Comunicazione – Formarsi per trasformarsi 2013: confrontarsi con un mercato e un’utenza che cambia
© SIDS - Farmacie Comunali di Reggio Emilia e Iforma.it
DISPENSA DEL MODULO COMUNICAZIONE DEL CORSO E-LEARNING
FORMARSI PER TRASFORMARSI 2013
confrontarsi con un mercato e un’utenza che cambia
Indice
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Introduzione
Come si comunica
La comunicazione non verbale
Le barriere alla comunicazione
Saper ascoltare e saper rispondere
Assertività
Tecniche di gestione del conflitto
L'intervista al paziente
Situazioni quotidiane
La comunicazione per l'aderenza alla terapia
Comunicare con gli anziani
Comunicare con gli stranieri
Conclusioni
Bibliografia
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Comunicazione – Formarsi per trasformarsi 2013: confrontarsi con un mercato e un’utenza che cambia
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Introduzione
Il computer più nuovo al mondo non può che peggiorare, grazie alla sua velocità,
il più annoso problema nelle relazioni tra esseri umani: quello della comunicazione.
Chi deve comunicare, alla fine, si troverà sempre a confrontarsi con il solito problema:
cosa dire e come dirlo"
Bill Gates
Sino a pochi anni fa l'attività della farmacia era incentrata soprattutto sulla dispensazione di
medicinali per conto del SSN, in un regime di totale monopolio. Per il successo professionale del
farmacista e per quello economico della sua impresa, non era molto importante alzare gli occhi dal
banco, guardare in viso il cliente 1, offrirgli la propria assistenza.
Oggi la situazione è cambiata profondamente: la farmacia ha perso il monopolio nella distribuzione
dei farmaci, prima per la concorrenza dei servizi farmaceutici territoriali, poi per la nascita dei
corner della GDO e delle parafarmacie. Se a tutto questo si aggiunge la concorrenza esercitata da
tempo da altri esercizi specializzati in settori merceologici specifici quali erboristeria, cosmesi,
articoli sanitari, dietetici, si comprende come la farmacia tradizionale debba ricercare
continuamente la fidelizzazione della clientela come condizione indispensabile per mantenere
buoni risultati.
Tuttavia, il cambiamento non sta solo in questo. Il farmacista che si concentra sull'evasione delle
prescrizioni mediche più che sulla persona che ha di fronte, si adegua, portandolo a compimento,
al modello “unidirezionale” del rapporto medico-paziente, dove il medico, dall'alto della sua
posizione di esperto in medicina, prescrive la terapia a pazienti largamente “ignoranti” in materia,
ai quali si chiede di essere “compiacenti”, di non fare troppe domande e di “rispettare” le istruzioni
ricevute. Questo modello è ora entrato in crisi per molte ragioni fra cui la maggiore consapevolezza
dei pazienti sui propri diritti, l’aumento generale delle conoscenze sanitarie della popolazione, la
minor copertura dell'assistenza da parte del SSN, l’insuccesso nell'ottenere la compliance del
paziente, ecc.
Tutto il comparto sanitario ha cominciato perciò da qualche tempo a sentire l'esigenza di un nuovo
tipo di rapporto più basato sulla ricerca di concordanza di obiettivi tra sanitari (medici, farmacisti,
infermieri) e pazienti, per ottenere il miglior risultato terapeutico possibile.
In un mondo che deve confrontarsi con rapidi cambiamenti sociali, come l'invecchiamento della
popolazione e la multiculturalità, sempre di più quindi il farmacista dovrà essere “consulente” per la
sua clientela e dovrà saper comunicare le sue conoscenze e saper interagire con i pazienti in
modo efficace, tenendo conto delle loro peculiarità, in modo che possano realmente sentirsi
soggetti attivi nel processo di cura. Purtroppo si tratta di competenze che non vengono acquisite
attraverso la formazione universitaria che, su questo aspetto, continua ad essere largamente
carente.
L'obiettivo principale di questo modulo formativo è perciò il tema della comunicazione con il
paziente, ma non va sottovalutato il fatto che conoscere le regole della comunicazione è
importante anche per il buon funzionamento della squadra di lavoro e per le molteplici relazioni che
il farmacista deve gestire con l’esterno vale a dire medici, infermieri, Ordine Professionale, ASL,
media, opinione pubblica, ecc.
1
Nel testo i termini “cliente” e “paziente” sono spesso utilizzati in modo intercambiabile. Il termine paziente
viene utilizzato soprattutto in riferimento a situazioni in cui la persona con cui il farmacista comunica è titolare
di una prescrizione medica o agisce per conto di un soggetto terzo cui sia stata rilasciata una prescrizione.
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Il corso si propone di fornire le conoscenze di base per comprendere le regole e le modalità della
comunicazione e del comportamento da tenere quando la comunicazione diventa “difficile”, con
particolare riferimento all'attività del farmacista che opera in una farmacia aperta al pubblico.
In particolare il corso si propone di:
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stimolare il farmacista a riflettere sull'importanza della comunicazione per l'affermazione del
suo ruolo di consulente per il paziente/utente/cliente della farmacia;
fornire al farmacista una conoscenza di base delle teorie e delle modalità della
comunicazione interpersonale;
analizzare le barriere che impediscono una comunicazione efficace e le modalità per
superarle;
presentare ai farmacisti alcune strategie per ascoltare le esigenze dei pazienti, fornire loro
consigli, far fronte alle loro resistenze al cambiamento e gestire il “conflitto” che può
prodursi in talune circostanze.
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Come si comunica
"Comunicare l'un l'altro, scambiarsi informazioni è natura;
tenere conto delle informazioni che ci vengono date è cultura"
Johann Wolfgang Goethe (poeta)
Comunicare è una funzione talmente naturale che non pensiamo neppure che esistano delle
regole per “comunicare efficacemente”.
Anche nell’ambiente “farmacia” si comunica continuamente con gli altri ma, quasi sempre, in modo
spontaneo, senza che ci si renda conto di come lo si sta facendo. Probabilmente è nell’esperienza
di tutti qualche piccolo “incidente” dovuto a cattiva comunicazione che avrebbe potuto essere
evitato modificando l’approccio comunicativo.
Pensandoci, piccoli episodi come questi in cui le cose non sono andate come avremmo voluto per
problemi di comunicazione interpersonale, sono all’ordine del giorno!
Negli anni ’60, un gruppo di ricercatori sulla comunicazione umana ha formulato alcuni assiomi
della comunicazione. Il primo di questi afferma che non è possibile non-comunicare! In una
situazione di interazione tra due persone, ogni comportamento ha valore di messaggio.
“L'attività o l'inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di messaggio: influenzano gli altri e gli
altri a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano
anche loro" 2.
Nel corso degli anni su questa base è stato elaborato un modello di comunicazione interpersonale
che si compone di 5 elementi essenziali:
1.
2.
3.
4.
un soggetto che emette un messaggio (emittente);
il messaggio stesso (verbale o non-verbale);
un soggetto che lo riceve (ricevente);
il messaggio di risposta (feedback), verbale o non verbale, inviato dal ricevente
all'emittente, che così si scambiano i ruoli;
5. il contesto fisico ed emotivo al cui interno avviene il processo di comunicazione in presenza
di ostacoli e interferenze.
Schematicamente, questo processo può essere rappresentato nel seguente modo:
2
Paul Watzlawick, Janet Helmick Beavin e Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, 1967.
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Esaminiamo questo caso alla luce del modello di
comunicazione interattiva" 3 sopra descritto. Il Cliente
(emittente) rivolge la propria richiesta (messaggio) al
farmacista (ricevente) che decodifica il messaggio
(riconoscendo quindi il prodotto richiesto), e pone a
sua volta una domanda (sulla forma farmaceutica
preferita). In questo modo il ricevente diventa
emittente e l'emittente il ricevente. In realtà, il cliente
trasmette anche un secondo messaggio, questa volta
non-verbale, toccandosi la fronte e aggrottando le
ciglia. Inconsciamente comunica al farmacista che sta
soffrendo di un terribile mal di testa, la ragione per cui
richiede il farmaco. Tuttavia, questo messaggio non
sembra essere colto dal farmacista, che, continuando
3
In realtà, la comunicazione non avviene secondo fasi ben distinte, come quelle indicate nello schema, in
quanto entrambe le persone coinvolte possono essere nello stesso tempo emittenti e ricevitori di messaggi,
soprattutto di quelli non verbali. Lo schema proposto consente però di comprendere più facilmente le varie
componenti del processo.
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il suo lavoro, non consiglia le compresse effervescenti, forse più utili in questa situazione. La
comunicazione non verbale (che verrà esaminata in modo più preciso nella prossima unità)
rappresenta secondo alcuni ricercatori la componente più importante nella comunicazione
interpersonale e, soprattutto, la più fedele rispetto ai veri pensieri/intenzioni/sentimenti di chi
comunica. Nel nostro esempio, il feedback del farmacista sembra essere dunque inadeguato
perché non tiene conto della ricchezza del messaggio originale del paziente (verbale + non
verbale). A sua volta, il comportamento del farmacista trasmette inconsapevolmente un messaggio
non verbale al cliente che potrebbe essere così espresso: "sono impegnato in un'operazione
importante e non sono disponibile ad approfondire il suo problema". Lo sguardo del farmacista
resta infatti impegnato per buona parte dell'interazione nel controllare il monitor del PC, che funge
in questo esempio anche da elemento di interferenza del processo di comunicazione. In una
successiva unità verranno esaminate in dettaglio le barriere e le interferenze in una
comunicazione, e le possibili strategie per
minimizzarle.
Quando il farmacista agisce da emittente ha il
dovere di formulare i propri messaggi nel modo più
semplice possibile, evitando un linguaggio troppo
tecnico, incomprensibile alla maggior parte delle
persone. Attraverso il feedback restituito dal cliente,
il farmacista deve accertarsi che ciò che viene
compreso dal cliente corrisponda a ciò che egli ha
voluto realmente trasmettere, per poter chiarire ogni eventuale dubbio o errata interpretazione.
Parlando di farmaci, le possibilità di errore che possono trasformarsi in rischio per il paziente sono
potenzialmente molte e devono assolutamente essere ridotte al minimo attraverso una
comunicazione efficace. Nulla deve essere dato per scontato! Quanti farmacisti avrebbero mai
pensato che le buste per lavande vaginali a base di benzidamina potessero essere scambiate per
prodotti da assumere per bocca? Probabilmente nessuno, ma è successo! Al momento della
vendita ben pochi comunicano le modalità d'uso dei farmaci, se ciò non viene esplicitamente
richiesto dal paziente.
Per poter essere un buon comunicatore, il farmacista deve essere in grado di ascoltare ciò che il
cliente dice e ciò che esprime attraverso la comunicazione non verbale: "sentire" non equivale ad
"ascoltare" e, ancor meno, a comprendere il significato di un messaggio.
Come migliorare le capacità di ascolto sarà l'oggetto di una successiva unità di questo modulo.
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La comunicazione non verbale
Il corpo umano è la migliore immagine dell'anima umana.
Ludwig Wittgenstein
"La mimica rende più vive le nostre parole e conferisce loro più forza.
Essa più delle parole, che possono essere falsate, rivela i pensieri e le intenzioni altrui.
Charles Darwin
La comunicazione interpersonale avviene attraverso le parole e attraverso altre forme di
espressione, ricomprese nel termine "non-verbale". Prima di esaminare
alcune di queste modalità è importante sottolineare che la
comunicazione non verbale:

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rispecchia i pensieri e i sentimenti più profondi della persona, e
come tale ….
praticamente impossibile falsificarla o nasconderla; inoltre …..
deve essere coerente con la comunicazione verbale, altrimenti
evidenzia l'insincerità di quanto viene detto. Così, per esempio,
se all'ingresso del cliente in farmacia, lo si accoglie con un saluto
stereotipato (o peggio ancora, ovviamente, senza alcun saluto), è
molto probabile che il cliente comprenda immediatamente che non esiste da parte del
farmacista un sincero desiderio di ascoltare le sue esigenze.
La comunicazione non verbale trae la sua forza dalla molteplicità dei canali che vengono utilizzati
per trasmetterla. Conoscere le modalità di queste forme di comunicazione è premessa per saperle
dominare e per sapere interpretare i messaggi dell'interlocutore.
Il primo passo per migliorare la propria capacità di comunicare con gli altri consiste nel conoscere i
propri difetti. Una volta note le diverse modalità con cui ci si esprime, è possibile esercitare una
qualche forma di autocontrollo e tentare una strategia di miglioramento.
Espressioni del volto
Il volto è il canale di comunicazione non verbale più importante. L'importanza delle espressioni del
volto è confermata anche dal fatto che quando si comunica attraverso una e-mail, in cui i due
interlocutori non possono vedersi reciprocamente, si utilizzano le "faccine" (emoticons daemotion
icons), nate proprio per esprimere lo stato d'animo con cui
si trasmette un messaggio scritto.
L'espressione del volto deve essere coerente con quanto
viene detto. Così, se si ruotano gli occhi in segno di
impazienza rispetto ad una richiesta del cliente, dicendogli
"Vada avanti, la sto ascoltando!" si trasmette un
messaggio contraddittorio e saranno gli occhi a parlare al
cliente più che le parole dette.
Anche se i movimenti delle sopracciglia, della bocca e
quelli della fronte fanno spesso comprendere gli stati
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d'animo, sono gli occhi ad aver un ruolo predominante. Guardare negli occhi l'interlocutore è
considerato, nella nostra cultura, come segno di sincerità e di interesse ma occorre trovare la
giusta misura: se sviare lo sguardo dagli occhi dell'interlocutore può indicare che non si prova
interesse o che si sta mentendo, lo sguardo fisso per un tempo eccessivo può essere interpretato
come segno di volontà di prevaricazione o intimidazione. Guardare negli occhi l'interlocutore,
evitando di fissarlo intensamente, consente di cogliere segnali di feedback che possono denotare
incomprensione, incredulità, ma anche soddisfazione o condivisione per quanto detto.
Posizione del corpo e gestualità
Vi sono gesti il cui significato è evidente, come quando si saluta con una
mano, o quando ci si copre la bocca con una mano per indicare sorpresa
mentre altri non sono così espliciti ma sono comunque espressione evidente
di stati d'animo. Così ad esempio tormentarsi le mani, fregandole l'una con
l'altra, esprime uno stato di tensione o incertezza, incrociare le braccia sul
petto è segno evidente di chiusura in sé stessi, una posizione che
inconsciamente si assume spesso quando si è psicologicamente in difesa.
Messaggi non verbali inconsci, come tamburellare con le dita sul tavolo o
battere un piede a terra, vengono spesso lanciati quando, ascoltando una
persona, si pensa di perdere tempo e rappresentano inviti mascherati a concludere la
conversazione.
Mantenere il busto eretto e lo sguardo proiettato in avanti verso il cliente può trasmettere un senso
di sicurezza e di disponibilità all'ascolto, mentre se si è incerti nel dare una informazione o un
consiglio, le spalle si incurvano e lo sguardo è rivolto verso il basso.
In generale mettersi all'altezza dell'interlocutore - es. alzandosi in piedi o sedendosi a seconda
delle circostanze - è premessa per una comunicazione "aperta". In farmacia normalmente gli
interlocutori sono uno di fronte all'altro. Ricordare questo aspetto può essere utile quando ad
esempio dovesse capitare di confrontarsi con una persona costretta in carrozzella.
Voce
Mediamente, quando si parla a velocità normale si possono dire circa 150 parole al minuto, ma la
mente è in grado di ascoltarne molte di più. Tuttavia parlare troppo rapidamente può ridurre la
capacità di comprensione di un messaggio da parte di chi ascolta, mentre parlare troppo
lentamente può innervosire l'interlocutore il quale, se la lentezza è eccessiva, si distrae con altri
pensieri. Un tono di voce uniforme è monotono e poco interessante per chi ascolta, mentre un tono
sarcastico o sgarbato indispettisce o può cambiare il senso di quanto si sta affermando. Spesso
non si conosce come il proprio tono di voce sia percepito dagli altri e questo può generare
incomprensioni. Il volume con cui si parla deve essere regolato in modo da assicurare una chiara
comprensione dei messaggi anche a chi può avere piccoli deficit uditivi, ma nello stesso tempo
deve essere assicurata la privacy del cliente. Qualora ciò non fosse possibile, va considerata la
possibilità di spostarsi in uno spazio più riservato della farmacia.
Anche il silenzio, comunica ."Chi tace acconsente", dice un ben noto proverbio; ma stando in
silenzio si comunica anche molto altro, come incertezza sulle cose da dire in risposta ad una
domanda, o su come dirle per evitare imbarazzo o preoccupazione.
Le espressioni paraverbali (es. "umm", "eh", "ma") servono a volte per dare un segnale di
feedback all'interlocutore. Basti pensare ad una comunicazione telefonica per convincersene:
senza questi segnali, a volte l'interlocutore è indotto a chiedere "Pronto, mi senti?".
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Utilizzo dello spazio
Ogni persona ha intorno a sé una "bolla" invisibile che
regola le distanze con gli altri (non a caso, quando una
situazione si fa troppo invadente si dice: "per favore,
manteniamo le distanze!"). Le dimensioni della bolla
variano a seconda del contesto: è nulla o molto piccola
per le persone più fidate (famigliari, partner, amici),
mentre ha un raggio di almeno un metro per la
comunicazione interpersonale con i clienti o con persone
conosciute occasionalmente, pur essendovi variazioni
importanti a seconda del sesso e delle caratteristiche
socio-culturali degli interlocutori. Quando un estraneo
penetra all'interno di questa bolla mentre è in atto una
comunicazione, questa può risultare alterata dal disappunto o dall'ansia degli interlocutori. Da ciò
l'importanza che in farmacia venga rispettata la linea di attesa per il rispetto della privacy.
Al contrario, quando un cliente formula una richiesta che verte su un tema delicato è necessaria
una comunicazione più ravvicinata e lo stesso banco della farmacia può rappresentare un
ostacolo. Anche in questo caso si dovrebbero identificare spazi in farmacia adatti a questo scopo.
Altri elementi "di comunicazione" legati all'ambiente, e quindi allo spazio, possono essere una
farmacia poco ordinata, con vetrine poco curate, che espone informazioni non aggiornate (es. un
cartello che informa "E' arrivato il vaccino influenzale" ancora esposto in primavera): si tratta di
messaggi non-verbali importanti che danno una connotazione negativa alla professionalità dei
farmacisti che vi operano.
Utilizzo del tempo
Fare aspettare inutilmente un cliente, continuando a conversare con un collega o parlando al
telefono, è un modo per trasmettere un messaggio di potere, come se gli si dicesse "Il mio tempo è
più importante del tuo, quindi mi puoi aspettare". Se per una qualche ragione fosse necessario
continuare l'attività in cui si è impegnati, è indispensabile comunicare al cliente che la sua attesa
sarà solo di breve durata, comportandosi ovviamente di conseguenza.
Aspetto fisico
L'utilizzo del camice bianco, corredato dal distintivo
dell'ordine e dal cartellino identificativo personale, sono
segni irrinunciabili per il farmacista, che comunica in questo
modo chi è, assumendosi la responsabilità professionale
dei propri atti, e quale ruolo ricopre all'interno della
farmacia.
E' innegabile inoltre che un aspetto consono al ruolo abbia
la sua importanza. Del resto, anche l'aspetto fisico dei
clienti può influenzare la propensione del farmacista a
comunicare: lo stile comunicativo del farmacista, tuttavia,
dovrebbe
mantenere
lo
stesso
standard
indipendentemente da chi si trova davanti, senza distinzioni
di censo, di sesso o di razza.
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Le barriere alla comunicazione
La tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera
alla comunicazione e alla comprensione
Carl Rogers
Perché si stabilisca una comunicazione efficace, è necessario che il cliente abbia la piena fiducia
nel farmacista, cioè che lo percepisca come persona competente e attendibile. Se un cliente vede
un farmacista attivamente impegnato a fornire consigli, sarà sicuramente incoraggiato a porgere
domande e ad esprimere i propri problemi.
Il processo comunicativo tuttavia può essere disturbato da interferenze e da barriere sia ambientali
che personali.
Barriere ambientali
In una farmacia media italiana la principale barriera alla comunicazione è certamente la mancanza
di uno spazio dedicato alla consultazione riservata farmacista-cliente, un problema al quale non è
facile porre rimedio. Prenderne coscienza e progettare l'ambiente in modo adeguato sarà una
necessità ineludibile se si vorranno realmente sviluppare i servizi offerti dalla farmacia, in linea con
quanto previsto dai recenti decreti sulla "farmacia dei servizi".
Barriere personali
Tralasciando quella ovvia costituita dalla differenza linguistica con il paziente (vedi § 9.), le barriere
possono essere riferite al farmacista o al paziente.
I principali ostacoli per una comunicazione efficace da parte del farmacista sono rappresentati:
- dalla mancanza di fiducia nelle proprie capacità di comunicatore, per cui tende a ridurre al
minimo l'interazione con il cliente;
- dalla scarsa rilevanza attribuita alla comunicazione come componente della propria attività,
incentrata soprattutto sulla dispensazione;
- dalla impreparazione su argomenti professionali specifici;
- dalla incapacità/impreparazione a comunicare in situazioni particolarmente difficili, come ad
esempio accade con persone che esprimono paura per la malattia di cui soffrono o con persone
affette da disturbi psichiatrici;
- dall'impiego di termini difficili per l'interlocutore che rendono incomprensibile il significato del
messaggio: un farmacista che usa termini scientifici parlando con un cliente inesperto, non
comunica veramente perché questi non comprende.
Anche determinati comportamenti si frappongono ad una comunicazione efficace. Ad esempio:
- ascoltare il paziente mentre si sta facendo altro, es. consultare il PC o rispondere ad un collega:
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in questo caso può verificarsi un sovraccarico di informazioni che non consente di ascoltare
adeguatamente il messaggio del paziente;
- pensare a come trarsi d'impaccio da un' interazione che si sta vivendo con imbarazzo o formulare
la risposta prima che il cliente termini la sua richiesta: questo induce un comportamento di pseudo
ascolto, in cui si inviano segnali di feedback per dire che si sta ascoltando, ma in realtà il pensiero
è altrove;
- avere un'attenzione selettiva per alcune parti del messaggio, quelle che interessano
maggiormente, e distrarsi nelle parti che non interessano;
- confutare il cliente, esprimendo il proprio pensiero prima che questi abbia terminato di esporre il
suo;
- interrompere ripetutamente l'interlocutore per avere il controllo dell'interazione.
Esempi di barriere per una comunicazione efficace legate al paziente possono essere:
- di carattere fisico, come la sordità;
- di carattere comportamentale, ad esempio la difficoltà nell'esprimersi;
- di carattere cognitivo ad esempio una scarsa capacità di comprensione.
Al di là di queste situazioni facilmente individuabili, una comunicazione efficace stenta a stabilirsi
anche se il paziente:
- ha difficoltà nell'esprimere i suoi dubbi e timori, soprattutto quando si tratta di problemi inerenti la
sfera sessuale;
- ha una percezione sbagliata della sua malattia: ritenendola di scarsa importanza non cerca né
ascolta informazioni o consigli in merito;
- è troppo ansioso per parlarne;
- pensa che il medico abbia già detto tutto quanto è necessario e non ritiene che il farmacista
possa aggiungere altro.
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Barriere amministrative e organizzative
La sempre maggiore burocratizzazione della dispensazione dei medicinali per conto del SSN crea
sicuramente difficoltà alla comunicazione, e la indirizza per lo più su aspetti aventi scarsa rilevanza
professionale.
Anche l'organizzazione del lavoro della farmacia può creare ostacoli. Il principale ostacolo per una
comunicazione efficace viene per lo più individuato nella "mancanza di tempo", legata ad un
organico insufficiente per smaltire il carico di lavoro, ma non sempre questo riflette la realtà dei
fatti. Esistono sempre momenti di maggiore tranquillità in cui è possibile dedicare tempo a
"comunicare" con i clienti. Differente invece è la situazione in cui, per qualsiasi motivo, la
comunicazione con il paziente non rientra fra le priorità individuate nell'organizzazione del lavoro.
Una possibile mediazione potrebbe essere rappresentata dalla consegna di opuscoli informativi o
informazioni scritte su argomenti di automedicazione e sulle più diffuse patologie o classi di
farmaci.
A volte, tuttavia, è lo stesso cliente a non avere tempo, manifestando attraverso messaggi nonverbali tutta la sua fretta.
Spetta al farmacista cogliere questi segnali e interpretare le diverse situazioni e decidere se e
quando offrire la propria disponibilità.
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Saper ascoltare e saper rispondere
Parlando di abilità comunicative si pensa soprattutto alla capacità di "dire", ma saper ascoltare è
l'altra metà del problema, e probabilmente la più difficile da apprendere.
L'ascolto attivo di un messaggio avviene attraverso diverse fasi, di cui la prima è evidentemente
quella in cui il messaggio viene udito 4 mentre la seconda è quella in cui viene comprenso. Il
ricevente deve cioè avere la possibilità di capire il significato delle parole: così se il farmacista usa
termini troppo scientifici parlando con un cliente inesperto, non comunica veramente perché questi
non comprende. La terza fase è quella in cui si ricorda ciò che si è udito 52 e, successivamente, il
messaggio deve essere interpretato, quindi valutato. In questa fase il ricevente, sulla base delle
conoscenze/credenze/aspettative, giudica se le cose che gli sono state dette sono attendibili o
pertinenti, se si tratta di opinioni o di dati fattuali. L'ultima fase è quella della risposta al messaggio,
per segnalare all'emittente che il messaggio è stato ascoltato. La risposta può essere verbale o
non verbale. Si può rispondere 6
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segnalando la propria attenzione, annuendo o usando espressioni quali: "La sto
ascoltando" "Mi faccia capire";
parafrasando, cioè riformulando con proprie parole quanto si è compreso;
esprimendo il proprio accordo con quanto detto;
analizzando le parole dell'emittente cliente dal proprio punto di vista;
consigliando il cliente.
provando ad immedesimarsi nei pensieri del cliente (risposta empatica)
A seconda della situazione, è più appropriato rispondere in un modo piuttosto che in un altro. Se
ad es. la comunicazione riguarda la vendita di un prodotto sarà soprattutto utile analizzare le
parole con le quali il cliente esprime i suoi desideri e i suoi bisogni, e dargli consigli appropriati.
Se invece le parole esprimono preoccupazioni, emozioni o senti menti, una risposta empatica è la
più opportuna, anche se è la più difficile da mettere in pratica. Per molte persone il farmacista è un
professionista al quale possono essere confidate le preoccupazioni per la propria salute:
rispondere in modo empatico significa rispecchiare le emozioni del paziente, senza esprimere
tuttavia alcuna valutazione sulla appropriatezza di quelle emozioni, ma evitando di dare giudizi sul
suo comportamento.
EMPATIA
Il termine "empatia", dal greco "empatéia", composto da en -, "dentro", e "pathos, "sofferenza o sentimento",
comunemente indica l'attitudine a offrire la propria attenzione per un'altra persona, mettendo da parte le preoccupazioni
e i pensieri personali, ascoltando in modo non valutativo per comprendere i sentimenti e i bisogni dell'altro.
Per meglio comprendere cosa significhi rispondere in modo empatico, si consideri la seguente
situazione ipotetica, in cui un paziente esprime al proprio farmacista la propria insoddisfazione
rispetto al rapporto con il suo medico:
4
Le persone con problemi di udito superano questo problema attraverso la lettura del labiale e il linguaggio
dei segni.
5
In proposito è interessante osservare che quando si è inviati a ripetere i dettagli di una breve storia appena
udita, non solo si dimenticano immediatamente diversi particolari ma alcuni vengono sostituiti e altri,
assolutamente inesistenti nell'originale, vengono invece aggiunti.
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E' bene sottolineare che anche non rispondere, restando in silenzio ed evitando ogni espressione, è una
forma di comunicazione, da evitare nelle interazioni professionali, che trasmette generalmente disinteresse.
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Il farmacista può rispondere in diversi modi, ad esempio:
Esempio di risposta che esprime un giudizio: si dice al paziente che sta sbagliando nel valutare in
questo modo la situazione, ma in questo modo il paziente tenderà a non proseguire la
comunicazione, ritenendo che il farmacista "sta dalla parte del medico".
Risposta inopportuna: il farmacista dà un consiglio al paziente, senza esserne stato richiesto. Il
farmacista deve dare consigli su ciò che ricade sotto la sua responsabilità professionale (es. l'uso
corretto di un medicinale), ma potrebbe non essere appropriato sollecitare decisioni come se il
paziente non fosse in grado di trovare da solo la soluzione più opportuna.
Risposte di rassicurazione. Quante volte si pensa di far bene dicendo a qualcuno "Non si
preoccupi, vedrà che tutto si aggiusta!", anche quando si avverte la propria impotenza di fronte ad
un certo evento avverso. Le parole che vengono dette in genere servono a tranquillizzare chi le
dice, che non vuole essere troppo coinvolto emotivamente, più che il destinatario!
Tentativo di generalizzare un problema, estendendolo ad altri (o a noi stessi). In questo modo, si
sposta l'attenzione della comunicazione e si salta semplicisticamente alla conclusione che il
paziente non fa altro che vivere situazioni ed emozioni allo stesso modo di altri.
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Domanda di "approfondimento" totalmente inutile perché non coglie l'essenza del problema del
paziente. Porre domande è corretto quando si vuole trovare la soluzione migliore ad un qualsiasi
bisogno del paziente, ma non è detto che sia altrettanto utile quando di tratta di sentimenti negativi
o preoccupazioni.
Risposta empatica: si dimostra di aver compreso il problema senza esprimere alcun giudizio
positivo o negativo. La comunicazione rimane "sospesa" e il paziente se lo desidera, si trova nella
condizione di decidere se proseguire o no la conversazione sapendo di avere un inter locutore
attento in cui riporre la propria fiducia.
Leggendo queste risposte, quanti avrebbero dato l'ultima risposta? Probabilmente pochissimi:
essere empatici nel comunicare non è istintivo per la maggior parte delle persone né si è preparati
a rispondere in modo empatico. Esempi di frasi introduttive alla risposta empatica possono essere:
Si sente che lei ...
Dal suo punto di vista...
Mi sta dicendo che…
Sembra che lei …
Mi pare di capire…
Vediamo se ho capito…
Il concetto di empatia può essere applicato anche nell'attività di vendita. Se si vuole effettuare una
vendita "virtuosa" (una vendita assistita di valore superiore a quello che il cliente ha ipotizzato per
qualità del prodotto, per associazione di un prodotto complementare, per numero di pezzi ecc), è
necessario agire sulle emozioni del cliente creando un clima di fiducia che faccia emergere
desideri inespressi a cui possa agganciarsi l'attività di "venditore". Anche per questa parte della
attività, gli ingredienti della comunicazione restano sostanzialmente gli stessi:
 essere disponibili all'ascolto, accogliendo il cliente in modo cordiale e convinto;
 incoraggiare l'esposizione del problema dando cenni di assenso;
 porre solo domande pertinenti per capire le esigenze profonde dell'interlocutore (e comprendere
se c'è un "desiderio inespresso" che sta dietro la richiesta);
 essere propositivi quando il cliente è incerto;
 tenere conto delle obiezioni del cliente e non cercare di prevalere a tutti i costi;.
 prestare attenzione a che la comunicazione non verbale sia appropriata.
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Comunicazione – Formarsi per trasformarsi 2013: confrontarsi con un mercato e un’utenza che cambia
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Assertività
"Questo è il bello della discussione: se argomenti in modo giusto, non hai mai torto"
(dal film "Thank you for smoking")
Oltre a empatia vi è un'altra parola chiave nella comunicazione interpersonale: assertività.
L'assertività è l'atteggiamento finalizzato a risolvere i conflitti interpersonali difendendo il proprio
pensiero e i propri dirittirispettando sempre il pensiero e i diritti dell'altra persona. L'obiettivo è
quello di risolvere il conflitto con due vincitori e non con un vincitore e un vinto. Questa aspetto è
importante soprattutto nei rapporti interpersonali nella vita di relazione quotidiana e nel contesto
lavorativo. Per comprendere meglio cosa si intende per assertività è necessario confrontare tra
loro i 3 tipi principali di comportamento.
Comportamento passivo
Una persona con comportamento "passivo" farà di tutto pur di evitare un conflitto, anche se sa di
rimetterci. Non dice ciò che pensa realmente, temendo che gli altri non siano d'accordo, ed è molto
preoccupata di ciò che gli altri possono pensare di lei. Si adegua al pensiero prevalente, anche se
non lo condivide. I bisogni o i desideri degli altri sono più importanti dei suoi. Può sentirsi
arrabbiata o risentita verso gli altri, ma non lo manifesta. Spesso si crede una vittima. Parla in
modo titubante, con voce monotona, sommessa, con molte pause o espressioni che denotano
incertezza. Le conseguenze di questo comportamento: non essere presi sul serio, non essere
rispettati, vedere le proprie opinioni ignorate, aumentare il livello di stress e perdere la propria
autostima; ottenere molto meno del proprio potenziale.
Comportamento aggressivo
Viceversa, una persona "aggressiva" vuole sempre vincere un conflitto relazionale, anche a spese
degli altri. Pensa esclusivamente alle sue esigenze, non esita a intimidire l'interlocutore, con lo
sguardo fisso e le sopracciglia alzate in segno di meraviglia o incredulità che qualcuno possa
contraddirlo. Parla a voce alta, velocemente, con tono deciso, sarcastico, arrogante. Colpevolizza
gli altri incolpandoli dei loro errori sottolineando le parole con gesti eloquenti
Nell'immediato, un comportamento aggressivo può far uscire vincitori ma difficilmente paga nel
lungo termine perché irrita e infastidisce. Ad esempio, se un cliente si è sentito "aggredito" in una
farmacia, non solo eviterà di tornarci, ma la farà oggetto di pubblicità negativa tra i suoi conoscenti.
Comportamento assertivo
Una persona assertiva difende le proprie opinioni, il proprio operato e i propri diritti 7 pur
accettando che gli altri, clienti o colleghi, abbiano le loro opinioni e i loro diritti. Nella
comunicazione con gli altri cerca di creare un'atmosfera di reciproca fiducia e, se nascono
7
Quando si parla di diritti nell'ambito dei rapporti interpersonali si fa riferimento a diritti
comportamentali quali, ad es.:
 il diritto di essere trattato con rispetto
 il diritto di fare errori, come ogni altro essere umano
 il diritto di avere proprie opinioni e di poterle esprimere
 il diritto di essere ascoltati
 il diritto di dire no
 il diritto di poter scegliere le proprie emozioni e i propri sentimenti
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controversie, le affronta e cerca di risolverle con il reciproco accordo in modo da salvaguardare la
relazione. Esprime il proprio dissenso in modo fermo, ma non rompe i rapporti. Parla con voce
sicura, con poche esitazioni, sottolineando le parole chiave del discorso; guarda spesso il suo
interlocutore, senza fissarlo in modo imbarazzante.
Nel riquadro che segue, viene immaginata una situazione che si potrebbe verificare in un contesto
lavorativo; l'interazione viene analizzata immaginando un comportamento passivo ed uno
assertivo.
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La successiva tabella esemplifica il modo in cui ci si comporta se si pensa ai propri diritti in modo
passivo o in modo assertivo.
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Tecniche di gestione del conflitto
Per evitare che si creino malintesi e che questi possano sfociare in un conflitto è fondamentale
dare e chiedere feedback al/dal proprio interlocutore.
Dare messaggi di feedback in modo assertivo significa:




concentrarsi sui comportamenti di una persona anziché sulla persona, perché i
comportamenti possono essere modificati, la persona no;
descrivere ciò che è stato detto o fatto anziché giudicare le intenzioni che si suppone
possano aver ispirato quelle parole o quei fatti;
concentrarsi sulle proprie reazioni a quanto viene detto e fatto piuttosto che sulle intenzioni
dell'interlocutore. Incolpare o pensare che vi sia malevolenza nell'interlocutore non aiuta
nella ricerca di una soluzione.
concentrarsi sulla soluzione del problema cosicché la relazione tra gli interlocutori possa
essere mantenuta.
Chiedere messaggi di feedback è utile per capire come si è visti dagli altri, per rendersi conto delle
aree di miglioramento nel proprio lavoro, accettando serenamente anche critiche negative
Contestualizzando all'ambiente farmacia e alla comunicazione con i clienti/pazienti, il farmacista
deve sempre tener presente che eventuali espressioni di critica possono essere dovute a
situazioni di stress vissute a causa della malattia propria o per quella di una persona cara.
Le principali tecniche difensive sono:
Tecnica dell'ammissione assertiva:
Se si sa di avere torto per un errore fatto in buona fede è bene ammetterlo al più presto: negare
l'evidenza è sempre controproducente e innesca nell'interlocutore un sentimento di rabbia. Questo
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comportamento è particolarmente valido quando l'errore è grave, quale, ad esempio, la fornitura
del farmaco sbagliato.
Tecnica del "disco rotto" : come i vecchi dischi in vinile che si "incantavano", ripetendo
continuamente le ultime parole. Consiste appunto nel ripetere con calma il proprio pensiero ogni
volta che l'interlocutore insiste nella sua richiesta. Va utilizzata quando si è certi di aver ragione o
si sa di non poter fare altrimenti.
Tecnica dell'annebbiamento
Questa tecnica consiste nell'accettare che vi sia una parte di verità in ciò che l'interlocutore dice,
ma lo si informa che vi sono altri aspetti del problema, di cui lui non è a conoscenza, che non
consentono di poter cambiare il proprio comportamento.
Tecnica dell'inchiesta negativa: si utilizza quando vengono rivolte critiche generiche e si chiede
all'interlocutore di essere più preciso, di fornire elementi per valutare meglio se la critica è fondata
o no. Se, come spesso accade, le lamentele sono dovute a pregiudizio, l'aggressività
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dell'interlocutore viene presto smontata. Questo è molto importante perché l'accusa è quasi
sempre formulata in presenza di altre persone che, nelle intenzioni di chi l'ha formulata,
dovrebbero avvallarla. In realtà, a fronte di una risposta assertiva, eventuali terzi presenti
percepiranno subito la franchezza del farmacista.
Tecnica della discriminazione selettiva: A volte può accadere che un interlocutore ponga più
critiche contemporaneamente o sollevi un problema che è complesso spiegare. In questi casi
conviene iniziare la risposta partendo dagli argomenti che si conoscono meglio in modo da
sfruttare il momento di massima attenzione dell'interlocutore. Probabilmente questi si riterrà
soddisfatto della risposta argomentata che viene data su una prima parte della sua contestazione,
ridurrà così la sua aggressività e probabilmente rinuncerà a proseguire l'accusa.
Tecnica del disarmo dell'aggressività
Disarmare l''aggressività dell'interlocutore è una tecnica molto utile, ma da riservare ai casi più
difficili, quando ci si trovi di fronte ad espressioni francamente offensive. In questi casi sarebbe
estremamente sbagliato accettare la provocazione, in quanto si innescherebbe un conflitto
difficilmente sanabile. Con questa tecnica si dichiara all'interlocutore la propria disponibilità a
discutere del caso, salva guardando così la possibilità della prosecuzione del rapporto, ma solo
dopo che saranno cessate le espressioni o i toni offensivi.
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L'intervista al paziente
Quando smettete di parlare, avete perso il vostro cliente"
Estée Lauder
Nella farmacia in cui operano farmacisti che pongono il paziente al centro del loro interesse, non c'è mai il silenzio: c'è
sempre un farmacista che chiede, che informa e che consiglia.
Se è vero, come dicono le statistiche, che le ricerche sul web riguardano soprattutto temi legati alla
salute, si comprende quanto sia grande il bisogno di
informazioni delle persone e quale rilevante ruolo
possa essere ricoperto dalla figura professionale del
farmacista.
Al farmacista non mancano certo le competenze e gli
argomenti per esaudire le richieste dei pazienti sui
farmaci prescritti o su eventuali problemi di salute: di
volta in volta, in base alle lacune che percepirà nelle
conoscenze del paziente, potrà inserire il suo utile
consiglio.
Ma come trasformare in modo efficace il proprio
bagaglio di conoscenze in consigli utili per il paziente
e come sollecitarlo ad esprimere i suoi problemi
nell'assumere i farmaci?
Il farmacista probabilmente lo ha sempre fatto ma
non in modo sistematico né come attività prevista
nell'ambito di un preciso accordo professionale con il
Servizio Sanitario Nazionale come invece avviene da
qualche anno nel Regno Unito, dove le farmacie
erogano un servizio, chiamato MUR (dalle iniziali di
Medicines Use Review) che può essere assunto
come una delle frontiere più avanzate del possibile sviluppo della "farmacia dei servizi". Richiede
competenze nuove nella comunicazione che si basano sulla capacità di condurre una intervis ta
strutturata ai pazienti affetti da malattie croniche e afferenti abitualmente ad una determinata
farmacia.
Una competenza molto importante da acquisire è quella di saper porre le domande. Chiedere ad
un paziente "Perché...?" lo può mettere sulla difensiva, quasi lo si stesse sottoponendo ad un
interrogatorio, mentre ponendogli la stessa domanda introdotta da " Cosa....?" o "Quale...?" o altra
perifrasi può risultare più accettabile.
Es. E' preferibile chiedere ad un paziente: " Ci sono dei motivi per cui non assume le sue
medicine?" anziché " Perché non assume le sue medicine?"
Durante una intervista è importante raccogliere quante più informazioni utili possibili: perciò sono
preferibili le domande a risposta aperta, cioè domande alle quali il cliente non puo' rispondere
semplicemente "sì" o "no", come avviene per le domande a risposta chiusa. Si caratterizzano per
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essere introdotte dalle parole " Chi....? Che Cosa...? Come...? Quando...? Quale...? Quanto....?
Dove...?"
In base alla risposta che viene data, il farmacista è in grado di conoscere cosa è stato
memorizzato dal paziente.
Es.
Domanda aperta: "Come le ha detto di prendere queste medicine il suo medico?
Risposta: "Due volte al giorno ai pasti con un bicchiere d'acqua, per due settimane".
Domanda chiusa: " Il suo medico le ha spiegato come prendere queste medicine?
Risposta: Si
Le domande aperte sono più difficili e meno istintive da formularle rispetto a quelle a risposta
chiusa: è perciò necessario capire che tipo di domande si pongono di solito e se necessario
esercitarsi a ri-formularle nella forma a risposta aperta.
Un'area dell'attività del farmacista dove vengono poste molte domande aperte, soprattutto all'inizio
dell'intervista, è quella del consiglio dell'OTC:
"Questo farmaco per chi è?", "Quali sono i sintomi che avverte?", "Da quanto tempo sono
presenti?","Ha già assunto qualche farmaco per questo disturbo?", " "Quali altri farmaci sta
prendendo?" ecc.
Una volta ottenute le informazioni di carattere generale, può essere utile invece porre domande a
risposta chiusa, che mirano ad indagare aspetti specifici del problema:
Es. Domanda chiusa: "Si sente più stanco da quando prende questa medicina?"
Le domande a scelta multipla, propongono al cliente varie opzioni tra le quali effettuare una scelta.
Sono importanti quando differenze nel prodotto possono condizionare la scelta.
Es. "Preferisce lo sciroppo, le gocce o le pastiglie?"Glielo chiedo perché ……
Vanno infine evitate le domande che suggeriscono al paziente la risposta (domande retoriche):
Es. "Lei non si dimentica vero di prendere le medicine?"
"Prende questa medicina tre volte al giorno ai pasti, giusto?"
Al termine di una intervista che abbia avuto come oggetto il consiglio di un medicinale di
automedicazione, è importante riassumere con poche parole tre aspetti:
- le caratteristiche del prodotto (cos'è e a cosa serve)
- i vantaggi che presenta rispetto ad altri prodotti
- i benefici che derivano dal suo impiego.
Nei testi sulla comunicazione finalizzata alla vendita questi 3 aspetti essenziali vengono indicati
con l'acronimo FAB (Features, Advantages, Benefits).
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Situazioni quotidiane
Nella tabella che segue vengono elencate alcune situazioni "tipo" che potrebbero essere utilizzate
nell'attività di consulenza al paziente. Di volta in volta, a seconda della disponibilità di tempo, delle
caratteristiche del paziente o del tipo di farmaco prescritto, il farmacista potrà decidere quanto di
questo pro-memoria potrà essere applicato.
Identificare la persona a cui ci si rivolge
"Questo medicinale è per lei o per qualcun altro della sua
famiglia?"
Si sta parlando direttamente a chi assumerà il farmaco o ad un famigliare (o una badante)? Se non si tratta
del diretto interessato, è più facile che l'informazione possa essere distorta. Potrebbe essere più utile
fornire materiale scritto.
In caso di nuova terapia, chiedere al
paziente cosa gli ha detto il medico in
merito ai farmaci che gli ha prescritto o sulla
sua malattia, se ha bisogno di informazioni
e se ha tempo per ascoltarle.
"Il medico le ha detto a cosa serve questo medicinale?
"Lei sa perché è importante assumere regolarmente
questo farmaco e quali sono i benefici che ne può avere?"
"Se lo desidera, posso darle alcune informazioni
importanti su questo medicinale. Ha tempo ?"
Probabilmente, sono le persone che iniziano una nuova terapia cronica ad essere più bisognose di aiuto,
mentre è possibile che le persone che seguono terapie croniche (es. ipertensione, diabete, epilessia ecc.)
siano ben informate sui farmaci che stanno assumendo e sarebbe inutile e forse fastidioso per loro sentirsi
ripetere cose note. Se il paziente non ha tempo è inutile fornire istruzioni dettagliate. Tuttavia, lanciando
l'offerta, il paziente saprà della disponibilità ad aiutarlo in un'altra occasione in caso di bisogno.
Non si deve dare per scontato che il medico abbia già dato queste informazioni al paziente.
Spiegare di cosa si vuol parlare e perché è
importante parlarne
"E' molto importante utilizzare correttamente questo
medicinale per evitare insuccessi o effetti indesiderati. "
L'attenzione delle persone è maggiore se conoscono la finalità del colloquio.
Specificare il nome del farmaco, a cosa
serve, il dosaggio e la via di
somministrazione. Se necessario (e
possibile), rimuovere il medicinale dalla
confezione per mostrare al paziente una
qualche caratteristica importante del
prodotto (es. come utilizzare una siringa
Es. "Questo medicinale è a base di metformina, un
farmaco che serve per ridurre i livelli di glucosio nel
sangue e controllare il diabete. Sono compresse da 500
mg da prendere per bocca, durante o dopo i pasti, e vanno
ingerite intere.
orale o come allestire una sospensione
estemporanea).
In questa fase il farmacista può anche affrontare il tema dei medicinali generici e della loro sostituibilità, per
assicurarsi che il paziente non confonda i medicinali da assumere. E' importante specificare la via di
somministrazione per evitare errori nell'assunzione del farmaco, soprattutto quando si tratta di forme
farmaceutiche "ambigue" (es. capsule vaginali, fiale orali, compresse sublinguali).
Citare il nome del farmaco consente inoltre di prevenire eventuali errori di interpretazione della
prescrizione.
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Quante compresse le ha detto di prendere il medico?
Chiedere al paziente qual è la posologia
prescritta dal medico, se conosce le
modalità di assunzione o se ha problemi nel
rispettare il regime posologico prescritto dal
"Pensa di avere difficoltà ad assumere regolarmente
questo farmaco? Può interferire con le sue abitudini di
vita?
medico.
"Può essere difficile ricordarsi sempre di prendere le
compresse 3 volte al giorno. Le capita di dimenticare una
pillola?"
Queste domande possono servire per evitare errori nell'assunzione dei farmaci o errate interpretazioni delle
indicazioni ricevute. L'assunzione di un farmaco può interferire con i ritmi di vita del paziente, ma anche con
le sue credenze, con la percezione della malattia ecc.
>Qualora emergesse un problema di questo tipo il farmacista potrà ulteriormente approfondire l'argomento
e proporre soluzioni (vedi modulo FAD sull'aderenza alla terapia).
E' molto importante non far sentire in colpa il paziente e questo lo si può evitare con una dichiarazione
preventiva come "può essere difficile..." "capita a molti di …."
In caso di nuova prescrizione, dire al
paziente dopo quanto tempo potrà
osservare gli effetti del medicinale.
"Passeranno X giorni prima che possa avvertire qualche
beneficio dall'assunzione di questo farmaco"
Questa informazione può essere importante per alcune categorie di medicinali, i cui effetti si manifestano
con qualche ritardo (es. antidepressivi).Senza questa informazione il paziente potrebbe interrompere
l'assunzione del farmaco ritenendolo inefficace.
Chiedere al paziente se sa per quanto
tempo deve assumere il farmaco e fornirgli
indicazioni qualora il medicinale non possa
essere sospeso improvvisamente.
"Il medico le ha detto per quanto tempo dovrà proseguire
questa cura?"
Questa domanda ovviamente non sarà pertinente in caso di terapie croniche. Potrà per contro fornire
l'occasione di informare il paziente che alcune terapie (es. con inibitori del re-uptake della serotonina o con
un beta-bloccante) non devono essere interrotte bruscamente per non incorrere in effetti indesiderati gravi.
"Il medico l'ha avvisata che questo farmaco X può
provocare con una certa frequenza ……….?
Se dovessero manifestarsi questi disturbi, può iniziare con
In caso di nuova prescrizione, affrontare
preventivamente il tema degli effetti
indesiderati.
dosi basse da aumentare gradualmente.
………Generalmente i disturbi scompaiono proseguendo
la terapia.
Il foglietto illustrativo riporta altri effetti indesiderati, la cui
frequenza è però molto bassa. Se ha il sospetto di un
effetto indesiderato raro non esiti a contattare il suo
medico".
Se il paziente già assume il farmaco,
"Dopo che ha iniziato a prendere il farmaco ha avvertito
chiedergli se ha accusato effetti indesiderati
dei disturbi?Quali? Quanto sono stati fastidiosi? Come si
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che pensa possano essere imputabili al
farmaco:
sono risolti?"
Il farmacista deve essere flessibile nel fornire informazioni a seconda delle situazioni.
Per molti farmaci vi sono effetti indesiderati abbastanza comuni all'inizio della terapia, che tendono a
risolversi nel tempo. Il paziente deve sapere come comportarsi per prevenirli, se possibile, o alleviarli, o
cosa fare nel caso persistano o diventino intollerabili. In ogni caso, essendone consapevole, evita di
spaventarsi nell'eventualità di una loro comparsa.
Queste domande inoltre possono portare all'attenzione del farmacista eventuali effetti indesiderati (che, in
base a quanto prevede la nuova normativa sulla farmacovigilanza sono tutti da segnalare).
Chiedere al paziente se assume altri
farmaci, da prescrizione o OTC, o
integratori che possono interagire con il
farmaco prescritto.
"Sta assumendo altri farmaci o integratori?Si ricorda
quali?"
Per le principali categorie di farmaci il farmacista può riuscire a ricordare le interazioni più importanti e
rivolgere quindi domande più dirette su questo tema.
Informare/ricordare al paziente cosa fare
(es. riduzione del consumo di sale in caso
di ipertensione) o non fare (assunzione di
integratori di potassio in caso di terapia con
ACE-inibitori o di alcolici con le
benzodiazepine)
Spesso queste informazioni non vengono date ai pazienti al momento della prescrizione del farmaco e
rappresentano un'area potenzialmente importante per il consiglio del farmacista.
Fornire informazioni sulle modalità di
conservazione del farmaco, sulla sue
modalità di custodia, sul rispetto della data
di scadenza; sullo smaltimento di eventuali
residui della confezione.
"Ci sono cose che ho detto e che pensa di non aver capito
bene?"
Chiedere al paziente se desidera maggiori
chiarimenti:
….o dichiarare la propria disponibilità in caso di necessità:
"Desidera altre informazioni?"
"Se si accorgesse di aver dimenticato qualcosa o le
sorgessero dubbi, non esiti a contattarmi".
Al termine di un'interazione in cui si sono fornite istruzioni dettagliate sull'utilizzo di un medicinale è
opportuno verificare il grado di comprensione da parte del cliente, soprattutto se il feedback non verbale
lascia intendere che vi siano perplessità.
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La comunicazione per l'aderenza alla terapia
Sorvegliate anche le colpe dei pazienti, che spesso li fanno
mentire circa l'assunzione delle cose prescritte
Ippocrate, 460-377 a.C.
In un precedente modulo ECM è stato analizzato il tema dell'aderenza alla terapia da parte dei
pazienti: secondo numerosi studi, solo il 50% dei pazienti in terapia cronica assume i farmaci
rispettando le indicazioni ricevute dal medico. Poter migliorare questa situazione avrebbe effetti
positivi sulla salute della popolazione e ridurrebbe i costi per l'assistenza sanitaria. I farmacisti
possono aiutare i pazienti a raggiungere questo scopo anche attraverso la comunicazione
interpersonale, modificando la percezione del loro ruolo nel processo che porta dalla prescrizione
del farmaco alla sua assunzione.
Tradizionalmente si è considerato questo processo come il risultato di una decisione presa dal
medico (l'esperto) per il bene del paziente (il soggetto passivo), semplice destinatario di una
prescrizione.
Una visione più realistica riconosce il fatto che è il paziente alla fine a decidere quanto essere
cooperativo nel seguire le prescrizioni del medico, se prendere o non prendere il farmaco
prescritto, se seguire o non seguire una dieta, se smettere o no di fumare. Per modificare questo
dato di fatto si può solo cercare di coinvolgere maggiormente il paziente nelle decisioni che
riguardano la sua salute.
Per questo, quando ci si trova di fronte ad un paziente che inizia una nuova terapia farmacologica,
è importante non dare per scontato che:
- il medico abbia già informato il paziente dei benefici o dei possibili effetti indesiderati dei farmaci
prescritti;
- il paziente abbia compreso tutte le informazioni che gli sono state date;
- che sia disposto a cambiare i propri comportamenti (es. modificare la propria dieta riducendo i
cibi preferiti, smettere di fumare) e che sia disposto a seguire passivamente tutte le indicazioni
ricevute (o anche solo quelle che ha compreso pienamente);
- il paziente non aderente sia una persona non motivata: spesso la non aderenza è dovuta a cause
non controllabili da parte del paziente (non-aderenzanon intenzionale);
- se un paziente è aderente alla terapia continui a farlo ne l tempo: a volte la aderenza aumenta
prima di un controllo medico per diminuire subito dopo;
- il medico affronti regolarmente con il paziente il problema dell'aderenza alla terapia;
- il paziente chieda spontaneamente aiuto, segnalando un problema nell'assunzione di un farmaco:
spesso si sente in imbarazzo nel dichiarare di non essere fedele alla prescrizione e deve essere il
farmacista a porre le domande giuste per far emergere il problema.
Si immagini allora un paziente leggermente obeso, fumatore, con livelli di colesterolo al di sopra
dei limiti consigliati e con altri fattori di rischio cardiovascolare, per vedere concretamente come si
possa sviluppare un intervento di aiuto da parte del farmacista attraverso la comunicazione. La
situazione immaginata richiede naturalmente che il farmacista abbia un atteggiamento attivo nei
confronti del paziente, nel senso di riuscire a farlo parlare di sé e della propria condizione.
1a FASE - Rifiuto (o pre-meditazione). In questa fase la persona pensa di non dover mai
cambiare il proprio comportamento (es. alimentazione ricca in grassi), non riconosce l'importanza
del problema (es. la dislipidemia), tende a negare o minimizzare i rischi ("non se ne può più di
queste raccomandazioni, io faccio quel che mi pare, mio padre e mio nonno hanno sempre fumato
e sono morti a più di 80 anni!"), non aderisce, o aderisce molto poco, alla terapia ("prenderò
questa scatola di pillole poi basta! Smettere di fumare poi non ci penso nemmeno"). Questi
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pensieri "negativi" difficilmente verranno espressi spontaneamente dal paziente al farmacista, che
dovrà farli emergere con domande molto generali e poste con il massimo rispetto.
In questa fase il farmacista può solo limitarsi a richiamare l'attenzione del paziente sul problema,
fornire informazioni molto semplici, con brevi motivazioni, presentare i pro e i contro del
cambiamento. La strategia comunicativa deve essere quella dell'empatia: far capire al paziente
che si comprende la sua difficoltà nel cambiare le abitudini di vita, senza esprimere giudizi negativi
sulle sue scelte.
Sarebbe inutile biasimare il paziente per le sue decisioni: è il paziente che deve prendere le
decisioni sulla sua salute e nessuno gliele può imporre. Così come sarebbe controproducente
discutere: il paziente è troppo convinto delle sue ragioni e opporrebbe solo una maggiore
resistenza al cambiamento.
2a fase - Riflessione - Il paziente comincia a pensare di cambiare il proprio comportamento, ma
non subito ("Sì, devo mangiare in modo diverso e smettere di fumare, un giorno o l'altro
comincerò"!) Comincia a credere nei benefici del cambiamento ma li soppesa con il valore delle
rinunce che dovrà fare. Difficilmente potrà intervenire contemporaneamente sulla sua dieta, sul
fumo e sulla terapia farmacologica e questo lo spaventa.
Se in precedenza si è stabilito un rapporto con il farmacista, probabilmente avrà piacere di fargli
conoscere questo suo cambiamento. L'intervento di aiuto dovrà allora focalizzarsi sugli elementi a
favore del cambiamento e sul come rimuovere gli ostacoli per una tale decisione,stabilendo anche
delle priorità (es. modificare la dieta può essere più facile che smettere di fumare) da affrontare a
piccoli passi, in modo che il paziente possa vedere dei cambiamenti, anche se ancora limitati. Il
farmacista deve comprendere il pensiero ambivalente del paziente, oscillante fra il "vorrei e non
vorrei" e invitarlo a fissare un percorso per iniziare il cambiamento e per precisare gli obiettivi per
la sua salute ("Forse potrebbe cominciare a scegliere cibi poveri in grassi. Le do questo opuscolo
dove troverà gli alimenti consigliati e quelli da evitare. Riesce a trovare un po' di tempo per fare
una qualche passeggiata? E' molto importante per la salute del suo cuore!")." Anche in questa fase
si deve dimostrare empatia per le difficoltà espresse dal paziente e incoraggiare i suoi pensieri
positivi.
3a fase - Determinazione. Il paziente ha maturato la convinzione della necessità di cambiamento
e si dichiara pronto a metterlo in atto al più presto. Ha valutato che i benefici superano i costi ("Ho
visto che mangiando meno mi sento meglio, riesco a fare passeggiate senza affaticarmi troppo e il
colesterolo è diminuito un po' con l'ultima cura che ho fatto. Posso farcela!" ). Il farmacista può
aiutare il paziente che si trova in questa fase a stabilire un piano d'azione. Ad esempio, può
proporre di effettuare un controllo periodico della colesterolemia presso la farmacia e affrontare il
problema dell'aderenza alla terapia; può suggerire l'aiuto che può essere dato al paziente da un
nutrizionista; può cominciare a parlare della riduzione del fumo, anche proponendo la terapia
sostitutiva con nicotina.
La 4a fase e quella dell'azione. Adesso il paziente inizia ad essere aderente alle raccomandazioni
dietetiche e al regime terapeutico. Se ha ridotto o abolito il fumo può andare incontro a ricadute per
la difficoltà obbiettiva di mantenere questi risultati: il rischio è che un eventuale fallimento possa
compromettere anche i risultati ottenuti sugli altri fronti. In questa fase il farmacista può intervenire
incoraggiando il paziente per i successi ottenuti e aiutarlo a distinguere fra il cedimento
occasionale di fronte ad una tentazione (es. una cena abbondante) e una ricaduta vera, cioè
abbandonare il programma dietetico o la stessa terapia farmacologica o, soprattutto, l'astensione
dal fumo, se il paziente è riuscito a smettere di fumare.
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La 5a e ultima fase è quella del mantenimento. Il paziente ha integrato le nuove abitudini nella sua
vita abituale e pensa di poterle mantenere per sempre.
In conclusione: l'aderenza alla terapia da parte del paziente, e più in generale verso
comportamenti utili per "guadagnare salute", può essere migliorata non solo fornendo informazioni
corrette ma, soprattutto, coinvolgendo il paziente nella definizione degli obiettivi di salute. Applicare
tecniche comunicative adeguate può aiutare in questo compito estremamente difficile, nel quale
devono essere impegnati tutti gli operatori sanitari che a vario titolo stabiliscono un rapporto con i
pazienti, compresi quindi i farmacisti.
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Comunicare con gli anziani
Non essere più ascoltati: questa è la cosa
terribile quando si diventa vecchi.
Albert Camus
Gli anziani rappresentano una quota quantitativamente sempre più importante nella nostra società
(il 20,8% della popolazione ha più di 65 anni) e utilizzano una quota proporzionalmente ancora
maggiore di farmaci. Spesso assumono più farmaci contemporaneamente, con la possibilità di un
aumento degli errori terapeutici, di interazioni e di ridotta aderenza alla terapia.
Il principale rischio nella comunicazione con gli anziani in farmacia è
quello di avere un atteggiamento stereotipato : ". ..gli anziani fanno
fatica a comprendere e ad esprimersi, ci sentono poco, non
sanno..., non ricordano ...". Molto spesso tutto questo non è vero ed
è molto imbarazzante per un anziano sentirsi trattato diversamente
dagli altri clienti della farmacia. Il farmacista dovrà quindi in primo
luogo considerare l' anziano che ha di fronte come un individuo
collaborante adattando il suo stile comunicativo solo se rileva la
presenza di qualche ostacolo.
Molti anziani conservano sostanzialmente la loro capacità di
apprendere, ma spesso occorre loro più tempo per elaborare le
informazioni. Parlare troppo velocemente e dare troppe informazioni in rapida successione non
favorisce, in questi casi, la comunicazione. La memoria a breve termine risulta a volte
compromessa e possono essere utili istruzioni scritte. Se l'anziano ci vede poco, alla pari di
qualsiasi altro cliente con problemi gravi alla vista, possono essere utili istruzioni scritte in caratteri
ben leggibili, cosa purtroppo ignorata dagli estensori dei foglietti illustrati vi. Quando si parla con un
anziano è importante, posizionarsi frontalmente, perché gli anziani con problemi di udito sfruttano
non solo la lettura del labiale, ma anche quella dei messaggi non verbali (espressioni del viso,
postura) per migliorare la loro comprensione.
Nella comunicazione con un anziano bisogna tener conto di alcuni tratti psicologici specifici, quali:
- il gap generazionale con il farmacista, che può portare a valutare
diversamente un determinato comportamento. Ad esempio, alcuni
anziani temono di restare senza medicinali e tendono a fare scorte, un
comportamento che può essere incomprensibile per un giovane
farmacista, ma che va interpretato alla luce delle ristrettezze di beni in
cui un anziano può aver vissuto nella sua infanzia, quando si forma la
"personalità" dell'individuo;
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- atteggiamenti di "aggressività", spesso determinati dalle difficoltà incontrate nell'usufruire
dell'assistenza sanitaria (lunghe attese in coda, ticket da pagare, rimando da un ufficio all'altro,
ecc.) o dalle ristrettezze economiche;
- sentimenti di abbandono e di solitudine, di perdita di autostima, che portano spesso l'anziano a
chiedere semplicemente un atteggiamento di disponibilità all'ascolto e di sincera attenzione da
parte del farmacista;
- bisogno di sicurezza, che si traduce a volte in un sentimento di timore nei confronti delle terapie e
nella scarsa aderenza per la paura degli effetti indesiderati;
- il riconoscimento dell'autorità del medico, che porta altri anziani a rispettare invece con molta
attenzione le istruzioni ricevute e a rifiutare eventuali altre indicazioni date dal farmacista.
L'atteggiamento del farmacista dovrà pertanto improntarsi, di volta in volta, sulla disponibilità
all'ascolto empatico, sulla cortesia, sulle piccole attenzioni, sulla riservatezza e la discrezione nel
fornire prodotti che potrebbero mettere in imbarazzo il paziente (es. pannoloni per incontinenza),
su messaggi che rassicurino l'anziano, sull'aiuto nel trovare supporti (es. un infermiere che possa
fare le iniezioni a domicilio, un famigliare cui fornire istruzioni per l'aderenza alla terapia).
Il farmacista dovrebbe poi focalizzare la propria preparazione sulle categorie di farmaci
maggiormente utilizzate dagli anziani (cardiovascolari, antinfiammatori, colliri, ipnotici, lassativi,
gastroprotettori, ecc.) per sapere dare informazioni e consigli precisi e utili, nonché poter
presentare il problema della sostituzione dei medicinali di marca con i generici in modo
convincente e rassicurante.
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Comunicare con gli stranieri
Straniero, se passando m'incontri e vorresti parlarmi, perché non dovresti parlarmi?
E perché non dovrei io parlare a te?
Walt Whitman
In Italia risiedono attualmente oltre 4 milioni di
stranieri, con un incremento nell'ultimo decennio
del 201,8% (dati ISTAT su censimento 2011), 2/3
dei quali al Nord. Comunicare con gli stranieri
presenta problemi certamente per le differenze
linguistiche, ma anche per altre differenze culturali,
di tradizioni, di religione, di visione nel rapporto tra
i sessi.
La concezione della salute può essere molto
diversa dalla nostra: molti stranieri provengono da
paesi nei quali non esistono sistemi sanitari
organizzati, dove i concetti di prevenzione o
profilassi sono molto più labili e dove la medicina
può essere ancora largamente basata sulle medicine tradizionali (es. medicina cinese, ayurvedica,
siddha, unani, jamu).
Vi sono poi aspetti socio economici da tenere presenti. Le difficoltà economiche in cui vivono molti
di loro, non consentono l'acquisto di medicinali non erogati dal SSN. Molti sono clandestini e
ricorrono alle organizzazioni di volontariato in caso di assistenza farmaceutica. Inoltre, persone
che nei loro paesi avevano uno stato sociale ben riconosciuto e spesso un titolo di studio
importante, si trovano accomunati sotto l'etichetta di "extracomunitario", perdendo quasi la loro
individualità.
Per molti stranieri il farmacista rappresenta un operatore sanitario, facilmente raggiungibile, che
può diventare un riferimento per orientarsi nell'organizzazione sanitaria di un paese sconosciuto.
Le difficoltà linguistiche sono in genere maggiori nei confronti di persone di origine asiatica, per la
tendenza a vivere in comunità chiuse e per la scarsa conoscenza di una lingua come il francese o
l'inglese, le più note nel nostro paese. Il linguaggio dei gesti, vale a dire la comunicazione no n
verbale, assume un'importanza particolare in questo contesto ma non sempre è sufficiente,
soprattutto quando si affrontano problemi di salute un po' complessi. In molti casi sono i figli degli
immigrati a svolgere il ruolo di traduttori ma a volte è necessario ricorrere a veri mediatori culturali.
A volte possono insorgere problemi relazionali legati a differenti comportamenti o abitudini, col
rischio ad esempio di scambiare abitudini diverse dalle nostre come segno di ostilità: ad esempio
molti africani tendono a parlare a voce molto alta. Spesso poi, quando le persone straniere non
capiscono ciò che gli si dice, anziché esprimerlo annuiscono con la testa, dando l'impressione di
una comunicazione senza problemi. In questi casi va chiesto un feedback di ritorno che consenta
di verificare il corretto trasferimento della informazione.
Esplorando il web si possono trovare materiali informativi su alcuni temi sanitari redatti in diverse
lingue, ma ancora mancano strumenti specifici di larga diffusione a disposizione dei farmacisti.
Il tema della comunicazione interculturale rappresenta sicuramente una sfida per la farmacia del
futuro. In altri paesi, dove questo fenomeno ha origini più antiche, si sono sperimentati incontri tra
farmacisti e gruppi etnicamente omogenei di popolazione dove, con l'aiuto di un mediatore
culturale, si approfondiscono le reciproche conoscenze.
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Conclusioni
La comunicazione è un tema che meriterebbe ben altri approfondimenti. Lungi dal voler essere
una trattazione esaustiva, l'obiettivo che ci si è prefissati con questo modulo è semplicemente
quello di stimolare una riflessione rispetto a come si comunica ogni giorno in farmacia per
modificare il proprio comportamento laddove ci si accorga che il proprio "stile comunicativo"
potrebbe essere migliorato.
Cambiare il proprio modo di comunicare non è facile. Se si vuole migliorare occorre prestare molta
attenzione ai casi che si presentano durante il lavoro quotidiano, riflettendo attentamente sul come
li si affronta per poi provare a mettere in pratica qualcuno dei suggerimenti proposti.
Perché questa osservazione del quotidiano sia qualcosa in più di un invito, ne abbiamo fatto
l'oggetto di una esercitazione "obbligatoria" che prevede proprio la narrazione di una esperienza in
cui la comunicazione con il paziente "ha fatto la differenza" sia in senso positivo che negativo. Le
esperienze raccontate potrebbero essere utilizzate strada facendo anche per integrare questo
stesso modulo con esempi "veri" in cui anche altri colleghi si possano riconoscere e che possano
servire per imparare o evitare errori.
A titolo di esempio e a dimostrazione che si può "imparare" a comunicare meglio, riportiamo una
conversazione reale, così come descritta da un farmacista al termine di un corso residenziale,
nella quale si possono ritrovare alcuni dei processi comunicativi proposti in questo modulo.
UN CASO ESEMPLARE
"Una signora di circa 60 anni mi chiede un flacone di Novalgina, ma non ha la ricetta del medico. Non le consegno il
medicinale richiesto, ma le pongo alcune domande "aperte" ("Quali sono i suoi sintomi?" "Da quanto tempo sono
presenti?""Chi le ha suggerito di utilizzare questo farmaco?"), e dalle risposte apprendo:



che il mal di testa è probabilmente conseguenza di sindrome influenzale,
che la Novalgina le era stata consigliata da una conoscente in una precedente occasione,
che la cura aveva funzionato e che il farmaco costava poco.
Le propongo un OTC a base di naproxene, in quel momento venduto con sconto, per accogliere anche la sua richiesta
"implicita" di economicità del prodotto. La signora accetta. Penso di aver "comunicato" bene, senza un vincitore e un
vinto, ma con due vincitori: la signora che ottiene un farmaco efficace ed economico per la sua condizione e io che ho
risolto il suo problema e non mi sono limito a rifiutare la sua richiesta iniziale. Mi accorgo però di non aver chiesto se sta
assumendo altri farmaci: "Sì", risponde la cliente, "un antipertensivo e un sale di litio". Poiché ricordo che esiste una
interazione fra FANS in generale e sali di litio*, anche se sul momento non ricordo se il FANS aumenti o riduca i livelli
plasmatici del litio, cambio la mia proposta, suggerendo alla signora di assumere paracetamolo, privo di interazioni con i
sali di litio e, anche questo, con un prezzo contenuto. Alla fine riassumo alla signora le caratteristiche del prodotto
(efficacia nella sindrome influenzale),i vantaggi (mancanza di interazioni, basso costo) e i benefici che dovrebbe averne
(risoluzione entro pochi giorni della sua malattia, in caso contrario contattare il medico) e chiudo l'interazione indicando
la posologia.
A questo punto sento di aver applicato con successo alcune delle conoscenze ricevute durante il corso di
comunicazione."
* I FANS possono aumentare il livello plasmatico del litio, poiché ne riducono la clearance renale
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Conclusioni
-Barnett N.: Developing your consultation skills to support medicines adherence, Clinical
Pharmacist, 2012;4:266-268.
-Beardsley RS, Kimberlin CL, Tindall WN: Communication skills in Pharmacy Practice, Wolters
Kluwer-Lippincott Williams & Wilkins, 5^ ed., 2008.
-Berger B.: Effective Patient Counseling http://legacy.uspharmacist.com
-Donyai P.: Body language: how to read and use it in a pharmacy, Tomorrow's Pharmacist, 2012.
-Floyd K.: Interpersonal Communication -the whole story, McGraw-Hill, 2009.
-London Pharmacy Education & Training: Assertiveness Pack, 2011
-Maguire T.: Barriers to communication - How things go wrong, Pharm J, 2002, 268:246-247
-Maguire T.: Good communication - How to get it right, Pharm J, 2002, 268:292-293.
-Martina A.: La farmacia della comunicazione: il modello integrato della comunicazione globale.
GPAnet
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