SPAZI VETTORIALI
CONDIZIONE NECESSARIA E SUFFICIENTE perché il sottoinsieme W di V
sia sottospazio di V è che sia:
(λ
λ·w + µ·u) ∈ V per ogni u, w ∈ V e ogni λ, µ ∈ ℜ
CONDIZIONE NECESSARIA (ma NON SUFFICIENTE) perché il sottoinsieme
W sia sottospazio di V è che contenga lo zero di V.
Siano dati, in uno spazio vettoriale V sul campo ℜ, n vettori v1, v2, ….. , vn. Si dice
che gli n vettori sono LINEARMENTE DIPENDENTI se esiste una n-pla di
scalari non tutti nulli α1, α2, ….. , αn tali che sia
α1·v1 + α2·v2 + ….. + αn·vn = 0
(1)
Gli n vettori si dicono invece LINEARMENTE INDIPENDENTI se l’unica n-pla
di scalari per cui vale la relazione (1) è la n-pla nulla, cioè: α1 = α2 = ….. = αn = 0.
Un insieme S = {v1, v2, ..... , vm} di vettori di uno spazio vettoriale V viene detto
SISTEMA DI GENERATORI per V se ogni vettore v di V può essere espresso
come combinazione lineare dei vettori di S, cioè:
v = α1·v1 + α2·v2 + ….. + αm·vm
(2)
Se inoltre S è linearmente indipendente, S è detto BASE per V.
1. Se S e T sono due basi per uno stesso spazio vettoriale V, S e T sono costituiti
dallo stesso numero di vettori, numero che viene chiamato DIMENSIONE
dello spazio V.
2. Se S è base per V, la n-pla di scalari con cui il generico vettore v di V è scritto
come combinazione lineare dei vettori di S, (cioè la n-pla α1, α2, ….. , αm che
compare nella (2)), è unica. Tale n-pla viene detta n-pla delle COMPONENTI di
v nella base S.
3. Se V ha dimensione n, ogni n-pla indipendente di vettori di V è una base per V.
4. Se V ha dimensione n, cioè ha una base formata da n vettori, allora n+1 vettori
di V, comunque scelti, sono dipendenti.
Siano dati due sottospazi S e T di uno stesso spazio vettoriale V.
• Si definisce INTERSEZIONE dei due sottospazi S e T, e si indica con S ∩ T, il
sottoinsieme di V costituito dai vettori che appartengono contemporaneamente
ad S ed a T. Si dimostra che S ∩ T è sottospazio di V.
• Si definisce UNIONE di S e T e si indica con S ∪ T il sottoinsieme di V costituito
dai vettori che appartengono almeno a uno dei due sottospazi S e T. In genere si
ha che S ∪ T non è sottospazio di V.
ESERCIZIO 1. Sia V l’insieme dei polinomi in una variabile di grado ≤ 2.
Si determini la dimensione di V.
Se V è l’insieme dei polinomi in una variabile di grado ≤ 2, si verifica subito che è uno spazio
vettoriale; infatti il generico polinomio di grado ≤ 2 si può scrivere nella forma:
p(x) = a·x2 + b·x +c
con: a,b,c ∈ ℜ
verifichiamo che se p1(x) e p2(x) sono due elementi di V, per ogni λ, µ ∈ ℜ, allora anche:
(λ
λ·p1(x) + µ·p2(x)) ∈V
si ottiene:
λ·(a1·x2 + b1·x + c1) + µ·(a2·x2 + b2·x + c2) = (λ
λ·a1 + µ·a2)·x2 + (λ
λ·b1 + µ b2)·x + (λ
λc1 + µc2)
che è ancora un polinomio in una variabile di grado ≤ 2 e che, quindi, appartiene a V.
Inoltre, dato che vale la già citata relazione: p(x) = a·x2 + b·x +c
con: a,b,c ∈ ℜ, ne segue che i
tre polinomi:
e1 = x 2
e2 = x
e3 = 1
che sono evidentemente indipendenti, costituiscono una base di V; pertanto V ha dimensione 3.
ESERCIZIO 2. Si consideri lo spazio vettoriale V dei polinomi, in una variabile
a coefficienti reali p(x), di grado ≤ 3. Si desidera: a) verificare che i seguenti
vettori: e1 = 1; e2 = x + 2; e3 = 2x2 + 1; e4 = x3 + x + 1 costituiscono una base
di V; b) esprimere x, x2, x3 come combinazione lineare dei vettori della base.
a) Per verificare che i vettori e1, e2, e3, e4 costituiscono una base di V, bisogna dimostrare che sono
linearmente indipendenti. Per fare questo basta provare che l’unica combinazione lineare dei
quattro vettori base che dà il vettore nullo è quella con i coefficienti αi tutti nulli; si ottiene:
α1·e1·+ α2 e2 + α3·e3 + α4·e4 = 0
α1·1·+ α2 (x + 2) + α3·(2x2 + 1) + α4·(x3 + x + 1) = 0
ovvero:
α1·+ α2x + 2α
α2 + 2α
α 3 x2 + α 3 + α 4 x 3 + α 4 x + α 4 = 0
raccogliendo i termini simili, si ottiene:
α4·x3 + 2α
α3·x2 + (α
α4 + α2)·x + (α
α4 + α3 + 2·α
α 2 + α1) = 0
Ciò implica che sussista la validità contemporanea delle relazioni seguenti:
α4·= 0;
2·α
α3·= 0;
(α
α4·+ α2) = 0;
(α
α4 + α3 + 2·α
α2 + α 1) = 0
ovvero:
α4·= 0;
·α
α3·= 0;
·α
α2·= 0;
·α
α1·= 0
il che attesta che i vettori e1, e2, e3, e4 sono linearmente indipendenti e pertanto costituiscono
una base di V di dimensione 4.
b) Per esprimere il polinomio p(x) = x, da quanto esposto, deve essere: α4 + α2·= 1, con α4 = α3 = 0
e (2·α
α2 = −2. Si ottiene allora: x = −2·e1 + e2.
α2 + α1) = 0. Ne risulta: α2·= 1, α1 = −2·α
2
Per esprimere il polinomio p(x) = x , deve essere: 2·α
α3·= 0, con α4 = α2 = 0 e (2·α
α3 + α1) = 0.
2
Ne risulta: α3·= 1/2, α1 = −1/2. Si ottiene allora: x = −½·e1 + ½·e2.
Per avere il polinomio p(x) = x3, deve essere: α4 = 1, α3·= 0, (α
α4 + α2) = 0 e (α
α4 +2·α
α2 + α1) = 0.
=
1,
·α
·=
0,
=
1,
=
(α
+2·α
)
=
(1
–
2)
=
1.
Ne risulta: α4
α3
α2 − α1 − α4
α2 −
Si ottiene allora: x3 = 1·e1 − 1·e2 + 1·e4 = e1 −·e2 +·e4.
ESERCIZIO 3. Siano dati in ℜ4 i seguenti sottoinsiemi:
S = { (a, b, c, d) ∈ ℜ4 | (a2 + b2 + c2 + d2 =1)}
T = { (a, b, c, d) ∈ ℜ4 | (a + b - c + d =0)}
U = { (a, b, c, d) ∈ ℜ4 | (a + b =1)}
Z = { (a, b, c, d) ∈ ℜ4 | (a2 − b2 =0)}
Stabilire quali di essi sono sottospazi di ℜ4 .
• S = {(a, b, c, d) ∈ ℜ4 | (a2 + b2 + c2 + d2 =1)} non è un sottospazio di ℜ4, in
quanto non risulta essere soddisfatta la condizione necessaria, infatti il vettore O = (0, 0, 0, 0)
non può soddisfare la condizione (a2 + b2 + c2 + d2 =1).
4
• U = {(a, b, c, d) ∈ ℜ | (a + b =1)} non è sottospazio di ℜ4, in quanto non viene
soddisfatta la condizione necessaria, infatti il vettore O = (0, 0, 0, 0) non può soddisfare la
condizione (a + b = 1).
4
• T = { (a, b, c, d) ∈ ℜ | (a + b - c + d =0)} Per T la condizione necessaria è
verificata. Bisogna usare il criterio; a tale riguardo, siano (α
α1, β 1, γ1, δ1 ) e (α
α2, β 2, γ2, δ2 )
due vettori di T, quindi :(α
α2 + β 2 − γ2 + δ2 = 0).
α1+ β 1- γ1 +δ1 = 0) ed (α
Il vettore λ·(α
α2, β 2, γ2, δ2) = (λ
λα1 + µα2, λβ 1 + µβ 2, λγ1 + µγ2, λδ1 + µδ2)
α1, β 1, γ1, δ1) + µ·(α
appartiene a T ? Risulta:
(λ
λα1 + µα2) + (λ
λβ1 + µβ2) – (λ
λγ1 + µγ2)+( λδ1 + µδ2) =
= λ(α
α1+ β1 − γ1 + δ1) + µ(α
α2 + β2 − γ2 + δ2) = λ·0 + µ·0 = 0 per ogni λ,µ
µ∈ℜ
quindi T è sottospazio.
•
Z = {(a, b, c, d) ∈ ℜ4 | (a2 − b2 =0)}
Per Z la condizione necessaria è
verificata. Bisogna usare il criterio; a tale riguardo, siano (α
α1, β 1, γ1, δ1) e (α
α2, β 2, γ2, δ2)
2
2
2
2
due vettori di Z, quindi soddisfano le relazioni: (α
α1 − β1 = 0) e (α
α2 − β2 = 0).
Il vettore: λ·(α
α1, β 1, γ1, δ1 ) + µ·(α
α2, β 2, γ2, δ2) = (λ
λα1 + µα2, λβ 1 + µβ 2, λγ1+ µγ2, λδ1 + µδ2)
appartiene a Z se risulta:
(λ
λ·α
α1 + µ·α
α2)2 – (λ
λ·β
β1 + µ·β
β 2 )2 = 0
cioè: (λ
λ2·α
α12 + µ2·α
α22 +2·λ
λ·µ
µ·α
α1·α
α2) – (λ
λ2·β
β12 + µ2·β
β22 + 2·λ
λ·µ
µ·β
β1·β
β2) =
2
2
2
2
2
2
= λ (α
α1 − β1 ) + µ (α
α2 − β2 ) + 2·λ
λ·µ
µ·(α
α1·α
α2 − ·β
β1·β
β2)
2
2
quindi: λ ·0 + µ ·0 + 2·λ
λ·µ
µ·(α
α1·α
α2 − β1·β
β2) = 0
Questa condizione NON È VERIFICATA per OGNI possibile scelta di α1, α2, β 1, β 2, quindi Z
NON È sottospazio.
ESERCIZIO 4. Determinare i valori reali del parametro t per cui il sottoinsieme
S di ℜ3 costituito dai vettori s = (a, b, c) le cui componenti a, b, c soddisfano la
relazione (a + b + c) = (t2 – 1) è sottospazio di ℜ3. Per tali valori determinare un
sistema finito di generatori per S.
Per la condizione necessaria affinché un sottoinsieme sia SOTTOSPAZIO, il vettore nullo deve
2
appartenere a S, e ciò accade solo se (t – 1) = 0, cioè se t = ± 1. Per tali valori usiamo il
criterio.
Siano m = (α
α1, β 1, γ1) e n =·(α
α2, β 2, γ2) due vettori generici di S; allora deve essere:
(α
e
(α
α1 + β 1 + γ1) = 0
α 2 + β 2 + γ 2) = 0
L’applicazione del criterio impone la relazione seguente:
λ·(α
α1, β 1, γ1) + µ·(α
α2, β 2, γ2) = (λ
λα1 + µα2, λβ 1 + µβ 2, λγ1 + µγ2)
e tale vettore appartiene a S per ogni λ e µ poiché risulta:
(λ
λα1 + µα2) + (λ
λβ 1 + µβ 2)+(λ
λγ1 + µγ2) = λ·(α
α1 + β 1 + γ1) + µ·(α
α2 + β 2 + γ2) = λ·0 + µ·0 = O
Ciò premesso, ricordando che (a + b + c = 0) per cui (c = −a –b), osserviamo che tutti i vettori di S
hanno, quindi, la forma: s = (a, b, −a − b), con a e b reali qualsiasi.
Si può porre: (a, b, −a − b) = a·(1, 0, −1) + b·(0, 1, −1).
Quindi (1, 0, −1) e (0, 1, −1) generano S. Tali due vettori sono anche una base per S, poiché sono
indipendenti: infatti se si considera la loro combinazione lineare uguagliata a zero:
λ·(1, 0, −1) + µ·(0, 1, −1) = 0 ⇒ (λ
λ, µ, −λ−µ) = (0, 0, 0) ⇒ λ = 0, µ = 0
si deduce che devono necessariamente essere nulli i due coefficienti λ e µ.
ESERCIZIO 5. Determinare due basi distinte per il sottospazio S di ℜ4 che è
costituito dai vettori della forma s = (a, b, a + b, a − b)
Il generico vettore appartenente al sottospazio S può essere scritto nella forma seguente:
(a, b, a + b, a − b) = a·(1, 0, 1, 1) + b·(0, 1, 1, −1)
I vettori u = (1, 0, 1, 1) e v = (0, 1, 1, −1), ottenuti ponendo, rispettivamente, a = 1 e b = 0 per il
primo e a = 0 e b = 1 per il secondo, costituiscono una base, infatti generano S, in quanto il
generico vettore di S può essere scritto come loro combinazione lineare, e sono indipendenti,
poiché:
λ·(1. 0, 1, 1) + µ·(0, 1, 1, −1) = (λ
λ, µ, λ + µ, λ − µ) = (0, 0, 0, 0)
porta necessariamente al sistema di relazioni: λ = 0, µ = 0, λ + µ = 0, λ − µ = 0 per il quale sussiste
solo la soluzione nulla λ = 0, µ = 0.
Consideriamo altri valori per a e per b. Ad esempio se a = 1 e b = 1 si ottiene u’ = (1, 1, 2, 0) e per
a = 1 e b = −1 si ottiene v’ = (1, −1, 0, 2). Questi due vettori sono indipendenti, infatti per ogni h, k
appartenenti a ℜ risulta:
h·(1, 1, 2, 0) + k·(1, −1, 0, 2) = (h + k, h − k, 2h, 2k) = (0, 0, 0, 0)
e tale relazione porta necessariamente al sistema di relazioni: h + k = 0, h − k = 0, h = 0, k = 0 che è
soddisfatto se e solo se h = k = 0.
Basterebbe questo per dire che i due vettori u’ e v’ sono una base, infatti poiché S ha dimensione
2, in quanto si è prima trovata una base costituita da due vettori u e v, due vettori indipendenti
qualsiasi di S costituiscono una base; dimostriamo, tuttavia direttamente, che sono un sistema di
generatori. Da:
(a, b, a + b, a – b) = h·(1, 1, 2, 0) + k·(1, −1, 0, 2)
ricaviamo i coefficienti h e k con cui il generico vettore di S si scrive come combinazione lineare
dei due vettori. Risolvendo il sistema in h e k si ottiene:
a = h + k; b = h − k; (a + b) = 2h; (a – b) = 2k
Ne consegue che: h = ½ (a + b) e k = ½ (a − b).
Tali coefficienti sono le componenti del generico vettore di S nella nuova base, per cui:
(a, b, a + b, a – b) = ½·(a + b)·(1, 1, 2, 0) + ½·(a − b)·(1, −1, 0, 2)
ESERCIZIO 6. In ℜ3 si considerino i due sottospazi S e T, di seguito definiti:
S = { (a, b, c) tali che (a + 2b – c) = 0 }
T = { (a, b, c) = h·(1, 0, -1) + k·(2, 1, 0) }
Dopo aver determinato una base per S, determinare una base di S ∩ T.
Il vettore generico di S può essere scritto, tenuto conto della relazione costitutiva del sottospazio,
nella forma: s = (a, b, a + 2b).
Quindi una base per S è costituita, ad esempio, dai vettori u=(1, 0, 1), ottenuto per a = 1 e b = 0, e
v = (0, 1, 2), ottenuto per a = 0 e b = 1. Infatti: a·u + b·v = a·(1, 0, 1) b·(0, 1, 2) = (a, b, a + 2b) = s
3
Risulta inoltre: dim(S) = 2, dim(T) = 2. Poiché è al massimo dim(S + T) = dim ℜ = 3,
l’intersezione S ∩ T NON è costituita dal solo vettore NULLO. Cerchiamo tutti i vettori di S
che appartengono anche a T e che quindi stiano nell’intersezione. Deve essere:
(a, b, a + 2b) = h·(1, 0, −1) + k·(2, 1, 0) = (h + 2k, k, −h)
da cui si ottengono le relazioni:
a = h + 2k
b=k
a + 2b = − h
b=k
ovvero: h = a − 2b
a + 2b= −a + 2b
b=k
da cui: a = 0
h = −2b = − 2k
I vettori dell’intersezione sono tutti i vettori del tipo: k·w = (0, k, 2k) = k·(0, 1, 2), cioè sono
tutti i multipli del vettore w = (0, 1, 2) che pertanto è una base di S ∩T.
ESERCIZIO 7. Sia V = M2 lo spazio vettoriale delle Matrici quadrate di ordine 2
ad elementi reali e sia U il sottospazio definito da:
1
0 

U =  A ∈V : A ⋅   =    . Allora, una base di U è data da:
 3  0 

− 3 1 , 0 0
− 3 1,  3 − 1,  0 0
b)
a)
− 3 1 0 0
− 3 1 − 3
1  − 3 1
− 3 1,  3 − 1
− 3 1
d)
c)
− 3 1 0
− 3 1
0
Si deve determinare, dapprima, la dimensione del sottospazio U. La forma canonica di una matrice
generica quadrata di ordine 2 è esprimibile mediante quattro elementi come di seguito mostrato:
a b
A = 
 c d 
U è l’insieme delle matrici quadrate di ordine due che soddisfano la relazione costitutiva:
1
0
a b  1  0
a + 3b  =  0
A ⋅   =   ⇒ 
⋅
=
⇒
c + 3d   0
 3  0
 c d   3  0
L’uguaglianza fra matrici implica la separata uguaglianza degli elementi corrispondenti, ovvero
le seguenti relazioni:
a + 3b = 0 ⇒ a = −3b
c + 3d = 0
c = −3d

Si evince per tanto che, poiché per individuare la generica matrice A∈
∈U risultano necessari due
parametri indipendenti, il sottospazio U ha dimensione 2; inoltre la matrice quadrata A di ordine 2
ha la forma:
a b   − 3b
A = 
=
 c d  − 3d
b
− 3 1 + d ⋅  0 0
b
=
⋅
 0 0
− 3 1
d 
Le due matrici:
− 3 1
A1 = 
 0 0
0 0
A2 = 
 − 3 1
ottenute dalla generica matrice A assegnando ai parametri b e d le coppie di valori (b = 1, d = 0) e
((b = 0, d = 1), rispettivamente, sono due generatori indipendenti e quindi costituiscono una base
per il sottospazio U che ha, pertanto, dimensione due. Ne consegue che le proposte b) e d) offerte
dalla traccia non sono congruenti con la dimensione del sottospazio U e quindi NON costituiscono
una base.
Si osservi, che se si assumono per i parametri indipendenti b e d le coppie di valori (b = 1, d = 1)
e (b = −1, d = 0), rispettivamente, si ottengono le due seguenti matrici indipendenti, che risultano
essere proprio le matrici proposte dalla traccia:
− 3 1
A1* = 
− 3 1
0 0
A*2 = 
− 3 1
Verifichiamo che una combinazione lineare tramite i parametri non contemporaneamente nulli λ e
µ delle due matrici, consente di ottenere la generica matrice A∈
∈U; infatti, data la combinazione:
− 3b
A = 
− 3d
b
 − 3 1 + µ ⋅  3 − 1
*
*
=
λ
⋅
A
+
µ
⋅
A
=
λ
⋅
1
2
0
 − 3 1
0
d 
basta porre λ = d e µ = (d − b) per soddisfare la precedente relazione. Infatti, lo svolgimento dei
vari passaggi algebrici afferenti la combinazione lineare, consente di evincere quanto segue:
− 3b
A = 
− 3d
b
=
d 
− 3λ + 3µ λ − µ 
 − 3λ
λ 
L’uguaglianza delle due matrici verrà acclarata dall’uguaglianza degli elementi corrispondenti,
ovvero dalla validità contemporanea delle relazioni di seguito riportate:
− 3b = −3λ + 3µ
b = λ − µ
b = λ − µ
b = λ − µ
λ=d
λ=d
⇒ 
⇒ 
⇒
− 3d = −3λ
µ = (d − b )
d =λ
µ = λ − b


d = λ
d = λ
Si evince, allora, che le due matrici A1* e A2* costituiscono una base del sottospazio U. Pertanto,
la proposta c) è vera. La proposta a) NON costituisce una base in quanto contiene il vettore nullo.
ESERCIZIO 8. In ℜ3 si considerino le basi:
1 2 3 
1 2 0 
      


B1 =  0 , 1 , 1  B2 = 1, 0, 0 
1 0 0 
0 1 1 
a) Determinare tutti i vettori di ℜ3 che hanno le stesse coordinate rispetto a B1 ed a
B2 ;
b) Determinare le due basi di ℜ3 rispetto alle quali la risposta alla domanda a) è
costituita dal vettore nullo.
a) È conveniente ricordare che le coordinate di un vettore costituiscono i coefficienti della
combinazione lineare dei vettori della BASE che fornisce il vettore stesso.
Pertanto, se w è un vettore che presenta le medesime ‘coordinate’ rispetto alle due basi B1 e
B2, dovranno sussistere le relazioni seguenti:
nella base B1
w = a ⋅ (1,0,1) + b ⋅ ( 2 ,1,0) + c ⋅ ( 3,1,0)
nella base B2
w = a ⋅ (11
, ,0) + b ⋅ (2,0,1) + c ⋅ ( 0,0,1)
ovvero:
1
2 
3
1
2 
0
a ⋅ 0 + b ⋅ 1 + c ⋅ 1 = a ⋅ 1 + b ⋅ 0 + c ⋅ 0
1
 0
0
0
1
1
 
 
 
 
 
 
(1)
Questa uguaglianza matriciale implica la validità delle posizioni seguenti:
a + 2b + 3c = a + 2b
3c = 0
c=0

⇒ 
⇒ 
b + c = a
a = b + c
a = b
a = b + c
Ne consegue che i vettori w che hanno coordinate w = (a, a, 0) si scrivono allo stesso modo
rispetto alle basi B1 e B2. Verifichiamo quanto asserito:
1
2 
3 a  2a  3a 
w = a ⋅ 0 + a ⋅ 1 + 0 ⋅ 1 =  0 +  a  =  a 
1
0
0 a   0   a 
 
 
       
1
2
0 a  2a  3a 
w = a ⋅ 1 + a ⋅ 0 + 0 ⋅ 0 = a  +  0  =  a 
1
 1
1  0  a   a 

 
       
nella base B1
nella base B2
b) Riconsideriamo il sistema che deriva dalla relazione (1)
1a c = 0

2 a b + c = a
3a a = b + c
Affinché il vettore nullo sia l’unico vettore che ha le stesse componenti
rispetto alle due basi di ℜ3 deve verificarsi anche:
a = c = 0 nella 2ª o 3ª relazione
b = c = 0 nella 2ª o 3ª relazione
Quanto indicato implica che
1
2 
3
1
2 
0
a ⋅ 0 + b ⋅ 1 + c ⋅ 1 = a ⋅ 1 + b ⋅ 0 + c ⋅ 0
1
 0
0
0
 1
1
 
 
 
 
 
 
Se lo cambio in 0, la 3ª
Se lo cambio in 0, la 2ª relazione
Se lo cambio in 1, la 3ª
diventa: c = a = 0
relazione diventa: -b = c = 0 relazione diventa: a = c = 0
Le possibili basi sono:
1 2 0 
1 2 3 
      


B1 =  0 , 1 , 1  B3 = 1, 0, 0 
1 0 0 
0 0 1 
1 2 3 
1 2 0 
      


B4 =  0 , 0 , 1  B2 = 1, 0, 0 
1 0 0 
0 1 1 
ESERCIZIO 9. Dopo avere verificato che i tre vettori seguenti:
v1 = (1, 1, 1) v2 = (0, 1, 1) v3 = (0, 0, 1)
sono linearmente indipendenti, provare che ogni altro vettore v ∈ ℜ3 può essere
scritto come loro combinazione lineare. In altri termini i 3 vettori costituiscono
una base.
Si deve provare che l’unica combinazione lineare dei tre vettori che dà il vettore nullo è quella con
coefficienti tutti nulli, ovvero:
α ⋅V1 + β ⋅V2 + γ ⋅V3 = 0 ⇒ α ⋅ (111
, , ) + β ⋅ (0,11
, ) + γ ⋅ (0,0,1) = (0,0,0)
svolgendo i calcoli indicati si ottiene:
(α ,α ,α ) + (0, β , β ) + (0,0, γ ) = (0,0,0) ⇒ (α ,(α + β ),(α + β + γ )) = (0,0,0)
Resta così definito il sistema di seguito riportato:
α = 0
α = 0 La sola soluzione α = 0; β = 0; γ = 0 implica che i


⇒ β = 0 vettori V1, V2 e V3 sono “linearmente indipendenti”.
α + β = 0
3
Per ogni altro vettore V di ℜ vale la relazione:
α + β + γ = 0
γ = 0
V = (x , y , z ) = a ⋅ (1,1,1) + b ⋅ ( 0,1,1) + c ⋅ ( 0,0,1) con a, b, c non simultaneamente nulli.
Svolgendo i calcoli si ottiene:
( x , y , z ) = ( a , a , a ) + (0, b, b) + (0,0, c) = (a ,(a + b),(a + b + c))
relazione che porta a definire il sistema seguente:
a = x

a + b = y
a + b + c = z
a = x

⇒ a + b = y
 y + c = z
a = x

⇒ b = y − x
c = z − y
3
Si può, pertanto, scrivere il generico vettore V = (x, y, z) di ℜ nella forma di seguito trascritta:
V = ( x , y , z ) = x ⋅ (1,11
, ) + ( y − x ) ⋅ (0,11
, ) + ( z − y ) ⋅ (0,0,1)
Se si definiscono i vettori come vettori colonna, anziché vettori riga, la relazione precedente assume
la seguente ovvia forma:
 x
 1
 0
 0
V =  y = x ⋅  1 + ( y − x ) ⋅  1 + ( z − y ) ⋅  0
 
 
 
 
 z
 1
 1
 1
ESERCIZIO 10. Siano a1 = (12, 0, 13, 0), a2 = (2, 0, 4, 1) ed a3 = (4, 0, -3, -4) i tre
vettori di ℜ4. Si determini la dimensione del sottospazio generato da a1, a2 ed a3.
Controlliamo se i tre vettori assegnati a1, a2 ed a3 sono linearmente indipendenti. Se ciò fosse
vero, allora la matrice le cui righe o le cui colonne sono costituite dai tre vettori dovrebbe avere
rango massimo. Nel nostro caso specifico il rango dovrebbe essere rango = 3. Determiniamo la
matrice A.
La matrice rettangolare A
presenta una colonna
0
 a1   12 0 13



A = a2 = 2 0
4
1
  

 a3   4 0 − 3 − 4
13 0
M 2 = 

 4 1
(3x4)
costituita da tutti zeri. Il rango di A vale 3 se esiste un
minore del 3° ordine estraibile da A il cui determinante
sia diverso da zero. Il minore del 2° ordine indicato ha
il determinante diverso da zero. Infatti si ottiene:
⇒ det( M 2 ) =
13 0
= 13 ≠ 0
4 1
Pertanto risulta: rango(A) ≥ 2.
Inoltre tre dei quattro minori del 3° ordine estraibili da A sono costituiti da una colonna di tutti zeri
per cui il loro determinante è nullo. Così pure dicasi di uno dei due minori del terzo ordine che si
ottengono orlando, secondo Kroneker, il minore del 2° ordine M2, già citato in precedenza.
12 0 13
2 0
4 =0
4 0 −3
12 0
0
2 0
1=0
4 0 −4
0 13
0
0
4
1=0
0 −3 −4
Resta da verificare il minore del 3° ordine estraibile da A ed ottenibile da M2 orlandolo con alcuni
elementi della prima colonna e della terza riga di A; si ottiene:
0
12 13
0
 12 13
M3 =  2
4
1 ⇒ det M 3 = 2
4
1 = −192 + 52 + 36 + 104 = 0


4 −3 −4
 4 − 3 − 4
Ne consegue che la matrice A ha rango dato da rango(A) = 2. Quinti, soltanto due dei tre vettori
a1, a2 ed a3 sono linearmente indipendenti.
Pertanto, il sottospazio generato da a1, a2 ed a3 ha dimensione 2 ed una sua base è costituita da
una qualsiasi coppia dei vettori dati, in quanto i vettori non sono paralleli.
ESERCIZIO 11. Dati i vettori a1 = (k, 1, 0), a2 = (4, k, 1) ed a3 = (-2, 1, 1) si deve
determinare quanti sono linearmente indipendenti al variare del parametro k∈
∈ℜ.
I tre vettori assegnati sono linearmente indipendenti se la matrice A, le cui righe o le cui
colonne, sono costituite dai tre vettori a1, a2, a3 è NON singolare, ovvero il suo determinante è
diverso da zero. Calcoliamo, allora, il determinante della matrice A che si ottiene accostando i tre
vettori. Si ha:
 k 1 0
A =  4 k 1


 − 2 1 1
k 1 0
det( A) = 4 k 1 = k 2 − 2 − k − 4 = k 2 − k − 6
−2 1 1
Si determinano ora i valori di k che rendono nullo il determinante, per tali valori la matrice
risulta SINGOLARE ed i tre vettori saranno linearmente dipendenti.
k2 − k −6 = 0
⇒ k=
1 ± 1 + 24 1 ± 25 1 ± 5
=
=
⇒ k = −2 k = 3
2
2
2
Pertanto, il determinante si annulla per k = −2 o per k = 3.
Per k ≠ −2 e k ≠ 3 risulta det(A) ≠ 0 ed i tre vettori sono, dunque, linearmente indipendenti.
Per k = −2 o per k = 3 il rango della matrice A è rango(A) = 2; infatti il minore del secondo ordine
ottenuto eliminando la seconda riga
1 0
1 0
M 2 = 
⇒ det( M 2 ) =
= 1 ≠ 0 e la prima colonna di A, è diverso

1 1
 1 1
da zero. Pertanto, per k = −2 o per
k = 3 ci sono solamente due vettori linearmente indipendenti. Essi sono:
k = − 2 ⇒ a1 = (−
k = 3 ⇒ a1 = (3, 1, 0) ed a3 = (−
−2, 1, 0) ed a3 = (−
−2, 1, 1)
−2, 1, 1)
ESERCIZIO 12. Determinare la dimensione dello spazio generato dai vettori:
a1 = (1, −1, 0, 1), a2 = (a, 0, 4, 2), a3 = (0, 1, 2, 0) ed a4 = (−
−2, 3, 2, −a) al variare
del parametro a∈
∈ℜ. Indicarne una possibile base.
Si sa che la dimensione dello spazio generato dai vettori a1, a2, a3 ed a4 è data dal valore del rango
della matrice A ottenuta accostando per righe o per colonne i vettori assegnati. Se si considerano
i vettori assegnati come vettori colonna, piuttosto che vettori riga, la matrice A assume la forma:
 1
−1
A=
 0
 1
a
0
4
2
0 − 2
1
3

2
2
0 − a
1
−1
⇒ det( A) =
0
1
a
0
4
2
0 −2
1
3
2
2
0 −a
Si tratta di una matrice quadrata di ordine quattro. Il calcolo del determinante si effettua applicando
la definizione ricorrendo, quindi, ai complementi algebrici. Ponendo l’attenzione sulla terza
colonna, che contiene due zeri, si ottiene:
det( A) = ( −1)
( 2 + 3)
1 a −2
1 a −2
( 3+ 3)
⋅ 1⋅ 0 4
2 + ( −1)
⋅2⋅ −1 0
3=
1 2 −a
1 2 −a
= −1 ⋅ ( −4a + 2a + 8 − 4) + 2 ⋅ (3a + 4 − 6 − a 2 ) = 2a − 4 + 6a − 4 − 2a 2
ovvero, la relazione:
det( A) = −2 a 2 + 8a − 8
che si annulla per:
det( A) = 0 ⇒ − 2a 2 + 8a − 8 = 0 ⇒ a 2 − 4a + 4 = 0 ⇒ (a − 2) 2 = 0
Il determinante si annulla per a = 2 e tale soluzione doppia ha, quindi, ordine di molteplicità λ = 2.
Per a ≠ 2, risulta det(A) ≠ 0 ed i vettori sono linearmente INDIPENDENTI, generano ℜ4 e ne
costituiscono una base.
Per a = 2 la matrice A, che ha determinante nullo, assume la forma di seguito riportata:
 1 2 0 − 2 Per determinare il rango della matrice A osserviamo che il

 minore M2 del secondo ordine individuato con gli elementi di A:
−1 0 1
3
A=

2
 0 4 2
 1 2 0 − 2
1 2
 1 2
M 2 = 
 ⇒ det(M 2 ) =
=2≠0
−
1
0
−
1
0


risulta diverso da zero; per tanto rango(A) ≥ 2. Poiché tutti i minori del terzo ordine che si
possono ottenere da M2 orlandolo secondo Kroneker sono nulli, si può concludere che per a = 2 il
1 2 0
1 2 −2
1 2 0
1 2 −2
M31
3 M3,3 = −1 0 1 M3,4 = −1 0 3
, = − 1 0 1 M3,2 = −1 0
0 4 2
0 4 2
1 2 0
1 2 −2
rango della matrice A è rango(A) = 2 e lo spazio generato dai vettori a1, a2, a3 ed a4 presenta
dimensione 2; una possibile base è costituita, per esempio, dai vettori a1 ed a2.
⇒
B = {a1, a2}
B = {(1, -1, 0, 1), (2, 0, 4,2)}
ESERCIZIO 13. Determinare l’Area del “Parallelogramma” individuato dai
vettori v1 = (1, 2) e v2 = (3, −1).
Si ricorda che il determinante di una matrice quadrata di ordine due ha il significato geometrico
di AREA CON SEGNO del parallelogramma individuato dai vettori riga o colonna che accostati
formano la matrice.
Infatti siano w1 = (a, b) e w2 = (c, d) due vettori appartenenti a ℜ2.
y
Il parallelogramma, definito dai due vettori medesimi, ha
un’area A determinata da:
b+d
d
a b a b
A = det
= ( ad − bc)
=
 c d c d
W2
A
b
Infatti, l’ispezione diretta della figura consente di valutare
che, sotto l’aspetto geometrico, il calcolo dell’area A può
ottenersi come:
W1
c
a
(a+c)
x
A = A1 − A2 − A3 − A4 − A5
in cui deve intendersi:
A1 = (a + c) ⋅ (b + d )
A2 = (a ⋅ b) 2 A3 = [b + (b + d )] ⋅ c 2
Si ottiene infatti:
A = ab
+ ad2
+ 44
bc + 3
cd −
144
A1
A4 = (c ⋅ d ) 2
A5 = [c + (a + c)] ⋅ b 2
ab  bc bc cd  cd  ab bc bc 
− + +  −
− + + 


2
2
2
2
2
2 44
23
{ 1442443 { 12442
A2
A3
A4
A5
ovvero, svolgendo le semplificazioni algebriche richieste, si ottiene:
y
2
A = ab −
V2
1
A
−1
ab ab
cd cd
− + ad + bc − bc − bc + cd −
−
= (ad − bc )
2
2
2
2
Per quanto concerne i vettori assegnati V1 e V2, si ottiene:
3
x
V1
1 2
1 2
A = det
= − 1− 6 = 7
 =
3 −1
 3 − 1
Pertanto, l’area del parallelogramma generato dai vettori
V1 e V2 ha il valore dato da: A = 7.
ESERCIZIO 14. Per quali valori del parametro “t” il vettore w = (2, t, 0, 1) di
ℜ4 appartiene al sottospazio generato dai vettori u = (1, 0, 0, 1) e v = (0, 1, 0, 1) ?
Calcolare la dimensione dello spazio generato da u, v, w al variare di “t”.
Il vettore w appartiene al sottospazio generato dai vettori u e v allora e solo allora che esso risulta
essere una combinazione lineare, a coefficienti non nulli, dei vettori u e v medesimi; in sostanza
se: α,β
β ∈ℜ allora deve essere soddisfatta la relazione seguente:
w = α ⋅ u + β ⋅ v = α ⋅ (1,0,0,1) + β ⋅ (0,1,0,1)
ovvero, vale la scrittura di seguito riportata:
(2, t ,0,1) = (α , β ,0,(α + β ))
Dalla relazione precedente si evince il sistema seguente:
2 = α

t = β
1 = α + β
α = 2

⇒ β = t
1 = 2 + t
α = 2

⇒ β = t
t = −1
Dato che u e v sono linearmente indipendenti, mentre u, v , w sono linearmente dipendenti se e
solo se t = −1, si può concludere come segue:
per t = −1 la dimensione dello spazio generato da u, v, w è due;
per t ≠ −1 la dimensione dello spazio generato da u, v, w è tre
ESERCIZIO 15. Dopo avere verificato che i vettori:
x1 = (1, 3, 4); x2 = (2, 1, 0); x3 = (0, 4, 6)
sono linearmente indipendenti, scrivere il vettore e1 = (1, 0, 0) mediante la
combinazione lineare di x1, x2 e x3.
Per verificare che i tre vettori x1, x2 e x3 sono linearmente indipendenti basta verificare che la
matrice A che si ottiene disponendo per righe o per colonne i tre vettori x1, x2 e x3, presenta
determinante diverso da zero, cioè: det(A) ≠ 0, ovvero la matrice è NON singolare.
 1 3 4
A =  2 1 0


 0 4 6
1 3 4
⇒ det( A) = 2 1 0 = 6 + 32 − 36 = 2 ≠ 0
0 4 6
Ciò equivale a dire che il vettore nullo O è ottenibile come combinazione lineare dei vettori x1, x2
e x3 con coefficienti α, β , γ, appartenenti a ℜ, identicamente nulli; infatti:
α·x1 + β·x2 + γ·x3 = O
implica la relazione di seguito riportata:
α·(1, 3, 4)+ β·(2, 1, 0) + γ·(0, 4, 6) = (0, 0, 0)
ed eseguendo i dovuti passaggi algebrici richiesti si perviene alla scrittura:
((α + 2·β), (3·α + β + 4·γ), (4·α + 6·γ)) = (0, 0, 0)
Questa uguaglianza fra vettori impone la validità del sistema di seguito trascritto:
α + 2 β = 0

3α + β + 4γ = 0 ⇒
4α + 6γ = 0
α = −2 β

− 6β + β + 4γ = 0 ⇒
− 8β + 6γ = 0
α = −2 β
β = 0


⇒ α = 0
− 5β = −4γ
− 8β + 15β 2 = 0 γ = 0
La combinazione lineare dei vettori x1, x2 e x3 che fornisce il vettore canonico e1 = (1, 0, 0), è
data dalla relazione algebrica di seguito riportata:
α·x1 + β·x2 + γ·x3 = e1
⇒
α·(1, 3, 4)+ β·(2, 1, 0) + γ·(0, 4, 6) = (1, 0, 0)
ovvero: ((α + 2·β), (3·α + β + 4·γ), (4·α + 6·γ)) = (1, 0, 0)
da cui scende la definizione del sistema lineare seguente:
α + 2 β = 1

3α + β + 4γ = 0 ⇒
4α + 6γ = 0
α = 1 − 2 β

3(1 − 2 β ) + β + 4γ = 0 ⇒
4(1 − 2β ) + 6γ = 0
α = 1 − 2 β

− 5β + 4γ = −3
− 8β + 6γ = −4
che fornisce la terna: α = 3; β = −1; γ = −2.
ESERCIZIO 16. Stabilire per quali valori del parametro ‘α
α’ sono linearmente indipendenti
3
3
3
i tre vettori: v1 = (α, 0, 1); v2 = (0, α, 1); v3 = (α , α , α ).
I tre vettori v1, v2, v3, sono linearmente indipendenti se la matrice A(3x3) le cui righe sono ottenute
con i vettori stessi, è NON SINGOLARE, ovvero det(A) ≠ 0. Pertanto, sussiste la relazione:
0
1
α

1
A= 0 α
 3

α 3 α 3
α
α
1
α 0 1
3
1 =α ⋅ 0 α 1
⇒ det( A) = 0 α
3
3
1 1 1
α α α3
0
a cui corrisponde la posizione di seguito trascritta:
det( A) = α 3 (α 2 − α − α ) = α 3 (α 2 − 2α ) = α 3α ⋅ (α − 2) = α 4 (α − 2)
Pertanto, i vettori v1, v2, v3, sono linearmente indipendenti se: α ≠ 0, ed α ≠ 2.
ESERCIZIO 17. Determinare tutti i valori del parametro λ per i quali i vettori u = (1, 2, λ),
v = (0, λ, 1); w = (λ
λ, 1, 0) sono linearmente indipendenti. Calcolare, quindi, la dimensione del
sottospazio di ℜ3 generato da u, v, w al variare di λ.
I tre vettori u, v, w, sono linearmente indipendenti se la matrice A(3x3) le cui righe o le cui
colonne sono ottenute con i vettori u, v, w, è NON SINGOLARE, ovvero det(A) ≠ 0. Pertanto,
sussiste la relazione:
 1 2 λ
A =  0 λ 1


 λ 1 0
1 2 λ
⇒ det( A) = 0 λ 1 = 2λ − λ3 − 1 = − λ3 + 2λ − 1
λ 1 0
Imponendo che risulti det(A) = 0 si ottengono i valori del parametro λ che rendono linearmente
dipendenti i tre vettori. Vediamo di scomporre il polinomio di terzo grado nella variabile λ tramite
la regola di Ruffini; si ottiene:
1
1
1
0
1
1
-2
1
-1
1
-1
0
λ3 − 2 ⋅ λ + 1 = ( λ − 1) ⋅ ( λ2 + λ − 1) =
= ( λ − 1) ⋅ ( λ +
1− 5
1+ 5
) ⋅ (λ +
)
2
2
Infatti, l’equazione di secondo grado nella variabile λ ammette le seguenti due soluzioni reali:
λ2 + λ − 1 = 0
− 1− 5
−1± 1+ 4 −1± 5
2
⇒ λ=
=
⇒
−1− 5
2
2
λ2 =
2
 1 2 0
A =  0 0 1


 1 1 0
Per λ = 1, la matrice A assume la forma di seguito riportata. Risulta che:
det(A) = 0 e la matrice stessa ha una caratteristica data da: rango(A) = 2 in
quanto vi sono minori del 2° ordine, estraibili da A, diversi da zero.
Per
λ1 =
λ = (− 1 ± 5 ) 2
la matrice A è singolare poiché risulta det(A) = 0 e la matrice stessa ha
la caratteristica data da: rango(A) = 2 in quanto vi è un minore del 2° ordine diverso da zero.
Pertanto: per λ ≠ 1 e λ ≠ (-1±
±√5)/2 il determinante della matrice A è det(A) ≠0 ed i tre vettori
SONO LINERAMENTE INDIPENDENTI E, QUINDI, GENERANO TUTTO ℜ3.
per λ = 1 e λ = (-1±
±√5)/2 i tre vettori SONO LINEARMENTE DIPENDENTI e generano uno
spazio di dimensione due.
ESERCIZIO 18. Assegnati i sottospazi V = {(1, 1, 1) ; (1, -1, 0)} e W = {(2, 1, 1) ; (1, 1, 2)}
determinare l’intersezione (V∩
∩W) dei due sottospazi, la sua dimensione ed una sua base.
Primo metodo: i due vettori che generano il sottospazio V sono linearmente indipendenti in quanto
formano una sua base; pertanto, ogni vettore v∈
∈V si può scrivere come combinazione lineare dei
vettori della base nella forma seguente:
v = α ⋅ (1, 1, 1) + β ⋅ (1, − 1, 0) = (α + β , α − β , α )
Parimenti, i due vettori che generano il sottospazio W sono linearmente indipendenti, in quanto
ne costituiscono una base; ne consegue che ogni vettore w∈
∈W può scriversi come combinazione
lineare dei vettori della base nella forma di seguito esplicitata:
w = λ ⋅ ( 2, 1, 1) + µ ⋅ (1, 1, 2) = ( 2λ + µ , λ + µ , λ + 2µ )
Gli elementi dell’insieme intersezione (V∩
∩W) sono rappresentati da tutti e solo quei vettori che
appartengono contemporaneamente sia a V, sia a W, ovvero tutti e solo quei vettori per le cui
componenti sono soddisfatte le seguenti relazioni:
α + β = 2λ + µ

 α = λ + 2µ
α − β = λ + µ ⇒ 2α = 3λ + 2 µ


α = λ + 2µ
, da cui si ottiene:
2 ⋅ ( λ + 2 µ ) = 3λ + 2 µ ⇒ 2λ − 3λ = 2 µ − 4 µ ⇒ λ = 2 µ
Pertanto, i vettori x =∈ (V I W ) sono tutti e solo i vettori le cui coordinate hanno la forma:
x = ( 2λ + µ , λ + µ , λ + 2 µ ) ( λ = 2 µ ) = ( 2 ⋅ 2 µ + µ , 2 µ + µ , 2 µ + 2 µ )
ovvero: x
= (5µ , 2 µ , 4µ ) = µ ⋅ (5, 3, 4)
Al variare di µ∈R si ottengono gli ∞1 vettori appartenenti all’insieme intersezione (V∩
∩W), che
pertanto è caratterizzato dall’avere dimensione data da: dim(V∩
∩W) = 1; ed il vettore x = (5, 3, 4) ne
costituisce una base, ovvero: (V∩
∩W)={(5, 3, 4)}.
Secondo metodo: i due vettori che generano il sottospazio V sono linearmente indipendenti in
quanto formano una sua base; per tanto, ogni vettore v∈
∈V si può scrivere come combinazione
lineare dei vettori della base nella forma che di seguito si esplicita:
v = α ⋅ (1, 1, 1) + β ⋅ (1, − 1, 0) = (α + β , α − β , α )
Il generico vettore x =∈ (V I W ) , dovendo appartenere sia al sottospazio V sia al sottospazio
W, dovrà essere combinazione lineare anche dei vettori che generano il sottospazio W; consegue
che la matrice le cui righe sono costituite dai vettori w1, w2 ed x, al fine di attestare la lineare
dipendenza, deve avere rango due. In sostanza si ottiene:
 w1 
A =  w2  =
x
 
1
1
 2
 1
1
2  ⇒ rango( A) = 2
α + β α − β α 


L’imposizione espressa dalla relazione rango(A) = 2 implica che sia det(A) = 0, cioè la matrice A
deve essere singolare, ed a tale relazione devono soddisfare i parametri α e β che determinano le
tre componenti del generico vettore x. In conclusione è ovvio esplicitare la relazione seguente:
det( A) = 0 ⇒
2
1
1
2
1
1
2 = 1
α +β α −β α α +β
0 1
− 1 2 = 0 , dalla quale si ha:
−β α
det( A) = 0 ⇒ − 2α − β + α + β + 4β = 4β − α = 0
Ne consegue che:
rango( A) = 2 ⇒ det( A) = 0 ⇒ 4 β − α = 0 ⇒ α = 4 β
Il generico vettore x =∈ (V I W ) ha le componenti che assumono, pertanto, la forma seguente:
x = (α + β , α − β , α ) (α = 4 β ) = (4 β + β , 4 β + β , 4 β ) = (5β , 3β , 4 β )
ovvero:
x = β ⋅ (5, 3, 4)
Al variare di β ∈R si ottengono gli ∞1 vettori appartenenti all’insieme intersezione (V∩
∩W), che
per tanto è caratterizzato dall’avere dimensione espressa dall’ovvia posizione: dim(V∩
∩W) = 1;
inoltre il vettore x = (5, 3, 4) ne costituisce una base, ovvero: (V∩
∩W)={(5, 3, 4)}.
ESERCIZIO 19. Dati i due sottospazi che di seguito si riportano: W = {(1, 2, 3) ; (3, 2, 1)} e
V = {(x, y, z)∈
∈R3  (x + y +z = 0)}, determinare l’intersezione (V∩
∩W) dei due sottospazi, la sua
dimensione ed una sua base.
I due vettori w1 e w2 che generano il sottospazio W sono linearmente indipendenti in quanto ne
costituiscono una base; pertanto, ogni vettore w∈
∈W si può esprimere come combinazione lineare
dei vettori della base mediante la relazione di seguito esplicitata:
w = α ⋅ (1, 2, 3) + β ⋅ ( 3, 2, 1) = (α + 3β , 2α + 2β , 3α + β )
Il generico vettore x =∈ (V I W ) deve appartenere contemporaneamente sia al sottospazio W,
sia al sottospazio V, ma l’appartenenza al sottospazio V implica che le sue componenti soddisfino
all’equazione che definisce la condizione costitutiva del sottospazio V medesimo; allora consegue
l’implicazione che di seguito si esplicita:
x + y + z = 0 ⇒ (α + 3β , 2α + 2β , 3α + β ) = 0 , il che comporta quanto segue:
6α + 6β = 0 ⇒ 6 ⋅ (α + β ) = 0 ⇒ α + β = 0 ⇒ α = − β
Si perviene, pertanto, alla conclusione che i vettori x =∈ (V I W ) sono tutti e soli i vettori che
hanno le componenti caratterizzate dalla forma seguente:
x = (α + 3β , 2α + 2β , 3α + β ) (α = − β ) = ( − β + 3β , − 2 β + 2 β , − 3β + β )
ovvero:
x = (2β , 0,−2 β ) = −2 β ⋅ (1, 0,−1)
Al variare di β ∈R si ottengono gli ∞1 vettori appartenenti all’insieme intersezione (V∩
∩W) di cui
il vettore x = (1, 0, −1) rappresenta una base; si afferma pertanto che:
(V I W ) = {(1, 0,−1)} ⇒ dim(V I W ) = 1
ESERCIZIO 20. Dati i sottospazi di R4 di seguito riportati: W = {(1, 0, 0, 1) ; (0, 1, 1, 1)} e
V = {(x, y, z, t)∈
∈R4  (x + y + z = z + t = 0)}, determinare la dimensione di (V+W) e una sua base.
Il sottospazio W viene assegnato mediante i due vettori w1 = (1, 0, 0, 1) e w2 = (0, 1, 1, 1) che ne
costituiscono una sua base e che, quindi sono linearmente indipendenti.
Dapprima, risulta necessario determinare una base di V. Dalle due equazioni che caratterizzano
la condizione costitutiva del sottospazio V si evince quanto segue:
z = −t
z = −t
z = −t
x + y + z = 0 ⇒ 
⇒ 
⇒ 


z+t =0

x + y = −z
x + y = t
y = t − x
Quindi, il generico vettore v∈
∈V è caratterizzato da componenti aventi la forma: v = (x, t−x, −t, t)
ed una base per il sottospazio V resta determinata dai due vettori seguenti
v1 = (1, −1, 0, 0) ottenuto ponendo x = 1 e t = 0;
v2 = (0, 1, −1, 1) ottenuto ponendo x = 0 e t = 1;
atteso che, appunto, i due vettori v1 e v2 sono linearmente indipendenti.
L’insieme costituito dai quattro vettori {w1, w2, v1,v2} è un sistema di generatori per l’insieme
(V+W). Si tratta, a questo punto, di determinare una base per tale insieme. La teoria afferma che
una base principia da una famiglia di generatori che sono fra loro linearmente indipendenti.
Questa prerogativa, applicata ai quattro generatori {w1, w2, v1,v2} può essere attestata analizzando
il rango della matrice le cui righe sono costituite dalle componenti dei quattro generatori; nel
caso specifico in esame si ottiene:
 w1 
w 
A =  2 =
v
 1
 v2 
0
0
1
0
1
1
1 − 1
0

1 −1
0
1
1
=
0

1
0
0
0
1
0
1
1
1
1 − 1
0 − 1


1 −1
1
0
La determinazione del rango di una matrice si correla alla valutazione del suo determinante; per
tanto si può verificare che:
1
0
0
0
1
1
1
0
1
1
1
2
det( A ) =
= 1 ⋅ ( −1) − 1
0 − 1 = −1 + 1 − 1 + 1 = 0
1 −1
0 −1
1 −1
1
0
1 −1
1
Constatato che det(A) = 0, si conclude ovviamente che è rango(A) < 4. Si riconsideri la matrice A e
si noti che esiste un minore di ordine due, diverso da zero; ciò è, per tanto, sufficiente per asserire
che rango(A) ≥ 2. Per definire compiutamente il rango della matrice A, si deve attivare la procedura
0
0
0 di orlatura del citato minore di ordine due; in prima istanza si ha:
1
0
1
1
1
A=
1 −1
0 − 1


1 −1
1
0
M 3'
0
0
1
= 1 − 1
0 ⇒ det( M 3' ) = 1 ≠ 0
0
1 − 1

In accordo col teorema di Kronecker si conclude che: rango(A) = 3. Pertanto, l’insieme (V+W) ha
una dimensione definita dalla relazione: dim(V + W) = rango(A) = 3.
0
0
0 La base dell’insieme (V + W) è così costituita dai tre vettori che
1
0
1
1
1 definiscono le righe della matrice A in relazione al minore M3
scelto; in sostanza si ottiene:
A=
1 −1
0 − 1 (V + W) = {w1, v1, v2} = {(1, 0, 0, 1) ; (1, −1, 0, 0) ; (0, 1, −1, 1)}


1 −1
1 Risulta, poi, interessante osservare che è anche:
0
 0 0 1
"
M 3 =  1 1 1 ⇒ det( M 3" ) = 1 ≠ 0
− 1 0 0


Si conclude, allora, che una seconda base per l’insieme (V + W) può essere così costituita:
(V + W) = {w1, w2, v1} = {(1, 0, 0, 1) ; (0, 1, 1, 1) ; (0, −1, 0, 0)}. Si deve, altresì, osservare che
tre dei quattro vettori w1, w2, v1, v2 sono sempre linearmente indipendenti e ciascuna terna
costituisce una base per l’insieme (V+W).
ESERCIZIO 21. In R4 è dato il sottospazio U generato dai vettori u1 = (1, 0, -1, 0);
u2 =(2, 1, 0, −1) ed u3 = (0, -1, -2, 1). Calcolare dim(U). Dire, inoltre, per quali valori
del parametro h, se esistono, il vettore (h, -1, h, 1)∈
∈U.
Si deve verificare, in prima istanza, se i tre vettori che generano il sottospazio U sono linearmente
indipendenti e, pertanto, possano formare una base per il sottospazio U. A tale riguardo, si deve
considerare la matrice le cui righe sono costituite dalle componenti dei tre vettori generatori del
sottospazio U. La dimensione del rango di tale matrice dà informazione sul numero di righe della
matrice stessa che sono linearmente indipendenti. Trattandosi di
 1 0 − 1 0 una matrice rettangolare di tre righe e quattro colonne, il rango
A = 2
1
0 − 1 può assumere al massimo il valore tre. Si consideri il minore non
0 − 1 − 2
1 nullo di ordine due rappresentato nel riquadro; si conclude che è

rango(A) ≥ 2. Si considerino, poi, i minori di ordine tre ottenuti
orlando, in conformità al teorema di Kronecker, il minore di ordine due già individuato. Si ottiene:
det( M 3* )
0 −1 0
1 −1
= 1
0 − 1 = −1 ⋅ (−1) 3
= +1 − 1 = 0
−1
1
1 −2
1
det( M 3# )
1 −1
0 1 −1
0
1 −1
= 2
0 −1 = 2
0 − 1 = −1 ⋅ ( −1) 5
= −2 + 2 = 0
2 −2
0 −2
1 2 −2
0
Per il teorema di Kronecker si può asserire che rango(A) = 2 e, quindi, concludere che dim(U) = 2.
Una base per il sottospazio U è formata dai due vettori u1 = (1, 0, -1, 0) ed u2 =(2, 1, 0, −1).
Il generico vettore u∈
∈U si ottiene come combinazione lineare dei vettori della base del sottospazio
U medesimo, ovvero con la scrittura che di seguito si esplicita:
u = α ⋅ u1 + β ⋅ u2 = α ⋅ (1, 0,−1, 0) + β ⋅ (2, 1, 0,−1) = (α + 2β , β , − α , − β )
Ne consegue che il vettore u = (h, −1, h, 1) appartiene al sottospazio U, allora e solo allora che le sue
componenti soddisfano la relazione seguente:
( h, − 1, h, 1) = (α + 2β , β , − α , − β )
da cui discendono le relazioni di vincolo che si esplicitano:
 h = α + 2β
 β = −1
2h = −2
− 1 = β


⇒ − α = h
⇒  α =1
⇒ h = −1
 h = −α

 h = − h − 2
 β = −1
β
1
=
−

Per tanto, si può concludere che: per h = −1 il vettore u = (h, −1, h, 1) = (−
−1, −1, −1, 1) appartiene
al sottospazio U.
ESERCIZIO 22. Nello spazio vettoriale R4, sono assegnati i vettori u1 = (0, 1, −1);
u2 =(1, 0, −1) ed u3 = (−1, 2, −1), determinare la dimensione del sottospazio da essi
generato e dire per quali valori del parametro k, qualora essi esistano, il vettore
w = (1, −k, k−1) appartiene a questo sottospazio.
Si deve verificare, in prima istanza, se i tre vettori u1, u2 ed u3 sono linearmente indipendenti e
quindi possano costituire una base per il sottospazio da essi generato. A tale riguardo, si consideri
la matrice A le cui righe sono costituite dalle componenti dei tre vettori assegnati, che assume,
pertanto, la forma di seguito riportata:
0 1 −1
0 1 −1
0 1
0
A = 1 0 − 1 ⇒ det( A) = 1 0 − 1 = 1 0 − 1 = 1 − 1 = 0
−1 2 −1
−1 2 −1 −1 2
1
in cui la terza colonna del secondo determinante è stata ottenuta come somma della seconda e terza
colonna del primo determinante. Poiché la matrice A presenta il determinante uguale a zero è del
tutto ovvio relazionare come segue:
det( A) = 0 ⇒ rango( A) < 3
0 1
M 2 = 
⇒ det( M 2 ) = 2
1 0
Esiste, tuttavia, il minore M2 non nullo di ordine
due per cui è immediato asserire che rango(A) = 2.
Pertanto, si conclude che il sottospazio U generato dai tre vettori u1, u2 ed u3 ha dimensione:
dim(U ) = rango( A) = 2
ed una sua base è costituita dai vettori u1 = (0, 1, −1) ed u2 =(1, 0, −1), ovvero:
U = {u1, u2} = {(0, 1, −1) ; (0, 1, 1, 1) ; (1, 0, −1)}
Affinché il vettore w = (1, −k, k−
−1) appartenga ad U, esso dovrà potersi ottenere mediante una
combinazione lineare dei due vettori della base del sottospazio U, cioè dovrà essere soddisfatta la
relazione seguente:
w = (1, − k , k − 1) = α ⋅ (0, 1, − 1) + β ⋅ (1, 0, − 1) = (β , α , − α − β )
da cui, ricordando che due vettori sono uguali se hanno uguali le rispettive componenti omologhe,
si ottengono le tre relazioni di seguito esplicitate:
β =1
β =1


 β =1



α = −k
⇒ 
α=k
⇒  α = −k

− α − β = k − 1
− α − 1 = k − 1
k − 1 = k − 1
In conclusione, si perviene, alle seguenti posizioni: α = − k ; β = 1 .
Imposto β = 1, esistono infiniti valori del parametro reale k tali che, posto α = −k, la relazione
che esprime il vettore w come combinazione lineare dei vettori u1 ed u2 è sempre soddisfatta, cioè
w∈
∈U. In particolare, risulta interessante osservare che:
per k = 2 ⇒ α = −2; β = 1, per cui: w = (1, −2, 1) = −2·(0, 1, −1) + 1·(1, 0, −1)
per k = 0 ⇒ α = 0; β = 1, per cui: w = (1, 0, −1) = −0·(0, 1, −1) + 1·(1, 0, −1) = u2
ESERCIZIO 23. Dati i sottospazi di R4, che di seguito si riportano:
V = {(x, y, z, t)∈R4  (x + y + = z + t = 0)},
W = {(x, y, z, t) ∈R4  (x + y + 2z = x - y +z = 0)}
determinare la dimensione di (V + W) ed una sua base.
Si principia col determinare, da subito, una base del sottospazio V ed una base del sottospazio W.
Dalle equazioni che definiscono la condizione costitutiva o di appartenenza al sottospazio V di R4
si ottengono le scritture di seguito esplicitate:
x + y = 0 ⇒ x = − y
z + t = 0
 z = −t


Il generico vettore v∈
∈V si caratterizza per avere le componenti che presentano la seguente forma:
v = (x, y, z, t) = (−y, y, −t, t)
ed una base del sottospazio V è determinata dai due vettori seguenti:
v1 = (−y, y, −t, t) = (−1, 1, 0, 0) ottenuto ponendo y = 1 e t = 0;
v2 = (−y, y, −t, t) = (0, 0, −1, 1) ottenuto ponendo y = 0 e t = 1;
Dalle equazioni che definiscono la condizione costitutiva o di appartenenza al sottospazio W di R4
si ottengono le scritture di seguito esplicitate:
 x + y + 2 z + 2t = 0
x − y + z = 0

x = y − z
2 y + z + 2t = 0 ⇒

x= y−z
⇒ 
 y − z + y + 2 z + 2t
x = y − z
 z = −2 y − 2 t = 0 ⇒

, ovvero:
=0
 x = y + 2 y + 2t
 z = −2 y − 2 t = 0

Si perviene, così, alle relazioni finali che di seguito si riportano:
 x = 3 y + 2t
 z = −2 y − 2 t = 0

Il generico vettore w∈
∈W si caratterizza per avere le componenti che presentano la seguente forma:
w = (x, y, z, t) = (3y+3t, y, −y−2t, t)
ed una base del sottospazio W è determinata dai due vettori seguenti:
w1 = (3y+3t, y, −y−2t, t) = (3, 1, −2, 0) che si ottiene ponendo y = 1 e t = 0;
w2 = (3y+3t, y, −y−2t, t) = (2, 0, −2, 1) che si ottiene ponendo y = 0 e t = 1;
Atteso quanto premesso, di certo, l’insieme {v1, v2, w1, w2} è un sistema di generatori per (V+W).
Si deve, quindi, estrarre una base da questo sistema. Giova ricordare che una base principia da una
famiglia di generatori che sono fra loro linearmente indipendenti A tale riguardo si consideri che
questa prerogativa, applicata ai quattro generatori {v1,v2, w1, w2} può essere attestata analizzando
il rango della matrice A le cui righe sono costituite dalle componenti dei quattro generatori;
nel caso specifico in esame si ottiene:
0 0 La determinazione del rango di una matrice, proprio per
 v1   − 1 1
 v2   0 0 − 1 1 definire il numero e determinare le sue righe linearmente
indipendenti, è correlata alla valutazione del determinante;
A= =
w1
3 1 − 2 0 pertanto, appare implicitamente ovvia la procedura che di
  

 w2   2 0 − 2 1 seguito si riporta nei suoi passi essenziali:
−1 1
0 0 −1 0
0 0
0 −1 1
0 0 −1 1
0 0 −1 1
2
det( A) =
=
= ( −1) ⋅ ( −1) 4 − 2 0 = 0
3 1 −2 0
3 4 −2 0
2 −2 1
2 0 −2 1
2 2 −2 1
Constatato che det(A) = 0 si conclude che i quattro vettori NON sono linearmente indipendenti
e, pertanto, si può affermare che rango(A) < 4. Riconsiderando la matrice A e si noti che esiste un
minore di ordine due diverso da zero; consegue subito che;
−1 1
0 0

 0 0 −1
A=
3 1 −2

 2 0 −2
0 0
1
M 3 = 0 − 1 1
 1 − 2 0



1
0

1
⇒
2 ≤ rango(A) < 4
Per definire il rango della matrice A si deve attivare la procedura
di orlatura del minore di ordine due di anzi considerato, in prima
istanza si verifica che:
1
0 0
−1 1
det( M 3 ) = 0 − 1 1 = 1 ⋅ ( −1) 2
=2≠0
−2 0
1 −2 0
Per il teorema di Kronecker si conclude che rango(A) = 3. Pertanto, (V+W) ha una dimensione
definita da dim(V+W) = rango(A) = 3. La base di (V+W) è costituita dai tre vettori linearmente
indipendenti le cui componenti costituiscono le righe della matrice A individuate dal minore M3.
In sostanza si afferma quanto segue:
(V + W) = {v1, v2, w1} = {(−1, 1, 0, 0) ; (0, 0, −1, 1) ; (3, 1, −2, 0)}
Risulta, inoltre, interessante osservare che vi è anche un altro minore di ordine tre diverso da zero
e precisamente:
M 3*
0 − 1 1
=  1 − 2 0 ⇒
0 − 2 1


0 −1 1
det( M 3 ) = 1 − 2 0 = −2 + 1 = −1 ≠ 0
0 −2 1
e che una seconda base per (V + W) può essere costituita dai vettori, come di seguito esplicitato:
(V + W) = {v2, w1, w2} = {(0, 0, −1, 1) ; (3, 1, −2, 0) ; (2, 0, −2, 1)}
È bene osservare che tre dei quattro vettori v1, v2, w1, w2 sono sempre linearmente indipendenti
e ciascuna terna costituisce una base per il sottospazio (V + W).
ESERCIZIO 24. Dati i sottospazi di R4, V = {(x, y, z, t)∈R4  (x + kt = 0 ; z = 0)},
W = {(x, y, z, t) ∈R4  (y + t = 0 ; kx + z = 0)} determinare i valori del parametro
reale k per i quali risulti dim(V + W) = 3.
Il generico vettore v∈
∈V dovrà avere le sue componenti tali da soddisfare l’equazione espressa dalla
relazione costitutiva o condizione di appartenenza al sottospazio V stesso; in sintesi deve essere
verificato quanto segue:
 x − kt = 0 ⇒  x = kt
z = 0
z = 0


Il generico vettore v = (x, y, z, t)∈
∈V si caratterizza per avere le sue componenti della forma:
v = (x, y, z, t) = (kt, y, 0, t)
ed una base del sottospazio V è determinata dai due vettori seguenti:
v1 = (kt, y, 0, t) = (0, 1, 0, 0) ottenuto ponendo y = 1 e t = 0;
v2 = (kt, y, 0, t) = (k, 0, 0, 1) ottenuto ponendo y = 0 e t = 1;
Il generico vettore w∈
∈W dovrà avere le sue componenti tali da soddisfare l’equazione espressa
dalla relazione costitutiva o condizione di appartenenza al sottospazio W stesso; in sintesi deve
essere verificato quanto segue:
 y + t = 0 ⇒ t = − y
kx + z = 0
z = − kx


Il generico vettore w = (x, y, z, t)∈
∈W si caratterizza per avere le sue componenti della forma:
v = (x, y, z, t) = (x, y, −kx, −y)
ed una base del sottospazio W è determinata dai due vettori seguenti:
w1 = (x, y, −kx, −y) = (1, 0, −k, 0) ottenuto ponendo x = 1 e y = 0;
w2 = (x, y, −kx, −y) = (0, 1, 0, −1) ottenuto ponendo x = 0 e y = 1;
Atteso quanto premesso, di certo, l’insieme {v1, v2, w1, w2} è un sistema di generatori per (V+W).
Si deve, quindi, estrarre una base da questo sistema. Giova ricordare che una base principia da una
famiglia di generatori che sono fra loro linearmente indipendenti A tale riguardo si consideri che
questa prerogativa, applicata ai quattro generatori {v1,v2, w1, w2} può essere attestata analizzando
il rango della matrice A le cui righe sono costituite dalle componenti dei quattro generatori;
nel caso specifico in esame si ottiene:
0
0
 v1   0 1
 v  k 0
0
1
A= 2=
w1
1 0 −k
0
  

0 − 1
 w2   0 1
0
k
det( A) =
1
0
La determinazione del rango di una matrice, proprio per
definire il numero e determinare le sue righe linearmente
indipendenti, è correlata alla valutazione del determinante;
pertanto, appare implicitamente ovvia la procedura che di
seguito si riporta nei suoi passi essenziali:
1
0
0
k
0
1
0
0
1
3
= 1 ⋅ ( −1) 1 − k
0 = −k 2
0 −k
0
0
0 −1
1
0 −1
La valutazione del determinante della matrice A consente di stabilire quanto segue:
per k ≠ 0 ⇒ det(A) ≠ 0 ⇒ rango(A) = 4 ⇒ dim(V + W) = 4;
per k = 0 ⇒ det(A) = 0 ⇒ rango(A) < 4 ed i vettori NON sono linearmente indipendenti.
Al fine di determinare la dimensione di (V + W) quando k = 0, si deve analizzare la caratteristica
della matrice A al fine di definire quanti e quali dei quattro vettori v1, v2, w1 e w2 sono linearmente
indipendenti.
Nel caso di k = 0, gli elementi della matrice A si caratterizzano per i seguenti valori:
A( k = 0)
0
0
=
1

0
1
0
0
1
0
0
0
1
0
0

0 − 1
1
0 0
0 ⇒
M3 = 1 0
0 1 − 1


Atteso che esiste un minore di ordine due diverso da zero,
consegue con immediatezza che: 2 ≤ rango(A) < 4
Per definire il rango della matrice A si deve quindi attivare la
procedura di orlatura del minore di ordine due considerato
di anzi; in prima istanza si verifica che:
0 0
1
1 0
det( M 3 ) = 1 0
0 = 1 ⋅ ( −1) 4
=1≠ 0
0 1
0 1 −1
Per tanto per k = 0, la matrice A viene caratterizzata da rango(A) = 3. In conclusione si osserva che
i risultati conseguiti consentono di attestare quanto segue:
per k ≠ 0 ⇒ det(A) ≠ 0 ⇒ rango(A) = 4 ⇒ dim(V + W) = 4;
per k = 0 ⇒ det(A) = 0 con rango(A) = 3 ⇒ dim(V + W) = 3
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