DIRITTO DEL LAVORO
2006-07
La tutela della salute
e della sicurezza e il mobbing
Tutele tradizionali del lavoro
subordinato
 Tutela della salute
 Diritti sindacali in azienda
 Riposi e ferie
 Limiti di orario
 Garanzie retributive
 Tutela contro i licenziamenti
La seconda generazione di diritti (non appartengono ai
soli lavoratori subordinati – collegati all’esperienza del
lavoro come esperienza esistenziale e polivalente)
 Dignità, benessere, sicurezza
 Il diritto al sapere e alla formazione permanente (le
capalibilities)
 I nuovi diritti (alla diversità, alla eccentricità, alla
identità etnica, alla identità sessuale


Il contrasto al nuovo malessere (stress, mobbing, burn
out),
La tutela delle nuove debolezze: la precarietà,
l’handicap, l’età, l’insicurezza esistenziale
 Esiste ed è tutelabile un diritto ad essere felici nel
posto di lavoro?
 I diritti esistenziali: (lusso delle società post fordiste?)
Principali disposizioni
costituzionali di riferimento alla
personalità e al lavoro sans phrase
L’art. 3 comma 2: E’ compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale,
che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona
umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e
sociale del Paese.
Art. 2 compito della Repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che,
limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana e l'effettiva partecipazione di
tutti i lavoratori all'organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.
art. 4 comma 2 Ogni cittadino ha il dovere di
svolgere, secondo le proprie possibilità e la
propria scelta, un'attività o una funzione che
concorra al progresso materiale o spirituale
della società.
(segue)
Art. 35:La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue
forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei
lavoratori
La Costituzione europea
 Il preambolo:
 Convinti che l'Europa riunificata dopo esperienze
amare, intende proseguire questo percorso di civiltà,
di progresso e di prosperità per il bene di tutti i suoi
abitanti, compresi i più deboli e bisognosi; che
vuole restare un continente aperto alla cultura, al
sapere e al progresso sociale; che desidera
approfondire il carattere democratico e trasparente
della vita pubblica e operare a favore della pace,
della giustizia e della solidarietà nel mondo;
Altre norme (I e II parte della
Costituzione) Rinvio
 Articolo I-2: Valori dell'Unione


L'Unione si fonda sui valori della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei
diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a una
minoranza. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società
fondata sul pluralismo, sulla non discriminazione, sulla tolleranza, sulla
giustizia, sulla solidarietà e sulla parità tra donne e uomini.
Art. II-1

La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e
tutelata.
 Articolo II-3: Diritto all’integrità della persona

1. Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica.
 Articolo II-6: Diritto alla libertà e alla sicurezza

Ogni individuo ha diritto alla libertà e alla sicurezza.
 Articolo II-8: Protezione dei dati di carattere personale

1. Ogni individuo ha diritto alla protezione dei dati di carattere
personale che lo riguardano.
La tutela positiva
v






L’art. 2087 dall’obbligazione di
sicurezza all’obbligazione di
benessere (oltre il lavoro
subordinato)
La tutela del benessere familiare
e della vita di relazione
(conciliare i tempi di vita e i
tempi di lavoro: i congedi
parentali e permessi per figli e
disabili)
La tutela della professionalità e
della conoscenza (la perdita di
chance e
deprofessionalizzazione)
La tutela contro il mobbing
La tutela antidiscriminatoria
I nuovi danni: danno non
patrimoniale, danno biologico e
danno esistenziale
IL D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 15 1,
Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di tutela
e sostegno della maternità
e della paternità prevede
la possibilità di congedi parentali
fino al compimento di otto anni
di età del bambino, anche in caso
di adozione o affidamento,
riposi giornalieri, riposi e
permessi per i figli con handicap
grave, congedi per malattie
del figlio, esonero dal lavoro
notturno delle lavoratrici
madri, tutela rafforzata
in relazione alle dimissioni.
La tutela della salute e
della sicurezza
La regolamentazione nel diritto
comunitario e nel diritto nazionale
Le fonti
 Il ruolo del diritto comunitario: la
comunitarizzazione della disciplina
 diritto comunitario (la direttiva quadro 391/89 e le
disposizioni nazionali di ricezione art. 626/94).
 norme costituzionali
 art. 32 della Costituzione: “La Repubblica tutela la salute
come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”)
 Art. 41 Cost.. L’iniziativa economica privata è libera (co. 1).
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo
da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità
umana (fondamento “indiretto”).
La rilevanza pubblicistica della disciplina
Le branche del dirit o coinvolte
Dirit o civile
Dirit o penale Dirit o amministrativo
I pilastri della legislazione sociale delle
origini
Limitazione dell’orario
di lavoro
Istituzione degli Ispettorati
del lavoro
Divieto di lavoro minorile
Sistema di assicurazioni
sociali
Il codice civile
 L’art. 2087 c.c.
“L’imprenditore è
tenuto ad adottare le
misure che, secondo la
particolarità del
lavoro, l’esperienza e la
tecnica, sono
necessarie a tutelare
l’integrità fisica e la
personalità morale dei
prestatori di lavoro”






Ratio della disposizione:
l’organizzazione fordista del lavoro.
Limitazione della discrezionalità del
lavoratore e ampia parcellizzazione
delle mansioni
In un modello così concepito e a forte
pianificazione diventava necessario che
fossero predisposte le misure più
idonee a garantire una sensibile
diminuzione delle cause di turbamento
del ciclo produttivo, tra le quali
rientrano anche l’infortunio sul lavoro e
la malattia professionale.
In tale esigenza troverebbe
giustificazione l’obbligazione di
sicurezza sancita dall’art. 2087 C.C.
Nel tempo, l’art. 2087 C.C. è stato
interpretato in termini meno fordisti e,
ferma la tutela della salute, l’indagine
degli interpreti si è spinta verso la
personalità morale del lavoratore
La norma ha una ispirazione
tipicamente “prevenzionistica”
(massima sicurezza tecnologicamente
fattibile)
Esiste un contrasto fra
l’art. 2087 cod. civ. e
l’art. 41 Cost.?
La Corte
Costituzionale lo
ha negato (sentenza
n. 103 del 1989)
La legislazione speciale degli anni
‘50
I dpr n. 547 del 1955 e n. 303 del 1956:
1) Allargamento del campo di applicazione della normativa
antinfortunistica (tutti i datori di lavoro);
2) Estensione del dovere di prevenzione anche a dirigenti,
preposti, lavoratori;
3) Introduzione di normativa specifica di carattere tecnico normativo
 Apprestamento delle misure dirette evitare il verificarsi di
incidenti misure sul lavoro (dpr n. 547 del 1955)
 Apprestamento delle misure idonee a garantire la salubrità
dell’ambiente di lavoro (dpr n. 303 del 1956)
La tendenziale insufficienza della
disciplina…...
 Le ragioni secondo gli esperti:
1) Scarsa capacità “preventiva” della norma
codicistica e prevalenza della c.d. monetizzazione
del danno;
2) Frammentazione tecnica e esposizione a rapida
obsolescenza della normativa speciale;
3) Approccio individualistico del legislatore a fronte
del rilievo squisitamente “collettivo” del
problema
….. e la supplenza della normativa
penalistica
“Chiunque omette di collocare impianti,
apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o
infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è
punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se dal
fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della
reclusione da tre a dieci anni”.
 Art. 451 cod. pen. “Chiunque, per colpa, omette di
collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o
altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio, o al
salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul
lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la
multa da lire duecentomila a un milione”.
 Art. 437 cod. pen.
Le riforme degli anni ‘70:
Art. 9 Statuto dei
lavoratori:
Promuove forme di
controllo dei
lavoratori, mediante
loro rappresentanze,
sull’applicazione delle
norme in materia
antiinfortunistica e
promozione della
ricerca
Legge n. 833 del 1978
(istitutiva del SSN):
1) Rafforza la
“sindacalizzazione”
del controllo
sull’ambiente di
lavoro (art. 20);
2) Affida alle ASL i
compiti di
prevenzione e
controllo (presidi
sanitari) (art. 21)
Il salto di qualità: la disciplina
comunitaria
 Primo pilastro: dal 1987 è possibile approvare direttive a
maggioranza sul tema della tutela della salute dei lavoratori.
 Secondo pilastro: la direttiva - quadro n. 391 del 1989
(misure generali) e le quattordici direttive “particolari”
(luoghi di lavoro; attrezzature; dispostivi di protezione
individuale; movimentazione dei carichi; videoterminali;
agenti cancerogeni, agenti biologici; cantieri temporanei e
mobili; segnaletica; lavoratrici madri; industrie estrattive;
lavoro nautico; agenti chimici).
 Terzo pilastro: la sentenza della Corte di Giustizia del 1994
sulla nozione ampia di “ambiente di lavoro”.
Il recepimento della direttive comunitarie
nel diritto italiano: il d. lgs. n. 626 del
1994 e altri decreti “particolari”.
Hanno detto di lui….
“Si tratta di un vero e proprio Statuto dei diritti e dei doveri
in ordine alla salvaguardia della sicurezza del lavoro”;
“E’ reso peculiare dal fatto che esso introduce una
regolamentazione per principi, capace di orientare in
modo omogeneo e razionale l’intera materia verso
obiettivi garantistici”;
“Identifica la nozione di sicurezza dell’ambiente di lavoro
non più come sommatoria di singole misure di sicurezza,
bensì come una condizione che qualifica un bene
autonomo, costituito dall’ambiente di vita e di lavoro”.
Il campo di applicazione
oggettivo della disciplina
 Tutti i settori di attività privati o pubblici
 I settori cui il decreto si applica con
“temperamenti”, tenendo conto delle particolari
esigenze del servizio espletato (forze armate e di
polizia, strutture giudiziarie, università, istituti di
istruzione, archivi, biblioteche, musei, aree
archeologiche, mezzi di trasporto aereo e
marittimo)
 Sono previste inoltre alcune semplificazioni per le
piccole e medie imprese
Il campo di applicazione soggettivo
della disciplina
 La disciplina si applica ai “lavoratori”, intesi
come persone che prestano il proprio lavoro
alle dipendenze altrui con rapporto di lavoro
subordinato.
 Soggetti equiparati ai primi: soci lavoratori
delle cooperative, stagisti, allievi degli
istituti di istruzione ed universitari,
partecipanti ai corsi di formazione
professionale.
Tendenza espansiva della disciplina:
anche ai nuovi lavori
 la somministrazione, oltre alla previsione, al comma 4 lett. c
dell'art. 20, della non utilizzabilità di tale forma di contratto
per le imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei
rischi a norma della 626, è previsto all'art. 22 che i
lavoratori somministrati sono computati al fine
dell'applicazione della norme in materia di salute e sicurezza;
disposizioni in materia di informazione si ritrovano all'art. 23
comma 5.
 il lavoro intermittente, oltre al richiamo, identico a quello
previsto per la somministrazione, all'art. 34 lett. c, obblighi
di informazione sono previsti dall'art 35 e dalla lett.f
dell'art. 36;
 il lavoro ripartito, art. 42 lett. c in materia di comunicazioni;
 il lavoro a progetto, la lett e dell'art 62 per quanto riguarda
la forma del contratto e l'art 66 comma 4 in materia di
diritti del lavoratore che estende integralmente a tela
categoria di lavoratori le tutele della 626 quando si svolgano
attività in luoghi di lavoro del committente.
La nozione di lavoratore nel decreto
Biagi
"qualsiasi persona che lavora o che è in
cerca di un lavoro" (art.2, 1°comma, lett.j).
 Ci si allontana dal consueto riferimento al
lavoro dipendente, in coerenza con le
materie trattate nel decreto.

Tendenza recente
 L’art. 2087 c.c. come norma di riferimento
della tutela integrale del lavoratore come
persona: il lavoratore nella sua veste di
cittadino prima ancora che il cittadino nella
sua vesta di lavoratore.
 La tutela della personalità
Protezione anche nei confronti dei danni non patrimoniali
(si accentua il profilo risarcitorio / riparatorio)
:

la giurisprudenza lavoristica in parallelo allo sviluppo della
discussione privatistica sulla responsabilità (civile) per danni alla
persona, ha individuato, anche nel contesto del rapporto di lavoro,
una nutrita serie di danni non patrimoniali risarcibili .
 Il danno biologico e alla salute (oltre la riparazione
assicurativa)
 Il danno da demansionamento
 Il danno da mobbing: realizzazione da parte del datore di
lavoro, di superiori (c.d. bossing) o di altri dipendenti
(ovviamente se conosciuti e tollerati dal datore di lavoro) di
comportamenti vessatori o persecutori (fra cui rientrano le
molestie sessuali)
 Il danno esistenziale
La norma di riferimento per il diritto
del lavoro rimane l’art. 2087 cc
 sia per quanto attiene
alla protezione
dell’integrità fisica
 sia in ordine alla
valorizzazione della
«personalità morale»
del prestatore di lavoro
Tendenza espansiva
Della tutela ex art. 2087
Responsabilità contrattuale o
extracontrattuale del datore del lavoro?

la norma impone ad un
contraente uno sforzo diretto
alla predisposizione,
nell’ambiente di lavoro, delle
misure idonee alla
prevenzione di infortuni e
malattie professionali,
Nel primo caso
il bene tutelato
è proprio la prevenzione
da eventi dannosi,

l’ordinamento appronta
una protezione – ed una
conseguente azione – a
chiunque, al di fuori di una
relazione contrattuale, si
trovi a subire un danno,
connotato da ingiustizia ed
antigiuridicità.
nel secondo
l’accento legislativo
cade sulla riparazione
delle conseguenze
di un evento
già verificatosi.
Conseguenze
 Nel secondo caso si ha una prevalenza delle
norme pubbliciste (teoria dell’interesse
legittimo nel rapporto privato)
 Soluzione prevalente nella dottrina
lavorista: non può darsi obbligazione
lavorativa che non supponga il rispetto delle
misure di sicurezza
 tale obbligo deve entrare a pieno titolo
all’interno della struttura del rapporto
obbligatorio condizionando la dimensione e
la misura dell’adempimento.
Valenza prevenzionista dell’art. 2087
 La norma si inserisce nel contesto del diritto
prevenzionistico e regola gli obblighi del datore diretti a
prevenire gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali,
attraverso la predisposizione di tutte le misure ritenute
necessarie. Essa evoca dunque una obbligazione di facere, il
cui inadempimento è – quasi sempre – sanzionato penalmente
e comporta il confronto con l’interfaccia pubblica che si
occupa di vigilare sulla corretta applicazione della normativa
di prevenzione.
 l’adempimento in forma specifica costituisce il prius logico a
fronte di una tutela meramente risarcitoria, che è a sua
volta logicamente preceduta dagli usuali rimedi endocontrattuali, come l’eccezione di inadempimento (art. 1453
c.c.).
 la pretesa risarcitoria non costituisce l’oggetto immediato e
diretto della strategia di tutela ma solo un (eventuale)
succedaneo all’adempimento «in natura» dell’obbligazione
principale.
Diverso percorso della giurisprudenza
 L’art. 2087 anche come fonte di responsabilità
extracontrattuale (ex art. 2043) del datore di lavoro.
 Operazione equitatitva: allargamento dell’area della
tutela di tipo risarcitorio nei confronti del lavoro.

comporta la realizzazione di un’operazione di
trapianto alla sponda giuslavoristica delle elaborazioni
civilistiche sulle nuove figure di danno risarcibile (alla
salute, biologico, esistenziale all’immagine, alla vita di
relazione, ecc.).
Danno biologico nozione
 Il danno biologico, inteso come
menomazione dell'integrità psicofisica del
soggetto, è diverso ontologicamente sia dal
cosiddetto danno morale sia dal danno da
mancato reddito in dipendenza della
perdita o diminuzione della capacità
lavorativa.
Il danno biologico come effetto di
responsabilità extracontrattuale
 la tematica del danno biologico è nata e si è sviluppata
sul terreno dell’illecito aquiliano. in tale contesto il
rimedio risarcitorio è l’unico spendibile,
rappresentando l’unica forma di riparazione del diritto
leso .

Cass. civ., sez. lav., 30/07/2003, n.11704

Il credito del lavoratore nei confronti del
proprio datore di lavoro, volto al risarcimento
dei danni biologico e morale derivatigli in
occasione di un infortunio sul lavoro, non ha
natura giuridica di credito di lavoro, trovando
nel rapporto di lavoro soltanto l'occasione di
contatto sociale che ha determinato la sua
insorgenza, ma ha natura di credito
risarcitorio
Risarcimento oltre il danno
assicurato.

Cass. civ., sez. lav., 04/10/1994, n.8054

Esso è, dunque autonomamente valutabile, ma non può
influire sul riconoscimento della rendita da inabilità
permanente in favore del lavoratore infortunato,
dovendo questa essere calcolata con riguardo al grado
di diminuzione dell'attitudine al lavoro (generica)
secondo i criteri previsti dall'art. 78 del d.P.R. 30
giugno 1965 n. 1124. Infatti, l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro è finalizzata al risarcimento di
tale perdita o diminuzione e non al risarcimento del
danno inteso nella più ampia nozione di cui agli artt.
2043 e ss. c.c., rispetto al quale sussiste la
responsabilità del datore di lavoro, non esonerato
dalla copertura assicurativa (correlata unicamente alla
menomazione dell'attitudine lavorativa), semprechè
sia fornita la prova del comportamento colposo dello
stesso o di suoi sottoposti in relazione all'infortunio.
Il danno esistenziale
 Secondo l’impostazione corrente
quest’ultima fattispecie di danno si distingue
da quello biologico o «alla salute» per il fatto
di coinvolgere compromissioni che non
attengono alla sfera delle menomazioni fisiopsichiche, ma ad altri valori, considerati
ugualmente tutelati e/o meritevoli di tutela da
parte dell’ordinamento, quali la vita di
relazione, gli affetti personali, i rapporti
sociali, ecc.
Il danno esistenziale
 La lesione della personalità morale del dipendente costituisce
violazione dell'art. 2087 c.c. e dà luogo a un danno esistenziale,
la cui nozione è distinta da quella del danno biologico, che
presuppone un pregiudizio alla salute fisica o psichica, e da
quella del danno morale, che consegue quando il fatto lesivo
costituisce ipotesi di reato; l'ammontare del danno esistenziale è
quantificabile in via equitativa, ai sensi del combinato disposto
degli art. 2056 e 1226 (nella fattispecie, affermata la lesione
della personalità morale della dipendente che aveva subito
molestie sessuali, il datore di lavoro e il molestatore sono stati
condannati "in solido" al risarcimento del danno esistenziale,
quantificato in via equitativa in lire 30 milioni, utilizzando il
parametro delle quindici mensilità previsto in caso di
licenziamento; il solo molestatore è stato inoltre condannato al
risarcimento del danno morale, quantificato in lire 15 milioni).
 Trib. Pisa, 06/10/2001
Il danno morale
Corte cost., 11/07/2003, n.233


E' infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2059 c.c., in
quanto la norma codicistica va interpretata nel senso che il danno non
patrimoniale, ove riferito all'astratta fattispecie di reato, è risarcibile
anche nell'ipotesi in cui, in sede civile la colpa dell'autore del fatto risulti da
una presunzione di legge, in riferimento all'art. 3 Cost. (sulla base di questo
principio è stata dichiarata inammissibile l'ulteriore questione di legittimità
costituzionale dell'art. 2059 c.c., in quanto limiterebbe la risarcibilità del
danno non patrimoniale ai soli casi stabiliti dalla legge, in riferimento agli
artt. 2 e 3 Cost.).
Il mutamento legislativo e giurisprudenziale ha fatto assumere all'art. 2059
c.c. una funzione non più sanzionatoria, ma soltanto tipizzante dei singoli casi
di risarcibilità del danno non patrimoniale. Su tale base, pertanto, anche il
riferimento al "reato" contenuto nell'art. 185 c.p., in coerenza con la diversa
funzione assolta dalla norma impugnata, non postula più, come si riteneva per
il passato, la ricorrenza di una concreta fattispecie di reato, ma solo una
fattispecie corrispondente nella sua oggettività all'astratta previsione di
una figura di reato. Con la conseguente possibilità che ai fini civili la
responsabilità sia ritenuta per effetto di una presunzione di legge.
Conclusivamente, l'art. 2059 c.c. deve essere interpretato nel senso che il
danno non patrimoniale, in quanto riferito alla astratta fattispecie di reato,
è risarcibile anche nell'ipotesi in cui, in sede civile, la colpa dell'autore del
fatto risulti da una presunzione di legge.
Il risarcimento del danno non patrimoniale è
dovuto ogniqualvolta vi sia stata una lesione
di valori della persona costituzionalmente
garantiti ancorché tale lesione non derivi da
reato
.
Cass. civ., sez. III, 31/05/2003, n.8828
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