n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 Frigo e lavatrici smart: basta sistemi chiusi Sono almeno cinque anni che, in tutte le fiere del mondo, vediamo elettrodomestici connessi alla rete, che dialogano con smartphone e tablet, che possono essere accessi e controllati da remoto; prototipi funzionanti di lavatrici telecontrollabili, frigoriferi che sanno cosa c’è al proprio interno, forni che possono essere accesi dall’ufficio e così via. Tanto che, quasi, questi apparecchi non fanno più notizia. Abbiamo fatto qualche verifica e, al di là delle tante parole, la situazione in Italia è molto diversa: gli elettrodomestici “smart” presenti sul mercato italiano nel 2015 sono al massimo una decina e facenti parte di un sistema chiuso, non multimarca e non interfacciabile con altri sistemi di controllo. L’industria vuole esserci ma ha paura: fare un elettrodomestico connesso Wi-Fi non è difficile, ma lo scenario della domotica si muove a una velocità nettamente superiore al classico ciclo di vita di un elettrodomestico. Ci sono tre fattori che i produttori di elettrodomestici devono tenere in maggior conto rispetto a quanto fatto fino a oggi: - I sistemi chiusi sono destinati a morire: non ha senso proporre un sistema che dialoga solo con prodotti della stessa marca e solo tramite l’app del produttore. Il controllo remoto non è certo un motivo per comprare elettrodomestici della stessa marca (e della stessa stagione). Inoltre pensare di avere un’app per ogni apparecchio è uno scenario perdente. - Un singolo produttore hardware non è in grado di imporre un ecosistema: Samsung ha già detto che ci vuole provare, aprendo il proprio protocollo anche ad altri produttori. Ma sarà difficile che ce la faccia, sia perché un concorrente probabilmente farà di tutto prima di affidarsi al uno standard “nemico”. E visto che nessuno appare avere un vantaggio di posizione tale da convincere gli altri, lo scenario sembra alquanto improbabile. - Solo in un ecosistema aperto ci sono funzioni davvero utili: cosa chiede veramente un utente? Può avere davvero interesse ad accendere il forno da remoto? È uno scenario credibile quello che prevede la programmazione della lavatrice da smartphone, quando va caricata a mano? I vantaggi di avere apparecchi intelligenti si rivelano solo se questi apparecchi possono essere inseriti in un contesto domestico più ampio, con interazioni che riguardano diversi apparecchi di marche diverse. Per esempio, i temi legati alla “smart grid” – e quindi alla possibilità che gli elettrodomestici si auto-regolino nell’accesso alle risorse energetiche per minimizzare i costi e evitare i sovraccarichi – sono molto interessanti ma funzionano solo in un sistema aperto. Il fatto di poter, per esempio, legare il programma di asciugatura ai dati provenienti da una stazione meteo è un salto in avanti non banale, ma funziona solo se l’elettrodomestico non è una “monade” ma fa parte di un sistema aperto. E così via. Quando queste regole saranno assimilate dai produttori di elettrodomestici, inizieremo a parlare veramente di “smart appliance” e integrazione con la domotica. Per ora siamo ancora alle azioni tattiche che sperano di dare lustro al marchio con funzioni che più che essere intelligenti rischiano di essere cervellotiche. Gianfranco GIARDINA MAGAZINE Rinasce Deejay TV ora in versione generalista 07 5 film in 4K, ma solo 10 trucchi per iPhone per chi compra che (forse) ancora un TV Samsung 09 non conosci 13 Parla la gente comune: Netflix e streaming ancora poco conosciuti Netflix sta arrivando ma chi sa di cosa si tratta? Quanti pensano di abbonarsi? Lo abbiamo chiesto ai passanti 02 Calcio in TV: ecco come vedere tutte le partite della prossima stagione 06 Voglia di calcio? Vi diciamo dove e come saranno trasmesse le partite del campionato italiano, la Champions e le gare internazionali Mediaset Smart Cam Wi-Fi Chromecast all’italiana Abbiamo provato la Smart Cam wireless di Mediaset: decodifica i canali e rende “smart” i vecchi TV, abilitando la visione onDemand 35 IN PROVA 38 Panasonic CX700E 40 pollici per il 4K 41 Kindle Paperwhite Qualità-prezzo al top n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE MERCATO Abbiamo intervistato alcuni passanti per capire che aria tira sul fronte dello streaming DDAY.it in piazza - Netflix: “E che cos’è?” Lo streaming audio: “Certo, YouTube!” Fallimento su tutta la linea: la gente non sa nulla di Netflix e associa lo streaming a YouTube di Gianfranco GIARDINA I l mercato non fa altro che parlare dell’arrivo di Netflix, come se si trattasse di una rivoluzione copernicana. Può essere che lo sia, ma non mancano i Netflix-scettici: la rete italiana – dicono costoro – non è all’altezza. E a giudicare dall’ultimo report Akamai c’è da dar loro ragione. Ma il grande tema che ancora nessuno si è posto è se la gente comune – quella che in questo momento sta camminando per le strade delle nostre città - è davvero pronta a partecipare a questa rivoluzione annunciata. Lo streaming audio si riduce a YouTube Abbiamo poi voluto indagare con le medesime persone il loro rapporto con lo streaming questa volta audio. La situazione apparentemente migliora: sono diverse le persone che dichiarano di utilizzare lo streaming audio. La cosa incredibile è che per la stragrande maggioranza degli utenti, lo streaming audio corrisponda ad ascoltare la musica su YouTube, senza neppure considerare che il traffico dati torna al sommario Apple e l’ex CEO di Beats Music confermano che il nuovo servizio di streaming arriverà anche sul sistema di diffusori wireless Sonos, ma non subito. La precedenza è tutta per l’app mobile di Paolo CENTOFANTI video Parla la gente: Netflix che? DDAY.it è scesa in piazza e ha fermato a caso un po’ di passanti chiedendo loro che ne pensassero dell’arrivo di Netflix e se avessero già valutato la possibilità di abbonarsi. Bel lungi dall’essere una ricerca “scientifica” o con una qualche valenza statistica, ma ci si può fare uni idea. Il punto è che quasi tutti gli intervistati ignorano completamente di cosa si parli, neppure tra i giovani, e questo è probabilmente il dato più preoccupante. Alcuni sanno che Netflix esiste solo perché ha sentito che sul mercato c’è chi teme per l’ingresso del nuovo operatore: insomma, pieno effetto pubblicità indotta, proprio come hanno fatto i tassisti con Uber. Infine, il fatto di aver incontrato un cittadino tedesco, neppure troppo giovane, che invece è perfettamente al corrente di cosa sia Netflix fa sorgere qualche pensiero sullo “spread” nelle consapevolezze tecnologiche tra Italia e Germania. Apple Music arriverà anche su Sonos ma tra un po’ video lab DDAY.it in piazza lab DDAY.it in piazza Cosa sa la gente di Netflix Cosa sa la gente dello streaming audio è così molto più alto visto che di fatto si ricevono anche i dati video, senza possibilità di evitarne lo scaricamento. Senza poi contare che la qualità audio di YouTube è pessima rispetto a quello che si può ottenere con i comuni servizi di streaming, per non parlare di quelli che offrono un servizio lossless. Insomma, insieme all’Italia digitale, bisogna essere coscienti che bisogna fare anche gli italiani. E segnali positivi sul fronte dell’alfabetizzazione digitale del grande pubblico se ne vedono pochini. MERCATO Presto in vendita (in India) un secondo modello Samsung in sei mesi ha venduto 1 milione di smartphone Tizen di Emanuele VILLA G li smartphone Samsung basati su Tizen sono venduti solo in India, Samsung ha però dichiarato di aver superato il milione di esemplari venduti in sei mesi. Ci si riferisce in particolare al Samsung Z1, telefono di fascia bassa che il colosso coreano propone al prezzo equivalente di 70 euro. Sempre secondo l’azienda, le vendite sono andate ben oltre le sue aspettative più rosee, fornendo una nuova interessante fonte di introiti per l’azienda. Certamente non siamo al livello dei terminali Android, che anche in fascia bassa dispongono di una quota di mercato ben più rilevante, ma considerando che si tratta di un solo modello con un ecosistema tutto da costruire, Samsung pensava si sarebbe trattato di un semplice esperimento, ma è diventato una sensibile voce di bilancio. Per questo motivo, Samsung ha dichiarato proporrà un nuovo terminale Tizen di fascia leggermente più alta e con un listino di poco superiore ai 100 euro. Probabile che dopo questa partenza inaspettatamente positiva, i cellulari Samsung Tizen possano arrivare anche in mercati più maturi come quello europeo. Seguendo una filosofia per molti versi inedita, Apple ha confermato che il suo servizio di streaming arriverà anche sui diffusori wireless di Sonos, facendo così di Apple Music uno dei primi veri servizi multi-piattaforma dell’azienda californiana. Oltre al supporto per Windows tramite iTunes, e naturalmente tutti i prodotti Apple desktop e mobile, era già stato annunciato che in autunno sarebbe arrivata la compatibilità di Apple Music per dispositivi Android tramite un’app dedicata. L’arrivo su Sonos non era così scontato, vista la politica di Apple volta a spingere il suo sistema AirPlay e i prodotti compatibili, ma del resto Beats Music, il servizio di streaming su cui è stato in gran parte sviluppato Apple Music, è già attualmente supportato. Inoltre il supporto multi-piattaforma è un requisito essenziale per competere con alternative come Deezer, Rdio, Spotify e Tidal, solo per citare le più famose. Apple Music su Sonos non arriverà però al lancio del servizio il 30 giugno: le risorse sarebbero al momento concentrate tutte sulla versione mobile, con un obiettivo di aggiungere il supporto per i diffusori Sonos entro la fine dell’anno. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE MERCATO Il governo ha deciso di non procedere sulla strada del decreto per il piano banda larga La banda larga “rimandata” a dopo l’estate Il pacchetto sarà suddiviso in due interventi, uno a carico del CIPE e un DDL per gli incentivi di Paolo CENTOFANTI D opo l’ennesimo rinvio, il sottosegretario allo Sviluppo Economico Antonello Giacomelli conferma che il decreto comunicazioni non si fa più e che si seguiranno altre strade. Nonostante il penoso stato della rete italiana, e le promesse del Governo di avviare al più presto il promettente piano per la banda ultralarga annunciato a febbraio, sarà difficile a questo punto vedere qualcosa di concreto prima del prossimo autunno. Scartato lo strumento del decreto legge, si pensa ora di spacchettare l’insieme delle misure in almeno due interventi. Per quanto riguarda i finanziamenti pubblici per gli operatori che vorranno realizzare le infrastrutture nelle aree a fallimento di mercato (per l’individuazione delle quali, tra l’altro, il termine per le consultazioni è stato ulteriormente prorogato), si pensa ora di passare per il CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica) dal quale però difficilmente sarà possibile “scucire” i 6 miliardi di investimenti originariamente previsti dal piano, visto che lì di fondi sufficienti non ce ne stanno. Per quanto riguarda invece i voucher agli utenti e i crediti di imposta previsti dal piano come incentivi, si pensa a un altro provvedimento separato, a questo punto meno urgente (se le connessioni non ci sono, i voucher ancora non servono), per il quale potrebbe essere seguita la strada del disegno di legge. La scelta di abbandonare il decreto deriverebbe dalla paura di una futura bocciatura dopo l’esame dell’Europa, che potrebbe arrivare diversi mesi dopo l’entrata in vigore del provvedimento, provocando chiaramente un disastro, ma resta il fatto che i tempi si stanno allungando oltremodo e con maggiore incertezza sul reperimento delle risorse necessarie per l’attuazione del piano. MERCATO Il rapporto di Akamai sullo stato di Internet fotografa la pietosa situazione italiana Banda larga: facciamo schifo e il governo dorme Ci piazziamo ultimi in Europa e nella regione EMEA siamo davanti solamente al Sud Africa A di Paolo CENTOFANTI kamai ha rilasciato il rapporto sullo “stato di Internet” nel mondo, relativo al primo quarto del 2015 e le notizie per noi italiani non sono buone. Inutile girarci troppo intorno: l’Internet italiano fa schifo, talmente tanto che guardando la regione EMEA che include Europa, Medio Oriente e Africa, siamo in fondo a quasi tutte le classifiche, davanti solo al Sud Africa. La velocità media delle connessioni italiane registrate da Akamai è di 6,1 Mbit/s, con una crescita anno su anno del 17%. Se vi viene da dire “beh, dai, almeno stiamo migliorando” mordetevi la lingua fino a leggere questi dati: la Repubblica Ceca cresce del 22%, la Romania del 38%, la Polonia del 32%, l’Ungheria del 26%, il Portogallo del 42%, e stiamo parlando di paesi che stanno tutti saldamente davanti a noi in termini di velocità medie. Nella classifica mondiale siamo al 56° posto per velocità media, ma in Europa siamo ultimi. Meglio di noi anche Turchia ed Emirati Arabi. torna al sommario L’unica classifica in cui non siamo al penultimo posto è quella della percentuale di connessione sopra i 15 Mbit/s, che con il 2,5% ci pone sopra oltre che al Sud Africa, anche agli Emirati Arabi. Bella consolazione! Ripetiamo se non fosse chiaro: le connessioni in grado di andare oltre i 15 Mbit/s in Italia sono il 2,5% del totale. Solo il 7,3% supera i 10 Mbit/s. Per chi non lo conoscesse, Akamai è una delle maggiori piattaforme di CDN (content delivery network), una delle infrastrutture che distribuiscono i contenuti di molti servizi multimediali via web: quando guardate un video su Internet, arriva dai server di aziende come Akamai. Dove l’Italia non se la cava male, e non è una novità, è nella connettività mobile. La velocità media è di 6,1 Mbit/s, con velocità di picco superiori ai 53 Mbit/s, e tenete conto che paesi come gli Stati Uniti sono fermi a 4 da questo punto di vista. Resta un fatto: in questo mondo e in questa economia l’Italia non può più andare avanti a suon di annunci. Servono fatti. Sky si rivolge al TAR: chiede i contenuti Rai alle stesse condizioni di TivùSat Sky vuole fermare la direttiva AGCOM che prevede un accordo economico con la Rai per la trasmissione via satellite dei contenuti Esige equità di trattamento con Tivusat di Roberto PEZZALI AGCom ha ordinato a Sky di accordarsi con la Rai per trasmettere, previo pagamento, i canali Rai in chiaro via satellite. La pay TV, tuttavia, non ha intenzione di pagare nemmeno un euro; la vicenda, aperta ormai da molto tempo, è finita così davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, il famoso “TAR”. AGCom aveva chiesto a Sky di trovare un accordo con la Rai “equo”, e questo ha spinto Sky a chiedere parità di trattamento con Tivùsat, emittente satellitare che trasmette in chiaro tra i suoi canali anche quelli Rai. Tivùsat probabilmente non paga nulla per trasmettere i canali, ed è per questo che secondo Sky AGCom favorisce quello che è un suo possibile concorrente. C’è da dire che Tivùsat non è una pay TV ma una semplice alternativa al digitale terrestre gratuita, partecipata oltretutto da Rai oltre che da Mediaset, Telecom Italia Media, Associazione TV Locali e Aeranti Corallo. Difficile intuire cosa stabilirà il giudice, ma sarebbe simpatico se la Rai, per chiudere un occhio sul pagamento, chiedesse a Sky di far pagare il canone Rai in fattura ai suoi 4 milioni di abbonati. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE MERCATO Intervista a Francesco Leveque, Direttore Marketing AV di Samsung Electronics Italia “Si vendono meno TV ma con più qualità” Samsung non è preoccupata: scende il numero di pezzi ma i TV venduti hanno tagli maggiori I di Roberto PEZZALI l mercato TV è in difficoltà, ma non è un mistero. Non si vendono più i TV di qualche anno fa e non si può dare colpa alla mancata innovazione: le novità ci sono, ma probabilmente sono state lanciate tutte molto rapidamente e non hanno fatto “presa”. È successo prima con il 3D, poi con la Smart TV e ora sta succedendo con l’Ultra HD. Abbiamo avuto modo di scambiare qualche opinione con Francesco Leveque, Direttore Marketing AV di Samsung Electronics Italia, ai margini dell’evento di lancio della nuova stagione di Infinity. DDay.it: Partiamo dal mercato TV: è un periodo un po’ difficile per tutti, ma Samsung sembra difendersi bene. Francesco Leveque: “In un mercato che mostra segni di flessione posso dire che Samsung sta comunque incrementando la sua quota. La cosa però più importante è che si sta migliorando la qualità di vendita, elemento per noi fondamentale. Se a livello di pezzi complessivi il mercato mostra quindi un rallentamento, i TV che vengono venduti almeno per Samsung sono TV di fascia medio alta e soprattutto di grosse dimensioni.” DDay.it: Quindi stiamo tornando al grande schermo? F.L.: “Oggi con cifre ragionevoli si può accedere ad un 55” o ad un 65” allo stesso prezzo di un 42” o di un 46” di qualche anno fa. La tecnologia e l’economia di scala permettono di avere grandi schermi ad un prezzo conveniente. Il trend è chiaro, oggi l’unica area di crescita importante è legata alla dimensione, con l’utente che cambia i TV piccoli per sostituirli con schermi più grandi. Il segmento dei 46” ad esempio cresce a doppia cifra.” DDay.it: E la sfida del curvo come sta andando? Qual è la percentuale di vendita tra piatto e curvo? F.L.: “Numeri non ne diamo, ma possiamo dire che rispetto alle nostre aspettative i curvi sono una piacevole sorpresa. Inoltre, come accennato prima, nel nostro caso stiamo parlando di prodotti di fascia medio alta, quindi “curvo” inizia a diventare sinonimo di prodotto premium. Questo era ovviamente uno dei nostri obiettivi.” torna al sommario Prova l’Ambilight per 14 giorni Se non ti piace Philips ti rimborsa La promozione Philips permette di provare a casa i TV Ambilight con Android TV: chi è soddisfatto riceverà un cashback fino a 200 euro, chi no sarà rimborsato interamente DDay.it: Forse questo calo di interesse è dovuto alla confusione in questo mercato. Mi riferisco ad esempio alle stesse piattaforme Smart TV, dove tra MHP, app, smartphone, compatibilità l’utente non esperto fa fatica a orientarsi. F.L.: “È vero, ci sono troppe piattaforme e questo è sicuramente un limite. Credo anche che l’utente non sia ancora predisposto a questa tipologia di utilizzo del TV, con la parte “smart” spesso trascurata o ignorata.” DDay.it: La frammentazione non aiuta: Premium Play, per esempio, si vede tramite Smart Cam Wireless, sul canale 310 tramite MHP e attraverso l’app su TV Samsung. Se guardiamo ad altri produttori la situazione è ancora più frammentata, e in molti casi non ci sono neppure le app. F.L.: “Dobbiamo arrivare alla soluzione più razionale. Negli ultimi anni ci sono stati molti miglioramenti a livello di user experience e sono stati fatti passi importanti, ma è chiaro che serve uno sforzo in più. Il fatto che ad esempio per fruire di un servizio di streaming su un TV ci si debba iscrivere su un sito e non sul TV è un esempio di come le cose possono migliorare.” DDay.it: Il 4K, o Ultra HD, sta aiutando questo mercato? F.L.: “Più si parla di 4K per noi meglio è: Samsung parla di Ultra HD ormai da tre anni e alle parole è seguita anche una gamma completa di prodotti per tutte le esigenze. Ovviamente il TV non basta, i contenuti sono ormai un elemento sempre più distintivo e devono accompagnare l’offerta. Purtroppo, ed è già successo anche con altre tecnologie, esiste ancora una finestra tra i contenuti e la disponibilità hardware: i TV sono arrivati in largo anticipo rispetto ai contenuti. Siamo riusciti ad abbreviare i tempi in molte altre situazioni, ma questa finestra tra il tempo di introduzione dell’hardware e l’arrivo sul mercato dei contenuti per spingere al massimo l’hardware non siamo ancora riusciti ad accorciarla abbastanza.” DDay.it: Vendere un TV non vuol dire solo consegnare uno schermo: insieme a lui possono essere venduti anche elementi non troppo accessori ma fondamentali come un adeguato sistema audio. Non pensate che in Italia si faccia fatica, a partire dal momento di scelta in negozio, a comunicare davvero quello che può dare un TV oggi? F.L.:“Crediamo che anche qui ci siano margini di miglioramento importanti. Noi crediamo che il TV possa diventare davvero il centro della casa e possa trascinare l’utente anche ad altri acquisti collegati, ma è chiaro che certe funzioni devono essere ben dimostrate. Questo vale ora ma varrà ancora di più in futuro dove con “Internet of Things” e wearables sarà fondamentale far vedere e provare, anche in fase di acquisto, come due oggetti possono lavorare insieme e cosa possono fare insieme. Il televisore può essere davvero un nuovo driver di crescita in questo senso, ma tutti dobbiamo essere pronti a fronteggiare queste sfide. Noi ci crediamo molto, ma oggi è davvero difficile quando si acquista un TV trovare esperienze che parlino di ecosistema e di interazione tra diversi prodotti.” DDay.it: è già pronta l’applicazione Netflix in italiano per Tizen? F.L.: “Ad oggi l’azienda non ha ancora preso decisioni in questo senso”. (ma secondo noi è pronta – ndr). di Roberto PEZZALI È partita la promozione Philips “Amore a prima luce” dedicata all’Ambilight, tecnologia che Philips da anni utilizza sui suoi TV. Philips, consapevole che è difficile dimostrare in negozio l’Ambilight per la presenza di luci forti e l’assenza di superfici dedicate, ha pensato di far provare direttamente a casa la nuova gamma di TV Android con Ambilight. Chi sceglie uno dei nuovi TV Ultra HD Android delle serie 7100, 7120, 7150 e 7600 avrà 14 giorni di prova, al termine chi non sarà soddisfatto verrà interamente rimborsato. Philips attiverà per i primi 14 giorni anche un servizio “Vip”: basterà chiamare il call center per ricevere a casa un tecnico che aiuterà a risolvere eventuali problemi di collegamento o configurazione. Se invece l’utente sarà soddisfatto del TV Ambilight potrà iscriversi al sito www.amoreaprimaluce.it per richiedere un cashback che va dai 100 ai 200 euro a seconda del modello. Chi lo compra e si ritiene soddisfatto riceverà quindi un ulteriore sconto. La promozione è giocata sull’Ambilight pertanto la soddisfazione o l’insoddisfazione devono essere legate al sistema di illuminazione a LED: non si potrà chiedere il rimborso per dimensione sbagliata o per esempio perché Android TV non è bello come magari si pensava. Tutte le serie in promozione sono 4K e hanno ambilight su 2 o 3 lati: le differenze principali sono legati alla presenza del doppio tuner sulla serie 760 e della soundbar frontale sulla 7150. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE TEST Abbiamo parlato dello stato del 4K nei cinema in Italia con Enrico Ferrari, responsabile divisione Digital Cinema di Sony Italia “Il 4K è indispensabile. Entro il 2017 il ricambio” Sony è arrivata in Italia troppo tardi con i suoi prodotti per il Cinema, ora tocca aspettare un ricambio generazionale di Gianfranco GIARDINA a nostra inchiesta sul 4K al cinema, che ha evidenziato una situazione contrastata e non certo di larga diffusione, ha fatto molto parlare. Per avere un quadro più completo, abbiamo incontrato Enrico Ferrari, responsabile della divisione Digital Cinema di Sony per l’Italia e la penisola iberica. Sony ha in portafoglio solo soluzioni di proiezione cinematografiche in risoluzione 4K; i concorrenti di Sony hanno un’offerta prevalentemente 2K basata su matrici DLP acquistate da Texas Instruments. È chiaro che ci troviamo di fronte a un grande “tifoso” della tecnologia 4K. DDay.it: Partiamo dalla nostra inchiesta sulla situazione del 4K cinematografico in Italia: la trova una fotografia fedele o no? Enrico Ferrari: “Abbastanza. Se ci riferiamo alla disponibilità di film in 4K, confermo che siamo sulla decinaquindicina di titoli all’anno. Se ci sono – come da voi raccontato - dei film girati in 2K e masterizzati in 4K, beh… vanno considerati una ‘stranezza’. Dipende poi come la vogliamo vedere: se ci chiediamo se i contenuti 4K siano la maggior parte dei contenuti, beh, no, non lo sono. Tengo particolarmente a sottolineare che la risoluzione 4K è importante, ma quello che per noi conta è la qualità dell’immagine, non semplicemente la risoluzione”. DDay.it: La situazione italiana di diffusione dei proiettori 4K nei cinema è anomala o anche negli altri Paesi in Europa la penetrazione è ancora minoritaria? E.F.: “I proiettori 4K Sony in Europa sono circa 3mila. Non so dire quanti siano quelli della concorrenza, ma non sono molti. Mediamente in Europa abbiamo l’80% di market share sui proiettori 4K cinematografici, percentuale che può valere anche per l’Italia, dove abbiamo già installato poco più di 400 esemplari: si può arguire quanti siano i proiettori della concorrenza, ovverosia qualche decina”. DDay.it: Come mai in Italia le grandi catene di multiplex non adottano, se non sporadicamente, il 4K? E.F.: “Uno dei problemi nasce dal fatto che Sony, con le proprie soluzioni 4K, è arrivata sul mercato tardi, quando la digitalizzazione era già iniziata e per questi operatori strutturati era anche già finita. Sony è presente con questi prodotti sul mercato italiano dal 2011 e i grandi multiplex a quel punto avevano firmato gli accordi per la fornitura con macchine 2K: The Space aveva fatto gli L Enrico Ferrari, responsabile della divisione Digital Cinema di Sony in Italia torna al sommario ordini a cavallo tra il 2009 e il 2010; anche UCI Cinemas aveva iniziato la digitalizzazione nel 2009. Il motivo di questo nostro ritardo in Italia è che le fabbriche, in quei mesi, erano completamente impegnate per coprire la domanda fortissima del mercato americano e inglese”. DDay.it: C’è chi dice che il 4K al cinema non sia così indispensabile: le persone vanno al cinema in sale in larga parte 2K e non si lamentano della risoluzione… E.F.: “Ma non scherziamo. Chiunque vada a vedere un film in una sala 2K probabilmente dalle prime due file vedrà i singoli pixel, soprattutto su determinate scene. I calcoli ci dicono che per non percepire i pixel di una matrice 2K devi essere almeno a una distanza di 3,2 volte l’altezza dello schermo; con il 4K puoi arrivare anche fino a 1,2 volte l’altezza dello schermo senza scorgere i pixel. Oltre il 4K penso anch’io che non sia necessario andare perché si va nettamente oltre la capacità di risoluzione dell’occhio. Al massimo l’8K potrà avere qualche applicazione interessante in fase di ripresa e di utilizzo di queste informazioni in post-produzione, ma non credo che serva proiettare al cinema un segnale 8K”. DDAY.it: In ogni caso, non si sta mettendo troppa enfasi sulla risoluzione, con questa dicotomia tra 2K e 4K? E.F.: “A parte la risoluzione, penso che sia molto importante il rapporto di contrasto: il nostro occhio è in grado di percepire un contrasto di circa 10mila:1; i nostri proiettori offrono un contrasto di 8mila:1 garantito. Altre tecnologie (il riferimento è a quella DLP di Texas utilizzata praticamente da tutti i competitor, ndr) arrivano a 2.000-2.500:1”. DDAY.it: Come si spiega la presenza di così tanti proiettori 4K Sony nei cinema di oratori o istituzioni simili, soprattutto il Lombradia? E.F.: “Ci sono varie ragioni: un primo fattore è che siamo riusciti a comunicare che il 4K non è necessariamente per i grandi schermi…” DDAY.it: Ed è vero? E.F.: “Sì, perché dipende anche dalla distanza di visione: se lo schermo è piccolo ma la distanza di visione più ravvicinata, ecco che finisci per vedere comunque i pixel della matrice 2K. Tornando agli oratori, una seconda ragione è una buona organizzazione commerciale. Ma il vero motivo che ha guidato questo sviluppo è che i nostri ingegneri sono riusciti a realizzare dei proiettori 4K che hanno finito per posizionarsi molto vicino al prezzo di quelli 2K. C’è una ragione industriale: dato che il sistema di proiezione Sony è tutto Sony, dalla matrice fino alle lenti, raggiunta una determinata soglia di vendita, gli investimenti di ricerca e sviluppo sono stati ripagati e questo ha avuto in influsso sulla capacità di abbassare i prezzi. La nostra concorrenza compra tecnologia su licenza da Texas Instruments e non è in condizione di abbassare analogamente i prezzi”. DDay.it: Ma un proiettore 4K Sony, con queste economie, costa comunque di più di un proiettore 2K? E.F.: “In alcuni casi, no. Per trovare un proiettore 2K che costi meno dei nostri 4K devo andare proprio sui prodotti entry level, direi di un taglio inferiore ai nostri, più simili ai proiettori business che a macchine da cinema. Se così tanti parrocchiani hanno comperato le nostre macchine non l’hanno certo fatto per simpatia verso Sony, ma perché i prezzi e prestazioni erano competitivi”. DDay.it: Perché il 4K, nei cinema dove c’è, non viene particolarmente comunicato? Scoprire in quali sale c’è un proiettore 4K non è per nulla semplice… E.F.: “Può essere un problema legato alla comunicazione. In fondo a spingere forte sul 4K siamo solo noi, contro altre tre-quattro aziende della concorrenza che di certo non ne fanno un cavallo di battaglia. Credo che comunque il vento stia cambiando: ci sono alcuni esercenti che stanno spingendo il 4K, con insegne o grandi poster all’ingresso delle sale (come nelle foto, ndr)”. DDay.it: Quant’è la durata media di un proiettore? Ovverosia, quando accadrà che gli attuali 2K saranno da sostituire? E.F.: “La vita tecnica non è così facile da prevedere: i primissimi proiettori digitali in Italia sono stati installati intorno al 2005 e probabilmente sono già stati sostituiti; ma si trattava di primissime generazioni. Penso di poter dire che a regime la durata di un proiettore digitale può arrivare fino a 15 anni, non oltre. La mia prospettiva credibile per un ricambio dei proiettori installati al momento della digitalizzazione è per il 2017”. DDay.it: Quanto deve investire un esercente per passare al 4K? Ovviamente, non le chiediamo una cifra precisa, che può dipendere da mille fattori, ma un ordine di grandezza… E.F.: “Un proiettore 4K installato parte da 40mila euro ma può salire per schermi giganteschi, da 23 metri e oltre, fino a 65mila euro. Ovviamente sto parlando dell’intero sistema di proiezione, compreso di server DCP”. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT Tutti i modi per vedere il campionato italiano, quelli stranieri, la Champions e le gare internazionali Dove vedere le partite della prossima stagione Ecco come possiamo vedere la prossima stagione calcistica, sui canali TV a pagamento e su quelli visibili in chiaro M di Roberto FAGGIANO ai come la prossima stagione sarà complicato riuscire a seguire la squadra di calcio preferita, districandosi tra i diversi diritti rilasciati dalla Lega calcio. E poi non si possono perdere la Champion League, la Europa League e gli Europei di Francia. Ecco come imboccare la strada giusta. Serie A: vince Sky Se la vostra squadra di calcio milita in serie A la scelta più completa è quella di SKY con il pacchetto Calcio, che anche quest’anno sarà l’unica piattaforma a poter trasmettere tutte le partite di tutte le squadre. Anche se Sky ha perso a favore di Mediaset Premium qualche pacchetto secondario come le interviste a bordo campo o le riprese degli spogliatoi, la sua offerta è sempre la più completa oltre a prevedere tutte le partite in HD. Sempre per Sky bisogna ricordare l’offerta senza parabola di Sky Online che prevede l’acquisto del singolo avvenimento a 4,99 euro. Mediaset deve accontentarsi di trasmettere tutte le gare di otto squadre: Juventus, Milan, Inter, Roma, Lazio, Napoli, Fiorentina e Genoa. Sono pur sempre la bellezza di 248 partite che sazieranno la fame di calcio dei tifosi. Anche per Mediaset c’è l’alternativa senza parabola di Premium Online, dove sarà disponibile il pacchetto Calcio & Sport. Europa League: esclusiva Sky Ligue One francese i diritti devono essere ancora assegnati e quindi per il momento non si sa se diventerà esclusiva Sky o Mediaset. Coppa Italia Finalmente qualcosa gratis Serie B: l’esclusiva è di Sky Per le prossime tre stagioni il campionato di serie B sarà un’esclusiva di Sky e non ci saranno strade alternative rispetto all’acquisto del pacchetto Calcio; già prevista la trasmissione dedicata Diretta gol e l’alta definizione per tutte le partite. Champions League Solo su Mediaset Premium I tifosi di Juventus, Roma e Lazio (se passerà il turno preliminare) dovranno affidarsi a Mediaset Premium per vedere le partite in Coppa dei loro beniamini. Mediaset ha già precisato che non verranno mai trasmesse in chiaro al mercoledì le partite della Juventus nella prima parte a gironi del torneo, mentre i tifosi di Roma e Lazio possono sperare di vedere qualche partita in chiaro al mercoledì senza doversi abbonare a Premium. torna al sommario Per le prossime tre stagioni le partite del giovedì in Europa League saranno esclusiva Sky e quindi i tifosi di Fiorentina, Napoli e Sampdoria dovranno rivolgersi all’emittente a pagamento per vedere tutte le gare. Si potrà vedere in chiaro una partita per turno ma non è ancora chiaro dove verrà trasmessa, se su Cielo o sul nuovo canale annunciato per Sky alla posizione 8 del digitale terrestre. Almeno per la TIM Cup non dovremo pagare nulla, oltre al canone Rai; tutte le partite saranno trasmesse in chiaro sulla Rai sui diversi canali disponibili. La trasmissione in HD delle diverse gare però è tutt’altro che garantita. I campionati stranieri Inghilterra e Germania su Fox Sports Europei 2016 Tutte le gare sulla Rai in chiaro Per chi ama il calcio straniero il primo obbiettivo da vedere è la Premiere League inglese e per vederla serve il canale Fox Sports che da luglio diventa esclusiva Sky. Sullo stesso canale poi c’è pure il campionato tedesco della Bundesliga e per chi è proprio calcio dipendente non manca il campionato olandese con la Eredivisie. Quindi abbonamento Sky Calcio d’obbligo per chi non vuole perdersi le partite di questi campionati. Per quanto riguarda la Liga spagnola e I campionati europei di calcio si svolgeranno in Francia dal 10 giugno al 10 luglio 2016 e almeno per queste partite non dovremo pagare abbonamenti. Tutte le partite infatti verranno trasmesse in chiaro dalla Rai. Nel frattempo però solo le gare di qualificazione della nazionale sono visibili in chiaro, per le altre l’esclusiva è di Sky. Quest’anno le partite saranno complessivamente ben 51 perché per la prima volta le squadre ammesse alla fase finale del torneo saranno 24. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT Deejay TV cambia pelle dopo l’acquisizione del gruppo Discovery: nuova vita per il canale numero 9 Ri-nasce Deejay TV, ora in versione generalista Gli innesti appaiono in linea con lo stile di RealTime, ma con qualche concessione in più alla fiction e ai game show di Gianfranco GIARDINA opo alcuni mesi di studio, Discovery prende le redini di Deejay Television, l’emittente che da qualche mese è entrata a far parte del gruppo che sta scalando le classifiche di gradimento della TV italiana con canali come RealTime, DMax, Giallo e Focus. Nell’evento di presentazione dei palinsesti per la prossima stagione, è stato svelato quale sarà la nuova anima dell’emittente,che non è comunque troppo distante da quella vecchia, visto che tra le personalità presenti all’evento non è mancato comunque Linus. D Da canale tematico a generalista La rivoluzione di Deejay TV inizia lo scorso gennaio, con l’acquisto dell’emittente da parte del gruppo Discovery Italia. Deejay TV è particolarmente “preziosa” in funzione della numerazione del canale, il 9. Un numero che spetterebbe a un canale generalista, ruolo che Deejay TV non ha mai svolto veramente: per questo da più parti in passato si è gridato allo scandalo. Ora, con la gestione Discovery, dopo qualche mese di assestamento e di analisi, sta per partire un nuovo palinsesto finalmente più generalista (mancano solo i notiziari) che comunque mantiene il tono un po’ scanzonato tipico del brand Deejay e lo miscela con alcuni programmi più provocatori in stile Discovery. In realtà molte cose sono ancora in divenire, tanto che non è stato svelato completamente l’assetto del palinsesto, ma sono solo stati messi del paletti nel cosiddetto “prime time”, la fascia serale che maggiormente attrae ascolti ma anche la più battagliata di tutte. Nel resto della giornata non è stato chiarito cosa andrà in onda salvo il fatto che la colonna vertebrale del palinsesto diurno è Deejay Chiama Italia, il programma condotto da Linus e Nicola Savino. Lunedì: BOATS, largo ai videomaker Idea furba e sorniona: far lavorare il pubblico in cambio di un po’ di celebrità. La nuova trasmissione del lunedì sera si intitola BOATS, che non sta per “imbarcazioni” in inglese ma per l’acronimo di Based On A True Story: in pratica si tratta di un incrocio tra un contenitore di documentari e un talent show per i videomaker. Il creativi di tutta Italia saranno chiamati ad inviare i propri documentari: questi verrano resi disponibili prima sulla piattaforma online DPlay, presentata oggi, e quelli più cliccati verrano poi fatti vedere anche in TV, con la mediazione di Pif, che proprio come videomaker indi- torna al sommario pendente ha iniziato. Significativa la presenza di Pif su Deejay TV, dato che la sua casa abituale è stata per anni MTV. Ma a MTV, come da indiscrezioni circolate in questi giorni, c’è già aria di smantellamento, dato che l’emittente al numero 8 passerà probabilmente a Sky. E così Pif non ha perso tempo e dal canale al numero 8 si è spostato al 9: ben fatto. Martedì: arriva la fiction con “Tut” Il martedì sera sarà dedicato alla fiction con alcuni serial in prima TV. Il primo grande annuncio è una serie in sei puntate ispirata alle vicende del faraone Tutankamon: tra i protagonisti spicca il premio Oscar Ben Kingsley. Mercoledì: largo agli “Hotel da incubo” Il format dei “da incubo”, evolve con un nuovo “factual”: si tratta di Hotel da incubo, in versione italiana. Antonello Colonna, chef stellato e formatore per i professionisti della ristorazione e dell’ospitalità, girerà l’Italia in lungo e in largo per “raddrizzare” hotel, pensioni e bed&breakfast sull’orlo del tracollo finanziario. Secondo i curatori del programma, non si tratterà del solito “makeover” ma il focus sarà proprio sui tanti consigli utili che Colonna darà ai gestori per recuperare clientela e redditività. Giovedì: Tutti nudi con Luxuria Un format internazionale che, anche in versione tradotta, ha già riscosso un discreto successo è L’isola di Adamo ed Eva, in cui due sconosciuti (ma ritenuti compatibili dalla redazione) in cerca di una relazione vengono scaricati su un’isola deserta; il particolare è che per accelerare i tempi e renderli più televisivi i due (o anche più) vengono lasciati sull’isola completamente nudi e nudi devono familiarizzare e convivere (e magari finire per accoppiarsi). Il giovedì sera arriva su Deejay TV la versione italiana del programma, condotta da Vladimir Luxuria, scelta interessante per rappresentare, in un sol colpo, entrambe le metà che compongono questo “dating show”. Venerdì: un bel film e correre La creatività dei canali Discovery viene un po’ meno il venerdì, serata che è dedicata a un film. Non è certo una novità ed è difficile che Deejay TV possa strappare a RAI e Mediaset grandi titoli. Già in lista Charlie’s Angels, Terapia d’urto e Sette anni in Tibet. Ok, diciamo che arrivati al venerdì, prima del weekend, per questo giro erano finite le idee. Il Week end: si gioca (e ci sono gli alieni) Il pezzo forte del week end, in onda sia di sabato che di domenica in prima serata, è un game show: si tratta di Trade Up, un format nato e diventato celebre in Israele, in cui due famiglie si batteranno attraverso un percorso di domande di cultura generale per aggiudicarsi una nuova fiammante automobile e, solo per i più bravi e coraggiosi, addirittura una costosissima fuoriserie. La versione italiana di Trade Up sarà condotta da Federico Russo. ll sabato prosegue con Alieni: nuove rivelazioni (non proprio una novità), mentre la domenica sera è caratterizzata da una nuova produzione: si tratta di Trash or Treasure, un game show in cui i concorrenti saranno chiamati a cercare di stabilire il vero valore di alcuni oggetti, distinguendo tra preziosi e cianfrusaglie: in pratica una specie di OK, il prezzo è giusto ma con i ritmi e le “suspance” della TV di oggi. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT Il gruppo televisivo Discovery lancia la propria piattaforma di streaming È nato DPlay: programmi in streaming HD I programmi di Real Time, DMax, Deejay TV e K2 visibili gratis su web, smartphone e tablet È di Gianfranco GIARDINA nata DPlay, la piattaforma di streaming del gruppo televisivo Discovery. Si tratta di un servizio totalmente gratuito e fruibile (categoricamente solo da IP Italiani) su PC, via browser, e piattaforme iOS e Android. I contenuti sono tratti dalla vastissima library dei canali free del gruppo, come Real Time, DMax, Focus e Giallo (tutti già presenti ora) che nelle prossime settimane verranno affiancati anche dai programmi di Deejay TV, K2 e Frisbee. DPlay è già accessibile via Web sin da subito a questo indirizzo: l’interfaccia è facile e lineare, la fruizione immediata; meno immediata è la durata dei “pre-roll”, ovverosia la pubblicità che precede il contenuto, attualmente fissata a più di un minuto. La scelta – ci spiegano da Discovery – non è definitiva, è solo un esperimento che nasce dalla considerazione che i contenuti erogati sono lunghi, spesso tra la mezz’ora e l’ora: il quantitativo di pubblicità è perequato su queste durate. Play è anche disponibile per smartphone sugli store di Apple e Google; la versione per tablet è attesa a ore, ma in ogni caso è possibile usufruire del servizio anche nel browser. La cosa più interessante di DPlay è la qualità: se la banda lo concede lo stream è in HD ed è l’unica possibilità di vedere i canali free del gruppo Discovery in questa qualità, dato che sul digitale terrestre l’emissione è solo in standard definition. Stranezze Disponibili sul DTT i nuovi canali di Mediaset Premium Ora l’offerta in HD è più ampia per cinema e calcio, spariscono i canali Hot Time di Roberto FAGGIANO delle emittenti TV (e della scarsa pianificazione del mondo televisivo italiano): si utilizza il canale broadcast per la qualità peggiore e quello netcast per quella migliore. Alessandro Araimo di Discovery ci chiarisce comunque: “Tutta la nostra library è categoricamente in Full HD e, dove c’è una connessione valida, sarà questa la qualità che porteremo agli utenti via DPlay”. DPlay è intesa come un prodotto a se stante, non come un’appendice dei canali televisivi: si arguisce anche dal logo in cui non compare la scritta “Discovery” e neppure i loghi dei canali. “Amplifica i nostri contenuti – sottoliena Araimo - ma deve avere anche una vita propria. Deve sviluppare anche un mondo di contenuti ed esperienze incrementali”. Per ottenere questo obiettivo su DPlay si vedranno anche programmi originali “Già in questo momento – ci spiega Araimo - sono presenti dei contenuti della nostra library che non sono mai passati in TV. Ma stiamo lavorando a specifici contenuti che verranno erogati solo su DPlay”. Il riferimento è per esempio a Boats (Based On A True Story), il nuovo programma di Deejay Television che coinvolge i videomaker nell’invio di documentari: tutti gireranno su DPlay, i migliori andranno anche sul canale televisivo. Ma nel futuro di DPlay ci sono anche contenuti “sponsorizzati”: si tratta di documentari su determinate realtà aziendali o addirittura dei “brand channel” finanziati dagli investitori pubblicitari. Discovery ha dimostrato nei mesi scorsi, con alcuni programmi basati su contenuti sponsorizzati, di essere capace di mantenere la barra della produzione su una rotta non eccessivamente promozionale e anche interessante per gli spettatori. Oltre a questi si sta studiando un nuovo format, pensato solo per DPlay, impostato sui temi della comicità italiana: alcuni “tutor” come Fabio Volo e Geppy Cucciari saranno impegnati nello stanare talenti comici in tutta Italia. ENTERTAINMENT Amazon “accende” l’HDR in streaming, battutto sul tempo il rivale Netflix Amazon lancia i primi contenuti video in HDR e 4K Il servizio è dedicato agli abbonati Prime statunitensi. Si comincia con Mozart in the Jungle A di Poalo CENTOFANTI mazon Instant Video è il primo servizio di streaming a offrire contenuti in Ultra HD e HDR. L’azienda ha infatti annunciato che con l’arrivo della serie originale Mozart in the Jungle gli abbonati americani ad Amazon Prime (che negli Stati Uniti include appunto anche il servizio di streaming video), potranno vedere gli episodi con video in high dynamic range, a patto di possedere un TV compatibile si intende. Al momento ciò equivale ad avere uno dei torna al sommario Nuovi canali Premium: fuori il porno, dentro un po’ di HD nuovi Samsung SUHD, gli unici che a quanto pare per ora hanno il supporto all’HDR già attivo. Amazon Instant Video offre in HDR anche il primo episodio di Red Oaks, altra serie originale Amazon, mentre i film arriveranno più in là nel corso dell’anno. Nessuna notizia invece per quanto riguarda la disponibilità anche all’estero dei primi contenuti HDR. Anche Netflix ha annunciato che entro la fine dell’anno offrirà contenuti in high dynamic range, a cominciare dal suo Marco Polo, utilizzato come demo al CES di Las Vegas. Sono in onda i nuovi canali Mediaset Premium, calcio e cinema hanno una più ampia offerta in alta definizione mentre altri canali hanno una nuova denominazione. Nessuna notizia invece per l’offerta commerciale, che partirà probabilmente dal primo luglio. Per quanto riguarda il cinema arriva Premium Cinema 2 HD, anche questo canale avrà la sua versione +24 che ripropone la programmazione del giorno precedente ma perde l’HD. Il canale Mya ha ora la nuova denominazione Stories e propone le serie sentimentali che dal mese di settembre si arricchiranno di nuovi titoli in esclusiva per l’Italia. Premium Action e Premium Crime sono ora in versione HD ed entrambe hanno il loro omologo +24 con la programmazione del giorno precedente, sempre solo in definizione standard. Partirà invece dal 1° luglio il nuovo canale Premium Sport (anche in versione HD), che rimpiazza i canali Fox Sports che dopo il 30 giugno diventano esclusiva Sky. Questo canale sarà dedicato alla Champions League e al calcio in generale ma ci sarà posto anche per gli altri sport con nove notiziari e tre ore di rassegna stampa ogni giorno. Dalla programmazione Premium invece spariscono i tre canali a luci rosse Hot Time che evidentemente non hanno ottenuto il successo sperato. Inoltre, ci sono stati piccoli cambiamenti nella distribuzione dei canali sui multiplex di Mediaset, in particolare è stato spostato il canale Rete 4 HD sulla frequenza 36. In ogni caso sarà necessario risintonizzare i televisori per riavere tutti i canali nella giusta numerazione LCN. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT Chili.tv e Samsung hanno siglato un accordo per portare in Italia contenuti 4K Arrivano i primi 5 film UltraHD in italiano Ma solo per chi acquista un TV Samsung Fino al 31 luglio chi comprerà un TV Samsung avrà in omaggio cinque film in Ultra HD P di Roberto PEZZALI er la prima volta in Italia e in anteprima su Samsung TV arriva in Italia lo streaming di contenuti in formato UltraHD. A partire da 22 giugno e fino al 31 luglio chi acquisterà un TV Samsung serie JU e JS riceverà, inclusi nel prezzo, cinque film in formato 4K da vedere su Chili. I film saranno “Transformers”, “Transformers 3” e “Transformers - La vendetta del caduto”, “Forrest Gump” e “G.I. Joe - La vendetta. “CHILI da sempre è attenta alle innovazioni del mercato e siamo quindi molto orgogliosi di essere i primi in Italia a proporre contenuti in UHD, una tecnologia molto attesa da tutti gli amanti di cinema”, dichiara Stefano Parisi, Presidente di CHILI. “Il nostro obiettivo è quello di offrire agli utenti il miglior servizio possibile sia in termini di contenuti che di qualità tecnologica e questo accordo con Samsung e Paramount Pictures, leader del mercato nei rispettivi segmenti, ci dà la possibilità di dimostrarlo ancora una volta”. Questa esclusiva Samsung non vale per nessun altro: i film in Ultra HD non saranno disponibili su Chili per l’acquisto trami- te altre piattaforme TV (quindi LG, Sony, Panasonic etc) e non saranno disponibili neppure per coloro che hanno acquistato un TV Samsung ieri. “Siamo molto contenti di poter offrire ai consumatori un’esperienza unica grazie a questa esclusiva collaborazione con CHILI” - dichiara Marco Hannappel, Sales & Marketing Director Audio Video Division di Samsung Electronics Italia. “Il suo arrivo ci permette di arricchire ulteriormente l’offerta di contenuti e servizi disponibili sull’ampia gamma TV, a conferma del costante impegno di Samsung nel voler garantire alle persone un mondo di possibilità in continua crescita e un’esperienza di intrattenimento sempre più ricca e completa, in grado di incontrare i gusti e le necessità di tutti.” I contenuti sono codificati in HEVC e sono dotati di forensic watermarking: una firma invisibile che rende possibile risalire direttamente all’eventuale utente che li pirata rimettendoli in rete, anche in caso di ripresa con telecamera. I contenuti non sono scaricabili, per poterli vedere servirà una velocità di connessione Internet pari o superiore a 8 Mbps. Thomson: Quantum Dot e UltraHD a prezzo super Pannello UltraHD e Quantum Dot non fanno salire troppo il prezzo, che si ferma a 1799 € A di Roberto PEZZALI torna al sommario È un cubo 10x10 cm il nuovo picoproiettore LG per l’uso in mobilità o per l’ufficio Può proiettare immagini da 100” e la lampada dura 30.000 ore di Michele LEPORI TV E VIDEO TCL lancia finalmente nel nostro Paese il TV Quantum Dot Thomson 55UA9806 rriva finalmente in Italia il Thomson 55UA9806, presentato allo scorso CES di Las Vegas e prodotto da TCL. Non deve spaventare l’origine cinese: TCL è un colosso nel mondo dei TV e produce pannelli per tutti, ponendosi al top della produzione mondiale, e probabilmente è questo il motivo che permette di vendere, ad un prezzo decisamente concorrenziale, un TV 4K dotato di filtro Quantum Dot. Il 55UA9806, modello unico, assomiglia più ad un TV europeo e il motivo è presto spiegato: la matita che lo ha disegnato appartiene al designer danese Flemming Møller Pedersen, capo del design di TCL. La Minibeam Nano Il proiettore LG che sta in tasca stessa cura è riposta anche nell’audio: harman/ kardon ha progettato il sistema audio integrato nella cornice da 25 watt stereo, con diffusori a tre vie per ogni canale. Il pannello, prodotto in casa, è un LCD Ultra HD Quantum Dot da 55” spinto da un processore quadcore che assicura anche la compatibilità HEVC e la riproduzione di ogni tipo di contenuto da USB o rete. Il televisore 55UA9806 sarà disponibile prossimamente al prezzo consigliato di 1799€, e considerando il costo di altri modelli Quantum Dot forse è il caso di darci una occhiata da vicino. La famiglia Minibeam di LG si allarga con Nano, il più piccolo, leggero ed economico picoproiettore del gigante coreano: a livello tecnico siamo di fronte ad un proiettore con risoluzione WVGA di 854x480 con luminosità di 100 ANSI lumen e contrasto di 100.000:1; 270 grammi di peso e 10cm per lato ne garantiscono l’estrema portabilità mentre la presa USB integrata e la compatibilità con il mirroring via Miracast e Wi-Fi Direct con smartphone e tablet ne garantiscono una fruizione allargata all’utenza più varia e con le esigenze più diverse. La batteria integrata da 3800 mAh ne garantirà inoltre 2 ore di proiezione ininterrotta. LG annuncia un ciclo vitale di 30.000 ore di uso: 10 anni al ritmo di 8 ore al giorno proiettando sulla diagonale massima di 100” e con la funzione Auto Keystone per regolare il perfetto angolo di visione sempre attiva: alla presentazione del Minibeam Nano Lee In-kyu, il senior vice president della divisione monitor e TV ha dichiarato come “Minibeam è il perfetto compagno per coloro in cerca di una soluzione votata in primis alla mobilità”. Minibeam Nano arriverà da giugno praticamente in tutti i mercati del mondo, ma LG raccomanda di controllare il loro sito per tempistiche più precise e per i prezzi aggiornati: in Italia purtroppo sono sempre stati molto difficili da trovare. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE MERCATO In futuro useremo sempre meno la carta di credito fisica in favore di sistemi di pagamento più evoluti e pratici Più NFC e meno plastica nel futuro di MasterCard Dai nuovi wallet basati su HCE ai sistemi di pagamento Android Pay ed Apple Pay, anche con i dispositivi wearable di Paolo CENTOFANTI M asterCard ha tenuto una presentazione dell’insieme delle tecnologie che sta portando sul mercato e che presto faranno sì che il gesto di estrarre dal portafoglio la carta di credito diventi un ricordo. Alcune di queste sono già disponibili, come MasterPass, la soluzione per pagare online su siti di e-commerce, sfruttando username e password invece delle credenziali complete della propria carta, altre arriveranno presto. Sono proprio queste le più interessanti, che renderanno in realtà quasi obsoleto il concetto stesso di carta di credito come la intendiamo oggi, una tessera di plastica da utilizzare ogni volta che si vuole effettuare un pagamento elettronico. Di pagamenti via NFC ne parliamo da una vita, e se le carte contactless ormai in Italia stanno raggiungendo una diffusione capillare (sia in termini di carte nelle mani dei consumatori che di POS abilitati), utilizzare ad esempio il proprio smartphone NFC per pagare non è ancora così facile. Fino ad oggi occorrevano tre cose: un telefono compatibile, una SIM NFC di un operatore telefonico e una carta di credito abilitata ai pagamenti NFC. Questo schema sta per venire scardinato, come ci ha raccontato Chris Kangas, Head of Contactless Payments per l’Europa di MasterCard, grazie da una parte alle nuove soluzioni cloud dell’azienda, dall’altra all’arrivo di player come Android Pay, Apple Pay e Samsung Pay. La side qui sopra descrive i tre approcci ai pagamenti via NFC tramite lo smartphone. Il metodo che è stato fin qui utilizzato in Italia è soprattutto quello che utilizza il chip della SIM per memorizzare le credenziali della nostra carta di credito in forma opportunamente protetta da possibili “attacchi”. Ci sono però altre due soluzioni possibili. Apple Pay e Samsung Pay, utilizzano un’area sicura direttamente integrata in hardware nel dispositivo, per memorizzare un token, un codice che abbina il dispositivo alle credenziali della propria carta. I dati della carta non sono memorizzati sul dispositivo e non vengono comunicati durante la transazione NFC al momento dell’acquisto, solo il “gettone”. In caso di compro- torna al sommario missione del token, questo è inutilizzabile senza il dispositivo che l’ha generato. Se è lo smartphone a venire perso, il token viene annullato senza compromettere il numero della carta. Android Pay e i futuri digital wallet sfrutteranno sempre il sistema dei token ma tramite il cosiddetto HCE (Host Card Emulation), quale appunto la nuova soluzione cloud di MasterCard. In questo schema le credenziali della carta non sono memorizzate sul dispositivo, ma su un server remoto sicuro dell’istituto di carta di credito, che rilascerà alle applicazioni delle chiavi usa e getta per effettuare gli acquisti via NFC o altri servizi abilitati (app, siti web a cui si accede da mobile e così via). L’unico limite di questo sistema, se così vogliamo chiamarlo, è che lo smartphone deve essere comunque connesso a una rete: se siamo ad esempio all’estero con connessione dati disattivata, esaurito il set di chiavi valide ospitate sul dispositivo, ci è stato spiegato che il sistema dovrà scaricarne di nuove per poter effettuare altri acquisti. Attualmente Android Pay o Apple Pay utilizzano un lettore di impronte digitali per abilitare il pagamento, ma per il futuro MasterCard sta esplorando anche altre possibilità di riconoscimento biometrico. Una possibile soluzione che MasterCard ci ha presentato, ad esempio, è la lettura di una frase visualizzata sul display dello smartphone che identifica l’utente tramite il riconoscimento vocale. Un’altra possibilità è il riconoscimento del volto tramite la fotocamera frontale dello smartphone e queste e altre tecnologie possono venire combinate per aumentare la sicurezza. Il futuro a cui stiamo andando incontro, in ogni caso, va oltre anche il concetto di pagamento contactless. MasterCard ha mostrato uno scenario in cui una soluzione come MasterPass può essere utilizzata per effettuare acquisti nei negozi fisici prima ancora di entrarci: immaginate di avere sete e visualizzare una lista di negozi vicini sul proprio smart watch, quindi di selezionare una bibita, pagarla con un tocco dall’orologio, entrare nel negozio, prendere da bere e mostrare solo la ricevuta sullo smartphone prima di uscire. La tecnologia per farlo ormai c’è. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE MERCATO Amazon ha accorciato i tempi di consegna di Prime a un giorno, ma costa il doppio Amazon Prime consegna in 24h ma aumenta Il servizio ha un costo di 19 euro, al momento la consegna veloce è attiva in 6000 comuni C di Roberto PEZZALI hi ha sottoscritto il servizio Amazon Prime ora ha a disposizione una consegna decisamente più celere: i prodotti ordinati che partecipano al programma Prime, oltre un milione, verranno consegnati in un solo giorno lavorativo. In una prima fase il servizio “rapido” sarà disponibile in 6000 comuni, ma nei prossimi mesi verrà esteso a tutta la penisola. Negli altri casi, comunque, resterà disponibile la spedizione gratis in 2-3 giorni. “Dal lancio di Amazon.it abbiamo spedito milioni di prodotti con la consegna in 2-3 giorni ai nostri iscritti a Prime in Italia. La risposta è stata incredibilmente positiva, infatti il numero di abbonati è quasi raddoppiato nel corso del 2014. A partire da oggi la nostra consegna diventa ancora più veloce e comoda con la spedizione 1 Giorno, disponibile per oltre un milione dei nostri prodotti più venduti”, ha affermato Xavier Garambois, Vice President Retail di Amazon Europa. “Continuiamo a innovare per i nostri clienti, per aiutarli a risparmiare tempo e denaro”. Questo vantaggio comunque si pagherà: il servizio Prime infatti da 9,9 € all’anno passa a 19,99€, anche se gli iscritti pagheranno il nuovo prezzo di rinnovo solo dal 2016. Chi si iscrive oggi, invece, dovrà pagare subito 19 euro. Consegna veloce ma prezzo più alto: chi usa Amazon in ogni caso sa che qui 10 euro in più sono soldi ben spesi. MERCATO Ennesima puntata del giallo intitolato “Aggiornamento a Win10: gratis o no?” Windows 10 gratis per chi resta “Insider” I TV Toshiba tornano in Europa, di giapponese c’è solo il marchio II TV Toshiba tornano in Europa, ma a produrli non sarà Toshiba: l’azienda infatti ha sospeso la produzione di TV in Europa e negli Stati Uniti e ha ceduto il marchio. Compal Electronics, azienda di Taiwan che ha già rilevato il brand TV di Toshiba per gli States, ha raggiunto un accordo con Toshiba per creare una nuova struttura per la realizzazione e la vendita di TV LCD a marchio Toshiba in Europa e in Italia. L’accordo sarà firmato tra le due parti il primo di luglio, con la produzione di TV che arriverà quindi entro le festività natalizie. Difficile capire come saranno venduti questi nuovi TV Toshiba: probabile si punti sul piccolo taglio e sul prezzo abbordabile con esposizione nei supermercati, dove il brand giapponese potrebbe attrarre più clienti di un marchio sconosciuto. Poco importa: di Toshiba in questi TV ci sarà solo il marchio: tutto il resto, dalla tecnologia al design, è roba passata. Il nuovo sistema operativo Microsoft sarà gratis per chi ha la licenza di Win7 o Win8.1 Tutti gli “Insider” potranno continuare a utilizzarlo solo se rimangono nel programma di Emanuele VILLA ra annunci, smentite e notizie che si contraddicono, non c’è dubbio che il discorso dell’aggiornamento gratuito a Windows 10 abbia causato non poca confusione, costringendo Microsoft a diversi interventi ufficiali. Finalmente abbiamo la possibilità di estendere e, al tempo stesso, mettere la parola fine alla questione: il principio resta immutato, ovvero solo i possessori di una regolare licenza di Windows 7 o Windows 8.1 otterranno l’analoga licenza di Windows 10 e potranno aggiornare senza problemi. L’aggiornamento gratuito sarà invece precluso a chi non possiede una regolare licenza dei due sistemi operativi precedenti. Il caso particolare riguarda gli Insider, ovvero tutti coloro che hanno partecipato (e partecipano) al programma di testing del prodotto. Chi, di questi, ha installato da zero una copia di Windows 10 potrà sì continuare a usarla gratui- T torna al sommario MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago, Alessandra Lojacono, Simona Zucca tamente, ma solo se rimarrà all’interno del programma Insider e quindi se continuerà a ricevere le versioni preliminari di tutti i vari aggiornamenti (col rischio di incappare in bug di ogni genere e natura). Uscendo dal programma Insider, l’utente dovrà tornare a Windows 7 o Windows 8.1 (con regolare licenza) per ottenere una copia definitiva e regolare di Windows 10. Caso particolare riguarda tutti coloro che hanno installato Windows 10 su una macchina virtuale: il sistema principale (sul quale è presente Win7 o Win 8.1) potrà passare regolarmente a Windows 10, mentre la macchina virtuale resterà “lecitamente” su Windows 10 solo rimanendo nel programma Insider, ovvero ottenendo gradualmente gli aggiornamenti e inviando i dati relativi all’utilizzo. Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE MOBILE Da come digitare un numero rapidamente a come scattare selfie senza toccare il telefono, ecco il lato nascosto dell’iPhone 10 trucchi del tuo iPhone che forse non conosci iOS è pieno di diversi accorgimenti che possono semplificare la vita. Ne abbiamo raccolti alcuni davvero interessanti di Roberto PEZZALI utti i sistemi operativi sono pieni di trucchetti e piccole soluzioni che rendono decisamente più semplice l’utilizzo. Iniziamo così questa carrellata di “trucchi” con quello che è probabilmente lo smartphone più amato in Italia, l’iPhone. Alcuni non sono certo nuovi, ma siamo abbastanza sicuri che anche chi vive con lo smartphone come appendice del proprio braccio ne ignora almeno la metà. Come lo sappiamo? Beh, alcuni non li conoscevamo neppure noi. T Trucco 1: come digitare un numero rapidamente Inserire numeri e simboli con la tastiera dell’iPhone a volte può essere una vera scocciatura, soprattutto all’interno di un testo. La soluzione c’è: al posto di premere i tasti “123” per passare alla tastiera con numeri e simboli basta appoggiare il dito su “123” e trascinarlo sul simbolo o il numero scelto. Dopo averlo inserito la tastiera tornerà in modalità alfabeto. Trucco 3: come tornare in cima rapidamente può così far lampeggiare il flash LED all’arrivo di un SMS o di una chiamata. Utile per chi tiene sempre il telefono silenziato e vuole anche un avviso visivo. Su iOS esiste una scorciatoia per tornare rapidamente in cima alle lunghissime liste: se state scorrendo un elenco infinito di mail o di contatti basta un veloce tap in prossimità della barra di stato, quella con l’ora per intenderci, e in un instante la lista sarà tornata al primo elemento. Veloce ed efficace. Trucco 4: come attivare un comodo zoom Trucco 2: come recuperare qualcosa cancellato per sbaglio Può capitare, nelle note e nella composizione di messaggi, di cancellare inavvertitamente un testo o un numero che invece serviva. Windows ha la classica funzione “undo”, ma l’iPhone? La funzione esiste anche qui e per attivarla non bisogna fare altro che scuotere il telefono per far apparire il ripristino: provare per credere! Nel menù di controllo “Accessibilità” destinato a chi ha problemi a interfacciarsi con la visualizzazione standard di iOS esistono un paio di funzioni interessanti. Una di queste è la voce “Abbreviazioni accessibilità”, che permette di associare una funzione al triplo click del tasto home. In questo modo si può attivare un popup di “zoom”, utile per chi fa fatica a leggere i caratteri piccoli e i numeri di telefono. Trucco 6: come nascondere le foto indesiderate Volete scorrere le vostre foto con gli amici ma non volete che qualcuno dei vostri video o delle vostre foto sia visibile? Basta tenere premuto sulla foto per scegliere di nasconderla, almeno nella vista “momenti” e “anni”. Attenzione, però, che nella vista “rullino foto” resterà comunque visibile. Trucco 5: come attivare le notifiche LED Sempre nel menù Accessibilità, raggiungibile sotto “impostazioni / generale / accessibilità”, è possibile attivare le notifiche visuali. Insieme alla vibrazione si segue a pagina 14 torna al sommario n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Un progetto di Indiegogo mira a rivoluzionare il segmento dei caschi per motociclisti al servizio della sicurezza Tra radar, GPS e display, questo è il casco più hi-tech di sempre Un casco con due videocamere, due HUD, sensore di prossimità LiDAR e pannello fotovoltaico. Arriverà a fine anno L di Emanuele VILLA a tecnologia applicata al mondo dei caschi per motociclisti sta facendo passi da gigante. Ma in questo caso andiamo decisamente oltre: questo prototipo di Intelligent Cranium’s (iC-R) sembra più uscito da un film di fantascienza tipo Tron che da un comune progetto di Indiegogo. Progetto che è stato appena lanciato e che richiede ben 300.000 dollari US per entrare nella fase successiva, quella della progettazione finale e della produzione. Se riuscirà a ottenere il cospicuo finanziamento, l’azienda offrirà ai motociclisti una piccola perla tecnologica al servizio della sicurezza e delle funzionalità: stiamo parlando di un casco con doppia videocamera posteriore e annesso doppio HUD integrato, uno dei quali offrirà la visuale posteriore, quella ottenuta dalle due videocamere che insieme raggiungono i 210° di angolo visuale. Lo scopo principale è quello di far sì che il guidatore non debba mai muovere la testa per compensare eventuali punti ciechi: in quest’ambito, la concorrenza arriva a 180°. Ovviamente non è tutto: il secondo HUD, posizionato di default a destra, può essere invece personalizzato con informazioni provenienti da uno dei diversi sensori presenti. Il casco contiene un sensore GPS molto preciso, ma al di là delle rilevazioni di base, l’azienda punta a distribuire l’SDK per permettere a tutti gli sviluppatori di scrivere la propria applicazione e, di conseguenza, personalizzare il dispositivo. Sempre l’HUD può poi mostrare un’infinità di informazioni provenienti dallo smartphone, considerando che iC-R è dotato di connettività Bluetooth e può quindi “dialogare” con le app del telefono e ricevere/fare telefo- nate. Ma c’è anche dell’altro: oltre alla visione posteriore a 210°, l’azienda punta a inserire un vero e proprio sensore LiDAR, tecnica di telerilevamento che rileva la distanza degli oggetti utilizzando un impulso laser. In questo modo il pilota viene avvisato con anticipo se qualche auto dietro di lui sta arrivando a una velocità un po’ troppo sostenuta e se c’è un concreto rischio di tamponamento. In realtà potrebbero anche bastare le videocamere posteriori, ma gli ideatori del progetto hanno pensato alle situazioni notturne: in questo caso, una tecnica di rilevazione della distanza basata su laser è una manna. Con tutta questa tecnologia a bordo, si pone senz’altro un problema di consumo e, ovviamente, di costi: il primo viene risolto sommando due elementi, ovvero la classica batteria ricaricabile - per la quale si punta alle 8 ore di autonomia - con un piccolo pannello fotovoltaico posizionato sopra il casco, che lungi da fungere da unico sistema di alimentazione, potrà dare una mano alla batteria durante il giorno. Il discorso prezzo è tutto da definire, poiché siamo ovviamente lontani dal momento della commercializzazione (prevista al momento per dicembre 2015): se le promesse verranno mantenute, e una volta ottenuta l’omologazione e tutte le certificazioni del caso, iC-R verrà proposto a 1.399 dollari americani, con una probabile conversione 1:1 in euro. Ma per quello c’è tempo... MOBILE 10 trucchi dell’iPhone segue Da pagina 13 Trucco 7: come cambiare la direzione della foto panoramica L’applicazione “Foto” permette lo scatto di fotografie panoramiche seguendo la freccia che appare sullo schermo, normalmente da sinistra verso destra. Cliccando sulla freccia è possibile cambiare il verso di cattura, non più da sinistra verso destra ma da destra verso sinistra. Trucco 8: come risparmiare batteria disattivando il contapassi si può usare il tasto del volume come tasto di scatto remoto, per selfie o autoscatti. Il contapassi in iOS 8 è sempre attivo (alimenta, tra gli altri i dati consultabili nell’app Salute), ma è una funzione che davvero poche persone usano. Nel menù “privacy / movimento e fitness” si può disattivare il contapassi risparmiando così un po’ di batteria. Trucco 10: come controllare le app che consumano più dati Trucco 9: come scattare foto e selfie a distanza senza toccare il telefono Con l’applicazione “Foto” aperta è possibile scattare una foto utilizzando il tasto “volume su”. La cosa vale anche se sono collegati auricolari a filo o Bluetooth: torna al sommario Se il piano dati da 2 GB non basta per arrivare a fine mese e volete controllare quali sono le app che hanno consumato di più basta andare, il primo giorno del mese, sotto “impostazione/cellulare” e scorrere fino in fondo per azzerare le statistiche. Alla fine del periodo da controllare, nello stesso menù, sarà presente sotto a ogni applicazione il valore in MB o GB di dati consumati esclusivamente in modalità 3G o LTE. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE MOBILE Google X, la divisione più sperimentale di Mountain View annuncia un nuovo smartwatch Il nuovo smartwatch Google è tutta salute Non compete con Apple Watch ma con HealthKit: obiettivo tenere sotto controllo la salute N di Michele LEPORI el mercato degli smartwatch, Google potrebbe aver tirato fuori il classico coniglio dal cilindro: dalle pagine di Bloomberg apprendiamo infatti che tramite i laboratori Google X, Mountain View ha presentato un nuovo tipo di dispositivo indossabile che non vuole muovere l’ennesima guerra ad Apple, Fitbit, Jawbone e tutto il mercato Wearable bensì punta dritto al settore medico, proponendosi come la soluzione migliore per il monitoraggio delle condizioni di salute dei pazienti. Una scelta che mette nel mirino HealthKit, il framework di Cupertino presentato alla WWDC ’14 e che non sarà più monopolista del settore. “Il nostro scopo è far si che questo dispositivo diventi utile per pazienti e medici; non sarà commercializzato come gadget consumer”, così il responsabile del team Life Science di Google Andy Conrad. Alla presenta- MOBILE Pronti per il prossimo Moto G? Siamo alle solite: l’ennesimo rumor della Rete stavolta è tutto per Motorola e per la nuova incarnazione di Moto G. Stando alle voci, il 2015 di Motorola porterà uno smartphone da 5” a 720p di risoluzione con processore SnapDragon 401, 16 GB di RAM e 8 GB di archiviazione locale. Il salto di qualità dovrebbe riguardare senza dubbio le fotocamere, che raggiungeranno quota 13 Megapixel per quella principale e 3 per la frontale: un balzo rispettivamente di 5 e 1 rispetto al modello attuale. La batteria dovrebbe essere un 2.300 mAh a sostegno del grande display. L’unica foto che è emersa mostra una scocca posteriore generica da cui è difficile notare dettagli di particolare rilevanza, e l’impressione è che toccherà aspettare l’autunno per avere qualcosa di concreto di cui parlare: non dovrebbero esserci novità sul fronte prezzi, il vero punto di forza di Moto G finora. torna al sommario OnePlus 2 è quasi pronto con il nuovo Snapdragon 810 che scalda meno OnePlus 2 utilizzerà lo Snapdragon 810: secondo l’azienda i problemi termici sono stati risolti, ma è più probabile che abbiano comprato il processore “in saldo” di Roberto PEZZALI zione ha parlato anche Kara Dennis di Medidata, l’azienda che analizzerà i risultati raccolti sottolineando come “… da tempo il settore era alla ricerca di qualcosa che permettesse il tracciamento dei progressi nelle cure anche fuori dall’ambito ospedaliero, e ora è finalmente possibile”. Google lavorerà a stretto contatto con aziende farmaceutiche e istituti di ricerca americani ed europei per far si che tutti i progetti di Google X possano passare dai laboratori di sviluppo a quelli di ricerca e alcuni progetti come la lente a contatto in grado di leggere il livello di zuccheri nel sangue per i diabetici verrà presto commercializzato dalla svizzera Novartis. MOBILE Sembra risolto il problema della tastiera SwiftKey Samsung tappa il buco dei Galaxy A breve la patch sugli smartphone di Roberto PEZZALI Samsung ha chiuso la falla alla tastiera SwiftKey che rendeva vulnerabili oltre 600 milioni di smartphone Galaxy. A breve, infatti, sarà rilasciata una patch di sicurezza che andrà a risolvere il problema, anche se questa patch la riceveranno solo coloro che hanno Knox attivato sul proprio smartphone con l’opzione “Security Policy Update” attivata. Samsung rilascerà anche un correttivo tramite firmware per i dispositivi senza Knox, tuttavia in questo caso il rilascio sarà molto lento per le problematiche legate proprio alla frammentazione di Android e alla gestione delle ROM da parte dei vari operatori locali. Samsung comunque minimizza il problema: il bug scoperto da NowSecure esiste ma per funzionare è necessario che il malintenzionato si trovi sulla stessa rete wireless del telefono da “bucare”, cosa difficile ma non impossibile. Inoltre, con Knox attivato, per un’applicazione è quasi impossibile far girare il codice malevolo a basso livello. Samsung ha tuttavia preso molto a cuore la vicenda, soprattutto ora che l’exploit è pubblico e sfruttabile da chiunque: nei prossimi giorni per moltissimi utenti la cosa sarà così risolta. L’azienda chiarisce anche che solo la versione integrata di default di SwiftKey è vulnerabile (non l’app standalone): per un suo errore infatti la tastiera è dotata di privilegi di accesso troppo elevati per un elemento che è comunque accessorio, e la cosa è già stata corretta anche per tutte le prossime release software. Il prossimo modello di smartphone OnePlus, One Plus 2, avrà a bordo un processore Snapdragon 810. La notizia, ufficiale, l’ha data l’azienda stessa che ha affermato di aver risolto i problemi termici che hanno creato non pochi problemi a Qualcomm e alle aziende che hanno adottato lo stesso processore. OnePlus userà la versione 2.1 del SoC, ma anche questa a quanto pare non è del tutto immune dalle problematiche di surriscaldamento che obbligano ad abbassare la frequenza operativa penalizzando le prestazioni. Senza avere lo smartphone in mano è difficile capire in che modo i creativi cinesi abbiano aggirato un problema che ormai è risaputo, ma crediamo che alla fine anche loro abbiano deciso di sacrificare le performance. La scelta di continuare con lo Snapdragon 810 non è così insensata: OnePlus intende vendere il nuovo modello allo stesso prezzo del precedente, quindi 299$ o 349$ a seconda della versione, ed è probabile che Qualcomm abbia fatto un prezzo di favore per liberarsi di un po’ di Snapdragon calienti. Inoltre, è sempre bene ricordarlo (anche a Capitan Uncino), uno Snapdragon 810 con frequenza ridotta è un prodotto di ben altro livello rispetto al miglior Mediatek. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE MOBILE Da agosto sarà disponibile con il nuovo sistema operativo Microsoft preinstallato Il primo tablet HP basato su Windows 10 HP Pro Tablet 608, pensato per un’utenza business, ha caratteristiche di primo piano di Emanuele VILLA P presenta il suo primo tablet business basato su Windows 10, il modello Pro Tablet 608. Il nuovo modello, disponibile a partire da luglio con Windows 8.1 e da agosto con Windows 10 preinstallato, è chiaramente dedicato a un’utenza business e offre caratteristiche tecniche di alto profilo. La destinazione business emerge sia dallo chassis particolarmente resistente, sia dalle specifiche tecniche: oltre a Windows 10, che porta con sé Cortana, Office e tutte le funzionalità ad hoc del sistema operativo, Pro Tablet 608 pesa 0,45 kg e ha un display da 8’’ con risoluzione di 2048 x 1536 (4:3), Gorilla Glass 4 e uno chassis rinforzato in metallo, connettività Wi-Fi ac/b/g/n e una gamma di reti WWAN 3G o 4G opzionali. Tra le altre caratteristiche meritevoli di considera- H Figuraccia per Rocksteady Batman: Arkham Knight ritirato dal mercato per gravi problemi di prestazioni su PC di Paolo CENTOFANTI zione troviamo una doppia fotocamera, anteriore da 2 Mpixel e posteriore da 8 Mpixel e come processore un Intel Atom Quad Core Z8500, con 4 GB di memoria ed eMMc di archiviazione da 128 GB; inoltre, HP pone molto l’accento sul fatto che il Pro Tablet 608 è il primo tablet HP a integrare una porta USB Type C. Un prodotto davvero interessante per tutti i professionisti che cercano caratteristiche avanzate e, ovviamente, durata nel tempo: ancora non è stato annunciato il prezzo di listino, che si preannuncia non dei più contenuti. GAMING A partire dal 15 luglio sarà disponibile in Europa un nuovo modello di console next-gen Arriva una nuova PS4, più leggera e consuma meno Il design resterà invariato, ma ci sarà una riduzione nei consumi e soprattutto nel peso S di Roberto PEZZALI ony ha annunciato il lancio di un nuovo modello di PlayStation 4 che sarà venduto a partire da fine giugno inizialmente in Giappone e poi in Europa dal 15 luglio. La nuova versione, siglata CUH-1200, rientra nel classico processo di rinnovamento dell’hardware che accompagna i prodotti dotati di un ciclo di vita abbastanza lungo. Sony non ha messo mano al design che resta sostanzialmente identico, ma ha apportato solo una piccola modifica alla finitura del cassetto dell’hard disk che è ora opaco: secondo Sony questo dettaglio conferisce alla console un look più “casual”, secondo il nostro parere sarà utile distinguere i modelli vecchi in commercio da quelli nuovi. Sony ha ovviamente migliorato il processo produttivo: il peso della nuova PlayStation4, infatti, scende del 10% rispetto al modello attuale grazie probabilmente a un nuovo trasformatore più leggero, e allo stesso tempo scendono dell’8% anche i consumi. Piccole torna al sommario Il nuovo Batman su PC è un disastro Warner lo ritira novità che fanno piacere, anche se difficilmente Sony ha cambiato il processore AMD all’interno: il passaggio infatti a un’architettura a 20 nm o inferiore avrebbe avuto un impatto ben più grande sui consumi. Progressivamente i bundle e le console in circolazione saranno sostituite dalla nuova versione, incluso quindi anche il bundle con hard disk da 1 TB. Si spera che con la nuova release hardware Sony abbia trovato anche il modo di rendere la PlayStation4 un po’ più silen- ziosa, e che i miglioramenti in ambito produttivo permettano, a breve, un aggiustamento del prezzo. Cosa c’è di peggio per un publisher di una recensione negativa su uno dei titoli più attesi dell’anno? Dover ritirare un prodotto dopo le grida di delusione dei fan. È quello che è successo a Warner e Rocksteady con Batman: Arkham Knight, l’episodio conclusivo della saga videoludica del Cavaliere Oscuro iniziata con Arkham Asylum. Il gioco su console ha ricevuto recensioni entusiastiche praticamente all’unanimità, ma la versione per PC ha subito suscitato perplessità tra i videogiocatori, che si sono dovuti scontrare con bug e prestazioni grafiche che definire sotto le aspettative è riduttivo, considerando cali di frame rate consistenti anche sulle schede grafiche top di gamma. E così Warner Bros. Interactive Entertainment ha dovuto scusarsi e sospendere la vendita del gioco per PC, che è stato ritirato sia dai negozi che dagli store online e piattaforme come Steam. Nonostante anche Rocksteady abbia fatto il suo mea culpa, in realtà la responsabilità del flop sarebbe da ricondurre allo studio esterno che si è occupato del porting da console a PC, Iron Galaxy, già autore della non esaltante versione per PC di Batman: Arkham Origins. Al di là della brutta figura, viene da chiedersi come è possibile che un prodotto con questi problemi sia arrivato nelle mani degli utenti e se mai il porting potrà venire “raddrizzato”. Questo episodio si inserisce in una serie di “fail” che sta cominciando ad allungarsi in modo preoccupante: nel mondo dei videogiochi le patch “da giorno 1” stanno diventando purtroppo sempre più frequenti... n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE GAMING All’edizione 2015 dell’E3 è mancato il “botto” ma non sono mancate le sorprese; i gamer possono stare tranquilli Cala il sipario sull’E3: ecco i migliori videogiochi Anche quest’anno l’E3 di Los Angeles si è rivelato un grande show dove tutti i big del settore hanno sfoderato le loro armi C di Vittorio Romano BARASSI ome ogni anno l’E3 di Los Angeles ha saputo offrire agli appassionati la giusta dose di sorprese e di spettacolo. Dopo aver visto tutti i principali protagonisti del mercato “sfidarsi” a suon di conferenze, possiamo finalmente fare il punto della situazione e provare a tirare le somme su una fiera che anche in questa edizione si è dimostrata piuttosto equilibrata e dalla quale non emergono veri e propri vincitori. Microsoft e Sony hanno offerto il maggior spettacolo, rispondendo colpo su colpo ed esclusiva dopo esclusiva alle rispettive proposte; ci saremmo certamente aspettati di più da Nintendo, il cui E3 2015 senza botti è chiaro indice del momento di difficoltà che l’azienda - comunque in debole ripresa - sta affrontando. Abbiamo provato a stilare qualche mini classifica sulla base di quanto visto nelle varie conferenze, cercando di tenere fuori i soliti titoli più “commerciali” e gli sportivi, i quali ogni anno si danno battaglia su ogni piattaforma. Top 5 Xbox One - Tanta carne al fuoco Abbiamo già riservato un articolo dedicato ai 10 titoli più “importanti” che si vedranno su Xbox One nei prossimi 12 mesi; in questa sede proveremo a tracciare una piccola classifica con le nostre preferenze. 1) ReCore Il gradino più alto del podio spetta di diritto a ReCore nuovo IP ideato da Keiji Inafune e dagli autori di Metroid Prime che con il trailer di presentazione ha lasciato tutti di sasso. Da quello che è possibile vedere e da quanto detto si preannuncia come un’avventura fantastica il cui protagonista sarà uno degli ultimi esseri umani ancora in vita sul pianeta, spalleggiato da qualche robot, che si ritroverà ad affrontare un mondo pieno di insidie. I presupposti sono ottimi, l’originalità c’è e lo stile pare unico. Non ci resta che sperare che non sia tutta un’illusione. ReCore - E3 Trailer - Uscita: primavera 2016 2) Halo 5 Guardians Halo non ha bisogno di introduzioni. Siamo giunti al quinto capitolo e questo sarà certamente il titolo di punta con cui Microsoft intenderà puntare forte dal Black Friday e per tutto il periodo natalizio. Halo 5 avrà un single player più intenso che mai e una componente multiplayer di rilievo, pronta a garantire migliaia di ore di gioco agli appassionati di FPS. Halo 5 - Xbox E3 Briefing - Uscita: 27 ottobre 3) Rise of the Tomb Raider Sarà un’esclusiva di Xbox One il nuovo ritorno di Tomb Raider. Lara Croft è pronta a intraprendere una nuova avventura e da quello che si può vedere dal trailer di presentazione il titolo si configura ancor di più come l’anti-Uncharted, etichetta già spesso associata al precedente capitolo della saga. A molti Tomb Raider piace così; ma come la prenderanno i più vecchi affezionati della saga? Rise of Tomb Raider - E3 - Uscita: 10 novembre 4) Ashen Altro annuncio a sorpresa di questo E3 2015 è stato quello di Ashen, action RPG indie in cui il protagonista è un vagabondo in cerca di un posto in cui vivere su un pianeta contraddistinto dalla sola luce delle eruzioni vulcaniche, la cui cenere oscura completamente il sole. Mistero fitto sulle meccaniche, ma sarà un qualcosa di nuovo e per questo merita il posto in questa classifica. Ashen Announce Trailer - Uscita: TBA 5) Forza Motorsport 6 Con i vari Assetto Corsa e Project Cars scesi in campo a dar battaglia, non vediamo davvero l’ora di scoprire cosa i creatori di Forza Motorsport si saranno inventati per rendere sempre più realistico un titolo già tutt’altro che arcade. Probabilmente anche il sesto capitolo non sarà una simulazione pura, ma siamo certi che il realismo crescerà in maniera significativa e che il multiplayer sarà incredibilmente “corposo”. Così come il parco macchine, il cui numero sale a 450. Forza Motorsport 6 Trailer - Uscita: 16 settembre Top 5 PlayStation 4 - Quante belle sorprese! Per molti Sony è stata la mattatrice della manifestazione e anche i più critici sostenitori di Xbox si sono trovati d’accordo nell’affermare come il colosso giapponese quest’anno sia almeno riuscito a non sfigurare nel diretto confronto con Microsoft. Il merito, ovviamente, è delle esclusive e di qualche gradita sorpresa. 1) The Last Guardian Dopo anni di attesa, il seguito di Ico e Shadow of The Colossus pare finalmente pronto a sbarcare in esclusiva assoluta sull’ultima console Sony. Poco si sa sulla trama del titolo, ma il gioco partirà con un bambino che cerca di scappare da una sorta di gigantesco castello, aiutato da un’enorme creatura fantastica. Ma sarà solo l’inizio: l’avventura si preannuncia epica. The Last Guardian Trailer - Uscita: 2016 2) Final Fantasy VII Anche in questo caso, applausi a scena aperta. Per anni i fan della saga di Final Fantasy hanno chiesto un remake del settimo capitolo (il più bello in senso assoluto) e Square Enix non si è lasciata scappare questa occasione: nel 2016 arriverà Final Fantasy VII, remake “di lusso” del GDR pubblicato nel 1997 e segue a pagina 18 torna al sommario n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE GAMING I migliori videogiochi presentati all’E3 segue Da pagina 17 ancora punto di riferimento indelebile nelle memorie degli appassionati - non più giovanissimi - del genere. Final Fantasy VII Trailer- Uscita: 2016 3) Uncharted 4: A Thief’s End Nathan Drake è pronto per una nuova avventura. Avevamo visto un trailer di Uncharted 4 già diverso tempo prima dell’E3 ma la demo mostrata nel corso della conferenza Sony ha fatto guadagnare a Drake un posto più che legittimo in questa speciale classifica dedicata alla PS4. Nel trailer si vede il protagonista distruggere “con stile” un piccolo paese cercando di scappare dai suoi inseguitori; chi ha giocato ai precedenti episodi avrà già l’acquolina in bocca. E forse è giunta l’ora di acquistare una Playstation 4... Uncharted 4: A Thief’s End - Uscita: 2016 4) Horizon Zero Dawn Guerrilla Games è un nome che gli affezionati di PlayStation collegano quasi immediatamente a KillZone, ma stavolta lo studio di sviluppo ha voluto concentrare i suoi sforzi su un nuovo IP. Non è ancora ben chiaro cosa sarà Horizon Zero Dawn ma da quello che si può vedere nel trailer pare proprio che rappresenterà un bel mix tra ambientazioni post-apocalittiche e azione sfrenata. A noi ha incuriosito molto; merita un posto nella top 5. Horizon Zero Dawn Trailer - Uscita: 2016 5) No Man’s Sky C’è ancora una rete di mistero intorno al gioco ma è certo è che sarà un’avventura unica in cui i giocatori avranno modo di esplorare un universo in continua evoluzione con la possibilità di sbarcare su pianeti diversi. Inizialmente era prevista solo la modalità multiplayer ma ora pare certa anche un’intensa campagna single player. Oltre che su PS4, arriverà anche su PC. No Man’s Sky - Uscita: TBA torna al sommario C’era anche Nintendo? I fantastici 3… Ebbene sì. Nonostante tutte le difficoltà Nintendo anche quest’anno ha fatto la sua parte e pur impallidendo se paragonata a Microsoft e Sony, tra tanti piccoli annunci è riuscita a presentare un paio di cose interessanti e quindi degne di menzione. Nonostante i tanti titoli presentati durante la manifestazione, secondo noi l’E3 2015 sarà senza dubbio ricordato per l’annuncio “anticipato” di Fallout 4. C’era la giusta dose di attesa e il trailer circolato nei giorni precedenti all’inizio della fiera ha fatto risvegliare molte anime di gamer ormai stufi degli sparatutto degli ultimi anni. All’E3 è stata mostrata un’interessantissima demo e nonostante alcuni commenti scettici sulle qualità “tecniche” in mostra, la stragrande maggioranza dei potenziali giocatori è rimasta decisamente soddisfatta. Il secondo posto, ma se l’avessimo messo al primo nessuno avrebbe protestato, non possiamo non dedicarlo a The Last Guardian; sono anni che se ne parla e che si vede qualche “immagine” ma finalmente il seguito dei fantastici Ico e Shadow of The Colossus sembra essere pronto alla sua uscita definitiva. Ci sarà da attendere fino al 2016 ma, per la prima volta, tutto è stato confermato. Terzo gradino del podio va, sulla fiducia, al nuovo IP di Keiji Inafune. Il trailer (che potete vedere in alto) lascia di stucco e sono in molti a vedere ReCore come uno dei titoli di punta di Xbox One per il 2016. 1) The Legend of Zelda: Triforce Heroes Il nome non inganni: non si tratta della nuova avventura di Zelda attesa su Wii U bensì di un titolo basato sulla serie di spin-off Four Swords. Sarà un videogame per Nintendo 3DS e tutta l’avventura sarà articolata sulla cooperazione tra tre diversi personaggi; Triforce Heroes si focalizzerà dunque sul multiplayer, ma è sicura anche una modalità a singolo giocatore con IA a supporto. The Legend of Zelda: Triforce Heroes - Uscita: TBA 2) Mario Tennis: Ultra Smash Ecco un titolo che non farà fatica a vendere. Il nome dell’idraulico più famoso al mondo è una garanzia e questo sarà l’ennesimo arcade dedicato al tennis che promette ore e ore di divertimento, senza il bisogno di prendersi davvero sul serio. Singolo giocatore o multigiocatore non importa. Mario Tennis: Ultra Smash - Uscita: fine 2015 …e gli altri da non dimenticare Ovviamente non è possibile “riassumere” tutto l’E3 2015 in qualche piccola classifica che lascia il tempo che trova. A Los Angeles si è visto molto altro (non dimentichiamo Shenmue 3) e sono stati anticipati titoli dai nomi altisonanti che non faranno fatica a riscuotere un enorme successo al momento della loro uscita sui mercati. Impossibile non citare videogiochi Gears of War 4 o Mass Effect: Andromeda che arriveranno sempre a 2016 inoltrato, oppure titoli come Just Cause 3 sempre più l’anti Grand Theft Auto, e arriva il 1 dicembre - o Dark Souls III. È stato poi molto piacevole vedere qualche immagine del prossimo e nuovissimo DOOM (gli sparatutto sono molto cambiati negli ultimi anni, chissà come sarà!), come assistere all’annuncio di Dishonored 2, seguito del tanto apprezzato gioco adventure-stealth in salsa cyber-punk e in prima persona uscito a fine 2012. Degne di nota un’altro paio di menzioni. La prima la riserviamo al free roaming Mirror’s Edge: Catalyst che arriverà il 23 febbraio 2016 mentre la seconda spetta a Tom Clancy’s Ghost Recon Wildlands, sparatutto il quale sembra avere tutte le carte in regola per farsi strada nel settore n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE PC Un ricercatore ha trovato il modo di accedere alle password contenute in keychain o nelle app C’è una falla nel Mac: password in pericolo Apple era stata avvisata già da ottobre, ma non ha fatto nulla. Ora il problema è pubblico Dopo due settimane di test nel mondo anglosassone Skype per web è disponibile anche in Italia Significa poter chattare (anche in video) con i propri amici senza installare nessuna app di Roberto PEZZALI P iù i software diventano complessi, più è facile che a qualcuno sfugga qualcosa o che si trovano comunque modi di accedere ai dati. Questo vale per tutti, anche per chi si chiama Apple: XiaoFeng Wang, professore di scienze informatiche dell’Università dell’Indiana, con il suo team di ricercatori e studenti ha scoperto come è possibile rubare in poco tempo le password contenuti nel “keychain” e nelle applicazioni Apple installate. Un programma ben scritto infatti potrebbe cancellare le vecchie password, aspettare che l’utente la immetta di nuovo e a quel punto rubarla inviandola via mail. I ricercatori hanno scoperto anche una debolezza nel mondo in cui Apple gestisce i suoi programmi tramite un ID unico: è facile inserire una applicazione in un gruppo di programmi “fidati” e usarla come cavallo di troia. Per capire quanto la di Emanuele VILLA falla è grave i ricercatori hanno dato qualche numero: l’89% delle 1612 applicazioni top sull’App Store sono vulnerabili. Non solo: dopo aver avvertito Apple del problema XiaoFeng Wang è riuscito pure a far approvare da Apple, che l’ha caricata sullo store, una applicazione di barzellette denominata “Joke Everyday” in grado proprio di rubare le password dagli account di chi l’ha installata. Apple è stata avvisa- ta del problema a ottobre, ma ad oggi ancora nessuna soluzione: secondo qualcuno Apple sta modificando tutto il sistema per risolvere il problema, ma è una cosa che richiede molto tempo. Non avrà preso sicuramente bene l’uscita del dr XiaoFeng Wang: ora la falla è pubblica ed è stato rilasciato ufficialmente il documento dettagliato, ed è difficile capire se è un bene o un male. PC Microsoft ha avviato un campagna di sconti sul Microsoft Store dedicata a Surface Pro 3 Surface Pro 3 scontato per combattere il super dollaro Prezzo vicino al lancio, dopo che il dollaro lo aveva portato a un prezzo poco competitivo di Emanuele VILLA urface 3 Pro torna ad essere competitivo: Microsoft ha infatti deciso di combattere il rialzo dovuto al dollaro con una campagna di sconti che durerà per un periodo limitato, forse solo un giorno o due. Gli sconti vanno da 50 euro a 150 euro e si applicano a tutta la gamma, ma nonostante questo Microsoft è riuscita ad annullare la crescita dei prezzi solo sul modello di base, mentre per quelli dotati di processore Core i5 o Core i7 il listino, seppur scontato, resta comunque più alto di quello dello scorso anno. Il prezzo di lancio di Surface Pro 3 con core i3 e 4 GB di RAM infatti era di 819 euro, aumentato a 869 euro lo scorso 18 maggio in seguito agli aumenti che hanno colpito tutta la gamma. Ora, con i 50 euro promossi da Microsoft, si torna a 819 euro. Ma è solo un caso: il modello Core i5 con 8 GB di RAM, che costava al lancio 1319 euro, nonostante i 100 euro di sconto che lo S torna al sommario Skype per web disponibile anche in Italia portano da 1479 euro a 1379 euro risulta più caro e la stessa cosa vale per il Surface Pro 3 Core i7, che a 2039 euro costa di più dei 1969 euro della fase di lancio. Chi vuole acquistare un Surface Pro 3, eccellente prodotto (qui la nostra prova), farebbe meglio guardarsi un po’ in giro: nonostante la promozione Microsoft: negozi online e catene di vendita che hanno ancora a magazzino pezzi ordinati prima del rincaro di maggio offrono prezzi ben più competitivi: Euronics ad esempio vende il modello di base a 699 euro, un prezzo che lo rende addirittura più interessante dello stesso Surface 3. Dopo un breve periodo di prova esclusivo per Stati Uniti e UK, Skype per web si espande a macchia d’olio e arriva anche in Italia. Da ora in poi possiamo dunque chattare con i nostri contatti Skype senza necessità di installare nessuna app sul PC, ma semplicemente tramite il browser. Basta recarsi all’indirizzo web.skype.com per iniziare con la sessione di chat, mentre per le chiamate vocali e le videochiamate è necessario installare un plugin al primo utilizzo. Da oggi, tra l’altro, Skype per Web supporta la messaggistica istantanea anche su dispositivi Chromebook e Linux. Tra gli elementi più significativi una nuova ricerca che unisce le due liste di contatti e conversazioni recenti, introducendo una visualizzazione rapida per la massima comodità possibile. Inoltre, sono state aggiunte le notifiche su Skype per Web (ma l’opzione va abilitata), di modo tale che si possa essere aggiornati sulle interazioni skype anche mentre si fa altro o si naviga in altre schede. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE PC Anche Lenovo ha deciso di entrare nel mercato dei mini PC tascabili, grandi come una USB Il mini PC Lenovo pensato per lo streaming Il nuovo nato si chiama Ideacentre Stick 300, è un pc in tutto e per tutto e arriverà in autunno L’ di Emanuele VILLA idea non è male: molte persone hanno bisogno, per lavoro o diletto, di un secondo o terzo PC da mettere in casa o da portare sempre con sè ma non vogliono affrontare la spesa di un computer tradizionale o, più semplicemente, non hanno intenzione di sopportarne gli ingombri. In questi casi vengono in soccorso i PC “stick”, dei computer fatti e finiti ma con le sembianze di piccole penne USB da collegare al monitor/TV tramite HDMI. Certamente non stiamo parlando di mostri di potenza, ma di dispositivi perfetti per chi cerca la massima comodità e vuole ottimizzare il rapporto prezzo/prestazioni. Lenovo ha annunciato il lancio, previsto per il prossimo autunno, del suo primo PC Stick, il modello Ideacentre Stick 300, un modello completamente plug and play pensato per essere un hub multimediale in grado di fare streaming di un film, videochattare con gli amici o modificare un documento di lavoro in tempo reale. Il prezzo europeo non è ancora stato fissato: negli USA costerà 129 dollari e possiamo supporre una conversione 1:1 per il vecchio continente. A livello tecnico, ideacentre Stick 300 misura 15 mm di spessore, monta un Processore Intel Atom Z3735F, 2GB di memoria e 32GB di storage, mentre come sistema operativo troviamo Windows 8.1 aggiornabile a Windows 10 dopo la sua uscita il 29 luglio. A livello di connettività troviamo la classica USB ma anche microSD e il AMD ha realizzato un prototipo di gaming PC capace di prestazioni eccezionali In un piccolo cubo trovano spazio due GPU Radeon R9 Fury X e un sistema innovativo di raffreddamento aria-liquido di Roberto PEZZALI pieno supporto Wi-Fi e Bluetooth: quest’ultimo tra l’altro è fondamentale per la connessione di dispositivi di input wireless come mouse e tastiere. PC Velocità, copertura e funzionalità. Ecco i punti di forza del modem router Wi-Fi di Sitecom Sitecom WML-7600 è il router pronto per la fibra Supporta le linee VDSL2 fino a 200 Mbps, l’ideale per gaming e streaming on demand S di Massimiliano ZOCCHI itecom lancia il nuovo modem router WML-7600, che al prezzo di listino di 159,99 euro promette prestazioni quando servono di più: gaming online, streaming video HD e trasferimenti di file di grandi dimensioni. Per questo supporta lo standard AC con velocità wireless fino a 1.300 Mbps con dual band simultaneo su frequenze 5 Ghz e 2.4 Ghz, ed è dotato di 5 antenne nascoste. Per ottenere la massima versatilità possibile troviamo anche due porte USB, un server DLNA integrato e il server AirPrint per accesso diretto tramite dispositivi iOS o Mac. Può svolgere anche funzione di solo router tramite la porta WAN dedicata, oltre alle 4 classiche porte Gigabit Ethernet, e offre accesso alla rete guest e a client VPN.Tramite l’app dedicata MyWiFi può essere facilmente installato e configurato, e farvi connettere alla vostra rete ADSL e ADSL2+. Ma non solo: in un’ottica di sviluppo futuro torna al sommario e di servizi sempre più “on demand”, il dispositivo supporta anche il protocollo Very-high-rate Digital Subscriber Line 2, abbreviato VDSL2. Questo sistema, utilizzato dalla diffusa tecnologia Fiber to the Cabinet, garantisce velocità molto elevate di trasferimento dati anche col normale doppino di rame permettendo di arrivare alla velocità massima di download di 200 Mbps. Le due por- Project Quantum Il mini-pc AMD per giocare in 4K a 60 fps te USB supportano hard disk esterni, stampanti o webcam. Nel caso poi sui dischi rigidi siano contenuti file multimediali, il server DLNA li potrà trasmettere a dispositivi compatibili. E se tutto questo non bastasse Sitecom offre anche 6 mesi di prova gratuita di Sitecom Cloud Security, e registrando il prodotto entro 3 settimane dall’acquisto, anche la garanzia estesa di 10 anni. AMD ha sviluppato un piccolo computer da gioco che potrebbe davvero rendere obsolete le attuali console e gran parte delle Steam Machine presentate: Project Quantum è per ora solo un progetto ma non è escluso che a breve possa diventare realtà, magari con l’aiuto di qualche partner. Il cuore di questo piccolo pc è costituito da una coppia di GPU Radeon R9 Fury X, l’ultima nata in casa AMD, e le premesse sono interessanti: 4K a 60 fps, Direct X 12, Open GL 4.5, Mantle, realtà virtuale e rendering ad altissima velocità sono solo alcune delle cose che questa macchina può fare. Per ovviare al problema del calore generato, AMD ha inserito un sistema di raffreddamento a liquido con i componenti nella parte bassa e la ventola dotata di “radiatore” nella parte alta, una configurazione di raffreddamento usata dagli overclockers e qui riproposta su un piccolo cubo da gioco. AMD ha mostrato questa soluzione all’E3 con un processore Intel: non è uno scherzo, ma la dimostrazione che questa piattaforma può essere flessibile e ospitare motherboard in formato mini ITX insieme a processori di ogni tipo e marca. Il costo? Solo la scheda costa più di 600 euro. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE PC HP annuncia la nuova generazione di Pavilion x2 e i nuovi notebook della gamma ENVY Da HP i “due in uno” efficienti ed eleganti Convertibile e notebook per produttività ed eleganza ai massimi livelli, in arrivo da agosto H di Massimiliano ZOCCHI P continua a credere nel settore dei convertibili e annuncia la disponibilità (a partire da agosto) della nuova generazione di Pavilion x2. Prima di tutto un tablet, ma in grado di offrire un’esperienza notebook completa grazie alla tastiera ad aggancio rapido tramite un’innovativa cerniera magnetica. Per un prezzo consigliato di 299 euro, Pavilion x2 offre un display IPS da 10”, un processore Intel Atom e 32 GB di storage espandibile con Micro SD. Disponibile in tre colorazioni, rosso, bianco e argento, il tablet pesa solo 590 grammi e con la tastiera arriva a 1.120 grammi. La ricarica è affidata a una presa USB di Tipo C oltre ad un’al- per la precisione) con a bordo la quinta generazione di processori Intel Core i7 e grafica dedicata Nvidia GeForce 940 M o GTX 950M. Display Full HD IPS, e tutta le porte necessarie con quattro USB 3.0, HDMI, RJ45, e anche un’unità ottica DVD. La versione da 15.6” invece avrà un costo di 1.199 euro, possibilità di scelta tra Intel Core i7 e i5, e sempre grafica NVIDIA o in alternativa AMD Radeon R6, e schermo Full HD IPS. Entrambe le versioni avranno tastiera retroilluminata e diverse configurazioni di storage, con scelta tra dischi ibridi e SSD, fino a 2 TB, e RAM da 8 o 16 GB. ARCHOS PC Stick, il computer da taschino Il piccolo computer si collega direttamente al TV o al monitor e si può portare ovunque di Paolo CENTOFANTI A torna al sommario La beta di sviluppo di OS X El Capitan offre interessanti indizi sulle prossime mosse di Apple Parrebbe in lavorazione un iMac con display 4K ma si parla anche di un controller Bluetooth di Emanuele VILLA tra porta USB 2.0 standard. Schermi esterni o TV possono essere collegati tramite la porta micro HDMI. La batteria garantisce autonomia fino a 12 ore. Completano la dotazione l’audio con tecnologia Bang & Olufsen, webcam TrueVision HD, e non manca l’abbonamento a Office 365 Personal per un anno. La serie di notebook ENVY è ovviamente pensata per chi punta sulla produttività, arrivando anche a sostituire un PC desktop con la versione da 17”. Sempre a partire dal mese di agosto, per 1.299 euro sarà disponibile anche questo grande formato (17.3” PC Avrà un prezzo di 119,99 euro e sarà disponibile dopo l’estate con Windows 10 pre-installato RCHOS PC Stick è solo l’ultimo in ordine di tempo di una serie di computer che sta cominciando a diventare particolarmente di moda: piccoli PC poco più grandi di una chiavetta USB che integrano tutto quello che occorre per funzionare e che si collegano direttamente a un monitor o a un TV via porta HDMI. La proposta del produttore francese è anch’essa naturalmente basata sulla piattaforma Intel Atom e in particolare sul processore quad core Z3735F, con 2 GB di RAM e 32 GB di memoria storage, espandibili via scheda microSD. Se queste caratteristiche vi sembrano familiari è perché sono praticamente identiche a quelle del prodotto analo- Apple al lavoro su un iMac 4K da 21 pollici go annunciato sempre questa settimana da Lenovo. L’ARCHOS PC Stick è dotato di una porta micro USB, ma per il collegamento delle periferiche principali, vale a dire mouse e tastiera, integra Blue- tooth e ricevitore RF, oltre naturalmente al WiFi. Il piccolo PC di Archos sarà disponibile dopo l’estate a un prezzo di listino di 119,99 euro con già Windows 10 preinstallato. Come spesso accade, le versioni beta dei software più importanti offrono indizi importanti sui progetti dell’azienda che li produce. E quando si parla di Apple, gli sviluppatori sono sempre attentissimi a “sminuzzare” il codice con cura alla ricerca di quale scoop di grande rilievo. Nella fattispecie, i developers hanno esaminato a fondo l’ultima beta di OS X El Capitan facendo qualche scoperta di sicuro non rivoluzionaria ma comunque meritevole di menzione. Esaminando il codice, parrebbe che Apple sia al lavoro su una nuova versione del proprio PC desktop, l’iMac, con un display dalla risoluzione 4K: niente di rivoluzionario, considerando che Apple ha addirittura un 5K in gamma, ma se si trattasse (come da previsione) del modello da 21,5’’, potrebbe essere il PC che tanti stanno aspettando. Nelle righe del codice si parla anche di altro: un nuovo processore grafico Intel Broadwell Iris, quattro nuovi AMD Radeon e un controller Bluetooth con trackpad multi-touch e capacità di connessione via infrarossi. L’ipotesi più probabile, ventilata da 9to5Mac, è che si tratti del telecomando della prossima Apple TV, che a questo punto vedremo dopo l’estate. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE SOCIAL MEDIA E WEB Kickstarter aggiunge il supporto ufficiale ad altri Paesi, Italia inclusa Kickstarter arriva finalmente in Italia Bastano la residenza, la maggiore età e un conto corrente italiano. Pagamenti in euro D di Massimiliano ZOCCHI opo il successo in alcuni Paesi come Germania e Francia, Kickstarter apre ad altri Stati del vecchio continente, Italia compresa. I creatori e inventori italiani potranno dunque presentare i propri progetti scegliendo se pubblicarli in italiano, in inglese o entrambi, raccogliendo fondi direttamente in euro. Fino ad ora le cose erano un poco più complicate; bisognava infatti inventarsi un appoggio all’estero per tentare la fortuna col crowdfunding più famoso al mondo. Da ora quindi le cose saranno molto più semplici e sicuramente la quantità di progetti made in Italy aumenterà sensibilmente. Lo stesso CEO Yancey Strickler nel comunicato ufficiale ha parole lusinghiere nei confronti del nostro Paese. L’Italia è il tredicesimo Paese in cui Kickstarter viene lanciato, dopo Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia, Irlanda, Australia e Nuova “L’Italia ha già contribuito moltissimo alla cultura Zelanda. Insieme mondiale, dalla moda al cibo, dall’arte al cinema, all’Italia partiran- dalla musica alla letteratura, le idee innovative italiane no anche Austria, sono sempre state apprezzate in tutto il mondo. Ora, Belgio, LussemKickstarter aiuterà i creativi italiani a realizzare le idee burgo e Svizzera. Basta essere innovative attraverso il sistema della collaborazione e con il supporto di una community mondiale enorme” maggiorenni, avere residenza permanente in Italia e un conto corrente della community mondiale, e i pagamenti italiano, oltre a regolari documenti. Non saranno direttamente in euro, mentre gli ci sarà una versione italiana del sito, ma utenti Americani visualizzeranno una conle campagne del belpaese faranno parte versione al volo in dollari. SOCIAL MEDIA E WEB Telecom Italia ha trasformato Pistoia in un modello per la connettività Pistoia città modello: fibra ottica a 50 Mbps e LTE Plus 70% di copertura con la connessione in fibra e LTE Advanced. Investimento: 3,5 milioni di euro P di Roberto PEZZALI istoia, grazie a Telecom Italia, è diventata una delle zone più all’avanguardia d’Italia dal punto di vista della connettività. Con un investimento di circa 3,5 milioni di euro sono state collegate con la fibra ottica più di 20 mila unità immobiliari raggiungendo una copertura pari ad oltre il 60% della popolazione, che diventerà il 70% entro l’anno. Connettività di qualità, non semplice ADSL: i cittadini possono infatti richiedere servizi in fibra ottica fino a 50 Megabit grazie alla posa di circa 45 km di cavi in fibra ottica (di cui solo 12,3 con scavo e prevalentemente di tipo innovativo a basso impatto per la popolazione). Secondo Telecom Italia “in questi giorni sono in via di attivazione le numerazioni attestate sulle centrali di Pistoia Centro e di Capostrada che servono, tra le altre, le zone del centro storico, di Pistoia nord, dello stadio, di Belvedere, del viale Adua e appunto di tutta Capostrada. Entro il prossimo settembre saranno via via attivate le centrali di Sant’Agostino e delle Fornaci, che servono la zona industriale di Sant’Agostino, le frazioni di torna al sommario Chiazzano, Badia a Piacciana e Nespolo, le zone delle Sei Arcole e di San Marco e l’area Pallavicini. È poi prevista l’attivazione a inizio 2016 della centrale di Bonelle, che serve anche le frazioni limitrofe come Masiano e Ponte Stella”. “Il Comune di Pistoia - ha sottolineato il Sindaco Samuele Bertinelli - sta investendo sulla innovazione tecnologica ed in particolare sulla digitalizzazione delle procedure e dei servizi: già da tempo l’Amministrazione ha approvato un piano di informatizzazione per la gestione on-line dei principali procedimenti amministrativi, con l’obiettivo di semplificare e rendere più trasparenti le procedure, permettendo ai cittadini e alle imprese di colloquiare con l’Ente direttamente da casa. Il bando regionale, vinto da Telecom Italia, permetterà di portare entro l’anno, la fibra ottica e la connessione fino a 20 Mbps in oltre quaranta importanti frazioni importanti del nostro territorio”. Pistoia è quindi un paradiso italiano, anche se alla base di tutto c’è la tecnologia FTTCab (Fiber to the Cabinet): la fibra arriva in strada, non ancora nelle case. In futuro sarà comunque possibile aumentare le prestazioni dei collegamenti con velocità fino a 100 Megabit al secondo. Pistoia è leader anche nel campo della connettività wireless: è stato attivato il nuovo servizio 4G Plus di TIM, tecnologia LTE Advanced per raggiungere velocità di trasmissione a circa il doppio di quelle attualmente disponibili. Questa tecnologia è attiva, tuttavia solo in alcune zone, per le altre c’è la classica copertura 4G. Possiamo dire che velocità simili sono raggiunte anche in altre città d’Italia, ma la differenza come sempre la fa la copertura: su 90000 abitanti il 70% sarà raggiunto dai 50 Mbps. Con Gmail dopo 6 anni di attesa si può (finalmente) annullare l’invio Novità nella versione web del servizio di posta di Google Si potrà richiamare una mail prima che venga consegnata al destinatario Una funzione attiva dal 2009 ma sempre in “beta” di Roberto PEZZALI Quante volte, dopo aver inviato una mail, ci si accorge di aver sbagliato oppure si vorrebbe, magari per un ripensamento, interrompere la consegna? Gmail, il popolare client mail di Google, porta finalmente questa funzionalità a tutti gli account. In realtà non è una grande novità: gli “smanettoni” da anni usano questa funzione attiva fin dal marzo del 2009 nella sezione “Labs”, ma finalmente dopo 6 anni di onorato servizio questa feature esce dalla modalità beta e viene integrata tutti gli account. Chi non ha mai attivato questo servizio potrà farlo dal pannello impostazioni: si può scegliere per quanti secondi sarà possibile annullare l’invio da un minimo di 5 ad un massimo di 30.Scaduto il tempo la mail verrà consegnata, altrimenti la ritroveremo tra le bozze. La funzione, ripetiamo, è attiva solo sul client web: per gli smartphone si deve attendere, se mai verrà rilasciato, un aggiornamento. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE FOTOGRAFIA Canon lancia la compatta che si unisce alla famiglia “Powershot G”, la G3X Powershot G3X, sensore grande e zoom super Sensore da 1” e zoom ottico 25x per una camera flessibile e versatile, ma servono 1000 euro di Roberto PEZZALI I l mondo della fotografia è particolare: esistono tantissime macchine per fare la stessa cosa e pochissime macchine per scopi particolari, come ad esempio scattare con uno zoom super ottenendo uno scatto di qualità. Canon da anni produce la serie G, dedicata ai professionisti dell’immagine che vogliono un corpo macchina più compatto capace di scatti di ottima qualità, da usare anche come secondo corpo. Al vertice dalle serie G c’è la G1 X Mark II, compatta con una resa eccellente (qui la prova) che nelle mani giuste davvero non fa rimpiangere un corpo più grande. La famiglia G, che aveva già accolto al Photokina la G7 X, deve far spazio alla nuova G3 X, il vertice mancante di un triangolo magico dedicato a chi necessita, per tipologia di foto, di uno zoom ad elevata escursione. Se la G1 X è perfetta per ritratti, close up e foto panoramiche, la G3 X è più adatta allo scatto sportivo e alla caccia fotografica, con uno zoom ottico stabilizzato a 5 assi da 25x, equivalente ad un 24 – 600 mm. L’obiettivo, con diaframma f/2,8-5,6 a 9 lamelle, è accoppiato ad un sensore da 1” / 20 Mpixel, che rispetto ai minuscoli sensori solitamente messi nelle bridge super zoom può essere considerato davvero “grosso”. Canon assicura un notevole contenimento del rumore di scatto, una sensibilità che arriva a 12800 ISO, una velocità di raffica di 6 fps grazie al processore Digic 6 e anche una impermeabilizzazione del corpo che consente anche qualche scatto più avventuroso. Non mancano ovviamente caratteristiche come il wi-fi a bordo, la registrazione 1080p a 60 fps e tutti i controlli manuali con scatto RAW, ma su una macchina di questa classe era comunque lecito aspettarsi questo trattamento. Quando si parla di Canon come sempre il prezzo rappresenta un elemento molto discusso: la G3 X costerà 992 euro, molto di più di quanto costa oggi una reflex di fascia media. Il prezzo è alto, è vero, ma sul mercato non c’è nulla di simile: la FZ1000 di Panasonic si ferma a 16x (sempre con sensore da 1”) e le altre bridge con zoom elevato hanno un sensore decisamente più piccolo. Ottenere un 600 mm, anche con una reflex, non è certo cosa banale: serve un tubo moltiplicatore e comunque cala la luminosità: la G3 X, per certi aspetti, è davvero unica. FOTOGRAFIA DXO One è un modulo fotografico con sensore e processore dedicato per l’iPhone DxO One promette la qualità reflex con un iPhone Si aggancia all’iPhone e garantisce risultati professionali, ma costa quanto una reflex S di Roberto PEZZALI e avete la passione per la fotografia, un iPhone e 649 euro che avanzano (le prime due probabili, l’ultima un po’ meno) il nuovo DxO torna al sommario One potrebbe fare al caso vostro. DxO, azienda leader nel campo dell’immagine, ha infatti presentato questo particolare accessorio che, collegato ad un iPhone tramite connettore Lighting, permette di trasformare lo smartphone in una vera fotocamera professionale. L’iPhone diventa in pratica uno schermo, con sensore e processore separati in un piccolo modulo tascabile. Il sensore è da 1”, 20 megapixel con un obiettivo fisso f/1.8, e il blocco ottico è dotato di un pratico coperchietto che spegne e accende la fotocamera coprendo la lente. L’applicazione a corredo permette lo scatto in tutte le modalità manuali, ma gran parte del lavoro viene fatto dal processore interno che applica un ormai rodato algoritmo di sviluppo raw. La qualità dalle foto mostrate da DxO sembra buona, ma il prezzo è comunque decisamente elevato. Senza contare che il prodotto è compatibile esclusivamente con gli iPhone: a questo punto gli obiettivi esterni Sony risultano più versatili, funzionano anche con Android e soprattutto hanno lo zoom. Le nuove Everio Full HD a 5 metri di profondità Giusto in tempo per andare al mare JVC annuncia due nuovi modelli di videocamere Everio della gamma Quad Proof con capacità di resistenza migliorate Resistono fino a 5 metri di profondità e a 10 gradi di temperatura sotto zero di Paolo CENTOFANTI JVC espande la sua gamma di videocamere Quad Proof con due nuovi modelli che migliorano le caratteristiche di resistenza, attualmente annunciate per il mercato americano. Le quattro protezioni a cui si riferisce il brand sono quelle all’acqua, con possibilità di funzionare sino a 5 metri di profondità, alle cadute da fino un metro e mezzo di altezza, alla polvere e alle basse temperature, fino a 10 gradi sotto zero. Le due nuove Everio sono la GZ-R450 e la GZ-R320 che essenzialmente differiscono per l’integrazione nella prima di 32 GB di memoria storage per le registrazioni e del faretto LED. Entrambi i modelli riprendono in formato AVCHD, con la GZ-R450 che offre anche la modalità 1080p a 28 Mbit/s e, come le versioni dello scorso anno, le videocamere montano un sensore CMOS BSI da 2,5 Megapixel e ottica Konica Minolta con zoom 40x. Migliorata anche l’autonomia della batteria che, stando a quanto dichiarato da JVC, arriva ora fino a 5 ore di riprese. A marzo, JVC aveva annunciato per l’Italia il modello GZRX510, di pari caratteristiche ma con memoria da 8 GB, oltre alla GZ-R310, praticamente identica alla GZ-R320. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE SCIENZA E FUTURO Un progetto porta alla scoperta di un nuovo tipo di illuminazione al grafene Miracolo grafene: ecco la lampadina più piccola al mondo Le possibilità di questo progetto sono infinite, in particolare fanno sognare quelle in ambito TV C di Michele LEPORI he gli OLED siano la nuova frontiera dei TV non è la notizia del giorno, ma il fatto che oggi non rappresentino (ancora) lo standard in fatto di qualità di immagine non significa che le ricerche per migliorarne ulteriormente le prestazioni non procedano a ritmo sostenuto: un team di ricercatori e scienziati della Columbia Engineering, della Seoul National University e del KRISS (Korean Research Institute of Standards and Science, infatti, esce oggi con uno studio in grado di dimostrare come il grafene, una forma sottile e perfettamente cristallizzata di carbonio, sia in grado di emettere una fonte luminosa poco più grande di un atomo. Come si è giunti a questo risultato? Attaccando piccole porzioni di grafene ad elettrodi metallici lasciando un substrato fra un segmento ed il sovrastante, per poi liberare un flusso di corrente volto a riscaldare il tutto. In poche parole, per citare il professore di ingegneria meccanica della Columbia Wang Fon-Jen coin- volto nel progetto, “… abbiamo creato la lampadina più piccola del mondo”. Le possibilità di questo progetto sono infinite: al momento il team di sviluppo sta pensando di usare questa tecnologia per sviluppare un sistema di scambio dati basato su impulsi luminosi, ma la microlampadina potrebbe trovare utilizzo anche altrove. Ad esempio nei TV, dove una singola lampada diventa un efficiente e singolo pixel e o direttamente in casa, dove si potranno fare pannelli luminosi adesivi da incollare alle pareti per illuminare una stanza. Bright visible light emission Una costellazione di satelliti porterà la rete ovunque 700 piccoli trasmettitori saranno usati per portare la connettività Internet in tutto il mondo F di Roberto PEZZALI torna al sommario molto più piccolo e più economico. La commessa per la produzione è andata ad Airbus, che produrrà ben 900 satellite per Internet, 700 dei quali saranno lanciati in orbita entro il 2018 mentre gli altri 200 resteranno a terra come backup per rimpiazzare eventuali guasti o fuori orbita. Il numero è davvero impressionante: ad oggi in orbita non esiste costellazione di satelliti che può raggiungere questo numero e nemmeno gli si avvicina: satelliti per rilevamenti Un teaser di pochi secondi, la promessa di aggiornamenti settimanali e un sogno che ci accompagna fin da bambini: Lexus gioca coi sentimenti (e col fuoco), ma il nuovo progetto dell’azienda giapponese sembrerebbe essere più realtà che finzione di Michele LEPORI SCIENZA E FUTURO Airbus porterà in orbita nel 2018 la più grande costellazione di satelliti mai esistita acebook è stata battuta sul tempo: l’obiettivo di portare internet al maggior numero di persone nel mondo e nelle zone dove la normale connettività tramite dorsali non arriva sarà portato a termine da OneWeb, la startup fondata da Richard Branson, patron della Virgin, e Qualcomm. Il piano di Facebook era stato bloccato dai costi decisamente elevati del progetto, tuttavia OneWeb è riuscita a creare con l’aiuto di Qualcomm un satellite Lo skate di Ritorno al Futuro diventa un concept Lexus geografici, GPS e altre reti di satelliti per uso non militare raggiungono al massimo le 70 unità. Ognuno dei satelliti pesa circa 150 Kg e il costo complessivo del progetto sarà di circa 2 miliardi di dollari. I primi 10 satelliti, che serviranno da base per la creazione degli altri, saranno costruiti nel quartier generale Airbus di Tolosa mentre per tutti gli altri ci si sposterà in una location americana, in previsione del lancio. Nel 2020 tutti avranno internet: una grande conquista per l’umanità. Punto primo: siamo nel 2015, l’anno in cui arriva Marty in “Ritorno al Futuro 2”. Punto secondo: il primo di aprile è ampiamente passato. Punto terzo: i giapponesi non sono soliti fare scherzi. Normalmente due indizi fanno una prova, qui sono tre ed è quindi più che lecito lasciarsi andare all’euforia: l’ultimo video-teaser di Lexus ci fa sognare e mostra un bellissimo, elegantissimo e funzionante hoverboard in metallo e legno di bambù che è troppo reale per non immaginarsici sopra per le vie del centro in jeans, camicia e occhiali da sole. Passata l’euforia iniziale, va ricordato come un hoverboard funzionante, Hendo, sia già stato mostrato al mondo e che oltre ai 10.000 dollari di assegno per portarselo a casa servivano anche degli speciali supporti metallici per poterci salire e guidarlo senza rischi di incidenti. Basterà questa considerazione a riportarci sui binari della razionalità? Probabilmente no, perché il video ha una musica accattivante e perché la promessa di come “Non c’è niente di impossibile. È solo questione di capire come si fa” hanno già proiettato il gioiellino Lexus in cima alle nostre preferenze. La casa di Nagoya giura aggiornamenti settimanali e noi non vediamo l’ora di vederli, anche perché abbiamo bisogno di capire quanto risparmiare per parcheggiare l’hoverboard in garage… n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Le piccole auto sono elettriche al 100% e hanno più di 100 km di autonomia Ribattezzate “equomobili” per promuovere le tariffe: più serve minore sarà il costo al minuto La bici elettrica Ford che evita le buche di Massimiliano ZOCCHI a debuttato il nuovo servizio di car sharing per la città di Milano, realizzato da Share’ngo. Le auto condivise sono delle microcar (GreenGo Icaro) a trazione 100% elettrica con batterie al litio che garantiscono un’autonomia di poco più di 100 km e una velocità massima di 80 km/h. Tuttavia gli utenti non dovranno preoccuparsi di ricaricare le auto, perché semplicemente le troveranno pronte all’uso. Tramite un’app (pronta entro la fine di giugno, per il momento si usa il sito Share’ngo) vengono visualizzate su una mappa le auto prenotabili e sufficientemente cariche. Avvicinandosi all’auto, sullo smartphone comparirà la scritta apri auto, e premendo il relativo pulsante il veicolo si aprirà. Appena accolti nella vettura, sul display un mini questionario ci chiederà se l’auto è in ordine e il nostro PIN personale. Solo da quel momento partirà il conteggio dei minuti e relativi costi, fino a che non scenderemo dall’auto premendo sul display il pulsante di fine noleggio. Ma quanto costa utilizzare una di queste auto? Sono state ribattezzate equomobili, proprio perché offrono tariffe diverse a seconda delle condizioni e delle necessità. Ad esempio, un anziano avrà un prezzo di favore rispetto a un giovane, o addirittura per le donne dall’una di notte fino alle sei del mattino il noleggio è gratuito. Inoltre nei piani aziendali c’è un sistema per premiare comportamenti che privilegiano la condivisione: lasciare l’auto pulita se prima era sporca, consegnarla in un equomobile point, oltre a promozioni speciali per studenti o nel giorno del proprio compleanno. Una seconda nota positiva del nuovo servizio è che non c’è nessun obbligo di riportare le auto verso un punto di raccolta specifico. Può essere parcheggiata in ogni parcheggio (gratuitamente e anche in Area C), e l’utente successivo la potrà utilizzare da dove è stata lasciata. Solo quando le batterie scenderanno sotto il 20% l’auto “sparirà” dall’applicazione, per poi riapparire non appena gli addetti Share’ngo avranno ripristinato la carica. Tutto questo con l’unico limite dei confini comunali di Milano, e i costi calcolati verranno automaticamente addebitati sulla carta di credito inserita in fase di iscrizione. La Icaro è una microcar, ma non rinuncia ai comfort pur nella sua semplicità: vetri elettrici, di Emanuele VILLA I primi esperimenti di casa Ford nel segmento delle e-Bike li abbiamo visti al CES di Las Vegas. Ora tramite un Tweet l’azienda americana svela al mondo un nuovo concept chiamato MoDe:Flex, una bicicletta dal look futurista e stracolma di tecnologia. Nonostante le informazioni disponibili non siano molte, siamo certi della natura elettrica del modello (per la pedalata assistita) e della disponibilità di un’app, la cui caratteristica più interessante sarebbe quella di avvertire l’utente, tramite vibrazioni del manubrio, di buche stradali in avvicinamento. Come ciò sia possibile, però, è ancora avvolto dal mistero... L’app (MoDe:Link) ha poi altri scopi, ma il principale è quello di fornire una navigazione “smart” all’utente: gli farà fare la strada più breve o meno trafficata, considererà variabili quali le condizioni meteo e il costo del parcheggio, ma suggerirà anche altri mezzi di locomozione qualora necessari. Sì, perchè la caratteristica portante di MoDe:Flex è il fatto di essere “componibile”: si smonta in due (o più) pezzi ed entra nel bagagliaio dell’auto. Non è tutto: si dice che MoDe:Flex usi un’app pensata appositamente per smartwatch. È plausibile pensare che l’app metta in relazione l’assistenza alla pedalata con il livello di stress dell’utente, desunto dal battito cardiaco. In pratica, la bici farà “allenare” l’utente fino a un livello ritenuto salutare, dopo di che lo aiuterà con il motore elettrico: per quanto riguarda quest’ultimo non ci sono ancora informazioni certe, ma si può supporre (considerando gli altri modelli mostrati da Ford) che si tratti di un motore da 200 watt capace di generare una velocità di picco di 25 km/h. È partito a Milano il car sharing elettrico H torna al sommario aria condizionata, servosterzo. Completa il tutto il sistema di infotainment con navigatore touchscreen, Bluetooth, e anche presa USB. E lo spazio non manca: i posti sono due, veri, e ci sono anche 300 litri di bagagliaio. Gradualmente saranno introdotte 100 vetture, per arrivare fino a 400 entro settembre, e valutare poi ulteriori espansioni. AUTOMOTIVE Un dispositivo da manubrio per evitare cadute Con Byxee la bici diventa smart Un’ottima idea di un team italiano L di Massimiliano ZOCCHI a passione italiana per il ciclismo e la bicicletta in genere è nota in tutto il mondo, non stupisce quindi che proprio un team italiano abbia creato un oggetto dedicato al mondo dei pedali. Byxee è un dispositivo da manubrio che ci accompagnerà nelle uscite in bicicletta per aiutare ad evitare i problemi più comuni sulle due ruote. Byxee incorpora una videocamera e un processore che tramite un algoritmo appositamente studiato è in grado di riconoscere sconnessioni della strada, buche, ostacoli, o anche avvenimenti improvvisi come un pedone che attraversa distratto, un animale o qualsiasi cosa possa trovarsi davanti a noi e farci cadere. Con 7 regolazioni di sensibilità e 4 ampiezze di campo d’azione si adatta ad ogni rider e ogni stile di pedalata. Nel caso Byxee rilevi un potenziale pericolo avviserà tramite un segnale acustico calcolando i tempi dell’allerta in base anche alla velocità. L’avviso acustico inoltre indicherà anche la pericolosità dell’ostacolo, da 1 a 3 beep. La batteria può essere ricaricata tramite il classico cavo USB e assicura fino a 30 ore di funzionamento. Pare che l’idea sia venuta al padre del progetto proprio dopo essersi fatto male in bici durante un’escursione a causa di una buca. Così nel 2013 è nato lo studio preliminare che dopo le varie fasi è ora approdato al crowfunding su Indiegogo. Per 139 dollari si può prenotare Byxee a prezzo promozionale (prezzo che poi salirà a 249 dollari). La goal line del progetto è prevista a 135.000 dollari e dopo due giorni è già a quasi 10.000. Ford ha mostrato un nuovo concept di e-bike Oltre alla pedalata assistita, la si gestisce via smartwatch e avvisa l’utente di eventuali buche stradali n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Abbiamo parlato con Danny Shapiro, Senior Director della divisione Automotive di Nvidia per scoprire cosa ci aspetta Per Nvidia l’auto del futuro sarà un super computer Dall’intelligenza artificiale per veicoli “autonomi”, al cruscotto virtuale in cui l’unico limite è l’immaginazione del progettista di Paolo CENTOFANTI uando si parla di Nvidia sono probabilmente due le cose che vengono subito in mente: schede grafiche GeForce con relative GPU e i processori Tegra per dispositivi mobile. Eppure, uno dei settori in cui è più attiva da ormai alcuni anni l’azienda californiana è quello dell’automotive. Anche se magari non avete mai avuto un PC con scheda grafica GeForce, o uno smartphone o un tablet con un processore Tegra, magari, senza saperlo, avete guidato una macchina la cui elettronica è basata sulle soluzioni Nvidia: FIAT, Audi, BMW, Honda, Peugeot e Tesla, sono solo alcuni dei marchi con cui già lavora Nvidia, per più di 8 milioni di veicoli sulle strade di tutto il mondo. Una lista che a breve includerà più di 20 case automobilistiche e più di 100 modelli di veicoli. L’automotive è ora una delle massime priorità di Nvidia, subito dietro al gaming, tant’è che lo scorso gennaio, all’annuale evento per il CES di Las Vegas, le principali novità presentate hanno riguardato proprio l’automobile, con le piattaforme Drive CX e Drive PX, basate sul nuovo potente processore mobile Tegra X1. L’informatizzazione delle auto è uno dei trend del momento: quasi tutti i produttori stanno lavorando sia su sistemi di infotainment, in grado di soddisfare le aspettative di utenti ormai smartphone dipendenti, Q Danny Shapiro, Automotive Senior Director di Nvidia ma anche su un gran numero di tecnologie che in pochi anni trasformeranno in realtà il concetto di veicoli in grado di guidare in totale autonomia. Innovazioni, o meglio applicazioni, che hanno bisogno di una piattaforma hardware su cui girare: servono processori in grado di elaborare in tempo reale una grande quantità di dati, provenienti da videocamere, sistemi di telemetria e sensori di ogni tipo, ma anche di ge- torna al sommario stire il moltiplicarsi degli schermi all’interno dell’abitacolo, che aumentano non solo in numero ma anche in risoluzione. Il coinvolgimento di Nvidia nel mondo delle auto inizia proprio da qui: “nelle auto ci sono sempre più schermi e sempre con più alta risoluzione, un trend destinato ancora a crescere. E così molti produttori vengono da noi, perché noi siamo quelli della grafica” ci racconta Danny Shapiro, Senior Director della divisione Automotive di Nvidia, in una chiacchierata che abbiamo avuto modo di fare durante una sua visita in Italia. “Abbiamo iniziato con la grafica, con il portare la nostra esperienza nella visualizzazione di interfacce grafiche più evolute, come mappe 3D, Google Earth, Street View, cose di questo tipo. Abbiamo realizzato per Audi il cruscotto virtuale e poi naturalmente la piattaforma di Tesla. La cosa interessante è che ora nell’auto l’attenzione si sta spostando oltre che sull’hardware anche sul software. E via via che aumenta il ricorso al software nell’auto, la novità è che, così come sullo smartphone il software migliora continuamente, lo stesso ora può avvenire anche sull’auto: viene rilasciato un aggiornamento e la macchina acquista una nuova funzionalità. Tesla sta facendo questo da diversi anni ormai”. Al CES 2015, Nvidia ha presentato Drive CX, una piattaforma che permette alle case automobilistiche di creare cruscotti virtuali estremamente più realistici di quelli attuali. Usualmente abbiamo un display LCD di bassa risoluzione che visualizza un’interfaccia che cerca di replicare in modo minimale quelli che sono i quadranti “meccanici” tradizionali. La soluzione di Nvidia, di fatto, mette a disposizione dei progettisti una vera e propria GPU in grado di effettuare rendering estremamente realistici e ad alta risoluzione di qualsiasi materiale. Si tratta di una piattaforma basata sul chip Tegra X1, che integra una GPU Maxwell con 256 core e una CPU a 8 core a 64 bit con una potenza superiore al teraflop e la capacità di pilotare display 4K a 60 fps. “Drive CX è una piccola scatola, grande quanto un’autoradio, ma di fatto è un vero e proprio PC con tanto di slot di espansione. È una soluzione che permette ai costruttori di realizzare il proprio cockpit virtuale e di aggiungere quanti schermi vogliono e moduli come tuner radio, videocamere, lettori DVD e quant’altro. Potenzialmente in futuro qualsiasi superficie dell’auto potrebbe diventare un display e quindi ci sarà una gran mole di pixel da gestire: interfacce touch, sistemi di visione immersivi nell’abitacolo, multi schermo per l’intrattenimento. L’altra esigenza che sta nascendo è quella di tradurre anche nel design delle interfacce software, la stessa attenzione rivolta ai materiali e alla qualità dell’estetica e della costruzione dell’auto. Oggi i cruscotti digitali più evoluti hanno comunque per lo più una grafica bidimensionale, pixelizzata e antiquata. Noi segue a pagina 27 n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Nvidia e l’auto del futuro segue Da pagina 26 vogliamo cambiare tutto questo portandola su un livello di qualità superiore. Ora al posto di mappe 2D abbiamo la potenza necessaria per visualizzare bellissime mappe tridimensionali ad alto frame rate, e invece di semplice forme geometriche veri e propri rendering realistici di strumenti complessi. Quello che abbiamo fatto è stato realizzare dei tool di sviluppo come Drive Design Studio che possono permette di realizzare delle interfacce per il cruscotto con grafica di altissima qualità. Si tratta di un software per PC che permette di disegnare l’interfaccia che si vuole senza dover programmare molto e molti produttori ora stanno guardando con grande interesse a questo tipo di soluzione”. Far fare alle interfacce grafiche un salto di qualità non è però l’unico obiettivo di Nvidia con Drive CX. Se c’è un ambito in cui gli assistenti virtuali alla Cortana, Siri e Google Now hanno hanno trovato un’applicazione naturale, questo è proprio quello della guida, quando le mani devono stare sul volante e la voce è lo strumento ideale per comandare i sistemi di bordo. Drive CX offre la potenza necessaria per portare questo tipo di intelligenza in auto e renderla indipendente da una connessione alla rete. “Attualmente la maggior parte delle soluzioni richiedono un collegamento a Internet, come quelle di Google o Apple ad esempio. Funzionano bene ma possono avere dei ritardi e soprattutto sono in grado di rispondere unicamente quando c’è una connessione attiva. Se siamo all’estero, probabilmente avremo qualche problema ad usarle ad esempio. Viceversa le attuali soluzioni offline che tipicamente troviamo oggi nelle auto sono molto limitate sia in termini di vocabolario che di prestazioni generali e intelligenza. Noi abbiamo integrato nella nostra piattaforma Drive CX un sistema di riconoscimento vocale completamente offline ma con le stesse prestazioni di quelli online. Stiamo attualmente lavorando con diversi partner, non abbiamo ancora annunci in proposito da fare, ma l’interesse dei produttori c’è”. DDay.it: A proposito di Apple e Google. Entrambi stanno faticando a introdurre le loro rispettive soluzioni per le auto. Gli utenti vogliono utilizzare il proprio smartphone anche in auto, ma le case automobilistiche sembrano preferire spingere le proprie soluzioni, su cui hanno il pieno controllo… Danny Shapiro: “È un punto interessante. Noi collaboriamo strettamente con Google, visto che siamo anche tra i fondatori della Open Automotive Alliance, e lavoriamo anche con Apple su CarPlay, visto che hanno scelto la nostra piattaforma Tegra per portare CarPlay sulle auto. Dal nostro punto di vista la cosa importante è che qualsiasi software giri al meglio sulla piattaforma NVIDIA. Ma naturalmente ogni produttore automobilistico ha la sua strategia e i suoi obiettivi. Ci sono produttori come Audi (e anche Honda) che hanno un buon approccio. Audi vuole tenere il controllo sul modello di interazione, ma riconosce l’importanza che rivestono gli smartphone per i consumatori. Anche loro vedono persone alla guida con lo sguardo sempre rivolto allo smartphone (mima il gesto, ndr). Se fossi un vigile urbano basterebbe guardare come distolgono continuamente lo sguardo le persone alla guida per capire che è il caso di dare una multa. Non è sicuro, punto. Per cui sviluppare un modo per accedere dall’auto allo smartphone è qualcosa di positivo. Audi ha sviluppato un sistema ibrido che permette di passare dal suo sistema allo smartphone e viceversa, che è una soluzione ottimale. Honda ha seguito un approccio diverso, visto la loro piattaforma è Android a tutti gli effetti e lo smartphone agisce praticamente da modem per connettersi a Internet. Ma essendo di base Android, ha il Google Play Store per cui si possono installare nativamente direttamente sull’auto le app di cui abbiamo bisogno”. DDay.it: Tipicamente come lavorate con le aziende? Vi limitate a fornire la vostra piattaforma, su cui poi i progettisti lavorano autonomamente o siete voi a proporre particolari soluzioni, ad esempio per il cruscotto o l’interazione con lo smartphone? D. Shapiro: “Entrambe le cose, dipende anche molto dal produttore. Se ci pensi è un po’ come nel mondo dei videogiochi. Nvidia non produce direttamente dei giochi. Ma lavoriamo strettamente con gli sviluppatori per aiutarli a creare una grafica sempre migliore e a ottimizzare le prestazioni. E così produciamo software a diversi livelli: sistema operativo, librerie, driver per l’hardware, motore per la fisica, il rendering e così via. Nelle auto l’approccio è molto simile a livello di architettura e anche qui lavoriamo su librerie, ad esempio per ottimizzare la visualizzazione di mappe, o ancora per le videocamere, visto che ora lavoriamo molto sui sistemi di computer vision. Per quanto riguarda invece l’interfaccia utente, il design dei suoi elementi e così via è qualcosa che usualmente viene fatto dal team di design interno dell’azienda. Tendenzialmente quello che chiamiamo application layer viene quindi sviluppato internamente dal team della casa automobilistica, ma in ogni caso noi collaboriamo strettamente con loro, per il deploy sulla nostra piattaforma e poi naturalmente per effettuare aggiornamenti puntuali. In questo, Tesla ha dimostrato quanto sia importante lavorare come un’azienda di consumer electronics, aggiornando il software continuamente anche dopo che l’auto è stata introdotta sul mercato. La cosa interessante è che quello che può fare Tesla è utilizzare i dati raccolti dalle auto sulla strada per continuare a ottimizzare il proprio sistema fino a quando poi deciderà di rilasciare un nuovo aggiornamento software per tutti. Questo è il tipo di modo di lavorare che diventerà sempre più comune anche nel settore delle auto, esattamente come è normale aggiornare il software del proprio smartphone”. Con Drive PX, Nvidia è andata un passo oltre all’infotainment, realizzando una vera e propria piattaforma per le automobili a guida autonoma. Si tratta di un sistema che è composto da due elementi. Il primo è un vero e proprio computer di bordo che verrà installato sulle auto, il cui “cervello” è costituito da ben due processori Tegra X1, in grado di elaborare in tempo reale i dati raccolti da fino a 12 videocamere, fino a 30 fotogrammi al secondo, più una pletora di sensori installati in auto. Ciò permette di creare una mappa a 360 gradi di ciò che sta accadendo intorno al veicolo in ogni istante. Ciò che distingue però Drive PX è l’intelligenza all’interno di questo computer e qui il discorso si fa più affascinante. Nvidia ha, infatti, realizzato una Deep Neural Network, un sistema di elaborazione in grado di imparare autonomamente, in questo caso a riconoscere gli oggetti inquadrati dalle videocamere che compongono gli occhi della macchina. Questa rete neurale non sta sulla macchina, ma in un datacenter costituito da cluster di GPU GeForce in rete. “Grazie alla potenza delle GPU possiamo costruire dei modelli computerizzati che simulano il funzionamento del nostro cervello. L’idea è utilizzare dei data center con deep learning per processare una grande quantità di dati reali e insegnare alla piattaforma come riconoscere la strada, veicoli, passanti, oggetti e quello che accade su di essa e poi esportare que- segue a pagina 28 torna al sommario n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Nvidia e l’auto del futuro segue Da pagina 27 sta intelligenza localmente sul computer di bordo. L’addestramento viene effettuato dando in pasto al Supercomputer nel cloud letteralmente milioni di immagini da analizzare. Le immagini vengono parcellizzate in tanti piccoli dettagli (spigoli, cerchi, forme varie), e il sistema impara così a riconoscere da questi elementi i veicoli o gli oggetti che compaiono nelle immagini. Il processo di apprendimento avviene nel cloud, ma il modello che ne deriva viene poi installato localmente sull’auto. La potenza di questo modello sta nel fatto che ogni volta che un veicolo incontra qualcosa che non è in grado di riconoscere, invia i dati al Deep Learning Supercomputer nel nostro data center, che analizza l’immagine, impara a riconoscerne gli oggetti e quindi aggiorna l’intelligenza della piattaforma scaricandola nuovamente sul veicolo. Quello che è importante capire qui è che non stiamo parlando di una sola auto, ma di una vera e propria flotta di veicoli che va ad alimentare con nuovi dati la Deep Neural Network. E così ogni singola auto in realtà contribuisce a istruire le auto anche degli altri”. DDay.it: Ma come vengono prese le decisioni nei casi difficili? Mettiamo che ho allo stesso tempo uno scuolabus sulla sinistra, una sedia rotelle sulla destra e un’ambulanza in arrivo alle spalle. Chi decide come risolvere queste situazioni? D. Shapiro: “Il sistema monitora l’evoluzione di ciò che accade sulla strada in ogni momento. La filosofia di un sistema di questo tipo è innanzitutto quella di evitare di trovarsi in situazioni in cui è necessario prendere decisioni di questo tipo. Il nostro approccio è quello di riconoscere gli elementi presenti sulla strada e quindi di individuare l’area della carreggiata che in ogni momento il veicolo può occupare. Se incrociamo un’auto avremo un certo spazio, se arriva uno scuolabus, questo spazio si restringerà. Se sulle strisce arriva un pedone, lo spazio si ridurrà ulteriormente e così via. La DNN serve per imparare a riconoscere tutti questi elementi e quindi reagire un po’ come farebbe un normale essere umano. Se individuo una portiera che si apre, so che mi dovrò allargare, ma anche che se nell’altra corsia c’è un autobus potrei non avere abbastanza spazio e quindi torna al sommario magari dovrei fermarmi. Il nostro sistema è anche in grado di distinguere i veicoli di emergenza, come ad esempio un’ambulanza dai veicoli normali, e quindi reagire di conseguenza. Per cui la velocità viene regolata con ampio anticipo, appena c’è un veicolo lento o un ostacolo si cambia corsia, se c’è un pedone nelle vicinanze si rallenta, la regola di base è evitare di trovarsi in condizioni pericolose. Chiaramente c’è sempre la possibilità che un aereo si schianti davanti a noi all’improvviso, ma scherzi a parte se si verifica una situazione in cui occorre prendere una decisione che può avere conseguenze sia in un senso che nell’altro, allora semplicemente il veicolo rallenta fino a fermarsi”. DDay.it: Ma se il sistema è davvero costretto a prendere una decisione, chi è che insegna alla macchina il codice di comportamento? Chi produce la piattaforma come voi? Il produttore d’auto? Oppure ci vorrà un ente sovranazionale che dovrà stabilire una sorta di “codice etico”? D. Shapiro: “Certamente potrebbero esserci in futuro degli standard per queste cose, ma alla fine credo che stia alla casa automobilistica che progetta il veicolo e sviluppa l’application layer del sistema decidere se occorre agire sul freno, sullo sterzo, o tutte queste cose in casi di emergenza. Ci sono tanti elementi da prendere in considerazione. I sistemi di gestione del traffico, il comportamento delle altre auto… finché non ci saranno tante auto automatiche sulla strada e queste auto non saranno in grado di parlarsi tra loro e con la strada e i sistemi di monitoraggio del traffico, ci sarà sempre la casualità del fattore umano. Tutti si aspettano che i computer siano perfetti e che il numero degli incidenti con le auto a pilota automatico passi istantaneamente a zero. Certamente si abbasserà drasticamente, magari del 90%, ma finché ci saranno uomini alla guida, la componente casuale umana impedirà di ridurre gli incidenti a zero”. DDay.it: Non pensate che ci sarà comunque bisogno di standard di qualche tipo per quanto riguarda le auto autonome? D. Shapiro: “È tutto interesse delle case automobilistiche che le auto siano il più sicure possibile. Probabilmente in futuro avremo delle recensioni di auto in cui invece di descrivere quanto ci mette l’auto ad andare da 0 a 100, analizzeranno quanto velocemente sono in grado di andare da 100 a 0. Oppure quanto è affidabile il rilevamento dei pedoni, quanto è efficace il freno automatico di emergenza, e questo tipo di recensioni saranno più basate sull’aspetto tecnologico che sulla meccanica. Le case automobilistiche pertanto saranno molto competitive nell’avere l’auto più sicura da questo punto di vista. Dove ci vorrà molta collaborazione, e quindi degli standard, sarà nella comunicazione veicolo - veicolo e veicolo - strada”. DDay.it: È possibile che industria americana ed europea segnano strade diverse? Già oggi sul discorso della privacy e dei dati degli utenti, i produttori tedeschi di auto, in particolare, sembrano voler evitare i prodotti di Google in tutti i modi, Google che tra le altre cose è una delle aziende che più fa parlare di auto automatiche con il suo progetto Google Car... D. Shapiro: “Sono due punti molto importanti. Per quanto riguarda il discorso sulla privacy bisogna considerare che ormai tanti consumatori sono abituati agli smartphone, sanno che Google o Apple conoscono ormai molto di noi, dove ci troviamo in ogni momento e così via. Ma io credo che questo tipo di consumatore non sia poi così preoccupato da questo o comunque non ci pensa poi più di tanto. Penso che a essere preoccupati da aziende come Google siano più che altro le case automobilistiche, che non vogliono perdere il controllo su questi dati. Loro vogliono sapere come ti muovi, quali sono le tue preferenze, perché si può capire molto da questi dati, ad esempio sulle abitudini di spesa. Alla fine, spesso ci si muove in auto soprattutto per andare da qualche parte per spendere dei soldi: shopping, cinema, ristorante e così via. E quando si passerà alle auto che guidano da sole, beh… in auto avremo più tempo libero per l’intrattenimento, shopping online, ecc, quindi queste informazioni sono preziose. Ci saranno molte opportunità da questo punto di vista. Per quanto riguarda Stati Uniti ed Europa, è ancora prematuro parlarne, ma c’è sicuramente il tema della legislazione e delle coperture assicurative che dovrà essere in qualche modo armonizzato. Se prendi gli Stati Uniti, dove ci sono dei programmi pilota ad esempio in California, per fare dei test coast to coast da Los Angeles a New York, occorre chiedere dei permessi nei singoli Stati attraversati. E questo chiaramente non è ammissibile. E se pensi al software, agli aggiornamenti, ci dovranno essere dei regolamenti allineati tra i vari stati. La cosa interessante è che probabilmente l’assicurazione in futuro magari la dovranno fare le case automobilistiche e non i guidatori”. Serie S78 / Ultra HD 50” / 58” Immergetevi in una nuova esperienza ! Avvicinatevi al vostro grande schermo UHD e tuffatevi in un’immagine di una ricchezza incredibile di dettagli. Un’immagine che non è mai stata cosi profonda grazie alla precisione dei contorni, anche nei dettagli più lontani. Un’immagine che non è mai stata cosi realistica grazie alla nitidezza dei colori. Ammirate la perfetta fluidita del movimento, resa possibile dalla tecnologia Clear Motion Index 800 Hz. ww.tcl.eu/it n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Abbiamo visitato il centro di ricerca e sviluppo di Jaguar Land Rover in Inghilterra per conoscere le nuove tecnologie Jaguar Land Rover trasforma il concetto di guida Dal pilotaggio remoto via smartphone alla lettura delle onde cerebrali del guidatore, passando per la realtà virtuale di Paolo CENTOFANTI ra il 2025 e il 2030 guidare un’automobile sarà qualcosa di molto diverso da quello che facciamo oggi tutti i giorni. Ormai tutti i produttori stanno lavorando, più o meno segretamente, sul trasformare l’auto in un veicolo completamente autonomo e da qui a una decina d’anni, quella che oggi è vista più che altro come una curiosità avveniristica, potrebbe diventare la normalità. Jaguar Land Rover ha introdotto negli ultimi anni, sui modelli di entrambi i marchi, automatismi sempre più spinti, dalla frenata di emergenza al cruise control avanzato, ma quello su cui sta lavorando oggi per l’auto di domani va ben oltre e l’azienda ci ha dato la possibilità di avere un’anteprima di queste tecnologie, aprendo le porte del suo centro di ricerca e sviluppo di Gaydon in Inghilterra. Jaguar Land Rover ha una visione ben precisa dell’evoluzione dell’automobile in senso “automatico”. Per una casa automobilistica che produce macchine che mettono il piacere della guida al centro, il concetto di pilota automatico può sembrare un controsenso e l’antitesi stessa della filosofia dei due prestigiosi marchi. Ecco perché, prima di iniziare la nostra visita, Wolfgang Epple, direttore del centro di ricerca e sviluppo, ha tenuto a precisare come il gruppo non intende assolutamente rinunciare a questo aspetto: la tecnologia deve assistere il guidatore e non sostituirlo; quello che l’intelligenza artificiale di bordo potrà fare un giorno, sarà sostituirci al volante nelle parti più tediose del nostro viaggio (si pensi al traffico su una tangenziale o un ingorgo cittadino) e vigilare costantemente sulla nostra sicurezza. Tenendo a mente questa “visione”, ecco allora che le tecnologie che Jaguar Land Rover sta sviluppando - alcune praticamente pronte al lancio commerciale sui veicoli, mentre altre forse destinate a rimanere per sempre nei laboratori - acquistano un senso ben preciso: ridurre le distrazioni, anticipare i bisogni del guidatore, assicurare il massimo piacere di guida. T Una nuova interfaccia uomo/macchina Una delle aree su cui si sta focalizzando maggiormente Jaguar Land Rover è quello di ridefinire come l’auto presenta le informazioni al guidatore, fino ad anticiparne le necessità: dal segnalare in modo efficace la presenza di possibili ostacoli intorno al veicolo, al riconoscere le abitudini di chi guida l’auto nei tragitti più frequenti, passando per semplificare l’interazione con i comandi, il tutto per ridurre al minimo le fonti di distrazione. Prendiamo, ad esempio, la tecnologia di self learning: è probabile che se usiamo l’auto per raggiungere il posto di lavoro, ogni giorno seguiremo le stesse operazioni: accendere condizionatore o riscaldamento a una certa temperatura, selezioneremo una stazione radio o una particolare sorgente audio e se condividiamo l’auto con qualcun altro, magari regoliamo assetto del sedile e così via. Tenendo traccia dell’ora e del tragitto che stiamo percorrendo, l’auto è dunque in grado di imparare quali operazioni compiamo più frequentemente e quando. Il sistema che sta mettendo a punto Jaguar Land Rover, analizza le routine dei guidatori abituali per un periodo di circa due settimane, al termine del quale è in grado di farci trovare l’auto già pronta come la vogliamo noi senza bisogno del minimo input da parte nostra e di ricordarci, ad esempio, se abbiamo dimenticato il telefono che siamo soliti abbinare al veicolo a casa. Ci cambierà la vita? Probabilmente no, ma sicuramente quando la mattina usciremo dal nostro posto auto, dovremo armeggiare molto meno con i vari comandi della plancia e quindi saremo meno distratti durante i primi minuti di guida. Anche le altre tecnologie su cui JLR sta lavorando vanno in questa direzione. A tutti sarà capitato durante la guida di dover interagire con uno schermo touch del cruscotto oppure di uno smartphone agganciato a una dock, notando come Durante la demo a cui abbiamo assistito l’auto ha imparato le centrare il tasto desiderato non è poi così nostre stazioni radio preferite da e verso la nostra posizione e banale. Con una tecnologia denominata l’impostazione del climatizzatore, selezionandole automatica“predictive touch”, il display sarà in gramente in funzione di ora del giorno e tragitto do di anticipare il tasto che il guidatore sta cercando di premere ancora prima che lo schermo venga toccato, riducendo anche del 22% il tempo necessario per compiere l’operazione. Sembra una banalità, ma questo tempo si traduce in decine di metri di percorrenza che non passano inosservati perché siamo impegnati a guardare uno schermo all’interno del veicolo. La tecnologia che sta sviluppando JLR si compone di due parti. Un sistema di videocamere, che in futuro potrà essere integrato nella cornice dei display, è in grado di tracciare il movimento del nostro dito in tutte le direzioni e la sua velocità, permettendo all’algoritmo di “indovinare” quale elemento dell’interfaccia stiamo cercando di raggiungere. Per trasmettere un feedback anche tattile all’utente dell’avvenuta attivazione della funzione, inoltre, poiché fisicamente non toccheremo lo schermo, JLR sta lavorando su una sorta di proiettore a ultrasuoni in grado di dare sulla punta delle dita la sensazione di aver toccato qualcosa. Abbiamo provato di persona un prototipo di questo proiettore che è in grado di simulare diversi tipi di forme al tatto con una risoluzione di circa 9 mm. In futuro questo sistema potrebbe essere integrato intorno al display, molto interessante. Il proiettore a ultrasuoni è allo studio anche per un’altra applicazione: Bike Sense. La sicurezza non riguarda solo le persone all’interno dell’abitacolo, ma anche quelle sulla strada intorno a noi, come i ciclisti. JLR sta lavorando su diversi sistemi di segnalazione per avvisarci della presenza di una bicicletta intorno a noi. Uno di questi prevede di toccare la spalla del guidatore dal lato della fiancata in cui si trova il ciclista. Ecco allora che il proiettore a ultrasuoni potrebbe entrare in gioco per darci questo colpetto. Altri strumenti di segnalazione potrebbero essere un sistema di illuminazione dell’interno del veicolo con delle finiture dell’abitacolo in grado di cambiare colore, oppure con dei sistemi di segnalazione tattili sui pedali. Quest’ultima è un’altra nuova tecnologia su cui sta lavorando Jaguar Land Rover e che abbiamo potuto anche testare di persona in pista su delle Range Rover prototipo. Essenzialmente si tratta di un meccanismo in grado di trasmettere dei pattern di vibrazione e dei colpetti al pedale dell’acceleratore per segnalarci di un immi- segue a pagina 31 torna al sommario n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Jaguar Land Rover e l’auto del futuro segue Da pagina 30 nente pericolo, limiti di velocità od ostacoli sulla carreggiata. Se le videocamere rilevano un cartello con un nuovo limite di velocità, il pedale dell’acceleratore diventa ad esempio improvvisamente molto duro da premere, avvertendoci che non dovremmo superare l’attuale velocità di crociera. Accelerare resta possibile, sia chiaro, ma occorre imprimere maggior forza. Se viene rilevata una buca sulla carreggiata, riceveremo un colpetto deciso sul pedale che ci avverte di rallentare, mentre altri pattern possono venire stabiliti per altri tipi di segnalazioni. Nuovi sensori, dentro e fuori dall’abitacolo Il riconoscimento delle buche fa parte di un progetto più ampio di Jaguar Land Rover, che punta a sfruttare le videocamere stereoscopiche, che l’azienda già monta su alcuni modelli per le funzioni di controllo crociera e dei limiti di velocità, in congiunzione con i sensori all’interno delle sospensioni, per identificare le deformità dell’asfalto e trasmetterne la posizione e le caratteristiche a un sistema di mappatura nel cloud. Quando un tot di veicoli incappa in una buca, la sua immagine e posizione viene inviata al sistema centrale e da qui redistribuita alle altre auto, così che i guidatori potranno ricevere dei tempestivi alert quando si avvicinano alla stessa buca. Tutti i progetti di auto a guida autonoma si basano su un gran numero di sensori per ricostruire una mappa tridimensionale della strada circostante, ma il problema principale rimane quello di trovare il giusto compromesso tra completezza della sensoristica e costo dell’intero sistema. RADAR e LIDAR sono le tecnologie in via di esplorazione per i veicoli automatici, ma prima di allora molto si potrà già fare con le videocamere stereoscopiche che JLR punta a mettere su ogni sui modello di entrambi i marchi. Grazie alle sempre crescenti possibilità di elaborazione delle immagini, le videocamere possono essere degli ottimi sensori, specie se utilizzate in combinazione con la cosiddetta “structured light”: si tratta della proiezione sul manto stradale in fronte al veicolo di un pattern di punti sia in luce visibile che non; interpretando la deformazione della griglia sulla strada è possibile identificare buche, gobbe, asperità e ottenere dati significativi sul tipo di terreno che si sta percorrendo. Si tratta di un esempio di utilizzo di tecnologia a basso costo, che però se usata in modo intelligente può fornire un gran numero di informazioni. Jaguar Land Rover ha intenzione di utilizzare lo stesso approccio anche per le altre tecnologie, RADAR e LIDAR, in modo tale arrivare al giusto bilanciamento tra costi e benefici. Il lavoro sui sensori non riguarda però solo la strada e ciò che circonda il veicolo. JLR sta infatti sviluppando delle tecnologie per monitorare lo stato di chi si trova alla guida. In un futuro in cui le auto guideranno da sole, il sistema di bordo dovrà essere in grado di sapere se il pilota è pronto per riprendere i comandi del veicolo. Ma già oggi poter prevenire colpi di sonno, malori (si pensi agli attacchi cardiaci) o stress del guidatore può essere fondamentale per migliorare la sicurezza torna al sommario Una delle tecnologie più interessanti che abbiamo visto a Gaydon: un proiettore a ultrasuoni che dà la sensazione di toccare oggetti che non esistono sulle strade. Jaguar Land Rover ci ha mostrato due tecnologie che vanno in questa direzione. La prima è costituita da particolari sensori integrati direttamente nello schienale, in grado di misurare battito cardiaco e respiro attraverso le vibrazioni trasmesse al sedile. Durante la nostra prova il sistema è riuscito a rilevare brevemente il respiro, ma non il battito cardiaco, per cui sembra che di lavoro da fare ce ne sia ancora. Mind Sense è invece una tecnologia più avveniristica che permette di determinare lo stato di concentrazione del guidatore analizzando le sue onde celebrali. La demo a cui abbiamo partecipato non richiede di indossare alcunché sul capo e la tecnologia sfrutta dei sensori sul volante per leggere le onde direttamente dalla punta delle nostre dita. Il sistema sembra essere già in grado di determinare il nostro stato di concentrazione, anche se al momento non è in grado di distinguere verso cosa è rivolta la nostra attenzione. Primi passi verso la guida autonoma Se l’analisi delle nostre onde celebrali sembra qualcosa di più vicino alla fantascienza che a tecnologie presto disponibili nelle nostre auto, durante la nostra visita non sono mancate dimostrazioni di funzionalità ben più vicine alla commercializzazione. In alcuni articoli abbiamo già parlato del “remote control”, il controllo del veicolo dal suo esterno tramite un’app per lo smartphone per uscire da situazioni difficili Dal tablet durante la prova su pista era possibile selezionare una manovra da far eseguire automaticamente all’auto: inversione a U, inversione a più manovre, e disegnare un 8. A parte frenate un po’ brusche, il sistema funziona già ottimamente come fossati, vicoli strettissimi o parcheggi a incastro. Dimostrato su un prototipo di Range Rover Sport, la tecnologia funziona via Bluetooth entro un raggio di 10 metri e con velocità massima di circa 6 km/h, dando controllo su volante, freni, acceleratore e cambio. L’idea è che il guidatore rimanga vicino al veicolo accopagnandolo “fuori dal guado” in modo altrimenti impossibile stando all’interno dell’auto. Prima dell’effettiva commercializzazione di questa funzionalità, Jaguar Land Rover potrebbe decidere di passare al Wi-Fi dal Bluetooth, visto che come abbiamo potuto sperimentare la connessione in questa modalità non è del tutto stabilissima. Altra funzionalità, che è molto vicina a diventare effettivamente disponibile, è quella che Jaguar Land Rover chiama “Multi-Point Turn”. Si tratta di un primo esempio di guida autonoma seppure applicata a una manovra ben precisa: effettuare un’inversione a 180 gradi in uno spazio ristretto. Avete presente quelle situazioni in cui occorre fare numerose manovre avanti e indietro per cambiare direzione di marcia perché siamo chiusi tra due ostacoli? In futuro basterà schiacciare un tasto e, sfruttando i sensori di prossimità, l’auto penserà a eseguire la manovra in autonomia giocando di sterzo al posto nostro. Il sistema funziona già egregiamente anche se forse tende a essere un po’ troppo deciso in frenata. Jaguar Land Rover sta ancora lavorando sul sistema di rilevamento di ostacoli e soprattutto pedoni, che dovrà essere a prova di errore prima che questa funzionalità possa essere finalmente commercializzata. Realtà virtuale come strumento di progettazione La nostra visita si è conclusa con uno sguardo anche a un laboratorio di realtà virtuale in cui vengono sviluppate simulazioni per due scopi diversi. Il primo è quello del design e sviluppo della catena di produzione. Spesso ci si dimentica che è facile disegnare un’auto lasciandosi guidare dalla propria immaginazione, ma poi la macchina va anche fisicamente costruita e per farlo occorrono fabbriche ad hoc. Jaguar Land Rover utilizza un sistema di motion capture per inserire un potenziale meccanico all’interno di una ricostruzione tridimensionale del telaio del veicolo che permette di verificare sia accessibilità ai componenti interni del veicolo da parte dell’operaio, che il dimensionamento dei macchinari della fabbrica che dovrà poi costruire le auto. Si tratta di un passaggio che permette di rivedere il progetto dell’auto e delle fabbriche prima di passare alla fase di realizzazione vera e propria, con un notevole risparmio potenziale rispetto a cambiamenti da apportare a giochi fatti. La realtà virtuale viene impiegata anche nel design della plancia e dell’interno del veicolo, con un simulatore che permette di testare sia meccanicamente diverse configurazioni dei sedili, sia, tramite visori come Oculus Rift, di immergersi nella riproduzione virtuale dell’interno del veicolo, ma anche di diversi ambienti esterni. Al momento la simulazione comprende solo il visore, ma in futuro Jaguar Land Rover sta pensando di aggiungere anche il motion capture per dare un maggiore realismo alla simulazione potendo muovere anche le braccia durante la simulazione. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE TEST Grazie a Dell, sponsor del team Aruba.it Racing, vi portiamo nei box per vedere come la tecnologia lavora sulle moto in pista A Misano per scoprire le tecnologie delle superbike Come funziona un team Superbike? Quanto conta l’elettronica per ottenere il tempo sul giro? Entriamo insieme nei box Ducati di Claudio STELLARI I n occasione della tappa di Misano del Campionato mondiale Superbike siamo stati invitati da Dell a seguire le prove del venerdì per scoprire da vicino gli aspetti tecnologici più interessanti delle Superbike e vedere qual è l’impatto dell’elettronica nel mondo delle due ruote sportive. Dell, in particolare, è sponsor del team Aruba.it Racing, squadra ufficiale Ducati nel Campionato Superbike, alla quale fornisce tutta la parte di infrastruttura informatica: i server, i notebook Latitude della serie 6000 e 7000, i monitor, i PC PowerEdge 630, soluzioni di storage e firewall. Tutto il software di rilevazione dei dati e di gestione della moto è invece di proprietà Ducati. Per chi non segue da vicino questa disciplina sportiva, c’è da chiarire che le moto utilizzate in Superbike derivano da un modello di serie regolarmente in produzione, contrariamente a quanto avviene per la MotoGP in cui le moto sono prototipi sviluppati in poche unità appositamente per partecipare alle gare e non in vendita nei concessionari. Ciò rende tutto molto interessante: il mondo della SBK è infatti più vicino alle soluzioni presenti sul mercato e ha un approccio più diretto e aperto: velocità, alte prestazioni e affidabilità devono essere ottenute utilizzando soluzioni non troppo lontane dalla produzione o direttamente di serie. Entriamo nei box, con rispetto Finite le prove libere in pista entriamo nei box, in punta di piedi e ovviamente con il massimo rispetto. Le attività fervono, i meccanici lavorano attorno alle moto sui cavalletti, parzialmente smontate. L’aria che si respira e di grande impegno, ma l’ambiente appare rilassato e “alla mano”. Ovviamente non dobbiamo disturbare il lavoro, quindi non possiamo girare liberamente per il box e nemmeno vedere proprio tutto, ma è giusto così. Ciò non toglie che per, per un appassionato di tecnologia e motori, ciò che vediamo è decisamente esaltante. Iniziamo con un discorso meno hi-tech di quanto si legge solitamente su DDAY.it ma più dedicato agli appas- sionati di corse. In particolare vogliamo capire quale sia il legame di parentela tra la moto da corsa e il modello commerciale. Stefano Cecconi, Team Principal della squadra, ci spiega che: “Il regolamento dello scorso anno ha introdotto modifiche che hanno ulteriormente ristretto il margine di intervento sulle moto, per tornare ad imporre più da vicino la fortissima parentela con la moto in vendita. Il problema è stato però risolto dalle case motociclistiche, che hanno prodotto modelli che sono praticamente moto da corsa”. È il caso della Ducati Panigale R con motore a 1.198 cc: il regolamento della Superbike 2015 ha imposto per i motori bicilindrici una cilindrata massima di 1.200 cc, per cui la Panigale con motore 1.299 cc non può essere utilizzata per le gare. Ecco perché in gamma rimane la Panigale R con motore 1.198 cc, che nel nome perde l’indicazione della cilindrata a vantaggio della magica lettera R, a sottolineare il carattere Racing di questo modello. Questo però non ha di fatto limitato le prestazioni; come ci dice Stefano “Quest’anno, che teoricamente le moto sono meno elaborate, vanno più forte”. Il regolamento impone anche altri limiti, tra cui il numero massimo di motori utilizzabili in una stagione, pari agli eventi in programma diviso 2 e arrotondati in eccesso: 7 motori per 13 gare. Se non dovessero bastare è possibile usare altri motori, ma il pilota in quell’occa- sione partirebbe per ultimo. Si possono eseguire eventuali piccole modifiche nel rispetto del regolamento: ad esempio mentre eravamo ai box era in corso la sostituzione della frizione sulla moto di Davide Giuliano, ma tutta la parte bassa del motore deve essere strettamente di serie. Queste regole sono state introdotte per tenere sotto controllo i costi e permettere così ai team non ufficiali di partecipare al Campionato, oltre che per spingere i costruttori alla ricerca di una maggiore affidabilità. Anche la centralina elettronica è soggetta ad alcuni vincoli, anche se non così stretti: l’hardware non è bloccato, ma c’è comunque l’obbligo di vendere la centralina a un prezzo imposto e calmierato ai team privati. Ciò di fatto ne blocca lo sviluppo: impiegare risorse in questo senso comporterebbe alti costi e i benefici sarebbero a disposizione anche di altri. Si preferisce quindi lavorare sul software caricato nella centralina della moto, ma c’è da tener presente che ai team non ufficiali non può essere fornita una versione “troppo vecchia” di software, indietro al massimo di poche release. Dentro la Superbike Ogni moto ha un suo team tecnico Entriamo nel discorso della tecnica applicata alla Superbike con un interrogativo: com’è composto un team e come lavora una squadra dedicata alla Superbike? Ci risponde Stefano Cecconi: “La squadra è composta da quasi 2 team, e ogni moto è seguita da uno staff che lavora in modo separato. Il team che lavora sulla moto è composto da un ingegnere di pista, a cui si affianca un ingegnere elettronico che si occupa dell’acquisizione dei dati e della loro traduzione in parametri software per la gestione della moto in base anche alle indicazione del pilota. Ci sono poi un capo meccanico e due meccanici, a cui si aggiungono un tecnico specializzato per le gomme e una persona che segue le sospensioni per entrambe le moto. Al vertice – ci dice Stefano - c’è il direttore tecnico del team che corrisponde in Ducati al progetto Superbike e che ha un ruolo di riferimento anche per i team privati, che comprano da Ducati le moto. Ci sono poi altre perso- segue a pagina 33 torna al sommario n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE La tecnologia della Superbike segue Da pagina 32 ne, ad esempio chi si occupa del magazzino ricambi. In totale il team che segue le moto in pista è composto da 29 persone”. Niente simulazione e telemetria per la Superbike Nella Superbike, dove interviene la “nostra” tecnologia, il computer per intenderci? La moto utilizza un avanzato sistema di gestione elettronico composto dalla centralina vera e propria e da diversi sensori che rilevano il comportamento della moto in tempo reale e la sua posizione in pista grazie al GPS. L’elettronica sa quindi dove si trova la moto e si occupa di tradurre i comandi del pilota per far andare la moto il più forte possibile in ogni punto della pista, curva per curva, basandosi sul programma studiato dai tecnici e realizzato in base alle caratteristiche del circuito. L’obiettivo è arrivare “al limite” senza oltrepassarlo. I tecnici utilizzano il computer per interfacciarsi con l’elettronica di bordo, per scaricare i dati (circa 30 GB in totale ogni weekend di gara) e modificare i parametri di funzionamento delle varie parti del mezzo, per adeguare il comportamento delle moto secondo le indicazioni del pilota. Ma attenzione: in Superbike il regolamento stabilisce che durante la marcia in pista non è consentito né rilevare né modificare i parametri della moto. Si possono solo rilevare i tempi. I dati, quindi, si scaricano ai box, a moto ferma, collegandola via cavo al computer non appena possibile, come si vede bene nella foto qui sotto. Un altro aspetto nel quale la componente hi-tech è molto importante è la simulazione di guida, aspetto che però nelle moto è molto difficile da sfruttare. A differenza dei piloti di F1, che passano diverse ore nel simulatore di guida, nelle moto il pilota con il suo peso (circa 1/3 del totale) influisce in modo determinate sul comportamento della moto. Se il pilota si sposta anche di poco cambia tutto, ciò fa si che la simulazione per la Superbike sia ben lontana da una scienza esatta. Nell’automobilismo - ci spiegano - il pilota è meno influente sul bilanciamento, e per questo è possibile effettuare simulazioni che risultino attendibili. Con le moto bisogna lavorare in pista, per fortuna i computer portatili odierni offrono una potenza di elaborazione tale da consentire l’acquisizione e l’elaborazione dei dati in tempo reale, in modo tale da eseguire una regolazione ideale dei parametri della moto sulla base delle condizioni concrete e lo stile del pilota. Quello che conta è quindi la velocità di reazione, tuttavia nulla va perso: la “lettura” dei dati ritenuti secondari dai tecnici può essere fatto poi a casa, con calma, e utilizzata per lo sviluppo. Il setup della moto Ovvero una questione di compromessi Il lavoro di setup della moto è una questione di piccoli dettagli e di compromessi dettati dalla sensibilità del pilota. Le variabili in campo sono moltissime e alcune difficilmente prevedibili. Quello che si fa solitamente è partire da un’impostazione generale di fabbrica che mediamente funziona bene, affinandola man mano nei turni di prova in circuito prima della gara. I parametri principali sui cui i tecnici intervengono riguardano l’erogazione della potenza del motore e la quantità di freno motore in rilascio, cioè quando il pilota molla il gas prima di entrare in curva. Tutti questi interventi sono eseguiti in modo personalizzato per ogni pilota e per ogni tratto della pista grazie al GPS. In particolare a Misano quest’anno è stato sostituito l’asfalto e quindi il giovedì prima della gara è stato fatto qualche giro con un rilevatore GPS sulla moto, ciò ha permes- so di rilevare quote, pendenza e contro pendenza curva per curva del circuito. Il Pilota gira la manopola Ma è l’elettronica a dare gas Scendiamo nei dettagli per quanto concerne l’intervento dell’elettronica della moto in gara, il cui ruolo è decisamente importante. Partiamo dal comando dell’acceleratore Ride by Wire, cioè privo del cavo utilizzato solitamente sulle moto normali: non c’è una corrispondenza fisica tra le parti, la rotazione della manopola del gas è rilevata elettronicamente e il segnale viene inviato alla centralina elettronica della moto che regola l’apertura del corpo farfallato. Questo permette all’elettronica di controllare la potenza erogata dal motore: il pilota apre il gas ma la centralina regola l’intervento in modo ottimale a seconda di diversi parametri, tra cui la posizione in pista rilevata tramite GPS, l’inclinazione della moto e i dati provenienti dal controllo di trazione. Lo scopo è quello di erogare la massima potenza possibile ma senza compromettere l’equilibrio della moto e senza che la ruota posteriore giri a vuoto. In questo modo si evitano problemi di stabilità del mezzo, la gomma non si surriscaldamento e si degrada meno. Altro aspetto hi-tech decisamente interessante è la rilevazione della temperatura delle gomme in tempo reale attraverso sensori a infrarosso, informazione che viene comunicata alla centralina in realtime. L’intervento dell’elettronica sulla potenza erogata può essere programmato via software in tanti modi diversi, in modo deciso o più blando, con una curva d’intervento più o meno ripida. Ed qui che entra in gioco il fattore umano: è il pilota che in base alle sue sensazioni da le indicazioni giuste per far si che la moto sia veloce, può ad esempio desiderare un intervento più o meno pervasivo dell’elettronica. Le indicazioni del pilota vengono recepite dai tecnici che le traducono in istruzioni per la centralina. Un po’ di freno aiuta a curvare Quando il pilota molla i freni per entrare in curva entra in gioco il freno motore, un altro parametro sul quale lavorare a livello tech per ottenere il miglior tempo sul giro. La tecnologia ultra sofisticata della moto fa sì I grafici mostrano l’andamento dei parametri scaricati dalla moto e rilevati punto per punto della pista torna al sommario segue a pagina 34 n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Autonomia super per prototipi della Chevrolet elettrica che arriverà nel 2017 Chevrolet Bolt, più di 300 km con una carica Ora rimanere da centrare un altro importante bersaglio: contenere il prezzo di acquisto N di Poalo CENTOFANTI on c’è solo Tesla a voler arrivare nel 2017 con nuove auto elettriche in grado di offrire una buona autonomia a un prezzo intorno ai 35.000 dollari: ricorderete infatti che a gennaio General Motors aveva annunciato la Chevrolet Bolt, auto con cui promette oltre 200 miglia di autonomia (circa 320 chilometri) con una carica. In occasione dell’annuncio della nuova Cruze, la storica azienda americana ha rilasciato un aggiornamento sullo stato del progetto Bolt, affermando che lo sviluppo sta procedendo a gonfie vele. Più di 50 esemplari di pre-produzione sono infatti già sulle strade e i primi test dicono che l’obiettivo per quanto riguarda l’autonomia è già stato raggiunto e persino superato. Su come sia stato raggiunto questo risultato al momento le bocche sono cucite, ma il fornitore delle batterie agli ioni di litio dovrebbe essere, almeno per quanto riguarda i prototipi, LG Chem. Al- cuni dei modelli di pre-produzione sono tra l’altro assemblati proprio in Corea del Sud, il resto in Michigan, nella fabbrica dove dovrebbe poi venire avviata la linea di produzione definitiva della Bolt. General Motors spera di arrivare sul mercato con un prezzo intorno ai 30.000 dollari, cifra che però tiene conto delle detrazioni fiscali per i veicoli elettrici che negli Stati Uniti valgono ben 7.500 dollari. Chevrolet Bolt L’elettrica con 200 miglia di autonomia AUTOMOTIVE Ford ti fa lo sconto se noleggi la tua auto Ford invita i proprietari a mettere a disposizione le proprie auto (Ford) per noleggio a terzi, quasi una sorta di car sharing privato. Al momento l’iniziativa è riservata ai clienti Londinesi, mentre per quanto riguarda gli Stati Uniti il servizio sarà attivo nelle città di Berkeley, Oakland, San Francisco, Portland, Chicago e Washington DC. Ma i clienti Ford cosa ci guadagneranno? Chi ha acquistato l’auto tramite pagamento dilazionato potrà scontare quanto guadagnato direttamente dalle rate residue, mentre chi è proprietario diretto arrotonderà lo stipendio. La macchina sarà accessibile solo a conducenti che soddisfino un rigido protocollo di “idoneità”; non è chiaro cosa ciò significhi, ma è palese che Ford voglia ammettere al servizio solo chi non abbia uno storico di incidenti ripetuti o anomalie di altra natura. AUTOMOTIVE La tecnologia della Superbike segue Da pagina 33 che la centralina elettronica controlli come viene tolto il gas, anche quando il pilota chiude la manopola completamente, l’elettronica può comandare che il gas rimanga leggermente aperto. Questo evita un rallentamento troppo repentino della ruota posteriore e lascia “correre” di più la moto. Anche qui le modalità d’intervento dei tecnici sono diverse ed entra in gioco lo stile di guida del pilota e il comportamento della moto: in alcune situazioni si può desiderare un po’ più di freno motore, questo aiuta a far girare la moto, permettendo di chiudere prima la curva. La regolazione del freno motore viene effettuata curva per curva, la moto sa infatti dove si trova grazie ai dati del GPS e applica alla lettera il programma caricato nella memoria della centralina, sviluppato appositamente dai tecnici punto per punto della pista. La regolazione del freno motore è fondamentale ma è anche una delle operazioni che porta via più tempo, perché spesso interventi di piccolissima entità possono avere un impatto determinate. Sul manubrio della moto ci sono poi dei pulsanti colorati a disposizione del pilota per scegliere la mappatura durante la gara, ad esempio in base alla temperatura, alle condizioni della pista, o al degrado delle gomme. Le diverse mappe intervengono sui parametri del motore: in Superbike è infatti vietato l’utilizzo di sospensioni elettroni- torna al sommario C’è anche chi preferisce aiutarsi con il freno posteriore. Chaz Davies ha perfino fatto installare sulla moto una leva a manubrio (quella specie di paletta che si vede dietro la leva della frizione nella foto qui sopra) Ciò gli permette di controllare con la mano il freno posteriore quando l’utilizzo del comando a pedale è più difficoltoso, a causa dell’angolo di piega raggiunto in curva che per motivi di sicurezza. Ognuno di questi pulsanti corrisponde a una precisa impostazione sviluppata ad hoc per la pista e caricata nella memoria della centralina elettronica. A livello visivo non siamo ai livelli di un volante di una Formula 1, ma c’è da tener presente che sulla moto tutto deve essere più facile da utilizzare e a portata di dito. Non è facile stare aggrappati al manubrio e premere contemporaneamente i pulsanti, tanto che i piloti molto spesso riescono a farlo solo sul rettilineo, quando a più di 300 Km/h hanno un attimo di calma. Se così si può chiamare... n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE TEST Prodotto interessante per coloro che non conoscono Chromecast, che hanno un televisore senza app e poco smart Mediaset Smart CAM Wi-Fi: Chromecast all’italiana La nuova Smart CAM trasforma i vecchi TV in TV smart, abilitando tramite smartphone l’accesso a contenuti onDemand di Roberto PEZZALI P er vedere Sky si utilizza il decoder, per vedere Mediaset Premium, senza decoder e usando il semplice TV, serve una CAM, un modulo da inserire dietro il TV all’interno del quale viene inserita a sua volta la card. Dopo anni di Smart Cam di diverso tipo, Mediaset ha introdotto recentemente un nuovo modello Wi-Fi che andrà progressivamente a sostituire tutte le CAM sul mercato diventando così l’unica porta per l’accesso ai contenuti della pay TV di Cologno Monzese. La nuova Smart Cam Wi-Fi, che sarà anche al centro della nuova offerta Mediaset Premium della prossima stagione, oltre a gestire la decodifica dei canali televisivi dalla tessera permette anche la fruizione di stream dal web tramite collegamento a smartphone e tablet. Siamo entrati in possesso di un campione del modello destinato alla prossima stagione, ma ci teniamo a precisare che non è affatto diverso da quella che viene già venduta nei negozi: cambiano solo logo e colore. L’altra cosa da spiegare bene è a chi serve questa Smart Cam: serve esclusivamente a chi non ha un decoder Bollino Gold e ha bisogno di vedere i canali Premium dal TV. In aggiunta, ma questo è un bonus permesso dalla connessione Wi-Fi, la nuova Smart Cam wireless dà accesso tramite app per iOS e Android ai contenuti onDemand associati all’abbonamento, in questo caso Premium Play. Chi già ha una CAM vecchia versione e chi ha un TV con a bordo l’applicazione Premium Play deve fare i suoi conti: vale la pena spendere i 99 euro chiesti? C’è da dire anche che Mediaset darà la Smart Cam ai nuovi abbonati per la prossima stagione in comodato e permetterà ai vecchi abbonati di acquistarla praticamente sottocosto. Attenzione: non funziona uguale su tutti i TV La nuova Smart CAM wireless ha un vantaggio: è un modello unico, che funziona sia con TV Common Interface sia con TV Common Interface Plus: fino ad oggi Mediaset ha sempre venduto la CAM standard video per le TV Common Interface e la nuova CAM HD per i TV degli ultimi anni dotati già del nuovo slot. Difficile per un utente sapere che tipo di slot CI c’è a bordo del proprio TV (sempre che non sia un esperto), ma in linea di massima i primi TV con tuner digitale terrestre avevano a bordo la versione Common Interface, le TV con tuner HD e quindi decoder H.264 all’interno la versione CI+ (quelle degli ultimi 5 anni). Per farsi una idea basta andare sul canale 501: se si vede il canale, che è trasmesso in H.264, il TV è probabilmente dotato anche di slot CI+. Saperlo è importante perché la CAM wireless Mediaset si comporta diversamente a seconda del tipo di slot a bordo: i TV più vecchi, privi di decoder H.264 e di slot CI+ potranno vedere solo i canali in standard definition di Mediaset Premium e non avranno accesso ai contenuti onDemand, quindi per questi utenti, se già dotati di CAM, l’acquisto del nuovo modello è sostanzialmente inutile. Coloro che hanno invece un TV con tuner H.264 ma con slot CI (non molti ma ci sono) non potranno ugualmente vedere contenuti protetti in HD ma avranno accesso almeno ai soli contenuti SD di Premium Play. Per loro la nuova CAM è parzialmente utile, ma forse è meglio aggiungere un decoder o cambiare TV. Per tutti gli altri, invece, la Smart Cam aggiunge la funzionalità Premium Play HD e abilita TV di qualche anno, privi della funzionalità Smart, al mondo dello streaming Mediaset. Installazione semplicissima e alla portata di tutti Installare la Smart Cam wireless è semplice: basta inserirla nello slot e attendere che il TV termini l’inizializzazione. Fatto questo basta scaricare l’app per iOS o Android dal relativo store di app, collegarsi alla rete wireless creata dalla CAM e impostare i dati richiesti. Bene o male l’installazione è simile a quella di Chromecast, e effettivamente questa Smart Cam possiamo vederla come un Google Chromecast con a torna al sommario lab bordo il modulo di decodifica per i canali lineari che il prodotto di ovviamente Google non ha. Terminato il setup la CAM effettuerà aggiornamenti software per migliorare la stabilità e sarà pronta per essere usata. In modalità standard non cambia nulla: con la segue a pagina 36 n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT La notizia da documenti Sony trafugati da hacker e resi pubblici da WikiLeaks Nel futuro del Blu-ray spunta un formato HDR Indiscrezioni sui Blu-ray del futuro: oltre al formato Ultra HD ci saranno nuovi dischi HD HDR di Roberto PEZZALI L a brutta vicenda che ha coinvolto Sony Pictures ha fatto emergere dettagli interessanti sul futuro del Blu-ray. Una presentazione creata da Panasonic mostra infatti qualche dettaglio in più su quello che dovrebbe essere il formato fisico dei dischi del futuro, e ci fa ancora capire come sia Panasonic la vera macchina dietro il prossimo Blu-ray HD. Compilato lo scorso anno, questo documento è la risposta di Panasonic alle esigenze precise di Warner, Disney e Sony Pictures che vogliono l’HDR non solo sui futuri dischi Ultra HD ma anche sui Bluray in alta definizione. All’attuale Bluray disc, quindi, si affiancano ben tre nuovi formati di disco: il Blu-ray Ultra HD, il blu-ray Ultra HD HDR e anche un Blu-ray HD HDR, contenuti quindi in alta definizione ma ad ampia dinamica. Per tutti i nuovi formati servirà comunque un nuovo lettore: il video sarà infatti compresso HEVC e ci saranno nuovi rigidi sistemi di protezione. Il documento chiarisce che dovrà esserci comunque compatibilità tra i nuovi dischi e gli attuali TV HD e Ultra HD: poco importa che si perda HDR o risoluzione, la compatibilità dev’essere garantita. Il documento fa riferimento anche al possibile uso di un HDMI 2.1 per i contenuti Ultra HD e HDR: crediamo che si tratti in realtà dell’HDMI 2.0a. Parte del documento è stato utilizzato per finalizzare le specifiche del prossimo Blu-ray, con i primi lettori che arriveranno il prossimo anno. Resta il dubbio contenuti: Sony ha approva- TEST Smart Cam Wi-Fi Mediaset segue Da pagina 35 tessera dell’abbonamento inserita si potranno vedere i canali SD e HD di Mediaset Premium dal 300 in poi. Utilizzando invece l’applicazione, che dobbiamo dire è ben fatta, si può scegliere uno dei titoli a catalogo Premium e inviarlo al TV per lo streaming. I titoli sono presenti sia in HD sia in SD, e la qualità dipende molto dalla banda a disposizione: con 10 Mbit in ogni caso siamo riusciti ad ottenere uno stream di qualità tutto sommato modesta, nulla che possa però essere paragonabile ad to il formato, ma al momento, cercando tra i documenti rubati, non emerge nessun piano dell’azienda per sbarcare sul nuovo disco mentre si parla, e in modo molto chiaro, di Ultra HD legato a Netflix e allo streaming. un Blu-ray. Molto dipende comunque dai master usati e dal titolo, ma in linea di massima la qualità per essere HD non è sempre eccezionale, soprattutto su un 55” come il Samsung che abbiamo usato. Tramite l’applicazione si può anche cambiare canale, sfogliare la guida TV e la libreria di contenuti onDemand disponibili, ed esattamente come con Chromecast smartphone o tablet non servono per poter vedere il film, una volta partita la visione si possono anche spegnere. Per quanto il sistema funzioni bene e sia intuitivo, qualcosa da sistemare ancora c’è: sul Samsung JS8500 usato per la prova sistematicamente ogni 90 secondi circa abbiamo avvertito un piccolo salto audio, e soprattutto non c’è modo per navigare all’interno del film con il telecomando del televisore per mettere in pausa o andare avanti, si deve usare l’app sullo smartphone. In futuro 4K e Infinity La CAM al momento supporta solo Premium Play come contenuti on demand, ma a breve dovrebbe arrivare anche il supporto per Infinity. Sulla scatola Mediaset ha voluto aggiungere anche il logo Ultra HD 4K: tramite lo streaming è effettivamente possibile veicolare contenuti VOD in 4K, ma in questo caso il modulo supporta solo il protocollo 802.11 b/g (fino a 54Mbit/s) e vediamo davvero difficile che si possa gestire uno streaming 4K senza usare una compressione eccessiva, e a quel punto sarebbe un 4K parecchio truffaldino (un po’ torna al sommario Fox lancia 4 film HDR per i TV 4K Fox non ha voglia di aspettare l’arrivo del Blu-ray 4K e ha deciso di lanciare subito i suoi film masterizzati Ultra HD HDR: Kingsman: The Secret Service, Life of Pi, Exodus: Gods and Kings e The Maze Runner verranno rilasciati solo in versione originale nelle prossime settimane sulla piattaforma di download digitale M-Go. Il servizio, che non è disponibile in Italia, permetterà a chi ha l’hard disk esterno Samsung Video Pack di scaricare il file per poi riprodurlo sui TV Samsung S-UHD compatibili con contenuti HDR. Nessuna idea di quanto possa pesare il file, ma trattandosi di un download si può anche aspettare qualche ora in più per mettere mano ai preziosi contenuti. Al momento il formato sembra sia compatibile solo con i TV Samsung e il tipo di HDR utilizzato è quello con metadati adatti alla tecnologia usata dal produttore coreano. Non è da escludere, l’arrivo di questi contenuti anche su altre piattaforme, come Netflix. come il finto HD). Mediaset con la Smart CAM Wi-Fi ha senza dubbio fatto un buon lavoro: qualcuno potrebbe dire che era meglio avere il supporto Chromecast, ma alla fine Chromecast non ha lo slot per la card dell’abbonamento. Questo modulo è fatto per l’utente che neppure ha idea di cosa sia Chromecast, che ha un TV senza app e poco smart e che grazie alla wireless cam può scoprire le meraviglie dello streaming. Chromecast, come già detto da Mediaset, arriverà ugualmente e farà parte dell’offerta Premium OnLine, realizzata proprio per i nativi digitali che preferiscono lo streaming alla normale antenna. L’unica questione da risolvere è legata alla compatibilità: accertarsi che funzioni con tutti i TV è un lavoro immane, Mediaset a breve dovrebbe proporre un bollino da attaccare sui TV dove certifica il funzionamento di questa nuova Smart CAM. Concert for one Cuffia P3. Un mix di alta qualità sonora e comfort di lusso, frutto della fusione calcolata e calibrata tra materiali pregiati e tecnologie raffinate. Nata dalla penna di Morten Warren, lo stesso creatore dello Zeppelin Air iPod Speaker, la P3, disponibile in 4 colori, nero, bianco, rosso e blu, ne conserva la personalità, il talento sonoro e la frequentazione privilegiata, ovvero l’iPod e l’iPhone dai quali estrapola il meglio dei conte- nuti sonori, ne integra la funzionalità e la cosmetica. P3 è infatti dotata di un cavo con comando per iPod/iPhone con microfono e controllo volume/salto-traccia, utilissimo per tutti gli amanti dei player firmati dalla mela argentata. Ma –ovviamenteP3 è "anche" una cuffia Hi Fi tradizionale di elevatissimo livello, da poter collegare a qualsiasi sorgente standard, tramite il cavo a corredo intercambiabile con quello per player Apple. Zeppelin e Zeppelin Air sono marchi registrati di B&W Group Ltd. AirPlay, iPod, iPhone e iPad sono marchi di Apple Inc. registrati negli Stati Uniti e in altri paesi. www.audiogamma.it n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE TEST Ha senso un 40 pollici UltraHD? Si, secondo Panasonic. Vediamo se è davvero così e scopriamo come va questo “piccolo” TV TV Panasonic CX700 in prova: 4K per 40 pollici È uno dei primi TV in assoluto basato sulla piattaforma Firefox OS, risultata molto intuitiva e con un buon potenziale di Paolo CENTOFANTI ra inevitabile e già sta succedendo: come il 3D qualche anno fa, che ormai si trova come “feature” su buona parte dei TV in commercio, anche il 4K o Ultra HD si sta diffondendo su sempre più modelli nelle gamme dei TV dei produttori. Panasonic quest’anno propone un gran numero di televisori Ultra HD e praticamente in ogni taglio, giù fino al 40 pollici, come il modello oggetto della nostra prova appartenente alla serie CX700 (1099 euro), che si colloca più o meno a metà tra l’entry level e i top di gamma. Si tratta di un TV che oltre al pannello 4K si distingue per il debutto della nuova piattaforma “smart” basata su Firefox OS di Mozilla, per l’utilizzo della retroiluminazione Wide Colour Phosphor e dello Studio Master Colour che rendono il TV in sostanza pronto per i prossimi contenuti con spazio colore esteso, e ancora local dimming, interpolazione dei fotogrammi a 800 Hz, supporto per HEVC e Netflix in 4K. Ora, se consideriamo che molte di queste caratteristiche ultimamente sono state riservate dai vari produttori spesso a modelli di fascia alta o comunque su tagli di schermo molto più grandi, questo 40 pollici può essere molto interessante per tutti coloro che cercano un TV di qualità ma di piccole dimensioni. Certo, resta una domanda da porci: ma il 4K su un TV da 40 pollici ha davvero senso? E Un TV leggerissimo dal design minimale Dire che la serie CX700 ha un design minimale è poco. Il TV si presenta come uno schermo nero con un piccolo bordo grigio in alluminio che fa da cornice con la scritta bianca Panasonic al centro in basso. Due piccoli supporti laterali fanno da base di appoggio al televisore che essendo prevalentemente in plastica è leggerissimo, circa 13 Kg, il che rende molto agevole l’installazione anche da parte di una persona sola. Non si tratta di un “brutto” TV, ma diciamo che è forse un po’ troppo sobrio e ha un aspetto quasi da monitor professionale, più che da TV consumer. Per quanto riguarda le connessioni disponibili, queste sono praticamente quelle che potremmo definire standard. Viste le dimensioni, sul 40 pollici c’è spazio per 3 ingressi HDMI 2.0 e tre porte USB di cui una 3.0, anche se avremmo preferito magari 4 HDMI e una USB in meno. C’è lo slot per un modulo Common Interface per la visione di programmi criptati su digitale terrestre, e un tuner singolo DVB-T2. Il TV integra il decoder HEVC, sia per la visione di file multimediali, che per VOD e soprattutto trasmissioni TV. Il WiFi c’è ed è naturalmente integrato, ma troviamo anche una porta di rete ethernet per il collegamento via cavo alla rete. Il TV inoltre è dotato di connettività Bluetooth. C’è persino una presa SCART intera, cosa che non pensavamo più di vedere sinceramente nel 2015, ingresso component e la canonica uscita digitale audio ottica. Lateralmente troviamo anche l’uscita per le cuffie e lo slot per schede di memoria SD. In dotazione abbiamo il solito telecomando Panaso- video lab Panasonic TX-40CX700E Ultimamente i produttori si sono concentrati nel realizzare TV di qualità soprattutto sui grandi formati. Il 40 pollici della serie CX700 non offre magari le stesse prestazioni degli ultimi top di gamma che abbiamo visto, ma sa difendersi bene e offre una qualità di immagine in grado di soddisfare anche l’appassionato che non vuole per forza un TV gigante per avere un nero decente, bei colori, buon dettaglio e funzioni al passo con i tempi. Il CX700 di Panasonic offre tutte queste cose (pur non raggiungendo la perfezione), oltre a una piattaforma smart semplice, diversa dalle altre e con un buon potenziale, anche se bisognerà vedere quanto Panasonic deciderà di crederci e sostenerla. L’unica cosa che non ci convince del tutto è il prezzo di listino: lo avremmo preferito un 100 euro più basso. 8.0 Qualità 8 Longevità 8 COSA CI PIACE Buona qualità di immagine Funzioni smart semplici Design 7 Semplicità 9 D-Factor 8 Prezzo 8 COSA NON CI PIACE Firefox OS è una scommessa aperta Local dimming buono ma migliorabile nic, sempre uguale a se stesso ma di cui non ci lamentiamo assolutamente, visto che nella sua semplicità è davvero molto pratico nell’uso quotidiano. Sulla gamma 2015, debutta un tasto dedicato a Netflix che lancia direttamente la relativa app del servizio. Il problema è che si trova in una posizione dove può essere tranquillamente scambiato per il tasto home, con il rischio che venga lanciata per sbaglio l’app un po’ troppo spesso, cosa che farà piacere all’azienda americana, un po’ meno agli utenti, specie fino a quando il servizio non sarà disponibile anche in Italia. Arriva Firefox OS Tutto diventa più semplice Panasonic ha deciso di cambiare ancora una volta piattaforma smart TV e per differenziarsi dai concorrenti ha scelto la nuova soluzione di Mozilla, Firefox OS per TV. Non ce ne voglia l’azienda giapponese, ma secondo noi si tratta di una mossa saggia, visto che come abbiamo avuto modo di scrivere a ogni nuova versione della sua piattaforma, a nostro avviso Panasonic non è mai riuscita a trovare la giusta ispirazione. Firefox OS porta una ventata di colore e soprattutto semplicità alle funzionalità smart, con una segue a pagina 39 torna al sommario 1.099,00 € UN TV DI PICCOLO TAGLIO CHE SI VEDE BENE n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 TEST Panasonic TX-40CX700E segue Da pagina 38 video lab Panasonic TX-40CX700E L’interfaccia Firefox OS soluzione se vogliamo ridotta all’essenziale, ma davvero semplice da utilizzare. Premendo il tasto Home sul telecomando, compariranno tre grosse icone: Diretta TV, Apps e dispositivi. La prima, come si può intuire, dovunque ci troviamo ci riporta all’ultimo canale TV sintonizzato. Cliccando su Apps, passiamo all’elenco delle applicazioni installate e all’Apps Market dal quale, previa registrazione, potremo scaricare altre app per il nostro TV. La terza icona permette di selezionare ingressi esterni, dischi esterni USB o server DLNA presenti sulla stessa rete locale a cui è collegato il nostro televisore. Firefox OS non ha ancora preso il “controllo” totale del TV però. Tra le app, ad esempio, troviamo “registrazioni”, Guida TV e Viera Link, che non sono altro che gli stessi precisi menù che trovavamo sui TV degli anni passati, con la grafica rigida e un po’ antiquata che li con- MAGAZINE traddistingueva. Anche dal menù dispositivi, selezionando un hard disk o un server di rete, veniamo poi portati al lettore multimediale vecchio stile dei modelli della scorsa generazione. Le altre app girano invece su Firefox OS e sono alla fine delle web app, leggere e veloci. Pre-installate troviamo Netflix, YouTube, Infinity, Chili, Wuaki.tv,, Eurosport Player e AUPEO!. La scelta di app installabili non è ancora ricchissima, ma troviamo Deezer, Facebook, Twitter, TuneIn Radio ed Euronews giusto per citare alcune di quelle più utili. Il passaggio da un menù all’altro di Firefox OS è accompagnato da animazioni fluide e, complice l’essenzialità della piattaforma, l’interfaccia offre una buona responsività. Abbiamo testato sia l’app di Infinity che di Netflix (in Italia da ottobre ricordiamo), ed entrambe si aprono velocemente, sono leggere e perfettamente stabili durante la visione dei contenuti. Tenendo premuto il tasto Home del telecomando si accede alla homescreen con i quattro lati attivi selezionabili tramite i tasti colorati del telecomando: qui troviamo previsioni meteo, elenco dei canali TV con descrizione del programma in onda, una barra delle notifiche che al momento è vuota, e infine dei consigli dalle app di VOD (al momento da Chili). Al momento questa schermata non sembra particolarmente utile, ma ci sembra di capire che ciascuno dei quattro “angoli” è configurabile e potrebbe acquisire nuovi “widget” con il maturare della piattaforma. Firefox OS per TV è ancora un sistema molto giovane e bisognerà vedere se riuscirà a crescere. Il passaggio alla nuova piattaforma non ha inoltre significato l’abbandono delle funzionalità introdotte lo scorso anno come TV AnyWhere, che permette di accedere da remoto a registrazioni e persino il sintonizzatore su smartphone e tablet anche a TV spento. Questa funzionalità non è stata integrata in Firefox OS e il suo setup continua ad essere in realtà piuttosto macchinoso. C’è una nuova app apposita, Panasonic Media Center, che però è piuttosto lenta nella comunicazione con la piattaforma cloud di Panasonic, e tra l’altro non siamo mai riusciti a ottenere una riproduzione stabile all’esterno della nostra rete, nonostante la nostra connessione in fibra. Buona pre-calibrazione Si “doma” con facilità Ciò che non è cambiato è il menù di configurazione del TV che è pari pari quello che ha debuttato sulla gamma Panasonic dello scorso anno, a sua volta derivato dai modelli dell’ultimo decennio almeno del marchio giapponese. Il menù è molto completo sul fronte delle regolazioni video e su questa serie abbiamo i classici profili predefiniti tra i quali TrueCinema è quello da selezionare per avere una calibrazione di default già molto vicina al riferimento. Il bilanciamento del bianco, pur non perfetto è già abbastanza vicino al riferimento, così come primari e secondari e livelli di luminosità e contrasto (quest’ultimo, volendo può essere tranquillamente alzato di qualche punto per un po’ di dinamica in più). Con i controlli a disposizione si riesce a ottenere agevolmente una perfetta calibrazione del bilanciamento del bianco, che tra l’altro riduce notevolmente la distanza dal rifermento di primari e secondari. Il verde continua a rimanere leggermente “fuori asse”, ma l’errore medio è sufficientemente basso da non richiedere di mettere mano al sistema di color management, che comunque c’è ed è completo ed efficace. Il local dimming, se attivato, altera completamente la curva del gamma a seconda della dimensione Sopra i risultati delle misure prima della calibrazione con profilo TrueCinema. Sotto, invece, i risultati dopo la nostra calibrazione torna al sommario segue a pagina 40 n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE HI-FI E HOME CINEMA Yamaha rinnova la serie di sintoamplificatori Aventage e la amplia verso il basso con due nuovi modelli Yamaha Aventage, Dolby Atmos e DTS:X solo sui modelli top Bluetooth e Wi-Fi sono di serie, ma per avere Dolby Atmos e DTS:X bisogna scegliere i modelli più costosi della gamma di Roberto PEZZALI amaha annuncia i nuovi modelli della serie Aventage con un buon anticipo rispetto alla distribuzione, che avverrà in settembre. La novità principale è l’allargamento della gamma verso il basso con due modelli inediti: RX-A550, RXA750 che si uniscono alle evoluzioni dei modelli già noti della serie 40, RX-A850, Y RX-A1050, RX-A2050 e RX-A3050. La nuova serie presenta piccoli affinamenti rispetto alla serie precedente, ma importanti ai fini dell’ascolto: un nuovo circuito di clock migliora le prestazioni durante la riproduzione da network e Bluetooth, il circuito Compressed Music Enhancer migliora la riproduzione di brani MP3 e il circuito di autocalibrazione YPAO è stato ulteriormente migliorato, anche con nuove impostazioni DSP controllabili dall’applicazione. Le caratteristiche comuni a tutti i nuovi modelli sono il Wi-Fi integrato, il Bluetooth, Airplay, la compatibilità con file TEST Panasonic TX-40CX700E segue Da pagina 39 dei test pattern utilizzati per effettuare la calibrazione e la misura, motivo per il quale non ha molto senso effettuare una taratura con la retroilluminazione dinamica attivata: il risultato sui contenuti reali sarebbe comunque imprevedibile. La misura del gamma senza local dimming evidenzia una curva praticamente perfetta impostando nell’apposito menù la voce BT.1886. Panasonic dichiara inoltre per il TV una copertura di circa il 90% dello spazio colore DCI-P3 (quello che con ogni probabilità verrà adottato sia dalla UHD Alliance che nell’imminente Ultra HD Blu-ray) e stando alle misure di laboratorio ciò corrisponde al vero. Manca ancora qualcosa sul verde, ma sicuramente il TV potrà sfruttare lo spazio colore più ampio, se e quando saranno disponibili i contenuti si intende. Con il local dimming attivato già al minimo, il livello del nero è davvero molto buono, circa 0,030 cd/mq, e il rapporto di contrasto ANSI è di 4800:1. In modalità full on/full off, il contrasto non è misurabile, dato che in presenza di schermata nera la retroilluminazione viene completamente spenta. Convincono colori e contrasto Torniamo dunque alla domanda iniziale: ma che senso ha un panello 4K su un TV da 40 pollici? Lo abbiamo ripetuto molte volte su queste pagine. Al di là del maggiore livello di dettaglio potenzialmente offerto dal salto di risoluzione, il passaggio a un pannello 4K ha almeno due vantaggi rispetto a un normale full HD. La griglia dei pixel diventa praticamente impossibile da distinguere, donando alle immagini anche di risoluzione inferiore, un aspetto molto più compatto, quasi stampato sullo schermo; pensate ai display “retina” di smartphone e tablet: l’effetto è un po’ quello. La matrice più torna al sommario musicali fino al DSD 5,6 MHz, HDCP 2.2 per il 4K 60p e il controllo tramite l’app dedicata scaricata su smartphone e tablet. I convertitori audio D/A partono dagli ottimi Burr Brown 192kHz/24bit dei modelli più “economici” sino ai prestigiosi ESS Sabre a 32 bit del modello più costoso. Per quanto riguarda le nuove codifiche Dolby e DTS invece si parte dal modello 850 per avere la compatibilità Dolby Atmos mentre per il DTS:X bisogna salire al modello 1050; una strada diversa da quella di molti concorrenti che invece hanno di serie le due codifiche sin dai modelli di gamma medio-bassa. Ma vediamo meglio i due nuovi arrivati nella gamma. L’RX-A550 è un modello in configurazione 5.1 con potenza di 80 watt per canale (6 ohm - 0,09%THD) che fitta di pixel, in secondo luogo, permette di filtrare con più efficacia la luce spuria della retroilluminazione a beneficio del rapporto di contrasto. Nel caso specifico del CX700 ci viene in aiuto anche il local dimming. Stia parlando su questo modello di qualcosa di decisamente meno sofisticato rispetto a quanto abbiamo visto ultimamente sui TV di fascia più alta. La modulazione della retroilluminazione non è particolarmente fine ma il suo intervento diventa visibile già con l’impostazione minima: i neri diventano immediatamente profondi e sparisce quella “patina” tipici degli LCD senza controllo dinamico della ritroilluminazione, Trattandosi di un LED Edge non possiamo aspettarci la precisione dei modelli full LED, ma il taglio da 40 pollici non pone nemmeno grossi problemi a questo tipo di soluzione. Nel complesso il local dimming del CX700 funziona abbastanza bene anche se in alcune situazioni, ad esempio nei passaggi chiaro/scuro e viceversa, il cambio di intensità della retroilluminazione diventa un po’ troppo appariscente a causa di una risposta un po’ lenta. Nelle scene più scure il local dimming permette di mantenere una buona profondità del nero e un contrasto convincente. La visione dei primi (scuri) capitoli di Watchmen, usualmente una prova difficile per gli LCD meno sofisticati, è scorsa via in modo piacevole, fatta eccezione appunto per una certa lentezza della regolazione dinamica nei passaggi chiaro scuro. Nelle scene più luminose si possono apprezzare sia contrasto che brillantezza dei colori. “L’impronta” cromatica è quella a cui Panasonic ci ha abituato sui modelli di fascia più alta già da qualche anno: l’azienda definisce la gestione del colore Studio Master Colour a cui come abbiamo visto corrisponde una calibrazione molto precisa. Il buon rapporto di contrasto fa quindi il paio con colori caldi e saturi al punto giusto, che non sfociano mai nel- punta alla sostanza con 17 programmi DSP, ampia versatilità con 6 prese HDMI, ingresso USB, circuito di autocalibrazione YPAO, funzioni Scene programmabili, radio FM e un rassicurante peso di 8,1 kg. L’RX-A750 è un 7.2 con potenza di 90 watt per canale (8 ohm - 0,06%THD), compatibilità HDMI 2.0a per HDR, Virtual Surround back e possibilità di sonorizzare una seconda zona in modo indipendente. I prezzi di listino partono da 549 euro per il modello 550 (disponibile a fine mese), poi troviamo l’RX-A 750 a 799 euro (disponibile da luglio), RX-A850 a 949 euro (luglio), RX-A1050 a 1249 euro (disponibile da agosto), RXA2050 a 1599 euro (agosto) e il top di gamma RX-A3050 a 2299 euro che sarà nei negozi a settembre. l’artificiale, con incarnati naturali, ma il TV ha anche la capacità di “osare” quando serve con i contenuti che lo richiedono. E ora veniamo al tema della risoluzione. Su un 40 pollici i contenuti 4K fanno fatica a spiccare rispetto a quelli full HD. Abbiamo fatto un confronto con lo stesso corto nei due formati e le differenze sono minime e visibili solo stando a distanza ravvicinata. Con documentari o spettacoli girati in video, la maggiore risoluzione diventa un po’ più visibile, ma sfidiamo l’utente comune a notare la differenza. Anche perché l’upscaling dei contenuti full HD già produce immagini di ottimo livello sul fronte del dettaglio, tanto più se si attiva la funzione “ottimizza risoluzione” anche solo al minimo. In un caso ci pare interessante la risoluzione 4K su un TV di questo taglio: l’utilizzo come monitor per PC. La risoluzione in movimento è abbastanza buona, a patto di attivare l’Intelligent Frame Creation, almeno su “minimo”, impostazione che non introduce un’evidente interpolazione ma aiuta a ridurre la percezione di scie o cali di dettaglio. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE TEST Kindle Paperwhite è disponibile in versione Wi-Fi e in versione Wi-Fi + 3G: 129 euro per il primo, 189 per il secondo Nuovo Kindle Paperwhite: qualità-prezzo al top Amazon presenta il nuovo Paperwhite: schermo più definito e contrastato, nuovo font e cambia il sistema di impaginazione di Roberto PEZZALI o scorso anno, con l’annuncio del Kindle Voyage, Amazon ha arricchito la sua gamma di ebook reader con un modello di fascia alta, un libro elettronico senza compromessi destinato ai divoratori di pagine che vogliono tra le mani un prodotto di assoluto riferimento. Voyage, da vero prodotto top di gamma, ha visto anche il debutto di un nuovo tipo di schermo e-ink Carta con l’incredibile risoluzione di 1.448×1.072 pixel, 300 ppi. Un display sotto il profilo tecnologico, ma vera carta dal punto di vista del look & feel. Voyage è finalmente arrivato in Italia, e per il ritardo di distribuzione è arrivato insieme al nuovo Kindle Paperwhite, l’ultimo nato in casa Amazon che usa proprio lo stesso schermo da 300 ppi del modello top. Amazon probabilmente pensava di lanciare prima il modello top di gamma e poi questo di fascia media, ma le scelte commerciali legate al nostro Paese hanno fatto in modo che noi ci ritrovassimo sulla scrivania entrambi i lettori lo stesso giorno. Chi va oggi sullo store di Amazon per acquistare un ebook reader in previsione dell’estate si troverà davanti a entrambi i modelli e dovrà scegliere: Voyage o Paperwhite? Abbiamo provato entrambi (qui la prova del Voyage), e ovviamente la risposta a questa domanda si trova in fondo alla prova. Paperwhite è il modello di maggior successo di Kindle, anche perché è stato il primo con illuminazione integrata. L’aggiunta del nuovo schermo e migliorie software (che saranno disponibili anche per l’attuale generazione) rendono il nuovo Paperwhite (129 euro Wi-fi, 189 euro 3G) un prodotto ancora più completo. L Lo schermo ha una marcia in più Il nuovo schermo da 6” che Kindle Paperwhite eredita dal Voyage è ovviamente il punto di forza di questo ebook: fin dalla prima accensione ci rendiamo conto di come questo tipo di schermo sia migliorato ulteriormente e di quanta poca sia ormai la differenza tra la carta riciclata e uno schermo elettronico. La presenza dell’illuminazione, ben distribuita e uniforme, rende un eBook reader più versatile della stessa carta, e fa piacere vedere come sia migliorata ancora l’uniformità, con uno schermo che appare praticamente privo di macchie o aloni. video lab Amazon Kindle Paperwhite da 129 € VOYAGE O PAPERWHITE? CONVIENE PIÙ QUEST’ULTIMO Il Kindle Voyage, come avrete modo di leggere nella prova dedicata, è sicuramente un prodotto più curato del Paperwhite sotto il profilo costruttivo ma non è molto diverso da quest’ultimo se guardiamo alla lettura. Il sensore di luminosità e i tasti per voltare pagina non sono sufficienti a nostro parere a giustificare la differenza di prezzo: lo erano con il vecchio Paperwhite, ma ora lo schermo è uguale per entrambi i modelli. Il Voyage, per quanto sia bellissimo da tenere in mano e da usare, è secondo noi una piccola occasione persa da parte di Amazon per realizzare quello che poteva essere davvero il reader definitivo, con schermo da 7 o 8” per leggere anche testi scientifici in PDF e uno slot per espandere i 4G di memoria interni. 8.6 Qualità 9 Longevità 9 Design 7 Semplicità 8 Qualità schermo eccezionale COSA CI PIACE Nuovi sistema impaginazione e font COSA NON CI PIACE Facilità d’utilizzo D-Factor 8 Prezzo 9 Difficile gestione file PDF e ePub Prezzo della versione 3G Prezzo della custodia in pelle Guardando con attenzione il bordo inferiore si notano i quattro led di illuminazione, ma a una visione normale è quasi impossibile capire da dove arriva la “magica” luce. La risoluzione è arrivata a un punto che difficilmente risulta migliorabile: i caratteri sono praticamente stampati e si staccano con un netto contrasto dallo sfondo, che mantiene nonostante la luce una buona segue a pagina 42 Lo schermo è decisamente neutro e l’illuminazione ben distribuita. torna al sommario n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE TEST Amazon Kindle Paperwhite segue Da pagina 41 neutralità cromatica. Il resto del Kindle è costruito attorno allo schermo: la cornice permette una pratica impugnatura e ovviamente sono del tutto assenti pulsanti per voltare pagina: basta un naturale gesto sullo schermo touch. Amazon non fa accenno alla memoria integrata: dice solamente che può contenere migliaia di libri ed effettivamente così è, perché i 4 GB sono più che sufficienti per gestire la libreria. Inoltre, grazie allo spazio cloud che Amazon mette a disposizione (gratis per i contenuti acquistati, limitato a 5 GB per quelli caricati dall’utente), la memoria integrata passa davvero in secondo piano. La ricarica del dispositivo si effettua tramite micro USB: Amazon, nonostante la “classe” del dispositivo, non ha inserito un caricatore nella confezione, c’è solo il cavo. Scelta più che saggia, però: la batteria dura un mese e non ci sarà difficoltà nel trovare una porta USB per quelle quattro ore che servono a riportare il Kindle al 100% di carica. Font e impaginazione fanno la differenza Il sistema operativo del Kindle rimane praticamente invariato, anche se Amazon continua a fare piccoli miglioramenti per rendere ottimale la fruizione dei libri. Quanto Amazon tenga all’esperienza d’uso lo si capisce dalle piccole cose: ogni aggiunta software è legata esclusivamente al piacere della lettura, e la stessa creazione del nuovo font Bookerly sintetizza questa passione che lega il team del Kindle ai libri. Bookerly, per quanto la creazione di un font possa sembrare una cosa banale, è stato studiato e pensato per ottimizzare la resa con tutte le dimensioni di carattere e rendere al meglio su uno schermo di tipo e-ink: basta fare un confronto tra gli altri font di sistema (Palatino o Helvetica ad esempio) per rendersi conto di come la lettura con Bookerly sia più naturale e riposante. Amazon ha rivisto interamente anche il motore di im- torna al sommario paginazione: su alcuni libri le parole, inclusi i “capolettera” e gli “a capo” saranno distribuiti esattamente come li ha pensati l’autore. Questa funzione richiede ovviamente un ebook compatibile, ma Amazon assicura che la nuova tipografia è già disponibile su centinaia di migliaia di libri. Restano presenti ovviamente tutte le altre funzioni già introdotte tempo addietro, da FreeTime per incoraggiare i più piccoli alla lettura al vocabolario. Così come Amazon ha migliorato ulteriormente parte delle funzioni di Kindle, allo stesso modo resta ferma sui suoi principi: il Kindle è lo strumento per leggere i libri che vengono acquistati su Amazon e non è molto versatile se si tratta di visualizzare eBook acquistati altrove o PDF. Per questi è assente il motore di reflow, ovvero quel sistema che prova a impaginare i pdf sul piccolo schermo distribuendo colonne, paragrafi e parole: leggere un PDF sul Kindle è ovviamente possibile ma è molto difficile se questo è pensato per un formato A4. Si può tentare una conversione inviando il documento PDF al Kindle tramite “email” (quando registrate il device, Amazon assegna un indirizzo di tipo [email protected]) e inserendo come soggetto della mail “convert”, ma il risultato non è perfetto. Provare non costa nulla, comunque. I file in formato ePub, invece, vanno convertiti nei formati nativi di Amazon utilizzando programmi come Calibre. Calibre fa bene il lavoro e dispone anche di un plug-in che elimina il sistema anticopia inserito in alcuni eBook comprati su store di terzi: la conversio- ne nella maggior parte dei casi funziona bene, in altri un po’ meno. Dev’essere comunque chiaro che chi sceglie Kindle lo fa perché ha intenzione di comprare i libri su Amazon: chi pensa di acquistarli da altre librerie farebbe meglio a optare per un Kobo, più flessibile e versatile da questo punto di vista. C’è anche la versione 3G senza SIM e la consigliamo Kindle Paperwhite è disponibile in versione Wi-Fi e in versione Wi-Fi + 3G: la connettività è ovviamente necessaria per acquistare i libri e trasferire gli acquisti dal cloud Amazon sul dispositivo, e in quest’ottica può essere vantaggioso investire 189 euro per la versione con 3G integrato. Non serve SIM e neppure abbonamento: paga tutto Amazon, anche se ovviamente la connessione potrà essere usata solo per l’accesso al suo store. Amazon assicura il funzionamento in oltre 100 Paesi, e la possibilità di accedere sempre al proprio spazio cloud per scaricarsi nuovi libri o al negozio Amazon per acquistarne di nuovi secondo noi vale quei 50 euro in più. Si tratta, ovviamente, di una scelta personale: chi è ormai entrato in fase di “shopping compulsivo” e ha deciso di regalarsi il miglior Paperwhite, dovrebbe anche valutare la cover Premium dedicata in pelle: un piccolo lusso da 49 euro che aumenta un po’ il peso ma protegge e pulisce lo schermo con il panno in microfibra interno. La chiusura della cover spegne anche il Kindle e disattiva l’illuminazione. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE TEST I prezzi del miglior ebook reader di Amazon saranno di 249 euro per versione Wi-Fi e 3G e di 189 euro solo Wi-Fi Kindle Voyage è la “Ferrari” degli ebook reader Kindle Voyage di Amazon arriva in Italia: peso piuma, costruzione al top e schermo super risoluto. Il prezzo non è da poco A di Roberto PEZZALI rriva finalmente anche in Italia il Kindle Voyage, quello che è ad oggi il lettore di ebook più evoluto presente nel catalogo Amazon. Il prezzo è importante, 249 euro nella versione Wi-Fi e 3G (189 euro solo Wi-Fi), ma chi legge anche due libri al mese in poco più di un anno avrà ammortizzato la spesa: l’arrivo insieme al nuovo Kindle Paperwhite (qui la prova) complica forse un po’ la vita a questo modello top: lo schermo da 6” e 1448×1072 pixel (300 ppi) non è più una assoluta novità e si perde quindi quello che era forse l’elemento che più di tutti rendeva il Voyage il vero prodotto “top”. Restano comunque altri validi argomenti di discussione, dalla costruzione leggera al vetro frontale che elimina lo spessore della cornice, per arrivare al sensore di luminosità automatico e alla presenza del tasto per voltare pagina. Voyage risponde a quasi tutto quello che gli utenti Kindle avevano chiesto ad Amazon, quasi perché resta sempre il limite di quello schermo da 6” che a molti inizia a stare un po’ stretto. Se da una parte è vero che per leggere PDF e documenti di grandi dimensioni è meglio un tablet, dall’altra uno schermo da 7” avrebbe probabilmente accontentato tutti. Costruzione in magnesio, peso piuma Il Kindle Voyage si ispira, sia come linee sia come design, alla serie di tablet Fire HDX: il tasto di accensione è stato inserito sul retro e lo stesso cabinet, in lega di magnesio, presenta quel rivestimento superficiale soft che assicura un buon grip offrendo però allo stesso tempo un contatto “caldo”. Dimensioni e peso sono sicuramente due degli aspetti più importanti da valutare quando parliamo di un prodotto da tenere in mano, e qui Amazon è riuscita a scendere di una decina di grammi rispetto video lab Amazon Kindle Voyage da 189 € IL MIGLIOR EBOOK MAI FATTO DA AMAZON Kindle Voyage è il modello top di gamma del produttore americano ed è ovviamente il miglior eBook Reader mai fatto da Amazon. Nonostante lo schermo da 6”, e qui forse ci stava anche una versione più grande, Amazon ha ascoltato davvero i suoi clienti aggiungendo i tasti per voltare pagina, riducendo il peso e creando un prodotto più robusto e anche più facile da pulire. Permangono i limiti classici dei Kindle: comprando Amazon Kindle si sposa un ecosistema dove si è quasi obbligati ad acquistare su Amazon, ma considerando prezzi e qualità del catalogo non è necessariamente un difetto. Diciamo “quasi” perché non è un sistema chiuso al 100%: i libri in formato ePub richiedono per esempio la conversione e i PDF sono gestiti abbastanza male, ma come detto questo è un prodotto fatto da Amazon per Amazon: libri, fumetti, saggi, racconti e illustrati sviluppati con il formato Kindle 8 si leggono che è un vero piacere. 8.6 Qualità 9 Longevità 9 Design e costruzione COSA CI PIACE Vetro f facile da pulire e robusto Riduzione di peso e spessore Design 9 9 COSA NON CI PIACE al Paperwhite: Voyage sulla bilancia fa segnare 180 grammi, Paperwhite 205. Nel nostro caso siamo a 188 grammi, in quanto la versione provata dispone di connessione integrata 3G. Scende anche lo spessore, ma senza sacrifici di autonomia: 7,6 mm di profilo con una durata che supera comunque il mese leggendo mezz’ora al giorno. Trattandosi del prodotto top qualcuno poteva aspettarsi la presenza a bordo di una maggior quantità di memoria, ma Amazon qui è inflessibile e si mantiene sui 4 GB (3 utilizzabili) che bastano comunque per memorizzare migliaia di libri in formato nativo. La memoria sarebbe risultata utile se il Kindle Voyage avesse avuto un buon motore di lettura dei PDF, notoriamente più grossi come dimensioni, ma Kindle e PDF continuano a non andare troppo d’accordo. torna al sommario Semplicità D-Factor 9 Prezzo 7 Prezzo elevato Poche differenze con il Paperwhite C’è solo la versione da 6” Lo schermo è bellissimo, Il vetro è un plus non da poco Il Voyage è stato il primo ebook Reader Amazon ad utilizzare il nuovo pannello e-ink “Carta” da 300 ppi e 1448×1072 pixel di risoluzione. Come abbiamo già scritto anche nella prova del nuovo Paperwhite ci troviamo davanti a una resa che ormai è addirittura superiore per risoluzione a quella della stampa, con caratteri nitidi, perfettamente contrastati e leggibili senza alcuna fatica. Voyage dispone ovviamente di illuminazione frontale, e su questo modello Amazon ha introdotto anche un sensore di luminosità che regola la retroilluminazione a seconda della luce ambientale: la regolazione automatica è comoda, ma segue a pagina 44 n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE GADGET Pensata per chi vuole avere i gadget tecnologici sempre con sé e ci tiene allo stile 19 tasche per la giacca più geek del mondo Ospita 19 gadget, ti fa usare il touch senza estrarli e ha un Personal Area Network interno di Emanuele VILLA COTTeVEST è un progetto di Indiegogo che vuole essere la giacca più geek al mondo, un indumento pensato per ripararci dal freddo (più della stagione autunnale che di quella invernale) e per ospitare tutta (dico, tutta) la nostra strumentazione elettronica mobile. Ha 19 tasche ed è presentata come una tech-enabled jacket, il risultato di 15 anni di studio e di progressiva ottimizzazione degli spazi: è realizzata in microfibra per essere morbida e leggera, ma la sua mission è ospitare 19 oggetti diversi riuscendo ad essere indossabile con facilità. Le tasche sono distribuite sia all’esterno che all’interno e ricoprono completamente la superficie dell’indumento. Abbiamo tasche per gli occhiali S con tanto di panno pulente attaccato, ma troviamo anche quella ottimizzata per lo smartphone con un piccolo foro per far passare il cavo degli auricolari; questa tasca è semitrasparente e permette di usare il touch dell’apparecchio senza doverlo estrarre. Non manca la tasca per i documenti, quella per le chiavi (da tenere rigorosamente separate dal resto dell’attrezzatura), per la penna, per i tablet, per la bottiglietta d’acqua e c’è anche un Personal Area Network, ovvero un intricato sistema di collegamenti interni che permette di agganciare prodotti anche distanti, come lo smartphone e il suo battery pack. Per chi volesse saperne di più, indichiamo la pagina del progetto di Indiegogo. GADGET Seawolf il sottomarino per la GoPro Seawolf è un vero mini sottomarino che può alloggiare la GoPro Hero 3 o Hero 4 e portarla fino a 10 metri di profondità, per riprese subacquee stabili e di qualità. Disponibile in versione cablata (modello F13) o Wi-Fi (F11 e F12), è stato progettato dalla TTRobotix, ha tenuta stagna e prezzi a partire da 999 dollari. Il sistema di movimento gli permette di restare immerso anche in modo statico per facilitare le riprese, e di muoversi a una velocità di 3.3 km/h. La batteria da 5.000 mAh dovrebbe garantire circa 50 minuti di utilizzo. Sarà disponibile all’inizio di agosto. TEST Amazon Kindle Voyage segue Da pagina 43 preferiamo comunque la semplice regolazione manuale per avere un maggiore controllo. L’illuminazione, neutra e uniforme, riesce ad essere eccessiva se regolata al massimo e potrebbe dare anche fastidio. Rispetto agli altri prodotti Kindle la vera novità è la presenza di un vetro protettivo che ricopre da bordo a bordo lo schermo e-ink: sparisce il classico scalino tra schermo e cornice, un dettaglio non da poco se ci si pensa bene. Chi usa abitualmente un ebook Reader e lo ha portato anche in spiaggia potrà sicuramente raccontare torna al sommario di come lo scalino sia la parte più delicata per l’accumulo di sporco e piccoli granelli di sabbia, problemi questi che il nuovo Voyage non ha. Lo schermo è poi decisamente meno sensibile alle ditate, guadagna qualcosa con il trattamento antiriflesso ed è più semplice da pulire con un panno in microfibra. Chi è solito leggere con una sola mano ritroverà con piacere sul Kindle Voyage anche i tasti per sfogliare le pagine: il touch è sempre presente, ma linea e punto ai bordi dello schermo permettono di andare avanti o indietro. La funzione può essere disattivata da menu e gestisce ovviamente i tocchi casuali; tasti sono ripetuti sui due bordi per destri e mancini, sono capacitivi e restituiscono alla pressione un leggero feedback tattile regolabile a piacere su più livelli. Il nuovo font ancora manca ma arriverà presto Rispetto al Kindle Paperwhite, appena uscito e già dotato del nuovo software a bordo, il Voyage ha ancora la precedente versione di Kindle OS. Manca il nuovo font Bookerly, un font ad altissima risoluzione che permette di godere al meglio del nuovo schermo e-ink e manca anche il nuovo motore di impaginazione dei contenuti. Amazon dovrebbe rilasciare l’aggiornamento nelle prossime settimane, ma al momento sotto il profilo dell’interfaccia il Paperwhite ha qualcosa in più. Sul Voyage sono presenti quindi tutte le funzioni del Kindle entry level, anche se ovviamente l’interfaccia è leggermente più reattiva e nei menù di impostazione troviamo le voci per regolare “Voltapagina” e luminosità. Anche per il Voyage dobbiamo apprezzare il modulo 3G integrato: sappiamo che è una spesa non da poco, ma secondo noi, soprattutto su questo modello top di gamma, sono soldi ben spesi. Il vantaggio del 3G, oltre all’assenza di un canone e alla connessione praticamente disponibile in tutto il mondo, è la possibilità di gestire in remoto la libreria. Se decidete di regalare il Kindle a qualcuno che non è molto esperto di tecnologia potrete inviare via mail o caricare voi stessi i libri sul suo spazio cloud rendendoli così disponibili per il download e la lettura: non serve accesso Wi-Fi o configurazioni particolari, basta davvero un click. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE TEST Tra i prodotti Ikea dedicati alla ricarica wireless troviamo un comodino con base integrata e una lampada da lavoro Ricarica wireless: comoda, consuma 30% in più Abbiamo provato la base di ricarica Nordmärke e la custodia Vitahult della svedese Ikea con il nostro iPhone 5s Funziona bene, è bello ed è abbastanza rapido: i consumi sono stati di circa il 30% più alti, ma il costo resta trascurabile A di Emanuele VILLA bbiamo dediso di occuparci un po’ di ricarica wireless, un fenomeno presentato come la next big thing qualche anno fa ma che ancora oggi stenta a decollare. L’idea è senza dubbio intelligente, considerando che lo smartphone - eccezioni escluse - va ricaricato ogni giorno e che “mettere e togliere” cavetti può creare situazioni antiestetiche in casa, soprattutto quando i dispositivi sono (ben) più di uno. Ma ci sono tante domande cui rispondere per avere un quadro esaustivo: esiste un solo standard o più di uno? Che prodotti ci sono in commercio? E, soprattutto, quando ci vuole per ricaricare senza fili un telefono e quanto incide questo sulla bolletta elettrica? Costa molto di più ricaricare senza fili un telefono rispetto alla ricarica “classica” con l’alimentatore in dotazione? In questa sede, dopo una breve introduzione sugli standard di wireless charging, ci concentriamo su quest’ultimo punto usando apparecchi dedicati a marchio Ikea. Gli standard: uno, nessuno o centomila? Il problema, si sa, è lo standard di ricarica wireless, che di fatto non è uno solo: quella che per qualche anno è sembrata l’unica vera possibilità, ovvero lo standard Qi del Wireless Power Consortium (WPC) basato sul principio dell’induzione elettromagnetica, ha dovuto prima fronteggiare la concorrenza della Power Matters Alliance, poi dall’Alliance for Wireless Power (A4WP) con Rezence e la tecnologia di ricarica basata sulla risonanza magnetica. Infine, a complicare ulteriormente un quadro già confuso di suo ci ha pensato la fusione delle ultime due con standard, prodotti e tecnologie ancora in fase di definizione. Resta il fatto che non esiste un solo standard e che l’ipotesi più probabile, per il presente e il futuro, resta la multicompatibilità dei prodotti: non per niente Galaxy S6 è compatibile sia Qi che PMA. Per testare sul campo la ricarica wireless ci siamo ricordati di una notizia di qualche mese fa: l’ingresso del colosso Ikea nel mercato hi-tech con un’infinità di soluzioni dedicate alla ricarica wireless in standard Qi, standard che quanto meno è supportato da “nomi illustri” come Galaxy S6, molti Lumia come il 735, l’830 e il 930, Nexus 5, Nexus 6, Yotaphone 2 e altri ancora. Rispetto al totale, il numero è ancora basso, ma per tutti gli altri ci sono due possibilità: l’installazione di una piccola antenna all’interno dello chassis (caso, per esempio, dell’LG G3), oppure l’ipotesi più aggressiva che è l’acquisto di una custodia ad hoc, contenente l’antenna di ricarica wireless e, in alcuni casi, anche una batteria supplementare che funge da battery pack. Alcuni produttori, come Sony per l’Xperia Z3, offre custodia su misura per la ricarica wireless, in altri casi è possibile acquistarne di produttori terzi come, appunto, Ikea. torna al sommario video lab Ikea e la ricarica wireless C’è anche un comodino! Utile per chi non ha bisogno della custodia Il produttore svedese ha in catalogo molti prodotti dedicati alla ricarica wireless (Qi): da una piccola base come quella in prova (che si chiama Nordmärke) arriviamo fino al Selje, che è un comodino con base integrata, passando per il Nordmärke triplo (per tre telefoni), il comodino “wireless” Nordli, la lampada da lavoro Riggad con ricarica wireless e Jyssen, un piccolo wireless charger pensato per essere integrato nei mobili esistenti, dando loro un tocco di hi-tech. Se il telefono non è Qi-compliant, come nel caso degli iPhone, Ikea offre delle custodie su misura contenenti l’antenna: nella prova abbiamo usato un iPhone 5s, per cui ne abbiamo avuto bisogno. C’è ben poco da spiegare circa il funzionamento di Nordmärke: si attacca la base alla presa di corrente e, quando c’è bisogno di ricaricare il telefono, lo si appoggia sopra. La ricarica inizia istantaneamente, e c’è anche la possibilità di ricaricare un secondo dispositivo via filo tramite la presa USB integrata. La base funziona bene, e questo è il punto di partenza: è carina dal punto di vista estetico, tutt’altro che ingombrante e molto leggera, si adatta bene a una scrivania o a un tavolo di legno e svolge il suo lavoro egregiamente. Ma ci permettiamo una considerazione sulla custodia, della quale abbiamo avuto bisogno usando iPhone 5s come smartphone da ricaricare. Anche lei funziona bene, nulla da eccepire, ma facciamo una considerazione di comodità: la ricarica wireless deve essere comoda, deve permetterci di appoggiare il telefono appena entrati in casa e di disegue a pagina 46 Presente una presa USB per ricaricare un secondo dispositivo. n.115 / 15 29 GIUGNO 2015 MAGAZINE SMARTHOME Il dispositivo di Netatmo era già stata presentato al CES 2015 di Las Vegas La IP Camera che riconosce la tua faccia SMARTHOME Welcome di Netatmo con riconoscimento facciale avanzato arriva in Italia a 199 euro Ecco la ricarica wireless veloce mente – anche di estranei, fungendo così da videocamera di sorveglianza a tutti gli effetti. Welcome offre 130° di angolazione visiva e una buona visibilità notturna grazie al LED a infrarossi, mentre come funzionalità troviamo le notifiche, il monitoraggio da remoto, la registrazione video, la cronologia degli eventi e la possibilità di personalizzare le possibilità di riconoscimento del volto e l’invio delle notifiche per rispetto della privacy. Nonostante il concetto di ricarica wireless sia consolidato, c’è un problema di rapidità di ricarica che i vari produttori devono affrontare, soprattutto quando si tratta di confrontarsi con tecnologie di fast-charging. Ecco perché il consorzio che sta alla base dello standard Qi (il più diffuso), il Wireless Power Consortium, ha annunciato una nuova revisione dello standard capace di supportare i 15W di potenza, che ridurrebbe i tempi di ricarica dei dispositivi rispetto alla versione attuale. Il nuovo standard potrebbe portare a prestazioni analoghe rispetto alle tecnologie di ricarica rapida esistenti: si parla del 60% di una batteria da smartphone in 30 minuti, ma ovviamente il dato è indicativo. Resta da valutare la questione di consumi. di Emanuele VILLA A nnunciata al CES di Las Vegas (e da noi già considerata in questo articolo), la nuovissima IP Cam di Netatmo con riconoscimento facciale arriva in Italia a 199 euro di listino. La sua particolarità non sta tanto nell’estetica curata o nell’app di facile utilizzo e ricca di funzioni, ma appunto nella sua capacità di riconoscimento facciale, che la distingue dalle altre proposte del mercato. Welcome riconosce i soggetti presenti nel suo database e invia notifiche allo smartphone dell’utente: dando un nome ai volti che riconosce, Welcome può segnalarci l’arrivo in casa di un parente, di un amico o – eventual- TEST Ricarica wireless Ikea segue Da pagina 45 menticarcelo, non ha molto senso se prima di iniziare la ricarica dobbiamo montare una custodia attorno al telefono, custodia che può essere realizzata in modo impeccabile (come in questo caso) ma è pur sempre un ingombro in più. Piuttosto, ha senso se nell’ottica del nucleo familiare troviamo un Galaxy S6, un Nexus 6 e un iPhone: se due telefoni su tre si ricaricano senza fili in modo nativo, il terzo si può anche adattare tramite una custodia, ma acquistare appositamente charger e custodia per un telefono non predisposto è una mossa di scarsa utilità. Con iPhone 5S: carica stabile e comoda Consumi +30% ma si spende comunque pochissimo Per non limitarci a constatare il funzionamento del prodotto e della ricarica wireless, che tra l’altro esiste da anni, abbiamo ricaricato da zero un iPhone 5s acceso e sotto Wi-Fi (dato non trascurabile, ma supponiamo sia il caso più comune) e rilevato tempi e torna al sommario L’applicazione è disponibile per dispositivi iOS e Android, la connettività di rete è Wi-Fi o Ethernet, c’è un microfono incorporato e la registrazione video avviene in Full HD. Disponibilità immediata in Italia, a 199 euro di listino. consumi, tenendo in considerazione che la batteria è da 1.570 mAh. Il telefono ha impiegato circa 120 minuti per raggiungere il 100% della carica da zero, il che è solo leggermente superiore a quanto rilevato dalla carica tradizionale con alimentatore Apple, ma il telefono era acceso, quindi con ricezione di mail, whatsapp e via dicendo. Da notare che la carica è stata piuttosto rapida per il primo 80%, dopo di che abbiamo constatato un certo rallentamento fino alla fine. Ovviamente le ultime generazioni di smartphone, con relative tecnologie di fast charging, offrono prestazioni decisamente diverse, ma qui è in ballo il fattore comodità più che quello prestazionale. Se c’è bisogno di ricaricare il telefono in una manciata di minuti, lasciate perdere il wireless. Interessante anche il discorso dei consumi, che ci permettono di stimare il costo della singola ricarica e fare un confronto (assolutamente di massima) tra il costo di una ricarica wireless e una a filo. Il risultato si riassume in modo rapido: la ricarica wireless dello smartphone è sufficientemente rapida e non ci farà diventare poveri, ma ovviamente è un po’ meno efficiente di quella tradizionale. Il ciclo 0-100% del nostro iPhone 5s con 10 mesi di vita, cosa che c’entra ai fini dell’efficienza della batteria, ha consumato circa 13 Wh se caricato con il charger Qi, con una discreta accelerazione iniziale e ultimo 20% decisamente più lento. Valutando il costo attuale di 1 kWh a 0,18 euro, questo significa che il costo medio di una ricarica completa di iPhone 5s è di 0,0024 euro, ovvero circa 1 euro all’anno. Abbiamo approssimato perché quest’ultimo va considerato come un puro e semplice ordine di grandezza (non andremo a spendere 20 euro per ricaricare lo smartphone, in poche parole) poiché non considera lo stand by, anche se la tecnologia Qi è molto efficiente in questo stato, ma solo 365 cicli di carica. Tra l’altro bisogna considerare fattori come l’anzianità della batteria da ricaricare, il tipo, il fatto che la maggior parte delle persone ricarica il telefono di notte, lasciandolo appoggiato al pad di ricarica molto di più di quanto necessario per la carica completa, e molto altro. Lo stesso procedimento (iPhone 5s) effettuato mediante il suo alimentatore ha impiegato (0-100%) circa 115 minuti ma ha consumato di meno: al 100% della carica, il wattmetro ci segnala 9.95 Wh, il che si traduce in una singola carica da poco meno di 0,0018 euro. Il totale annuo resta irrisorio in entrambi i casi, ma la ricarica wireless ha consumato (nel caso in questione) un 30% in più. Lo scarto è certo rilevante a livello percentuale, ma finché si tratta di ricaricare lo smartphone o gli smartphone la differenza in bolletta resta relativa, con una comodità e un impatto estetico di livello superiore. Ci si può fare un pensierino, ma meglio se si ha uno smartphone già predisposto Qi...