Capitolo 1: Introduzione
1.1: La gente è diversa
Credo sia opportuno iniziare spiegando il sottotitolo di questo libro. Esso è allo stesso tempo
semplice e profondo ed è correlato ad una semplice domanda: per quale motivo esiste l’attività
economica? Prima di rispondere a questa domanda dobbiamo capire in che cosa consiste l’attività
economica. Essa si limita soltanto allo scambio di beni e servizi fra individui, tale scambio da che
cosa è motivato? La risposta è semplice: la gente è diversa. Se supponiamo che in un paese tutte le
persone siano uguali, sia in termini di preferenze che in termini di dotazioni, allora (a meno di casi
molto speciali, che saranno discussi nel testo) non ci saranno possibilità per scambi tra gli individui.
Se invece gli individui sono fra loro differenti, o perché hanno preferenze diverse, o perché hanno
dotazioni differenti, allora (anche in questo caso ci sono situazioni speciali che saranno analizzate
nel testo) c’è spazio di scambi tra individui, scambi che risulteranno mutuamente vantaggiosi, tanto
da invogliare i soggetti a prendere parte volontariamente allo scambio. Credo che questo risultato
possa essere considerato molto profondo ma allo stesso tempo può sembrare banale pur apparendo
banale. Capire tutto ciò è fondamentale per diventare un economista. Nel prosieguo del testo
spiegherò ed illustrerò questo concetto da vari punti di vista, partendo da un semplice processo di
scambio di beni, procedendo attraverso l’analisi dello scambio dei beni intertemporale, per arrivare
allo scambio del ‘rischio’ e cosi via.
Credo che a questo punto debba spiegare, con una maggior dovizia di particolari, perché definisco
l’attività economica come scambio. Alcuni esempi sono banali. Quando per esempio andiamo al
supermercato per comprare qual cosa, stiamo scambiando del denaro con ciò che abbiamo
acquistato ed il supermercato sta scambiando ciò che abbiamo acquistato con denaro. Entrambi
scambiamo perché dallo scambio traiamo un beneficio. Anche quando lavoriamo per qualcuno,
stiamo scambiando il nostro lavoro per un salario, ed il datore di lavoro scambia parte dei suoi soldi
per acquistare il nostro lavoro. Anche in questo caso dallo scambio traiamo un mutuo beneficio.
Possiamo notare che per ogni scambio ci sono due “lati” (contraenti), ognuno dei quali sta dando
qualcosa in cambio di qualcos’altro. Di solito in una economia capitalistica la moneta rientra nello
scambio, ma non è sempre necessario, infatti potrebbero essere gettoni o pagamenti in natura. Di
solito uno dei due beni è un bene fisico (per esempio una televisione o una cassa di birra), ma non è
sempre così, una delle cose scambiate potrebbe essere un servizio. Per esempio, quando acquisti un
biglietto per un concerto, stai scambiando i soldi per la musica che ascolterai al concerto. Ancora,
una delle cose che possono essere scambiate potrebbero essere titoli o azioni, che potrebbero
restituire soldi in futuro. Quindi stai scambiando soldi di un certo periodo con soldi in un altro
periodo. Un’altra cosa che potrebbe essere scambiata sono le assicurazioni, che altro non sono se
non una promessa di pagare una determinata somma di denaro al verificarsi di un particolare
evento. Per molti tipi di scambi esistono mercati ben definiti, ma questo non è sempre vero:
potrebbe anche accadere che una controparte dello scambio dia qualcosa all’altro senza riceverne
nulla in cambio. Questa situazione potrebbe essere positiva: camminando vedi un fiore in un bel
giardino; o potrebbe essere negativa: qualcuno fa rumore mentre cerchi di dormire. Come vedremo
situazioni in cui non è definito un mercato potrebbero essere problematiche, ma anche in un tal caso
saremmo in grado di dire qualcosa sulla natura dello scambio. Ci sono altri contesti dove un “lato”
del mercato non è completamente esplicitato, ma piuttosto sottointeso, per esempio quando fai un
favore a qualcuno c’è un tacito accordo che il favore sarà ripagato in futuro. In molti contesti
possono essere presenti meccanismi di questo tipo tra i partecipanti allo scambio, semplicemente
perché non sempre è possibile specificare tutte le possibilità derivanti dallo scambio in maniera
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completa ed esplicita. Ma per ora non preoccupiamoci di questi casi particolari e consideriamo solo
i casi che non presentano anomalie.
La diversità tra gli agenti economici è alla base della nascita dell’attività economica e, in generale,
lo scambio di beni e servizi ha per effetto l’innalzamento del livello di benessere di ciascuno dei
partecipanti. Ciò detto, il quesito che sorge spontaneo porsi è quale sia il modo migliore di
organizzare le attività di scambio e, in un certo senso, è questa la domanda fondamentale alla quale
ci cercherà di fornire una risposta in molti passaggi di questo libro. Ma come vedremo, la scienza
economica non è in grado di dare una soluzione ad ogni problema, a causa soprattutto delle
difficoltà relative allo studio delle implicazioni distributive dell’interazione tra agenti economici.
Per avere un’idea di tali difficoltà, facciamo un passo indietro e domandiamoci quale debba essere il
modo adeguato per misurare i vantaggi ottenuti dagli individui come conseguenza della loro
partecipazione all’attività economica. Come abbiamo anticipato, ogni partecipante allo scambio può
ottenere un guadagno: nella compravendita di un bene sia il venditore che il compratore traggono
un guadagno dalla transazione. Ovviamente, l’entità dei benefici che le due parti ottengono dipende
da diversi fattori, incluso il prezzo al quale la transazione avviene: più alto è il prezzo di vendita,
maggiore sarà il guadagno del venditore, minore quello dell’acquirente. Come vedremo, esistono
diversi modi per misurare i guadagni dei partecipanti allo scambio. Ciascuna di queste diverse
modalità di misurazione, inoltre, è disponibile per ogni tipo di meccanismo di scambio, dove per
meccanismo di scambio deve intendersi una particolare modalità organizzativa dello stesso: come
ad esempio possono essere le aste o quello che accade in un supermercato. Per poter rispondere alla
domanda “quale è il migliore meccanismo di scambio?” bisogna in primo luogo chiarire cosa si
intenda per “migliore”. Si potrebbe dire che il migliore meccanismo di scambio sia quello che ha
per risultato la massimizzazione dei guadagni totali. Gli economisti hanno a disposizione strumenti
di analisi utili all’individuazione del meccanismo che abbia questa proprietà. Più complessa,
tuttavia, risulta la valutazione dell’equità della distribuzione dei guadagni conseguenti lo scambio.
Determinante, infatti, è l’adozione di un particolare criterio di giudizio in base al quale confrontare i
surplus dei vari partecipanti allo scambio.
Una delle cose che gli economisti possono fare è misurare i guadagni derivanti dallo scambio e
determinare quale meccanismo di scambio è migliore, dal punto di vista del guadagno totale
realizzato nel mercato. In questa maniera gli economisti possono suggerire ai governanti su quale
sarebbe il miglior modo per vendere, per esempio, la frequenze di telecomunicazione, il miglior
modo di organizzare l’acquisto e la vendita di beni e servizi; il miglior modo di intervenire quando
uno dei partecipanti allo scambio sta assumendo una posizione dominante, e così via. Ma gli
economisti possono fare molto di più. Questo sarà chiarito nel resto del libro, ma qui possiamo dare
alcuni esempi.
Ora analizzeremo alcuni esempi in cui uno dei beni scambiati è la moneta. Quindi da un lato si sta
usando moneta per comprare un bene o un servizio (o qualunque cosa sia scambiata) mentre
dall’altro lato si sta vendendo un bene o un servizio in cambio di moneta. Ora consideriamo il primo
compratore, possiamo subito notare che il desiderio del compratore di acquistare dipende,
ovviamente, dal prezzo del bene oggetto dello scambio, in generale più è alto il prezzo e minore
sarà la quantità di bene domandata. Ma cosa determina la domanda del compratore? Sicuramente il
prezzo, come abbiamo già detto, e ovviamente il suo reddito, ma anche la varietà di beni, simili a
quello che si vuole acquistare, sul mercato (se ci sono molti beni che possono sostituirlo allora il
prezzo che l’individuo sarà disposto a pagare non si discosterà molto dal prezzo dei beni che
potrebbero essere considerati sostituti), ed infine dalle preferenze del compratore. Le preferenze
ricoprono un ruolo fondamentale e di solito sono differenti da soggetto a soggetto. Sicuramente le
preferenze determinano quali beni il soggetto considera sostituti. Per esempio per me è impossibile
distinguere due diversi tipi di birra lager, tutte le lager per me hanno lo stesso sapore. Ma sono
consapevole che ci sono individui che trovano Stella fantastica e Harp terribile (mentre altri
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pensano il contrario). Un’altra caratteristica è la possibilità che due beni possano essere considerati
complementari. Ci sono fumatori che sostengono che una sigaretta sia il complemento perfetto di
una birra: quando bevi una birra in un pub la sigaretta è il naturale accompagnamento e non
fumerebbero se non stessero bevendo. Per questo tipo di persone il prezzo delle sigarette influenza
la loro domanda di birra. Per un non-fumatore il prezzo delle sigarette è completamente irrilevante
Come vedremo più avanti nel libro, se conosciamo le preferenze di un individuo ed il suo reddito,
possiamo determinare la quantità del bene che l’individuo (come compratore) domanderà per ogni
differente livello di prezzo, e se l’individuo si comporterà da compratore per qualche livello di
prezzo. Questo è un punto molto importante, se ci comporteremo da compratori o da venditori
dipende dalla quantità del bene che deteniamo e dal suo prezzo. Supponiamo, per esempio, che
possediamo già un televisore. Allora se il prezzo per acquistarne un secondo è sufficientemente
basso, allora probabilmente acquisteremmo un secondo televisore (da tenere, per esempio in camera
da letto), mentre se qualcuno ci offrisse un prezzo sufficientemente alto per il nostro televisore,
probabilmente saremmo tentati di venderlo.
In generale la quantità di un certo bene che un individuo è disposto a vendere dipende dalla quantità
del bene che si possiede e dal prezzo a cui si può vendere. È ovvio che dipende anche dal reddito
dell’individuo e forse ancora più importante dalle sue preferenze. Per esempio, se l’individuo vuol
vendere un bene e se possiede altri beni che sono suoi sostituti allora questo influenza la quantità
che porterà sul mercato, così come, la quantità che porterà sul mercato sarà influenzata dalla
presenza di beni complementi. Se conosciamo le preferenze dell’individuo, ed il suo reddito
possiamo determinare quanto l’individuo (come venditore) sarà disposto a vendere ad ogni livello
di prezzo, e se esiste un livello di prezzo per cui sarà effettivamente venditore.
Si potrebbe obiettare che non è facile conoscere le preferenze di un individuo, e se non le
conosciamo tutto ciò che abbiamo detto fin ora è solo un volo pindarico. Questo è vero, ma esistono
modi per identificare il tipo di preferenze di un individuo. Per esempio potremmo chiederglielo.
Una strada più realistica sarebbe quella di utilizzare la metodologia usata in tutte le scienze. Quindi
per prima cosa dovremmo osservare il comportamento degli individui, e quindi, usando queste
osservazioni, cercare di inferire le preferenze degli individui, e successivamente utilizzando queste
preferenze ricavare le funzioni di domanda e di offerta individuale. Si può utilizzare questa
metodologia per predire le funzioni di domanda e di offerta di un gruppo di individui o di tutta
l’economia. Potreste obbiettare che questo tipo di metodologia è circolare e che quindi non ci porta
da nessuna parte. Ma questo non è vero, infatti ci basta osservare il comportamento di un individuo
in alcune circostanze per poter predire il suo comportamento in qualsiasi circostanza. Questo è
quello che fanno i fisici quando predicono dove si troverà la terra in relazione al sole in un periodo
futuro: i fisici hanno osservato i movimenti della terra in relazione al sole in passato ed usano
queste osservazioni per fare previsioni future sulla posizione della terra. La teoria che costruiremo
in questo libro circa l’effetto delle preferenze sulle funzioni di domanda e di offerta e equivalente
alla teoria della Gravitazione Universale nello spiegare il movimento dei corpi celesti.
In molti scambi, da un lato dello scambio troviamo l’impresa e non un individuo. In un certo senso
una impresa è diversa da un individuo, per il fatto che ad una impresa è associato un processo di
trasformazione, l’impresa acquista gli input (cioè i fattori produttivi) e li trasforma, mediante un
processo produttivo in output e quindi li vende. Se vogliamo il processo produttivo, la tecnologia,
dell’impresa rappresenta le preferenze. Come mostreremo la quantità che un’impresa è disposta a
produrre e vendere dipende dal prezzo dell’output, dal prezzo di tutti gli input che entrano nel
processo produttivo e dalla tecnologia. Se conosciamo la tecnologia di una impresa, allora possiamo
predire l’offerta dell’impresa per ogni livello di prezzo. Se non conosciamo la tecnologia adottata
da una impresa possiamo cercare di scoprirla usando una delle tecniche che abbiamo già discusso:
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possiamo chiedere all’impresa di dirci quale tecnologia adotta, o possiamo cercare di inferire la
tecnologia adottata osservando il comportamento dell’impresa. Anche in questo caso gli economisti
usano un metodo scientifico. Notate che un metodo scientifico richiede la costruzione di un modello
teorico, basato su assunzioni che siano ‘ragionevoli’ (proprio come fanno i fisici), che
successivamente sono testate e quindi usate per predire il comportamento dell’impresa.
Una volta che sappiamo come sono determinate domanda ed offerta possiamo andare avanti nella
nostra analisi, e cercare quale sia il miglior meccanismo di scambio. Possiamo anche dare consigli
al Governo ed ai politici se, per esempio, non siano contenti del meccanismo di scambio esistente.
Se in un mercato verifichiamo che c’è solo un venditore, ed è questo venditore che fissa il prezzo,
possiamo domandarci se è un fatto positivo e se non lo è, possiamo suggerire strategie per superare
il problema. Probabilmente vi sarete accorti che molti governi sono entusiasti della competizione,
ma malgrado ciò di tanto in tanto permettono (in particolari mercati) che ci sia un monopolista, cioè
un singolo agente da uno dei due lati del mercato. Vedremo il motivo di ciò più avanti nel testo.
Ci sono ancora altre cose che possono essere fatte dagli economisti, come sarà chiaro nel prosieguo
del libro, ma sarebbe prematuro discuterle qui. Spero di essere riuscito a convincervi che il ruolo
degli economisti è importante e che la metodologia da esse adottata è simile a quella adottata dagli
studiosi di tutti i fenomeni naturali. È per questo motivo che nel libro costruiremo teorie e
descriveremo comportamenti.
Un’ultima cosa: perché microeconomia? Molti testi di microeconomia iniziano dicendo che la
microeconomia è fatta da economisti piccoli. Questo non è né divertente né vero. Il punto centrale
della microeconomia è che si parte da un livello individuale, il singolo individuo o la singola
impresa, quindi entità con un obiettivo unitario. Si parte dal livello più elementare per costruire e
dirigersi verso la complessità. Come mostreremo nel capitolo 17, possiamo aggregare i nostri
risultati, così da analizzare un gruppo di una certa grandezza o l’intera economia. Quando siamo
arrivati ad analizzare l’intera economia allora entriamo nel regno della macroeconomia. Ma
ricordatevi che questo fantastico regno è tutto costruito su micro-fondamenti, quelli che vedremo in
questo libro.
1.2: La filosofia sottostante
La stesura di questo libro è stata guidata da un’unica filosofia con due componenti: la prima
riguarda che cosa trattare ed in che ordine; la seconda riguarda il modo in cui presentare i contenuti.
L’ordine degli argomenti trattati è diverso da quello seguito da altri libri di testo, ciò è dovuto alla
convinzione che il libro debba: iniziare analizzando le modalità e l’efficienza degli scambi;
proseguire con l’analisi delle preferenze e delle modalità con cui queste determinano la domanda e
l’offerta. Questo ci permette di analizzare molto più a fondo i vantaggi derivanti dallo scambio e le
differenze tra i vari meccanismi di scambio. Un breve interludio sulle problematiche del benessere
che precede l’analisi del comportamento dell’impresa, seguita da un capitolo di carattere empirico;
successivamente alla generalizzazione delle tecniche sviluppate nella prima parte fa seguito una
trattazione ricca di particolari su “quello che potrebbe andar male” (i fallimenti del mercato). Che
cosa tutto questo significhi sarà chiarito procedendo nella lettura del testo, completando anche
argomenti a cui abbiamo solo accennato nel paragrafo:mancanza di un mercato, presenza di un solo
venditore complessità di realizzazione per alcuni scambi.
Questo libro copre gli argomenti trattati in un corso di microeconomia ad un livello intermedio.
Intermedio, infatti, si presuppone sia il livello di conoscenza del lettore a cui ci rivolgiamo, ma lo è
soprattutto il grado di sofisticatezza delle nostre conclusioni. Sebbene assumiamo che il lettore
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possieda le conoscenze di base di un corso introduttivo di economia, tutto il materiale contenuto nel
testo è accessibile anche a chi non abbia tali nozioni di base. E’ importante notare che il livello di
sofisticatezza che caratterizza i risultati che verranno presentati - e, di conseguenza, anche le
tecniche che vengono utilizzate per derivarli - è intermedio. A questo proposito una premessa è
doverosa in merito ad un elemento chiave che contribuisce a distinguere questo da altri manuali di
microeconomia: l’impiego dell’analisi matematica nell’ambito della scienza economica. E’ ferma
convinzione di chi scrive, infatti, che la conoscenza approfondita dell’algebra (inclusi elementi di
calcolo complesso) ed elementi di statistica avanzata (inclusa l’econometria) sia necessaria per
rendere la scienza economica applicabile a problematiche della vita reale. Tuttavia, è anche vero
che l’uso di strumenti matematici complessi non è strettamente necessario per comprendere i
concetti chiave dell’economia. Di fatti, visto che il livello di conoscenza della matematica di uno
studente universitario medio non è sempre adeguato, l’uso massiccio della matematica in un corso
intermedio di microeconomia può pregiudicare la comprensione dei concetti economici.
L’insegnamento dell’economia può invece avvalersi dei progressi conseguiti negli anni recenti
dall’informatica. Di tali tecniche questo libro si avvale, evitando che la conoscenza approfondita
della matematica si renda necessaria per comprendere l’economia, in questo modo anche gli
studenti con basi matematiche non troppo solide non avranno difficoltà a comprendere i punti
chiave dell’economia sviluppati nel testo. A queste argomentazioni si potrebbe obiettare che il
ricorso alla matematica è necessario visto che i fatti che gli economisti sono chiamati a
comprendere e interpretare, implicando il concetto di trade-off, presuppongono inevitabilmente il
confronto relativo di guadagni e perdite (o benefici e costi). Tutto ciò, comunque, può essere
compreso senza l’uso di tecniche di calcolo matematico particolarmente sofisticate. Naturalmente,
non si vuol dire che la matematica non vada impiegata affatto, o che gli studenti non debbano
comprenderla e applicarla. In questo corso, al contrario, la matematica è presente ma solo mediante
l’impiego di un software; la quasi totalità dell’analisi è di tipo grafico, per cui è auspicabile che il
lettore sia in grado di leggere e interpretare un diagramma. Più in particolare, è importante essere
capaci di calcolare e interpretare l’inclinazione di una retta e quella di una curva in corrispondenza
di un determinato punto (ovvero, l’inclinazione della retta tangente alla curva in corrispondenza di
quel punto) e misurare correttamente l’ampiezza di un’area.
Per agevolare il più possibile il compito del lettore, e permettergli di comprendere a pieno i concetti
economici, i grafici del libro sono stati disegnati in maniera molto precisa, la pendenza delle curve e
le aree al di sotto di esse sono facilmente calcolabili. Io stesso ho disegnato tutti i grafici (o meglio
ho usato il programma Maple per fare ciò) invece di farli disegnare da un disegnatore professionista
(che non sa nulla di economia).
Tali diagrammi consentono di rendere visibili e più agevolmente interpretabili i risultati ottenuti
impiegando gli esempi numerici presentati nel testo. Un’attenta lettura e interpretazione di ogni
singolo grafico permette di verificare il livello di comprensione dei concetti di economia. Alcuni
lettori troveranno utile questo processo di verifica continua dell’apprendimento, nella misura in cui
esso contribuisca a rafforzare le conclusioni ottenute negli esempi specifici considerati. Altri,
viceversa, daranno maggior importanza alla comprensione dei “principi generali”, la cui
padronanza consente di applicare determinate metodologie a scenari o ambiti diversi. Entrambe le
finalità sono apprezzabili: la prima è sicuramente importante se l’obiettivo del lettore è ottenere una
conoscenza generale degli argomenti esposti; la seconda finalità diventa di rilievo nel caso in cui si
voglia acquisire un’abilità tale da essere in grado di applicare le conoscenze ottenute a casi
particolari. Agli economisti piace rendere l’analisi la più generale possibile e per far questo quasi
sempre devono fare delle assunzioni su particolari forme funzionali.
Oltre che per la particolare concezione dell’impiego della matematica nell’ambito dello studio della
scienza economica, il nostro approccio si discosta da quello seguito in altri libri di testo per la
particolare attenzione rivolta agli aspetti applicativi dei concetti teorici. Gli elementi di teoria
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economica, infatti, vengono presentati sempre con l’intento di renderli quanto più possibile
applicabili a dei casi concreti. In ogni caso, questo va considerato un testo essenzialmente teorico,
in quanto le applicazioni pratiche non ne costituiscono l’argomento portante. Il capitolo 16,
comunque, si occupa interamente di un’applicazione empirica.
1.3: Contenuti extra
Questo libro ha le caratteristiche di un manuale a sé stante, ma al testo è associato anche un sito
web La gente è differente (People are Different) disponibile all’indirizzo internet:
http://www-users.york.ac.uk/~jdh1/micro2.html.
In questo sito potete trovare i contenuti extra. Il sito dedicato ai docenti contiene i file Maple delle
lezioni. Il sito dedicato ai lettori contiene gli stessi file in formato html che possono essere utili
come base per gli appunti delle lezioni. I grafici che troverete nel libro sono solo una parte di quelli
che saranno presentati a lezione In oltre sul sito dedicato al lettore troverete in sezione di esercizi
interattivi che senza dare direttamente la risposta vi guideranno alla scoperta ed alla completa
comprensione di essa. In fine il sito dedicato al docente contiene una serie di tutorial ed esercizi più
domande di esame.
1.4: Pre-requisiti matematici
Come abbiamo gia detto, agli studenti non è richiesto di avere grandi conoscenze di matematica per
comprendere a pieno i contenuti di questo testo. Ma un minimo di terminologia e qualche concetto
di base saranno utilizzati. In questo paragrafo discuteremo proprio questo.
Ci sono anche studenti che amano la matematica e docenti che ritengono che gli studenti
dovrebbero essere in grado di utilizzare questi strumenti. Per tutti questi il libro non sarebbe
completo se mancasse di una trattazione più formale degli argomenti. Dopo molto pensare ho
deciso di inserire questo materiale in appendici matematiche, alla fine di ogni capitolo. Se ti piace la
matematica le troverai interessanti; se non ti piace ti avviso che potrai saltarle perché non sono
necessarie per capire i contenuti economici di questo testo. Il resto di questo paragrafo sarà dedicato
alla discussione dei termini e degli strumenti che utilizzeremo nel libro.
Iniziamo con il concetto di variabile e costante. Ovviamente, una variabile è qualcosa che cambia,
cioè può assumere valori diversi, mentre una costante è qualcosa che non cambia, e che quindi
rimane costante. Alle volte userò la parola parametro per indicare una costante.
Il prossimo concetto chiave è la relazione tra le variabili. Di solito in questo libro, ci riferiamo a
come una variabile dipende dalle altre. Con terminologia matematica usiamo il termine funzione per
esprimere questa relazione. Il grafico di una funzione mostra graficamente questa relazione.
Facciamo qualche esempio. Supponiamo che una macchina si muova ad una velocità costante di 30
chilometri all’ora. Questa è una costante, o un parametro. Qual è la relazione tra il tempo che la
macchina è stata in movimento e la distanza che ha coperto in quel tempo? Se la macchina ha
viaggiato per 1 ora allora ha coperto 30 km; se ha viaggiato per 2 ore allora ha coperto 60 km, e così
via. C’è una chiara relazione fra il tempo di viaggio e la distanza percorsa. In termini matematici la
possiamo descrivere in questa maniera: per prima cosa nominiamo le variabili: il tempo che la
macchina è stata in movimento e la distanza percorsa. Indichiamo la prima con t (per tempo) e la
seconda con d (per distanza).Queste sono variabili perché possono assumere differenti valori ed
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hanno un sistema di unità di misura con il quale sono misurate. Prendiamo come unità di misura per
il tempo l’ora e l’unità di misura per la distanza i chilometri. Quindi, nel nostro esempio, t = 3 vuol
dire che l’auto ha viaggiato per 3 ore, e d = 25 vuol dire che ha coperto una distanza di 25 km.
Come possiamo rappresentare la relazione tra d e t se la macchina ha viaggiato ad una velocità
costante di 30 km/h? Nei due esempi abbiamo che se t = 1 allora d = 30 e se t = 2 allora d = 60. È
ovvio che d è sempre 30 volte t, perché la macchina muove ad una velocità costante di 30 km. La
relazione tra d e t può essere espressa dall’equazione (1.1).
d = 30t
(1.1)
Questa equazione rappresenta la relazione tra d e t. L’equazione (1.1) è una funzione tra d e t. E
quindi possiamo rappresentare graficamente questa relazione. Nel grafico della figura 1.1
riportiamo la variabile t sull’asse orizzontale e la variabile d sull’asse verticale. La retta è la
rappresentazione grafica della nostra relazione e su di essa, quando t = 1 allora d =30 e quando t =
2 allora d =60, e così via. Questa retta rappresenta correttamente la relazione tra tempo di viaggio e
distanza percorsa. Quando in un grafico (come in questo esempio) abbiamo sugli assi t e d diremo
che il grafico è disegnato nello spazio (t, d). un modo più rapido per esprimere le variabili riportate
sugli assi.
Notate che in questo esempio possiamo definire d come la variabile dipendente, dal momento che il
suo valore dipende dal valore di t, che possiamo chiamare variabile indipendente. Normalmente la
variabile indipendente è riportata sull’asse delle ascisse e la variabile dipendente su quello delle
ordinate, ma non deve per forza essere così (figura 1.2).
Anche in questo caso la retta rappresenta la relazione tra tempo e distanza; anche in questo caso,
quando t = 1 allora d = 30 e quando t =2 allora d = 60 e così via. La retta rappresenta la relazione
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tra tempo e distanza, ma il grafico nulla ci dice su quale delle due variabili sia quella dipendente e
quale quella indipendente, la risposta a questa domanda va ricercata da qualche altra parte.
Notiamo, da questo esempio che il grafico della relazione tra tempo e distanza è una linea retta.
Quindi posiamo dire che la funzione data nell’equazione (1.1) è una funzione lineare. Il caso
generale è riportato nell’equazione (1.2), in cui a e b sono due costanti o parametri, e x ed y sono
due variabili.
y = a + bx
(1.2)
Notate che quando x è zero allora y = a e per ogni aumento di 1 unità di x la variabile y aumenta di
b. Quindi il grafico di questa relazione, quando riportato con x sull’asse verticale e y sull’asse
orizzontale è una linea retta che interseca l’asse verticale quando y = a. Quindi chiamiamo a
l’intercetta della retta.
Il prossimo concetto matematico, molto importante, è quello di pendenza di una retta. Questa è la
misura di quanto la retta aumenta la sua distanza dall’asse orizzontale quando ci spostiamo verso
destra. Più precisamente, indica come cresce la variabile misurata sull’asse verticale se la variabile
misurata sull’asse orizzontale varia di una unità. Se guardiamo la figura 1.1 possiamo vedere che
per ogni ora di viaggio aggiuntiva la distanza percorsa aumenta di 30. la pendenza è 30, o più
precisamente la pendenza è 30 km/h. Dovreste notare qualcosa circa la pendenza, essa è uguale alla
velocità della macchina! Questa non è certo una coincidenza, come scoprireste disegnando la
relazione tra d e t ad una velocità costante e pari a 60 km/h, o 100 km/h e così via. Nel nostro
esempio, con una velocità di 30 km/h, l’inclinazione della retta è proprio 30 (km/h), infatti, se la
macchina si muove a tale velocità in un’ora la distanza percorsa aumenterà di 30 km.
In generale se la relazione è lineare, come quella espressa nell’equazione (1.2), la pendenza della
retta è b. Notate che la pendenza della retta è uguale al coefficiente di x, che non è altro che la
costante che moltiplica la variabile x nell’equazione (1.2).
Che cosa succede alla relazione tra d e t se la macchina non sta viaggiando ad una velocità costante?
La relazione, ovviamente, non sarà più lineare, ma possiamo dire qualcos’altro? Supponiamo che la
macchina stia sempre accelerando: quindi la velocità aumenta sempre. Se disegniamo il grafico
della relazione con t sull’asse orizzontale e d su quello verticale, dovrebbe essere chiaro che il
grafico dovrebbe avere una pendenza sempre crescente (figura 1.3).
Come possiamo calcolare, in pratica, la pendenza in ogni punto? Per esempio nel punto in cui t = 5
e d = 250? Disegniamo la tangente1 (una linea retta) che tocca la curva nel punto (t=5, d=250) e
che quindi in quel punto ha la stessa pendenza della curva (figure 1.3 e 1.4). La pendenza di questa
tangente è 100, perché lungo essa ad ogni incremento di t di una unità si ha un incremento di d pari
a 100 unità.
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La proprietà fondamentale della retta tangente è che tocca la curva esattamente in un punto. Se prendessimo un’altra
retta leggermente più alta questa intersecherebbe la curva in due ponti, vice versa se prendessimo una retta leggermente
più bassa questa non toccherebbe nessun punto della curva. Quindi poiché la retta tangente in un punto tocca la curva
solo in quel punto la tangente e la curva stessa in quel punto hanno la stessa pendenza.
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Una relazione in cui la pendenza è costante, come abbiamo già notato è detta lineare. Una in cui è
sempre crescente è detta convessa, e una in cui è sempre decrescente è detta concava. Notate che se
la pendenza è sempre decrescente essa può anche diventare negativa. Una linea retta con pendenza
negativa ci dice di quanto la variabile misurata sull’asse verticale diminuisce se quella sull’asse
orizzontale aumenta di una unità.
Da un punto di vista matematico, se una variabile y è una funzione di un’altra variabile x, si scrive
y = f(x), e la pendenza della funzione è detta derivata di y rispetto a x. I matematici usano la
notazione dy/dx per indicare la derivata di y rispetto a x.
Ci sono alcune funzioni, oltre quelle lineari, che useremo in questo libro. Non è importante che
capiate completamente tutti i dettagli, ma vi voglio avvertire che nel testo queste funzioni le
troveremo. Una di queste funzioni è la funzione potenza, la relazione è riportata nell’equazione
(1.3)
y = axb
(1.3)
in cui a e b rappresentano le costanti (o parametri); questa funzione ci dice che y è uguale ad a volte
x elevato alla potenza di b (ciò vuol dire moltiplicare x per se stesso b volte2). Se I parametri a e b
sono entrambi positivi allora la funzione è sempre crescente in x. Se il parametro b è maggiore di 1
allora la funzione è convessa, se b è uguale ad 1 allora la funzione è lineare, se b è minore di 1
alloro la funzione è concava. Non è richiesto che siate in grado di dimostrare questo risultato, ma
certamente potete prendere qualche valore di a e b e verificare la validità delle relazioni.
Una funzione particolarmente importante è la funzione esponenziale, riportata nell’equazione (1.4)
y = aebx
(1.4)
Dove la costante e è un numero molto importante (2.718281828…), il numero di Nepero questo
numero ha delle proprietà quasi magiche, ma sono troppo complesse per poter essere dimostrate in
questa sede. Una di queste proprietà è che la pendenza della funzione y = ex è uguale a ex. Per
dimostrare questo risultato dovremmo addentrarci troppo nell’analisi matematica. Notate che
l’equazione (1.4) ci dice che y è uguale ad a moltiplicato per e elevato alla potenza di b moltiplicato
per x, quindi e moltiplicato bx volte per se stesso.
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Se b è un numero intero, il risultato è chiaro, per esempio x2 è semplicemente x per x, x3 è semplicemente x per x per x,
e così via. Se b non è un numero intero, allora dobbiamo definire xb in una maniera un po’ più articolata.
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Un’altra funzione molto importante è la funzione logaritmica. Noi considereremo solo il logaritmo
naturale. Se y è il logaritmo naturale di x allora scriviamo questa relazione come y = ln(x) (“ln” è
l’abbreviazione di logaritmo naturale) e la relazione è riportata nell’equazione (1.5)
y = ln(x) if and only if
x = ey
(1.5)
Questa ci dice che y è il logaritmo naturale di x, se e solo se x è e alla potenza di y. Se disegnassimo
il grafico di y come funzione di x dovreste notare che è una funzione concava, la pendenza decresce
al crescere di x.
Poichè3 eyez = e(x+y) e (ey)z = eyz otteniamo un importante risultato
ln(yz) = ln(y) + ln(z)
ln(yz) = zln(y)
(1.6)
(1.7)
Che sarà usato nel resto del capitolo e per tutto il libro. Se vuoi puoi provare a verificarlo. O puoi
accettarlo per vero, la comprensione di ciò che segue non sarà influenzata dalla tua decisione.
Le ultime equazioni sono state forse un po’ complicate, ma ora torniamo a qualcosa di più semplice
e anche di più importante. Molto di frequente in questo libro cercheremo di massimizzare una
funzione (i profitti) e di minimizzare qualcos’altro (i costi). Di solito ciò che massimizzeremo o
minimizzeremo è una funzione di variabili su cui si può esercitare in certo controllo. La domanda
che ci facciamo è la seguente, qual è il valore della variabile che possiamo controllare che
massimizza o minimizza la funzione? Considerate la figura 1.5. Siete in grado di indicare il punto di
massimo di y?
Da un punto di vista grafico è semplice è la cima della collina. Che caratteristica ha il punto sulla
cima della collina? La pendenza della curva è zero. E questo è il punto dove y raggiunge il suo
massimo. Che cosa avviene nel caso opposto? Considerate la figura 1.6. Siete in grado di indicare il
punto di minimo?
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Questo è vero per ogni altro numero diverso da e.
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Anche in questo caso la soluzione grafica è semplice. Che cosa notate? Anche in questo caso la
pendenza della curva nel suo punto di minimo è zero.
Fin qui tutto bene, ma abbiamo un problema, esattamente la stessa condizione caratterizza un punto
di massimo ed un punto di minimo, cioè la pendenza della curva è sui due punti uguale a zero, come
possiamo distinguerli? Dopo tutto non è troppo complicato, sai che arrivando in cima alla collina la
pendenza è positiva (stai salendo), ma superata la vetta della collina la pendenza diventa negativa.
Esattamente il contrario avviene se il punto è di minimo. La differenza quindi dovrebbe esserti
chiara, in un punto di massimo la pendenza è zero e mentre raggiungiamo il massimo esse è
decrescente. In un punto di minimo la pendenza è zero e mentre raggiungiamo il minimo la
pendenza aumenta. I matematici chiamano la prima di questa condizione (pendenza = 0) condizione
del primo ordine e la seconda (se il punto è di massimo o di minimo) condizione del secondo
ordine. Adesso che avete visto quanto è semplice non c’è bisogno di preoccuparsi della matematica.
Fino a questo punto abbiamo analizzato la situazione in cui una variabile dipendeva da un’altra. Ora
passiamo ad analizzare il caso in cui una variabile dipende da più variabili. Iniziamo ad analizzare il
caso in cui queste siano solo due. Supponiamo che la variabile dipendente sia y e che le variabili
indipendenti siano x1 e x2. Possiamo scrivere tale relazione come segue
y = f(x1, x2)
(1.8)
Questo ci dice semplicemente che y è funzione di x1 e x2. Un esempio (che abbiamo già incontrato)
è la domanda di beni e sevizi da parte di un individuo, questa come abbiamo già accennato è
solitamente una funzione del prezzo e del reddito del nostro individuo. Il grafico di questa relazione
è un grafico a tre dimensioni. Per quel che riguarda il massimo ed il minimo di y rispetto a x1 e x2 la
condizione rimane invariata: la pendenza deve essere zero lungo tutte le direzioni. Immagina di
essere in cima alla collina o in fondo alla valle in quel punto sarà piatto lungo qualsiasi direzione.
Queste sono dette condizioni del secondo ordine e ci premettono di distinguere un punto di
massimo (sulla cima della collina) da un punto di minimo (in fondo alla valle)
Possiamo, anche, generalizzare questi risultati al caso in cui una variabile dipenda da più di due
variabili. Supponiamo che la variabile dipendente sia y e che le variabili indipendenti siano x1, x2,
…, xn, quindi le variabili indipendenti sono n. l’equazione (1.9) rappresenta questa relazione.
y = f(x1, x2, …, xn)
(1.9)
Questa equazione ci dice in maniera formale ciò che abbiamo già detto a parole, e cioè che y è una
funzione di x1, x2, …, xn. Il grafico di questa relazione sarebbe un grafico a (n+1) dimensioni, che è
alquanto complesso da visualizzare, ma esiste da un punto di vista matematico e possiamo anche
descriverlo a parole. Come prima abbiamo le stesse condizioni di massimo e minimo di y rispetto a
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x1, x2, …, xn; la pendenza lungo ogni direzione deve essere zero. Anche per questo tipo di funzione
possiamo scrivere le condizioni del secondo ordine corrispondenti.
Queste proprietà sono utili per trovare il massimo ed il minimo di una funzione sotto un qualche
vincolo. A questo punto della nostra trattazione non abbiamo bisogno di entrare troppo nei dettagli,
quindi facciamo solo un semplice esempio. Consideriamo il caso in cui ci sono solo due variabili
indipendenti x1 e x2, soggette a qualche vincolo. Possiamo scrivere la relazione tra y e x1 e x2 come
nell’equazione (1.8) e il vincolo come nell’equazione (1.10)
g(x1, x2) = 0
(1.10)
Questo ci dice semplicemente che x1 e x2 devono soddisfare una qualche funzione, quindi dobbiamo
trovare fra tutti gli x1 e x2 che soddisfano quella funzione quelli che rendono massima e minima la y.
Per massimizzare (minimizzare) la funzione y rispetto a x1 e x2 sotto il vincolo, utilizziamo un
metodo molto intelligente proposto dal matematico Lagrange. Questo metodo consiste nel formare
una nuova funzione L definita come nell’equazione (1.11).
L = f(x1, x2) + λ g(x1, x2)
(1.11)
E successivamente massimizzare (o minimizzare) la L rispetto a x1, x2 e λ. Massimizzare (o
minimizzare) rispetto a λ ci garantisce che il vincolo sia soddisfatto; infatti l’equazione (1.11) è
lineare in λ e quindi la pendenza nella direzione λ ci dà semplicemente il coefficiente di g(x1, x2).
Se poniamo il coefficiente che abbiamo ottenuto uguale a zero allora il vincolo è verificato. Molto
ingegnoso! Utilizzeremo questa tecnica per fornire la dimostrazione di risultati utili, ma non è
necessario che capiate le argomentazioni matematiche che ci stanno dietro. La cosa importante è
che siate in grado di riconoscerla quando l’applichiamo (è chiamata Metodo del Moltiplicatore di
Lagrange) ed è una fortuna che funzioni davvero.
C’è un ultimo punto da discutere in questo paragrafo, ed è un concetto che useremo spesso nel libro.
Il concetto di area. Come calcolare l’area è generalmente complicato a meno che non siamo pratici
dell’analisi matematica, ma ci sono alcuni casi in cui non è difficile, per esempio se l’area che ci
interessa è quella di un triangolo o di un rettangolo. Per un rettangolo di lati a e b l’area è
semplicemente ab. Questa è anche l’area di un parallelogrammo (cioè una figura a quattro lati con i
lati opposti paralleli). Per un triangolo di base a e altezza b l’area è data da b per a diviso 2, in
quanto il triangolo non è altro che mezzo parallelogrammo.
Da un punto di vista matematico l’area al di sotto di una funzione è data dall’integrale di quella
funzione. Presenteremo questo tema, ma solo in maniera intuitiva nei capitoli 12 e 13. per ora non è
importante sapere cosa sia l’integrale di una funzione.
1.4: Riassunto
Il concetto di maggiore importanza esposto in questo capitolo introduttivo è che ogni tipo di attività
economica esiste – e la scienza economica stessa, che tali attività ha lo scopo di studiare, esiste –
per le diversità che intercorrono tra individui: la gente è differente (people are different). Se tali
diversità non esistessero, non esisterebbe neanche la possibilità di ottenere benefici reciproci dallo
scambio e si annullerebbe il bisogno stesso di intraprendere l’attività economica. Ma gli agenti
economici sono diversi l’un dall’altro sia in termini di preferenze che di dotazioni iniziali di risorse
produttive, e ciò crea il presupposto per la creazione di guadagni reciproci per tutti i partecipanti
allo scambio.
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Si potrebbe dire che lo scopo principale della scienza economica sia quello di definire il modo
migliore di attivare uno scambio reciprocamente vantaggioso per le parti coinvolte. Ciò implica lo
studio della migliore modalità organizzativa possibile del processo di scambio, al fine di
promuovere le relazioni tra agenti che potrebbero beneficiarne ed impedire che allo scambio
prendano parte individui che potrebbero risultarne danneggiati.
L’economia ha per scopo anche la previsione del comportamento degli agenti in determinate
situazioni. La previsione può avere ad oggetto il comportamento individuale in scenari
“completamente nuovi” per l’individuo o che risultano da mutamenti intervenuti in situazioni
preesistenti. Nel secondo caso, che si abbiano o no informazioni su come si comportava l’individuo
prima che intervenisse il cambiamento, l’obiettivo è verificare come tale comportamento si
modifica nel nuovo scenario. Ad esempio, si può analizzare come la domanda di un bene sia
influenzata da diversi valori del reddito, del prezzo o dei prezzi di altri beni.
Infine, la previsione può riguardare gli effetti sul benessere individuale di determinati mutamenti. In
questo caso, la previsione può avere ad oggetto la condizione di agenti economici già coinvolti in
un’attività economica o quella di altri che ad essa non partecipano, ma potrebbero decidere di farlo
nella situazione che si determina dopo il cambiamento.
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1.5: Domande di verifica
(1)
(2)
(3)
Perché l’attività economica è causata dal fatto che le persone sono diverse?
Credi che se le persone fossero tutte uguali ci sarebbe ancora spazio per l’attività
economica? (Stai molto attento questa è una domanda complessa per una risposta
esauriente puoi guardare la fine del capitolo 25)
Considera una attività di scambio e descrivine i due “lati”. Perché si verifica lo scambio?
1.6: Appendice matematica
In questo capitolo abbiamo presentato per lo più tutti gli strumenti che ci servono. La maggio parte
del materiale è presentabile sotto forma grafica, e per lo più non ti servirà applicare nessuna tecnica
di analisi matematica. Ma se l’analisi matematica ti affascina, allora ciò che presentiamo in questa
appendice potrebbe interessarti e potrebbe esserti utile.
Abbiamo definito una funzione come la relazione che intercorre tra due variabili. Siano y e x le due
variabili, e supponiamo che y sia una funzione di x, possiamo scrivere y = f(x) dove f(.) è una
qualche funzione. Come abbiamo già notato la pendenza del grafico di y contro x (riportiamo x
sull’asse orizzontale e y su quello verticale) misura il tasso a cui y aumenta se x aumenta. L’analisi
matematica ci dice che la pendenza è definita come la derivata di y rispetto ad x, e si scrive dy/dx.
Da un punto di vista formale esso è definito come il limite della pendenza della retta passante per
(x, y) e (x+∆x, y+∆y) che altro non è :
dy/dx = lim{f(x+∆x)-f(x)}/ ∆x as ∆x tende a zero
(A1.1)
Ci sono alcuni risultati standard riguardanti le derivate di alcune funzioni, che sono riportate di
seguito.
se f(x) = axb
allora
dy/dx = abx(b-1)
se f(x) = aebx
allora
dy/dx = abebx
se f(x) = ln(x)
allora
(A1.2)
(A1.3)
dy/dx = 1/x
(A1.4)
Altre regole sulle derivate che ci saranno utili, sono quelle relative al prodotto di due funzioni ed al
rapporto di due funzioni:
se y = f(x)g(x) allora dy/dx = [df(x)/dx]g(x) + f(x)[dg(x)/dx]
(A1.5)
se y = f(x)/g(x) allora dy/dx = [df(x)/dx]/g(x) - f(x)[dg(x)/dx]/[g(x)]2
(A1.6)
Possiamo anche calcolare la pendenza della pendenza, che indica il tasso di crescita della pendenza.
Da un punto di vista matematico essa è la derivata della derivata, o derivata del secondo ordine,
della variabile. Si scrive d2y/dx2 e si calcola semplicemente derivando la funzione derivata.
Possiamo anche calcolare derivate di ordine superiore, ma queste ultime non saranno mai usate in
questo testo.
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Ora definiamo in maniera formale le condizioni di massimo e minimo per una funzione; per prima
cosa consideriamo y una funzione di una sola variabile. Se traduciamo ciò che abbiamo appena
detto in linguaggio matematico abbiamo le seguenti condizioni per il massimo ed il minimo:
dy/dx = 0 e d2y/dx2 < 0
dy/dx = 0 e d2y/dx2 > 0
(A1.7)
(A1.8)
In ciascuna di queste equazioni il primo termine è la condizione del primo ordine e il secondo la
condizione del secondo ordine. Possiamo generalizzare la condizione del primo ordine nel caso in
cui y sia una funzione di n variabili x1, x2, …, xn quindi in tal caso si ha che dy/dxi deve essere zero
per i = 1,2,…,n.
Per una massimizzazione vincolata, del tipo che abbiamo visto nel testo, la soluzione al problema di
massimizzazione (minimizzazione) di y = f(x1, x2) sotto il vincolo g(x1, x2) = 0 si ottiene calcolando
la funzione di Lagrange L = f(x1, x2) + λ g(x1, x2) e massimizzandola rispetto a x1, x2 e λ. La
condizione del primo ordine è dL/dx1 = 0, dL/dx2 = 0 e dL/d λ = 0. Potremmo anche calcolare le
condizioni del secondo ordine, ma saremo comunque sempre in grado di distinguere dal contesto tra
massimo e minimo.
Per finire dobbiamo definire matematicamente l’area sottostante una funzione f(.) tra due valori;
questa area è data dall’integrale della funzione calcolato tra i due valori. Per esempio prendiamo la
figura 1.7, y = f(x) e calcoliamo l’area della funzione tra x = 20 e x = 70, quindi otteniamo
l’integrale definito di f(x) tra 20 e 70. lo scriviamo:
∫2070 f(x) dx.
(A1.9)
Più in generale l’area della funzione f(.) tra x = x1 e x = x2 si scrive come nell’equazione (1.10)
∫x1x2 f(x) dx
(1.10)
Per calcolare l’integrale l’operazione di differenziare (cioè calcolare la derivata di una funzione) è
l’operazione inversa dell’integrazione (cioè calcolare l’integrale di una funzione). Quindi si ha:
4
se g(x) = df(x)/dx allora f(x) = ∫ g(x) dx (più una costante )
(A1.11)
dalle equazioni (A1.12) (A1.13) (A1.14) segue
4
La costante è chiamata costante di integrazione e dipende dall’intervallo su cui è calcolato l’integrale.
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se g(x) = axb allora ∫ g(x) dx = axb+1/(b+1) (più una costante)
se g(x) = aebx allora ∫ g(x) dx = aebx/b (più una costante)
se g(x) = 1/x allora ∫ g(x) dx = ln(x) (più una costante)
16
(A1.12)
(A1.13)
(A1.14)
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Capitolo 1: Introduzione