come carne da
macello”.
La situazione, insomma, non è affatto
delle migliori (per usare un eufemismo). Anche perché, come fanno
notare i sindacati, la necessità di
una riorganizzazione del Corpo è
decisamente prioritaria. Soprattutto
se si tiene conto che attualmente
l’organico dei vigili urbani della Capitale è fin troppo ridotto (servirebbero circa 2500 unità in più) e che,
a causa del blocco dell’ultimo concorso (che Marino si è impegnato
pubblicamente a portare a termine),
le assunzioni sono ferme a cinque
anni fa. Senza contare che vanno risolti anche non pochi problemi pratici
quali le dotazioni di servizio (mancano radio) e copertura assicurativa
in caso di infortuni sul lavoro relativi
all’uso delle armi d’ordinanza, che
gli agenti utilizzano tra l’altro senza
indennità aggiuntive. Problemi questi
che il neo comandante dovrà affrontare fin da subito. E che non
fanno che aggravare il compito di
chi dovrà gestire una situazione già
di per sé “normalmente” complessa
come quella romana. A maggior ragione se l’interfaccia politica è quantomeno discutibile.
Cristina Di Giorgi
D E L L ’ I M M I G R A Z I O N E
Entrati da clandestini,
sequestrati dai connazionali
Due minorenni chiusi a chiave in attesa del pagamento del riscatto dall’Egitto
olevano sfuggire alla
mancanza di libertà
nel loro Paese. Il fatto
è che nel nostro hanno trovato, complice proprio l’immigrazione incontrollata, gli
stessi aguzzini che gli hanno
reso la vita impossibile sulla
loro terra Natale. Risultato:
hanno dovuto vivere chiusi
a chiave in una stanza di un
appartamento della periferia romana. Così i carabinieri
della compagnia di Roma
Casilina hanno trovato due
ragazzi minorenni egiziani
sequestrati dopo essere
sbarcati clandestinamente
in Italia da due connazionali
che li avrebbero poi rilasciati dietro il pagamento
di un riscatto da parte dei
famigliari rimasti in patria. I due sequestratori, di 24 e 34
anni, sono stati arrestati. Le indagini - ricostruisce una
nota - sono iniziate a seguito della denuncia di un cittadino
egiziano che si è rivolto ai carabinieri della stazione di
Milano Porta Genova, riferendo che due suoi connazionali,
di 16 e 17 anni, sbarcati clandestinamente a Catania nelle
settimane precedenti, si trovavano a Roma trattenuti da
due egiziani all'interno di un'abitazione sconosciuta. La
banda di malviventi avrebbe rilasciato i due ostaggi solo
previo pagamento, da parte dei genitori in Egitto, di 5mila
euro per ogni persona rilasciata, da corrispondere mediante
bonifico bancario internazionale le cui coordinate bancarie
del conto corrente sarebbero state comunicate ai genitori
V
roduzione, coltivazione
e detenzione ai fini di
spaccio. Queste le accuse in base alle quali gli
agenti del commissariato Romanina hanno arrestato una
coppia di fratelli giostrai “residenti” nel campo nomadi
La Barbuta. I poliziotti, dopo
una serie di indagini e appostamenti, hanno sequestrato
decine di piante di marijuana,
alte almeno un paio di metri.
La coltivazione si trovava sul
lato est del campo (un mega
villaggio attrezzato costato più
di 5 milioni di euro) ed era
addirittura sorvegliata da sentinelle appostate in tre diversi
punti di osservazione.
L’insediamento, a cavallo tra
l’VIII Municipio della Capitale
e il comune di Ciampino, era
considerato uno dei fiori all’occhiello dell’accoglienza
P
alla popolazione nomade.
Che, negli auspici degli ideatori, avrebbe dovuto concretizzarsi nella predisposizione
di campi attrezzati periodicamente visitati da presidi di
controllo e monitoraggio delle
aree.
Così chiaramente non è stato.
E quest’ultimo sequestro è
soltanto uno degli episodi di
più o meno grave violazione
della legalità che si sono verificati negli insediamenti “regolari” (risse, accoltellamenti,
baby prostituzione, incendi e
discariche abusive, ecc). Dove,
senza che si riesca a far nulla
per impedirlo, il caos regna
indisturbato. E turba non solo
la legalità, ma anche e soprattutto la vita dei cittadini
che hanno la sfortuna di abitare nei pressi di quelle aree.
CDG
dei due minori in Egitto, con
un Sms. A quel punto la segnalazione è passata ai carabinieri di Roma che hanno
avviato le ricerche. La stazione di Roma Quadraro e i
militari del Nucleo operativo
di Roma Casilina hanno passato al setaccio intere palazzine e, finalmente, sono
arrivati in via dei Sulpici, ritrovando i 2 ragazzi. Perquisito l'intero appartamento, i
militari hanno scoperto numerosi titoli di viaggio, biglietti ferroviari della tratta
Messina - Catania, passaporti, permessi di soggiorno
e diversi cellulari che sono
stati sequestrati. La ricostruzione della drammatica vicenda ha permesso di individuare i sequestratori. Dopo serrate indagini durate tre
giorni con servizi di osservazione, pedinamento e controllo,
il 34enne, H.A. egiziano ma residente a Roma da diversi
anni, nonché capo dell'organizzazione e il 24enne, S.F.
anche lui egiziano e in Italia da poco tempo, sono stati arrestati. I due sono accusati di sequestro di persona a scopo
di estorsione e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina: si trovano nel carcere di Regina Coeli, a disposizione
dell'autorità giudiziaria. I due minori, invece, sono stati
affidati ad un centro di prima accoglienza. Sarà oggetto di
successive indagini la ricostruzione del percorso intrapreso
dai due minori prima di giungere alla capitale.
Gustavo Lidis
6
Giovedì 3 ottobre 2013
Italia
DAL LAZIO
A COLPI DI PROCEDIMENTI COMMISSARIALI, SUI RIFIUTI LA REGIONE LAZIO CONTINUA A NASCONDERSI
LA MORTE A SEGUITO DI UN GRAVE INCIDENTE STRADALE
La mobilitazione trasloca
da Falcognana a Bracciano
Addio a Giuliano Gemma,
icona del western tricolore
I Comitati del Divino Amore già da oggi al fianco dei cittadini del Lago
per far sì che la soluzione “provvisoria” di Cupinoro non diventi definitiva
ulla questione rifiuti, il vaso di
Pandora è ormai scoperchiato, e
come affermato da Francesco Storace “le bugie vengono a galla”.
La soluzione Cupinoro nei pressi di Bracciano sconfessa inesorabilmente le politiche sin qui adottate dalle istituzioni
locali di Roma e del Lazio. Una scelta
presa in extremis dal duo Zingaretti-Marino, a ridosso della definitiva chiusura
di Malagrotta, eludendo l'esame delle
rispettive assemblee, regionale e capitolina e che va inevitabilmente ad impattare dal punto di vista ambientale, in
un'area agricola e di forte richiamo turistico come quella lacustre.
Congelata invece per il momento l'ipotesi
Falcognana per stessa ammissione dell'assessore capitolino all'Ambiente Estella
Marino secondo la quale “non è detto
che venga utilizzata”. Forse per il troppo
clamore che ne accompagnava la scelta,
forse per le effettive (troppe) criticità
che presentava, si è quindi optato per la
linea più alemanniana possibile, che è
quella di conferire i rifiuti di Roma al di
fuori dei suoi confini. Anche questa è a
tutti gli effetti una cocente sconfitta per
la sinistra che per mesi, pur non mettendoci la faccia, ha difeso la soluzione di
Falcognana nonostante agli occhi di tutti,
e sotto ogni aspetto, presentava innumerevoli crepe. E così grazie ai sotterfugi
e nascondendosi dietro l'euforia della
chiusura di Malagrotta, Regione e Co-
S
mune hanno presentato il piatto pronto
ad opposizioni, opinione pubblica e soprattutto, ai cittadini di Bracciano che
ora rischiano di doversi sobbarcare parte
dell'immondizia di oltre tre milioni di
abitanti.
Il sospetto infatti è che, visti i precedenti
e al fine di poter schivare qualsiasi malcontento all'interno dei confini capitolini,
quella di Cupinoro possa ben presto divenire una soluzione definitiva.
Occhio, però: la solidarietà non ha residenza, quanto meno dai confini corti. E
per oggi è già annunciata la prima manifestazione di protesta nel Comune in
riva al lago. A parteciparvi, cosa che
forse commissari e amministratori non
09:07
potevano sospettare, saranno proprio i
Comitati di Falcognana, che hanno dato
la loro completa disponibilità a combattere insieme questa battaglia.
Intanto Malagrotta chiude i battenti. E
non poteva essere altrimenti. Sottoposta
a procedimenti pecuniari da parte dell'Ue
e ormai con capienza esaurita, la discarica più grande d'Europa conosceva da
tempo il suo destino. Eppure tale chiusura
viene rivendicata dalla sinistra come sua
grande vittoria. “Un grandissimo risultato
di queste amministrazioni”, “una vittoria
storica del centro sinistra”, recitano in
coro i comunicati propagandistici delle
due maggioranze. Ma si tratta della solita
vittoria di Pirro, di chi raccoglie quanto
seminato in precedenza.
Ugo Cataluddi
atale a Giuliano Gemma un
terribile incidente stradale
avvenuto a Cerveteri, vicino
a Roma. L’attore, 75 anni, è rimasto coinvolto in un impatto
frontale mentre era a bordo della
propria auto, una Toyota Yaris,
che si è schiantata con una Bmw.
Lo scontro è avvenuto in via del
Sasso, in una frazione di Cerveteri,
all'altezza dell'incrocio con via
di Zambra. Seppur trasportato
d’urgenza all'ospedale di Civitavecchia non c’è stato nulla da
fare: è morto durante il trasporto.
Gli altri due feriti, più lievi, sono
un uomo con suo figlio.
Doveva essere una serata nel
civitavecchiese tra amici: Bingo
e poi una cena a base di pesce
da "Baffone".
Gemma aveva dunque dato appuntamento a Cerveteri, dove
viveva, ai suoi amici e insieme
si sarebbero rilassati nella sala
giochi di viale Garibaldi e poi si
sarebbero seduti ai tavoli poco
distanti del ristorante.
E invece il tragico schianto sulla
strada del Sasso ha portato tutti
a radunarsi all'ospedale San Paolo, anche sua moglie, la giornalista Daniela "Baba" Richerme,
accorsa immediatamente.
La carriera- Nato a Roma il 2 settembre del 1938, Gemma aveva
trascorso l'infanzia a Reggio Emilia
fino al 1944 quando la famiglia è
tornata a Roma. Uno zigomo inconfondibile quello di ”Ringo” che
da piccolo, giocando in un prato,
F
restò coinvolto nello scoppio accidentale di un ordigno bellico. Fu
consacrato al grande pubblico con
il genere dello spaghetti western
al quale portò grandi incassi al
botteghino con pellicole, tra cui
“Una pistola per Ringo” e “Anche
gli angeli mangiano fagioli”.
Ma la carriera iniziò a diciott'anni
in film come "Figurazione speciale"
o come "Stunt-man": dopo le prime
comparsate, i ruoli da protagonista
in svariati film di diverso genere,
dal mitologico alla commedia. Il
primo ruolo, risale al film “Messalina”: cento i film interpretati tra
cinema e televisione. Su tutti l'indimenticabile Generale dei Garibaldini nel “Gattopardo” di Luchino
Visconti.
Una seconda parte di carriera più
ponderata in cui si specializza in
parti drammatiche ed impegnate:
il film “Speriamo che sia femmina”, la fiction “Butta la luna”. Fu
anche premiato con un David di
Donatello, tre Premi De Sica e
un Golden Globe mentre nel 2012
è stato addirittura scritturato da
Woody Allen per la commedia
“To Rome with Love”.
Solo poche settimane fa l’attore
aveva anche ricevuto al Terra di
Siena Film Festival il premio alla
carriera come protagonista di
“Deserto dei tartari”.
L’Italia e il mondo intero dice addio
a un grande artista, ma ancor
prima a un grande uomo, mai superbo, che ha fatto dell’umiltà uno
stile di vita.
F.Ce.
7
Giovedì 3 ottobre 2013
La transgender più famosa d’Italia si scaglia contro l’ex collega di Rifondazione Comunista
Dall’Italia
ANCORA EPISODI DI VIOLENZA: SALE LA TENSIONE
Attentato in Val di Susa:
incendiato un escavatore
Luxuria, derubata dai rom
critica la Milano di Pisapia A
L’ex parlamentare tuona dopo essere stata accerchiata in metrò da una ventina di ladri:
“Una situazione del genere non rappresenta certo un buon biglietto da visita per la città”
ilano non è una città sicura.
A dirlo, prendendo di petto
il Sindaco Giuliano Pisapia,
non sono i soliti politici d’opposizione bensì ‘l’amica’ Vladimir Luxuria. La transgender più famosa d’Italia è finita infatti vittima di una ventina
di rom che si aggirava si aggirano in
stazione Centrale. È successo domenica mattina, verso le 11.30, quando
la banda di ladri, dopo averla circondata mentre acquistava il biglietto per
la metropolitana, le hanno rubato il
resto. “Sono arrivata a Milano in compagnia di mia sorella intorno alle 11
e trenta di domenica mattina perché
dovevo partecipare a Domenica live
– scrive Luxuria – Una volta arrivata
in stazione Centrale ci siamo dirette
verso la metropolitana, che è il mezzo
più comodo per arrivare a Cascina
Gobba e poi agli studi televisivi, e,
non trovando una biglietteria aperta,
siamo andate verso le biglietterie automatiche. Qui ci siamo trovate di fronte a una ventina di nomadi che si ag-
M
giravano con aria sospetta e che, una
volta tirati fuori i soldi per i biglietti,
ci hanno quasi accerchiate. Mentre
alcuni di questi urlavano tra di loro e
si spingevano, altri nel parapiglia sono
riusciti ad appropriarsi del resto emesso dalla macchinetta automatica, facendolo poi sparire con un rapido
passaggio di mano in mano”.
L’episodio non ha avuto conseguenze
più gravi grazie all’intervento di un
addetto dell’Atm, l’azienda del trasporto milanese, arrivato in soccorso
di Luxuria e della sorella. “Anche se
ci hanno portato via solo pochi euro,
resta il fortissimo fastidio per la pre-
TORINO – L’INCIDENTE IN STRADA DELL’AEROPORTO
Ha ucciso una bimba: lo slavo
era stato arrestato già 14 volte
on aveva la patente, era
stato arrestato già 14 volte, era agli arresti domiciliari ed era ubriaco: eppure
Roberto Nikolic, rom di 21
anni, domenica sera era al volante della Bmw che ha centrato
in pieno la Punto grigia su cui
viaggiavano la piccola Charice
Obibhunu, due anni appena,
morta sul colpo, e la sua mamma, ora ricoverata al Cto di
Torino con fratture e traumi. A
pochi giorni dal quel tremendo
incidente avvenuto in Strada
dell’Aeroporto, nella capitale
piemontese, fa rabbrividire il
curriculum da delinquente, riportato sulle pagine de ‘La
Stampa Torino’, che ricostruisce il passato del giovane al
volante. Furti nelle case o nelle
ditte del Torinese, per lo più.
Qualche settimana dietro le
sbarre e poi agli arresti domiciliari nell’accampamento di
Strada Aeroporto. Oppure in
altre aree destinate ai nomadi,
per sfuggire ai controlli delle
forze dell’ordine.
L’ultima tappa della sua parabola criminale risale allo scorso
maggio, quando all’ipermercato Auchan di Venaria, venne
sorpreso a rubare dagli agenti
della sorveglianza e fu arrestato
dai carabinieri della Compagnia di Venaria. E non era di
cerlo la prima volta: nel 2010
venne anche fermato dagli
agenti del commissariato di
Barriera di Milano per una rapina. Poco prima gli avevano
stretto le manette intorno ai
polsi i carabinieri di Caselle
per un’altra razzia commessa
in un’abitazione privata. Fuori
N
e dentro il carcere. Senza contare le volte che Nikolic è stato
sorpreso al volante di una macchina che guidava senza patente, nascondendo nell’abitacolo arnesi da scasso.
L’ultima ‘bravata’ è costata però
a vita a una bimba di appena
due anni. Nonostante fosse
agli arresti domiciliari Nikolic
domenica è evaso, ha partecipato a una festa di nozze, ha
alzato il gomito e poi si è
messo in moto. Poi sotto una
pioggia battente ha perso il
controllo della Bmw cabrio
che stava guidando. Ora è ricoverato al Maria Vittoria, in
prognosi riservata, a causa
delle fratture riportate in diverse parti del corpo. Per fortuna, poco alla volta, migliorano
le condizioni di Katiuscia Dessi,
la mamma della piccola vittima,
Charise, ancora ricoverata in
terapia intensiva al Cto. Martedì
è arrivato a Torino anche Austin
Obibhunu, il papà della piccola
Charise, che era in Germania
per lavoro. Stanno meglio anche gli altri due ragazzi serbi
che erano sulla Bmw guidata
da Nikolic. Entrambi sono ricoverati al Giovanni Bosco, ma
non sono in pericolo di vita.
Una tragedia, comunque, che
poteva essere evitata. Dopo
ben quattordici arresti un immigrato dovrebbe essere sbattuto fuori dall’Italia o, per lo
meno, marcire in galera. Invece
probabilmente verrà rilasciato
e continuerà a rubare e guidare senza patente, pur avendo
ucciso una piccola innocente.
Questa è l’Italia.
Miriana Markovic
potenza e arroganza che abbiamo subito” racconta l’ex deputata che se la
prende indirettamente con il sindaco
Pisapia, suo collega in passato tra le
file dei seguaci della falce e martello
(Pisapia nel 1996 è infatti stato eletto
deputato in Parlamento come indipendente nelle liste del Partito della
Rifondazione Comunista). “Con tutti
gli stranieri che arrivano a Milano,
una situazione del genere non rappresenta certo un buon biglietto da
visita per la città” conclude Luxuria
ricordando come l’episodio da lei vissuto non rappresenta certo un caso
isolato nel mezzanino sotto la stazione
Centrale, nel quale la presenza di
questuanti è quotidiana. Ad aprire gli
occhi sulla realtà milanese insomma
è anche colei che si è sempre battuta
per i diritti di tutti. Peccato che sia
stata proprio la ‘sua sinistra’ a creare
i mostri che ora si aggirano per l’Italia.
E adesso evidentemente agli ex compagni non resta che spararsi addosso
l’un l’altro.
Barbara Fruch
ncora un attentato in Val
di Susa. A essere colpita
è stata nuovamente la Geomont di Bussoleno. Un escavatore dell’azienda, che lavora nei
cantieri di Chiomonte per la realizzazione della Tav, è stato dato
alle fiamme ieri, in pieno giorno,
nel cortile. È stata la moglie del
titolare a dare l’allarme. Sul posto
sono intervenuti i vigili del fuoco
di Susa che hanno domato le
fiamme. Completamente bruciata
la perforatrice cingolata giunta
la scorsa notte nel deposito in
strada del Monginevro. “È stata
la mia compagna a vedere le
fiamme intorno alle 13 e a dare
l’allarme - dice Giuseppe Benente,
il titolare - Ignoro le cause ma
certamente quel macchinario
non si è incendiato da solo: non
ne posso più, lavorare in queste
condizioni è impossibile”. I pm
Andrea Padalino e Giuseppe Rinaudo hanno aperto un fascicolo:
indagano digos e carabinieri.
L’ultimo atto intimidatorio ha a
che fare proprio con l’accelerazione dei lavori nei cantieri Tav:
ieri mattina presso gli uffici di
Finpiemonte, la finanziaria della
Regione Piemonte, è stata inoltre
recapitata una busta contenente
alcuni proiettili da parte di un
mittente anonimo. Il plico è stato
aperto dal custode, messo in
quarantena a scopo precauzionale
in attesa degli esiti degli esami
sulla polvere.
Quello di ieri è il 15esimo episodio di violenza in Val di Susa
dall’inizio di luglio. Sempre alla
Geomont due compressori e
una macchina, utilizzata abitualmente per trivellare nell’ambito dei lavori per la nuova linea
ferroviaria ad Alta velocità Torino-Lione, erano andate a fuoco
in un capannone, il 31 agosto
scorso. L’attentato che non è
mai stato rivendicato.
Mentre sale la tensione, entra
nel vivo il processo per la violazione di sigilli della baita No
Tav che tra i 21 imputati a
Torino vede anche Beppe Grillo
e il leader del movimento No
Tav, Alberto Perino. Martedì è
stato sentito come testimone il
comandante dei carabinieri di
Susa, Stefano Mazzanti. Presente in aula Alberto Perino.
L’episodio risale al 2010 quando
un gruppo di No Tav si recò
con Grillo alla baita che, considerata abusiva, era stata posta
sotto sequestro.
B.F.
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8
Giovedì 3 ottobre 2013
SARDEGNA
Caltagirone – L’ennesima tragedia consumata tra le mura domestiche
Scandalo in Regione,
rolex e pecore a volontà
L’inchiesta riguarda 53 consiglieri regionali sardi,
tutti accusati di peculato. Trentatrè i nuovi indagati
ggetti preziosi di varia
natura, Rolex d’oro,
libri antichi e penne
pregiate: questo è quanto
avrebbe acquistato con denaro pubblico l’ex-capogruppo del Pdl in Consiglio Regionale, Mario Diana. Così
almeno hanno ricostruito i
carabinieri e la Guardia di Finanza
che indagano per conto della Procura di Cagliari sulla gestione dei
fondi dei gruppi dell’Assemblea
sarda. Diana, nel frattempo, è
stato raggiunto da un avviso di
garanzia poichè, secondo i magistrati, con soldi pubblici avrebbe
anche organizzato diversi convegni
e studi su proposte di legge in
materia di piano casa, rotatorie e
taxi rosa.
Secondo quanto appurato dagli
investigatori sarebbero stati acquistati nel periodo natalizio libri
preziosi per una somma di 55mila
euro a cui vanno ad aggiungersi
altri 20mila euro per penne Montblanc. Complessivamente Diana,
sempre secondo la Procura di
Cagliari (l’inchiesta è coordinata
Dall’Italia
Trovati 2 cadaveri
in un’Alfa Romeo
Follia omicida: spara a moglie
e figlio prima di suicidarsi È
La donna è morta sul colpo. Tutto si è consumato in pochi istanti:
l’anziano ha imbracciato il suo fucile da caccia ed ha fatto fuoco
O
ncora un dramma
della follia quello
avvenuto nella serata di martedì a
Caltagirone, in provincia di
Catania. Un uomo di 67 anni,
Gaetano Sortino, ha ucciso
la moglie 63enne Concetta
Zimone con un colpo di fucile, dopo avere ferito un figlio di 44 anni, Giuseppe, in
modo grave, e mancato la
figlia di un anno più grande.
Infine l’uomo, un panificatore
incensurato con problemi
di depressione, ha rivolto il
fucile da caccia contro se
stesso e si è tolto la vita.
Una tragedia che si è consumata tra il panificio e l’abitazione di famiglia, entrambi
ubicati nello stesso edificio.
Agghiacciante la sequenza
dei fatti, ricostruiti dalla Polizia, coordinata dal dirigente Marcello Ludovico Ariosto
e intervenuta sul luogo del
delitto. Sortino, imbracciata
A
dal pm Marco Cocco) avrebbe
speso 250mila euro per scopi
non legittimi.
Un illecito alle spalle dei cittadini
sardi che pare essere trasversale:
la Gdf ha infatti notificato altri 33
avvisi di garanzia, riscontrando
tra gli indagati anche Francesca
Barracciu (Pd), neo candidata governatrice del centrosinistra alle
prossime elezioni del 2014, il segretario regionale del Pd, il senatore
Silvio Lai, e l’ex presidente del
Consiglio regionale della Sardegna,
Giacomo Spissu (Pd). L’accusa?
Ai nominati viene contestato un
utilizzo irregolare dei fondi. Mentre
la popolazione sarda è allo stremo
delle forze, c’è chi pensa alle proprie tasche e non c’è partito che
tenga, ajò.
F.Ce.
REGGIO CALABRIA - IL GIALLO
l’arma legalmente dichiarata, un fucile, ha
scatenato la sua furia
omicida sparando in
casa prima al figlio
Giuseppe stramazzato subito al suolo
gravemente ferito e
adesso ricoverato in
gravi condizioni a
Catania, e, dopo essere sceso al piano di sotto, dove si
sviluppa il locale commerciale, ha rivolto l’arma contro
la moglie, 64anni, freddandola con un colpo alla nuca.
Poi, una volta accertatosi
della morte della donna,
avrebbe preso le scale interne del locale che lo collegano all’appartamento di
famiglia alla ricerca della
figlia che, sentiti i colpi di
fucile, si era nel frattempo
barricata in casa con i suoi
due figli più piccoli, scampati quindi alla furia omicida
dell’uomo. Gaetano Sortino,
allora, sceso nuovamente
nel garage attiguo al locale
ha rivolto contro se stesso
l’arma sotto il mento togliendosi la vita. In casa,
sono stati ritrovati 4 fucili,
tutti legalmente detenuti.
Un gesto folle Senza motivo
apparente se non un raptus
di follia. L’uomo da alcuni
giorni dava segni di essere
in stato confusionale accomunati a manie di persecuzione: era convinto di essere seguito da qualcuno
che lo influenzava negativamente.
Carlotta Bravo
giallo in Calabria per il ritrovamento di due cadaveri, un uomo
e una donna di circa 30 anni,
di nazionalità romena, trovati ieri
mattina a Reggio Calabria. I cadaveri
si trovavano all’interno del bagagliaio
di un’auto abbandonata sul pontile
di San Gregorio. Sul posto sono intervenuti gli agenti della squadra
mobile in seguito alla segnalazione
da parte di alcuni pescatori del mezzo
fermo al molo. L’auto, un’Alfa Romeo
156, risulta essere intestata all’uomo,
un romeno di 28 anni. Secondo i
primi rilievi dei poliziotti, che hanno
trovato fori di arma da fuoco sui cadaveri, la coppia è stata vittima di un
duplice omicidio. Forse si tratta di
un regolamento di conti. Sulla testa
dell’uomo la polizia scientifica ha
trovato una ferita non compatibile
con un proiettile. Questo fa ipotizzare
agli investigatori che l’uomo sia stato
stordito e poi ucciso insieme alla
donna, con colpi di pistola alla spalla,
alle ginocchia e alla testa. Solo a
quel punto gli assassini avrebbero
portato l’auto al molo, con l’intento
di far sparire i corpi. Hanno cercato
di fare scivolare l’automobile in acqua,
ma l'Alfa 156 è rimasta sospesa sul
pontile. Sul posto è stato trovato un
palo utilizzato per fare leva. Forse
l’arrivo di qualcuno ha costretto gli
assassini a fuggire.
C.B.
LAMEZIA TERME - SEQUESTRATI DUE ORDIGNI DI 7 KG
Fabbricavano bombe
per attentato, arrestati
li agenti del commissariato
di Lamezia Terme hanno
arrestato un pregiudicato,
Giuseppe Greco, 55 anni, ed
altre sei persone a lui legate,
accusate di avere organizzato, il
2 aprile ed il 28 giugno scorso,
due attentati ai danni di una
banda criminale rivale. In entrambi i casi, l’intervento tempestivo delle forze dell’ordine ha
sventato gli attacchi dinamitardi
sequestrando gli ordigni esplosivi
ad alto potenziale ed arrestando
quattro persone incaricate di
compiere gli atti terroristici. Attraverso le indagini, infatti, gli
agenti del commissariato lametino hanno potuto ricostruire nel
dettaglio tutte le fasi di organizzazione e di costruzione delle
bombe. Altrettanto utili agli in-
G
quirenti, sono state le intercettazioni ambientali e telefoniche
grazie alle quali sono riusciti a
seguire tutti gli spostamenti delle
persone coinvolte nel progetto
di realizzazione degli attentati.
Le bombe sequestrate, composte
entrambe da oltre sette chili di
esplosivo ad alto potenziale, erano state anche riempite di bulloni
di ferro per aumentarne le capacità distruttive. Responsabilità
di alcuni indagati sono emerse
in ordine alla coltivazione di una
piantagione di oltre 300 piante
di canapa indiana, sequestrata
lo scorso 30 luglio. Ai sette arrestati vengono contestati, a
vario titolo, i reati di fabbricazione,
detenzione e porto di materiale
esplodente e coltivazione di sostanze stupefacenti.
G.M.
PESCARA - SGOMINATA LA ‘GANG DELLA PINETA’
Racket della Prostituzione
in manette sette persone
ltre 50 agenti della squadra
mobile di Pescara e quella
di Chieti, hanno eseguito
sette misure cautelari a carico
di italiani e rumeni accusati di
favoreggiamento e sfruttamento
della prostituzione, estorsione,
lesioni e minacce. Secondo quanto emerso dalle indagini dirette
dalla Procura di Pescara, i sette
arrestati farebbero parte della
“gang della Pineta”, che gestiva
il controllo delle “lucciole” nel
territorio di Pescara sud e della
Pineta Dannunziana. La storia è
sempre quella; ragazze giova-
O
nissime costrette a vendere il
proprio corpo per riempire le
tasche di delinquenti. Coloro che
cercavano di sfuggire alle imposizioni della banda, venivano
puntualmente minacciate e aggredite violentemente affinché
anche loro, come le altre, pagassero una sorta di "tassa di
occupazione". Le indagini sono
durate oltre un anno e si sono
basate sia sulle dichiarazioni di
alcune delle ragazze vittime degli
sfruttatori, sia su numerose intercettazioni e servizi di controllo
e pedinamento.
G.M.
9
Giovedì 3 ottobre 2013
Arte
L’ultima dei Tolomei in una mostra nella Città Eterna: dal 12 ottobre al 2 febbraio al Chiostro del Bramante
Cleopatra. Roma e l’incantesimo dell’Egitto
L’affascinante e misteriosa regina del Nilo continua a far parlare di sé:
recenti studi la presentano con canoni del tutto diversi da quelli tradizionali
di Emma Moriconi
na mostra dedicata ad uno
dei personaggi più affascinanti della storia, Cleopatra, la bella regina d’Egitto, l’ultima dei Tolomei,
apre le porte il prossimo 12 ottobre
al Chiostro del Bramante. Le opere
provengono dai maggiori musei nazionali ed internazionali, tra cui il
Museo Nazionale Romano, il Museo
Archeologico Nazionale di Napoli, il
Museo Egizio di Torino, quello di Firenze, i Musei Vaticani, il Brooklyn
Museum of Arts di New York e il
Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Prodotta ed organizzata da Arthemisia
Group insieme a DART Chiostro del
Bramante, con la collaborazione del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, l’esposizione è curata da Giovanni Gentili e incentrata sulle vicende storiche che legarono Roma
all’Egitto dei Tolomei: si tratta di sculture, marmi, alabastri, mosaici, affreschi, bronzi, terrecotte, ori e argenti,
vetri, avori, gemme: un viaggio nell’Egitto del I secolo avanti Cristo,
nell’ambiente naturale e fertile vicino
al Nilo, a contatto con i protagonisti
di quegli anni, fino al 30 a.C., finché
cioè visse la regina Cleopatra: Giulio
Cesare, suo figlio Cesarione, Marco
Antonio, Ottaviano. Vittime e carnefici,
sullo sfondo delle sabbie d’Egitto,
che vedranno Antonio e Cleopatra
suicidi – per amore e per politica –
e Cesarione assassinato per volere
di Ottaviano. Ma la mostra non è
solo storia: è anche e soprattutto co-
U
stume e colore. Quanto influì la regina
sulla moda, sulla religione, sui costumi
della realtà egizia? E quanto il fascino
dell’Egitto ebbe influenza su Roma
e sui romani? Un’esposizione da ammirare dal primo all’ultimo oggetto,
in cui la figura dell’ultima dei Tolomei,
personaggio affascinante e cantato
in opere e pellicole, è analizzato e
raccontato in ogni sua sfaccettatura.
L’immagine della regina che tutti
hanno davanti agli occhi è quella di
Liz Taylor nella celebre pellicola di
Mankiewicz del 1963: in realtà di
Cleopatra si sa ben poco. Dalle immagini tramandate – e visitabili in
mostra – doveva avere fronte alta,
occhi grandi, mento sporgente e
naso aquilino. Più che bella, pare
che fosse molto affascinante, caratteristica che le proveniva anche dal
mito che sin dall’epoca del suo regno
ha pervaso la sua figura. Cleopatra
è uno di quei personaggi che è stato
preso in prestito dalla storia e consegnato all’eternità del mito anche
nella letteratura, nel teatro, nel cinema.
Stacy Schiff, nel suo “Cleopatra”
edito da Mondadori, per esempio,
ROMA
Parigi
Al Grand Palais una mostra
dedicata a Georges Braque
naugurata il 18 settembre ed aperta fino al 6
gennaio 2014 al Grand
Palais di Parigi, la prima
retrospettiva dedicata a Georges Braque è una mostra
decisamente unica, che raccoglie quadri e opere di
vario genere provenienti
da collezioni pubbliche e
private di tutto il mondo.
Iniziatore del cubismo ed
inventore del collage, Braque (182 – 1996) è stato un
artista dal percorso estremamente lungo e multiforme. Nelle duecentocinquanta tele in mostra a Parigi viene ripercorsa la sua
carriera artistica, in quadrata in modo esaustivo e
completo. Figura pionieristica dei primi del Novecento, con particolare tendenza alla sperimentazione
e all’astrazione, Braque è
poi passato ad esplorare
sistematicamente nature
morte e paesaggi. Che ha
comunque reinterpretato,
destrutturandoli e scomponendoli ma sempre nel ri-
fa della regina d’Egitto un ritratto
che per molti aspetti ne rende un’idea
diversa da quella alla quale il grande
pubblico è abituato. Non una “femme
fatale”, ma un’abile politica, che sapeva parlare nove lingue, organizzare
l’esercito, gestire le trattative, innovare
l’Egitto sia in termini sociali che
politici che monetari. La criminologa
Pat Brown nel suo “The Murder of
Cleopatra” edito da Prometheus mette in discussione molti dei dettagli
che hanno “colorato” la morte della
regina, arrivando a sospettare che
più di un suicidio si sia trattato di un
omicidio e che l’espediente del serpente sia stato un mezzo per rendere
poetica una morte di tutt’altra natura,
nel quale l’allusione sessuale che il
rettile portava con sé ha avuto il suo
peso in termini allegorici. E infatti
Dante Alighieri ne fa una lussuriosa.
Insomma, i recenti studi su una delle
donne più famose della storia ne
forniscono un’immagine nuova: del
resto, l’immagine che per secoli è
stata portata all’attenzione del grande
pubblico è quella scritta prevalentemente dai romani.
I
spetto dell’armonia dell’insieme. “I primi paesaggi
cubisti – spiega la curatrice
della mostra Brigitte Real
– sono quelli del 1908 di
Braque. E’ lui ad aver iniziato questa rivoluzione pittorica poco prima di Picasso. Poi ha inventato il collage, che rappresenta una
grande rottura nell’arte del
XX secolo”.
L’esposizione parigina dà
un imperdibile sguardo
complessivo sul lavoro
dell’artista e al suo genio,
rapportandolo tra l’altro alla
letteratura e alla musica del
suo tempo.
C.D.G.
La Cina Arcaica in mostra
a Palazzo Venezia
naugurata lo
scorso giugno
ed aperta al
pubblico fino al 20
marzo 2014, la mostra dedicata alla
Cina arcaica presenta l’esposizione di
circa 150 manufatti
preziosi provenienti
da diverse collezioni. Si tratta di oggetti
datati fino a 5mila
anni fa, alcuni di essi
fino ad oggi mai visti in Italia.
La mostra, che rientra nel
quadro dell’accordo di Stato
sulla promozione del patrimonio culturale tra Italia e
Cina e che prevede lo scambio di spazi museali permanenti dedicati alle rispettive
culture, è il frutto di due anni
di lavoro ed è divisa in cinque
parti dedicate rispettivamente
a la nascita della civiltà, l’avvento del regno, i sacrifici per
gli dei e gli antenati, la musica
legata alle cerimonie e l’epoca degli Stati Guerrieri.
Grazie ai manufatti esposti
(tra quelli più pregiati vi sono
sicuramente i bronzi riccamente decorati), i visitatori
I
Vienna
I beni sequestrati a “Mr. Mega”
Kim Doctom in mostra al Mumok
imon Denny, esperto d’arte
contemporanea, ha realizzato una particolarissima installazione attualmente in mostra al museo Mumok di Vienna.
Aperta al pubblico ai primi di
luglio, l’esposizione, intitolata
The personal effects of Kim
Doctom (Gli effetti personali
di Kim Doctrom), sarà visitabile
fino al 13 ottobre prossimo.
La proposta è decisamente curiosa: attraverso un percorso
determinato, si potranno ammirare 110 beni di lusso tra
quelli che la polizia neozelandese, su segnalazione dell’Fbi,
ha requisito nel 2012 a Kim
Schmitz, noto come Kim Doctom, fondatore di uno dei più
grandi siti di file sharing del
mondo (Megaupload e Megavideo) e accusato di riciclaggio,
ricettazione e frode (violazione
del copyright) per 500 milioni
di dollari.
E’ proprio da una selezione di
quanto prelevato nel corso del
maxi sequestro che sono stati
tratti gli oggetti in ora in mostra
al museo d’arte moderna a
Vienna. Tra essi moto, bambole
S
potranno conoscere ed apprezzare gli aspetti più caratteristici di ogni epoca, arrivando anche a cogliere il livello di capacità tecnico raggiunto e l’alone di mistero
che circonda le varie fasi di
un periodo decisamente leggendario. Del quale, visitando
la mostra, si ha anche un quadro storico e culturale preciso
e dettagliato.
L’esposizione si tiene nei locali
del Museo Nazionale di Palazzo Venezia (Via del Plebiscito 118, Roma), con orari
ed informazioni indicati sulla
pagina del ministero dei Beni
culturali ad esso dedicata.
C.D.G.
e robot giganti, server e prototipi, tra cui quello di un orologio
che si basa su un sistema brevettato di cinghie di distribuzione collegate che vanno a
comporre l’ora su un quadrante
e che sono alimentate da un
movimento ibrido elettromeccanico controllato da quattro
microprocessori. Molto interessante anche la raccolta di
articoli di giornale e documenti
vari che ripercorrono la vicenda
di “Mr. Mega”.
C.D.G.
10
Giovedì 3 ottobre 2013
Cultura
Lo storico Roberto Festorazzi con "Mussolini e le sue donne" ha cercato di indagare nella sfera sessuale dell'Uomo della Provvidenza
Inciampi tra le lenzuola del Duce
Aspetti umani inediti nelle pagine di un saggio che però si tradisce quando entra nel campo minato dei (pre)giudizi
di Emma Moriconi
o storico Roberto
Festorazzi tenta
un’analisi della sessualità di Mussolini,
cercando, in qualche modo, di sfatarne il mito
di grande amatore. Intanto,
asserisce che a “inventare
Mussolini” sia stata la sua passione di gioventù Margherita
Sarfatti. Sarebbe meglio dire
il contrario: fu Mussolini ad
inventare la Sarfatti, conosciuta
al grande pubblico grazie alla
biografia “Dux”. Parlare di
Benito Mussolini è cosa che
piace a molti, probabilmente
perché intorno all’eterno mito
del Duce si può fantasticare
ad oltranza, ci si può sbizzarrire in mille modi, sicuri
di avere i riflettori puntati addosso. Luce riflessa, si potrebbe dire. “Mussolini e le
sue donne”, in fondo, poco
aggiunge e poco toglie a
quanto già di dominio pubblico. È diverso solo il punto
di vista, l’angolazione da cui
la virilità di Mussolini è osservata. Festorazzi analizza i
fatti attraverso testimonianze,
ricerche d’archivio, tracciando
una biografia erotico-sentimentale del Duce, tentando
di diventare, da storico – scrittore, persino psicologo. Dice
infatti di essere “convinto che
il Capo del Fascismo fosse
uomo fondamentalmente solo,
schiavo del suo mito al limite
dell’alienazione”. Secondo lui,
dunque, bisogna “partire da
queste coordinate per spiegare il suo bisogno di compagnia femminile”. È chiaro
che quando si parla di una
personalità complessa come
quella di Mussolini, si può
dire tutto e il contrario di tutto.
Ma la deduzione di Festorazzi
sembra azzardata, oppure è
da considerarsi valida per il
99% degli uomini eterosessuali. Il fatto è che la vita privata di un cittadino comune,
fatta probabilmente anche di
una certa attività sessuale,
spesso intensa, non finisce
necessariamente in un libro.
Ci finisce quella del Duce,
dell’uomo più controverso del
novecento, figura carismatica,
discussa, amata e odiata,
osannata e poi vilipesa. La
quantità di donne che ha affollato il letto del Duce potrebbe essere né più e né
meno la stessa di un indeterminato numero di uomini:
tutti “schiavi del proprio mito
al limite dell’alienazione”?
Bizzarro. Certo, il corpo del
Duce fu per due decenni la
personificazione dell’Italia
stessa, lo si amava come si
amava l’Italia, con una certa
dose di erotismo in più data
la sua fisicità. Un impegno
non indifferente, che certamente ha reso il mito ancora
più vivo e che di sicuro ha
pesato sull’animosità del
Duce. Ma parlare di “alienazione” sembra quantomeno
discutibile, come appare una
L
forzatura ricondurre le passioni amorose, spesso capricciose, di Mussolini, ad un “bisogno di compagnia femminile” che gli desse “protezione”. Focoso, Benito, lo era
sempre stato, anche in gioventù, quando il suo corpo
non era ancora idolatrato da
una nazione intera. Appassionato lo era anche prima,
quando non aveva bisogno
di “protezione”. Appare più
probabile un’interpretazione
meno macchinosa degli ardori del Duce: amava le donne, e amava dimostrare la sua
virilità, cosciente di avere
qualcosa di speciale. Lo sguardo magnetico, la mascella
prominente, il fisico asciutto,
la mente viva, gli occhi che
lanciavano fiamme, un modo
di fare e di muoversi deciso
e affascinante. Del resto, è
grazie a queste caratteristiche
del suo essere, alla sua personalità eccezionale che è diventato il Duce d’Italia. Smentirlo è un falso storico.
Continua Festorazzi nella sua
analisi dicendo: “Il mito del
Duce, ad un certo punto, divenne una specie di fiera, una
belva che imponeva sacrifici
d sangue sempre più ingenti:
nutrire il mito significava concedergli un tributo quotidiano
di carne cruda, come se quel
corpo mistico della nazione
fosse fatto metaforicamente
a fette e servito in pasto alle
masse”. Un’immagine forte,
evocata dallo storico, per sottolineare la viscerale correlazione tra gli Italiani e il loro
Duce, e l’assenza di una sfera
privata di Mussolini, che però
i momenti per se stesso riusciva comunque a concederseli. Un altro passaggio del
libro merita di essere citato,
quanto meno per proporre
una visione parallela e, in parte, contraria: “siamo ancora
prigionieri del mito del Dux
– scrive Festorazzi – sia pure
di segno contrario rispetto a
tempi eroici: ciò che oggi sopravvive di quella narrazione
epica è, piuttosto, un anti –
mito, ma pur sempre assoluto
nelle superlative valenze negative attribuite al personaggio, come se il Duce si fosse
impadronito soltanto dei territori del sublime o dell’orrido,
privandoci delle altre possibili
alternative per rappresentarlo.
Perciò ancora oggi tendiamo
a considerare Mussolini come
un superuomo privo di debolezze e di tare psicologiche
… non potendosi fidare di
nessuno, in particolare dei
suoi cortigiani, Mussolini cercava nelle figure femminili
delle interlocutrici sensibili
alle quali potersi abbandonare, per rivelarsi, alla fine,
per ciò che era, senza timore
di essere giudicato o, peggio,
smascherato nelle sue debolezze”. Quando Festorazzi
parla di “valenze negative attribuite al personaggio” lo fa
dando per assoluto questo
dato della negatività. Gli Italiani, in realtà, sono una comunità variegata e, su un milione di persone, possono trovarsi un milione di diversi approcci alla figura di Mussolini,
nel bene e nel male. Nulla è
assoluto, neppure, con buona
pace di tutti, il giudizio negativo sul Duce. Certo, dal 1945
in poi hanno scritto solo i vincitori, è chiaro che l’immagine
di Mussolini tratteggiata dai
suoi nemici sia del tutto negativa: tutto è sempre stato
ricondotto ad un solo evento,
le leggi razziali, anno 1938.
Faceva, e fa, comodo così.
Ma il Fascismo era iniziato
nel 1922, sedici anni prima,
portando all’Italia una serie
di misure sociali e popolari
che difficilmente vengono raccontate agli scolari. Non solo:
l’esperienza della Repubblica
Sociale viene taciuta, come
pure la normazione sociale
che le apparteneva, e il grande intuito di Mussolini nel redigerla, perché di quegli anni
si cantano solo le lodi dei
partigiani, naturalmente omettendone i crimini. Ma torniamo
al saggio di Festorazzi: si potrebbe convenire con lo storico – scrittore circa il bisogno
di Mussolini di cercare rifugio,
in un certo senso, nelle figure
femminili. Certo è che nes-
suno saprà mai con esattezza
di cosa si componevano le
situazioni di intimità di Benito.
Su una cosa, invece, Festorazzi
coglie nel segno: il Duce era
un “uomo”, eccezionale senza
dubbio, dal carisma inimitato
ed inimitabile, ma pur sempre
un uomo. Con le sue debolezze, i suoi momenti di sconforto, le sue riflessioni, le sue
paure. In questo senso è apprezzabile il lavoro di Festorazzi, il tentativo – a tratti discutibile perché dà troppe
cose per scontate quando
scontate non sono affatto –
di “umanizzare” la figura dell’uomo Benito Mussolini. Lo
ha fatto in teatro, in due occasioni, Pier Francesco Pingitore,
mostrando un Mussolini che
ripercorre la sua vita, valuta i
suoi errori, parla a cuore aperto. Nel 2010 Luca Biagini impersonò il Duce in “Quel 25
luglio a Villa Torlonia”, e ultimamente in “Operazione
Quercia”: due momenti cruciali nella vita dell’uomo e
dello statista. Il tentativo di
Pingitore non è stato sempre
compreso, trovando un po’ di
ruggine soprattutto in chi nel
Duce aveva sempre e solo
visto il condottiero inossidabile
e mai l’uomo. Ecco, in questi
termini il lavoro di Festorazzi
è interessante. La conclusione
del saggio si presta, piuttosto,
a qualche osservazione:
“l’esplorazione di questa dimensione del Duce – scrive
lo storico – è in grado di fornirci una indiretta risposta
agli interrogativi riguardanti
le cause che condussero il
regime, nel giro di pochi anni,
dall’apogeo alla propria fatale
autodistruzione. Se lo stesso
uomo che aveva creato dal
nulla quel sistema, sentiva il
bisogno di evaderne, ciò significa che in tale sistema vi
era qualcosa di disumano e,
in fondo, spaventoso. Scrivendo questa sorta di biografia erotica di Mussolini
sono giunto a tale conclusio-
ne. Non so se il lettore, al
termine di questa carrellata
di trofei femminili del Duce,
la condivida o meno”. Prima
osservazione, d’obbligo, è
dedicata al concetto di “pochi
anni” espresso in quest’ultimo
stralcio del testo. Ventuno. Il
governo più lungo della storia
d’Italia. Non sono “pochi anni”.
Il concetto del “bisogno di
evadere” da quel “sistema”
resta un po’ fumoso: Mussolini
portava sulle sue spalle la responsabilità delle sorti dell’Italia, conscio che il re non
era in grado di sostenerne
neppure un po’. E infine quando parla di “trofei femminili
del Duce” in qualche modo
perde un po’ di credibilità:
erano, queste donne, le sue
fide ascoltatrici, una sorta di
“rinforzo psicologico”, oppure
no? Oppure erano “trofei”?
delle due l’una. Per esempio,
la giovane e passionale Claretta non sembra definibile
come “trofeo”: carattere e audacia piuttosto possono essere considerate le caratteristiche di questa donna che
non ha esitato a morire con
il suo uomo. Che Angelica
Balabanoff, poi, fosse innamorata di Mussolini non è una
novità. Anche lei era donna
di carattere, non un “trofeo”.
“Nessuna era svanita dal suo
orizzonte mentale”, asserisce
Festorazzi, neppure nel momento più alto della sua gloria
e del suo potere. E anche qui
c’è un richiamo al Duce –
uomo. Insomma, il saggio di
Festorazzi è interessante nel
momento in cui pone all’attenzione del lettore la figura
di Mussolini – uomo, per moltissimi aspetti inedita e troppo
spesso trascurata. Fallisce invece senza appello quando
cerca di dare un giudizio che
non sembra ammettere contraddittorio, dimenticando che
la mente umana, e il cuore,
non sono operazioni matematiche e della matematica
non seguono le logiche.
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Giovedì 3 ottobre 2013
Cultura
Inaugurata domenica scorsa, sarà visitabile a Predappio, nella casa natale di Benito, fino al 31 maggio 2014
Una mostra inedita racconta il giovane Mussolini
Il sindaco Frassinetti: “Era ora che la città dimostrasse il coraggio di aprirsi alla storia italiana, parlando del Duce senza paura”
di Emma Moriconi
na mostra con oltre
duecento opere, di
cui moltissime inedite, racconta il giovane Mussolini, le
sue passioni, il legame con
la sua terra e con la famiglia,
le battaglie socialiste e l’ascesa. Si tratta di fotografie, lettere, cartoline, volantini, pubblicazioni, articoli di giornale,
opuscoli, oggetti, immagini.
“Il giovane Mussolini, 18831914. La Romagna, la formazione, l’ascesa politica”: questo il titolo dell’esposizione,
aperta domenica scorsa nella
casa natale di Benito a Predappio. Sarà visitabile fino a
maggio 2014 e si prevede
un afflusso non indifferente
di appassionati di storia e
non solo, attratti dalla possibilità di conoscere il lato meno
noto eppure non meno affascinante del personaggio più
discusso della storia italiana.
“Con questa mostra – ha detto
Giancarlo Mazzucca, direttore
de Il Giorno di Milano all’inaugurazione – si apre una
strada nuova per l’approfondimento della storia italiana
del Novecento. E si apre anche una nuova era per Predappio, dove finalmente si
parla a viso aperto di Mussolini”. Parole, quelle del direttore della nota testata, che
fanno riflettere: la città natale
di Benito Mussolini è luogo
simbolo, da sempre, frequentatissima dai numerosi visitatori, che non è mai, almeno
fino ad oggi, riuscita ad elaborare la vicenda che l’ha
vista inconsapevole protagonista per decenni: il fatto di
aver dato i natali al Duce
d’Italia. Del resto, la notorietà
della graziosa cittadina in provincia di Forlì la si deve proprio a Benito Mussolini.
All’inaugurazione hanno presenziato Giorgio Frassinetti,
sindaco di Predappio, Roberto Balzani, sindaco di Forlì e
ordinario di storia contem-
U
Quadro ad olio di Pietro Angelini
poranea all’università di Bologna, Maurizio Ridolfi, presidente del Comitato scientifico e ordinario di storia
contemporanea dell’università
della Tuscia. Il sindaco di Predappio ha precisato: “questa
mostra non tratta il periodo
fascista di Mussolini, né racconta la sua figura di Duce.
Vuole essere invece un’importante analisi storica sui
suoi anni giovanili e sulla sua
formazione socialista, un’occasione per studiare e capire
le radici di una vita che ha
segnato l’Italia del Novecento”. Ha poi aggiunto: “era ora
che Predappio dimostrasse
il coraggio di aprirsi alla storia
italiana, parlando di Mussolini
senza paura”. In effetti, dopo
quasi settant’anni dalla fine
del Fascismo, “era ora” davvero. Anche perché – e pro-
babilmente lo hanno finalmente capito un po’ tutti –
privare la nazione di un pezzo
così importante della propria
storia, come si è tentato di
fare dal 1945 in poi, è non
solo sbagliato ma controproducente. Continuare nel tentativo di cancellare tutto per
lasciare spazio (e ampie pagine sui libri di scuola) solo
alle leggi razziali non fa che
alimentare la curiosità di chi
vuole sapere altro e la voglia
di chi vuole dire altro. Che
Mussolini, cioè, non riduce
la sua esistenza e il suo lavoro
per l’Italia a quel settembre
del 1938. Benvenuta, dunque,
a questa esposizione che vuole raccontare “altro”, e che
lo fa senza fronzoli, basando
l’interesse solo su documenti,
relativamente ai quali lo storico Balzani ha detto che “la
mostra dovrebbe fare il giro
d’Italia, per il ritmo narrativo
e la quantità di documenti,
che gettano una luce nuova
sulla formazione di Benito”.
Di certo l’iniziativa è interessante e merita una certa attenzione, perché rivela particolari non conosciuti di un
personaggio che, una volta
diventato Il Duce, è stato analizzato in ogni aspetto, da
quello pubblico a quello privato, trattato da ogni angolazione, alla ricerca spesso spa-
smodica finanche dei particolari attinenti alla sfera più
intima. È del Mussolini giovane, invece, che si sa ben
poco, e questa mostra è sicuramente un mezzo per capirne in maniera più approfondita la poliedrica personalità. È infatti solo attraverso
la comprensione della giovinezza di Benito che si possono comprendere ed analizzare con lucidità (e, si spera,
una volta tanto con obbiettività) le dinamiche della sua
ascesa al potere e dell’immenso – e mai eguagliato –
consenso che fu capace di
attrarre su di sé. Le sue capacità oratorie, la sua determinazione, la sua frenetica
vivacità, le sue alte qualità di
giornalista, le sue fervide
passioni vengono alla luce
attraverso una quantità eccezionale di opere inedite, provenienti da collezioni private
ed archivi di Stato, finora tenute chiuse in un cassetto e
finalmente alla portata di tutti,
grazie alle quali si può tentare
di avventurarsi in un percorso
storico e sociale che spieghi
anche per quali motivazioni
sociali si giunse, nell’ottobre
del 1922, alla presa del potere
da parte delle camicie nere.
Comprensione che è impossibile se non si parte dal contesto in cui quei fatti avven-
Il Congresso Socialista del 1914
nero, se non si capisce chi fu
Benito Mussolini negli anni
della sua formazione: gli anni
della gioventù, i più formativi,
appunto, nella vita di un essere umano. La mostra non
vuole essere né celebrativa
né denigratoria, ed è forse il
primo tentativo in questo senso nella storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi. Uno strumento finalmente solo “storico” per ragionare su un
personaggio, e di conseguenza su un’epoca, che per i
contemporanei è difficilmente
comprensibile se non ci si
cala dentro fino in fondo. Molti,
dicevamo, gli oggetti in mostra. Un dipinto ad olio, dipinto
dall’amico Pietro Angelini nel
1910, mostra un giovane Benito tratto in arresto dai Carabinieri a Predappio dopo
un comizio ritenuto sovversivo.
Poi, interessantissima, la lettera autografa del 2 aprile
1905 in cui Mussolini confida
ad Alfedo Polledro i tumulti
del suo animo dopo la morte
dell’amata madre, pensieri
privati che raccontano il dolore per la grave perdita ma
anche elucubrazioni sul socialismo, di cui il sito web
dedicato all’evento propone
un estratto: « [...] Mi trovo in
un periodo di inquietudini
morali e materiali ed ho bisogno di raccoglimento e di
silenzio. Ma non per questo
lascio senza risposta la tua
lettera. Ti dirò francamente
il mio pensiero, con la franchezza libera di chi è passato
attraverso un duro castigamento intellettuale lasciando
per via la più grande parte
della tradizionale ideologia
socialista, compresa la fede
beata nei risultati di quelli
che tu chiami trastulli parla-
mentari. Aderisco pienamente al tuo ordine di idee […]
Del resto, credi pure che, se
decisivi sommovimenti di popolo avverranno il mio fucile
non saprà mai tradire la causa
della Rivoluzione […]».
E ancora in esposizione si
può visionare la foto originale
della scolaresca di Forlimpopoli datata 1897, che ritrae
il quattordicenne Benito al
Valfredo Carducci. Dello stesso periodo sono esposti anche alcuni temi di pedagogia
redatti dal futuro maestro oltre
che la sua pagella. In mostra
anche il primo opuscolo dal
titolo “L’uomo e la divinità”
pubblicato a Losanna nel
1904, fervente di acceso anticlericalismo, due cartoline
raffiguranti i primi due numeri
de L’Avanti e de Il Popolo
d’Italia, rispettivamente datate
1912 e 1914, il calendario
socialista del 1910, che è uno
dei pezzi più pregiati dell’originale esposizione: fu
stampato a Trento a cura del
futuro Duce. E poi la locandina
elettorale del 1913 con la sua
candidatura al collegio di Forlì, recante lo slogan: “chi vota
per me vota per le idee che
io difendo, vota per a lotta di
classe e per il passaggio dei
mezzi di produzione e di
scambio alla collettività produttrice, vota in una parola
per il socialismo”. Esposta
anche una foto del Congresso
socialista di Ancona del 1914
in cui Benito è fotografato tra
i relatori. La mostra sarà visitabile fino al 31 maggio 2014
e già è in cantiere una seconda esposizione, di prosieguo, dedicata al Mussolini
interventista durante la Prima
Guerra Mondiale: un altro
pezzo di storia tutta da raccontare e da capire.
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Giovedì 3 ottobre 2013
Sport
TRATTATIVA NELLE FASI CONCLUSIVE
I BIANCOCELESTI DEVONO FARE I CONTI CON IL TRABZONSPOR E I CALDISSIMI TIFOSI TURCHI. SCELTE OBBLIGATE PER PETKOVIC
Europa League: trasferte
ostiche per Lazio e Fiorentina
Il Dnipro allenato da Juande Ramos sulla strada di Montella, che schiera un tridente insolito
di Federico Colosimo
È
una coppa snobbata, trascurata.
Presa sotto gamba da quasi tutte le
partecipanti. Ma è una competizione
importante: è l’Europa League. Un trofeo
che vale tantissimo, sia in termini economici che in termini di successo. Questa
sera, in campo, Lazio e Fiorentina.
I biancocelesti tornano in Turchia ben 4
mesi dopo la sconfitta rimediata contro il
Fenerbahce che, di fatto, ha estromesso
gli uomini di Petkovic da un traguardo
storico: la semifinale. Gli aquilotti saranno
di scena a Trebisonda e dovranno fare i
conti con il Trabzonspor. Attualmente al
quarto posto in classifica nella Super
League, la formazione guidata in panchina
da Akcay promette battaglia: “E’ la nostra
prima partita in casa e vogliamo vincere.
Lo stadio sarà una bolgia, i nostri tifosi ci
spingeranno fino alla vittoria”. Queste, le
parole del capitano Tolga Zengin. All’interno dell’Hüseyin Avni Aker, dunque, ci
sarà un clima a dir poco rovente. L’allenatore dei biancocelesti è preoccupato,
le scelte sembrano obbligate e la formazione è rimaneggiata. La difesa? Allo
sbando. Due, gli uomini a disposizione:
Ciani e Cana. Punto e basta. Il tecnico di
Sarajevo è costretto a mettere le toppe
ovunque ma, qualcuno, sul rettangolo
verde dovrà pure scendere. Tra questi,
Felipe Anderson. Il giocatore più atteso,
il colpo di mercato estivo messo a segno
da Igli Tare. L’ultima cartuccia a disposi-
Petkovic e Montella
zione di Petkovic per far cambiare idea
su una campagna acquisti sicuramente
deludente. In attacco toccherà invece a
Perea. Da Formello dicono che il colombiano fisicamente sia formidabile ma,
per quel poco che ha fatto vedere contro
il Catania, la giovane punta ha mostrato
invece di essere acerbo tatticamente.
L’occasione per dimostrare ancora una
volta di essere un talento a tutti gli effetti,
invece, l’avrà Keita. L’ex baby prodigio
della cantera del Barcellona vuole continuare a stupire e ritagliarsi spazio all’interno dell’undici titolare. Impresa impossibile? Forse no.
Trasferta ucraina per la Fiorentina, che
dopo la vittoria contro il Pacos de Ferreira
fa visita al Dnipro. Squadra forte e preparata, attualmente in vetta alla classifica
del suo campionato e allenata da un
grande tecnico qual è Juande Ramos.
L’ex coach di Tottenham e Real Madrid
lo scorso anno ha regalato brutte sorprese
all’allora Napoli di Mazzarri, e adesso
vuole continuare a imporre la propria
legge anche contro la formazione gigliata.
Scelte obbligate anche per Montella, che
lascia fuori Neto (scelta tecnica) per
schierare tra i pali il promettente Munua.
Con Gomez, Rossi e Rebic fermi ai box,
l’attacco sarà guidato da Ilicic, Joaquin e
Cuadrado.
Cercateci e ci troverete ovunque.
All’indirizzo www.ilgiornaleditalia.org , con un portale
all news ed un giornale sfogliabile e scaricabile on-line.
Siamo anche su Facebook all’indirizzo
www.facebook.com/ilgiornaleditalia.portale.
Siamo anche abili cinguettatori, su Twitter, @Giornaleditalia.
Tutti i nostri video sul canale Youtube, Il giornale d’Italia.
Se volete scriverci, potete farlo all’indirizzo e-mail:
[email protected]
Inter-Thohir:
siamo agli sgoccioli
I
conti dell’Inter, alla vigilia
del passaggio di consegne alla cordata indonesiana, sono in netto
peggioramento. Servono
ben 88 milioni di euro per
risanare le perdite accumulate nella scorsa stagione. E allora, non si può
più aspettare: serve un socio forte, di carattere. Serve
un magnate, indonesiano, che
di nome fa Erick Thohir. Questa
volta la trattativa è arrivata agli
sgoccioli. Non si chiuderà né
oggi né domani, ma probabilmente domenica. La nuova Inter
sta iniziando a prendere forma.
Indonesia al potere, così come
previsto, e la famiglia Moratti in
regia. Il primo acquisto? Una
vecchia conoscenza, un amore
mai passato: Leonardo. L’ex direttore sportivo del Paris Saint
Germain è stato già contattato
dall’attuale patron nerazzurro e
non vede l’ora di rimettersi in
pista. Anche Thohir si è mostrato
convintissimo della scelta. Conosceva di fama il calciatore
prima e ne ha potuto apprezzare
le qualità dirigenziali dopo. In
più, quando ne ha discusso con
Moratti, è rimasto favorevolmente colpito dal profilo internazionale di “Leo”: che parla
sei lingue, conquista i giocatori
con il suo fare ed è un accentratore della società (in senso
positivo). L’ex fantasista brasi-
Erick Thohir
liano ha messo la testa a posto.
Basta fuggire, la sua vita adesso
è a Milano. Sulla scrivania c’è
un Inter da ricostruire, con progetti, soldi e una presidenza
nuova. E allora cosa aspettare?
Da gennaio Leonardo tornerà a
essere una figura importante
per la società nerazzurra. Problemi?, non mancano mai. Leonardo vuole avere carta bianca,
soprattutto sulle scelte di mercato. Per tutti questi motivi, l’addio di Branca sembra ormai certo. E il primo acquisto potrebbe
davvero far felice tutti: Mazzarri,
Moratti, i tifosi e, perché no,
Thohir. L’obiettivo numero uno
si chiama Radja Nainggolan.
Centrocampista belga dalle ottime qualità, in forza al Cagliari
e, soprattutto, di origini indonesiane. E allora cosa volere di
più?
Bisognerà attendere ancora pochi
giorni, ma la partita di sabato
sera contro la Roma per Moratti
sarà l’ultima da presidente.
F.Co.
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disastro zingaretti