Dicembre 2006 / Gennaio 2007
Periodico di informazione del Consiglio Direttivo dell’Unione Nazionale Imprese di Comunicazione
unicom
Anno V - N°20
IN QUESTO NUMERO:
Comunicare il territorio.
Sped. in Abb. postale 45% - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1 - FilialeI Padova dcB - A 2,00
In caso di mancato recapito rinviare all’ufficio Postale di Padova Cmp detentore del conto per la restituzione al mittente che si impegna a pagare la relativa tariffa
Un intervento del Presidente di Unicom,
nel corso di una tavola rotonda
nell’ambito del Grinzane Film Festival,
analizza l’apporto che il cinema
e la letteratura possono offrire
ad un’efficace comunicazione
del territorio.
10
E’ ancora attuale la U.S.P.?
Unique Selling Proposition: un concetto
nato negli anni ‘40 e ancora suIla bocca
di molti pubblicitari. Siamo sicuri che sia
ancora utile o, ai giorni nostri, è scarsamente utilizzabile. Il parere di Emanuele Gabardi.
12
Marketing sociale.
E’ solo business o qualcosa di più?
Un’intervista a Jacopo Fo sul valore etico del “social marketing”, tra diritti dei
consumatori e opportunità per le imprese.
14
Anche lo spot diventa virale
Angela D’Amelio esplora il fenomeno
del “marketing epidemico” o “viral marketing” che usa la web community ed i
blog per far parlare di un certo prodotto. Chi lo usa e come? E con quali implicazioni?
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Etica e comunicazione
Fino a qualche anno fa il termine etica
rimaneva confinato nelle aule dei licei e
delle università, nella saggistica per addetti ai lavori o nei sermoni di qualche
predicatore. Da qualche tempo invece
ne parlano più o meno tutti, così come,
più o meno tutti, parlano di comunicazione. Spesso a sproposito.
L’opinione di Gargamella.
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EDITORIALE
L’anno che verrà
segnali di ripresa dell’attività produttiva che hanno caratterizzato l’ultimo trimestre del
2006 dovrebbero indurci ad un cauto ottimismo per l’anno che ci apprestiamo ad affrontare. Tuttavia permangono forti perplessità circa l’impatto che la Legge Finanziaria determinerà sul sistema delle imprese italiane ed in particolare sul nostro comparto. La complessità del
testo non ci consente ancora di valutarne appieno gli effetti che alcuni immaginano devastanti, altri, tra i quali preferisco annoverarmi, prevedono comunque non particolarmente positivi.
Indubbiamento l’impatto della crescente imposizione fiscale non sarà un toccasana per le imprese, così come la riduzione dei trasferimenti agli Enti Locali determinerà una contrazione
degli investimenti in comunicazione di un comparto vitale per molte delle nostre imprese. Ma
quello che potrebbe provocare le conseguenze più negative sull’andamento del nostro business
sarà l‘influenza che la Finanziaria avrà sul sentiment degli imprenditori del nostro Paese. Non
mi riferisco ai big spender - quelli continueranno ad essere tali - ma piuttosto a quei medi
imprenditori che da qualche anno a questa parte, dopo aver toccato con mano i benefici effetti della comunicazione, stanno nuovamente mostrando disaffezione per l’investimento pubblicitario. Un altro provvedimento, non ancora definito, ma da tenere sott’occhio sarà la nuova
legge sull’emittenza, il cosiddetto DDL Gentiloni, che sostituirà la Legge Gasparri (un provvedimento al quale a suo tempo non risparmiammo critiche severe). Se il testo dovesse essere approvato così come è stato proposto, costituirebbe indubbiamente un problema in più, poichè finirebbe - penalizzando le telepromozioni - per tagliar fuori definitivamente i medi investitori dall’accesso al mezzo televisivo. Queste imprese infatti non dirotterebbero i loro investimenti come ha sostenuto il Ministro - sulla stampa quotidiana o sulla piccola emittenza radiotelevisiva: una parte potrebbero venire impiegati in azioni tattiche, ma la maggior parte di queste
risorse semplicemente non verrebbe utilizzata, con un danno rilevante per la competitività delle aziende stesse e per le imprese di comunicazione. Quanto poi all’influenza dell’evoluzione
degli scenari politici generali, è francamente difficile formulare delle ipotesi: nessuno oggi può
prevedere se l’esecutivo in carica potrà superare alcuni ostacoli che inevitabilmente troverà sul
proprio cammino nei prossimi mesi, dovendosi impegnare su alcune riforme sulle quali, al di là
delle dichiarazioni di buone intenzioni, non esiste omogeneità di pareri all’interno dello schieramento che sostiene il Governo. L’altro tema caldo è l’annunciato processo di aggregazione di
forze politiche - sia a destra come a sinistra - in vista di una maggiore stabilità dei futuri esecutivi, che rischia di risultare, anzichè elemento portante dell’auspicata futura maggiore compattezza, motivo di un’immediata rottura delle attuali alleanze, con conseguenze negative sulla
governabilità del Paese. A questo punto, credo sia doveroso impegnarsi al massimo, sperando
che, come autorevolmente suggerisca Francesco Giavazzi sul Corriere del 5 gennaio, il Governo
ci lasci lavorare. Il nostro sistema economico e imprenditoriale ha certamente le capacità e le
risorse per risalire la china ed agganciare il treno della ripresa internazionale, ma deve poter
operare senza ulteriori vincoli e senza troppe intromissioni da parte della politica. E poi, trovandoci all’inizio di un nuovo anno, nulla ci vieta di sperare che i molti auguri che ci siamo
scambiati in questi ultimi giorni, vadano a buon fine. Prosit.
I
Lorenzo Strona - Presidente Unicom
UNICOM
SOMMARIO
UNICOM
• Unicom conferma il Presidente
e rinnova il Consiglio Direttivo
• Confcommercio International
Notizie dalla Comunità Europea
• Agenda d’Europa
• Nuove associate
• Convegni e incontri
• Riconoscimenti e premi
SCENARI
• Finanziaria 2007. Poche luci
molte ombre di Carlo Sangalli
IL MESTIERE DI COMUNICARE
• U.S.P.: attualità o roba da buttare?
di Emanuele Gabardi
• Comunicare il territorio
tra cinema e letteratura
di Lorenzo Strona
1
2
3
4
5
7
8
FORMAZIONE
• Investire sul capitale umano
di Francesco Ferro
10
RELAZIONI PUBBLICHE
• L’uomo dell’anno ha fatto blog
di Fiorella Passoni
12
SOCIAL MARKETING
• Solo business o qualcosa in più
intervista a Jacopo Fo
a cura di Angela D’Amelio
DIRITTO E COMUNICAZIONE
• Tabacco e pubblicità di F. Malagoli
14
16
CREATIVITA’
• Buonaseeera creatività... di Renato Sarli 18
DIRECT MARKETING
• 2007. La rivincita del Direct Marketing
a cura di Poste Italiane
ONLINE
• Web 2.0. Evoluzione o rivoluzione
di Angela D’Amelio
• Anche lo spot diventa “virale”
di Angela D’Amelio
OPINIONI
• Etica e comunicazione di Gargamella
• Lo spettacolo non piace.
Restituitecii soldi del biglietto di FM
• Serendipity e comunicazione d’impresa
di Biagio Vanacore
LA POSTA
• Società multietnica, multiculturalismo
ed identità culturale di Gargamella
INCONTRI
• La poesia di Thomas Stearns Eliot
LETTURE
• Lev Manovich
Il linguaggio dei nuovi media
• Luigi Ferrari - Da target a partner
2 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
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Unicom conferma il Presidente
e rinnova il Consiglio Direttivo
L’Assemblea Unicom convocata il 14 dicembre presso la Camera di Commercio di Milano, con all’ordine del giorno il rinnovo delle
Cariche Sociali, alla presenza dei rappresentanti di 133 imprese associate, ha confermato Lorenzo Strona alla Presidenza dell’Associazione.
E’ stato confermato anche il Vicepresidente
Vicario Alessandro Colesanti, mentre Donatella Consolandi, Francesco Miscioscia e Biagio Vanacore, già membri del Consiglio Direttivo, sono stati nominati Vicepresidenti.
Tra le altre conferme Nicola Bovoli, Angela
D’Amelio, Giorgio Tramontini.
I nuovi eletti sono Claudio Avallone (Comunicativa - Roma), Renato Camposano (Trilogia - MIlano), Federico Crespi (Federico Crespi & Associati - Sanremo), Francesco Ferro
(Integra Solutions - Forlì), Renato Sarli (STP Verona), Rossella Tosto (Datacontact - Milano/Matera/Bari) ed Ivano Villani (Ad.Venture - Pescara). Antonio Acampora è il nuovo
Responsabile del Centro Studi. Confermati il
Direttore Paolo Romoli ed il Tesoriere Giuseppe Juma Jannelli.
Il nuovo Consiglio Direttivo ha proposto in
sede di candidatura un articolato programma di lavoro ispirato a continuità, concretezza, impegno e responsabilità ed incentrato su una serie di proposte pensate come
supporto allo sviluppo delle imprese associate. In particolare nel prossimo biennio Unicom accentuerà l’impegno nell’area della
formazione, sia di carattere specialistico
(connessa alle aree di servizio rivolte direttamente ai clienti finali) che transcontestuale
(volta a sviluppare abilità trasversali finalizzate al miglioramento della competitività
delle imprese), al fine di fornire agli associati strumenti di conoscenza che possano implementare la propria offerta sia sotto il
profilo qualitativo che quantitativo.
Verrà inoltre approntato in luogo dell’attuale sito, un nuovo portale con l’obiettivo di
migliorare l’interattività e somministrare
servizi per via telematica (e-learning incluso). Un ulteriore aspetto qualificante del
programma di lavoro prevede un potenziamento del Centro Studi che sarà presto corredato di un osservatorio in grado di erogare un flusso di informazioni costante agli
associati sulle più diverse tematiche di carattere professionale.
Nel prossimo mese di maggio ricorrerà il
trentesimo anniversario della costituzione
dell’Associazione: sarà l’occasione per una
serie di importanti eventi che coinvolgeranno
gli associati, le istituzioni e l’intero mondo
della comunicazione italiana.
Dal punto di vista istituzionale Unicom rafforzerà la propria azione a tutela delle imprese
di comunicazione con iniziative a livello nazionale e comunitario e si adopererà per promuovere un più stretto rapporto di collaborazione con le altre realtà associative del
mondo della comunicazione.
Per quanto riguarda l’internazionalizzazione
è stata annunciata l’apertura di uno “sportello” a Bruxelles, grazie all’adesione a Confcommercio International, al fine di mettere a
disposizione delle imprese aderenti un costante flusso di informazioni sull’evoluzione
della legislazione europea in tema di comunicazione, sui bandi di gara internazionali e
sulla possibilità di accesso ai fondi comunitari.
Tra le altre iniziative in cantiere merita di
essere segnalato il potenziamento de “L’Impresa di Comunicazione” sia in termini di foliazione che di diffusione, attualmente attestata su 7.800 copie. In particolare, a partire
dal numero del prossimo marzo, la rivista verrà veicolata, oltre che agli operatori del settore della comunicazione d’impresa, ai responsabili della comunicazione delle Pubbliche
Amministrazioni (Ministeri, Regioni, Province,
Comuni capoluogo) ed ad un file qualificato
di potenziali clienti.
Infine, a supporto del lavoro del Consiglio Direttivo, verrà costituito un Advisory Board,
del quale faranno parte personalità di primo
piano del mondo accademico, dell’impresa,
della finanza, dell’economia e del giornalismo. Scopo dell’iniziativa è quello di migliorare la comprensione dei rilevanti fenomeni di
cambiamento in corso al fine di elaborare ed
attuare strategie in grado di ottimizzare l’efficienza e l’efficacia dell’attività di Unicom a
supporto delle imprese associate.
Lorenzo Strona - Presidente Unicom
EDITORIALE
• L’anno che verrà di Lorenzo Strona
a cura di Paolo Romoli
Confcommercio International
Notizie dalla Comunità Europea
Agenda d’Europa.
Appuntamenti, incontri,
avvenimenti
Aiuti di stato per l’innovazione
Il Quadro comunitario di riferimento sugli
aiuti di Stato per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, approvato dalla Commissione europea il 22 novembre 2006, contempla, oltre
gli aiuti alla ricerca di base e alla ricerca e allo
sviluppo, anche gli aiuti per l’innovazione per
processo e organizzativa nei servizi (cap 5.5).
Oltre alle definizioni di: innovazione per processo e innovazione organizzativa, riprese dal
Manuale di Oslo, il documento di lavoro enuncia anche le condizioni da rispettare per
ricevere tali aiuti:
• l’innovazione dell’organizzazione deve essere sempre legata all’uso e allo sfruttamento delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione (ICT) con l’obiettivo di cambiare l’organizzazione;
• l’innovazione va formulata nel quadro di
un progetto, dotato di un responsabile identificato e qualificato e con costi identificati;
• il progetto sovvenzionato deve portare alla
elaborazione di una norma, di un modello, di
una metodologia o di un concetto commerciale, che si possa riprodurre in maniera sistematica e, ove possibile, omologare e depositare;
• l’innovazione dei processi o della organizzazione comporta una novità o un sensibile
miglioramento rispetto alla situazione del
settore nella Comunità.
La novità può essere dimostrata dagli Stati
membri ad esempio sulla base di una descrizione dettagliata dell’innovazione, messa a
confronto con le altre tecniche dei processi o
dell’organizzazione attualmente utilizzate da
altre imprese dello stesso settore;
- il progetto d’innovazione dei processi o dell’organizzazione deve comportare un chiaro
grado di rischio. Tale rischio potrebbe essere
dimostrato dallo Stato membro ad esempio
nei seguenti termini: i costi del progetto rispetto al fatturato dell’impresa, il tempo necessario per sviluppare il nuovo processo, i
guadagni attesi dall’innovazione del processo rispetto ai costi del progetto, le probabilità d’insuccesso. I costi ammissibili sono gli
stessi costi previsti per i progetti di ricerca e
sviluppo, cosi’ come previsti al punto 5.1.4.
Tuttavia, per l’innovazione organizzativa, i
costi ammissibili per le apparecchiature ed i
materiali comprendono esclusivamente i costi
per le apparecchiature e il materiale informatico.
I suddetti aiuti sono compatibili con le regole del mercato interno ai sensi dell’art.87, par.
3, punto c) del Trattato per un’intensità mas-
Gennaio 2007
1° gennaio: Romania e Bulgaria aderiscono
alla Ue - La Slovenia entra nella zona euro Insediamento dell’Agenzia per i diritti fondamentali - 20° anniversario di ERASMUS, programma di istruzione che incoraggia la mobilità degli studenti e dei professori a livello universitario attraverso l’Europa - L’Irlandese
diventa la 21esima lingua ufficiale dell’Ue,
cosi come il bulgaro e il rumeno;
10 gennaio: Presentazione del pacchetto
energia - Rapporto finale dell’indagine settoriale sui mercati dell’energia - Libro verde
sull’adattamento al cambiamento climatico.
12-14 gennaio: Avvio di un accordo di partenariato e di cooperazione con la Cina.
17 gennaio: Rapporto finale dell’indagine
settoriale sulla concorrenza nel settore dell’attività bancaria al dettaglio;
sima dell’aiuto del 15% per le grandi imprese, 25% per le medie imprese e 35% per le piccole imprese.
Le grandi imprese possono beneficiare di questi aiuti solo se collaborano con PMI nell’ambito dell’attività sovvenzionata e quest’ultime
supportano almeno il 30% dei costi ammissibili.
Il Quadro comunitario di riferimento sugli aiuti di Stato per la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione entrerà è reperibile al seguente indirizzo Internet: http://ec.europa.eu/comm/
competition/state_aid/reform/rdi_en.pdf.
Comunicare l’Europa
Il 17 novembre, la Commissione Europea ha
aperto un nuovo portale che rientra nelle
varie iniziative destinate ad accrescere l’accessibilità del sito web Europa.
Il sito http://ec.europa.eu/civil_service/index
_fr.htm raggruppa informazioni precedentemente frammentate tra numerosi siti della
Commissione. Esso propone inoltre nuove
rubriche, come il ritratto di persone che lavorano per la Commissione.
Le info presentate sono raggruppate in tre
sezioni: la sezione «Chi siamo?» contiene informazioni sulla funzione pubblica, i testi
adottati dalla Commissione.
La seconda sezione: “Un’amministrazione
moderna” offre al visitatore informazioni sulle specificità che fanno della Commissione
un’amministrazione moderna ed efficace.
La terza “Lavorare in Commissione” indica tutto ciò che occorre sapere sulle possibilità di
occupazione e i vari tipi di contratti proposti
dalla Commissione.
Il sito propone altresì una sezione “Pubblici
specifici” che centralizza le informazioni destinate a gruppi specifici come i funzionari dei
servizi pubblici nazionali o le persone che desiderano lavorare per un’istituzione dell’Ue.
Per il momento il sito è redatto in francese,
inglese e tedesco.
Dal 2007, sarà disponibile nella maggior parte delle lingue ufficiali Ue.
Le previsioni dell’OCSE
L’OCSE ha pubblicato a novembre le sue prospettive economiche in cui analizza i grandi
trend che segneranno i prossimi due anni ed
esamina le politiche economiche richieste per
favorire una crescita forte e sostenibile nei
paesi membri. Link:
http://www.oecdbookshop.org/oecd/di
splay.asp?lang=EN&sf1=identifiers&st1=1
22006032e1
Altre iniziative: Nuova proposta legislativa
che modifica il quadro regolamentare per le
reti e servizi di telecomunicazioni elettroniche.
Febbraio 2007
7-8 febbraio: Conferenza di chiusura della
settimana sulla Mobilità - Primi inviti a presentare proposte per l’energia e il trasporto
nell’ambito del 7° programma quadro di ricerca dell’Ue;
16 febbraio: Previsioni economiche interinali
- Comunicazione sul protocollo di Kioto.
Marzo 2007
3 marzo: Avvio del Programma Cultura: conferenza a Bruxelles con tutte le parti interessate;
6-8 marzo: Conferenza a Bruxelles sui cambiamenti economici nelle regioni;
7-8 marzo: Iniziative sull’Innovazione
8-9 marzo: Consiglio europeo a Bruxelles (argomento principale: il piano d’azione per
una politica comune europea dell’energia);
19-21 marzo: Conferenza a Milano su Trasporto e Ambiente: “Una sfida per l’Europa e
il mondo”;
21-24 marzo: Quinta conferenza a Siviglia
sullo sviluppo sostenibile delle città;
25 marzo: Commemorazione del Trattato di
Roma nei vari Stati membri - Vertice europeo
straordinario a Berlino - Dichiarazione politica sul futuro dell’Europa.
Altre iniziative: Comunicazione sulla lotta
contro la cibercriminalità - Comunicazione
sullo spazio europeo della ricerca (nuovi orizzonti e prospettive)
3 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
UNICOM
A cura di Paolo Romoli
Un benvenuto
alle nuove associate
Il Consiglio Direttivo Unicom ha accolto le
domande di ammissione di due nuove Imprese alle quali diamo anche in questa sede un
caloroso benvenuto:
BLUE COMMUNICATION CONSULTING
(Giorgio Maresca)
Comunicazione di impresa a 360°
00186 Roma – Lungotevere degli Altoviti, 1
Tel. 0645435103 / 0645435319
Fax 0645435325 - www.blue-cc.it
GRUPPO ICAT (Claudio Capovilla)
Impresa di comunicazione integrata a 360°
35127 Padova (PD) - Via dell’Artigianato, 6 Tel. 0498703296 - Fax 0498703295
[email protected] - www.gruppoicat.com
L’elenco completo ed aggiornato delle Associate
Unicom è reperibile sul sito: www.unicom-mi.org
Riconoscimenti
e Premi
Segnaliamo anche in questa sede nuovi prestigiosi riconoscimenti recentemente attribuiti ad Imprese nostre associate.
EUROPEAN BEST EVENT AWARD
3° premio:
Unica (San Marino/RM)
Campagna Rimini Wellness.
GRAND PRIX PROMOTIONAL MARKETING
Argento - Cat. Business to Business:
Besanopoli (MI) - S. Pellegrino
EPICA 2006
Oro - Cat. Film:
Leo Burnett (MI/RM) - Aqualtis di Ariston
Argento - Cat. Stampa:
Leo Burnett (MI/RM) - Nintendo Ds
37° KEY AWARD
1° Premio Cat. Trasporti e Premio Speciale Kodak:
Leo Burnett (MI/RM) - Fiat Auto
EUROBEST 2006
Oro - Cat. Tv/Cinema:
Leo Burnett (MI/RM) - Aqualtis di Ariston.
Oro - Cat. Print:
Leo Burnett (MI/RM) - Nintendo Ds
4 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
Brevi di cronaca,
incontri, convegni
Strona al Grinzane Film Festival
Nel contesto della prestigiosa manifestazione che, ancora una volta è stata caratterizzata da una grande partecipazione di pubblico,
il Presidente di Unicom Lorenzo Strona è
intervenuto sul tema “Comunicare il territorio: tra cinema e letteratura”, nel contesto di
un tavola rotonda alla quale hanno partecipato anche l’Assessore al Turismo della
Regione Piemonte Giuliana Manica, il critico
cinematografico Steve della Casa e Stefania
Belmondo, campionessa olimpica e testimonial della Regione per le attività sportive.
La trascrizione dell’intervento di Strona, particolarmente apprezzato, è riportato a pag.8
di questo numero de “L’Impresa di Comunicazione”.
Il Corso Media del Centro Studi Unicom
Ha avuto luogo dal 7 al 9 Novembre a Milano la sesta edizione del Corso Media di Base
organizzato dal Centro Studi Unicom in collaborazione con Media Consultants, riservato a collaboratori e titolari delle imprese
aderenti all’Associazione.
Il ripetersi del corso per sei anni consecutivi è
la dimostrazione più evidente della sua utilità e dell’apprezzamento - molto alto anche esplicitamente confermato da tutti i
partecipanti nella rilevazione della customer
satisfaction.
Seguirà nei prossimi mesi - come in tutte le
edizioni precedenti - la sesta edizione di un
Corso Media Avanzato cui possono intervenire partecipanti e non al precedente Corso
di Base.
Il Road-show di presentazione
della Ricerca Unicom sui Prodotti tipici
La Ricerca “La Comunicazione dei Prodotti
Tipici in Italia” commissionata da Unicom e
Unioncamere continua a riscuotere crescente
interesse presso gli operatori del settore
agroalimentare d’eccellenza e della comunicazione.
Per questo Unicom ha predisposto un vero e
proprio roadshow presso le Camere di
Commercio e le sedi delle Amministrazioni
dei comprensori più interessati a valorizzare
il proprio patrimonio di prodotti tipici.
Dopo la prima presentazione avvenuta a
Milano il 12 Giugno 2006 con la partecipazione del Presidente Unicom Lorenzo Strona
e del Presidente di Unioncamere Carlo
Sangalli, nonché le successive presentazioni
effettuate a Pescara (3.10), a Cuneo (6.10), a
Latina (19.10), a Rimini (21.10) ed a Treviso
(9.11).
Ulteriori presentazioni si sono svolte:
A Modena il 24 novembre in occasione dell’inaugurazione della manifestazione “La
Buona Tavola”, con la pertecipazione del
Presidente di Unicom Lorenzo Strona e di
Donatella Consolandi, Responsabile del Centro Studi Unicom, di Stefano Prampolini, Assessore Attività Economiche del Comune di
Modena, di Graziano Poggioli Assessore provinciale all’Agricoltura e Alimentazione, di
Alberto Mantovani, Presidente della Camera
di Commercio, di Mauro Martini, Presidente
Terziario Servizi Ascom, nonché titolare della
nostra Associata Tris e di Tiziana Palmieri, Responsabile Business Unit Mail di Poste Italiane.
A Frosinone il 28 novembre presso la Sede
della Camera di Commercio, con la partecipazione del Vicepresidente Unicom Giorgio Bonifazi, del consigliere Biagio Vanacore, di
Francesco De Angelis, Assessore alla Piccola e
Media Impresa, di Daniela Valentini, Assessore all’Agricoltura della Regione Lazio, di
Mario Popolla, Segretario Generale CCIAA
Frosinone.
A Imperia il 7dicembre presso la locale Camera di Commercio, con la partecipazione di
Giovanni Danio Presidente CCIAA di Imperia,
di Giancarlo Cassini, Assessore all’Agricoltura
Regione Liguria, di Gianni Giuliano Presidente
della Provincia di Imperia, di Lorenzo Strona e
Alessandro Colesanti, rispettivamente Presidente e Vicepresidente di Unicom.
Su Rai Educational il 30 Ottobre
Rossella Tosto, Vicepresidente di DataContact,
l’Istituto associato Unicom che ha condotto la
ricerca, ha commentato i dati salienti della
ricerca partecipando al Talk Show sui “Sapori
della Terra” trasmesso venerdì 30 Ottobre su
Rai Educational.
Su Rai2 il 19 Novembre
La ricerca sui Prodotti Tipici è stata presentata, su iniziativa ed a cura della redazione del
programma (segno evidente dell’interesse
suscitato dalla ricerca), anche su Raidue nel
programma Eat Parade di Domenica 19.11
alle ore 18.45 (2 milioni e 100.000 spettatori),
con replica Martedì 21.11 alle ore 10.
SCENARI
Finanziaria 2007.
Poche luci,
molte ombre.
Il Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli
fa il punto sulla Legge Finanziaria e sui risultati
dell’azione della Confederazione volta a mitigarne
gli aspetti più punitivi per le imprese del terziario.
Carlo Sangalli - Presidente di Confcommercio
E’ giunto il momento del bilancio finale sulla
Finanziaria. Un bilancio dei contenuti della
manovra, ma soprattutto dei risultati della nostra azione di mobilitazione, di protesta e di
proposta.
E il nostro giudizio complessivo, che avevamo
riassunto nella formula “Una finanziaria da
cancellare”, slogan della manifestazione del
14 novembre scorso, è rimasto immutato. Per
due grossi errori di fondo.
Il primo è di metodo, perché ci troviamo di
fronte ad una manovra profondamente segnata da un deficit di confronto con le rappresentanze dell’impresa diffusa e dell’economia reale del Paese e viziata da una concertazione miope con sindacati e Confindustria.
Ora, non intendo certamente mettere in dubbio l’importanza e la rappresentatività degli
uni e dell’altra, ma l’esclusione di realtà importanti, come la nostra, è sempre sbagliata.
E si è visto, invece, con la firma del protocollo
sugli studi di settore che una maggiore apertura e un cambiamento nel metodo della trattativa ha portato in breve a buoni risultati.
Il secondo errore riguarda il merito: si tratta di
una manovra di 35 miliardi di euro che, nonostante i circa 20 miliardi di euro formalmente
stanziati per sostenere lo sviluppo, si affida
alla logica del ricorso alle entrate aggiuntive,
alle maggiori tasse, all’aumento della pressione fiscale e contributiva piuttosto che sui risparmi di spesa. Con il risultato, alla fine, di
penalizzare in particolare il lavoro autonomo
ed il terziario. Per questo, assumono oggi
ancora maggior valore le tante iniziative sviluppate a livello territoriale e di settore per
far valere le buone ragioni delle imprese dei
servizi. E per questo, sento il dovere di ringraziare tutto il nostro sistema organizzativo ed
associativo per l’impegno messo in campo in
questi mesi. Un impegno
forte per tutelare e promuovere gli interessi delle
imprese e degli imprenditori che rappresentiamo,
facendoli coniugare con
un’analisi ed una proposta
capace di interpretare anche gli interessi generali
del Paese.
E facendo un rapido “excursus” sui frutti di questa
azione, che nel loro complesso hanno contribuito a
ridisegnare il profilo generale della manovra finanziaria ora meno “disattento” e più rispettoso nei
confronti delle nostre imprese, vorrei innanzitutto
segnalare il “ravvedimento” del Governo su alcune
impostazioni
originarie
della finanziaria: la cancellazione dell’ipotesi di reintrodurre la tassa di soggiorno, l’esclusione dal conferi-
mento all’INPS dei flussi maturandi del Tfr
inoptato almeno per le aziende fino a 49
addetti, la gradualità dell’aumento della contribuzione per gli apprendisti per le aziende
fino a 9 addetti o lo scampato aumento fino
al 300% dei canoni demaniali, l’applicazione
anche al terziario delle misure di riduzione del
cuneo fiscale e contributivo, sia pure con il
limite strutturale del loro riferimento ai soli
rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
Sugli studi di settore ho già evidenziato come
il nuovo Protocollo d’intesa in materia ne
abbia confermato il carattere di esperienza
partecipata dalle categorie economiche, ma è
stato anche rafforzato il principio della selettività degli studi, cioè la loro capacità di leggere in maniera diversificata, anche a livello
territoriale, l’andamento dei costi e dei ricavi
dell’attività d’impresa, evitando così di trasformare questo strumento in una sorta di minimum tax.
Ancora, è stato mitigato l’apparato sanzionatorio rafforzando, parallelamente, le garanzie
per i contribuenti congrui e coerenti e tutelando il contraddittorio tra il contribuente e
l’amministrazione finanziaria. Sempre in materia fiscale sono stati raggiunti altri importanti risultati come il collegamento tra il passaggio alla trasmissione telematica dei corrispettivi e la caduta della valenza fiscale dello
scontrino, la franchigia fino a 5 metri quadri
per la tassa sulle insegne, il blocco, per il 2007,
del passaggio da tassa a tariffa in materia di
gestione dei rifiuti urbani.
Alcune misure in materia di incentivi e accesso
al credito interessano poi i nostri settori: lo
stanziamento di 144 milioni di euro per la riqualificazione delle strutture alberghiere, la
dotazione di 110 milioni di euro per il Fondo
nazionale di cofinanziamento degli interventi
regionali per il commercio e per il turismo, il
rifinanziamento per un importo pari a 70
milioni dei fondi di garanzia delle società finanziarie promosse dai consorzi fidi.
Ecco, ho cercato di tracciare un rapido quadro
delle “luci” e delle “ombre” della manovra
finanziaria, evidenziando gli aspetti più significativi per i nostri settori di rappresentanza.
E se le “ombre” – tra le quali non possiamo
dimenticare l’immotivato aumento dei contributi previdenziali per gli iscritti alla gestione
commercio presso l’INPS - superano ampiamente le “luci”, queste ultime meritano un’attenzione particolare proprio perché sono il
risultato dell’azione sviluppata dal sistema
confederale, ad ogni livello ed in ogni ruolo.
Secondo quella logica di squadra e di rendicontabilità dell’azione politico-sindacale, che
abbiamo tutti posto al centro di una rinnovata stagione della Confederazione e che abbiamo costantemente cercato di praticare nel
corso dell’anno appena chiuso, un anno difficile e, insieme, straordinario.
Carlo Sangalli
Presidente Confcommercio
5 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
IL MESTIERE DI COMUNICARE
U.S.P.
Un concetto attuale
o roba da buttare?
Unique Selling Proposition: un concetto nato
alla fine degli anni ’40 e ancora sulla bocca
di molti pubblicitari. Ma siamo sicuri che sia ancora utile
o che invece si tratti di un’idea fortunata per quei tempi
ma scarsamente utilizzabile ai giorni nostri?
Lo U.S.P. o Unique Selling Proposition (unica
proposizione di vendita) fu concepito da Rosser Reeves e fece la fortuna dell’agenzia Ted
Bates, della quale Reeves era uno dei soci. Il
concetto fu poi ripreso da numerose agenzie.
Il libro nel quale Reeves descrisse lo U.S.P.,
“Reality in Advertising”, uscito nel 1961, fu
un best seller dell’epoca e venne tradotto in
numerose lingue. La Etas Kompass nel 1963
pubblicò la prima edizione italiana.
Cinque anni prima Einaudi, editore sensibile
ai nuovi fenomeni sociali che nascevano al di
là dell’Oceano, pubblicò quello che può essere considerato l’antenato del “No Logo” di
Naomi Klein, quel “I persuasori occulti” di
Vance Packard, che creò il mito del pubblicitario creatore di falsi miti (mi si perdoni il bisticcio di parole).
La seconda edizione italiana del libro di
Reeves nacque per i tipi di Lupetti, ma con un
titolo estremamente deviante: “I miti di
Madison Avenue”. Madison Avenue, per chi
non lo sapesse, è la strada di New York famosa per la concentrazione di agenzie pubblicitarie.
Lo U.S.P. nacque in una di quelle agenzie,
proprio come il concetto di brand image
trovò nello stesso periodo il suo artefice in
un’altra (Ogilvy&Mather), o come, pochi anni
dopo, la DDB, sotto la direzione creativa di
Bill Bernbach, rivoluzionò il modo di fare
pubblicità. Il titolo dell’edizione tedesca del
libro “Werbung ohne Mythos” (pubblicità
senza miti) è invece molto vicino a quello che
Reeves esprimeva.
Esistono infatti due correnti di pensiero dicotomiche sulla pubblicità: c’è chi la ritiene una
scienza e chi la considera un’arte.
Reeves fu un deciso sostenitore della prima,
mentre Bill Bernbach, si dichiarò palesemente a favore della seconda in una sua frase più
volte citata: “Vi diffido dal pensare che la
pubblicità sia una scienza” .
Ma torniamo allo U.S.P. Cosa scriveva Reeves
a proposito?
1. Ogni avviso pubblicitario deve offrire qualcosa al consumatore. Non soltanto parole,
non soltanto lodi esagerate sul prodotto,
non una semplice pubblicità da vetrina.
Ogni avviso deve dire al lettore: “Compera
questo prodotto e otterrai questo specifico
vantaggio``.
2. L’offerta deve essere tale che la concorrenza non proponga o non possa proporne al
consumatore una uguale. Deve essere
esclusiva: vale a dire deve trattarsi di una
singolarità del prodotto, o di un’affermazione che non venga altrimenti usata
nella pubblicità, in quel particolare campo.
3. L’offerta deve essere così forte da far muovere la massa. Vale a dire, deve attirare al
vostro prodotto nuovi consumatori.
Prima osservazione: quando l’autore formulò
il suo pensiero l’offerta di prodotti era molto
più limitata rispetto ai giorni nostri. E le differenze tra un prodotto e l’altro erano più
marcate. Oggi è difficile essere realmente
innovativi, non perché non sia possibile esserlo, ma perché la tecnologia permette di
copiare quello che produce un concorrente
con grande rapidità, magari apportando
anche dei miglioramenti. Ed anche i positioning e perfino i trattamenti creativi si riescono a copiare, quando addirittura non si
risponde ad una provocazione diretta con
un’altra, ispirata alla campagna del concorrente (vedi alcuni spot della telefonia).
sarebbero fatto dello U.S.P. i creativi che hanno ideato la serie di spot dei sigari Hamlet, o
quelli dello spot 1984 della Apple? Dov’è lo
U.S.P. in queste e altre formidabili campagne?
Lo U.S.P. lo possiedono in realtà ben poche
marche. Uno dei rari esempi che mi viene in
mente è quello di Ideal Standard: è l’unica
azienda che, in Italia, offra tutte le tipologie
di prodotto che servono a costruire un
bagno. Non c’è nessun altro che produca sanitari, rubinetti, accessori, vasche e box doccia. Se non è un U.S.P. questo… Il fatto che
poi l’azienda non lo utilizzi è una sua libera
scelta e probabilmente non è neppure un
caso.
Un altro esempio è Melinda, pubblicizzata
come l’unica mela D.O.P. Peccato (per lei) che
anche la mela della Valtellina e quella dell’Alto Adige stiano per avere lo stesso riconoscimento. Potrà sempre dire d’essere stata
la prima ad ottenerlo, ma si tratterebbe di un
messaggio di ben altro valore rispetto a quello attuale.
L’acqua minerale Norda afferma la sua superiorità perché nasce ad un’altezza superiore
rispetto a quella di tutti i concorrenti (payoff:
“Così in alto nessuna!”).
Non so quanto questo sia un vantaggio concreto per i consumatori, ma probabilmente
verrà percepito come una garanzia di maggiore purezza e sicuramente sposa i primi
due principi enunciati da Reeves per poter
essere considerato uno U.S.P.
Il problema è che ancor oggi molti addetti ai
lavori del Belpaese confondono lo U.S.P. con
il main benefit o la main promise o come
preferite chiamarlo. E quindi, secondo loro,
per un biscotto qualsiasi lo U.S.P. potrebbe
essere la bontà e per un dentifricio il fatto
che renda un sorriso smagliante. Cose che
possono promettere tutti e che quindi non
costituiscono nulla di esclusivo.
Ideal Standard, Melinda e Norda possiedono,
almeno al momento, un reale U.S.P.
Ma, naturalmente, sono delle eccezioni. Negli altri casi, quando sento parlare di U.S.P.,
tolgo la sicura al mio revolver.
Emanuele Gabardi
[email protected]
Seconda osservazione: il concetto di prodotto è sostanzialmente superato. Oggi si parla
di marche. E si parla di emotional branding.
Le marche comunicano con linguaggi e codici sempre meno legati alla razionalità che le
imbavaglierebbe, impedendo loro di creare
quel rapporto simbiotico sempre più necessario tra marca e consumatore.
Terza osservazione: utilizzando lo U.S.P. la
maggior parte delle migliori campagne pubblicitarie non sarebbe mai nata. Cosa se ne
7 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
IL MESTIERE DI COMUNICARE
Comunicare
il territorio.
Tra cinema
e letteratura
Nell’ambito del Grinzane Film Festival, si è svolta
una tavola rotonda sul tema: “Comunicare il territorio.
Le opportunità offerte da cinema e letteratura”
alla quale ha partecipato il Presidente di Unicom.
Riportiamo la trascrizione del suo intervento.
Il termine "comunicazione" è oggi uno dei
più abusati. Tutto è comunicazione. Ragion
per cui - per evitare fraintendimenti nell'affrontare il tema proposto - mi sforzerò di utilizzare quest'espressione intendendo esclusivamente la comunicazione finalizzata a conseguire uno scopo, a sollecitare un comportamento conseguente, come avviene, ad esempio, nella comunicazione pubblicitaria,
che trova la sua motivazione nel promuovere
la vendita di un prodotto, o nella comunicazione politica che si propone di acquisire
un consenso che si traduca in una scelta di
campo o in un voto, lasciando da parte quelle modalità di comunicazione - quali, ad
esempio, l'informazione veicolata tramite i
media - che esauriscono la loro funzione nel
trasferimento di una notizia, di un concetto,
di un pensiero, per dirla con Valclavitz, dall'emittente al ricevente.
Quando ci si trova alle prese con la necessità
di attribuire, notorietà, credibilità o appetibilità ad un prodotto, di regola si procede
secondo un percorso definito da alcuni passaggi obbligati: dobbiamo innanzitutto individuare il punto di forza del prodotto stesso,
in termini tecnici la cosiddetta "reason why",
cioè la motivazione in grado di indurre il potenziale utente a scegliere proprio quel prodotto. Dobbiamo quindi definire il profilo
dell'utente tipo (inutile tentare di vendere
frigoriferi agli eschimesi), per passare poi a
scegliere i mezzi e le modalità espressive più
adeguate, ad esempio un linguaggio compatibile con il profilo culturale di quello che
riteniamo di aver individuato come nostro
target di riferimento.
Il territorio. Un “prodotto” atipico
Tutto questo, tuttavia, non è necessariamente sempre vero quando parliamo di co-
8 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
municazione del territorio. Se infatti assumessimo come riferimento il territorio piemontese, ci troveremmo al cospetto non di
uno, ma di un numero imprecisato, e certamente rilevante, di punti di forza e - di conseguenza - ad una vasta gamma di profili di
utenti potenziali. Avremo quindi la necessità
di adottare linguaggi diversi, oltre naturalmente ad un mix articolato di mezzi di comunicazione.
Potremmo quindi affermare che la comunicazione del territorio si configura come un
problema "complesso" - nel senso epistemologico del termine - cioè un problema che
può essere affrontato solo con un approccio
di carattere multidisciplinare.
E questa affermazione, di per sé, costituisce
una prima risposta al quesito dal quale si
origina l’evento odierno: a mio avviso cinema e letteratura possono avere un ruolo non
secondario o, in taluni casi, addirittura fondamentale, nel processo di comunicazione
del territorio.
Se volessimo infatti fare riferimento, invece
che all'esempio del Piemonte - che propone
una vastissima gamma di eccellenze, tutte
quante in grado di costituire una reason why
efficace - a territori che propongono come
esclusivo punto di forza la suggestione del
paesaggio, allora addirittura potremmo sostenere che il cinema sarebbe in grado di assolvere pressochè esaustivamente alla funzione di mezzo portante di una comunicazione efficace.
Gli esempi certamente non mancano. Quanti
turisti, provenienti dai più remoti angoli del
mondo, visitano annualmente la Monument
Valley in Arizona, nonostante che, a mia conoscenza, la comunità dei Navajos non abbia
mai promosso iniziative di comunicazione o
campagne pubblicitarie? Chi visita quei luo-
ghi arriva a destinazione avendo negli occhi
le indimenticabili immagini del cinema di
John Ford e dei suoi innumerevoli epigoni.
Un altro esempio. La città di Matera, è un
luogo straordinario, che ha sempre beneficiato di un discreto flusso di turisti attratti da
una molteplicità di motivi di interesse. Ma il
turismo di massa, soprattutto di provenienza
americana, l'ha presa d'assalto, colpito e suggestionato dalle immagini proposte da "La
Passione di Cristo" di Mel Gibson.
La letteratura.
Suggestioni profonde
che lasciano il segno
Un discorso analogo, ma per alcuni versi differente, vale per la letteratura. Quale motivazione spingeva, nell'ottocento, i giovani aristocratici ed i rampolli delle ricche famiglie
borghesi inglesi e mitteleuropee, a completare il proprio percorso formativo effettuando il cosiddetto "grand tour" in Italia, se non
la suggestione indotta dalla lettura di
Stendhal, di Goethe, di Byron e dei molti altri
scrittori che nelle loro pagine hanno testimoniato la loro ammirazione ed il loro rapimento al cospetto delle bellezze d'Italia?
Ma ho fatto cenno ad una differenza tra le
due modalità espressive: io ritengo infatti
che, mentre il cinema coinvolge e convince
soprattutto quando propone immagini suggestive, la letteratura riesce a conquistare e
ad appassionare anche quando non concede
nulla all'oleografia.
Dico questo rifacendomi ad una mia personale e diretta esperienza. Quarant'anni orsono - avevo diciott'anni allora - scoprivo, nelle
pagine di Pavese, Fenoglio, Nuto Revelli,
quello straordinario territorio che è la Langa.
Eppure nelle pagine della "Malora", de "La
luna e i falò" o del "Mondo dei vinti", si rappresentava una realtà dura di quotidiana sofferenza, si descriveva una terra matrigna più
che madre amorevole, si evocava un ambiente in cui la "fatica di vivere" era realtà diffusa. Ma, ciononostante, quelle letture mi indussero allora a visitare quelle terre. Ed il visitarle me ne fece innamorare ed è un innamoramento che dura tutt'ora.
Cinema, letteratura
e talento creativo
Voglio portare un ultimo esempio, ad ulteriore sostegno della tesi dell'importanza
del ruolo di cinema e letteratura nella promozione e nella valorizzazione del territorio.
In questa terra, che è la mia terra, voglio ricordare un personaggio caro a tutti i piemontesi, del quale in questi giorni si commemora il centenario della nascita: l'indimenticabile Mario Soldati, letterato e uomo
di cinema.
Nel lontano '57, affrontando il titanico impegno di comunicare il territorio e le sue valenze, con mezzi approssimativi, se raf-
frontati a quelli di oggi (come ricorda Bruno
Gambarotta nel breve saggio introduttivo al
volume "Amori Miei", che nelle scorse settimane La Stampa ha voluto dedicare al suo
grande ed indimenticato collaboratore), Soldati, non si limitò ad inventare uno straordinario format di comunicazione, ma mise in
campo, oltre al talento ed alla cultura tecnica di uomo di cinema e di letteratura, qualcosa di più.
Quel "Viaggio lungo il corso del Po, alla ricerca dei cibi genuini", del quale ho avuto la
fortuna di rivedere qualche tempo fa un paio
di puntate, riproposte da un canale satellitare RAI, mostra chiaramente che il talento
creativo e la grande passione per il proprio
lavoro e per una terra che amava, furono i
presupposti dai quali scaturì un vero e proprio capolavoro ed un'esemplare operazione
di promozione del territorio.
Con qualcosa in più: mi sono chiesto infatti
quali ragioni indussero l'autore a scegliere
quel titolo. Perchè mai Soldati volle parlare
di "cibi genuini", in tempi in cui le sofisticazioni alimentari non avevano ancora fatto
la loro comparsa, il vino al metanolo era di là
da venire e la genuinità dei cibi era fuori discussione?
Io suppongo - ma si tratta di una mia illazione - che la scelta di usare quell'aggettivo
fosse volta a nobilitare l'atto del cibarsi, del
nutrirsi, ma al tempo stesso a non offendere
la sensibilità dei molti che in quegli anni, in
Italia, avevano il problema di alimentarsi a
sufficienza, piuttosto che velleità di andare
alla ricerca di raffinatezze e prelibatezze da
gourmet.
Comunicare con la mente
e con il cuore
Dico questo per sostenere che il mestiere di
comunicatore non si concilia con la superficialità o l'approssimazione, ma deve muovere da solide basi di cultura e conoscenza ed
alimentarsi di passione e senso di responsabilità, soprattutto in un momento come questo, in cui il consumatore/utente modifica
sensibilmente i suoi comportamenti, diventando sempre più attento e consapevole, ed
il consumo stesso tende ad assumere sempre
più i connotati dell’esperienza cognitiva.
Anche per questo il cinema e la letteratura
possono costituire elementi fondamentali di
una comunicazione del territorio efficace e
non effimera: poiché queste modalità espressive sono il frutto di atti creativi che si originano da un moto dell'anima al quale non
possono mai essere estranee pulsioni profonde, quali la passione, l'entusiasmo o, talvolta, perfino l'amore.
Lorenzo Strona
Stresa - 4/12/2006
9 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
FORMAZIONE
Investire
sul capitale umano
per migliorare
la competitività
Una gestione strategica delle risorse umane
è la chiave di vantaggio competitivo per un’organizzazione.
Per questo, occorre dare maggiore spazio
ai servizi volti all’evoluzione personale dei collaboratori.
Negli ultimi anni si è assistito ad un significativo sviluppo dei servizi rivolti all'evoluzione personale. La formazione tradizionale ha lasciato spazio a nuove soluzioni specialistiche e orientate ad un approccio individuale nei confronti dei destinatari.
Le organizzazioni moderne manifestano bisogni assai complessi, spostando l'attenzione dall’area comportamentale a quella soggettiva dell'esperienza lavorativa e delle dinamiche che riguardano le organizzazioni.
I primi a porre l’accento sul legame tra vantaggio competitivo e capitale umano sono
stati Porter (1980) e Pfeffer (1998), che
hanno portato l’attenzione sulle risorse immateriali di un’organizzazione, prima fra
tutte l’individuo portatore di conoscenza
ed espressione delle sue competenze, delle
sue attitudini e dei suoi valori.
Alla luce di queste nuove prospettive la
funzione Risorse Umane ha acquisito un
orientamento spiccatamente strategico,
concentrandosi maggiormente sull’allineamento tra competenze, motivazione e
aspettative dell’organizzazione, piuttosto
che sugli elementi tradizionali amministrativi e gestionali.
Il capitale umano e quello intellettuale
sono oramai considerati una risorsa critica
al pari di quelle tecnologiche, economiche
e finanziarie, poiché sono i primi, capitale
“intangibile”, che più di ogni altro generano competitività, consentendo alle organizzazioni moderne l’adeguamento alle evoluzioni del mercato.
Recruitment e Selezione
Il recruitment (la ricerca e dell’attrazione
dei candidati) e la selezione (l’analisi, la valutazione e l’individuazione della persona
più adatta a ricoprire un determinato
ruolo) sono i momenti fondamentali per la
ricerca e l’inserimento dei talenti.
Assicurarsi risorse qualificate e coerenti con
gli obiettivi di lungo periodo dell’organizzazione è strategico per la composizione di
un team.
Oggi proprio chi si occupa di selezione concentra il proprio lavoro sui talenti, ricercando quelle risorse che possano esprimere nel
tempo le maggiori potenzialità.
Le caratteristiche distintive dei talenti si
possono riassumere in
- innovatività,
- imprenditorialità,
- passione,
- leaderschip;
- desiderio di affermazione.
Formazione continua
Affinché i nuovi assunti e i collaboratori all’interno delle organizzazioni moderne
mantengono i requisiti di competenza, motivazione e allineamento con le aspettative
dell’organizzazione, occorre che essi siano
coinvolti nei processi di formazione.
Questa si deve inevitabilmente tradurre in
attività continuativa sulla quale costruire
gli obiettivi dei singoli (individuali o organizzativi che siano) e le strategie per il loro
raggiungimento; essa viene pianificata secondo gli obiettivi aziendali, i target sottoposti a formazione e i bisogni di questi.
Il fabbisogno può essere suddiviso in
- comportamenti organizzativi,
- identità di ruolo,
- competenze specifiche.
Nel primo caso si parla di
- definizione e sviluppo delle competenze
chiave,
- esigenza di apprendimento continuo,
-enfasi sulle abilità comportamentali,
-velocità di reazione.
In contesti organizzativi sfidanti come quelli attuali, i bisogni individuali legati all’identità di ruolo possono essere riassunti in
- sviluppo dell’autoconsapevolezza,
- revisione dei propri schemi predittivi,
- ricerca di relazione d'aiuto.
10 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
Francesco Ferro - [email protected]
Le competenze specifiche costituicono l’aspetto più comunemente curato da un’organizzazione e che le permettono di avere
a disposizione professionisti altamente
competenti e qualificati, costantemente
aggiornati, in grado di adempiere alle proprie funzioni in modo efficace.
Modalità d’intervento
Le modalità di intervento, siano esse di
carattere formativo o attraverso l’approccio
one-to-one (coaching, tutoring, mentoring)
si fondano sulla convinzione che sulla prestazione lavorativa non agiscano soltanto le
motivazioni estrinseche (retribuzione e carriera), ma anche motivazioni intrinseche: in
particolare la soddisfazione derivante da se
stessi, dall’affermazione dei propri valori,
dal contenuto del proprio lavoro, dall'ambiente professionale e dalle relazioni che si
sviluppano in esso e che, per contro, le problematiche irrisolte degli individui tendano
di fatto a ripercuotersi negativamente sulle
loro prestazioni.
Il presupposto di fondo è che l'individuo sia
messo in condizione di attivare pienamente
le proprie risorse, potenzialmente disponibili, ma non sempre adeguatamente utilizzate, per poter contribuire allo sviluppo
dell’impresa.
Training e Coaching
Due dei più efficaci strumenti per l’evoluzione personale delle risorse umane di una
organizzazione sono il training ed il coaching.
Il training è volto al miglioramento delle
abilità connesse ad una performance in relazione ad un ruolo (ad esempio Il venditore e le sue abilità di vendere).
Esso procede per obiettivi misurabili e riferiti ad aspetti tangibili delle risorse umane (
Il fatturato, l’incremento dei volumi di produzione di un prodotto) o intangibili (capacità di leadership, creatività, abilità di problem solving, negoziazione,…).
Secondo questa disciplina, il saper fare è
strettamente connesso al "saper essere",
metafora relativa alla scoperta di sé e in
comportamenti in linea con i propri valori e
le proprie convinzioni.
La frase guida del formatore è: "È meglio
insegnare a pescare che regalare un pesce".
Il coaching invece è una forma di consulenza in cui l’allievo viene aiutato a raggiungere l’allineamento e l’eccellenza in una
performance.
In questo caso non si trratta di semplice
apprendimento, ma di imparare ad imparare, su un piano specificatamente evolutivo.
Partendo da
- la storia della persona come fonte di tutti
gli apprendimenti,
Unicom.
La formazione è strategica
La competitività di un’impresa passa
attraverso la sua capacità di aggiornasrsi e di proporre un servizio innovativo ed efficace ai propri clienti.
Questo è vero soprattutto per coloroche, come noi, consulenti di comunicazione, sono chiamati a dare un valore aggiunto alle organizzazioni
partner.
Per questo stiamo lavorando per fare
in modo che Unicom diventi un punto di riferimento per l’aggiornamento professionale delle imprese associate e che la formazione diventi uno
dei suoi punti di forza.
In particolare vogliamo intendere la
formazione in due diverse accezioni,
tecnico-specialistica o transcontestuale.
• La formazione tecnico specialistica è connessa con la specializzazione nelle aree di servizio direttamente rivolte ai clienti finali delle agenzie associate. L’area, al momento
coordinata in collaborazione con
altre associazioni di categoria del
settore (ad esempio TP) potrà essere
performata sui bisogni dei soci. Si
definiranno opportunità di formazione anche attraverso la partnership con altre associazioni del setto-
re, con il mondo accademico e con
enti di formazione professionale
qualificati (nazionali o locali).
Le attività di formazione saranno
presentate sotto forma di seminar
tematici, di incontri con professionisti/docenti e anche attraverso piattaforme di e-learning.
• Nell’offerta formativa dell’associazione faremo spazio anche alla formazione transcontestuale, ossia
quella connessa con l’erogazione di
formazione per lo sviluppo di abilità
“trasversali” necessarie ad imprenditori e collaboratori per “essere”
sempre più competitivi.
• Per lo sviluppo del patrimonio legato alla nostra professione, daremo
vita anche ad un laboratorio delle
conoscenze. All’area classica della
formazione si potrebbe affiancare
uno “spazio” in cui sviluppare le
conoscenze “portanti” delle nostre
attività. Il laboratorio potrà avere
molteplici declinazioni (ricerche tematiche, seminari, etc..) e costituirà
un ponte di collegamento con il
mondo accademico finalizzato ad
una maggiore cooperazione con il
mondo del lavoro.
- il futuro come orientamento e guida,
- il qui ed ora come territorio nel quale si operano le scelte.
inoltre è un presupposto fondamentale per
la soddisfazione dei clienti dell’organizzazione stessa.
L’individuo agisce sui propri schemi mentali
(core patterns) che influenzano i propri
comportamenti, modellanddoli in funzione
degli obiettivi che si vogliono raggiungere.
La frase guida del Coach è: "è fondamentale trasformare chi sa pescare nell’essere un
bravo pescatore".
In sintesi, si può affermare che per valorizzare appieno le risorse umane, le leve più
efficaci sono:
- comunicazione,
- motivazione,
- formazione,
- coinvolgimento.
La soddisfazione interna
Attraverso la formazione continua in azienda si ha la possibilità di presidiare le aree
connesse all’allinemento con la mission ed i
valori aziendali e di investire sull’evoluzione delle risorse umane per migliorare le
performance aziendali.
L’accrescimento della soddisfazione interna
Nell’ottica di un servizio volto all’eccellenza
ed orientato al cliente, la soddisfazione
interna del proprio team genera di conseguenza la fidelizzazione dei clienti attraverso la centralità espressa dall’uomo che
produce il servizio.
Francesco Ferro
11 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
RELAZIONI PUBBLICHE
Fiorella Passoni, Consigliere Assorel
ed Amministratore Delegato di Edelman,
propone alcune riflessioni sul fenomeno “blog”,
una realtà della quale professionisti e imprese
debbono tenero conto. Ogni giorno di più.
Ogni anno la prestigiosa rivista americana
Time dedica una propria copertina alla persona che “nel bene o nel male, ha maggiormente influenzato gli eventi dell’anno appena concluso”. Dal 1927, il settimanale ha raccontato le vicende del mondo attraverso i
volti di coloro che hanno indiscutibilmente
contribuito a farle occorrere. Da Gandhi a
Stalin, Churchill o De Gaulle, fino a Clinton,
Giovanni Paolo II e Giuliani, la sensazione
che si ricava è che la grande storia sia appannaggio dei grandi uomini. Questo nonostante qualche sporadica concessione a peraltro significative classi, protagoniste del secolo scorso quali i venticinquenni e le donne,
piuttosto che ad una controversa icona dei
giorni nostri: il soldato americano.
L’unica vera eccezione nella passerella di
Time risale al 1981, quando sulla prima pagina apparve a sorpresa il personal computer.
A venticinque anni di distanza, lo stesso oggetto ritorna agli onori della cronaca. Questa
volta però la sua presenza è strumentale: per
Time, l’uomo dell’anno 2006 sei tu (siamo
noi). Il riferimento è evidentemente al fenomeno dei media e dei contenuti consumer
generated; un riconoscimento tributato a
tutte quelle persone che ogni giorno, in ogni
parte del mondo, attraverso la rete condividono liberamente informazioni o capitale
intellettuale, si tratti in maniera frivola di una
foto del loro gatto, piuttosto che un drammatico filmato inedito di scene di violenza in
territorio di guerra, o la registrazione audio
di un’incredibile (ma assolutamente verosimile) telefonata ad un call center.
Nomi quali My Space, YouTube o più recentemente Second Life – oggi assai più noti, ad
esempio, di un David Ho, che in copertina ci
finì non più tardi di 10 anni fa – si sono contesi per buona parte di questo formidabile
2006 l’attenzione, oltre che di milioni di
utenti entusiasti, anche degli esperti di
12 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
comunicazione. Questi ultimi si sono divisi
fra coloro che hanno deciso pedissequamente di cavalcare la profezia autoavverante
della fine dei media tradizionali e quelli, più
obbiettivi, che hanno sentito la necessità di
ripensare il loro ruolo dei professionisti dell’informazione, delle relazioni pubbliche, del
marketing o della pubblicità in modo sincero, mettendo in discussione la tradizionale
funzione di intermediazione con il pubblico
a cui da tempo si erano comodamente abituati.
Entrambe le categorie sono alle prese un
poliedrico fenomeno, infelicemente ribattezzato Web 2.0 – come se si trattasse dell’ennesima nuova release di un software o di una
Seconda Repubblica qualsiasi – il cui vero eroe era e resta l’ormai vecchio blog.
Lo strumento che, come recita l’enciclopedia
libera Wikipedia, ha consentito che la possibilità di pubblicare dei contenuti si evolvesse
“da privilegio di pochi a diritto di tutti”.
Di questi diari personali on line il motore di
ricerca specializzato Technorati ne conta circa 60 milioni. Cercando la parola “blog” su
Google, ci si imbatte invece in un miliardo e
430 milioni di risultati. Si tratta di numeri che
non possono lasciare, volente o nolente, indifferenti. Rispondono ad un marcato desiderio di autoespressione, di condivisione, di
ricerca di dialogo che troppo a lungo è rimasto insoddisfatto da sistemi mediatici oligopolisti il cui flusso informativo scorreva monodirezionalmente senza possibilità di un’inversione di tendenza.
La sterzata ora è in atto. La nuova società
dell’informazione, finalmente democratica,
ha come riflesso un nuovo modo di comunicare da parte delle istituzioni tradizionali –
politiche, economiche, sociali.
La realtà ha dimostrato che non tutte sono
pronte ad una simile apertura: lo rivelano gli
errori, talvolta grossolani, che alcune imp-
La sfida per il comunicatore dei nostri tempi
è rappresentata dalla difficoltà di comprendere appieno il carattere simbiotico del blog,
ispirato dalla ricerca di una genuina trasparenza, e di accettare l’impossibilità tecnica di controllare il flusso d’informazione.
Tutti a bloggare, dunque, per forza e per
dovere? Certo che no. Laddove la forma
mentis è predisposta, penetrare la blogosfera in prima persona è un passo esaltante:
un consumatore che in tutta franchezza si
rivolge ad un brand sapendo di trovare
ascolto può costituire una risorsa formidabile
per un’impresa. Viceversa, in presenza di una
cultura aziendale poco orientata alla condivisione, è certamente più utile restare all’ascolto. La capitalizzazione in borsa non decuplicherà nel giro di qualche settimana, ma
certamente si eviterà il rischio di fare una
pericolosa confusione.
Astenersi dall’aprire un blog in prima persona non significa che istituzioni e aziende
possano permettersi di ignorare questo strumento. Il fatto che la blogosfera in Italia, da
Beppe Grillo in giù fino a tutta la long tail –
l’universo fatto di piccoli, eroici contributi di
sconosciuti, apparentemente ininfluenti nel
mare magnum di internet – non sia ancora
vivace così come in altri paesi non giustifica
un’ignoranza che potrebbe costare molto
caro. Ad esempio, con il montare di una crisi.
È capitato in passato che la scelta di Time
abbia colto di sorpresa i commentatori.
L’impressione è che anche questa volta tanti
addetti ai lavori siano rimasti disorientati dal
nuovo uomo dell’anno che di nome fa blog.
Fiorella Passoni, Consigliere Assorel
L’uomo dell’anno
ha fatto blog
rese di stampo conservatore hanno perpetrato di fronte ad un fenomeno che hanno percepito immediatamente come minaccioso,
tutto rischio e per nulla opportunità. Si è
dato peraltro anche il caso di numerosi tentativi di flirtare con i nuovi strumenti, naufragati a causa di una scarsa comprensione (e
forse convinzione).
SOCIAL MARKETING
Marketing sociale.
E’ solo business
o qualcosa di più?
tanto di tagliare la testa a chi si ribellava,
oggi cercano di convincerti che non sono cattivi; mi sembra un salto di qualità storico».
Un’intervista a Jacopo Fo sul valore etico
del marketing sociale, tra diritti dei consumatori
e opportunità per le imprese
R. «Questo dipende da quanto i consumatori
sono ancora creduloni, ignoranti e non hanno capito la necessità di ragionare su quello
che spendono e che in realtà sono loro stessi
a determinare la forma del mondo attraverso la spesa, ma questo è un processo storico
che è appena iniziato.
Se noi andiamo su alcuni siti come ciao.com
troviamo migliaia di consumatori che si scambiano informazioni per evitare piccole truffe
di alcune aziende.
Oggi posso fare una cosa impensabile fino a
pochi anni fa: prima di comprare ad esempio
un cellulare posso andare a vedere l’opinione
di 1000 consumatori che l’hanno acquistato
prima di me per sapere qual è il migliore,
quale funziona, quale no, che difetti hanno».
Navigando qua e la per la rete mi sono
imbattuta in questa intervista fatta a Jacopo
Fo sui diritti dei consumatori e i doveri delle
aziende, l’ho trovata molto interessante e ve
la voglio proporre integralmente.
È difficile catalogare Jacopo Fo, visti i campi
culturali nei quali è impegnato: libri, editoria, spettacoli teatrali, arte pittorica e fumettistica, sensibilizzazione sociale e chi più ne
ha più ne metta. Dire che è figlio d'arte è
oltremodo riduttivo.
D. In un tuo spettacolo su Atlantide.tv, sul
satellite, constatavi senza sarcasmo quanto
sia bella l’epoca nella quale viviamo in confronto alle epoche passate, perché, pur
essendoci evidenti problemi, secondo te l’uomo continua a cambiare progressivamente in
bene questo mondo: ci sono maggiore cultura, maggiori contatti tra le persone, eccetera.
E’ proprio così?
R. «Sì, assolutamente. Io credo che una delle
grandi idee false che paralizzano la gente è
quella di dire «va tutto male», «ma guarda
dove si è arrivati, ai miei tempi non era così».
Queste sono sensazioni che spesso non
hanno alcun costrutto: la comunicazione di
un problema non significa che quel problema sia nato in quel momento, significa che è
stato scoperto in quel momento.
Per esempio ora c’è l’orrore della pedofilia,
ma che non è che cinquant’anni fa ci fossero
meno crimini sessuali, non c’era semplicemente la percezione del crimine sessuale
come c’è oggi; andare in un postribolo negli
anni ‘40 e copulare con una ragazzina di
quattordici anni (o meno) non faceva così
scalpore e orrore come oggi.
Se noi andiamo a vedere i prezzi delle indulgenze del Medioevo il peccato di violentare
un bambino era un reato di poco conto; era
molto più grave essere strabici e andare a
fare il prete.
All’epoca dell’antica Roma non esisteva la
concezione del peccato e reato di violenza
sessuale sui bambini. Noi non ci rendiamo
conto che il concetto di “bene” è stato espresso in tempi recentissimi; prima di Bud-
14 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
dha e Gesù non esisteva quasi il concetto di
“bene” e “male”, esisteva il concetto di “vincere” e “perdere”».
D. Nel tuo sito www.jacopofo.it, proponi la
creazione di un grande portale per il mercato etico italiano. È così tangibile la maggior
voglia di eticità nella società e conseguentemente nel commercio?
R. «Le statistiche ci dicono che un italiano su
quattro negli ultimi 12 mesi non ha comprato un prodotto perché in disaccordo con politiche dell’azienda che lo ha commercializzato, però parliamo di un solo prodotto.
Io credo che oggi i consumatori in quanto
tali abbiano un potere mostruoso perché
sono il centro d’interesse delle grandi aziende; se i consumatori desiderano una cosa finisce che, se sono in numero sufficiente, la
ottengono.
Oggi le multinazionali hanno paura di non
comprendere i bisogni dei consumatori. La
riprova di ciò è una cosa poco conosciuta perché è un’operazione a lungo termine: la Coca
Cola sta investendo una grossa quantità di
denaro come operazione pubblicitaria in un
progetto in Mozambico di ricostruzione a
seguito delle inondazioni, e non è la sola
azienda che ha deciso di attuare azioni realmente interessanti per guadagnare la fiducia
del pubblico.
Bill Gates, in risposta all’attacco giudiziario
che ha subito, ha donato una cifra pari a
50.000 miliardi di vecchie Lire per azioni
umanitarie, tra le quali una sarebbe sufficiente per debellare la malattia del sonno
dall’Africa occidentale».
D. Accade però che alcune aziende cavalchino l’onda etica e si imbarchino in operazioni
ipocrite, come alcune multinazionali del
tabacco che finanziano campagne sulla lotta
al cancro... C’è questo rischio, quindi, di sfruttare l’eticità per altri scopi.
R. «Sicuramente c’è questo rischio, sicuramente c’è una certa finanza etica “furba”,
però fino al 1700 i potenti si occupavano sol-
D. Certamente, ma pubblicizzare il fatto che
una percentuale della vendita dei prodotti
andrà in beneficenza rientra nel cosiddetto
“marketing sociale”. In un certo senso però si
sfrutta la beneficenza per vendere un prodotto, provocando una sorta di “ricatto
morale” nel consumatore. Tu come la vedi?
D. Però la maggior parte dei consumatori è
realmente informata?
R. «No, io dico che per la prima volta nella
storia alcuni consumatori (non decine, milioni) sono informati.
Ci sono comunque dei consumatori che non
sono informati e che vengono costantemente buggerati. Un consumatore informato che
avesse letto qualcosa sulla finanza etica non
avrebbe mai comperato azioni Cirio, Parmalat, Enron, o investito in BOT dell’Argentina e avrebbe risparmiato la rovina dell’investimento. Oggi c’è una differenza
sostanziale tra chi ha capito o no che consumare è una cosa complicata».
D. Sempre nello spettacolo citato prima affermavi, tra il serio e il faceto, che le grandi
multinazionali, invece di investire grandi
somme di denaro nelle campagne pubblicitarie, potrebbero corrompere i signori della
guerra africani facendo cessare i massacri, e
avendo così un ritorno d’immagine enorme.
Era solo una provocazione?
R. «È una provocazione, ma parte da un fatto
concreto: la Coca Cola e Bill Gates hanno deciso di rifarsi un’immagine risolvendo realmente dei problemi drammatici nel mondo.
Se lo facessero la metà delle aziende non
avremmo più nessuno che muore di fame
ogni anno».
D. Quindi il marketing sociale è una conquista?
R. «Beh, è meglio che uno spenda dei soldi
Alla fine la Del Monte scopre che non gli
costa molto di più, perché i tassi di ricarico
nel percorso commerciale di un kg di ananas
sono tali che la materia prima se è prodotta
a colpi di mazzate e in modo criminale costa
1 Euro, se prodotta in modo umano costa 1,3
Euro. Siccome poi quel prodotto viene venduto a 50 Euro sul mercato la differenza iniziale tra il bene e il male è irrisoria, e la Del
Monte capisce benissimo che oggi può andare in giro a mostrare la qualità della vita
nelle sue piantagioni come fiore all’occhiello.
Ciò è possibile soltanto perché esiste un pubblico sensibile a questo, perché i consumatori preferiscono mangiare un ananas che non
è grondante di sangue. È una questione di
estetica e di buon gusto, ed è una novità storica».
A cura di Angela D’Amelio
L’intervista è stata raccolta da Undicom in
collaborazione con Radio Fragola.
In ogni caso pubblicizzare il fatto che una
percentuale della vendita dei prodotti andrà
in beneficenza rientra nel cosiddetto “marketing”.
Jacopo Fo
per far stare bene la gente e ne tragga pubblicità piuttosto che li spenda per sparare
contro la gente.
È quello che ha sperimentato la Del Monte,
che utilizzava dei lager in Africa per produrre ananas; la Coop spinta da Gesualdi e altri
impegnati su questo fronte ha detto alla Del
Monte che se non cambiava sistema non
acquistava più ananas da loro. Hanno istituito un sistema di controllo da parte delle
associazioni di volontariato sulla qualità
della vita delle piantagioni della Del Monte
in Africa e il risultato è che tutti i dirigenti
sono stati sostituiti, gli operai non vengono
più maltrattati, gli danno delle camere
decenti, assistenza medica, asili per i figli.
15 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
DIRITTO E COMUNICAZIONE
Tabacco
e pubblicità
La Corte di Giustizia Europea ha rigettato un’istanza
proposta dalla Repubblica Federale di Germania,
mirata a ridurre la severità delle norme riguardanti
la pubblicità dei prodotti derivati dal tabacco,
in mome della superiore esigenza
di tutelare la salute dei cittadini.
La Repubblica Federale di Germania, nel
2003, aveva presentato ricorso alla Corte di
giustizia europea chiedendo l’ annullamento
degli articoli 3 e 4 della direttiva 2003/33/CE,
in materia di pubblicità e sponsorizzazione a
favore dei prodotti del tabacco nei media
diversi dalla televisione.
A soluzione della controversia, la Corte si è
pronunciata con la recentissima sentenza del
12 dicembre 2006.
L’art. 3 della direttiva, contestato da parte
ricorrente, consente la pubblicità di tale tipologia di prodotti a mezzo stampa e mediante altre pubblicazioni stampate soltanto
nelle pubblicazioni destinate esclusivamente
ai professionisti del commercio del tabacco e
nelle pubblicazioni stampate e edite in paesi
terzi, che non siano principalmente destinate
al mercato comunitario. E’ vietata qualsiasi
altra pubblicità a mezzo stampa e mediante
altre pubblicazioni stampate.
La norma precisa altresì che ciò che è vietato
per la stampa è vietato anche per i servizi
della società dell’ informazione.
Riferimenti legislativi
- Direttiva 2003/33/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 26 maggio
2003, sul ravvicinamento delle disposizioni
legislative, regolamentari e amministrative
degli Stati membri in materia di pubblicità e
di sponsorizzazione a favore dei prodotti del
tabacco
- Sentenza della Corte di giustizia (Grande
Sezione) del 12 dicembre 2006, nella causa
C-380/03 tra Repubblica Federale di
Germania e Parlamento Europeo-Consiglio
dell’ Unione Europea
16 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
L’art. 4 della direttiva, poi, vieta la pubblicità
e la sponsorizzazione radiofonica a favore
dei prodotti del tabacco e la sponsorizzazione di programmi radiofonici da parte di
imprese, la cui principale attività sia la fabbricazione o la vendita dei prodotti del tabacco.
Il quinto considerando della direttiva di cui
sopra pone in evidenza che le attività o le
manifestazioni che producono effetti oltre le
frontiere potrebbero costituire un mezzo per
eludere le restrizioni imposte alle forme
dirette di pubblicità e che, pertanto, occorre
vietare le sponsorizzazioni dei prodotti del
tabacco con effetti transfrontalieri.
Il sesto considerando della direttiva segnala
che l’uso dei servizi della società dell’informazione, come pure le trasmissioni radiofoniche, attraggono in particolare e sono
facilmente accessibili ai giovani consumatori.
La pubblicità a favore del tabacco attraverso
entrambi tali mezzi ha la caratteristica di
superare le frontiere e deve, quindi, essere
regolamentata a livello comunitario.
Vale la pena di ricordare anche che l’art. 5
della direttiva in esame vieta la sponsorizzazione di eventi o di attività, che coinvolgano o che abbiano luogo in vari Stati membri dell’ Unione Europea o che producano in
ogni modo effetti transfrontalieri.
Il medesimo articolo vieta altresì qualsiasi
distribuzione gratuita di prodotti del tabacco
nel contesto della sponsorizzazione degli
eventi, che abbia lo scopo, anche indiretto, di
promuovere tali prodotti.
La Repubblica Federale di Germania, nel suo
ricorso alla Corte di giustizia europea, ha
sostenuto che nessuno dei divieti sanciti dagli articoli 3 e 4 della direttiva contribuirebbe
effettivamente all’eliminazione di ostacoli alla libera circolazione delle merci. Poiché il
99,9% dei prodotti del tabacco vengono venduti a livello locale e regionale, e non in più
Stati membri, il divieto generale di pubblicità
previsto dalla direttiva risponderebbe solo
marginalmente alla pretesa necessità di eliminare gli ostacoli agli scambi.
La tesi della Repubblica Federale
di Germania
Secondo la ricorrente, la stampa e le altre
pubblicazioni stampate (intendendo per tali
anche i bollettini delle associazioni locali, i
programmi delle manifestazioni culturali, i
manifesti, gli elenchi telefonici, i volantini e
gli opuscoli pubblicitari), per ragioni linguistiche, culturali e di politica editoriale, di rado costituiscono oggetto di commercio tra
gli Stati membri. Non vi sarebbe, quindi, alcun ostacolo effettivo alla circolazione intracomunitaria, poiché la stampa straniera non
sarebbe soggetta al divieto negli Stati membri in cui è vietata la pubblicità del tabacco a
mezzo stampa.
Addirittura non vi sarebbe un rapporto di
concorrenza tra le pubblicazioni locali di uno
Stato membro e quelle esistenti in altri Stati
membri, né tra i quotidiani, le riviste ed i periodici a diffusione più ampia ed i quotidiani,
le riviste ed i periodici stranieri simili.
Analogamente, la consultazione su internet
di pubblicazioni stampate provenienti da altri Stati membri risulterebbe, sempre a dire
della ricorrente, marginale e, in ogni caso,
non incontrerebbe alcun ostacolo tecnico, alla luce della libertà di accesso a tali servizi su
scala mondiale.
Un discorso non molto dissimile, secondo la
Repubblica Federale di Germania, varrebbe
anche per la pubblicità e la sponsorizzazione
radiofonica dei prodotti del tabacco, essendo
i programmi radiofonici rivolti ad un pubblico locale o regionale e non captabili all’esterno, a causa della limitata portata dei trasmettitori.
Il parere della Corte di Giustizia
Europea
La Corte di giustizia, nella sua recente pronuncia, ha rilevato che, già all’epoca dell’adozione della precedente direttiva 98/43/CE,
in seguito annullata e sostituita dalla direttiva 2003/33/CE, la pubblicità e la sponsorizzazione dei prodotti del tabacco erano oggetto di un divieto parziale in sei Stati membri, di un divieto totale in quattro e di progetti miranti ad un divieto parziale in altri
cinque.
Alla luce dell’allargamento a dieci nuovi Stati
membri, era emerso che alcuni di essi ave-
a cura di Fiammetta Malagoli - Consulente legale Unicom
vano intenzione di disporre un divieto totale,
mentre altri intendevano ammettere pubblicità e sponsorizzazioni subordinandole all’
osservanza di alcune condizioni. Il divario tra
la legislazione dei vari Stati membri, quindi,
sarebbe stato destinato addirittura ad
aumentare.
Era, pertanto, necessario l’intervento del legislatore al fine di armonizzare.
La Corte osserva che, per quanto riguarda il
mercato dei prodotti della stampa, come
quello della radio, gli scambi tra gli Stati sono importanti e destinati ad
ulteriori sviluppi anche a
causa del loro collegamento
con internet, mezzo di comunicazione transfrontaliero per
eccellenza.
I provvedimenti che vietano o
limitano la pubblicità dei
prodotti del tabacco sono
idonei, da un lato, a pregiudicare in misura maggiore l’accesso al mercato dei prodotti
della stampa provenienti da
altri Stati membri rispetto a
quelli nazionali, dall’altro tali
misure limitano la possibilità,
per le imprese stabilite negli
Stati membri in cui si applicano, di proporre agli inserzionisti, stabiliti in altri Stati membri, spazi pubblicitari nelle loro pubblicazioni, colpendo, in
tal modo, l’offerta transfrontaliera di servizi,
Tenuto, poi, conto della crescente consapevolezza da
parte del pubblico della
nocività per la salute conseguente al consumo dei prodotti del tabacco, sarebbero
sorti nuovi ostacoli agli
scambi ed alla libera
prestazione dei servizi a
causa dell’adozione di nuove
norme destinate a scoraggiare il consumo
di tali prodotti.
Il divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco sulle riviste, sui periodici e sui quotidiani,
essendo destinato ad applicarsi uniformemente a tutta la Comunità, evita che la circolazione intracomunitaria dei prodotti della
stampa venga ostacolata dalle normative
nazionali di qualsiasi Stato membro, diversamente da quanto sostenuto dalla Repubblica
Federale di Germania nel suo ricorso.
Gli Stati membri, inoltre, ai sensi dell’art. 8
della direttiva, non possono vietare e limi-
tare la libera circolazione dei prodotti o dei
servizi conformi alla stessa, con la conseguenza che nessuno Stato può impedire la
messa a disposizione degli spazi pubblicitari
nelle pubblicazioni destinate esclusivamente
ai professionisti del settore tabacco.
Secondo la Corte, pertanto, gli articoli 3 e 4
della direttiva sono diretti a migliorare le
condizioni di funzionamento del mercato interno.
Non si deve, poi, dimenticare che nell’armonizzazione realizzata tra le normative degli
Stati membri deve essere garantito un elevato livello di protezione della salute delle persone. Il principio di proporzionalità, parte
integrante dei principi generali del diritto
comunitario, esige che gli strumenti adoperati da un’istituzione comunitaria siano
idonei a realizzare lo scopo perseguito e non
vadano oltre a quanto è necessario per raggiungerlo.
La Corte di giustizia ha ritenuto che gli articoli 3 e 4 della direttiva possano essere considerati misure idonee a realizzare l’obiettivo
cui mirano. Essi non vanno oltre quanto ne-
cessario per conseguire tale obiettivo, tenuto
conto dell’obbligo per il legislatore comunitario di garantire un livello elevato di protezione della salute delle persone.
Inoltre, il legislatore comunitario non avrebbe potuto adottare, come misura meno restrittiva, un divieto di pubblicità dal quale
fossero esenti le pubblicazioni destinate ad
un mercato locale o regionale, perché un’eccezione di tale genere avrebbe conferito al
divieto di pubblicità dei prodotti del tabacco
un ambito di applicazione incerto ed aleatorio, impedendo alla direttiva
di conseguire il suo obiettivo
di armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di
pubblicità dei prodotti del
tabacco.
Il divieto di pubblicità di tali
prodotti nei servizi della società dell’informazione e nelle
trasmissioni radiofoniche non
è sproporzionato ed è giustificato dall’esigenza di evitare
l’elusione del divieto applicabile alle pubblicazioni stampate, mediante un maggior ricorso a tali due diversi mezzi di
comunicazione.
Né è condivisibile quanto sostenuto da parte ricorrente,
ossia che i divieti di cui sopra
priverebbero le imprese del
settore della stampa di consistenti introiti pubblicitari.
Il principio della libertà di
espressione è un fondamento
essenziale di una società democratica, ma è soggetto alle
limitazioni dettate da obiettivi di interesse generale, giustificate da un bisogno
sociale
imperativo
e
proporzionate al fine legittimo perseguito.
Nel caso di specie, anche se i
provvedimenti di divieto di pubblicità o di
sponsorizzazione previsti dagli articoli 3 e 4
della direttiva dovessero indebolire indirettamente la libertà di espressione, tuttavia
la libertà di espressione giornalistica non
ne rimarrebbe mutilata, dato che gli articoli
dei giornalisti non sono soggetti a tali disposizioni normative.
In considerazione di quanto sopra esposto,
la Corte di giustizia ha respinto il ricorso
presentato dalla Repubblica Federale di
Germania contro la direttiva 2003/33/CE,
considerando la stessa pienamente lecita.
17 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
CREATIVITA’
Buonaseeera
creatività...
Su queste colonne, negli scorsi numeri,
abbiamo letto pagine di botta e risposta
su uno spot del 2002.
Viene da pensare che da allora la TV
non abbia passato molto altro degno di nota.
Paolo Romoli ha sollevato un problema, che
riassumo nella domanda: “Come mai non mi
ricordo il prodotto e il messaggio ad esso
relativo di alcune campagne?”
Mi scuso con Romoli se mi permetto di depurare dal contesto la questione che ha posto e
che ha originato gli interventi di Franco
Moretti e Giorgio Tramontini.
Così facendo posso dedicarmi al tema sollecitato più dalla riflessione sull’età dello spot e
dalla nascita di una disputa che non dall’oggetto del contendere.
L’età del “Buonaseera”
Cosa c’è di più consumabile della comunicazione dei prodotti destinati ai consumatori?
Eppure, se siamo qui a parlare di uno spot di
cinque anni fa forse è perchè aveva qualcosa
in più di altri, oltre al budget che lo sosteneva.
La disputa
Possibile? Qualcuno ha qualcosa da dire o
delle eccezioni da porre? Delle negatività da
sottolineare? Incredibile, credevo di essere in
Italia, il Paese più conformista e meno laico
d’Europa e forse per questo meno brillante
d’Europa in molti campi, dalla filosofia alla
pubblicità. Chi pratica la filosofia mi scuserà
l’accostamento.
Ma torniamo al dibattito. Nessuno ha torto
(ecco la mia metà italiana che fa capolino…).
Ha ragione Romoli che però forse è legato a
certe cose che abbiamo imparato illo tempore, la reason why, il key fact, il Basic Consumer Benefit, la supporting evidence, la USP e
che è difficile scordare per chi ne ha fatto
copioso impiego.
Ma citando Saint Exupery sopravvive solo ciò
che si trasforma. Quando ho iniziato, circa un
quarto di secolo fa, nelle agenzie si studiavano i format dei commercial, lo slice of life, il
testimonial, etc.
18 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
Ma il mercato si trasforma, i prodotti, i linguaggi, i consumatori, i luoghi di acquisto, la
fruizione, i media, le influenze sono diversi
da allora e per fortuna continuano a modificarsi. Non possiamo non tenerne conto. Sta
di fatto che Romoli nel 2002 non è corso ad
acquistare una Fiat.
Ma probabilmente questo non ha modificato
i bilanci della Casa di Torino.
Vabbéh, intanto il nostro amato Direttore a
distanza di cinque anni ancora ne parla. Il
risultato mi sembra buono!
Ha ragione Moretti che ci riporta ai fatti, ai
dati. Perché non scordiamocelo, lavoriamo
per il marketing. La campagna ha prodotto
risultati e tanto basta. Ha ragione ancora di
più quando dice che bisogna esplorare vie
nuove, anche rischiando.
Ha ragione Tramontini che è sulla stessa lunghezza d’onda. Il problema non è il rispetto
dei canoni, che bisogna conoscere ma non
necessariamente rispettare e che sono la
morte della creatività, ma il raggiungimento
degli obiettivi di comunicazione nel rispetto
del destinatario. Una base del pensiero laterale è la ricerca di vie diverse per il raggiungimento di uno stesso obiettivo.
La cosa che trovo drammatica è che in questo
esercizio intellettuale si discute di roba vecchia (non me ne vogliano gli autori della
campagna “pietra dello scandalo”). Ma possibile che non ci sia altro di cui parlare?
A questo punto, innesto la mia seconda considerazione sulla nascita della disputa.
Nel nostro Paese si chiacchiera molto, ci si
compiace di più e si rischia troppo poco. Tutti
pronti a difendere la qualità della confezione delle campagne, tv, radio o stampa che
siano, ma siamo molto poco inclini a difendere la qualità dei contenuti.
Quante campagne ci ricordiamo degne di
nota per aver indagato nuovi linguaggi o per
avere impiegato in modo eccellente i lin-
guaggi noti proponendo soluzioni comunque innovative e memorabili? Poche se stiamo parlando di uno spot di cinque anni fa e
che non credo neppure gli autori possano
considerare tra i migliori mai prodotti…
Ben vengano le dispute e spero che siano
aspre se motivate da argomenti intelligenti e
finalizzati a sollecitarci sulla qualità e sull’efficacia dei nostri prodotti.
Chi non ha visto la rubrica sul sito di Lillo Perri “le campagne di cui potremmo fare a meno”? Strepitosa a meno di non esserne protagonisti. Finalmente qualcuno che dice cose
che in molti pensiamo.
Certo bisogna fare attenzione a non diventare inutilmente ingiuriosi, ma dalle critiche
nascono le riflessioni, se c’è competizione ci
sentiamo costretti a migliorare perché sappiamo che il nostro operato sarà valutato.
Troppa piaggeria, troppa accondiscendenza,
troppo rispetto dell’autorità e poco dell’autorevolezza. Ho stupito più di una volta i
miei mettendo io stesso in discussione il mio
lavoro che tutti giudicavano ottimo.
Il coraggio di innovare
Bisogna avere il coraggio di innovare, di essere insoddisfatti, di confrontarsi. Ci lamentiamo del fatto che la nostra professione stia
perdendo di appeal, che sia meno divertente.
Da quando lavoro sento gente che dice che
all’Estero sono più bravi e che non vinciamo
premi internazionali. Certo, premiamo la
normalità! Perché non abbiamo il coraggio
di non assegnare un premio? Credo che non
sia mai successo.
Qualcuno obietterà che in questo modo sviliremmo i creativi italiani, dichiarando la loro
(nostra) incapacità. A mio avviso renderemmo loro un gran servigio. Perché le campagne le concepiscono i creativi, ma i complici
sono molti! I clienti, e non solo i big spenders
non sono così ottusi da non guardare a ciò
che accade oltre le Alpi e credo siano ampiamente in grado di confrontare le nostre produzioni con quelle realizzate in Brasile, in
Francia o in Norvegia.
A questo punto qualcuno sicuramente eccepirà che il modo di essere dei Francesi e degli
Inglesi è diverso da quello degli Italiani ed è
per questo che loro non apprezzano il nostro
lavoro. Idiozie già sentite.
Una volta si parlava del mondo della comunicazione come del “Terziario Avanzato”.
Molti di noi hanno contatti quotidiani con
l’Estero, tutti noi trascorriamo ormai ore al
giorno in giro per il mondo grazie a Internet.
Se non siamo noi i primi a confrontarci con
gli altri e con noi stessi, ad essere veramente
Renato Sarli - [email protected]
curare servizio e solo servizio si diventa servi.
Ma il servizio è un prerequisito.
Diamo spazio alla creatività
e alla cultura
I clienti che ricevono solo servizio lo valutano in denaro, perché sanno bene quanto
può costare, ma non possono invece calcolare il costo del nostro lavoro intellettuale.
Ridiamo spazio alla creatività e alla cultura.
Cerchiamo di ritrovare gli aspetti nobili della
nostra professione. Discutiamo di semiologia
e di arte, di logica e di estetica, studiamo la
filosofia del linguaggio, scanniamoci sul disegno di un font, discutiamo della costruzione sintattica di una baseline, cacciamo i creativi che non vanno alle mostre, che non vanno al cinema e non leggono giornali, libri e
fumetti, cacciamo gli account che dicono:
“lascia perdere, va bene così, tanto il cliente
non capisce” e forse torneremo a vedere
buona comunicazione e su queste colonne
potremo parlare della campagna lanciata ieri e non dello spot on air cinque anni fa.
Renato Sarli
Foto: Eros Mauroner
laici e a sfidare i clienti nella ricerca di nuovi
modi di comunicare, chi può o deve farlo?
La comunicazione, che ormai è sempre
meno spot e pagine e sempre più pensiero
che si estrinseca in azioni e mezzi improbabili fino al giorno prima, ha bisogno di questo, se no, presto anche il lattoniere della Val
Brembana andrà a cercare un Conseil en
Communication a Lille o un Estudio Creativo
a Siviglia.
Credo che buona parte della colpa della perdita di valore del nostro lavoro debba essere
imputata alle nostre agenzie. A furia di assi-
19 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20/ 07
DIRECT MARKETING
Duemilasette.
La rivincita
del direct marketing
Il direct marketing ha conquistato il secondo posto
nella graduatoria dei media pubblicitari più utilizzati.
Per questo Poste Italiane, che sta investendo molto
nell’affinamento dei propri servizi in quest’area,
si prpone come il partner ideale di aziende
ed imprese di comunicazione.
Gli ultimi studi pubblicati sul futuro dei media
in Italia e in Europa, condotti dai centri di
ricerca e dalle associazioni di settore, evidenziano che i prossimi anni saranno caratterizzati da una crescente migrazione degli investimenti pubblicitari verso il Direct Marketing.
In Italia si prevede per questo settore, a chiusura del 2006, una crescita del 5% circa, con una quota di circa il 21% del totale speso in comunicazione.
Il Direct Marketing si colloca pertanto al secondo posto, subito dopo la TV, quale media
più utilizzato.
Questa crescita dipende anche dall’evoluzione
delle scelte dei consumatori, sempre più ricercate ed individualiste con il conseguente distacco dai media generalisti e la progressiva
perdita di peso del canale TV, che dopo anni di
dominanza, comincia a rallentare la sua crescita.
Inoltre è sempre più forte la ricerca, da parte
delle imprese, di una comunicazione che sia in
grado di evolvere il messaggio promozionale
in un più ampio sistema di relazione diretto
ed interattivo. In questo il Direct Marketing, è
lo strumento di comunicazione ideale.
Infine la possibilità di intervenire sul cliente
giusto, al momento giusto e con il messaggio
giusto permette di allargare il portfolio clienti, incrementare il relativo valore degli acquisti e contenere il tasso di abbandono.
La sfida di Poste Italiane
Poste Italiane, si sta preparando a sostenere
questa crescita consolidando la sua esperienza
nel settore della comunicazione e ponendosi
come partner ideale per tutte le aziende che
vogliono sviluppare le proprie azioni di comunicazione per incrementare il proprio business.
Per questo, abbiamo avviato un intenso pro20 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
gramma di rilancio e riposizionamento del
medium postale, che dovrebbe consentire nel
corso del 2007 una nuova stagione del Direct
Marketing di Poste Italiane, fornendo alle imprese un sistema di relazione indispensabile
nell’epoca del marketing one to one.
Il primo passo sviluppato nel 2006 è stato di
mettere a disposizione della clientela business
e PA, grazie a servizi integrati (direct mailing,
response mail, call center, ecc.), modelli di comunicazione attentamente studiati per rispondere ad esigenze differenti e specifiche,
che consentono di dare attuazione alle proprie strategie di marketing in modo strutturato, misurabile e personalizzato, riuscendo così
a raggiungere obiettivi di efficienza e convenienza.
Inoltre per agevolare la migliore applicazione
di questi modelli, è stata potenziata la gamma
di offerta del Direct Marketing con servizi che
rispondono alle esigenze delle imprese nella
realizzazione di una campagna di mailing.
Cinque aree di intervento
Quindi Poste Italiane sta concentrando in maniera particolare le proprie attività su cinque
macro aree:
• Dati e servizi per l’indirizzamento;
• Preparazione degli invii;
• Delivery;
• Monitoraggio/Follow up:
• Pacchetti integrati per settori merceologici.
Dati e servizi per l’indirizzamento
Per quanto riguarda l’area Dati e servizi per
l’indirizzamento, molto spesso, il successo di
una campagna di Direct Mailing, è legato alla
possibilità di usufruire di data base aggiornati
con indirizzi di alta qualità e scritti in maniera
corretta, per questo motivo sono stati ideati il
cd-rom "CAP Professional", una banca dati
per le aziende che effettuano spedizioni in
grandi quantità e che necessitano di integrare
i dati nei propri database o software e Liste
Seguimi, il database dei cambi di indirizzo in
Italia, che facilita l’aggiornamento delle anagrafiche clienti e contribuisce all’ottimizzazione delle proprie campagne di direct mailing.
Preparazione degli invii
Per quanto riguarda l’area Preparazione degli
invii, per consentire alle aziende di spedire le
proprie comunicazioni senza troppi oneri, il
servizio ideale è Posta Service, con cui vengono fornite attività legate alla preparazione e
all’allestimento della corrispondenza con l’obiettivo di alleggerire l’operatività delle imprese clienti.
Delivery
Per quanto riguarda l’area Delivery, più in generale, ma sempre adattandosi alle diverse esigenze della business community in tutte le
comunicazioni mirate che abbiano l’obiettivo
di profilare il proprio target, acquisire nuovi
clienti o fidelizzare quelli attuali, la risposta
ideale è Postatarget, il prodotto di direct mailing indirizzato, dedicato a comunicazioni
personalizzate, che attraverso la scelta di package creativi ed inusuali consente di dar vita
a campagne coinvolgenti che rimangono impresse nella memoria del destinatario.
Per coloro che vogliono ottimizzare la comunicazione interna e il coinvolgimento delle
diverse entità che influiscono sui risultati del
proprio business, la soluzione ideale è Postatarget Magazine, creato per pubblicazioni interne (house organ) ed esterne (corporate magazine), a carattere pubblicitario ed informativo.
Postatarget Info è invece il servizio di direct
mailing indirizzato, dedicato a messaggi brevi
ed intensi, in formato cartolina o pieghevole,
è l’ideale per la comunicazione di saldi, promozioni ed eventi. Viste le sue caratteristiche
e la sua convenienza, risponde in modo specifico ad esigenze del settore commerciale,
studi professionali e raccolta fondi.
Le aziende che invece hanno bisogno di raggiungere, in maniera capillare e conveniente,
il proprio target in una zona geografica specifica ad alto potenziale, possono scegliere tra i
prodotti di direct mailing non indirizzato,
Promoposta ed Invii senza indirizzo, usati per
contattare clienti potenziali di cui non si conosce il nome.
Monitoraggio
Per quanto riguarda l’area Monitoraggio e
follow up, a supporto e a completamento
delle azioni di comunicazione e per fornire ai
nostri clienti tutti i mezzi necessari per far sì
che le loro campagne si traducano in casi di
successo, l’offerta Poste Italiane si compone inoltre di servizi a valore aggiunto quali:
Postareport, che fornisce al cliente la rendicontazione elettronica e le motivazioni di ciascun invio non recapitato, contribuisce oltretutto alla normalizzazione delle proprie liste.
Pacchetti integrati
Infine per quanto riguarda l’area Pacchetti
integrati per settori merceologici, per coloro
che operano nel settore turistico, è stato creato ProPostetur, il nuovo servizio di direct mailing indirizzato, ideato per agevolare gli operatori turistici pubblici e privati ad incrementare i flussi di clientela, servendosi di un canale di comunicazione diretto con azioni mirate
sui target di riferimento e a prezzi contenuti.
ProPostetur è in grado di rispondere alle diverse esigenze di comunicazione del settore:
dal prospecting alla fidelizzazione dall’invio di
fidelity card al fullfilment dei cataloghi promozionali, integrandosi e supportando l’intermediazione delle agenzie.
Per soddisfare invece le specifiche esigenze di
comunicazione degli attori che operano nel
settore automobilistico e motociclistico è stato ideato il pacchetto Automotive, che offre
soluzioni di comunicazione diretta, create su
misura per il successo di azioni di acquisizione
nuovi clienti, fidelizzazione clienti attuali, azioni di cross selling e gestione clienti postvendita. Il pacchetto Automotive offre all’azienda servizi come: consulenza, gestione
liste, stampa, prelavorazione, postalizzazione
e recapito.
Informazione Pubblicitaria
Tre casi di successo
A dimostrazione di quanto detto finora e
per confermare la capacità del Direct
Marketing di rispondere ad esigenze di
comunicazione differenti per strategie e
target di destinazione, riportiamo di seguito alcuni esempi, che dimostrano tangibilmente l’efficienza del mezzo: con il minimo sforzo si possono ottenere grandi
risultati.
Grande catena distributiva
di elettronica ed elettrodomestici
Obiettivo: incrementare le vendite nel
periodo di settembre attraverso un’azione
promozionale spinga le aziende ad acquistare in anticipo i regali aziendali
Target:10.000 aziende
Costo della campagna: 40.000 Euro
Risultato: consolidati 20 clienti che hanno
realizzato uno speso medio di 40.000 Euro
con il risultato di una revenue totale di
800.000 Euro.
Marketing RoI: 19.
Società di distribuzione
buoni pasto aziendali
Obiettivo: Acquisizione nuovi clienti
Target: 1.000 aziende
Costo della campagna: 13.000 Euro
Risultato: realizzati 20 contatti commerciali e
sono stati consolidati 6 nuovi clienti per uno
speso medio di 25.000 Euro che hanno generato un fatturato annuo di 150.000 Euro.
Marketing RoI: 10,5
Casa automobilistica
Obiettivo: Lead generation attraverso il
lancio di un nuovo modello
Target: 50.000 soggetti (target list di individui che ricercano in auto spazio e classe)
Costo della campagna: 80.000 Euro
Risultato: realizzati 750 contatti, di questi
10 hanno acquistato un’auto, al prezzo
medio di 48.800 Euro. La revenue totale è
stata di 488.000 Euro.
Marketing RoI: 5,1
21 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
ONLINE
Web 2.0.
Evoluzione
o rivoluzione?
Web 2.0, la nuova visione della Rete
fondata sulla condivisione, può essere fonte
di significativi vantaggi e di nuove opportunità.
Impariamo ad orientarci
tra blog, podcasting e wiki.
Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare di
Web 2.0, ma ancora non si è trovato accordo
su cosa voglia realmente dire questa etichetta, se non un generico stato di evoluzione di
Internet verso forme maggiormente interattive e partecipate.
Gli scettici replicano che il termine Web 2.0
non ha un vero e proprio significato, e che
sia nato solo per convincere media e investitori che sta accadendo qualcosa di nuovo su
cui investire.
Al di là delle considerazioni dei detrattori, è
però innegabile (e visibile) che il Web sia profondamente cambiato dal suo esordio, e oggi è quanto mai importante capire queste
nuove dinamiche per poterle fare oggetto di
un business specifico e mirato. Nelle prossime
righe farò quindi luce sui punti salienti del
fenomeno.
nuti generati dal basso e dell’interazione fra
gli utenti.
A livello tecnologico, il Web 2.0 è del tutto
equivalente al Web 1.0: l'infrastruttura di rete continua ad essere costituita dal protocollo TCP/IP e HTTP.
Ad essere radicalmente diverso è l’approccio
con il quale gli utenti si rivolgono al Web,
che passa dalla semplice consultazione alla
possibilità di contribuire alimentando il Web
con propri contenuti (attraverso tecnologie
come Ajax, Javascript e il linguaggio di programmazione XML). Insomma, il Web 2.0 è
prima di tutto un prodotto open-source, che
permette una nuova fruizione delle informazioni e una nuova dinamica per la loro circolazione.
Per comprendere meglio ciò di cui stiamo
parlando, sarà utile l’ormai famosa tabella
riassuntiva dell’evoluzione, avvenuta in
questi anni, di alcuni servizi Internet (vedi
box a piè di pagina).
Una nuova visione della Rete
Iniziamo col dire che il Web 2.0 è una nuova
visione della Rete*: un insieme di approcci
nuovi che permettono l’utilizzo della rete in
modo innovativo, con la centralità dei conte-
La condivisione fa la differenza
Dall’esame della tabella appare evidente co-
Web 1.0
Double Click
Ofoto
Akamai
mp3.com
Britannica Online
siti web personali
evite
speculazione sui nomi dominio
visite alla pagina
screen scraping
pubblicazione
sistemi per content managment
stickiness**
22 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
Web 2.0
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
Google AdSense
Flicr
BitTorrent
Napster/Emule
Wikipedia
blog
upcoming.org e EVI
ottimizzazione dei motori di ricerca
cost per click
web services
partecipazione
wiki
sindacation***
me la possibilità di creazione e condivisione
di contenuti è la caratteristica fondamentale
del Web 2.0.
E’ interessante sottolineare come questa possibilità sia consentita e favorita da una serie
di strumenti (tool) on-line che permettono di
utilizzare il web come se si trattasse di una
normale applicazione. In pratica il Web di
seconda generazione è un Web dove poter
trovare quei servizi che finora erano offerti
da pacchetti da installare sui singoli computer.
Le applicazione più diffuse del Web 2.0 sono:
blog, wiki, podcasting.
Proviamo a conoscerle più da vicino:
Blog
Nel gergo di Internet, un blog è un diario in
rete. Il termine blog è la contrazione di web
log, ovvero "traccia su rete".
Il fenomeno ha iniziato a prendere piede nel
1997 in America; nel 2001 è divenuto di moda anche in Italia, con la nascita dei primi servizi gratuiti dedicati alla gestione di blog.
Il blog è uno strumento di libera espressione,
una via di mezzo tra il forum di discussione e
la homepage personale: è uno spazio sul web
attorno al quale si aggregano navigatori che
condividono degli interessi comuni, un luogo
dove si può (virtualmente) stare insieme agli
altri e dove in genere si può esprimere liberamente la propria opinione.
In questo luogo cibernetico si possono pubblicare notizie, informazioni e storie di ogni
genere, aggiungendo, se si vuole, anche dei
link a siti di proprio interesse: la sezione che
contiene link ad altri blog è definita blogroll.
L'insieme di tutti i blog viene detto blogsfera
o blogosfera (in inglese, blogsphere).
All'interno del blog ogni articolo viene numerato e può essere indicato univocamente
attraverso un permalink, ovvero un link che
punta direttamente a quell'articolo.
La tecnologia innovativa ad esso accostabile
è la RSS o Really Simple Syndacation, grazie
alla quale i contenuti dei feed RSS sono frui-
A cura di Angela D’Amelio - [email protected]
Blogs Breakdown
bili anche senza bisogno di navigare il blog
che li ha prodotti.
Sempre attraverso questa tecnologia, è possibile aggregare più feed per presentarli “mixati” su un altro sito o su un servizio di news
navigabile anche attraverso il cellulare (questa eccezionale capacità divulgativa può essere applicata anche a siti web).
Podcast
Podcasting è un neologismo basato sulla fusione di due parole: iPod (il popolare riproduttore di file audio MP3 di Apple), e broadcasting.
Il termine nacque quando l'uso dei feed RSS
divenne popolare per lo scambio di registrazioni audio su computer, palmari, lettori
di musica digitale e anche telefoni cellulari.
Il podcasting è un sistema che permette di
scaricare in modo automatico risorse audio o
video, chiamate podcast, utilizzando un programma (un "client") generalmente gratuito
chiamato aggregatore o feeder.
Wiki
Un wiki è un sito web (o comunque una collezione di documenti ipertestuali) che permette a ciascuno dei suoi utilizzatori di aggiungere contenuti, come in un forum, ma
anche di modificare i contenuti esistenti
inseriti da altri utilizzatori.
Wiki - in base all’etimologia (deriva da un
termine in lingua hawaiiana che significa
"rapido" oppure "molto veloce") - è anche
un modo di essere: una caratteristica distintiva della tecnologia wiki è la facilità con cui le
pagine possono essere create e aggiornate.
Generalmente, non esiste una verifica preventiva sulle modifiche e la maggior parte
dei wiki è aperta a tutti gli utenti, o almeno
a tutti quelli che hanno accesso al server wiki. Per essere sicuri che una serie di pagine
mantengano la loro qualità, spesso è im-
postato un warning per le modifiche, che
permette di verificare la validità delle nuove
edizioni in maniera rapida.
Wikipedia.
Una fonte inesauribile di informazioni
Uno dei wiki più famosi è Wikipedia, un'enciclopedia online, multilingue, a contenuto
libero, redatta in modo collaborativo da volontari e sostenuta dalla Wikimedia Foundation, un'organizzazione no-profit.
Attualmente è pubblicata in oltre 200 lingue
differenti e contiene voci sia sugli argomenti
propri di una tradizionale enciclopedia, sia su
quelli di almanacchi, dizionari geografici e di
attualità.
Il suo scopo è quello di creare e distribuire
una enciclopedia internazionale libera nel
maggior numero di lingue possibili.
Wikipedia è già uno dei siti di consultazione
più popolari del web, con circa 60 milioni di
accessi al giorno; contiene in totale più di 6
milioni di voci, 18 milioni di pagine, 217 milioni di modifiche alle pagine e 5,2 milioni di
utenti registrati.
Come ottenere dei ricavi concreti
dal Web 2.0?
Tentiamo ora di affrontare l’argomento che
maggiormente catalizza gli interessi di imprenditori e pubblicitari: quali sono le nuove
logiche di profitto nell’epoca del Web 2.0?
Le prime e più immediate soluzioni sembrano essere quelle più tradizionalmente legate
al Web, come la vendita di pubblicità o di
servizi. A fare la differenza però saranno
soprattutto i vantaggi (in termini di visibilità
e credibilità) che un’azienda potrà acquisire
nel Web 2.0, attraverso ad esempio l’apertura di un proprio blog o partecipando a
qualche community.
A tal proposito, immediati sono i vantaggi
per chi si occupa di RP e di comunicazione
d’impresa.
Ricordiamoci comunque che questa è una fase di transizione, un Web 2.0 versione beta,
nella quale sarà lecito sperimentare e creare
nuove forme di business che diventeranno le
basi per il futuro. “Il solo limite pare proprio
essere l’immaginazione” (TWT).
Spunti liberamente tratti da Wikipedia
Note:
*Per rete si intende qui la rete globale, inclusiva delle nuove periferiche quali cellulare/televisione/radio, che oggi sono in grado
di interagire fra loro condividendo il dato
digitale.
** letteralmente: l'"appiccicosità" di un sito,
cioè la capacità di tenere "incollati" gli utenti ad esso
*** le tecnologie di syndication (RSS, Atom,
Tagging) garantiscono ai contenuti di essere
fruiti non solo sul sito, ma anche attraverso
canali diversi.
23 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
ONLINE
Anche lo spot
diventa virale.
Esplode in rete il fenomeno del “marketing epidemico”
che usa la web community ed i blog
per far parlare di un certo prodotto.
Ma quali sono le aziende che fanno ricorso
a questo nuovo mezzo e quali implicazioni
comporta l’adozione di queste
tecniche di comunicazione?
Sono perlopiù i colossi, grandi aziende del
calibro di Nike o Sony ad utilizzare queste
nuove modalità di comunicazione.
Così, se siete a un concerto rock e vi capita di
vedere una persona che sale di forza sul
palco e comincia a cantare in modo stonato,
e poi comincia a pontificare lanciando accuse
contro lo strapotere delle major del disco,
non lasciatevi fuorviare pensando che si tratti di un invasato in cerca di notorietà, nient’affatto, potrebbe essere solo una trovata
pubblicitaria.
Infatti quanto appena descritto faceva proprio parte di una campagna pubblicitaria di
Sony Italia. Questo è uno degli utilizzi del
“marketing virale”, una nuova forma di
strategia pubblicitaria che d'ora in avanti si
intrufolerà spesso nelle nostre vite.
In realtà questo modo di fare pubblicità,
nuovo per noi, è utilizzato da anni negli Stati
Uniti e nel nord Europa.
In un’intervista, Valerio Franco, partner strategist di Ebola Industries, agenzia di Milano
che ha ideato la campagna Sony dice:
"Questo per noi è l'anno zero del marketing
virale". Lo scopo della campagna era rivalorizzare il marchio del Walkman, Ebola ha
creato quindi un sito www.saveyourears.it,
dedicato a chi non sa cantare e dove possono
trovare tantissimi video a tema. Si tratta di un
sito-community, cioè aperto alla partecipazione degli utenti, che possono depositarvi
dei video, commentarli, e conversare tra loro.
Il tutto però era stato presentato come il
frutto dell'iniziativa di un normale utente e
non come una campagna pubblicitaria.
Il Sony Walkman veniva indicato, sul sito, come un rimedio per rieducare il proprio orecchio alla musica, e veniva abbinato a un concorso che consentiva di vincere un Walkman.
Ebola in più ha creato un personaggio che
doveva farsi portavoce degli stonati d'Italia:
lo stesso che è stato mandato a interrompere
due concerti rock (a Roma e a Milano).
È stato trascinato via dal palco dalla polizia,
ma era tutto un gioco, e gli organizzatori dei
concerti sono stati pagati con i soldi di Sony.
La recita è stata svelata alla fine della campagna, durata sette settimane, durante le
quali il sito ha attirato 130 mila visitatori.
I filmati sono stati visti 622 mila volte.
"Gli utenti - ha commentato l’agenzia - non
sono stati delusi, alla fine. Anzi, dicono di
essersi sentiti come parte di un reality show e
hanno continuato ad affollare il sito".
Alla ricerca di complici
Tutto ciò ci fa comprendere come questo tipo
di pubblicità si collochi totalmente all’opposto della pubblicità tradizionale, che per abitudine alza i toni per parlare di un prodotto
o interrompe film ed eventi sportivi. Al contrario il marketing virale vuole coinvolgere i
potenziali consumatori, non li tratta come
possibili acquirenti, ma come complici di un
gioco; il messaggio pubblicitario è implicito,
seminascosto.
Lo scopo è creare un chiacchiericcio spontaneo ed “epidemico” (viral appunto), che corre di bocca in bocca intorno ad un marchio
per ottenere la partecipazione degli utenti
su Internet.
Un altro modo per far partecipare gli utenti
al gioco è quello di creare dei video-shock
che faranno il giro della Rete o dei siti-community originali, dove la gente generalmente si incontra e fa amicizia, oppure si possono
architettare eventi-spettacolo nel mondo reale, come nella campagna Sony di cui abbiamo parlato.
Sempre nel campo del Marketing Virale, anche Nike fa bene la sua parte: tempo fa ha
disegnato le impronte di piedi in alcuni prati
di Milano, Roma e Cerignola, per promuovere la nuova scarpa Nike Free. E ancora:
circa un anno fa su Internet ha cominciato a
far circolare un video-spot che è riuscito a
creare una discussione accesa: si vede Ronaldinho che, dopo essersi infilato le scarpe
Nike, in allenamento, riesce a colpire ripetutamente la traversa senza fare mai toccare
terra alla palla. "Sarà vero o falso?", si sono
chiesti in molti ma il protagonista, ossia Ronaldinho, ha giurato che era tutto vero.
Una delle armi più potenti del viral marketing, su Internet, sono i video, e lo strumento più usato per farli circolare è il sito
YouTube.
il boom di YouTube
YouTube è il principale sito di video al mondo: a luglio 2006 ha avuto 47,2 milioni di visitatori, secondo l'osservatorio Nielsen/Net
Ratings. Un boom: più 495 per cento rispetto
al gennaio 2006.
“Alle saponette Dove è bastato mettere un
video su YouTube per fare della nuova campagna un successo", dice Jaap Favier, analista
dell'osservatorio di ricerca internazionale
Forrester Research.
Questo video, messo on line su YouTube ha
scatenato 50 mila commenti, ha fatto il giro
24 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
A cura di Angela D’Amelio - [email protected]
di migliaia di blog nel mondo. Il video in
questione mostra come si possa trasformare,
con il computer, l'immagine di una donna
bruttina in una bellissima modella per un manifesto pubblicitario.
Da noi, in Italia, YouTube, non guida la classifica dei sitio più visitati, ma viene al secondo
posto, secondo i dati Nielsen: il sito di video
più frequentato dagli italiani è Libero Video
& Fun, con un audience di 1,7 milioni (su un
totale di 3,5 milioni di italiani che visitano siti
di video).
Wind/Libero ha appena deciso di trasformare
questo patrimonio in un business e lo ha fatto
lanciando Play Video: "Il primo esempio in
Italia di offerta pubblicitaria basata sul marketing virale e video in Internet su larga scala",
dice Antonio Converti, direttore marketing di
Libero: "Noi vendiamo la campagna pubblicitaria virale e poi per realizzarla ci serviamo di
aziende specializzate, come Ebola".
Quella di Sony è stata appunto una delle prime campagne vendute da Libero; tra gli altri
clienti ci sono stati Canon, Opel, la vodka
Keglevich.
"Il lancio definitivo di Play Video è stato a
metà novembre", dice Converti: "Ora parte
una campagna per la Banca San Paolo". Per
gennaio Wind promette fuochi di artificio:
"Leggerete sui giornali di un evento che farà
scalpore. E solo dopo si scoprirà che era tutto
organizzato".
Il costo di una campagna virale? Da 70 a 200
mila euro. Tra le prime aziende italiane a
usare il viral marketing c'è anche la Simmenthal che ha pubblicato su Internet, in
video-episodi, la storia di un manzo scomparso.
Ma anche Fiat: per promuovere il lancio della
nuova Cinquecento, previsto per ottobre
2007, ha creato un sito, Fiat500.com, un sito
interattivo che propone tra l’altro un laboratorio virtuale dove si può giocare a disegnare
la nuova 500 con il restyling che si vorrebbe.
Fiat ha ricevuto finora 130 mila proposte.
Social network e blog
Altri due strumenti Internet amati dal viral
marketing sono i social network e i blog. Il
principale social network è MySpace (66 milioni di utenti mensili) di Rupert Murdoch,
quello di Sky. Qui ciascun utente può avere
uno spazio dove pubblicare i propri contenuti e incontrare persone affini. I pubblicitari si
inseriscono nel network creando spazi dove
gli utenti interessati a un certo prodotto possono incontrarsi e commentarlo (per esempio, l'ha fatto Disney per l'ultimo film “I Pirati
dei Caraibi”).
Il modo più semplice con cui i pubblicitari
usano blog e forum è scrivere un commento
per segnalare il link di un video che è parte di
una campagna (ma senza poter essere
accusati di fare informazione pubblicitaria).
L'ultima novità è pagare gli autori di blog
perché parlino di un prodotto: è quanto pro-
pone, da novembre, ReviewMe.com, che paga da 20 a 200 dollari ad articolo (a seconda
dell'autorevolezza dell'autore).
L'idea di fondo è che i blog sono ormai diventati influenti. L'ha confermato, a novembre, una ricerca Hotwire Ipsos Mori, condotta su 2.214 adulti tra Regno Unito, Francia,
Germania, Spagna e Italia, dalla quale è risultato che il 52 per cento è stato più
propenso ad acquistare qualcosa dopo avere
letto commenti positivi sui blog. È difficile,
però, usarli a scopi pubblicitari senza bruciare la loro credibilità.
È sconsigliato pagare recensioni all'insaputa
dei lettori, perché questi trucchetti su Internet si scoprono subito, com’è accaduto per
una campagna della catena di supermercati
WalMart.
You Tube
Le ragioni di un successo
YouTube, il popolare sito che consente
agli utenti a livello internazionale di
vedere, inserire e condividere video, amatoriali e non, liberi o protetti da copyright
(nonostante il regolamento lo vieti): viva
la libera circolazione dell'informazione!
Il fatto rilevante infatti non è tanto il successo avuto da YouTube o l'operazione
finanziaria di Google, bensì il prezioso
contributo dato dagli utenti che hanno
reso il sito molto popolare.
Infatti è il pubblico a inserire il materiale
da vedere ed è il pubblico a decidere cosa
vedere. Ecco i 10 video più importanti che
hanno fatto la storia di YouTube, stilata
dal quotidiano britannico The Guardian:
1. LonelyGirl15: una giovane attrice si
spaccia per una adolescente inquieta
riscuotendo un successo enorme. Il filmato, che racconta le giornate di questa ragazza, è ottenuto utilizzando una
semplice webcam.
2. Le parodie da webcam. il leader del
partito conservatore britannico David
Cameron si fa promotore delle webCameron. Una serie di filmati che lo riprendono durante la sua intimità.
3. Mentos e Coke. La miscela più esplosiva dell'anno ripresa in diversi video.
Una pseudo moda lanciata proprio da
YouTube.
4. L'intervista di Clinton alla Fox. L'ex
presidente americano rilascia alla televisione americana una dura critica
all'amministrazione Bush in occasione
dell'11 settembre. Una testimonianza a
disposizione anche di chi non ha modo
di accedere ad alcune notizie televisive.
5. Hey Bulldog dei Beatles. Nel web si
ha la possibilità di cercare e trovare materiale audio, video e testuale quasi
dimenticato dal panorama musicale.
Hey Bulldog dei Beatles diventa così
uno dei video più visti di You Tube.
6. Falluja: i combattimenti. Le riprese
della battaglia di Falluja durante la
guerra in Iraq è uno dei documenti più
visti. In tv è abitudine mandare sempre
le solite immagini e di censurare quelle
più crude. In questo caso le immagini
dal web danno una visione più ampia e
più completa.
7. L'arena politica di George Allen. Il
senatore repubblicano della Virginia
offende un uomo di colore sbeffeggiandolo davanti alle telecamere. Il video è
stato diffuso su Internet, come prova di
comportamento razzista, dai suoi avversari politici.
8. Spice test. Su YouTube capita di vedere
delle cose veramente bizzarre. Ecco il
video amatoriale di un adolescente che
ingerisce interi barattoli di spezie... da
non imitare! <http://www. youtube.
com/watch ?v =Q66HNKQ-tIw>
9. Go's Here It goes Again. Che cos'è?
Agli inizi nessuno sapeva chi fossero gli
Ok Go, se non tramite questo video realizzato con soli 10 dollari e trasmesso su
YouTube. Ora gli Ok Go sono una delle
band più famose nel panorama musicale
indie-rock.
10. YouTube parla di YouTube. Alcuni utenti hanno mandato il video con le loro
reazioni alla notizia dell'acquisto da
parte di Google. Come se su Canale 5
mandassero un video di ciò che pensiamo
di Canale 5, critiche e attacchi compresi.
Questa grande varietà di video è la conferma di quanto il web riesca a rispecchiare le diverse opinioni e punti di vista
degli utenti, liberi e soddisfatti di trovare
risposta alle proprie curiosità, ai propri
dubbi, ai loro interessi, alla loro voglia di
intrattenimento e alla loro fame di informazione.
Spunti liberamente tratti da “L’Espresso”
25 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
OPINIONI
Etica
e comunicazione
Fino a qualche anno fa il termine etica
rimaneva confinato nelle aule dei licei
e delle università, faceva capolino
nella saggistica per addetti ai lavori
o nei sermoni di qualche predicatore.
Da qualche tempo invece di etica parlano
più o meno tutti, così come più o meno tutti
parlano di comunicazione.
Il più delle volte a sproposito.
Il termine etica compare per la prima volta
nei testi di Aristotele per indicare quella
branca della filosofia che si occupa della condotta dell’uomo e della valutazione del suo
comportamento nel rapporto con se’ stesso e
con i suoi simili.
Non si ricorda filosofo dell’epoca classica che
non si sia occupato di etica con le finalità più
diverse: chi perseguendo obiettivi di pura
speculazione, chi invece con altre motivazioni, quali, ad esempio, la promozione della fede e della morale cristiana.
Tutti costoro tuttavia attribuirono al termine
etica lo stesso valore indicato da Aristotele.
Molti anni dopo invece, Hegel ne estese il significato, introducendo la distinzione tra eticità e moralità, intendendo quest’ultima come riferimento esclusivo all’aspetto soggettivo della condotta umana, mentre al termine
eticità diede il significato di insieme dei valori morali effettivamente realizzati o vissuti in
rapporto ad istituzioni come la famiglia o la
società.
Partendo da questa distinzione, apparentemente di carattere esclusivamente terminologico, ma gerarchizzandone il valore in favore di quest’ultima (l’eticità), pervenne
all’enunciazione di quella teoria - aberrante
per ogni spirito liberale - che viene comunemente ricordata con l’espressione “stato
etico”, che costituì il fondamento ideologico
dei totalitarismi che hanno insanguinato il
ventesimo secolo.
L’etica come business
La domanda che mi pongo, quando mi trovo
al cospetto dei quotidiani ed accorati appelli
all’etica provenienti dai soggetti più diversi,
26 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
è fino a che punto si tratti di richiami disinteressati o non invece mirati ad obiettivi che
con l’etica, quella che fa riferimento alla persona e non ad altre realtà, non hanno nulla
da spartire. Non sarà il solito specchietto per
le allodole destinato ad incantare le solite
“anime belle” pronte ad accodarsi a chiunque, con aria ispirata e sguardo trasognato,
parli degli “altri” utilizzando sempre e comunque la “A” maiuscola, come i famosi topi
al seguito del pifferaio magico che li condusse ad una misera fine, conseguendo così il
suo ben remunerato obiettivo?
Di pifferai disponiamo in eccesso: politici, imbonitori televisivi, sedicenti apostoli delle più
diverse e pittoresche fedi, venditori di pozioni magiche o propugnatori di idee squinternate. Così come disponiamo, anche in questo
caso in abbondanza, di pulpiti, tecnologici e
non: tv pubbliche e private, convegni e congressi sugli argomenti più disparati, internet
ed altre diavolerie elettroniche.
Dove vogliano condurre il gregge i nostri pifferai non è dato sapere, ma il dubbio che la
meta siano le vorticose acque del fiume è
molto forte. Così come è forte il sospetto
che, dietro a tanto sacro furore, finisca inevitabilmente per far capolino il business, variamente declinato: il business della solidarietà,
il business della responsabilità sociale o quello dell’organizzazione del consenso a vantaggio del miglior offerente.
Etica e comunicazione
Ma che ci azzecca - direbbe il sanguigno e citatissimo politico molisano - tutto questo con
la comunicazione? Ci azzecca e come, per una serie di buoni motivi, il primo dei quali è
che la comunicazione - attività finalizzata ad
uno scopo di natura economica - dev’essere
onesta, veritiera, corretta. Nel senso che deve
perseguire i suoi legittimi scopi, che sono legati ad un interesse di parte, ma un interesse
che deve risultare assolutamente palese, dichiarato ed a tutti evidente. Di qui il divieto,
in primo luogo morale, di fare ricorso a tecniche subliminali che celino o camuffino in
qualche modo il vero scopo della comunicazione stessa. Per questo mi dico perplesso
quando leggo di marketing “virale” o altre
simili tecniche di promozione e di vendita
(vedi gli articoli dedicati all’argomento sul n.
19 e quello che appare a pag. 22 di questo
stesso numero della nostra rivista).
A mio modesto avviso sarebbe bene che queste iniziative fossero valutate con molta più
attenzione da parte dell’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria e dall’Autorità Garante competente e prima ancora - a fronte di
una richiesta in tal senso di un Cliente - fossero sottoposte al vaglio della nostra coscienza. Ed ecco che ritorniamo al nocciolo
della questione: entro quali limiti dobbiamo
sentirci eticamente responsabili nel momento
in cui utilizziamo professionalmente uno strumento potente e delicato come la comunicazione?
E’ fuori di dubbio che siamo responsabili nei
confronti di coloro che ci pagano e quindi
obbligati a mettere in campo tutte le risorse
e tutti gli strumenti che possano favorire il
conseguimento del risultato atteso, ma siamo altrettanto responsabili, nell’esercizio
della professione, delle eventuali violazioni
di quei principi etici ai quali siamo vincolati
come cittadini e, soprattutto, come uomini. E
qui potremmo aprire una dissertazione infinita, dividerci tra fautori delle tesi di Max
Weber o di Sant’Agostino, di Benedetto Croce o dello stesso Hegel.
Personalmente ritengo che basterebbe ricordare più spesso le parole di Kant, quando afferma che “l’individuo non può mai essere
un mezzo, ma solo un fine”, oppure rifarci credenti o no - a quei principi etici che stanno alla base della dottrina cristiana e che sono mirabilmente riassunti nella formula “Honeste vivere, alterum non ledere, suum cuique tribuere”.
Potrebbe essere un modo efficace per vivere
meglio il rapporto con gli altri e, quel che più
conta, per trovarci ogni giorno - nella nostra
vita e nell’esercizio della professione - in pace con noi stessi e con la nostra coscienza.
Gargamella
[email protected]
Lo spettacolo non piace.
Restituiteci i soldi del biglietto
Nel corso dello spoglio delle schede per l’elezione del nuovo Consiglio Direttivo Unicom
ha destato un certo scalpore una frase vergata su una scheda che diceva “restituiteci i
soldi” (evidentemente un anonimo associato
in qualche modo insoddisfatto del lavoro
dell’Associazione o un inguaribile burlone).
Riceviamo da un associato (che si firma FM)
una nota, che volentieri pubblichiamo. Anche
se preferiremmo di gran lunga che i due “anonimi” non fossero tali.
Dall’ultima assemblea Unicom raccolgo la
“provocazione” di un associato per trarne un
motivo di riflessione da condividere con tutti.
Recentemente ho letto un articolo firmato
da Gustavo Zagrebelsky (la Repubblica, 12
dicembre 2006) dall’interessante titolo: “Libertà senza responsabilità, indifferenza ai
problemi comuni: il cancro della democrazia
e della stessa vita associata”.
Naturalmente le sottolineature sono mie,
nella misura in cui ho “sentito” parole come:
libertà, democrazia e associazione, entrare
in causa con la “provocazione” messa in atto
da un associato nel contesto dell’Assemblea
per l’elezione degli organi Unicom.
La citazione ha avuto facile richiamo nel momento in cui la “primitiva” e colorita, formula di voto (“restituitemi i soldi”) dell’anonimo associato mi ha fatto percepire una sua
personale concezione della vita associativa
che, più o meno, dovrebbe suonare così:
“pago la mia quota e pretendo delle risposte, magari preconfezionate e senza neanche
porre una domanda o manifestare un’opinione”.
L’esagerazione è d’obbligo per intenderci,
ma non sposta di una virgola la necessità, o
perlomeno il tentativo, di ribadire all’associato e a noi tutti una concezione un po’ “più
alta” dei valori associativi in grado di vincere
qualunque passività, fatalismo e indifferenza
per i problemi comuni.
Credo che chi, magari come il nostro anonimo associato, vive l’associazionismo come un
“corno dell’abbondanza” dal quale aspettarsi di volta in volta “ogni grazia”, o come il
magico cilindro dal quale “estrarre il coniglio” che gli risolve ogni difficoltà, continuerà ad aspettarsi miracoli, più che chiedere
soluzioni, o continuerà semplicemente a
chiedere, più che costruire e formulare, insieme ad altri, un sistema di trasmissione e
trasformazione delle domand: l’unico modo,
a mio parere, per ottenere risposte qualificate nel contesto di una moderna associazione. Per cui è evidente che, nel nostro caso,
si è verificato un malinteso sulle aspettative
che l’associato ha nei confronti dell’Associazione. Pensa forse di poter vivere il presente dell’Associazione come esclusiva area
del proprio immediato interesse, invece che
come premessa lungimirante di un avvenire
Serendipity
e comunicazione d’impresa
Qualche tempo fa nel corso di un convegno
sulla pubblicità, un collega era intento a presentare una case history riguardante una
campagna pubblicitaria che aveva fatto un
pezzo della storia della comunicazione italiana, e raccontava come, dopo una serie di
innumerevoli presentazioni, riflessioni sul
brand, sul suo posizionamento, sul target di
riferimento, ecc. - sempre non gradite dal
cliente - il claim della campagna nacque
quasi per caso, spiegandocene anche in modo colorito e simpatico sia il come sia i vari
collegamenti che per casualità ed intuito lo
avevano generato.
In quel momento, mi tornò istantaneamente
alla mente, un libro che tempo addietro
avevo letto sulla Serendipity, un testo che
seguiva oltre due secoli di storia sull’argo-
mento, e gli usi ideologici e sociali cui la Serendipity si è prestata.
Serendipity è ovviamente una parola inventata, coniata nel 1754 da Horace Walpole
sulla base di una leggenda: “I tre Principi di
Serendip”. Serendip per chi non lo sa, è l’antico nome dell’attuale Sri-Lanka.
La leggenda raccontava che quando le loro
Altezze viaggiavano, scoprivano per fortuna
o per intuito, cose che non stavano assolutamente cercando. Essi avevano il dono, di
trovare cose “belle e buone” anche senza
averle mai cercate, ed allo stesso tempo, di
trasformare in “belle e buone”, cose che belle e buone non erano.
Dunque, nella Serendipity si tiene conto dell’imprevisto, che nel corso di un processo,
porta a compiere in modo assolutamente
non intenzionale, scoperte felici. In altre pa-
comune? Per come la vedo io, l’Associazione
è un sistema aperto di connessioni dove
ognuno di noi cerca di riformulare le istanze
in termini di opportunità comuni, aumenta
la disponibilità al confronto e ad integrare le
proprie risorse con quelle degli altri per
acquisire più peso, visibilità e credibiità nei
confronti della committenza (per esempio
sul tema delle “gare” pubbliche o private). E’
evidente che l’associato di cui sopra, se non
riesce a sfruttare appieno queste possibilità,
non sa quello che si perde.
Perde soprattutto le enormi potenzialità di
un’Associazione più partecipante e partecipata, dove poter rivitalizzare lo scambio tra
noi associati per cercare ulteriori strade che
riescano a valorizzare la nostra capacità di
supporto reciproco e di elaborazione innovativa orientata alla ricerca di nuove opportunità in grado di far crescere ognuno nell’interesse di tutti.
Sempre nell’articolo di Zagrebelsky è riportata una citazione di Paul Ginsborg che mi
piace riproporre perché offre una definizione della società civile che non si discosta
molto da quella che è, o dovrebbe essere, la
concezione di un’Associazione come la nostra: “…è il luogo di coloro che sanno alzare
lo sguardo dalla loro pura e semplice convenienza individuale, per vedere più avanti e
più in largo…”.
La morale? Paghiamo tutti il biglietto, ma la
qualità dello spettacolo la facciamo noi. Non
scambiamo l’Associazione come un’area di
parcheggio delle nostre solite istanze, ma come uno spazio di scambio dinamico e interattivo dove misurare le nostre capacità e, soprattutto, orientare il nostro futuro. (FM)
role, Serendipity, nell’accezione moderna del
termine, significa trovare qualcosa di prezioso mentre si cerca qualcosa di completamente diverso, oppure, in alternativa, trovare qualcosa che si andava cercando, ma in un
luogo o in un modo inaspettato.
Per chi fa il nostro mestiere, Serendipity può
essere a seconda dei casi una parola oscura e
bizzarra, una parola capricciosa ed attraente,
ma non possiamo prescindere dal dare il giusto valore etico e morale a questo termine,
affrontando in modo generico il problema
della fortuna o della sfortuna, facendo altresì un distinguo fra le probabilità di successo e fallimento.
Alla fine il quesito che mi pongo e che metto
a disposizione di chiunque voglia pronunciarsi sull’argomento è: nella pubblicità la Serendipity deve essere interpretata come merito o fortuna, come un’apolologia del sapere, qualunque esso sia, o come la capacità
di trovare l’idea giusta quando serve?
Biagio Vanacore
[email protected]
27 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
LA POSTA
Società multietnica,
multiculturalismo
ed identità culturale.
Gargamella, nell’«Opinione» pubblicata nel numero 19
della nostra rivista, ha rivolto una dura critica
ad un certo relativismo culturale che confonde
società multietnica e multiculturalismo,
suscitando le “proteste” di un’affezionata lettrice.
Pubblichiamo la sua lettera
e la risposta del nostro opinionista.
Caro Gargamella,
come sempre mi complimento con te per
la facilità e la semplicità con le quali riesci
a trattare argomenti importanti comunicando a tutti noi il tuo punto di vista.
Sono però altrettanto sicura che, da uomo
intelligente, ti piacerebbe che queste tue
doti venissero riconosciute ricevendo
risposte e magari, perché no, critiche. Reazioni, comunque.
Viceversa, da quanto mi pare di vedere (ti
seguo con affettuosa attenzione) queste
risposte non arrivano frequentemente soprattutto su temi che apparentemente
non coinvolgono la professione che sosteniamo di esercitare.
E, quando arrivano, sono sommarie e molto spesso unicamente e un po’ troppo sbrigativamente elogiative.
Ebbene questa volta provo a cimentarmi
io – con un certo timore reverenziale e un
po’ di batticuore perché non ho la tua facilità espressiva – a rispondere a questo tuo
ultimo messaggio che ho trovato molto
“Ferrariano” (nel senso di Giuliano Ferrara, ndr) e dal quale dissento profondamente.
Prima di tutto: perché “Ferrariano”? Perché anche tu, come lui, abusi delle tue indubbie doti e, volendoci portare “dalla
tua parte” su una certa tesi, usi una serie
di argomentazioni a sostegno che, se non
si sta attenti ad attrezzarsi, portano chi ti
legge ad essere d’accordo sulla tesi, cadendo nella trappola che tu hai sapientemen-
28 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
te teso.
In questo caso, a meno che io non abbia
preso un grosso abbaglio, a me è sembrato che tu intenda sostenere che “la costruzione di una società multiculturale” è …
una boiata pazzesca di villaggesca memoria.
Per fare questo, tuttavia, invece di entrare nel merito e motivare chiaramente il
tuo pensiero, astutamente tiri in ballo
un’argometazione come quella dello studio del latino e del greco e riferisci del
recente “invito accorato della gerarchia
vaticana al recupero, soprattutto attraverso la scuola, della conoscenza delle lingue
classiche” (…Eminem… Eminenza?!).
Prima di proseguire nella mia bonaria critica, ti dico la mia in proposito.
Le preoccupazioni della Chiesa cattolica
sui pericoli dello smarrimento da parte del
mondo occidentale delle sue radici cristiane sono non solo comprensibili (dopo tutto, per loro il target si restringe lasciando
pericolosamente spazio alla concorrenza…), ma anche condivisibili.
In realtà, se veramente volessimo tutti costruire un vero mondo multiculturale, queste radici (per quanto ci riguarda) e quelle degli altri (che indubitabilmente ci sono
e valgono tanto quanto le nostre), sarebbero il cemento che ciascuno dei soggetti
partecipanti metterebbe a disposizione di
questa costruzione.
Radici come: amore per i propri simili,
rispetto del credo dell’altro, altruismo per
una condivisione pacifica dell’unico bene
che l’uomo possiede: il pianeta, la sua vita.
Qualcuno potrebbe dire: una grande,
irrealizzabile utopia. Forse. Ma è solo inseguendo sogni e utopie apparentemente
irrealizzabili che l’uomo è diventato quello che ancora oggi è malgrado il fragore,
la confusione, la … Babele che ci circonda:
HOMO SAPIENS!
E vorrei anche aggiungere che, se in questa fase della storia del mondo le donne
potessero contare di più nella vita sociale,
ecclesiastica (cioè anche all’interno delle
varie chiese) e politica, sono certa che molti positivi passi avanti si sarebbero già fatti in questa direzione, perché le qualità
materne e le potenzialità amorose delle
donne avrebbero contrastato efficacemente gli atteggiamenti ottusamente predatori dei maschi dominanti.
Caro Gargamella, ritorno alla mia critica e
finisco.
Tirare in ballo la dilagante superficialità,
l’ignoranza generalizzata (a cominciare
dai maîtres à penser), le mastodontiche e
becere illusioni spacciate ai giovani da governanti, massmediologi, comunicatori e
chi più ne ha più ne metta, non possono
che trovarci pienamente consenzienti.
Ma… che ci azzecca, tanto per usare una
frase fatta, con i pericoli della multiculturalità?
Se pensi che una società multiculturale sia
non solo una chimera, ma addirittura una
“nefandezza”, abbi più coraggio e dacci le
tue motivazioni. Oltre tutto l’argomento
è così attuale e ci riguarda tutti così da
vicino che varrebbe senz’altro la pena di
farne oggetto di un dibattito allargato.
Apprezzo sempre e comunque il tuo desiderio e il tuo sforzo nel cercare di stimolare la parte più nobile di ciascuno di noi.
Con stima e affetto.
Elena Romano
Carissima Elena,
sorvolo sulle lodi e cerco di concentrarmi
sulle critiche e sulle osservazioni, innanzitutto convenendo con te che, se alle donne fosse riservato un ruolo più importante nella vita sociale (parliamo quindi di
politica, cultura, economia), non potremmo che trarne tutti quanti giovamento, se
non altro - ma non solo - per il riconosciuto buonsenso che caratterizza le
"compagne" della nostra vita.
E proprio col pensiero di due grandi don-
ne, sostenitrici delle tesi avverse all'utopia della società multiculturale, vorrei che
ti confrontassi, senza pregiudizi e con
serenità: la compianta Oriana Fallaci e
l'antropologa Ida Magli.
Entrambe sul tema hanno scritto molto: la
prima con passione, toni talvolta accesi e
un po' sopra le righe, la seconda con lucida, fredda e scientifica determinazione.
Perché ho usato il termine utopia parlando di multiculturalismo? Perché rilevo che
nella situazione presente - su questo tema
in particolare - non ci troviamo in presenza di un confronto di tesi contrapposte
ma mutuate da riflessioni profonde, bensì piuttosto di uno scontro tra chi cerca di
fare quotidianamente professione di
buon senso e di moderazione e chi, invece, si propone come fautore di istanze che
prescindono completamente dalla razionalità, dalla logica, dal rispetto per la
dignità e la sacralità della persona, nel
contesto di una visione integralista e
teocratica della società.
Il confronto, su qualsivoglia argomento,
non può prescindere dalla definizione
preventiva di alcuni principi condivisi.
Proviamo, per puro amore di discussione,
a tentare di individuare alcuni elementi
dai quali potremmo partire noi, figli ed
eredi della civiltà occidentale, per avviare
un dialogo ed un confronto con i fautori
dell'integralismo di matrice islamica: non
certo i concetti di libertà, di democrazia,
di tolleranza, non il rispetto per la vita
umana, non l'uguaglianza tra gli uomini
a prescindere da ceto, origini, razza e religione, non il riconoscimento della dignità della donna e l'eventuale suo ruolo
nella società, non l'istituzione famigliare
così come noi la consideriamo, non il ruolo della religione, fatto squisitamente
personale ed individuale nella nostra
visione ed invece fatto pubblico e collettivo nella loro.
Potremmo continuare, ma mi pare un
esercizio inutile.
E' vero, ci fu un tempo in cui nell'Islam
fiorivano le scienze e le arti, si coltivava
la tolleranza, si studiava con passione e
rispetto, pur contestandone molte argomentazioni, la filosofia classica.
Ed era il tempo in cui le nostre terre, percorse da orde di barbari, si erano talmente degradate al punto che una cappa di
oblio era scesa sui fondamenti stessi della
nostra civiltà: nei secoli bui del medioevo,
mente l'Islam teneva alta la fiaccola della
civiltà, noi eravamo sprofondati nella
palude dell'intolleranza, della prevaricazione, dell’odio e della superstizione,
figlia prediletta dell'ignoranza.
Ma ora i tempi sono cambiati e i ruoli si
sono ribaltati.
Tocca a noi difendere da una quotidiana
aggressione i fondamenti della nostra cultura e della nostra civiltà. Senza spocchia,
senza becere affermazioni di superiorità,
senza volerci atteggiare a maestri di
civiltà, ma costituendoci a difensori della
“nostra” civiltà, difendendone i valori,
soprattutto quelli non negoziabili.
C’è un limite invalicabile infatti al relativismo culturale e possiamo individuarlo in
quelle “ αγραφτα λογοι ” (le “non scritte
leggi degli Dei” alle quali si appella Antigone), che da duemilacinquecento anni
abbiamo posto a fondamento della nostra
cultura o, se preferisci, della nostra civiltà.
Nel far questo, naturalmente, dobbiamo
operare sempre facendo professione di
concretezza e buon senso.
Dobbiamo cioè adottare strumenti adeguati e compatibili con i principi che
abbiamo fatti nostri e sui quali abbiamo
costruito il modello di vivere civile, che,
ancorchè non definibile come la realizzazione compiuta della città ideale, costituisce pur sempre un compromesso accettabile tra l'utopia e la realtà di ciò che è
accessibile all'umana natura.
I mezzi esistono, a partire dall'applicazione rigorosa del principio di reciprocità,
dall'adozione di leggi umane, ma, al tempo stesso, severe e puntigliosamente
applicate, da una piena disponibilità al
dialogo, ma solo con chi si rende a sua
volta disponibile a dialogare partendo da
una piattaforma comune di principi condivisi.
Senza rinunciare mai alla razionalità e
senza confondere la solidarietà con il dilagante buonismo da quattro soldi.
Grazie a Dio non è più tempo di crociate
e chi le invoca, comunque camuffate, è un
cretino. Ma non per questo si può concedere che qui, a casa nostra, per qualcuno
sia tuttora tempo di Jihad.
Voltaire ammoniva: “A tutti si deve tolleranza, tranne che agli intolleranti”.
Gargamella
[email protected]
29 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
INCONTRI
Thomas Stearns Eliot
Thomas Stearns Eliot
Il sermone del fuoco (da La terra desolata)
La tenda del fiume è rotta: le ultime dita delle foglie
s'afferrano e affondano dentro la riva umida. Il vento
incrocia non udito sulla terra bruna. Le ninfe son partite.
Dolce Tamigi, scorri lievemente,
finché non abbia finito il mio Canto.
Il fiume non trascina bottiglie vuote, carte da sandwich,
fazzoletti di seta, scatole di cartone, cicche di sigarette
o altre testimonianze delle notti estive. Le ninfe son partite.
E i loro amici, credi bighelloni di direttori di banca della City;
partiti, e non hanno lasciato indirizzo.
Presso le acque dei Lemano mi sedetti e piansi...
Dolce Tamigi, scorri lievemente,
finché non abbia finito il mio canto.
Dolce Tamigi, scorri lievemente,
perché il mio canto non è alto né lungo.
Ma alle mie spalle in una fredda raffica odo
lo scricchiolio delle ossa, e il ghigno che fende
da un orecchio all'altro.
Un topo si insinuò con lentezza fra la vegetazione
strascicando il suo viscido ventre sulla riva
mentre stavo pescando nel canale tetro
una sera d'inverno dietro il gasometro
meditando sul naufragio del re mio fratello
e sulla morte del re mio padre, prima di lui.
Dei bianchi corpi ignudi sul suolo molle e basso
e ossa,gettate in una piccola soffitta bassa e arida,
smosse solo dal piede del topo, un anno dietro l'altro.
Ma alle mie spalle di tanto in tanto odo
suoni di trombe e motori, che condurranno
Sweeney da Mrs. Porter a primavera.
Oh la luna splendeva lucente su Mrs. Porter e su sua figlia
che si lavano i piedi in "soda water"
Et ces voix d'enfants, chantant dans la coupole!
Tuit tuit tuit
Giag giag giag giag giag giag
Così brutalmente
forzata.
Tiriù
Città irreale
sotto la nebbia bruna di un meriggio invernale
Mr. Eugenides, il mercante di Smirne,
mal rasato, con una tasca piena d'uva passa
C.i.f. London: documenti a vista,
m'invitò in un francese demotico
ad una colazione al Cannon Street Hotel
seguita da un weekend al Metropole.
Nell'ora violetta, quando gli occhi e la schiena
si levano dallo scrittoio, quando il motore umano attende
come un tassì che pulsa nell'attesa,
io Tiresia, benché cieco, pulsando fra due vite,
vecchio con avvizzite mammelle di donna, posso vedere
nell'ora violetta, nell'ora della sera che contende
il ritorno, e il navigante dal mare riconduce al porto,
la dattilografa a casa all'ora del tè,
mentre sparecchia la colazione, accende
la stufa, mette a posto barattoli di cibo conservato.
Pericolosamente stese fuori dalla íìnestra
le sue combinazioni che s'asciugano
toccate dagli ultimi raggi del sole,
sopra il divano (che di notte è il suo letto)
sono ammucchiate calze, pantofole, fascette e camiciole.
Io Tiresia, vecchio con le mammelle raggrinzite,
osservai la scena, e ne predissi il resto.
Anch'io ero in attesa dell'ospite atteso.
Ed ecco apriva il giovanotto foruncoloso,
impiegato d'una piccola agenzia di locazione, sguardo ardito,
uno di bassa estrazione a cui la sicurezza
s'addice come un cilindro a un cafone rifatto.
Ora il momento è favorevole, come bene indovina,
il pasto è ormai finito, e lei è annoiata e stanca,
lui cerca d'impegnarla alle carezze
che non sono respinte, anche se non desiderate.
30 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
Eccitato e deciso, ecco immediatamente l'assale;
le sue mani esploranti non incontrano difesa;
la sua vanità non pretende che vi sia un'intesa, ritiene
l'indifferenza gradita accettazione.
(E io Tiresia ho pre-sofferto tutto
ciò che si compie su questo stesso divano o questo letto;
io che sedei presso Tebe sotto le mura
e camminai fra i morti che più stanno in basso).
Accorda un bacio finale di protezione,
e brancola verso l'uscita, trovando le scale non illuminate...
Lei si volta e si guarda allo specchio un momento,
si rende conto appena che l'amante è uscito;
il suo cervello permette che un pensiero solo a metà formato
trascorra: “Bene, ora anche questo è fatto: lieta che sia finito.”
Quando una donna leggiadra si piega a far follie
e percorre di nuovo la sua stanza, sola,
con una mano meccanica i suoi capelli ravvia,
e mette un disco a suonare sul grammofono.
“Questa musica presso di me scivolava sull'acque”
e lungo lo Strand, fino alla Queen Victoria Street.
O città, città, talvolta posso udire vicino
a una qualsiasi taverna in Lower Thames Street
il lamento piacevole di un mandolino,
e dentro chiacchiere e altri rumori
là dove a mezzogiorno i pesciaioli riposano:
dove le mura di Magnus Martir contengono
uno splendore inesplicabile di bianco e oro ionici.
Il fiume trasuda olio e catrame.
Le chiatte scivolano con la marca che si volge.
Vele rosse. Ampie
sottovento, ruotano su pesanti alberature.
Le chiatte sospingono
tronchi che vanno alla deriva
verso il tratto di fiume di Greenwich
oltre l'Isola dei Cani.
Weialala lcia
Wallala Iciaiala
Elisabetta e Leicester
remi che battono
la prua era formata
da una conchiglia dorata
rossa e oro
L'agile flusso dell'onda
si frangeva su entrambe le rive.
Il vento di sud ovest
con la corrente portava
lo scampanìo delle campane
torri bianche.
Weialala leia
Wallala Ieialala
“Tram e alberi polverosi.
Highbury mi fe'. Disfecemi
Richmond e Kew. Vicino a Richmond alzai le ginocchia
Supina sul fondo di una stretta canoa.”
“I miei piedi sono a Moorgate, e il mio cuore
sotto i miei piedi. Dopo il fatto
egli pianse. Promise "un nuovo inizio".
Non feci commento. Di cosa mi dovrei rammaricare?”
“Sulle Sabbie di Margate.
Non posso connettere nulla con nulla.
Le unghie rotte di mani sporche.
La mia gente, gente modesta che non chiede nulla.”
la la...
Poi a Cartagine venni.
Ardere ardere ardere ardere
O Signore Tu mi cogli.
O Signore Tu cogli
bruciando.
T. S. Eliot, nato a St. Louis, Missouri, nel
1888 da una famiglia borghese, studiò
ad Harvard, alla Sorbona (dove frequentò le lezioni di Henri Bergson) e
ad Oxford.
Nel 1914 si trasferì in Inghilterra, dove,
pur mantenendosi con un lavoro da
impiegato di banca, cominciò a pubblicare le prime poesie. L’anno successivo
si sposò con Vivienne Haigh-Wood.
Dopo essere diventato direttore della
casa editrice Faber and Faber passò un
periodo in una casa di cura in Svizzera
per una cura psicologica e qui terminò
la sua opera “La Terra Desolata”.
La poesia era rimasta la sua unica
opportunità di fuga dalla vita familiare. Nel 1927 divenne cittadino inglese
e si definì un “classicista in letteratura,
monarchico in politica, anglo-cattolico
in religione”.
Nel 1947 alla morte della moglie (ricoverata da tempo in una casa di cura) fu
pervaso da sensi di colpa. Successivamente la sua poesia si rivolse a problemi di ordine filosofico e sociale, che
portò anche nelle sue opere per il teatro.
Nel 1948 ricevette il Premio Nobel per
la Letteratura. Morì nel 1965.
La poesia di Eliot è modernista: non
presenta, cioè, un’ordinata sequenza
di pensieri o uno sviluppo logico,
quanto piuttosto una serie di “fotogrammi”, di frammenti non collegati
l’un l’altro da connessioni logiche.
Il clima culturale in cui si inserisce la
sua opera è quello dell’esistenzialismo.
Tra le sue opere più note possiamo
ricordare:
La terra desolata (1922)
Mercoledì delle ceneri (1929)
Assassinio nella Cattedrale (1935)
Quattro quartetti (1942)
LETTURE
a cura di Paolo Romoli
Periodico di informazione
del Consiglio Direttivo
dell'Unione Nazionale Imprese
di Comunicazione - UNICOM
Il linguaggio
dei nuovi media
Lev Manovich
UPA - Edizioni Olivares
Questo volume, giunto ormai alla sesta edizione, costituisce uno studio sistematico a livello
internazionale sull’evoluzione dei nuovi media
con particolare riguardo all’ultimo decennio.
Pubblicato dal Massachusetts Institute of Technology, offre una visione organica dei new media collocandoli nella traiettoria di sviluppo
della cultura contemporanea visiva e mediatica.
“Il linguaggio dei nuovi media” viene considerato il libro cult dagli studiosi e dagli attori che
operano nel campo delle arti elettronihe: registi, storici della comunicazione, producer televisivi, web designer, critici d’arte ed artsti.
Lev Manovich è Professore Associato presso il
Dipartimento di Arti Visive dell’Università della
California a San Diego, dove insegna New Media. Nato a Mosca, dove ha studiato belle arti,
architettura e informatica, arriva a New York
nel 1981 dove consegue il Master of Arts in
Scienze Cognitive ed un Dottorato di Ricerca in
Arti Visuali. Ha lavorato nel mondo dell’informatica come animatore, designer e programmatore fino al 1984. Da allora si dedica all’attività formativa sia come docente che come relatore presso importanti centri universitari in
America ed in Europa.
Da target a partner
Luigi Ferrari
Mario Ruotolo - Riccardo Vigliani
Isedi - Euro 23,50
Questo testo coniuga una sintesi delle posizioni
teoriche in tema di comunicazione d’impresa
con l’analisi del reale vissuto dalle aziende italiane. Il vecchio paradigma del “consumatoretarget” inizia a vacillare, gli imprenditori avvertono questo pericolo, ma non sembrano ancora
in grado di definire un approccio più avanzato
al nuovo “consumatore-individuo” che si va
profilando sul teatro d’azione dell’impresa e sui
suoi mercati.
Dalla ricerca emergono con chiarezza le ansie e
le preoccupazioni di questo momento e le diffrenze nel modo di affrontarle tra le organizzazioni orientate al “metodo”, al “management”
o al “leader”.
Vengono espresse certezze (poche) e molti dubbi, corredati da genuine ed originali testimonianze derivate dall’esperienza diretta dei protagonisti.
Il filo conduttore dell’opera risiede così nella
necessità-opportunità per l’impresa di ristabilire un rapporto reciprocamente premiante con il
nuovo individuo-consumatore-partner, partendo da un approfondito ascolto delle nuove realtà e costruendo un sistema di relazioni stabili e
“adulte”, attraverso un rinnovato ruolo della
Comunicazione Totale come funzione aggregante delle varie anime aziendali.
Luigi Ferrari è Presidente dell’Istituto di Ricerca
People, Consigliere del gruppo comunicazione
di Assolombarda e docente di comunicazione
d’impresa presso l’Università IULM.
Mario Ruotolo e Riccardo Vigliani sono entrambi ricercatori sociali e docenti presso l’Università
IULM.
Anno V - n. 20 - Dicembre 2006 / Gennaio 2007
Direttore Responsabile
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Nicola Bovoli
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Alessandro Colesanti
Donatella Consolandi
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Angela D’Amelio
Francesco Ferro
Juma Jannelli
Fiammetta Malagoli
Francesco Miscioscia
Renato Sarli
Lorenzo Strona
Rossella Tosto
Giorgio Tramontini
Biagio Vanacore
Hanno collaborato
a questo numero:
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Francesco Ferro
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Fiammetta Malagoli
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Carlo Sangalli
Renato Sarli
Lorenzo Strona
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cui all'art. 13 della suddetta legge (cancellazione, rettifica, aggiornamento, integrazione).
31 / L’IMPRESA DI COMUNICAZIONE / N. 20 / 07
Una scelta.
Molte opportunità
Conoscere la realtà in cui si vive
è il primo compito di un comunicatore,
così come lo è per un imprenditore.
Unicom da tempo rappresenta, promuove
e sostiene le imprese che operano in questo comparto, ne conosce a fondo ogni aspetto:
valori, costi, problemi, e mette loro a disposizione
una pluralità di servizi e convenzioni.
Ma la forza di Unicom non si basa solo
sulla qualità delle opportunità che offre
alle imprese associate: la sua capacità
di interpretare e rappresentare necessità
ed aspettative del mondo della comunicazione
costituisce la premessa migliore per affrontare
e vincere ogni sfida, anche la più impegnativa.
Aderire ad Unicom dunque significa aggiungere
energie al proprio lavoro. Scegli come conoscere
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