n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
Frigo e lavatrici
smart: basta
sistemi chiusi
Sono almeno cinque anni che, in tutte le fiere
del mondo, vediamo elettrodomestici connessi
alla rete, che dialogano con smartphone e
tablet, che possono essere accessi e controllati
da remoto; prototipi funzionanti di lavatrici
telecontrollabili, frigoriferi che sanno cosa c’è
al proprio interno, forni che possono essere
accesi dall’ufficio e così via. Tanto che, quasi,
questi apparecchi non fanno più notizia.
Abbiamo fatto qualche verifica e, al di là delle
tante parole, la situazione in Italia è molto diversa: gli elettrodomestici “smart” presenti sul
mercato italiano nel 2015 sono al massimo una
decina e facenti parte di un sistema chiuso, non
multimarca e non interfacciabile con altri sistemi di controllo. L’industria vuole esserci ma ha
paura: fare un elettrodomestico connesso Wi-Fi
non è difficile, ma lo scenario della domotica si
muove a una velocità nettamente superiore al
classico ciclo di vita di un elettrodomestico.
Ci sono tre fattori che i produttori di elettrodomestici devono tenere in maggior conto
rispetto a quanto fatto fino a oggi:
- I sistemi chiusi sono destinati a morire: non
ha senso proporre un sistema che dialoga solo
con prodotti della stessa marca e solo tramite
l’app del produttore. Il controllo remoto non è
certo un motivo per comprare elettrodomestici
della stessa marca (e della stessa stagione).
Inoltre pensare di avere un’app per ogni
apparecchio è uno scenario perdente.
- Un singolo produttore hardware non è in
grado di imporre un ecosistema: Samsung
ha già detto che ci vuole provare, aprendo il
proprio protocollo anche ad altri produttori.
Ma sarà difficile che ce la faccia, sia perché un
concorrente probabilmente farà di tutto prima
di affidarsi al uno standard “nemico”. E visto
che nessuno appare avere un vantaggio di posizione tale da convincere gli altri, lo scenario
sembra alquanto improbabile.
- Solo in un ecosistema aperto ci sono
funzioni davvero utili: cosa chiede veramente
un utente? Può avere davvero interesse ad
accendere il forno da remoto? È uno scenario
credibile quello che prevede la programmazione della lavatrice da smartphone, quando va
caricata a mano? I vantaggi di avere apparecchi
intelligenti si rivelano solo se questi apparecchi
possono essere inseriti in un contesto domestico più ampio, con interazioni che riguardano
diversi apparecchi di marche diverse. Per
esempio, i temi legati alla “smart grid” – e
quindi alla possibilità che gli elettrodomestici si
auto-regolino nell’accesso alle risorse energetiche per minimizzare i costi e evitare i sovraccarichi – sono molto interessanti ma funzionano
solo in un sistema aperto. Il fatto di poter, per
esempio, legare il programma di asciugatura
ai dati provenienti da una stazione meteo è un
salto in avanti non banale, ma funziona solo se
l’elettrodomestico non è una “monade” ma fa
parte di un sistema aperto. E così via.
Quando queste regole saranno assimilate
dai produttori di elettrodomestici, inizieremo
a parlare veramente di “smart appliance” e
integrazione con la domotica. Per ora siamo
ancora alle azioni tattiche che sperano di dare
lustro al marchio con funzioni che più che essere intelligenti rischiano di essere cervellotiche.
Gianfranco GIARDINA
MAGAZINE
Rinasce Deejay TV
ora in versione
generalista 07
5 film in 4K, ma solo 10 trucchi per iPhone
per chi compra
che (forse) ancora
un TV Samsung 09 non conosci
13
Parla la gente comune: Netflix
e streaming ancora poco conosciuti
Netflix sta arrivando ma chi sa di cosa si tratta? Quanti
pensano di abbonarsi? Lo abbiamo chiesto ai passanti
02
Calcio in TV: ecco come
vedere tutte le partite
della prossima stagione
06
Voglia di calcio? Vi diciamo dove e come
saranno trasmesse le partite del campionato
italiano, la Champions e le gare internazionali
Mediaset Smart Cam Wi-Fi
Chromecast all’italiana
Abbiamo provato la Smart Cam wireless di
Mediaset: decodifica i canali e rende “smart”
i vecchi TV, abilitando la visione onDemand
35
IN PROVA
38
Panasonic CX700E
40 pollici per il 4K
41
Kindle Paperwhite
Qualità-prezzo al top
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
MERCATO Abbiamo intervistato alcuni passanti per capire che aria tira sul fronte dello streaming
DDAY.it in piazza - Netflix: “E che cos’è?”
Lo streaming audio: “Certo, YouTube!”
Fallimento su tutta la linea: la gente non sa nulla di Netflix e associa lo streaming a YouTube
di Gianfranco GIARDINA
I
l mercato non fa altro che parlare
dell’arrivo di Netflix, come se si trattasse di una rivoluzione copernicana. Può essere che lo sia, ma non mancano i Netflix-scettici: la rete italiana
– dicono costoro – non è all’altezza.
E a giudicare dall’ultimo report Akamai
c’è da dar loro ragione. Ma il grande
tema che ancora nessuno si è posto
è se la gente comune – quella che in
questo momento sta camminando per
le strade delle nostre città - è davvero
pronta a partecipare a questa rivoluzione annunciata.
Lo streaming audio
si riduce a YouTube

Abbiamo poi voluto indagare con le
medesime persone il loro rapporto con
lo streaming questa volta audio.
La situazione apparentemente migliora: sono diverse le persone che
dichiarano di utilizzare lo streaming
audio. La cosa incredibile è che per
la stragrande maggioranza degli utenti, lo streaming audio corrisponda ad
ascoltare la musica su YouTube, senza
neppure considerare che il traffico dati
torna al sommario
Apple e l’ex CEO
di Beats Music
confermano che
il nuovo servizio di
streaming arriverà
anche sul sistema
di diffusori wireless
Sonos, ma non subito.
La precedenza è tutta
per l’app mobile
di Paolo CENTOFANTI
video
Parla la gente: Netflix che?
DDAY.it è scesa in piazza e ha fermato
a caso un po’ di passanti chiedendo
loro che ne pensassero dell’arrivo di
Netflix e se avessero già valutato la
possibilità di abbonarsi. Bel lungi dall’essere una ricerca “scientifica” o con
una qualche valenza statistica, ma ci si
può fare uni idea. Il punto è che quasi
tutti gli intervistati ignorano completamente di cosa si parli, neppure tra
i giovani, e questo è probabilmente il
dato più preoccupante. Alcuni sanno
che Netflix esiste solo perché ha sentito che sul mercato c’è chi teme per
l’ingresso del nuovo operatore: insomma, pieno effetto pubblicità indotta,
proprio come hanno fatto i tassisti con
Uber. Infine, il fatto di aver incontrato
un cittadino tedesco, neppure troppo
giovane, che invece è perfettamente
al corrente di cosa sia Netflix fa sorgere qualche pensiero sullo “spread”
nelle consapevolezze tecnologiche tra
Italia e Germania.
Apple Music
arriverà anche
su Sonos
ma tra un po’
video
lab
DDAY.it in piazza
lab
DDAY.it in piazza
Cosa sa la gente di Netflix
Cosa sa la gente dello streaming audio
è così molto più alto visto che di fatto
si ricevono anche i dati video, senza
possibilità di evitarne lo scaricamento.
Senza poi contare che la qualità audio
di YouTube è pessima rispetto a quello
che si può ottenere con i comuni servizi di streaming, per non parlare di
quelli che offrono un servizio lossless.
Insomma, insieme all’Italia digitale,
bisogna essere coscienti che bisogna
fare anche gli italiani. E segnali positivi
sul fronte dell’alfabetizzazione digitale del grande pubblico se ne vedono
pochini.
MERCATO Presto in vendita (in India) un secondo modello
Samsung in sei mesi ha venduto
1 milione di smartphone Tizen
di Emanuele VILLA
G
li smartphone Samsung basati su Tizen sono venduti solo in India, Samsung ha
però dichiarato di aver superato il milione di esemplari venduti in sei mesi. Ci si
riferisce in particolare al Samsung Z1, telefono di fascia bassa che il colosso coreano propone al prezzo equivalente di 70 euro. Sempre secondo l’azienda, le vendite
sono andate ben oltre le sue aspettative più rosee, fornendo una nuova interessante
fonte di introiti per l’azienda. Certamente non siamo al livello dei terminali Android, che
anche in fascia bassa dispongono di una quota di mercato ben più rilevante, ma considerando che si tratta di un solo modello con un ecosistema tutto da costruire, Samsung
pensava si sarebbe trattato di un semplice esperimento, ma è diventato una sensibile
voce di bilancio. Per questo motivo, Samsung ha dichiarato proporrà un nuovo terminale Tizen di fascia leggermente più alta e con un listino di poco superiore ai 100 euro.
Probabile che dopo questa partenza inaspettatamente positiva, i cellulari Samsung Tizen possano arrivare anche in mercati più maturi come quello europeo.
Seguendo una filosofia per molti
versi inedita, Apple ha confermato
che il suo servizio di streaming arriverà anche sui diffusori wireless
di Sonos, facendo così di Apple
Music uno dei primi veri servizi
multi-piattaforma dell’azienda californiana. Oltre al supporto per
Windows tramite iTunes, e naturalmente tutti i prodotti Apple
desktop e mobile, era già stato
annunciato che in autunno sarebbe arrivata la compatibilità di Apple Music per dispositivi Android
tramite un’app dedicata. L’arrivo
su Sonos non era così scontato,
vista la politica di Apple volta a
spingere il suo sistema AirPlay
e i prodotti compatibili, ma del
resto Beats Music, il servizio di
streaming su cui è stato in gran
parte sviluppato Apple Music, è
già attualmente supportato. Inoltre
il supporto multi-piattaforma è un
requisito essenziale per competere con alternative come Deezer,
Rdio, Spotify e Tidal, solo per citare le più famose. Apple Music su
Sonos non arriverà però al lancio
del servizio il 30 giugno: le risorse
sarebbero al momento concentrate tutte sulla versione mobile, con
un obiettivo di aggiungere il supporto per i diffusori Sonos entro la
fine dell’anno.
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
MERCATO Il governo ha deciso di non procedere sulla strada del decreto per il piano banda larga
La banda larga “rimandata” a dopo l’estate
Il pacchetto sarà suddiviso in due interventi, uno a carico del CIPE e un DDL per gli incentivi
di Paolo CENTOFANTI
D
opo l’ennesimo rinvio, il sottosegretario allo Sviluppo Economico
Antonello Giacomelli conferma
che il decreto comunicazioni non si fa
più e che si seguiranno altre strade. Nonostante il penoso stato della rete italiana, e le promesse del Governo di avviare
al più presto il promettente piano per la
banda ultralarga annunciato a febbraio,
sarà difficile a questo punto vedere
qualcosa di concreto prima del prossimo
autunno. Scartato lo strumento del decreto legge, si pensa ora di spacchettare l’insieme delle misure in almeno due
interventi. Per quanto riguarda i finanziamenti pubblici per gli operatori che
vorranno realizzare le infrastrutture nelle
aree a fallimento di mercato (per l’individuazione delle quali, tra l’altro, il termine
per le consultazioni è stato ulteriormente prorogato), si pensa ora di passare
per il CIPE (Comitato interministeriale
per la programmazione economica) dal
quale però difficilmente sarà possibile
“scucire” i 6 miliardi di investimenti originariamente previsti dal piano, visto che
lì di fondi sufficienti non ce ne stanno.
Per quanto riguarda invece i voucher
agli utenti e i crediti di imposta previsti
dal piano come incentivi, si pensa a un
altro provvedimento separato, a questo
punto meno urgente (se le connessioni
non ci sono, i voucher ancora non servono), per il quale potrebbe essere seguita
la strada del disegno di legge. La scelta
di abbandonare il decreto deriverebbe dalla paura di una futura bocciatura
dopo l’esame dell’Europa, che potrebbe
arrivare diversi mesi dopo l’entrata in
vigore del provvedimento, provocando
chiaramente un disastro, ma resta il fatto
che i tempi si stanno allungando oltremodo e con maggiore incertezza sul reperimento delle risorse necessarie per
l’attuazione del piano.
MERCATO Il rapporto di Akamai sullo stato di Internet fotografa la pietosa situazione italiana
Banda larga: facciamo schifo e il governo dorme
Ci piazziamo ultimi in Europa e nella regione EMEA siamo davanti solamente al Sud Africa
A
di Paolo CENTOFANTI

kamai ha rilasciato il rapporto sullo
“stato di Internet” nel mondo, relativo al primo quarto del 2015 e le
notizie per noi italiani non sono buone.
Inutile girarci troppo intorno: l’Internet
italiano fa schifo, talmente tanto che
guardando la regione EMEA che include
Europa, Medio Oriente e Africa, siamo in
fondo a quasi tutte le classifiche, davanti solo al Sud Africa. La velocità media
delle connessioni italiane registrate da
Akamai è di 6,1 Mbit/s, con una crescita
anno su anno del 17%. Se vi viene da dire
“beh, dai, almeno stiamo migliorando”
mordetevi la lingua fino a leggere questi dati: la Repubblica Ceca cresce del
22%, la Romania del 38%, la Polonia del
32%, l’Ungheria del 26%, il Portogallo
del 42%, e stiamo parlando di paesi che
stanno tutti saldamente davanti a noi in
termini di velocità medie. Nella classifica
mondiale siamo al 56° posto per velocità
media, ma in Europa siamo ultimi. Meglio
di noi anche Turchia ed Emirati Arabi.
torna al sommario
L’unica classifica in cui non siamo al penultimo posto è quella della percentuale
di connessione sopra i 15 Mbit/s, che
con il 2,5% ci pone sopra oltre che al
Sud Africa, anche agli Emirati Arabi. Bella consolazione! Ripetiamo se non fosse
chiaro: le connessioni in grado di andare
oltre i 15 Mbit/s in Italia sono il 2,5% del
totale. Solo il 7,3% supera i 10 Mbit/s. Per
chi non lo conoscesse, Akamai è una
delle maggiori piattaforme di CDN (content delivery network), una delle infrastrutture che distribuiscono i contenuti di
molti servizi multimediali via web: quando guardate un video su Internet, arriva
dai server di aziende come Akamai.
Dove l’Italia non se la cava male, e non
è una novità, è nella connettività mobile.
La velocità media è di 6,1 Mbit/s, con velocità di picco superiori ai 53 Mbit/s, e tenete conto che paesi come gli Stati Uniti
sono fermi a 4 da questo punto di vista.
Resta un fatto: in questo mondo e in questa economia l’Italia non può più andare
avanti a suon di annunci. Servono fatti.
Sky si rivolge
al TAR: chiede
i contenuti
Rai alle stesse
condizioni
di TivùSat
Sky vuole fermare
la direttiva AGCOM
che prevede un accordo
economico con la Rai
per la trasmissione
via satellite
dei contenuti
Esige equità di
trattamento con Tivusat
di Roberto PEZZALI
AGCom ha ordinato a Sky di accordarsi con la Rai per trasmettere, previo pagamento, i canali
Rai in chiaro via satellite. La pay
TV, tuttavia, non ha intenzione
di pagare nemmeno un euro; la
vicenda, aperta ormai da molto
tempo, è finita così davanti al Tribunale Amministrativo Regionale
del Lazio, il famoso “TAR”. AGCom
aveva chiesto a Sky di trovare un
accordo con la Rai “equo”, e questo ha spinto Sky a chiedere parità
di trattamento con Tivùsat, emittente satellitare che trasmette in
chiaro tra i suoi canali anche quelli
Rai. Tivùsat probabilmente non
paga nulla per trasmettere i canali,
ed è per questo che secondo Sky
AGCom favorisce quello che è un
suo possibile concorrente. C’è da
dire che Tivùsat non è una pay TV
ma una semplice alternativa al
digitale terrestre gratuita, partecipata oltretutto da Rai oltre che da
Mediaset, Telecom Italia Media,
Associazione TV Locali e Aeranti
Corallo. Difficile intuire cosa stabilirà il giudice, ma sarebbe simpatico
se la Rai, per chiudere un occhio
sul pagamento, chiedesse a Sky di
far pagare il canone Rai in fattura ai
suoi 4 milioni di abbonati.
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
MERCATO Intervista a Francesco Leveque, Direttore Marketing AV di Samsung Electronics Italia
“Si vendono meno TV ma con più qualità”
Samsung non è preoccupata: scende il numero di pezzi ma i TV venduti hanno tagli maggiori
I
di Roberto PEZZALI

l mercato TV è in difficoltà, ma non è
un mistero. Non si vendono più i TV
di qualche anno fa e non si può dare
colpa alla mancata innovazione: le novità ci sono, ma probabilmente sono state
lanciate tutte molto rapidamente e non
hanno fatto “presa”. È successo prima
con il 3D, poi con la Smart TV e ora sta
succedendo con l’Ultra HD. Abbiamo
avuto modo di scambiare qualche opinione con Francesco Leveque, Direttore Marketing AV di Samsung Electronics Italia, ai margini dell’evento di lancio
della nuova stagione di Infinity.
DDay.it: Partiamo dal mercato TV:
è un periodo un po’ difficile per tutti, ma Samsung sembra difendersi
bene.
Francesco Leveque: “In un mercato
che mostra segni di flessione posso
dire che Samsung sta comunque incrementando la sua quota. La cosa però
più importante è che si sta migliorando la qualità di vendita, elemento per
noi fondamentale. Se a livello di pezzi
complessivi il mercato mostra quindi
un rallentamento, i TV che vengono
venduti almeno per Samsung sono TV
di fascia medio alta e soprattutto di
grosse dimensioni.”
DDay.it: Quindi stiamo tornando al
grande schermo?
F.L.: “Oggi con cifre ragionevoli si può
accedere ad un 55” o ad un 65” allo
stesso prezzo di un 42” o di un 46”
di qualche anno fa. La tecnologia e
l’economia di scala permettono di
avere grandi schermi ad un prezzo
conveniente. Il trend è chiaro, oggi
l’unica area di crescita importante è
legata alla dimensione, con l’utente
che cambia i TV piccoli per sostituirli
con schermi più grandi. Il segmento
dei 46” ad esempio cresce a doppia
cifra.”
DDay.it: E la sfida del curvo come sta
andando? Qual è la percentuale di
vendita tra piatto e curvo?
F.L.: “Numeri non ne diamo, ma possiamo dire che rispetto alle nostre
aspettative i curvi sono una piacevole
sorpresa. Inoltre, come accennato prima, nel nostro caso stiamo parlando
di prodotti di fascia medio alta, quindi
“curvo” inizia a diventare sinonimo di
prodotto premium. Questo era ovviamente uno dei nostri obiettivi.”
torna al sommario
Prova l’Ambilight
per 14 giorni
Se non ti piace
Philips
ti rimborsa
La promozione Philips
permette di provare
a casa i TV Ambilight
con Android TV: chi è
soddisfatto riceverà
un cashback fino a
200 euro, chi no sarà
rimborsato interamente
DDay.it: Forse questo calo di interesse è dovuto alla confusione in questo
mercato. Mi riferisco ad esempio alle
stesse piattaforme Smart TV, dove tra
MHP, app, smartphone, compatibilità
l’utente non esperto fa fatica a orientarsi.
F.L.: “È vero, ci sono troppe piattaforme
e questo è sicuramente un limite. Credo anche che l’utente non sia ancora
predisposto a questa tipologia di utilizzo del TV, con la parte “smart” spesso
trascurata o ignorata.”
DDay.it: La frammentazione non aiuta: Premium Play, per esempio, si
vede tramite Smart Cam Wireless, sul
canale 310 tramite MHP e attraverso
l’app su TV Samsung. Se guardiamo
ad altri produttori la situazione è ancora più frammentata, e in molti casi
non ci sono neppure le app.
F.L.: “Dobbiamo arrivare alla soluzione
più razionale. Negli ultimi anni ci sono
stati molti miglioramenti a livello di
user experience e sono stati fatti passi
importanti, ma è chiaro che serve uno
sforzo in più. Il fatto che ad esempio
per fruire di un servizio di streaming su
un TV ci si debba iscrivere su un sito
e non sul TV è un esempio di come le
cose possono migliorare.”
DDay.it: Il 4K, o Ultra HD, sta aiutando
questo mercato?
F.L.: “Più si parla di 4K per noi meglio
è: Samsung parla di Ultra HD ormai
da tre anni e alle parole è seguita anche una gamma completa di prodotti
per tutte le esigenze. Ovviamente il
TV non basta, i contenuti sono ormai
un elemento sempre più distintivo e
devono accompagnare l’offerta. Purtroppo, ed è già successo anche con
altre tecnologie, esiste ancora una finestra tra i contenuti e la disponibilità
hardware: i TV sono arrivati in largo
anticipo rispetto ai contenuti. Siamo
riusciti ad abbreviare i tempi in molte
altre situazioni, ma questa finestra tra
il tempo di introduzione dell’hardware
e l’arrivo sul mercato dei contenuti per
spingere al massimo l’hardware non
siamo ancora riusciti ad accorciarla
abbastanza.”
DDay.it: Vendere un TV non vuol dire
solo consegnare uno schermo: insieme a lui possono essere venduti anche elementi non troppo accessori
ma fondamentali come un adeguato
sistema audio. Non pensate che in
Italia si faccia fatica, a partire dal momento di scelta in negozio, a comunicare davvero quello che può dare un
TV oggi?
F.L.:“Crediamo che anche qui ci siano
margini di miglioramento importanti.
Noi crediamo che il TV possa diventare davvero il centro della casa e possa
trascinare l’utente anche ad altri acquisti collegati, ma è chiaro che certe
funzioni devono essere ben dimostrate. Questo vale ora ma varrà ancora
di più in futuro dove con “Internet of
Things” e wearables sarà fondamentale far vedere e provare, anche in fase
di acquisto, come due oggetti possono lavorare insieme e cosa possono
fare insieme. Il televisore può essere
davvero un nuovo driver di crescita
in questo senso, ma tutti dobbiamo
essere pronti a fronteggiare queste
sfide. Noi ci crediamo molto, ma oggi
è davvero difficile quando si acquista
un TV trovare esperienze che parlino
di ecosistema e di interazione tra diversi prodotti.”
DDay.it: è già pronta l’applicazione
Netflix in italiano per Tizen?
F.L.: “Ad oggi l’azienda non ha ancora
preso decisioni in questo senso”. (ma
secondo noi è pronta – ndr).
di Roberto PEZZALI
È partita la promozione Philips
“Amore a prima luce” dedicata all’Ambilight, tecnologia che Philips
da anni utilizza sui suoi TV. Philips,
consapevole che è difficile dimostrare in negozio l’Ambilight per la
presenza di luci forti e l’assenza
di superfici dedicate, ha pensato
di far provare direttamente a casa
la nuova gamma di TV Android
con Ambilight. Chi sceglie uno dei
nuovi TV Ultra HD Android delle
serie 7100, 7120, 7150 e 7600 avrà
14 giorni di prova, al termine chi
non sarà soddisfatto verrà interamente rimborsato. Philips attiverà per i primi 14 giorni anche un
servizio “Vip”: basterà chiamare
il call center per ricevere a casa
un tecnico che aiuterà a risolvere
eventuali problemi di collegamento o configurazione. Se invece
l’utente sarà soddisfatto del TV
Ambilight potrà iscriversi al sito
www.amoreaprimaluce.it per richiedere un cashback che va dai
100 ai 200 euro a seconda del
modello. Chi lo compra e si ritiene soddisfatto riceverà quindi un
ulteriore sconto. La promozione è
giocata sull’Ambilight pertanto la
soddisfazione o l’insoddisfazione
devono essere legate al sistema
di illuminazione a LED: non si potrà
chiedere il rimborso per dimensione sbagliata o per esempio perché Android TV non è bello come
magari si pensava. Tutte le serie in
promozione sono 4K e hanno ambilight su 2 o 3 lati: le differenze
principali sono legati alla presenza
del doppio tuner sulla serie 760 e
della soundbar frontale sulla 7150.
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
TEST Abbiamo parlato dello stato del 4K nei cinema in Italia con Enrico Ferrari, responsabile divisione Digital Cinema di Sony Italia
“Il 4K è indispensabile. Entro il 2017 il ricambio”
Sony è arrivata in Italia troppo tardi con i suoi prodotti per il Cinema, ora tocca aspettare un ricambio generazionale
di Gianfranco GIARDINA
a nostra inchiesta sul 4K al cinema, che ha evidenziato una situazione contrastata e non certo di larga diffusione, ha fatto molto parlare. Per avere un
quadro più completo, abbiamo incontrato Enrico Ferrari,
responsabile della divisione Digital Cinema di Sony per
l’Italia e la penisola iberica. Sony ha in portafoglio solo
soluzioni di proiezione cinematografiche in risoluzione
4K; i concorrenti di Sony hanno un’offerta prevalentemente 2K basata su matrici DLP acquistate da Texas
Instruments. È chiaro che ci troviamo di fronte a un
grande “tifoso” della tecnologia 4K.
DDay.it: Partiamo dalla nostra inchiesta sulla situazione del 4K cinematografico in Italia: la trova una fotografia fedele o no?
Enrico Ferrari: “Abbastanza. Se ci riferiamo alla disponibilità di film in 4K, confermo che siamo sulla decinaquindicina di titoli all’anno. Se ci sono – come da voi
raccontato - dei film girati in 2K e masterizzati in 4K,
beh… vanno considerati una ‘stranezza’. Dipende poi
come la vogliamo vedere: se ci chiediamo se i contenuti 4K siano la maggior parte dei contenuti, beh, no,
non lo sono. Tengo particolarmente a sottolineare che
la risoluzione 4K è importante, ma quello che per noi
conta è la qualità dell’immagine, non semplicemente la
risoluzione”.
DDay.it: La situazione italiana di diffusione dei proiettori 4K nei cinema è anomala o anche negli altri Paesi
in Europa la penetrazione è ancora minoritaria?
E.F.: “I proiettori 4K Sony in Europa sono circa 3mila.
Non so dire quanti siano quelli della concorrenza, ma
non sono molti. Mediamente in Europa abbiamo l’80%
di market share sui proiettori 4K cinematografici, percentuale che può valere anche per l’Italia, dove abbiamo già installato poco più di 400 esemplari: si può
arguire quanti siano i proiettori della concorrenza, ovverosia qualche decina”.
DDay.it: Come mai in Italia le grandi catene di multiplex non adottano, se non sporadicamente, il 4K?
E.F.: “Uno dei problemi nasce dal fatto che Sony, con le
proprie soluzioni 4K, è arrivata sul mercato tardi, quando la digitalizzazione era già iniziata e per questi operatori strutturati era anche già finita. Sony è presente con
questi prodotti sul mercato italiano dal 2011 e i grandi
multiplex a quel punto avevano firmato gli accordi per
la fornitura con macchine 2K: The Space aveva fatto gli
L

Enrico Ferrari, responsabile della divisione Digital
Cinema di Sony in Italia
torna al sommario
ordini a cavallo tra il 2009 e il 2010; anche UCI Cinemas
aveva iniziato la digitalizzazione nel 2009. Il motivo di
questo nostro ritardo in Italia è che le fabbriche, in quei
mesi, erano completamente impegnate per coprire la
domanda fortissima del mercato americano e inglese”.
DDay.it: C’è chi dice che il 4K al cinema non sia così
indispensabile: le persone vanno al cinema in sale in
larga parte 2K e non si lamentano della risoluzione…
E.F.: “Ma non scherziamo. Chiunque vada a vedere un
film in una sala 2K probabilmente dalle prime due file
vedrà i singoli pixel, soprattutto su determinate scene. I
calcoli ci dicono che per non percepire i pixel di una matrice 2K devi essere almeno a una distanza di 3,2 volte
l’altezza dello schermo; con il 4K puoi arrivare anche
fino a 1,2 volte l’altezza dello schermo senza scorgere
i pixel. Oltre il 4K penso anch’io che non sia necessario
andare perché si va nettamente oltre la capacità di risoluzione dell’occhio. Al massimo l’8K potrà avere qualche applicazione interessante in fase di ripresa e di utilizzo di queste informazioni in post-produzione, ma non
credo che serva proiettare al cinema un segnale 8K”.
DDAY.it: In ogni caso, non si sta mettendo troppa enfasi sulla risoluzione, con questa dicotomia tra 2K e 4K?
E.F.: “A parte la risoluzione, penso che sia molto importante il rapporto di contrasto: il nostro occhio è in
grado di percepire un contrasto di circa 10mila:1; i nostri
proiettori offrono un contrasto di 8mila:1 garantito. Altre
tecnologie (il riferimento è a quella DLP di Texas utilizzata praticamente da tutti i competitor, ndr) arrivano a
2.000-2.500:1”.
DDAY.it: Come si spiega la presenza di così tanti
proiettori 4K Sony nei cinema di oratori o istituzioni
simili, soprattutto il Lombradia?
E.F.: “Ci sono varie ragioni: un primo fattore è che siamo
riusciti a comunicare che il 4K non è necessariamente
per i grandi schermi…”
DDAY.it: Ed è vero?
E.F.: “Sì, perché dipende anche dalla distanza di visione: se lo schermo è piccolo ma la distanza di visione
più ravvicinata, ecco che finisci per vedere comunque i
pixel della matrice 2K. Tornando agli oratori, una seconda ragione è una buona organizzazione commerciale.
Ma il vero motivo che ha guidato questo sviluppo è che
i nostri ingegneri sono riusciti a realizzare dei proiettori 4K che hanno finito per posizionarsi molto vicino al
prezzo di quelli 2K. C’è una ragione industriale: dato
che il sistema di proiezione Sony è tutto Sony, dalla matrice fino alle lenti, raggiunta una determinata soglia di
vendita, gli investimenti di ricerca e sviluppo sono stati
ripagati e questo ha avuto in influsso sulla capacità di
abbassare i prezzi. La nostra concorrenza compra tecnologia su licenza da Texas Instruments e non è in condizione di abbassare analogamente i prezzi”.
DDay.it: Ma un proiettore 4K Sony, con queste economie, costa comunque di più di un proiettore 2K?
E.F.: “In alcuni casi, no. Per trovare un proiettore 2K che
costi meno dei nostri 4K devo andare proprio sui prodotti entry level, direi di un taglio inferiore ai nostri, più
simili ai proiettori business che a macchine da cinema.
Se così tanti parrocchiani hanno comperato le nostre
macchine non l’hanno certo fatto per simpatia verso
Sony, ma perché i prezzi e prestazioni erano competitivi”.
DDay.it: Perché il 4K, nei cinema dove c’è, non viene
particolarmente comunicato? Scoprire in quali sale c’è
un proiettore 4K non è per nulla semplice…
E.F.: “Può essere un problema legato alla comunicazione. In fondo a spingere forte sul 4K siamo solo noi,
contro altre tre-quattro aziende della concorrenza che
di certo non ne fanno un cavallo di battaglia. Credo che
comunque il vento stia cambiando: ci sono alcuni esercenti che stanno spingendo il 4K, con insegne o grandi
poster all’ingresso delle sale (come nelle foto, ndr)”.
DDay.it: Quant’è la durata media di un proiettore? Ovverosia, quando accadrà che gli attuali 2K saranno da
sostituire?
E.F.: “La vita tecnica non è così facile da prevedere: i
primissimi proiettori digitali in Italia sono stati installati
intorno al 2005 e probabilmente sono già stati sostituiti;
ma si trattava di primissime generazioni. Penso di poter
dire che a regime la durata di un proiettore digitale può
arrivare fino a 15 anni, non oltre. La mia prospettiva credibile per un ricambio dei proiettori installati al momento della digitalizzazione è per il 2017”.
DDay.it: Quanto deve investire un esercente per passare al 4K? Ovviamente, non le chiediamo una cifra
precisa, che può dipendere da mille fattori, ma un ordine di grandezza…
E.F.: “Un proiettore 4K installato parte da 40mila euro
ma può salire per schermi giganteschi, da 23 metri e oltre, fino a 65mila euro. Ovviamente sto parlando dell’intero sistema di proiezione, compreso di server DCP”.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Tutti i modi per vedere il campionato italiano, quelli stranieri, la Champions e le gare internazionali
Dove vedere le partite della prossima stagione
Ecco come possiamo vedere la prossima stagione calcistica, sui canali TV a pagamento e su quelli visibili in chiaro
M
di Roberto FAGGIANO
ai come la prossima stagione sarà complicato riuscire a seguire la squadra di calcio preferita, districandosi tra i diversi diritti rilasciati
dalla Lega calcio. E poi non si possono perdere la
Champion League, la Europa League e gli Europei di
Francia. Ecco come imboccare la strada giusta.
Serie A: vince Sky
Se la vostra squadra di calcio milita in serie A la scelta più completa è quella di SKY con il pacchetto Calcio, che anche quest’anno sarà l’unica piattaforma a
poter trasmettere tutte le partite di tutte le squadre.
Anche se Sky ha perso a favore di Mediaset Premium
qualche pacchetto secondario come le interviste a
bordo campo o le riprese degli spogliatoi, la sua offerta è sempre la più completa oltre a prevedere tutte le partite in HD. Sempre per Sky bisogna ricordare
l’offerta senza parabola di Sky Online che prevede
l’acquisto del singolo avvenimento a 4,99 euro.
Mediaset deve accontentarsi di trasmettere tutte le
gare di otto squadre: Juventus, Milan, Inter, Roma,
Lazio, Napoli, Fiorentina e Genoa. Sono pur sempre
la bellezza di 248 partite che sazieranno la fame di
calcio dei tifosi. Anche per Mediaset c’è l’alternativa
senza parabola di Premium Online, dove sarà disponibile il pacchetto Calcio & Sport.
Europa League: esclusiva Sky
Ligue One francese i diritti devono essere ancora assegnati e quindi per il momento non si sa se diventerà
esclusiva Sky o Mediaset.
Coppa Italia
Finalmente qualcosa gratis
Serie B: l’esclusiva è di Sky
Per le prossime tre stagioni il campionato di serie
B sarà un’esclusiva di Sky e non ci saranno strade
alternative rispetto all’acquisto del pacchetto Calcio;
già prevista la trasmissione dedicata Diretta gol e
l’alta definizione per tutte le partite.
Champions League
Solo su Mediaset Premium

I tifosi di Juventus, Roma e Lazio (se passerà il turno
preliminare) dovranno affidarsi a Mediaset Premium
per vedere le partite in Coppa dei loro beniamini.
Mediaset ha già precisato che non verranno mai trasmesse in chiaro al mercoledì le partite della Juventus
nella prima parte a gironi del torneo, mentre i tifosi
di Roma e Lazio possono sperare di vedere qualche
partita in chiaro al mercoledì senza doversi abbonare
a Premium.
torna al sommario
Per le prossime tre stagioni le partite del giovedì
in Europa League saranno esclusiva Sky e quindi
i tifosi di Fiorentina, Napoli e Sampdoria dovranno
rivolgersi all’emittente a pagamento per vedere tutte le gare. Si potrà vedere in chiaro una partita per
turno ma non è ancora chiaro dove verrà trasmessa, se su Cielo o sul nuovo canale annunciato per
Sky alla posizione 8 del digitale terrestre.
Almeno per la TIM Cup non dovremo pagare nulla,
oltre al canone Rai; tutte le partite saranno trasmesse in chiaro sulla Rai sui diversi canali disponibili. La
trasmissione in HD delle diverse gare però è tutt’altro
che garantita.
I campionati stranieri
Inghilterra e Germania su Fox Sports
Europei 2016
Tutte le gare sulla Rai in chiaro
Per chi ama il calcio straniero il primo obbiettivo da
vedere è la Premiere League inglese e per vederla
serve il canale Fox Sports che da luglio diventa esclusiva Sky. Sullo stesso canale poi c’è pure il campionato tedesco della Bundesliga e per chi è proprio calcio
dipendente non manca il campionato olandese con
la Eredivisie. Quindi abbonamento Sky Calcio d’obbligo per chi non vuole perdersi le partite di questi
campionati. Per quanto riguarda la Liga spagnola e
I campionati europei di calcio si svolgeranno in Francia
dal 10 giugno al 10 luglio 2016 e almeno per queste
partite non dovremo pagare abbonamenti. Tutte le
partite infatti verranno trasmesse in chiaro dalla Rai.
Nel frattempo però solo le gare di qualificazione della
nazionale sono visibili in chiaro, per le altre l’esclusiva
è di Sky. Quest’anno le partite saranno complessivamente ben 51 perché per la prima volta le squadre
ammesse alla fase finale del torneo saranno 24.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Deejay TV cambia pelle dopo l’acquisizione del gruppo Discovery: nuova vita per il canale numero 9
Ri-nasce Deejay TV, ora in versione generalista
Gli innesti appaiono in linea con lo stile di RealTime, ma con qualche concessione in più alla fiction e ai game show
di Gianfranco GIARDINA
opo alcuni mesi di studio, Discovery prende le
redini di Deejay Television, l’emittente che da
qualche mese è entrata a far parte del gruppo
che sta scalando le classifiche di gradimento della
TV italiana con canali come RealTime, DMax, Giallo e
Focus. Nell’evento di presentazione dei palinsesti per
la prossima stagione, è stato svelato quale sarà la nuova anima dell’emittente,che non è comunque troppo
distante da quella vecchia, visto che tra le personalità
presenti all’evento non è mancato comunque Linus.
D
Da canale tematico a generalista
La rivoluzione di Deejay TV inizia lo scorso gennaio,
con l’acquisto dell’emittente da parte del gruppo
Discovery Italia. Deejay TV è particolarmente “preziosa” in funzione della numerazione del canale, il 9. Un
numero che spetterebbe a un canale generalista, ruolo
che Deejay TV non ha mai svolto veramente: per questo da più parti in passato si è gridato allo scandalo.
Ora, con la gestione Discovery, dopo qualche mese
di assestamento e di analisi, sta per partire un nuovo
palinsesto finalmente più generalista (mancano solo i
notiziari) che comunque mantiene il tono un po’ scanzonato tipico del brand Deejay e lo miscela con alcuni
programmi più provocatori in stile Discovery. In realtà
molte cose sono ancora in divenire, tanto che non è
stato svelato completamente l’assetto del palinsesto,
ma sono solo stati messi del paletti nel cosiddetto
“prime time”, la fascia serale che maggiormente attrae
ascolti ma anche la più battagliata di tutte. Nel resto
della giornata non è stato chiarito cosa andrà in onda
salvo il fatto che la colonna vertebrale del palinsesto
diurno è Deejay Chiama Italia, il programma condotto
da Linus e Nicola Savino.
Lunedì: BOATS, largo ai videomaker

Idea furba e sorniona: far lavorare il pubblico in cambio
di un po’ di celebrità. La nuova trasmissione del lunedì
sera si intitola BOATS, che non sta per “imbarcazioni”
in inglese ma per l’acronimo di Based On A True Story:
in pratica si tratta di un incrocio tra un contenitore
di documentari e un talent show per i videomaker. Il
creativi di tutta Italia saranno chiamati ad inviare i propri documentari: questi verrano resi disponibili prima
sulla piattaforma online DPlay, presentata oggi, e quelli
più cliccati verrano poi fatti vedere anche in TV, con la
mediazione di Pif, che proprio come videomaker indi-
torna al sommario
pendente ha iniziato. Significativa la presenza di Pif su
Deejay TV, dato che la sua casa abituale è stata per
anni MTV. Ma a MTV, come da indiscrezioni circolate in
questi giorni, c’è già aria di smantellamento, dato che
l’emittente al numero 8 passerà probabilmente a Sky.
E così Pif non ha perso tempo e dal canale al numero 8
si è spostato al 9: ben fatto.
Martedì: arriva la fiction con “Tut”
Il martedì sera sarà dedicato alla fiction con alcuni serial
in prima TV. Il primo grande annuncio è una serie in sei
puntate ispirata alle vicende del faraone Tutankamon:
tra i protagonisti spicca il premio Oscar Ben Kingsley.
Mercoledì: largo agli “Hotel da incubo”
Il format dei “da incubo”, evolve con un nuovo “factual”:
si tratta di Hotel da incubo, in versione italiana. Antonello Colonna, chef stellato e formatore per i professionisti della ristorazione e dell’ospitalità, girerà l’Italia
in lungo e in largo per “raddrizzare” hotel, pensioni e
bed&breakfast sull’orlo del tracollo finanziario. Secondo i curatori del programma, non si tratterà del solito
“makeover” ma il focus sarà proprio sui tanti consigli
utili che Colonna darà ai gestori per recuperare clientela e redditività.
Giovedì: Tutti nudi con Luxuria
Un format internazionale che, anche in versione tradotta, ha già riscosso un discreto successo è L’isola
di Adamo ed Eva, in cui due sconosciuti (ma ritenuti
compatibili dalla redazione) in cerca di una relazione
vengono scaricati su un’isola deserta; il particolare è
che per accelerare i tempi e renderli più televisivi i
due (o anche più) vengono lasciati sull’isola completamente nudi e nudi devono familiarizzare e convivere
(e magari finire per accoppiarsi). Il giovedì sera arriva su Deejay TV la versione italiana del programma,
condotta da Vladimir Luxuria, scelta interessante per
rappresentare, in un sol colpo, entrambe le metà che
compongono questo “dating show”.
Venerdì: un bel film e correre
La creatività dei canali Discovery viene un po’ meno il
venerdì, serata che è dedicata a un film. Non è certo
una novità ed è difficile che Deejay TV possa strappare a RAI e Mediaset grandi titoli. Già in lista Charlie’s
Angels, Terapia d’urto e Sette anni in Tibet. Ok, diciamo che arrivati al venerdì, prima del weekend, per
questo giro erano finite le idee.
Il Week end: si gioca (e ci sono gli alieni)
Il pezzo forte del week end, in onda sia di sabato
che di domenica in prima serata, è un game show:
si tratta di Trade Up, un format nato e diventato celebre in Israele, in cui due famiglie si batteranno attraverso un percorso di domande di cultura generale
per aggiudicarsi una nuova fiammante automobile e,
solo per i più bravi e coraggiosi, addirittura una costosissima fuoriserie. La versione italiana di Trade Up
sarà condotta da Federico Russo. ll sabato prosegue
con Alieni: nuove rivelazioni (non proprio una novità),
mentre la domenica sera è caratterizzata da una nuova produzione: si tratta di Trash or Treasure, un game
show in cui i concorrenti saranno chiamati a cercare di
stabilire il vero valore di alcuni oggetti, distinguendo
tra preziosi e cianfrusaglie: in pratica una specie di
OK, il prezzo è giusto ma con i ritmi e le “suspance”
della TV di oggi.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Il gruppo televisivo Discovery lancia la propria piattaforma di streaming
È nato DPlay: programmi in streaming HD
I programmi di Real Time, DMax, Deejay TV e K2 visibili gratis su web, smartphone e tablet
È
di Gianfranco GIARDINA
nata
DPlay, la piattaforma di
streaming del gruppo televisivo
Discovery. Si tratta di un servizio
totalmente gratuito e fruibile (categoricamente solo da IP Italiani) su PC, via browser, e piattaforme iOS e Android. I contenuti sono tratti dalla vastissima library dei
canali free del gruppo, come Real Time,
DMax, Focus e Giallo (tutti già presenti
ora) che nelle prossime settimane verranno affiancati anche dai programmi di
Deejay TV, K2 e Frisbee.
DPlay è già accessibile via Web sin da
subito a questo indirizzo: l’interfaccia
è facile e lineare, la fruizione immediata; meno immediata è la durata dei
“pre-roll”, ovverosia la pubblicità che precede il contenuto, attualmente fissata a
più di un minuto. La scelta – ci spiegano
da Discovery – non è definitiva, è solo
un esperimento che nasce dalla considerazione che i contenuti erogati sono
lunghi, spesso tra la mezz’ora e l’ora: il
quantitativo di pubblicità è perequato su
queste durate. Play è anche disponibile
per smartphone sugli store di Apple e
Google; la versione per tablet è attesa a
ore, ma in ogni caso è possibile usufruire
del servizio anche nel browser. La cosa
più interessante di DPlay è la qualità: se
la banda lo concede lo stream è in HD ed
è l’unica possibilità di vedere i canali free
del gruppo Discovery in questa qualità,
dato che sul digitale terrestre l’emissione
è solo in standard definition. Stranezze
Disponibili sul DTT
i nuovi canali
di Mediaset Premium
Ora l’offerta in HD
è più ampia per cinema
e calcio, spariscono
i canali Hot Time
di Roberto FAGGIANO
delle emittenti TV (e della scarsa pianificazione del mondo televisivo italiano): si
utilizza il canale broadcast per la qualità
peggiore e quello netcast per quella migliore. Alessandro Araimo di Discovery
ci chiarisce comunque: “Tutta la nostra
library è categoricamente in Full HD e,
dove c’è una connessione valida, sarà
questa la qualità che porteremo agli
utenti via DPlay”.
DPlay è intesa come un prodotto a se
stante, non come un’appendice dei canali televisivi: si arguisce anche dal logo
in cui non compare la scritta “Discovery”
e neppure i loghi dei canali. “Amplifica i
nostri contenuti – sottoliena Araimo - ma
deve avere anche una vita propria. Deve
sviluppare anche un mondo di contenuti
ed esperienze incrementali”. Per ottenere questo obiettivo su DPlay si vedranno
anche programmi originali “Già in questo
momento – ci spiega Araimo - sono presenti dei contenuti della nostra library
che non sono mai passati in TV.
Ma stiamo lavorando a specifici contenuti che verranno erogati solo su DPlay”.
Il riferimento è per esempio a Boats (Based On A True Story), il nuovo programma di Deejay Television che coinvolge i
videomaker nell’invio di documentari: tutti gireranno su DPlay, i migliori andranno
anche sul canale televisivo. Ma nel futuro
di DPlay ci sono anche contenuti “sponsorizzati”: si tratta di documentari su determinate realtà aziendali o addirittura dei
“brand channel” finanziati dagli investitori
pubblicitari. Discovery ha dimostrato nei
mesi scorsi, con alcuni programmi basati
su contenuti sponsorizzati, di essere capace di mantenere la barra della produzione su una rotta non eccessivamente
promozionale e anche interessante per
gli spettatori. Oltre a questi si sta studiando un nuovo format, pensato solo per
DPlay, impostato sui temi della comicità
italiana: alcuni “tutor” come Fabio Volo e
Geppy Cucciari saranno impegnati nello
stanare talenti comici in tutta Italia.
ENTERTAINMENT Amazon “accende” l’HDR in streaming, battutto sul tempo il rivale Netflix
Amazon lancia i primi contenuti video in HDR e 4K
Il servizio è dedicato agli abbonati Prime statunitensi. Si comincia con Mozart in the Jungle
A
di Poalo CENTOFANTI

mazon Instant Video è il primo
servizio di streaming a offrire contenuti in Ultra HD e HDR. L’azienda ha infatti annunciato che con l’arrivo
della serie originale Mozart in the Jungle
gli abbonati americani ad Amazon Prime
(che negli Stati Uniti include appunto
anche il servizio di streaming video),
potranno vedere gli episodi con video
in high dynamic range, a patto di possedere un TV compatibile si intende. Al
momento ciò equivale ad avere uno dei
torna al sommario
Nuovi canali
Premium: fuori
il porno, dentro
un po’ di HD
nuovi Samsung SUHD, gli
unici che a quanto pare per
ora hanno il supporto all’HDR
già attivo. Amazon Instant
Video offre in HDR anche il
primo episodio di Red Oaks,
altra serie originale Amazon,
mentre i film arriveranno più
in là nel corso dell’anno. Nessuna notizia invece per quanto riguarda la disponibilità anche all’estero dei primi contenuti HDR. Anche Netflix
ha annunciato che entro la fine dell’anno
offrirà contenuti in high dynamic range, a
cominciare dal suo Marco Polo, utilizzato
come demo al CES di Las Vegas.
Sono in onda i nuovi canali
Mediaset Premium, calcio e cinema hanno una più ampia offerta in
alta definizione mentre altri canali
hanno una nuova denominazione.
Nessuna notizia invece per l’offerta
commerciale, che partirà probabilmente dal primo luglio. Per quanto
riguarda il cinema arriva Premium
Cinema 2 HD, anche questo canale avrà la sua versione +24 che
ripropone la programmazione del
giorno precedente ma perde l’HD.
Il canale Mya ha ora la nuova denominazione Stories e propone le
serie sentimentali che dal mese
di settembre si arricchiranno di
nuovi titoli in esclusiva per l’Italia.
Premium Action e Premium Crime
sono ora in versione HD ed entrambe hanno il loro omologo +24
con la programmazione del giorno
precedente, sempre solo in definizione standard. Partirà invece dal
1° luglio il nuovo canale Premium
Sport (anche in versione HD), che
rimpiazza i canali Fox Sports che
dopo il 30 giugno diventano esclusiva Sky. Questo canale sarà dedicato alla Champions League e al
calcio in generale ma ci sarà posto
anche per gli altri sport con nove
notiziari e tre ore di rassegna stampa ogni giorno. Dalla programmazione Premium invece spariscono
i tre canali a luci rosse Hot Time
che evidentemente non hanno ottenuto il successo sperato. Inoltre,
ci sono stati piccoli cambiamenti
nella distribuzione dei canali sui
multiplex di Mediaset, in particolare è stato spostato il canale Rete
4 HD sulla frequenza 36. In ogni
caso sarà necessario risintonizzare
i televisori per riavere tutti i canali
nella giusta numerazione LCN.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Chili.tv e Samsung hanno siglato un accordo per portare in Italia contenuti 4K
Arrivano i primi 5 film UltraHD in italiano
Ma solo per chi acquista un TV Samsung
Fino al 31 luglio chi comprerà un TV Samsung avrà in omaggio cinque film in Ultra HD
P
di Roberto PEZZALI
er la prima volta in Italia e in anteprima su Samsung TV arriva in Italia
lo streaming di contenuti in formato
UltraHD. A partire da 22 giugno e fino al
31 luglio chi acquisterà un TV Samsung
serie JU e JS riceverà, inclusi nel prezzo, cinque film in formato 4K da vedere
su Chili. I film saranno “Transformers”,
“Transformers 3” e “Transformers - La
vendetta del caduto”, “Forrest Gump” e
“G.I. Joe - La vendetta. “CHILI da sempre
è attenta alle innovazioni del mercato e
siamo quindi molto orgogliosi di essere
i primi in Italia a proporre contenuti in
UHD, una tecnologia molto attesa da
tutti gli amanti di cinema”, dichiara Stefano Parisi, Presidente di CHILI. “Il nostro
obiettivo è quello di offrire agli utenti il
miglior servizio possibile sia in termini
di contenuti che di qualità tecnologica
e questo accordo con Samsung e Paramount Pictures, leader del mercato nei
rispettivi segmenti, ci dà la possibilità di
dimostrarlo ancora una volta”.
Questa esclusiva Samsung non vale per
nessun altro: i film in Ultra HD non saranno disponibili su Chili per l’acquisto trami-
te altre piattaforme TV (quindi LG, Sony,
Panasonic etc) e non saranno disponibili
neppure per coloro che hanno acquistato un TV Samsung ieri.
“Siamo molto contenti di poter offrire ai
consumatori un’esperienza unica grazie
a questa esclusiva collaborazione con
CHILI” - dichiara Marco Hannappel, Sales & Marketing Director Audio Video
Division di Samsung Electronics Italia. “Il
suo arrivo ci permette di arricchire ulteriormente l’offerta di contenuti e servizi
disponibili sull’ampia gamma TV, a conferma del costante impegno di Samsung
nel voler garantire alle persone un mondo di possibilità in continua crescita e
un’esperienza di intrattenimento sempre
più ricca e completa, in grado di incontrare i gusti e le necessità di tutti.”
I contenuti sono codificati in HEVC e
sono dotati di forensic watermarking: una
firma invisibile che rende possibile risalire direttamente all’eventuale utente che
li pirata rimettendoli in rete, anche in caso
di ripresa con telecamera. I contenuti non
sono scaricabili, per poterli vedere servirà una velocità di connessione Internet
pari o superiore a 8 Mbps.
Thomson: Quantum Dot e UltraHD a prezzo super
Pannello UltraHD e Quantum Dot non fanno salire troppo il prezzo, che si ferma a 1799 €
A
di Roberto PEZZALI

torna al sommario
È un cubo 10x10 cm
il nuovo picoproiettore
LG per l’uso in mobilità
o per l’ufficio
Può proiettare immagini
da 100” e la lampada
dura 30.000 ore
di Michele LEPORI
TV E VIDEO TCL lancia finalmente nel nostro Paese il TV Quantum Dot Thomson 55UA9806
rriva finalmente in Italia il
Thomson 55UA9806, presentato
allo scorso CES di Las Vegas e
prodotto da TCL. Non deve spaventare l’origine cinese: TCL è un colosso
nel mondo dei TV e produce pannelli
per tutti, ponendosi al top della produzione mondiale, e probabilmente è
questo il motivo che permette di vendere, ad un prezzo decisamente concorrenziale, un TV 4K dotato di filtro
Quantum Dot. Il 55UA9806, modello
unico, assomiglia più ad un TV europeo e il motivo è presto spiegato: la
matita che lo ha disegnato appartiene
al designer danese Flemming Møller
Pedersen, capo del design di TCL. La
Minibeam Nano
Il proiettore LG
che sta in tasca
stessa cura è riposta anche nell’audio: harman/
kardon ha progettato il sistema
audio integrato
nella cornice da
25 watt stereo,
con diffusori a
tre vie per ogni
canale.
Il pannello, prodotto in casa,
è un LCD Ultra HD Quantum Dot da
55” spinto da un processore quadcore che assicura anche la compatibilità
HEVC e la riproduzione di ogni tipo di
contenuto da USB o rete. Il televisore
55UA9806 sarà disponibile prossimamente al prezzo consigliato di 1799€,
e considerando il costo di altri modelli
Quantum Dot forse è il caso di darci
una occhiata da vicino.
La famiglia Minibeam di LG si
allarga con Nano, il più piccolo, leggero ed economico picoproiettore del gigante coreano:
a livello tecnico siamo di fronte
ad un proiettore con risoluzione
WVGA di 854x480 con luminosità di 100 ANSI lumen e contrasto
di 100.000:1; 270 grammi di peso
e 10cm per lato ne garantiscono
l’estrema portabilità mentre la
presa USB integrata e la compatibilità con il mirroring via Miracast
e Wi-Fi Direct con smartphone e
tablet ne garantiscono una fruizione allargata all’utenza più varia
e con le esigenze più diverse. La
batteria integrata da 3800 mAh
ne garantirà inoltre 2 ore di proiezione ininterrotta. LG annuncia un
ciclo vitale di 30.000 ore di uso:
10 anni al ritmo di 8 ore al giorno
proiettando sulla diagonale massima di 100” e con la funzione Auto
Keystone per regolare il perfetto
angolo di visione sempre attiva:
alla presentazione del Minibeam
Nano Lee In-kyu, il senior vice president della divisione monitor e TV
ha dichiarato come “Minibeam è
il perfetto compagno per coloro
in cerca di una soluzione votata
in primis alla mobilità”. Minibeam
Nano arriverà da giugno praticamente in tutti i mercati del mondo,
ma LG raccomanda di controllare il
loro sito per tempistiche più precise e per i prezzi aggiornati: in Italia
purtroppo sono sempre stati molto difficili da trovare.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
MERCATO In futuro useremo sempre meno la carta di credito fisica in favore di sistemi di pagamento più evoluti e pratici
Più NFC e meno plastica nel futuro di MasterCard
Dai nuovi wallet basati su HCE ai sistemi di pagamento Android Pay ed Apple Pay, anche con i dispositivi wearable
di Paolo CENTOFANTI
M
asterCard ha tenuto una presentazione dell’insieme delle tecnologie che sta portando
sul mercato e che presto faranno sì che il
gesto di estrarre dal portafoglio la carta di credito
diventi un ricordo. Alcune di queste sono già disponibili, come MasterPass, la soluzione per pagare
online su siti di e-commerce, sfruttando username
e password invece delle credenziali complete della
propria carta, altre arriveranno presto. Sono proprio
queste le più interessanti, che renderanno in realtà
quasi obsoleto il concetto stesso di carta di credito
come la intendiamo oggi, una tessera di plastica da
utilizzare ogni volta che si vuole effettuare un pagamento elettronico.
Di pagamenti via NFC ne parliamo da una vita, e se
le carte contactless ormai in Italia stanno raggiungendo una diffusione capillare (sia in termini di carte
nelle mani dei consumatori che di POS abilitati), utilizzare ad esempio il proprio smartphone NFC per
pagare non è ancora così facile. Fino ad oggi occorrevano tre cose: un telefono compatibile, una SIM
NFC di un operatore telefonico e una carta di credito abilitata ai pagamenti NFC. Questo schema sta
per venire scardinato, come ci ha raccontato Chris
Kangas, Head of Contactless Payments per l’Europa
di MasterCard, grazie da una parte alle nuove soluzioni cloud dell’azienda, dall’altra all’arrivo di player
come Android Pay, Apple Pay e Samsung Pay.

La side qui sopra descrive i tre approcci ai pagamenti via NFC tramite lo smartphone. Il metodo
che è stato fin qui utilizzato in Italia è soprattutto
quello che utilizza il chip della SIM per memorizzare
le credenziali della nostra carta di credito in forma
opportunamente protetta da possibili “attacchi”. Ci
sono però altre due soluzioni possibili. Apple Pay e
Samsung Pay, utilizzano un’area sicura direttamente
integrata in hardware nel dispositivo, per memorizzare un token, un codice che abbina il dispositivo
alle credenziali della propria carta. I dati della carta
non sono memorizzati sul dispositivo e non vengono
comunicati durante la transazione NFC al momento
dell’acquisto, solo il “gettone”. In caso di compro-
torna al sommario
missione del token, questo è inutilizzabile senza il
dispositivo che l’ha generato. Se è lo smartphone a
venire perso, il token viene annullato senza compromettere il numero della carta.
Android Pay e i futuri digital wallet sfrutteranno
sempre il sistema dei token ma tramite il cosiddetto
HCE (Host Card Emulation), quale appunto la nuova
soluzione cloud di MasterCard. In questo schema
le credenziali della carta non sono memorizzate sul
dispositivo, ma su un server remoto sicuro dell’istituto di carta di credito, che rilascerà alle applicazioni delle chiavi usa e getta per effettuare gli acquisti
via NFC o altri servizi abilitati (app, siti web a cui
si accede da mobile e così via). L’unico limite di
questo sistema, se così vogliamo chiamarlo, è che
lo smartphone deve essere comunque connesso a
una rete: se siamo ad esempio all’estero con connessione dati disattivata, esaurito il set di chiavi
valide ospitate sul dispositivo, ci è stato spiegato
che il sistema dovrà scaricarne di nuove per poter
effettuare altri acquisti.
Attualmente Android Pay o Apple Pay utilizzano un
lettore di impronte digitali per abilitare il pagamento,
ma per il futuro MasterCard sta esplorando anche
altre possibilità di riconoscimento biometrico. Una
possibile soluzione che MasterCard ci ha presentato, ad esempio, è la lettura di una frase visualizzata
sul display dello smartphone che identifica l’utente
tramite il riconoscimento vocale.
Un’altra possibilità è il riconoscimento del volto tramite la fotocamera frontale dello smartphone e queste e altre tecnologie possono venire combinate per
aumentare la sicurezza. Il futuro a cui stiamo andando incontro, in ogni caso, va oltre anche il concetto
di pagamento contactless. MasterCard ha mostrato
uno scenario in cui una soluzione come MasterPass
può essere utilizzata per effettuare acquisti nei negozi fisici prima ancora di entrarci: immaginate di
avere sete e visualizzare una lista di negozi vicini
sul proprio smart watch, quindi di selezionare una
bibita, pagarla con un tocco dall’orologio, entrare
nel negozio, prendere da bere e mostrare solo la
ricevuta sullo smartphone prima di uscire. La tecnologia per farlo ormai c’è.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
MERCATO Amazon ha accorciato i tempi di consegna di Prime a un giorno, ma costa il doppio
Amazon
Prime
consegna
in
24h
ma
aumenta
Il servizio ha un costo di 19 euro, al momento la consegna veloce è attiva in 6000 comuni
C
di Roberto PEZZALI
hi ha sottoscritto il servizio
Amazon Prime ora ha a disposizione una consegna decisamente più celere: i prodotti ordinati che
partecipano al programma Prime, oltre
un milione, verranno consegnati in un
solo giorno lavorativo.
In una prima fase il servizio “rapido”
sarà disponibile in 6000 comuni, ma
nei prossimi mesi verrà esteso a tutta
la penisola. Negli altri casi, comunque,
resterà disponibile la spedizione gratis
in 2-3 giorni.
“Dal lancio di Amazon.it abbiamo spedito milioni di prodotti con la consegna
in 2-3 giorni ai nostri iscritti a Prime
in Italia. La risposta è stata incredibilmente positiva, infatti il numero di abbonati è quasi raddoppiato nel corso
del 2014. A partire da oggi la nostra
consegna diventa ancora più veloce
e comoda con la spedizione 1 Giorno,
disponibile per oltre un milione dei nostri prodotti più venduti”, ha affermato
Xavier Garambois, Vice President Retail di Amazon Europa. “Continuiamo a
innovare per i nostri clienti, per aiutarli
a risparmiare tempo e denaro”.
Questo vantaggio comunque si pagherà: il servizio Prime infatti da 9,9
€ all’anno passa a 19,99€, anche se
gli iscritti pagheranno il nuovo prezzo
di rinnovo solo dal 2016. Chi si iscrive oggi, invece, dovrà pagare subito 19 euro.
Consegna veloce ma prezzo più alto:
chi usa Amazon in ogni caso sa che qui
10 euro in più sono soldi ben spesi.
MERCATO Ennesima puntata del giallo intitolato “Aggiornamento a Win10: gratis o no?”
Windows 10 gratis per chi resta “Insider”
I TV Toshiba
tornano
in Europa, di
giapponese c’è
solo il marchio
II TV Toshiba tornano in Europa,
ma a produrli non sarà Toshiba:
l’azienda infatti ha sospeso la
produzione di TV in Europa e negli
Stati Uniti e ha ceduto il marchio.
Compal Electronics, azienda di
Taiwan che ha già rilevato il brand
TV di Toshiba per gli States, ha
raggiunto un accordo con Toshiba
per creare una nuova struttura per
la realizzazione e la vendita di TV
LCD a marchio Toshiba in Europa e
in Italia. L’accordo sarà firmato tra
le due parti il primo di luglio, con
la produzione di TV che arriverà
quindi entro le festività natalizie.
Difficile capire come saranno
venduti questi nuovi TV Toshiba:
probabile si punti sul piccolo
taglio e sul prezzo abbordabile
con esposizione nei supermercati,
dove il brand giapponese potrebbe
attrarre più clienti di un marchio
sconosciuto. Poco importa: di
Toshiba in questi TV ci sarà solo il
marchio: tutto il resto, dalla tecnologia al design, è roba passata.
Il nuovo sistema operativo Microsoft sarà gratis per chi ha la licenza di Win7 o Win8.1
Tutti gli “Insider” potranno continuare a utilizzarlo solo se rimangono nel programma
di Emanuele VILLA
ra annunci, smentite e notizie che
si contraddicono, non c’è dubbio
che il discorso dell’aggiornamento
gratuito a Windows 10 abbia causato
non poca confusione, costringendo Microsoft a diversi interventi ufficiali.
Finalmente abbiamo la possibilità di
estendere e, al tempo stesso, mettere
la parola fine alla questione: il principio
resta immutato, ovvero solo i possessori di una regolare licenza di Windows
7 o Windows 8.1 otterranno l’analoga
licenza di Windows 10 e potranno aggiornare senza problemi. L’aggiornamento gratuito sarà invece precluso a
chi non possiede una regolare licenza
dei due sistemi operativi precedenti.
Il caso particolare riguarda gli Insider,
ovvero tutti coloro che hanno partecipato (e partecipano) al programma di
testing del prodotto. Chi, di questi, ha
installato da zero una copia di Windows
10 potrà sì continuare a usarla gratui-

T
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MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago,
Alessandra Lojacono, Simona Zucca
tamente, ma solo se rimarrà all’interno
del programma Insider e quindi se continuerà a ricevere le versioni preliminari
di tutti i vari aggiornamenti (col rischio
di incappare in bug di ogni genere e
natura). Uscendo dal programma Insider, l’utente dovrà tornare a Windows
7 o Windows 8.1 (con regolare licenza)
per ottenere una copia definitiva e regolare di Windows 10. Caso particolare
riguarda tutti coloro che hanno installato Windows 10 su una macchina virtuale: il sistema principale (sul quale è
presente Win7 o Win 8.1) potrà passare
regolarmente a Windows 10, mentre la
macchina virtuale resterà “lecitamente” su Windows 10 solo rimanendo nel
programma Insider, ovvero ottenendo
gradualmente gli aggiornamenti e inviando i dati relativi all’utilizzo.
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
MOBILE Da come digitare un numero rapidamente a come scattare selfie senza toccare il telefono, ecco il lato nascosto dell’iPhone
10 trucchi del tuo iPhone che forse non conosci
iOS è pieno di diversi accorgimenti che possono semplificare la vita. Ne abbiamo raccolti alcuni davvero interessanti
di Roberto PEZZALI
utti i sistemi operativi sono pieni di trucchetti e
piccole soluzioni che rendono decisamente più
semplice l’utilizzo. Iniziamo così questa carrellata
di “trucchi” con quello che è probabilmente lo smartphone più amato in Italia, l’iPhone. Alcuni non sono
certo nuovi, ma siamo abbastanza sicuri che anche chi
vive con lo smartphone come appendice del proprio
braccio ne ignora almeno la metà. Come lo sappiamo?
Beh, alcuni non li conoscevamo neppure noi.
T
Trucco 1: come digitare un numero
rapidamente
Inserire numeri e simboli con la tastiera dell’iPhone
a volte può essere una vera scocciatura, soprattutto
all’interno di un testo. La soluzione c’è: al posto di premere i tasti “123” per passare alla tastiera con numeri
e simboli basta appoggiare il dito su “123” e trascinarlo sul simbolo o il numero scelto. Dopo averlo inserito
la tastiera tornerà in modalità alfabeto.
Trucco 3: come tornare in cima
rapidamente
può così far lampeggiare il flash LED all’arrivo di un
SMS o di una chiamata. Utile per chi tiene sempre il
telefono silenziato e vuole anche un avviso visivo.
Su iOS esiste una scorciatoia per tornare rapidamente in cima alle lunghissime liste: se state scorrendo
un elenco infinito di mail o di contatti basta un veloce
tap in prossimità della barra di stato, quella con l’ora
per intenderci, e in un instante la lista sarà tornata al
primo elemento. Veloce ed efficace.
Trucco 4: come attivare
un comodo zoom
Trucco 2: come recuperare qualcosa
cancellato per sbaglio
Può capitare, nelle note e nella composizione di
messaggi, di cancellare inavvertitamente un testo o
un numero che invece serviva. Windows ha la classica funzione “undo”, ma l’iPhone? La funzione esiste
anche qui e per attivarla non bisogna fare altro che
scuotere il telefono per far apparire il ripristino: provare per credere!
Nel menù di controllo “Accessibilità” destinato a chi
ha problemi a interfacciarsi con la visualizzazione
standard di iOS esistono un paio di funzioni interessanti. Una di queste è la voce “Abbreviazioni accessibilità”, che permette di associare una funzione al triplo
click del tasto home. In questo modo si può attivare
un popup di “zoom”, utile per chi fa fatica a leggere i
caratteri piccoli e i numeri di telefono.
Trucco 6: come nascondere le foto
indesiderate
Volete scorrere le vostre foto con gli amici ma non
volete che qualcuno dei vostri video o delle vostre
foto sia visibile? Basta tenere premuto sulla foto per
scegliere di nasconderla, almeno nella vista “momenti” e “anni”. Attenzione, però, che nella vista “rullino
foto” resterà comunque visibile.
Trucco 5: come attivare le notifiche LED
Sempre nel menù Accessibilità, raggiungibile sotto
“impostazioni / generale / accessibilità”, è possibile
attivare le notifiche visuali. Insieme alla vibrazione si

segue a pagina 14 
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Un progetto di Indiegogo mira a rivoluzionare il segmento dei caschi per motociclisti al servizio della sicurezza
Tra radar, GPS e display, questo è il casco più hi-tech di sempre
Un casco con due videocamere, due HUD, sensore di prossimità LiDAR e pannello fotovoltaico. Arriverà a fine anno
L
di Emanuele VILLA
a tecnologia applicata al mondo dei
caschi per motociclisti sta facendo
passi da gigante. Ma in questo caso
andiamo decisamente oltre: questo prototipo di Intelligent Cranium’s (iC-R) sembra più uscito da un film di fantascienza
tipo Tron che da un comune progetto di
Indiegogo. Progetto che è stato appena
lanciato e che richiede ben 300.000
dollari US per entrare nella fase successiva, quella della progettazione finale e
della produzione. Se riuscirà a ottenere il
cospicuo finanziamento, l’azienda offrirà
ai motociclisti una piccola perla tecnologica al servizio della sicurezza e delle
funzionalità: stiamo parlando di un casco
con doppia videocamera posteriore e
annesso doppio HUD integrato, uno dei
quali offrirà la visuale posteriore, quella
ottenuta dalle due videocamere che insieme raggiungono i 210° di angolo visuale. Lo scopo principale è quello di far sì
che il guidatore non debba mai muovere
la testa per compensare eventuali punti
ciechi: in quest’ambito, la concorrenza
arriva a 180°. Ovviamente non è tutto: il
secondo HUD, posizionato di default a
destra, può essere invece personalizzato
con informazioni provenienti da uno dei
diversi sensori presenti. Il casco contiene
un sensore GPS molto preciso, ma al di là
delle rilevazioni di base, l’azienda punta
a distribuire l’SDK per permettere a tutti
gli sviluppatori di scrivere la propria applicazione e, di conseguenza, personalizzare il dispositivo. Sempre l’HUD può
poi mostrare un’infinità di informazioni
provenienti dallo smartphone, considerando che iC-R è dotato di connettività
Bluetooth e può quindi “dialogare” con
le app del telefono e ricevere/fare telefo-
nate. Ma c’è anche dell’altro: oltre alla visione posteriore a 210°, l’azienda punta a
inserire un vero e proprio sensore LiDAR,
tecnica di telerilevamento che rileva la
distanza degli oggetti utilizzando un impulso laser. In questo modo il pilota viene
avvisato con anticipo se qualche auto
dietro di lui sta arrivando a una velocità
un po’ troppo sostenuta e se c’è un concreto rischio di tamponamento. In realtà
potrebbero anche bastare le videocamere posteriori, ma gli ideatori del progetto
hanno pensato alle situazioni notturne: in
questo caso, una tecnica di rilevazione
della distanza basata su laser è una manna. Con tutta questa tecnologia a bordo,
si pone senz’altro un problema di consumo e, ovviamente, di costi: il primo viene
risolto sommando due elementi, ovvero
la classica batteria ricaricabile - per la
quale si punta alle 8 ore di autonomia
- con un piccolo pannello fotovoltaico
posizionato sopra il casco, che lungi da
fungere da unico sistema di alimentazione, potrà dare una mano alla batteria
durante il giorno. Il discorso prezzo è tutto da definire, poiché siamo ovviamente
lontani dal momento della commercializzazione (prevista al momento per dicembre 2015): se le promesse verranno
mantenute, e una volta ottenuta l’omologazione e tutte le certificazioni del caso,
iC-R verrà proposto a 1.399 dollari americani, con una probabile conversione 1:1 in
euro. Ma per quello c’è tempo...
MOBILE
10 trucchi dell’iPhone
segue Da pagina 13 
Trucco 7: come cambiare la direzione
della foto panoramica
L’applicazione “Foto” permette lo scatto di fotografie
panoramiche seguendo la freccia che appare sullo
schermo, normalmente da sinistra verso destra. Cliccando sulla freccia è possibile cambiare il verso di
cattura, non più da sinistra verso destra ma da destra
verso sinistra.
Trucco 8: come risparmiare batteria
disattivando il contapassi
si può usare il tasto del volume come tasto di scatto
remoto, per selfie o autoscatti.
Il contapassi in iOS 8 è sempre attivo (alimenta, tra gli
altri i dati consultabili nell’app Salute), ma è una funzione che davvero poche persone usano. Nel menù
“privacy / movimento e fitness” si può disattivare il
contapassi risparmiando così un po’ di batteria.
Trucco 10: come controllare le app
che consumano più dati
Trucco 9: come scattare foto e selfie
a distanza senza toccare il telefono

Con l’applicazione “Foto” aperta è possibile scattare
una foto utilizzando il tasto “volume su”. La cosa vale
anche se sono collegati auricolari a filo o Bluetooth:
torna al sommario
Se il piano dati da 2 GB non basta per arrivare a fine
mese e volete controllare quali sono le app che hanno consumato di più basta andare, il primo giorno del
mese, sotto “impostazione/cellulare” e scorrere fino
in fondo per azzerare le statistiche. Alla fine del periodo da controllare, nello stesso menù, sarà presente
sotto a ogni applicazione il valore in MB o GB di dati
consumati esclusivamente in modalità 3G o LTE.
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29 GIUGNO 2015
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MOBILE Google X, la divisione più sperimentale di Mountain View annuncia un nuovo smartwatch
Il nuovo smartwatch Google è tutta salute
Non compete con Apple Watch ma con HealthKit: obiettivo tenere sotto controllo la salute
N
di Michele LEPORI
el mercato degli smartwatch,
Google potrebbe aver tirato
fuori il classico coniglio dal
cilindro: dalle pagine di Bloomberg
apprendiamo infatti che tramite i laboratori Google X, Mountain View ha
presentato un nuovo tipo di dispositivo indossabile che non vuole muovere l’ennesima guerra ad Apple, Fitbit,
Jawbone e tutto il mercato Wearable
bensì punta dritto al settore medico,
proponendosi come la soluzione migliore per il monitoraggio delle condizioni di salute dei pazienti. Una scelta
che mette nel mirino HealthKit, il framework di Cupertino presentato alla
WWDC ’14 e che non sarà più monopolista del settore.
“Il nostro scopo è far si che questo
dispositivo diventi utile per pazienti
e medici; non sarà commercializzato
come gadget consumer”, così il responsabile del team Life Science di
Google Andy Conrad. Alla presenta-
MOBILE
Pronti per
il prossimo
Moto G?

Siamo alle solite: l’ennesimo rumor
della Rete stavolta è tutto per Motorola e per la nuova incarnazione di
Moto G. Stando alle voci, il 2015 di
Motorola porterà uno smartphone da
5” a 720p di risoluzione con processore SnapDragon 401, 16 GB di RAM
e 8 GB di archiviazione locale. Il salto
di qualità dovrebbe riguardare senza
dubbio le fotocamere, che raggiungeranno quota 13 Megapixel per quella
principale e 3 per la frontale: un balzo
rispettivamente di 5 e 1 rispetto al
modello attuale. La batteria dovrebbe
essere un 2.300 mAh a sostegno del
grande display. L’unica foto che è
emersa mostra una scocca posteriore
generica da cui è difficile notare
dettagli di particolare rilevanza, e l’impressione è che toccherà aspettare
l’autunno per avere qualcosa di concreto di cui parlare: non dovrebbero
esserci novità sul fronte prezzi, il vero
punto di forza di Moto G finora.
torna al sommario
OnePlus 2
è quasi pronto
con il nuovo
Snapdragon 810
che scalda meno
OnePlus 2 utilizzerà
lo Snapdragon 810:
secondo l’azienda
i problemi termici sono
stati risolti, ma è più
probabile che abbiano
comprato il processore
“in saldo”
di Roberto PEZZALI
zione ha parlato anche Kara Dennis
di Medidata, l’azienda che analizzerà
i risultati raccolti sottolineando come
“… da tempo il settore era alla ricerca
di qualcosa che permettesse il tracciamento dei progressi nelle cure anche fuori dall’ambito ospedaliero, e
ora è finalmente possibile”.
Google lavorerà a stretto contatto
con aziende farmaceutiche e istituti di
ricerca americani ed europei per far si
che tutti i progetti di Google X possano passare dai laboratori di sviluppo a
quelli di ricerca e alcuni progetti come
la lente a contatto in grado di leggere
il livello di zuccheri nel sangue per i
diabetici verrà presto commercializzato dalla svizzera Novartis.
MOBILE Sembra risolto il problema della tastiera SwiftKey
Samsung tappa il buco dei Galaxy
A breve la patch sugli smartphone
di Roberto PEZZALI
Samsung ha chiuso la falla alla tastiera SwiftKey che rendeva vulnerabili oltre 600
milioni di smartphone Galaxy. A breve, infatti, sarà rilasciata una patch di sicurezza che andrà a risolvere il problema, anche se questa patch la riceveranno solo
coloro che hanno Knox attivato sul proprio smartphone con l’opzione “Security Policy Update” attivata. Samsung rilascerà anche un correttivo tramite firmware per
i dispositivi senza Knox, tuttavia in questo caso il rilascio sarà molto lento per le
problematiche legate proprio alla frammentazione di Android e alla gestione delle
ROM da parte dei vari operatori locali. Samsung comunque minimizza il problema: il
bug scoperto da NowSecure esiste ma per funzionare è necessario che il malintenzionato si trovi sulla stessa rete wireless del telefono da “bucare”, cosa difficile ma
non impossibile. Inoltre, con Knox attivato, per un’applicazione è quasi impossibile
far girare il codice malevolo a basso livello. Samsung ha tuttavia preso molto a cuore la vicenda, soprattutto ora che l’exploit è pubblico e sfruttabile da chiunque: nei
prossimi giorni per moltissimi utenti la cosa sarà così risolta. L’azienda chiarisce anche che solo la versione integrata di
default di SwiftKey è vulnerabile (non
l’app standalone): per un suo errore
infatti la tastiera è dotata di privilegi
di accesso troppo elevati per un elemento che è comunque accessorio, e
la cosa è già stata corretta anche per
tutte le prossime release software.
Il prossimo modello di smartphone
OnePlus, One Plus 2, avrà a bordo
un processore Snapdragon 810. La
notizia, ufficiale, l’ha data l’azienda
stessa che ha affermato di aver risolto i problemi termici che hanno
creato non pochi problemi a Qualcomm e alle aziende che hanno
adottato lo stesso processore.
OnePlus userà la versione 2.1 del
SoC, ma anche questa a quanto
pare non è del tutto immune dalle
problematiche di surriscaldamento
che obbligano ad abbassare la frequenza operativa penalizzando le
prestazioni. Senza avere lo smartphone in mano è difficile capire in
che modo i creativi cinesi abbiano
aggirato un problema che ormai è
risaputo, ma crediamo che alla fine
anche loro abbiano deciso di sacrificare le performance. La scelta
di continuare con lo Snapdragon
810 non è così insensata: OnePlus
intende vendere il nuovo modello
allo stesso prezzo del precedente,
quindi 299$ o 349$ a seconda
della versione, ed è probabile che
Qualcomm abbia fatto un prezzo
di favore per liberarsi di un po’
di Snapdragon calienti. Inoltre, è
sempre bene ricordarlo (anche a
Capitan Uncino), uno Snapdragon
810 con frequenza ridotta è un
prodotto di ben altro livello rispetto al miglior Mediatek.
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
MOBILE Da agosto sarà disponibile con il nuovo sistema operativo Microsoft preinstallato
Il primo tablet HP basato su Windows 10
HP Pro Tablet 608, pensato per un’utenza business, ha caratteristiche di primo piano
di Emanuele VILLA
P presenta il suo primo tablet
business basato su Windows 10,
il modello Pro Tablet 608. Il nuovo modello, disponibile a partire da luglio con Windows 8.1 e da agosto con
Windows 10 preinstallato, è chiaramente
dedicato a un’utenza business e offre
caratteristiche tecniche di alto profilo.
La destinazione business emerge sia
dallo chassis particolarmente resistente, sia dalle specifiche tecniche: oltre a
Windows 10, che porta con sé Cortana,
Office e tutte le funzionalità ad hoc del
sistema operativo, Pro Tablet 608 pesa
0,45 kg e ha un display da 8’’ con risoluzione di 2048 x 1536 (4:3), Gorilla Glass 4
e uno chassis rinforzato in metallo, connettività Wi-Fi ac/b/g/n e una gamma di
reti WWAN 3G o 4G opzionali. Tra le altre
caratteristiche meritevoli di considera-
H
Figuraccia
per Rocksteady
Batman: Arkham Knight
ritirato dal mercato
per gravi problemi
di prestazioni su PC
di Paolo CENTOFANTI
zione troviamo una doppia fotocamera,
anteriore da 2 Mpixel e posteriore da 8
Mpixel e come processore un Intel Atom
Quad Core Z8500, con 4 GB di memoria ed eMMc di archiviazione da 128 GB;
inoltre, HP pone molto l’accento sul fatto
che il Pro Tablet 608 è il primo tablet HP
a integrare una porta USB Type C. Un
prodotto davvero interessante per tutti
i professionisti che cercano caratteristiche avanzate e, ovviamente, durata nel
tempo: ancora non è stato annunciato il
prezzo di listino, che si preannuncia non
dei più contenuti.
GAMING A partire dal 15 luglio sarà disponibile in Europa un nuovo modello di console next-gen
Arriva una nuova PS4, più leggera e consuma meno
Il design resterà invariato, ma ci sarà una riduzione nei consumi e soprattutto nel peso
S
di Roberto PEZZALI

ony ha annunciato il lancio di un nuovo modello di
PlayStation 4 che sarà venduto
a partire da fine giugno inizialmente in
Giappone e poi in Europa dal 15 luglio.
La nuova versione, siglata CUH-1200,
rientra nel classico processo di rinnovamento dell’hardware che accompagna i prodotti dotati di un ciclo di vita
abbastanza lungo. Sony non ha messo mano al design che resta sostanzialmente identico, ma ha apportato
solo una piccola modifica alla finitura
del cassetto dell’hard disk che è ora
opaco: secondo Sony questo dettaglio conferisce alla console un look
più “casual”, secondo il nostro parere
sarà utile distinguere i modelli vecchi
in commercio da quelli nuovi.
Sony ha ovviamente migliorato il processo produttivo: il peso della nuova
PlayStation4, infatti, scende del 10%
rispetto al modello attuale grazie probabilmente a un nuovo trasformatore
più leggero, e allo stesso tempo scendono dell’8% anche i consumi. Piccole
torna al sommario
Il nuovo Batman
su PC
è un disastro
Warner lo ritira
novità che fanno piacere, anche se
difficilmente Sony ha cambiato il processore AMD all’interno: il passaggio
infatti a un’architettura a 20 nm o inferiore avrebbe avuto un impatto ben
più grande sui consumi. Progressivamente i bundle e le console in circolazione saranno sostituite dalla nuova
versione, incluso quindi anche il bundle con hard disk da 1 TB. Si spera che
con la nuova release hardware Sony
abbia trovato anche il modo di rendere la PlayStation4 un po’ più silen-
ziosa, e che i miglioramenti in ambito
produttivo permettano, a breve, un
aggiustamento del prezzo.
Cosa c’è di peggio per un publisher di una recensione negativa su uno dei titoli più attesi
dell’anno? Dover ritirare un prodotto dopo le grida di delusione
dei fan. È quello che è successo
a Warner e Rocksteady con Batman: Arkham Knight, l’episodio
conclusivo della saga videoludica
del Cavaliere Oscuro iniziata con
Arkham Asylum. Il gioco su console ha ricevuto recensioni entusiastiche praticamente all’unanimità,
ma la versione per PC ha subito
suscitato perplessità tra i videogiocatori, che si sono dovuti scontrare con bug e prestazioni grafiche
che definire sotto le aspettative
è riduttivo, considerando cali di
frame rate consistenti anche sulle
schede grafiche top di gamma. E
così Warner Bros. Interactive Entertainment ha dovuto scusarsi e
sospendere la vendita del gioco
per PC, che è stato ritirato sia dai
negozi che dagli store online e
piattaforme come Steam. Nonostante anche Rocksteady abbia
fatto il suo mea culpa, in realtà la
responsabilità del flop sarebbe da
ricondurre allo studio esterno che
si è occupato del porting da console a PC, Iron Galaxy, già autore
della non esaltante versione per
PC di Batman: Arkham Origins. Al
di là della brutta figura, viene da
chiedersi come è possibile che
un prodotto con questi problemi
sia arrivato nelle mani degli utenti e se mai il porting potrà venire
“raddrizzato”. Questo episodio si
inserisce in una serie di “fail” che
sta cominciando ad allungarsi in
modo preoccupante: nel mondo
dei videogiochi le patch “da giorno 1” stanno diventando purtroppo sempre più frequenti...
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29 GIUGNO 2015
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GAMING All’edizione 2015 dell’E3 è mancato il “botto” ma non sono mancate le sorprese; i gamer possono stare tranquilli
Cala il sipario sull’E3: ecco i migliori videogiochi
Anche quest’anno l’E3 di Los Angeles si è rivelato un grande show dove tutti i big del settore hanno sfoderato le loro armi
C
di Vittorio Romano BARASSI
ome ogni anno l’E3 di Los Angeles ha saputo offrire agli appassionati la giusta dose di sorprese
e di spettacolo. Dopo aver visto tutti i principali
protagonisti del mercato “sfidarsi” a suon di conferenze, possiamo finalmente fare il punto della situazione
e provare a tirare le somme su una fiera che anche in
questa edizione si è dimostrata piuttosto equilibrata e
dalla quale non emergono veri e propri vincitori.
Microsoft e Sony hanno offerto il maggior spettacolo,
rispondendo colpo su colpo ed esclusiva dopo esclusiva alle rispettive proposte; ci saremmo certamente
aspettati di più da Nintendo, il cui E3 2015 senza botti
è chiaro indice del momento di difficoltà che l’azienda
- comunque in debole ripresa - sta affrontando. Abbiamo provato a stilare qualche mini classifica sulla
base di quanto visto nelle varie conferenze, cercando di tenere fuori i soliti titoli più “commerciali” e gli
sportivi, i quali ogni anno si danno battaglia su ogni
piattaforma.
Top 5 Xbox One - Tanta carne al fuoco
Abbiamo già riservato un articolo dedicato ai 10 titoli
più “importanti” che si vedranno su Xbox One nei
prossimi 12 mesi; in questa sede proveremo a tracciare una piccola classifica con le nostre preferenze.
1) ReCore
Il gradino più alto del podio spetta di diritto a ReCore
nuovo IP ideato da Keiji Inafune e dagli autori di Metroid Prime che con il trailer di presentazione ha lasciato tutti di sasso. Da quello che è possibile vedere
e da quanto detto si preannuncia come un’avventura fantastica il cui protagonista sarà uno degli ultimi
esseri umani ancora in vita sul pianeta, spalleggiato
da qualche robot, che si ritroverà ad affrontare un
mondo pieno di insidie. I presupposti sono ottimi,
l’originalità c’è e lo stile pare unico. Non ci resta che
sperare che non sia tutta un’illusione.
ReCore - E3 Trailer - Uscita: primavera 2016
2) Halo 5 Guardians
Halo non ha bisogno di introduzioni. Siamo giunti
al quinto capitolo e questo sarà certamente il titolo
di punta con cui Microsoft intenderà puntare forte
dal Black Friday e per tutto il periodo natalizio. Halo
5 avrà un single player più intenso che mai e una
componente multiplayer di rilievo, pronta a garantire
migliaia di ore di gioco agli appassionati di FPS.
Halo 5 - Xbox E3 Briefing - Uscita: 27 ottobre
3) Rise of the Tomb Raider
Sarà un’esclusiva di Xbox One il nuovo ritorno di
Tomb Raider. Lara Croft è pronta a intraprendere
una nuova avventura e da quello che si può vedere
dal trailer di presentazione il titolo si configura ancor
di più come l’anti-Uncharted, etichetta già spesso
associata al precedente capitolo della saga. A molti
Tomb Raider piace così; ma come la prenderanno i
più vecchi affezionati della saga?
Rise of Tomb Raider - E3 - Uscita: 10 novembre
4) Ashen
Altro annuncio a sorpresa di questo E3 2015 è stato
quello di Ashen, action RPG indie in cui il protagonista è un vagabondo in cerca di un posto in cui vivere
su un pianeta contraddistinto dalla sola luce delle
eruzioni vulcaniche, la cui cenere oscura completamente il sole.
Mistero fitto sulle meccaniche, ma sarà un qualcosa di nuovo e per questo merita il posto in questa
classifica.
Ashen Announce Trailer - Uscita: TBA
5) Forza Motorsport 6
Con i vari Assetto Corsa e Project Cars scesi in
campo a dar battaglia, non vediamo davvero l’ora
di scoprire cosa i creatori di Forza Motorsport si saranno inventati per rendere sempre più realistico un
titolo già tutt’altro che arcade. Probabilmente anche
il sesto capitolo non sarà una simulazione pura, ma
siamo certi che il realismo crescerà in maniera significativa e che il multiplayer sarà incredibilmente “corposo”. Così come il parco macchine, il cui numero
sale a 450.
Forza Motorsport 6 Trailer - Uscita: 16 settembre
Top 5 PlayStation 4 - Quante belle
sorprese!
Per molti Sony è stata la mattatrice della manifestazione e anche i più critici sostenitori di Xbox si sono
trovati d’accordo nell’affermare come il colosso
giapponese quest’anno sia almeno riuscito a non sfigurare nel diretto confronto con Microsoft. Il merito,
ovviamente, è delle esclusive e di qualche gradita
sorpresa.
1) The Last Guardian
Dopo anni di attesa, il seguito di Ico e Shadow of
The Colossus pare finalmente pronto a sbarcare in
esclusiva assoluta sull’ultima console Sony. Poco
si sa sulla trama del titolo, ma il gioco partirà con
un bambino che cerca di scappare da una sorta di
gigantesco castello, aiutato da un’enorme creatura
fantastica. Ma sarà solo l’inizio: l’avventura si preannuncia epica.
The Last Guardian Trailer - Uscita: 2016
2) Final Fantasy VII
Anche in questo caso, applausi a scena aperta. Per
anni i fan della saga di Final Fantasy hanno chiesto
un remake del settimo capitolo (il più bello in senso
assoluto) e Square Enix non si è lasciata scappare
questa occasione: nel 2016 arriverà Final Fantasy
VII, remake “di lusso” del GDR pubblicato nel 1997 e

segue a pagina 18 
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n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
GAMING
I migliori videogiochi presentati all’E3
segue Da pagina 17 
ancora punto di riferimento indelebile nelle memorie
degli appassionati - non più giovanissimi - del genere.
Final Fantasy VII Trailer- Uscita: 2016
3) Uncharted 4: A Thief’s End
Nathan Drake è pronto per una nuova avventura.
Avevamo visto un trailer di Uncharted 4 già diverso
tempo prima dell’E3 ma la demo mostrata nel corso
della conferenza Sony ha fatto guadagnare a Drake
un posto più che legittimo in questa speciale classifica dedicata alla PS4. Nel trailer si vede il protagonista
distruggere “con stile” un piccolo paese cercando di
scappare dai suoi inseguitori; chi ha giocato ai precedenti episodi avrà già l’acquolina in bocca. E forse è
giunta l’ora di acquistare una Playstation 4...
Uncharted 4: A Thief’s End - Uscita: 2016
4) Horizon Zero Dawn
Guerrilla Games è un nome che gli affezionati di PlayStation collegano quasi immediatamente a KillZone,
ma stavolta lo studio di sviluppo ha voluto concentrare i suoi sforzi su un nuovo IP. Non è ancora ben chiaro cosa sarà Horizon Zero Dawn ma da quello che si
può vedere nel trailer pare proprio che rappresenterà un bel mix tra ambientazioni post-apocalittiche e
azione sfrenata. A noi ha incuriosito molto; merita un
posto nella top 5.
Horizon Zero Dawn Trailer - Uscita: 2016
5) No Man’s Sky

C’è ancora una rete di mistero intorno al gioco ma è
certo è che sarà un’avventura unica in cui i giocatori
avranno modo di esplorare un universo in continua
evoluzione con la possibilità di sbarcare su pianeti diversi. Inizialmente era prevista solo la modalità multiplayer ma ora pare certa anche un’intensa campagna
single player. Oltre che su PS4, arriverà anche su PC.
No Man’s Sky - Uscita: TBA
torna al sommario
C’era anche Nintendo?
I fantastici 3…
Ebbene sì. Nonostante tutte le difficoltà Nintendo anche quest’anno ha fatto la sua parte e pur impallidendo se paragonata a Microsoft e Sony, tra tanti piccoli
annunci è riuscita a presentare un paio di cose interessanti e quindi degne di menzione.
Nonostante i tanti titoli presentati durante la manifestazione, secondo noi l’E3 2015 sarà senza dubbio ricordato per l’annuncio “anticipato” di Fallout 4. C’era
la giusta dose di attesa e il trailer circolato nei giorni
precedenti all’inizio della fiera ha fatto risvegliare molte anime di gamer ormai stufi degli sparatutto degli
ultimi anni. All’E3 è stata mostrata un’interessantissima demo e nonostante alcuni commenti scettici sulle
qualità “tecniche” in mostra, la stragrande maggioranza dei potenziali giocatori è rimasta decisamente
soddisfatta. Il secondo posto, ma se l’avessimo messo
al primo nessuno avrebbe protestato, non possiamo
non dedicarlo a The Last Guardian; sono anni che se
ne parla e che si vede qualche “immagine” ma finalmente il seguito dei fantastici Ico e Shadow of The
Colossus sembra essere pronto alla sua uscita definitiva. Ci sarà da attendere fino al 2016 ma, per la
prima volta, tutto è stato confermato. Terzo gradino
del podio va, sulla fiducia, al nuovo IP di Keiji Inafune.
Il trailer (che potete vedere in alto) lascia di stucco e
sono in molti a vedere ReCore come uno dei titoli di
punta di Xbox One per il 2016.
1) The Legend of Zelda: Triforce Heroes
Il nome non inganni: non si tratta della nuova avventura di Zelda attesa su Wii U bensì di un titolo basato
sulla serie di spin-off Four Swords. Sarà un videogame per Nintendo 3DS e tutta l’avventura sarà articolata sulla cooperazione tra tre diversi personaggi;
Triforce Heroes si focalizzerà dunque sul multiplayer,
ma è sicura anche una modalità a singolo giocatore
con IA a supporto.
The Legend of Zelda: Triforce Heroes - Uscita: TBA
2) Mario Tennis: Ultra Smash
Ecco un titolo che non farà fatica a vendere. Il nome
dell’idraulico più famoso al mondo è una garanzia e
questo sarà l’ennesimo arcade dedicato al tennis che
promette ore e ore di divertimento, senza il bisogno di
prendersi davvero sul serio. Singolo giocatore o multigiocatore non importa.
Mario Tennis: Ultra Smash - Uscita: fine 2015
…e gli altri da non dimenticare
Ovviamente non è possibile “riassumere” tutto l’E3
2015 in qualche piccola classifica che lascia il tempo
che trova. A Los Angeles si è visto molto altro (non
dimentichiamo Shenmue 3) e sono stati anticipati
titoli dai nomi altisonanti che non faranno fatica a riscuotere un enorme successo al momento della loro
uscita sui mercati.
Impossibile non citare videogiochi Gears of War 4
o Mass Effect: Andromeda che arriveranno sempre
a 2016 inoltrato, oppure titoli come Just Cause 3 sempre più l’anti Grand Theft Auto, e arriva il 1 dicembre - o Dark Souls III. È stato poi molto piacevole
vedere qualche immagine del prossimo e nuovissimo DOOM (gli sparatutto sono molto cambiati negli
ultimi anni, chissà come sarà!), come assistere all’annuncio di Dishonored 2, seguito del tanto apprezzato gioco adventure-stealth in salsa cyber-punk e
in prima persona uscito a fine 2012. Degne di nota
un’altro paio di menzioni. La prima la riserviamo al
free roaming Mirror’s Edge: Catalyst che arriverà il
23 febbraio 2016 mentre la seconda spetta a Tom
Clancy’s Ghost Recon Wildlands, sparatutto il quale
sembra avere tutte le carte in regola per farsi strada
nel settore
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
PC Un ricercatore ha trovato il modo di accedere alle password contenute in keychain o nelle app
C’è
una
falla
nel
Mac:
password
in
pericolo
Apple era stata avvisata già da ottobre, ma non ha fatto nulla. Ora il problema è pubblico
Dopo due settimane
di test nel mondo
anglosassone Skype
per web è disponibile
anche in Italia
Significa poter chattare
(anche in video)
con i propri amici senza
installare nessuna app
di Roberto PEZZALI
P
iù i software diventano complessi, più è facile che a qualcuno
sfugga qualcosa o che si trovano comunque modi di accedere ai
dati. Questo vale per tutti, anche per
chi si chiama Apple: XiaoFeng Wang,
professore di scienze informatiche
dell’Università dell’Indiana, con il
suo team di ricercatori e studenti ha
scoperto come è possibile rubare in
poco tempo le password contenuti nel
“keychain” e nelle applicazioni Apple
installate. Un programma ben scritto
infatti potrebbe cancellare le vecchie
password, aspettare che l’utente la
immetta di nuovo e a quel punto rubarla inviandola via mail. I ricercatori
hanno scoperto anche una debolezza
nel mondo in cui Apple gestisce i suoi
programmi tramite un ID unico: è facile
inserire una applicazione in un gruppo
di programmi “fidati” e usarla come
cavallo di troia. Per capire quanto la
di Emanuele VILLA
falla è grave i ricercatori hanno dato
qualche numero: l’89% delle 1612 applicazioni top sull’App Store sono vulnerabili. Non solo: dopo aver avvertito
Apple del problema XiaoFeng Wang è
riuscito pure a far approvare da Apple,
che l’ha caricata sullo store, una applicazione di barzellette denominata
“Joke Everyday” in grado proprio di
rubare le password dagli account di
chi l’ha installata. Apple è stata avvisa-
ta del problema a ottobre, ma ad oggi
ancora nessuna soluzione: secondo
qualcuno Apple sta modificando tutto
il sistema per risolvere il problema, ma
è una cosa che richiede molto tempo.
Non avrà preso sicuramente bene
l’uscita del dr XiaoFeng Wang: ora la
falla è pubblica ed è stato rilasciato
ufficialmente il documento dettagliato, ed è difficile capire se è un bene
o un male.
PC Microsoft ha avviato un campagna di sconti sul Microsoft Store dedicata a Surface Pro 3
Surface Pro 3 scontato per combattere il super dollaro
Prezzo vicino al lancio, dopo che il dollaro lo aveva portato a un prezzo poco competitivo
di Emanuele VILLA
urface 3 Pro torna ad essere competitivo: Microsoft ha infatti deciso
di combattere il rialzo dovuto al
dollaro con una campagna di sconti che
durerà per un periodo limitato, forse
solo un giorno o due. Gli sconti vanno
da 50 euro a 150 euro e si applicano a
tutta la gamma, ma nonostante questo
Microsoft è riuscita ad annullare la crescita dei prezzi solo sul modello di base,
mentre per quelli dotati di processore
Core i5 o Core i7 il listino, seppur scontato, resta comunque più alto di quello
dello scorso anno. Il prezzo di lancio
di Surface Pro 3 con core i3 e 4 GB di
RAM infatti era di 819 euro, aumentato a
869 euro lo scorso 18 maggio in seguito
agli aumenti che hanno colpito tutta la
gamma. Ora, con i 50 euro promossi da
Microsoft, si torna a 819 euro. Ma è solo
un caso: il modello Core i5 con 8 GB di
RAM, che costava al lancio 1319 euro,
nonostante i 100 euro di sconto che lo

S
torna al sommario
Skype per web
disponibile
anche in Italia
portano da 1479 euro a 1379 euro risulta più caro e la stessa cosa vale per il
Surface Pro 3 Core i7, che a 2039 euro
costa di più dei 1969 euro della fase di
lancio. Chi vuole acquistare un Surface
Pro 3, eccellente prodotto (qui la nostra
prova), farebbe meglio guardarsi un
po’ in giro: nonostante la promozione
Microsoft: negozi online e catene di
vendita che hanno ancora a magazzino
pezzi ordinati prima del rincaro di maggio offrono prezzi ben più competitivi:
Euronics ad esempio vende il modello
di base a 699 euro, un prezzo che lo
rende addirittura più interessante dello
stesso Surface 3.
Dopo un breve periodo di prova esclusivo per Stati Uniti e
UK, Skype per web si espande
a macchia d’olio e arriva anche
in Italia. Da ora in poi possiamo
dunque chattare con i nostri
contatti Skype senza necessità di installare nessuna app sul
PC, ma semplicemente tramite
il browser. Basta recarsi all’indirizzo web.skype.com per iniziare
con la sessione di chat, mentre
per le chiamate vocali e le videochiamate è necessario installare
un plugin al primo utilizzo.
Da oggi, tra l’altro, Skype per
Web supporta la messaggistica
istantanea anche su dispositivi
Chromebook e Linux.
Tra gli elementi più significativi
una nuova ricerca che unisce
le due liste di contatti e conversazioni recenti, introducendo
una visualizzazione rapida per
la massima comodità possibile.
Inoltre, sono state aggiunte le
notifiche su Skype per Web (ma
l’opzione va abilitata), di modo
tale che si possa essere aggiornati sulle interazioni skype anche mentre si fa altro o si naviga
in altre schede.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
PC Anche Lenovo ha deciso di entrare nel mercato dei mini PC tascabili, grandi come una USB
Il mini PC Lenovo pensato per lo streaming
Il nuovo nato si chiama Ideacentre Stick 300, è un pc in tutto e per tutto e arriverà in autunno
L’
di Emanuele VILLA
idea non è male: molte persone
hanno bisogno, per lavoro o diletto, di un secondo o terzo PC da
mettere in casa o da portare sempre
con sè ma non vogliono affrontare la
spesa di un computer tradizionale o, più
semplicemente, non hanno intenzione
di sopportarne gli ingombri. In questi
casi vengono in soccorso i PC “stick”,
dei computer fatti e finiti ma con le sembianze di piccole penne USB da collegare al monitor/TV tramite HDMI. Certamente non stiamo parlando di mostri
di potenza, ma di dispositivi perfetti per
chi cerca la massima comodità e vuole
ottimizzare il rapporto prezzo/prestazioni.
Lenovo ha annunciato il lancio, previsto
per il prossimo autunno, del suo primo
PC Stick, il modello Ideacentre Stick
300, un modello completamente plug
and play pensato per essere un hub
multimediale in grado di fare
streaming
di un film,
videochattare con gli
amici o modificare un
documento
di lavoro in
tempo reale.
Il prezzo europeo non è ancora stato
fissato: negli USA costerà 129 dollari e
possiamo supporre una conversione 1:1
per il vecchio continente. A livello tecnico, ideacentre Stick 300 misura 15 mm
di spessore, monta un Processore Intel
Atom Z3735F, 2GB di memoria e 32GB
di storage, mentre come sistema operativo troviamo Windows 8.1 aggiornabile
a Windows 10 dopo la sua uscita il 29
luglio. A livello di connettività troviamo
la classica USB ma anche microSD e il
AMD ha realizzato
un prototipo di gaming
PC capace di prestazioni
eccezionali
In un piccolo cubo
trovano spazio due
GPU Radeon R9 Fury X
e un sistema innovativo
di raffreddamento
aria-liquido
di Roberto PEZZALI
pieno supporto Wi-Fi e Bluetooth: quest’ultimo tra l’altro è fondamentale per
la connessione di dispositivi di input
wireless come mouse e tastiere.
PC Velocità, copertura e funzionalità. Ecco i punti di forza del modem router Wi-Fi di Sitecom
Sitecom WML-7600 è il router pronto per la fibra
Supporta le linee VDSL2 fino a 200 Mbps, l’ideale per gaming e streaming on demand
S
di Massimiliano ZOCCHI

itecom lancia il nuovo modem
router WML-7600, che al prezzo
di listino di 159,99 euro promette prestazioni quando servono di più:
gaming online, streaming video HD e
trasferimenti di file di grandi dimensioni.
Per questo supporta lo standard AC con
velocità wireless fino a 1.300 Mbps con
dual band simultaneo su frequenze 5
Ghz e 2.4 Ghz, ed è dotato di 5 antenne
nascoste.
Per ottenere la massima versatilità possibile troviamo anche due porte USB,
un server DLNA integrato e il server
AirPrint per accesso diretto tramite dispositivi iOS o Mac. Può svolgere anche
funzione di solo router tramite la porta
WAN dedicata, oltre alle 4 classiche porte Gigabit Ethernet, e offre accesso alla
rete guest e a client VPN.Tramite l’app
dedicata MyWiFi può essere facilmente
installato e configurato, e farvi connettere alla vostra rete ADSL e ADSL2+. Ma
non solo: in un’ottica di sviluppo futuro
torna al sommario
e di servizi sempre più “on demand”, il
dispositivo supporta anche il protocollo
Very-high-rate Digital Subscriber Line
2, abbreviato VDSL2. Questo sistema,
utilizzato dalla diffusa tecnologia Fiber
to the Cabinet, garantisce velocità molto elevate di trasferimento dati anche
col normale doppino di rame permettendo di arrivare alla velocità massima
di download di 200 Mbps. Le due por-
Project Quantum
Il mini-pc AMD
per giocare
in 4K a 60 fps
te USB supportano hard disk esterni,
stampanti o webcam. Nel caso poi sui
dischi rigidi siano contenuti file multimediali, il server DLNA li potrà trasmettere
a dispositivi compatibili. E se tutto questo non bastasse Sitecom offre anche 6
mesi di prova gratuita di Sitecom Cloud
Security, e registrando il prodotto entro
3 settimane dall’acquisto, anche la garanzia estesa di 10 anni.
AMD ha sviluppato un piccolo
computer da gioco che potrebbe
davvero rendere obsolete le attuali console e gran parte delle Steam
Machine presentate: Project Quantum è per ora solo un progetto ma
non è escluso che a breve possa
diventare realtà, magari con l’aiuto
di qualche partner. Il cuore di questo piccolo pc è costituito da una
coppia di GPU Radeon R9 Fury X,
l’ultima nata in casa AMD, e le premesse sono interessanti: 4K a 60
fps, Direct X 12, Open GL 4.5, Mantle, realtà virtuale e rendering ad
altissima velocità sono solo alcune
delle cose che questa macchina
può fare. Per ovviare al problema
del calore generato, AMD ha inserito un sistema di raffreddamento a
liquido con i componenti nella parte bassa e la ventola dotata di “radiatore” nella parte alta, una configurazione di raffreddamento usata
dagli overclockers e qui riproposta
su un piccolo cubo da gioco. AMD
ha mostrato questa soluzione all’E3 con un processore Intel: non è
uno scherzo, ma la dimostrazione
che questa piattaforma può essere
flessibile e ospitare motherboard
in formato mini ITX insieme a
processori di ogni tipo e marca. Il
costo? Solo la scheda costa più di
600 euro.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
PC HP annuncia la nuova generazione di Pavilion x2 e i nuovi notebook della gamma ENVY
Da HP i “due in uno” efficienti ed eleganti
Convertibile e notebook per produttività ed eleganza ai massimi livelli, in arrivo da agosto
H
di Massimiliano ZOCCHI
P continua a credere nel settore
dei convertibili e annuncia la disponibilità (a partire da agosto)
della nuova generazione di Pavilion x2.
Prima di tutto un tablet, ma in grado di
offrire un’esperienza notebook completa grazie alla tastiera ad aggancio
rapido tramite un’innovativa cerniera
magnetica.
Per un prezzo consigliato di 299 euro,
Pavilion x2 offre un display IPS da 10”,
un processore Intel Atom e 32 GB di
storage espandibile con Micro SD.
Disponibile in tre colorazioni, rosso,
bianco e argento, il tablet pesa solo
590 grammi e con la tastiera arriva a
1.120 grammi. La ricarica è affidata a
una presa USB di Tipo C oltre ad un’al-
per la precisione) con a bordo la quinta
generazione di processori Intel Core i7
e grafica dedicata Nvidia GeForce 940
M o GTX 950M. Display Full HD IPS, e
tutta le porte necessarie con quattro
USB 3.0, HDMI, RJ45, e anche un’unità
ottica DVD.
La versione da 15.6” invece avrà un costo di 1.199 euro, possibilità di scelta tra
Intel Core i7 e i5, e sempre grafica NVIDIA o in alternativa AMD Radeon R6, e
schermo Full HD IPS. Entrambe le versioni avranno tastiera retroilluminata e
diverse configurazioni di storage, con
scelta tra dischi ibridi e SSD, fino a 2
TB, e RAM da 8 o 16 GB.
ARCHOS PC Stick, il computer da taschino
Il piccolo computer si collega direttamente al TV o al monitor e si può portare ovunque
di Paolo CENTOFANTI
A

torna al sommario
La beta di sviluppo
di OS X El Capitan offre
interessanti indizi sulle
prossime mosse di Apple
Parrebbe in lavorazione
un iMac con display 4K
ma si parla anche
di un controller
Bluetooth
di Emanuele VILLA
tra porta USB 2.0 standard. Schermi
esterni o TV possono essere collegati
tramite la porta micro HDMI. La batteria garantisce autonomia fino a 12 ore.
Completano la dotazione l’audio con
tecnologia Bang & Olufsen, webcam
TrueVision HD, e non manca l’abbonamento a Office 365 Personal per
un anno. La serie di notebook ENVY
è ovviamente pensata per chi punta
sulla produttività, arrivando anche a
sostituire un PC desktop con la versione da 17”.
Sempre a partire dal mese di agosto, per 1.299 euro sarà disponibile
anche questo grande formato (17.3”
PC Avrà un prezzo di 119,99 euro e sarà disponibile dopo l’estate con Windows 10 pre-installato
RCHOS PC Stick è solo l’ultimo
in ordine di tempo di una serie
di computer che sta cominciando
a diventare particolarmente di moda:
piccoli PC poco più grandi di una chiavetta USB che integrano tutto quello
che occorre per funzionare e che si
collegano direttamente a un monitor o
a un TV via porta HDMI.
La proposta del produttore francese è
anch’essa naturalmente basata sulla
piattaforma Intel Atom e in particolare
sul processore quad core Z3735F, con
2 GB di RAM e 32 GB di memoria storage, espandibili via scheda microSD.
Se queste caratteristiche vi sembrano
familiari è perché sono praticamente
identiche a quelle del prodotto analo-
Apple al lavoro
su un iMac 4K
da 21 pollici
go annunciato sempre questa settimana da Lenovo.
L’ARCHOS PC Stick è dotato di una
porta micro USB, ma per il collegamento delle periferiche principali, vale
a dire mouse e tastiera, integra Blue-
tooth e ricevitore RF, oltre naturalmente al WiFi.
Il piccolo PC di Archos sarà disponibile
dopo l’estate a un prezzo di listino di
119,99 euro con già Windows 10 preinstallato.
Come spesso accade, le versioni
beta dei software più importanti
offrono indizi importanti sui progetti dell’azienda che li produce.
E quando si parla di Apple, gli sviluppatori sono sempre attentissimi a “sminuzzare” il codice con
cura alla ricerca di quale scoop di
grande rilievo. Nella fattispecie,
i developers hanno esaminato
a fondo l’ultima beta di OS X El
Capitan facendo qualche scoperta di sicuro non rivoluzionaria ma comunque meritevole di
menzione. Esaminando il codice,
parrebbe che Apple sia al lavoro
su una nuova versione del proprio PC desktop, l’iMac, con un
display dalla risoluzione 4K: niente di rivoluzionario, considerando
che Apple ha addirittura un 5K in
gamma, ma se si trattasse (come
da previsione) del modello da
21,5’’, potrebbe essere il PC che
tanti stanno aspettando.
Nelle righe del codice si parla
anche di altro: un nuovo processore grafico Intel Broadwell Iris,
quattro nuovi AMD Radeon e un
controller Bluetooth con trackpad
multi-touch e capacità di connessione via infrarossi. L’ipotesi più
probabile, ventilata da 9to5Mac,
è che si tratti del telecomando
della prossima Apple TV, che
a questo punto vedremo dopo
l’estate.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
SOCIAL MEDIA E WEB Kickstarter aggiunge il supporto ufficiale ad altri Paesi, Italia inclusa
Kickstarter arriva finalmente in Italia
Bastano la residenza, la maggiore età e un conto corrente italiano. Pagamenti in euro
D
di Massimiliano ZOCCHI
opo il successo in alcuni Paesi
come Germania e Francia, Kickstarter apre ad altri Stati del vecchio
continente, Italia compresa. I creatori e
inventori italiani potranno dunque presentare i propri progetti scegliendo se pubblicarli in italiano, in inglese o entrambi,
raccogliendo fondi direttamente in euro.
Fino ad ora le cose erano un poco più
complicate; bisognava infatti inventarsi un
appoggio all’estero per tentare la fortuna
col crowdfunding più famoso al mondo. Da ora quindi le cose saranno molto
più semplici e sicuramente la quantità di
progetti made in Italy aumenterà sensibilmente. Lo stesso CEO Yancey Strickler nel
comunicato ufficiale ha parole lusinghiere
nei confronti del nostro Paese. L’Italia è il
tredicesimo Paese in cui Kickstarter viene
lanciato, dopo Stati Uniti, Canada, Regno
Unito, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Danimarca, Norvegia, Svezia, Irlanda,
Australia e Nuova
“L’Italia ha già contribuito moltissimo alla cultura
Zelanda. Insieme
mondiale, dalla moda al cibo, dall’arte al cinema,
all’Italia partiran- dalla musica alla letteratura, le idee innovative italiane
no anche Austria,
sono sempre state apprezzate in tutto il mondo. Ora,
Belgio, LussemKickstarter
aiuterà i creativi italiani a realizzare le idee
burgo e Svizzera. Basta essere innovative attraverso il sistema della collaborazione e
con il supporto di una community mondiale enorme”
maggiorenni,
avere residenza
permanente in Italia e un conto corrente della community mondiale, e i pagamenti
italiano, oltre a regolari documenti. Non saranno direttamente in euro, mentre gli
ci sarà una versione italiana del sito, ma utenti Americani visualizzeranno una conle campagne del belpaese faranno parte versione al volo in dollari.
SOCIAL MEDIA E WEB Telecom Italia ha trasformato Pistoia in un modello per la connettività
Pistoia città modello: fibra ottica a 50 Mbps e LTE Plus
70% di copertura con la connessione in fibra e LTE Advanced. Investimento: 3,5 milioni di euro
P
di Roberto PEZZALI

istoia, grazie a Telecom Italia, è diventata una delle zone più all’avanguardia d’Italia dal punto di vista
della connettività. Con un investimento di
circa 3,5 milioni di euro sono state collegate con la fibra ottica più di 20 mila unità
immobiliari raggiungendo una copertura
pari ad oltre il 60% della popolazione, che
diventerà il 70% entro l’anno. Connettività
di qualità, non semplice ADSL: i cittadini
possono infatti richiedere servizi in fibra
ottica fino a 50 Megabit grazie alla posa
di circa 45 km di cavi in fibra ottica (di cui
solo 12,3 con scavo e prevalentemente
di tipo innovativo a basso impatto per la
popolazione). Secondo Telecom Italia “in
questi giorni sono in via di attivazione le
numerazioni attestate sulle centrali di Pistoia Centro e di Capostrada che servono, tra le altre, le zone del centro storico,
di Pistoia nord, dello stadio, di Belvedere,
del viale Adua e appunto di tutta Capostrada. Entro il prossimo settembre saranno via via attivate le centrali di Sant’Agostino e delle Fornaci, che servono la zona
industriale di Sant’Agostino, le frazioni di
torna al sommario
Chiazzano, Badia a Piacciana
e Nespolo, le zone delle Sei
Arcole e di San Marco e l’area
Pallavicini. È poi prevista l’attivazione a inizio 2016 della
centrale di Bonelle, che serve
anche le frazioni limitrofe come
Masiano e Ponte Stella”. “Il Comune di Pistoia - ha sottolineato il Sindaco Samuele Bertinelli
- sta investendo sulla innovazione tecnologica ed in particolare sulla digitalizzazione delle procedure e dei servizi: già da
tempo l’Amministrazione ha approvato un
piano di informatizzazione per la gestione
on-line dei principali procedimenti amministrativi, con l’obiettivo di semplificare e
rendere più trasparenti le procedure, permettendo ai cittadini e alle imprese di colloquiare con l’Ente direttamente da casa.
Il bando regionale, vinto da Telecom Italia,
permetterà di portare entro l’anno, la fibra
ottica e la connessione fino a 20 Mbps in
oltre quaranta importanti frazioni importanti del nostro territorio”. Pistoia è quindi
un paradiso italiano, anche se alla base
di tutto c’è la tecnologia FTTCab (Fiber to
the Cabinet): la fibra arriva in strada, non
ancora nelle case. In futuro sarà comunque possibile aumentare le prestazioni
dei collegamenti con velocità fino a 100
Megabit al secondo. Pistoia è leader anche nel campo della connettività wireless:
è stato attivato il nuovo servizio 4G Plus
di TIM, tecnologia LTE Advanced per raggiungere velocità di trasmissione a circa
il doppio di quelle attualmente disponibili.
Questa tecnologia è attiva, tuttavia solo
in alcune zone, per le altre c’è la classica
copertura 4G. Possiamo dire che velocità
simili sono raggiunte anche in altre città
d’Italia, ma la differenza come sempre la
fa la copertura: su 90000 abitanti il 70%
sarà raggiunto dai 50 Mbps.
Con Gmail
dopo 6 anni
di attesa si può
(finalmente)
annullare l’invio
Novità nella versione
web del servizio
di posta di Google
Si potrà richiamare
una mail prima
che venga consegnata
al destinatario
Una funzione
attiva dal 2009
ma sempre in “beta”
di Roberto PEZZALI
Quante volte, dopo aver inviato
una mail, ci si accorge di aver
sbagliato oppure si vorrebbe,
magari per un ripensamento, interrompere la consegna? Gmail,
il popolare client mail di Google, porta finalmente questa
funzionalità a tutti gli account.
In realtà non è una grande novità: gli “smanettoni” da anni
usano questa funzione attiva
fin dal marzo del 2009 nella
sezione “Labs”, ma finalmente
dopo 6 anni di onorato servizio questa feature esce dalla
modalità beta e viene integrata
tutti gli account. Chi non ha mai
attivato questo servizio potrà
farlo dal pannello impostazioni:
si può scegliere per quanti secondi sarà possibile annullare
l’invio da un minimo di 5 ad un
massimo di 30.Scaduto il tempo la mail verrà consegnata,
altrimenti la ritroveremo tra le
bozze. La funzione, ripetiamo, è
attiva solo sul client web: per gli
smartphone si deve attendere,
se mai verrà rilasciato, un aggiornamento.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
FOTOGRAFIA Canon lancia la compatta che si unisce alla famiglia “Powershot G”, la G3X
Powershot G3X, sensore grande e zoom super
Sensore da 1” e zoom ottico 25x per una camera flessibile e versatile, ma servono 1000 euro
di Roberto PEZZALI
I
l mondo della fotografia è particolare:
esistono tantissime macchine per fare
la stessa cosa e pochissime macchine
per scopi particolari, come ad esempio
scattare con uno zoom super ottenendo
uno scatto di qualità. Canon da anni produce la serie G, dedicata ai professionisti
dell’immagine che vogliono un corpo
macchina più compatto capace di scatti
di ottima qualità, da usare anche come
secondo corpo. Al vertice dalle serie G
c’è la G1 X Mark II, compatta con una
resa eccellente (qui la prova) che nelle
mani giuste davvero non fa rimpiangere
un corpo più grande. La famiglia G, che
aveva già accolto al Photokina la G7 X,
deve far spazio alla nuova G3 X, il vertice
mancante di un triangolo magico dedicato a chi necessita, per tipologia di foto, di
uno zoom ad elevata escursione. Se la
G1 X è perfetta per ritratti, close up e foto
panoramiche, la G3 X è più adatta allo
scatto sportivo e alla caccia fotografica,
con uno zoom ottico stabilizzato a 5 assi
da 25x, equivalente ad un 24 – 600 mm.
L’obiettivo, con diaframma f/2,8-5,6 a 9
lamelle, è accoppiato ad un sensore da
1” / 20 Mpixel, che rispetto ai minuscoli
sensori solitamente messi nelle bridge
super zoom può essere considerato
davvero “grosso”. Canon assicura un
notevole contenimento del rumore di
scatto, una sensibilità che arriva a 12800
ISO, una velocità di raffica di 6 fps grazie
al processore Digic 6 e anche una impermeabilizzazione del corpo che consente
anche qualche scatto più avventuroso.
Non mancano ovviamente caratteristiche come il wi-fi a bordo, la registrazione
1080p a 60 fps e tutti i controlli manuali
con scatto RAW, ma su una macchina
di questa classe era comunque lecito
aspettarsi questo trattamento. Quando si parla di Canon come sempre il
prezzo rappresenta un elemento molto discusso: la G3 X costerà 992 euro,
molto di più di quanto costa oggi una
reflex di fascia media. Il prezzo è alto,
è vero, ma sul mercato non c’è nulla
di simile: la FZ1000 di Panasonic si
ferma a 16x (sempre con sensore da 1”)
e le altre bridge con zoom elevato hanno un sensore decisamente più piccolo.
Ottenere un 600 mm, anche con una reflex, non è certo cosa banale: serve un
tubo moltiplicatore e comunque cala la
luminosità: la G3 X, per certi aspetti, è
davvero unica.
FOTOGRAFIA DXO One è un modulo fotografico con sensore e processore dedicato per l’iPhone
DxO One promette la qualità reflex con un iPhone
Si aggancia all’iPhone e garantisce risultati professionali, ma costa quanto una reflex
S
di Roberto PEZZALI

e avete la passione per la fotografia, un iPhone e 649 euro che
avanzano (le prime due probabili, l’ultima un po’ meno) il nuovo DxO
torna al sommario
One potrebbe fare al caso vostro. DxO,
azienda leader nel campo dell’immagine, ha infatti presentato questo particolare accessorio che, collegato ad
un iPhone tramite connettore Lighting,
permette di trasformare lo smartphone
in una vera fotocamera professionale.
L’iPhone diventa in
pratica uno schermo, con sensore e
processore separati
in un piccolo modulo tascabile.
Il sensore è da 1”,
20 megapixel con
un obiettivo fisso f/1.8, e il blocco ottico è dotato di un pratico coperchietto
che spegne e accende la fotocamera
coprendo la lente. L’applicazione a corredo permette lo scatto in tutte le modalità manuali,
ma gran parte del lavoro viene fatto
dal processore interno che applica un
ormai rodato algoritmo di sviluppo raw.
La qualità dalle foto mostrate da DxO
sembra buona, ma il prezzo è comunque decisamente elevato. Senza contare che il prodotto è compatibile esclusivamente con gli iPhone: a questo punto
gli obiettivi esterni Sony risultano più
versatili, funzionano anche con Android
e soprattutto hanno lo zoom.
Le nuove Everio
Full HD a 5 metri
di profondità
Giusto in tempo
per andare al mare
JVC annuncia due nuovi
modelli di videocamere
Everio della gamma
Quad Proof con capacità
di resistenza migliorate
Resistono fino a 5 metri
di profondità e a 10 gradi
di temperatura sotto zero
di Paolo CENTOFANTI
JVC espande la sua gamma di videocamere Quad Proof con due
nuovi modelli che migliorano le
caratteristiche di resistenza, attualmente annunciate per il mercato americano. Le quattro protezioni a cui si riferisce il brand
sono quelle all’acqua, con possibilità di funzionare sino a 5 metri
di profondità, alle cadute da fino
un metro e mezzo di altezza, alla
polvere e alle basse temperature,
fino a 10 gradi sotto zero. Le due
nuove Everio sono la GZ-R450 e
la GZ-R320 che essenzialmente
differiscono per l’integrazione
nella prima di 32 GB di memoria
storage per le registrazioni e del
faretto LED. Entrambi i modelli
riprendono in formato AVCHD,
con la GZ-R450 che offre anche
la modalità 1080p a 28 Mbit/s
e, come le versioni dello scorso
anno, le videocamere montano
un sensore CMOS BSI da 2,5
Megapixel e ottica Konica Minolta con zoom 40x. Migliorata
anche l’autonomia della batteria
che, stando a quanto dichiarato
da JVC, arriva ora fino a 5 ore di
riprese. A marzo, JVC aveva annunciato per l’Italia il modello GZRX510, di pari caratteristiche ma
con memoria da 8 GB, oltre alla
GZ-R310, praticamente identica
alla GZ-R320.
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SCIENZA E FUTURO Un progetto porta alla scoperta di un nuovo tipo di illuminazione al grafene
Miracolo grafene: ecco la lampadina più piccola al mondo
Le possibilità di questo progetto sono infinite, in particolare fanno sognare quelle in ambito TV
C
di Michele LEPORI
he gli OLED siano la nuova frontiera dei TV non è la notizia del
giorno, ma il fatto che oggi non
rappresentino (ancora) lo standard in
fatto di qualità di immagine non significa
che le ricerche per migliorarne ulteriormente le prestazioni non procedano a
ritmo sostenuto: un team di ricercatori
e scienziati della Columbia Engineering, della Seoul National University e
del KRISS (Korean Research Institute
of Standards and Science, infatti, esce
oggi con uno studio in grado di dimostrare come il grafene, una forma sottile
e perfettamente cristallizzata di carbonio, sia in grado di emettere una fonte
luminosa poco più grande di un atomo.
Come si è giunti a questo risultato? Attaccando piccole porzioni di grafene ad
elettrodi metallici lasciando un substrato fra un segmento ed il sovrastante, per
poi liberare un flusso di corrente volto a
riscaldare il tutto. In poche parole, per
citare il professore di ingegneria meccanica della Columbia Wang Fon-Jen coin-
volto nel progetto, “… abbiamo creato la
lampadina più piccola del mondo”.
Le possibilità di questo progetto sono
infinite: al momento il team di sviluppo
sta pensando di usare questa tecnologia per sviluppare un sistema di scambio dati basato su impulsi luminosi, ma
la microlampadina potrebbe trovare
utilizzo anche altrove. Ad esempio nei
TV, dove una singola lampada diventa
un efficiente e singolo pixel e o direttamente in casa, dove si potranno fare
pannelli luminosi adesivi da incollare
alle pareti per illuminare una stanza.
Bright visible light emission
Una costellazione di satelliti porterà la rete ovunque
700 piccoli trasmettitori saranno usati per portare la connettività Internet in tutto il mondo
F
di Roberto PEZZALI

torna al sommario
molto più piccolo e più economico. La
commessa per la produzione è andata
ad Airbus, che produrrà ben 900
satellite per Internet, 700 dei quali
saranno lanciati in orbita entro il
2018 mentre gli altri 200 resteranno
a terra come backup per rimpiazzare eventuali guasti o fuori orbita. Il
numero è davvero impressionante:
ad oggi in orbita non esiste costellazione di satelliti che può raggiungere questo numero e nemmeno gli
si avvicina: satelliti per rilevamenti
Un teaser di pochi
secondi, la promessa
di aggiornamenti
settimanali e un sogno
che ci accompagna
fin da bambini: Lexus
gioca coi sentimenti
(e col fuoco), ma
il nuovo progetto
dell’azienda giapponese
sembrerebbe essere
più realtà che finzione
di Michele LEPORI
SCIENZA E FUTURO Airbus porterà in orbita nel 2018 la più grande costellazione di satelliti mai esistita
acebook è stata battuta sul tempo:
l’obiettivo di portare internet al maggior numero di persone nel mondo
e nelle zone dove la normale connettività tramite dorsali non arriva sarà portato
a termine da OneWeb, la startup fondata
da Richard Branson, patron della Virgin,
e Qualcomm.
Il piano di Facebook era stato bloccato
dai costi decisamente elevati del progetto, tuttavia OneWeb è riuscita a creare con l’aiuto di Qualcomm un satellite
Lo skate
di Ritorno
al Futuro diventa
un concept Lexus
geografici, GPS e altre reti di satelliti per
uso non militare raggiungono al massimo le 70 unità.
Ognuno dei satelliti pesa circa 150 Kg e
il costo complessivo del progetto sarà di
circa 2 miliardi di dollari. I primi 10 satelliti, che serviranno da base per la creazione degli altri, saranno costruiti nel quartier generale Airbus di Tolosa mentre per
tutti gli altri ci si sposterà in una location
americana, in previsione del lancio. Nel
2020 tutti avranno internet: una grande
conquista per l’umanità.
Punto primo: siamo nel 2015, l’anno in cui arriva Marty in “Ritorno al
Futuro 2”. Punto secondo: il primo
di aprile è ampiamente passato.
Punto terzo: i giapponesi non sono
soliti fare scherzi. Normalmente
due indizi fanno una prova, qui
sono tre ed è quindi più che lecito
lasciarsi andare all’euforia: l’ultimo
video-teaser di Lexus ci fa sognare e mostra un bellissimo, elegantissimo e funzionante hoverboard
in metallo e legno di bambù che
è troppo reale per non immaginarsici sopra per le vie del centro in
jeans, camicia e occhiali da sole.
Passata l’euforia iniziale, va ricordato come un hoverboard funzionante, Hendo, sia già stato mostrato al mondo e che oltre ai 10.000
dollari di assegno per portarselo
a casa servivano anche degli speciali supporti metallici per poterci
salire e guidarlo senza rischi di
incidenti. Basterà questa considerazione a riportarci sui binari
della razionalità? Probabilmente
no, perché il video ha una musica
accattivante e perché la promessa
di come “Non c’è niente di impossibile. È solo questione di capire
come si fa” hanno già proiettato il
gioiellino Lexus in cima alle nostre
preferenze. La casa di Nagoya giura aggiornamenti settimanali e noi
non vediamo l’ora di vederli, anche
perché abbiamo bisogno di capire
quanto risparmiare per parcheggiare l’hoverboard in garage…
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AUTOMOTIVE Le piccole auto sono elettriche al 100% e hanno più di 100 km di autonomia
Ribattezzate “equomobili” per promuovere le tariffe: più serve minore sarà il costo al minuto
La bici elettrica
Ford che evita
le buche
di Massimiliano ZOCCHI
a debuttato il nuovo servizio di car
sharing per la città di Milano, realizzato da Share’ngo. Le auto condivise sono delle microcar (GreenGo Icaro) a trazione 100% elettrica con batterie
al litio che garantiscono un’autonomia di
poco più di 100 km e una velocità massima di 80 km/h. Tuttavia gli utenti non
dovranno preoccuparsi di ricaricare le
auto, perché semplicemente le troveranno pronte all’uso. Tramite un’app (pronta
entro la fine di giugno, per il momento si
usa il sito Share’ngo) vengono visualizzate su una mappa le auto prenotabili e
sufficientemente cariche. Avvicinandosi
all’auto, sullo smartphone comparirà la
scritta apri auto, e premendo il relativo pulsante il veicolo si aprirà. Appena
accolti nella vettura, sul display un mini
questionario ci chiederà se l’auto è in
ordine e il nostro PIN personale. Solo da
quel momento partirà il conteggio dei minuti e relativi costi, fino a che non scenderemo dall’auto premendo sul display
il pulsante di fine noleggio. Ma quanto
costa utilizzare una di queste auto? Sono
state ribattezzate equomobili, proprio
perché offrono tariffe diverse a seconda
delle condizioni e delle necessità. Ad
esempio, un anziano avrà un prezzo di
favore rispetto a un giovane, o addirittura per le donne dall’una di notte fino
alle sei del mattino il noleggio è gratuito.
Inoltre nei piani aziendali c’è un sistema
per premiare comportamenti che privilegiano la condivisione: lasciare l’auto pulita se prima era sporca, consegnarla in
un equomobile point, oltre a promozioni speciali per studenti o nel giorno del
proprio compleanno. Una seconda nota
positiva del nuovo servizio è che non c’è
nessun obbligo di riportare le auto verso
un punto di raccolta specifico. Può essere parcheggiata in ogni parcheggio (gratuitamente e anche in Area C), e l’utente
successivo la potrà utilizzare da dove è
stata lasciata. Solo quando le batterie
scenderanno sotto il 20% l’auto “sparirà”
dall’applicazione, per poi riapparire non
appena gli addetti Share’ngo avranno
ripristinato la carica. Tutto questo con
l’unico limite dei confini comunali di Milano, e i costi calcolati verranno automaticamente addebitati sulla carta di credito
inserita in fase di iscrizione. La Icaro è
una microcar, ma non rinuncia ai comfort
pur nella sua semplicità: vetri elettrici,
di Emanuele VILLA
I primi esperimenti di casa Ford nel
segmento delle e-Bike li abbiamo
visti al CES di Las Vegas. Ora tramite un Tweet l’azienda americana
svela al mondo un nuovo concept
chiamato MoDe:Flex, una bicicletta dal look futurista e stracolma di
tecnologia. Nonostante le informazioni disponibili non siano molte,
siamo certi della natura elettrica
del modello (per la pedalata assistita) e della disponibilità di un’app,
la cui caratteristica più interessante
sarebbe quella di avvertire l’utente, tramite vibrazioni del manubrio,
di buche stradali in avvicinamento.
Come ciò sia possibile, però, è
ancora avvolto dal mistero... L’app
(MoDe:Link) ha poi altri scopi, ma
il principale è quello di fornire una
navigazione “smart” all’utente: gli
farà fare la strada più breve o meno
trafficata, considererà variabili quali le condizioni meteo e il costo del
parcheggio, ma suggerirà anche
altri mezzi di locomozione qualora
necessari. Sì, perchè la caratteristica portante di MoDe:Flex è il fatto
di essere “componibile”: si smonta
in due (o più) pezzi ed entra nel
bagagliaio dell’auto. Non è tutto:
si dice che MoDe:Flex usi un’app
pensata appositamente per smartwatch. È plausibile pensare che
l’app metta in relazione l’assistenza alla pedalata con il livello di
stress dell’utente, desunto dal battito cardiaco. In pratica, la bici farà
“allenare” l’utente fino a un livello
ritenuto salutare, dopo di che lo
aiuterà con il motore elettrico: per
quanto riguarda quest’ultimo non
ci sono ancora informazioni certe,
ma si può supporre (considerando
gli altri modelli mostrati da Ford)
che si tratti di un motore da 200
watt capace di generare una velocità di picco di 25 km/h.
È partito a Milano il car sharing elettrico

H
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aria condizionata, servosterzo. Completa il tutto il sistema di infotainment con
navigatore touchscreen, Bluetooth, e anche presa USB. E lo spazio non manca: i
posti sono due, veri, e ci sono anche 300
litri di bagagliaio. Gradualmente saranno
introdotte 100 vetture, per arrivare fino a
400 entro settembre, e valutare poi ulteriori espansioni.
AUTOMOTIVE Un dispositivo da manubrio per evitare cadute
Con Byxee la bici diventa smart
Un’ottima idea di un team italiano
L
di Massimiliano ZOCCHI
a passione italiana per il ciclismo e la bicicletta in genere è nota in tutto il mondo, non stupisce quindi che proprio un team italiano abbia creato un oggetto
dedicato al mondo dei pedali. Byxee è un dispositivo da manubrio che ci accompagnerà nelle uscite in bicicletta per aiutare ad evitare i problemi più comuni
sulle due ruote. Byxee incorpora una videocamera e un processore che tramite un
algoritmo appositamente studiato è in grado di riconoscere sconnessioni della strada, buche, ostacoli, o anche avvenimenti improvvisi come un pedone che attraversa
distratto, un animale o qualsiasi cosa possa trovarsi davanti a noi e farci cadere.
Con 7 regolazioni di sensibilità e 4 ampiezze di campo d’azione si adatta ad ogni
rider e ogni stile di pedalata. Nel caso Byxee rilevi un potenziale pericolo avviserà
tramite un segnale acustico calcolando i tempi dell’allerta in base anche alla velocità.
L’avviso acustico inoltre indicherà anche la pericolosità dell’ostacolo, da 1 a 3 beep.
La batteria può essere ricaricata tramite il classico cavo USB e assicura fino a 30
ore di funzionamento. Pare che l’idea sia venuta al padre del progetto proprio dopo
essersi fatto male in bici durante un’escursione a causa di una buca. Così nel 2013 è
nato lo studio preliminare che dopo
le varie fasi è ora approdato al
crowfunding su Indiegogo. Per 139
dollari si può prenotare Byxee a
prezzo promozionale (prezzo che
poi salirà a 249 dollari). La goal line
del progetto è prevista a 135.000
dollari e dopo due giorni è già a
quasi 10.000.
Ford ha mostrato un
nuovo concept di e-bike
Oltre alla pedalata
assistita, la si gestisce
via smartwatch e avvisa
l’utente di eventuali
buche stradali
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AUTOMOTIVE Abbiamo parlato con Danny Shapiro, Senior Director della divisione Automotive di Nvidia per scoprire cosa ci aspetta
Per Nvidia l’auto del futuro sarà un super computer
Dall’intelligenza artificiale per veicoli “autonomi”, al cruscotto virtuale in cui l’unico limite è l’immaginazione del progettista
di Paolo CENTOFANTI
uando si parla di Nvidia sono probabilmente due le cose che vengono subito in mente:
schede grafiche GeForce con relative GPU
e i processori Tegra per dispositivi mobile. Eppure,
uno dei settori in cui è più attiva da ormai alcuni anni
l’azienda californiana è quello dell’automotive. Anche
se magari non avete mai avuto un PC con scheda
grafica GeForce, o uno smartphone o un tablet con
un processore Tegra, magari, senza saperlo, avete
guidato una macchina la cui elettronica è basata sulle
soluzioni Nvidia: FIAT, Audi, BMW, Honda, Peugeot e
Tesla, sono solo alcuni dei marchi con cui già lavora
Nvidia, per più di 8 milioni di veicoli sulle strade di
tutto il mondo. Una lista che a breve includerà più di
20 case automobilistiche e più di 100 modelli di veicoli. L’automotive è ora una delle massime priorità di
Nvidia, subito dietro al gaming, tant’è che lo scorso
gennaio, all’annuale evento per il CES di Las Vegas,
le principali novità presentate hanno riguardato proprio l’automobile, con le piattaforme Drive CX e Drive
PX, basate sul nuovo potente processore mobile Tegra X1. L’informatizzazione delle auto è uno dei trend
del momento: quasi tutti i produttori stanno lavorando
sia su sistemi di infotainment, in grado di soddisfare
le aspettative di utenti ormai smartphone dipendenti,
Q
Danny Shapiro, Automotive Senior Director
di Nvidia

ma anche su un gran numero di tecnologie che in pochi anni trasformeranno in realtà il concetto di veicoli
in grado di guidare in totale autonomia. Innovazioni,
o meglio applicazioni, che hanno bisogno di una piattaforma hardware su cui girare: servono processori in grado di elaborare in tempo reale una grande
quantità di dati, provenienti da videocamere, sistemi
di telemetria e sensori di ogni tipo, ma anche di ge-
torna al sommario
stire il moltiplicarsi degli schermi all’interno dell’abitacolo, che aumentano non solo in numero ma anche
in risoluzione. Il coinvolgimento di Nvidia nel mondo
delle auto inizia proprio da qui: “nelle auto ci sono
sempre più schermi e sempre con più alta risoluzione, un trend destinato ancora a crescere. E così molti
produttori vengono da noi, perché noi siamo quelli
della grafica” ci racconta Danny Shapiro,
Senior Director della
divisione Automotive di Nvidia, in una
chiacchierata che abbiamo avuto modo di
fare durante una sua
visita in Italia.
“Abbiamo
iniziato
con la grafica, con
il portare la nostra
esperienza nella visualizzazione di interfacce grafiche più evolute, come mappe 3D, Google
Earth, Street View, cose di questo tipo. Abbiamo realizzato per Audi il cruscotto virtuale e poi naturalmente la piattaforma di Tesla. La cosa interessante è che
ora nell’auto l’attenzione si sta spostando oltre che
sull’hardware anche sul software. E via via che aumenta il ricorso al software nell’auto, la novità è che,
così come sullo smartphone il software migliora continuamente, lo stesso ora può avvenire anche sull’auto: viene rilasciato un aggiornamento e la macchina
acquista una nuova funzionalità. Tesla sta facendo
questo da diversi anni ormai”.
Al CES 2015, Nvidia ha presentato Drive CX, una
piattaforma che permette alle case automobilistiche
di creare cruscotti virtuali estremamente più realistici
di quelli attuali. Usualmente abbiamo un display LCD
di bassa risoluzione che visualizza un’interfaccia che
cerca di replicare in modo minimale quelli che sono
i quadranti “meccanici” tradizionali. La soluzione di
Nvidia, di fatto, mette a disposizione dei progettisti
una vera e propria GPU in grado di effettuare rendering estremamente realistici e ad alta risoluzione
di qualsiasi materiale. Si tratta di una piattaforma basata sul chip Tegra X1, che integra una GPU Maxwell
con 256 core e una CPU a 8 core a 64 bit con una
potenza superiore al teraflop e la capacità di pilotare
display 4K a 60 fps. “Drive CX è una piccola scatola,
grande quanto un’autoradio, ma di fatto è un vero e
proprio PC con tanto di slot di espansione. È una soluzione che permette ai costruttori di
realizzare il proprio
cockpit virtuale e di
aggiungere quanti
schermi vogliono e
moduli come tuner
radio, videocamere, lettori DVD e
quant’altro. Potenzialmente in futuro
qualsiasi superficie
dell’auto potrebbe
diventare un display
e quindi ci sarà una gran mole di pixel da gestire:
interfacce touch, sistemi di visione immersivi nell’abitacolo, multi schermo per l’intrattenimento. L’altra esigenza che sta nascendo è quella di tradurre
anche nel design delle interfacce software, la stessa
attenzione rivolta ai materiali e alla qualità dell’estetica e della costruzione dell’auto. Oggi i cruscotti
digitali più evoluti hanno comunque per lo più una
grafica bidimensionale, pixelizzata e antiquata. Noi
segue a pagina 27 
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AUTOMOTIVE
Nvidia e l’auto del futuro
segue Da pagina 26 
vogliamo cambiare tutto questo portandola su un
livello di qualità superiore. Ora al posto di mappe
2D abbiamo la potenza necessaria per visualizzare
bellissime mappe tridimensionali ad alto frame rate,
e invece di semplice forme geometriche veri e propri
rendering realistici di strumenti complessi. Quello che
abbiamo fatto è stato realizzare dei tool di sviluppo
come Drive Design Studio che possono permette di
realizzare delle interfacce per il cruscotto con grafica
di altissima qualità. Si tratta di un software per PC
che permette di disegnare l’interfaccia che si vuole
senza dover programmare molto e molti produttori
ora stanno guardando con grande interesse a questo tipo di soluzione”.
Far fare alle interfacce grafiche un salto di qualità non
è però l’unico obiettivo di Nvidia con Drive CX. Se
c’è un ambito in cui gli assistenti virtuali alla Cortana,
Siri e Google Now hanno hanno trovato un’applicazione naturale, questo è proprio quello della guida,
quando le mani devono stare sul volante e la voce è
lo strumento ideale per comandare i sistemi di bordo. Drive CX offre la potenza necessaria per portare
questo tipo di intelligenza in auto e renderla indipendente da una connessione alla rete. “Attualmente la
maggior parte delle soluzioni richiedono un collegamento a Internet, come quelle di Google o Apple ad
esempio. Funzionano bene ma possono avere dei ritardi e soprattutto sono in grado di rispondere unicamente quando c’è una connessione attiva. Se siamo
all’estero, probabilmente avremo qualche problema
ad usarle ad esempio. Viceversa le attuali soluzioni
offline che tipicamente troviamo oggi nelle auto sono
molto limitate sia in termini di vocabolario che di prestazioni generali e intelligenza. Noi abbiamo integrato nella nostra piattaforma Drive CX un sistema di riconoscimento vocale completamente offline ma con
le stesse prestazioni di quelli online. Stiamo attualmente lavorando
con diversi partner, non abbiamo
ancora annunci in
proposito da fare,
ma l’interesse dei
produttori c’è”.
DDay.it: A proposito di Apple e
Google. Entrambi
stanno faticando a introdurre
le loro rispettive soluzioni per le auto. Gli utenti
vogliono utilizzare il proprio smartphone anche in
auto, ma le case automobilistiche sembrano preferire spingere le proprie soluzioni, su cui hanno il
pieno controllo…
Danny Shapiro: “È un punto interessante. Noi collaboriamo strettamente con Google, visto che siamo
anche tra i fondatori della Open Automotive Alliance, e lavoriamo anche con Apple su CarPlay, visto
che hanno scelto la nostra piattaforma Tegra per
portare CarPlay sulle auto. Dal nostro punto di vista
la cosa importante è che qualsiasi software giri al
meglio sulla piattaforma NVIDIA. Ma naturalmente
ogni produttore automobilistico ha la sua strategia e
i suoi obiettivi. Ci sono produttori come Audi (e anche
Honda) che hanno un buon approccio. Audi vuole
tenere il controllo sul modello di interazione, ma riconosce l’importanza che rivestono gli smartphone
per i consumatori. Anche loro vedono persone alla
guida con lo sguardo sempre rivolto allo smartphone (mima il gesto, ndr). Se fossi un vigile urbano basterebbe guardare come distolgono continuamente
lo sguardo le persone alla guida per capire che è
il caso di dare una multa. Non è sicuro, punto. Per
cui sviluppare un modo per accedere dall’auto allo
smartphone è qualcosa di positivo. Audi ha sviluppato un sistema ibrido che permette di passare dal
suo sistema allo smartphone e viceversa, che è una
soluzione ottimale. Honda ha seguito un approccio
diverso, visto la loro piattaforma è Android a tutti gli
effetti e lo smartphone agisce praticamente da modem per connettersi a Internet. Ma essendo di base
Android, ha il Google Play Store per cui si possono
installare nativamente direttamente sull’auto le app
di cui abbiamo bisogno”.
DDay.it: Tipicamente come lavorate con le aziende?
Vi limitate a fornire la vostra piattaforma, su cui poi
i progettisti lavorano autonomamente o siete voi a
proporre particolari soluzioni, ad esempio per il cruscotto o l’interazione con lo smartphone?
D. Shapiro: “Entrambe le cose, dipende anche molto
dal produttore. Se ci pensi è un po’ come nel mondo
dei videogiochi. Nvidia non produce direttamente dei
giochi. Ma lavoriamo strettamente con gli sviluppatori per aiutarli a creare una grafica sempre migliore e a ottimizzare le prestazioni. E così produciamo
software a diversi livelli: sistema operativo, librerie,
driver per l’hardware, motore per la fisica, il rendering e così via. Nelle
auto l’approccio è
molto simile a livello di architettura e
anche qui lavoriamo su librerie, ad
esempio per ottimizzare la visualizzazione di mappe,
o ancora per le
videocamere, visto
che ora lavoriamo
molto sui sistemi
di computer vision. Per quanto
riguarda invece l’interfaccia utente, il design dei suoi
elementi e così via è qualcosa che usualmente viene
fatto dal team di design interno dell’azienda. Tendenzialmente quello che chiamiamo application layer
viene quindi sviluppato internamente dal team della
casa automobilistica, ma in ogni caso noi collaboriamo strettamente con loro, per il deploy sulla nostra
piattaforma e poi naturalmente per effettuare aggiornamenti puntuali. In questo, Tesla ha dimostrato
quanto sia importante lavorare come un’azienda di
consumer electronics, aggiornando il software continuamente anche dopo che l’auto è stata introdotta
sul mercato. La cosa interessante è che quello che
può fare Tesla è utilizzare i dati raccolti dalle auto
sulla strada per continuare a ottimizzare il proprio
sistema fino a quando poi deciderà di rilasciare un
nuovo aggiornamento software per tutti. Questo è il
tipo di modo di lavorare che diventerà sempre più
comune anche nel settore delle auto, esattamente
come è normale aggiornare il software del proprio
smartphone”.
Con Drive PX, Nvidia è andata un passo oltre all’infotainment, realizzando una vera e propria piattaforma
per le automobili a guida autonoma. Si tratta di un sistema che è composto da due elementi. Il primo è un
vero e proprio computer di bordo che verrà installato
sulle auto, il cui “cervello” è costituito da ben due processori Tegra X1, in grado di elaborare in tempo reale
i dati raccolti da fino a 12 videocamere, fino a 30 fotogrammi al secondo, più una pletora di sensori installati in auto. Ciò permette di creare una mappa a 360
gradi di ciò che sta accadendo intorno al veicolo in
ogni istante. Ciò che distingue però Drive PX è l’intelligenza all’interno di questo computer e qui il discorso
si fa più affascinante. Nvidia ha, infatti, realizzato una
Deep Neural Network, un sistema di elaborazione in
grado di imparare autonomamente, in questo caso a
riconoscere gli oggetti inquadrati dalle videocamere
che compongono gli occhi della macchina. Questa
rete neurale non sta sulla macchina, ma in un datacenter costituito da cluster di GPU GeForce in rete.
“Grazie alla potenza delle GPU possiamo costruire
dei modelli computerizzati che simulano il funzionamento del nostro cervello. L’idea è utilizzare dei data
center con deep learning per processare una grande quantità di dati reali e insegnare alla piattaforma
come riconoscere la strada, veicoli, passanti, oggetti
e quello che accade su di essa e poi esportare que-

segue a pagina 28 
torna al sommario
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AUTOMOTIVE
Nvidia e l’auto del futuro
segue Da pagina 27 
sta intelligenza localmente sul computer di bordo.
L’addestramento viene effettuato dando in pasto
al Supercomputer nel cloud letteralmente milioni di
immagini da analizzare. Le immagini vengono parcellizzate in tanti piccoli dettagli (spigoli, cerchi, forme varie), e il sistema impara così a riconoscere da
questi elementi i veicoli o gli oggetti che compaiono
nelle immagini. Il processo di apprendimento avviene nel cloud, ma il modello che ne deriva viene poi
installato localmente sull’auto. La potenza di questo
modello sta nel fatto che ogni volta che un veicolo

incontra qualcosa che non è in grado di riconoscere, invia i dati al Deep Learning Supercomputer nel
nostro data center, che analizza l’immagine, impara
a riconoscerne gli oggetti e quindi aggiorna l’intelligenza della piattaforma scaricandola nuovamente
sul veicolo. Quello che è importante capire qui è che
non stiamo parlando di una sola auto, ma di una vera
e propria flotta di veicoli che va ad alimentare con
nuovi dati la Deep Neural Network. E così ogni singola auto in realtà contribuisce a istruire le auto anche
degli altri”.
DDay.it: Ma come vengono prese le decisioni nei
casi difficili? Mettiamo che ho allo stesso tempo uno
scuolabus sulla sinistra, una sedia rotelle sulla destra e un’ambulanza in arrivo alle spalle. Chi decide
come risolvere queste situazioni?
D. Shapiro: “Il sistema monitora l’evoluzione di ciò
che accade sulla strada in ogni momento. La filosofia di un sistema di questo tipo è innanzitutto quella
di evitare di trovarsi in situazioni in cui è necessario
prendere decisioni di questo tipo. Il nostro approccio è quello di riconoscere gli elementi presenti sulla
strada e quindi di individuare l’area della carreggiata che in ogni momento il veicolo può occupare.
Se incrociamo un’auto avremo un certo spazio, se
arriva uno scuolabus, questo spazio si restringerà.
Se sulle strisce arriva un pedone, lo spazio si ridurrà
ulteriormente e così via. La DNN serve per imparare
a riconoscere tutti questi elementi e quindi reagire
un po’ come farebbe un normale essere umano. Se
individuo una portiera che si apre, so che mi dovrò
allargare, ma anche che se nell’altra corsia c’è un autobus potrei non avere abbastanza spazio e quindi
torna al sommario
magari dovrei fermarmi. Il nostro sistema è anche in
grado di distinguere i veicoli di emergenza, come ad
esempio un’ambulanza dai veicoli normali, e quindi
reagire di conseguenza. Per cui la velocità viene regolata con ampio anticipo, appena c’è un veicolo lento o un ostacolo si cambia corsia, se c’è un pedone
nelle vicinanze si rallenta, la regola di base è evitare
di trovarsi in condizioni pericolose. Chiaramente c’è
sempre la possibilità che un aereo si schianti davanti
a noi all’improvviso, ma scherzi a parte se si verifica
una situazione in cui occorre prendere una decisione
che può avere conseguenze sia in un senso che nell’altro, allora semplicemente il veicolo rallenta fino a
fermarsi”.
DDay.it: Ma se il sistema
è davvero costretto a
prendere una decisione,
chi è che insegna alla
macchina il codice di
comportamento? Chi produce la piattaforma come
voi? Il produttore d’auto?
Oppure ci vorrà un ente
sovranazionale che dovrà
stabilire una sorta di “codice etico”?
D. Shapiro: “Certamente
potrebbero esserci in futuro degli standard per queste cose, ma alla fine credo che stia alla casa automobilistica che progetta il
veicolo e sviluppa l’application layer del sistema decidere se occorre agire sul freno, sullo sterzo, o tutte
queste cose in casi di emergenza. Ci sono tanti elementi da prendere in considerazione. I sistemi di gestione del traffico, il comportamento delle altre auto…
finché non ci saranno tante auto automatiche sulla
strada e queste auto non saranno in grado di parlarsi
tra loro e con la strada e i sistemi di monitoraggio del
traffico, ci sarà sempre la casualità del fattore umano. Tutti si aspettano che i computer siano perfetti e
che il numero degli incidenti con le auto a pilota automatico passi istantaneamente a zero. Certamente si
abbasserà drasticamente, magari del 90%, ma finché
ci saranno uomini alla guida, la componente casuale
umana impedirà di ridurre gli incidenti a zero”.
DDay.it: Non pensate che ci sarà comunque bisogno di standard di qualche tipo per quanto riguarda
le auto autonome?
D. Shapiro: “È tutto interesse
delle case automobilistiche
che le auto siano il più sicure
possibile. Probabilmente in futuro avremo delle recensioni di
auto in cui invece di descrivere
quanto ci mette l’auto ad andare da 0 a 100, analizzeranno
quanto velocemente sono in
grado di andare da 100 a 0.
Oppure quanto è affidabile il rilevamento dei pedoni, quanto
è efficace il freno automatico
di emergenza, e questo tipo di
recensioni saranno più basate sull’aspetto tecnologico che sulla meccanica. Le case automobilistiche
pertanto saranno molto competitive nell’avere l’auto
più sicura da questo punto di vista. Dove ci vorrà molta collaborazione, e quindi degli standard, sarà nella
comunicazione veicolo - veicolo e veicolo - strada”.
DDay.it: È possibile che industria americana ed europea segnano strade diverse? Già oggi sul discorso della privacy e dei dati degli utenti, i produttori
tedeschi di auto, in particolare, sembrano voler
evitare i prodotti di Google in tutti i modi, Google
che tra le altre cose è una delle aziende che più
fa parlare di auto automatiche con il suo progetto
Google Car...
D. Shapiro: “Sono due punti molto importanti. Per
quanto riguarda il discorso sulla privacy bisogna
considerare che ormai tanti consumatori sono abituati agli smartphone, sanno che Google o Apple
conoscono ormai molto di noi, dove ci troviamo in
ogni momento e così via. Ma io credo che questo
tipo di consumatore non sia poi così preoccupato da
questo o comunque non ci pensa poi più di tanto.
Penso che a essere preoccupati da aziende come
Google siano più che altro le case automobilistiche,
che non vogliono perdere il controllo su questi dati.
Loro vogliono sapere come ti muovi, quali sono le tue
preferenze, perché si può capire molto da questi dati,
ad esempio sulle abitudini di spesa. Alla fine, spesso
ci si muove in auto soprattutto per andare da qualche parte per spendere dei soldi: shopping, cinema,
ristorante e così via. E quando si passerà alle auto
che guidano da sole, beh… in auto avremo più tempo libero per l’intrattenimento, shopping online, ecc,
quindi queste informazioni sono preziose. Ci saranno
molte opportunità da questo punto di vista. Per quanto riguarda Stati Uniti ed Europa, è ancora prematuro
parlarne, ma c’è sicuramente il tema della legislazione e delle coperture assicurative che dovrà essere in
qualche modo armonizzato. Se prendi gli Stati Uniti,
dove ci sono dei programmi pilota ad esempio in California, per fare dei test coast to coast da Los Angeles a New York, occorre chiedere dei permessi nei
singoli Stati attraversati. E questo chiaramente non
è ammissibile. E se pensi al software, agli aggiornamenti, ci dovranno essere dei regolamenti allineati
tra i vari stati. La cosa interessante è che probabilmente l’assicurazione in futuro magari la dovranno
fare le case automobilistiche e non i guidatori”.
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Abbiamo visitato il centro di ricerca e sviluppo di Jaguar Land Rover in Inghilterra per conoscere le nuove tecnologie
Jaguar Land Rover trasforma il concetto di guida
Dal pilotaggio remoto via smartphone alla lettura delle onde cerebrali del guidatore, passando per la realtà virtuale
di Paolo CENTOFANTI
ra il 2025 e il 2030 guidare un’automobile sarà
qualcosa di molto diverso da quello che facciamo
oggi tutti i giorni. Ormai tutti i produttori stanno
lavorando, più o meno segretamente, sul trasformare
l’auto in un veicolo completamente autonomo e da qui
a una decina d’anni, quella che oggi è vista più che altro
come una curiosità avveniristica, potrebbe diventare la
normalità. Jaguar Land Rover ha introdotto negli ultimi anni, sui modelli di entrambi i marchi, automatismi
sempre più spinti, dalla frenata di emergenza al cruise
control avanzato, ma quello su cui sta lavorando oggi
per l’auto di domani va ben oltre e l’azienda ci ha dato
la possibilità di avere un’anteprima di queste tecnologie, aprendo le porte del suo centro di ricerca e sviluppo di Gaydon in Inghilterra. Jaguar Land Rover ha una
visione ben precisa dell’evoluzione dell’automobile in
senso “automatico”. Per una casa automobilistica che
produce macchine che mettono il piacere della guida
al centro, il concetto di pilota automatico può sembrare
un controsenso e l’antitesi stessa della filosofia dei due
prestigiosi marchi. Ecco perché, prima di iniziare la nostra visita, Wolfgang Epple, direttore del centro di ricerca e sviluppo, ha tenuto a precisare come il gruppo non
intende assolutamente rinunciare a questo aspetto: la
tecnologia deve assistere il guidatore e non sostituirlo;
quello che l’intelligenza artificiale di bordo potrà fare un
giorno, sarà sostituirci al volante nelle parti più tediose
del nostro viaggio (si pensi al traffico su una tangenziale
o un ingorgo cittadino) e vigilare costantemente sulla
nostra sicurezza. Tenendo a mente questa “visione”,
ecco allora che le tecnologie che Jaguar Land Rover
sta sviluppando - alcune praticamente pronte al lancio
commerciale sui veicoli, mentre altre forse destinate a
rimanere per sempre nei laboratori - acquistano un senso ben preciso: ridurre le distrazioni, anticipare i bisogni
del guidatore, assicurare il massimo piacere di guida.
T
Una nuova interfaccia uomo/macchina
Una delle aree su cui si sta focalizzando maggiormente
Jaguar Land Rover è quello di ridefinire come l’auto presenta le informazioni al guidatore, fino ad anticiparne le
necessità: dal segnalare in modo efficace la presenza
di possibili ostacoli intorno al veicolo, al riconoscere
le abitudini di chi guida l’auto nei tragitti più frequenti,
passando per semplificare l’interazione con i comandi, il tutto per ridurre al minimo le fonti di distrazione.
Prendiamo, ad esempio, la tecnologia di self learning: è
probabile che se usiamo l’auto per raggiungere il posto
di lavoro, ogni giorno seguiremo le stesse operazioni:
accendere condizionatore o riscaldamento a una certa
temperatura, selezioneremo una stazione radio o una
particolare sorgente audio e se condividiamo l’auto
con qualcun altro, magari regoliamo assetto del sedile
e così via. Tenendo traccia dell’ora e del tragitto che
stiamo percorrendo, l’auto è dunque in grado di imparare quali operazioni compiamo più frequentemente e
quando. Il sistema che sta mettendo a punto Jaguar
Land Rover, analizza le routine dei guidatori abituali per
un periodo di circa due settimane, al termine del quale
è in grado di farci trovare l’auto già pronta
come la vogliamo noi senza bisogno del
minimo input da parte nostra e di ricordarci, ad esempio, se abbiamo dimenticato
il telefono che siamo soliti abbinare al
veicolo a casa. Ci cambierà la vita? Probabilmente no, ma sicuramente quando
la mattina usciremo dal nostro posto auto,
dovremo armeggiare molto meno con i
vari comandi della plancia e quindi saremo meno distratti durante i primi minuti di
guida. Anche le altre tecnologie su cui JLR
sta lavorando vanno in questa direzione.
A tutti sarà capitato durante la guida di
dover interagire con uno schermo touch
del cruscotto oppure di uno smartphone
agganciato a una dock, notando come
Durante la demo a cui abbiamo assistito l’auto ha imparato le
centrare il tasto desiderato non è poi così
nostre stazioni radio preferite da e verso la nostra posizione e
banale. Con una tecnologia denominata
l’impostazione del climatizzatore, selezionandole automatica“predictive touch”, il display sarà in gramente in funzione di ora del giorno e tragitto
do di anticipare il tasto che il guidatore
sta cercando di premere ancora prima che lo schermo
venga toccato, riducendo anche del 22% il tempo necessario per compiere l’operazione. Sembra una banalità, ma questo tempo si traduce in decine di metri di
percorrenza che non passano inosservati perché siamo
impegnati a guardare uno schermo all’interno del veicolo. La tecnologia che sta sviluppando JLR si compone di due parti. Un sistema di videocamere, che in futuro potrà essere integrato nella cornice dei display, è in
grado di tracciare il movimento del nostro dito in tutte
le direzioni e la sua velocità, permettendo all’algoritmo
di “indovinare” quale elemento dell’interfaccia stiamo
cercando di raggiungere. Per trasmettere un feedback
anche tattile all’utente dell’avvenuta attivazione della
funzione, inoltre, poiché fisicamente non toccheremo
lo schermo, JLR sta lavorando su una sorta di proiettore a ultrasuoni in grado di dare sulla punta delle dita
la sensazione di aver toccato qualcosa. Abbiamo provato di persona un prototipo di questo proiettore che
è in grado di simulare diversi tipi di forme al tatto con
una risoluzione di circa 9 mm. In futuro questo sistema
potrebbe essere integrato intorno al display, molto interessante. Il proiettore a ultrasuoni è allo studio anche
per un’altra applicazione: Bike Sense. La sicurezza non
riguarda solo le persone all’interno dell’abitacolo, ma
anche quelle sulla strada intorno a noi, come i ciclisti.
JLR sta lavorando su diversi sistemi di segnalazione
per avvisarci della presenza di una bicicletta intorno
a noi. Uno di questi prevede di toccare la spalla del
guidatore dal lato della fiancata in cui si trova il ciclista.
Ecco allora che il proiettore a ultrasuoni potrebbe entrare in gioco per darci questo colpetto. Altri strumenti
di segnalazione potrebbero essere un sistema di illuminazione dell’interno del veicolo con delle finiture
dell’abitacolo in grado di cambiare colore, oppure con
dei sistemi di segnalazione tattili sui pedali. Quest’ultima è un’altra nuova tecnologia su cui sta lavorando
Jaguar Land Rover e che abbiamo potuto anche testare di persona in pista su delle Range Rover prototipo.
Essenzialmente si tratta di un meccanismo in grado di
trasmettere dei pattern di vibrazione e dei colpetti al
pedale dell’acceleratore per segnalarci di un immi-
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segue a pagina 31 
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MAGAZINE
AUTOMOTIVE
Jaguar Land Rover e l’auto del futuro
segue Da pagina 30 
nente pericolo, limiti di velocità od ostacoli sulla carreggiata. Se le videocamere rilevano un cartello con
un nuovo limite di velocità, il pedale dell’acceleratore
diventa ad esempio improvvisamente molto duro da
premere, avvertendoci che non dovremmo superare
l’attuale velocità di crociera. Accelerare resta possibile, sia chiaro, ma occorre imprimere maggior forza. Se
viene rilevata una buca sulla carreggiata, riceveremo
un colpetto deciso sul pedale che ci avverte di rallentare, mentre altri pattern possono venire stabiliti per
altri tipi di segnalazioni.
Nuovi sensori, dentro e fuori
dall’abitacolo

Il riconoscimento delle buche fa parte di un progetto
più ampio di Jaguar Land Rover, che punta a sfruttare le videocamere stereoscopiche, che l’azienda già
monta su alcuni modelli per le funzioni di controllo
crociera e dei limiti di velocità, in congiunzione con
i sensori all’interno delle sospensioni, per identificare
le deformità dell’asfalto e trasmetterne la posizione e
le caratteristiche a un sistema di mappatura nel cloud.
Quando un tot di veicoli incappa in una buca, la sua
immagine e posizione viene inviata al sistema centrale e da qui redistribuita alle altre auto, così che i guidatori potranno ricevere dei tempestivi alert quando
si avvicinano alla stessa buca. Tutti i progetti di auto a
guida autonoma si basano su un gran numero di sensori per ricostruire una mappa tridimensionale della
strada circostante, ma il problema principale rimane
quello di trovare il giusto compromesso tra completezza della sensoristica e costo dell’intero sistema.
RADAR e LIDAR sono le tecnologie in via di esplorazione per i veicoli automatici, ma prima di allora molto
si potrà già fare con le videocamere stereoscopiche
che JLR punta a mettere su ogni sui modello di entrambi i marchi. Grazie alle sempre crescenti possibilità di elaborazione delle immagini, le videocamere
possono essere degli ottimi sensori, specie se utilizzate in combinazione con la cosiddetta “structured
light”: si tratta della proiezione sul manto stradale
in fronte al veicolo di un pattern di punti sia in luce
visibile che non; interpretando la deformazione della griglia sulla strada è possibile identificare buche,
gobbe, asperità e ottenere dati significativi sul tipo di
terreno che si sta percorrendo. Si tratta di un esempio
di utilizzo di tecnologia a basso costo, che però se
usata in modo intelligente può fornire un gran numero di informazioni. Jaguar Land Rover ha intenzione
di utilizzare lo stesso approccio anche per le altre
tecnologie, RADAR e LIDAR, in modo tale arrivare
al giusto bilanciamento tra costi e benefici. Il lavoro
sui sensori non riguarda però solo la strada e ciò che
circonda il veicolo. JLR sta infatti sviluppando delle
tecnologie per monitorare lo stato di chi si trova alla
guida. In un futuro in cui le auto guideranno da sole, il
sistema di bordo dovrà essere in grado di sapere se
il pilota è pronto per riprendere i comandi del veicolo. Ma già oggi poter prevenire colpi di sonno, malori
(si pensi agli attacchi cardiaci) o stress del guidatore
può essere fondamentale per migliorare la sicurezza
torna al sommario
Una delle tecnologie più interessanti che abbiamo
visto a Gaydon: un proiettore a ultrasuoni che dà
la sensazione di toccare oggetti che non esistono
sulle strade. Jaguar Land Rover ci ha mostrato due
tecnologie che vanno in questa direzione. La prima è
costituita da particolari sensori integrati direttamente
nello schienale, in grado di misurare battito cardiaco
e respiro attraverso le vibrazioni trasmesse al sedile.
Durante la nostra prova il sistema è riuscito a rilevare brevemente il respiro, ma non il battito cardiaco,
per cui sembra che di lavoro da fare ce ne sia ancora.
Mind Sense è invece una tecnologia più avveniristica
che permette di determinare lo stato di concentrazione del guidatore analizzando le sue onde celebrali.
La demo a cui abbiamo partecipato non richiede di indossare alcunché sul capo e la tecnologia sfrutta dei
sensori sul volante per leggere le onde direttamente
dalla punta delle nostre dita. Il sistema sembra essere
già in grado di determinare il nostro stato di concentrazione, anche se al momento non è in grado di distinguere verso cosa è rivolta la nostra attenzione.
Primi passi verso la guida autonoma
Se l’analisi delle nostre onde celebrali sembra qualcosa di più vicino alla fantascienza che a tecnologie
presto disponibili nelle nostre auto, durante la nostra
visita non sono mancate dimostrazioni di funzionalità ben più vicine alla commercializzazione. In alcuni
articoli abbiamo già parlato del “remote control”, il
controllo del veicolo dal suo esterno tramite un’app
per lo smartphone per uscire da situazioni difficili
Dal tablet durante la prova su pista era possibile
selezionare una manovra da far eseguire automaticamente all’auto: inversione a U, inversione a più
manovre, e disegnare un 8. A parte frenate un po’
brusche, il sistema funziona già ottimamente
come fossati, vicoli strettissimi o parcheggi a incastro.
Dimostrato su un prototipo di Range Rover Sport, la
tecnologia funziona via Bluetooth entro un raggio
di 10 metri e con velocità massima di circa 6 km/h,
dando controllo su volante, freni, acceleratore e cambio. L’idea è che il guidatore rimanga vicino al veicolo
accopagnandolo “fuori dal guado” in modo altrimenti
impossibile stando all’interno dell’auto. Prima dell’effettiva commercializzazione di questa funzionalità,
Jaguar Land Rover potrebbe decidere di passare al
Wi-Fi dal Bluetooth, visto che come abbiamo potuto
sperimentare la connessione in questa modalità non
è del tutto stabilissima. Altra funzionalità, che è molto
vicina a diventare effettivamente disponibile, è quella
che Jaguar Land Rover chiama “Multi-Point Turn”. Si
tratta di un primo esempio di guida autonoma seppure applicata a una manovra ben precisa: effettuare
un’inversione a 180 gradi in uno spazio ristretto. Avete
presente quelle situazioni in cui occorre fare numerose manovre avanti e indietro per cambiare direzione
di marcia perché siamo chiusi tra due ostacoli? In futuro basterà schiacciare un tasto e, sfruttando i sensori
di prossimità, l’auto penserà a eseguire la manovra in
autonomia giocando di sterzo al posto nostro. Il sistema funziona già egregiamente anche se forse tende
a essere un po’ troppo deciso in frenata. Jaguar Land
Rover sta ancora lavorando sul sistema di rilevamento
di ostacoli e soprattutto pedoni, che dovrà essere a
prova di errore prima che questa funzionalità possa
essere finalmente commercializzata.
Realtà virtuale come strumento
di progettazione
La nostra visita si è conclusa con uno sguardo anche
a un laboratorio di realtà virtuale in cui vengono sviluppate simulazioni per due scopi diversi. Il primo è
quello del design e sviluppo della catena di produzione. Spesso ci si dimentica che è facile disegnare
un’auto lasciandosi guidare dalla propria immaginazione, ma poi la macchina va anche fisicamente costruita e per farlo occorrono fabbriche ad hoc. Jaguar
Land Rover utilizza un sistema di motion capture per
inserire un potenziale meccanico all’interno di una
ricostruzione tridimensionale del telaio del veicolo
che permette di verificare sia accessibilità ai componenti interni del veicolo da parte dell’operaio, che il
dimensionamento dei macchinari della fabbrica che
dovrà poi costruire le auto. Si tratta di un passaggio
che permette di rivedere il progetto dell’auto e delle
fabbriche prima di passare alla fase di realizzazione
vera e propria, con un notevole risparmio potenziale
rispetto a cambiamenti da apportare a giochi fatti. La
realtà virtuale viene impiegata anche nel design della
plancia e dell’interno del veicolo, con un simulatore
che permette di testare sia meccanicamente diverse configurazioni dei sedili, sia, tramite visori come
Oculus Rift, di immergersi nella riproduzione virtuale
dell’interno del veicolo, ma anche di diversi ambienti
esterni. Al momento la simulazione comprende solo il
visore, ma in futuro Jaguar Land Rover sta pensando
di aggiungere anche il motion capture per dare un
maggiore realismo alla simulazione potendo muovere
anche le braccia durante la simulazione.
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MAGAZINE
TEST Grazie a Dell, sponsor del team Aruba.it Racing, vi portiamo nei box per vedere come la tecnologia lavora sulle moto in pista
A Misano per scoprire le tecnologie delle superbike
Come funziona un team Superbike? Quanto conta l’elettronica per ottenere il tempo sul giro? Entriamo insieme nei box Ducati
di Claudio STELLARI
I
n occasione della tappa di Misano del Campionato mondiale Superbike siamo stati invitati da Dell a
seguire le prove del venerdì per scoprire da vicino
gli aspetti tecnologici più interessanti delle Superbike
e vedere qual è l’impatto dell’elettronica nel mondo
delle due ruote sportive. Dell, in particolare, è sponsor del team Aruba.it Racing, squadra ufficiale Ducati
nel Campionato Superbike, alla quale fornisce tutta
la parte di infrastruttura informatica: i server, i notebook Latitude della serie 6000 e 7000, i monitor, i PC
PowerEdge 630, soluzioni di storage e firewall. Tutto
il software di rilevazione dei dati e di gestione della
moto è invece di proprietà Ducati. Per chi non segue
da vicino questa disciplina sportiva, c’è da chiarire che
le moto utilizzate in Superbike derivano da un modello
di serie regolarmente in produzione, contrariamente a
quanto avviene per la MotoGP in cui le moto sono prototipi sviluppati in poche unità appositamente per partecipare alle gare e non in vendita nei concessionari.
Ciò rende tutto molto interessante: il mondo della SBK
è infatti più vicino alle soluzioni presenti sul mercato
e ha un approccio più diretto e aperto: velocità, alte
prestazioni e affidabilità devono essere ottenute utilizzando soluzioni non troppo lontane dalla produzione o
direttamente di serie.
Entriamo nei box, con rispetto
Finite le prove libere in pista entriamo nei box, in punta
di piedi e ovviamente con il massimo rispetto. Le attività fervono, i meccanici lavorano attorno alle moto sui
cavalletti, parzialmente smontate. L’aria che si respira e
di grande impegno, ma l’ambiente appare rilassato e
“alla mano”. Ovviamente non dobbiamo disturbare il lavoro, quindi non possiamo girare liberamente per il box
e nemmeno vedere proprio tutto, ma è giusto così. Ciò
non toglie che per, per un appassionato di tecnologia e
motori, ciò che vediamo è decisamente esaltante.
Iniziamo con un discorso meno hi-tech di quanto si legge solitamente su DDAY.it ma più dedicato agli appas-
sionati di corse. In particolare vogliamo capire quale sia
il legame di parentela tra la moto da corsa e il modello
commerciale. Stefano Cecconi, Team Principal della
squadra, ci spiega che: “Il regolamento dello scorso
anno ha introdotto modifiche che hanno ulteriormente
ristretto il margine di intervento sulle moto, per tornare
ad imporre più da vicino la fortissima parentela con la
moto in vendita. Il problema è stato però risolto dalle case motociclistiche, che hanno prodotto modelli
che sono praticamente moto da corsa”. È il caso della
Ducati Panigale R con motore a 1.198 cc: il regolamento
della Superbike 2015 ha imposto per i motori bicilindrici
una cilindrata massima di 1.200 cc, per cui la Panigale
con motore 1.299 cc non può essere utilizzata per le
gare. Ecco perché in gamma rimane la Panigale R con
motore 1.198 cc, che nel nome perde l’indicazione della
cilindrata a vantaggio della magica lettera R, a sottolineare il carattere Racing di questo modello. Questo
però non ha di fatto limitato le prestazioni; come ci dice
Stefano “Quest’anno, che teoricamente le moto sono
meno elaborate, vanno più forte”.
Il regolamento impone anche altri limiti, tra cui il numero massimo di motori utilizzabili in una stagione, pari
agli eventi in programma diviso 2 e arrotondati in eccesso: 7 motori per 13 gare. Se non dovessero bastare
è possibile usare altri motori, ma il pilota in quell’occa-
sione partirebbe per ultimo. Si possono eseguire eventuali piccole modifiche nel rispetto del regolamento:
ad esempio mentre eravamo ai box era in corso la sostituzione della frizione sulla moto di Davide Giuliano,
ma tutta la parte bassa del motore deve essere strettamente di serie. Queste regole sono state introdotte per
tenere sotto controllo i costi e permettere così ai team
non ufficiali di partecipare al Campionato, oltre che
per spingere i costruttori alla ricerca di una maggiore
affidabilità. Anche la centralina elettronica è soggetta
ad alcuni vincoli, anche se non così stretti: l’hardware
non è bloccato, ma c’è comunque l’obbligo di vendere la centralina a un prezzo imposto e calmierato ai
team privati. Ciò di fatto ne blocca lo sviluppo: impiegare risorse in questo senso comporterebbe alti costi
e i benefici sarebbero a disposizione anche di altri. Si
preferisce quindi lavorare sul software caricato nella
centralina della moto, ma c’è da tener presente che ai
team non ufficiali non può essere fornita una versione
“troppo vecchia” di software, indietro al massimo di
poche release.
Dentro la Superbike
Ogni moto ha un suo team tecnico
Entriamo nel discorso della tecnica applicata alla
Superbike con un interrogativo: com’è composto
un team e come lavora una squadra dedicata alla
Superbike? Ci risponde Stefano Cecconi: “La squadra
è composta da quasi 2 team, e ogni moto è seguita
da uno staff che lavora in modo separato. Il team che
lavora sulla moto è composto da un ingegnere di pista,
a cui si affianca un ingegnere elettronico che si occupa dell’acquisizione dei dati e della loro traduzione in
parametri software per la gestione della moto in base
anche alle indicazione del pilota. Ci sono poi un capo
meccanico e due meccanici, a cui si aggiungono un
tecnico specializzato per le gomme e una persona che
segue le sospensioni per entrambe le moto. Al vertice
– ci dice Stefano - c’è il direttore tecnico del team che
corrisponde in Ducati al progetto Superbike e che ha
un ruolo di riferimento anche per i team privati, che
comprano da Ducati le moto. Ci sono poi altre perso-
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AUTOMOTIVE
La tecnologia della Superbike
segue Da pagina 32 
ne, ad esempio chi si occupa del magazzino ricambi.
In totale il team che segue le moto in pista è composto
da 29 persone”.
Niente simulazione e telemetria
per la Superbike
Nella Superbike, dove interviene la “nostra” tecnologia, il computer per intenderci? La moto utilizza un
avanzato sistema di gestione elettronico composto
dalla centralina vera e propria e da diversi sensori che
rilevano il comportamento della moto in tempo reale
e la sua posizione in pista grazie al GPS. L’elettronica
sa quindi dove si trova la moto e si occupa di tradurre
i comandi del pilota per far andare la moto il più forte
possibile in ogni punto della pista, curva per curva, basandosi sul programma studiato dai tecnici e realizzato
in base alle caratteristiche del circuito. L’obiettivo è arrivare “al limite” senza oltrepassarlo. I tecnici utilizzano
il computer per interfacciarsi con l’elettronica di bordo,
per scaricare i dati (circa 30 GB in totale ogni weekend di gara) e modificare i parametri di funzionamento
delle varie parti del mezzo, per adeguare il comportamento delle moto secondo le indicazioni del pilota. Ma
attenzione: in Superbike il regolamento stabilisce che
durante la marcia in pista non è consentito né rilevare
né modificare i parametri della moto. Si possono solo
rilevare i tempi. I dati, quindi, si scaricano ai box, a moto
ferma, collegandola via cavo al computer non appena
possibile, come si vede bene nella foto qui sotto. Un
altro aspetto nel quale la componente hi-tech è molto
importante è la simulazione di guida, aspetto che però
nelle moto è molto difficile da sfruttare. A differenza dei
piloti di F1, che passano diverse ore nel simulatore di
guida, nelle moto il pilota con il suo peso (circa 1/3 del
totale) influisce in modo determinate sul comportamento della moto. Se il pilota si sposta anche di poco cambia tutto, ciò fa si che la simulazione per la Superbike
sia ben lontana da una scienza esatta. Nell’automobilismo - ci spiegano - il pilota è meno influente sul
bilanciamento, e per questo è possibile effettuare simulazioni che risultino attendibili. Con le moto bisogna
lavorare in pista, per fortuna i computer portatili odierni
offrono una potenza di elaborazione tale da consentire
l’acquisizione e l’elaborazione dei dati in tempo reale,
in modo tale da eseguire una regolazione ideale dei
parametri della moto sulla base delle condizioni concrete e lo stile del pilota. Quello che conta è quindi la
velocità di reazione, tuttavia nulla va perso: la “lettura”
dei dati ritenuti secondari dai tecnici può essere fatto
poi a casa, con calma, e utilizzata per lo sviluppo.
Il setup della moto
Ovvero una questione di compromessi
Il lavoro di setup della moto è una questione di piccoli
dettagli e di compromessi dettati dalla sensibilità del
pilota. Le variabili in campo sono moltissime e alcune
difficilmente prevedibili. Quello che si fa solitamente
è partire da un’impostazione generale di fabbrica che
mediamente funziona bene, affinandola man mano
nei turni di prova in circuito prima della gara. I parametri principali sui cui i tecnici intervengono riguardano
l’erogazione della potenza del motore e la quantità
di freno motore in rilascio, cioè quando il pilota molla
il gas prima di entrare in curva. Tutti questi interventi
sono eseguiti in modo personalizzato per ogni pilota
e per ogni tratto della pista grazie al GPS. In particolare a Misano quest’anno è stato sostituito l’asfalto e
quindi il giovedì prima della gara è stato fatto qualche
giro con un rilevatore GPS sulla moto, ciò ha permes-
so di rilevare quote, pendenza e contro pendenza
curva per curva del circuito.
Il Pilota gira la manopola
Ma è l’elettronica a dare gas
Scendiamo nei dettagli per quanto concerne l’intervento dell’elettronica della moto in gara, il cui ruolo
è decisamente importante. Partiamo dal comando
dell’acceleratore Ride by Wire, cioè privo del cavo
utilizzato solitamente sulle moto normali: non c’è una
corrispondenza fisica tra le parti, la rotazione della manopola del gas è rilevata elettronicamente e il segnale
viene inviato alla centralina elettronica della moto che
regola l’apertura del corpo farfallato.
Questo permette all’elettronica di controllare la potenza erogata dal motore: il pilota apre il gas ma la
centralina regola l’intervento in modo ottimale a seconda di diversi parametri, tra cui la posizione in pista
rilevata tramite GPS, l’inclinazione della moto e i dati
provenienti dal controllo di trazione. Lo scopo è quello di erogare la massima potenza possibile ma senza
compromettere l’equilibrio della moto e senza che la
ruota posteriore giri a vuoto. In questo modo si evitano
problemi di stabilità del mezzo, la gomma non si surriscaldamento e si degrada meno. Altro aspetto hi-tech
decisamente interessante è la rilevazione della temperatura delle gomme in tempo reale attraverso sensori a infrarosso, informazione che viene comunicata
alla centralina in realtime. L’intervento dell’elettronica
sulla potenza erogata può essere programmato via
software in tanti modi diversi, in modo deciso o più
blando, con una curva d’intervento più o meno ripida.
Ed qui che entra in gioco il fattore umano: è il pilota
che in base alle sue sensazioni da le indicazioni giuste
per far si che la moto sia veloce, può ad esempio desiderare un intervento più o meno pervasivo dell’elettronica. Le indicazioni del pilota vengono recepite dai
tecnici che le traducono in istruzioni per la centralina.
Un po’ di freno aiuta a curvare
Quando il pilota molla i freni per entrare in curva entra
in gioco il freno motore, un altro parametro sul quale lavorare a livello tech per ottenere il miglior tempo
sul giro. La tecnologia ultra sofisticata della moto fa sì
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I grafici mostrano l’andamento dei parametri scaricati dalla moto e rilevati punto per punto della pista
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segue a pagina 34 
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AUTOMOTIVE Autonomia super per prototipi della Chevrolet elettrica che arriverà nel 2017
Chevrolet Bolt, più di 300 km con una carica
Ora rimanere da centrare un altro importante bersaglio: contenere il prezzo di acquisto
N
di Poalo CENTOFANTI
on c’è solo Tesla a voler arrivare
nel 2017 con nuove auto elettriche in grado di offrire una buona
autonomia a un prezzo intorno ai 35.000
dollari: ricorderete infatti che a gennaio
General Motors aveva annunciato la
Chevrolet Bolt, auto con cui promette
oltre 200 miglia di autonomia (circa 320
chilometri) con una carica. In occasione dell’annuncio della nuova Cruze, la
storica azienda americana ha rilasciato
un aggiornamento sullo stato del progetto Bolt, affermando che lo sviluppo
sta procedendo a gonfie vele. Più di 50
esemplari di pre-produzione sono infatti
già sulle strade e i primi test dicono che
l’obiettivo per quanto riguarda l’autonomia è già stato raggiunto e persino superato. Su come sia stato raggiunto questo
risultato al momento le bocche sono
cucite, ma il fornitore delle batterie agli
ioni di litio dovrebbe essere, almeno per
quanto riguarda i prototipi, LG Chem. Al-
cuni dei modelli di pre-produzione sono
tra l’altro assemblati proprio in Corea del
Sud, il resto in Michigan, nella fabbrica
dove dovrebbe poi venire avviata la linea
di produzione definitiva della Bolt. General Motors spera di arrivare sul mercato
con un prezzo intorno ai 30.000 dollari,
cifra che però tiene conto delle detrazioni fiscali per i veicoli elettrici che negli
Stati Uniti valgono ben 7.500 dollari.
Chevrolet Bolt
L’elettrica con 200 miglia di autonomia
AUTOMOTIVE
Ford ti fa
lo sconto
se noleggi
la tua auto
Ford invita i proprietari a mettere a
disposizione le proprie auto (Ford)
per noleggio a terzi, quasi una sorta
di car sharing privato. Al momento
l’iniziativa è riservata ai clienti Londinesi, mentre per quanto riguarda
gli Stati Uniti il servizio sarà attivo
nelle città di Berkeley, Oakland,
San Francisco, Portland, Chicago e
Washington DC. Ma i clienti Ford cosa
ci guadagneranno? Chi ha acquistato
l’auto tramite pagamento dilazionato
potrà scontare quanto guadagnato
direttamente dalle rate residue,
mentre chi è proprietario diretto arrotonderà lo stipendio. La macchina
sarà accessibile solo a conducenti
che soddisfino un rigido protocollo di
“idoneità”; non è chiaro cosa ciò significhi, ma è palese che Ford voglia
ammettere al servizio solo chi non
abbia uno storico di incidenti ripetuti
o anomalie di altra natura.
AUTOMOTIVE
La tecnologia della Superbike
segue Da pagina 33 

che la centralina elettronica controlli come viene tolto
il gas, anche quando il pilota chiude la manopola completamente, l’elettronica può comandare che il gas
rimanga leggermente aperto. Questo evita un rallentamento troppo repentino della ruota posteriore e lascia
“correre” di più la moto.
Anche qui le modalità d’intervento dei tecnici sono diverse ed entra in gioco lo stile di guida del pilota e il
comportamento della moto: in alcune situazioni si può
desiderare un po’ più di freno motore, questo aiuta a
far girare la moto, permettendo di chiudere prima la
curva. La regolazione del freno motore viene effettuata curva per curva, la moto sa infatti dove si trova
grazie ai dati del GPS e applica alla lettera il programma caricato nella memoria della centralina, sviluppato
appositamente dai tecnici punto per punto della pista.
La regolazione del freno motore è fondamentale ma è
anche una delle operazioni che porta via più tempo,
perché spesso interventi di piccolissima entità possono avere un impatto determinate. Sul manubrio della
moto ci sono poi dei pulsanti colorati a disposizione
del pilota per scegliere la mappatura durante la gara,
ad esempio in base alla temperatura, alle condizioni
della pista, o al degrado delle gomme. Le diverse mappe intervengono sui parametri del motore: in Superbike è infatti vietato l’utilizzo di sospensioni elettroni-
torna al sommario
C’è anche chi preferisce aiutarsi con il freno posteriore. Chaz Davies ha perfino fatto installare sulla moto
una leva a manubrio (quella specie di paletta che si vede dietro la leva della frizione nella foto qui sopra)
Ciò gli permette di controllare con la mano il freno posteriore quando l’utilizzo del comando a pedale è
più difficoltoso, a causa dell’angolo di piega raggiunto in curva
che per motivi di sicurezza. Ognuno di questi pulsanti
corrisponde a una precisa impostazione sviluppata ad
hoc per la pista e caricata nella memoria della centralina elettronica. A livello visivo non siamo ai livelli di
un volante di una Formula 1, ma c’è da tener presente
che sulla moto tutto deve essere più facile da utilizzare e a portata di dito. Non è facile stare aggrappati al
manubrio e premere contemporaneamente i pulsanti,
tanto che i piloti molto spesso riescono a farlo solo sul
rettilineo, quando a più di 300 Km/h hanno un attimo
di calma. Se così si può chiamare...
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MAGAZINE
TEST Prodotto interessante per coloro che non conoscono Chromecast, che hanno un televisore senza app e poco smart
Mediaset Smart CAM Wi-Fi: Chromecast all’italiana
La nuova Smart CAM trasforma i vecchi TV in TV smart, abilitando tramite smartphone l’accesso a contenuti onDemand
di Roberto PEZZALI
P
er vedere Sky si utilizza il decoder, per vedere
Mediaset Premium, senza decoder e usando il
semplice TV, serve una CAM, un modulo da inserire dietro il TV all’interno del quale viene inserita a
sua volta la card. Dopo anni di Smart Cam di diverso
tipo, Mediaset ha introdotto recentemente un nuovo
modello Wi-Fi che andrà progressivamente a sostituire
tutte le CAM sul mercato diventando così l’unica porta per l’accesso ai contenuti della pay TV di Cologno
Monzese. La nuova Smart Cam Wi-Fi, che sarà anche
al centro della nuova offerta Mediaset Premium della
prossima stagione, oltre a gestire la decodifica dei canali televisivi dalla tessera permette anche la fruizione
di stream dal web tramite collegamento a smartphone
e tablet.
Siamo entrati in possesso di un campione del modello
destinato alla prossima stagione, ma ci teniamo a precisare che non è affatto diverso da quella che viene già
venduta nei negozi: cambiano solo logo e colore. L’altra cosa da spiegare bene è a chi serve questa Smart
Cam: serve esclusivamente a chi non ha un decoder
Bollino Gold e ha bisogno di vedere i canali Premium
dal TV. In aggiunta, ma questo è un bonus permesso
dalla connessione Wi-Fi, la nuova Smart Cam wireless
dà accesso tramite app per iOS e Android ai contenuti
onDemand associati all’abbonamento, in questo caso
Premium Play. Chi già ha una CAM vecchia versione e
chi ha un TV con a bordo l’applicazione Premium Play
deve fare i suoi conti: vale la pena spendere i 99 euro
chiesti? C’è da dire anche che Mediaset darà la Smart
Cam ai nuovi abbonati per la prossima stagione in comodato e permetterà ai vecchi abbonati di acquistarla
praticamente sottocosto.
Attenzione: non funziona uguale
su tutti i TV
La nuova Smart CAM wireless ha un vantaggio: è un
modello unico, che funziona sia con TV Common
Interface sia con TV Common Interface Plus: fino ad
oggi Mediaset ha sempre venduto la CAM standard
video
per le TV Common Interface e la nuova CAM HD per
i TV degli ultimi anni dotati già del nuovo slot. Difficile
per un utente sapere che tipo di slot CI c’è a bordo
del proprio TV (sempre che non sia un esperto), ma in
linea di massima i primi TV con tuner digitale terrestre
avevano a bordo la versione Common Interface, le TV
con tuner HD e quindi decoder H.264 all’interno la
versione CI+ (quelle degli ultimi 5 anni). Per farsi una
idea basta andare sul canale 501: se si vede il canale,
che è trasmesso in H.264, il TV è probabilmente dotato anche di slot CI+.
Saperlo è importante perché la CAM wireless Mediaset si comporta diversamente a seconda del tipo di
slot a bordo: i TV più vecchi, privi di decoder H.264
e di slot CI+ potranno vedere solo i canali in standard
definition di Mediaset Premium e non avranno accesso ai contenuti onDemand, quindi per questi utenti, se
già dotati di CAM, l’acquisto del nuovo modello è sostanzialmente inutile. Coloro che hanno invece un TV
con tuner H.264 ma con slot CI (non molti ma ci sono)
non potranno ugualmente vedere contenuti protetti in
HD ma avranno accesso almeno ai soli contenuti SD
di Premium Play. Per loro la nuova CAM è parzialmente utile, ma forse è meglio aggiungere un decoder o
cambiare TV. Per tutti gli altri, invece, la Smart Cam aggiunge la funzionalità Premium Play HD e abilita TV di
qualche anno, privi della funzionalità Smart, al mondo
dello streaming Mediaset.
Installazione semplicissima
e alla portata di tutti

Installare la Smart Cam wireless è semplice: basta
inserirla nello slot e attendere che il TV termini l’inizializzazione. Fatto questo basta scaricare l’app per
iOS o Android dal relativo store di app, collegarsi
alla rete wireless creata dalla CAM e impostare i dati
richiesti. Bene o male l’installazione è simile a quella
di Chromecast, e effettivamente questa Smart Cam
possiamo vederla come un Google Chromecast con a
torna al sommario
lab
bordo il modulo di decodifica per i canali lineari che il
prodotto di ovviamente Google non ha.
Terminato il setup la CAM effettuerà aggiornamenti software per migliorare la stabilità e sarà pronta per essere usata. In modalità standard non cambia nulla: con la
segue a pagina 36 
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ENTERTAINMENT La notizia da documenti Sony trafugati da hacker e resi pubblici da WikiLeaks
Nel futuro del Blu-ray spunta un formato HDR
Indiscrezioni sui Blu-ray del futuro: oltre al formato Ultra HD ci saranno nuovi dischi HD HDR
di Roberto PEZZALI
L
a brutta vicenda che ha coinvolto
Sony Pictures ha fatto emergere
dettagli interessanti sul futuro del
Blu-ray. Una presentazione creata da
Panasonic mostra infatti qualche dettaglio in più su quello che dovrebbe
essere il formato fisico dei dischi del
futuro, e ci fa ancora capire come sia
Panasonic la vera macchina dietro il
prossimo Blu-ray HD. Compilato lo
scorso anno, questo documento è la
risposta di Panasonic alle esigenze
precise di Warner, Disney e Sony Pictures che vogliono l’HDR non solo sui
futuri dischi Ultra HD ma anche sui Bluray in alta definizione. All’attuale Bluray disc, quindi, si affiancano ben tre
nuovi formati di disco: il Blu-ray Ultra
HD, il blu-ray Ultra HD HDR e anche
un Blu-ray HD HDR, contenuti quindi
in alta definizione ma ad ampia dinamica. Per tutti i nuovi formati servirà comunque un nuovo lettore: il video sarà
infatti compresso HEVC e ci saranno
nuovi rigidi sistemi di protezione.
Il documento chiarisce che dovrà esserci comunque compatibilità tra i nuovi dischi e gli attuali TV HD e Ultra HD: poco
importa che si perda HDR o risoluzione,
la compatibilità dev’essere garantita. Il
documento fa riferimento anche al possibile uso di un HDMI
2.1 per i contenuti Ultra
HD e HDR: crediamo
che si tratti in realtà
dell’HDMI 2.0a.
Parte del documento è
stato utilizzato per finalizzare le specifiche del
prossimo Blu-ray, con i
primi lettori che arriveranno il prossimo anno.
Resta il dubbio contenuti: Sony ha approva-
TEST
Smart Cam Wi-Fi Mediaset
segue Da pagina 35 
tessera dell’abbonamento inserita si potranno vedere i
canali SD e HD di Mediaset Premium dal 300 in poi.
Utilizzando invece l’applicazione, che dobbiamo dire è
ben fatta, si può scegliere uno dei titoli a catalogo Premium e inviarlo al TV per lo streaming. I titoli sono presenti sia in HD sia in SD, e la qualità dipende molto dalla banda a disposizione: con 10 Mbit in ogni caso siamo
riusciti ad ottenere uno stream di qualità tutto sommato
modesta, nulla che possa però essere paragonabile ad
to il formato, ma al momento, cercando
tra i documenti rubati, non emerge nessun piano dell’azienda per sbarcare sul
nuovo disco mentre si parla, e in modo
molto chiaro, di Ultra HD legato a Netflix
e allo streaming.
un Blu-ray. Molto dipende comunque dai master usati
e dal titolo, ma in linea di massima la qualità per essere
HD non è sempre eccezionale, soprattutto su un 55”
come il Samsung che abbiamo usato.
Tramite l’applicazione si può anche cambiare canale, sfogliare la guida TV e la libreria di contenuti
onDemand disponibili, ed esattamente come con
Chromecast smartphone o tablet non servono per poter vedere il film, una volta partita la visione si possono
anche spegnere. Per quanto il sistema funzioni bene
e sia intuitivo, qualcosa da sistemare ancora c’è: sul
Samsung JS8500 usato per la prova sistematicamente ogni 90 secondi circa abbiamo avvertito un piccolo
salto audio, e soprattutto non c’è modo per navigare
all’interno del film con il telecomando del televisore per
mettere in pausa o andare avanti, si deve usare l’app
sullo smartphone.
In futuro 4K e Infinity

La CAM al momento supporta solo Premium Play come
contenuti on demand, ma a breve dovrebbe arrivare
anche il supporto per Infinity. Sulla scatola Mediaset ha
voluto aggiungere anche il logo Ultra HD 4K: tramite lo
streaming è effettivamente possibile veicolare contenuti VOD in 4K, ma in questo caso il modulo supporta
solo il protocollo 802.11 b/g (fino a 54Mbit/s) e vediamo
davvero difficile che si possa gestire uno streaming
4K senza usare una compressione eccessiva, e a quel
punto sarebbe un 4K parecchio truffaldino (un po’
torna al sommario
Fox lancia
4 film HDR
per i TV 4K
Fox non ha voglia di aspettare l’arrivo del Blu-ray 4K e ha deciso di
lanciare subito i suoi film masterizzati Ultra HD HDR: Kingsman: The
Secret Service, Life of Pi, Exodus:
Gods and Kings e The Maze Runner
verranno rilasciati solo in versione
originale nelle prossime settimane
sulla piattaforma di download
digitale M-Go. Il servizio, che non
è disponibile in Italia, permetterà a
chi ha l’hard disk esterno Samsung
Video Pack di scaricare il file per
poi riprodurlo sui TV Samsung
S-UHD compatibili con contenuti
HDR. Nessuna idea di quanto possa
pesare il file, ma trattandosi di un
download si può anche aspettare
qualche ora in più per mettere
mano ai preziosi contenuti. Al
momento il formato sembra sia
compatibile solo con i TV Samsung
e il tipo di HDR utilizzato è quello
con metadati adatti alla tecnologia
usata dal produttore coreano. Non
è da escludere, l’arrivo di questi
contenuti anche su altre piattaforme, come Netflix.
come il finto HD).
Mediaset con la Smart CAM Wi-Fi ha senza dubbio
fatto un buon lavoro: qualcuno potrebbe dire che era
meglio avere il supporto Chromecast, ma alla fine
Chromecast non ha lo slot per la card dell’abbonamento. Questo modulo è fatto per l’utente che neppure ha
idea di cosa sia Chromecast, che ha un TV senza app
e poco smart e che grazie alla wireless cam può scoprire le meraviglie dello streaming. Chromecast, come
già detto da Mediaset, arriverà ugualmente e farà parte
dell’offerta Premium OnLine, realizzata proprio per i nativi digitali che preferiscono lo streaming alla normale
antenna. L’unica questione da risolvere è legata alla
compatibilità: accertarsi che funzioni con tutti i TV è un
lavoro immane, Mediaset a breve dovrebbe proporre
un bollino da attaccare sui TV dove certifica il funzionamento di questa nuova Smart CAM.
Concert for one
Cuffia P3. Un mix di alta qualità sonora e comfort di lusso, frutto della fusione calcolata e calibrata tra materiali pregiati e tecnologie raffinate. Nata dalla penna di Morten Warren, lo stesso creatore dello Zeppelin Air iPod Speaker, la P3, disponibile in 4 colori, nero, bianco, rosso e blu, ne conserva la personalità, il talento sonoro e la frequentazione privilegiata, ovvero l’iPod e l’iPhone dai quali estrapola il meglio dei conte-
nuti sonori, ne integra la funzionalità e la cosmetica. P3 è infatti dotata di un cavo con comando per iPod/iPhone con microfono e controllo volume/salto-traccia, utilissimo per tutti gli
amanti dei player firmati dalla mela argentata. Ma –ovviamenteP3 è "anche" una cuffia Hi Fi tradizionale di elevatissimo livello,
da poter collegare a qualsiasi sorgente standard, tramite il
cavo a corredo intercambiabile con quello per player Apple.
Zeppelin e Zeppelin Air sono marchi registrati di B&W Group Ltd. AirPlay, iPod, iPhone e iPad sono marchi di Apple Inc. registrati negli Stati Uniti e in altri paesi.
www.audiogamma.it
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TEST Ha senso un 40 pollici UltraHD? Si, secondo Panasonic. Vediamo se è davvero così e scopriamo come va questo “piccolo” TV
TV Panasonic CX700 in prova: 4K per 40 pollici
È uno dei primi TV in assoluto basato sulla piattaforma Firefox OS, risultata molto intuitiva e con un buon potenziale
di Paolo CENTOFANTI
ra inevitabile e già sta succedendo: come il
3D qualche anno fa, che ormai si trova come
“feature” su buona parte dei TV in commercio,
anche il 4K o Ultra HD si sta diffondendo su sempre
più modelli nelle gamme dei TV dei produttori. Panasonic quest’anno propone un gran numero di televisori
Ultra HD e praticamente in ogni taglio, giù fino al 40
pollici, come il modello oggetto della nostra prova appartenente alla serie CX700 (1099 euro), che si colloca
più o meno a metà tra l’entry level e i top di gamma.
Si tratta di un TV che oltre al pannello 4K si distingue
per il debutto della nuova piattaforma “smart” basata
su Firefox OS di Mozilla, per l’utilizzo della retroiluminazione Wide Colour Phosphor e dello Studio Master
Colour che rendono il TV in sostanza pronto per i prossimi contenuti con spazio colore esteso, e ancora local
dimming, interpolazione dei fotogrammi a 800 Hz, supporto per HEVC e Netflix in 4K. Ora, se consideriamo
che molte di queste caratteristiche ultimamente sono
state riservate dai vari produttori spesso a modelli di
fascia alta o comunque su tagli di schermo molto più
grandi, questo 40 pollici può essere molto interessante per tutti coloro che cercano un TV di qualità ma di
piccole dimensioni. Certo, resta una domanda da porci:
ma il 4K su un TV da 40 pollici ha davvero senso?
E
Un TV leggerissimo dal design minimale
Dire che la serie CX700 ha un design minimale è
poco. Il TV si presenta come uno schermo nero con
un piccolo bordo grigio in alluminio che fa da cornice
con la scritta bianca Panasonic al centro in basso. Due
piccoli supporti laterali fanno da base di appoggio al
televisore che essendo prevalentemente in plastica è
leggerissimo, circa 13 Kg, il che rende molto agevole
l’installazione anche da parte di una persona sola.
Non si tratta di un “brutto” TV, ma diciamo che è forse
un po’ troppo sobrio e ha un aspetto quasi da monitor
professionale, più che da TV consumer. Per quanto
riguarda le connessioni disponibili, queste sono praticamente quelle che potremmo definire standard.
Viste le dimensioni, sul 40 pollici c’è spazio per 3 ingressi HDMI 2.0 e tre porte USB di cui una 3.0, anche
se avremmo preferito magari 4 HDMI e una USB in
meno. C’è lo slot per un modulo Common Interface
per la visione di programmi criptati su digitale terrestre, e un tuner singolo DVB-T2. Il TV integra il decoder HEVC, sia per la visione di file multimediali, che
per VOD e soprattutto trasmissioni TV. Il WiFi c’è ed è
naturalmente integrato, ma troviamo anche una porta
di rete ethernet per il collegamento via cavo alla rete.
Il TV inoltre è dotato di connettività Bluetooth. C’è
persino una presa SCART intera, cosa che non pensavamo più di vedere sinceramente nel 2015, ingresso
component e la canonica uscita digitale audio ottica.
Lateralmente troviamo anche l’uscita per le cuffie e lo
slot per schede di memoria SD.
In dotazione abbiamo il solito telecomando Panaso-
video
lab
Panasonic TX-40CX700E
Ultimamente i produttori si sono concentrati nel realizzare TV di qualità soprattutto sui grandi formati. Il 40 pollici della serie CX700 non offre
magari le stesse prestazioni degli ultimi top di gamma che abbiamo visto, ma sa difendersi bene e offre una qualità di immagine in grado
di soddisfare anche l’appassionato che non vuole per forza un TV gigante per avere un nero decente, bei colori, buon dettaglio e funzioni al
passo con i tempi. Il CX700 di Panasonic offre tutte queste cose (pur non raggiungendo la perfezione), oltre a una piattaforma smart semplice,
diversa dalle altre e con un buon potenziale, anche se bisognerà vedere quanto Panasonic deciderà di crederci e sostenerla. L’unica cosa che
non ci convince del tutto è il prezzo di listino: lo avremmo preferito un 100 euro più basso.
8.0
Qualità
8
Longevità
8
COSA CI PIACE Buona qualità di immagine
Funzioni smart semplici
Design
7

Semplicità
9
D-Factor
8
Prezzo
8
COSA NON CI PIACE Firefox OS è una scommessa aperta
Local dimming buono ma migliorabile
nic, sempre uguale a se stesso ma di cui non ci lamentiamo assolutamente, visto che nella sua semplicità è davvero molto pratico nell’uso quotidiano. Sulla
gamma 2015, debutta un tasto dedicato a Netflix che
lancia direttamente la relativa app del servizio. Il problema è che si trova in una posizione dove può essere tranquillamente scambiato per il tasto home, con
il rischio che venga lanciata per sbaglio l’app un po’
troppo spesso, cosa che farà piacere all’azienda americana, un po’ meno agli utenti, specie fino a quando il
servizio non sarà disponibile anche in Italia.
Arriva Firefox OS
Tutto diventa più semplice
Panasonic ha deciso di cambiare ancora una volta
piattaforma smart TV e per differenziarsi dai concorrenti ha scelto la nuova soluzione di Mozilla,
Firefox OS per TV. Non ce ne voglia l’azienda giapponese, ma secondo noi si tratta di una mossa saggia, visto che come abbiamo avuto modo di scrivere
a ogni nuova versione della sua piattaforma, a nostro
avviso Panasonic non è mai riuscita a trovare la giusta
ispirazione. Firefox OS porta una ventata di colore e
soprattutto semplicità alle funzionalità smart, con una
segue a pagina 39 
torna al sommario
1.099,00 €
UN TV DI PICCOLO TAGLIO CHE SI VEDE BENE
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TEST
Panasonic TX-40CX700E
segue Da pagina 38 
video
lab
Panasonic TX-40CX700E
L’interfaccia Firefox OS
soluzione se vogliamo ridotta all’essenziale, ma davvero semplice da utilizzare.
Premendo il tasto Home sul telecomando, compariranno tre grosse icone: Diretta TV, Apps e dispositivi.
La prima, come si può intuire, dovunque ci troviamo
ci riporta all’ultimo canale TV sintonizzato. Cliccando
su Apps, passiamo all’elenco delle applicazioni installate e all’Apps Market dal quale, previa registrazione,
potremo scaricare altre app per il nostro TV. La terza
icona permette di selezionare ingressi esterni, dischi
esterni USB o server DLNA presenti sulla stessa rete
locale a cui è collegato il nostro televisore. Firefox OS
non ha ancora preso il “controllo” totale del TV però.
Tra le app, ad esempio, troviamo “registrazioni”, Guida TV e Viera Link, che non sono altro che gli stessi
precisi menù che trovavamo sui TV degli anni passati, con la grafica rigida e un po’ antiquata che li con-
MAGAZINE
traddistingueva. Anche dal menù dispositivi, selezionando un hard disk o un server di rete, veniamo poi
portati al lettore multimediale vecchio stile dei modelli
della scorsa generazione. Le altre app girano invece
su Firefox OS e sono alla fine delle web app, leggere
e veloci. Pre-installate troviamo Netflix, YouTube, Infinity, Chili, Wuaki.tv,, Eurosport Player e AUPEO!. La
scelta di app installabili non è ancora ricchissima, ma
troviamo Deezer, Facebook, Twitter, TuneIn Radio ed
Euronews giusto per citare alcune di quelle più utili.
Il passaggio da un menù all’altro di Firefox OS è accompagnato da animazioni fluide e, complice l’essenzialità della piattaforma, l’interfaccia offre una buona
responsività. Abbiamo testato sia l’app di Infinity che
di Netflix (in Italia da ottobre ricordiamo), ed entrambe
si aprono velocemente, sono leggere e perfettamente stabili durante la visione dei contenuti. Tenendo
premuto il tasto Home del telecomando si accede
alla homescreen con i quattro lati attivi selezionabili
tramite i tasti colorati del telecomando: qui troviamo
previsioni meteo, elenco dei canali TV con descrizione del programma in onda, una barra delle notifiche
che al momento è vuota, e infine dei consigli dalle
app di VOD (al momento da Chili). Al momento questa schermata non sembra particolarmente utile, ma
ci sembra di capire che ciascuno dei quattro “angoli”
è configurabile e potrebbe acquisire nuovi “widget”
con il maturare della piattaforma. Firefox OS per TV è
ancora un sistema molto giovane e bisognerà vedere
se riuscirà a crescere.
Il passaggio alla nuova piattaforma non ha inoltre significato l’abbandono delle funzionalità introdotte lo
scorso anno come TV AnyWhere, che permette di
accedere da remoto a registrazioni e persino il sintonizzatore su smartphone e tablet anche a TV spento.
Questa funzionalità non è stata integrata in Firefox OS
e il suo setup continua ad essere in realtà piuttosto
macchinoso. C’è una nuova app apposita, Panasonic
Media Center, che però è piuttosto lenta nella comunicazione con la piattaforma cloud di Panasonic, e tra
l’altro non siamo mai riusciti a ottenere una riproduzione stabile all’esterno della nostra rete, nonostante
la nostra connessione in fibra.
Buona pre-calibrazione
Si “doma” con facilità
Ciò che non è cambiato è il menù di configurazione
del TV che è pari pari quello che ha debuttato sulla gamma Panasonic dello scorso anno, a sua volta
derivato dai modelli dell’ultimo decennio almeno del
marchio giapponese. Il menù è molto completo sul
fronte delle regolazioni video e su questa serie abbiamo i classici profili predefiniti tra i quali TrueCinema è
quello da selezionare per avere una calibrazione di
default già molto vicina al riferimento. Il bilanciamento
del bianco, pur non perfetto è già abbastanza vicino
al riferimento, così come primari e secondari e livelli
di luminosità e contrasto (quest’ultimo, volendo può
essere tranquillamente alzato di qualche punto per un
po’ di dinamica in più). Con i controlli a disposizione si
riesce a ottenere agevolmente una perfetta calibrazione del bilanciamento del bianco, che tra l’altro riduce
notevolmente la distanza dal rifermento di primari e
secondari. Il verde continua a rimanere leggermente
“fuori asse”, ma l’errore medio è sufficientemente basso da non richiedere di mettere mano al sistema di color management, che comunque c’è ed è completo ed
efficace. Il local dimming, se attivato, altera completamente la curva del gamma a seconda della dimensione

Sopra i risultati delle misure prima della calibrazione con profilo TrueCinema. Sotto, invece, i risultati dopo la nostra calibrazione
torna al sommario
segue a pagina 40 
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MAGAZINE
HI-FI E HOME CINEMA Yamaha rinnova la serie di sintoamplificatori Aventage e la amplia verso il basso con due nuovi modelli
Yamaha Aventage, Dolby Atmos e DTS:X solo sui modelli top
Bluetooth e Wi-Fi sono di serie, ma per avere Dolby Atmos e DTS:X bisogna scegliere i modelli più costosi della gamma
di Roberto PEZZALI
amaha annuncia i nuovi modelli della serie Aventage con un buon anticipo rispetto alla distribuzione, che
avverrà in settembre. La novità principale
è l’allargamento della gamma verso il basso con due modelli inediti: RX-A550, RXA750 che si uniscono alle evoluzioni dei
modelli già noti della serie 40, RX-A850,
Y
RX-A1050, RX-A2050 e RX-A3050. La
nuova serie presenta piccoli affinamenti
rispetto alla serie precedente, ma importanti ai fini dell’ascolto: un nuovo circuito
di clock migliora le prestazioni durante
la riproduzione da network e Bluetooth,
il circuito Compressed Music Enhancer
migliora la riproduzione di brani MP3
e il circuito di autocalibrazione YPAO
è stato ulteriormente
migliorato, anche con
nuove
impostazioni
DSP controllabili dall’applicazione. Le caratteristiche
comuni
a tutti i nuovi modelli
sono il Wi-Fi integrato,
il Bluetooth, Airplay, la
compatibilità con file
TEST
Panasonic TX-40CX700E
segue Da pagina 39 
dei test pattern utilizzati per effettuare la calibrazione e
la misura, motivo per il quale non ha molto senso effettuare una taratura con la retroilluminazione dinamica
attivata: il risultato sui contenuti reali sarebbe comunque imprevedibile. La misura del gamma senza local
dimming evidenzia una curva praticamente perfetta
impostando nell’apposito menù la voce BT.1886. Panasonic dichiara inoltre per il TV una copertura di circa il
90% dello spazio colore DCI-P3 (quello che con ogni
probabilità verrà adottato sia dalla UHD Alliance che
nell’imminente Ultra HD Blu-ray) e stando alle misure
di laboratorio ciò corrisponde al vero. Manca ancora
qualcosa sul verde, ma sicuramente il TV potrà sfruttare
lo spazio colore più ampio, se e quando saranno disponibili i contenuti si intende. Con il local dimming attivato
già al minimo, il livello del nero è davvero molto buono, circa 0,030 cd/mq, e il rapporto di contrasto ANSI
è di 4800:1. In modalità full on/full off, il contrasto non è
misurabile, dato che in presenza di schermata nera la
retroilluminazione viene completamente spenta.
Convincono colori e contrasto

Torniamo dunque alla domanda iniziale: ma che senso ha un panello 4K su un TV da 40 pollici? Lo abbiamo ripetuto molte volte su queste pagine. Al di là del
maggiore livello di dettaglio potenzialmente offerto dal
salto di risoluzione, il passaggio a un pannello 4K ha
almeno due vantaggi rispetto a un normale full HD. La
griglia dei pixel diventa praticamente impossibile da distinguere, donando alle immagini anche di risoluzione
inferiore, un aspetto molto più compatto, quasi stampato sullo schermo; pensate ai display “retina” di smartphone e tablet: l’effetto è un po’ quello. La matrice più
torna al sommario
musicali fino al DSD 5,6 MHz, HDCP 2.2
per il 4K 60p e il controllo tramite l’app
dedicata scaricata su smartphone e tablet. I convertitori audio D/A partono
dagli ottimi Burr Brown 192kHz/24bit dei
modelli più “economici” sino ai prestigiosi ESS Sabre a 32 bit del modello più costoso. Per quanto riguarda le nuove codifiche Dolby e DTS invece si parte dal
modello 850 per avere la compatibilità
Dolby Atmos mentre per il DTS:X bisogna salire al modello 1050; una strada diversa da quella di molti concorrenti che
invece hanno di serie le due codifiche
sin dai modelli di gamma medio-bassa.
Ma vediamo meglio i due nuovi arrivati
nella gamma. L’RX-A550 è un modello
in configurazione 5.1 con potenza di 80
watt per canale (6 ohm - 0,09%THD) che
fitta di pixel, in secondo luogo, permette di filtrare con più efficacia la luce spuria della retroilluminazione a beneficio del rapporto di contrasto.
Nel caso specifico del CX700 ci viene in aiuto
anche il local dimming. Stia parlando su questo
modello di qualcosa di decisamente meno sofisticato rispetto a quanto abbiamo visto ultimamente sui TV di fascia più alta. La modulazione
della retroilluminazione non è particolarmente
fine ma il suo intervento diventa visibile già con
l’impostazione minima: i neri diventano immediatamente profondi e sparisce quella “patina”
tipici degli LCD senza controllo dinamico della
ritroilluminazione, Trattandosi di un LED Edge
non possiamo aspettarci la precisione dei modelli full LED, ma il taglio da 40 pollici non pone
nemmeno grossi problemi a questo tipo di soluzione. Nel complesso il local dimming del CX700 funziona abbastanza bene anche se in alcune situazioni,
ad esempio nei passaggi chiaro/scuro e viceversa, il
cambio di intensità della retroilluminazione diventa un
po’ troppo appariscente a causa di una risposta un po’
lenta. Nelle scene più scure il local dimming permette
di mantenere una buona profondità del nero e un contrasto convincente. La visione dei primi (scuri) capitoli di
Watchmen, usualmente una prova difficile per gli LCD
meno sofisticati, è scorsa via in modo piacevole, fatta
eccezione appunto per una certa lentezza della regolazione dinamica nei passaggi chiaro scuro. Nelle scene
più luminose si possono apprezzare sia contrasto che
brillantezza dei colori. “L’impronta” cromatica è quella
a cui Panasonic ci ha abituato sui modelli di fascia più
alta già da qualche anno: l’azienda definisce la gestione del colore Studio Master Colour a cui come abbiamo visto corrisponde una calibrazione molto precisa. Il
buon rapporto di contrasto fa quindi il paio con colori
caldi e saturi al punto giusto, che non sfociano mai nel-
punta alla sostanza con 17 programmi
DSP, ampia versatilità con 6 prese HDMI,
ingresso USB, circuito di autocalibrazione YPAO, funzioni Scene programmabili,
radio FM e un rassicurante peso di 8,1
kg. L’RX-A750 è un 7.2 con potenza di
90 watt per canale (8 ohm - 0,06%THD),
compatibilità HDMI 2.0a per HDR, Virtual Surround back e possibilità di sonorizzare una seconda zona in modo
indipendente. I prezzi di listino partono
da 549 euro per il modello 550 (disponibile a fine mese), poi troviamo l’RX-A
750 a 799 euro (disponibile da luglio),
RX-A850 a 949 euro (luglio), RX-A1050
a 1249 euro (disponibile da agosto), RXA2050 a 1599 euro (agosto) e il top di
gamma RX-A3050 a 2299 euro che sarà
nei negozi a settembre.
l’artificiale, con incarnati naturali, ma il TV ha anche la
capacità di “osare” quando serve con i contenuti che
lo richiedono. E ora veniamo al tema della risoluzione.
Su un 40 pollici i contenuti 4K fanno fatica a spiccare
rispetto a quelli full HD. Abbiamo fatto un confronto
con lo stesso corto nei due formati e le differenze sono
minime e visibili solo stando a distanza ravvicinata.
Con documentari o spettacoli girati in video, la maggiore risoluzione diventa un po’ più visibile, ma sfidiamo
l’utente comune a notare la differenza. Anche perché
l’upscaling dei contenuti full HD già produce immagini
di ottimo livello sul fronte del dettaglio, tanto più se si
attiva la funzione “ottimizza risoluzione” anche solo al
minimo. In un caso ci pare interessante la risoluzione
4K su un TV di questo taglio: l’utilizzo come monitor per
PC. La risoluzione in movimento è abbastanza buona, a
patto di attivare l’Intelligent Frame Creation, almeno su
“minimo”, impostazione che non introduce un’evidente
interpolazione ma aiuta a ridurre la percezione di scie
o cali di dettaglio.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
TEST Kindle Paperwhite è disponibile in versione Wi-Fi e in versione Wi-Fi + 3G: 129 euro per il primo, 189 per il secondo
Nuovo Kindle Paperwhite: qualità-prezzo al top
Amazon presenta il nuovo Paperwhite: schermo più definito e contrastato, nuovo font e cambia il sistema di impaginazione
di Roberto PEZZALI
o scorso anno, con l’annuncio del Kindle Voyage,
Amazon ha arricchito la sua gamma di ebook
reader con un modello di fascia alta, un libro elettronico senza compromessi destinato ai divoratori di
pagine che vogliono tra le mani un prodotto di assoluto
riferimento. Voyage, da vero prodotto top di gamma,
ha visto anche il debutto di un nuovo tipo di schermo
e-ink Carta con l’incredibile risoluzione di 1.448×1.072
pixel, 300 ppi. Un display sotto il profilo tecnologico,
ma vera carta dal punto di vista del look & feel. Voyage
è finalmente arrivato in Italia, e per il ritardo di distribuzione è arrivato insieme al nuovo Kindle Paperwhite,
l’ultimo nato in casa Amazon che usa proprio lo stesso
schermo da 300 ppi del modello top.
Amazon probabilmente pensava di lanciare prima il
modello top di gamma e poi questo di fascia media,
ma le scelte commerciali legate al nostro Paese hanno fatto in modo che noi ci ritrovassimo sulla scrivania
entrambi i lettori lo stesso giorno. Chi va oggi sullo
store di Amazon per acquistare un ebook reader in
previsione dell’estate si troverà davanti a entrambi i
modelli e dovrà scegliere: Voyage o Paperwhite? Abbiamo provato entrambi (qui la prova del Voyage),
e ovviamente la risposta a questa domanda si trova
in fondo alla prova. Paperwhite è il modello di maggior successo di Kindle, anche perché è stato il primo con illuminazione integrata. L’aggiunta del nuovo
schermo e migliorie software (che saranno disponibili
anche per l’attuale generazione) rendono il nuovo
Paperwhite (129 euro Wi-fi, 189 euro 3G) un prodotto
ancora più completo.
L
Lo schermo ha una marcia in più
Il nuovo schermo da 6” che Kindle Paperwhite eredita
dal Voyage è ovviamente il punto di forza di questo
ebook: fin dalla prima accensione ci rendiamo conto
di come questo tipo di schermo sia migliorato ulteriormente e di quanta poca sia ormai la differenza tra la
carta riciclata e uno schermo elettronico. La presenza
dell’illuminazione, ben distribuita e uniforme, rende
un eBook reader più versatile della stessa carta, e fa
piacere vedere come sia migliorata ancora l’uniformità, con uno schermo che appare praticamente privo
di macchie o aloni.
video
lab
Amazon Kindle Paperwhite
da 129 €
VOYAGE O PAPERWHITE? CONVIENE PIÙ QUEST’ULTIMO
Il Kindle Voyage, come avrete modo di leggere nella prova dedicata, è sicuramente un prodotto più curato del Paperwhite sotto il profilo
costruttivo ma non è molto diverso da quest’ultimo se guardiamo alla lettura. Il sensore di luminosità e i tasti per voltare pagina non sono
sufficienti a nostro parere a giustificare la differenza di prezzo: lo erano con il vecchio Paperwhite, ma ora lo schermo è uguale per entrambi i
modelli. Il Voyage, per quanto sia bellissimo da tenere in mano e da usare, è secondo noi una piccola occasione persa da parte di Amazon per
realizzare quello che poteva essere davvero il reader definitivo, con schermo da 7 o 8” per leggere anche testi scientifici in PDF e uno slot per
espandere i 4G di memoria interni.
8.6
Qualità
9
Longevità
9
Design
7
Semplicità
8
Qualità schermo eccezionale
COSA CI PIACE Nuovi sistema impaginazione e font COSA NON CI PIACE
Facilità d’utilizzo
D-Factor
8
Prezzo
9
Difficile gestione file PDF e ePub
Prezzo della versione 3G
Prezzo della custodia in pelle
Guardando con attenzione il bordo inferiore si notano
i quattro led di illuminazione, ma a una visione normale
è quasi impossibile capire da dove arriva la “magica”
luce. La risoluzione è arrivata a un punto che difficilmente risulta migliorabile: i caratteri sono praticamente stampati e si staccano con un netto contrasto dallo
sfondo, che mantiene nonostante la luce una buona
segue a pagina 42 

Lo schermo è decisamente neutro e l’illuminazione ben distribuita.
torna al sommario
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
TEST
Amazon Kindle Paperwhite
segue Da pagina 41 
neutralità cromatica. Il resto del Kindle è costruito attorno allo schermo: la cornice permette una pratica
impugnatura e ovviamente sono del tutto assenti pulsanti per voltare pagina: basta un naturale gesto sullo
schermo touch. Amazon non fa accenno alla memoria
integrata: dice solamente che può contenere migliaia
di libri ed effettivamente così è, perché i 4 GB sono
più che sufficienti per gestire la libreria. Inoltre, grazie
allo spazio cloud che Amazon mette a disposizione
(gratis per i contenuti acquistati, limitato a 5 GB per
quelli caricati dall’utente), la memoria integrata passa
davvero in secondo piano.
La ricarica del dispositivo si effettua tramite micro
USB: Amazon, nonostante la “classe” del dispositivo,
non ha inserito un caricatore nella confezione, c’è
solo il cavo. Scelta più che saggia, però: la batteria
dura un mese e non ci sarà difficoltà nel trovare una
porta USB per quelle quattro ore che servono a riportare il Kindle al 100% di carica.
Font e impaginazione
fanno la differenza

Il sistema operativo del Kindle rimane praticamente
invariato, anche se Amazon continua a fare piccoli miglioramenti per rendere ottimale la fruizione dei libri.
Quanto Amazon tenga all’esperienza d’uso lo si capisce dalle piccole cose: ogni aggiunta software è legata esclusivamente al piacere della lettura, e la stessa
creazione del nuovo font Bookerly sintetizza questa
passione che lega il team del Kindle ai libri. Bookerly,
per quanto la creazione di un font possa sembrare
una cosa banale, è stato studiato e pensato per ottimizzare la resa con tutte le dimensioni di carattere e
rendere al meglio su uno schermo di tipo e-ink: basta
fare un confronto tra gli altri font di sistema (Palatino o
Helvetica ad esempio) per rendersi conto di come la
lettura con Bookerly sia più naturale e riposante.
Amazon ha rivisto interamente anche il motore di im-
torna al sommario
paginazione: su alcuni libri le parole, inclusi i “capolettera” e gli “a capo” saranno distribuiti esattamente
come li ha pensati l’autore. Questa funzione richiede
ovviamente un ebook compatibile, ma Amazon assicura che la nuova tipografia è già disponibile su centinaia di migliaia di libri. Restano presenti ovviamente
tutte le altre funzioni già introdotte tempo addietro,
da FreeTime per incoraggiare i più piccoli alla lettura
al vocabolario.
Così come Amazon ha migliorato ulteriormente parte
delle funzioni di Kindle, allo stesso modo resta ferma
sui suoi principi: il Kindle è lo strumento per leggere i
libri che vengono acquistati su Amazon e non è molto
versatile se si tratta di visualizzare eBook acquistati
altrove o PDF. Per questi è assente il motore di reflow,
ovvero quel sistema che prova a impaginare i pdf sul
piccolo schermo distribuendo colonne, paragrafi e
parole: leggere un PDF sul Kindle è ovviamente possibile ma è molto difficile se questo è pensato per un
formato A4. Si può tentare una conversione inviando
il documento PDF al Kindle tramite “email” (quando
registrate il device, Amazon assegna un indirizzo di
tipo [email protected]) e inserendo come soggetto
della mail “convert”, ma il risultato non è perfetto. Provare non costa nulla, comunque.
I file in formato ePub, invece, vanno convertiti nei
formati nativi di Amazon utilizzando programmi come
Calibre. Calibre fa bene il lavoro e dispone anche di
un plug-in che elimina il sistema anticopia inserito in
alcuni eBook comprati su store di terzi: la conversio-
ne nella maggior parte dei casi funziona bene, in altri
un po’ meno. Dev’essere comunque chiaro che chi
sceglie Kindle lo fa perché ha intenzione di comprare
i libri su Amazon: chi pensa di acquistarli da altre librerie farebbe meglio a optare per un Kobo, più flessibile
e versatile da questo punto di vista.
C’è anche la versione 3G senza SIM
e la consigliamo
Kindle Paperwhite è disponibile in versione Wi-Fi e
in versione Wi-Fi + 3G: la connettività è ovviamente
necessaria per acquistare i libri e trasferire gli acquisti
dal cloud Amazon sul dispositivo, e in quest’ottica può
essere vantaggioso investire 189 euro per la versione
con 3G integrato. Non serve SIM e neppure abbonamento: paga tutto Amazon, anche se ovviamente la
connessione potrà essere usata solo per l’accesso al
suo store.
Amazon assicura il funzionamento in oltre 100 Paesi,
e la possibilità di accedere sempre al proprio spazio
cloud per scaricarsi nuovi libri o al negozio Amazon
per acquistarne di nuovi secondo noi vale quei 50
euro in più. Si tratta, ovviamente, di una scelta personale: chi è ormai entrato in fase di “shopping compulsivo” e ha deciso di regalarsi il miglior Paperwhite,
dovrebbe anche valutare la cover Premium dedicata
in pelle: un piccolo lusso da 49 euro che aumenta un
po’ il peso ma protegge e pulisce lo schermo con il
panno in microfibra interno. La chiusura della cover
spegne anche il Kindle e disattiva l’illuminazione.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
TEST I prezzi del miglior ebook reader di Amazon saranno di 249 euro per versione Wi-Fi e 3G e di 189 euro solo Wi-Fi
Kindle Voyage è la “Ferrari” degli ebook reader
Kindle Voyage di Amazon arriva in Italia: peso piuma, costruzione al top e schermo super risoluto. Il prezzo non è da poco
A
di Roberto PEZZALI
rriva finalmente anche in Italia il Kindle Voyage,
quello che è ad oggi il lettore di ebook più evoluto presente nel catalogo Amazon. Il prezzo è
importante, 249 euro nella versione Wi-Fi e 3G (189
euro solo Wi-Fi), ma chi legge anche due libri al mese
in poco più di un anno avrà ammortizzato la spesa: l’arrivo insieme al nuovo Kindle Paperwhite (qui la prova)
complica forse un po’ la vita a questo modello top: lo
schermo da 6” e 1448×1072 pixel (300 ppi) non è più
una assoluta novità e si perde quindi quello che era
forse l’elemento che più di tutti rendeva il Voyage il
vero prodotto “top”.
Restano comunque altri validi argomenti di discussione, dalla costruzione leggera al vetro frontale che elimina lo spessore della cornice, per arrivare al sensore
di luminosità automatico e alla presenza del tasto per
voltare pagina. Voyage risponde a quasi tutto quello che gli utenti Kindle avevano chiesto ad Amazon,
quasi perché resta sempre il limite di quello schermo
da 6” che a molti inizia a stare un po’ stretto. Se da
una parte è vero che per leggere PDF e documenti
di grandi dimensioni è meglio un tablet, dall’altra uno
schermo da 7” avrebbe probabilmente accontentato
tutti.
Costruzione in magnesio, peso piuma
Il Kindle Voyage si ispira, sia come linee sia come
design, alla serie di tablet Fire HDX: il tasto di accensione è stato inserito sul retro e lo stesso cabinet, in
lega di magnesio, presenta quel rivestimento superficiale soft che assicura un buon grip offrendo però
allo stesso tempo un contatto “caldo”.
Dimensioni e peso sono sicuramente due degli
aspetti più importanti da valutare quando parliamo
di un prodotto da tenere in mano, e qui Amazon è
riuscita a scendere di una decina di grammi rispetto
video
lab
Amazon Kindle Voyage
da 189 €
IL MIGLIOR EBOOK MAI FATTO DA AMAZON
Kindle Voyage è il modello top di gamma del produttore americano ed è ovviamente il miglior eBook Reader mai fatto da Amazon. Nonostante
lo schermo da 6”, e qui forse ci stava anche una versione più grande, Amazon ha ascoltato davvero i suoi clienti aggiungendo i tasti per voltare pagina, riducendo il peso e creando un prodotto più robusto e anche più facile da pulire. Permangono i limiti classici dei Kindle: comprando
Amazon Kindle si sposa un ecosistema dove si è quasi obbligati ad acquistare su Amazon, ma considerando prezzi e qualità del catalogo non
è necessariamente un difetto. Diciamo “quasi” perché non è un sistema chiuso al 100%: i libri in formato ePub richiedono per esempio la
conversione e i PDF sono gestiti abbastanza male, ma come detto questo è un prodotto fatto da Amazon per Amazon: libri, fumetti, saggi,
racconti e illustrati sviluppati con il formato Kindle 8 si leggono che è un vero piacere.
8.6
Qualità
9
Longevità
9
Design e costruzione
COSA CI PIACE Vetro f facile da pulire e robusto
Riduzione di peso e spessore
Design
9

9
COSA NON CI PIACE
al Paperwhite: Voyage sulla bilancia fa segnare 180
grammi, Paperwhite 205.
Nel nostro caso siamo a 188 grammi, in quanto la
versione provata dispone di connessione integrata 3G. Scende anche lo spessore, ma senza sacrifici di autonomia: 7,6 mm di profilo con una durata
che supera comunque il mese leggendo mezz’ora
al giorno. Trattandosi del prodotto top qualcuno poteva aspettarsi la presenza a bordo di una maggior
quantità di memoria, ma Amazon qui è inflessibile e
si mantiene sui 4 GB (3 utilizzabili) che bastano comunque per memorizzare migliaia di libri in formato
nativo. La memoria sarebbe risultata utile se il Kindle
Voyage avesse avuto un buon motore di lettura dei
PDF, notoriamente più grossi come dimensioni, ma
Kindle e PDF continuano a non andare troppo d’accordo.
torna al sommario
Semplicità
D-Factor
9
Prezzo
7
Prezzo elevato
Poche differenze con il Paperwhite
C’è solo la versione da 6”
Lo schermo è bellissimo,
Il vetro è un plus non da poco
Il Voyage è stato il primo ebook Reader Amazon ad
utilizzare il nuovo pannello e-ink “Carta” da 300 ppi e
1448×1072 pixel di risoluzione.
Come abbiamo già scritto anche nella prova del nuovo
Paperwhite ci troviamo davanti a una resa che ormai
è addirittura superiore per risoluzione a quella della
stampa, con caratteri nitidi, perfettamente contrastati
e leggibili senza alcuna fatica. Voyage dispone ovviamente di illuminazione frontale, e su questo modello
Amazon ha introdotto anche un sensore di luminosità
che regola la retroilluminazione a seconda della luce
ambientale: la regolazione automatica è comoda, ma
segue a pagina 44 
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29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
GADGET Pensata per chi vuole avere i gadget tecnologici sempre con sé e ci tiene allo stile
19 tasche per la giacca più geek del mondo
Ospita 19 gadget, ti fa usare il touch senza estrarli e ha un Personal Area Network interno
di Emanuele VILLA
COTTeVEST è un progetto di
Indiegogo che vuole essere la
giacca più geek al mondo, un
indumento pensato per ripararci dal
freddo (più della stagione autunnale
che di quella invernale) e per ospitare
tutta (dico, tutta) la nostra strumentazione elettronica mobile. Ha 19 tasche
ed è presentata come una tech-enabled jacket, il risultato di 15 anni di
studio e di progressiva ottimizzazione
degli spazi: è realizzata in microfibra
per essere morbida e leggera, ma la
sua mission è ospitare 19 oggetti diversi riuscendo ad essere indossabile con
facilità. Le tasche sono distribuite sia
all’esterno che all’interno e ricoprono
completamente la superficie dell’indumento. Abbiamo tasche per gli occhiali
S
con tanto di panno
pulente attaccato,
ma troviamo anche
quella ottimizzata
per lo smartphone
con un piccolo foro
per far passare il
cavo degli auricolari; questa tasca è
semitrasparente e
permette di usare
il touch dell’apparecchio senza doverlo estrarre. Non
manca la tasca per i documenti, quella
per le chiavi (da tenere rigorosamente
separate dal resto dell’attrezzatura),
per la penna, per i tablet, per la bottiglietta d’acqua e c’è anche un Personal Area Network, ovvero un intricato
sistema di collegamenti interni che
permette di agganciare prodotti anche
distanti, come lo smartphone e il suo
battery pack. Per chi volesse saperne
di più, indichiamo la pagina del progetto di Indiegogo.
GADGET
Seawolf
il sottomarino
per la GoPro
Seawolf è un vero mini sottomarino
che può alloggiare la GoPro Hero 3
o Hero 4 e portarla fino a 10 metri di
profondità, per riprese subacquee
stabili e di qualità. Disponibile in
versione cablata (modello F13) o
Wi-Fi (F11 e F12), è stato progettato
dalla TTRobotix, ha tenuta stagna
e prezzi a partire da 999 dollari. Il
sistema di movimento gli permette
di restare immerso anche in modo
statico per facilitare le riprese, e di
muoversi a una velocità di 3.3 km/h.
La batteria da 5.000 mAh dovrebbe
garantire circa 50 minuti di utilizzo.
Sarà
disponibile
all’inizio di
agosto.
TEST
Amazon Kindle Voyage
segue Da pagina 43 

preferiamo comunque la semplice regolazione manuale per avere un maggiore controllo.
L’illuminazione, neutra e uniforme, riesce ad essere
eccessiva se regolata al massimo e potrebbe dare
anche fastidio. Rispetto agli altri prodotti Kindle la
vera novità è la presenza di un vetro protettivo che
ricopre da bordo a bordo lo schermo e-ink: sparisce
il classico scalino tra schermo e cornice, un dettaglio
non da poco se ci si pensa bene.
Chi usa abitualmente un ebook Reader e lo ha portato anche in spiaggia potrà sicuramente raccontare
torna al sommario
di come lo scalino sia la parte più delicata per l’accumulo di sporco e piccoli granelli di sabbia, problemi
questi che il nuovo Voyage non ha.
Lo schermo è poi decisamente meno sensibile alle
ditate, guadagna qualcosa con il trattamento antiriflesso ed è più semplice da pulire con un panno in
microfibra. Chi è solito leggere con una sola mano
ritroverà con piacere sul Kindle Voyage anche i tasti
per sfogliare le pagine: il touch è sempre presente,
ma linea e punto ai bordi dello schermo permettono
di andare avanti o indietro.
La funzione può essere disattivata da menu e gestisce ovviamente i tocchi casuali; tasti sono ripetuti sui
due bordi per destri e mancini, sono capacitivi e restituiscono alla pressione un leggero feedback tattile
regolabile a piacere su più livelli.
Il nuovo font ancora manca
ma arriverà presto
Rispetto al Kindle Paperwhite, appena uscito e già dotato del nuovo software a bordo, il Voyage ha ancora la
precedente versione di Kindle OS. Manca il nuovo font
Bookerly, un font ad altissima risoluzione che permette
di godere al meglio del nuovo schermo e-ink e manca
anche il nuovo motore di impaginazione dei contenuti. Amazon dovrebbe rilasciare l’aggiornamento nelle
prossime settimane, ma al momento sotto il profilo dell’interfaccia il Paperwhite ha qualcosa in più.
Sul Voyage sono presenti quindi tutte le funzioni del
Kindle entry level, anche se ovviamente l’interfaccia è
leggermente più reattiva e nei menù di impostazione
troviamo le voci per regolare “Voltapagina” e luminosità. Anche per il Voyage dobbiamo apprezzare il modulo
3G integrato: sappiamo che è una spesa non da poco,
ma secondo noi, soprattutto su questo modello top di
gamma, sono soldi ben spesi. Il vantaggio del 3G, oltre
all’assenza di un canone e alla
connessione praticamente disponibile in tutto il mondo, è la
possibilità di gestire in remoto
la libreria. Se decidete di regalare il Kindle a qualcuno che
non è molto esperto di tecnologia potrete inviare via mail o
caricare voi stessi i libri sul suo
spazio cloud rendendoli così
disponibili per il download e
la lettura: non serve accesso
Wi-Fi o configurazioni particolari, basta davvero un click.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
TEST Tra i prodotti Ikea dedicati alla ricarica wireless troviamo un comodino con base integrata e una lampada da lavoro
Ricarica wireless: comoda, consuma 30% in più
Abbiamo provato la base di ricarica Nordmärke e la custodia Vitahult della svedese Ikea con il nostro iPhone 5s
Funziona bene, è bello ed è abbastanza rapido: i consumi sono stati di circa il 30% più alti, ma il costo resta trascurabile
A
di Emanuele VILLA
bbiamo dediso di occuparci un po’ di ricarica
wireless, un fenomeno presentato come la next
big thing qualche anno fa ma che ancora oggi
stenta a decollare. L’idea è senza dubbio intelligente,
considerando che lo smartphone - eccezioni escluse
- va ricaricato ogni giorno e che “mettere e togliere”
cavetti può creare situazioni antiestetiche in casa, soprattutto quando i dispositivi sono (ben) più di uno.
Ma ci sono tante domande cui rispondere per avere
un quadro esaustivo: esiste un solo standard o più di
uno? Che prodotti ci sono in commercio? E, soprattutto, quando ci vuole per ricaricare senza fili un telefono
e quanto incide questo sulla bolletta elettrica? Costa
molto di più ricaricare senza fili un telefono rispetto
alla ricarica “classica” con l’alimentatore in dotazione? In questa sede, dopo una breve introduzione
sugli standard di wireless charging, ci concentriamo
su quest’ultimo punto usando apparecchi dedicati a
marchio Ikea.
Gli standard: uno, nessuno o centomila?

Il problema, si sa, è lo standard di ricarica wireless,
che di fatto non è uno solo: quella che per qualche
anno è sembrata l’unica vera possibilità, ovvero lo
standard Qi del Wireless Power Consortium (WPC)
basato sul principio dell’induzione elettromagnetica,
ha dovuto prima fronteggiare la concorrenza della
Power Matters Alliance, poi dall’Alliance for Wireless
Power (A4WP) con Rezence e la tecnologia di ricarica
basata sulla risonanza magnetica. Infine, a complicare ulteriormente un quadro già confuso di suo ci ha
pensato la fusione delle ultime due con standard, prodotti e tecnologie ancora in fase di definizione. Resta
il fatto che non esiste un solo standard e che l’ipotesi
più probabile, per il presente e il futuro, resta la multicompatibilità dei prodotti: non per niente Galaxy S6 è
compatibile sia Qi che PMA.
Per testare sul campo la ricarica wireless ci siamo ricordati di una notizia di qualche mese fa: l’ingresso
del colosso Ikea nel mercato hi-tech con un’infinità di
soluzioni dedicate alla ricarica wireless in standard Qi,
standard che quanto meno è supportato da “nomi illustri” come Galaxy S6, molti Lumia come il 735, l’830 e
il 930, Nexus 5, Nexus 6, Yotaphone 2 e altri ancora.
Rispetto al totale, il numero è ancora basso, ma per
tutti gli altri ci sono due possibilità: l’installazione di
una piccola antenna all’interno dello chassis (caso,
per esempio, dell’LG G3), oppure l’ipotesi più aggressiva che è l’acquisto di una custodia ad hoc, contenente l’antenna di ricarica wireless e, in alcuni casi,
anche una batteria supplementare che funge da battery pack. Alcuni produttori, come Sony per l’Xperia
Z3, offre custodia su misura per la ricarica wireless,
in altri casi è possibile acquistarne di produttori terzi
come, appunto, Ikea.
torna al sommario
video
lab
Ikea e la ricarica wireless
C’è anche un comodino!
Utile per chi non ha bisogno
della custodia
Il produttore svedese ha in catalogo molti prodotti dedicati alla ricarica wireless (Qi): da una piccola
base come quella in prova (che si chiama Nordmärke)
arriviamo fino al Selje, che è un comodino con base
integrata, passando per il Nordmärke triplo (per tre
telefoni), il comodino “wireless” Nordli, la lampada
da lavoro Riggad con ricarica wireless e Jyssen, un
piccolo wireless charger pensato per essere integrato
nei mobili esistenti, dando loro un tocco di hi-tech.
Se il telefono non è Qi-compliant, come nel caso degli
iPhone, Ikea offre delle custodie su misura contenenti
l’antenna: nella prova abbiamo usato un iPhone 5s,
per cui ne abbiamo avuto bisogno.
C’è ben poco da spiegare circa il funzionamento di
Nordmärke: si attacca la base alla presa di corrente
e, quando c’è bisogno di ricaricare il telefono, lo si
appoggia sopra. La ricarica inizia istantaneamente, e
c’è anche la possibilità di ricaricare un secondo dispositivo via filo tramite la presa USB integrata.
La base funziona bene, e questo è il punto di partenza: è carina dal punto di vista estetico, tutt’altro
che ingombrante e molto leggera, si adatta bene a
una scrivania o a un tavolo di legno e svolge il suo
lavoro egregiamente. Ma ci permettiamo una considerazione sulla custodia, della quale abbiamo avuto
bisogno usando iPhone 5s come smartphone da ricaricare. Anche lei funziona bene, nulla da eccepire, ma
facciamo una considerazione di comodità: la ricarica
wireless deve essere comoda, deve permetterci di
appoggiare il telefono appena entrati in casa e di disegue a pagina 46 
Presente una presa USB per ricaricare un secondo
dispositivo.
n.115 / 15
29 GIUGNO 2015
MAGAZINE
SMARTHOME Il dispositivo di Netatmo era già stata presentato al CES 2015 di Las Vegas
La IP Camera che riconosce la tua faccia
SMARTHOME
Welcome di Netatmo con riconoscimento facciale avanzato arriva in Italia a 199 euro
Ecco la ricarica
wireless veloce
mente – anche
di estranei, fungendo così da
videocamera di
sorveglianza a
tutti gli effetti.
Welcome offre
130° di angolazione visiva e
una buona visibilità notturna
grazie al LED
a infrarossi, mentre come funzionalità
troviamo le notifiche, il monitoraggio
da remoto, la registrazione video, la
cronologia degli eventi e la possibilità
di personalizzare le possibilità di riconoscimento del volto e l’invio delle notifiche per rispetto della privacy.
Nonostante il concetto di ricarica
wireless sia consolidato, c’è un problema di rapidità di ricarica che i vari
produttori devono affrontare, soprattutto quando si tratta di confrontarsi
con tecnologie di fast-charging. Ecco
perché il consorzio che sta alla base
dello standard Qi (il più diffuso),
il Wireless Power Consortium, ha
annunciato una nuova revisione dello
standard capace di supportare i 15W
di potenza, che ridurrebbe i tempi di
ricarica dei dispositivi rispetto alla
versione attuale. Il nuovo standard
potrebbe portare a prestazioni
analoghe rispetto alle tecnologie di
ricarica rapida esistenti: si parla del
60% di una batteria da smartphone
in 30 minuti, ma ovviamente il dato
è indicativo. Resta da valutare la
questione di consumi.
di Emanuele VILLA
A
nnunciata al CES di Las Vegas (e
da noi già considerata in questo
articolo), la nuovissima IP Cam di
Netatmo con riconoscimento facciale
arriva in Italia a 199 euro di listino. La
sua particolarità non sta tanto nell’estetica curata o nell’app di facile utilizzo e
ricca di funzioni, ma appunto nella sua
capacità di riconoscimento facciale,
che la distingue dalle altre proposte
del mercato.
Welcome riconosce i soggetti presenti nel suo database e invia notifiche
allo smartphone dell’utente: dando un
nome ai volti che riconosce, Welcome
può segnalarci l’arrivo in casa di un
parente, di un amico o – eventual-
TEST
Ricarica wireless Ikea
segue Da pagina 45 
menticarcelo, non ha molto senso se prima di iniziare
la ricarica dobbiamo montare una custodia attorno al
telefono, custodia che può essere realizzata in modo
impeccabile (come in questo caso) ma è pur sempre
un ingombro in più. Piuttosto, ha senso se nell’ottica
del nucleo familiare troviamo un Galaxy S6, un Nexus
6 e un iPhone: se due telefoni su tre si ricaricano senza fili in modo nativo, il terzo si può anche adattare
tramite una custodia, ma acquistare appositamente
charger e custodia per un telefono non predisposto
è una mossa di scarsa utilità.
Con iPhone 5S: carica stabile e comoda
Consumi +30% ma si spende
comunque pochissimo

Per non limitarci a constatare il funzionamento del
prodotto e della ricarica wireless, che tra l’altro esiste da anni, abbiamo ricaricato da zero un iPhone 5s
acceso e sotto Wi-Fi (dato non trascurabile, ma supponiamo sia il caso più comune) e rilevato tempi e
torna al sommario
L’applicazione è disponibile per dispositivi iOS e Android, la connettività di
rete è Wi-Fi o Ethernet, c’è un microfono incorporato e la registrazione video
avviene in Full HD.
Disponibilità immediata in Italia, a 199
euro di listino.
consumi, tenendo in considerazione che la batteria è
da 1.570 mAh.
Il telefono ha impiegato circa 120 minuti per raggiungere il 100% della carica da zero, il che è solo leggermente superiore a quanto rilevato dalla carica tradizionale con alimentatore Apple, ma il telefono era
acceso, quindi con ricezione di mail, whatsapp e via
dicendo. Da notare che la carica è stata piuttosto rapida per il primo 80%, dopo di che abbiamo constatato
un certo rallentamento fino alla fine.
Ovviamente le ultime generazioni di smartphone, con
relative tecnologie di fast charging, offrono prestazioni decisamente diverse, ma qui è in ballo il fattore comodità più che quello prestazionale. Se c’è bisogno di
ricaricare il telefono in una manciata di minuti, lasciate
perdere il wireless.
Interessante anche il discorso dei consumi, che ci
permettono di stimare il costo della singola ricarica
e fare un confronto (assolutamente di massima) tra il
costo di una ricarica wireless e una a filo.
Il risultato si riassume in modo rapido: la ricarica
wireless dello smartphone è sufficientemente rapida
e non ci farà diventare poveri, ma ovviamente è un po’
meno efficiente di quella tradizionale. Il ciclo 0-100%
del nostro iPhone 5s con 10 mesi di vita, cosa che
c’entra ai fini dell’efficienza della batteria, ha consumato circa 13 Wh se caricato con il charger Qi, con
una discreta accelerazione iniziale e ultimo 20% decisamente più lento.
Valutando il costo attuale di 1 kWh a 0,18 euro, questo
significa che il costo medio di una ricarica completa
di iPhone 5s è di 0,0024 euro, ovvero circa 1 euro all’anno.
Abbiamo approssimato perché quest’ultimo va considerato come un puro e semplice ordine di grandezza
(non andremo a spendere 20 euro per ricaricare lo
smartphone, in poche parole) poiché non considera lo
stand by, anche se la tecnologia Qi è molto efficiente
in questo stato, ma solo 365 cicli di carica. Tra l’altro
bisogna considerare fattori come l’anzianità della batteria da ricaricare, il tipo, il fatto che la maggior parte
delle persone ricarica il telefono di notte, lasciandolo
appoggiato al pad di ricarica molto di più di quanto
necessario per la carica completa, e molto altro.
Lo stesso procedimento (iPhone 5s) effettuato mediante il suo alimentatore ha impiegato (0-100%) circa 115
minuti ma ha consumato di meno: al 100% della carica,
il wattmetro ci segnala 9.95 Wh, il che si traduce in una
singola carica da poco meno di 0,0018 euro. Il totale
annuo resta irrisorio in entrambi i casi, ma la ricarica
wireless ha consumato (nel caso in questione) un 30%
in più. Lo scarto è certo rilevante a livello percentuale, ma finché si tratta di ricaricare lo smartphone o gli
smartphone la differenza in bolletta resta relativa, con
una comodità e un impatto estetico di livello superiore.
Ci si può fare un pensierino, ma meglio se si ha uno
smartphone già predisposto Qi...
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