LA NOZIONE DI DIO
SECONDO CARL GUSTAV JUNG
*
Sull'architrave di .pietra sopra l'entrata della casa di C.G.
Jung a Klisnacht-Ztirich è scolpita in latino la famosa risposta
che l'oracolo di Delfo diede agli spartani :prima del loro attacco
ad Atene durante la guerra peloponnesiaca: Vocatus atque non
vocatus, deus aderit. Dall'età di diciannove anni, quando s'imbatté per la prima volta in questa frase degli Adagia di Erasmo,
Jung fu impressionato dalla sua .profonda saggezza, e dedicò
infatti il resto della sua vita al tentativo di tradurla in un mito
che fosse a misura dell'uomo del XX secolo. .I risultati sono stati
formidabili e controversi. Pur essendo rigettato da ;parecchie
cerchie di psicologi professionali come mistico e non scientifico,
attaccato da numerosi teologi come eretico o ateo, e per gran
parte ignorato e lasciato nell'oscurità dall'opprimente ombra
gettata da Sigmund Freud, egli riuscì ad attirare l'attenzione
di un vasto gruppo di studiosi già durante la sua vita (è morto
nel 1961 a ottantacinque anni), e continua tuttora ad ·affascinare
ed ispirare un crescente numero di pensatori moderni impegnati
in questioni religiose.
Tutt'oggi rimane una quantità di problemi che rende difficile una seria valutazione critica del suo lavoro: l'enorme volume del materiale pubblicato (non tutto incluso ne1le Opere complete, ancora in via di pubblicazione), la confusione causata dalle
sue frequenti revisioni, l'immensa ri:cchezza di materiale dei
suoi seminari non ancora messa in circolazione l' la mancanza di
una completa edizione critica della sua corrispondenza 2, e >la
• Il nostro collaboratore, padre James W.MEisig, dell'università di Cambridge
ci ha inviato, in personale stesura italiana, il saggio che pubblichiamo.
l Recentemente fu varata l'iniziativa di preparare una serie di volumi, paralleli alle opere complete, che conterranno in ·edizione la materia di tutti
i seminari tenuti da Jung, sia in tedesco che in inglese. Ma ciò non verrà
condotto a termine prima di dieci anni, come si può presumere.
2 Un primo passo importante a questo riguardo sarà la pubblicazione di una
selezione delle lettere di Jung (a cura di Gerhard Adler e Aniela Jaffé), già
in preparazione.
778 Ja.mes W. He1sig
.diffusa diffidenza dei suoi discepoli verso una anaUsi critica
della sua opera.
Quest'ultimo punto non dev'essere sottovalutato. Anche la
dr. Jolande Jacobi - indUJbbiamente tra i più impegnati nel
tentativo di organizzare Ti.gorosamente e sistematicamente il
pensiero di Jung - viene considerata da molti con sospetto come in certo qual modo troppo « razionalista », ·pur non avendo
sviluppato una critica molto estesa da un punto di vista nonjunghiano. Le opinioni spesso antiquate e i pregiudizi di Jung
contro Freud, la sua ignoranza a volt:e casuale di metodi filosofici e teologici, tl suo uso se non altro contestabile della letteratura alchimistica e mitologica: tutto è ~portato avanti senza
preoccupazione, tmperterritamente, frequentemente citato, o tutt'al più dimenticato - una conveniente e ragionevole elusione
.dei principi fondamentali per coloro che non 'Vogliono avere
niente a che fare con lui. Tutto questo è un peccato, non solo
perché ritarda lo studio serio di ciò che credo sia uno dei mi.gliori esempi d'investigazione pionieristica del nostro secolo, ma
anche perché contraddice direttamente lo spirito avventuroso e
ricercatore di Jung stesso.
Oltre a questi problemi più generali, ne appaiono altri quando si concentra -l'attenzione su un .p unto specifico come l'idea di
.Dio, che costituisce il nostro interesse in quest'articolo. C'è una
quantità di opere di varia qualità che trattano del lavoro di
Jung sulla •psicologia della religione - ma lasciano molto a desiderare. N on solo nessuno fra la quindicina di sag.gi maggiormente significativi cerca di adoperare la materia inolusa nei
circa sessanta opuscoli che contengono i rapporti dei seminari
da lui tenuti, ma non ve n'è neanche uno che veramente usi
tutti gli scritti delle opere complete. (Molti furono pubblicati
prima che Jung fosse morto e perciò naturaLmente non fanno
uso delle sue ultime monografie). L'unica eccezione è un lirbro
di P. Antonio Mareno 3, purtroppo tanto zeppo di errori, fraintendimenti e deficienze tecniche da non servire affatto ai nostri
fini. Lo studio più profondo è stato senza dubbio quello di P.
3
Jung, Gods and Modern Man, University of Notre Dame, 1970
La nozione di Dio secondo Jung
779
Victor White 4, ma il tutto rimane senza ordine e mancante della necessaria attenzione ai testi stessi ed allo sviluppo del pensiero di Jung. Il progetto che diede più a sperare fu quello di
P . Raymond Hostie 5, che però non tenne conto di tutta la materia a sua disposizione - non mantenendo così 1e 1promesse
fatte al lettore - e che cercò inoltre di forzare la vita di Jung
in •p eriodi che tradiscono grandemente i fatti.
Ciò che segue non è che uno schizzo .generale di una ricerca
molto :più vasta e dettagliata sul concetto di Dio in C. G. Jung.
È ibasata su tutti i suoi scritti seminari, opere complete ed
anche testi sussidiari non inclusi in esse. A causa della mancanza di spazio, non entro nell'analisi dei metodi adoperati, ma
soltanto presento una linea dello sviluppo dell'idea e qualche
. prtmo accenno di una critica. Lo scopo ultimo è di chiarire ciò
che l'Autore ha veramente detto, di distinguere l'essenziale dalaccidentale, e soprattutto di assicurare che la critica tocchi il
centro delle questioni in esame. Lo scoraggiare tale investigazione o il rtfiutare di affrontarla è confondere la lea1tà con la
pigrizia, l'onestà con la mania distruttiva.
Lo sviluppo della nozione di Dio
Benché sia chiaro che la nozione di Dio da parte di J ung si
è evoluta notevolmente durante .gli anni - dalle sue iniziali
simpatie freudiane ai suoi ·c ontributi particolari alla psicologia
della religione - tuttavia 1a linea precisa dello sviluppo è alquanto oscurata dal fatto che il suo ·i ntenso interesse .personale
per i problemi reHgiosi assunse--solo gradualmente nel suo lavoro
scritto la posizione centrale che ebbe nell'ultima parte delia sua
vita. Riferimenti alla nozione psicologica di Dio appaiono un
iPO' sparpagliati in ogni contesto dei libri e saggi. Ma abbiamo,
;per fortuna, parecchie dissertazioni più lunghe e più sistematiche che ci aiutan~ a fare una relazione adeguata del suo con;c etto di Dio, ed anche ad inserire le sue frequenti ·i ntuizioni
4 God and the Unconscious, London, Harvill, 1953; Soul and Psyche, London,
Collins, 1960.
s Religion and the Psychology ot Jung, London, Sheed & Ward, 1957.
780 James W. Heisig
stimolanti in una struttura più ampia. La seguente divisione del
suo pensiero in quattro periodi è piuttosto arbitraria, poiché,
anche dopo varie prove, non sono stato in grado di trovare una
· base nella materia stessa che .permettesse una divisione naturale e si-gnificativa.
I. 1902- 1920
Il primo tentativo di Jung di trattare l'esperienza religiosa
e la religione istituzionalizzata apparve quando egli aveva trentaeinque anni. Prima di allora, si era accontentato di registrare
i fenomeni religiosi, considerandoli alla stessa stregua di altri
fatti psic'hid 6• Ma nel 1909, in un articolo intitolato Il significato del padre nel destino dell'individ:uo, Jung ruppe H suo silenzio, atb bracdando apertamente la teoria sulla religione .già
.proclamata da Freud due anni .prima nel suo saggio Atti os'Sessivi e pratiche religiose. In due paragrafi, meno di cinquecento
parole in tutto, Jung condensò la tesi che le religioni dovrebbero essere viste psicologicamente come «sistemi di fantasia»,
destinate a risolvere i problemi sessuali nella personalità. « Dio »
quindi diventò un simbolo proiettato a far da supporto alla repressione della sessualità infantile, mentre il dia<Volo rappresentava le forze di concupiscenza scatenate. Con la venuta di Cristo,
Jung continuò, il Dio di paura dell'Antico Testamento si trasforma in un Dio d'amore (un'idea che riapparirà parecchie volte
nei suoi scritti da allora in poi), indicando simbolicamente un
miglioramento nella modalità della sublimazione sessuale 7•
La :p rima trattazione estensiva su un tema religioso venne
però nel 1911-12 con Ja pubblicazione di La psicologia dell'inconscio, un libro che, nonostante il suo stile di argomentazione
un po' disinvolto, contiene in germe .gran parte del pensiero fu6 Cfr. p. es. Zur Psychologie und Pathologie sogennanter occulter Phiinomene (1902), G.W. I, 1-150. (l riferimenti sono all'edizione svizzera delle opere
complete [Gesammelte Werke, Ztirich, Rascher Verlag], secondo volume e pa-
ragrafo, sistema seguito nelle edizioni inglese ed americana ed in quella italiana
[ed. Boringhieri, Torino, di cui sono stati pubblicati i voli. I, V e VI]). Cfr. anche
Familiar Constellations, in . Collected Papers on Analytical Psychology, London,
Baillière, Tindall & Cox, 1917, p. 130 (1907).
7 G.W. IV: 738 n. 21, 740 n . 22.
La nozione di Dio seccmdo Jung
781
turo di Jung, e fu causa anche de1la sua famosa rottura con
Freud. Esso prese la forma di un commento sulle fantasie di
:una donna americana schizofrenica che Jung non aveva mai
incontrata personalmente, ma il cui caso aveva eccitato la sua
curiosità. Lo scopo principale del libro è manifestato da due
distinzioni fatte nelle prime parti: (l) si distingue la v-erità letterale dalla verità psicologica. La prima indica quello che normalmente nel nostro realismo quotidiano consideriamo vero. La
verità 'psicologica, ·invece, è una categoria creata 1per S!piegare
il senso in cui i sogni, le fantasie, le visioni ed ogni specie di
proiezione reHgiosa sono veri. Lo svolgimento di questo tema
forma il nucleo del resto del libro.
(2) Ora, la verità psicologica si articola in due questioni:
jl perché ed il come dei prodotti .psichici, vale a dire 1a loro
funzione nella psiche e il processo della loro .genesi. Jung prestò
ben poca attenzione alla seconda questione, spiegando che queste :proiezioni religiose hanno origine in qualche modo in un
fondamento tpsichico comune a tutti gli uomini. La sua nozione
dei « complessi inconsci ti!pici » esposta qui è ovviamente un
.primo passo verso la sua teoria degli archetipi 8•
La prima questione sulla funzione di queste proiezioni, al
contrario, costituì il fuoco :p rincipale su cui si concentrarono le
sue ricerche. Più semplicemente, Jung intese dire C'he esse non
sono che delle risposte inconscie a desideri inappagati, mediante
le quali si crea vicariamente ciò che ci mànca. L'andamento
freudiano della sua discussione riapparve nuovamente nel libro
quando spiegò che i simboli dell'inconscio sono misteri soltanto
1per il paziente e non per il.Jmedico, che dev'essere capace di
distinguere i desideri repressi. Col tempo, abbandonerà tutte e
due queste opinioni 9 •
Nonostante tanta fedeltà a Freud, l'esposizione di Jung sulla
.l ibido separò una volta per sempre i due psicologi. Jung sostituì la teoria di Freud, ,imperniata sulla sessualità, con una definizione più generale della libido, chiamandola una « energia
s The Psychology ot the
& Co., 1919, pp. 5, 7, 200·1.
9
Ibid., pp. 10, 12, 135.
Unconscious,
London, Kegan, Trench, Trubner .
782 James W. Heisig
.p sichica », una delle espressioni della quale è, oltre a molte altre,
l'istinto sessuale. Così, secondo Jung, « il desiderio incestuoso »
.- ha radici più profonde, nella psiche, delle relazioni fra genitori
. e figli. Rappresenta in sostanza un anelito verso la .pace e la
sicurezza dello stato originale d'incoscienza 10• Il ruolo che la religione svolge gli era chiaro: invece di invitare la persona ad
affrontare questo istinto con una compensazione (o sublimazione) vera, ne incoraggia una compensazione proiettata. I simboli
teologici ci offrono come soluzione la sottomissione totale a Dio,
un ritorno psicologico al grembo per rendere lo stato di coscienza
più sopportabile. Mentre lo psichiatra comprende la vera natura di questo ·processo, l'uomo religioso tende a vedervi solamente una verità -letterale. In altre •parole, 1a psicologia come
scienza si sforza di trovare dei mezzi consci e razionali per fare
ciò che Ja religione compie con mezzi simbolici ed illusori 11 • È
opinione di Juntg che, anche trattandosi di Gesù Cristo, non è la
sua verità storica che deve essere presa in considerazione, ma
soltanto la realtà mitica di lui, la sua funzione psicologica nella
personalità dei credenti 12.
L'idea di Dio presentata in queste pagine fu quindi tanto simile all'idea di Freud che molti presero Jung per ateo. Infatti
egli dichiarò che Dio è solamente « una parte della mente sconosciuta a noi». Psicologicamente parlando, non è altro che
!<<una eerta somma di energia (libido)» che è stata proiettata
in realtà metafisiche, benché siano d'origine inconscia. Conseguentemente, adorando Dio si adora la ·propria libido 13•
Tuttavia, per l'intero Ubro si nota una certa ambivalenza
di Jung nei confronti del valore della religione. Da un lato ,lamenta la· relazione fra religione ed etica, perché 1a ~prima introduce credenza ed ascetismo cieco dove dev'esserci autonomia
ed intelligenza 14• Dall'altro Iato, egli ne ribadisce la necessità
per le masse ancora incapaci di farne a meno 15• PiUr intuendo
un interesse sincero da parte sua sotto questi commenti, c'è in
to Ibid. , pp. 250, 303, 463, 530, 530 n. 45.
11
12
13
14
Ibid.,
Ibid.,
Ibid.,
Ibid.,
pp.
pp.
pp.
pp.
24-5, 98, 427, 479.
39, 200, 258-9.
9, 71, 96.
91, 260-3, 498 n. 3, 534 n. 107.
La nozione di Dio seccmdo Jung
783
essi anche un'aria di superiorità saccente, che rende questo
libro, fra tutti ,gli scritti junghiani, sospetto di psicologismo.
L'unica cosa che potrebbe salvare Jung da questo giudizio, come
anche da quello di ateismo, è il suo lasciare aperta 1a questione
di una realtà metafisica di Dio, dicendo che la scienza pura
niente può affermare o negare inoppugnabilmente a questo riguardo. Anche qui, ·però, parla con disprezzo della metafisica,
rendendo chiaro il signilficato implicito delle sue opinioni 16 •
Nonostante le molte carenze di La psicologia dell'incon.scio,
con questo lavoro Jung rese noto il suo impegno verso i problemi religiosi. N egli anni seguenti i suoi argomenti saranno la
eS/pressione di una riflessione più profonda e di una ricerca
più accurata.
N egli scritti fra il 1912 e il 1920, Jung ritorna alla religione
soltanto incidentalmente. Nelle dodici ·p ubblicazioni circa di
quegli anni i riferimenti espliciti sonò rari, e non dimostrano
un .grande progresso rispetto alle idee .inizia1i. <Invece la psicoanalisi in Jung cereava la sua indipendenza dalla religione mentre si stava affermando come scienza a sé. Perciò, egli rifiutò
anche di includere lo studio di fenomeni parapsicologici nella
psicologia scientifica 17 • Nel frattempo introdusse per la prima
.v olta il termine «inconscio •collettivo », sviluppando questo
concetto che era rimasto vago in La ps~cologia dell'ilncowcio 18 •
Si direbbe un paradosso, perché è proprio questa idea che più
tardi lo ricondurrà alla reHgione ed alla parapsicologia.
Un'eccezione allo studio saltua~io del tema religioso in questi anni è uno strano esempio di letteratura di fantasia che
compose · nel 1916 e che fece circolare privatamente sotto 1o
.pseudonimo di Basilides di Alessandria : Septem Sermones ad
Mortuos 19 • Questo opuscolo di ci.r ca 4:500 :p arole è un tentativo
piuttosto artificioso di letteratura mistica - un peccato di gioIbkl., pp. 30, 80, 100, 258-62.
Ibid., pp. 23, 147, 529 n. 42.
Cfr. G . W . VIII, 600, n . 15.
18 Cfr. La structure de l'inconscient, G. W. VII, 422 ss. (1916).
19 Non sarà incluso nelle opere complete. C'è un'edizione inglese stampata a
Londra (John Watkins, 1925), ed è accessibile anche nell'edizione americana di
Memories, Dreams, Refiections, N. York, Randon House, 1963.
15
16
17
784 Ja.mes W. Heisi.g
;ventù di oui, secondo Aniela Jaffé, Jung si pentì .più tardi. Ma
ha un'importanza notevole per due ragioni. Primo, le meditazio. ni ampollose dei Septem Sermones indicano un allentamento
tlelle sue dure critiche contro la religione e la metafisica; secondo, :presentano un compendio della direzione in cui il suo futur pensiero procederà. N on occorre molta ingegnosità ·p er tradurre il linguaggio esoterico di questo libretto ne1le categorie che
caratterizzeranno la sostanza della psicologia junghiana: archetipi, inconscio collettivo, animajus, quaternità e individuazione.
II. 1921 - 1937
Nel 19.21 apparve il saggio Tipi psicologici, risultato di vent'anni di la·voro, che il suo :primo traduttore ingle~e, H. G. Baynes, prematur:amente chiamò « 1'opera definitiva» di Jung. In
.parecchi contesti Jung rìprese il tema religioso in maniera più
approfondita, con argomenti un po' più organizzati di prima,
.ma sempre nel suo stile particolare che suggerisce nuovi problemi piuttosto che risolverne. La metodologia rimane uguale a
quella de La psicologia dell'inconscio, come anche il suo scetticismo nei riguardi della metafisica. Ma il :punto di sviluppo più
preciso è che la funzione di proiezioni religiose nella psiche
si estende al di là del .p assato personale dell'individuo (senza
negarlo) sino a comprendere anche una teleologia nell'inconscio
stesso, sotto il suo aspetto collettivo. Il risultato è un atteggiamento più positivo verso la religione. Qui ·l a teoria degli archetipi è ancora rozza, ma è evidente che per Jung l'uomo porta dentro di sé la storia di tutta l'umanità, inclusa Ja storia religiosa,
e che questo fatto influisce fortemente sulla vita personale 20•
A questo punto il simbolo religioso diventa mediatore fra
la coscienza e l'inconscio, in contrasto con la sua posizione precedente in cui era considerato pura iHusione. La re.Ugione è definita come la conseguenza degli istinti :più arcaici dell'uomo, i
quali sono liberati per mezzo del simbolo. Le .idee religiose presero così una nuova importanza per Jung, in quanto esprimono
20
Cfr. p. es. Tipi psicologici, Roma, Newton Compton Italiana, 1970, p. 312·.
La nozione di Dio sec(YI?.dO Jung 785
la realtà della ;psiche colletti<va 21 • Sebbene egli fosse più aperto
all'esperienza religiosa, la sua critica contro la religione dogmatica ed instituzionale crebbe. Secondo .la sua convinzione, essa
cercava di distogliere la ·p ersona dall'esperienza immediata del;l'inconscio, mediante un credo comune 22 •
In questo tempo la sua idea su Dio si evolse >p articolarmente nel riconoscimento che reca benefici ·l 'intendere Dio come simbolo- immagine d'una sconosciuta, misteriosa realtà inconscia,
di cui la scienza non può oggettivamente affermare niente. Dio
si chiamò :« il su premo va1ore psichico », una ·« idea collettiva »
dell'umanità. ·P er la ·p rima volta Jung chiarì la sua intenzione a
questo riguardo : parlare non di Dio stesso, ma dell'idea, della
immagine di Dio - la così detta imago Dei, un'espressione simbolica d'uno stato psichico. «Benché non si debba attribuire
all'immagine nessun valore nell'ordine delle rea1tà esterne»,
scr-isse Jung, «essa tuttavia può, in certe circostanze, avere
per l'esperienza ·psichica un'importanza molto grande, un valore
psicologico enorme ... » 23 • In questo modo, Dio è visto come una
funzione della totalità psichica dell'uomo, uno stato psicodinamico che porta in sé le qualità della mente -inconscia, spesso
in un'opposizione compensatrice rispetto alle idee conscie e razionali di Dio, spesso con delle tracce di problemi non risolti, ma
sempre sulla base di una disposizione arcaica dell'inconscio.
Per un periodo di circa quindici anni, dopo Tipi psicologici,
le :p ubblicazioni di Jung indicarono un orientamento audace verso nuovi campi di ricercl:l. L'impressione frequente è che, più
Jung si allontanava dall'atmosfera chiusa della tpsicopatologia,
più si trovava coinvolto nella dìloso:fia e nella religione. Egli continuò a cer·c are una via di mezz'o tra i due estremi della primitiva ·proiezione di processi psichici ed una totale razionalizzazione
di ogni aspetto della religione 24 • La soluzione consisteva nell'idea
balenatagli che la religione è fondamentalmente una terapia, una
Ibid., pp. 75, 185, 212, 236, 433·40.
Ibid., pp. 51, 75.
Ibid., pp. 403. Cfr. pp. 119, 135, 235-9.
Analytische Psychologie und Weltanschauung, G.W. VIII, 712, 735-8 (1931);
Europiiischer Kommentar, G.W . XIII, 51-5 (1929).
21
22
23
24
786 James W. Heistg
forma di psichiatria che funziona anche dove non può esserci
una fuga di coscienza 25 • Così si staccò sempre più da Freud.
I suoi commenti specifici sull'idea di Dio crescono in numero
e in profondità durante questi anni. Evidentemente in risposta
a critici teologici, Jung spiegò ancora una volta che 1a scienza
della psicologia parla dell'esperienza di Dio come stato psichico,
senza pronunciare nessun giudizio sulla realtà trascendentale
di Dio stesso 26• Rtgettò ·l a nozione illuministica che Dio è solamente una creazione dell'uomo, preferendo invece •v edervi una
esperienza archetipa dell'incontro con T'inconscio. Non smise comunque di metterei in .guardia contro le nostre ingenue .proiezioni di Dio. L'unica norma per la validità di queste proiezioni sembrò essere la funzione tempeutica che l'imago Dei ha sulla psiche 27 • Da questo si può capire che Jung non aveva abbandonato
un certo atteggiamento di sufficienza verso -l'ignoranza di -persone II'eligiose che Janno dipendere dalla fede la loro salute ·psichica.
Tuttavia, egli insistette nel dire che un tale approc·cio aHa religione non diminuisce l'importanza di Dio, bensì lo introduce
nuovamente nell'intimità della persona. È in questo senso che
Jung cominciò ad esporre l'identificazione dell'immagine di Dio
con quella del « Sé » 28 • ·Questo sviluppo si deve al suo studio del
s imbolismo del mandala 29, che ebbe inizio verso il 1919 procuran25
Analytical Psychology: Its Theory and Practice, London, Routledge and
Kegan Paul, 1968, p. 181 (1935).
26 Europiiischer Kommentar, G.W. XIII, 82 (1929); Geist und Leben, G.W.
VIII, 625 (1926); cfr. Die Bedeutung der Psychologie fur die Gegenwart, G.W.
x.
·330.2 (1934).
27 Analytical Psychology, p . 110 (1935 ); Seele und Tod, G.W. VIII, 805 (1934);
Die Beziehungen zwischen dem Ich und dem Unbewussten, G.W. VII, 389, 395
(1928); Bruder Klaus, G.W. XI, 480·2 (1933); Introduzione a W.M. KllANEFELDT:
Die Psychologie, G.W. IV, 751 (1930).
28 Europii~scher Kommentar, G.W. ·XIII, 76 n. 2 (1929); Die Beziehungen
zwischen dem Ich und dem Unbewussten, G.W. VII, 4ll0 (1928). Il « Sé » è un
simbolo di totalità psichica, l'unione della coscienza e dell'inconscio. Vale notare che in Tipi psicologici, a parte l'imprecisione del linguaggio, è l'anima che
si identifica con Dio. Cfr. p. 234.
29 Cfr. Memories, Dreams, Reftecttons, p. 334. Mandala è la parola sanscritta
per «cerchio». È il termine indiano per i cerchi dipinti (o ballati) ritualmente
per protezione contro i cattivi spiriti. Jung usa questa parola per la prima volta in Europliischer Kommentar (1929). Poco dopo, dichiara che il centro del
disegno circolare è un'analogia di Dio e del Sé. Cfr. Psychologie und Alchemie,
G.W. XII, 137 (1936).
.
La nozicme di Dio $econdo Jung
787
dogli un tertium comparationis per le immagini di :Dio e del Sé.
In seguito egli trovò un crescente interesse nella dottrina della
Trinità, in cui scoprì la mancanza sia dell'elemento femminile
che di quello diabolico 30•
,F u pure durante questo periodo che Jung si occupò di alchimia, iniziando col suo commentario su Il segreto del fiore d'oro.
Dal 1918 al 1926 studiò testi gnostici, ma ·finì col trovarli estranei ai suoi fini. Nell'alchimia invece incontrò un punto di riferimento per le relazioni fra la religione e la psicologia. I suoi primi passi in questo senso incluse:r o una spiegazione alchimistica
della messa cattolica, deHa .figura di Cristo, del rapporto fra Dio
e uomo, e della presenza di tutti gli opposti (bene e male, maschile e femminile) in Dio 31 •
,L e sue Terry Lectures del 19-37 segnarono una svolta de:
cisiva nei suoi scritti sulla religione, riassumendo le sue posizioni ed aprendo la via a più di vent'anni di lavoro maturo. J.1
punto foca;le dei quattro discorsi è una serie di sogni estratta da
un articolo anteriore che, per la sua maggiore familiarità con gli
aspetti collettivi del sogno, è più completo ed ordinato. Tuttavia,
queste discussioni non possedevano l'organizzazione accurata che
si auSipicava, avendo l'evidente \9-spetto junghiano della 'Progressione casuale di idee.
Jl suo ·i nteresse si concentrò sull'homo religriosu.s del XX secolo !Che non ries·ce più a credere in esseri spirituali, ma cerca
una spiegazione nella psiche. Riguardo a coloro che possono credere nel Dio delle religioni come sicurezza contro l'ignoto, disse
semplicemente: ·« Purché una tale difesa funzioni, io non la farò
crollare, !poiché so che devono esserci forti ragioni per le quali il
;p aziente !pensa in un modo tanto limitato ... Rinforzo un mezzo di
difesa contro un rischio gra,ve, senza .p orre la questione accademica se questo contiene una verità ultima» 32• Parlando come
30 Mind and Earth, Contributions to Analytical Psychology,
Paul, 1928, p. 115 (1927); Bruder Klaus, G.W. XI, 478, 486 (1933);
chology, p. 111 (1935); Europiiischer Kommentar, G.W. XIII, 40
Psychologie und Alchemie, G.W. XII, 193 (1935).
31 Psychologie und Alchemie, G.W. XII, 396, 417, 420, 436 e n.
32 Psychologie und Religion, · G.W. XI, 79 (1937).
3
London, Kegan
Analytical Psy·
e n. 20 (1929);
41, 451·2, (1936).
788 James W. Hei.si.g
medico della :psiche, Jung cercava sempre .più di evitare i pro:b lemi sulla verità metafisica.
·L 'aspetto più importante di questo libro è il tentativo di trovare una definizione della religione adeguata alla struttura di
psicologia stabilita da Jung - e a questo fine cominciò a parlare di una «funzione religiosa» nella psiche. Mutando la dottrina da RudoU Otto, Jung definì la reMgione col termine numinosum, ·p a·rola che anch'egli lasciò vaga, sebbene osservasse che
il suo oggetto può cambiare 33 • Inoltre caratterizzò due t~i di a t- _
teggiamento (si potrebbe dire che li mise in caricatura) sottolineando ·i l contrasto tra il cattolicesimo come religione dogmatica,
e il .protestantesimo come ·religione personale 34 .
I suoi commenti sull'idea di Dio seguirono binari familiari,
con qua1che sviluppo interessante. Ad esempio, H suo studio
.sull'alchimia gli fece notare come certe idee di Dio, correnti nei
secoli scorsi, possano ritornare alla nostra ;psiche inconsciamente, apparendo spontaneamente in una coscienza totalmente impreparata a loro. La psicologia deve cercare, secondo Jung, la
funzione teleologica esistente dietro tali avvenimenti, ragion per
cui da parte sua cominciò a parlare dell'archetipo di Dio 35 • Dichiarò che le immagini di Dio :possono essere a 'Volte ·«vere illusioni», non dovute a creazione umana, ma al di là della volontà arbitraria. Quindi, se l'uomo non vuol rimanere incompleto, non deve cadere in una stupida professione di ateismo, cosa
che recherebbe tra l'altro dei ;pericoli alla sua personalità. Per
l'uomo contemporaneo, Jung disse in conclusione dei suoi studi sui mandala moderni, il Sé sta nel centro e prende il luogo di
Dio. 1Questo diventa ateismo solo se 1'ego cerca di soppiantare
Pio. Ma il significato del Sé- la totalità della psiche, conscia ed
inconscia - indica che la sua :posizio.ne preminente è soltanto
un'ulteriore risoluzione delle proiezioni di un IDio esterno, che
.f inalmente viene a riposare intimamente dentro l'uomo, benché
non sia identico al suo ego 36•
33 lbid.,
34 lbtd.,
35 lbid.,
36 lbid.,
G.W.
G.W.
G.W.
G.W.
XI,
XI,
XI,
XI,
3, 6-9.
33, 43-5, 75, 82-6.
95.
136-48.
La noziçne di D'bo secondo Jung
789
III. 1938-1951
Durante i sette anni successivi dal 1938 a 1944, le uniche discussioni degne di nota sulla religione si ebbero in tre discorsi
alla Società Eranos tenuti nel 1940 e 1942, che considereremo
più sotto nella loro forma riveduta. Tuttavia, questo periodo rappresentò per Jung un approfondimento nelle sue ricerche sulla
alchimia in rapporto con la religione, e nella sua ricerca intorno
all'archetipo di Dio 37 • Così in un famoso articolo su Pa.r acelso che
apparve nel 1942, fece un audace tentativo di scoprire nella
sua stramba mistura di alchimia, astrologia e magia nera, una
specie di psicologia che, sebbene superstiziosa e ;primitiva, rivelò l'identità fra le immagini di Dio e quelle del Sé 38 • Ed in una
.terza revisione di un articolo sull'inconscio, troviamo la sottile
aggiunta di una nuova .posizione, secondo cui l'archeti'PO di Dio
è una :parte essenziale della psiche che 1'uomo moderno deve
.p reservare, ri.gettandone però le proiezioni antiqu"\te. Prestando
attenzione ad un'idea presentata prima, Jung ci ammonì di evitare i due estremi: accentuazione esagerata dell'-inconscio o invece dell'ego, essendo entrambi distruttivi del divenire del Sé 39 •
Fra H 1944 e il 1948 gli scritti religiosi di Jung trovarono
un !PUnto focale nelle revisioni dei due lunghi saggi Psicologia
e alchimia e Lo spirito Mercurio .. In una nuova introduzione al
primo, egli si difese esplicitamente contro ,g li attacchi dei teologi, .r igettando il ,pregiudizio occidenta-le, .secondo oui Dio può
lavorare da per tutto, salvo che nell'anima umana. Per lui I'archeti'PO di Dio 1è il .punto di contatto d'ra immanenza :e trascendenza che rende incomprensibile la dottrina di >Dio quale totaliter aliter (totalmente altro). Jung insistette che un tale atteggia)lllento non è psicologismo, ·poiché la risoluzione delle nostre
proiezioni mediante l'archetipo salva Dio dalle vicissitudini cui
37 Lo « archetipo » è una disposizione psichica dell'inconscio collettivo che
Jung ipotizzb per spiegare l'origine delle varie immagini e simboli che sembrano trascendere i poteri creatori dell'ego conscio.
38 Paracelsus als geistige Erscheinung, G.W. XIII, 168, 171 n. 10, 173. Similmente, in un altro articolo di questo periodo, Jung allude all'identificazione di
Dio col Sé. v. Zum psychologischer Aspekt der Kore-Figur, G.W. IX/l, 315 (1941).
39 Die Psychologie der unbewussten Prozesse, G.W. VII, 110-11, 150-1, 164 Wl43).
790 James W. Heisig
lo sottopone lo sforzo di comprensione riflessa umana 40 . Al solito
.parla dell'archetipo come una impressione sulla psiche, -lasciando
da parte ogni questione sull'Imp:ressore, che si può risolvere so. lo per fede e grazia, mai per mezzo della scienza. Così, ripetendo - l'opinione antecedentemente attribuita a Paracelso, Jung
afferma che Dio si rivela nello spirito e nella natura, nel bene
e nel male- una realtà ambivalente che è una vera coniunctio
<XJYPO•s itorum, l'unione di tutti gli opposti 41 •
Nel 1948 Jung pubblicò un'ampia revisione di un articolo
sulla figura alchimistica di Mercurio, nella quale trovò ·qualche
interessante somiglianza con delle immagini inconscie e non
dogmatiche di Dio. Tramite l'esame dei paralle1ismi, Jung prese
l'occasione per identificare Hncor più le nozioni di Dio e del Sé
come funzionano nella psiche, e perciò considerò l'immagdne del
.mandp,la quadrato (cioè a dire, il cerchio che contiene una
croce) non solo come immagine del Sé, ma propr_io come una
imago Dei. Trovò appoggio in quest'idea nella frequente frase
deg1i alchimisti che la conoscenza di se stessi è anche la conoscenza di Dio, e viceversa. Nel tentativo di trovare una parallelismo esatto fra gli archetipi e le funzioni della mente, Jung identificò l'immagine di Cristo con la coscienza, e quella di Mercurio
(o del diavolo) coll'inconscio - formando così i due poli del Sé
in una mescolanza degli opposti - appunto come gli euchiti avevano creduto Cristo e Satanel i due figli di Dio 42
Anche nel 1.948 uscì H lungo articolo Il dogma della Trinità
visto psicologicamente, revisione lfinale di un discorso pronunciato estemporaneamente nell'agosto del 1940. Procedendo daUe
nozioni che «-le idee dell'ordine morale e di Dio appartengono
al substrato inestir.pabile della psiche» 43 , Jung avanzò coraggiosamente, descrivendo le sue ricerche su quel « substrato », evi40 Psychologie und Alchemie, G.W. XII, 11-14, 19-20 (1944).
41 Ibid., G.W. XII, 25, 29-31, 547. Cfr. Die Psychologie der Vbertragung, G.W.
XVI, 537 (1946); Zur Phiinomenologie des Geistes im Miirchen, G.W. IX/l, 385,
392 (1948).
42 Der Geist Mercurius, G.W. XIII, 271, 289, 299-301. Cfr. Introduzione a
H. ZIMMER: Der Weg zum Selbst, G.W. XI, 957 (1944).
43 Allgemeine Gesichtspunkt zur Psychologie des Traumes, G.W. VIII,
528 (1948).
La nozione di Dio secondo Jung
791
tando sempre di invadere il territorio de1la teologda. Non era
sua intenzione soppiantare il Dio cristiano con delle categorie
psicologiche, come in precedenza; riconobbe ,invece che le nostre immagini di Dio salvano l'ego dallo stato di autosuffidenza
e ci danno un concetto più chiaro della ;psiche colletUva, dove
esse ebbero orig.ine. ·Continuò così a :parlare dell'identità psicologica di Dio e dei Sé, mentre osservò che, teologicamente considerati, sono opposti 44•
,II cuore dell'articolo è H contrasto ;portato fra l'idea dottrinale di Dio come Trinità . (un archeUpo d'incompletezza, secondo
Jung), e quella della quaternità (l'archetipo di totalità e completezza). Addusse una serie di ar-gomenti e fatti non rtgorosamente collegati tra loro per sostenere la necessità dell'aspetto
femminile (o, variamente, del diavolo) nell'immagine di Dio, la
quarta parte mancante. H motivo principale dietro a questa proipOsizione resta essenzialmente nella sua convinzione che ogni
immagine archetipa ·- inclusa l'imago Dei - è una congdunzione degli opposti, secondo 1a forma del mandala quadrato 45 •
Un secondo..tema a contrappunto è la concezione che il dogma
trinitario è proprio uno specchio simbolico della crescita psicologica dell'uomo dallo stato d'incoscienza alla coscienza. Per mezzo dell'immagine di Dio come Padre si .v ede l'uomo ·i n uno stato
abbastanza dipendente e relativamente inconscio. Ne1l'incarnazione del Figlio, abbiamo un'immagine di Dio equivalente alla
liberazione dell'uomo da questa dipendenza e ad un riconoscimento della sua :p arte nella creazione. Finalmente, la terza stagione dello Spririto mppresenta 1'-identifi.cazione di Dio e del Sé 46•
È un vecchio modello rintracciabile originariamente nei neoplatonici e negli gnostici; riapparse più tardi con Gioachino da Fio-
44 Jung cercò di identificare Cristo con il Sé, non con l'ego come aveva
fatto in precedenza, ma lo trovò complicato, perché l'archetipo di Cristo gli
sembrò mancare della «parte oscura», cioè del male.
45
Versuch zu etner psychologischer Deutung des Trinitiitsdogmas,
G.W.
XI, 193, 235-40.
46 Ibid., G.W. XI, 201-5, 158, 270-2, 276. Cfr. la revisione di Die Bedeutung des
Vaters, dove il passaggio freudiano citato sopra è soppiantato da un'idea simile
a questa. G.W. IV, 738-41 . (1949).
792 James W. Heisig
re nel X secolo, e in tempi moderni nel sistema di Hegel 47 • L'unica, differenza nella presentazione di Jung è che egLi Io rigetta
come spiegazione metafisica, focalizzandolo solo sull'evoluzione
della coscienza ;per mezzo delle sue :proiezioni.
Nel 1951 Jung pubblicò quello che è probabilmente il più
difficile di tutti i suoi libri sulla religione: Aion. L'argomento
centrale è l'equivalenza tra il simbolo di Cristo e quello del Sé,
un evidente progresso oltre la sua 1previa trattazione del mito
cristologico. H simbolo alchimistico del lapis, il mandala, i .pesci
astrologici e tante altre immagini gli offrono un punto di partenza per questa identificazione. Si oppose vigorosamente a
quello che considerava l'idea della chiesa sul1a natura del male
(la teoria della privatio boni). Vi vide una corruzione dell'immagine di Cristo che, come archetipo, avrebbe dovuto dncludere gli
opposti di :b ene e male - specialmente se viene identificato col
Sé. Jung attribuì l'origine di questa incompletezza al tentativo
di purificare dorttninalmente l'imago Dei da ogni relazione col
male. Era sua intenzione restaurarne la totalità per rpoter esporre il contrasto tra il Cristo e l'anticristo 48• ,L a moltitudine di fatti
ed argomenti presi dai Padri della Chiesa, dalla Bibbia, dall'alchimia e dall'astrologia è troppo .grande per esser citata o valutata qui. Basti dire che, per proseguire questo tentativo di scrirv.e re una parte della storia archetipa dell'umanità, ci vuole una
fede abbastanza cieca nell'autore. Una critica meticolosa del libro richiederebbe una mente enciclopedica e parecchi anni d i
lavoro.
IV. 1952-1961
Nel 1952 Jung :pubblicò una revisione completa di La psicologia dell'inconscio sotto il titolo Simboli della trasformazione.
Non c'è molto di nuovo in questo :Ubro, ma è interessante studiarlo in confronto all'edizione del 1912; considerandolo una
47 Un tentativo contemporaneo di
'I'HOMAS ALTIZER, famoso teologo della
reintrodurre questa idea è stato fatto da
«morte di Dio», nel suo libro The Gospel
oj Christian Atheism, Philadelphia, Westminster, 1966.
48 Cfr. G.W. IX/2, 68-176.
La nozione di Dio secondo Jung 793
chiave per l'interpretazione dello svolgimento del suo pensiero
durante quei qua.r ant'anni. Senza entrare nei particolari, osserviamo che 'la preoccupazione anteriore per gli aspetti .patologici
dell'inconscio si mutò in un interesse per j suoi aspetti positivi
e tempeutici; lo spirito psicologistico è quasi assente, e con esso
l'attacco 1contro .l a funzione morale della reHgione.
Nello stesso anno uscì la sua teoria della ·« sincronicità » vale a dire che due eventi .p ossano essere signi:ficativamente collegati senza nessuna conosciuta connessione causale 49• La citiamo qui 1perché Jung l'userà per spiegare, sempre alla ricerca
di un accordo coi teologi, in che modo l'apparizione dell'imago
Dei ed runa certa necessità psichica possano essere connessi con
un significativo teleologico, senza voler concludere che c'è, o non
c'è, una causa ulteriore dietro all'archeUpo, cioè un Dio teologico.
Risposta a Giobbe, forse il libro più discusso ed in tanti sensi più controverso di Jung, rimane unico fra tutti i suoi scritti.
È una singolare combinazione di idee alchimistiche, miti hiiblici,
e dell'esperienza di anni di pratica :p sicoterapeutica tutto fuso da
un'esibizione ingegnosa d'immaginazione. In questo periodo della sua vita, ;g li interessi reJigiosi di Jung sono portati alla loro
;m assima intensità. Come scrisse ad un .giovane reltgioso nel
1952: «Scopro che tutti i miei pensiei'Ii orbitano intorno a Dio
.come pianeti intorno al sole, e che sono attirati irresistibilmente
da Iui. » Continuazione della tes-i di fiion e del suo :saggio sulla
Trinità, la Risposta a Giobbe eerca di rintracciare la storia dell'archetipo di Dio. iPiù specificamente, Jung intraprese una psicoanalisi di J ahvé e del « trauma » che ;provò ne1la sua scommessa con .Satana e nel suo incontro con Giobbe.
Gran .p arte della confusione :p rovocata da questo libro viene
da un Fraintendimento delle intenzioni dell'autore. Jung parlò
delle nozioni che l'uomo ha di Dio e del loro sviluppo, non di
Dio srtesso. Così nel suo tentativo di seguire l'evoluzione dell'imago Dei tramite la storia umana, non andava teorizzando
sulla natura di Dio, ma cercava solamente di snodare <l'inavver49
Synchronizitiit als ein Prinzip akausaler Zusammenhiinge, G.W. VIII, 850.
794 James W. Heisig
l
tibile e sottile nascita della coscienza dall'incoscienza, per mezzo dei simboli .biblici. 50
,L'incarnazione di Dio in Cristo, secondo Jung, era la rispo' sta di Jahvé a Giobbe che, uomo innocente, soffrì nelle mani
d'una divinità ·«immatura» e scoprì così il •« ù.ato oscuro di
Dio» (cioè, Satana). L'immagine 1biblica di Jahvé em stata !piena di contraddizioni, ma solo per mezzo dell'incontro con Giobbe Dio riconobbe la sua tbr:utalità e l'esistenza del male in se
stesso. P,rima ne era del tutto inconscio, un puro summum bonrum. In modo simile mancava a Javhé l'elemento femminile .
Qui la tradizione biblica di Sofia, disse Jung, portò una compensazione archetipa. Per questa ragione, egli applaudì il dogma
dell'assunzione di Maria come « l'evento religioso :più grande
,dal tempo della riforma » perché l'imago Dei riacquista la sua
completezza stabilendo Maria qua1e «dea». 51
La venuta dello Spirito Santo rappresentò l'ultima fase dell'incarnazione, .p ortando l'imago Dei dentro l'uomo stesso. Questo !processo storico è chiamato da Jung •« la cristificazione dei
molti, un'ovvia negazione del dogma che solo Gesù potrebbe
essere il Cristo. 52
Gli scritti dal 1953 fino alla morte di Jung nel 1961 non mostrarono nessun declino nello sviluppo dei suoi interessi reli.giosi. Il capolavoro dei suoi ultimi anni è senz'altro il My·s terium ConiuncUonis che apparve nel 1954, il frutto di dieci anni
di ricerche alchimistiche e finito nel suo ottantesimo anno. .Riguardo al concetto dell'imago Dei, vi sono due punti principali
d'orientamento che ripetono e danno appoggio a -idee già :presentate: la continuazione dell'identificazione ·psicologica delle
immagini di Dio e del Sé; 53 ed una crescente collezione di rappresentazioni simboliche di Dio (la ma.g.gior parte prese dall'alchimia), che indicarono un solo fondamentale archetipo di Dio.
50
Soppianta la · distinzione metodologica del 1912 con una simile fra fatti
psicologici e fatti fisici. Egli tratta solamente i primi quando parla dell'imago
Dei. G.W. XI, 554·8 (1952).
51 lbid., G.W. XI, 625-7, 752.
52 lbid., G.W. XI, 758.
53 lbid., G.W. XI, 273, 778. Cfr. anche Psychologischer Kommentar zum Bardo ThOdol, G.W. XI, 840 (1953).
La nozione di Di o secondo Jung
795
Ogni considerazione di •r elazioni patologiche fra fenomeni religiosi e sanità psichica della persona è assente: l'inversione di
.atteggiamento rispetto a La psicologia dell'inconscio appare
:completa.
Negli altri suoi scritti durante questi ultimi anni l'orientamento più importante nella sua evoluzione fu la ~hiara identificazione della nozione psicologica di « individuazione » (il
.processo del diveni>re del Sé) con quella teologica di .« incarnazione» . L'espressione più evidente sta in un saggio su Il simbolismo di trasformazione nella messa, dove Jung identificò
H sacrificio di Cristo con l'integrazione del Sé. 54 Ma nella sua
corrispondenza fra il 1956 e il 19-58 dichiarò più esplicitamente
.il suo interesse per il processo di individuazione: « in modo
che io possa offrire delle possibilità reali (non ideali), per mezzo di cui l'uomo riesca a compiere l'esperimento di Dio (nell'incarnazione). » 55
L'idenHficazione dei due processi serve soprattutto a chia.rire qualcosa che ·finora era stata ambigua: è Dio o è Cristo
l'equivalente psichico del Sé? La risposta è solamente implicita
nel suo lavoro pubblicato, ma nella sua corrispondenza privata
.i dubbi sonp risolti nettamente: Cristo è uguale al Sé, mentre
.Dio è ugua:le all'inconscio collettivo stesso. Una lettera Slpiega:
« Traducendo, Dio = l'inconscio, Cristo = il Sé, e incarnazione = individuazione ». 56 Peccato che questa concezione non sia
mai stata sviluppata :più a lungo ed in modo ordinato. Comunque, questa è l'unica spiegazione .poss~bile dei simboli, poiché
l'immagine archetipa di Jahvé diventato conscio è Cristo, siccome l'inconscio collettivo raggiunge 1o stato di coscienza soltanto nel Sé.
Pur senza pronunciare un giudizio teologico su questa tesi
-cosa che secondo Jung richiederebbe« la grazia»- è evidente
che egli avvertì la necessità di una forte fiducia nell'inconscio
collettivo che trascende l'individuo. « L'uomo deve continuare
Ibid., G.W. XI, 379, 399.
Citata in L. PHILP, Jung anà the Problem ot Evil, London, Salisburry
Square, 1958, p . 248-50.
56 Ibid., pp. 246-7.
54
55
796 James W. Heisig
ad abbandonarsi all'inconscio come aHa volontà di Dio, anche
quando questo richiede un certo rischio :il.
Non possiamo non menzionare almeno incidenta-lmente l'ultimo libro di Jung, la sua autobiografia, Memorie, Sogni, Riflessioni, soritta con l'aiuto della sua segretaria, Aniela Jaffé. Per
mezzo di questo libro Jung rivive il suo passato sotto la luce del
suo pensiero maturo. Ciò che la vita .gli aveva negato, l'immaginazione provvide frequentemente a dargli spesso ingegnosamente, a volte sproporzionatamente, ma sempre con una passione
·per il romantico. Non si può sperare di poter trasmettere la delicata fragranza di queste pagine. Per H nostro assunto teore·tico, non v'è in esse che la ripetizione degli argomenti già presentati, oltre ad uno sguardo dietro alle teorie, alle personali
esperienze che spinsero Jung alle sue idee ed al loro costante
approfondimento.
Abb·ozzo di una critica
Dovr~bbe
esser ora evidente al lettore che l'intraprendere
una critica del concetto di Dio di G. G. Jung- nonostante l'ampiezza con cui ne abbiamo riassunto lo sviluppo - è un compito enorme, perché ci conduce attraverso la filosofia, la teologia, l'antropologia, gli studi orientali, 1a mitologia, la filologia,
l'alchimia, e così •via. Sottolineiamo quindi solo .gli elementi essenziali, indicando le direzione generali d'una critica. Suggerendo una serie. di questioni fondamentali, si spera di evitare
tanto la Scilla di uno scetticismo totale quanto la Ca>fiddi di
una accettazione acritica da «discepoli».
Bisogna cominciare le nostre osservazioni con qualche oss·e rvazione sulla metodologia. Lasciando a •p arte la qua1ità della
sua .p rosa -che col tempo prese un carattere sempre più ispirato e :poetico, dimostrando una eleganza di stile che ·r ammenta
.gli scritti di William James - ci sono molti )problemi nel suo
;;modo di scriveTe, che riflettono la base intuitiva del suo penjl
lbid., pp. 227-8.
La nozione di Dio secondo Jung
797
siero. Con La psicologia dell'inconscio Jung scoprì un modo di
argomentare che a poco a poco sostituì allo stile più tradizionale della sua scienza. Troppo frequentemente H suo pensiero sembra procedere per associazione di idee, non costretto dal rigore
di .procedimenti logici, rivelando così l'istinto di avanzare audacemente più che la disciplina di una diligente ricerca scientifica . .Spesso, consapevole delle connessioni ·p iù sottili o partendo
da un'intuizione isolata, Jung convalidò una sua idea con una
quantità di citazioni e paralleli, invece di procedere logicamente. È •p er questo che a volte dà l'impressione di un uomo troppo
carico della sua erudizione per poter chiarire il proprio pensiem . .Leggendo Jung, bisogna sempre stare attenti alla sua mani:polazione o svisamento di fatti ed allusioni.
Un ultimo .p unto stilistico: come tanti pionieri intellettuali,
Jung creò molti neologismi, il cui significato si sviluppò nel ·
corso degli anni. Senza voler negare ad un autore il diritto di
inventare e definire un voca-bolario suo proprio, occorre sottolineare che molto spesso - e in questo Jung non fu s•e mpre
senza colpa - una nuova parola .può indicare solo una mancanza di comprensione sufficiente.
Ci sono delle difficoltà anche ·r iguardo aHa natura dei «fatti
psichici ». Non si ;p uò accusare Jung di aver teorizzato in una
situazione di isolamento, tanto fu coinvolta la ·sua vita nella costante :pratica della psicoterapia. Tuttavia, i suoi scritti risentono della stessa malattia di tutta la :psicologia scientifica d'oggi che cerca di trovare una via di mezzo f.ra la fisiologia e la
ftlosofia: 1la mancanza cioè d'una metodologia adeguata. Nel
pensiero junghiano, ad esempio, non si trova alcun principio
per -la selezione dei fatti in senso proprio; c'è in esso anzi un'evid'ente semplicismo che non avverte i problemi fenomenologici
coinvolti con :H suo punto di vista empirico. Perciò la spiegazione del fatto, ad esempio, che il paziente di un .medico jun'gihiano ahbia sogn:i junghiani, mentre quello di un medico
freudiano abbia sogni freudiani, non lo preoccupò. La sua posizione vagamente kantiana sulla natura soggettiva di un'esperienza psichica gli evitò completamente di trattare questo più
profondo .problema epistemologico. Inoltre, la sua frequente di-
798 James W. Heisig
stinzione fra la conoscenza e la fede gli impedì di rendersi conto della necessità che una professione di agnosticismo ·r eligioso
. 1preceda 1a scoperta di quei fatti considerati valutabili dallo psicologo.
Infine, c'è un .problema critico sull'uso di ipotesi da .p arte
di Jung. Nonostante i suoi frequenti ed espressi riferimenti alla
natura provvisoria e modificabHe delle sue teorie, in pratica è
stato tutt'altro. Lo sviluppo delle teorie, anche quando appare
notevole, è quasi sempre, con pochissime eccezioni, nascosto con
cura. Spesso Jung attaccò i suoi critici per la loro incapacità di
capirlo, ma nello stesso tempo cercava di chiarire il punto delle
sue dottrine oggetto dei loro commenti, senza informare il lettore del processo di revisione che stava compiendo. Ancora rpiù
seria è la questione se, in ultima analisi, sia ad ogni modo possibile scoprire un qualsiasi fatto che rendesse contestabili le sue
ipotesi. È un problema che il ~stema junghiano ha in comune
con .m olta psicologia moderna : che cosa potrebbe far apparire
false le loro ipotesi?
Una seconda serie di problemi può essere indicata :p er
mezzo di qualche osservazione sulla genesi e .funzione dell'immagine di Dio nella psiche. ·P er cominciare, mi sembra indiscutibile che esistano, e che Jung ne abbia raccolto un gran numero
daHe sue esperienze professionali e daUe sue ricerche. Ma la prima difficoltà che si presenta è che egli non riuscì a darci dei
chiari criteri .per ri-conoscere un simbolo come un'imago Dei. Si
!possono però estrarre dai suoi scritti due norme .implicite: (l)
un simbolo spedfico deve potere venir trovato in una delle varie tradizioni teologiche o ecclesiastiche; o (2) deve rappresentare « l'interesse ultimo» o « supremo » di qualcuno, benché
non sia tradizionalmente nominato ·«Dio». Né ;l'uno né l'altro
criterio sembra sufficiente. Il primo è troppo generale perché
evita di domandarsi che cosa ci sia in comune in queste immagini, tale da permetterei di chiamarle tutte Dio. Anche il secondo è troppo generale, ,perché se l'interesse supremo viene proiettato in un simbolo di Dio, non sll!ppiamo infine specilficamente
quale sia ques-to interesse; e non è affatto chiaro come qualou-
La nozione di Dio secondo Jung
799
no ·possa avefle solamente un singolo interesse che sia supremo
nella vita. Così il tentativo da parte sua di usare le immagini
di Dio come sinonimi archetipi dell'inconscio collettivo e del
suo contenuto non diede il sostegno ohe egli intendeva alla
spiegazione psicologica della religione.
Ciò presenta una seconda difficoltà riguardante la natura
stessa dell'inconscio collettivo. Jung addottò questa antica nozione della mente collettiva per far comprendere un'evidente
.funzione della psiche : la spontanea ;produzione di simboli, altrimenti imposs~bili a spiegarsi sia ;per mezzo della coscienza che
;per mezzo della criptomnesia. Appunto secondo le sue « scoperte» però, l'intervento di un ;potere sovrumano o la telepatia potrebbero anche offrircene una -soluzione adeguata. Il primo non
equivale ;più, ;però, aUa « meta-fisica » dell'.inconscio collettivo
(della cui essenza Jung non parlò, e di cui descrisse solo i ris ultati); e la seconda è un ·fenomeno .già riconosciuto scientifi- ·
camente. Inoltre, secondo la sua ipotesi di :« sincronicità, non è
necessario trovare una causa dell'apparizione dei così detti simboli archetipi, perché è sufficiente il loro significato •p er la mente conscia.
Rivo1gendoci al problema della funzione dell'imago Dei nella
_psiche, scopriamo altre aDbitrarietà. Non bisogna .per questo negare l'efficacia dell'approccio junghiano alla .psicoterapia, e neanche la •v alidità della sua discussione sulla progressione di simboli archeUpi secondo i quali la psiche viene ;g uarita. Ma rimangono delle difficoltà. Primo non è chiaro il vero ruolo che il
s imbolo gioca nella psicoterapia. A volte ;pare che sia una condizione necessaria, a volte la causa stessa, a volte solamente un
fenomeno secondario. Tutto ciò viene complicato dal fatto che
Jung usò criteri eccessivamente vaghi per definire la psiche sana e normale. Parlò invece della « cooperazione dell'inconscio
con la coscienza » , che si può seguire per mezzo dei simboli ;prodotti. Manifestò così poco interesse alla diagnosi di neurosi o
.psicosi che i suoi ultimi scritti sono quasi senza alcun valore
per la ;pratica della :psicologia. Le sue ·r icerche nel campo delle
,filosofie or.i entali e soprattutto dell'alchimia Io convinsero che
lo stesso simbolo potrebbe avere diverse funzioni in diverse per-
800 James W. Heisig
sonalità, ·facendo così della :psicologia più un'arte che una scien.za. Di conseguenza, benché Jung avesse sempre ·parlato della
funzione teleologica dell'immagine di Dio, non è affatto chiaro
come il processo di guarigione avvenga, né quale ruolo vi ab·biano gli archetiJpi, né come si riconosca una cura finita.
L'ultimo campo di osservazioni critiche riguarda alcune questioni sul pensiero di Jung dal .punto di vista teologico. -Dobbiamo sorvolare sui molti errori secondari di Jung riguardo alla
Sacra Sc~ittura, alla storia della Chiesa e della teologia, ed alI'intei'Ipretazione di dogmi particolari. A parte questo, si nota
che la critica principale dei teologi contro Jung si concentrò
su un'idea centrale del suo lavoro: la presenza degli opposti
in -Dio (cioè, neUe immagini umane :p iù complete di iDio), Sfortunatamente, la maggior parte di tale critica ,partì da una .posizione di fede e di ~tradizione, cosicché Jung ebbe tutte le ra,g ioni di rigettarla.
Mi sembra però che ci sia una mancanza di coerenza nella
sua idea stessa. In termini .p iù esatti, la teoria di Dio come una
complexio oppositorum è un'estra•p olazione daU'.e videnza induhitabile che, viste insieme, le immagini di Dio formate dagli
uomini rappresentano una collezione di simboli che quasi esauriscono le possibilità dell'immaginazione. Più o meno tutto è
stato alzato simbolicamente al livello di divinità in un periodo
o nell'altro della storia. Ora, il modo più facile di organizzare
questa ricchezza .di stmboli è quello di chiamarli una « coincidenza degli opposti » _:_ .più una descrizione che una spiegazione. Ma è illogico dichiarare che ogni simbolo particolare che
..manchi degli opposti sia per ciò stesso incompleto. Non c'è
nessun motivo :per sostenere che un'immagine debba avere le
caratteristiche della totalità o di certi simboli che contengono
degli opposti. Jung stesso ricono}:>be che nessuna immagine 'r appresenta adeguatamente l'esperienza dell'archetipo di Dio (o
dell'inconscio), .perché Dio è al di là del bene e del male, del
maschile e del femminile, ·ecc. Perciò accusare di « incompletezza» certi simboli è un atteggiamento dogmatico, quanto la sicurezza :fideistica che un certo simbolo .p ossa rappresentare Dio
La nozione di Dio secondo Jung
801
in modo completo. Non solo la Trinità cristiana, se vista ~n
quest'ottica come puro «simbolo», ma anche .la quaternità
junghiana corre il rischio di questo dogmatismo.
Oltre a questo vale la pena di notare che 11 parallelismo che
Jung cercò fra simboli teologici e funzioni psicologiche rese assai maggiore giustizia ai processi ;psichlci che alle tradizioni di
dogma cristiano. Questo fatto è ovvio dato il suo atteggiamento
di sufficienza verso la fede e le pratiche religiose. Non perse mai
la mentalità scientista, ritenendo dentro di sé che, dopo le scoperte della .psicologia, il linguaggio della teologia è soltanto una
chiacchiera .inutile. In un momento di franchezza, durante un
discorso improvvisato, a Londra mel 1939, dichiarò per esempio, che non :p oteva ·p iù tornare ad assistere ai misteri della santa messa, « perché conosco troppo di essi » 58 • In tutti i suoi scritti
non abbandonò questo modo di pensare, che è :p er molti versi
un autentico riflesso dell'uomo incredulo del XX secolo, raffigurato nella famosa novella di Miguel de Unamuno: San Manuel
el bueno, m&rtir.
Non meno contestabile è il suo diniego dell'importanza della
realtà storica di Gesù Cristo. Questa opinione di Jung è stata
provocata in .parte dalla sua assunzione non critica di una posizione radicale nella discussione su « il Gesù storico », argomento che egli non aveva studiato a fondo, e neppure seguito
nei suoi svilU!ppi :più recenti. •Similmente, i contrasti che egli
stabilisce fra i1 protestantesimo ed il cattolicesimo secondo H
dogma e -l'esperienza reltgiosa d~rivano esclusivamente dai suoi
interessi particolari nel campo della :psicoterapia, spesso igno.rando candidamente il loro significato a livello sistematico di
princì.pi ·ed i .presupposti teologici da cui ebbero origine. Come
psicologo Jung lavorò con le categorie della teologia come le
jncontrava nei suoi pazienti e nelle sue ricerche. Siccome non
chiarì mai a se stesso la sua metodologia scientifica, coi suoi vantag:gi e svantaggi, H suo attacco alla teologia non riuscì, geneTalmente ·p arlando, a toccare le questioni fondamentali.
ss The Symbolic Lite, London, Guild of Pastoral Psychology, 1939, p. 15.
802 James W. Heisig
Solamente affrontando tutti questi problemi potremo scoprire il vero valore del .pensiero di Jung sulla nozione di Dio una puri:fìcazione degli sviluppi discutibili della teologia speculativa, un richiamo rinnovato alla supremazia dell'esper-ienza
reHgiosa e, io credo, una intuizione poetica della direzione in
cui 1a nostra teologia occidentale dovrà avanzare: i1 dimostrare
la interdipendenza tra Dio e la psiche senza perdere la base, la
fede o Ja tradizione cristiana.
JAMES
w.
HEISIG
Scarica

LA NOZIONE DI DIO SECONDO CARL GUSTA V JUNG * Sull