CAPITOLO 6
Il marchio di fatto
di Luca Pecoraro
Sommario
1. Natura e titolaritaÁ del diritto. 2. La costituzione del diritto e requisiti del marchio. 2.1. L'uso. 2.2. La notorietaÁ. 3. Coesistenza tra marchio di fatto e marchio
registrato. 4. La circolazione del marchio. 5. Estinzione del marchio di fatto. ±
Caso 1. Quando l'uso puoÁ far sorgere un diritto sul marchio di fatto? Su chi grava l'onere probatorio del preuso? Come si puoÁ assolvere a tale onere? Possono
coesistere un marchio di fatto ed un successivo marchio registrato nella medesima zona? Indice dei contenuti: a) Uso del marchio di fatto e acquisto di capacitaÁ distintiva. b) Successione di utilizzatori, onere della prova del preuso e coesistenza tra i segni. c) La risposta del Tribunale. ± T. Trieste, 8-5-2007. ± Bibliografia.
Riferimenti normativi: artt. 2571, 2598, n. 1, c.c.; artt. 2, 12, lett. b), 28 c.p.i.;
artt. 8, n. 2, lett. c ), n. 4, 52, n. 1, lett. a) e c ), r.m.c.; art. 4, 4o co., lett. b),
direttiva 2008/95/CE.
1. NATURA
Á DEL DIRITTO 1.
E TITOLARITA
Come sopra illustrato, la fattispecie costitutiva principale del diritto di esclusiva su un marchio consiste nella registrazione, ai
sensi dell'art. 2 c.p.i. e dell'art. 6 r.m.c.
Inquadramento
normativo
Per un inquadramento dell'istituto, in dottrina si vedano: UBERTAZZI, Commentario breve alle
leggi su proprietaÁ intellettuale e concorrenza, Padova, 2007; RICOLFI, I segni distintivi, diritto
interno e comunitario, Torino, 1999; MANGINI, Il marchio non registrato, Padova, 1964; FRANCESCHELLI R., Sui marchi di impresa, Torino, 1988; SENA, Il diritto dei marchi , Milano, 2007; SPOLIDORO, Il preuso del marchio, in AA.VV., Commento tematico alla legge marchi , Torino, 1998;
VANZETTI, DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Milano, 2005; CARTELLA, Il marchio di fatto
nel Codice della ProprietaÁ Industriale, Milano, 2006; ABRIANI, I segni distintivi , in Tratt. Cottino,
Padova, 2001; BARBUTO, Art. 2571 c.c., in La giurisprudenza sul codice civile, Libro V tomo VI,
diretto da Cesare Ruperto, Milano, 2005.
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Il marchio di fatto
Tuttavia lo stesso art. 2 c.p.i. e, prima ancora, l'art. 2571 c.c., riconoscono all'uso ed alla notorietaÁ a questo conseguente un'efficacia costitutiva di diritti sul marchio non registrato, piuÁ comunemente definito ``marchio di fatto''.
Per effetto della previsione dell'art. 2, 4o co., c.p.i., al marchio di
fatto e al piuÁ ampio novero dei cc.dd. ``diritti non titolati'', ossia
quelli diversi dal marchio registrato (e quindi anche la ditta, l'insegna, le informazioni aziendali riservate, le indicazioni geografiche e i nomi a dominio) viene riconosciuta una tutela secondo le
disposizioni del Codice di proprietaÁ industriale e non piuÁ, quindi,
solo attraverso la disciplina sulla concorrenza sleale ed, in particolare, l'art. 2598, n. 1, c.c.
Di conseguenza anche al marchio di fatto saraÁ applicabile, in
quanto compatibile, la disciplina processuale e sanzionatoria prevista dal codice della proprietaÁ industriale, inclusa la competenza
delle Sezioni specializzate istituite presso alcuni Tribunali con il
d.lg. n. 168/2003 2.
La natura del diritto sul marchio di fatto eÁ stata in alcuni casi ricondotta a quella di un diritto assoluto 3, in altri alla disciplina sulla concorrenza sleale 4.
La giurisprudenza tende ad applicare al marchio di fatto i principi
generali previsti per il marchio registrato. In particolare, la piuÁ recente giurisprudenza ha ribadito l'applicabilitaÁ diretta della disciplina e della tutela del marchio registrato al marchio di fatto
quando quest'ultimo abbia una notorietaÁ generale e non puramente locale 5.
Tuttavia le differenze non solo di disciplina ma anche e, prima, di
natura tra il marchio registrato e quello di fatto esistono e sono
costantemente presenti a chi si trovi a doversi confrontare con
un marchio non registrato.
2
Si ritiene che in caso di marchio di fatto non si applichi la limitazione circa la legittimazione
all'azione di nullitaÁ di cui all'art. 122, 2o co., c.p.i., in capo al solo titolare dei diritti anteriori ed
al suo avente causa, ritenendo legittimato a far valere la nullitaÁ di un marchio di fatto anche
il titolare di un successivo marchio registrato sulla base di un anteriore diritto di terzi su un
segno anteriore identico o simile.
3
In tal senso, fra gli altri, LA VILLA, Introduzione al diritto dei marchi d'impresa, Torino, 1996,
60.
4
In tal senso, fra gli altri, MANGINI, op. cit., 81 ss.; RICOLFI, op. cit., 187.
5
T. Napoli, 26-3-2004, GADI, 2004, 959; T. Milano, 3-2-2005, RDI, 2005, 356 ss.
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INQUADRAMENTO
NORMATIVO
Una prima differenza attiene al riconoscimento della titolaritaÁ
del diritto: semplice e generalmente univoco nel caso di registrazione, risultando titolare chi eÁ indicato come tale nel certificato di
registrazione; necessariamente meno certo nel caso del marchio
di fatto, richiedendo una non sempre agevole attivitaÁ di accertamento e ricognizione.
In linea di principio il diritto sul marchio di fatto spetta a chi utilizza il marchio medesimo.
Incertezze possono sorgere nel caso in cui chi utilizzi il marchio
non registrato sia a cioÁ legittimato da accordi o, comunque, non
coincida con l'effettivo titolare del segno. Tale ipotesi eÁ quella che
si puoÁ verificare in caso di vendita in Italia di prodotti recanti il marchio di fatto, fabbricati e marchiati da altro soggetto all'estero 6.
In tale situazione, ad esempio, per individuare l'effettivo titolare
del diritto al segno di fatto occorreraÁ avere riguardo alla natura
del marchio come di ``fabbrica'' o di ``commercio'', e alle relazioni
contrattuali intercorrenti tra il produttore e il rivenditore, al fine
di accertare se la fabbricazione (e quindi l'apposizione del segno)
avviene su commissione o se, al contrario, la rivendita si pone come una fase del processo produttivo-commerciale avviato dal fabbricante.
Sotto altro profilo, parte della dottrina ha ritenuto di poter individuare una differenza tra il marchio registrato e quello di fatto
richiedendo, quale presupposto imprescindibile sin dall'origine
di quest'ultimo, la qualifica di imprenditore in capo al suo titolare,
a differenza che nel caso di marchio registrato, dove tale qualitaÁ
non eÁ richiesta.
Al di laÁ della relativa rilevanza pratica di tali considerazioni, altri
Autori hanno osservato che anche con riguardo al marchio di fatto
puoÁ verificarsi il caso di titolaritaÁ separata dalla qualitaÁ di imprenditore, seppure temporaneamente o per eventi particolari, come
nel caso di cessione di azienda separatamente dal segno, o di successione ereditaria 7.
Occorre comunque ricordare che il marchio per sua natura, ai senCass., 8-2-1974, n. 348, GADI, 42 ss.; per una rassegna di possibili cause di incertezza sulla
titolaritaÁ del diritto sul marchio non registrato CARTELLA, op. cit., 33 ss.
7
In tal senso CARTELLA, op. cit., 39.
6
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si degli artt. 2569 c.c. e 7 c.p.i. eÁ destinato a contraddistinguere
prodotti e servizi e che, traendo origine il marchio di fatto dall'uso
che ne viene fatto, appare normale che lo stesso e la sua sopravvivenza siano strettamente e inscindibilmente legati alla sussistenza di un'attivitaÁ di impresa, cioeÁ, appunto, di produzione e
scambio di beni o servizi.
In caso di conflitto tra piuÁ soggetti che facciano parimenti uso del
marchio non registrato, la relativa titolaritaÁ spetteraÁ al soggetto
che per primo lo ha utilizzato, a condizione che persistano i requisiti per l'esistenza e la validitaÁ del marchio medesimo (e che il
preutente riesca a dare prova del tempo e della natura del proprio
utilizzo).
PotraÁ invece verificarsi il caso di una pluralitaÁ di titolari di un
medesimo marchio di fatto anche per i medesimi prodotti o servizi in ambiti territoriali distinti, essendo tale titolaritaÁ connessa
all'uso del segno e alla notorietaÁ territorialmente acquisita dallo
stesso per effetto di tale utilizzo, come si vedraÁ piuÁ ampiamente in
seguito.
2. LA
COSTITUZIONE DEL DIRITTO E REQUISITI DEL MARCHIO.
L'elemento costitutivo principale del diritto sul marchio di fatto
consiste nell'uso che dello stesso viene fatto dal titolare per contraddistinguere i propri beni o servizi.
Tuttavia solo se da tale uso derivi notorietaÁ non puramente locale
il marchio di fatto saraÁ in condizione di impedire la registrazione
del segno da parte di un altro imprenditore, privandolo del requisito della novitaÁ, come previsto dall'art. 12, lett. b), c.p.i.
La notorietaÁ meramente locale del marchio derivante dall'uso, pur
non impedendo la registrazione del segno da parte di terzi, consentiraÁ al preutente di continuare a farne uso, anche ai fini della
pubblicitaÁ, nei limiti della diffusione locale e del preuso, nonostante la registrazione del segno, come risulta dal combinato disposto degli artt. 2571 c.c. e 12, lett. b), c.p.i.
Con riguardo ai requisiti del marchio di fatto, la normativa nulla
dispone espressamente.
Nel tentativo di colmare tale carenza, in dottrina e in giurispru176
INQUADRAMENTO
NORMATIVO
denza si eÁ affermato che il marchio di fatto deve essere dotato di
tutti i requisiti (novitaÁ, liceitaÁ capacitaÁ distintiva) che la legge richiede per i marchi registrati 8.
Tale opinione eÁ ora rafforzata dalla previsione dell'art. 22. c.p.i.
relativamente all'unitarietaÁ dei segni distintivi.
EÁ stato osservato peraltro, che, ove cosõÁ non fosse, il marchio di
fatto godrebbe di un regime di favore rispetto a quello registrato
del tutto ingiustificato 9.
Le conseguenze della carenza di uno o piuÁ dei predetti requisiti
saranno invece diverse in caso di marchio di fatto o registrato, difettando nel primo caso proprio del presupposto formale della registrazione.
In altre parole, trovando il marchio di fatto la propria fattispecie
costitutiva nell'uso, l'eventuale carenza di un requisito rileveraÁ
con riguardo alla possibile prosecuzione dell'uso del segno e alla
sua capacitaÁ di coesistere con un segno registrato o addirittura
di invalidarlo.
Meno condivisibile pare, invece, essere la tesi secondo la quale il
difetto di novitaÁ impedirebbe addirittura il sorgere di un marchio
di fatto: quest'ultimo, infatti, nasce di per seÂ, per il semplice uso
posto in essere 10.
Al piuÁ, in caso di difetto originario di un requisito del segno, potraÁ
parlarsi di un marchio di fatto ``irregolare'', il cui utilizzo potraÁ essere impedito dall'attivazione di un soggetto legittimato.
2.1. L'USO.
L'art. 2571 c.c., recitando «chi ha fatto uso di un marchio non registrato ha la facoltaÁ di continuare ad usarne...» prevede quale elemento costitutivo del diritto sul marchio di fatto esclusivamente
l'uso che dello stesso eÁ stato fatto prima della registrazione da
parte di altro soggetto del medesimo segno.
L'uso quale fattispecie costitutiva del diritto sul marchio non registrato eÁ ribadita dall'art. 12, lett. b), c.p.i., che espressamente prevede che «l'uso precedente del segno, quando non importi noto8
VANZETTI, DI CATALDO, op. cit., 281; Cass., 3-9-1976, n. 3076, GADI, 1976, n. 791, P. Monza,
1-4-1992, ivi , 1992, 544.
9
CARTELLA, op. cit., 42, 43.
10
CARTELLA, op. cit., 43.
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rietaÁ di esso, o importi notorietaÁ puramente locale, non toglie la
novitaÁ, ma il terzo preutente ha diritto di continuare nell'uso
del marchio, anche ai fini della pubblicitaÁ, nei limiti della diffusione locale, nonostante la registrazione del marchio stesso».
Nonostante le espressioni utilizzate dalle norme citate, parte della
dottrina ha ritenuto che l'uso non sia di per se sufficiente per far
sorgere il diritto sul segno di fatto, essendo necessaria anche la
notorietaÁ conseguente al medesimo 11.
Tuttavia tale orientamento non eÁ facilmente compatibile con il dato letterale dell'art. 12, lett. b), c.p.i., che espressamente contempla
la possibilitaÁ dell'esistenza di un marchio di fatto anche privo di notorietaÁ, prevedendo espressamente che non toglie novitaÁ al marchio successivamente registrato, l'uso che ``non importi notorietaÁ''.
Pare quindi piuÁ condivisibile la posizione della dottrina e della
giurisprudenza che ritiene il semplice uso sufficiente a conferire
capacitaÁ distintiva e quindi a completare la fattispecie costitutiva
del diritto sul segno non registrato 12, rilevando la notorietaÁ e
l'estensione della stessa al fine di conferire al marchio di fatto
un mero potere di coesistenza con il marchio registrato ovvero,
addirittura, un'efficacia invalidante dello stesso.
CioÁ non significa che l'uso del marchio di fatto non comporti
la conoscenza dello stesso nel pubblico, essendo tale conoscenza la
conseguenza naturale ed inevitabile della commercializzazione dei
beni o dei servizi contraddistinti con il segno.
Tuttavia tale conoscenza potraÁ essere del tutto limitata, ed in tal
caso il marchio saraÁ semplicemente ``conosciuto'', oppure tale conoscenza potraÁ avere un grado di diffusione e di riconoscimento
tale da consentire di accedere alla ``notorietaÁ'' (che a sua volta potraÁ
essere locale o generale).
Con riguardo alle caratteristiche richieste perche l'uso possa determinare la costituzione di un diritto sul marchio di fatto vi sono
opinioni in dottrina e in giurisprudenza non concordanti.
DI CATALDO, I segni distintivi , Milano, 1993; CORRADO, Segni distintivi, ditta, insegna, marchio, Milano, 1975, 266.
12
T. Trieste, 8-5-2007, RDI, 2008, 43 ss.; SPOLIDORO, op. cit., 49; in tal senso pare orientato
anche CARTELLA, op. cit., 62, sebbene quest'ultimo a p. 68, nt. 42, paia anche sostenere che
l'efficacia costitutiva si perfezioni nel momento in cui, per effetto dell'uso, si realizza il collegamento mnemonico segno di fatto/pubblico.
11
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INQUADRAMENTO
NORMATIVO
EÁ stato affermato che l'uso del marchio deve essere intenzionale e
continuo, non sperimentale o casuale 13, e che non possa concretizzarsi in episodi isolati o sporadici di vendita 14, e, ancora, che
debba essere effettivo 15.
Tuttavia, come eÁ stato anche fatto notare in dottrina, tali caratteristiche dell'uso devono adattarsi all'ipotesi espressamente contemplata dall'art. 12, lett. b), c.p.i., di un uso del marchio che non
importi notorietaÁ 16.
Se pertanto pare compatibile con tale previsione normativa l'esigenza che l'uso del marchio non sia episodico o sporadico, e che sia attuale ed effettivo, meno coerente apparirebbe il requisito della continuitaÁ, potendo ipotizzarsi anche un uso discontinuo (ad esempio,
stagionale o per particolari ricorrenze o campagne commerciali) 17.
Il marchio di fatto potraÁ essere di ``fabbrica'' o di ``commercio'', rilevando unicamente l'effettivo impiego del segno per contraddistinguere i prodotti o i servizi.
Un problema che si eÁ posto riguarda l'idoneitaÁ dell'utilizzo del
marchio nella mera fase preparatoria alla commercializzazione,
come nel caso, ad esempio, di mera diffusione a livello di intermediari commerciali (grossisti, distributori).
In tale caso da alcuni eÁ stata ritenuta perfezionata la fattispecie
costitutiva del diritto nella misura in cui l'immissione sul mercato
sia intervenuta in un ragionevole lasso di tempo 18.
Tuttavia viene ritenuto necessario che lo sbocco sul mercato (e
quindi il collegamento con la clientela) si verifichi effettivamente,
non potendo altrimenti ritenersi sorta la necessaria capacitaÁ distintiva del segno quantomeno con riguardo ad uno specifico mercato anche locale 19.
A. Catanzaro, 15-12-1990, GADI, 1990, 648; T. Catania, 25-1-1977, ivi , 1977, 221.
A. Milano, 4-2-1992, GADI, 1992, 426.
15
RICOLFI, op. cit., 86; MANGINI, op. cit., 16.
16
CARTELLA, op. cit., 67.
17
Si pensi, ad esempio, a manifestazioni sportive quali la Coppa America di vela, che non ha
avuto (e non ha) cadenze periodiche predefinite e continuative, oppure eventi socio-culturali
(concerti con una pluralitaÁ di artisti) o religiosi, quali l'ostensione della Sindone per un marchio
destinato, ad esempio, a contraddistinguere un servizio di guide turistiche, salvo poi valutare
le conseguenze del non uso protratto nel tempo intercorrente tra una manifestazione e la successiva. In senso contrario CARTELLA, op. cit., 68, il quale ritiene che la carenza di continuitaÁ
impedisca l'acquisto di capacitaÁ distintiva del segno.
18
Lodo 23-3-1992, GADI, 1992, 529 ss.
19
Non eÁ stato quindi ritenuto sufficiente a costituire un diritto sul marchio in Italia l'apposi13
14
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Altra ipotesi che ha sollevato divergenze di opinioni eÁ quella in cui
il marchio, prima di essere effettivamente usato per contraddistinguere prodotti o servizi, sia oggetto di una preventiva campagna pubblicitaria e se tale pubblicitaÁ rappresenti una forma di uso
idonea a far sorgere il marchio di fatto.
La tesi prevalente pare riconoscere efficacia costitutiva alla pubblicitaÁ, purche a questa segua in un ragionevole lasso di tempo
l'effettiva commercializzazione del bene o servizio ovvero purcheÂ
sussista un collegamento tra la pubblicitaÁ e i prodotti da contrassegnare, nel senso che questi esistano giaÁ o siano in fase di produzione 20.
Tale impostazione crea il problema di definire quale intervallo di
tempo possa essere considerato adeguato o accettabile tra la diffusione della pubblicitaÁ e l'immissione sul mercato del prodotto
contrassegnato.
Quale soluzione si eÁ proposto in dottrina di considerare la pubblicitaÁ rilevante solo se accompagnata dall'effettiva collocazione del
prodotto sul mercato, attribuendole quindi un ruolo di «coadiutore del processo di caricamento di valenza distintiva del segno» 21.
Tuttavia tale posizione non pare risolvere il problema dell'incertezza sulla sorte della registrazione di un segno uguale al marchio
di fatto nel periodo di tempo intercorrente tra la pubblicitaÁ e l'effettiva commercializzazione del prodotto, e dell'entitaÁ che tale lasso di tempo deve avere per far perdere di efficacia costitutiva la
successiva immissione sul mercato.
Invero la questione appare piuÁ teorica che reale: un marchio intanto esiste in quanto sia destinato a contraddistinguere un prodotto
o un servizio (art. 7 c.p.i.). Se non esiste un prodotto o un servizio
almeno in fase di preparazione per l'imminente immissione sul
mercato (conformemente al progetto industriale e di marketing
che l'impresa necessariamente ha predisposto anche in modo elementare o sommario), non puoÁ esistere nemmeno un marchio
destinato a contraddistinguerlo e conseguentemente chiunque pozione del marchio su prodotti destinati esclusivamente all'esportazione, T. Modena, 4-2-1972,
GADI, 1972, 468.
20
T. Catania, 25-1-1997, GADI, 1997, 244; Lodo 23-3-1992, ivi , 1992, 529 ss.
21
CARTELLA, op. cit., 84, 85.
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INQUADRAMENTO
NORMATIVO
trebbe registrare un segno uguale a quello che sarebbe soltanto
uno slogan pubblicitario, salvo che cioÁ non contrasti con altri diritti dell'ideatore dello stesso (ad esempio il diritto di autore).
2.2. LA NOTORIETAÁ.
Ove si ritenga, come sopra esposto, che la notorietaÁ non sia un
requisito per la costituzione del diritto sul marchio di fatto, ritenendo, conformemente alla previsione dell'art. 12, lett. b), c.p.i.,
che tale efficacia costitutiva sia da ricondursi unicamente all'uso
del segno, il concetto di notorietaÁ diventa unicamente l'elemento
essenziale per valutare il grado di efficacia del marchio e l'ambito
territoriale di tutelabilitaÁ del medesimo.
L'art. 12, lett. b), c.p.i., piuÁ volte citato, differenzia gli effetti collegati all'uso del marchio di fatto in base, appunto, al grado di notorietaÁ raggiunto, escludendo una capacitaÁ invalidante del successivo segno registrato nel caso in cui l'uso del primo marchio non
importi notorietaÁ ovvero determini una notorietaÁ solo locale.
In particolare si eÁ ritenuto che efficacia locale si abbia nel momento in cui la conoscenza del marchio sia rimasta contenuta entro
confini territoriali piuttosto ristretti 22.
AldilaÁ dell'enunciazione teorica, l'applicazione pratica di tale principio ha evidenziato ampi margini di soggettivitaÁ, portando a risultati anche notevolmente diversi tra loro.
EÁ quindi stato ritenuto che la notorietaÁ non sia locale quando si
estende a piuÁ regioni 23, mentre l'ambito di una sola regione eÁ stato oggetto di pronunce divergenti 24. In altri casi eÁ stato ritenuto
che l'uso in tre regioni non abbia comportato notorietaÁ generale 25.
Pare quindi potersi concludere nel senso che la valutazione circa
la notorietaÁ locale o generale del segno deve essere effettuata
con riferimento al caso concreto, indagando gli effetti conoscitivi
che si sono prodotti a seguito dell'uso del segno e tenendo conto
MANGINI, op. cit., 19; T. Genova, 21-5-1974, GADI, 1974, 692.
T. Milano, 16-12-1954, T, 1956, 386.
24
In senso favorevole alla notorietaÁ non puramente locale, T. Napoli, 26-3-2004, GADI, 2004,
959; T. Vigevano, 11-3-1973, ivi , 1973, 935; nel senso invece della notorietaÁ meramente
locale in caso di estensione limitata ad una sola regione, T. Genova, 21-5-1974, cit.
25
T. Roma, 27-4-2004, GADI, 2004, 1551.
22
23
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Il marchio di fatto
del favor che la normativa comunitaria e nazionale sembrano accordare alla registrazione del marchio.
La valutazione dell'ambito di notorietaÁ ha, infatti, come si vedraÁ
meglio infra, diretta conseguenza sulla capacitaÁ invalidante della
registrazione del successivo segno uguale ovvero sulla mera idoneitaÁ a sopravvivere del marchio di fatto.
SaraÁ quindi necessario, da parte dell'interprete, considerare con
attenzione le caratteristiche del marchio, l'eventuale coincidenza
di questo con la ditta dell'impresa che lo utilizza (circostanza
che potrebbe determinare una maggiore forza espansiva del segno
e quindi una maggiore notorietaÁ attuale o potenziale) 26, la natura
dei prodotti o dei servizi per i quali il segno eÁ utilizzato e le eventuali affinitaÁ rispetto ad altri prodotti e servizi.
In tale indagine, al fine di evitare interpretazioni che superino e
confliggano con il chiaro significato del testo normativo, pare doversi porre estrema attenzione al fatto che l'art. 12, lett. b), c.p.i.,
utilizza il concetto di ``locale'' facendo riferimento all'estensione
geografica della notorietaÁ.
Ogni altra considerazione circa la natura, la tipologia o le caratteristiche merceologiche dei prodotti o della clientela al quale i beni
e servizi si riferiscono appare ultronea e non autorizzata dalla
norma.
In particolare si eÁ arrivati ad affermare che una notorietaÁ pur diffusa sul territorio nazionale ma connessa con un utilizzo limitato
merceologicamente o destinato ad una clientela ``elitaria'' non
ostacolerebbe la registrazione del marchio successivo 27, e cioÁ anche quando il segno sia utilizzato per contraddistinguere prodotti
appartenenti alla medesima categoria merceologica, differenziati
solo per la qualitaÁ e il prezzo.
Tale interpretazione appare andare contro il disposto normativo e
limitare eccessivamente la rilevanza del marchio di fatto.
Ove un marchio di fatto sia utilizzato per contraddistinguere su
tutto il territorio nazionale o su ampia parte di esso una determinata categoria di prodotti (ad esempio, capi di abbigliamento) a
nulla dovrebbe rilevare, ai fini della notorietaÁ invalidante del suc26
27
182
Cfr. sul punto CARTELLA, op. cit., 106 ss.
CARTELLA, op. cit., 96 ss.
INQUADRAMENTO
NORMATIVO
cessivo marchio registrato, il fatto che detti prodotti siano destinati ad una clientela non generalizzata, in quanto, ad esempio,
estremamente giovane, ovvero benestante.
Il Codice fa infatti riferimento esclusivamente all'estensione geografica della notorietaÁ, pertanto risulterebbe arbitrario ritenere
dotato di novitaÁ il marchio successivamente registrato per contraddistinguere prodotti dello stesso tipo, a meno che tali prodotti
possano considerarsi, ai sensi dell'art. 12 e dell'art. 20 c.p.i., non
identici ne affini a quelli per i quali eÁ utilizzato il marchio di fatto,
e l'uso del marchio registrato non possa determinare, a causa dell'identitaÁ o somiglianza tra i prodotti, un rischio di confusione che
puoÁ consistere anche in un rischio di associazione tra i due segni.
3. COESISTENZA TRA
MARCHIO DI FATTO E MARCHIO REGISTRATO.
Come anticipato, la pre-esistenza di un marchio di fatto e quindi
il preuso di un determinato segno per contraddistinguere prodotti o servizi, puoÁ avere diversi effetti e conseguenze in caso di successiva registrazione di un marchio identico o simile, in dipendenza del livello e del grado di notorietaÁ acquisita dal marchio
di fatto.
Ove l'uso del segno abbia importato notorietaÁ non puramente locale, il marchio di fatto avraÁ un'efficacia addirittura invalidante
del successivo marchio registrato, privando quest'ultimo del requisito della novitaÁ.
Non soltanto, quindi, l'utilizzatore del marchio di fatto avraÁ in tal
caso il diritto di continuare l'uso dello stesso, ma nessun altro imprenditore potraÁ registrare un segno identico o simile o comunque
idoneo a determinare un rischio di confusione tra i due segni, con
legittimazione da parte del preutente di agire ai sensi dell'art. 122,
2o co., c.p.i., per ottenere la dichiarazione di nullitaÁ del marchio
registrato.
Qualora, invece, l'uso del marchio di fatto, non importi notorietaÁ,
o importi notorietaÁ meramente locale, la successiva registrazione
del marchio identico o simile, per i medesimi beni o servizi, saraÁ
(in presenza dei requisiti di legge) valida ed efficace.
Tuttavia il titolare del marchio di fatto potraÁ continuare l'uso del
segno, anche ai fini della pubblicitaÁ, «nei limiti della diffusione lo183
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Il marchio di fatto
cale» giaÁ raggiunta [art. 12, lett. b), c.p.i.] ovvero «nei limiti in cui
anteriormente se ne eÁ valso» (art. 2751 c.c.).
Il problema che si pone al riguardo, eÁ quello dell'individuazione
dei limiti del preuso, entro i quali eÁ autorizzata la continuazione
dell'utilizzo del marchio di fatto da parte del titolare, nonostante
la sopravvenuta registrazione di un marchio uguale o simile.
Si tratta della c.d. ``cristallizzazione'' del marchio di fatto.
Alcuni Autori hanno operato una distinzione circa le modalitaÁ di
prosecuzione dell'uso del marchio di fatto a seconda che il segno
abbia una qualche notorietaÁ locale o non abbia alcuna notorietaÁ 28.
Tale distinzione non appare peroÁ conforme alla previsione normativa, che non opera distinzione alcuna, ma si limita a prevedere
che l'uso consentito sia conforme a quello giaÁ attuato.
Questo sembra significare che il titolare potraÁ continuare, nel medesimo ambito territoriale, ad utilizzare il marchio di fatto, secondo le medesime modalitaÁ.
Dovrebbe quindi ritenersi che non possano esservi mutamenti neÂ
quantitativi ne qualitativi in tale utilizzo.
Il marchio di fatto potraÁ quindi essere utilizzato per i prodotti e i
servizi per i quali era giaÁ utilizzato prima della registrazione, nonche per i prodotti e servizi affini ai sensi degli artt. 12, lett. b), e
20 c.p.i.
Altrettanto chiara sembra la norma nel non consentire all'utilizzatore del marchio di fatto ampliamenti dell'ambito territoriale di
utilizzo del marchio, impedendo quindi, ad esempio, l'apertura di
punti vendita in altre regioni o al di fuori del perimetro di notorietaÁ
raggiunto, cosõÁ come la pubblicizzazione del marchio mediante
mezzi a diffusione piuÁ ampia di quelli in precedenza utilizzati.
PiuÁ ardua si presenta la valutazione circa la possibilitaÁ da parte del
preutente di incrementare quantitativamente l'utilizzo nella medesima zona in cui il marchio eÁ giaÁ conosciuto o in cui eÁ diffusa
la sua notorietaÁ.
Tali ipotesi potrebbero aversi nel caso di apertura di ulteriori punti vendita nella medesima zona, ovvero di pubblicizzazione del
marchio, sempre nella medesima zona in cui eÁ giaÁ noto, ma inten28
184
CARTELLA, op. cit., 163 ss.
INQUADRAMENTO
NORMATIVO
sificando la frequenza dei messaggi o differenziando i mezzi impiegati.
La soluzione piuÁ conforme al dettato normativo dovrebbe essere
quella che consente l'uso del marchio nei limiti territoriali in
cui il preutente se ne eÁ valso, senza ulteriori limitazioni quantitative o qualitative.
Tali ulteriori condizionamenti all'utilizzo del marchio di fatto non
paiono potersi ricavare dal codice della proprietaÁ industriale, che
contempla esclusivamente la restrizione consistente nella ``diffusione locale''. da cioÁ deriverebbe quindi la possibilitaÁ per il preutente di incrementare il numero di punti vendita o la comunicazione promozionale purche nella medesima zona in cui l'attivitaÁ
commerciale e pubblicitaria giaÁ si attuava, anche se da tale comportamento potrebbe derivare un incremento di clientela.
Il codice della proprietaÁ industriale non pare infatti escludere tale
possibilitaÁ, che eÁ implicita nella stessa facoltaÁ di proseguire l'utilizzo del marchio di fatto.
Maggiori perplessitaÁ potrebbero sorgere con riguardo alla lettera
dell'art. 2571 c.c. che, genericamente, prevede la possibilitaÁ per
il preutente di continuare ad usare il marchio «nei limiti in cui anteriormente se ne eÁ valso».
Tali limiti potrebbero anche essere interpretati nel senso di cristallizzare le possibilitaÁ di azione del preutente entro i limiti
quantitativi raggiunti fino al momento della registrazione del
marchio da parte di terzi, indipendentemente dal rispetto della
medesima zona territoriale di diffusione del segno.
Detta interpretazione, pur conforme al tenore del citato articolo
del codice civile, pare ora confliggere con il testo dell'art. 12, lett. b),
c.p.i.
Da un lato, infatti, come visto, il codice della proprietaÁ industriale
consente la prosecuzione dell'utilizzo con il limite della medesima
diffusione locale e, dall'altro lato, prevede la possibilitaÁ di un marchio di fatto privo di notorietaÁ o con una notorietaÁ puramente locale.
Non viene quindi operata, a livello di effetti, alcuna distinzione
tra un marchio di fatto conosciuto in ambito locale ma privo di
quel maggiore grado di diffusione che determina la notorietaÁ dello
stesso, ed il segno giaÁ notorio nel medesimo ambito.
185
6
Il marchio di fatto
Da tale considerazione dovrebbe derivare quindi la possibilitaÁ per
l'attivitaÁ imprenditoriale implicante l'utilizzo del marchio di poter
incrementare tale uso e la clientela (e quindi anche il grado di conoscibilitaÁ), purche entro i confini territoriali giaÁ indicati.
In caso contrario, e pur tenendo conto del favor che il legislatore
ha riconosciuto al marchio registrato, si attribuirebbe a quest'ultimo la possibilitaÁ di invadere il mercato locale in cui opera il marchio di fatto, consentendogli di profittare, senza un motivo che
paia poterlo legittimare, anche della conoscenza che del segno
precedente si eÁ realizzata nel territorio, e costringendo il preutente ad una situazione di soggezione e di inazione forzata.
Da un lato si manterrebbe in vita il marchio di fatto, per poi impedire al titolare ogni attivitaÁ, pur nel predetto ristretto ambito
territoriale, di sostegno effettivo e di incremento della propria attivitaÁ e della propria clientela e di ampliamento del grado di conoscenza del segno distintivo e dei propri prodotti o servizi.
Con cioÁ non si intende riproporre la tesi della impossibilitaÁ di coesistenza del marchio di fatto con quello registrato, con possibilitaÁ
per il primo di escludere nell'ambito territoriale del preuso, la presenza del secondo 29.
La posizione sopra sostenuta appare anzi perfettamente conforme
alla tesi del ``duopolio'' e alla coesistenza dei due segni nel medesimo territorio, oltre che necessaria, alla luce delle evoluzioni dell'economia moderna, a non ridurre il diritto sul marchio di fatto
ad una semplice parvenza e per garantire al titolare dello stesso
quella minima possibilitaÁ competitiva idonea a giustificare la
sua esistenza sul mercato.
Con riguardo alla coesistenza tra marchio di fatto e registrato, si
deve considerare l'applicabilitaÁ dell'istituto della convalidazione,
di cui all'art. 28 c.p.i. 30.
La tolleranza per cinque anni da parte del titolare di un marchio
29
La tesi dell'incompatibilitaÁ della coesistenza del marchio di fatto con quello successivo oggetto di registrazione prima della riforma del 1992 era sostenuta sia in giurisprudenza sia in
dottrina, cfr. Cass., 2-4-1982, n. 2024, GI, 1983, 276; A. Trento, 29-8-1991, GADI, 1992,
206; T. Torino, 23-5-1992, Im, 1992, 2584. La tesi contraria del ``duopolio'' era stata giaÁ sostenuta da A. Roma, 8-7-1991, GADI, 1991, 624, e successivamente si eÁ generalmente affermata: A. Torino, 29-3-1995, ivi , 1996, 3409, 221; Cass. n. 4405/2006; Cass., 27-3-1998,
n. 3236.
30
Per approfondimenti si veda il relativo capitolo della presente opera.
186
INQUADRAMENTO
NORMATIVO
di fatto che importi notorietaÁ non puramente locale di un successivo marchio registrato puoÁ determinare, in assenza di registrazione in malafede, la sopravvenuta impossibilitaÁ di chiedere la dichiarazione di nullitaÁ della registrazione.
La convalidazione non si ritiene, al contrario, applicabile al conflitto tra marchi di fatto in considerazione della natura eccezionale della relativa previsione e quindi della non suscettibilitaÁ di
applicazione analogica 31.
Per quanto riguarda la prova del preuso e della sua estensione, eÁ
pacificamente riconosciuto che lo stesso incomba sul preutente 32.
4. LA
CIRCOLAZIONE DEL MARCHIO.
Il diritto sul marchio di fatto puoÁ essere oggetto di trasferimento
conformemente alle previsioni in materia di marchi registrati 33.
Il cessionario, ai fini della determinazione dell'anterioritaÁ, subentra nella situazione giuridica e di fatto del cedente, potendo quindi avvalersi dell'utilizzo posto in essere da quest'ultimo.
5. ESTINZIONE
DEL MARCHIO DI FATTO.
L'estinzione del diritto sul marchio di fatto eÁ la conseguenza della
cessazione del suo utilizzo da parte dell'avente diritto.
Tuttavia non eÁ sempre vero il contrario, ossia che dalla cessazione
dell'uso del segno discenda, quantomeno immediatamente, l'estinzione del marchio.
EÁ infatti opinione comune che l'effetto estintivo conseguente alla
cessazione dell'utilizzo possa esplicare i propri effetti in modo
progressivo, in dipendenza del grado di notorietaÁ del marchio, della sua diffusione, della sua forza e idoneitaÁ distintiva 34.
Non eÁ previsto un termine allo scadere del quale si verifica l'estinzione del segno. In alcuni casi si eÁ cercato di ricollegare tale termiT. Roma, 31-3-2003, GADI, 2003, 891; CARTELLA, op. cit., 145.
T. Trieste, 8-5-2007, RDI, 2008, 43; T. Milano, 3-2-2005, ivi , 2005, 356 ss. Sono stati ritenuti mezzi di prova idonei i documenti contabili, le fatture, i cataloghi, le pubblicazioni stampa,
fotografie di prodotti, oltre che testimoni; per una rassegna di casistica BARBUTO, op. cit., 3911;
CARTELLA, op. cit., 201 ss.
33
T. Milano, 10-12-1992, GADI, 1994, 256; Cass. n. 6259/1982; RICOLFI, op. cit., 189.
34
CARTELLA, op. cit., 180 ss.
31
32
187
6
Il marchio di fatto
ne a quello decadenziale del marchio registrato 35 in altri alla perdita di notorietaÁ conseguente alla cessazione dell'uso 36.
In considerazione del fatto che la legge ricollega al marchio di fatto diversi effetti a seconda del grado di notorietaÁ di cui lo stesso
gode, pare effettivamente possibile che l'effetto estintivo conseguente al non uso si manifesti in modo progressivo.
CosõÁ, la riduzione di una notorietaÁ generale in una puramente locale, dovrebbe privare il marchio di fatto della possibilitaÁ di invalidare la registrazione del segno da parte di terzi, ma non di continuare a farne uso nei limiti della residua notorietaÁ.
Ne dovrebbe ritenersi in ogni caso sufficiente a far ritenere esistente un diritto sul marchio di fatto il mero ricordo dello stesso,
ove tale reminiscenza sia meramente un fatto storico e non piuÁ
collegata ad un'attivitaÁ commerciale ed alla precedente utilizzazione 37.
EÁ stato tuttavia affermato che il diritto sul marchio di fatto sarebbe
riappropriabile a seguito del non uso solo quando se ne sia perso
38
& completamente il ricordo nel pubblico .
CASISTICA
Caso 1: QUANDO L'USO PUOÁ FAR SORGERE UN DIRITTO SUL
MARCHIO DI FATTO ? SU CHI GRAVA L'ONERE PROBATORIO DEL
Á ASSOLVERE A TALE ONERE ? POSSONO
PREUSO ? COME SI PUO
COESISTERE UN MARCHIO DI FATTO ED UN SUCCESSIVO MARCHIO
REGISTRATO NELLA MEDESIMA ZONA ?
FATTI La Villa F. s.p.a. conviene in giudizio l'Azienda Agricola Frattina di
Manlio e Diego della Frattina lamentando che tale societaÁ, utilizzando
il segno ``Frattina'' a titolo di ditta e insegna ed il segno ``Conti della
Frattina'' in funzione di marchio sulle etichette dei suoi vini, avrebbe
posto in essere un'ipotesi di contraffazione dei marchi di cui la prima
era titolare. L'azienda agricola convenuta sosteneva che il marchio
``Conti della Frattina'' costituiva la registrazione del marchio di fatto
utilizzato dai Conti della Frattina da tempo immemorabile e formulava
T. Torino, 21-12-2004, in Le sezioni specializzate, 2004, n. 441; T. Venezia, 26-3-1993,
GADI, 1994, n. 307.
36
T. Milano, 2-9-2003, GADI, 2004, 550.
37
T. Catania, 25-1-1977, GADI, 1977, 917; CARTELLA, op. cit., 185.
38
RICOLFI, op. cit., 189.
35
188
CASISTICA
eccezioni di nullitaÁ dei marchi della attrice. Depositava cospicua documentazione al fine di fornire la prova del preuso del marchio.
DOMANDE DELLE PARTI La Villa Frattina s.p.a. chiedeva accertarsi la
contraffazione del marchio della convenuta e la declaratoria della nullitaÁ dello stesso. L'Azienda Agricola Frattina domandava il rigetto delle
domande avversarie e, in via riconvenzionale la nullitaÁ del marchio
dell'attrice, in subordine la decadenza per non uso.
PARTICOLARITAÁ DEL CASO Il Tribunale di Trieste ha ritenuto legittimo
considerare la continuitaÁ dell'utilizzo del marchio di fatto tra dante
causa e attuale titolare dello stesso, nonche provare l'uso del marchio,
in difetto di specifica prova documentale, mediante testimoni.
Indice dei contenuti:
a) Uso del marchio di fatto e acquisto di capacitaÁ distintiva.
b) Successione di utilizzatori, onere della prova del preuso e coesistenza tra i segni. c) La risposta del Tribunale.
a) USO DEL MARCHIO DI FATTO E ACQUISTO DI CAPACITAÁ DISTINTIVA.
L'uso intenso e non interrotto del segno distintivo da circa trenta
anni eÁ idoneo ad attribuire capacitaÁ distintiva nel settore dei vini
e delle grappe?
b) SUCCESSIONE
DI UTILIZZATORI, ONERE DELLA PROVA DEL PREUSO E
COESISTENZA TRA I SEGNI.
Ai fini del preuso del marchio puoÁ essere considerata la continuitaÁ
della produzione da parte del suo attuale titolare, del suo dante
causa e prima ancora di altri soggetti appartenenti alla medesima
famiglia?
L'uso di fatto del marchio, pur in difetto di una specifica prova documentale, puoÁ essere provato mediante prove testimoniali che in
sede di complessiva valutazione possano ritenersi attendibili?
Ai fini dell'invalidazione del successivo marchio registrato su chi
grava l'onere di dimostrare che in data anteriore al deposito della
domanda di registrazione il marchio di fatto era utilizzato, l'entitaÁ
dell'utilizzo e l'ambito della relativa notorietaÁ ?
Il preuso locale del marchio conferisce il diritto di continuare ad
utilizzarlo, per lo stesso genere di prodotto, nell'ambito dell'uso
189
6
Il marchio di fatto
fattone, senza poter vietare al titolare del successivo marchio registrato di farne anch'egli uso nella medesima zona?
c) LA RISPOSTA DEL TRIBUNALE.
Il Tribunale di Trieste, affrontando le questioni sopra riassunte,
ha fornito risposta affermativa a tutti i quesiti indicati, individuando nel preutente il soggetto gravato dell'onere probatorio circa l'utilizzo del marchio di fatto e la sua notorietaÁ.
Materiali
T. TRIESTE, 8-5-2007 39
Pres. Sansone ± Est. Merluzzi
Villa Frattina s.p.a. c. Azienda Agricola Frattina di Manlio e Diego
della Frattina s.s.
SENTENZA
(omissis)
Ritenuta l'infondatezza delle diverse censure mosse dalla convenuta
avverso la validitaÁ dei marchi registrati da parte attrice, e riconosciuta
quindi la piena validitaÁ dei medesimi, va ora affrontata la questione
principale del presente giudizio, ovvero quella relativa all'affermato
preuso del segno ``Conti della Frattina'' da parte dell'azienda convenuta rispetto ai marchi registrati da Villa Frattina s.p.a.
Preliminarmente si deve rilevare che la convenuta ha dato prova, nel
corso del presente giudizio, della circostanza che il nome-marchio
``Conti della Frattina'' oggi utilizzato corrisponde a quello della casata,
di cui sono discendenti i conti Manlio e Diego della Frattina, odierni
titolari dell'Azienda Agricola Frattina (doc. nn. da 32 a 36 e da 40
a 45 conv.).
EÁ stata poi fornita la prova che l'azienda dei Conti della Frattina ha
esercitato l'attivitaÁ agricola nella localitaÁ Frattina del comune di Pravisdomini (PN) dove la presenza dell'antica famiglia Áe attestata da
molti secoli (cfr. documentazione in atti).
Ritiene il Collegio che nel corso del giudizio sia stata pure raggiunta la
prova del fatto che l'Azienda Agricola Frattina ha esercitato l'impresa
agricola sulle proprie terre, producendo e commercializzando dei vini.
Sul punto della produzione dei vini, pur rilevando la correttezza for39
190
T. Trieste, 8-5-2007, RDI, 2008, 43.
MATERIALI
male dell'osservazione di parte attrice secondo la quale l'Azienda Agricola Frattina di Manlio e Diego della Frattina s.s. venne costituita appena nel 1997 (doc. 27 att.), si deve rilevare che la convenuta ha fornito adeguata prova della circostanza che giaÁ nei decenni precedenti
l'Azienda Agricola Frattina produceva e commercializzava vini (in particolare Tocai, Cabernet e Verduzzo).
In veritaÁ la documentazione prodotta dalla convenuta per la parte piuÁ
risalente nel tempo si riferisce a soggetti diversi, ovvero alla ``Eredi Co.
Francesco della Frattina'' (doc. nn. da 1 a 3 conv.), alla ``Azienda Agricola co. dot. Mario Frattina e F.lli fu Giuseppe'' (doc. nn. 8 e 9), alla
``Co. Frattina Bruno e F.lli'' (doc. n. 10), ``Frattina Co. Mario e F.lli''
(doc. numeri da 11 a 13), ``Azienda Agricola Frattina'' (doc. n. 14),
e poi ancora alla ``Della Frattina eredi'' (doc. n. 16); dai primi anni
'80 in poi si trova invece il costante riferimento all'Azienda Agricola
Frattina di Carlo della Frattina (padre degli attuali titolari), e cosõÁ
ad esempio nei documenti nn. 19, 20 e 21, relativi agli anni 1981/82.
(omissis)
Alle circostanze documentali si aggiungono poi le dichiarazioni testimoniali, in particolare quelle rese da Antonini Pietro (giaÁ mezzadro
presso l'Azienda Agricola dei Conti della Frattina) e da Campaner Graziano (sindaco del comune di Pravisdomini).
In sintesi si puoÁ quindi comprovare una continuitaÁ nella produzione di
vini sulle terre di famiglia da parte dell'Azienda Agricola dei Conti della Frattina, giaÁ di proprietaÁ del Conte Carlo (padre degli attuali titolari) e prima ancora riconducibile ad altri soggetti appartenenti alla
medesima famiglia.
Poste tali premesse, rimane per altro da risolvere la questione piuÁ delicata, ovvero quella collegata all'affermato preuso da parte dell'azienda agricola convenuta del marchio di fatto ``Conti della Frattina'' precedentemente alla registrazione di Villa Frattina s.p.a. (ovvero anteriormente al 1978).
(omissis)
In ordine al preuso, si deve riconoscere che il materiale istruttorio raccolto non conduce a conclusioni in termini di certezza: da un canto si
denota il difetto di una prova specifica documentale in tal senso (circostanza particolarmente sottolineata da parte attrice), d'altro canto Áe
191
6
Il marchio di fatto
stato rilevato che diverse deposizioni testimoniali fanno propendere
per la fondatezza della ricostruzione propugnata dalla convenuta.
(omissis)
Ritiene il collegio, valutato il complesso del materiale istruttorio raccolto, che possano ritenersi attendibili le testimonianze dianzi citate,
secondo le quali vi fu un utilizzo del nome Conti della Frattina in funzione di marchio per contraddistinguere i vini prodotti dall'azienda
convenuta (almeno parzialmente) anche nel corso degli anni '70.
Quanto all'estensione dell'utilizzo, osserva il Tribunale che la convenuta non ha dimostrato che in data anteriore al 1978 il marchio ``Conti
della Frattina'' era utilizzato con notorietaÁ nazionale, come invece era
suo preciso onere.
Al contrario, sulla base della documentazione versata in atti, si deve
riconoscere che la produzione di vini da parte dell'Azienda Agricola
Frattina in quegli anni era alquanto contenuta: un tanto risulta sia
dalle «denunce della produzione vinicola» che «dalle denunce delle
giacenze di vino» prodotte in atti dalla convenuta.
Tale circostanza Áe stata poi indirettamente confermata dalle testimonianze assunte: il teste Antonini ha infatti dichiarato che all'epoca il
vino si vendeva tramite damigiane e bottiglioni ed ha poi precisato
che «la produzione piuÁ massiccia in bottiglie avviene da 5-10 anni».
In ultima analisi, considerato il volume della produzione e non essendovi prova che il nome-marchio ``Conti della Frattina'' fosse apposto su
tutto il prodotto, si deve ritenere che il segno era utilizzato con notorietaÁ puramente locale, con estensione che si puoÁ indicare nelle province di Pordenone e di Udine.
Quanto alla tutela da apprestare nel caso di preuso locale di un marchio di fatto, ritiene il Tribunale di dover aderire alla tesi, anche di
recente ribadita dalla Suprema Corte, secondo la quale «il preuso locale di un marchio non registrato conferisce al titolare del segno il diritto di continuare a utilizzarlo, per lo stesso genere di prodotto, nell'ambito dell'uso fattone, senza tuttavia che il preutente abbia anche il
diritto di vietare a colui che successivamente registra il marchio di farne anch'egli uso nella zona di diffusione locale, in quanto Áe configurabile una sorta di regime di ``duopolio'', atto a consentire, nell'ambito
locale, la ``coesistenza'' del marchio preusato e di quello successivamente registrato» (Cass., 28-2-2006, n. 4405; in senso analogo Cass.,
192
BIBLIOGRAFIA
26-9-2003, n. 14342; Cass., 27-3-1998, n. 3236; nell'ambito della
giurisprudenza di merito, T. Monza, 5-2-2002, in GM, 2002, 1266;
T. Bari, 30-12-2004).
(omissis)
Quanto ai requisiti di validitaÁ del marchio registrato, a prescindere
dalla considerazione che vi Áe prova che il marchio Frattina era utilizzato dalla societaÁ attrice anche prima della registrazione, va rilevato
che «il preuso locale non toglie novitaÁ alla successiva registrazione,
la quale legittima anche in presenza di un uso precedente del segno importante notorietaÁ puramente locale» (Cass., 26-9-2003, n. 14342).
(omissis)
P.Q.M.
Il Tribunale di Trieste, Sezione Specializzata in materia di proprietaÁ
industriale ed intellettuale, in composizione collegiale, definitivamente
pronunciandone la causa promossa da Villa Frattina s.p.a., in persona
del legale rappresentante, nei confronti di Azienda Agricola Frattina di
Manlio e Diego della Frattina s.s., in persona dei legali rappresentanti,
ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, cosõÁ decide:
1) accertata la validitaÁ dei marchi registrati dalla societaÁ attrice, rigetta le domande riconvenzionali proposte dalla convenuta;
2) accerta e dichiara la nullitaÁ della registrazione n. 879165 ``Conti
della Frattina'' di cui Áe titolare l'Azienda Agricola Frattina di Manlio
e Diego della Frattina s.s., fatto salvo il diritto della convenuta di continuare ad usare il predetto nome-marchio nell'ambito locale (province
di Udine e Pordenone) per lo stesso genere di prodotto, in virtuÁ del
preuso;
3) inibisce alla convenuta l'utilizzo del predetto marchio al di fuori dell'ambito locale indicato.
(omissis)
ABRIANI, I segni distintivi, in Tratt. Cottino, Padova, 2001.
BARBUTO, Art. 2571 c.c., in La giurisprudenza sul codice civile, Libro V tomo VI,
diretto da Cesare Ruperto, Milano, 2005.
CARTELLA, Il marchio di fatto nel Codice della ProprietaÁ Industriale, Milano,
2006.
CORRADO, Segni distintivi, ditta, insegna, marchio, Milano, 1975.
Bibliografia
193
6
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MANGINI, Il marchio non registrato, Padova, 1964.
RICOLFI, I segni distintivi, diritto interno e comunitario, Torino, 1999.
SENA, Il diritto dei marchi, Milano, 2007.
SPOLIDORO, Il preuso del marchio, in AA.VV., Commento tematico alla legge marchi, Torino, 1998.
UBERTAZZI, Commentario breve alle leggi su proprietaÁ intellettuale e concorrenza,
Padova, 2007.
VANZETTI, DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, Milano, 2005.
194
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