Opinioni
Processo, arbitrato e mediazione
Gruppi di imprese
Il gruppo di imprese
nelle soluzioni giudiziali
della crisi
di Luciano Panzani
Sulla base della disciplina dell’amministrazione straordinaria e di alcune esperienze straniere l’A. individua le
questioni che ogni legislazione concorsuale in materia di gruppi di società deve affrontare, rilevando come,
dopo aver anticipato gli altri ordinamenti con le norme sui gruppi in tema di amministrazione straordinaria, il
legislatore italiano non abbia esteso questi principi alla riforma delle procedure concorsuali ordinarie. Tuttavia la giurisprudenza ha dettato alcune prassi interpretative in ordine all’ammissibilità del concordato preventivo di gruppo, alcune delle quali sono rispettose dell’autonomia patrimoniale delle società del gruppo, mentre altre ritengono di fondere masse attive e passive. Dopo aver criticato tale ultima soluzione, l’A. si sofferma sulle proposte di riforma del regolamento europeo in tema d’insolvenza transfrontaliera, che, a differenza della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, dà ampio riconoscimento ai gruppi, anche se non
propone una disciplina unitaria dell’insolvenza delle società del gruppo, ma soltanto forme di coordinamento
delle procedure. Analoghi rilievi valgono per le proposte di riforma della Model Law e della Legislative Guide
dell’Uncitral *.
La disciplina normativa
dell’amministrazione straordinaria
di gruppo fra autonomia delle masse
patrimoniali e soluzione di gruppo
della crisi
Com’è noto, nella realtà economica odierna le imprese che operano sul mercato sono prevalentemente organizzate in gruppi di società, anche se sovente il legislatore, almeno il legislatore italiano,
mostra apparentemente di non riconoscere il fenomeno, dettando norme che si riferiscono alle imprese come enti individuali e dettando poche norme di completamento relative al fenomeno dei
gruppi (1). È osservazione frequente da un lato che
il diritto societario italiano si occupa dei gruppi
senza fornirne un’unica definizione, ma offrendo
invece varie nozioni a seconda dell’oggetto specifico della disciplina e dall’altro che la disciplina della crisi d’impresa si riferisce addirittura nella maggior parte delle norme all’impresa individuale, perché soltanto gli artt. 147 e ss. della legge fallimentare riguardano il fallimento delle società (2). Questo quadro presenta tuttavia una rilevante eccezione perché l’Italia, pressoché unica tra i paesi indu-
1358
Note:
* Il presente contributo è stato sottoposto, in forma anonima,
alla valutazione di un referee.
(1) Rinunciando a citazioni più ampie che andrebbero oltre i limiti e le finalità di questo articolo, tra i tanti contributi rinvio a U.
Tombari, I gruppi di società, in O. Cagnasso - L. Panzani (a cura
di), Le nuove s.p.a., Bologna - Torino, 2010, 1741, ss.; Id., Diritto
dei gruppi di imprese, Milano, 2011. L’A. sottolinea che esiste
ormai nel nostro ordinamento una disciplina dei gruppi che fa riferimento non soltanto all’art. 2497 c.c. che regola l’attività di direzione e coordinamento, ma anche a norme quali gli artt. 2381,
comma 5, c.c. che sancisce l’obbligo degli organi delegati di riferire al consiglio di amministrazione ed al collegio sindacale sulle operazioni di maggior rilievo effettuate dalla società e dalle
sue controllate; l’art. 2403 bis, comma 2, c.c. che riconosce al
collegio sindacale il potere di chiedere agli amministratori notizie
anche con riferimento alle società controllate sull’andamento
delle operazioni sociali o su determinati affari, nonché di scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo e all’andamento generale dell’attività sociale. Si veda anche G. Scognamiglio, ‘‘Clausole generali’’, principi di diritto societario e disciplina dei gruppi di società, in Studi in ricordo di Pier Giusto
Jaeger, Milano, 2011, 579 e ss.
(2) Il tema è approfondito da F. Pasquariello, Gestione e riorganizzazione dell’impresa nel fallimento, Milano, 2011, 35 e ss. Si
vedano anche A. Nigro, Diritto societario e procedure concorsuali, in AA.VV., Il nuovo diritto delle società I, Torino, 2006,
202; G. Scognamiglio, Gruppi di imprese e procedure concorsuali, in Giur. comm., 2008, II, 1091, e, su aspetti specifici R. Vivaldi, L’insolvenza dei gruppi e l’azione di responsabilità nel fallimento, in Fall., 2004, 622; E. Ricciardello, La rilevanza del rap(segue)
Le Società 12/2013
Opinioni
Processo, arbitrato e mediazione
strializzati (3), ha una disciplina dell’insolvenza dei
gruppi, sia pur limitata alla procedura d’amministrazione straordinaria, che si applica soltanto alle
grandi imprese in crisi, individuate per parametri
riferiti al numero dei dipendenti ed alle dimensioni
del passivo.
I problemi che si incontrano trattando dell’insolvenza dei gruppi sono di tre tipi: a) se il gruppo vada trattato dal punto di vista della procedura concorsuale come un’entità unica o se la considerazione della tutela dei diritti dei creditori delle varie società che ne fanno parte giustifichi l’apertura di
procedimenti separati; b) se sia in ogni caso opportuno, anche quando si faccia luogo a procedure separate, dettare regole di coordinamento dell’attività
degli organi delle diverse procedure e radicare la
competenza a conoscere dei diversi procedimenti
presso un unico organo giudiziario; c) quali siano le
conseguenze dell’esistenza del gruppo nel caso di insolvenza transfrontaliera, tema che per diritto europeo, ma anche per la Model Law, redatta dall’Uncitral e recepita da diversi ordinamenti, tra cui Inghilterra e Stati Uniti, incide sull’interpretazione
della nozione di COMI, vale a dire di centro degli
interessi principali dell’impresa. La nozione di COMI, infatti, è la medesima tanto per il Regolamento
comunitario sull’insolvenza transfrontaliera 1346/
2000 che per la Model Law.
Considerare il gruppo di società come un’entità
unica è da un lato in contrasto con il principio per
cui ogni società costituisce un soggetto di diritto separato, dotato se non di personalità giuridica quantomeno di autonomia patrimoniale, sı̀ che deve essere garantito il diritto dei creditori si soddisfarsi sul
patrimonio della società loro creditrice, e dall’altro
costituisce invece uno strumento per assicurare il
coordinamento dell’attività delle varie società insolventi (4), cosı̀ come avviene per le società di un
gruppo che non sia insolvente o che non si trovi in
stato di crisi (5). Il consolidamento del gruppo soddisfa anche ulteriori esigenze: permette di attribuire
la competenza a conoscere delle diverse procedure
relative alle varie società del gruppo ad un unico
giudice; consente di nominare un unico organo
quale gestore delle diverse società e di predisporre
un unico piano di riorganizzazione; consente anche
di predisporre una disciplina delle azioni revocatorie che riguardano le diverse società del gruppo.
Gli artt. 80 e ss., L. 8 luglio 1999, n. 270, stabiliscono anzitutto il perimetro del gruppo (6). Ne fanno
parte l’impresa che per prima viene assoggettata alla
procedura di amministrazione straordinaria, procedura che viene definita ‘‘procedura madre’’. Possono
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Note:
(segue nota 2)
porto di controllo ai fini della prova presuntiva della scientia decoctionis nell’azione revocatoria fallimentare, in Giur. comm.,
2004, II, 1144. Per un richiamo alle proposte di disciplina del
gruppo insolvente che avevano accompagnato la redazione dei
progetti che hanno preceduto la riforma del 2005-2006 si veda
S. Fortunato, Procedure concorsuali e società nella prospettiva
della riforma, in Giur. comm., 2004,I, 213 e ss. Sul punto si vedano anche i rilievi di G. Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2011, 162 e ss.
(3) Va sottolineato che la Spagna si è dotata in proposito di specifiche norme. L’art. 25 della Ley concorsual, come modificata
dalla Ley n. 38/2011, prevede che possa farsi luogo alla dichiarazione congiunta del concurso su istanza dei debitori che facciano parte del medesimo gruppo di società o su istanza del creditore che vanti crediti nei confronti di più società dello stesso
gruppo. La competenza è attribuita al giudice competente per la
società dominante o, se non vi sia istanza nei confronti di quest’ultima, per la società con il maggiore passivo. Inoltre, ai sensi
dell’art. 25 bis, ciascuno dei soggetti nei cui confronti è stato
aperto il concurso ovvero ognuna delle amministrazioni concorsuali o dei creditori potrà domandare la riunione dei procedimenti relativi a società del medesimo gruppo. La riunione dei procedimenti avverrà davanti al giudice competente per la società dominante o, in difetto, per la società per cui per prima è stata
aperta la procedura. Ai sensi dell’art. 25 ter la riunione dei procedimenti comporta la trattazione coordinata, senza consolidamento delle masse. Eccezioni sono previste in caso di confusione dei patrimoni o quando non sia possibile stabilire la titolarità
dei passivi e degli attivi senza incorrere in una spesa o in un ritardo ingiustificato.
(4) Com’è stato rilevato da F. Pasquariello, Gestione e riorganizzazione dell’impresa nel fallimento, cit. occorre peraltro, in conseguenza del principio di autonomia giuridica di ciascuna delle
società del gruppo, che ciascuna di esse soddisfi da sola i requisiti per l’ammissione alla procedura concorsuale, in particolare
la sussistenza, a seconda dei casi, dello stato d’insolvenza o di
crisi. Nulla vieta peraltro, come si dirà più avanti nel testo, che
ciascuna società sia assoggettata ad una diversa procedura, ad
esempio accordo di ristrutturazione e concordato preventivo, ovvero che il coordinamento della gestione consideri, con il consenso degli amministratori della società interessata, anche una
società in bonis. Va poi sottolineato che il coordinamento può riguardare anche società che, in caso di gruppo operante in più
Paesi, sono soggette alla disciplina di ordinamenti diversi.
(5) Naturalmente quanto osservato nel testo non vale per i gruppi che presentano un basso grado di integrazione, quali i c.d.
gruppi finanziari in cui le società facenti parte del gruppo svolgono attività differenti tra le quali è impossibile instaurare forme di
collaborazione operativa. In questi casi il ricorso allo strumento
del gruppo assicura il vantaggio di consentire il frazionamento
dei rischi, ma non permette l’integrazione. In quest’ipotesi in caso d’insolvenza la gestione coordinata delle diverse società non
offre vantaggi particolari.
(6) Anche il decreto Marzano (D.L. n. 347/2003 convertito in L.
18 febbraio 2004, n. 39, e successive modificazioni) sulla ristrutturazione delle grandi imprese insolventi all’art. 1 nell’individuare
i requisiti di ammissione alla procedura, prevede che essi possano essere posseduti ‘‘singolarmente o come gruppo di imprese
costituito da almeno un anno’’. Inoltre l’art. 4 bis prevede che la
proposta di concordato possa essere unica per più società del
gruppo, ferma restando l’autonomia delle rispettive masse attive e passive. Da tale autonomia possono conseguire trattamenti differenziati, pur all’interno della stessa classe di creditori, a
seconda delle condizioni patrimoniali di ogni singola società cui
la proposta di concordato si riferisce. Ancora l’art. 5 stabilisce
che il Ministero delle Attività Produttive, dopo la dichiarazione
dello stato d’insolvenza, possa autorizzare operazioni di cessio(segue)
1359
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Processo, arbitrato e mediazione
essere aperte ulteriori procedure di amministrazione
straordinaria relativamente alle imprese del gruppo,
intendendosi per tali: a) le controllanti e le controllate, ove il controllo può essere diretto o indiretto;
b) le imprese che, per composizione degli organi
amministrativi o sulla base di altri concordanti elementi risultano soggette ad una direzione comune
con l’impresa assoggettata alla procedura madre.
Mentre per aprire la procedura madre occorre che
l’impresa possieda i requisiti dimensionali per numero di dipendenti ed entità del passivo previsti
per l’apertura della procedura di amministrazione
straordinaria, per le altre imprese del gruppo tali requisiti dimensionali sono sostituiti dalla sussistenza
di uno dei rapporti di controllo già menzionati.
L’assoggettamento alla procedura di amministrazione straordinaria è alternativo al fallimento, cioè alla procedura di liquidazione, mentre non esclude
che la singola impresa possa invece chiedere l’ammissione in via autonoma alla procedura di concordato preventivo, che può consentire la ristrutturazione tramite accordo con i creditori.
L’amministratore preposto alla procedura madre è
legittimato a domandare l’apertura delle procedure
di amministrazione straordinaria per le altre imprese
del gruppo che si trovino in uno dei rapporti di
controllo e che siano insolventi. Alle procedure di
amministrazione straordinaria delle imprese del
gruppo sono preposti i medesimi organi della procedura madre. Il piano relativo alle imprese dipendenti è predisposto dal commissario straordinario
della procedura madre e può essere integrativo del
piano della procedura madre, ove non sia possibile
la ristrutturazione dell’impresa dipendente.
Sono previste norme in tema di responsabilità solidale degli amministratori della società che ha esercitato la direzione unitaria in caso di abuso di tale
direzione. Questa disciplina si aggiunge a quella
prevista dall’art. 2497 c.c. che riguarda le società ed
enti che hanno esercitato attività di direzione e
coordinamento di società. In realtà poiché il codice
civile prevede la responsabilità solidale di chi abbia
comunque preso parte al fatto lesivo, la disciplina
speciale contenuta nelle norme in tema di amministrazione straordinaria viene a costituire un duplicato, che si spiega con il fatto che la legge sull’amministrazione straordinaria è anteriore alla riforma
delle società di capitali attuata nel 2003, che ha visto l’estensione alle società in bonis di norme che
erano state dettate per la prima volta soltanto con
riferimento all’insolvenza delle grandi imprese in
crisi, ma che subito erano state interpretate come
applicabili anche alle società non insolventi.
1360
Per gli atti compiuti dalle imprese del gruppo è prevista l’azione revocatoria aggravata. Gli atti sono
gli stessi cui si applica la normale azione revocatoria
fallimentare, ma il periodo sospetto può giungere a
cinque anni prima dell’apertura della procedura. Va
sottolineato che l’azione revocatoria riguarda tutte
le imprese del gruppo e quindi anche quelle non insolventi, ma non comprende le operazioni con parti
correlate che non siano imprenditori legati al gruppo dai particolari rapporti che individuano il perimetro di applicabilità della procedura.
Possiamo dunque affermare che, complessivamente,
la disciplina dettata in tema di amministrazione
straordinaria consente: a) di sottrarre le imprese del
gruppo alla procedura ordinaria d’insolvenza per assoggettarle alla procedura di amministrazione
straordinaria; b) di assicurare una gestione comune
o comunque coordinata tramite la nomina di un
unico amministratore, la predisposizione di piani
coordinati od integrati, la sottoposizione di tutte le
procedure ad un’unica autorità di vigilanza costituita dal Ministero competente (la procedura ha carattere giudiziale soltanto per quanto concerne l’accertamento dello stato d’insolvenza e l’accertamento
del passivo, mentre per il resto è regolata dall’Autorità governativa); c) di prevedere più rigorosi principi in tema di azioni revocatorie intergruppo, anche con riferimento alle imprese non insolventi; d)
di affermare il principio di responsabilità delle società ed organi che hanno esercitato attività di direzione e coordinamento quando siano stati compiuti atti di mala gestio, in violazione dei principi di
autonomia patrimoniale e gestionale delle società
del gruppo, salvo che non ne sia derivato danno.
I principi contenuti nella disciplina dell’amministrazione straordinaria dovevano essere estesi a tutte
le procedure concorsuali previste dall’ordinamento
italiano, in particolare il fallimento ed il concordato preventivo, in occasione della generale riforma
delle procedure concorsuali che è intervenuta tra il
2005 ed il 2007 con tre distinti provvedimenti legislativi. Una bozza in tal senso era stata predisposta
Nota:
(segue nota 6)
ne o di utilizzo di beni, di aziende o di rami di aziende dell’impresa richiesti dal commissario straordinario qualora siano finalizzate alla ristrutturazione ‘‘dell’impresa o del gruppo’’. Sul tema si
veda V. Zanichelli, L’amministrazione straordinaria, in G. Fauceglia - L. Panzani (diretto da), Fallimento e altre procedure concorsuali, Torino, 2009; A. Di Majo, Gruppi di imprese nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, in L. Ghia - C.Piccininni - F. Severini (diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, Torino, 2011, 435 e ss.
Le Società 12/2013
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Processo, arbitrato e mediazione
dal Ministero della Giustizia, ma all’ultimo momento essa è stata stralciata perché non su tutti i punti
si era registrato il consenso delle forze politiche. Un
altro tentativo infruttuoso è stato fatto in sede di
tavolo tecnico presso il Ministero della Giustizia
quando nel 2012 sono stati studiati ed introdotti i
ritocchi alla legislazione in tema di concordato preventivo ed accordi di ristrutturazione. Resta la necessità di adeguare la legislazione italiana nel suo
complesso all’esigenza di avere una disciplina compiuta dell’insolvenza di gruppo.
L’amministrazione straordinaria non attrae in un’unica massa gli attivi delle diverse imprese coinvolte
né crea un’unica massa passiva. Essa è rispettosa
dei principi di autonomia patrimoniale, come avviene generalmente negli ordinamenti di civil law,
diversamente da quelli di common law che ammettono con maggior facilità la substantive consolidation
cui accenneremo più avanti. Va peraltro aggiunto
che la considerazione comune degli asset in un’unica massa in caso di confusione dei patrimoni non è
ignota alla legislazione italiana (7). Cosı̀ ad esempio in Italia la disciplina speciale delle banche e
delle società d’investimento finanziario, che svolgono attività d’investimento e gestione fiduciaria
di titoli per conto dei clienti, prevede che tali attività debbano essere oggetto di gestione separata,
costituendo cosı̀ a tutti gli effetti un patrimonio
autonomo facente capo alla banca o alla società di
gestione (art. 22, T.U. 24 febbraio 1998, n. 58).
Nel caso d’insolvenza i clienti sono ammessi a rivendicare i titoli, anche se individuati soltanto per
qualità e valore. Ove peraltro non sia rispettato il
principio della doppia separazione patrimoniale tra
patrimonio della banca o società di gestione e patrimonio della clientela e tra il patrimonio dei singoli clienti, gli organi della procedura procedono
alla restituzione dei titoli agli aventi diritto nei limiti del possibile ed altrimenti alla liquidazione degli strumenti finanziari di pertinenza della clientela
e alla ripartizione del ricavato secondo la medesima proporzione (art. 91, D.Lgs. 1 settembre 1993,
n. 385, T.U. bancario) (8).
Questo principio, che la giurisprudenza della Cassazione ha ribadito anche con riferimento alla disciplina previgente (9), non si riferisce a società distinte che facciano parte del medesimo gruppo, ma
riguarda tuttavia un fenomeno economico sostanzialmente analogo, perché la massa gestita per conto degli investitori costituisce un patrimonio separato e vigono dunque i medesimi principi di autonomia patrimoniale che si applicano ai patrimoni
di società diverse.
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L’ammissibilità e il contenuto
di un ‘‘piano unitario’’ e l’autonomia
dei procedimenti nel concordato
di gruppo
Al di fuori del caso particolare dell’amministrazione straordinaria non esiste una disciplina del gruppo insolvente e neppure regole di comportamento
per gli amministratori delle società facenti parte
del gruppo nell’ipotesi che taluna di esse o il gruppo nel suo insieme si trovino in situazione di crisi
o di insolvenza. La Cassazione con un orientamento assolutamente consolidato ha affermato
che al fine della dichiarazione di fallimento di una
società, l’accertamento dello stato di insolvenza
deve essere effettuato con esclusivo riferimento alla situazione economica della società medesima,
anche quando essa sia inserita in un gruppo, cioè
in una pluralità di società collegate da un’unica
società-madre (holding), atteso che, nonostante tale collegamento o controllo, ciascuna di dette società conserva propria personalità giuridica ed
autonoma qualità di imprenditore, rispondendo
con il proprio patrimonio soltanto dei propri debiti (10).
Va peraltro sottolineato che la prassi bancaria nella
valutazione della sussistenza dei presupposti per la
concessione di finanziamenti va in senso opposto.
Le regole previste per la segnalazione delle posizioni
di rischio alla Centrale dei rischi impongono agli
intermediari segnalanti la creazione di ‘‘gruppi di riNote:
(7) Si veda anche la disciplina spagnola cui s’è accennato nella
nota 3.
(8) In forza dell’art. 57, comma 3 bis, T.U., introdotto dal D.Lgs.
16 aprile 2012, n. 47, in caso di liquidazione coatta amministrativa di una società di gestione del risparmio i partecipanti ai fondi
ed ai comparti hanno diritto esclusivamente a soddisfarsi sul residuo netto di liquidazione in misura proporzionale alle rispettive
quote di partecipazione, senza che trovi applicazione la disciplina dettata dall’art. 91, commi 2 e 3, TUB.
(9) Cass. 12 settembre 2008, n. 23560; Cass. 12 febbraio 2008,
n. 3380; Cass. 12 giugno 2007, n. 13762, in Fall., 2007, 1139
con nota di F.S. Costantino, Rivendica di somme di danaro inerenti a servizi d’investimento nella legge fallimentare; Cass. 5
aprile 2006, n. 7878, in Giust. civ., 2007, I, 2016; Cass. 11 marzo 2005, n. 5383, in Giur. it., 2006, 55, con nota di B. Petrazzini,
Dissesto di intermediario mobiliare e tutela dei clienti: le regole
sulla ‘‘doppia separazione patrimoniale’’ al vaglio della Cassazione.
(10) Cass. 8 febbraio 1989, n. 795, in Fall., 1989, 609; Cass. 27
giugno 1990, n. 6548, in Dir. fall., 1990, 1349; Cass. 2 luglio
1990, n. 6769, in Fall., 1991, 47; Cass. 25 settembre 1990, n.
9704, ivi, 1991, 265; Cass. 14 aprile 1992, n. 4550, ivi, 1992,
811; Cass. 9 maggio 1992, n. 5525, ivi; Cass. 7 luglio 1992, n.
8271, ivi, 1993, 33; Cass. 16 luglio 1992, n. 8656, ivi, 1993, 247.
Da ultimo Cass. 18 novembre 2010, n. 23344, in Fall., 2011,
565, con nota di Signorelli, Società di fatto, holding e fallimento.
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schio’’, laddove sussistano collegamenti fra soggetti
affidati tali da far ritenere che le difficoltà di uno di
essi comportino anche difficoltà per gli altri. La crisi di uno può dunque riverberarsi anche sui rapporti
creditizi dei collegati (11).
La propensione a rispettare in ogni caso l’autonomia patrimoniale e la personalità giuridica di ciascuna società del gruppo non è cosı̀ forte in altri ordinamenti. Il Working Group V (Insolvency Law)
dell’Uncitral aveva predisposto una bozza della Legislative Guide on Insolvency Law per la trentaseiesima sessione che si è tenuta a New York dal 18 al
22 maggio 2009 (12). Si trattava di un documento
di lavoro i cui suggerimenti non sono stati successivamente accolti. Tuttavia è significativo che il documento prevedesse in alcuni limitati casi la consolidation (13) che si sarebbe dovuta applicare a due
o più imprese facenti parte del medesimo gruppo.
Effetto della consolidation, che può riguardare anche
una parte soltanto degli assets, è che si crea un’unica massa attiva (estate) per le imprese del gruppo
che vi sono soggette; che i crediti reciproci tra le
imprese soggette alla consolidation sono estinti; che
le domande di insinuazione nei confronti delle imprese soggette alla consolidation sono trattate come
crediti insinuati nei confronti dell’unica massa attiva cosı̀ creata.
Va sottolineato che il Working Group precisava che
la disciplina dell’insolvenza, come regola generale,
deve rispettare la separata entità legale di ogni impresa facente parte del gruppo. La consolidation doveva essere limitata a casi tassativamente indicati, e
cioè: a) quando il giudice ritiene che i beni e le responsabilità delle imprese del gruppo sono cosı̀ interconnessi che la proprietà dei beni e le singole responsabilità non possono essere individuate che
con spesa o ritardo sproporzionato; b) quando le
imprese del gruppo sono impegnate in un progetto
o in un’attività fraudolenta senza una legittima finalità d’impresa ed il giudice ritiene che la consoliNote:
(11) In questo senso le Linee guida per il finanziamento delle
imprese in crisi, Università di Firenze, a cura di L. Stanghellini.
Si vedano anche le Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale
per le banche della Banca d’Italia che definiscono come gruppo
di clienti connessi «due o più soggetti che costituiscono un insieme unitario sotto il profilo del rischio in quanto: a) uno di essi
ha, direttamente o indirettamente, un potere di controllo sull’altro o sugli altri (connessione giuridica) ovvero b) indipendentemente dall’esistenza dei rapporti di controllo di cui alla precedente lettera a), esistono tra i soggetti considerati, legami tali
che, con tutta probabilità, se uno di essi si trova in difficoltà finanziarie, in particolare difficoltà di raccolta di fondi o rimborso
di debiti, l’altro o tutti gli altri, potrebbero incontrare analoghe
difficoltà (connessione ‘‘economica’’) ...».
1362
(12) Uncitral - Working Group V - Legislative Guide on Insolvency Law - Part three: Treatment of Enterprise Groups in Insolvency. Doc. A/CN9/WG.V/WP85 sul sito dell’Uncitral. Il tema è stato ripreso nelle successive sessioni di lavoro, ma come accennato nel testo la proposta di consolidation è stata abbandonata
insieme all’idea di prevedere una disciplina coordinata dell’insolvenza di gruppo. L’orientamento oggi prevalente è di non dettare linee stringenti per una disciplina coordinata dell’insolvenza
transfrontaliera dei gruppi, in ragione della difficoltà di pervenire
a soluzioni condivise. Si veda in tal senso la proposta della Commissione europea per la revisione del Regolamento n. 1346/
2000 sull’insolvenza transfrontaliera. La proposta prevede il
coordinamento delle procedure relative a ciascuna società del
gruppo, aperte nei diversi Stati membri, facendo obbligo agli
amministratori ed alle Corti di cooperare in termini simili a quanto è previsto per il rapporto tra procedimento principale e procedure secondarie quando è questione di un unico soggetto. Gli
amministratori dovranno scambiarsi le informazioni rilevanti e
cooperare nell’elaborazione del piano di risanamento o di riorganizzazione. È espressamente prevista la possibilità di cooperare
tramite la stipulazione di protocolli di accordo tra le diverse procedure, prassi che in concreto si è dimostrata efficace. Le Corti
potranno cooperare con lo scambio di informazioni, con la nomina coordinata dei liquidatori ed approvando i protocolli d’intesa
loro sottoposti dai liquidatori. Ai liquidatori è riconosciuto il diritto di essere sentiti nei procedimenti connessi relativi alle altre
società del gruppo, e, soprattutto, di chiedere la sospensione di
tali procedimenti e di proporre, anche nei procedimenti connessi, un piano di riorganizzazione, anche in caso di opposizione del
liquidatore nominato in tali procedimenti. Si veda in proposito
European Commission, Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council amending Council Regulation (EC) N. 1346/2000 on Insolvency Proceedings, in ec.europa.eu/justice/civil/files/insolvency-regulation. La proposta è stata
approvata dalla Commissione il 12 dicembre 2012 e sta seguendo il suo iter legislative. In particolare si veda il Chapter IVa - Insolvency of members of a group of companies, artt. 42a e ss.
La substantive consolidation era invece prevista nella proposta
di riforma del Regolamento presentata da Insol Europe nel 2012
(Insol Europe, Revision of the European Insolvency Regulation,
2012, in www.insol-europe.org/download/file_6856), proposta
che non è stata accolta dalla Commissione Europea, in cui la si
prevedeva come eccezione al coordinamento delle procedure
relative alle diverse società del medesimo gruppo, destinate ad
essere coordinate dalla Corte del luogo in cui aveva sede la parent company avente sede nell’Unione Europea. L’art. 46, comma 1, della proposta prevedeva che «In the event that the assets and/or liabilities and or agreements of one or more group
companies cannot be attributed to one company and consequently the insolvency proceeding with respect to these companies cannot be conducted in a meaningful way, each creditor
of such company or companies, each liquidator of insolvency
proceedings of such companies and the liquidator of the group
main insolvency proceedings may request the consolidation of
the insolvency proceedings». Il comma 5 stabiliva poi che «For
the purpose of the insolvency proceedings all group companies
included in the consolidation will be treated as one single company. However the courts in the Member State of the surviving
main proceeding may take measures in order to compensate
for any impairment of creditors or groups of creditors which result from the consolidation». Nel commento alla norma Insol
Europe suggeriva di limitare il consolidamento ai casi in cui gli
assets tra più società fossero intrecciati in misura tale da rendere impossibile trattare tali società se non come un unico soggetto, precisando peraltro che in taluni Stati membri il consolidamento poteva essere riconosciuto anche quando il trattamento
separato dell’insolvenza delle diverse società fosse eccessivamente costoso.
(13) Cfr. sez. 222 di Uncitral - Working Group V - Legislative Guide on Insolvency Law - Part three: Treatment of Enterprise
Groups in Insolvency. Doc. A/CN9/WG.V/WP85, citato alla nota
precedente.
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dation è essenziale per porre rimedio a tale progetto
o attività.
In Italia la dottrina e la giurisprudenza hanno aderito alla c.d. teoria dei vantaggi compensativi (14),
che trova ormai sanzione legislativa nell’art. 2497
c.c. che in tema di responsabilità della società e degli enti che esercitano attività di direzione e coordinamento di società, stabilisce che ‘‘non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce
del risultato complessivo dell’attività di direzione e
coordinamento’’. La direzione e coordinamento è
lecita in quanto chi la esercita agisca secondo i
principi di ‘‘corretta gestione societaria ed imprenditoriale’’ delle società soggette a direzione e coordinamento (art. 2497, comma 1, c.c.). In virtù della teoria dei vantaggi compensativi l’interesse individuale della singola società del gruppo può essere
sacrificato in una logica di gruppo quando la società riceva per altro verso vantaggio dalla sua partecipazione al gruppo, purché, come ha specificato la
giurisprudenza, l’amministratore sia in grado di provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, e la loro idoneità a
compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione compiuta (15). Non
vi sono quindi, in linea di principio, difficoltà teoriche a ritenere già oggi lecite per diritto italiano
scelte gestionali degli amministratori della capogruppo che, nell’ambito di un piano diretto al risanamento del gruppo, addossino sacrifici ad una delle società del gruppo a fronte di vantaggi che a quest’ultima possano derivare dall’attività di risanamento, vantaggi che possono in ipotesi identificarsi
anche nella mera sopravvivenza della società stessa,
condannata altrimenti all’insolvenza come effetto
del venir meno del gruppo in ragione della crisi che
l’ha colpito. Basta pensare al caso in cui l’erogazione di credito avvenga a favore di una società facente parte di un gruppo, ove il finanziatore trovi adeguata garanzia da parte di altra società del gruppo
ovvero sia esso stesso società del gruppo e si risolva
a concedere credito nell’ambito della politica del
gruppo. Va però sottolineato che la Cassazione ha
da ultimo chiarito che può parlarsi di ‘‘vantaggio
compensativo’’, derivante dall’operato dell’amministratore ed idoneo a neutralizzare, in tutto o in parte, il danno arrecato alla società, quando esso sia
causalmente legato, al pari del danno, al medesimo
e specifico atto di gestione assunto come colpevole
fonte di responsabilità, e non quello costituente
l’effetto di una distinta serie causale; in tale caso,
può aversi solo compensazione fra reciproci crediti,
la quale però richiede la relativa eccezione (16).
Le Società 12/2013
Le prassi operative volte a superare
l’assenza di una disciplina normativa
della crisi del gruppo nella l.fall.
Va sottolineato che, anche se, come si è detto, il
nostro ordinamento non conosce al di fuori dell’amministrazione straordinaria, una disciplina dell’insolvenza o della crisi di gruppo (17), la prassi
conosce casi in cui più società sono state ammesse
a distinte procedure di concordato preventivo, formalmente autonome ma in realtà coordinate, ove il
piano di risanamento di ogni società faceva parte di
un unico piano di gruppo ed ove i commissari giudiziali preposti alle diverse procedure erano le medesime persone, cosı̀ come unico era il giudice delegato. Si è assistito ad un coordinamento di fatto
delle diverse procedure, evidentemente legate anche sul piano dei finanziamenti concessi dalle banche ai fini della ristrutturazione sia delle capogruppo sia delle controllate.
In questa logica si è affermato che ‘‘Con riferimento ad una domanda di ammissione al concordato
preventivo con riserva da parte di un gruppo di imprese, ciascuna società può fare riferimento ad un
piano unitario e ad una proposta unitaria rivolta a
tutti i creditori delle tre società, salva poi la separazione di ciascuna massa e l’approvazione separata
da parte dei creditori di ciascuna società, con obbliNote:
(14) La più compiuta formulazione della teoria dei vantaggi compensativi, prima della riforma del 2003, è in Montalenti, Conflitto
d’interesse nei gruppi di società e teoria dei vantaggi compensativi, in Id., Persona giuridica, gruppi di società, corporate governance, Padova, 1999, 79 e ss., 91 e ss., 107. Per una compiuta esposizione del dibattito che è seguito alla riforma societaria si veda G. Scognamiglio, Clausole generali, principi di diritto
e disciplina dei gruppi di società, in Studi in ricordo di Pier Giusto Jaeger, Milano, 2011, 579 e ss.
(15) Cass. 11 dicembre 2006, n. 26325, in Fall., 2007, 1305 con
nota di B. Meoli, Garanzie infragruppo, vantaggi compensativi e
onere della prova; in Giur. comm., 2008, II, 811, con nota di M.
De Luca di Roseto, Operazioni rientranti nell’oggetto sociale, interessi di gruppo e vantaggi compensativi.
(16) Cass. 7 dicembre 2011, n. 26362, in questa Rivista, 2012,
1137.
(17) Sul tema dell’ammissibilità del concordato di gruppo si veda in dottrina M. Vitiello, Il concordato preventivo di gruppo, in
Ilfallimentarista, 2012; G. Bersani, L’ammissibilità al concordato
preventivo del ‘‘gruppo societario’’ e problemi procedurali, ivi,
2012; Alessandro Di Majo, I gruppi di imprese nel concordato
preventivo e nell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, in orizzontideldirittocommerciale.it, 2013. Per
rilievi critici sulla mancata scelta del legislatore della riforma fallimentare di disciplinare il gruppo di imprese, con particolare riferimento al tema del concordato, si veda M. Arato, La domanda
di concordato preventivo dopo il d.lg. 12 settembre 2007, n.
169, in Dir. fall., 2008, I, 55; G. Scognamiglio, Gruppi di imprese
e procedure concorsuali, in Giur. comm., 2008, II, 109; G. Alessi, Il nuovo concordato preventivo, in Dir. fall., 2005, I, 1136.
1363
Opinioni
Processo, arbitrato e mediazione
go dell’osservanza degli obblighi informativi imposti
dal Tribunale (18). Similmente si è ritenuto che
qualora con riferimento ad un gruppo di imprese
venga presentata un’unica domanda di concordato,
con previsione di un’unica massa attiva da ripartire
tra i creditori di tutte le società, l’approvazione del
concordato da parte dei creditori dovrà aver luogo
in adunanze separate e votazioni distinte per ciascuna società con conseguenti, rispettive e distinte
maggioranze (19).
In termini molto diversi talune decisioni hanno ritenuto di poter considerare ammissibile una procedura di concordato preventivo di gruppo. Vi sono
però state decisioni che hanno considerato il gruppo come un’unica entità, in cui perde rilevanza
l’autonomia giuridica delle singole società, ed altre
decisioni più rispettose dei principi generali del diritto societario.
Nel primo senso si è detto che «Il concordato preventivo relativo al gruppo si deve ritenere ammissibile, dal momento che la sua esistenza e quella dei
consequenziali rapporti infragruppo giustificano e
legittimano sia una valutazione sostanziale, sia una
trattazione a livello procedurale unitaria del piano
concordatario e, quindi, una gestione tendenzialmente unitaria del concordato con un’unica adunanza e con un computo delle maggioranze riferito
all’unico programma concordatario» (20). In una
prospettiva analoga si è affermato che deve ritenersi
ammissibile la gestione integralmente unitaria del
concordato c.d. di gruppo - con unica adunanza dei
creditori e computo delle maggioranze riferito all’unico programma concordatario - qualora il gruppo
risponda alla definizione dottrinale di «aggregazioni
di imprese in forma individuale o collettiva, formalmente autonome e indipendenti l’una dall’altra, ma
assoggettate tutte a direzione unitaria» nonché alle
connotazioni elaborate dalla giurisprudenza in termini di «unicità della struttura organizzativa e produttiva, con integrazione fra le attività esercitate
dalle varie imprese, coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario rimesso ad un unico soggetto direttivo»; la gestione unitaria della procedura
appare, inoltre, opportuna nel caso in cui la configurazione del concordato di gruppo preveda l’intervento di un assuntore appositamente costituito al
fine di rilevare tutte le attività ed il concordato
venga inscindibilmente collegato al conseguimento
dell’obiettivo della continuità aziendale, con mantenimento dei livelli occupazionali ed abbattimento
dell’esposizione debitoria complessiva (21).
Come si è detto altre decisioni hanno rispettato
maggiormente l’autonomia patrimoniale delle so-
1364
cietà del gruppo e delle singole masse debitorie.
Cosı̀ il Tribunale di Roma ha affermato che, nonostante nella procedura fallimentare nessuna norma
sia dedicata al fenomeno del gruppo di imprese, il
quale trova attenzione solo per i rapporti che possono instaurarsi tra fallimento e amministrazione
straordinaria, si deve ritenere che sia ammissibile
una domanda di concordato preventivo che consista in un unico ricorso riferibile alla impresa di
gruppo e che sia supportato da un unico piano
aziendale; detta domanda di concordato dovrà tenere distinte le masse patrimoniali delle singole società e, quanto alla adunanza dei creditori, dovrà
prevedere singole votazioni, e separate deliberazioni, in ragione di ciascuna organizzazione societaria
e dell’insieme di creditori ad esse riferibili. Questa
soluzione appare praticabile alla luce del principio
dell’autonomia negoziale sancito dall’art. 1322 c.c.,
il quale, nella specie, consente di realizzare le finalità del concordato preventivo con riferimento a tutte le conformazioni che costituiscono pratica esplicazione dell’impresa, impedendo che la procedura si
risolva in un’apprensione soltanto parziale e comunque imperfetta della realtà (22). Negli stessi
termini (23) si è ritenuta ammissibile la proposta
concordataria relativa ad un gruppo di imprese a
condizione che siano state rispettate le regole della
competenza territoriale del tribunale, che siano tenute distinte le masse attive e passive e che il calcolo delle maggioranze venga effettuato con riferimento ad ogni singola società. Si è conseguentemente affermato che non è ammissibile la proposta
di concordato di gruppo che abbia natura meramente liquidatoria e che preveda, con riferimento
ad alcune società del gruppo, la cessione ai creditori
di parte soltanto del patrimonio per destinare la restante parte ai creditori di altre società del gruppo.
Altre volte il debitore ha cercato di ottenere il risultato ricorrendo a degli escamotages sul piano dell’ingegneria societaria. Si è cosı̀ fatto ricorso al conferimento dei complessi aziendali delle società del
Note:
(18) Trib. Asti 24 settembre 2012, in Fall., 2013, 1, 103 nota di
Balestra.
(19) Trib. Benevento 18 gennaio 2012, in www.ilcaso, 2012;
Trib. Roma 7 marzo 2011, Dir. fall., 2011, 3-4, 2, 247, con nota
di Fauceglia.
(20) App. Genova, decr., 23 dicembre 2011, in Fall., 2012, 3,
358.
(21) Trib. Terni 30 dicembre 2010, in www.ilcaso.it
(22) Trib. Roma 7 marzo 2011, in www.ilcaso.it, 2011; conf.
Trib. Roma 5 marzo 2013, ivi, 2013.
(23) App. Roma 5 marzo 2013, in www.ilcaso.it, 2013.
Le Società 12/2013
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Processo, arbitrato e mediazione
gruppo in un’unica s.n.c. di cui le società conferenti
divengono socie, in modo da beneficiare dell’effetto
esdebitatorio del concordato ai sensi dell’art. 184
l.fall.
Si è infatti affermato che la possibilità di soddisfacimento dei crediti mediante ‘‘operazioni straordinarie’’ (art. 160, R.D. n. 267/1942 - l.fall.) ed il principio di autonomia negoziale (art. 1322 c.c.) rendono
ammissibile la proposta, avanzata da una società in
nome collettivo costituita allo scopo di presentare
un concordato preventivo di ‘‘gruppo’’, risultante
dal conferimento nella stessa dei complessi aziendali
delle società appartenenti al medesimo, con estensione dell’effetto esdebitatorio alle società del ‘‘gruppo’’, socie di tale s.n.c. e che abbiano dichiarato di
agire anche ‘‘in proprio’’, non solo nella qualità di
soci illimitatamente responsabili, chiedendo di essere ‘‘tutte’’ ammesse a detta procedura (24).
Si è aggiunto che l’effetto esdebitatorio previsto
dall’art. 184, comma 2, R.D. n. 267/1942 (l.fall.),
in ordine alla estensione automatica del concordato
preventivo di società di persone ai soci illimitatamente responsabili deve intendersi limitato alle obbligazioni sociali e non a quelle che riguardano i
singoli soci, i creditori dei quali conservano, pertanto, impregiudicati i propri diritti nei loro confronti. L’effetto esdebitatorio in questione potrà,
tuttavia, estendersi ai soci della società di persone
nell’ipotesi di cosiddetto ‘‘concordato di gruppo’’
nel quale detti soci siano a loro volta imprese, le
quali, nella domanda di concordato, non si siano limitate ad invocare l’effetto esdebitatorio parziale di
cui al citato secondo comma dell’art. 184, ma abbiano dichiarato di agire anche ‘‘in proprio’’ e non
solo nella qualità di soci illimitatamente responsabili ed abbiano altresı̀ chiesto di essere ‘‘tutte’’ ammesse alla procedura di concordato preventivo.
Altre volte si è cercato di estendere gli effetti del
concordato al perimetro del gruppo in altro modo,
vale a dire tramite la fusione nella capogruppo o in
altra società di tutte le società del gruppo, in modo
da far venir meno le differenti strutture societarie e
di poter presentare un’unica domanda di concordato corredata da un piano che si riferisca alle diverse
aziende che sono state oggetto di conferimento. Tale soluzione ha un evidente profilo negativo posto
che nel caso in cui la fusione danneggi i creditori
delle singole società, costoro potranno fare opposizione, rendendo impossibile la presentazione della
proposta di concordato (25). Nel caso invece in
cui si sia fatto ricorso all’escamotage del conferimento in una s.n.c. appositamente costituita delle
aziende delle società conferenti, i creditori possono
Le Società 12/2013
impugnare il conferimento con l’azione revocatoria
ed anche l’assunzione della partecipazione nella
s.n.c. in quanto atto lesivo della loro garanzia patrimoniale perché rende la società conferente illimitatamente responsabile per tutte le obbligazioni facenti capo alla s.n.c. e dunque per tutte le obbligazioni del gruppo. In caso di fallimento inoltre fallirebbero anche le società socie.
Va poi sottolineato che la giurisprudenza ha affermato che viola la regola di ordine pubblico posta
dall’art. 2740 c.c., secondo la quale ogni debitore
risponde delle obbligazioni con tutto il suo patrimonio, la proposta di concordato che preveda una cessione soltanto parziale dei beni e ciò nonostante
prospetti determinati vantaggi compensativi per i
creditori. Nel caso di specie, la proposta riguardava
un concordato di gruppo ove parte del ricavato dalla cessione dei beni di una società veniva destinato
al soddisfacimento dei creditori di altre società del
gruppo (26).
Le Linee guida per il finanziamento delle imprese in
crisi (27), rilevano che la strategia di risanamento
deve coinvolgere l’intero gruppo. L’autonomia giuridica di ciascuna società, con la conseguente necessità di tenere distinti i relativi patrimoni, comporta peraltro che ciascuna società predisponga il
proprio strumento di risanamento, che deve essere
certificato dall’esperto attestatore. Di conseguenza
ogni società può adottare lo strumento che per essa
è più adatto, e dunque nulla osta a che società del
medesimo gruppo adottino strumenti diversi, e persino a che un piano di ristrutturazione complessiva
a livello di gruppo contempli, per alcune società,
strumenti di composizione stragiudiziale, e per altre
l’accesso a procedure concorsuali di concordato preNote:
(24) App. Genova, decr., 23 dicembre 2011, cit.
(25) Va ricordato che è controverso se la fusione e la scissione
possano essere impugnate con l’azione revocatoria. La tesi negativa muove dal rilievo che i rimedi a disposizione dei creditori
sono rappresentati dall’opposizione che va proposta entro sessanta giorni dalla pubblicazione sul registro delle imprese della
delibera di fusione o di scissione (art. 2503 richiamato in tema
di scissione dall’art. 2506 ter) e dalla tutela obbligatoria connessa alla responsabilità per danni prevista dagli artt. 2504 quater e
2506 ter. Sul tema cfr. da ultimo G. Milano, La revocatoria fallimentare della scissione societaria, commento a Trib. Catania 9
maggio 2012, in Fall., 2013, 983 e ss. ed ivi ulteriori riferimenti
di dottrina e giurisprudenza.
(26) Trib. Roma 25 luglio 2012, in www.ilcaso.it, 2012; conf.
Trib. Roma 5 marzo 2013, in www.ilcaso.it, 2013. Si veda anche
App. Roma 5 marzo 2013, cit.
(27) Le Linee guida per il finanziamento delle imprese in crisi,
cit. descrivono questo scenario per la predisposizione di un piano di gruppo.
1365
Opinioni
Processo, arbitrato e mediazione
ventivo o di fallimento (o amministrazione straordinaria). Va sottolineato a questo proposito che
nell’ipotesi di gruppo sopranazionale è possibile che
per alcune società debba aprirsi una procedura in
altro ordinamento, che detta regole diverse da quello italiano. Per tali ipotesi attualmente, come vedremo, la disciplina internazionale non prevede ancora strumenti di gestione coordinata della crisi
transfrontaliera. Per le società che adottino strumenti stragiudiziali, la ragionevolezza del piano di
risanamento attestato e l’idoneità dell’accordo di ristrutturazione al pagamento dei creditori estranei
devono sussistere in relazione alla specifica situazione di ciascuna, tenendo ovviamente conto dell’influenza della sorte delle altre società del gruppo.
Come già si è detto, non solo non vi sono ragioni
ostative alla redazione di un unico documento fisico che comprenda il piano di risanamento o l’accordo di ristrutturazione di tutte le società che abbiano scelto di ricorrere a questi strumenti, ma si
può ritenere pressoché indispensabile che i singoli
piani di risanamento siano coordinati nell’ambito
di un unico e generale piano di gruppo. Non sembra che vi siano ostacoli a che il professionista formuli un giudizio che, pur dovendo valutare la situazione di ciascuna società, abbia una motivazione incentrata principalmente sulla ristrutturazione della
capogruppo. È infatti normale (anche se ciò deve
essere oggetto di analisi e conferma nel caso concreto) che, tenuto conto dei rapporti infragruppo, il
superamento della crisi della capogruppo generi risorse sufficienti al superamento della crisi delle controllate. L’autonomia dei patrimoni impone poi
che, nella redazione del piano di risanamento o
nella negoziazione dell’accordo di ristrutturazione,
vengano tenuti nel debito conto, dagli organi sociali delle singole società del gruppo, i conflitti d’interesse fra i creditori delle varie società e, nei limiti
in cui siano rilevanti, i conflitti fra i soci. Di tali
conflitti il professionista dovrà darsi carico nella
misura in cui il sacrificio indebito di una componente possa minare il successo del piano o dell’accordo.
Ci pare che in queste condizioni, quando non vi
sia una condotta degli amministratori diretta a depauperare il patrimonio di una società in danno dei
suoi creditori ed a vantaggio di altri, ma a ripartire
equamente il sacrificio necessario per assicurare il
risanamento del gruppo, non si possa parlare di responsabilità degli amministratori e dell’organo di
controllo sotto il profilo della mala gestio. Queste
medesime condotte, anche prima dell’ammissione
delle società del gruppo ad una procedura concor-
1366
suale, rimangono lecite se collegate ad una strategia
diretta ad uscire dalla crisi nei termini ora visti, e
quindi all’esistenza di un progetto generale di risanamento, che dovrà tradursi nel ricorso ad una o
più delle procedure previste dalla legge per ciascuna
società che si trovi in stato di crisi o di insolvenza.
Va poi ricordato che particolari problemi sorgono
per quanto concerne i finanziamenti effettuati, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo, da società del gruppo, che possono beneficiare
della prededuzione secondo la disciplina prevista
dagli artt. 182 quater, primo e secondo comma, e
dall’art. 182 quinquies. L’art. 182 quater riconosce la
prededuzione ai finanziamenti in qualsiasi forma effettuati in esecuzione di un concordato preventivo
o di un accordo di ristrutturazione omologato. Il secondo comma della norma estende tale regime ai finanziamenti in funzione della presentazione della domanda di concordato ovvero della domanda di
omologazione dell’accordo, purché sussistano le
condizioni elencate dalla norma. Infine l’art. 182
quinquies consente la prededuzione, previa autorizzazione del tribunale e previa attestazione dell’esperto che i finanziamenti sono funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori, tenuto conto del
complessivo fabbisogno finanziario dell’impresa sino
all’omologazione. La disciplina prevista dall’art. 182
quinquies riguarda sia il concordato, anche con riserva, sia l’accordo di ristrutturazione.
Non è questa la sede per un’esegesi approfondita di
queste disposizioni, sulle quali peraltro si è ormai formata un’ampia elaborazione dottrinale e giurisprudenziale. Si vuole soltanto rilevare che nel caso di finanziamenti erogati da una società del gruppo, che
non sia direttamente titolare di una partecipazione
nella società sovvenuta, si pone il problema, acutamente messo in luce da una recente dottrina (28),
se trovi applicazione la speciale disciplina in deroga
al regime di postergazione previsto dagli artt. 2497
quinquies e 2467 per i finanziamenti erogati dai soci.
L’art. 182 quater stabilisce infatti che questi finanziamenti beneficiano della prededuzione nel limite
dell’80% del loro ammontare, prevedendo peraltro
Nota:
(28) U. Tombari, Principi e problemi di diritto societario della crisi, in corso di pubblicazione, che ho potuto consultare grazie alla
cortesia dell’Autore. L’A. sottolinea che il richiamo all’art. 2497
quinquies che fa riferimento ai finanziamenti effettuati da chi
esercita attività di direzione e coordinamento o da altri soggetti
ad essa sottoposti, consente di leggere il terzo comma dell’art.
182 quater come riferito anche a soggetti che non sono soci
della società sovvenuta, ma che facendo parte del gruppo, sono
sottoposti alla società che esercita attività di direzione e coordinamento.
Le Società 12/2013
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Processo, arbitrato e mediazione
che tale regime non valga per il caso in cui il socio
acquisisce tale qualità in esecuzione dell’accordo di
ristrutturazione o del concordato preventivo.
A prima vista si può ritenere che il regime della postergazione del finanziamento del socio sia norma
eccezionale, che pertanto non può essere applicata
al di fuori dei casi espressamente previsti e dunque
al di fuori delle ipotesi in cui il finanziatore assume
la qualità di socio della società sovvenuta. Conseguentemente il finanziamento erogato da una società terza, sia pur facente parte del medesimo gruppo,
non ha motivo per essere considerato soggetto alla
disciplina speciale e dunque non è né postergato né
beneficia della prededuzione nei limiti previsti dall’art. 184 quater, comma terzo. È peraltro lecito dubitare di tale conclusione ove si rifletta che la ratio
della postergazione e dunque anche del riconoscimento della prededuzione soltanto nei limiti
dell’80% sta nel fatto che nelle condizioni in cui si
trova la società sovvenuta ci si dovrebbe attendere
non un finanziamento, ma un’erogazione di capitale
di rischio. La limitazione all’80% ha appunto lo
scopo di incentivare sı̀ un finanziamento dei soci
quando la società si trova in difficoltà, al fine di
agevolarne il rilancio, ma di responsabilizzare i soci,
che dovranno comunque investire in qualche misura capitali propri senza speranza di recupero se non
tramite il buon esito della ristrutturazione. Ed allora
la circostanza che il finanziamento venga fatto passare tramite una società del gruppo che non ha una
partecipazione diretta nella società sovvenuta diverrebbe uno strumento sin troppo facile per aggirare
una disciplina che è comunque di rigore.
La disciplina europea in tema
di insolvenza dei gruppi e le proposte
di riforma
Come ho accennato l’insolvenza dei gruppi è strettamente legata al tema dell’insolvenza transfrontaliera. È normale che l’attività d’impresa si articoli,
infatti, in numerose società, che spesso operano in
Paesi diversi e sono soggette alle diverse discipline
concorsuali nazionali.
Com’è noto il Regolamento comunitario sull’insolvenza transfrontaliera (Reg. n. 1346/2000) e la Model Law, predisposta dall’Uncitral e recepita da numerosi Stati, tra cui Stati Uniti ed Inghilterra, stabiliscono la competenza per l’apertura della procedura principale dello Stato in cui si trova il centro
degli interessi principali dell’impresa (center of main
interests o COMI). La formula utilizzata dal Regolamento comunitario e dalla Model Law è la medesima.
Le Società 12/2013
Sia il Regolamento comunitario che la Model Law
non offrono una disciplina dell’insolvenza dei gruppi. Va anzi detto che la bozza di modifica della Legislative Guide on Insolvency Law per la trentaseiesima
sessione che si è tenuta a New York dal 18 al 22
maggio 2009, predisposta dal Working Group V dell’Uncitral (29), era proprio diretta a porre rimedio
a tale omissione. Il Working Group sottolineava
che, quando sia questione di procedimenti diversi
aperti nei confronti delle varie imprese facenti parte del medesimo gruppo in ordinamenti diversi, la
nozione di COMI sarebbe di difficile utilizzo per regolare l’apertura dei procedimenti a carico delle varie imprese nei diversi ordinamenti.
A questo proposito, con riferimento alla nozione di
COMI relativa ad un’unica impresa va ricordato che
la Corte di Giustizia europea decidendo il caso Eurofood (30) ha affermato che, ai fini della determinazione della giurisdizione competente ad avviare la
procedura di insolvenza, quando il debitore è una società controllata la cui sede statutaria è situata in
uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede
la sua società madre, la presunzione contenuta nell’art. 3, n. 1, seconda frase, del regolamento (CE)
del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle
procedure di insolvenza, secondo la quale il COMI
di detta controllata è collocato nello Stato membro
in cui si trova la sua sede statutaria, può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da
parte di terzi consentono di determinare l’esistenza
di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione in detta sede statutaria. Ciò potrebbe, in particolare, valere per una
società che non svolga alcuna attività sul territorio
dello Stato membro in cui è collocata la sua sede sociale. Per contro, quando una società svolge la propria attività sul territorio dello Stato membro in cui
ha sede, il fatto che le sue scelte gestionali siano o
possano essere controllate da una società madre stabilita in un altro Stato membro non è sufficiente per
superare la presunzione stabilita dal regolamento.
Note:
(29) Si veda in proposito la nota 12 ed i relativi riferimenti alle
successive proposte dibattute in seno al Working Group V dell’Uncitral.
(30) Corte CE, Grande Sezione, 2 maggio 2006, Eurofood IFSC
Ltd, in Fall., 2006.,1249 con nota di P. Catallozzi, Il regolamento
europeo e il criterio del Comi (Centre of main interests): la parola alla corte (commento a Corte di Giustizia CE 2 maggio 2006,
n. C-341/04); in Quotidiano giuridico Ipsoa, 3 maggio 2006 con
nota di R. Conti, Fallimento della controllata irlandese di una holding italiana pronunziato da autorità straniera; 18 maggio 2006
con nota di L. Panzani, Conflitti di competenza nell’insolvenza
transfrontaliera.
1367
Opinioni
Processo, arbitrato e mediazione
Nel caso Eurofood, si sono confrontate due diverse
tesi in ordine alla nozione di COMI. Secondo una
prima opinione nel caso di gruppi di società (Eurofood era una società di diritto irlandese, con sede
in Dublino, controllata da Parmalat e posta in amministrazione straordinaria dal Tribunale di Parma
quale società del gruppo, nonostante che il giudice
di Dublino avesse precedentemente accolto l’istanza per la nomina di un provisionary liquidator, in vista della successiva apertura di una procedura liquidatoria secondo il diritto irlandese) il COMI doveva essere individuato nel luogo in cui si trova la sede della capogruppo ed in cui vengono prese le decisioni strategiche. È questa la mind management
theory (31). Secondo la tesi opposta, a nulla rileva
che le decisioni strategiche vengano prese presso la
sede della capogruppo, perché l’appartenenza della
società al gruppo societario non è preventivamente
verificabile dai creditori, che debbono vedere tutelato il loro legittimo affidamento al rispetto della
presunzione, dettata dall’art. 3, comma 1, del Regolamento europeo per cui il centro degli interessi
principali si trova nel luogo in cui è la sede statutaria.
Va sottolineato che la presunzione semplice di
coincidenza del centro degli interessi principali con
la sede statutaria è affermata anche dalla Model
Law (art. 16, comma 3), che la estende anche all’impresa individuale.
Con la sentenza Eurofood la Corte di Giustizia ha
dato da un lato indicazioni per evitare fenomeni vistosi di forum shopping, per l’ipotesi che la società
debitrice non abbia nello Stato in cui chiede l’apertura della procedura principale alcuna attività, e
dall’altro ha mostrato di non riconoscere la nozione
di gruppo di società, ritenendo di dover sacrificare
la circostanza che il luogo effettivo in cui venivano
assunte le decisioni rilevanti per l’impresa si trovasse all’estero, presso la sede della capogruppo italiana, all’esigenza di tutelare i creditori che potevano
non essere al corrente di tale circostanza, stando all’apparenza creata nello Stato membro in cui la società era stata costituita. In una parola il principio
di efficacia ed efficienza delle procedure, riconosciuto dall’ottavo Considerando del Regolamento e
il principio di sfavore per il forum shopping, affermato dal quarto Considerando, sono stati sacrificati all’interesse ad assicurare il diritto di difesa del creditore, avuto riguardo alla situazione apparente in essere. In questa decisione ha sicuramente inciso la
violazione delle regole del due process of law da parte del giudice italiano, che, come aveva messo in
luce il giudice irlandese, aveva provveduto senza
1368
convocare la banca americana creditrice, concedendo al provvisionary liquidator nominato dal giudice
irlandese un tempo insufficiente per organizzare le
sue difese. Resta però, alla luce della giurisprudenza
della Corte europea, che il superamento della presunzione di coincidenza del COMI con il luogo in
cui si trova la sede legale della società debitrice
non è agevole.
I principi affermati con la sentenza Eurofood sono
stati confermati dalla Corte di Giustizia europea
nelle successive sentenze Interedil (32) e Rastelli (33).
Sulla base di questi principi appare evidente che il
Regolamento europeo non offre nel testo attuale la
possibilità di disciplinare l’insolvenza di gruppo. Di
qui la riconosciuta necessità di introdurre delle modifiche al testo vigente per ovviare a quella che appare sempre di più come un’evidente lacuna regolamentare.
Prima di accennare alle proposte di riforma del Regolamento, va però detto che in seno al Working
Group V dell’Uncitral, il problema della disciplina
dei gruppi è stato affrontato con riferimento alla
Model Law (34). Come si è già accennato, anche
in questa sede è apparso difficile utilizzare la nozione di COMI per regolare la competenza del giudice
e la legge applicabile alle procedure relative alle diverse imprese facenti parte di un medesimo gruppo.
Il Working Group ha allora suggerito di prevedere
Note:
(31) Trib. Roma 26 novembre 2003, in Foro it, 2004, I, 1567;
Trib. Roma 14 agosto 2003, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2004,
685; Trib. Parma 20 febbraio 2004, in Giur. it., 2005, 1199, con
nota di Boggio; Trib. Parma 4 febbraio 2004, in Riv. dir. int. priv.
e proc., 2004, 693; Cour d’Appel de Versailles 4 settembre
2003, ivi, 2004, 785; High Court of Justice of Leeds 16 maggio
2003, ivi, 2004, 774. Si veda sul punto anche Catallozzi, Disciplina comunitaria, in G. Lo Cascio (a cura di), Codice commentato
del fallimento, Milano, 2008, 1915 e ss.
(32) Corte Giust. UE 20 ottobre 2011, Interedil, causa C-396/09,
in Int’l Lis 2012, 32 con nota di L. Panzani, La nozione di COMI
nella disciplina comunitaria dell’insolvenza transfrontaliera: i casi
Interedil e Rastelli; in Riv. dir. soc., 2012, II, 77, con nota di A.
Leandro, Trasferimento di sede e determinazione del COMI; in
Giur. comm., 2012, II, 583, con nota di F.M. Mucciarelli, Da Monopoli a Londra, passando dal Lussemburgo: appunti sull’emigrazione delle società italiane.
(33) Corte Giust UE 15 dicembre 2011, Rastelli e C. Snc, causa
C-191/10, in Int’l Lis, 2012, 32 con nota di L. Panzani, La nozione di COMI nella disciplina comunitaria, cit. ;in Ilfallimentarista,
con nota di G. Montella, La Corte di Giustizia e il COMI: eppur
(forse) si muove!
(34) Uncitral - Working Group V - Legislative Guide on Insolvency Law - Part three: Treatment of Enterprise Groups in Insolvency. Doc. A/CN9/WG.V/WP85 sul sito dell’Uncitral. Il tema è stato ripreso nelle successive sessioni di lavoro, ma come accennato nel testo la proposta di dettare una disciplina coordinata
dell’insolvenza di gruppo è stata abbandonata.
Le Società 12/2013
Opinioni
Processo, arbitrato e mediazione
che possa venir invece individuata l’impresa holding, che controlla il gruppo, alla quale potrebbe
essere affidato il compito di coordinare le diverse
procedure aperte a carico delle altre imprese del
gruppo, di incoraggiare la collaborazione tra i diversi giudici nazionali e tra gli organi delle varie
procedure, d’assicurare lo scambio d’informazioni
relative a beni, ai crediti insinuati ed alle garanzie,
di garantire il miglior realizzo dei beni del gruppo,
sia in caso di liquidazione che di riorganizzazione,
di coordinare la concessione della post-commencement finance.
L’impresa individuata come coordinatrice avrebbe
peraltro soltanto la funzione di un primus inter pares, senza poteri particolari in ordine alla direzione
delle altre procedure. La funzione di coordinamento
potrebbe essere svolta, a seconda dei casi e delle legislazioni, dal giudice competente per l’impresa individuata come coordinatrice ovvero dall’organo
cui è affidata la gestione della procedura.
Tuttavia le varie proposte che sono state presentate
per individuare l’impresa o la società holding (35) si
sono scontrate con varie difficoltà. In primo luogo
gli Stati si sono dimostrati restii ad accettare criteri
di collegamento per l’individuazione della capogruppo che comporterebbero rilevanti perdite di sovranità. In secondo luogo sul piano tecnico i vari
criteri elaborati per individuare la holding si sono dimostrati tecnicamente molto complessi da applicare. Queste difficoltà sono emerse in modo evidente
nel dibattito che si è svolto sulla questione sia in
sede Uncitral che in sede di Unione Europea ed
ancora quando del tema si è discusso negli Stati
Uniti con riferimento a problemi in parte diversi,
connessi con il riconoscimento di una procedura
aperta all’estero e della sua rilevanza nei riguardi
delle società di diritto americano.
N’è derivata la convinzione che i tempi per elaborare una disciplina transfrontaliera dell’insolvenza
di gruppo non siano ancora maturi e che di conseguenza si debba invece promuovere la collaborazione tra gli organi delle procedure relative alle singole società ed imprese, disciplinate dalla loro legge
nazionale. Sia in sede Uncitral che in sede di revisione del Regolamento europeo (36) si è quindi affermato il principio di collaborazione tra i giudici
nazionali e tra gli amministratori delle procedure
aperte nei vari Paesi. Sul piano delle prassi il principio di collaborazione si è tradotto nella firma dei
c.d. protocolli, vale a dire accordi tra le procedure
relative alle società del gruppo ammesse a procedure diverse in Paesi diversi, diretti a disciplinare la
collaborazione a fini informativi ovvero per la ri-
Le Società 12/2013
partizione di asset quando vi siano motivi di contestazione, ecc.
Guardando più specificamente al Regolamento n.
1346, il 12 dicembre la Commissione ha approvato
una proposta di modifica del Regolamento n.
1346/00 sull’insolvenza transfrontaliera (37), in attuazione dell’art. 46 dello stesso Regolamento che
ne prevede la revisione dopo dieci anni dall’entrata
in vigore. La proposta inizia ora il suo iter presso il
Consiglio ed il Parlamento europeo.
Assecondando la già ricordata tendenza ormai consolidata nel diritto fallimentare internazionale, la
proposta di riforma tiene conto del principio che la
procedura principale e quelle secondarie possono
consentire il realizzo totale di tutte le attività soltanto se le procedure concorrenti, relative ad un
unico debitore (si vedranno in seguito le novità
della proposta in tema di gruppi) sono coordinate.
A tal fine si stabilisce nel Considerando 20, introdotto dalla proposta di riforma, che la cooperazione
tra i giudici ed i curatori dei diversi Stati membri
dovrà prendere in considerazione le best practices
quali risultano dalle Guidelines internazionali contenute nei principi e orientamenti in materia di comunicazione e cooperazione delle associazioni europee e internazionali operanti nel settore del diritto
fallimentare. A tal proposito il riferimento è tra
l’altro alle Guidelines for Court-to-Court Communications in Cross-Border Cases (38) elaborate dall’American Law Institute e sviluppate dall’International Insolvency Institute, che prevedono rapporti diretti tra giudici di Paesi membri diversi e tra i curatori nominati nelle diverse procedure. Per la prima
volta il Regolamento europeo fa riferimento a questo tipo di collaborazione, spesso utilizzata tra Stati
Note:
(35) Si veda in proposito, tra le più significative, la proposta di riforma del Regolamento presentata da Insol Europe nel 2012 (Insol Europe, Revision of the European Insolvency Regulation,
2012, in www.insol-europe.org/download/file_6856), proposta
che non è stata accolta dalla Commissione Europea, in cui la si
prevedeva il coordinamento delle procedure relative alle diverse
società del medesimo gruppo da parte della Corte competente
per la parent company avente sede nell’Unione Europea.
(36) Cfr. European Commission, Proposal for a Regulation of
the European Parliament and of the Council amending Council
Regulation (EC) N. 1346/2000 on Insolvency Proceedings, in
ec.europa.eu/justice/civil/files/insolvency-regulation. La proposta
è stata approvata dalla Commissione il 12 dicembre 2012 e sta
seguendo il suo iter legislativo. In particolare si veda il Chapter
IVA - Insolvency of Members of a Group of Companies, artt.
42a e ss.
(37) Cfr. nota precedente.
(38) Vedile sul sito dell’International Insolvency Institute, in
www.iii.org.
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Opinioni
Processo, arbitrato e mediazione
Uniti, Canada e Messico, e che ora comincia ad essere conosciuta ed applicata anche in Europa.
La cooperazione tra i liquidatori implica la comunicazione immediata e reciproca di ogni informazione
che possa essere rilevante nel procedimento transfrontaliero. Ciò riguarda in particolare le insinuazioni ed ammissioni dei crediti e tutte le iniziative
dirette al salvataggio ed alla ristrutturazione del debitore o alla chiusura della procedura, fatte salve le
informazioni confidenziali. L’informazione riguarderà in particolare le possibilità di ristrutturazione.
Ove tale possibilità esista i liquidatori dovranno
collaborare nell’elaborazione del piano di ristrutturazione. Queste disposizioni sono dirette ad assicurare che la procedura secondaria non ostacoli la ristrutturazione nel timore che i creditori locali ne ricevano danno, garantendo nel contempo che si
tenga conto degli interessi di tali creditori.
Pur avendo confermato, in tema di COMI, la giurisprudenza restrittiva della Corte di Giustizia che
escludeva l’utilizzabilità della nozione per determinare in generale la competenza del giudice della sede della società capogruppo anche con riferimento
alle controllate, la proposta della Commissione tiene conto della necessità di prevedere nel Regolamento una disciplina dei gruppi, aggiungendo al testo previgente un nuovo capitolo che affronta tale
problematica.
Si è scelta la strada del coordinamento delle procedure relative alle diverse società facenti parte dello
stesso gruppo, rinunciando, in conformità alla già
ricordata tendenza oggi prevalente nel dibattito internazionale, a prevedere la competenza di un unico Stato membro, quale ad esempio quello della sede della capogruppo. Come si è già osservato, infatti, trovare una formula che potesse trovare il consenso di tutti i Paesi membri si è dimostrato troppo
complesso, tali e tante essendo le variabili che possono incidere nell’individuazione della holding.
La definizione di gruppo è data dall’art. 2 della proposta di modifica del Regolamento, che chiarisce
che il gruppo è composto dalla parent company e
dalle controllate. Per capogruppo s’intende la società che esercita il controllo azionario avendo la maggioranza delle azioni, ovvero che in qualità di azionista o socio ha il diritto di nominare o rimuovere
la maggioranza degli amministratori o dei membri
del consiglio di sorveglianza ovvero ancora che ha
il diritto per contratto o in virtù dello statuto sociale di esercitare su un’altra società un’influenza dominante.
Si prevede che il Regolamento debba assicurare il
coordinamento dei procedimenti relativi alle varie
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società del gruppo e ne debba garantire l’amministrazione efficiente. Il coordinamento deve assicurare la massimizzazione del valore delle attività ed il
successo della ristrutturazione. I giudici ed i liquidatori debbono collaborare tra di loro secondo le stesse regole previste per il coordinamento della procedura principale e di quelle secondarie nel caso di
un unico debitore. Inoltre i liquidatori avranno diritto di proporre un piano di salvataggio nelle procedure relative alle altre società del gruppo.
Come si vede si tratta di una soluzione di compromesso, tra coloro che si opponevano a qualunque
disciplina in materia di gruppi e coloro che volevano norme più vincolanti. È importante che si sia
prevista la possibilità di un coordinamento e che si
sia data voce all’amministratore della capogruppo
nelle procedure relative alle controllate. Tuttavia è
improbabile che il coordinamento, peraltro oggetto
ormai d’importanti esperienze internazionali attraverso i già ricordati Protocol Agreements, raggiunti
per via di negoziazione nei casi, ben noti, d’insolvenza di grandi gruppi suddivisi in centinaia di società, possa funzionare quando vi sia un forte conflitto in ordine agli obiettivi da perseguire tra i creditori locali e quelli della capogruppo.
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Il gruppo di imprese nelle soluzioni giudiziali