ECONOMIA INDUSTRIALE (MERCATO,
CONCORRENZA, REGOLE) LEZ 13
Augusto Ninni
Università di Parma
a.a. 2010-2011
1
Entrata ed uscita: il ruolo dei
comportamenti strategici
2
• Nei mercati oligopolistici le imprese si comportano in
modo strategico quando devono decidere se entrare o
se reagire all’entrata
• Consideriamo in primo luogo le strategie che le
imprese operanti in un mercato come monopolista
possono adottare per scoraggiare l’ingresso dei
potenziali entranti: le strategie di deterrenza all’entrata
• Poi le strategie che le imprese possono adottare per far
uscire imprese già entrate: in particolare le strategie dei
prezzi predatori
• Infine il ruolo delle acquisizioni & fusioni, in
particolare la possibilità dell’acquisizione di
un’impresa come forma di entrata di un’impresa in un
mercato
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Le strategie di deterrenza all’entrata:
l’espansione della capacità produttiva
Impresa 1 (incumbent) & Impresa 2 (potenziale
entrante)
Impresa 1: deve decidere quanto produrre (sulla base
di congetture sul comportamento dell’impresa 2)
Impresa 2: a) Osserva le mosse dell’impresa 1
b) Deve decidere se entrare o no
c) E se entra, deve decidere quanto produrre
Dopo che le due imprese hanno deciso il livello di
produzione, la produzione totale determina il prezzo
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(modello di Cournot)
Profitto dell’impresa 1 se produce da monopolista
1
1M
Q1 M
q1
5
 1,
2
Profitto dell’impresa 2 come funzione della
produzione dell’impresa 1: l’impresa 2 entra e
percepisce profitti:  2 (q1, - F)
Profitti delle due
imprese, sulla base
delle scelte
dell’impresa 1
2F
1M
Costi fissi
di ingresso
per
l’impresa 2
Q1 M
q1
6
 1,
2
Profitto dell’impresa 2 come funzione
della produzione dell’impresa 1:  2
(q1, - F)
Profitti dell’impresa 1, se
l’impresa 2 entra e l’impresa 1
diventa duopolista
F2
1M
1S
 1 S (impresa 1
come duopolista)
Q1 S Q1 M
q1
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• Se incumbent decide quantità di monopolio
(q1M), allora 2 entra perché i suoi profitti in
questo caso sono positivi.
• Ma se 2 entra, l’impresa 1 percepisce i
profitti da duopolio ( 1 S).
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• Allora all’incumbent conviene aumentare
così tanto la produzione che l’impresa 2 non
percepirebbe profitti (q1D)
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 1,
2
 2 (q1,
- F)
 1 q1 M
1M
F
1M
q1D
1S
(q1)
 2 q1 M
q1S
q1M
q1D
q1
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• Ovviamente questo è vero finchè  1 M (q1
D) è superiore a  1 S (q1S),
• ovvero se è più conveniente per l’impresa 1
continuare ad operare come monopolista
producendo più di quanto massimizzerebbe
il profitto, piuttosto che lasciar entrare
l’impresa 2 e massimizzare il profitto come
duopolista
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• In realtà, in questo modello, le determinanti del
comportamento strategico dell’impresa 1 sono pur sempre i
costi di entrata che l’impresa 2 deve affrontare
• Se questi sono molto bassi, la riduzione della produzione
che l’impresa 1 dovrebbe attuare per mantenere l’impresa
2 fuori dal mercato è talmente elevata che i profitti
percepibili sarebbero inferiori a quelli che otterrebbe
facendo entrare nel mercato l’impresa 2 e comportandosi
da duopolista:  1 S (q1) >  1 M q1D’: quindi l’impresa
1 fa entrare l’impresa 2
12
 1,
2
 2 (q1,
- F)
 1 q1 M
1M
F
1M
q1D
1S
(q1)
1S
(q1)
1M
q1D’
 2 q1 M
q1S
q1M
q1D
Q1
D’
q1
13
• L’opposto se F è molto alto: l’incumbent
può produrre l’output di monopolio, e
l’impresa 2 resta fuori: entrata bloccata
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 1,
2
 2 (q1,
- F)
 1 q1 M
 1 q1 S
1M
F
1S
(q1)
q1S
q1M
q1
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• Credibilità della minaccia: l’incumbent è in
grado o meno di modificare con rapidità il
proprio output ?
• Se variare la produzione ha un costo per
l’incumbent, la minaccia di reagire variando
la produzione non sarà credibile
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• Supponiamo ora che, all’inizio, l’incumbent
decida non la propria produzione, ma la propria
capacità produttiva.
• Supponiamo che il costo della capacità produttiva
è elevato, ma è irrecuperabile, e che una volta data
la capacità produttiva, variare la produzione ha
costo 0.
• Solo in tal caso la minaccia di variare la
produzione diventa credibile.
• Quindi l’espansione della capacità produttiva ben
oltre i livelli che servono al livello normale della
produzione è un deterrente all’entrata (e se il costo
è irrecuperabile).
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Altre strategie di prevenzione
dell’entrata
• Una possibile variazione sul tema è che l’incumbent
sia interessato solo a rinviare il più possibile l’entrata
dell’altra impresa.
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Esistono poi molte altre strategie:
• La proliferazione dei prodotti esistenti
• L’elaborazione di contratti
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La proliferazione dei prodotti
• E’ l’esempio della concorrenza monopolistica
• La proliferazione dei prodotti esistenti si riferisce
al caso in cui l’incumbent propone una quantità
rilevante di prodotti per assorbire la massima parte
dello “spazio per le caratteristiche” dei
consumatori”
• Al potenziale entrante resterebbe un mercato
residuale piccolo, che non giustificherebbe le
ingenti spese di pubblicità
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• Tutt’al più una posizione di nicchia, se il livello
qualitativo lo consente (ma in ogni caso
occorrerebbe farlo sapere, se possibile…)
• Ecco perché: supermercati e mercati locali
• Si può applicare il modello di Hotelling sia come
modello di differenziazione del prodotto, sia come
modello di collocazione nello spazio (ad es.
densità di agenzie bancarie sul territorio)
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I contratti come barriera
all’entrata
• Vengono adottati dall’incumbent contratti
vincolanti, di lungo periodo, con uno o più grandi
fornitori: al limite, uno dei fornitori può essere
incumbent sul proprio mercato
• La sanzione prevista per la rottura di un contratto
vincolante da parte di uno dei due fornitori,
causata da un potenziale entrante, rappresenta la
barriera all’entrata rispetto al potenziale entrante, e
anche la base dell’impegno vincolante
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I prezzi predatori
• I prezzi predatori sono semplicemente prezzi
inferiori ai costi, praticati per qualche tempo
da un’impresa – tipicamente l’incumbent –
per far uscire dal (o non fare entrare nel)
mercato i concorrenti.
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• In sede di Antitrust, è peraltro difficile dimostrare
che una discesa così rilevante dei prezzi sia dovuto
all’andamento del mercato – ad es. ad un
andamento stagnante della domanda – piuttosto
che al comportamento dell’impresa
• Un criterio può essere quello di considerare la
crescita dei prezzi dopo l’uscita dell’impresa che
“subisce” i prezzi predatori, ma vale quanto detto
prima.
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• Un attacco forte alla pratica dei prezzi predatori è
stata portata dalla Scuola di Chicago. Il monopolista
non troverebbe conveniente praticare i prezzi
predatori perché incapperebbe in perdite, almeno per
un certo periodo di tempo.
• E se anche lo facesse, l’entrante non uscirebbe,
essendo consapevole che l’incumbent non sarebbe in
grado di protrarre a lungo la politica.
• E se, resistendo, non fosse in grado di autofinanziare
le perdite, sarebbe soccorso dal mercato bancario.
• Prevedendo tutto ciò, l’incumbent razionale non
praticherebbe mai prezzi predatori.
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• Al solito, questa posizione parte da ipotesi
non totalmente realistiche di razionalità e di
informazione perfetta.
• Può invece darsi che la pratica dei prezzi
predatori possa essere effettivamente
attuata, soprattutto se l’impresa che la
subisce non è in grado di autofinanziare le
perdite (per la non sicura disponibilità del
sistema finanziario)
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• Altre spiegazioni alternative della realizzazione dei
prezzi predatori riguardano le motivazioni della
segnalazione (l’incumbent vuole “segnalare” alle
altre imprese che vanta costi bassi e può quindi
permettersi un tale ribasso dei prezzi) e della
reputazione (l’incumbent vuole informare tutti i
potenziali entranti di essere in grado di replicare
duramente ai tentativi di entrata, e di non seguire
invece una strategia accomodante).
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Fusioni e acquisizioni
Alcune definizioni:
- acquisizioni: A acquisisce B, che scompare
come unità giuridica ed economica, e resta
solo A; può però capitare che A acquisisca
una parte di B (ad es. una divisione
specializzata o una sua filiale in altri paesi),
per cui alla fine anche B resta in vita
(acquisizione per scorporo)
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- fusioni: A e B si fondono, nasce una nuova
unità giuridica ed economica che si chiama
C, mentre A e B come entità separate
scompaiono: talvolta C prende un nuovo
nome (ad es. Banca Intesa), tal altra il suo
nome non è altro che la fusione dei due
precedenti (Exxon Mobil).
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• - joint venture: una parte di A e una parte di B si
mettono insieme e costituiscono una nuova unità
(spesso, ma non necessariamente, al 50 %), C,
mentre A e B continuano a sussistere;
• Spesso la joint venture ha motivazioni particolari
(ad es. entrata su un nuovo mercato, nuovo sia per
A che per B; oppure nuovo per A mentre B è
impresa “locale”), oppure riferite a una specifica
attività (jv nel campo della R&S) oppure
momentanee (per partecipazione ad una gara di
ampie dimensioni e durata).
• - C è unità giuridica ed economica separata ma, a
tutti gli effetti, continua a corrispondere sia ad A
che a B
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Reazione della proprietà (se diffusa)
• L’operazione di acquisizione-fusione in quanto
operazione strategica è sempre decisa dal
management (“controllo” come separato da
proprietà): essa dà luogo ad una particolare forma
di crescita (crescita esterna contrapposta a crescita
interna) che è la normale forma di crescita
dell’impresa oltre una certa dimensione (ca. 400500 addetti)
• In caso di imprese famigliari, l’acquisizione o
fusione non dà particolari problemi, perché il
“controllo” coincide con la proprietà
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• Ma se proprietà e controllo divergono, come nelle
più moderne società quotate, l’operazione di
acquisizione-fusione deve essere “ratificata” dalla
proprietà
• Fondamentale, soprattutto nel caso delle fusioni, è
allora come si determina il valore della nuova
società partendo dal valore delle vecchie società: è
il problema del “concambio” delle azioni
• (la maggiore fonte di entrata per i commercialisti
!)
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• Talvolta le operazioni di acquisizione e
soprattutto di fusione non hanno successo
quando i protagonisti hanno storie lunghe e
separate, hanno diversa “cultura aziendale” e
non si integrano: i marchi restano separati, e il
management pure
• si sfruttano allora meno del dovuto le sinergie
che sono la motivazione principale
dell’operazione
• Esempi: Agip (ora Eni) e Ip
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Motivazioni (addotte) delle fusioni:
• Modalità per entrare in un altro mercato senza
accrescere la capacità produttiva esistente (e senza
“pagare” costi di entrata)
• Spesso sfruttamento di “sinergie” (se le due
imprese sono complementari)
• Talvolta è meglio acquisire un rivale piuttosto che
competere (sul prezzo o su altro) con lui
• Accrescere la propria “forza contrattuale” nei
confronti di terzi, là dove è rilevante
• Diversificare il portafoglio
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Effetti delle fusioni (orizzontali)
• La riduzione del numero delle imprese fa
aumentare i prezzi di equilibrio
• In presenza di sinergie, è possibile ridurre i
costi
35
P
P’
c
c
c’
Fusione motivata dal solo
raggiungimento di un più elevato
potere di mercato: i costi non
cambiano
Fusione motivata da potere di
mercato più sinergie: i
consumatori non ne beneficiano
rispetto alla situazione di
concorrenza di partenza
36
c
P’
c’
Fusione motivata da potere di mercato più sinergie: la riduzione dei costi che ne
segue è tale che anche i consumatori ne beneficiano rispetto alla situazione di
concorrenza di partenza
37
• Sinora abbiamo considerato come se tutte le imprese del
settore si fondessero.
• Questo in realtà riguarda solo una parte delle imprese
esistenti sul mercato: dell’aumento dei prezzi beneficiano
allora anche le imprese concorrenti, non partecipanti alla
fusione
• (anzi, se non sono riscontrabili particolari guadagni di
efficienza, le “altre imprese” sono quelle che ci
guadagnano di più).
• Per cui le fusioni sono convenienti per le imprese
protagoniste solo se danno luogo a significativi decrementi
dei costi
• Non tanto per ampliare la gamma dei prodotti proposti al
consumatore, perché quei prodotti c’erano già
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• Il paradosso della fusione (merger paradox):
se la fusione non porta al monopolio,
potrebbe essere non profittevole.
A meno che:
• Si fonde un N di imprese sufficientemente
grande
• Tuttavia queste condizioni di M&A
difficilmente sono presenti
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• Reazione mercati finanziari:
 Valore acquisita
= o  valore acquirente
(in questo senso miglioramento del benessere
collettivo)
(fusione come espressione del potere
manageriale)
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Ondate di fusioni
• Le ondate di fusioni:
• 1. Eventi esogeni (e.g. deregolamentazione;
Mercato Unico)
• 2. Eventi endogeni (e.g. una fusione iniziale
fra due imprese scatena altre fusioni)
3. Fattori endogeni all’industria (e.g. costo
della R&D nel farmaceutico)
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• Caratteristica delle fusioni è il procedere “a
grappoli”: molto intenso in un certo periodo, meno
in un altro
• Perché: legate al ciclo economico ?
possono accadere sia in recessione sia in espansione
(in recessione, per abbassare i costi e non aumentare
la capacità produttiva; in espansione, su iniziative
di innovazione)
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Antitrust e fusioni
• Nonostante l’obiettivo dell’Antitrust debba
essere massimizzazione del benessere
collettivo, quasi sempre e quasi ovunque la
massimizzazione del benessere dei
consumatori è stato considerata più
importante della massimizzazione del
benessere dei produttori
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• Quindi Antitrust più attento agli effetti di
prezzo (che colpiscono i consumatori) e
meno all’effetto di riduzione dei costi, a
meno che non si tramuti in riduzione dei
prezzi
• E’ facile attendersi un effetto di prezzo,
perché a parità di altro aumenta la
concentrazione dell’industria
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• L’effetto sulla concentrazione dipende dalla
dimensione singola dei partecipanti alla fusione:
gli effetti saranno trascurabili se le imprese sono
piccole, rilevanti se sono grandi
• La fusione può essere bloccata se costituisce o
rafforza una posizione dominante (si noti: il
raggiungimento da parte di un’impresa di una
posizione dominante non è colpito in sé, lo è se è
effetto di una fusione).
45
• Per accettare o respingere (in realtà indicare
dei remedies) una fusione, gli Antitrust
stimano i suoi effetti previsti nel mercato
rilevante.
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