n. 34 ottobre 2010 - gennaio 2011
10 DOMANDE CHIAVE SULL’OSTEOPOROSI
1. MA È VERO CHE L’OSTEOPOROSI NON È UNA MALATTIA ?
Qualcuno ogni tanto lo dice (p.es. La Repubblica, “Il business delle false malattie”, 29/10/2010), ma non è vero. L’osteoporosi
non è, come si pensava una volta, solo una conseguenza naturale dell’invecchiamento, e le fratture di vertebre o di femore degli
anziani non sono solo una fatalità, un rischio legato all’età, che sfugge a ogni possibilità di controllo.
L’osteoporosi ha delle “cause”, si manifesta ed evolve attraverso precisi processi patologici, si può in molti casi prevenire e, una
volta comparsa, si può quasi sempre rallentare o bloccare nella sua evoluzione, seguendo regole precise e sfruttando l’azione
di specifici farmaci. Per questo oggi consideriamo l’osteoporosi una malattia: una malattia dell’osso esattamente come l’infarto
o la bronchite cronica sono malattie del cuore o dei polmoni.
2. CHE COS’È L’OSTEOPOROSI ?
L’osteoporosi è una malattia “del metabolismo osseo”, cioè derivante da un’alterazione del ciclo vitale naturale dell’osso. L’osso,
come tutte le altre parti del nostro corpo, è un tessuto vivo, e come tutto ciò che è vivo, cambia e si rinnova continuamente.
Quando qualcosa in questo processo non funziona, si può dire
che c’è una “malattia”.
L’osteoporosi viene definita dall’Organizzazione Mondiale della
Sanità come “una malattia sistemica dello scheletro,
caratterizzata da ridotta massa minerale e deterioramento
microstrutturale del tessuto osseo, con conseguente aumento
della fragilità dell’osso e maggior rischio di fratture”.
“Malattia sistemica” perché S anche se le fratture sono più
frequenti in certe ossa (polso, vertebre, femore, omero, coste)
S l’osteoporosi colpisce tutto il “sistema” scheletrico, con una
perdita progressiva di calcio. Il termine “massa minerale ossea”
indica la quantità di minerali (sali di calcio) contenuta nell’osso.
I sali di calcio sono ciò che rende l’osso un tessuto duro,
compatto, resistente agli urti e agli sforzi meccanici: se l’osso
perde troppo calcio diventa fragile.
La mineralometria ossea computerizzata (M O C) è usata per
misurare la “massa” e la “densità” minerale ossea.Quando
massa e densità ossea scendono sotto certi livelli, parliamo in
una prima fase di osteopenia (“impoverimento osseo”) e in una
seconda fase, più grave, di osteoporosi (“porosità ossea”). Nell’osteoporosi, non solo la quantità di sali minerali è ridotta, ma
anche l’architettura microscopica interna dell’osso è alterata.
Per capire meglio questo punto, dobbiam o sapere come è fatto un osso. Ci sono ossa lunghe (es. femore, omero), corte (es.
vertebre) e piatte (es. coste). Le estremità (“epifisi”) delle ossa lunghe, le ossa corte e le ossa piatte hanno una struttura particolare:
presentano all’esterno una lamina di osso liscio e duro (osso compatto o corticale), e all’interno la cosiddetta “spugnosa” (osso
spugnoso o trabecolare), costituita da piccolissime cavità, delimitate dalle “trabecole ossee” (vedi figura).
La struttura trabecolare interna è importantissima per dare all’osso, contemporaneamente, leggerezza, robustezza, resistenza agli
“stress”. Nell’osteoporosi, le cavità della spugnosa diventano più ampie e irregolari perché gran parte delle trabecole sono rotte
o distrutte, e quelle rimaste sono diventate eccessivamente sottili e deboli. Se la spugnosa è danneggiata, la struttura dell’intero
osso è indebolita, e per questo, nell’osteoporosi, anche un piccolo trauma può a volte provocare una frattura. Proprio perché
la perdita di calcio avviene principalmente nella spugnosa, nell’osteoporosi le fratture sono più frequenti nelle ossa o nelle regioni
ossee in cui è molto abbondante la componente trabecolare: le vertebre, il radio all’altezza del polso (frattura di Colles), il femore
a livello dell’anca, l’omero a livello della spalla, le coste.
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3. COME SI DEVE INTERPRETARE IL “RISCHIO DI FRATTURA” NELL’OSTEOPOROSI ?
Non si deve pensare alle fratture come a una conseguenza inevitabile dell’osteoporosi. Molte persone con osteoporosi anche
grave, per loro fortuna, non hanno mai fratture, e viceversa, si può avere una frattura anche se non si ha l’osteoporosi. Per questo
si deve parlare solo di rischio di fratture. Avere l’osteoporosi comporta un rischio maggiore del normale di avere, prima o poi,
una frattura. Vuol dire che, per esempio, se seguiamo per qualche anno mille persone con l’osteoporosi e mille senza,
osserveremo molte più fratture nel primo gruppo che nel secondo.
Bisogna anche sottolineare che il rischio reale di fratture nel singolo caso può essere decisamente diminuito con un intervento
attivo e intelligente della persona interessata. La maggioranza delle fratture avviene a seguito di una caduta o di uno sforzo
eccessivo, e molto dipende quindi, oltre che dalla pura fortuna, dal comportamento individuale. Dipende dall’attenzione, dalla
prudenza, dalla calma che m ettiamo in tutte le attività quotidiane. Inciampare, scivolare, non vedere un gradino sono cose
pericolose per chi ha l’osteoporosi, ma si può fare molto per ridurre questi rischi.
4. CHI SI AMMALA DI OSTEOPOROSI ?
La maggior parte dei malati di osteoporosi sono persone relativamente anziane, diciamo oltre i 60-65 anni. In questo caso si parla
di osteoporosi postmenopausale o senile. Ma l’osteoporosi, in condizioni particolari, può manifestarsi a qualsiasi età. Uno dei
problemi di questa malattia è che, per diagnosticarla, prima che avvengano fratture, bisogna pensarci. Infatti, molto spesso,
l’osteoporosi non dà alcun segno di sé per molto tempo. Non è caratterizzata da sintomi o segni fisici evidenti. Nella maggior
parte dei casi, prima delle fratture, non dà né dolori né fastidi né impedimenti particolari. Qualcuno l’ha definita un “ladro
silenzioso”, che poco per volta e senza farsene accorgere ruba calcio alle nostre ossa.
Ovviamente non tutti gli anziani si ammalano di osteoporosi. Molto dipende dalle condizioni individuali di partenza, in
particolare dal “picco di massa ossea”, cioè dal livello di massa ossea raggiunto intorno ai 25-30 anni di età. Questo è il livello
più alto di contenuto minerale dell’osso che raggiungiamo nella vita, e da questo livello possiamo solo scendere. È evidente che
chi ha raggiunto un picco di massa ossea più elevato (cioè chi ha in partenza “più calcio nell’osso”) arriverà più tardi, se mai ci
arriverà, all’osteoporosi. Oltre a questo, nel rischio di sviluppare osteoporosi hanno molto peso la familiarità (genitori con
osteoporosi), un’alimentazione carente di calcio, una vita troppo sedentaria, una carenza di vitamina D, oppure la presenza di
certe malattie (vedi domanda 6).
5. COME CI SI AMMALA DI OSTEOPOROSI ?
L’osso è un tessuto vivo e si rinnova di continuo lungo tutta la vita. Basta pensare a come lo scheletro, mentre passiamo
dall’infanzia alla maturità, cambia di dimensioni e di forma, o a come l’osso è capace di ripararsi dopo una frattura.
L’osso è costituito da tre componenti. La componente organica (“matrice ossea”), costituita da lunghe fibrille proteiche
(collagene), che dà elasticità e coesione all’insieme. La componente cellulare, costituita da cellule specializzate che lavorano
incessantemente per mantenere il giusto livello di mineralizzazione dell’osso, distruggendo osso “vecchio” e rigenerando osso
“nuovo”. Infine, la componente minerale (essenzialmente sali di calcio, fosforo, magnesio depositati sulla matrice organica), che
determina la robustezza dell’osso e la sua capacità di sopportare il peso del corpo.
Lungo tutta la vita, l’osso viene continuamente distrutto e rigenerato. Questo processo (chiamato modellamento osseo nei giovani
e rimodellamento osseo negli adulti), avviene a livello microscopico. Ogni giorno, in tantissimi punti dello scheletro, cellule
chiamate osteoclasti solubilizzano localmente i sali di calcio e distruggono la vecchia matrice proteica (riassorbimento osseo)
mentre in altrettanti punti, altre cellule chiamate osteoblasti producono nuova matrice, su cui si depositano nuovi sali minerali
(formazione ossea).
Questi due processi - riassorbimento e formazione - devono essere nel giusto equilibrio. Da giovani, la formazione prevale sul
riassorbimento, e lo scheletro cresce e si sviluppa. Nella maturità, si conserva ciò che si è costruito, e distruzione e ricostruzione
si equivalgono. Nella vecchiaia, in cui tutti i processi vitali tendono a indebolirsi, la distruzione tende a prevalere sulla
ricostruzione. La corticale si assottiglia e le trabecole della spugnosa diventano più rade e sottili. L’osso diventa più debole e
con il tempo si può arrivare all’osteoporosi.
In condizioni particolari, per esempio in presenza di carenze alimentari, immobilizzazione prolungata, malattie o altri fattori
negativi la perdita di minerali dall’osso può manifestarsi a qualsiasi età.
6. QUALI SONO I PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO PER L’OSTEOPOROSI ?
L’osteoporosi è una malattia complessa e non ancora completamente conosciuta. Come per molte altre malattie, è spesso
impossibile identificare la causa o le cause che la determinano. Sono stati invece identificati molti “fattori di rischio” che
favoriscono lo sviluppo di osteoporosi. Alcuni di questi sono più importanti di altri, e naturalmente, maggiore è il numero di
fattori di rischio presenti in un individuo, maggiore è la probabilità che quell’individuo vada incontro all’osteoporosi.
Bisogna però sottolineare che anche in presenza di uno o più fattori di rischio non si ha mai la certezza di sviluppare una
malattia, ma solo una maggiore probabilità. E che d’altra parte, si può sviluppare osteoporosi anche se non si ha nessun fattore
di rischio evidente.
Conoscere i fattori di rischio è importante, sia perché su alcuni si può intervenire, sia perché in presenza di un rischio elevato
il medico potrà consigliare indagini specifiche (es. MOC) per valutare meglio la situazione. Per spiegazioni dettagliate sui fattori
di rischio, vedi Notizie LIOS n.33 (alla pagina “Pubblicazioni” su http://www.lios.it).
I principali fattori di rischio per l’osteoporosi sono: età avanzata, sesso femminile, familiarità per osteoporosi, costituzione
minuta, menopausa precoce (prima dei 45 anni, anche se chirurgica per ovariectomia bilaterale), dieta povera di calcio, carenza
di vitamina D, vita sedentaria, periodi prolungati di amenorrea (più di 1 anno) o deficit di testosterone, presenza di malattie che
possono determinare osteoporosi “secondarie”: malattie infiammatorie croniche intestinali (celiachia, morbo di Crohn, colite
ulcerosa), anoressia nervosa, malattie endocrine (iperparatiroidismo, ipertiroidismo, iperprolattinemia, morbo di Cushing),
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malattie immuno-reumatiche croniche (p.es. artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico), insufficienza renale cronica,
ipercalciuria idiopatica, insufficienza epatica cronica, malattie ostruttive respiratorie croniche (bronchite cronica, enfisema
polmonare), fibrosi cistica, leucemie, mieloma multiplo, trapianti d'organo, qualunque condizione che determini
immobilizzazione protratta (es. distrofie muscolari, paralisi), uso cronico di corticosteroidi, eparina, antiepilettici, antiacidi.
Bisogna ricordare che le osteoporosi “secondarie” possono manifestarsi in entrambi i sessi a qualunque età.
7. IN COSA CONSISTE LA PREVENZIONE DELL’OSTEOPOROSI ?
La prevenzione dell'osteoporosi ha due obiettivi: massimizzare il picco di massa ossea e diminuire la velocità di perdita di osso
dopo la menopausa e nell'età avanzata. E si basa su tre regole chiave: assumere ogni giorno la giusta quantità di calcio; fare una
regolare attività fisica; evitare carenze di vitamina D.
Ci sono crescenti evidenze scientifiche che il calcio degli alimenti è meglio tollerato nel lungo
termine di quello dei “supplementi”, che devono essere riservati a chi proprio non può
assumere abbastanza calcio con la dieta.
A parte le caratteristiche genetiche ereditate, su cui non possiamo fare nulla, in tutte
le fasi della vita le tre regole essenziali per la salute dell’osso sono sotto il nostro
controllo, e dipendono solo dal nostro comportamento. Una “vera” prevenzione S
che ha l’obiettivo di costruire uno scheletro il più robusto possibile, accumulando nello
scheletro la massima quantità possibile di minerali (calcio) e raggiungendo, intorno ai
25-30 anni di età, un elevato “picco di massa ossea” S si può mettere in atto solo
cominciando da giovanissimi, nella fase di costruzione dello scheletro. Solo
intervenendo durante il periodo della crescita si potrà accumulare un elevato picco di
massa ossea, solida difesa contro il rischio futuro di osteoporosi.
Ma anche chi giovane non è più non deve pensare che non c’è niente da fare. Infatti,
anche se non si può rimediare agli errori del passato, l’osservanza delle regole di
prevenzione è utile a tutte le età. Perché queste regole servono non solo a costruire un osso
robusto da giovani, ma anche a mantenerlo e non lasciarlo indebolire da adulti e da anziani. A tutte le età possiamo quindi
evitare di assumere calcio in quantità insufficiente, cosa che
determina una lenta perdita di calcio dallo scheletro e il
progressivo impoverim ento del tessuto osseo. E anche
LIVELLI RACCOMANDATI DI ASSUNZIONE
q u e sta d e v e e ssere c o n sid e ra ta “p re v e n z io n e ”
dell’osteoporosi.
GIORNALIERA DI CALCIO (L.A.R.N.)
Le donne, che sono più colpite dall'osteoporosi, devono
fare qualcosa di più. Al momento della menopausa, ogni
a cura della Società Italiana di Nutrizione Umana
donna dovrebbe rivolgersi al proprio medico per valutare
(revisione 1996)
eventuali fattori di rischio per l’osteoporosi. In tal caso, si
potrà valutare la situazione con gli opportuni esami, e in
particolare con la MOC, che permetterà di avere un dato
Età
mg/giorno
obiettivo sulla propria massa ossea all’inizio del periodo più
critico per la perdita di calcio.
lattanti < 1 anno
da 1 a 6 anni
da 7 a 10 anni
da 11 a 17 anni
da 18 a 29 anni
uomini da 30 a 59 anni
donne da 30 a 49 anni
uomini 60+ anni
donne 50+ anni
600
800
1000
1200
1000
800
800
1000
1200-1500 (*)
8. A CHE COSA SERVE LA VITAMINA D ?
La vitamina D è essenziale per l’assorbimento intestinale del
calcio e la mineralizzazione dell’osso.
A differenza di altre vitam ine, non è necessario assumerla
con gli alimenti. Infatti, la vitamina D si forma nella pelle
per azione dei raggi ultravioletti (UV) della luce solare.
Parliamo di “luce solare” perché non è necessario prendere
il sole diretto (ma bisogna stare all’aperto perché i raggi UV
non passano attraverso i vetri). Nella bella stagione, viso,
braccia, gambe scoperte ci fanno produrre vitamina D per
tutto l’anno.
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Soprattutto negli anziani, sono frequenti le carenze di
vitamina D, di solito segnalate da un aumento del livello di
(*) Nelle donne in menopausa l’apporto consigliato è 1200paratormone nel sangue. Una carenza di vitamina D si può
1500 mg in assenza di terapia sostitutiva con estrogeni. Se si fa la
terapia sostitutiva con estrogeni, il fabbisogno è pari a quello degli
riconoscere misurando il livello di 25-OH vitamina D nel
anziani maschi (1000 mg).
sangue e si può facilmente correggere.
La vitamina D nativa (“colecalciferolo”), per poter agire
sull’intestino e sull’osso deve essere “attivata” prima nel
fegato e poi nel rene. Oltre al colecalciferolo, in farmacia si trovano anche i “metaboliti attivi della vitamina D” (calcifediolo,
calcitriolo, alfacalcidolo), che possono essere usati in condizioni di insufficienza epatica o renale, o in casi particolari anche negli
anziani. Una terapia con vitamina D va sempre prescritta dal medico e, se prolungata, richiede controlli periodici. L’assunzione
prolungata di un eccesso di vitamina D può essere dannosa.
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9. QUALI CURE CI SONO PER L’OSTEOPOROSI ?
Se la prevenzione ha tre “pilastri portanti”, nella terapia se ne aggiunge un quarto: un farmaco. Oggi abbiamo già a disposizione
diversi farmaci anti-osteoporosi, efficaci nell'arrestare la progressione della malattia e nel ridurre il rischio di fratture:
• bisfosfonati (alendronato, risedronato, clodronato, ibandronato, zoledronato), farmaci che riducono il riassorbimento osseo
• SERM (es. raloxifene), farmaci simili agli estrogeni (ormoni sessuali femminili), capaci di ridurre il riassorbimento osseo senza
avere effetti su utero e mammella
• ranelato di stronzio, che agisce sull'osso sia rallentando il riassorbimento, sia stimolando la formazione
• teriparatide e ormone paratiroideo, farmaci capaci di stimolare la formazione di osso, riservati ai casi più gravi di osteoporosi
(con fratture ripetute) e prescrivibili solo presso centri specialistici, con piano terapeutico
A breve sarà disponibile anche un nuovo farmaco (denosumab), anch’esso capace di ridurre il riassorbimento osseo.
Dobbiamo anche ricordare che gli estrogeni, usati come terapia “sostitutiva” dopo la menopausa, sono anch’essi in grado di
proteggere l’osso.
L’efficacia dei farmaci anti-osteoporosi non è solo nel mantenere (o aumentare) la densità ossea, ma soprattutto nel ridurre il
rischio di fratture. Una significativa riduzione del rischio di fratture sia della colonna che del femore è stata dimostrata per
bisfosfonati, teriparatide e paratormone, ranelato di stronzio, denosumab. Per altri farmaci, come i SERM, è stata dimostrata una
riduzione del rischio delle sole fratture vertebrali.
In generale, i farmaci per l’osteoporosi sono ben tollerati e hanno pochi effetti collaterali. La disponibilità di diverse categorie
di farmaci permette di avere sempre un’alternativa in caso di effetti indesiderati.
Oltre ai farmaci, fanno sempre parte della terapia le tre regole della prevenzione: calcio, attività fisica, vitamina D. Alcuni
bisfosfonati oggi sono disponibili anche con un’integrazione di vitamina D.
I farmaci anti-osteoporosi sono prescrivibili a carico del Sistema Sanitario pubblico in presenza di alcune condizioni specifiche,
enunciate nella nota 79 AIFA. Per ulteriori informazioni, si veda http://www.lios.it.
10. CHE DIFFERENZA C’È FRA OSTEOPOROSI E ARTROSI ?
L’artrosi è una malattia che prima o poi colpisce, in forma più o meno grave, praticamente tutti coloro che arrivano a una certa
età. L’artrosi è spesso presente insieme all’osteoporosi negli anziani, ma è una malattia del tutto diversa. L’osteoporosi, come
abbiamo visto, è una malattia che colpisce l’osso, rendendolo più a rischio di fratture.
L’artrosi invece colpisce le “articolazioni”, ossia le giunzioni fra le ossa che permettono il movimento (p.es. dita, gomito, spalla,
ginocchio, anca, vertebre). A livello delle articolazioni, le ossa sono ricoperte da uno strato di “cartilagine articolare”, un tessuto
liscio, elastico e lubrificato che permette movimenti morbidi e senza attrito. Nell’artrosi (in realtà è più corretto parlare di
osteoartrosi) oltre alle cartilagini articolari sono sempre interessate anche le estremità ossee.
L’artrosi è una malattia “da usura”, nel senso che le articolazioni subiscono un danno in qualche modo legato all’uso, con il
passare degli anni e dei decenni.Le cartilagini si assottigliano e si consumano, e le ossa possono subire deformazioni e alterazioni
(p.es. la formazione escrescenze dette “osteofiti”). Tutta l’articolazione è quindi più o meno alterata, soggetta a fenomeni
infiammatori (arrossamento, gonfiore, dolore), e meno libera e sciolta del normale.
A differenza dell’osteoporosi, che è più frequente nelle persone esili e magre, l’artrosi (specialmente dell’anca e del ginocchio)
è più frequente nelle persone sovrappeso, ed è quasi inevitabile nelle persone obese.
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n. 34 - gennaio 2011 - Lega Italiana Osteoporosi