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2. Criminalità e sviluppo economico
2.1 Il quadro teorico di riferimento
Gli studi teorici ed empirici sulla relazione povertà, arretratezza economica e criminalità non danno
risposte univoche. Tuttavia, sebbene non siano stati individuati precisi canali direzionali e chiari nessi
causa-effetto nei rapporti tra gli standard di sicurezza e il livello di sviluppo economico, è certo che sono
fattori tra loro interdipendenti, che esercitano influenze reciproche.
Un paradigma corretto, capace di innescare un circolo virtuoso di crescita, muove da un buon livello
di sicurezza che stimola lo sviluppo delle attività economiche e produce più benessere, il quale a sua
volta determina un ulteriore miglioramento degli standard di sicurezza.
Al riguardo, non si può fare a meno di considerare le basi fondanti dei meccanismi economici dell’impresa, quali la concorrenza per l’allocazione ottima delle risorse e la produzione in regime di massima
efficienza. Qualunque elemento di disturbo introduca delle varianti in questi equilibri determina, a vario
titolo, delle perdite di efficienza del sistema. Vale a dire che nella misura in cui la presenza della criminalità modifica la struttura competitiva dei mercati, imponendo scelte e creando monopoli, tale presenza finisce per produrre un allontanamento strutturale dal modello di efficienza dell’economia di mercato, pregiudicandone la possibilità di conseguire un risultato sociale “ottimo”.
La presenza di criminalità determina, quindi, esternalità negative che riducono l’attività economica in
molti settori, scoraggia gli investimenti nazionali ed esteri, riduce la competitività delle imprese in quanto impone maggiori costi per la sicurezza, rialloca risorse creando incertezza ed inefficienza.
Scomponendo l’attività economica in vari sottogruppi, si nota, inoltre, che la presenza di criminalità
pesa sul sistema creditizio come elemento che innalza il costo del denaro ed aumenta la rischiosità. Ciò
ha un’ulteriore conseguenza: in zone ad alto tasso di criminalità le imprese possono incorrere con maggiore possibilità in situazioni di racket e usura, sia perché questi fenomeni malavitosi sono più diffusi,
sia perché le imprese, riscontrando maggiori problemi con il sistema bancario, possono essere maggiormente costrette ad incorrervi.
Quella che ne deriva è una “contabilità” incredibilmente ricca e complessa, fatta di costi diretti ed indiretti, pur sempre riconducibili alla presenza della criminalità. Definire, quindi, l’attività illegale come una
sorta di tassa che grava sull’intera economia non è poi così lontano dalla realtà.
Il raggiungimento di elevati standard di sicurezza, da solo, però, non è in grado di attivare e garantire dinamismo economico: la mancanza di sicurezza è ciò che allontana gli imprenditori da un territorio,
deprimendo l’investimento in un’area geografica, ma, per essere attrattivo, l’ambiente non deve neppure soffrire di debolezze strutturali. La relazione che intercorre tra livello di sviluppo e grado di sicurezza, soprattutto nel contesto di un Paese con conflitti interni dovuti ad alti differenziali di sviluppo tra le
sue regioni, si presenta, quindi, come un nesso di reciprocità dall’equilibrio molto delicato.
Un territorio condizionato da scarsi standard di sicurezza e da carenze strutturali non risulta attrattivo
per imprenditori ed investitori. Inoltre, se tali condizioni inducono un elevato tasso migratorio, il territorio depaupera anche le sue energie lavorative, influenzando ancor più negativamente la percezione
delle vicende economiche e dei rischi che possono derivare dalla violenza criminale.
Con riferimento al “sistema-Paese”, non può tacersi una congiuntura economica internazionale assai
problematica e non possono ignorarsi le altre carenze strutturali, in particolare nel Mezzogiorno, ma
risulta altrettanto certo che la presenza di criminalità costituisce un ulteriore elemento di svantaggio, in
termini di investimenti pubblici per la sicurezza e per il contrasto alla criminalità che invece potrebbero
essere impiegati più produttivamente.
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2.2 Le fonti statistiche per lo studio della criminalità in Italia
Entrando nello specifico, in Italia, le statistiche ufficiali della delittuosità fanno riferimento ai reati registrati dalle Forze dell’Ordine e, da questi, denunciati all’Autorità Giudiziaria. Si tratta, quindi, di dati rilevati dalle agenzie e prefetture per mezzo di attività di investigazione o, più semplicemente, a seguito
delle denunce dei cittadini e fanno riferimento al numero di delitti e di persone denunciate.
Misurare la dimensione della criminalità a livello locale è un’operazione complicata da una serie di
motivi. I dati relativi ai delitti denunciati a partire dall’anno 2004 non sono omogenei rispetto a quelli degli
anni precedenti, per profonde modificazioni nel sistema di rilevazione, nonché per variazioni nell’universo di rilevazione.
Fino al 2003 il sistema di rilevazione faceva riferimento al cosiddetto “modello 165”. Si trattava di un
modello cartaceo che veniva compilato dalle diverse prefetture dislocate sul territorio nazionale e che
veniva trasmesso all’Istat e al Ministero dell’Interno che, congiuntamente, elaboravano i dati. Tale
modello rilevava i reati denunciati su un determinato territorio da Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri
e Guardia di Finanza e non quelli effettivamente avvenuti nel territorio.
Dal 2004 la nuova banca dati utilizzata per le statistiche della delittuosità è il Sistema di Indagine
(S.D.I.), ovvero lo strumento utilizzato per le attività interforze di polizia. In tale Sistema sono contenute tutte le informazioni su ogni fenomeno rilevato dalle Forze dell’Ordine, compresa l’esatta indicazione
del periodo e del luogo del delitto commesso.
Dal 2004 vengono quindi considerati, oltre ai delitti denunciati all’Autorità giudiziaria da Polizia di
Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza, anche quelli denunciati dal Corpo Forestale dello
Stato, dalla Polizia Penitenziaria, dalla Direzione Investigativa Antimafia e da altri uffici (Servizio
Interpol, Guardia Costiera, Polizia Venatoria ed altre Polizie locali). Ulteriori differenze derivano da una
diversa classificazione di alcune tipologie di reato.
Per via di questo profondo cambiamento nel sistema di registrazione dei reati è necessario leggere
le statistiche della delittuosità con grande cautela, soprattutto nella sua estensione spazio-temporale.
È evidente come i dati sulla criminalità così riportati possano coprire solo una parte dell’insieme dei reati
effettivamente avvenuti. Molti delitti, infatti, restano ignoti perché non vengono denunciati da chi ne rimane vittima, per via della ridotta gravità del danno subito o della scarsa convenienza nel denunciarlo. La
fiducia nelle Istituzioni, inoltre, insieme a vari fattori di natura psicologica, possono indurre la vittima a non
denunciare il reato subito, che resterà in questo senso ignoto. Ancora, bisogna tenere conto che nelle
diverse aree geografiche anche la propensione alla denuncia dei reati da parte dei cittadini cambia.
2.3 La delittuosità in provincia di Napoli
Il problema della criminalità è particolarmente sentito dalla popolazione campana ed è indubbiamente uno dei fattori che maggiormente influiscono sullo stile di vita della comunità, in particolare della provincia di Napoli che negli ultimi anni ha evidenziato tensioni sociali e disagio, scaturiti dai divari strutturali tipici dell’economia locale, inaspriti dalla recessione e dal conseguente problema della disoccupazione. A ciò si aggiunge il fatto che economia sommersa e deficit di legalità rendono più difficile che
altrove svolgere attività economica. Occorre affermare, infatti, che la situazione locale non si caratterizza esclusivamente per la criminalità che esprime (comune, organizzata, minorile, urbana, etc.) ma
anche per le diverse forme di illegalità che alimentano la percezione di insicurezza nei cittadini e negli
imprenditori e, di conseguenza, riducono l’attrattività economica del territorio.
Entrando nello specifico, in alcune aree della provincia si registra una maggiore pervasività della
micro e macro criminalità; tra queste si distinguono Torre Annunziata, Portici, Scampia, Secondigliano
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e Fuorigrotta, oltre che i comuni ad elevata intensità abitativa come Castellammare di Stabia, Torre del
Greco, Giugliano in Campania, Pozzuoli e Torre Annunziata.
Risulta consistente il numero di persone che non denunciano i reati, per la sfiducia nelle forze dell’ordine, per timore, perché spesso si innescano forme illecite di restituzione del bene sottratto. Nel complesso, l’andamento della delittuosità mostra una crescita dei reati denunciati in tutte le province campane, in particolare a Napoli, in linea con il trend nazionale. I dati sui reati commessi nel corso del 2008
offrono uno spaccato della situazione attuale.
In Campania, nel 2008, sono stati denunciati complessivamente 50.921 reati, con una media di 876,1
per 100.000 abitanti, superiore alla quota nazionale che è del 863,5 sulla stessa parte della popolazione.
Come già segnalato, la realtà provinciale dove la criminalità è più presente è quella di Napoli, ove
sono stati denunciati 29.214 reati, ovvero 948,9 reati per 100.000 abitanti. Le altre province campane
hanno tutte un’incidenza dei reati denunciati sulla popolazione che è assai inferiore: 857,9 per 100.000
a Caserta; 835,2 ad Avellino; 767,4 a Benevento e 726,8 a Salerno.
Tab. 1 - Delitti in totale e con presunti autori noti, denunciati dalle Forze di polizia all'Autorità giudiziaria per
territorio del commesso delitto (2008; valori assoluti)*
*I dati relativi ai delitti denunciati a partire dall'anno 2004 non sono omogenei rispetto a quelli degli anni precedenti, per notevoli modifiche nel
sistema di rilevazione e nell'universo di rilevazione: dal 2004 vengono infatti considerati, oltre ai delitti denunciati all’Autorità giudiziaria da Polizia
di Stato, Arma dei carabinieri e Guardia di finanza (che alimentavano il modello cartaceo 165 in uso fino all'anno 2003), anche quelli denunciati
dal Corpo forestale dello Stato, dalla Polizia penitenziaria, dalla Direzione investigativa antimafia e da altri uffici (Servizio interpol, Guardia costiera, Polizia venatoria ed altre Polizie locali). Ulteriori differenze derivano da una diversa definizione di alcune tipologie di delitto e da una più esatta determinazione del periodo e del luogo del commesso delitto. Per tali ragioni i confronti devono essere fatti con estrema prudenza. La somma
dei delitti distinti per provincia può non coincidere con il totale della regione e quella delle regioni con il totale Italia, a causa della mancata precisazione, per alcuni delitti, del luogo ove sono stati commessi (o dell'indicazione della regione del commesso delitto ma non della provincia).
Fonte: Ministero della Giustizia
Tab. 2 - Delitti in totale e con presunti autori noti, denunciati dalle Forze di polizia all'Autorità giudiziaria per
territorio del commesso delitto (2008; valori per 100.000 abitanti)*
*Si veda nota tabella 1 del presente paragrafo
Fonte: Ministero della Giustizia
Ad aggravare la situazione si aggiunge il fatto che la criminalità in provincia è strutturata ed organizzata. L’analisi del numero di denunce relative a quei reati che, per la loro natura efferata e violenta, rappresentano una spia evidente della pervasività delle organizzazioni criminali, sembra sottolineare la
forte presenza, o almeno la percezione, di tale fenomeno, nonostante l’elevato numero di arresti, macro
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operazioni, nonché la cattura di numerosi latitanti di primo piano. In provincia di Napoli, nel 2008, sono
stati commessi 41 omicidi di tipo mafioso, a fronte dei 59 commessi in regione e dei 106 a livello nazionale. Questo dato porta la provincia campana al quarto posto - preceduta da Crotone, Catanzaro e
Caserta - di una ipotetica graduatoria delle province italiane costruita in base agli omicidi di tipo mafioso commessi in rapporto alla popolazione residente.
Insieme agli omicidi un altro reato che, per le modalità con cui sempre più di frequente è commesso
(per strada, con il coinvolgimento di passanti innocenti), desta particolare allarme è la strage: 9 delle 28
stragi che sono state commesse in Italia nel 2008 sono avvenute in Campania e solo a Napoli se ne
contano 2. Infine, il confronto tra il numero di omicidi a scopo di furto o rapina, i tentati omicidi e gli omicidi preterintenzionali tra la provincia di Napoli e la regione Campania restituisce rapporti altrettanto
allarmanti.
Infatti, su 7 omicidi a scopo di furto o rapina commessi in regione ben 6 sono avvenuti a Napoli; dei
5 omicidi preterintenzionali commessi in Campania in provincia se ne contano 4 e, infine, a Napoli sono
stati denunciati 144 tentati omicidi a fronte dei 1.621 denunciati su tutto il territorio regionale. L’analisi
sembra evidenziare, pertanto, quella situazione emergenziale che da anni caratterizza le descrizione
del capoluogo campano. Tuttavia, se si rapportano i valori assoluti dei delitti alla popolazione residente è la provincia di Caserta a detenere il triste primato delle criminalità in Campania.
Tab. 3 - Delitti denunciati dalle Forze di polizia all'Autorità giudiziaria per tipo e territorio del commesso delitto (2008; valori assoluti)*
*Si veda nota tabella 1 del presente paragrafo
Fonte: Ministero della Giustizia
Tab. 4 - Delitti denunciati dalle Forze di polizia all'Autorità giudiziaria per tipo e territorio del commesso delitto (2008; valori per 100.000 abitanti)*
*Si veda nota tabella 1 del presente paragrafo
Fonte: Ministero della Giustizia
A ciò si aggiunge che negli ultimi anni sono aumentati i rapporti tra la camorra e il sistema economico-produttivo, spesso attraverso il riciclaggio dei proventi derivanti dai traffici illeciti, mediante import-export di
merci contraffatte. E’ possibile pensare, infatti, che la camorra agisca come impresa mafiosa sfruttando la
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forza d'intimidazione ed il vincolo associativo per inquinare, condizionare e controllare il funzionamento dei
mercati, facendo saltare le regole della concorrenza e della libertà d'impresa.
E anche opportuno rimarcare la presenza di organizzazioni criminali nel circuito del traffico dei rifiuti anche
tossici, con particolare riferimento al trasporto e/o locazione, e nelle attività estorsive ai danni di imprenditori impegnati nel settore.
Occorre poi sottolineare come le organizzazioni criminali siano correlate a organizzazioni internazionali,
per lo più nel traffico delle sostanze stupefacenti e nello sfruttamento della prostituzione. In particolare, si
assiste ad una sorta di divisione del lavoro. La tipologia dei reati commessi dai gruppi criminali di matrice
straniera è relativamente costante e delineata: favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, traffico di
droghe, favoreggiamento della prostituzione, contrabbando, riciclaggio. Particolarmente attivi e diffusi
sono i gruppi di criminali composti da albanesi, nordafricani, nigeriani e cinesi. Non mancano fenomeni e
problemi legati all’elevato numero di immigrati presenti sul territorio.
In materia di usura, nella difficoltà di quantificazione della presenza del fenomeno, anche a causa di casi
non denunciati, la camorra ha un ruolo determinante. Infatti, pur se frequentemente l’usura è una delle attività posta in essere anche ai fini del riciclaggio, permane un’attività di tipo tradizionale che si avvale delle
organizzazioni criminali per azioni d’intimidazione, quando si rendono convenienti per la riscossione degli
interessi.
A tal proposito, la sempre più elevata precarizzazione del lavoro e l’accumulazione di debiti sono fattori
che accrescono l’area dell’incertezza e che, in un contesto di turbolenze finanziarie ed elevati tassi d’interesse, determinano un rallentamento dell’erogazione dell’accesso al credito, sia da parte delle famiglie che
delle imprese. A ciò si aggiunge l’incremento dei protesti e di fallimenti.
L’estorsione merita una attenzione speciale: è lo strumento più efficace per il controllo del territorio, nonché ovviamente la principale fonte di guadagno. L’attività estorsiva viene esercitata senza interruzione,
anche in virtù del fatto che la collaborazione delle vittime è ancora scarsa. I dati relativi al fenomeno, infatti, sono del tutto inattendibili. Essa coinvolge tutte le categorie imprenditoriali, sia aziende di grossa dimensione sia piccoli esercizi commerciali ed artigianali; deve essere sottolineato, inoltre, come l'azione delle
Associazioni antiracket sia finalizzata a superare difficoltà conseguenti a delitti gravi.
2.4 La criminalità organizzata
Per quanto riguarda l’organizzazione della criminalità, la provincia di Napoli si caratterizza per concentrazione elevata di sodalizi tra “famiglie” che, a causa di un processo evolutivo piuttosto cruento,
attualmente risulta contraddistinto da aggregazioni orientate a mantenere un'autonomia propria, in un
altalenarsi di conflitti e alleanze.
Nonostante l’impegno nel fronteggiare tali fenomeni organizzati, testimoniato dall’elevato numero di
arresti, macro operazioni, nonché la cattura di numerosi latitanti di primo piano, la situazione, o almeno la relativa percezione, risulta quasi indelebile. In questo scenario, il 29% degli imprenditori intervistati, infatti, ritiene determinante il ruolo che la criminalità organizzata assume in provincia di Napoli; il 27%
considera il fenomeno molto importante ed il 23% abbastanza importante. Solamente l’11% ed il 4%
degli intervistati ritiene, rispettivamente, poco importante e praticamente inesistente il fenomeno.
Relativamente ai settori economici esaminati, il 30% delle imprese operanti nel comparto del commercio, del turismo e delle costruzioni ritengono determinante la rilevanza che la criminalità organizzata
assume in provincia, mentre una percentuale leggermente più bassa è registrata per le imprese operanti nel settore manifatturiero (26,7%). Scendendo nel dettaglio delle tipologie di imprese considerate,
va osservato, inoltre, come il fenomeno della criminalità organizzata sia determinante per il 31,8% delle
aziende di maggiori dimensioni (classe di addetti da 10 a 49), seguono le imprese con classe di addetti da 1 a 9 (30,2%), quelle non esportatrici (25%) e infine quelle artigiane (20%).
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Nel complesso, secondo gli imprenditori intervistati, in provincia di Napoli, il volume d’affari della criminalità organizzata rispetto al totale delle attività economiche è pari al 34%.
L’analisi dell’andamento della criminalità organizzata negli ultimi tre anni mostra una stazionarietà del
fenomeno per il 45,6% degli intervistati, di contro il 32,2% degli imprenditori percepisce un aumento
(molto aumentato 11,1% e abbastanza aumentato 21,1%) e il 20% una diminuzione (abbastanza diminuito 17,8% e molto diminuito 2,2%).
I dati sull’evoluzione della criminalità organizzata disaggregati per settore economico e tipologia di
impresa confermano la stazionarietà del fenomeno. Tuttavia, relativamente ai comparti economici, va
osservato come l’industria manifatturiera (molto aumentato 11,1%, abbastanza aumentato 33,3%,
abbastanza diminuito 7,4%, molto diminuito 0%), le costruzioni (molto aumentato 10,5%, abbastanza
aumentato 26,3%, abbastanza diminuito 15,8%, molto diminuito 10,5%) ed il turismo (molto aumentato 25%, abbastanza aumentato 6,3%, abbastanza diminuito 18,8%, molto diminuito 0%), registrino percentuali maggiori di risposte di aumento del fenomeno rispetto alle risposte di diminuzione, contrariamente a quanto avviene nel comparto del commercio (molto aumentato 3,6%, abbastanza aumentato
14,3%, abbastanza diminuito 28,6%, molto diminuito 0%).
I settori economici nell’ambito dei quali opera prevalentemente la criminalità organizzata attraverso le
imprese in questione, risultano essere l’edilizia (58,9%), il comparto dei lavori pubblici (33,3%) e del
commercio (32,2%). Si tratta, in linea di massima, di attività che consentono una forte circolazione del
denaro, richiedono apporto di capitali, ma scarso know how gestionale, intervengono nei settori su cui
sono consolidate le capacità di condizionamento del mercato. L’infiltrazione criminale risulta, invece,
meno presente nel manifatturiero (16,7%), nel comparto dei trasporti (6,7%), dell’agricoltura (5,6%), dei
servizi alla persona, del turismo e dei servizi alle imprese (a pari merito 4,4%) e nel comparto dell’artigianato (1,1%).
La perdita subita dall’economia provinciale dovuta alla presenza della criminalità organizzata e all’immagine deteriore che il fenomeno contribuisce a costruire è stimata dalla maggior parte degli imprenditori (22,2%) tra il 6-10%. Va evidenziato, tuttavia, che ben il 15,5% e il 14,4% degli intervistati reputa la
quota di ricchezza persa pari, rispettivamente, al 41-50% e al 51% e oltre.
Scendendo nel dettaglio dei vari settori economici, va rilevato che nel turismo si registra, rispetto agli
altri comparti, la più alta percentuale di imprese intervistate (18,8%) che dichiara una perdita del 51%
e oltre.
Graf. 4 – Rilevanza che il fenomeno della criminalità organizzata* assume in provincia di Napoli (in %)
* Insiemi di individui che, unitisi in un solo gruppo gerarchico, compiono crimini di varia natura. Un'organizzazione criminale può trovarsi coinvolta in attività quali il traffico di droga, la prostituzione, il traffico di esseri umani, riciclaggio di denaro sporco, corruzione ai pubblici uffici, etc.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
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Graf. 5 – Evoluzione del fenomeno della criminalità organizzata in provincia di Napoli negli ultimi tre anni
(in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Graf. 6 – I settori dove è più esteso il fenomeno della criminalità organizzata
in provincia di Napoli (in %)
* Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Tab. 5 – Valutazione delle imprese circa la perdita per l’economia provinciale dovuta
alla presenza della criminalità organizzata ed alla relativa immagine negativa (in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
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L’analisi fin qui condotta introduce il discorso sul rapporto esistente tra criminalità organizzata e
Pubblica Amministrazione. Infatti, nella finalizzazione dei suoi programmi delittuosi ed economici, la criminalità organizzata cura, sempre più, le forme di condizionamento dei rami dell’apparato pubblico, le
intromissioni negli stessi circuiti finanziari, ritagliandosi, in tal modo, spazi di potere in ambito economico e nella società civile. Particolare importanza assume, in tale contesto, il tendenziale fenomeno della
burocrazia illegale facilitata da fattori quali l’entità e la natura dei rapporti tra pubblico e privato nella
gestione degli affari economici, aggravate dalla eventuale farraginosità delle norme, magari sedimentate nel tempo, che finiscono col moltiplicare le opportunità di corruttela.
In provincia di Napoli, il 63,3% degli imprenditori intervistati denuncia la presenza di una burocrazia
illegale, il 18,9% non rileva la presenza del fenomeno e il 17,8% non è in grado di esprimere una opinione al riguardo.
Il fenomeno è particolarmente avvertito nel settore delle costruzioni (73,7%) e del turismo (75%),
seguono i comparti del manifatturiero (59,3%) e del commercio (53,6%). Tra le tipologie di imprese considerate, si rileva come quella con classe di addetti da 1 a 9 indichi maggiormente la presenza di una
burocrazia illegale (62,1%) (imprese con classe di addetti 10-49 61,9%; imprese non esportatrici 56%;
imprese artigiane 54,5%). Più nello specifico, il 43,9% degli imprenditori intervistati ritengono elevata
l’incidenza della burocrazia della Pubblica Amministrazione nel favorire i fenomeni di criminalità organizzata, il 36,8% ritiene tale incidenza abbastanza elevata, il 7% media e il 12,3% degli intervistati la
ritiene di poco conto.
Va rilevato, inoltre, come nessun imprenditore consideri non incidente la burocrazia della Pubblica
Amministrazione nel favorire il fenomeno della criminalità organizzata.
Gli imprenditori che operano nei settori del turismo e del manifatturiero sono quelli che maggiormente riconoscono il ruolo molto importante della Pubblica Amministrazione nel facilitare, attraverso la sua
burocrazia, la criminalità organizzata (rispettivamente, 50% e 43,8%), ma percentuali elevate si rilevano anche nei settori delle costruzioni (42,9%) e del commercio (40%).
Si osserva, inoltre, con riferimento alle diverse tipologie di imprese, come il fenomeno sia avvertito in
misura più ampia dalle aziende con classe di addetti da 10 a 49 (molto 61,5%) (imprese non esportatrici molto 42,9%; imprese artigiane molto 41,7%; imprese con classe di addetti 1-9 molto 36,1%). Per
quanto riguarda le modalità con le quali si manifesta la burocrazia illegale, il 36,8% degli intervistati
risponde mediante i furti, seguono i danneggiamenti e i reati contro il patrimonio personale (a pari merito 35,1%), i reati contro il demanio (22,8%) e gli omicidi (7,0%).
Scendendo nel dettaglio dei settori economici esaminati, si osserva come gli imprenditori operanti nel comparto del manifatturiero avvertano maggiormente i furti (50%), quelli operanti nei comparti delle costruzioni e
del commercio i danneggiamenti (rispettivamente, 50% e 46,7%) e, infine, gli imprenditori del turismo i reati
contro il patrimonio personale (41,7%). Nelle imprese artigiane, non esportatrici e con classe di addetti da 1
a 9, la principale modalità con cui si manifesta la burocrazia illegale sono i furti (rispettivamente, 50%, 42,9%
e 38,9%), mentre nelle imprese di maggiori dimensioni in termini di addetti sono indicati, in prevalenza, i reati
contro il patrimonio personale (classe di addetti da 10 a 49 46,2%).
Graf. 7 – Presenza di una burocrazia illegale in provincia di Napoli (in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
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Graf. 8 – Incidenza della burocrazia della Pubblica Amministrazione nel favorire i fenomeni di criminalità
organizzata in provincia di Napoli (in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Graf. 9 – Modalità con le quali si manifesta la burocrazia illegale presente in provincia di Napoli (in %)
* Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Relativamente al rapporto tra sistema imprenditoriale e Pubblica Amministrazione, un altro aspetto
che l’indagine condotta ha voluto approfondire riguarda i tempi di pagamento alle imprese da parte del
settore pubblico. La contabilità delle imprese, infatti, già stressata dal razionamento del credito operato dalle banche, viene ulteriormente sollecitata, in assenza del pagamento, per garantire le risorse
necessarie a dare continuità all’attività imprenditoriale. In alcuni casi, è la sopravvivenza stessa delle
imprese che viene messa a rischio dalla sottrazione di risorse finanziarie determinata dai ritardi. In molti
altri, la mancanza di certezza nei tempi di pagamento impedisce agli operatori economici di procedere
all’indispensabile programmazione delle proprie attività.
Dall’indagine emerge che il 14,4% degli imprenditori locali ha come committente la Pubblica
Amministrazione e che nel 38,5% dei casi i tempi di pagamento sono inferiori ai tre mesi e solo nel
15,4% dei casi si supera l’anno di attesa.
Tra i principali commissionari della Pubblica Amministrazione si annoverano le imprese di costruzione (36,8%) e del commercio (14,3%), seguono quelle del turismo (6,3%) e del manifatturiero (3,7%). Si
osserva, inoltre, come tra i commissionari del settore pubblico le imprese con classe di addetti da 10 a
49 siano prevalenti rispetto a quelle con classe di addetti da 1 a 9 (rispettivamente, 19,0% e 10,3%).
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Infine, secondo gli imprenditori, tra le imprese che operano con la Pubblica Amministrazione, il 32,5%,
nel 2009, si sono trovate in difficoltà di cassa e il 24,3% è ricorsa a decreti ingiuntivi.
Graf. 10 – Imprese della provincia di Napoli che hanno tra i committenti la Pubblica
Amministrazione ed i rispettivi tempi di pagamento (in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
2.5 La criminalità non organizzata
Il termine criminalità include un vasto insieme di eventi, alcuni simili, altri assai diversi tra di loro. La
linea di demarcazione tra criminalità organizzata e fenomeni di criminalità comune non è così netta. Ciò
è osservabile soprattutto in relazione alla perpetrazione di fatti di sangue, che non sono più appannaggio delle sole realtà criminali maggiori, ma sono talora ascrivibili a manifestazione di criminalità diffusa
(spesso eclatanti per gratuita brutalità e sproporzione rispetto all’obiettivo da conseguire) così come a
contrasti all’interno di un contesto domestico o affettivo che, tra l’altro, indicano come la situazione
rimanga critica.
Per certi versi, inoltre, l’inserimento nella cosiddetta categoria della microcriminalità tende a far sì che
generalmente si ometta di valutare quanto queste condotte influenzino la crescita del senso di insicurezza in una data comunità. In realtà è proprio la percezione di questo tipo di minaccia, suscettibile di
tradursi in un evento che può colpire quotidianamente chiunque (borseggi, furti, scippi, danneggiamenti, vandalismi, ma anche rapine di entità modesta e di scarsa preparazione), a innescare un allarme
sociale che spesso può essere anche maggiore alle attività del crimine organizzato. Entrando nello specifico, lo scenario criminale della provincia di Napoli risulta caratterizzato dalla presenza di esercizi
delinquenziali di matrice diversa che, tra l’altro, indicano come la situazione rimanga critica. Tra i reati
denunciati troviamo copiosi gli omicidi, le rapine, i furti con strappo, i furti in abitazione, lo sfruttamento
della prostituzione, i reati minorili etc.
Dall’indagine emerge che solo il 3% degli imprenditori napoletani intervistati ritiene la criminalità
comune e la microcriminalità praticamente inesistenti ed il 17% attribuisce al fenomeno una scarsa
importanza. Chiaramente, percentuali maggiori indicano il fenomeno come molto importante (26%),
abbastanza importante (24%) e determinante (23%).
Relativamente ai settori economici esaminati, il commercio appare come il comparto dove maggiormente si avverte la presenza della criminalità comune e microcriminalità, con il 26,7% degli intervistati
che ritengono il fenomeno determinante, seguono il comparto del turismo e delle costruzioni (25%) ed,
infine, il manifatturiero (16,7%). Si rileva, inoltre, come i commercianti siano anche tra gli imprenditori
che maggiormente rilevano il problema come abbastanza importante (30%), rispetto agli imprenditori
operanti nel turismo (25%), nel manifatturiero e nelle costruzioni (20%). Infine, sempre relativamente al
comparto commerciale si osserva la più bassa percentuale di intervistati che ritengono il fenomeno della
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criminalità comune e microcriminalità come poco importante (13,3%), a fronte di percentuali ben più alta
registrate negli altri settori (industria manifatturiera 16,7%; turismo e costruzioni 20%).
Scendendo nel dettaglio delle tipologie di imprese considerate, si osserva come il fenomeno sia ritenuto determinante dalla imprese con classe di addetti da 1 a 9 (25,4%), rispetto a quelle con classe di
addetti da 10 a 49 (18,2%); seguono le imprese che non svolgono abitualmente attività di export
(17,9%) e quelle artigiane (16%).
Riguardo la perdita subita dall’economia provinciale dovuta alla presenza della criminalità comune e
microcriminalità e all’immagine deteriore che il fenomeno contribuisce a costruire, si osserva che vi è
una coincidenza della percentuale di imprenditori (16,7%) – tra l’altro la percentuale più elevata – che
indicano le quote tra il 6-10%, 11-20% e 51% e oltre.
L’analisi dell’andamento della criminalità comune e della microcriminalità negli ultimi tre anni mostra
una stazionarietà del fenomeno per il 41,1% degli intervistati, di contro il 44,4% degli imprenditori percepisce un aumento (molto aumentato 13,3% e abbastanza aumentato 31,3%) e il 10% una diminuzione (abbastanza diminuito 8,9% e molto diminuito 1,1%). I dati sull’evoluzione della criminalità comune
e della microcriminalità disaggregati per settore economico confermano la stazionarietà del fenomeno
in tutti i comparti ad eccezione delle costruzioni dove si registra una maggior percentuale di imprenditori (36,8%) che ne percepiscono un aumento.
Graf. 11 – Rilevanza che il fenomeno della criminalità comune e microcriminalità* assume
in provincia di Napoli (in %)
* Scippi, borseggi, furti, vandalismo o crimini più rilevanti compiuti da individui senza vincoli organizzativi e gerarchici, eventualmente anche con
uso di armi.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Tab. 6 – Valutazione delle imprese circa la perdita per l’economia provinciale dovuta alla
presenza della criminalità comune e microcriminalità ed alla relativa immagine negativa (in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
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Graf. 12 – Evoluzione del fenomeno della criminalità comune e microcriminalità in provincia di Napoli negli
ultimi tre anni (in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
2.6 Le politiche di contrasto
Nella presente sezione si vogliono analizzare i principali effetti che la criminalità (organizzata e non)
ha nello sviluppo economico della provincia di Napoli ed i principali motivi che favoriscono, in generale, la sua diffusione, come anche le azioni e i soggetti ritenuti più efficaci da parte degli imprenditori per
contrastare il fenomeno.
Dall’indagine emerge che la presenza della criminalità (organizzata e non), innanzitutto, contribuisce
ad aumentare la concorrenza sleale (30%) e penalizza la crescita dell’occupazione (30%). Essa costituisce, infatti, un fattore distorsivo del mercato in quanto altera la dinamica dei pubblici appalti, così
come il mercato del lavoro e dei capitali ed, in secondo luogo, impedisce l’innovazione (21%) drenando le risorse disponibili sul territorio. Solo l’11% degli intervistati ritiene, al contrario, che la presenza di
criminalità sia ininfluente nello sviluppo economico della provincia di Napoli.
Scendendo nel dettaglio dei settori economici, si rileva come il problema della concorrenza sleale sia
principalmente avvertito dal comparto delle costruzioni (45%) e del manifatturiero (33,3%), mentre il
commercio e il turismo ritengano più preoccupanti gli effetti negativi prodotti sull’occupazione (33,3%)
e sull’innovazione (30%).
Tra le tipologie di imprese, va rilevato come le aziende con classe di addetti da 10 a 49 segnalino, in
particolare, gli effetti negativi sulla concorrenza (45,5%), mentre le imprese di più piccole dimensioni in
termini di addetti (classe 1-9) denuncino le conseguenze sull’occupazione.
Tra i principali motivi che favoriscono la diffusione del fenomeno della criminalità (organizzata e non),
il 43% degli imprenditori indica l’economia poco sviluppata, segue la poca rigidità delle leggi (36%) e il
fattore culturale (16%). Sono indicati poi come motivi minori la modesta presenza di attività innovative
(8%) e la presenza di extracomunitari non regolari (4%).
Il ritardo di sviluppo dell’economia è avvertito come motivo negativo maggiore dalle imprese del turismo (65%) e del manifatturiero (43,3%), mentre le aziende operanti nel commercio e nelle costruzioni
segnalano principalmente la poca rigidità normativa (rispettivamente, 46,7% e 40%).
Tab. 7 – Effetti che la criminalità (organizzata e non) ha nello sviluppo economico della provincia di Napoli
(in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
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Graf. 13 – Principali motivi che favoriscono, in generale, la diffusione del fenomeno della criminalità (organizzata e non) in provincia di Napoli (in %)
* Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Sul lato delle azioni utili per contrastare la criminalità, il 47% degli intervistati indica un incremento
della rigidità delle leggi e il 39% un maggiore controllo del territorio. Del resto è questa la direzione verso
cui si muovono le progettualità che impiegano più risorse e che si stanno realizzando nella Regione,
dal Patto per la sicurezza di Napoli, al POR Campania, al PON Sicurezza, ad alcuni dei progetti finanziati dalla Regione attraverso le normative regionali. Meno importanti sembrerebbero essere considerate le azioni per la coesione sociale (18%) e, infine, il telefono anonimo (4%).
Tra i settori economici, il 50% degli imprenditori operanti nel manifatturiero, nel commercio e nel turismo sono concordi nel ritenere più utili le azioni dirette ad incrementare la rigidità delle leggi, mentre le
aziende operanti nelle costruzioni ritengono che il modo più efficace per contrastare la criminalità sia da
ricercarsi in un maggiore controllo del territorio (45%).
Interrogati sul grado di fiducia attribuito ad una serie di soggetti istituzionali ed organizzazioni che si
muovono sul territorio e che hanno competenze anche non direttamente attinenti alla sicurezza, gli
intervistati pongono –chiaramente- al primo posto le Forze dell’Ordine (69%) e poi, con grande distacco, l’Amministrazione regionale (17%), l’Amministrazione provinciale (13%), la Prefettura (12%), i Partiti
politici (10%), le Amministrazioni comunali (6%), le Associazioni di consumatori (2%), la Camera di
Commercio (2%), le Associazioni sindacali (2%) e, infine, le Associazioni di categoria (1%) (non sa/non
risponde 11%, altro 3%). La classifica rivela, quindi, una grande fiducia nell’operato delle Forze
dell’Ordine e, d’altra parte, segna una crisi profonda della politica ed una difficoltà delle istituzioni locali a far comprendere ai cittadini le politiche e gli interventi che stanno perseguendo.
Infine, si è chiesto agli intervistati di quantificare la perdita di fatturato per le proprie imprese dovuta
alla criminalità in generale. Nel complesso, secondo gli imprenditori napoletani la perdita sarebbe pari
al 15,3%. Tuttavia, la maggior quota di ricchezza persa sembra essere indicata dal settore delle costruzioni, dove si registra la percentuale più alta di imprenditori (10%) che quantificano una perdita di fatturato del 51% e oltre. Tra le tipologie di imprese, invece, si rileva che il 4,8% delle aziende con classe di
addetti da 1 a 9 quantifica una perdita del 51% e oltre, rispetto al 4,5% delle imprese con classe di
addetti da 10 a 49, al 4% delle imprese artigiane e al 3,6% delle aziende non esportatrici.
Tab. 8 – Azioni utili per contrastare la criminalità (organizzata e non) in provincia di Napoli (in %)
* Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
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Graf. 14 – Soggetti istituzionali ed organizzazioni che le imprese della provincia di Napoli reputano più efficaci per contrastare la diffusione della criminalità (organizzata e non) (in %)
* Trattandosi di domanda a risposta multipla il totale delle risposte può essere superiore a 100.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Allegato metodologico
La presente Nota sul sistema economico della provincia di Napoli vuole analizzare la dinamica del
sistema economico locale durante i primi otto mesi del 2010, in una fase in cui si presentano contemporaneamente i primi spiragli di ripresa e gli effetti depressivi della crisi economico-finanziaria.
Per costruire un quadro sintetico dei principali andamenti della struttura produttiva napoletana, nel
mese di settembre 2010 è stata realizzata un’indagine sul campo che ha coinvolto un panel di 100
imprese attive della provincia, appartenenti a quattro settori centrali per il sistema economico locale:
settore manifatturiero (30 imprese), commercio (30), settore turistico (20) e settore delle costruzioni
(20). Attraverso una raccolta di dati concernenti le percezioni e le opinioni degli imprenditori locali sugli
effetti della crisi si è cercato di fornire una valutazione delle maggiori ricadute di questa sul sistema economico locale napoletano.
L’indagine è stata strutturata in modo da poter valutare le principali variabili congiunturali nei primi otto
mesi del 2010 relativamente all’andamento del fatturato, della produzione e degli ordini. Sono state inoltre poste domande sulla situazione occupazionale e sulle dinamiche del mercato del lavoro insieme al
monitoraggio di diversi aspetti riferibili agli effetti generali della crisi economica. Si è cercato, poi, di restituire un quadro della previsione di futuro delle aziende indagando gli investimenti da queste realizzati
nei primi otto mesi del 2010 e la rilevanza delle politiche attivate per il sistema economico locale messe
in atto per il superamento degli ostacoli posti dalla recessione.
Inoltre, è stato realizzato un approfondimento sulla criminalità in provincia, con particolare riferimento ai fenomeni spontanei ed organizzati, nonchè alla valutazione che tali attività determinano sul complesso delle attività economiche e di impresa.
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Allegato statistico
Tab. A.1 – Andamento tendenziale della produzione (margine operativo lordo) aziendale nei primi otto mesi
del 2010 per classe di addetti (in %)
*Dati ottenuti dalla differenza tra imprese che hanno registrato un aumento e quelle che hanno registrato una diminuzione.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Tab. A.2 – Andamento tendenziale del fatturato aziendale nei primi otto mesi del 2010 per classe di addetti
(in %)
*Dati ottenuti dalla differenza tra imprese che hanno registrato un aumento e quelle che hanno registrato una diminuzione.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Tab. A.3 – Andamento tendenziale del portafoglio ordini aziendale nei primi otto mesi del 2010 per classe
di addetti (in %)
*Dati ottenuti dalla differenza tra imprese che hanno registrato un aumento e quelle che hanno registrato una diminuzione.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
Tab. A.4 – Percentuale di imprese che ha investito nei primi otto mesi del 2010
per classe di addetti (in %)
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
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Tab. A.5 – Andamento tendenziale dell’occupazione nei primi otto mesi del 2010 per classe di addetti (in %)
*Dati ottenuti dalla differenza tra imprese che hanno registrato un aumento e quelle che hanno registrato una diminuzione.
Fonte: Nota economica della provincia di Napoli, settembre 2010
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2. Criminalità e sviluppo economico