Capitolo 18
Il processo di integrazione
economica
e monetaria in Europa
R.Capolupo Appunti macro2
1
Il processo di integrazione economica e
monetaria in Europa



Sebbene si sia trattato di un processo lento e graduale,
iniziato nel 1958 con il Trattato di Roma i cambiamenti più
radicali si sono avuti con la sottoscrizione del Trattato di
Maastricht (gennaio 1991, ratificato nel 1992)
Il Trattato ha sancito l’introduzione del mercato unico e
della moneta unica che hanno rappresentato una svolta
epocale: i paesi operano in un contesto sistemico nuovo
non più limitato alla sola dimensione nazionale.
Il processo non è esaurito ma in continua evoluzione e
pone nuove sfide con il processo di allargamento ai paesi
dell’Europa Centro- Orientale e meridionale già verificatosi
nel maggio 2004 e proseguito nel 2006 con l’adesione di
Romania e Bulgaria.
R.Capolupo Appunti macro2
2
Cenni storici





Nel 1957 , 6 paesi europei costituirono il MCE
(Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e
Olanda: Si aggiunsero negli anni successivi altri 9
paesi (Austria, Danimarca, Finlandia, Grecia,
Irlanda, Portogallo, Spagna Svezia e Regno Unito.
Tutti insieme formano l’Europa-15 (UE-15)
Con l’allargamento (maggio 2004) altri 10 paesi
sono entrati a far parte dell’UE (UE-25)
Con il nuovo allargamento Romania e Bulgaria
sono entrati nell’UE(27)
EU-12 o UEM è formata invece da 12 paesi (non
ne fanno parte Regno Unito, Danimarca e Svezia)
Gli EU 12 adottano una moneta comune (zona
euro, Eurolandia, Eurosistema)
R.Capolupo Appunti macro2
3
Dati aggregati UE-15 (2001)
Output :7500 miliardi di $
 Popolazione 367 milioni di persone
 Output procapite medio= 20.500 $ con
alcuni paesi (Lussemburgo, Danimarca,
Svezia molto vicini ai redditi procapite
USA)
 Tasso di crescita medio dell’output (19602000)=3.1%
 Tasso di crescita medio (1992-2000)=
1,8%

R.Capolupo Appunti macro2
4
Perché l’euro?





Caratteristica dei paesi dell’UEM è l’alto grado di
apertura
Il 60% circa del commercio internazionale è di
tipo intracomunitario
Il grado di apertura dell’UE verso il resto del
Mondo è superiore a quello di USA e Giappone
Il mercato unico non era in grado di operare in
presenza di una alta volatilità dei tassi di cambio
Sono queste le ragioni che hanno spinto i paesi
dell’UEM ad adottare la moneta unica
R.Capolupo Appunti macro2
5
Quota sul commercio mondiale (FMI)
Esportazioni
Importazioni
USA
12%
USA
19%
Giappone
7%
Giappone
5,8%
UE (15)
37,5%
UE (15)
34,8%
Germania
9,5%
Germania
7,6%
Francia
4,8%
Francia
4,6%
UK
4,4
UK
5,1
Italia
3,7%
Italia
3,6%
R.Capolupo Appunti macro2
6
Grado di apertura (dati eurostat)
paese
Esportazioni/PIL
Importazioni/PIL
USA
11,2%
12,2%
GIAPPONE
10,8%
8,3%
UE(15)
36,0%
28,7%
Germania
33,7%
33,3%
Francia
28,7%
22,7%
UK
28,1%
29,8%
Italia
28,4%
27,4%
7
Perché l’euro?





Molti puntano al valore simbolico della moneta unica dopo mezzo
secolo di guerre all’interno dell’Europa nella prima parte del 900
Ma è chiaro che quel che conta sono i vantaggi economici: una
moneta comune insieme alla rimozione di tutti gli altri ostacoli ai
movimenti di beni e di fattori produttivi avrebbero fatto di questa
area una delle aree economiche più potenti del mondo
I detrattori ritengono che il simbolismo dell’euro può portare costi
molto elevati:una moneta comune significa un tasso di interesse
comune e una politica monetaria comune.
Che cosa accade invece se all’interno dell’Europa un paese
sperimenta shock asimmetrici?
Per esempio nel paese A una fase espansiva e nel paese B una
fase recessiva. Il primo paese avrebbe bisogno di un aumento di r
e il secondo di una riduzione. Poiché r è lo stesso in entrambi i
paesi c’è il rischio che il primo paese rimanga in recessione per un
periodo molto lungo
R.Capolupo Appunti macro2
8
I fase del processo di integrazione: lo
SME




Dopo il crollo del sistema di Bretton Woods l’Europa per ridurre la
volatilità dei tassi di cambio decise di costituire un’area valutaria
con cambi fissi i cui margini di oscillazione rispetto alla parità
fossero la metà dei margini previsti tra le valute internazionali e il
$.
Questo tentativo è noto nella storia monetaria dell’Europa come
serpente monetario europeo e rappresenta la prima fase del
processo di integrazione monetaria.
Il mantenimento dei margini di oscillazione ( 1,125% tra le
valute europee e  2,25% tra le valute europee e il $) richiedeva
un rigoroso coordinamento tra le politiche economiche dei paesi
comunitari e aiuti adeguati per consentire il superamento di
difficoltà temporanee di BP per i paesi più deboli
Le frequenti crisi valutarie che colpirono i paesi europei durante
l’esperienza del serpente monetario fecero sì che nel serpente
restassero solo quei paesi con stretti legami di integrazione
economica e commerciale con la Germania (Olanda, Benelux) gli
altri paesi uscirono dagli accordi di cambio del serpente monetario
R.Capolupo Appunti macro2
9
Nascita dello SME
Solo dopo gli accordi della Giamaica (1976) e il riconoscimento ai
paesi membri del FMI della libertà di scelta del sistema di
fluttuazione preferito cominciò il processo decisivo di integrazione
monetaria con la creazione dello SME (creato il 5 dicembre del
1978 entrò in funzione nel marzo 1979).
 Aderirono allo SME dapprima 8 paesi della Comunità (Italia,
Olanda, Germania, Francia, Belgio, Lussemburgo, Danimarca,
Irlanda) successivamente entrarono la Spagna nel 1989,La Gran
Bretagna nel 1990, e il Portogallo all’inizio del 1992 .
 Gli elementi costitutivi del sistema erano:
- Creazione dell’unità di conto europea (ECU) formata da un paniere
di valute comunitarie.
- Le parità centrali dei tassi di cambio delle valute dovevano essere
espresse in termini di ECU. Il tasso di cambio tra due valute era
dato dal rapporto tra le rispettive parità in termini di ECU. I cambi
potevano oscillare entro una banda ristretta del  2,25%, salvo
per quelle monete in cui i margini erano più ampi (l’Italia  6%)

R.Capolupo Appunti macro2
10
Caratteristiche dello SME




Quando una valuta raggiungeva i limiti massimo e minimo
consentiti, le Banche Centrali avevano l’obbligo di
intervenire per riportare il cambio entro i margini prefissati.
Lo SME disponeva di un congegno aggiuntivo rispetto al
serpente: indicatore di divergenza che segnalava
andamenti difformi del tasso di cambio rispetto alla media
comunitaria
quando la moneta stava per avvicinarsi alla soglia massima
consentita (pari al 75% del  2,25%) occorreva porre in
essere misure correttive e comportava obblighi di
consultazione con gli altri membri dello SME
In caso di persistenti squilibri di BP la parità poteva essere
modificata di concerto con gli altri paesi dello SME
R.Capolupo Appunti macro2
11
Il funzionamento dello SME





Gli scettici pensavano che lo SME non avrebbe funzionato meglio
del serpente. I divari tra i tassi di inflazione erano moto alti
(Germania 2,7% contro il 12% dell’Italia) e si temeva che gli
attacchi speculativi avrebbero forzato i paesi deboli ad uscire
Nonostante i molti riallineamenti (11) lo SME ha funzionato per
una serie di espedienti messi in atto e che consistevano in una
combinazione di riallineamenti e di coordinamenti delle politiche
economiche.
Alle valute deboli fu concessa una banda di oscillazione più
ampia (6% per la lira fino al 1990) la peseta e lo scudo
portoghese e la sterlina fino alla crisi del 1992.
Dopo la crisi del 1992 la banda di oscillazione fu ampliata al
15%
Estensioni di credito dai paesi a moneta forte a quelli a
moneta debole. In caso di attacchi speculativi le banche centrali
intervenivano a sostegno del paese sotto attacco
Mantenimento di controlli valutari per i paesi a moneta
debole
R.Capolupo Appunti macro2
12
Tassi di inflazione nei principali paesi
GERMANIA IL PAESE
MONETARIAMENTE Più
VIRTUOSO
R.Capolupo Appunti macro2
13
La crisi del 1992




Nei primi anni di operatività dello Sme parecchi membri
(Francia, Italia) riducevano la possibilità di attacchi
speculativi mantenendo controlli ai movimenti di capitali.
Il processo di integrazione ( l’accelerazione del processo
del mercato unico) richiedeva però lo smantellamento di tali
vincoli e nel 1990 la maggior parte dei paesi dello SME
aveva completamente eliminato i controlli sui movimenti di
capitali.
Nel 1992 lo SME subì la pressione dell’unificazione tedesca
che portò all’aumento senza precedenti dei tassi di
interesse in Germania
Gli operatori dei mercati finanziari erano sempre più
convinti che le implicazioni della politica monetaria tedesca
avrebbe condotto a un riallineamento delle parità e a una
svalutazione delle valute deboli
R.Capolupo Appunti macro2
14
Gli attacchi speculativi





Le banche centrali dei paesi sotto attacco intervennero con
estenuanti interventi sul mercato dei cambi
Le massicce perdite di riserve valutarie che andavano
sempre più riducendosi non avrebbe potuto arginare il forte
deflusso di capitali
Italia e Gran Bretagna dopo vari tentativi tendenti a
innalzare i tassi di interesse furono costretti a uscire dallo
SME
Altri paesi come Spagna e Portogallo svalutarono le loro
monete. I margini di oscillazione furono ampliati al 15%
fino all’entrata della moneta unica. Questo in pratica
significava il crollo del sistema dei cambi fissi.
La politica tedesca può essere illustrata con il modello ADAS
R.Capolupo Appunti macro2
15
L’incremento di G sposta la IS e la AD. Il tasso di interesse aumenta e anche i P. Per evitare spinte
inflazionistiche la Bundesbank attua poltiche monetarie restrittive che spostano la LM determinando
ulteriori incrementi del tasso di interesse. La AD si sposta verso il basso, i P diminuiscono e anche la
LM per effetto del piccolo aumento delle scorte monetarie in termini reali subisce una trasposizione
verso il basso non sufficiente ad abbassare i tassi di interesse tedeschi
R.Capolupo Appunti macro2
16
Il superamento della crisi monetaria e la
costituzione dell’UEM


1.
2.
3.
Il principale costo di una Unione
monetaria= perdita di indipendenza monetaria
e impossibilità dell’utilizzo della politica del tasso
di cambio come strumento per stabilizzare
l’economia
Tale perdita è meno gravosa se:
I prezzi sono flessibili
Gli shock che colpiscono l’economia sono di tipo
simmetrico
I paesi che compongono l’unione monetaria
formano un’area valutaria ottimane (AVO)
R.Capolupo Appunti macro2
17
Come valutare il costo della perdita della
politica monetaria e valutaria?
Supponiamo che ci siano paesi non
aderenti all’avo e che si verifichi uno shock
asimmetrico
 Tale shock è determinato dai cambiamenti
nelle preferenze dei consumatori
 Aumenta la domanda di beni in Germania
e diminuisce in Italia.
 Le soluzioni allo shock possono essere:
 flessibilità di salari e prezzi
 mutamenti del tasso di cambio

R.Capolupo Appunti macro2
18
Il cambiamento produrrà i seguenti
effetti nei due paesi :
ASLR
SRAS
P
P
AS
AD’
AD’
Y*
Y*
GERMANIA
ITALIA
R.Capolupo Appunti macro2
19
Se i prezzi e i salari sono flessibili:
In Italia in cui i prezzi e l’output si sono
ridotti ci sarà una recessione e un
incremento della disoccupazione. I salari si
ridurranno e cos’ i prezzi
 In Germania invece si verificherà un
aumento dei prezzi dell’output e
dell’occupazione
 L’incremento e il decremento dei prezzi nei
due paesi modificherà le aspettative di
inflazione e quindi la SRAS si sposterà

R.Capolupo Appunti macro2
20
L’economia sarà in grado di ripristinare
l’equilibrio
AS’
AS
AS
AS’
Y*
Y*
GERMANIA
ITALIA
R.Capolupo Appunti macro2
21
Un innalzamento del salario in Germania
(abbassamento in Italia) renderebbe le
merci italiane più competitive
contribuendo a sanare il deficit
commerciale e a ridurre la disoccupazione.
Il contrario avverrebbe in Germania
 La AS in Italia si sposterebbe verso il
basso in Germania verso l’alto e si
ritornerebbe all’equilibrio iniziale

R.Capolupo Appunti macro2
22
Un’espansione monetaria (svalutazione
della moneta italiana)
P
ITALIA
Y
R.Capolupo Appunti macro2
GREMANIA
Y
23
E se invece i paesi fanno parte di una
Unione Monetaria?


La teoria delle AVO offre uno schema utile per
analizzare se un gruppo di paesi avrà vantaggi o
svantaggi dall’adesione a una area monetaria
sulla base di alcune caratteristiche strutturali dei
paesi europei
I costi e i benefici derivanti a un paese che
entra a far parte di un’area valutaria con cambi
fissi dipende da quanto bene siano integrate le
economie dei vari partner in termini di
commercio internazionale e di movimenti dei
fattori.
R.Capolupo Appunti macro2
24
benefici
i benefici associati alla costituzione di un’area
valutaria sono rappresentati:
 dall’abolizione dei costi di conversione tra
differenti valute
 dall’eliminazione del rischio di cambio
 Maggiore trasparenza dei prezzi tra i vari
paesi incentiva una maggiore concorrenza
 Maggiore credibilità della politica monetaria
 possibilità di attivazione di un circolo virtuoso tra
stabilità dei prezzi, incremento degli scambi
commerciali e maggiore crescita economica.

R.Capolupo Appunti macro2
25
Costi (shock simmetrici e asimmetrici)




Presenza di shock asimmetrici (la manovra dei
tassi di cambio non è necessaria quando gli shock
sono simmetrici perché opera la politica
monetaria comune)
la manovra dei tassi di cambio può invece essere
utile quando gli shock sono asimmetrici
Perché gli shock sono asimmetrici?
Perché i paesi hanno caratteristiche diverse in
termini di funzionamento dei mercati del lavoro
dei beni e degli altri fattori
R.Capolupo Appunti macro2
26
Criteri di ottimalità di un’AVO



Le AVO sono gruppi di regioni con economie
strettamente integrate tra loro sia per lo scambio
di beni e servizi sia per la mobilità dei fattori.
Se ne deduce che un’area a cambi fissi
rappresenta un’AVO se volume degli scambi e
mobilità dei fattori sono elevati
La teoria delle AVO individua le caratteristiche
strutturali che un paese deve possedere se vuole
fronteggiare uno shock asimmetrico senza
ricorrere a variazioni dei tassi di cambio e alle
altre politiche che generalmente vengono
utilizzate per mantenere l’equilibrio interno e
esterno.
R.Capolupo Appunti macro2
27
Criteri di ottimalità classici
Nell’ambito dei contributi teorici sulle AVO
vengono individuati 3 criteri di ottimalità:
- mobilità dei fattori (Mundell)
- Grado di apertura (McKinnon)
- Grado di diversificazione produttiva (Kenen)
- Altri criteri studiati successivamente che possono
rendere ottimale un’AVO sono:
- Trasferimenti fiscali
- Preferenze omogenee ( i paesi condividono
interessi comuni e accettano i costi in vista di
obiettivi comuni più importanti).

R.Capolupo Appunti macro2
28
Mobilità dei fattori (MUNDELL)






Supponiamo che due economie siano colpite da uno shock
asimmetrico
La domanda si sposta dai prodotti dell’economia B ai
prodotti dell’economia A
L’economia A sperimenterà un aumento dei prezzi (la AD si
sposta) e un avanzo commerciale
L’economia B sperimenterà un disavanzo commerciale e un
processo di riduzione dei prezzi, dell’output e della
occupazione (AD verso il basso)
Assumiamo inoltre che le due economie siano integrate in
un’area valutaria che presenta alta mobilità dei fattori
all’interno e immobilità verso l’esterno.
Analizziamo il processo di aggiustamento sotto 3 ipotesi
R.Capolupo Appunti macro2
29
Primo caso (shock asimmetrico)



I paesi A e B dell’area sono caratterizzati da
regime plurivalutario e da tassi di cambio
fissi
Le autorità monetarie di A attueranno politiche
monetarie restrittive per contrastare l’inflazione
(determinata dallo spostamento della domanda).
Il meccanismo compensativo dell’ aumento dei
prezzi in A che dovrebbe rendere più costose le
importazioni da A non opera e l’onere
dell’aggiustamento ricade esclusivamente sul
paese B
R.Capolupo Appunti macro2
30
Secondo caso



Moneta comune e A e B regioni di uno stesso
paese:
Se le autorità vogliono ridurre la disoccupazione
in B con una politica monetaria espansiva
(riduzione de tasso di interesse) aggravano la
situazione inflazionistica anche in A (che
richiederebbe invece un aumento del tasso di
interesse)
Il perseguimento del pieno impiego induce una
distorsione inflazionistica nell’economia
multiregionale con una valuta comune
R.Capolupo Appunti macro2
31
Terzo caso



Mundell dimostra che anche la soluzione più
plausibile in presenza di uno shock asimmetrico
cioè la flessibilità del tasso di cambio non è la
politica ottimale
Teoricamente un deprezzamento del tasso di
cambio in B (o un apprezzamento in A)
correggerebbe lo squilibrio esterno e
migliorerebbe anche l’equilibrio interno
(disoccupazione in B inflazione in A)
Nella realtà gli effetti potrebbero essere diversi se
la struttura all’interno di due paesi non è
omogenea
R.Capolupo Appunti macro2
32
Terzo caso (2)






Assumiamo, infatti, che i due paesi A e B contengano al
loro interno 2 regioni est e ovest ognuna specializzata in
una data produzione
Lo shock asimmetrico si verifica a livello regionale con uno
spostamento dei prodotti da Est a Ovest.
la flessibilità del tasso di cambio non sarà in grado di
risolvere lo squilibrio regionale
Si verificherà inflazione e avanzo a Ovest e disoccupazione
e disavanzo a Est
Se le monete fossero definite su base regionale allora si
verificherebbe un aggiustamento interno ed esterno
attraverso la flessibilità del cambio
Ciò significa che la flessibilità del cambio si rivela efficace
solo se l’area valutaria corrisponde a una regione
omogenea
R.Capolupo Appunti macro2
33
AVO




L’area valutaria dunque per essere ottimale secondo
Mundell deve possedere un’alta mobilità dei fattori al suo
interno e immobilità all’esterno
Come risolvere il problema descritto? Attraverso un’alta
mobilità dei fattori produttivi . Flussi migratori da est che
sperimenta disoccupazione a Ovest dovrebbe migliorare
l’equilibrio interno nelle due regioni e risolvere lo squilibrio
esterno
Quest’ultimo si fonda sul fatto che la domanda dei
lavoratori dell’Est emigrati all’Ovest si tramuterebbe in
parte in esportazioni dei prodotti dell’Est verso l’Ovest e
viceversa la domanda dell’Est di prodotti dell’Ovest si
ridurrebbe per effetto dell’emigrazione
Solo se esiste mobilità dei fattori le due regioni potranno
mantenere cambi fissi e costituire un’AVO
R.Capolupo Appunti macro2
34
Se il lavoro è mobile si sposterà da una
regione (paese) all’altra
Y*
Y*
ITALIA
GERMANIA
R.Capolupo Appunti macro2
35
MC KINNON e grado di apertura
La sua teoria è molto simile a quella di
Mundell: individuazione delle condizioni
che rendono ottimale un’AVO
 Per le economie con un alto grado di
apertura sarebbe ottimale aderire a
un’AVO perché verrebbero minimizzati i
costi dell’aggiustamento esterno
 Il grado di apertura è definito come
rapporto tra beni commerciabili e beni
non commerciabili

R.Capolupo Appunti macro2
36
L’UEM alto grado di apertura…ma







I paesi molto aperti al commercio e che scambiano tra di
loro formano Un’AVO
Occorre distinguere tra
Beni commerciabili
Beni non commerciabili
Per i primi (beni commerciabili) il prezzo è fissato a livello
internazionale e quindi le singole economie sono price-taker
Se l’economia è price-taker il tasso di cambio non è
importante per stimolare il grado di competitività
I paesi dell’UEM hanno un alto grado di apertura (definito
come Export o import sul PIL ma hanno ampi settori(sevizi)
formati da beni non commerciabili (e quindi la manovra del
tasso di cambio poteva risultare utile)
R.Capolupo Appunti macro2
37
Grado di diversificazione produttiva (
terzo criterio: KENEN)
Le economie con maggiore diversificazione
produttiva (esportazioni e produzione
diversificate (non concentrate) ma di struttura
simile) sono quelle maggiormente indicate per
ottenere vantaggi dall’adesione a un’AVO (cambi
fissi e valuta comune)
I motivi sono:
1. La diversificazione è un fattore di stabilizzazione
ex ante delle esportazioni. L’idea sottostante è
che una maggiore diversificazione significa
esportazioni differenziate e qualsiasi shock
(microeconomico) che colpisca un settore (o un
prodotto) sarà compensato dalla performance
positiva degli altri settori di beni esportati

R.Capolupo Appunti macro2
38
Effetti della diversificazione produttiva
2
Attenua gli effetti di shock esogeni sull’occupazione.
Perché questo accada, alla diversificazione produttiva
occorre aggiungere una sufficiente mobilità occupazionale
tra i settori dell’economia
3
Stabilizza la formazione di capitale. Un incremento delle
esportazioni in un qualche settore produttivo
generalmente aumenta gli investimenti in quel settore e
può indurre tensioni inflazionistiche. Nelle economie in cui
la diversificazione è elevata l’esposizione a questo tipo di
instabilità è più ridotta perché l’incremento delle
esportazioni non si riverserà su tutti i prodotti ma solo su
alcuni
In conclusione le economie maggiormente diversificate
possono aderire a un’AVO perché sopportano meglio la
rinuncia alla manovra del tasso di cambio per realizzare
l’equilibrio esterno
R.Capolupo Appunti macro2
39

Integrazione economica e curva dei
benefici (Krugman & Obstfeld)
Guadagno di
Efficienza
monetaria
G
L’inclinazione
positiva
della curva indica
Che il guadagno
Di efficienza cresce
Al crescere del
Grado di integrazione
G
Grado di
integrazione
economica
R.Capolupo Appunti macro2
40
Curva delle perdite
Perdita di
stabilità
economica
per il paese
aderente
P
La perdita in termini
Di rinuncia all’utilizzo delle
Politiche di stabilizzazione
Diminuisce all’aumentare
Del grado di integrazione
economica
P
Grado di
integrazione
economica
R.Capolupo Appunti macro2
41
Mettiamo insieme le due curve
L’intersezione delle
curve determina un
punto critico di
integrazione
economica
Solo alla destra di  i
guadagni superano
le perdite per il
paese che decide di
aderire all’AVO
G
Guadagni> perdite
Perdite
> guadagni
P

R.Capolupo Appunti macro2
Grado di
integrazione
42
Spostamenti della PP
Se il paese è soggetto a shock asimmetrici
o a variabilità nel mercato dei prodotti la
curva PP si sposta verso destra
 Questo implica che il livello critico di
integrazione al quale è vantaggioso
aderire all’Avo aumenta
Il punto critico in

cui P=G è più
elevato. Alla
sinistra di ’ le
perdite>
guadagni

’
R.Capolupo Appunti macro2
43
L’UEM è un’AVO?
Sulla base dei criteri sino ad ora esposti si
può affermare che:
1. Il grado di apertura non è un criterio
sufficiente. Sulla base di tale criterio solo
alcuni paesi avrebbero dovuto aderire
all’UEM (Belgio, Lussemburgo, Irlanda,
Olanda) ma non Germania, Francia ,
Italia etc. che presentano un grado di
apertura misurato dall’export/PIL più
basso.
R.Capolupo Appunti macro2
44
Grado di apertura intra UE
R.Capolupo Appunti macro2
45
Criteri




2. sulla base del criterio della mobilità fattoriale l’UEM non è
un’AVO
3. sulla base della natura e della dimensione degli shock,
generalmente di tipo asimmetrico, l’UEM non è un’area
valutaria ottimale. Quanto più gli shock sono asimmetrici
tanto più costosa (rinuncia all’utilizzo della politica
valutaria) è l’adesione a un’AVO
4. diversificazione produttiva. E’ l’unico criterio che
permette di valutare positivamente l’adesione a un’AVO. Le
strutture industriali dei paesi europei sarebbero meno
concentrate e più diversificate rispetto agli USA e questa
circostanza dovrebbe rendere meno probabile l’insorgere di
shock asimmetrici
In conclusione , dal punto di vista statico, l’UEM non
risponde ai requisiti dell’ottimalità. Considerata in una
prospettiva dinamica l’UEM potrebbe soddisfare i requisiti
prima richiamati
R.Capolupo Appunti macro2
46
Relazione tra convergenza reale e flessibilità
I paesi al di
sopra della retta
CF possono far
parte di un’AVO
perché in grado
di fronteggiare
gli shock
asimmetrici
R.Capolupo Appunti macro2
47
Nuovi criteri di ottimalità: trasferimenti
fiscali




Bilancio dell’UEM centralizzato a livello europeo. In
altri termini un’autorità fiscale sovranazionale conduce la
politica fiscale (prelievo e spesa pubblica)
La centralizzazione del bilancio funzionerebbe come
stabilizzatore automatico e assicurerebbe il riequilibrio
dopo lo shock asimmetrico tramite un processo di
ridistribuzione del reddito (lo stesso di quello che
avverrebbe tra le varie regioni italiane)
Se la centralizzazione di bilanci non è praticabile perché
cambierebbe l’assetto delle sovranità nazionali la teoria
dell’AVO prevede una flessibilità nella conduzione della
politica fiscale
Ciò generalmente non è consentito o è visto in modo critico
( si vedano le critiche al NPS)
R.Capolupo Appunti macro2
48
Ragioni alla base delle restrizioni fiscali
in Europa





Rapporto debito/PIl elevato per molti paesi
Timore che un’ulteriore crescita del rapporto
possa minare la stabilità dell’UEM
Timore che si determinino processi inflazionistici
attraverso pressioni sulla BCE
Ciò potrebbe ridurre il grado di indipendenza
della BCE
Tuttavia data la situazione di bassa crescita in
Europa i vincoli alla politica fiscale sembrano
eccessivi e contrastano con la teoria dell’ Avo che
prevede una maggiore flessibilità per questo
strumento in assenza di bilanci centralizzati
R.Capolupo Appunti macro2
49
Il problema del debito pubblico
R.Capolupo Appunti macro2
50
La politica monetaria
La BCE sin dalla sua costituzione ha
annunciato che il suo principale obiettivo è
quello di mantenere la stabilità dei prezzi
 Più specificatamente l’obiettivo nel medio
termine è di far sì che l’incremento
dell’IAPC su 12 mesi si mantenga
inferiore al 2%
 Tale obiettivo è realizzato attraverso il
controllo dell’aggregato M3

R.Capolupo Appunti macro2
51
Gli acronimi
NCBs= Banche centrali degli N paesi che
non hanno funzioni di politica monetaria
 ECB= banca centrale europea (European
Central Bank)
 ESCB= Sistema Europeo delle Banche
Centrali: L’ECB e tutti gli NCBs dell’area
EU (N=27)
 Eurosistema= ECB e gli NCBs degli stati
membri dell’area EURO (N=12)

R.Capolupo Appunti macro2
52
Come opera l’Eurosisitema?
Obiettivi (combattere l’inflazione ed
eventualmente promuovere la crescita e
combattere la disoccupazione)
 Strumenti (manovra dei tassi di interesse,
credito, tassi di cambio) In realtà tutti
questi strumenti non sono nelle mani della
ECB in quanto essa controlla solo il tasso
di interesse a brevissimo termine (EONIA=
European Overnight Index Average)
 Strategie da adottare per perseguire gli
obiettivi

R.Capolupo Appunti macro2
53
Le strategie poggiano sui 2 pilastri
della politica monetaria




Crescita annunciata della quantità di moneta.
Valutazione del target di inflazione avendo
riguardo non soltanto all’IAPC e al suo tasso di
variazione ma anche a un’intera serie di indicatori
macroeconomici
Questo significa che la BCE non aderirà
strettamente né all’approccio conosciuto come
monetary targeting né all’approccio
dell’inflation targeting
La ECB ha solo una definizione di
stabilità dei prezzi (intorno al 2%)
che si propone di mantenere nel
medio termine
R.Capolupo Appunti macro2
54
Confronto con altre strategie:
FED: per legge si propone come obiettivo
non solo la stabilità dei prezzi ma anche
un alto livello di occupazione
 Inflation targeting è perseguito da BC
Svedese, Regno Unito, Polonia. Questi
paesi propongono un target di inflazione
es. 2% e un orizzonte temporale (es 2
anni)

R.Capolupo Appunti macro2
55
Regola di Taylor anche per la BCE



Tuttavia non si può nascondere che la sua strategia si
avvicina maggiormente all’inflation targeting. Poiché
deciderà la sua politica avendo riguardo anche ad altri indici
macroeconomici si può presumere che la sua condotta non
sarà molto diversa da quella seguita dalla FED.
Con riferimento a questi obiettivi assumendo che il target
di inflazione sia pari a ’ e che il tasso di interesse di lungo
periodo sia pari a r*, riscriviamo la regola di Taylor:
r  r *  ' '(   ' )
R.Capolupo Appunti macro2
56
Una curva LM orizzontale
R.Capolupo Appunti macro2
57
Politiche espansive

Politiche di reazione agli shock. Se lo shock è
simmetrico la politica monetaria può essere
espansiva (LM verso il basso). Se lo shock è
asimmetrico si devono utilizzare (nei limiti
imposti dal Patto di Stabilità) politiche fiscali
espansive (IS verso destra).
R.Capolupo Appunti macro2
58
Ha raggiunto la BCE il target di
inflazione?
HICP (harmonised index of consumption
price)
 2000
2,1
 2001
2,3
 2002
2,3
 2003
2,1
 2004
2,3
 2005
2,4

R.Capolupo Appunti macro2
59
Prospettive dell’UEM



1.
2.
3.
Con il termine allargamento si designa oggi l’accesso dei
paesi dell’Europa centro Orientale nell’UE
Dei 13 paesi che hanno avanzato la richiesta , 10 di essi
(Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Repubblica Ceca,
Slovacchia, Slovenia , Malta, Polonia, Ungheria) hanno
aderito dal maggio 2004
I paesi che aderiranno devono soddisfare i criteri stabiliti a
Copenaghen :
Essere una democrazia stabile
Adottare un’economia di mercato funzionante
Adottare regole , norme e le politiche comuni dell’UE
R.Capolupo Appunti macro2
60
Problemi dell’allargamento





Divergenze e difformità nelle strutture produttive,
livelli di reddito e tassi di crescita
Con l’attuale meccanismo di distribuzione dei
fondi comunitari i benefici per i nuovi entranti
vengono percepiti come costi dai paesi dell’UE
I fondi elargiti per la PAC e per i fondi strutturali
che costituiscono l’85% del bilancio comunitario
sarebbero incanalati soprattutto verso i nuovi
paesi
movimenti migratori che potrebbero aggravare i
problemi sul mercato del lavoro
Concorrenza con alcuni paesi dell’UE che hanno
specializzazioni produttive similari a quelle dei
paesi dell’allargamento
R.Capolupo Appunti macro2
61
allargamento
R.Capolupo Appunti macro2
62
Cosa è necessario per dare nuovo slancio
all’economia europea?
Più investimenti in R&S e nell’istruzione
(progresso tecnico e capitale umano sono
fattori fondamentali della crescita)
 Maggiore disciplina e meno burocrazia per
una maggiore efficienza dello Stato e del
settore pubblico
 Riforme del mercato del lavoro
 Cambiamento delle attitudini e maggiore
premio per il merito

R.Capolupo Appunti macro2
63
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Lezione 11 - Università degli Studi di Bari