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LEGAMBIENTE PER LA TUTELA DELLE ZONE UMIDE
Definizione di “zona umida” secondo la Convenzione di Ramsar (art. 1.1): per
zone umide si intendono “..distese di paludi, di torbiere o di acque naturali o
artificiali, permanenti o temporanee, dove l’acqua è stagnante o corrente, dolce,
salmastra o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità a
marea bassa non superi i sei metri”. Inoltre i siti Ramsar potranno includere “…le
zone rivierasche o costiere contigue alla zona umida e isole o distese di acqua
marina di profondità superiore a sei metri a marea bassa, circondate dalle zone
umide, in particolare allorché dette zone, isole o distese di acqua, abbiano
importanza in quanto habitat degli uccelli acquatici” (Art.2.1).
Il 2 febbraio si celebra la Giornata Mondiale delle Zone Umide, ricorrenza della data di
sottoscrizione della Convenzione di Ramsar (2 febbraio 1971) che diede avvio alla tutela, a livello
mondiale, di queste aree particolarmente importanti per la conservazione della biodiversità ma
altrettanto fragili e delicate. Ad oggi la Convenzione, sottoscritta da 168 Paesi, tutela 2,186 siti per
208,449,277 ettari complessivi.
Secondo la Convenzione di Ramsar, per zone umide si intendono le paludi e gli acquitrini, le torbe
oppure i bacini, naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente,
dolce, salmastra, o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità, durante la bassa
marea, non supera i sei metri. I siti che possiedono tali caratteristiche, e che rivestono una
importanza internazionale soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, possono essere inclusi
nella lista delle zone umide di importanza internazionale approvata dalla convenzione stessa.
I siti Ramsar individuati in Italia, invece, sono attualmente 53 per una superficie totale di oltre
60.000 ettari, presenti in 16 regioni1. Interessano ambienti e paesaggi molto significativi: i laghi, le
torbiere, i fiumi e le foci, gli stagni, le lagune, le valli da pesca, i litorali con le acque marine
costiere. Attraverso questi siti, che per la totalità sono inseriti anche nella rete Natura 2000 o in aree
protette nazionali, regionali o locali, viene garantita la conservazione dei più importanti ecosistemi
"umidi" nazionali, le cui funzioni ecologiche sono fondamentali, sia come regolatori del regime
delle acque, sia come habitat di una particolare flora e fauna.
Celebrando la Giornata mondiale delle zone umide, vogliamo ricordare che per proteggere questi
preziosi ecosistemi serve l’impegno diretto delle istituzioni e la sensibilizzazione dei cittadini. Per
questo Legambiente si mobilita, con i suoi circoli e le aree di Natura e Territorio, per promuovere
iniziative utili a far conoscere questi luoghi straordinari dal punto di vista ambientale e naturale, ma
ancora sottovalutati per il contributo che offrono alla conservazione della biodiversità e alla
promozione del turismo natura.
Le zone umide, infatti, pur essendo straordinari bacini di biodiversità e fondamentali serbatoi di
stoccaggio per l'anidride carbonica, sono anche tra gli ecosistemi più a rischio del Pianeta, a causa
della forte pressione antropica che subiscono, dell’inquinamento diffuso dell’agricoltura, degli
scarichi industriali e civili, del massiccio sfruttamento delle risorse etc..
Basti pensare che nell'ultimo secolo oltre il 64% delle zone umide sono scomparse 2 e che, non solo
non sono stati raggiunti gli obiettivi di fermare la perdita di biodiversità entro il 2010, ma
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http://www.minambiente.it/pagina/zone-umide-di-importanza-internazionale-0
www.worldwetlandsday.org
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addirittura il tasso di declino/perdita di alcune popolazioni di specie legate agli ecosistemi acquatici
è quadruplicato dal 2000 fino ad oggi (dati ISPRA). L‘impatto di questa tendenza è estremamente
preoccupante, in quanto le specie viventi nelle acque interne, che sostengono tutti processi vitali e
produttivi, forniscono una serie numerosissima e varia di servizi ecosistemici, più che in ogni altro
tipo di ecosistema.
La perdita dei servizi ecosistemici propri delle zone umide, in particolare quelli relativi ai processi
depurativi, produttivi (agricoltura, allevamento, pesca, saline, ecc.) alla regolazione dei fenomeni
idrogeologici e alla fissazione del carbonio presente nella biosfera, con conseguente mitigazione
degli effetti dei cambiamenti climatici, potrebbe quindi determinare impatti preoccupanti sui
processi produttivi e sulla qualità della vita dell‘uomo3.
Le nostre iniziative promosse in occasione della Giornata mondiale delle zone umide coinvolgono,
oltre ai siti Ramsar riconosciuti, anche quelle zone umide considerate minori e spesso non
riconosciute con lo status previsto dalla Convenzione: si tratta di aree acquitrinose, paludi, torbiere
oppure zone naturali o artificiali d'acqua, permanenti o transitorie, opere artificiali rinaturalizzate,
casse di espansione, invasi di ritenuta, cave di inerti per attività fluviale, canali e vasche di colmata,
etc.. Tutte aree poco conosciute dai cittadini e molto spesso non tutelate dalle istituzioni, ma che
possono svolgere un ruolo di primo piano nelle strategie per frenare la perdita di biodiversità e porre
un freno agli effetti dei cambiamenti climatici.
Se non saremo in grado di conseguire gli obiettivi che ci siamo posti sui cambiamenti climatici, è
probabile che si produrranno gravi effetti sulla biodiversità e sugli ecosistemi. Allo stesso tempo, il
fenomeno dei cambiamenti climatici deve essere affrontato nell’ambito della più ampia sfida di
preservare in tutto il mondo la capacità degli ecosistemi di continuare a essere pozzi di
assorbimento per i gas a effetto serra, evitando danni agli ecosistemi stessi, come la deforestazione
e l’acidificazione degli oceani, che si risolverebbero in un’accelerazione del ritmo del riscaldamento
planetario4.
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Contributi per la tutela della biodiversità delle zone umide, ISPRA 2011.
Il ruolo della natura nei cambiamenti climatici, European Commission, 2009.
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