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Novembre - Dicembre 2008
UNITRE
D A R W IN
… E NON SOLO
Arrivederci, Mr. Darwin
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Darwin; infinite forme bellissime. La pubblicazione dell’Origine
e la rivoluzione nelle scienze naturali.
Terminato il Viaggio ha inizio per Darwin lo studio del materiale
raccolto e la maturazione delle idee percepite durante la lunga circumnavigazione del mondo. Si stabilisce dapprima a Cambridge, poi
a Londra, poi nella casa paterna e distribuisce i materiali ai migliori
botanici, zoologi e geologi affinché vengano studiati compiutamente.
Egli stesso scrive numerosi lavori scientifici, ma non sta bene, risente degli strapazzi del lungo viaggio, delle faticose escursioni compiute e dell’eccessiva varietà dell’alimentazione e soffre di continue emicranie e disturbi di stomaco; queste condizioni di salute lo accompagneranno per tutta la vita.
Si reca spessissimo presso i cugini nella casa di zio Josiah Wedgwood, dove la cugina Emma, che lo aveva atteso per tutti quegli anni, è lì
pronta ad ascoltarlo, a infondergli coraggio, ad addolcire le sue pene. I
due si fidanzano e si sposeranno a Londra l’11 gennaio 1839.
Dopo una breve permanenza a Londra
Charles ed Emma si trasferiscono, nel 1842,
a Down nel Kent, a 16 miglia dalla città in
una proprietà comperata per duemila sterline, un po’ fuori mano, contornata da un magnifico parco: una dimora che lasceranno assai di rado e nella quale per oltre 40 anni
scorrerà una vita serena, operosa e abbastanza monotona ove il lavoro, la lettura, le
partite a tric trac, la musica al piano suonata
Emma Wedgwood
da Emma, lo sbrigare la corrispondenza, la
passeggiata a cavallo o in carrozza venivano compiuti a orari stabiliti. Così Darwin nella sua Autobiografia:
“Nel primo periodo del nostro soggiorno andammo un po’ in società
e ricevemmo alcuni amici, ma la mia salute risentiva quasi sempre di
questa fatica con brividi e vomito. Fui dunque obbligato per anni a ri3
fiutare qualsiasi invito a pranzo … Per la stessa ragione fui sempre
soltanto in grado di invitare pochissimi miei colleghi scienziati. La
principale occupazione e la vera fonte delle mie gioie qui sono i miei
lavori scientifici: la passione per questi studi mi fa dimenticare o addirittura scacciare i miei malanni quotidiani”..
Tra virgolette
Darwin si levava, sia d’inverno che d’estate, molto per tempo; alle otto era infatti
già al lavoro, nel suo studio. Verso la metà della mattinata una breve interruzione
per scorrere la posta e per sbrigare l’amministrazione, complessa e redditizia, dei
suoi beni. Quindi una passeggiata alla serra nella quale aveva sempre qualche esperimento in corso da controllare, accompagnato dal suo fido Polly. A mezzogiorno una
frugale colazione seguita da un’ora di riposo nel salotto vicino al caminetto, mentre
Emma gli leggeva i giornali o le lettere degli amici. Poi un pomeriggio passato quasi
interamente nel suo ampio studio, ove via via presero consistenza e corpo i suoi
numerosi libri. Le sere passavano con molta semplicità nella lettura, fattagli da Emma, dei suoi autori preferiti o nella musica, ma non rinunciava se non di rado alle
partite di tric trac con la moglie.
Down House
Ebbero dieci figli, dei quali solo sette raggiunsero l’età adulta: le dilette Henriette (1843
– 1929) ed Elisabeth (1847 – 1925); William
(1839 – 1914) che fu banchiere; George (1845
– 1912) matematico, astronomo e fisico; Francis (1848 – 1925) che divenne professore di botanica a Cambridge e fu suo biografo; Leonard
(1850 – 1943) deputato ed economista; Horace
(1851 – 1928) fisico e astronomo.
Amò molto i figli e quando, a dieci anni, la piccola Anne (Annie) morì di tubercolosi, scrisse alcune struggenti righe in suo ricordo: “La nostra povera figliolina Annie è
nata a Gower Street il 2 marzo 1841 ed è spirata a Malvern a mezzogiorno del 23
aprile 1851. Scrivo queste pagine, pensando che in qualche tempo futuro, se ci è
dato vivere, le impressioni che registro oggi potranno farci ricordare meglio le sue
qualità. … Gaiezza e vivacità di cucciolo irradiavano dalla sua personcina e
rendevano ogni suo movimento elastico e pieno di vita e di vigore. Era incantevole
starla a guardare.
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Ricordo il suo caro visino, quando mi veniva
incontro di corsa, giù per le scale, con una presa
di tabacco rubata per me, tutta illuminata dal
piacere di procurar piacere. Anche quando giocava con le cugine, se nella sua allegria diveniva
troppo rumorosa, bastava una mia occhiata,
non di rimprovero (grazie a Dio non gliene ho
rivolti quasi mai) ma di minor simpatia, perché
per qualche minuto cambiasse contegno. …
quando era piccina, se non toccava sua mamma
non stava a suo agio in letto con lei, e nei suoi
ultimi tempi, quando stava male, accarezzava a
lungo il braccio della madre. … Ed era sempre
Annie nel 1849
pronta a pettinarmi i capelli per un’intera
mezz’ora, “per farmeli belli”, diceva, oppure a lisciarmi, piccina mia, o il colletto, o i
polsini; insomma mi coccolava. … Quando mi accompagnava lungo il “Viale di sabbia”, (un vialetto realizzato da Darwin stesso) benché camminassi svelto, la vedevo
quasi sempre davanti a me che piroettava con straordinaria eleganza e la cara faccina illuminata sempre da un dolce sorriso. In alcuni momenti mi trattava con graziosa
civetteria e ne conservo un ricordo incantevole. … Non si lamentò mai, non dette
mai in smanie … Era così esausta che quasi non poteva parlare, eppure lodava tutto
quel che le si dava: il tè era “splendidamente buono” e quando le detti un po’
d’acqua da bere disse “ ti ringrazio tanto”, e queste credo furono le ultime preziose
parole che le sue care labbra mi rivolsero. …
Nel frattempo, nel 1839, è uscita la prima edizione del Viaggio di
un naturalista attorno al mondo, (il titolo di questa prima edizione
era in verità differente) che costituisce il diario non ufficiale della
spedizione, mentre il rapporto vero e proprio fu curato da Fitz Roy e
pubblicato nel 1840. Libro di facile lettura, la prima edizione è esaurita nel giro di pochi giorni.
Ma la sua mente è già dedicata al lavoro che dovrà renderlo immortale, cioè all’Origine delle specie. “A partire dal settembre 1834 –
scrive nella Autobiografia – dedicai le mie giornate a sistemare
l’enorme massa di appunti e a compiere osservazioni ed esperimenti
in rapporto alla trasmutazione della specie. … ero rimasto profondamente impressionato dalla scoperta, avvenuta nella pampa, (a) di
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grandi animali fossili ricoperti di corazze simili a quelle degli armadilli
attuali; in secondo luogo (b) dalla maniera in cui animali strettamente
analoghi si sostituivano l’un l’altro via via che si procedeva
nell’interno verso sud; in terzo luogo (c) dal carattere sud americano
della maggior parte delle razze dell’Arcipelago Galapagos e, più in
particolare, dal fatto che esse presentavano leggere differenze in ciascuna isola del gruppo … “
Tartaruga delle Galapagos
La deduzione che Darwin trae da
questi fatti di ordine: a) paleontologico; b) biogeografico e c) ecologico è la
seguente: una spiegazione è possibile
“solo supponendo che le specie si vadano modificando un poco per volta”,
lentamente, così come lentamente si
sono svolte e si svolgono tutt’ora le
variazioni della crosta terrestre, secondo l’ipotesi attualistica del suo
amico e maestro il geologo Lyell.
In particolare, dalle innumerevoli osservazioni compiute durante il Viaggio risultava la
capacità degli organismi di adattarsi perfettamente alle varie condizioni di vita. Ma come
era stato realizzato tale adattamento, secondo
quali modalità? “Era evidente – scrive – che
né l’azione dell’ambiente, né la volontà degli
organismi (particolarmente nel caso delle piante) potevano spiegare i casi di adattamento
Charles Lyell
all’ambiente”.
Iniziò allora un poderoso lavoro di lettura su tutto ciò che riguardava quelle variazioni dei caratteri che, secondo lui, erano alla base
della modificazione della specie, raccogliendo tutti i fatti che si riferivano in qualche modo alle variazioni degli animali e delle piante
per effetto dell’addomesticamento o degli agenti naturali. La sua fat6
toria di Down inoltre diventò il centro di esperienze dirette sul fenomeno della variabilità delle piante e degli animali, le serre si riempirono di piante di varie specie, gli stabulari brulicarono di galli, conigli e piccioni mentre si diede a consultare sull’argomento della variazione tutti i più brillanti scienziati di sua conoscenza e una innumerevole schiera di giardinieri, orticultori e allevatori.
Pur avendo studiato a fondo l’intero argomento, Darwin non chiarì
le incertezze e i dubbi che circondavano la variazione. Tralasciando
le cosiddette variazioni sport, a cui dette il nome di singole variazioni
e che considerò insufficienti ai fini dell’evoluzione, fissò l’attenzione
sulle piccole variazioni insorte per caso tra individuo e individuo, ritenendole ereditabili e, con il succedersi delle generazioni, sommabili. E’ bene ricordare che una conoscenza della variabilità, nelle sue
espressioni generali e particolari, si è avuta solo con l’applicazione
sistematica ai fenomeni biologici della matematica e con lo sviluppo
della genetica, e che questa conoscenza non è ancora completa e
comunque in continuo approfondimento.
La base del meccanismo evolutivo consiste quindi secondo Darwin, nell’apparizione, in gruppi di individui, di piccole variazioni,
nella loro possibilità di sommarsi ed essere trasmesse ai discendenti. Circa le cause di queste variazioni però Darwin non si pronuncerà
nell’”Origine”; tratterà l’argomento in un altro lavoro ma non giungerà, tuttavia, a conclusioni di rilievo: sarà la Biologia moderna, mediante l’apporto sperimentale della genetica, a dare al fenomeno una
plausibile spiegazione. Darwin non dette però alcuna importanza
all’azione diretta dell’ambiente, come aveva fatto Lamarck, e men
che meno all’azione di una ipotetica forza interna evolutiva propria
degli esseri viventi.
Darwin fa altre considerazioni altrettanto importanti. Egli calcolò
che la riproduzione incontrollata degli esseri viventi avrebbe condotto teoricamente, nel giro di pochi millenni, alla saturazione dello
spazio vitale sulla terra: ad esempio da una iniziale coppia di elefanti – animale dotato di scarsa prolificità – si sarebbero potuti avere, a
750 anni di distanza, qualcosa come 19 milioni di individui!
Ma sulla terra non si riscontra certo questa saturazione dello spa7
zio vitale, in quanto, in generale, si raggiunge un certo equilibrio
stabile con entità numeriche di gran lunga inferiori a quelle teoriche.
La domanda che Darwin si pose è: perché accade questo? a che
cosa è dovuta l’azione frenante? Nel formulare la risposta gli venne
in aiuto la lettura di un libro che ebbe un discreto successo sin dal
suo apparire: si tratta del Saggio sul principio della popolazione di
Robert Malthus nel quale l’autore dimostrava, o credeva di dimostrare, che poiché sulla terra la crescita teorica della popolazione è
di tipo geometrico mentre quella dei mezzi di sopravvivenza di tipo
aritmetico, da un certo punto in poi, quando le due curve si incontrano, si dovranno instaurare dei meccanismi che limiteranno il
numero degli individui in modo tale da renderlo adeguato ai mezzi di
sopravvivenza: deve in sostanza verificarsi una lotta per l’esistenza
sia fra gli individui della medesima specie, sia fra gli individui di
specie diverse.
Darwin generalizzò il principio di Malthus a tutto il complesso degli organismi animali e vegetali. Dimostrata la
tendenza delle specie a moltiplicarsi in
modo indefinito e, d’altro canto, la loro
costrizione in limiti ristretti, trasse una
deduzione fondamentale: la lotta per
l’esistenza.
Ebbene, su quali principi, con quali
armi si sviluppa questa lotta? Come
Thomas Robert Malthus
può avvenire che alcuni individui soccombano e altri no e come può accadere, più in generale, che alcune
specie scompaiono mentre altre persistono? Ecco affacciarsi, nella
mente di Darwin, il principio della “selezione naturale” o, come egli
lo chiama, dell’elezione naturale. E come agisce, su che cosa agisce,
la selezione? Al termine di un lungo ragionamento, che non è qui il
caso di esporre per esteso, egli afferma: “ … (prendiamo) il caso di un
paese che stia per subire alcune mutazioni fisiche, per esempio un
cambiamento di clima. I numeri proporzionali dei suoi abitanti si altereranno quasi immediatamente, e alcune specie potranno estinguersi.
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… possiamo prevedere poi che ogni cambiamento nelle proporzioni
numeriche di alcuni di essi, indipendentemente dalle modificazioni del
clima, influirebbe seriamente sulla maggior parte degli altri. Se la regione fosse aperta nei suoi confini, nuove forme di certo immigrerebbero. … Ma nel caso di un’isola o di un paese parzialmente cinto di
barriere … vi sarebbe posto nell’economia locale per quegli abitanti
aborigeni che venissero in qualche modo a modificarsi; se invece
l’area fosse aperta all’immigrazione quello stesso posto sarebbe occupato dagli intrusi. (ricordiamo che per abitanti, immigrati, intrusi si
intendono specie animali e vegetali in generale!). In tal modo ogni
leggera modificazione, che nel corso delle età potesse aver luogo, tenderebbe a perpetuarsi quando fosse in qualche modo vantaggiosa a
una stessa specie … l’elezione (selezione) naturale avrebbe così un
vasto campo per l’opera di perfezionamento.
La selezione, dunque, agisce sulle varianti formatesi occasionalmente, isolando i gruppi di individui con varianti utili e facendo scomparire quelli che ne sono privi. In sintesi la teoria di
Darwin può essere così riassunta:
a) esistono negli individui viventi possibilità di variazioni ereditabili, la cui origine è (era) tuttavia sconosciuta;
b) è dimostrata la tendenza degli organismi ad accrescersi secondo una proporzione geometrica;
c) tuttavia lo sviluppo numerico degli individui delle varie
specie risulta limitato;
d) vi è quindi una lotta – selezione per l’esistenza;
e) l’ambiente si modifica con gradualità (attualismo di Lyell);
f) nella lotta – selezione per l’esistenza l’ambiente con le sue
modificazioni, pur incapace di produrre variazioni ereditarie
negli esseri viventi, favorisce, per selezione naturale, gli individui con varianti idonee alle modificazioni stesse, determinando, con il succedersi delle generazioni, l’origine di
nuove specie;
g) l’isolamento geografico favorisce l’affermarsi di nuove specie.
Darwin non parla di evoluzione delle specie, ma di origine delle
specie, cioè di quello che lui stesso definisce il mistero dei misteri.
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Ma le specie preesistenti tendono a estinguersi quando l’ambiente in
graduale trasformazione non è più adatto alla loro sopravvivenza e,
secondo il principio della selezione naturale, se ne possono originare
di nuove; esse tendono così a trasmutare le une nell’altre e, in definitiva, a evolversi.
La teoria di Darwin, che fu robustamente sostenuta da un’enorme
mole di dati, osservazioni, sperimentazioni di carattere geologico, paleontologico, zoologico, è quindi un tavolo che poggia essenzialmente
su tre zampe:
• la variabilità, ereditabile, degli individui;
• la selezione degli individui nella lotta per l’esistenza, operata
dall’ambiente che gradualmente si modifica;
• l’isolamento geografico.
L’interpretazione data da Darwin si stacca da quella di Lamarck in
modo netto. Alla variazione, che per Lamarck è indotta dall’ambiente
e che per Darwin sorge spontanea, subentra l’azione dell’ambiente:
un’azione passiva, di selezione, che potremmo paragonare a quella
compiuta da un setaccio su della sabbia formata da granelli di vario
volume: passeranno solo i sassolini più piccoli delle maglie del setaccio, così come solo alcuni caratteri formatisi per variazione ereditabile passeranno al setaccio della selezione naturale, divenendo
l’espressione della nuova specie: questo nella storia lunghissima degli abissi del tempo.
Tutto ciò costituiva, in parole povere e grosse, la teoria di Darwin
(my theory). Oggi le cose non stanno proprio del tutto così, ma questa è un’altra storia che nulla toglie al grandioso monumento del
pensiero edificato da Charles Darwin e alla sua profonda attualità,
dal momento che oggi si parla di neo – darwinismo e che la teoria
dell’evoluzione delle specie si è … evoluta fino a diventare ipotesi
confermata da acquisizioni oggettive e fatti certi.
L’Origine delle specie fu un’opera rivoluzionaria, e come tutte le
opere rivoluzionarie fu pubblicata dopo una lunga e matura ponderazione tesa a evitare quanto più possibile di cadere in ardite speculazioni elaborate senza un supporto oggettivo documentabile, fatto
questo che Darwin rimproverava pesantemente a Lamarck.
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Sebbene egli si confidasse spesso con Lyell, il quale lo esortava a
scrivere e pubblicare almeno gli elementi fondamentali della sua teoria, Darwin non si era deciso per anni a pubblicare né le sue considerazioni di base, né le prove a poco a poco raccolte, e così ci parla
dei suoi dubbi: “Nel 1842 mi concessi per la prima volta la soddisfazione di scrivere a lapis, in 35 pagine, un riassunto brevissimo della
mia teoria; lo ampliai nell’estate del 1844 scrivendo un saggio di 230
pagine che poi compilai in bella e che possiedo ancora”. In questo
saggio scrive di “essere pressoché certo che le specie (mi sembra di
commettere un delitto) non sono inalterabili ”. E poi ci racconta: “Però
mi sfuggiva ancora un problema di grande importanza … Si tratta della tendenza delle creature organiche ad assumere caratteri divergenti
allorché si modificano (es. i becchi dei fringuelli delle Galapagos). Ricordo ancora il punto preciso della strada – ero in carrozza – quando,
con mia somma gioia, mi venne in mente una soluzione. … i discendenti modificati in tutte le forme dominanti e in via di sviluppo tendono, nell’economia della natura, ad adattarsi ai diversissimi luoghi nei quali vivono”. In queste parole Darwin sintetizza chiaramente i rapporti fra selezione naturale e adattamento
all’ambiente.
Tuttavia trascorrono ancora alcuni anni, Darwin raccoglie ulteriori
documentazioni e prove, elabora i materiali che aveva raccolto durante il Viaggio, scrive due grossi volumi sui Cirripedi (un gruppo di
invertebrati) e altro ancora.
E’ solo nei primi mesi del 1856 che, ormai convinto di poter documentare a sufficienza la sua teoria, comincia a scrivere l’Origine delle specie, adottando però una scala di grandezza tre o quattro volte
più ampia di quella seguita poi nella stesura definitiva dell’opera.
Era giunto circa a metà del lavoro … quando, nell’estate del 1858,
gli giunse dall’arcipelago delle Molucche in Indonesia un manoscritto inviatogli per un suo giudizio da Alfred Russel Wallace, un naturalista inglese che lavorava da tempo da quelle parti, essendo stato
ospite ultimamente anche di sir James Brooke, il famoso rajah bianco di Sarawak descritto da Salgari (chi non si ricorda della Perla di
Labuan, di Sandokan e del fido Janez de Gomera? ).
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Il saggio di Wallace recava il titolo: Sulla
tendenza delle varietà a dipartirsi indefinitamente dal tipo originario ed esprimeva
gli stessi concetti di Darwin sulla mutabilità delle specie e sull’azione dell’ambiente
nell’isolare le varianti più idonee; concetti
a cui questo naturalista, rintanato nelle
impenetrabili foreste malesi, era giunto
leggendo anch’egli Lyell e Malthus e che
inviava deferentemente per un giudizio al
più anziano e famosissimo grande naturaAlfred Russel Wallace lista suo conterraneo. Inutile dire che il
nostro Charles fu colpito, stupito, amareggiato, sconvolto nel vedere
riportati e descritti nitidamente in poche pagine quei concetti attorno ai quali stava faticosamente lavorando da più di vent’anni.
Tra virgolette
L’altro uomo: il famoso secondo.
Il Wallace era nato in Inghilterra nel 1923, ottavo di nove figli e fu, come d’altra parte Darwin prima di lui, uno scienziato un po’ particolare, lontano dal mondo accademico. Più giovane
di Darwin di molti anni, dopo aver abbandonato
un tranquillo lavoro di agrimensore (lavorava in
società col fratello) e poi di maestro elementare, ebbe a trascorrere, quale collezionista di
professione con forti interessi naturalistico
commerciali, una vita avventurosa nelle foreste
tropicali, prima del Brasile, dell’Arcipelago Malese poi.
Riuscì a trovare chi a Londra gli finanziasse
un viaggio in Amazzonia alla ricerca di esemplari zoologici ( vertebrati e invertebrati) da inviare
a musei e collezionisti privati, e così nel 1848
salpò da Liverpool con l’amico Bates, altro
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Alfred Russel Wallace a
Singapore nel 1862
strambo naturalista, e per quattro anni esplorerà in particolare il Rio Negro alla ricerca dei materiali commissionati. Era in buona sostanza un privato, di professione
esploratore e naturalista, che lavorava nei luoghi più impervi per soddisfare le ordinazioni dei committenti: fu sempre fisiologicamente, quasi costituzionalmente, povero. Tra l’altro, durante il ritorno in Inghilterra dal Brasile, scoppiò un incendio a bordo della nave, che fece naufragio. Wallace trascorse dieci giorni su una delle due
scialuppe di salvataggio e perse tutti gli esemplari che recava con se nella stiva: si
salvarono solo i materiali che aveva inviato in patria.
Ma Wallace, tutt’altro che scoraggiato, tanto fece che trovò altri finanziatori per
un secondo viaggio, questa volta in Indonesia (partì per Singapore nel marzo 1854)
dove, tra mille avventure, disavventure, viaggi per mare e per terra, caccia e raccolta degli uccelli del paradiso, iniziò a elaborare la sua ipotesi sulla divergenza
delle specie che tanto impressionò
Darwin. Compose nel 1855 un primo
articolo titolato “Sulla legge che ha regolato l’introduzione di nuove specie”,
conosciuta anche come Legge di Sarawak, (in quel tempo era, come si è
visto, ospite di sir James Brooke, che
dal 1841 con autorità ed equilibrio governava la regione del Sarawak nel
Borneo), quindi nel 1858 scrisse, trovandosi a Ternate nelle Molucche, il
La rana volante scoperta da
famoso e ricordato saggio “Sulla ten-
Wallace nell’Arcipelago Malese.
denza delle varietà a dipartirsi indefinitamente dal tipo originario”.
Vale la pena di spendere due parole su Brooke.
Al servizio della Compagnia delle Indie combatté la pirateria e prestò aiuto militare
al sultano del Borneo nella lotta contro alcune tribù Dayak ribelli e Salgari ne fece un
personaggio, invero assai malvagio, nei suoi romanzi del ciclo di Sandokan. Nel 1841
ricevette il titolo di rajah di Sarawak, continuando a combattere i pirati (Sandokan?)
e a sostenere l’influenza inglese sull’isola. Morì nel 1868 a 65 anni. Wallace, poco
dopo essere disastrosamente rientrato dall’Amazzonia, incontrò sir Brooke a Londra
dove il rajah gli offrì “ogni aiuto nell’esplorazione dei territori sotto la sua giurisdizione” e la sua più completa ospitalità qualora egli avesse deciso di partire per le isole
malesi. Giunto nel Borneo, Wallace andò nella regione di Sarawak alla “corte” del
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rajah, da lui giudicato “un vero gentiluomo, un nobiluomo nel senso più vero e sincero del termine”, e qui fu accolto con tutti gli onori e presentato alla comunità dei
coloni locali come famoso naturalista, viaggiatore e filosofo. Il segretario di Brooke
raccontò di quanto il rajah fosse felice di poter ospitare un uomo così acuto e di poter discutere
con lui temi religiosi e filosofici che tanto lo appassionavano. Wallace trovò sempre calorosa ospitalità in casa Brooke ogni volta che rientrava dalle esplorazioni nelle regioni circostanti e, come si è visto, fu proprio in una delle proprietà del “rajah
bianco”, un villino circondato dalla folta foresta
tropicale, che, nella stagione delle piogge, affrontò
per la prima volta il problema dell’evoluzione dal
punto di vista teorico.
Wallace, rientrato finalmente in Inghilterra nel
1862, si sposa nel 1866 con Annie, la figlia
James Brooke
dell’amico botanico William Mitten.
Egli è considerato uno dei massimi naturalisti vittoriani, esploratore delle foreste tropicali e redattore di dotte memorie circa le proprie osservazioni; aveva interessi che spaziavano dall’entomologia all’antropologia,
dalla geologia alla glaciologia alla biogeografia evolutiva. Viene ricordato, e per questo ha un posto perenne nel libro della scienza, come l’altro uomo che avanzò
l’ipotesi dell’origine delle specie per mezzo della selezione naturale, insieme e contemporaneamente a Darwin. Senza volerlo gettò letteralmente nel panico il buon
Darwin quando gli inviò per un parere la sua celebre memoria. Anche se in quel
momento Darwin si sentì sul punto di perdere la priorità dell’idea rivoluzionaria alla
quale lavorava da vent’anni, tutto sommato l’invio di quella memoria fu quanto mai
opportuno poiché impresse al lento e meticoloso Charles un solenne spintone che
rese finalmente possibile, nel 1859, la pubblicazione dell’ ”Origine”.
Wallace, oltre che dotto naturalista e acutissimo teorico, aveva fatto dell’impegno
sociale quasi una seconda carriera; fu animato in gioventù da solidarietà e spirito
umanitario nei confronti degli umili e dei meno fortunati e tali sentimenti si trasformarono, nel tempo, in una consapevolezza di impronta socialista.
Morì il 7 novembre 1913 e fu sepolto nel cimitero di Broadstone; rimasto sostanzialmente povero, da molti anni era titolare di una pensione statale al cui ottenimento aveva contribuito anche Darwin. Il 1° novembre del 1915 nell’Abbazia di Westminster venne posto un medaglione celebrativo in suo onore.
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Quando, alla fine della lettura del saggio di Wallace, Darwin ebbe
la chiara percezione che nell’enunciazione della sua teoria era stato
preceduto, e per di più da un semi sconosciuto naturalista sepolto
nelle foreste dell’oriente misterioso, si rivolse all’amico Lyell, confidandogli il fatto e accompagnando con queste parole il saggio di
Wallace, mentre onestamente ne proponeva la pubblicazione su una
rivista scientifica: “Le vostre parole, che io sarei stato preceduto –
scrive all’amico – si sono avverate nel senso più ampio della parola.
Non ho mai visto una coincidenza così impressionante; perfino nei titoli dei miei capitoli si trovano i termini di Wallace”. Lyell, che aveva seguito lo sviluppo della teoria di Darwin sin dall’inizio, e alla quale –
occorre dirlo – almeno in un primo tempo era contrario, informò della questione il più famoso naturalista inglese del tempo, il botanico
Dalton Hooker. Entrambi decisero di convocare l’assemblea generale
dei soci della Linnean Society per presentarvi contemporaneamente
il manoscritto di Wallace
e il breve riassunto che
Darwin aveva loro inviato
fin dal 1844.
La riunione della Società ebbe luogo il 1° luglio
1858 e sebbene i partecipanti non fossero molti e
non fossero presenti né
Wallace (ancora in Indoda sin. Darwin, Lyell e Hooker
nesia) né Darwin, quella
riunione può essere considerata storica.
Nelle due comunicazioni veniva, per la prima volta, affermato pubblicamente che le specie sono mutabili e si dava, con l’azione
dell’ambiente per selezione naturale, una spiegazione plausibile del
fenomeno.
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Il 1° luglio del 1908, quando Darwin era ormai morto da 26 anni,
in occasione del 50° anniversario di quella
lettura congiunta dei lavori sulla selezione
naturale alla Linnean Society, Wallace ricevette dalla stessa Linnean Society di
Londra, in commemorazione dell’evento,
la Medaglia Darwin – Wallace.
I rapporti tra Darwin e Wallace furono e
si mantennero sempre cordialissimi; mentre Darwin fece rilevare il merito di Wallace, questi insistette nel far osservare che
Darwin si era occupato della questione
assai prima di lui e con una dovizia di ar- La medaglia Darwin –
gomenti di ordine geologico, paleontologi- Wallace. Luglio 1908.
co e zoologico tale che lo facevano essere,
senza ombra di dubbio, il padre incontrastato della teoria.
Darwin, spronato da questi eventi, si era nel frattempo messo al
lavoro per pubblicare un libro sulla sua teoria, un’opera meno estesa e più accessibile dei ponderosi volumi progettati e già iniziati. Si
ritirò quindi con Emma nell’isola di Wight, davanti a Portsmouth, e
lì scrisse, “in 13 mesi e 10 giorni”, quella che
doveva essere la sua opera immortale.
La prima edizione di 1.250 copie, pubblicata
dall’editore di Londra John Murray, si esaurì
il giorno stesso, 24 novembre 1859, in cui fu
messa in vendita; poco dopo seguì una seconda edizione di 3.000 copie. Nel 1876 erano
state vendute nella sola Inghilterra 60.000 copie.
L’Origine
Darwin scrisse in una lettera indirizzata a
Lyell il 14 gennaio 1860: “Solo oggi mi rendo conto del successo del
mio libro; perché in una lettera che Emma ha ricevuto oggi, la signora
che le scrive racconta di aver sentito un signore chiedere il mio libro a
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una stazione ferroviaria, al ponte di Waterloo, e il libraio rispondere
che non ne avrebbe avuto più copie, prima della pubblicazione della
seconda edizione. Aggiunge che non l’ha letto, ma che ha sentito dire
che lo considerano molto notevole … “.
L’Origine ebbe dunque successo fin dall’inizio e la cosa è tanto più
interessante in quanto il libro non può dirsi davvero di facile lettura.
La spiegazione di ciò va trovata sia nella popolarità di Darwin, conosciuto in particolare per il Viaggio di un naturalista intorno al mondo,
sia nel fatto che l’ambiente culturale dell’Inghilterra vittoriana era
alquanto maturo per teorie che combattessero il fissismo di Cuvier.
Giova ricordare che tra il 1831 e il 1842 erano uscite ben sei edizioni dei Principi di Geologia (Principles of Geology) di Lyell, opera rivoluzionaria in Geologia non meno di quella di Darwin in Biologia.
Tuttavia la scienza ufficiale era ancorata al più puro fissismo; lo
stesso Lyell lo era, lo stesso Hooker. “Gli stessi Lyell e Hooker, che mi
ascoltavano con interesse, non sembravano affatto condividere il mio
pensiero; cercai una volta o due di spiegare a uomini ragguardevoli
quello che intendevo per selezione naturale, ma furono insuccessi
memorabili”.
Ben presto però, così come Darwin aveva previsto e in parte temuto, si accese intorno all’Origine delle specie una vivace polemica. Accettare l’evoluzione significava, infatti, giungere dritto dritto al più
grosso e importante dei punti interrogativi: la specie Homo sapiens
da dove deriva? Veniva da sé pensare alle specie più evolute di Primati vicini all’uomo, e quindi alle scimmie antropomorfe. E come
conciliare questa possibilità di interpretare la presenza dell’uomo
sulla terra con la certezza della sua origine divina, per atto creativo,
così come asseriva la Bibbia? Darwin si era mostrato a questo proposito riservato, avendo scritto solo una frase: “Si farà luce anche
sull’origine dell’uomo e sulla sua storia”; niente altro. Né, d’altra parte, avrebbe potuto dire molto di più partendo, come era solito, da elementi di fatto: solo da poco era stato scoperto il primo resto fossile
umano, la calotta del cranio dell’uomo di Neandertal, sulla quale le
opinioni erano molto discordi. Solo dopo vari anni affrontò
l’argomento, pubblicando l’altro suo importante, ma non fondamen17
tale lavoro: l’Origine dell’uomo. Erano state sufficienti, a quest’uomo
tranquillo, le violente dispute seguite alla pubblicazione dell’Origine
delle specie.
Tra virgolette
Il Molto Reverendo Samuel Wilberforce, vescovo di Oxford.
Che fascino riandare a quel fine giugno 1860! In Oxford, alla riunione annuale
dell’Associazione britannica per il Progresso delle Scienze, si discute della teoria di
Darwin.
Prende la parola Richard Owen, direttore della sezione naturalistica del Museo Britannico, il più quotato biologo e paleontologo inglese contemporaneo, fissista convinto, per il quale Cuvier era la dottrina e il resto non aveva valore. Tutta la sua relazione, più che a criticare Darwin e le prove e considerazioni da lui addotte, è orientata a dimostrare l’impossibilità di una origine scimmiesca dell’uomo.
Richard Owen
Finito che ha Owen di parlare chiede la parola
Thomas Huxley, giovane e brillante biologo ben noto
a Londra. Intelligente, oratore notevole e battagliero, ben preparato, convinto di quanto si accinge a
sostenere, reduce, come lo era stato Darwin, da un
lungo viaggio intorno al mondo, ha avuto la fortuna
di assistere Darwin nella stesura del suo lavoro.
Thomas Henry Huxley
Il giovane Huxley smantella tutte le posizioni di
Owen con calma e non
senza ironia, mostrando
come le somiglianze morfologiche fra uomo e grandi
scimmie antropomorfe (Scimpanzé ecc.) siano, in fondo,
più marcate delle differenze, e propone di classificare insieme, nel medesimo ordine dei Primati, queste scimmie e
l’uomo, così come aveva fatto Linneo.
Visibilmente imbarazzato Owen ascolta in silenzio tutto il
lungo e persuasivo discorso di Huxley e alla fine non sa
che cosa rispondere.
Accigliato e autoritario, di fronte a 700 persone, si alzò
allora a parlare il Vescovo di Oxford, Samuel Wilberforce,
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noto ornitologo e matematico.
L’illustre professore iniziò il suo dire affermando l’inutilità di discutere sulla variabilità, sulla selezione, sulle caratteristiche morfologiche del cervello, delle mani, dei
piedi, in quanto tutto ciò portava a conclusioni assurde e contrarie ai dogmi religiosi;
poi, tentando di volgere la questione al ridicolo e principiando una politica che la
Chiesa avrebbe perseguito in seguito per molto tempo, domandò se l’onorevole professore Huxley credesse veramente di derivare dalla scimmia e, in caso affermativo,
se da parte di nonno o di nonna.
Samuel Wilberforce
Furibondo ma ironico, sorridendo, forte del suo amore
per la verità scientifica, Huxley rispose che l’uomo non si
doveva vergognare affatto dei suoi antenati scimmieschi.
“Mi vergognerei se sapessi di discendere da Lei, onorevole
signor Vescovo, che usa il suo talento e la sua posizione
per volgere in ridicolo una seria questione scientifica, nella
quale mostra di capire ben poco”.
Vi fu un istante di silenzio, pieno di stupore, poiché
l’uomo che riceveva una simile risposta era nientemeno
che il Vescovo della città che ospitava il Congresso; poi,
improvviso, uno scroscio di applausi: l’amore per la verità
aveva vinto un’importante battaglia.
Siamo al tre di aprile del 1882 e Charles Darwin comunica a uno
studioso di Beirut, con il quale era in corrispondenza, di aver scritto
la prefazione all’opuscolo sui cani randagi di Beirut che questi gli aveva inviato e di averne raccomandato la pubblicazione alla Società di
Zoologia. Ma la fine è ormai vicina e gli eventi precipitano. Huxley, il
grande combattente che aveva difeso la teoria di Darwin contro tutto
e tutti, lo aveva pregato di affidarsi alla costante assistenza di un
medico. “Il dottor Clark – fu la risposta – è molto gentile con me, ma è
troppo occupato per poter venire qui. Ancora una volta, caro amico, ricevi i miei più sentiti ringraziamenti. Dici di essere ridotto a un automa,
ma Dio volesse che ci fossero al mondo molti automi così!”.
Egli spirò serenamente alle tre e mezzo del pomeriggio del 19 apri19
le 1882; da poco più di due mesi aveva compiuto settantatre anni.
È bello concludere questo breve ciclo di chiacchierate su un uomo
che rimarrà in eterno nella storia del mondo e che rappresenterà per
sempre un simbolo, così umano e discreto, della ricerca della verità,
con le ultime parole dell’Origine delle specie:
“Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione della vita,
con le sue molte capacità, che inizialmente fu data a poche
forme o a una sola e che, mentre il pianeta seguita a girare
secondo la legge immutabile della gravità, si è evoluta e si evolve, partendo da inizi così semplici, fino a creare infinite
forme estremamente belle e meravigliose”.
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3.Darwin - Infinite forme bellissime