2ª lezione
Grandezze
e unità di misura
Corso di illuminotecnica
Grandezze
e unità
di misura
2ª lezione
In questa seconda lezione approfondiremo i seguenti argomenti:
•grandezze fotometriche e loro unità di misura;
•strumenti di misura.
Grandezze fotometriche
e loro unità di misura
Premettiamo anzitutto che le definizioni relative alle grandezze fotometriche sono basate
sul caso ideale di sorgenti puntiformi. Sorgenti cioè nelle quali tutti i raggi luminosi partono
da un solo punto. Tutte le sorgenti disponibili in pratica, anche le più piccole hanno, però,
dimensioni più o meno notevoli. Sappiamo d'altra parte che quando osserviamo un corpo
a distanza crescente esso ci appare con dimensioni minori rispetto a quelle reali;
al caso limite quando tale distanza diviene molto grande rispetto alle dimensioni del corpo
osservato possiamo assimilare quest'ultimo ad un punto. Quando si parla di sorgenti
di luce puntiformi si suppone dunque che le loro dimensioni siano trascurabili rispetto
alla distanza di osservazione. Le grandezze fotometriche che più interessano nel campo
dell'illuminotecnica sono le seguenti:
• flusso luminoso;
• intensità luminosa;
• illuminamento;
• luminanza.
Flusso luminoso
Il flusso luminoso rappresenta l'energia irradiata in ogni secondo dalla sorgente di luce,
riferita alla sensibilità spettrale relativa dell'occhio umano. Il simbolo del flusso luminoso
è ?. L'unità di misura è il lumen (simbolo lm). Come abbiamo detto a proposito
della percezione visiva la sensibilità relativa dell'occhio è massima per la lunghezza d'onda
di 555nm (colore giallo - verde). Un watt di potenza radiante in corrispondenza
di tale lunghezza d'onda equivale a 683 lumen. Per le lunghezze d'onda corrispondenti
agli altri colori dello spettro visibile la sensibilità dell'occhio è minore e varia come indicato
nella curva di cui alla figura 1.7 riportata nella prima lezione. Nella tabella 2.I sono indicati
i valori del flusso luminoso emesso da alcuni tipi di lampade. Strettamente connesso
con la grandezza flusso luminoso è il parametro efficienza luminosa molto importante
per quanto riguarda la scelta delle lampade in rapporto al risparmio energetico. Si definisce
efficienza luminosa di una lampada il rapporto tra la il flusso luminoso da essa emesso
(espresso in lumen) ed il valore della potenza elettrica (espresso in watt) da essa assorbita.
L'efficienza luminosa delle lampade viene dunque espressa in lm/W.
Essa varia da 14 lm/W per le lampade ad incandescenza tradizionali da 100 W - 220 V
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Ad incandescenza con ampolla sferica chiara 60 W 230 V
Alogena a doppio attacco 500 W 230 V
Fluorescente compatta integrata SL-E 17 W 230 V
650 lm
9.900 lm
850 lm
Fluorescente lineare TLD 58 W /83
5.200 lm
A ioduri Mastercolour CDM-T 70 W
6.000 lm
Al sodio alta pressione SON-T 100 W
10.000 lm
Al sodio alta pressione SON-T 400 W
54.000 lm
Tabella 2.1 Valori del flusso luminoso emesso da alcuni tipi di lampade:
a circa 200 lm/W per quelle a vapore di sodio a bassa pressione.
Tenuto conto delle disposizioni vigenti relative al contenimento dei consumi energetici
i progettisti devono scegliere lampade che, pur essendo adatte a soddisfare in misura
correlata al genere di impianto in esame le esigenze relative alla qualità della luce,
siano caratterizzate da un'efficienza luminosa quanto più possibile elevata.
Torneremo comunque sull'argomento, approfondendolo, nel corso delle lezioni dedicate
ai vari tipi di lampade.
Figura 2.1 Intensità luminosa.
Intensità luminosa
L'intensità luminosa (in una determinata direzione) è il flusso emesso per unità di angolo
solido in quella data direzione (figura 2.1).
In generale una sorgente luminosa non irradia il flusso uniformemente in ogni direzione.
Tuttavia se in una determinata direzione immaginiamo un cono molto stretto,
con origine nel centro della sorgente considerata puntiforme, il flusso luminoso compreso
in questo cono sarà caratterizzato da una distribuzione pressoché uniforme.
La quantità di flusso luminoso in esso compresa è proporzionale all'angolo solido sotteso
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Figura 2.2 Concetto di angolo solido.
per cui il flusso luminoso per unità di angolo solido corrisponde al flusso emesso secondo
la direzione considerata e rappresenta l'intensità luminosa della sorgente secondo
tale direzione. Il simbolo dell'intensità luminosa è I e l'unità di misura è la candela
(simbolo cd). Per chiarire il concetto di angolo solido consideriamo una sfera avente
un raggio di r metri e sulla sua superficie prendiamo un'area di A m2 (figura 2.2).
Se immaginiamo di far muovere il raggio di questa sfera lungo il perimetro dell'area A
presa in considerazione, il raggio stesso viene a formare un cono che sottende un angolo
solido di: A / r2 steradianti. Nel caso in cui A sia uguale ad r2 questo angolo rappresenta
l'angolo solido unitario: r2/ / r2 = 1 steradiante. Ricordando che la superficie di una sfera
è uguale a 4π r2 possiamo affermare che qualora il raggio preso in considerazione descriva
un'area A coincidente con tutta la superficie della sfera stessa l'angolo solido descritto
risulta A / r2 cioè 4π r2 / r2 = 12,56 steradianti. Il parametro intensità luminosa è essenziale
nel campo dell'illuminotecnica. Basti pensare ad esempio che il controllo dei valori
delle intensità luminose emesse dagli apparecchi di illuminazione (in par ticolare
quelli che devono essere installati negli uffici con videoterminali) in determinate direzioni
è essenziale al fine di evitare l'affaticamento visivo.
Figura 2.3 Lampada alogena tipo Master PAR - E Spot da 20 W.
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Figura 2.4 Flusso luminoso.
Ordini di grandezza dell'intensità luminosa:
• l'intensità luminosa, al centro del fascio di luce emesso da una lampada alogena
tipo Master PAR - E Spot da 20 W (figura 2.3) è di 7.000 cd;
• i fari marini emettono fasci di luce al cui centro l'intensità luminosa può essere
anche di 2.000.000 cd.
Illuminamento
È il valore del flusso luminoso che incide sull'unità di area. Il simbolo è E; l'unità di misura
è il lux. Il valore dell'illuminamento medio (Em) in corrispondenza di un piano di area A
su cui incida, distribuendosi in modo uniforme, un flusso luminoso F è dato (figura 2.4)
dalla relazione:
Flusso incidente
Em = ---------------------Area
Figura 2.5 Legge dell’inverso del quadrato.
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Se il flusso è espresso in lumen e l'Area in m_ Em risulta espresso in lux. Ordini di grandezza
dell'illuminamento:
• In estate, a mezzogiorno, in pieno sole: circa 100.000 lux
• In inverno, a mezzogiorno, all'aperto: circa 10.000 lux
• Luna piena con cielo senza nuvole: circa 0.25 lux
L'illuminamento in un punto di un piano perpendicolare alla direzione di incidenza
della luce (figura 2.5) è dato dalla formula seguente:
Ep = I / d2
Cioè l'illuminamento in un punto di un piano perpendicolare alla direzione di incidenza
della luce è pari all'intensità luminosa nella direzione di quel punto diviso per il quadrato
della distanza fra sorgente luminosa puntiforme ed il punto stesso. Ciò esprime la cosiddetta
"legge dell'inverso del quadrato". A rendere ragione di tale definizione valga l'esempio
di figura 2.5 relativa al caso di una sorgente che emette un'intensità luminosa di 100 cd
nella direzione perpendicolare alla superficie illuminata.
In base alla suddetta formula nel punto di incidenza della luce sulla superficie illuminata
l'illuminamento Ep sarà:
• 100 lux (100 / 1) alla distanza di un metro;
• 25 lux (100 / 22) alla distanza di 2 metri;
• 11 lux (100 / 32) alla distanza di 3 metri.
L'illuminamento orizzontale in un punto di un piano non perpendicolare alla direzione
dell'intensità luminosa (figura 2.6) è data dalla formula:
Eor = I cos ? / d2
Cioè: l'illuminamento orizzontale in un punto di un piano non perpendicolare alla direzione
dell'intensità luminosa è pari al valore dell'intensità luminosa nella direzione del punto,
divisa per il quadrato della distanza (misurata tra la sorgente ed il punto) e moltiplicata
per il coseno dell'angolo gamma compreso tra la direzione di incidenza della luce
e la normale al piano. Questa definizione esprime la cosiddetta "legge del coseno".
La relazione di cui sopra espressa in funzione dell'altezza della sorgente rispetto al piano
illuminato (figura 2.7) diviene:
I
Eor = ------ cos3 ?
h2
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in cui ; h è l'altezza della sorgente rispetto alla superficie.; Ep è l'illuminamento orizzontale
in lux nel punto P; I è l'intensità in candele nella direzione del punto P.
L'illuminamento ver ticale in un punto P (figura 2.8) è dato dalla formula:
I
Evert = -------- sen a cos2 a cos ß
h2
Spesso, come ad esempio nel caso degli impianti sportivi od in quello delle "isole pedonali"
è soprattutto l'illuminazione delle persone che interessa in modo par ticolare.
In questi casi, dato che le persone sono, per un osservatore, assimilabili non ad un piano
ma ad un semicilindro, è importante considerare, oltre ai valori degli illuminamenti orizzontale
e verticale, quello dell'illuminamento semicilindrico che è dato (figura 2.9) dalla formula:
I
Esemic = ---- sen a cos2 a (1 + cosß)
h2
Figura 2.6 Illuminamento di un piano
non perpendicolare.
Figura 2.7 Legge del coseno.
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Figura 2.8 Illuminamento verticale.
Figura 2.9 Illuminamento semicilindrico.
Luminanza
Le figure 2.10 e 2.11 valgono ad evidenziare la differenza concettuale tra illuminamento
e luminanza. Una fonte di luce (sorgente luminosa primaria) od una superficie illuminata
(cioè una sorgente secondaria di luce) che emettano una determinata intensità luminosa
in una data direzione sono caratterizzate da una luminanza in tale direzione (figura 2.12).
La luminanza viene definita come il rapporto tra:
• l'intensità proveniente da una superficie luminosa nella direzione di osservazione;
• e l'area della proiezione or togonale di quella superficie sul piano or togonale
a detta direzione.
Il simbolo della luminanza è L e l'unità di misura è la candela per metro quadrato (cd/mq).
Figura 2.10 Illuminamento.
Figura 2.11 Luminanza.
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Figura 2.12 Direzione della luminanza.
Nel caso di una sfera l'area apparente totale in ogni direzione è uguale all'area della sezione
trasversale della sfera stessa.
Come esempio di calcolo della luminanza consideriamo (figura 2.13) una lampada a vapore
di sodio ad alta pressione con tubo di scarica cilindrico di 8 x 100 mm2 che emetta
perpendicolarmente alla superficie cilindrica un'intensità luminosa di 4000 cd.
La luminanza di questa superficie per un osservatore posto nella stessa direzione è:
L = 4000 / (100 x 8) = 5 cd/ mm2 = 5.000.000 cd/m2.
Figura 2.13 Lampada a vapore di sodio.
Ordini di grandezza della luminanza:
• Superficie del sole
• Lampada fluorescente lineare
• Superficie della luna piena
• Strada a traffico veloce sotto illuminazione artificiale
Strettamente connessi con la luminanza sono:
• il potere di adattamento della retina;
• il contrasto di luminanza;
• l'abbagliamento.
1.650.000.000 cd / m2
8.000 cd / m2
2.500 cd / m2
circa 2 cd / m2
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Figura 2.14 Galleria stradale: esempio di adattamento.
Il potere di adattamento
La retina, grazie alla sensibilità di cui è dotata, si adatta a valori di luminanza del campo
visibile molto variabili.
È come se in una macchina fotografica si sostituisse, quando la luminanza aumenta,
una pellicola molto sensibile con un'altra meno sensibile. La facoltà della retina di adattarsi
a valori diversi di luminanza si definisce potere di adattamento. Soltanto grazie a tale potere
di adattamento, che conferisce all'occhio un grande margine di sensibilità, è resa possibile
la percezione in condizioni così varie come sono quelle dell'ambiente a noi circostante.
L'adattamento passando dal buio alla luce e soprattutto dalla luce al buio richiede un certo
tempo tanto maggiore quanto più marcato è il gradiente di luminanza.
È per tale ragione che in corrispondenza delle zone di ingresso delle gallerie stradali
la luminanza viene notevolmente rinforzata rispetto alla zona centrale (figura 2.14).
La percezione dei par ticolari degli oggetti che si trovano nel campo visivo si basa
sul contrasto di luminanza tra gli oggetti stessi e lo sfondo.
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Il contrasto di luminanza può essere espresso mediante l'equazione:
Lo - Lb
C = -----------Lb
dove:
• C è l'indice di contrasto;
• Lo è la luminanza dell'oggetto;
• Lb è la luminanza dello sfondo.
I contrasti di luminanza sono essenziali ai fini della percezione visiva perché senza contrasto
nulla si può vedere. Il problema è però quello di ottenere un giusto equilibrio di luminanze.
In generale il rapporto di luminanza tra il compito visivo e la zona immediatamente adiacente
non dovrà essere maggiore di 3 : 1 .
L'abbagliamento
È la condizione in cui, per effetto di luminanze molto elevate o di differenze di luminanze
troppo accentuate la percezione visiva risulta difficile o si viene a creare un senso
di "discomfort". Ad esempio, se una sorgente luminosa di luminanza piuttosto elevata entra
all'improvviso nel campo visivo, la sensibilità della retina decresce con estrema rapidità
non solo in corrispondenza del punto in cui si forma l'immagine ma anche nelle vicinanze
di tale punto. In queste condizioni non risulta più possibile vedere nulla nella zona intorno
alla sorgente. Nel caso in cui l'abbagliamento sia dovuto a differenze di luminanze
nel campo visivo troppo marcate, esso è tanto maggiore quanto più elevata è l'entità
di tale differenza. L'abbagliamento può essere determinato, oltre che da una sorgente
luminosa non sufficientemente schermata anche, altrettanto facilmente, dal piano troppo
brillante di un tavolo o di una macchina oppure da una finestra. Dopo che la causa
dell'abbagliamento scompare dal campo visivo, ci vuole un poco di tempo prima
che la retina si riadatti.
A conclusione di quanto detto a proposito dell'adattamento, del contrasto di luminanza
e dell'abbagliamento, ricordiamo che le condizioni essenziali per una buona percezione
visiva sono le seguenti:
• L'illuminamento deve essere sufficientemente elevato in relazione alle dimensioni
dell'oggetto, ai contrasti, al tempo di percezione ed all'età del soggetto;
• la luminanza della zona immediatamente adiacente al compito visivo non deve essere
più elevata di quella del compito visivo stesso;
• il contrasto tra lo sfondo immediato del compito visivo e l'ambiente non deve essere
troppo accentuato e la transizione deve essere graduale;
• si devono adottare le misure più adeguate per evitare l'abbagliamento.
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Strumenti di misura
Tra gli strumenti più usati nell'ambito della fotometria descriveremo brevemente:
• i luxmetri;
• la sfera di Ulbricht;
• il banco fotometrico;
• i goniofotometri;
• i luminanzometri.
I luxmetri
I luxmetri (figura 2.15) si impiegano per la misura dei valori di illuminamento.Tale parametro
è di fondamentale importanza nell'ambito dell'illuminotecnica; in particolare le misure
di cui detto nella prima parte di questa lezione si risolvono, in definitiva, in una misura
di illuminamento. I luxmetri sono essenzialmente costituiti da una fotocellula che converte
il flusso luminoso su di essa incidente in una corrente elettrica. Tale corrente (generalmente
amplificata per consentire la lettura di valori di illuminamento anche molto modesti)
viene rilevata tramite un microamperometro tarato in lux. La fotocellula è di silicio,
semiconduttore che converte appunto la luce in una corrente elettrica. Tra le varie cause
di errore nelle misurazioni effettuate con i luxmetri accenniamo in particolare alle seguenti:
1. l'inclinazione con cui i raggi luminosi incidono sulla cellula;
2. il fatto che la risposta delle fotocellule alle diverse lunghezze d'onda dello spettro visibile
è notevolmente diversa da quella dell'occhio umano.
1. L'inclinazione dei raggi luminosi
La luce incontrando la superficie della cellula fotoelettrica secondo un certo angolo produrrà
un illuminamento proporzionale al coseno dell'angolo di incidenza. Ma la luce che proviene
in modo obliquo sarà riflessa dalla superficie superiore che protegge la fotocellula in misura
Figura 2.15 Luxmetro.
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maggiore per cui l'entità del flusso che arriva a colpire la zona fotosensibile tende
a diminuire. Poiché i luxmetri sono generalmente calibrati per luce perpendicolare
alla superficie della cellula i valori saranno pertanto inferiori a quelli ottenuti con il calcolo.
Per ridurre l'entità dell'errore di cui sopra è necessario far ricorso ad adatte cupole
progettate in modo da deviare i raggi luminosi in modo che incidano perpendicolarmente
al piano della fotocellula.
2. Adattamento della risposta delle fotocellule a quella dell'occhio umano.
I luxmetri senza correzione del colore danno risposte accettabili solo nel caso in cui la luce
incidente sia della stessa natura di quella per la quale sono stati calibrati. Molti sono però
i luxmetri che dispongono di filtro di correzione del colore che accorda, con buona
approssimazione, la risposta spettrale alla sensibilità spettrale dell'occhio umano.
La sfera di Ulbricht
Viene utilizzata per misurare il flusso luminoso emesso da una lampada.
È costituita (figura 2.16) da una sfera avente la superficie interna diffondente,
Figura 2.16 Sfera di Ulbrich.
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al centro della quale viene sospesa la lampada di cui si deve misurare il flusso.
La sfera è munita di un'apertura dietro la quale è disposta una fotocellula preventivamente
tarata mediante una sorgente di flusso campione. Uno schermo opaco, interposto
tra la lampada e la fotocellula vale ad evitare che quest'ultima riceva direttamente raggi
luminosi provenienti dalla lampada stessa.
Grazie alle riflessioni multiple che avvengono nella superficie interna della sfera l'illuminamento
E letto in corrispondenza della fotocellula risulta proporzionale al valore totale del flusso
emesso dalla lampada.
L'entità del flusso totale emesso dalla lampada viene determinata sulla base della relazione:
E=kF
Il fattore di proporzionalità k si ottiene previa taratura della sfera con una lampada campione
di cui sia noto il flusso luminoso sferico.
Il banco fotometrico
Il banco fotometrico viene utilizzato per la misura delle intensità luminose delle lampade.
È costituito (figura 2.17) da una guida graduata su cui può scorrere un carrello equipaggiato
con una fotocellula e sulla quale vengono disposte una sorgente campione e la sorgente
da misurare.
Dopo aver misurato il valore dell'illuminamento prodotto sulla fotocellula dalla sorgente
campione si provvede a far traslare il carrello in modo da trovare la posizione per la quale
la sorgente da misurare produce sulla fotocellula stessa un illuminamento uguale.
Ciò fatto è facile applicando la legge dell'inverso del quadrato (figura 2.5) trovare il valore
dell'intensità luminosa della sorgente in esame.
Figura 2.17 Banco fotometrico:
1. fotometro; 2. sorgente da misurare; 3. sorgente campione; 4. fotocellule.
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Il goniofotometro
I goniofotometri, di cui quello rappresentato nella figura 2.18 è un tipico esempio,
vengono utilizzati per misurare le intensità luminose emesse dagli apparecchi di illuminazione
e per valutare la distribuzione spaziale delle intensità luminose cui questi ultimi
danno luogo. Lo scopo principale è quello di controllare le cur ve fotometriche
degli apparecchi di illuminazione e di modificarne eventualmente la loro ottica
fino ad ottenere risultati quanto più possibile ottimali. Essenzialmente si tratta di:
• misurare l'illuminamento prodotto da un determinato apparecchio su di una fotocellula
per varie posizioni della stessa nello spazio;
• calcolare, sulla base della legge dell'inverso del quadrato e tenendo conto della distanza
fra fotocellula ed apparecchio, i valori delle intensità luminose;
Figura 2.18 Goniofotometro.
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Per determinare la distribuzione delle intensità luminose di un apparecchio di illuminazione
esistono quattro diverse tecniche di misurazione (figura 2.19):
1. l'apparecchio di illuminazione viene fatto ruotare, in genere lungo i suoi assi longitudinale
e trasversale, mentre la fotocellula resta fissa in una determinata posizione.
2. L'apparecchio resta fisso in una determinata posizione mentre la fotocellula viene spostata
lungo un percorso emisferico.
3. L'apparecchio viene fatto ruotare sul proprio asse ver ticale mentre la fotocellula
viene spostata lungo un percorso semicircolare.
4. L'apparecchio di illuminazione può muoversi ma in modo tale da mantenere sempre
la sua normale posizione operativa, mentre la luce da esso emessa viene convogliata
verso la fotocellula (fissa) tramite uno specchio rotante od un sistema di specchi rotanti.
Maggiori dettagli sui goniofotometri verranno dati più avanti quando si approfondirà
l'argomento apparecchi di illuminazione.
Figura 2.19 Goniofotometro: quattro diverse tecniche di misurazione:
1. fotocellula immobile e apparecchio di illuminazione ruotante secondo due assi ortogonali.
2. fotocellula mobile lungo una semisfera e apparecchio immobile.
3. fotocellula mobile lungo una semicirconferenza e apparecchio ruotante attorno l’asse verticale.
4. fotocellula immobile e apparecchio mobile mantenendo inalterato l’orientamento del suo asse verticale.
fc= fotocellula
a= apparecchio
s= specchio
Figura 2.20 Luminanzometro.
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I luminanzometri
Sono strumenti (figura 2.20) che vengono impiegati per misurare i valori della luminanza.
Nell'ambito dell'illuminazione in interno e per misurare la luminanza media di una grande
superficie (la parete di un locale, ad esempio) si può utilizzare, grazie alla relazione che lega
l'illuminamento e la luminanza, un normale luxmetro munito di un dispositivo ottico
atto a ridurre il campo di misura. La misura della luminanza in un punto della superficie
richiede, al contrario, un sistema ottico molto preciso ed un buon circuito di amplificazione
(figura 2.21). Nell'ambito dell'illuminazione stradale sono disponibili luminanzometri
(figure 2.22 e 2.23) che forniscono direttamente la luminanza media di un tratto di strada
osservato a distanza. L'osservatore determina tale tratto per mezzo di un obiettivo
e di un diaframma di forma trapezoidale corrispondente alla vista della strada in prospettiva.
Figura 2.21 Schema semplificato del luminanzometro:
A: obiettivo
B: specchio
C: prisma
D: disco di vetro
E: oculare
F: mascherina di apertura
G: filtro di correzione
H: fotocellula
Figura 2.22 Luminanzometro per illuminazione stradale.
Figura 2.23 Luminanzometro per illuminazione stradale.
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