Liceo Artistico Statale Teramo
Appunti di Disegno Geometrico
prof. Rocco Garibaldi
LICEO ARTISTICO TERAMO
APPUNTI DEL CORSO DI
DISEGNO GEOMETRICO
DISEGNO GEOMETRICO
1° biennio
1
Liceo Artistico Statale Teramo
Appunti di Disegno Geometrico
prof. Rocco Garibaldi
A.S. 2005-2006
Premessa agli appunti del corso
Nella programmazione, allegata a questo CD, sono state indicate le finalità principali di questa
materia.
In questa sede vorrei sottolineare ancora una volta l’importanza che il Dis. Geom. assume proprio
nello sviluppo di quelle capacità analitico-deduttive, che consentono poi di affrontare il problema
della progettazione architettonica (e non solo questa!). Una corretta rappresentazione della realtà
(anche se solo immaginata) ci permette di esprimere un giudizio sulla sua validità delle scelte e
quindi di verificare, ad esempio., il processo progettuale che deve portare alla costruzione di tale
realtà.
Questa immagine ( purtroppo scadente) vi mostra l’ambientazione di una villa progettata da un
vostro collega. Tale rappresentazione ha costituito un momento importante nella verifica e nella
scelta di alcune soluzioni progettuali.
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Questo disegno (assieme ad altri) ha consentito alla vostra collega di conoscere approfonditamente
la famosa Casa sulla cascata di Wright.
In quest’ultime immagini (stavolta fotografiche) vedete il plastico realizzato dalla 4° B di alcuni
anni fa, per partecipare ad un concorso di Architettura:
Avremo altre occasioni per vedere altri esempi.
Molti sono per i corridoi della scuola. Qui era necessario sottolineare come una buona conoscenza
della tecnica rappresentativa possa aiutare in molti processi sia cognitivi che creativi.
Ma torniamo al nostro lavoro, visto che siamo all’inizio ed il percorso è ancora molto lungo.
Vi ho accennato all’uso corretto delle squadrette ed a quanto ciò possa agevolare il lavoro. Nella
pagina successiva potete vedere una serie di esempi che possono aiutarvi nelle costruzioni di
poligoni.
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DISEGNO GEOMETRICO
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DEFINIZIONI
IL PUNTO:
è la più semplice figura geometrica ed è privo di materia e di estensione.
è un'entità geometrica a zero dimensioni.
è una sfera di raggio zero.
è il luogo geometrico dell'intersezione di due linee.
LA LINEA:
è una figura geometrica generata dal moto di un punto ed ha quindi una sola dimensione: la lunghezza.
IL SEGMENTO:
è la distanza minima tra due punti.
è una parte di retta limitata da due punti.
Due segmenti si dicono consecutivi se hanno in comune un estremo e nessun altro punto.
Due segmenti si dicono adiacenti se sono consecutivi e appartengono alla stessa retta.
LA RETTA:
è la linea costituita da infiniti punti che si susseguono nella stessa direzione. Essa è illimitata nelle due
direzioni.
è una circonferenza di raggio infinito.
è il luogo geometrico (o l'insieme) dei punti comuni a due piani.
è una successione infinita di segmenti, aventi un estremo in comune e formanti, tra loro, angoli di 180° (in altre
parole è una successione di segmenti adiacenti).
LA SEMIRETTA:
è ciascuna delle due parti illimitate in un solo verso, in cui una retta è divisa da un suo punto.
SUPERFICI:
Le superfici sono entità geometriche a due dimensioni.
LA SUPERFICIE SFERICA
La superficie sferica è il luogo geometrico (o l'insieme) dei punti che sono equidistanti da un punto fisso detto centro.
IL PIANO
è una superficie, liscia, piana, infinita e priva di spessore.
è un elemento geometrico a due dimensioni.
è una superficie sferica di raggio infinito.
è il luogo geometrico (o l'insieme) dei punti comuni a due spazi.
IL SEMIPIANO
Il semipiano è ognuna delle due parti in cui un piano è diviso da una retta.
L'ANGOLO
L'angolo è la parte di piano limitata da due semirette aventi un punto in comune chiamato vertice.
ANGOLO DIEDRO
L'angolo diedro è lo spazio limitato da due semipiani.
LA BISETTRICE
La bisettrice è la semiretta che divide un angolo in due parti uguali.
LA CIRCONFERENZA
La circonferenza è il luogo geometrico (o l'insieme) dei punti aventi la stessa distanza da un punto detto centro.
IL CERCHIO
II cerchio è la superficie racchiusa dalla circonferenza.
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LA CORDA
La corda è un segmento che unisce due punti della circonferenza.
IL DIAMETRO
II diametro di una circonferenza è ogni corda che passa per il centro.
IL RAGGIO
II raggio è il segmento che unisce il centro alla circonferenza.
IL POLIGONO
II poligono è la superficie racchiusa da tre o più segmenti consecutivi detti lati.
L'ASSE DI UN SEGMENTO
L'asse di un segmento è il luogo geometrico (o l'insieme) dei punti che sono equidistanti dagli estremi del segmento.
L'asse di un segmento è la perpendicolare nel suo punto medio.
LA PERPENDICOLARITÀ
La perpendicolarità è un rapporto tra due entità geometriche caratterizzato dal fatto che alla loro intersezione si forma
un angolo retto.
IL PARALLELISMO
Il parallelismo è un rapporto tra due entità geometriche caratterizzato dal fatto che all’infinito conservano sempre la
stessa distanza ed hanno un punto in comune.
LA VERTICALITÀ’
la verticalità è una caratteristica fisica attribuita agli elementi geometrici che, eventualmente prolungati, contengono il
centro della terra.
L'ORIZZONTALITÀ'
L'orizzontalità è una caratteristica fisica attribuita agli elementi geometrici che sono perpendicolari agli elementi
verticali. Due orizzontali sono parallele tra loro solo se vengono riferite alla stessa verticale.
LO SPAZIO
è un volume sferico di raggio infinito.
è il luogo geometrico (o l'insieme) dell'intersezione di due iperspazi.
INDIVIDUAZIONE DI ALCUNI ELEMENTI GEOMETRICI
Per individuare un punto occorre l'intersezione di due linee.
Per individuare una retta occorrono:
 due punti.
 due piani.
 un punto e una condizione di parallelismo.
 un punto e una condizione di perpendicolarità.
Per individuare un piano occorrono una retta e un punto al di fuori di essa.
CONVENZIONI:
I punti si indicano con le lettere maiuscole, dell'alfabeto latino: A, B, C...
Le rette si indicano con le lettere minuscole, dell'alfabeto latino: a, b, c...
I piani (le superfici) si indicano con le lettere minuscole, dell'al
SIMBOLI:
=
uguale
(
//
coincidente
perpendicolare rispetto a ...
parallelo rispetto a ...
(
(
appartenente
contenente
infinito
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PROIEZIONI ORTOGONALI
I metodi di rappresentazione della geometria descrittiva più usati sono:
 le proiezioni ortogonali
 le proiezioni assonometriche
 le proiezioni prospettiche
I sistemi delle proiezioni servono a rappresentare l'immagine di un oggetto sulla superficie di un
foglio; ciò è possibile per mezzo di tre elementi fondamentali che sono:
un centro di proiezione, da cui partono i raggi di proiezione;
i raggi di proiezione, che possono essere paralleli o divergenti a
seconda che il centro di proiezione sia posto al finito o all'infinito;
il piano, sul quale viene proiettata l'immagine.
Nel sistema delle proiezioni ortogonali, i raggi di proiezione sono paralleli tra loro perché il centro
di proiezione sta all'infinito ed hanno direzione perpendicolare al piano della rappresentazione.
Lo spazio è omogeneo e infinito, senza punti di riferimento, per
collocarvi una forma da proiettare su una superficie piana è
necessario fissare degli elementi di riferimento.
Questi elementi di riferimento, nelle proiezioni ortogonali, sono
i piani di proiezione.
Suddividiamo,
per ora,
lo
spazio con due soli piani di
proiezione: un piano orizzontale
(P.O.) e un piano verticale
(P.V.)perpendicolari tra loro.
I
due
piani
di
proiezione
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dividono lo spazio in quattro settori, ciascuno dei quali è un
angolo diedro.
I diedri sono retti hanno la linea di terra (L.T.) in comune e si
distinguono in I ,II, III e IV.
Ci serviremo del I diedro al quale aggiungeremo un terzo piano di proiezione: piano laterale (P.L.).
Otterremo così un triedro su cui effettuare le nostre proiezioni
In figura potete osservare come da un
solido si ottengono tre immagini distinte,
una per ogni piano di proiezione, che lo
identificano univocamente.
PROIEZIONI DEL PUNTO
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n
La semiretta x si allontana dal P.O.
La semiretta y si allontana dal P.V.
La semiretta z si allontana dal P.L.
Un punto posto nello spazio viene individuato dalle tre coordinate cartesiane x, y, z.
Sull'asse x si riportano le distanze dal P.O.
Sull'asse y si riportano le distanze dal P.V.
Sull'asse z si riportano le distanze dal P.L.
PROIETTARE significa condurre la perpendicolare dal punto al piano di proiezione.
PROIEZIONI DI UN PUNTO P(x,y,z)
___
P =
P' =
P" =
P"* =
unità di misura
punto nello spazio
proiezione. del punto sul P.O.
proiezione. del punto sul P.V.
proiezione. del punto sul P.L.
PROIEZIONI DEL SEGMENTO
II segmento, rispetto ai piani di proiezione, può assumere tre posizioni diverse. Può
essere:
perpendicolare ( ), parallelo (  ) o generico (inclinato).
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PROIEZIONI DI AB ┴ P.O.
Sul P.O. si vede un punto.
Il segmento è proiettante in prima proiezione, ed è // al P.V. ed al P.L.
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LA RETTA
La retta,
rispetto ai piani di proiezione,
può assumere tre
posizioni diverse; può essere:
perpendicolare
parallela
generica
Si chiama traccia della retta, e si indica con Tr, il punto di
intersezione della retta con uno dei piani di proiezione.
Si chiama T'r (traccia prima di r) il punto di intersezione della
retta con il P.O.
Si chiama T"r (traccia seconda di r) il punto di intersezione
della retta con il P.V.
Si chiama T"’r (traccia terza di r) il punto di intersezione della
retta con il P.L.
RETTA PERPENDICOLARE
Se una retta è perpendicolare, rispetto ad uno dei piani di proiezione, su detto piano perde una dimensione.
Se una retta è perpendicolare, rispetto ad uno dei piani di proiezione, è parallela rispetto agli altri due piani.
Sul P.O. la traccia prima di r coincide con
La prima immagine r ’
La retta è parallela al PV ed. al P.L. quindi
la traccia seconda e. la traccia terza di r
stanno all’infinito,
La retta è proiettante in una proiezione.
Proiettante significa che tutti i punti che
appartengono alla retta cadono in proiezione
sulla traccia a cui si riferisce la perpendicolarità.
PROIEZIONI DI r ┴ AL P.O.
A questo punto potete intuire facilmente le proiezioni
delle rette proiettanti in seconda e terza proiezione.
Prima di passare alle rette parallele e a quelle generiche inseriamo la rappresentazione dei piani.
E’ importante ricordare che i piani, in disegno geometrico, non vengono proiettati. Essi sono
individuati mediante la rappresentazione delle loro tracce.
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La traccia di un piano è la retta che nasce dall’intersezione tra il piano considerato e uno dei
piani di proiezione.
Ogni piano ha quindi tre tracce. Ovviamente anche i piani possono occupare qualunque posizione
dello spazio, potremo quindi distinguerli (come le rette) in:
 Paralleli (o proiettanti in due direzioni).
 Perpendicolari ( o proiettanti in una sola direzione).
 Generici (se non hanno alcuna relazione di parallelismo o perpendicolarità con i piani di
proiezione).
Piano
parallelo al Piano Orizzontale ( in simboli:
// P.O. )
Piano
// P.V.
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Piano // P.L.
Le tracce di un piano proiettante rappresentano (coincidono con l’immagine di ) tutti i suoi punti.
Abbiamo già fatto degli esempi con alcune figure appartenenti a piani paralleli. Vediamo adesso
come appaiono le rette che appartengono a questi piani.
Lascio a voi il piacere di rappresentare la retta // P.O. e quella // P.V.
Un’osservazione importante relativamente all’ultima figura: la retta r, essendo fatta da punti del
piano, attraversa i piani di proiezione in un punto della traccia di quest’ultimo.
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Si tratta di una osservazione ovvia ma non priva di importanza per le applicazioni future: essa
costituisce il riferimento alla prima legge dell’appartenenza:
“una retta appartiene ad un piano se ha le tracce sulle tracce omonime del piano”
Torniamo ancora alle rette. Resta da vedere la retta generica:
La retta è fatta da infiniti punti, se ne isoliamo uno, a caso, esso avrà le sue tre proiezioni sempre su
quelle della retta cui appartiene. Anche questa è una osservazione ovvia ma ricca di applicazioni.
Essa costituisce la seconda condizione di appartenenza:
“ un punto appartiene ad una retta se ha le proiezioni sulle proiezioni della retta”
A questo punto , dall’insieme delle leggi precedenti otteniamo la terza condizione di
appartenenza:
“un punto appartiene ad un piano se appartiene ad una retta del piano”
Vedremo in seguito le applicazioni consentite da queste semplici leggi.
Riprendiamo ancora i piani paralleli con qualche esempio di figure appartenenti ad essi.
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IL RIBALTAMENTO DEI PIANI
La necessità di utilizzare il ribaltamento (cioè la rotazione su uno dei piani di proiezione) del piano
che contiene le figure che vogliamo rappresentare nasce ogni qualvolta esse siano posizionate in
maniera inclinata rispetto ai piani di proiezione.
Quando rispetto ad uno dei piani di proiezione l’inclinazione della figura è di 90°, e cioè quando
essa appartiene ad un piano proiettante, il procedimento di ribaltamento è abbastanza semplice.
Infatti, sapendo che l’angolo tra le sue tracce è retto, sarà sufficiente costruire le tracce ribaltate sul
piano più opportuno, rispettandone il rapporto angolare.
Fig.1: ribaltamento di un piano proiettante in prima proiezione contenente un quadrato.
Nella fig.1 potete osservare, nella
rappresentazione assonometria, quale è
stata la rotazione effettuata dal piano
contenente il quadrato, per posizionarlo
sul P.O. Nel disegno a destra il
procedimento costruttivo adottato in
Proiezioni Ortogonali.
Identico procedimento viene esemplificato
nella fig.2: una volta tracciate le tracce del
piano ribaltato si costruisce la figura (qui
in rosso). Da questa si ricava
immediatamente la proiezione sulla traccia
prima del piano, poiché in questa
proiezione essa rappresenta tutto il piano e
quindi si passa a costruire le altre
proiezioni, riportandosi dalla figura
ribaltata le altre distanze.
Fig. 2: proiezioni di un esagono regolare perpendicolare al P.O.
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Ovviamente le possibilità di effettuare i ribaltamenti sono tante quante è possibile ottenerne
costruendo le tracce ribaltate a 90° con la traccia su cui si ruota il piano. Negli esempi seguenti
vediamo due delle possibili esecuzioni per rappresentare lo stesso triangolo.
Fig. 3: proiezioni di un triangolo equilatero appartenente
ad un piano perpendicolare al P.O., con ribaltamento sul
Piano verticale.
Fig. 4: proiezioni di un triangolo equilatero appartenente
ad un piano perpendicolare al P.O., con ribaltamento sul
Piano verticale.
Piani generici
Diversamente da quanto accade per i piani proiettanti , le tracce dei piani generici non hanno
alcuna
condizione
di
perpendicolarità tra loro.
Ciò
rende
meno
immediato
il
procedimento di ribaltamento.
Infatti si ha la necessità di
misurare l’angolo esistente tra le
tracce, per poterlo riprodurre sul
piano ove si intende ribaltare.
Il
procedimento
consiste
nell’utilizzare
un
piano
proiettante
posizionato
perpendicolarmente alla traccia
del piano generico attorno alla
quale si intende realizzare il
ribaltamento. Tale piano darà
come retta intersezione la retta di
massima pendenza. Tale retta
misurerà l’angolo diedro tra il
piano generico ed il piano di
proiezione.
Fig. 5: ribaltamento di un piano generico
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Vediamo di capire meglio
(visto anche l’esito della
verifica) tutto il meccanismo
del ribaltamento seguendone
la costruzione nella fig.6.
Si vuole ribaltare il piano
identificato
dalle
sue
tracce. Si traccia il piano ,
proiettante
in
prima
proiezione e perpendicolare
ad
(t’ perpendicolare a
t’
). Si ottiene così,
dall’intersezione tra i piani, la
retta di massima pendenza,
passante per AB
Nella figura si può osservare
che l’angolo
rappresenta la
massima pendenza del piano
Fig. 6: ribaltamento del piano generico
generico
con il P.O.
Consideriamo
adesso
il
triangolo ABC: se ribaltiamo il piano proiettante sul P.O. otteniamo anche il ribaltamento di tale
triangolo infatti il punto A ruoterà fino alla traccia ribaltata di in A*. Quindi anche quella parte
della retta intersezione (la retta di m.p.) e cioè il segmento AB, ipotenusa del triangolo rettangolo
ACB, si porterà sul piano orizzontale. Puntando adesso il compasso in B, con raggio BA* si va ad
intersecare la traccia prima del piano proiettante nel punto (A). Tale operazione sostituisce, in
realtà, una rotazione del cateto BA sul piano , attorno alla traccia prima di . Si osservi ora il
triangolo OBA, rettangolo in B: anch’esso ha subito un ribaltamento sul P.O., infatti, osservando
il triangolo OB(A) possiamo notare che quest’ultimo è identico ad OBA poiché ha il lato OB in
comune, l’angolo retto in B e l’altro cateto, B(A) = BA, uguale per costruzione. In pratica abbiamo
ottenuto il ribaltamento dell’angolo in O delle tracce del piano generico.
Il procedimento appena visto, realizzato in proiezioni ortogonali è mostrato nella figura successiva.
Per maggiore chiarezza sono state aggiunte le proiezioni di un punto P, appartenente al piano
generico.
Fig. 7: proiezioni del punto P, appartenente al
piano generico
Notate che per trovare la seconda e la prima
proiezione è stata utilizzata una retta frontale.
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A questo punto , tornando al triangolo OBA della fig.6, è facile constatare come il ribaltamento
possa essere ottenuto con un procedimento ancora più semplice. Una volta accertato che la misura
dell’angolo tra le tracce può essere sostituita dal ribaltamento del lato BA del triangolo OBA si
può infatti ottenere lo stesso scopo ribaltando il lato OA.
Nella figura accanto (fig.8)
potete
osservare
le
proiezioni di un quadrato
appartenente ad un piano
generico.
Il ribaltamento del piano si
ottiene
ruotando
direttamente
la
traccia
seconda della retta di
massima pendenza fino alla
traccia prima del piano
proiettante.
Le proiezioni, partendo dal
quadrato
ribaltato, sono
ottenute
applicando
le
condizioni di appartenenza:
per i vertici (A), (B), (C), e
(D) vengono fatte passare
delle rette orizzontali, sulle
quali si troveranno le
rispettive proiezioni.
In figura è stato indicato con
il numero 1 il ribaltamento
della traccia seconda della
retta orizzontale passante
per il lato AB del quadrato:
la sua posizione reale è stata
indicata con il numero 3:
notate che tale posizione
può essere raggiunta sia per
rotazione (indicata dalla
freccia) che per proiezione.
Fig. 8: proiezioni di un quadrato appartenente a un piano generico
f”
T”o
o”
Concludo ricordandovi le
proiezioni delle rette (blu)
orizzontale e frontale (rosso)
T’ f
f’
o’
Fig.9: rette principali
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PROIEZIONI DI SOLIDI
Definizioni.
I solidi geometrici sono figure a tre dimensioni, costituiti da:
o Facce : i poligoni che limitano il solido
o Spigoli : lati dei poligoni o incontro di due facce
o Vertici : vertici dei poligoni stessi o incontro di almeno tre spigoli.
Qualsiasi solido geometrico limitato da superfici piane poligonali prende il nome di poliedro (dal
greco poliedros = che ha molte basi). Il poliedro è regolare se le facce sono formate da poligoni
regolari uguali.
Esistono solo cinque tipi di poliedri regolari, chiamati solidi platonici:
Tetraedro : poliedro formato da
4 vertici, da 4 facce formate da
triangoli equilateri e da 6 spigoli
Esaedro : poliedro formato da 8
vertici, 12 spigoli e otto facce composte da
quadrati
Ottaedro : poliedro formato da 6
vertici, 12 spigoli e otto facce composte di
triangoli equilateri
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Dodecaedro : poliedro
formato da 20 vertici. 30
spigoli e 12 facce composte
da pentagoni regolari
Icosaedro : poliedro
formato da 12 vertici, 30
spigoli e 20 facce composte
da triangoli regolari.
Ogni poliedro regolare ha un centro dal quale sono equidistanti vertici e facce. La distanza di un
vertice dal centro si dice raggio e la distanza di una faccia dal raggio si dice apotema del poliedro.
Si definisce asse di un solido il
segmento che unisce il centro della
base con il vertice opposto o i
centri di due basi opposte.
L’asse si rappresenta con il puntolinea.
Un solido con asse perpendicolare
alla base si dice retto.
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Le proiezioni ortogonali dei solidi, rispetto all’astrattezza di punti, rette e piani, dovrebbero
consentire una migliore capacità intuitiva (è per questo che inseriamo adesso questo argomento) .
Sperando di recuperare i molti duisti, nelle figure successive rivediamo il procedimento delle
proiezioni ortogonali, riportando due esempi.
Nelle figure di sinistra viene rappresentata, in assonometria, la costruzione dell’immagine sul Piano
Orizzontale, in quelle centrali, sempre in assonometria, le due proiezioni (sul P.O. e sul P.V.)con la
visione spaziale della rotazione del P.O. ed infine, a destra, il risultato in proiezioni ortogonali.
Nella figura qui accanto vengono riprodotte
le proiezioni ortogonali di una piramide retta
(asse perpendicolare alla base) a base
pentagonale regolare, poggiante con la base
sul P.O.
Come si può osservare il solido viene
rappresentato riproducendo tutti i suoi spigoli
con l’accortezza di disegnare tratteggiati
quelli nascosti. In particolare, quando
avviene una coincidenza tra uno spigolo e
l’asse del solido, bisogna tracciare lo spigolo
(v. in figura la seconda proiezione).
I vertici, in quanto punti, vengono indicati
con lettera maiuscola
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Facciamo un altro esempio
ricorrendo ancora una volta
all’aiuto della rappresentazione
assonometrica: osservate qui a
sinistra
un
parallelepipedo
posizionato all’interno del nostro
triedro di proiezione (figura
obiettiva).
Nella
stessa
figura
sono
rappresentate le tre proiezioni
sui piani P,O., P.V., e P.L.
Per i duisti possiamo dire che
tali proiezioni non sono altro che
le immagini che vedrebbe una
persona collocata all’infinito
(nessun commento sulle capacità
visive!) rispettivamente nelle tre
direzioni perpendicolari ai piani
di proiezione.
In proiezioni ortogonali vanno
riprodotte appunto queste tre
immagini.
Nella figura sottostante le vedete
riportate con gli stessi colori.
Un’ultima notazione: le lettere ai
vertici delle figure dimostrano la
coincidenza tra le facce. In
parole povere (sempre per i
soliti) la proiezione sul Piano
Orizzontale,
ad
esempio,
rappresenta sia la
faccia
superiore ABCD e sia quella
inferiore EFGH.
Tra l’altro, sempre sul P.O. si
può osservare come gli spigoli
AE, BF, CG, e DH diventino un
solo punto poiché non sono altro
che segmenti perpendicolari al
piano (quindi proiettanti).
Facciamo adesso un esperimento
al contrario: nella figura qui a
sinistra abbiamo le proiezioni
dello stesso parallelepipedo che
però ha subito una rotazione,
mantenendo le due facce più
grandi parallele al P.O.
Riuscite ad immaginare la sua
posizione all’interno del triedro
di proiezione?
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Perfetto!
E’ proprio quella che vedete
qui accanto.
Infatti le uniche due facce che
si sovrappongono sono ancora
quelle parallele al P.O. mentre
negli altri piani diventano
visibili anche gli spigoli che
prima coincidevano.
Bene, credo che gli esempi
siano sufficienti
Fin qui abbiamo visto:
- i solidi si rappresentano
individuando le proiezioni
degli spigoli ( in mancanza di
questi si segnano le generatrici
esterne… ma lo vedremo tra
poco)
- i vertici vanno nominati con
lettera maiuscola
- l’asse si disegna con il
punto-linea ma se coincide
con qualche spigolo si
tralascia e si segna lo spigolo;
-tutti i vertici, anche quelli
non visibili, vanno indicati
nella proiezione;
Adesso, con la proiezione del
prisma esagonale che vedete
qui accanto, introduciamo un
procedimento esemplificativo
per poter rappresentare i solidi
in qualunque posizione.
Il prisma che vedete è un
solido retto, cioè con asse
perpendicolare alla base. Se il
solido, come nel nostro caso,
poggia con la base su di un
piano di proiezione, significa
che l’asse è parallelo agli altri
due piani.
Osserviamo le immagini della
seconda e della terza proiezione: il loro perimetro è un rettangolo. Da questa osservazione
deduciamo una regola generale: se l’asse di un prisma (o di un cilindro) è parallelo ad un piano
di proiezione, l’immagine su quel piano avrà un perimetro rettangolare.
Abbiamo raggiunto una conclusione importante, non come un sei al superenalotto, ma di grande
aiuto nella rappresentazione dei solidi.
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Adesso, se avete la bontà di tornare all’ultima figura di pagina 3, possiamo permetterci il lusso di
fare un’altra osservazione: la piramide rappresentata ha l’asse perpendicolare al P.O., quindi
parallelo al P.V. e al P.L. Guardando la forma complessiva della seconda e terza proiezione, dal
perimetro triangolare, possiamo dedurre un’altra regola di carattere generale: se l’asse di una
piramide (o di un cono) è parallelo ad un piano di proiezione, l’immagine su quel piano avrà
un perimetro triangolare.
Le due deduzioni finora fatte (in attesa del sei o del cinque-più-uno,che ci darebbero molta più
gioia) possono essere unificate così:
quando l’asse di un solido è parallelo ad un piano di proiezione, l’immagine su quel piano
avrà un perimetro rettangolare o triangolare.
In particolare sarà un rettangolo se il solido è a superficie laterale proiettante (facce laterali o
generatrici perpendicolari alla base), sarà un triangolo negli altri casi.
Vediamo adesso a cosa ci può servire quello che abbiamo visto sopra. Osservate la figura
sottostante: essa rappresenta le proiezioni di un prisma retto a base esagonale regolare poggiante
con uno spigolo sul Piano Orizzontale: essendo lo spigolo parallelo all’asse anche quest’ultimo sarà
parallelo al P.O.
Sappiamo quindi che in prima proiezione il perimetro della figura sarà un rettangolo. In particolare
uno dei lati dovrà essere la proiezione della base (a sua volta perpendicolare all’asse e quindi
al P.O.).
Vi siete resi conto, spero, che adesso stiamo percorrendo un terreno conosciuto : la base esagonale
del prisma può essere rappresentata trattandola come figura piana appartenente ad un piano
proiettante. Nell’immagine potete vedere in rosso il ribaltamento dell’esagono di base. Non sono
rappresentate le tracce del piano che la contiene perché si è preferito riportare direttamente le
misure che vedete segnate sempre in rosso.
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Costruita la prima base il resto è semplice perché l’altra sarà uguale alla prima e starà dall’altro lato
dell’asse.
Dimenticavo: in genere si comincia posizionando l’asse che in questo caso è coperto dallo spigolo.
Ma rivediamo ancora il procedimento, applicandolo alla figura successiva:” proiezioni di un cono
retto avente l’asse parallelo al P.V. e inclinato di 45° rispetto al P.O., poggiante con un punto della
base sul P.O.”
La costruzione delle
proiezioni comincia sul
piano verticale perché
sappiamo
che
qui
vedremo
come
perimetro un triangolo.
Costruiamo
quindi
l’asse su una retta
inclinata
di
45°e,
posizionata la base con
un punto sulla linea di
terra (B”), completiamo
la figura con l’altezza
data (V”C”). Ribaltiamo
quindi una parte della
base (in rosso in figura)
per avere altri punti da
proiettare in prima ed in
terza proiezione. Le
altre
immagini
si
ottengono
tracciando
per prima la proiezione
dell’asse (ad es. V’O’) che posizioneremo con una distanza a piacere (se privi di indicazioni) dalla
L.T. quindi rispetto a questo misureremo le distanze dei punti ribaltati che troveremo lungo le linee
di proiezione. In figura la distanza 1-2 (in rosso) è segnata con un trattino ed è riportata in entrambi
i lati dell’asse poiché in realtà il punto 2 rappresenta la coincidenza di due punti della base del cono.
Ancora un esempio (giuro che è
l’ultimo!) che lascio però alla vostra
attenzione.
Notate, comunque, come sono state
trovate le proiezioni dei vertici sul
piano verticale: le distanze vanno
misurate rispetto al diametro
parallelo alla base della figura
ribaltata e riportate nell’altra
immagine rispetto all’asse. Le
distanze sono positive o negative a
seconda che siano a sinistra o a destra
del diametro ribaltato.
A questo punto devo necessariamente
mantenere la promessa e fermarmi. La
prossima puntata, dopo le prove di
verifica, riguarderà le proiezioni di
solidi con asse comunque inclinato
rispetto ai piani di proiezione.
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PROIEZIONI DI SOLIDI CON ASSE INCLINATO
RISPETTO AI PIANI
METODO DELLE PROIEZIONI SUCCESSIVE
Quando si devono rappresentare le proiezioni di solidi che hanno l’asse comunque inclinato rispetto
ai tre piani di proiezione può essere adottato il presente metodo. Esso consiste nel rappresentare più
volte il solido in oggetto, creando una sequenza di movimenti in cui vengono rispettate le
condizioni di inclinazione dell’asse.
Ma vediamo meglio il procedimento seguendone le varie fasi nella figura seguente:
Proiezioni di una piramide retta a base quadrata, poggiante con uno spigolo di base sul P.O. e con
asse inclinato di 45° rispetto al P.O. e di 30° rispetto al piano verticale.
Come potete osservare i primi due passaggi, tracciati in rosso, servono ad ottenere le proiezioni
finali, in verde. Si inizia rappresentando il solido con la base appoggiata al piano, rispettando le
dimenzioni assegnate e mettendo le lettere ai vari vertici. Successivamente (seconda
rappresentazione in rosso) si ricostruisce, con le stesse misure, l’immagine del P.V. inclinandola,
però, fino a rispettare l’angolo che l’asse forma con il piano orizzontale. Da questa, per proiezione,
si ottiene l’immagine sul piano orizzontale. Infine si ridisegna, opportunamente ruotata (nel nostro
caso 30°) l’ultima immagine ottenuta e poi, ancora per proiezione si ottengono le altre immagini sul
piano verticale e su quello laterale. Nella figura sottostante vi ripropongo lo stesso procedimento
applicato solamente all’asse del solido.
O”
V”
V”
V”
O”
O”
O”
V”’
O”’
O’
.
O’= V’
O’
V’
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METODO DEL PIANO AUSILIARIO
Per rappresentare segmenti (e quindi assi di solidi) inclinati rispetto ai piani di proiezione può
essere utilizzato un metodo più rapido di quello appena visto. Esso si basa sull’utilizzo di un piano,
detto ausiliario (in quanto aiuta), per mezzo del quale viene rispettata una delle due inclinazioni
assegnate e, disegnando poi sul ribaltamento di tale piano, si rispetta l’altra inclinazione.
Ma vediamo meglio l’applicazione di tale metodo:
Immaginiamo di voler rappresentare un segmento AB (vedi asse di un solido) inclinato di 60° al
P.V. e di 45° al P.O.
Procedimento generale:
– si sceglie un piano proiettante parallelo al segmento assegnato e sul ribaltamento di questo
si disegna il segmento ribaltato rispettando l’inclinazione che quest’ultimo ha con il piano di
proiezione.
Applicazione al nostro esempio:
1a soluzione:
scelgo un piano perpendicolare al P.O. con la traccia prima inclinata di 60° rispetto al P.V.
(in questo modo assicuro il parallelismo con il segmento)
ribalto il piano e costruisco l’immagine ribaltata del segmento rispettando l’inclinazione che
questo ha con il P.O. e quindi con la traccia prima del piano ausiliario.
Dalla figura ribaltata ricavo immediatamente la prima proiezione del segmento che, per
costruzione sarà parallelo alla traccia del piano.
Ricavo, infine, per proiezione, l’altra immagine sul P.V.
2a soluzione: uguale alla prima ma con l’inclinazione del segmento ribaltato girata verso l’esterno.
Ovviamente quando non vi sono richieste precise, le inclinazioni possono essere scelte a piacere,
purchè rispettino i dati del problema.
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Se rileggete il procedimento generale potete osservare che il piano ausiliario deve essere
proiettante e parallelo al segmento. Questo significa che si poteva anche utilizzare un piano
perpendicolare al P.V. con la traccia seconda inclinata di 45° rispetto al P.O. Il procedimento non
cambia rispetto a quello che abbiamo visto, quindi lascio a voi il compito di verificare.
Vediamo adesso l’applicazione ad un solido, ad esempio un amatissimo cono.
Proiezioni di cono retto poggiante con il vertice sul P.O. e con asse inclinato di 75° rispetto al P.V.
e di 60° rispetto al P.O.
Scelto un piano proiettante, parallelo all’asse (in questo caso: perpendicolare al P.O. e
inclinato di 75° al P.V.) si comincia la proiezione disegnando l’asse sul piano ribaltato: esso
sarà inclinato di 45° rispetto alla traccia prima (quindi rispetto al P.O.).
Si completa la proiezione del cono sul ribaltamento, ( ormai sapete come fare: essendo l’asse
parallelo a questo piano su questo vedremo la base ridursi ad un segmento quindi….)
Si riporta l’asse parallelo alla traccia prima e si costruisce l’immagine della prima proiezione
del cono riportando le distanze come di consueto.
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Si trova la seconda immagine per mezzo della prima e di quella ribaltata.
Ovviamente anche queste proiezioni potevano essere risolte utilizzando l’altro piano proiettante
parallelo all’asse e cioè un piano perpendicolare al P.V. con la traccia seconda inclinata di 60° al
P.O.
Non è qui il caso di ripetere lo stesso esercizio ma vi invito a farlo: vedrete che i risultati sono
identici.
Vediamo invece un altro esempio:
Proiezioni di una piramide retta a base pentagonale regolare, poggiante con uno spigolo di base
sul P.O. e con asse inclinato di 60° al P.V. e di 45° rispetto al P.O.
Il procedimento, come potete vedere, è uguale al precedente. L’unica accortezza da osservare è
quella di costruire il ribaltamento della base in modo tale che un lato del pentagono coincida con il
punto di appoggio sul P.O.(cioè sulla L.T.) Per ottenere ciò è sufficiente che il lato di base sia
parallelo all’asse. In figura il pentagono di base è stato costruito a partire dal lato (A)(B),
opportunamente posizionato parallelamente all’asse.
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Terminiamo con altri due esempi:Proiezioni di un prisma retto a base triangolare poggiante con un
vertice sul P.O. e con asse inclinato di 60 al P.O. e di 75° al P.V.
Proiezioni
di
una
piramide retta a base
esagonale poggiante con
uno spigolo laterale sul
P.O e con asse inclinato
di 60° rispetto al P.V.
Quest’ultimo caso
merita due parole di
commento:
non conoscendo la
inclinazione rispetto
al piano orizzontale
questa può essere
ottenuta unendo il
metodo delle proiezioni successive a
quello del piano
ausiliario
Il
procedimento
risulta evidente dalla
osservazione della
figura ove è messo
in risalto con il
colore rosso.
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SEZIONI
Per facilitare le applicazioni della Geometria Descrittiva alle sezioni di solidi , conviene
distinguere preliminarmente i solidi retti in due grandi categorie:
1 - solidi a superficie laterale proiettante (prismi e cilindri);
2 - solidi a superficie laterale non proiettante (coni e piramidi)
in cui il verbo proiettante è riferito al rapporto tra la superficie laterale del solido e la sua
base.Fatta questa distinzione possiamo individuare quattro tipologie di procedure,
riferendoci ai seguenti casi :
a
sezione
a - nel solido della prima categoria, sezionato
con
un piano proiettante, la ricerca della sezione è
di fatto soddisfatta in quanto si hanno già
entrambe le proiezioni della stessa. Per
osservare la vera forma, basta ribaltare il piano
contenente la sezione su uno dei piani di
proiezione.
b
sezioniamo
un solido del 1°
con un piano
generico abbiamo una sola
proiezione
della
sezione
(nell’esempio in figura, la prima);
trovare l’altra basterà applicare le
condizioni di appartenenza ai punti
sezione e trovare così la proiezione
mancante.
b -
Se
ancora
tipo
per
della
sezione
c
sezione
c - Se sezioniamo un solido del 2° tipo con piano
proiettante abbiamo una sola proiezione
della sezione
(nell’esempio in figura, la seconda); per trovare l’altra
basterà proiettarsi i punti nei rispettivi spigoli del solido.
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d
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d - Sezionando infine un solido del secondo tipo, con
un piano generico possiamo osservare che in nessuna
delle due proiezioni è presente l’immagine della
sezione In questo caso bisogna ricorrere all’uso di
ulteriori piani, per mezzo dei quali individuare i punti
della sezione cercata.
Vediamo adesso alcuni esercizi esemplificativi di quanto detto finora:
Caso A :
Sezionando prismi o cilindri con dei piani proiettanti , posizionati come nell’esempio A, si
ottengono immediatamente entrambe le immagini della sezione , quindi l’unico intervento
grafico può consistere nella ricerca della vera grandezza. Ovviamente questa la si otterrà
con una semplice operazione di ribaltamento del piano che la contiene su uno dei piani di
proiezione.
Nell’esempio che segue la vera grandezza della sezione è stata ottenuta ribaltando il
piano sul P.O.
Fig. 1 : sezione di un prisma esagonale retto con piano proiettante in seconda proiezione.
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Si possono verificare anche dei casi in cui una delle due immagini della sezione non è
evidente. Ciò succederà in tutti quei casi in cui il piano sezionante passerà per una
delle basi del solido.
Sarà sempre comunque possibile trovare l’altra immagine con estrema semplicità.
Vediamo un esempio nella figura successiva :
Fig. 2: vista assonometrica ed in proiezioni ortogonali di un prisma retto a base triangolare sezionato da un piano
parallelo al P.V.
Come si può osservare il piano proiettante, parallelo al P.V., ci fornisce immediatamente le due
immagini della sezione nei piani dove è proiettante ( la prima e la terza) mentre la seconda
proiezione viene ricavata da semplici operazioni proiettive.
Fig. 3 : sezione di cilindro con piano perpendicolare al P.O.
Fig. 4 : sezione di parallelepipedo con piano perpendicolare al P.V.
Caso B
Sezionando un prisma o un cilindro, poggianti con una base sul P.O., con un piano
generico , una delle immagini delle sezioni coinciderà sempre con la proiezione della
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base (a meno che quest’ultima non venga tagliata dal piano). La proiezione mancante
potrà essere individuata applicando ai punti della sezione le condizioni di appartenenza (i
punti della sezione sono punti del piano ed in quanto tali debbono appartenere a rette
dello stesso).
Basterà quindi, per ogni punto, far passare una retta del piano e trovare il corrispondente
nell’altra proiezione.
Fig. 5 : sezione di un parallelepipedo con
piano generico.
Nella fig. 5 la seconda proiezione della
sezione è stata trovata usando due rette
frontali del piano generico .
Anche in questo caso il piano generico
potrebbe sezionare una delle basi del
solido.
Il procedimento resta comunque valido
poiché se l’intersezione avviene con la
base che poggia sul piano, sarà evidente
che i
punti della sezione
saranno
individuati direttamente dalla traccia del
piano: nell’esempio della fig.6 si può
osservare lo stesso solido precedente
sezionato con un piano generico che taglia
la base di appoggio.
Fig. 6: sezione di un parallelepipedo con piano
generico passante per la base inferiore
Può capitare, invece, che venga sezionata la base superiore. In questo caso il procedimento
diventerà simile a quello che descriverò per il caso D. Si tratterà di utilizzare, nel caso in esame, un
piano contenente tutta la base superiore e, trovata le retta intersezione di questo con il piano
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generico e poi vedere dove attraversa l’altra proiezione della base. Vedremo comunque meglio il
procedimento nelle prossime pagine.
Caso C
Se sezioniamo un cono o una piramide con un piano proiettante avremo una proiezione
della sezione: quella coincidente con la traccia proiettante del piano. Per trovare l’altra
immagine in genere è sufficiente considerare altri elementi del solido (spigoli o generatrici)
che passano per i punti della sezione e ritrovarne i punti nell’altra immagine, sui rispettivi
elementi.
Figg. 7 e 8 : sezione di una piramide
esagonale con piano perpendicolare al Piano
Verticale
A volte è utile fare uso di piani paralleli alla
base del solido: nella figura 9 la sezione
cono è stata ottenuta in prima proiezione
utilizzando dei piani paralleli alla sua base
(e quindi al P.O.) Tali piani hanno come
prima proiezione della sezione una
circonferenza, che sarà tanto più piccola
quanto più il piano si avvicinerà al vertice.
Le circonferenze così ottenute ci
consentono di posizionare con esattezza i
punti della sezione cercati. Ovviamente
anche in questo caso può accadere che il
piano sezionante possa interessare la base
del solido , come nell’esempio mostrato,
oppure essere esterno. In ogni caso il
procedimento indicato è lo stesso.
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Fig. 9 : sezione del cono con piano perpendicolare al
P.V. Essendo il piano sezionante parallelo alla generatrice del cono si ottiene una parabola
Caso D
Nel caso in cui viene sezionato con un piano generico un cono o una piramide ( e, di
regola in tutti quei casi in cui non è possibile usufruire della possibilità di individuare una
proiezione della sezione, come, per esempio, nei solidi con l’asse inclinato rispetto ai piani
di proiezione) non avendosi alcuna immagine della sezione si deve applicare una
procedura diversa.
Il metodo che vedremo ha carattere generale e va utilizzato in tutti i casi in cui si cercano
punti che appartengono contemporaneamente a più enti geometrici: sezioni, intersezioni
tra rette e piani, tra rette e solidi, ricerca di ombre,... ecc.). Esso consiste nell’utilizzare dei
piani proiettanti che contengano sia elementi del solido e sia parti del piano (retta
intersezione). Costruendo le proiezioni di tali elementi si otterrà un’immagine in cui
verranno evidenziati i punti in comune tra la sezione effettuata dal piano proiettante e la
retta intersezione tra questo ed il piano generico. Tali punti sono gli unici ad appartenere
sicuramente sia al solido (perché della sezione) e sia al piano generico (perché della
retta)., saranno quindi della sezione. Continuando con questo metodo si possono trovare
tutti i punti che servono per ricostruire entrambe le proiezioni della sezione cercata.
Fig. 10 : sezione di piramide con piano generico
Nella fig.10 viene illustrata la sezione di una piramide triangolare con piano generico. I
punti P, R e Q, della sezione sono stati trovati utilizzando rispettivamente tre piani
e
perpendicolari al P.O. Ognuno di questi piani contiene una sezione triangolare della
piramide ( in particolare contiene uno spigolo di essa) ed una retta del piano generico
. (rispettivamente la r, b e a .In prima proiezione tutto coinciderà ovviamente sulla traccia
di ogni piano proiettante ma sul piano verticale sarà facile individuare l’unico punto in
comune. Il punto R”, in comune alla retta a” e allo spigolo A”V“, il Q” tra la retta b “e lo
spigolo B”V” il P” , tra la retta r” e lo spigolo C”V”. Riportando i punti della sezione così
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trovati sui rispettivi spigoli della prima proiezione si completa la ricerca. Anche in questo
caso la vera grandezza della sezione si otterrà ribaltando il piano su uno dei piani di
proiezione.
Vediamo adesso alcuni esempi della stessa applicazione:
 Ricerca del punto di intersezione tra una retta r ed un piano generico
T”r
t”
t”
T”s
r”
r’
T’r
s’
t’
.
Per una delle immagini della retta si
traccia un piano proiettante ( )che
la contiene. Si seziona il piano
generico ottenendo la retta di
intersezione s e, nella prima
immagine di trova il punto P’, unico
punto in comune alla retta ed al
piano. Successivamente si trova la
seconda immagine di P sulla
seconda proiezione della retta.
t’
Fig. 11 : ricerca del punto intersezione tra un piano generico ed una
retta generica
 Intersezione tra una retta r ed una.piramide :
2”
T”r
1”
Si fa passare un piano proiettante
che contiene la retta (in fig. il piano
).
Si trova la sezione della piramide
con il piano
(in figura è
tratteggiata).
Nella seconda immagine si ricavano
i punti 1 “ e 2” in comune alla retta
ed alla piramide e successivamente,
per proiezione si ricavano le due
prime roiezioni 1’ e 2’.
2’
T’r
1’
Fig. 12: intersezione tra retta e solido
 ombre di un punto su di un piano generico:
A”
A”o
A’
A’o
Il Punto A, colpito da un raggio di
luce s proietterà la sua ombra sul
punto A O del piano generico.
Anche in questo caso si tratta di
trovare l’intersezione di una retta
con un piano quindi il procedimento
è il medesimo: fatto passare un
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piano proiettante che contiene il raggio d’ombra del punto, si fa la retta d’intersezione con
il piano generico e, nell’altra proiezione si trova il punto in comune.
Fig. 13: ombre di un punto su un p.g.
INTERSEZIONI
L’argomento che affronteremo adesso costituisce uno degli aspetti più importanti della geometria
descrittiva. Infatti, attraverso la conoscenza dei principi fondamentali e delle tecniche di
applicazione sarete in grado di risolvere qualunque problema basato sulla ricerca di elementi in
comune a più enti geometrici. Ad esempio la ricerca della linea d’incontro tra diverse falde,
progettando le coperture, oppure la visualizzazione delle diverse morfologie ottenibili
compenetrando volumi diversi (fondamentale problema sia in modellato che in architettura).
Intanto alcune osservazioni semplici per chiarire meglio quale sarà l’oggetto della ricerca, nelle operazioni di
intersezione:
1) Se l’intersezione avviene tra elementi geometrici ad una sola dimensione, cercheremo il punto in comune ai due
elementi;
2) Se avviene tra un elemento monodimensionale e uno bidimensionale cercheremo ancora un punto;
3) Se avviene tra un elemento monodimensionale e uno tridimensionale cercheremo i due punti in comune sulla
superficie esterna del solido;
4) Se avviene tra elementi bidimensionali cercheremo un segmento, se si tratta di figure piane, una retta, se
intersechiamo dei piani;
5) Se l’intersezione avviene tra un elemento bidimensionale e uno tridimensionale cercheremo una figura piana, i
cui punti appartengono contemporaneamente ad entrambi gli elementi ( ad esempio le sezioni che abbiamo già
visto)
6) Se avviene tra due elementi tridimensionali cercheremo la linea di contorno formata dai punti in comune alle
superfici laterali dei solidi in considerazione.
Punto 1
L’intersezione tra elementi ad una sola dimensione, siano essi segmenti o rette, può avvenire solo se questi sono
complanari, se cioè appartengono allo stesso piano.
Il punto d’intersezione sarà quello in comune ai
due elementi e per trovarlo basterà applicare la
prima condizione di appartenenza: un punto
appartiene ad una retta (un segmento o semiretta)
se ha le proiezioni sulle proiezioni della retta
(segmento o semiretta).
Ovviamente il punto cercato sarà quello dove si
incontrano tutte le
immagini nelle varie
proiezioni.
Nella figura qui accanto potete osservare come il
punto P, intersezione tra la retta rossa e quella
blu, abbia sempre le proiezioni sulle proiezioni di
entrambe le rette.
Osservate, inoltre, che le rette sono complanari,
entrambe, infatti, appartengono al piano indicato
con le tracce verdi.
Punto 2
L’intersezione tra elementi ad una dimensione
con figure piane può presentare soluzioni molto
semplici ma anche relativamente complesse.
Nella figura accanto vi mostro una soluzione semplice, sulla quale
però è necessario fare un’osservazione importante.
La ricerca del punto P in questo caso è facilitata dalla posizione
del rettangolo . Esso, infatti, risulta proiettante in seconda
proiezione, mettendo così in evidenza anche il punto che ha in
comune con la retta r.
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Questo è un caso particolare. Nei casi in cui ciò non avviene bisognerà operare come nelle sezioni di tipo D; cioè
utilizzare un piano con cui sezionare entrambi gli elementi…Ma vedremo ancora questo procedimento… vi ho già detto
che sarà il tormentone dell’anno, no?
Punto 3
Questo caso è stato gia esemplificato trattando le sezioni dei solidi, quindi vi rimando alla figura 12 dell’ultima pagina
delle sezioni. In quella figura potete osservare il caso generale, cioè il metodo risolutivo che va sempre applicato tutte le
volte che non risulta evidente l’intersezione. A volte, infatti, le superfici dei solidi possono essere proiettanti facilitando
la ricerca, come nel caso precedente.
Punto 4
In questo caso ci interessa analizzare, soprattutto, l’intersezione tra piani. Sapete già che due piani, quando si
intersecano, generano una retta (ad esempio la Linea di Terra i cui punti appartengono contemporaneamente a due piani
di proiezione).
Per la ricerca di tale retta si applica la
seconda condizione di appartenenza: una
retta appartiene ad un piano se ha le
tracce sulle tracce omonime del piano.
Nel caso di intersezione tra piani la retta
quindi dovrà appartenere ad entrambi . Da
ciò si deduce che le sue tracce potranno
essere soltanto i punti in cui le rispettive
tracce si incontrano.
Nella figura accanto vedete le immagini della
retta r, intersezione tra i due piani generici.
Il caso mostrato è tra i più semplici ma anche
quelli che apparentemente sembrano più
complessi si risolvono facilmente con la
stessa procedura: si cercano le tracce della
retta intersezione; trovate queste all’incrocio
delle tracce omonime dei piani si fanno le
proiezioni.
I casi che si possono presentare sono
ovviamente infiniti, per cui farò solo
qualche esempio per ribadire il valore del
procedimento.
Qui accanto vedete due piani, entrambi
perpendicolari al P.O.
La retta intersezione sarà anch’essa
proiettante ed in particolare tutta la sua
prima immagine coinciderà con la traccia
prima.
Se provate ad applicare anche in questo caso
il procedimento precedente vedrete che
partendo dalle tracce (la prima è dove si
incrociano le tracce prime dei piani, la
seconda dove si congiungono le tracce
seconde, cioè all’infinito nella direzione
perpendicolare alla linea di terra) è facile
ottenere le proiezioni della retta, cioè:
proiettata la prima traccia sulla linea di terra
si traccia una retta fino alla seconda traccia;
Un ultimo esempio per mostrare il caso in
cui le tracce dei piani si incontrano in un
altro diedro.
Come potete osservare il procedimento è
sempre lo stesso: basta prolungare le tracce
dei piani e trovare l’intersezione. Trovate
così le tracce basterà portarle sulla linea di
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terra e unirle rispettivamente alla traccia non proiettata.
Punto 5
Questo punto riguarda le sezioni ed è stato già ampiamente trattato, quindi vi rimando alle pagine precedenti.
Punto 6
Eccoci finalmente alle
INTERSEZIONI DI SOLIDI
Le intersezioni tra elementi geometrici costituiscono l’aspetto più interessante per chi, come voi, è
interessato alla progettazione tridimensionale. In particolare le compenetrazioni tra solidi offrono
una infinita varietà di soluzioni compositive, facilmente ottenibili con le semplici regole già viste.
La regola principale è quella che ormai, spero, tutti conoscete: ogni volta che interessa trovare
punti o figure piane (sezioni o intersezioni), in comune a più elementi geometrici bisogna
utilizzare un piano con cui effettuare una sezione di entrambi gli elementi. Ottenute queste
ultime, le eventuali sovrapposizioni ci forniranno i punti che sicuramente appartengono ad
entrambi gli elementi.
In pratica l’uso del piano ( meglio se proiettante) consente di ottenere una visione complanare delle
parti che ci interessano; in tal modo saremo sicuri che le eventuali intersezioni saranno reali e non
dovute a proiezioni che si sovrappongono.
Ma facciamo qualche esempio.Per cominciare
completiamo il discorso relativo al al punto 2:
La figura qui accanto mostra l’intersezione tra
una retta
(disegnata parzialmente) ed una
piramide retta triangolare.La ricerca dei punti
d’intersezione tra retta e piramide è mediante
un piano perpendicolare al P.O. che contiene la
retta ( la t’ del piano contiene la prima
immagine della retta, la seconda traccia è stata
omessa per ragioni di spazio. Essendo il piano
proiettante esso sicuramente conterrà la retta).
Effettuata la sezione della piramide si è
t’
ottenuto, in seconda proiezione, il triangolo 12-3, tratteggiato in rosso. I punti O e V, comuni
alla seconda immagine della retta e alla sezione,
sono i punti cercati.
Notate che se si ripete l’operazione
immaginando
di
utilizzare
un
piano
perpendicolare al P.V., fatta la sezione 4-5-6, si
otterranno, ovviamente gli stessi punti.
In quest’altra immagine potete osservare l’intersezione
tra una retta e un ottaedro.
Anche in questo caso sono state effettuate le sezioni sia
considerando (senza disegnarlo) un piano
perpendicolare al P.O., contenente la retta verde, e sia il
piano proiettante in seconda proiezione.
Le sezioni sono in rosso e come potete osservare il
risultato è sempre uguale.
E’ sufficiente quindi operare una sola sezione.
Gli esempi fatti rientrano nei casi indicati al punto 2 ma
il procedimento attuato ha, ripeto, carattere generale.
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Nelle pagine successive vedremo alcuni esempi di compenetrazioni tra solidi, sperando che Laura
riesca a trovare un po’ di tranquillità
Cominciamo con un caso
abbastanza
semplice:
compenetrazione
tra
una
piramide ed un parallelepipedo
Come potete vedere le sezioni si
ottengono facendo passare dei
piani proiettanti per le facce del
parallelepipedo.
Ad
es.
considerando
il
piano
perpendicolare al P.O. passante
per la faccia EGLM si ottiene la
sezione 123 sulla piramide.
Questa coinciderà con la faccia
del prisma fino ai punti P ed N;
la parte coincidente è quella dei
punti in comune che stavamo
cercando.
Ripetendo
l’operazione per le altre facce si
completa il disegno.
In particolare notate che in
questo caso è necessario
considerare anche un piano
parallelo al P.O. passante per la
faccia
superiore
del
parallelepipedo.
La compenetrazione successiva,
tra una piramide ed un prisma, è
molto simile al disegno fatto
da
voi;
quindi
posso
esimermi dal dare ulteriori
spiegazioni.
D’altra parte
ripeterei ancora una volta le
stesse cose con il rischio di
provocare un’epidemia di
noia mortale o un eccesso di
crisi di rigetto.
In ogni caso le sezioni sono
ben visibili.
Magari posso aggiungere una
sola nota per accontentare
Laura: in prima proiezione si
vede la parte che emerge
della piramide. E’ stata
ottenuta considerando il
piano parallelo al P.O.
passante per la faccia del
prisma che, ovviamente, dà
come sezione un ottagono
simile alla base. Non ti
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ricorda il cono?
Compenetrazione tra
un prisma triangolare
ed un ottaedro.
Anche se a prima vista
questo esercizio può
sembrare complesso,
esso è ancora più
semplice
del
precedente.
Infatti è sufficiente far
passare
tre
piani
perpendicolari al P.O.,
contenenti i tre spigoli
del prisma e, fatte le
sezioni dell’ottaedro,
vedere quali sono i
punti in comuni alle
sezioni con i rispettivi
spigoli.
Osservando la figura
potrete
facilmente
individuare
il
procedimento anche se
i piani non sono
segnati.
Compenetrazione tra
cono e cilindro.
Anche in questo caso
i piani, tutti paralleli
al P.O. contengono
le generatrici del
cilindro.
O ,meglio ancora,
vengono usati per
ottenere sia la sezione
del cilindro (un
rettangolo) e sia quella
del cono (un cerchio)
vedendo poi quali sono
i punti in comune alle
due sezioni.
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Compenetrazione tra prisma e
cilindro.
Anche questo caso può essere
risolto con facilità sezionando il
tutto con dei piani proiettanti in
prima proiezione. Questi ci
forniranno immediatamente le
sezioni (che saranno dei rettangoli
per entrambi i solidi)
all’intersezione delle quali si
trovano i punti in comune.
Ovviamente si poteva risolvere
utilizzando anche altri piani; ad
esempio i due piani contenenti le
facce inclinate del prisma.
Trattandosi però di piani generici
il procedimento sarebbe stato più
complesso e lungo.
Se però siete curiosi possiamo
risolverlo così nella prossima
esercitazione.
Come ultimo esempio vediamo la compenetrazione tra una
sfera ed un cilindro.
Penso che ormai il procedimento sia chiaro: anche in questo
caso la soluzione più conveniente è quella di usare piani
paralleli al P.V. Le sezioni infatti sono semplici (cerchi per la
sfera e rettangoli per il cilindro) e di facile esecuzione.
Ovviamente nel caso di intersezioni curve è sempre conveniente
trovare più punti possibile e quindi più piani.
Adesso possiamo considerare concluso l’argomento e
prepararci per la Teoria delle Ombre.
Se quanto fatto finora è stato assimilato vedrete che non ci sarà
nessuna difficoltà. Infatti non faremo altro che applicare le
stesse regole senza aggiungere alcuna novità.
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TEORIA DELLE OMBRE
La scorsa lezione abbiamo cominciato (finalmente) la Teoria delle Ombre. In questi appunti
cercherò di sintetizzare gli argomenti trattati, aggiungendo alcune immagini che sicuramente
serviranno a rendere più evidenti i procedimenti e le teorie trattate.
Cominciamo con le possibili sorgenti di luce:
Sorgente di luce
naturale (all’infinito):
I raggi luminosi sono rette
parallele tra loro che, dopo
aver colpito l’oggetto,
formano un prisma ( o un
cilindro) d’ombra.
Nell’ immagine accanto
potete notare come l’ombra
portata del quadrato venga
definita dalle intersezioni
con il piano
dei raggi
luminosi passanti per i
vertici: cioè dalle tracce
che i raggi hanno sul piano
.
Sorgente di luce artificiale:
I raggi luminosi sono
semirette
che
hanno
origine nella sorgente di
luce e che, dopo aver
colpito l’oggetto, formano
una piramide ( o un cono)
d’ombra.
Da notare che mentre nel
caso precedente l’ombra di
una figura parallela ad un
piano era identica alla
figura, in questo caso si
ottiene una variazione
dimensionale .
In Proiezioni Ortogonali viene in genere utilizzata la cosiddetta ombra a 45° ottenuta adottando una
direzione particolare della sorgente di luce all’infinito: i raggi luminosi hanno la direzione della
diagonale di un cubo poggiante con una faccia sul P.O e una sul P.V.
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Come si vede in figura, la direzione della retta r ha come proiezioni due rette che formano con la
linea di terra angoli di 45°. Dal ribaltamento si può osservare la misura dell’angolo reale tra la retta
e i piani.
Veniamo adesso al procedimento di costruzione delle ombre.
Come già sapete esso è
semplice e consiste, in pratica,
nella
ricerca
dei
punti
d’intersezione
dei
raggi
luminosi che passano per
l’oggetto con le superfici che
questi raggi incontreranno. Se
non
vi
sono
elementi
geometrici che interrompono il
percorso dei raggi, questi
incontreranno i piani di
proiezione e quindi l’ombra
coinciderà con la traccia del
raggio luminoso.
Ovviamente una retta ha tante
tracce quanti sono i piani di
proiezione e questo ci consente
di inserire un altro concetto: definiremo ombra reale quella trovata sul piano effettivo di proiezione
(cioè Tr’ sul P.O. oppure Tr” sul P.V.), chiameremo ombra apparente o virtuale quella che invece
ha un nome diverso dal piano in cui si trova ( ad es. A’o sul Piano Verticale oppure un’ombra
seconda sul primo piano di proiezione).
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Nella figura accanto
vi propongo una
immagine
assonometrica in cui
è possibile osservare
quanto detto in
precedenza: l’ombra
reale del punto P
coincide con la
seconda traccia della
retta r mentre la
traccia prima (nella
parte posteriore del
piiano orizzontale) è
l’ombra apparente o
virtuale.
Notate anche, in
giallo, il piano :
esso contiene il
raggio luminoso r e
quindi l’ombra del
punto P.
L’importanza di
questo piano
diventerà
fondamentale quando
il raggio luminoso
incontrerà altri
elementi geometrici
prima di raggiungere
il piano di
proiezione. Infatti
con esso dovremo
sezionare gli
elementi interposti
per poi verificarela
reale intersezione in
altra proiezione.
Ma non anticipiamo i problemi. Adesso vi basti notare (guardate la rappresentazione geometrica)
come l’ombra reale del punto si trovi sulla traccia seconda del piano:
la traccia seconda di non è altro che la sezione che fa sul piano Verticale.
(la traccia di un piano è la retta d’intersezione tra il piano considerato e un piano di proiezione,
ricordate?)
Vediamo adesso alcuni esempi, ancora in assonometria, riguardanti l’ombra di segmenti comunque
posizionati nello spazio.
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In figura: segmento perpendicolare al P.L., generico, perpendicolare al P.V, perpendicolare al P.O.
Qui accanto,
in proiezioni
ortogonali,
gli stessi
segmenti
con le
relative
ombre.
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In queste due immagini vediamo l’ombra portata
di un rettangolo parallelo al piano verticale.
Nella costruzione delle ombre è stata trascurata
l’ombra apparente poiché il parallelismo della
figura con il piano verticale rende più
immediato il ritrovamento del punto sulla linea
di terra in cui le ombre si spezzano.
Faccio ancora un esempio:
proiezioni e ombre di un
triangolo parallelo al piano
verticale (voi avete fatto un
triangolo parallelo al P.O.)
Anche in questo caso ho omesso
la costruzione dell’ombra virtuale
in prima proiezione poiché è stato
sufficiente utilizzare i punti 1 e 2
per trovare la restante ombra sul
piano verticale.
Penso che gli esempi riportati siano sufficienti ad illustrare il procedimento esecutivo che, tra
l’altro, non presenta alcuna difficoltà trattandosi di una procedura altamente ripetitiva: a seconda
delle figure cambiano solo il numero dei punti ma non il procedimento.
Comunque, per non sentirmi in colpa, nella pagina successiva vi mostro la procedura per l’ultimo
disegno della vostra tavola attuale:
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Proiezioni e
ombre di un
cerchio
parallelo al
piano laterale:
visione
assonometrica.
Proiezioni e ombre di un cerchio parallelo al
piano laterale:
visione in proiezioni ortogonali
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OMBRE DEI SOLIDI
Nella costruzione delle ombre dei solidi faremo ancora riferimento alla sorgente di luce posizionata
all’infinito, nella direzione della diagonale del famoso cubo, poggiante su P.O. e P.V. Cioè
tratteremo ancora le cosiddette ombre a 45°.
Diversamente da quanto visto per le figure piane, nel caso dei solidi potremo incontrare diversi tipi
di ombre. Più precisamente:
 Ombra propria : quella che risiede nella parte non illuminata del solido;
 Ombra autoportata: quella che il solido proietta su se stesso.
 Ombra portata: quella che il solido proietta al di fuori di esso, su altri elementi;
Quest’ultima, a sua volta, può risiedere sui piani di proiezione e quindi essere reale o apparente,
secondo quanto abbiamo visto per le figure piane, oppure può essere portata su altri elementi
geometrici . In quest’ultimo caso e nel caso delle ombre proprie e autoportate saranno visibili le
sue immagini su ogni piano di proiezione.
La linea che nella superficie del solido separa la parte in luce da quella in ombra si chiama
separatrice d’ombra. Essa è sempre una linea chiusa e coincide con il contorno dell’ombra portata.
Vediamo
un
esempio
in
assonometria: nella
figura qui accanto
potete
osservare
l’ombra portata (in
grigio)
di
una
piramide quadrata,
ottenuta cercando
solo le ombre del
vertice, in quanto la
base poggia sul
piano e quindi
coincide con la sua
ombra reale.
L’ombra propria è
evidenziata
in
verde scuro nella
parte visibile del
disegno ma si
intuisce che altre
parti della piramide
non sono illuminate
dai raggi di luce. In
particolare saranno
in ombra anche le
facce VBC e la
base ABCD.
E’ evidente, a
questo punto, che
la
separatrice
d’ombra è quella
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linea che unisce gli spigoli che hanno agli estremi i seguenti vertici: VDABV.
Si può ancora notare come l’ombra portata unisca le ombre degli stessi vertici. Infatti il contorno
dell’ombra portata non è altro che l’ombra della separatrice.
La
ricerca dell’ombra in proiezioni
ortogonali è, a questo punto,
immediata. Come infatti potete
osservare nella figura accanto il
procedimento si riduce alla ricerca
dell’ombra del vertice.
In realtà molti esercizi richiedono
applicazioni semplici e rapide ma
credo che ormai sia acquisita la
consapevolezza che non è il risultato
in sé che ci interessa, bensì
l’acquisizione consapevole delle
conoscenze
specifiche
che
consentono una libera applicazione
delle stesse (ricordate il discorso sulla
democrazia?).
Vediamo ancora qualche esempio con la stessa
piramide posizionata diversamente:
In questo caso la piramide poggia con il vertice
sul piano orizzontale e quindi l’unica ombra già
conosciuta è quella del vertice. Trovata con la
solita procedura l’ombra degli altri vertici
otteniamo le ombre di tutti gli spigoli. Quelli
che formano il contorno dell’ombra portata ci
indicano la separatrice d’ombra.
Nel caso in esame essa è la linea che unisce i
seguenti vertici: VDCBV.
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In proiezioni ortogonali il
procedimento,
anche
se
riguarda
più
vertici
del
precedente, è sempre semplice.
Osservate che nella ricerca delle
ombre è stata omessa l’ombra
apparente della base poiché è
sufficiente quella apparente del
vertice V per trovare le
direzioni degli spigoli V”B” e
V”D”. Sapendo poi che
l’incontro delle ombre avviene
sulla L.T. da questi punti (1 e 2
in figura) basta unire con
l’ombra del vertice V sul P.O.
Un’ultima notazione sull’ombra
propria: è stata evidenziata in
verde scuro solo la seconda
immagine della faccia VCD
perché è l’unica visibile. Dalla
separatrice sappiamo però che
anche la faccia VCB è in
ombra.
Un ultimo esempio ancora con questa
simpaticissima
(?)
piramide
posizionata
diversamente.
Come potete osservare ha l’asse inclinato rispetto
ad entrambi i piani di proiezione e poggia con un
vertice di base sul P.O.
Non ho aggiunto la costruzione con il paino
ausiliario perché ormai sapete come si usa e
quindi rischiavo di annoiarvi. Osservate, invece,
come la ricerca delle ombre sia abbastanza
semplice: trovate le ombre di tutti gli spigoli dal
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contorno si risale alla separatrice d’ombra…ed il gioco è fatto!
In quest’altro esempio vedete le ombre di un prisma quadrato poggiante con la base sul P.O.
Credo che ormai non ci sia niente da dire: l’ombra della base inferiore coincide con la prima
proiezione quindi trovata quella della base superiore…. ma… lo sto dicendo??
In questo caso la
vittima è un cono
poggiante con il vertice
sul piano orizzontale e
asse perpendicolare al
P.O.
L’unica differenza con
la
piramide
che
abbiamo visto prima è
che la base ci darà
un’ombra
fatta
di
curve, per la gioia di
tutta la classe.
Ricordatevi, però, la
costruzione
delle
tangenti!
Anche il cilindro non
presenta difficoltà o
elementi
innovativi
rispetto a quanto detto
finora, quindi taccio e
lascio a voi la lettura
del disegno.
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In questa pagina inseriamo, invece, un elemento diverso. Non nuovo, perché ne abbiamo parlato
talmente tanto che dovremmo essere in crisi da rigetto almeno da due mesi.
Si tratta del solito famigerato procedimento adottato nelle sezioni di solidi con piano generico e
nelle compenetrazioni. Avete già capito che mi riferisco all’uso del piano proiettante che contiene
uno degli elementi del disegno e alla sezione ottenuta da questo. Ma vediamo ancora una volta (ma
che sia l’ultima!) la procedura.
In alto a sinistra della pagina successiva viene evidenziata la ricerca dell’ombra di un punto P
sull’ottaedro (che è come dire l’ombra del vertice della piramide).
L’ombra, se capita sull’ottaedro, sarà data dall’incontro del raggio di luce che passa per P con il
solido. Il problema diventa quindi conosciuto: intersezione tra retta e solido. Procedura: scelto un
piano proiettante che contiene la retta si seziona con questo il solido in oggetto.Si cerca poi
nell’altra immagine l’eventuale intersezione tra la sezione appena costruita e la retta.
Nel nostro caso il piano scelto è quello perpendicolare al P.O. mentre la sezione dell’ottaedro e la
seconda immagine della retta (se preferite: del raggio d’ombra) e segnata in rosso-arancio.
Nella figura potete adesso seguire i vari passaggi ed identificare le ombre proprie e quelle portate.
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Notate che l’ombra della piramide sull’ottaedro e le ombre proprie appaiono ovviamente due volte
poiché si tratta di proiezioni di ombre e non di ombre reali o apparenti.
A questo punto abbiamo tutti gli elementi teorici e tecnici per risolvere qualunque problema della
geometria proiettiva. Soprattutto se vi è chiaro che la ricerca dell’ombra non è altro che la ricerca
del punto di intersezione tra una retta e qualcos’altro.
Nella figura successiva vi mostro ancora un esempio in cui una piramide pentagonale proietta la sua
ombra su un prisma ottagonale. In questo caso ho preferito non usare la direzione della luce che
abbiamo adottato all’inizio: non si tratta quindi di ombre a 45° ma di ombre ottenute da una
direzione diversa.
Questa scelta è per sottolineare il fatto che si tratta comunque di rette e delle loro intersezioni. In
particolare vi ricordo che nel caso di ombre reali e apparenti l’ombra coincide con le tracce
della retta.
Credo che la figura riesca a mostrare chiaramente il procedimento adottato nella ricerca dell’ombra
proiettata sul prisma anche se sono state omesse le tracce dei piani che in questo caso invece di
contenere i raggi di luce contengono spigoli del prisma. E’ lo stesso procedimento che abbiamo
utilizzato tante volte nelle compenetrazioni tra solidi quindi non lo ripeterò …almeno per ora.
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Chiudo questi appunti con un’ultima immagine che potrebbe sembrare terroristica ma che in realtà
non presenta alcuna novità rispetto a quanto detto in precedenza.
Ovviamente si tratta di un parallelepipedo poggiante con una base su un piano generico che fa
ombra sullo stesso piano generico.
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