UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TORINO
FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA
LAUREA IN INFERMIERISTICA
(abilitante alla professione sanitaria di infermiere)
TESI DI LAUREA
Il catetere venoso centrale: aspetti specifici
della gestione infermieristica
Relatrice: Prof.ssa Daniela Bergonzo
Candidata: Valentina Ferrando Battistà
Anno Accademico 2005- 2006
...a Catia, Elisa, Sabrina e alla mia famiglia
che mi hanno supporta e sopportata….
2
Ringraziamenti
Grazie…
Una parola troppe volte dimenticata, troppe volte detta per prassi, troppe
volte detta per abitudine, troppe volte non detta.
Se cerchiamo il termine “grazie” sul vocabolario, troviamo che questa parola
viene definita come una voce che esprime all’occasione la gratitudine o un
cortese rifiuto. Bene, per me, in questo momento, la parola grazie ha un solo
significato: la gratitudine verso tutte le persone che hanno creduto in me e
che mi hanno sostenuta nel mio cammino.
Un ringraziamento va prima di tutto alla mia famiglia che mi ha dato la
possibilità di raggiungere questo traguardo; alle persone che durante questi
tre anni sono entrate nella mia vita, a quelle che sono uscite lasciandomi
qualcosa di loro e prendendosi qualcosa di mio, oppure a chi c’era e continua
a rimanerci.
Un grande ringraziamento va alla mia Relatrice, la Professoressa Daniela
Bergonzo, che mi ha guidata lungo tutto il cammino di preparazione e senza
la quale mi sarei sentita persa.
Infine un sentito ringraziamento al C.I.O. ( Controllo Infezioni Ospedaliere)
dell’Ospedale Giovanni Bosco, nella persona di Paola Bianco, Loredana
Pani, Dott. Caramello e della Dott.ssa Carceri, che mi hanno fornito gli
strumenti per poter svolgere il mio
studio all’interno dell’Azienda,
precisamente nelle Unità Operative di Neurologia- Neurochirurgia e
Rianimazione
che colgo l’occasione per ringraziare caldamente per la
disponibilità offerta dal personale ivi lavorante.
… e quindi… GRAZIE A TUTTI
3
SOMMARIO
Introduzione
PARTE I
Capitolo 1
1.1 Storia dei cateteri venosi centrali
1.2 Definizione di catetere venoso centrale
1.3 Definizione di catetere venoso centrale a breve
termine
1.4 Definizione di catetere venoso centrale a medio
termine
1.5 Definizione di catetere venoso centrale a lungo
termine
1.6 Vantaggi e svantaggi
1.7 Indicazioni per il posizionamento
1.8 Complicanze
4
Capitolo 2
2.1 Definizione di infezione
2.2 Definizione di infezione correlata al catetere venoso
centrale
2.3 Epidemiologia e microbiologia delle infezioni
correlate al catetere venoso centrale
2.4 Incidenza e prevalenza delle infezioni del catetere
venoso centrale
2.5 Patogenesi delle infezioni correlate al catetere
venoso centrale
2.6 Fattori di rischio
2.7 Linee guida per la prevenzione delle infezioni
correlate al catetere venoso centrale seguendo le
raccomandazioni di Center for Disease Control
(CDC) / Hospital Infection Control Pratices Advisory
Committee (HICPAC)
5
Capitolo 3
3.1 Ruolo dell’infermiere nella prevenzione delle
infezioni del catetere venoso centrale
3.2 Gestione infermieristica del catetere venoso infetto
3.3 Assistenza infermieristica nell’inserimento e nella
gestione del catetere venoso centrale
3.4 Utilizzo dei dispositivi di protezione individuale da
parte degli operatori
6
PARTE II
Capitolo 4
Studio clinico
4.1 Ipotesi
4.2 Obiettivo
4.3 Materiali e metodi
4.4 Risultati
4.5 Discussione
Conclusioni
Bibliografia
7
Introduzione
Negli ultimi anni il catetere venoso centrale ha ottenuto un sempre maggior
impiego in ambito clinico grazie alle sue caratteristiche. Infatti questo
dispositivo intravasale è utilizzato principalmente in situazioni critiche e/o di
urgenza, quando si ha la necessità di agire in modo rapido e soprattutto vi è
il bisogno di trattare un paziente in particolari casi di criticità. Inoltre il
catetere venoso centrale trova largo impiego in pazienti che debbano essere
sottoposti a terapie infusionale massive e/o a lungo termine, ad esempio
trattamenti chemioterapici in pazienti già debilitati.
L’infermiere si trova altamente coinvolto nel management del catetere
venoso centrale, sia in termini di utilizzo, sia nella gestione quotidiana per la
prevenzione delle infezioni ad esso correlate.
Visto l’elevato coinvolgimento dell’infermiere nella gestione del catetere
venoso centrale, si è reso necessario l’adozione di protocolli infermieristici
che prevedono norme sequenziali di comportamento, derivanti da linee guida
elaborate per ridurre i rischi di infezione legati ad una scorretta gestione dei
dispositivi intravasali.
L’obiettivo di questa tesi sarà l’osservazione dei comportamenti infermieristici
nella gestione dei dispositivi intravasali, verificando l’aderenza ai protocolli
aziendali. Inoltre vi sarà la comparazione tra le indicazioni citate dalle linee
guida dettate dal Center for Disease Control and Prevention di Atlanta e
quelle contenute nella procedura di medicazione del catetere venoso
centrale presenti nel protocollo aziendale redatto dal C.I.O. (Controllo
Infezioni Ospedaliere) dell’ospedale Giovanni Bosco.
8
PARTE I
9
Capitolo 1
1.1 Storia dei cateteri venosi centrali
La prima volta che nella storia della medicina si parla di catetere venoso è
nel 1773, anno in cui un sacerdote di nome Stephen Hales fissa un tubo in
vetro nella vena giugulare sinistra di una giumenta per misurarne la
pressione venosa centrale 18.
Non fu fatto nessun esperimento su un essere umano fino al 1905, quando il
tedesco Bleichoder eseguì la procedura di incannulamento su un uomo. I
risultati dell’esperimento non vennero pubblicati, perché ritenuti di poca
importanza clinica, fino al 1912 dallo stesso autore durante la “Hufeland
Medical Society” a Berlino 18.
Durante il sopraccitato congresso, Unger utilizza un catetere ureterale per
incannulare una vena del braccio e della coscia di quattro pazienti fino alla
vena cava superiore. Il posizionamento della punta del catetere veniva
individuato attraverso la lunghezza del dispositivo utilizzato e della
localizzazione del dolore riferito dalla persona sottoposta alla procedura 18.
Per più di un decennio la metodica era stato utilizzata per valutare le
pressioni arteriose e venose centrali, quindi con finalità conoscitive
scientifiche o diagnostiche 18.
Nel 1929 Forssmann concepisce per primo l’idea di utilizzare la tecnica
descritta per primo dal connazionale Bleichoder per la somministrazione di
farmaci in emergenza, evitando l’iniezione intracardiaca percutanea, allora
routinaria e non priva di pericoli 18.
Il tedesco ha già eseguito alcuni tentativi su cadaveri ed è rimasto sorpreso
dalla facilità di esecuzione della metodica, ma gli viene proibito di trasferire
tali esperienze nella pratica clinica sui pazienti 18.
Visto il divieto impostogli, decide, dopo aver proceduto ad anestesia locale,
di incannulare su se stesso una vena periferica del gomito sinistro e,
10
utilizzando un catetere ureterale di 4 Fr, riesce per primo a documentare con
esame radiografico il posizionamento della punta nell’atrio destro del cuore18.
Nel 1932, negli Stati Uniti, Grollman determina l’eiezione cardiaca con la
successiva raccolta di campioni di sangue attraverso un catetere posizionato
in cavità cardiaca 18.
Nel 1941 Mard e Richards descrivono il cateterismo cardiaco come pratica
comune per lo studio della fisiopatologia cardiaca. Gli autori usavano un
catetere radiopaco costruito in seta trattata con superficie liscia 18.
Nel 1945 viene descritto l’impiego di un catetere a doppio lume per prelevare
campioni di sangue e registrare contemporaneamente la pressione venosa in
due punti adiacenti del circolo venoso 18.
Nel 1949 Duffy riportò la prima casistica utilizzando cateteri in polietilene: in
43 soggetti era stata utilizzata la vena giugulare esterna o la vena femorale,
mentre in 18 pazienti una vena antecubitale del braccio. Valutando i risultati
su un tempo di permanenza massimo di 39 giorni, venivano descritte sei
complicanze minori nell’approccio venoso centrale e ben 10 reazioni tromboinfettive locali nel gruppo con approccio periferico 18.
Nel 1951 Ladd e Schreiner utilizzano la vena cava inferiore per la
conduzione della nutrizione parenterale. Bonner, attraverso la stessa via
femorale, infonde glucosio, aminoacidi, sangue intero, plasma, albumina,
alcool, procaina e altri farmaci 18.
L’anno seguente Aubaniac introduce per primo la tecnica di posizionamento
del catetere per via per cutanea aggredendo la vena succlavia sottoclaveare,
la utilizza per 10 anni e si convince della superiorità della tecnica 18.
Nel 1956 Keeri-Szanto riprende la tecnica di Aubaniac e ne descrive meglio i
particolari. Contemporaneamente Smith ne evidenzia le complicanze e
descrive un solo caso di pneumotorace su 200 impianti 18.
Nel 1963 su Lancet viene affrontato il problema delle complicanze correlate
alla tecnica della puntura sottoclaveare. Asbaugh descrive un caso di
pneumotorace su 19 posizionamenti e un editoriale critica l’eccessiva
diffusione della metodica, giudicata azzardata. Per superare il problema,
Yoffa propone la tecnica sopraclaveare che giudica semplice, sicura e
11
veloce. Quest’ultima metodica non riportava problemi in 130 casi,
l’insorgenza di eventuali problematiche veniva riferita alla messa in opera di
tecniche eseguite in maniera non rigorosa 18.
Nel 1967 Carle propone la puntura diretta della vena anonima che
successivamente ispirerà la puntura dell’ ”angolo venoso”. Nello stesso anno
Hermosura, Vanageas e Dickey introducono la tecnica della puntura della
vena giugulare interna 18.
Nel 1973 Hiotakis e Kroberger- Schonecker suggeriscono la puntura dell’
“angolo venoso”.
1.2 Definizione di catetere venoso centrale
Il catetere venoso centrale (CVC) è un sottile tubicino di materiale plastico
biocompatibile (silicone o poliuretano) assemblato in maniera differente
secondo la sua specificità. Questo dispositivo permette il collegamento tra la
superficie cutanea ed un distretto venoso ad alto flusso 2.
Il presidio per un accesso ad una vena centrale viene impiantato in una vena
di grosso calibro : succlavia, giugulare interna o esterna, femorale,
transbrachiale, cefalica ( a livello del solco deltoideo-pettorale) e safena2, 5.
I vari tipi di cateteri venosi centrali permanenti sono entrati nell’uso clinico e
sono attualmente tra i presidi di accesso venoso centrale più utilizzati 3.
I dispositivi venosi centrali devono garantire:
- stabilità dell’accesso venoso,
- possibilità di un suo uso discontinuo,
- massima durata,
- protezione dalle complicanze infettive e trombotiche,
- massima biocompatibilità.
12
Le misure di un catetere sono espresse in French per il diametro esterno, in
Gauge per il diametro interno di ogni singolo lume di cui si compone e in
centimetri per la lunghezza 2.
I lumi dei cateteri possono essere uno o più di uno (solitamente due o tre).
La punta del catetere può essere :
-
aperta, e quindi è necessario eparinare il catetere quando viene usato,
-
chiusa, con valvola antireflusso alla punta prossimale del catetere: in
questo caso non è necessario eparinare il catetere quando non viene
usato, poiché la valvola chiusa previene il reflusso ematico all’interno
del catetere e non comporta il rischio di embolia gassosa in caso di
deconnessione accidentale della linea di infusione 2.
Un catetere può rimanere in sede mesi o anni secondo il tipo di catetere
impiantato,
materiale,
sede,
presidio
scelto
(esterno,
totalmente
impiantabile), per questo si dividono in cateteri a breve, a medio e a lungo
termine 2.
Ci sono tre modalità principali di accesso venoso centrale:
-
cateteri venosi centrali inseriti attraverso una vena periferica (PIC);
-
cateteri venosi centrali tunnellizzati transcutanei;
-
cateteri con serbatoio impiantato a permanenza (PORT).
La scelta del tipo di sistema infusionale dipende da una serie di fattori non
tutti di ordine clinico: età, durata del trattamento, grado di accettazione del
paziente, livello collaborativo della famiglia 3.
13
1.3 Definizione di catetere venoso centrale a breve termine
Il catetere venoso centrale a breve termine è un catetere flessibile che viene
inserito per via percutanea all’interno di un vaso venoso centrale 4.
Gli accessi possono essere la vena giugulare interna o esterna, la vena
succlavia e raramente la vena femorale che consentono un rapido accesso
venoso per il monitoraggio emodinamico e per la somministrazione
intravenosa di liquidi e farmaci 4.
Questo tipo di catetere venoso ha un utilizzo esclusivamente ospedaliero,
per un limitato periodo di tempo che va da una a quattro settimane 5.
Non essendo cateteri tunnellizzati, presentano un maggior rischio infettivo
per le manipolazioni dirette al punto di inserzione; comportano, inoltre, un più
alto rischio trombotico per i pazienti rispetto ai più morbidi cateteri in
silicone5.
Vengono utilizzati abitualmente nel trattamento di pazienti sottoposti a
chirurgia maggiore, nei casi di nutrizione parenterale totale (NPT), di
chemioterapia (CT) di breve durata e per la raccolta e l’infusione di cellule
staminali 5.
Questi CVC devono essere eparinati, se non utilizzati, ogni 7 giorni 5.
1.4 Definizione di catetere venoso centrale a medio termine
I sistemi di impiego a medio termine possono rimanere “in situ” fino a due o
tre mesi 5.
Il catetere a medio termine è rappresentato principalmente dal catetere
brachiale PICC (Percutaneous introduction central catheter); si tratta di
cateteri per lo più in silicone, ma anche prodotti in poliuretano, di calibro
variabile da 3 a 7 French, a punta aperta o chiusa 5.
Questi cateteri , se di calibro inferiore od uguale a 5 French e se non
utilizzati, si devono eparinare ogni 3-4-giorni. Quelli di calibro superiore a 5
French ogni 7 giorni 5.
14
1.5 Definizione di catetere venoso centrale a lungo termine
Si distinguono due tipi di accesso venoso a lungo termine : cateteri venosi
esterni (CVC tunnellizzati) e sistemi totalmente impiantabili (PORT). La
scelta dell’impianto di un catetere esterno o totalmente impiantabile si basa
su diverse considerazioni:
-
l’utilizzo quotidiano orienta verso la scelta di un sistema esterno, l’uso
ciclico o episodico verso quello totalmente impiantabile;
-
condizioni fisiche generali del paziente (prognosi);
-
età del paziente;
-
utilizzo domiciliare/ambulatoriale/in ricovero, i cateteri esterni sono più
adatti all’uso in pazienti in trattamento domiciliare o in regime di
ricovero, mentre quelli totalmente impiantabili si prestano meglio
all’uso discontinuo ambulatoriale 3, 5.
I CVC esterni tunnellizzati, rispetto ai CVC a breve termine, prevedono
per il loro posizionamento che il catetere venga fatto fuoriuscire ad 8-20
cm di distanza dalla venipuntura, vengono cioè tunnellizzati sottocute.
L’accesso al sistema è diretto, senza la necessità di utilizzo di aghi 5.
Si distinguono in vari modelli per le seguenti caratteristiche:
-
materiale, poliuretano o silicone;
-
calibro da 3 a 9,5 French;
-
lunghezza;
-
punta aperta o chiusa con valvola;
-
presenza di cuffia in Dacron adesa al CVC posizionata nel tratto
tunnellizzati ed ha due funzioni: a) generare una reazione connettivale
che àncora il catetere al sottocute evitandone il dislocamento;
b) quella di barriera alla migrazione di germi dal sito di ingresso
cutaneo verso il segmento endovascolare del catetere
- presenza, in alcuni modelli, di una seconda cuffia che va
posizionata
al sito di emergenza cutanea del CVC, con funzione antibatterica,
giacché è impregnata con sostanze antimicrobiche 5.
15
Tra i sistemi più usati c’è il catetere di Groshong, che è un catetere
venoso centrale tunnellizzabile, a punta chiusa, dotato di valvola.
Altro tipo di CVC a lungo termine è ‘Hickman, in silicone, a punta aperta,
con cuffia in Dacron, privo di valvola antireflusso 3, 5.
Il Broviac, sempre in silicone, a punta aperta, con cuffia in Dacron, è
utilizzato prevalentemente in pediatria 5.
Tutti i CVC sono disponibili anche a due vie per l’infusione
contemporanea di farmaci non miscelabili. Va ricordato che il rischio
infettivo aumenta con l’aumentare del numero di vie 5.
I sistemi totalmente impiantabili sono costituiti da due elementi
fondamentali:
- camera- serbatoio detto reservoir (PORT), impiantato sottocute, dotata
di un setto perforabile in silicone;
- catetere venoso centrale connesso al reservoir tramite un sistema di
raccordo. Il catetere connesso al PORT può essere a punta aperta o
chiusa 2.
Il sistema può essere a lume singolo o doppio, quindi reservoir singolo o
doppio.
Il PORT può essere impiantato nel torace, nell’arto superiore, in addome,
in sede peritoneale e in sede spinale 2.
L’accesso al PORT avviene mediante puntura percutanea con un ago
non-coring 2.
16
1.6
Vantaggi e svantaggi
I cateteri a breve termine consentono:
- misurazione della pressione venosa centrale e quindi il monitoraggio
emodinamico cardiaco destro 6;
- infusione di farmaci iperosmolari altamente irritanti 5, 7;
- infusione di lipidi e di sue miscele 7;
- infusione di soluzioni con colloidi 7;
- prelievi di campioni di sangue per effettuare esami ematochimici 6;
- risparmio di dispositivi come angioset o agocannula che possono rimanere
“in situ” solamente 3 giorni 8.
I cateteri venosi
a medio termine, poiché inseriti in sede brachiale, non
comportano il rischio di pneumotorace, e possono essere anche posizionati
al letto del paziente 5.
Tra i cateteri venosi a lungo termine, i sistemi esterni presentano il vantaggio
di essere in silicone trasparente che consente la visione diretta e tangibile di
eventuali precipitati o coaguli endoluminali; hanno una facilità di impianto e
riparazione di rotture del tratto esterno; la presenza della valvola riduce il
reflusso di sangue, non è necessario clampare il catetere, il rischio di
embolia gassosa è ridotto5.
Il PORT presenta una comodità gestionale, consente attività fisiche come il
nuoto, ha un miglior risultato estetico e preserva l’immagine corporea 2, 5, 14.
L’utilizzo dei dispositivi a breve termine comporta il potenziale rischio di
complicanze infettive locali e sistemiche, incluse tromboflebite settica,
endocardite, batteriemie ed altre infezioni (ad esempio ascessi polmonari,
ascessi cerebrali, osteomieliti ed endoftamite) 7.
I cateteri a medio termine possono essere impiantati solo in pazienti con
vene integre, vie ad alta resistenza e a basso flusso. Vi è un maggior rischio
di trombosi venosa, hanno una durata limitata nel tempo e vi è un rischio di
insuccesso e mal posizionamento 5.
17
I cateteri esterni a lungo termine presentano lo svantaggio di alterare la
visione dell’immagine corporea, possono interferire con le attività quotidiane,
inoltre vi è la scomodità della gestione dovuta a medicazioni ed
eparinizzazioni periodiche 5.
Il PORT ha alcuni svantaggi : occorre una certa esperienza da parte dello
staff medico-infermieristico; la puntura può essere sgradita e poco tollerata;
necessita di aghi idonei; vi è il rischio di puntura accidentale per il personale;
danni cutanei nel punto inserzione dell’ago; possibili stravasi da dislocazione
dell’ago dal reservoir 2, 5, 14.
1.7
Indicazioni per il posizionamento
La decisione sul tipo di sistema da impiantare è un momento collegiale:
medico- infermiere, per quanto riguarda il tipo di approccio terapeutico a cui il
paziente sarà sottoposto, ma soprattutto con l’utente (paziente- famiglia), che
dovrà collaborare per una corretta gestione del CVC 2.
Vi è l’indicazione per l’impianto di un CVC quando si devono somministrare
soluzioni e/o farmaci non tollerati dalle vene periferiche come soluzioni
iperosmolari, farmaci irritanti o farmaci vescicanti; oppure quando le vene
periferiche per l’attuazione della terapia endovenosa (EV) sono poche;
quando vi è la necessità di frequenti e protratte punture venose (giorni o
settimane) per infusioni e/o prelievi ematici. I cateteri venosi centrali vengono
utilizzati inoltre per il trattamento emodialitico e l’emaferesi ( es. prelievo per
la raccolta di cellule staminali) e per la misura e il monitoraggio della
pressione venosa centrale (PVC) 5.
Vi è l’indicazione per il posizionamento di un catetere venoso centrale
quando si ha il bisogno di somministrare una nutrizione parenterale; quando
il paziente è anziano, neoplastico oppure ha una prognosi infausta; quando si
ha l’urgenza di avere un accesso venoso valido in un paziente critico;
quando il paziente è in gestione domiciliare; in un paziente pediatrico con
necessità di prelievi multipli 2.
18
1.8
Complicanze
Le complicanze, correlate alla presenza di un sistema venoso centrale, si
dividono in immediate/ precoci, strettamente legate alle manovre di
posizionamento, e tardive, spesso correlate alla gestione oltre che alla
compliance del malato 2.
Per quanto riguarda le complicanze immediate e il loro trattamento vi
troviamo :
-
puntura arteriosa che richiede una compressione digitale, se si tratta
della carotide che è superficiale. Non facilmente comprimibile se
trattasi dell’arteria succlavia;
-
pneumotorace che richiede un trattamento specifico secondo l’entità
del danno provocato;
-
aritmie causate dalla guida metallica. In questo caso è necessario
monitorizzare il paziente ed eseguire gli interventi a seconda della
tipologia e della durata delle aritmie ;
-
embolia gassosa, in caso si verifichi si faccia girare immediatamente il
paziente sul lato sinistro e si abbassi la testiera del letto:in questa
posizione l’aria sale verso l’atrio di destra, si somministri ossigeno 9;
-
malposizionamento
del
catetere,
eseguire
radioscopia
intra-
posizionamento del catetere venoso centrale o controllo standard
radiografico 2.
Per quanto riguarda le complicanze precoci, possiamo annoverare:
-
sanguinamento o ematoma , in questo caso mettere il paziente semi
seduto, se è stata punta una vena della sede toracica, comprimere il
sito, applicare ghiaccio, valutare la necessità di ripetere un emocromo
ed eventuale emotrasfusione;
-
pneumotorace tardivo ( che si presenta dopo 24-48 ore dal
posizionamento) richiede un’osservazione
clinica
del
paziente,
valutazione della presenza di dispnea, dolore toracico, tosse stizzosa,
allertamento del medico che ha posizionato il catetere venoso
centrale;
19
-
emotorace ( secondario a piccole lacerazioni della pleura parietale)
richiede un’osservazione del paziente nelle 24- 48 ore seguenti il
posizionamento, monitoraggio dei parametri respiratori ed ematologici,
monitoraggio della saturazione;
-
tamponamento cardiaco ( da accidentale posizionamento del catetere
nel pericardio) richiede la messa in atto di tutte le manovre per il
trattamento dell’emergenza cardiaca 2.
Per quanto riguarda la complicanze tardive, spesso correlate alla gestione
oltre che alla compliance del malato, troviamo :
•
trombosi della vena ospitante il catetere venoso centrale.
I segni tipici della trombosi venosa della succlavia o della giugulare interna
sono: gonfiore dell’arto superiore omolaterale al catetere venoso centrale,
evidenza di circolo venoso superficiale della spalla e dell’arto superiore e/o
del collo, inscurimento cutaneo delle stessi sedi, a volte dolore alla spallla ed
al braccio .
Di fronte a questi segni e sintomi avvertire il medico 5.
•
Rottura del segmento esterno del catetere.
Talvolta può accadere che involontariamente o per scorrette manovre sul
catetere, questo venga lesionato parzialmente o totalmente.
In commercio esistono per alcuni tipi di catetere (Groshong) dei kit di
riparazione che ne consentono così il riutilizzo (riducendo così, oltre che i
costi, anche il disagio al paziente, che altrimenti avrebbe dovuto subire il
posizionamento di un nuovo presidio) 5.
•
Occlusione del catetere venoso centrale
L’occlusione del CVC può essere dovuta a :
⎫
coaguli di sangue refluito all’interno del CVC (è l’evidenza più frequente);
⎫
aggregati lipidici in corso di NPT;
⎫
depositi di minerali (precipitati per incompatibilità con alcuni farmaci, per
lo più all’interno della camera dei port);
20
⎫
occlusioni meccaniche da strozzamento, come nel pinch-off (pinzamento
del catetere venoso centrale tra la clavicola e la prima costola) e nel kinking
(inginocchiamento), dove la risoluzione, se possibile, avviene sotto scopia.
Un tipo particolare di occlusione è la withdrawal occlusion, cioè l’impossibilità
di aspirare sangue dal catetere, mentre la possibilità di infondere conservata.
E’ dovuta per lo più ad una guaina di fibrina (fibroriectina) che si forma nella
punta del catetere 5.
l recupero della funzione può essere ottenuto, talvolta, con energiche
aspirazioni capaci di rimuovere la guaina che, con meccanismo a valvola,
ostacola il prelievo.
Se il tentativo è infruttuoso, si può ricorrere ad un dispositivo usato per il
brushing endoluminale a scopo diagnostico per le infezioni associate al
catetere venoso centrale 5.
Lo specolo di tale presidio, spinto oltre la punta del catetere venoso centrale,
quando viene ritirato, trascina con sé la guaina di fibrina e risolve l’occlusione
in aspirazione (è un metodo costoso) 5.
In tutti i casi di occlusione, l’iniezione della sostanza utilizzata per la
disostruzione del catetere (pratica medica) deve essere attuata con siringa
da 10ml.
Se non si riesce ad iniettare il ml di sostanza (urokinasi, etanolo o acido
cloridrico), rinunciare alla disostruzione e far sostituire il presidio.
L’utilizzo dei siringhe di minori dimensioni, produce lo scoppio del catetere
venoso centrale che non tollera pressioni superiori a 1200 mmHg nel caso
del Groshong, e di 2000 mmHg nel caso degli Hickman.
Siringhe inferiori a 10ml producono pressioni superiori a 2000mmHg 5.
•
Stravaso di farmaci da dislocazione dell’ago Huber
Lo stravaso dei chemioterapici nel sottocute può osservarsi per:
⎫
dislocazione dell’ago di Huber, nel caso di port, ed in tal caso
interesserà la tasca;
⎫
per reflusso dell’infuso tra la guaina di fibrina che si forma attorno a
tutti i cateteri e la superficie esterna del catetere, quando la guaina occlude la
21
punta del catetere venoso centrale, ed in tal caso lo stravaso si osserverà nel
tunnel sottocutaneo 5.
Lo stravaso di antiblastici determina eritema, flebite, orticaria, dolore e
bruciore localizzato, con danno immediato, ma seguito da riparazione in
pochi giorni o in poche settimane 5.
Come ultima complicanza, ma non per questo meno importante, mi
soffermerò in particolare, dedicando un intero capitolo, sulle complicanze
infettive associate al catetere venoso centrale, sia per l’importanza e la
gravità che queste complicanze rivestono, sia per l’alta incidenza di espianti
degli accessi venosi a seguito di infezioni non guaribili che comportano costi
elevati.
22
Capitolo 2
2.1 Definizione di infezione
Le infezioni sono una condizione patologica determinata dall’invasione
dell’organismo o di una sua parte ad opera di microrganismi appartenenti a
classi diverse (virus, batteri, funghi, protozoi e vermi) 4.
Tale condizione è il risultato dell’interazione tra il microrganismo parassita e
la risposta immunitaria specifica dell’organismo ospite 4.
L’infezione può essere sintomatica o asintomatica, con vari gradi di intensità
individuale 4.
I microrganismi hanno un proprio habitat naturale che viene definito
serbatoio, poiché rappresenta una sorta di riserva a partire dalla quale
possono essere trasmessi a ospiti recettivi. Dal serbatoio il microrganismo
passa all’ospite che diffonde l’infezione 4.
Le infezioni possono verificarsi nel sito endovenoso o a livello sistemico 8.
Dall’ospite l’infezione può venire trasmessa per via diretta o indiretta. La
trasmissione diretta avviene per contatto o per via aerea, mentre quella
indiretta avviene mediante un passaggio intermedio attraverso un oggetto
inanimato, detto veicolo, o attraverso un organismo animale, detto vettore 4.
I sintomi dell’infezione dipendono da numerosi fattori legati sia al
microrganismo sia all’ospite 4.
I segni di infezione possono essere locali (rossore, calore o drenaggio
purulento dal sito) o sistemici (febbre, malessere generale, brivido) 8.
Inoltre il paziente può presentare nausea e vomito, aumento del tasso di
leucociti, aumento delle pulsazioni, dolore del dorso, cefalea, può esserci
una progressione a shock settico con ipotensione profonda 9.
Le vie di penetrazione più frequentemente utilizzate dai microrganismi sono
la cute, le mucose, la congiuntiva; altri invece penetrano direttamente nel
circolo sanguigno attraverso ferite o iniezioni con oggetti infetti 4.
23
Molto importante per tutte le infezioni è la prevenzione, che si basa sulla
ricerca e sulla inattivazione delle sorgenti e soprattutto dei serbatoi
dell’infezione 4.
2.2 Definizione di infezione correlata al catetere venoso
centrale
Viene definita infezione correlata al catetere venoso centrale una batteriemia
o una fungemia in un paziente che ha un catetere venoso centrale, almeno
una emocoltura positiva ottenuta con prelievo da una vena periferica,
manifestazioni cliniche di infezione (febbre, brividi e/o ipotensione) e non
apparenti fonti di infezione del torrente circolatorio ( ad eccezione del
catetere venoso centrale) 10.
Un’infezione viene associata a catetere venoso centrale se la linea è stata
utilizzata nelle 48 ore antecedenti lo sviluppo delle infezioni del torrente
circolatorio (blood stream infection: BSI) 7.
Qualora l’intervallo di tempo tra l’insorgere dell’infezione e l’uso del
dispositivo sia
superiore alle 48 ore, deve essere presente una forte
evidenza che l’infezione sia correlata alla linea centrale 7.
Una definizione più rigorosa potrebbe comprendere solo quelle BSI per le
quali, attraverso un esame attento delle informazioni del paziente, siano state
escluse altre fonti, e laddove una cultura della punta del catetere dimostri
una quantità sufficiente di colonie di un organismo identica a quella
riscontrata nel torrente circolatorio 7.
La causa dell’infezione associata a CVC è l’ingresso di microrganismi nel
sistema
di
infusione,
con
successiva
colonizzazione
del
catetere,
moltiplicazione microbica e disseminazione nel sangue con conseguente
batteriemia 5.
L’ingresso di microrganismi può avvenire in ogni punto “aperto” della linea di
infusione e può essere favorito da una gestione errata del sistema, da una
24
scorretta preparazione conservazione delle soluzioni infuse e dal tipo di
catetere 5.
La presenza di flebite aumenta di 18 volte il rischio di insorgenza di
batteriemia; così come l’utilizzo di attrezzatura contaminata o l’infusione di
soluzioni contaminate; un tempo di permanenza eccessivo dei presidi
endovenosi; cambio non asettico del catetere endovenoso o della
medicazione; contaminazione crociata da parte del paziente che presenta
altri focolai di infezione. Inoltre, il paziente criticamente malato o
immunodepresso presenta un rischio particolare di batteriemia 9.
25
2.3 Epidemiologia e microbiologia delle infezioni correlate al
catetere venoso centrale
Dal 1970 il sistema nazionale di sorveglianza dei CDC (National Nosocomial
Infection Surveillance System, NNIS) ha raccolto dati sulla incidenza e sulla
eziologia delle infezioni ospedaliere comprese la BSI associate a CVC in un
gruppo di circa 300 ospedali degli Stati Uniti 7.
La maggioranza delle BSI ospedaliere sono associate all’uso dei CVC con
tassi di BSI sostanzialmente maggiori tra pazienti con CVC rispetto a quelli
senza CVC. I tassi di BSI associate a CVC variano considerevolmente per
dimensioni di ospedale, tipo di reparto ospedaliero, e tipo di CVC. Durante il
periodo 1992- 2001, gli ospedali del NNIS hanno riportato tassi di BSI
associate a CVC in terapia intensiva che variano da 2,9 (Terapia intensiva
cardiotoracica ) a 11,3 (in un reparto con neonati con peso inferiore a 1 kg)
BSI per 1000 giorni CVC 7.
I tassi di infezione sono influenzati da alcuni parametri relativi al paziente
come la gravità della malattia e il tipo di malattia (ad esempio, ustioni di terzo
grado contro chirurgia post-cardiaca), e da parametri relativi al catetere,
come la condizione in cui il catetere sia stato posizionato (ad esempio,
elettiva verso emergenza) e il tipo di catetere (ad esempio tunnellizzato verso
non tunnellizzato o succlavia verso giugulare) 7.
Dati aggregati dal 1992 al 1999 indicano che gli stafilococchi coagulasi
negativi seguiti dagli enterococchi sono ora gli isolamenti più frequenti nelle
BSI ospedaliere. Gli stafilococchi coagulasi negativi determinano il 37% e lo
Staphylococcus aureus il 12,6% delle BSI ospedaliere 7.
Nel 1999 gli enterococchi erano responsabili del 13,5% delle BSI, in aumento
rispetto all’8% riportato dal NNIS nel periodo 1986- 1989 7.
L’ 8% delle BSI ospedaliere riportate nel NNIS durante il periodo 1992- 1999
è stato causato da Candida 7.
I bacilli gram negativi sono stati causa del 19% delle BSI associate a catetere
durante il periodo 1986- 1989 contro il 14% delle BSI associate a catetere
durante il periodo 1992-1999 7.
26
Vi è poi un aumento percentuale di isolamenti in terapia intensiva di
Enterobacteriaceae che produce beta- lattamasi a spettro allargato (ESBL),
specie Klesbiella pneumoniae 7.
2.4 Incidenza e prevalenza delle infezioni del catetere venoso
centrale
L’incidenza delle infezioni del torrente circolatorio correlate a catetere venoso
(CRBSI) varia in maniera considerevole a seconda del tipo e della frequenza
di manipolazione del dispositivo e dei fattori associati al paziente ( condizioni
preesistenti e grado di acuzie della malattia) 7.
L’utilizzo frequente dei cateteri venosi centrali ha determinato un incremento
delle infezioni CVC correlate, responsabili di una rilevante morbilità nei
pazienti neutropenici 2.
In letteratura viene riportata un’incidenza di infezioni CVC correlate variabile
da < 1% al
18%; riguardo specificatamente le batteriemie, esse si
manifestano con una frequenza compresa tra < 1 e 13/1000 giorni catetere 2.
Molti studi hanno stimato il rischio dei CVC di provocare morbosità e
mortalità a causa di complicanze infettive. Negli Stati Uniti, ogni anno vi sono
15 milioni di giorni-CVC (cioè il numero totale di giorni di esposizione ai CVC
da parte di tutti i pazienti nella popolazione selezionata durante il periodo di
tempo selezionato) 7.
Se il tasso medio di BSI associate a CVC è di 5,3 per 1000 giorni- catetere
nelle ICU ( terapie intensive), ogni anno negli Stati Uniti si verificano circa
80000 BSI associate a CVC nelle ICU. La mortalità attribuibile per queste
BSI è variata da un non aumento della mortalità in studi che controllavano
per la gravità di malattia, al 35% di aumento della mortalità in studi prospettici
che non usavano questo controllo. Pertanto la mortalità attribuibile rimane
poco chiara 7.
27
2.5 Patogenesi delle infezioni correlate al catetere venoso
centrale
La più frequente via di infezione per i cateteri inseriti perifericamente, a breve
termine, è la migrazione di microrganismi dalla cute al sito di inserimento nel
tratto di catetere cutaneo, con la colonizzazione della punta del catetere. Per
i cateteri a lungo termine, la contaminazione del raccordo del catetere
contribuisce sostanzialmente alla colonizzazione intraluminale 7.
Occasionalmente i cateteri possono contaminarsi per via ematogena da un
altro focolaio di infezione. Raramente, la contaminazione di soluzioni infuse
per via endovenosa porta ad una CRBSI 7.
Le più importanti determinanti patogenetiche delle infezioni associate a
catetere sono:
- il materiale con cui il catetere è fatto;
- i fattori intrinseci di virulenza del microrganismo infettante 7.
Studi in vitro dimostrano che i cateteri fatti di polivinil cloruro o polietilene
sono probabilmente meno resistenti all’aderenza dei microrganismi rispetto ai
cateteri in Teflon, elastomero di silicone o in poliuretano 7.
Alcuni materiali dei cateteri inoltre presentano irregolarità della superficie
che aumentano l’aderenza microbica di alcune specie 7.
Altri importanti fattori nella patogenesi dell’ infezione associata al catetere
sono le proprietà adesive di alcuni microrganismi. Per esempio lo
Stafilococco aureus può aderire alle proteine dell’ospite frequentemente
presenti sui cateteri. Inoltre, gli stafilococchi coagulasi negativi aderiscono
alle superfici di polimeri più prontamente rispetto ad altri patogeni 7.
28
2.6 Fattori di rischio
Vi sono diversi fattori di rischio che influiscono sull’incidenza delle infezioni e
possono essere legati al paziente, al catetere venoso centrale e/o
all’operatore 2.
Per quanto riguarda i fattori legati al paziente troviamo:
- compliance del paziente;
- patologia;
- durata della neutropenia;
- batteriemia in atto;
- focolaio di infezione in atto;
- colonizzazione della cute;
- sito di inserimento contaminato 2.
Tra i fattori legati al catetere venoso centrale vengono annoverati:
- sede di inserzione: femorale> giugulare> succlavia;
- numero dei lumi del CVC: uno> due> tre;
- linea infusiva con elevata presenza di rubinetti di accesso al sistema;
- colonizzazione del raccordo;
- tipo di sistema impiantato: non tunnellizzato> tunnellizzato> totalmente
impiantato (Port);
- uso del CVC: NTP> chemioterapia> fluidoterapia;
- fluido contaminato 2.
Infine vi sono i fattori legati all’operatore:
- esperienza del personale che posiziona e che gestisce il sistema
intravascolare;
- istruzione e formazione del personale sanitario;
- mani del personale;
- protocolli di gestione del sistema;
- ambiente: ospedale> day-hospital> domicilio 2.
29
2.7 Linee guida per la prevenzione delle infezioni correlate al
catetere venoso centrale seguendo le raccomandazioni del
Center for Disease Control (CDC) / Hospital Infection Control
Pratices Advisory Committee (HICPAC)
Queste raccomandazioni sono disegnate con lo scopo di ridurre le
complicanze infettive associate all’uso di cateteri intravascolare 7.
Le raccomandazioni vengono fornite per:
1) uso di cateteri intravascolare in generale;
2) dispositivi specifici;
3) circostanze speciali (cioè, uso di dispositivi intravasali in pazienti
pediatrici e uso di CVC per nutrizione parenterale e accesso di
emodialisi) 7.
Ciascuna raccomandazione è categorizzata sulla base dei dati scientifici
esistenti, sul razionale teorico, sull’applicabilità, sull’impatto economico. Il
sistema CDC/HICPAC per categorizzare le raccomandazioni è il seguente:
Categoria IA. Fortemente raccomandate per l’implementazione e supportate
da studi sperimentali ben disegnati, studi clinici, o studi epidemiologici.
Categoria IB. Fortemente raccomandate per l’implementazione e supportate
da studi sperimentali, clinici, o epidemiologici, e da un forte razionale teorico.
Categoria IC. Richieste da standard, regole, o leggi statali o federali.
Categoria II. Suggerite per l’implementazione e supportate da studi clinici o
epidemiologici suggestivi o da un razionale teoretico.
Problema irrisolto. Rappresentano un problema irrisolto per il quale
l’evidenza è insufficiente o non esiste alcun consenso riguardo l’efficacia.
I.
Formazione ed educazione degli operatori sanitari.
A. Educare gli operatori sanitari riguardo l’uso del catetere
intravascolare, le procedure corrette riguardo l’inserimento e la
gestione dei cateteri intravascolari, e le misure appropriate di
30
controllo delle infezioni per prevenire le infezioni associate a
catetere intravascolare. Categoria IA
B. Per tutte le persone che gestiscono e inseriscono cateteri
intravascolari valutare periodicamente le conoscenze sulle linee
guida e il grado di applicazione delle linee guida stesse. Categoria
IA
C. Assicurare adeguati livelli di staff infermieristico nelle terapie
intensive per rendere minima l’incidenza di CRBSI. Categoria IB
II.
Sorveglianza.
A. Monitorare i siti del catetere regolarmente attraverso l’ispezione
visiva o attraverso la palpazione tramite la medicazione intatta,
dipendendo cioè dalla situazione clinica di ciascun paziente. Se i
pazienti hanno dolenzia al sito di inserimento, febbre senza altra
fonte identificata, o altre manifestazioni che suggeriscano una
infezione locale o una BSI, la medicazione deve essere rimossa
per permettere un esame completo del sito. Categoria IB
B. Invitare i pazienti a riferire agli infermieri che li assistono
qualsiasi modificazione del sito del catetere o qualsiasi situazione
anomala. Categoria II
C. Registrare su un modulo standardizzato l’operatore, la data, e il
tempo di inserimento e rimozione del catetere, e i cambiamenti di
medicazione. Categoria II
D. Non coltivare routinariamente le punte del catetere. Categoria
IA
III.
Igiene delle mani.
A. Osservare le procedure appropriate di igiene delle mani sia
lavandosi le mani con saponi contenenti antisettici ed acqua o con
creme o gel senza acqua a base di alcol. Osservare l’igiene delle
mani prima e dopo aver palpato il sito d’inserimento del catetere,
così come prima e dopo l’inserimento, cambio, medicazione o altre
manovre sul
catetere intravascolare. La palpazione del sito di
inserimento non deve essere eseguita dopo l’applicazione di
31
antisettico, a meno che venga mantenuta una tecnica asettica.
Categoria IA
B. L’uso dei guanti non deve sostituire la necessità del lavaggio
delle mani. Categoria IA
IV.
Tecniche asettiche durante l’inserimento e la gestione del catetere.
A. Rispettare tecniche asettiche per l’inserimento e la gestione dei
cateteri intravascolari. Categoria IA
B. Indossare guanti puliti o sterili quando si inserisce un catetere
intravascolare come richiesto dallo standard della Occupational
Safety
and
Health
Administration
Bloodborne
Pathogens.
Categoria IC. Per inserimento di cateteri intravascolari periferici,
se il sito di accesso non viene toccato dopo l’applicazione
dell’antisettico per la cute è accettabile indossare guanti puliti
piuttosto che guanti sterili. Per l’inserimento di cateteri arteriosi e
centrali devono essere usati guanti sterili. Categoria IA.
C. Indossare guanti puliti o sterili quando si cambiano le
medicazioni su cateteri intravascolari. Categoria IC
V.
Inserimento del catetere.
Non usare di routine l’incisione chirurgica per scoprire vene o
arterie come metodo per inserire i cateteri. Indossare guanti puliti o
sterili quando si cambiano le medicazioni sui cateteri intravascolari.
Categoria IA
VI.
Gestione del sito del catetere.
A. Antisepsi cutanea.
1. Disinfettare la cute pulita con un antisettico appropriato prima
dell’inserimento
del
catetere
e
durante
i
cambi
delle
medicazioni. Sebbene sia preferita una soluzione al 2% a base
di clorexidina, può essere usata una tintura di iodio, uno
iodoforo, o alcol al 70%. Categoria IA
2. Non possono essere fatte raccomandazioni per l’uso della
clorexidina ai neonati al di sotto dei due mesi di età. Problema
irrisolto
32
3. Permettere all’antisettico di rimanere sul sito di inserimento e di
asciugarsi
all’aria
prima
dell’inserimento
del
catetere.
Permettere al povidone iodico di rimanere sulla cute per
almeno due minuti o più a lungo se ancora non è asciutto prima
dell’inserimento. Categoria IB
4. Non applicare solventi organici (ad esempio acetone o etere)
prima di inserire il catetere o durante il cambio delle
medicazioni. Categoria IA
VII.
Modalità di medicazione del sito del catetere.
A. Per coprire il sito del catetere usare garze sterili, o medicazioni
semipermeabili, trasparenti, sterili. Categoria IA
B. I siti dei cvc tunnellizzati che siano ben guariti non necessitano
di medicazione. Categoria II
C.
In
caso
di
paziente
che
ha
tendenza
a
sudare
abbondantemente, o se il sito è sanguinante, è preferibile usare
una
garza
piuttosto
che
una
medicazione
semipermeabile,trasparente. Categoria II
D. Cambiare la medicazione del sito del catetere se la
medicazione risulta bagnata, staccata o visibilmente sporca.
Categoria IB
E. Per paziente adulti e adolescenti cambiar le medicazioni almeno
una volta
a settimana a seconda delle circostanze individuali.
Categoria II
F. Non usare pomate o creme antibiotiche sui siti di inserimento
(con eccezione dei cateteri di dialisi a causa della possibilità che
essi
hanno
di
favorire
infezioni
funginee
e
resistenze
antimicrobiche). Categoria IA
G. Non immergere i cateteri nell’acqua. La doccia deve essere
permessa se vengono prese precauzioni per ridurre le possibilità di
introdurre germi nel catetere ( cioè se il catetere e il dispositivo di
connessione sono protetti con una protezione impermeabile
durante la doccia. Categoria II
33
VIII.
Selezione e cambio di cateteri intravascolare.
A. Selezionare il catetere, la tecnica di inserimento, il sito di
inserimento con il più basso rischio di complicanze (infettivo e non
infettivo) a seconda del tipo e durata di terapia endovenosa
prevista. Categoria IA
B. Rimuovere immediatamente qualsiasi catetere intravascolare
che non sia più necessario. Categoria IA
C. Non cambiare di “routine”i cateteri venosi centrali o arteriosi
unicamente con lo scopo di ridurre l’incidenza di infezioni.
Categoria IB
D. Riposizionare i cateteri venosi periferici almeno ogni 72- 96 ore
negli adulti per prevenire le flebiti. Fino a che la terapia
endovenosa sia completata, lasciare in sede nei bambini i cateteri
venosi periferici salvo il caso in cui si verificano complicanze (ad
esempio flebiti e infiltrazioni di liquido). Categoria IB
E. Quando non può essere assicurato il rispetto delle tecniche( ad
esempio quando i cateteri sono inseriti durante una procedura
medica d’urgenza) riposizionare appena possibile e non più tardi di
48 ore tutti i cateteri. Categoria II
F. Affidarsi al giudizio clinico per determinare quando riposizionare
il catetere potrebbe essere fonte di infezione ( ad esempio non
riposizionare di routine i cateteri in pazienti la cui sola indicazione
di infezione sia la febbre ). Non riposizionare di routine cateteri
venosi in pazienti che abbiano batteriemia o fungemia se è
improbabile che la fonte di infezione sia il catetere. Categoria II
G. Riposizionare qualsiasi catetere venoso centrale a breve
termine se nel sito di inserimento si osservi del pus, segno di
infezione. Categoria IB
H. Riposizionare tutti i cvc se il paziente è emodinamicamente
instabile e venga sospettata una CRBSI. Categoria II
34
I. Non usare la tecnica su guida per cambiare i cateteri in pazienti
sospetti di avere un’infezione associata al catetere. Categoria IB
IX.
Cambio di “set” per la somministrazione, di sistemi senza ago, e di
liquidi parenterali.
A. “Set” per infusione.
1. Cambiare i set per infusione, non più frequentemente che ad
intervalli di 72 ore a meno che non sia sospetta o documentata
un’infezione associata al catetere. Categoria IA
2. Cambiare le linee usate per somministrare sangue, prodotti del
sangue o emulsione di lipidi (quelli combinati con aminoacidi e
glucosio in una soluzione tre- in- uno o infusi separatamente) entro
24 ore dall’inizio dell’infusione. Categoria IB.
Se la soluzione contiene solo destrosio e aminoacidi, il set per la
somministrazione
non
necessita
di
essere
cambiato
più
frequentemente di ogni 72 ore. Categoria II
3. Cambiare le linee usate per la somministrazione di propofol ogni
6 o 12 ore a seconda del suo uso, a seconda delle indicazioni del
produttore. Categoria IA
B. Dispositivi intravascolari senza aghi.
1. Cambiare i componenti senza ago almeno con la frequenza dei
“set” per infusione. Categoria II
2. Cambiare i tappi non più frequentemente di ogni 72 ore o
secondo le raccomandazioni del produttore. Categoria II
3. Assicurarsi che tutte le componenti del sistema siano compatibili
per ridurre al minimo le perdite e le rotture del sistema. Categoria
II
4. Ridurre al minimo il rischio di contaminazione disinfettando la
porta di accesso con un antisettico appropriato e utilizzando per
l’accesso alla porta solo dispositivi sterili. Categoria IB
C. Liquidi parenterali
35
1. Completare l’infusione di soluzioni contenenti lipidi ( ad esempio
soluzioni tre- in- uno) entro 24 ore dall’inizio dell’infusione.
Categoria IB
2. Completare l’infusioni si emulsioni isolate di lipidi entro 12 ore
dall’inizio della infusione dell’emulsione. Se a causa della quantità
dell’infusione è necessario più tempo, l’infusione deve essere
completata in 24 ore. Categoria IB
3. Completare le infusioni del sangue o altri prodotti del sangue
entro 4 ore dall’inizio dell’infusione. Categoria II
4. Non ci sono raccomandazioni per altri tipi di infusioni di liquidi
parenterali. Problema irrisolto
X.
Porte per iniezione endovenosa.
A. Prima di aver accesso al sistema, pulire le porte per iniezione
con alcool al 70% o con uno iodoforo. Categoria IA
B. Quando non in uso, mettere i tappi. Categoria IB
XI.
Preparazione e controllo delle qualità delle preparazioni endovena
A. Preparare di “routine” tutti i liquidi per parenterale nella farmacia
in una cappa a flusso laminare usando tecniche asettiche.
Categoria IB
B. Non usare alcun contenitore di liquidi parenterali che abbiano
torbidità visibile, perdite, rotture o materiale articolato o se sia
trascorsa la data di validità prevista dal produttore. Categoria IB
C. Usare fiale monodose per additivi o farmaci parenterali quando
possibile. Categoria II
D. Non utilizzare il contenuto di fiale monodose per usi successivi.
Categoria IA
E. Non usare fiale multidose
1. Refrigerare le fiale multidose dopo che siano state aperte se
raccomandato dal produttore. Categoria II
36
2. Pulire il diaframma di accesso delle fiale multidose con alcool al
70% prima di inserire il dispositivo nella fiala. Categoria IA
3. Usare u dispositivo sterile per accedere all’interno di una fiala
multidose ed evitare di toccare il dispositivo prima di penetrare nel
diaframma di accesso. Categoria IA
4. Eliminare la fiala multidose se compromessa la sterilità.
Categoria IA
XII.
Filtri “in-line”.
Allo scopo di attuare il controllo delle infezioni, non usare di routine
filtri. Categoria IA
XIII.
Personale per la terapia endovenosa.
Destinare personale formato per l’inserimento e la gestione di
cateteri intravascolari. Categoria IA
XIV.
Antimicrobici in profilassi.
Per prevenire la colonizzazione del catetere o la BSI, non
somministrare di “routine”, prima dell’inserimento o durante l’uso di
un catetere intravascolare con una profilassi intranasale o
sistemica. Categoria IA
Cateteri venosi centrali, compresi i PICC, cateteri per emodialisi e
cateteri arteriosi polmonari in pazienti adulti e pediatrici.
I.
Sorveglianza
A. Nei pazienti in terapia intensiva e in altri pazienti condurre una
sorveglianza per determinare i tassi di CRBSI, monitorizzare
l’andamento di questi tassi ed essere di ausilio nell’identificazione
delle deficienze nelle procedure di controllo delle infezioni. Categoria
IA
B. Esprimere i dati della terapia intensiva con il numero di BSI associati a
catetere per 1000 giorni catetere, sia per gli adulti che per i bambini, e
stratificare per categorie di peso alla nascita per i neonati in terapia
37
intensiva allo scopo di facilitare i confronti con i dati nazionali in
popolazioni di pazienti e strutture assistenziali confrontabili. Categoria
IB
C. Indagare gli eventi che portano a condizioni inattese a rischio della
vita o fatali. Ciò comprende qualsiasi variazione di processo per la
quale un nuovo evento rappresenterebbe con probabilità un evento
avverso. Categoria IC
II.
Principi generali
A. Usare un CVC con il minor numero di porte o lumi essenziali per la
gestione del paziente. Categoria IB
B. Se, dopo aver attuato una strategia a largo raggio per ridurre i tassi
di CRBSI, il tasso di CRBSI rimane sopra l’obiettivo della istituzione
individuale basato sui tassi di “Benchmark” e sui fattori locali, usare
negli adulti un CVC impregnato di antibiotico o di antisettico nel caso
in cui si preveda che il catetere rimanga in sito per più di 5 giorni. La
strategia a largo raggio di cui sopra deve includere le seguenti tre
componenti: educare le persone che inseriscono e gestiscono i
cateteri, usare le massime precauzioni sterili di barriera, e una
preparazione al 2% di clorexidina per l’antisepsi della cute durante
l’inserimento dei CVC. Categoria IB
C. Nei bambini non possono essere fatte raccomandazioni sull’uso dei
cateteri impregnati. Problema irrisolto
D. Destinare il personale che sia stato formato
mostri competenza
nell’inserimento dei cateteri per supervisionare la formazione di
coloro che attuano l’inserimento del catetere. Categoria IA
E. Usare dispositivi di accesso totalmente impiantabili per i pazienti che
necessitano di accessi vascolari a lungo termine , intermittente. Per i
pazienti che necessitano un accesso frequente o continuo è
preferibile un PICC o un CVC tunnellizzato. Categoria II
38
F.
Usare un CVC cuffiato per la dialisi, se si ipotizza che il periodo
di accesso temporaneo sia prolungato (cioè maggiore di tre settimane).
Categoria IB
G.
Usare una fistola o un “graft” invece di un CVC per un accesso
permanente in dialisi. Categoria IB
H.
Non usare cateteri di emodialisi per prelievi di sangue o per altri
usi diversi dall’emodialisi, eccetto che durante la dialisi o in condizioni di
emergenza. Categoria II
I. Usare pomate antisettiche con povidone iodico sul sito di uscita del
catetere per emodialisi dopo l’inserimento del catetere e alla fine di
ciascuna seduta di dialisi secondo le raccomandazioni del produttore.
Categoria II
III.
Selezionare il sito di inserimento del catetere
A. Pesare il rischio e i benefici di posizionare un dispositivo ad un sito
raccomandato per ridurre le complicanze meccaniche ( cioè
pneumotorace, puntura dell’arteria succlavia, lacerazione della vena
succlavia, stenosi della vena succlavia, emotorace, trombosi,
embolismo gassoso, e malposizionamento). Categoria IA
B. Usare un sito della succlavia ( piuttosto che un sito femorale o
giugulare), in pazienti adulti allo scopo si ridurre al minimo il rischio
infettivo per il posizionamento di CVC non tunnellizzati. Categoria IA
C. Per un catetere non tunnellizzato non può essere fatta una
raccomandazione di un sito preferenziale di inserimento per ridurre di
infezione. Problema irrisolto
D. Per evitare una stenosi venosa, se è necessario un accesso con
catetere, posizionare i cateteri usati per emodialisi e feresi in una vena
giugulare o femorale piuttosto che in una vena succlavia. Categoria
IA
IV. Massime precauzioni sterili di barriera durante l’inserimento del catetere
39
A. Usare tecniche asettiche, compreso l’uso di un cappellino, di una
maschera, camice sterile, guanti sterili, e un grande telino sterile, per
l’inserimento di CVC (compresi i PICC) o per il cambio su guida. Categoria
IA
B. Usare una copertura sterile per proteggere i cateteri polmonari durante
l’inserimento. Categoria IB
V. Cambio del catetere
A. Non riposizionare di routine un CVC, PICC, cateteri per emodialisi o
cateteri arteriosi polmonari allo scopo di prevenire le infezioni associate a
catetere. Categoria IB
B. Non rimuovere CVC o PICC sulla base solo della febbre. Usare il giudizio
clinico riguardo l’appropriatezza della rimozione del catetere se l’infezione è
evidente in un altro sito qualunque o se sia sospettata una causa non
infettiva nella febbre. Categoria II
C. Cambio su guida
D. Non usare di routine cambi su guida per cateteri non tunnellizzati per
prevenire l’infezione. Categoria IB
E. Usare un cambio su guida per cambiare un catetere non tunnellizzato mal
funzionante se non è presente evidenza di infezione. Categoria IB
F. Usare un nuovo set di guanti sterili prima di manipolare il nuovo catetere
quando viene eseguito un cambio su guida. Categoria II
VI. Misure assistenziali sul catetere e sul sito del catetere
A. Misure generali
Se il catetere ha più lumi è usato per la somministrazione di nutrizione
parenterale destinare una porta esclusivamente per la iperalimentazione.
Categoria II
B. Soluzioni antibiotiche intracatetere (“ lock”). Non usare di routine
soluzione antibiotiche “lock” per prevenire le CRBSI. Usare solo in
circostanze speciali (cioè per trattare i pazienti con cateteri a lungo
termine cuffiati o tunnellizzati o “Port” che abbiano una storia di
40
multiple CRBSI nonostante un’aderenza massimale alle tecniche di
antisepsi) la profilassi con soluzioni antibiotiche “lock”. Categoria II
C. Regimi di medicazioni del sito del catetere.
D. Cambiare la medicazione del catetere quando si sporchi, si stacchi o
divenga umida o quando sia necessaria un’ispezione del sito.
Categoria IA
E. Cambiare le medicazioni usate sui siti dei CVC a breve termine ogni
due giorni per le medicazioni con garza o almeno ogni sette giorni per
le medicazioni trasparenti, eccetto in quei pazienti pediatrici per i quali
il rischio di spostare il catetere superi il beneficio di cambiare la
medicazione. Categoria IB
F. Cambiare le medicazioni usate su siti di CVC tunnellizzati o impiantati
non più di una volta a settimana finché il sito di inserimento non sia
guarito. Categoria IB
G. Non possono essere espresse raccomandazioni riguardo la necessità
di qualsiasi medicazione sui siti di uscita ben guariti di CVC a lungo
termine cuffiati e tunnellizzati. Problema irrisolto
H. Non possono essere fatte raccomandazioni per l’uso di medicazioni
con spugne di clorexidina allo scopo di ridurre l’incidenza di infezioni.
Problema irrisolto
I. Non usare medicazioni con spugne di clorexidina in neonati con meno
di 7 giorni o con un età gestazionale inferiore alle ventisei settimane.
Problema irrisolto
J. Non possono essere fatte raccomandazioni per l’uso di dispositivi di
sicurezza privi di sistemi di sutura. Problema irrisolto
K. Assicurarsi che le manovre assistenziali sul sito del catetere sia
compatibili con il materiale del catetere. Categoria IB
L. Usare una protezione sterile per tutti i cateteri arteriosi polmonari.
Categoria IB
41
Capitolo 3
3.1 Ruolo dell’infermiere nella prevenzione delle infezioni dei
cateteri venosi centrali
Una buona gestione del catetere venoso centrale è la componente
essenziale per prevenire le CRBSI 11.
L’assistenza infermieristica si basa su tutte quelle tecniche atte a prevenire e
a controllare il rischio di infezione.
Le misure che rendono minimo il rischio di infezione associata a terapia
intravascolare dovrebbero bilanciare la sicurezza del paziente e il rapporto
costo/ efficacia 7.
Nelle ultime due decadi è stato dimostrato in maniera consistente che il
rischio di infezione diminuisce in seguito alla standardizzazione delle
procedure assistenziali asettiche, e che l’inserimento e la gestione di cateteri
intravascolari da parte di personale senza esperienza specifica può
aumentare il rischio di colonizzazione del catetere e di CRBSI.
In maniera inequivoca è stato dimostrato che “team” specializzati nella
terapia endovenosa riducono efficacemente l’incidenza di infezioni associate
a catetere, di complicanze associate e i costi 7.
Un ruolo di fondamentale importanza nella prevenzione delle infezioni dei
CVC è rivestito dall’igiene delle mani dell’operatore. L’uso di prodotti alcolici
senza acqua o di un sapone antibatterico ed acqua con adeguato risciacquo
possono far raggiungere una adeguata igiene delle mani. Per quanto
riguarda la manipolazione del CVC, una tecnica asettica appropriata non
richiede necessariamente guanti sterili 7.
Le pellicole trasparenti semipermeabili in poliuretano sono i sistemi
attualmente più utilizzati per la medicazione dei siti di inserimento del
catetere. Le medicazioni trasparenti assicurano in maniera efficiente il
dispositivo, permettono l’ispezione visiva continua del sito del catetere,
permettono al paziente di farsi il bagno o la doccia senza compromettere la
42
medicazione e richiedono cambi meno frequenti rispetto alle garze standard
e alle medicazioni con cerotti; l’uso di queste medicazioni consente al
personale risparmiare tempo 7.
Se c’è fuoriuscita di sangue dal sito di inserzione del catetere, si potrebbe
preferire una medicazione con garza 7.
La gestione dei dispositivi intravasali e soprattutto il cambio delle linee di
infusione connesse con i cateteri venosi, costituiscono un intervento
infermieristico di rilevante importanza in ambito preventivo; infatti, in 3 studi
controllati è stato esaminato l’intervallo ottimale per il cambio di “routine” di
“set” per la somministrazione endovenosa. I dati di ciascuno di questi studi
rivelano che cambiare i “set” per la somministrazione endovenosa non più
frequentemente di 72 ore dall’inizio dell’uso, è sicuro e costo-efficace 7.
Quando viene infuso un liquido che aumenta la crescita batterica (ad
esempio emulsioni di lipidi e prodotti del sangue), sono indicati cambi più
frequenti dei “set” di somministrazione, perché questi prodotti sono stati
indicati come fattori di rischio indipendente per CRBSI 7.
L’infermiere deve inoltre prestare attenzione durante la somministrazione di
farmaci parenterali, in quanto questi ultimi sono frequentemente dispensati in
flaconi multidose che potrebbero essere usati per periodi prolungati per uno
o più pazienti. Sebbene il rischio globale di una contaminazione intrinseca
dei flaconi multidose sia probabilmente minimo, le conseguenze di una
contaminazione potrebbero portare ad infezioni gravi. Le fiale monouso sono
in genere senza conservanti e potrebbero avere un rischio di contaminazione
se vengono utilizzate più volte 7. Inoltre, nel caso in caso in cui si debba
somministrare una soluzione irritante, si presti molta attenzione a diluire
sufficientemente questa ultima 9.
L’infermiere verifica e provvede al corretto fissaggio del catetere nella sede di
inserzione per evitarne trazioni, decubiti ed eventuale dislocazione 9.
E’ compito dell’infermiere, nella prevenzione dello sviluppo di infezioni,
ispezionare tutte le linee invasive ogni 24 ore per rilevare eventuali segni
quali rossore, infiammazione, secrezioni e iperestesia; controllare la
temperatura ogni 24 ore e avvertire il medico se supera i 38° C 15.
43
L’infermiere deve valutare e comunicare al medico eventuali dati di
laboratorio alterati, in particolare esami colturali/ antibiogramma, emocromo e
conta dei globuli bianchi, quindi informare il personale medico di qualunque
dato alterato che possa essere correlato allo sviluppo di un infezione 15.
Ruolo molto importante che riveste il personale infermieristico è nell’istruire
l’utente e la sua famiglia sulle idonee modalità di asepsi al fine di prevenire le
infezioni 15.
Infine, l’infermiere è chiamato a valutare lo stato nutrizionale del paziente
allo scopo di
garantire un adeguato apporto nutrizionale, essenziale per
sostenere le difese immunitarie del paziente 15.
44
3.2 Gestione infermieristica del catetere venoso centrale
infetto
L’eventuale rimozione del catetere venoso deve garantire una tecnica
asettica, tagliando la punta con forbici sterili, e conservando il campione in
modo sterile per il trasporto al laboratorio per l’analisi microbiologica 13.
Se prescritto, si faccia eseguire un conteggio dei globuli bianchi e si valutino
altre possibili fonti di infezione ( espettorato, ferite) 13.
E’ necessario medicare giornalmente con iodopovidone il sito di inserzione
del catetere, premendo l’eventuale contenuto purulento verso il punto di
uscita del CVC per facilitarne il drenaggio all’esterno. L’osservazione
giornaliera del sito costituisce l’intervento prioritario per valutare l’efficacia
dell’intervento infermieristico: un risultato negativo comporta un eventuale
prescrizione di terapia antibiotica 5.
Se l’infezione interessa il tunnel sottocutaneo o la tasca del Port, è
necessaria
la
rimozione
del
presidio:
in
questo
caso
l’intervento
infermieristico comporta la medicazione, la sorveglianza post- chirurgica per
individuare eventuali complicanze della ferita chirurgica ( esempio raccolte
sottominate), e la somministrazione di antibioticoterapia fino a completa
guarigione 5.
In presenza di sospetta infezione sistemica in un paziente portatore di
accesso venoso centrale, devono essere tenute delle linee di intervento
collaborativo che, pur variando in relazione al tipo di paziente e di patologia,
si possono così riassumere:
•
sospendere le infusioni;
•
eseguire emocoltura da catetere e da sangue periferico, porre
diagnosi eziologica e iniziare una terapia mirata;
•
iniziare una terapia antibiotica empirica a largo spettro per via
sistemica, comprendendo anche l’antibiosi del catetere, in attesa si
identificare il germe che responsabile;
•
non procedere subito alla rimozione del catetere salvo casi di
particolare gravità o non risposta all’antibioticoterapia mista 12.
45
Procedura diversa se l’infermiere si trova di fronte a un’infezione sistemica
associata al CVC. In caso di febbre e brividi, in attesa di valutazione medica,
è fortemente raccomandato di sospendere l’infusione attraverso CVC per
evitare di immettere ulteriormente nel torrente circolatorio microrganismi
patogeni. In seguito viene somministrato l’antibiotico prescritto diluito in 100
ml di soluzione fisiologica ed infuso in 30 minuti attraverso CVC. Al termine
dell’infusione
viene
lasciato
l’antibiotico
all’interno
del
CVC
senza
5
eparinizzare per permettere all’antibiotico di agire anche in situ , questa
tecnica chiamata “lock” e prevede lo stazionamento della soluzione
antibiotica all’interno del lume del catetere 7.
Il lock viene ripetuto ogni 12-24 ore a seconda del tipo di antibiotico e per
almeno 7 giorni. All’arrivo dell’antibiogramma si prosegue con l’antibiotico
indicato 5.
L’utilizzo del CVC può essere ripreso, se necessario, solo dopo 72 ore dalla
defervescenza della temperatura e nelle ore diurne, proseguendo il lock nelle
ore notturne 5.
Al termine di tutte le operazioni, si registrino gli interventi e le valutazioni 13.
Il coinvolgimento dell’utente e del care- giver, nell’intervento terapeutico,
costituisce un elemento non trascurabile da parte dell’infermiere per il
raggiungimento degli obiettivi del piano di cura.
46
3.3
Assistenza infermieristica nell’inserimento e nella
gestione del catetere venoso centrale
L’inserimento del catetere venoso centrale è compito del medico, ma la
preparazione e l’assistenza all’utente, la gestione del catetere prima, durante
e dopo l’inserimento è compito dell’infermiere 7.
L’infermiere che collabora alla procedura ed al controllo successivo del
funzionamento del catetere, deve conoscere le indicazioni, le complicanze e
la modalità di gestione di un catetere venoso centrale 2.
I responsabili dell’organizzazione dell’ impianto del catetere venoso centrale
(infermiere coordinatore e dirigente medico) hanno un ruolo importante
nell’ottimizzare tutte le risorse umane, materiali e tempo, in modo da
assicurare una gestione efficace ed efficiente degli impianti degli accessi
venosi centrali 2.
Il posizionamento di questi presidi, in soggetti anche “critici” (oncologici,
oncoematologici, patologie altamente catabolizzanti, immunocompromessi)
deve considerare i rischi che l’impianto comporta e le complicanze
immediate, precoci e tardive che possono verificarsi 2.
Per
ottenere
risultati
di
qualità
è
raccomandato
programmare
il
posizionamento del catetere venoso centrale, salvo che non vi siano
condizioni di urgenza clinica, perché solo una buona organizzazione
garantisce tutte le condizioni di sicurezza per il paziente e consente agli
operatori di lavorare nel rispetto dei tempi necessari e delle conoscenze
scientifiche 2.
La fase di programmazione trova nel team multidisciplinare formato dal
medico e dall’infermiere del reparto che ha in cura il paziente, dal medico che
posizionerà il catetere venoso centrale e dal paziente stesso, i professionisti
che concordano e personalizzano la scelta del presidio più idoneo a seconda
delle necessità terapeutiche di ogni singolo soggetto 2.
L’informazione è data al paziente da professionisti diversi ed ognuno per il
loro ruolo specifico e ben definito.
47
-Il medico che ha in cura il paziente lo informerà per quanto riguarda il
programma terapeutico che può consistere in una o più fra queste
indicazioni: chemioterapia antiblastica, nutrizione parenterale, trasfusione di
sangue e/o emocomponenti, terapia antalgica e palliativa ;
-il medico che posiziona il presidio invece presenterà la tecnica di impianto e
i potenziali rischi immediati ad esso correlati ;
-l’infermiere il cui ruolo fondamentale è l’informare ed educare l’utente per
coinvolgerlo attivamente nella gestione del catetere in particolare nelle
situazioni di permanenza a lungo termine – domiciliari 2.
Le informazioni considerate di competenza infermieristica e per le quali
l’infermiere può avere un ruolo attivo nella pianificazione degli interventi
sono:
-
raccolta dati sulle abitudini di vita del paziente (esempio se dorme sul
fianco destro è preferibile posizionare il catetere venoso centrale a sinistra),
la decisione della sede di impianto deve considerare il buon funzionamento
del catetere e favorire le migliori condizioni di vita possibili;
-
altri dati da raccogliere sono la presenza di allergie agli anestetici locali
(es. Lidocaina che di solito è usata per togliere il dolore nella fase
dell’impianto del catetere), agli antisettici cutanei o ai cerotti che vengono
usati nella gestione delle medicazioni della sede d’impianto del catetere;
-
individuare la presenza di un familiare leader (care giver), di riferimento
per la fase domiciliare, questo non solo per gli aspetti strettamente legati alla
presenza del catetere venoso centrale, ma per tutto il programma di cura;
- individuare la possibilità del paziente di raggiungere un ospedale o un
punto di primo intervento, in caso di complicanze acute correlate alla
presenza del catetere venoso centrale 2.
E’ indispensabile il consenso scritto del paziente che deve essere ottenuto
dal medico, utilizzando l’apposito modulo in uso in ogni struttura ospedaliera.
Il consenso è una libera scelta ed è firmato unicamente dal paziente capace
di intendere e volere.
48
L’acquisizione formale del consenso informato non può essere delegato
all’infermiere, sebbene questi possa coadiuvare ed integrarsi con il medico;
può mettere a disposizione la propria esperienza al fine di raggiungere
l’obiettivo della reale convinzione ed accettazione del paziente alla
esecuzione della procedura.
La fase della “raccolta della firma” deve essere caratterizzata da
atteggiamento
di
disponibilità
al
colloquio,
supporto
psicologico,
presentazione dei vantaggi e dei rischi.
I riferimenti normativi relativi di questo processo sono:
Articolo 32 della Costituzione;
Articolo 33 D.L. 833 del 23.12.1978;
Articoli 32, 33, 34, 35, del Codice di Deontologia Medica del 1998;
Articoli 4.2, 4.3, 4.5, 4.11 del Codice Deontologico dell’Infermiere del 1999.
Preparazione del paziente
Tricotomia
Sebbene vi siano ampie indicazioni alla esclusione della tricotomia prima
degli interventi chirurgici per la prevenzione dei rischi infettivi, questa non
trova facile (quasi nulla) applicazione nei contesti lavorativi. In realtà se
consideriamo la gestione delle medicazioni del sito di impianto del catetere,
la presenza di peli renderebbe meno facile l’uso dei cerotti. Inoltre nel malato
sottoposto a chemio e/o radio terapia antiblastica si manifesta sempre
alopecia conseguente alla terapia; nel paziente uomo la perdita dei peli del
dorso favorirebbe un ambiente meno pulito nella zona della medicazione del
catetere. Pertanto nel caso di paziente maschio e in presenza di peli nella
sede dove sarà impiantato il catetere si dovrà eseguire la tricotomia 2.
La rasatura con la lametta può facilitare lo sviluppo di un’infezione attraverso
la moltiplicazione di batteri nelle micro abrasioni che si possono verificare.
Suggerimenti per eseguire la tricotomia:
- usare il rasoio elettrico o le forbici;
- eseguire la tricotomia con la lametta immediatamente prima del
posizionamento del catetere venoso centrale, il tempo breve che intercorre
49
fra eventuali microabrasioni ed intervento non consente la proliferazione dei
microrganismi;
- eseguire la tricotomia con la lametta 24 ore prima del posizionamento, in
modo tale che le microabrasioni abbiano avuto il tempo di rimarginare e
costituire la sua naturale barriera;
- utilizzare una crema depilatoria dopo essersi accertati che non sussistano
problemi di allergie 2.
In letteratura è ampiamente dimostrato che la doccia preparatoria con l’uso di
un antisettico, riduce le infezioni da stafilococco colonizzanti la cute rispetto
alla doccia eseguita con un solo detergente; pertanto è consigliato l’uso di
questa metodica prima della preparazione al posizionamento dell’accesso
venoso centrale.
Dare indicazioni al paziente per eseguire un bagno igienico con antisettico a
base di clorexidina 2.
Il paziente in attesa del posizionamento del presidio, dopo il bagno igienico,
indossa della biancheria pulita; per il trasferimento in sala operatoria gli sarà
fatto indossare un camice monouso e sarà privo di monili alle braccia ed al
collo 2.
Nella pratica clinica vi sono diversi comportamenti rispetto al mantenimento
del paziente a digiuno per l’impianto del catetere venoso centrale.
La procedura non presenta di per se nessuna necessità di avere il tratto
gastroenterico libero dal cibo, quindi questo comportamento non trova
nessuna giustificazione 2.
La “paura”, che a volte è solo dell’operatore che impianta il catetere venoso
centrale, è quella di dovere affrontare tecniche rianimatorie in caso di
complicanze maggiori, che sono rarissime evenienze se ad impiantare il
catetere è un medico esperto, come raccomandato dai CDC di Atlanta 2.
Situazione di emergenza comunque sovrapponibile alle altre che se
affrontate in ambiente dedicato, trovano negli operatori e negli strumenti
predisposti le risorse necessarie per essere gestite.
50
Per il posizionamento del CVC non è indispensabile il digiuno, se il paziente
lo desidera può fare una colazione semplice o un pasto molto leggero 2.
La profilassi antimicrobica non trova un razionale per il suo impiego routinario
allo scopo di ridurre le complicanze infettive correlate alla presenza di un
catetere venoso centrale 2.
Possono esserci comunque delle eccezioni valutate dal clinico in caso vi
siano indicazioni specifiche come nel caso di un paziente fortemente
immunocompromesso o in presenza di situazioni cliniche di elevato rischio di
infezioni 2.
Raccomandazione CDC livello IA
Non somministrare di routine farmaci antimicrobici prima dell’inserimento o
durante l’uso di dispositivi intravascolari allo scopo di prevenire la
colonizzazione del catetere
Documentazione clinica
Prima del posizionamento del CVC il paziente sarà visitato dal medico per
escludere:
- presenza di un’anamnesi specifica per patologia polmonare;
- anomalie morfologiche del torace e/o del collo (es. presenza di pacchetti
linfonodali);
- alterazioni emocoagulative e/o piastrinopenia;
- presenza di rischio infettivo.
Tutte condizioni che possono aumentare i rischi precoci da posizionamento
del catetere, in particolare se in una vena del torace 2.
L’infermiere avrà cura di verificare che nella cartella clinica del paziente siano
presenti referti recenti di:
- radiografia del torace;
- ECG refertato;
- esami ematochimici: emocromo, conta piastrine, PT, PTT;
- emogruppo, per l’ipotesi di trasfondere in emergenza;
- altre eventuali indagini preliminari (ecocolordoppler dei vasi) 2.
51
Posizionamento del CVC in sala operatoria
Non esistono in letteratura indicazioni in merito alla scelta dell’ambiente
ideale per il posizionamento dell’accesso venoso. E’ consuetudine utilizzare
la sala operatoria perché ritenuto un ambiente più pulito rispetto ad una
degenza ordinaria.
In realtà va bene anche un altro locale purché dedicato e preparato per
queste procedure e non usato per l’esecuzione di procedure contaminanti
(esempio ambulatorio per medicazioni di ferite chirurgiche “sporche”) 2.
Caratteristiche dell’ambiente
L’ ambiente dedicato all’impianto di un catetere venoso centrale deve
rispondere ai seguenti requisiti:
-
stanza con una buona illuminazione, deve assicurare la privacy del
paziente e l’ingresso deve essere consentito esclusivamente agli operatori
per ridurre il movimento dell’aria e garantire un microclima ideale;
-
possibilità di eseguire la scopia durante le manovre di impianto;
-
possibilità
di
eseguire
un
ecodoppler
del
vaso
da
pungere
(raccomandazioni recenti);
- monitoraggio elettrocardiografico del malato;
-
strumenti necessari per interventi di rianimazione in presenza di
complicanze immediate 2.
Nursing post impianto.
L’osservazione del paziente è un aspetto essenziale dell’assistenza
infermieristica,
solo il professionista esperto e motivato riesce a cogliere quegli elementi
(segni e sintomi) che possono dare informazioni indispensabili per prevenire
e/o per minimizzare le complicanze, conseguenti al posizionamento di un
presidio per accesso venoso centrale 2.
Di norma la possibilità che si manifestino delle complicanze correlabili
52
all’impianto del catetere venoso centrale rientra in un periodo variabile fra 24
– 48 ore successive.
La durata del monitoraggio del paziente dopo l’impianto del catetere venoso
centrale può variare a seconda di:
-
fattori di rischio correlati alla malattia di base;
-
difficoltà incontrate durante l’impianto (puntura di altri vasi, molteplici
tentativi di inserimento correlati al reperimento della vena, ecc.);
-
condizioni cliniche generali del malato 2.
Gli interventi standard sono:
- monitorare segni e sintomi che possono dare una diagnosi precoce di
complicanza quali: ematoma, embolia gassosa, pneumotorace, emotorace;
-
osservare il punto inserzione del catetere venoso centrale per verificare il
grado di sanguinamento e valutare la necessità di precedere a:
1. applicare impacco di garza imbevuta di acido tranexamico;
2. posizionare del ghiaccio;
3. eseguire compressione manuale e/o peso;
4. far assumere al paziente la posizione “seduto sul letto”.
- Se il sistema è ben funzionante e sono state escluse complicanze il sistema
può essere irrigato ed eventualmente eparinato.
- Programmare l’esecuzione di una radiografia del torace entro le 24 ore
successive l’impianto per escludere un eventuale pneumotorace tardivo e per
verificare il corretto posizionamento del catetere nel caso che
sia stato
posizionato in assenza di scopia 2.
L’avvenuto posizionamento deve risultare:
- nella cartella clinica: dove si dovrà applicare il cartellino di identificazione
con il numero di serie del sistema impiantato;
- nella cartella infermieristica per le informazioni riferite ai modi e tempi di
gestione;
- è buona regola, predisporre un cartellino da consegnare al paziente dove
sono riportate tutte le informazioni relative al tipo ed alla gestione del
catetere venoso centrale dopo la dimissione;
53
- è utile consegnare al paziente un libretto informativo con le più elementari
norme
da seguire per un corretto mantenimento del sistema venoso. Il paziente
deve conoscere i numeri telefonici del personale cui rivolgersi per esigenze o
urgenze legate al catetere venoso centrale 2.
Le raccomandazioni dei CDC riferite alla documentazione / registrazione
Livello II :
1. registrare su un modulo standardizzato l’operatore, la data, e il tempo di
inserimento e rimozione del catetere, e i cambiamenti delle medicazioni 2.
Al fine di prevenire le infezioni correlate alla presenza di un catetere venoso
vengono fatte diverse raccomandazioni. I CDC di Atlanta danno un primo
livello di raccomandazione alla ispezione del sito di inserzione del catetere,
suggerendo di eseguirla tutti i giorni 2.
L’ispezione sistematica è importante perché possono essere attuati interventi
immediati quando individuati segni e/o sintomi di sospetta o certa infezione.
In presenza di medicazione in poliuretano trasparente:
- osservare lo stato della medicazione: bagnata, staccata o altro;
- osservare il punto di inserzione: se presente arrossamento, sangue, pus,
edema, fuoriuscita di liquidi.
- procedere alla digitopressione del sito di ingresso del catetere, attraverso la
medicazione integra per evidenziare dolore.
In presenza di medicazione in garza e cerotto:
- osservare lo stato della medicazione: bagnata, staccata o altro;
- procedere alla digitopressione del sito di ingresso del catetere, attraverso la
medicazione integra per evidenziare dolore .
Registrare l’avvenuta ispezione. L’osservazione deve essere riportata in
cartella infermieristica, anche se negativa. Registrare gli interventi effettuati
in caso di positività ed infine riferire al medico l’osservazione effettuata che
risulti positiva per sospetta infezione o per altri segni e sintomi per attuare
interventi specifici 2.
54
In letteratura non sono descritte differenze sostanziali di infezioni del sistema
CVC, legate alla scelta del tipo di medicazione.
Studi controllati di maggiori dimensioni (Maki e al. – JAMA 1987,258:23962403), hanno esaminato la morbosità per infezioni in relazione al tipo di
medicazione usata su più di 2000 cateteri periferici; sono risultati un tasso di
colonizzazione del catetere del 5,7% per quelli medicati con medicazioni
trasparenti, comparabile a quello delle medicazioni in garza che è risultato
del 4,6 %.
Studi minori sono stati effettuati sul tipo di medicazione usata nei cateteri
venosi centrali, con risultati simili, ma ancora non definitivi 2.
Medicazione in poliuretano trasparente
Vantaggi
a. Permette una ispezione immediata e continua del sito di inserzione.
b. Fissano il dispositivo in maniera adeguata consentendo una buona
aderenza alla cute.
c. Permettono ai pazienti di fare il bagno senza che si impregni di acqua.
d. Per le caratteristiche sopra descritte richiedono cambi meno frequenti.
Svantaggi
a. Sono meno tollerate dalle persone allergiche alla colla che consentono
l’aderenza alla cute o in presenza di altre situazioni di eritema cutaneo
primario e secondario a trattamenti chemioterapici.
b. Creano un ambiente pericatetere più umido nei pazienti ipertermici,
in quelli che hanno tendenza a sudare molto oppure in estate quando si
verifica una maggiore traspirazione cutanea.
55
Medicazione con garza e cerotto
Vantaggi
a. Meglio tollerata dai pazienti che presentano allergie alla colla dei cerotti.
b. La proprietà traspirante della garza di cotone favorisce un ambiente più
asciutto del sito di inserzione con una minore possibilità di colonizzazione
microbica.
Svantaggi
a. E’ più soggetta a sporcarsi e bagnarsi
b. Non permette una visione immediata del sito di inserzione, limitando la
sorveglianza dei segni di infezione dal dolore riferito dal paziente o causato
dalla digitopressione della medicazione intatta.
c. Per i motivi descritti richiede una frequenza di sostituzione maggiore 2.
Quale medicazione applicare
Subito dopo il posizionamento del catetere venoso centrale, applicare una
medicazione con garza e cerotto traspirante, perchè il posizionamento di un
catetere venoso centrale causa un lieve trauma che a volte può determinare
un lieve stillicidio ematico o un essudato creando un ambiente più umido.
La medicazione in garza e cerotto favorisce un ambiente più asciutto. La
rimozione a breve distanza favorisce una precoce toeletta dell’emergenza
cutanea 2.
Paziente con tendenza a sudare /ipertermico
In pazienti con queste caratteristiche è preferibile una medicazione con garza
e cerotto traspirante, perchè la sudorazione e/o la traspirazione cutanea
creano un ambiente umido dove è più facile la proliferazione dei
microrganismi presenti a livello cutaneo 2.
56
Stato cutaneo con segni di flogosi, cute sanguinante, tunnel sottocutaneo
tumefatto.
In presenza delle condizioni sopra citate è preferibile applicare una
medicazione in garza e cerotto traspirante. In presenza di questi segni la
medicazione deve essere rimossa precocemente per eseguire con frequenza
maggiore la disinfezione del sito di ingresso del catetere 2.
Quando in catetere venoso centrale non è utilizzato, applicare una
medicazione
in
poliuretano,
perchè
permette
una
ispezione
visiva
dell’emergenza cutanea, presupposto indispensabile per fare diagnosi
precoce di una condizione di flogosi locale 2.
Medicazione del Port
Scegliere la medicazione di poliuretano o quella in garza e cerotto, in base
alle indicazioni generali.
La medicazione viene effettuata solo quando l’ago è inserito.
Alla rimozione dell’ago di Gripper, si lascia una piccola medicazione per un
tempo limitato a poche ore 2.
Frequenza di sostituzione della medicazione applicata al sito di
inserzione del catetere venoso centrale
Quando il catetere venoso centrale è utilizzato e ha una medicazione con
garza e cerotto, la medicazione deve essere rinnovata ogni due giorni;
mentre se il sito è coperto con una medicazione in poliuretano trasparente,
va rinnovata ogni sette giorni. In ogni caso la medicazione va rinnovata
quando si bagna, si stacca o si sporca e più frequentemente nei pazienti che
presentano abbondante sudorazione 2.
Quando il catetere venoso centrale non è utilizzato, sia la medicazione con
garza e cerotto che quella in poliuretano trasparente possono rimanere fino a
ogni sette giorni. In ogni caso la medicazione va rinnovata quando si bagna,
57
si stacca o si sporca e più frequentemente nei pazienti che presentano
abbondante sudorazione 2.
Protocollo
La procedura per il rinnovo delle medicazioni prevede due tecniche, una
sterile e una definita “no-touch”.
La tecnica “no-touch” è una metodica in cui la medicazione viene eseguita
senza toccare direttamente la ferita o ogni altra superficie che può entrare in
contatto con la ferita stessa. La medicazione viene eseguita indossando
guanti monouso non sterili e on l’utilizzo di dispositivi medici sterili (
strumentario chirurgico, garze, etc.) 16.
Gestione del catetere venoso centrale totalmente impiantabile (Port)
Non usare il Port subito dopo l’impianto, in caso di cute gonfia e dolente,
usare dopo aver eseguito Rx-torace di controllo. E’ consigliabile l’utilizzo del
sistema Port a distanza di una settimana dal posizionamento. Se è
necessario l’utilizzo immediato del Port dopo il suo impianto, dare questa
informazione al medico che impianta il Port il quale può decidere di lasciare
inserito nel reservoir, l’ago di Gripper che ha usato per provare il
funzionamento del sistema. Si ricorda che comunque questa manovra è da
attuare con la massima prudenza, in particolare se il
catetere venoso
centrale sarà usato per chemioterapia antiblastica o per infusioni
iperosmolari come la nutrizione parenterale totale 2.
Che cosa deve fare il paziente dopo l’impianto del sistema
1. Il paziente nei primi giorni successivi all’impianto, non deve fare sforzi
eccessivi.
Il dispositivo si potrebbe dislocare e assumere posizioni difficilmente
accessibili.
58
2. Comunicare all’infermiere o al medico di riferimento qualsiasi segno e
sintomo
localizzato alla sede di impianto del sistema, non presente antecedente 2.
Quando devono essere rimossi i punti di sutura
I punti di sutura della tasca del reservoir vanno rimossi dopo 12-14 giorni 2.
Come deve essere medicato il Port
1. Scegliere garze sterili e cerotto nel post intervento, in seguito medicazione
trasparente.
2. Dopo la rimozione dei punti non necessita di medicazione 2
Quando deve essere medicato il Port
1. Medicare ogni tre – sei giorni dall’impianto fino a rimozione dei punti (più
frequente in caso di necessità)
2. Quando è inserito l’ago di Gripper, medicare ogni tre – sei giorni a
seconda del tipo di medicazione scelta.
3. Quando si toglie l’ago di Gripper lasciare una piccola medicazione per
poche ore, poi è possibile lasciare la cute libera 2.
Quanto tempo può rimanere inserito l’ago di Gripper / Huber
1. L’ago può rimanere inserito nel reservoir circa 7 giorni consecutivi
2. Valutare le condizioni del malato:
- aumentato rischio infettivo
- aumentato rischio di sanguinamento
- situazione cutanea
- durata prevista della terapia in corso
- tipologia delle infusioni in corso
- sensibilità al dolore 2.
59
Ogni quanto tempo deve essere irrigato
(lavato) il Port
Lavaggi periodici
- Irrigare ogni 20-30 giorni;
- Posizionare l’ago di Huber/Gripper,
- Lavare con > 10 ml di soluzione fisiologica mediante la tecnica - “manovra
pulsante”
- Eparinare con 5 ml di soluzione (10-100-500 U./ml) mediante la tecnica “manovra a pressione positiva”
- Non è necessario aspirare 2.
Lavaggi occasionali
– in caso di sospetta ostruzione,
– o dopo trasfusione di sangue/emoderivati
– o dopo farmaci a rischio di precipitazione
- Lavare con > 20 ml di soluzione fisiologica
mediante la tecnica - “manovra pulsante”
- Eparinare con 5 ml di soluzione (100 -500 U./ml) mediante la tecnica “manovra a pressione positiva”
- Attenzione a non usare siringhe < 5 ml (esercitano pressioni eccessive) 2
Non è necessario aspirare sangue ogni volta che si accede al Port,
è
preferibile evitare o ridurre il passaggio di sangue nel reservoir del Port
perché ogni minimo residuo di microcoaguli può favorire la formazione di
coaguli più grandi che possono portare alla occlusione del sistema o
costituire una base per la proliferazione di microrganismi 2.
E’
necessario
eseguire
l’aspirazione
di
sangue
per
controllare
il
mantenimento del funzionamento, se fra un uso e l‘altro del Port ci sono
segni evidenti di modificazioni del piano muscolare (grave stato cachettico,
interventi,
traumi,
ecc.)
o
se
il paziente riferisce una particolare
2
sintomatologia .
60
Il funzionamento del Port si può controllare con l’infusione a caduta libera di
soluzione fisiologica prima della somministrazione di terapie irritanti,
vescicanti, iperosmolari. La soluzione fisiologica che “stravasi” dal Port non
reca danni ma è sufficiente per segnalare bruciore e quindi indicazione per il
non utilizzo del sistema e per attivare le indagini previste 2.
Eparinizzazione dei cateteri venosi
Quando un catetere venoso centrale non viene temporaneamente utilizzato
deve essere eparinizzato per prevenire l’occlusione. Per ottenere una
manovra efficace l’eparinizzazione, deve essere sempre preceduta da un
lavaggio con soluzione fisiologica (SF) del catetere venoso centrale 2.
LAVAGGIO
•
Il lavaggio del catetere deve essere eseguito con una manovra
“pulsante” che favorisca la rimozione di ogni residuo di farmaco, lipidi
o sangue dalle pareti del catetere.
• In presenza di un CVC esterno con un diametro medio di 7 fr. la
quantità di SF consigliata per il lavaggio è di 10 ml per ogni lume del
catetere; mentre è preferibile usare una quantità superiore (20 ml) per il Port,
considerando il volume del reservoir.
• I volumi di SF usati in caso di CVC pediatrici sono inferiori a quelli
suggeriti per gli adulti, considerando soprattutto il “piccolo peso” del paziente
pediatrico.
L’eparinizzazione deve essere eseguita con la manovra definita “a pressione
positiva”, cioè, clampare la via contemporaneamente all’infusione della
soluzione, per evitare che durante la deconnessione della siringa dal cono
del catetere si possa verificare un lieve ritorno di sangue dalla vena
all’interno del lume del catetere per effetto della pressione del circolo venoso
(PVC)
• Per ogni tipo di CVC sono previsti tempi e modalità diverse
eparinizzazione 2.
61
Di seguito sono descritte le raccomandazioni del GAVeCeLT riguardanti i tipi
di cateteri che devono essere eparinati.
Tutti i cateteri venosi - o vie venose - utilizzati in modo discontinuo e tenuti
chiusi per periodi > 8 ore (< 8 ore è sufficiente il riempimento con SF).
Esempio:
- cateteri venosi periferici a medio termine (tipo Midline);
- cateteri venosi centrali a breve termine a lume multiplo, in cui sia
necessario chiudere una delle vie;
- cateteri venosi centrali a medio termine, non tunnellizzati, ad inserzione
centrale (tipo Hohn) o ad inserzione periferica (tipo PICC);
- cateteri venosi centrali a lungo termine tunnellizzati esterni (tipo Hickman,
Groshong, Broviac);
- sistemi venosi centrali a lungo termine totalmente impiantabili (Port);
- cateteri venosi centrali a doppio lume, tunnellizzati e non, per dialisi e
aferesi.
Con che volume eparinizzare
Utilizzare un volume pari ad almeno il doppio dello spazio morto del
catetere.
Con quale concentrazione di eparina
La concentrazione di eparina minima efficace per mantenere la pervietà di
una via è 10 unità/ml. Si consigliano normalmente concentrazioni comprese
tra 50 e 500 unità/ml. Utilizzando concentrazioni superiori (tra 500 e 5000
unità/ml), diventa di importanza critica la determinazione precisa del volume
dello spazio morto del catetere.
CON QUALE FREQUENZA?
La frequenza della eparinizzazione dipende dal tipo di presidio (vedere le
indicazioni del produttore). In linea generale, più piccolo il calibro, più
frequente la eparinizzazione. Esempio:
PICC (4 Fr) – ogni settimana
62
Hohn (5 Fr) – ogni settimana
Groshong (7 Fr) opp. port– ogni 3-4 settimane.
In caso particolari, la frequenza di eparinizzazione può essere modificata,
secondo buon senso clinico (es.: episodi di ostruzione del catetere; problemi
logistici; ecc.).COSA FARE NEL CASO DI CATETERI VALVOLATI?
Nel caso di valvolati prossimali (es.: PASV): eparinizzazione regolare.
Nel caso di valvolati distali, ovvero cateteri ‘chiusi’ (es.: Groshong):
- lavaggi con semplice SF
- eparinizzazione in casi speciali :
episodi di ostruzione del lume
evidenza di reflusso del sangue dentro al catetere
evidenza di valvola malfunzionante
3.4
Utilizzo dei dispositivi di protezione individuale da parte
degli operatori
I CVC hanno un maggiore rischio di infezione, perciò deve essere più
accurato il livello di precauzioni di barriera necessario a prevenire l’infezione
durante l’inserimento del CVC. Le massime precauzioni sterili di barriera
(cioè cappellino, maschera, camice sterile, guanti sterili, e un largo telino
sterile) durante l’inserimento del CVC riducono in maniera significativa
l’incidenza di CRBSI rispetto alle precauzioni standard (cioè guanti sterili e
piccoli telini) 7.
L’operatore è tenuto a proteggere se stesso e l’utente da eventuali rischi di
contaminazione ed eventuale infezione, adottando le precauzioni individuate
dalle normative che regolano il trattamento e/o l’eventuale contaminazione
da liquidi organici 15.
63
PARTE II
64
Capitolo 4
Studio clinico osservazionale prospettico
4.1 Ipotesi
Si ipotizza che il personale infermieristico prestante servizio presso le due
Unità Operative prese in esame, Neurologia- Neurochirurgia e Rianimazione,
sia a conoscenza del protocollo aziendale riguardante la procedura di
medicazione del catetere venoso centrale con tecnica “No- Touch”, e quindi
lo applichi correttamente durante l’esercizio della professione.
Si ipotizzi inoltre che vi sia una totale aderenza tra il comportamento pratico
degli infermieri e il razionale conosciuto.
4.2 Obiettivo
L’obiettivo generale del mio studio era valutare la conoscenza del protocollo
aziendale e il grado di aderenza delle procedure utilizzate dagli operatori
sanitari. Inoltre veniva valutata l’aderenza tra il comportamento pratico degli
infermieri e il razionale conosciuto.
Gli obiettivi specifici comprendevano :
a) stimare il grado di aderenza delle procedure di medicazione utilizzate
dagli operatori sanitari alle procedure presenti nel protocollo aziendale;
b) individuare gli elementi critici responsabili dello scostamento tra il risultato
osservato e l’atteso.
65
4.3 Materiali e metodi
Disegno
Il mio studio clinico prospettico osservazionale è stato condotto presso due
unità operative, Neurologia-Neurochirurgia e Rianimazione, site all’interno
dell’ospedale torinese “Giovanni Bosco”, nel periodo compreso tra il 31
maggio e l’ 11 agosto 2006, per un totale di 72 giorni.
Durante il periodo in questione ho personalmente osservato quotidianamente
la gestione dei cateteri venosi centrali da parte degli operatori sanitari, in
particolare infermieri, soprattutto per quanto riguarda la medicazione del sito
di inserzione del catetere, la gestione della linea infusionale connessa con il
dispositivo intravasale e l’esecuzione di emocolture.
Pazienti
Nello studio sono stati inclusi tutti i pazienti, ricoverati nel periodo di
osservazione presso la Neurologia- Neurochirurgia e Rianimazione dell’
ospedale, ai quali fosse stato inserito un catetere venoso centrale.
Durante i 72 giorni del suddetto studio osservazionale ho potuto esaminare
64 cateteri venosi centrali posizionati su
59 pazienti differenti, in quanto
alcuni utenti sono stati sottoposti diverse volte all’impianto e successiva
rimozione del dispositivo intravasale.
Tra i 59 pazienti presi in considerazione, vi erano 25 donne e 34 uomini, con
un’ età media di circa anni.
I giorni catetere in totale sono stati 1044 con una media di 17,7 giorni
catetere per paziente.
I cateteri inseriti sono stati 64, di cui 26 inseriti in giugulare, 10 in femorale e
28 in succlavia. I cateteri monolume inseriti sono stati 7, mentre i plurilume
56.
66
Metodi
Lo studio è stato condotto attraverso la compilazione di tre tipi diversi di
schede di rilevazione sulla gestione dei cateteri venosi centrali.
La prima scheda che veniva compilata quando si iniziava a prendere in
considerazione un paziente era divisa in tre parti: nella prima si registravano i
suoi dati anagrafici, la data di ricovero in ospedale, il reparto in cui avveniva
l’osservazione, gli eventuali reparti in cui avesse stazionato l’utente prima di
essere ricoverato in Rianimazione o in Neurologia- Neurochirurgia e il
periodo dell’osservazione. La seconda parte era relativa al dispositivo
intravasale impiantato su quel paziente con i vari dati sulla sostituzione e/o
rimozione. Infine la terza parte rilevava l’eventuale esecuzione di emocolture.
Questa prima scheda era legata prettamente al catetere venoso centrale e
doveva essere compilata una sola volta se il periodo di inserzione del
catetere era continuativo, mentre se il dispositivo veniva rimosso, esempio
per fine utilizzo, e in seguito vi fosse stata la necessità di inserire
nuovamente un catetere venoso centrale, vi era il bisogno di compilare una
seconda scheda ( vedi Allegato 1).
La seconda scheda era relativa al rinnovo della medicazione del catetere
venoso centrale e comprendeva due parti. Nella prima parte
vi era il
riferimento al paziente e al suo numero cartella, la data in cui avveniva
l’osservazione, la presenza della data e il tipo di medicazione rimossa, se il
periodo di sostituzione era corretto e infine alcuni punti relativi ai dispositivi
aggiunti. La seconda parte comprendeva i vari punti della modalità di
medicazione del sito di inserzione riguardanti la tecnica no- touch ( vedi
Allegato 2) facenti riferimento al protocollo aziendale dell’ ospedale Giovanni
Bosco .
67
Riporterò qui di seguito il protocollo aziendale sopra citato.
Procedura per il rinnovo medicazione con tecnica NO-TOUCH.
Materiale
•
Carrello per le medicazioni
•
Guanti monouso non sterili
•
Garze sterili
•
Arcella
•
Disinfettante iodoforo a base alcolica
•
Medicazione sterile
•
Contenitori per i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, per aghi
taglienti, assimilabili agli urbani
Medicazione
•
Lavaggio antisettico delle mani
•
Preparare il materiale
•
Indossare i guanti non sterili
•
Rimuovere la vecchia medicazione e riporla nei rifiuti sanitari a rischio
infettivo
•
Se occorre procedere all’accorciamento del pelo o, solo se
strettamente necessario, alla tricotomia della zona
•
Rimuovere i guanti sporchi
•
Frizione le mani con una soluzione idroalcolica con principio
antisettico. Categoria IA
•
Indossare un nuovo paio di guanti non sterili
•
Disinfettare la zona con antisettico iodoforo a base alcolica con
movimenti circolari partendo dall’interno verso l’esterno, avendo cura
di toccare la garza imbevuta di disinfettante solo sui lembi esterni
“Tecnica No-Touch”. Categoria IA
•
Lasciare un batuffolo intriso di antisettico almeno un minuto sul punto
di inserzione
•
Rimuovere il batuffolo
•
Applicare la nuova medicazione sterile. Categoria IA
68
•
Fissare con un cerotto eventuali rampe e/o rubinetti
•
Riordinare il materiale
•
Smaltire i rifiuti negli appositi contenitori
Come terza e ultima scheda ho utilizzato un modello cartaceo prestampato al
fine di intervistare tutti i 43 infermieri operanti nei due reparti presi in esame.
In suddetta intervista veniva chiesto all’operatore se conoscesse l’esistenza
del protocollo per la gestione dei dispositivi intravasali nel suo reparto e
quindi il contenuto del documento; la definizione di tecnica NO- TOUCH; la
sequenza di atti svolti dall’operatore per rinnovare la medicazione; infine
quale fosse il periodo corretto di sostituzione della medicazione trasparente
in poliuretano, di quella con garza, dei deflussori e dei dispositivi aggiunti (
rampe, rubinetti, etc) ( vedi Allegato 3).
La rilevazione dei dati avveniva quotidianamente e di mattina quando
venivano effettuate le medicazioni, in quel momento veniva osservata
direttamente la metodologia di rinnovo della medicazione del catetere
venoso centrale e giudicata corretta in base all’osservazione dei punti stilati
nella scheda di valutazione precedentemente preparata (Allegato 2).
Il controllo e l’eventuale rinnovo della medicazione venivano effettuati
dall’infermiere di turno . Inoltre su indicazione medica a seguito dell’aumento
della temperatura corporea veniva effettuata l’emocoltura e/o la rimozione del
catetere effettuando l’esame colturale sulla punta.
L’eventuale esecuzione dell’emocoltura, della sostituzione su filo guida del
catetere e/o la rimozione dello stesso, veniva annotata da me personalmente
sulla scheda Allegato 1.
69
4.4 Risultati
I pazienti inclusi nello studio sono stati 59, di cui
7 ricoverati presso la
Neurologia- Neurochirurgia e i restanti 52 in rianimazione, per un totale di 64
cateteri venosi centrali impiantati.
Su un totale di 64 cateteri venosi centrali impiantati, 7 ( 11%) erano
monolumi e 56 ( 89%) plurilume. Inoltre i cateteri posizionati in giugulare
sono stati 26 ( 41%), quelli in femorale 10 ( 16%) e 28 ( 43%) quelli in
succlavia.
Sede inserzione catetere venoso centrale
giugulare
41%
succlavia
43%
femorale
16%
70
Sul numero totale di cateteri impiantati, 20 dispositivi ( 69%) sono stati
ritenuti sospetti di infezione e quindi sostituiti su filo guida una prima volta.
Dei 20 cateteri sostituiti, 4 sono andati incontro a una seconda sostituzione
per il sospetto di infezione.
Numero cateteri sostituiti per sospetta infezione
sosp inf
31%
non sosp
69%
I 20 dispositivi rimossi erano così distribuiti : 8 ( 40%) cateteri inseriti in
giugulare, 10 ( 50%) in succlavia e 2 ( 10%) in femorale. Mentre dei 4 cateteri
sostituiti per la seconda volta, 3 ( 75%) erano posizionati in giugulare e uno
solo ( 25%) in femorale. I cateteri sostituiti erano tutti plurilumi.
Sedi inserzione cvc sospetti infetti
giugulare
40%
succlavia
50%
femorale
10%
71
I cateteri rimossi sono stati 19 ( 30%) sul totale dei dispositivi impiantati, di
cui: 1 ( 5%) rimosso accidentalmente, 2 ( 11%) per autorimozione, 5 ( 26%)
per fine utilizzo, in 2 ( 11%) casi non era noto il motivo, 1 ( 5%) per
ostruzione e 8 ( 42%) per sospetta infezione.
Cateteri rimossi
rimossi
30%
non rimossi
70%
Cause di rimozione del catetere
accidentale
5%
autorimozione
11%
sosp infezione
42%
fine utilizzo
26%
ostruzione
5%
non noto
11%
72
La locazione dei 19 cateteri rimossi era la seguente: 7 ( 37%) in succlavia, 4
( 21%) in femorale e 8 (42%) in giugulare.
Sede di inserzione cateteri rimossi
succlavia
37%
giugulare
42%
femorale
21%
I 19 cateteri che sono andati incontro a rimozione, avevano le seguenti
caratteristiche: 2 (11%) erano monolumi e 17 (89%) plurilumi.
Numero di lumi dei cateteri rimossi
monolumi
11%
plurilumi
89%
Sono state effettuate 66 emocolture.
73
Medicazioni
Durante il periodo di studio ho potuto osservare 91 esecuzioni di rinnovo
della medicazione del catetere venoso centrale. Di queste 91 osservate,
solamente
una ( 1,1%) risultava eseguita correttamente secondo la
procedura indicata dal protocollo aziendale.
Delle 91 medicazioni rimosse per poter essere rinnovate, 48 ( 53%) erano
costituite da poliuretano trasparente semipermeabile, 42 ( 46%) erano
medicazioni definite pronte, infine una sola medicazione ( 1%) era
confezionata con garza e cerotto.
Analizzeremo ora quante delle medicazioni rimosse rispettavano il tempo
corretto di sostituzione, quante no e per quante il tempo non era calcolabile,
perché non presentavano una data sulla medicazione da rimuovere o in
cartella infermieristica in grado di far comprendere all’operatore se il tempo di
permanenza di quel tipo di copertura del sito di inserzione fosse scaduto o
meno.
Tempo corretto
Non corretto
Non calcolabile
Trasparente
2
26
20
Garza + cerotto
nessuna
nessuna
1
Pronta
3
11
28
Il rispetto del periodo di sostituzione corretto per le medicazioni trasparenti è
stato così osservato: in 2 casi ( 4%) la medicazione è stata sostituita in
termini di tempo corretti; in 26 casi ( 54%) non è stata rispettato il tempo di
sostituzione corretto; in 20 casi ( 42%) il periodo non era calcolabile in
quanto non vi era nessuna data facente riferimento all’ultima medicazione
eseguita su quel catetere venoso centrale.
74
Tempo corretto sostituzione medicazione trasparente
si
4%
non calcolabile
42%
no
54%
Per quanto riguarda il tempo di sostituzione corretto delle medicazioni pronte,
sono stati raccolti i seguenti dati: in 3 casi ( 7%) il periodo era corretto; in 11 (
26%) non è stato rispettato il periodo corretto; in 28 casi ( 67%) il periodo non
era calcolabile perché non vi era nessuna data facente riferimento all’ultima
medicazione eseguita su quel catetere venoso centrale.
Tempo corretto sostituzione med pronta
si
7%
no
26%
non calcolabile
67%
75
Il periodo corretto di sostituzione delle medicazioni confezionate con garza e
cerotto non viene rappresentato con un grafico, in quanto il campione non è
significativo.
Analizzeremo ora le motivazioni per cui il tempo di sostituzione delle diverse
medicazioni
risulta non corretto. Tra le 26 medicazioni in poliuretano
trasparenti vi sono le seguenti motivazioni: nel 4% dei casi vi era presenza di
borotalco sotto la medicazione; nel 12% l’infermiere crede che il tempo
corretto di sostituzione della medicazione trasparente sia 6 giorni; per un 8%
la medicazione si presenta raggrinzita; nell’ 8% dei casi il tipo di medicazione
non piace all’operatore che preferisce quella con garza; un 4% delle
medicazioni risultavano intrise di sangue; nel 4% dei casi la medicazione
veniva rimossa per ispezione; nel 41% dei casi la medicazione si presentava
staccata ; infine nel 15% il presidio si presentava visibilmente contaminato.
Motivazioni tempo scorretto sostituzione med trasparente
altro
borotalco sotto la medicazione
15%
4%
med intrisa di sangue
4% 4%
12%
infermiere crede che il tempo
corretto di sost sia 6 gg
med raggrinzita
8%
41%
4%
8%
tipo di med non piace
all'infermiere
per ispezio ne
staccata
visibilmente contaminata
76
Per quanto riguarda la medicazioni definite pronte, tra le 11 per le quali il
periodo di sostituzione non era corretto, ho individuato le seguenti cause:
nel 18% dei casi, la medicazione è stata bagnata durante l’effettuazione delle
pratiche igieniche del paziente; nel 9% veniva rimossa per ispezionare il sito
di entrata del catetere; nel 9% risultava leggermente sporca; per il 9% il
tempo era oltre il periodo corretto di permanenza; nel 37% si presentava
staccata; infine nel 18% dei casi veniva rimossa perchè visibilmente
contaminata.
Motivazioni tempo scorretto med pronta
bagnata durante
igiene
18%
visibilmente
contaminata
18%
rimozione per
ispezione
9%
leggermente sporca
9%
staccata
37%
oltre tempo corretto
di permanenza
9%
77
Il grafico qui di seguito illustrerà i dati relativi alla gestione dei dispositivi
aggiunti, in particolare il tempo di sostituzione corretto, o meno, delle rampe.
16; 18%
19; 21%
67; 74%
45; 49%
8; 9%
3; 3%
Nella prima torta di sinistra, sono rappresentate le percentuali relative alla
presenza della data scritta sulle rampe: nel 74% dei casi, la rampa era
datata, contro l’8% delle rilevazioni che non risultava aver la data segnata.
Nel restante 18% dei casi, la linea infusiva era sprovvista di rampe.
Spostando ora l’attenzione sulla seconda torta, possiamo ottenere il dato
relativo a quante rampe sono state sostituite nei tempi corretti e quante no.
Solamente nel 3% dei casi il periodo di sostituzione era corretto, contro il
19% delle osservazioni in cui risultava una tempistica sbagliata nella
rimozione e riposizionamento della rampa.
La fetta più corposa è rappresentata dal 49% dei casi in cui il periodo corretto
non era rilevabile, in quanto al momento dell’osservazione e compilazione
della scheda ( vedi allegato 2), il tempo di permanenza della rampa non era
ancora scaduto.
78
Nel mio studio sono stati inoltre osservati:
1) la non applicazione dei solventi organici.
Nel 97,7% dei casi, il personale infermieristico non utilizza solventi
organici (es. acetone, etere) per rimuovere i residui di colla dalla cute
del paziente.
Non applicazione di solventi organici
100
97,7%
80
60
40
20
2,3%
0
2) Tipo di medicazione utilizzata per la copertura del sito di inserzione
del catetere venoso centrale.
Dai dati ottenuti dalle mie osservazioni, emerge che non vi è una
sostanziale differenza nell’utilizzo di una copertura in poliuretano
trasparente rispetto ad una medicazione definita pronta. Il poliuretano
trasparente viene utilizzato per il 55,7% dei casi mentre
medicazioni pronte trovano impiego nel 44,3% delle situazioni.
Medicazioni applicata
100
90
80
70
60
50
trasparente;
55,7%
con garze; 44,3%
40
30
20
10
0
79
le
Come ultima parte del mio studio ho intervistato personalmente tutti gli
infermieri che prestano servizio presso le due Unità Operative prese da me in
esame, per un totale di 43 persone interrogate utilizzando la scheda di
intervista ( Allegato 3).
Gli infermieri sono stati intervistati sulla conoscenza dell’esistenza in reparto
del protocollo e quindi sui contenuti presenti all’interno del documento.
Conoscenza esitenza protocollo in reparto
no
19%
si
81%
E’ risultato che 81% degli infermieri conosceva l’esistenza del protocollo
contro il 19% che ne ignorava la presenza in reparto. Dell’81% che
conosceva l’esistenza del protocollo in reparto, solamente il 62% ne
conosceva anche i contenuti, contro un 38% che confessava di non
conoscere il documento.
Conoscenza contenuto protocollo
no
38%
si
62%
80
Nell’intervista sono stati trattati inoltre altri punti :
1) la tecnica “No- Touch”.
Agli infermieri è stato chiesto se fossero a conoscenza della procedura
per la medicazione del catetere venoso centrale con tecnica “NoTouch” e soprattutto se fossero in grado di darne una definizione.
Solamente il 25% degli intervistati conosceva la tecnica “No- Touch”
riuscendo a dare una definizione corretta , contro il 31,25% che non
era assolutamente al corrente di tale procedura e il 43,75% che è
stato in grado di descrivere solo in parte questo tipo di medicazione.
Definizione corretta di tecnica "no-touch"
100
90
80
70
60
50
40
30
20
10
0
parzialmente
corretta; 43,75
SI; 25
NO; 31,25
81
2) La conoscenza del periodo corretto di sostituzione della medicazione
trasparente.
L’operatore è stato interrogato sulle sue conoscenze riguardanti il
periodo corretto di sostituzione delle medicazioni trasparenti: l’84,25%
degli infermieri riferiva di sostituire la copertura in poliuretano
trasparente ogni 7 giorni, contro il 18,75% che riferiva un tempo non
corretto di sostituzione del dispositivo.
Conoscenza tempo corretto sostituzione med
trasparente
SI; 81,25
100
80
60
NO; 18,75
40
20
0
82
3) La conoscenza del periodo corretto di sostituzione della medicazione
con garze/pronta
Gli operatori sono stati successivamente interrogati sul periodo
corretto di sostituzione della medicazione pronta: il 62,5 % ha risposto
giustamente affermando di cambiar la copertura ogni 48 ore, contro il
37,5% che riferiva un tempo non corretto di sostituzione.
Conoscenza tempo corretto sostituzione med
pronta
100
SI; 62,5
80
NO; 37,5
60
40
20
0
4) La conoscenza del periodo corretto di sostituzione dei deflussori.
Su 43 infermieri intervistati, esattamente il 50% conosceva il tempo
corretto di sostituzione dei deflussori, contro la restante metà che
possedeva una nozione sbagliata.
Conoscenza tempo corretto di sostituzione deflussori
SI; 50
NO; 50
50
40
30
20
10
0
83
5) La conoscenza del periodo corretto di sostituzione dei dispositivi
aggiunti.
Per quanto riguarda il cambio routinario dei dispositivi aggiunti (
rampe, rubinetti,etc), l’87,5% del personale infermieristico è a
conoscenza del periodo corretto di sostituzione, contro il 12,5% che
non lo è.
Conoscenza tempo corretto sostituzione dispositivi
aggiunti
SI; 87,5
100
80
60
NO; 12,5
40
20
0
Gli operatori sono poi stati intervistati sulla procedura eseguita per rinnovare
la medicazione del catetere venoso centrale. I dati raccolti sono stati
comparati con le rilevazioni fatte relative all’esecuzione dei vari punti della
modalità di medicazione del sito di inserzione presenti sulla scheda Allegato
2.
Con l’utilizzo di grafici esporrò i risultati, cioè quello che gli infermieri
affermano di fare durante l’esecuzione della medicazione del catetere
venoso centrale, e quello che effettivamente eseguono.
84
1) Lavaggio delle mani con antisettico prima di indossare i guanti per
rimuovere la medicazione.
Dai dati raccolti nell’intervista, emergeva che il 76,6% degli infermieri
si lavava le mani con antisettico prima di iniziar la procedura di
medicazione del catetere venoso centrale, contro un 23,4% che
confessava di non farlo. Nell’osservato, invece, emerge che solamente
il 28,4% si lava le mani prima di iniziar la procedura contro il 71,6%
che omette tale passaggio.
Lavaggio delle mani con antisettico
100
80
76,6
71,6
60
40
23,4
28,4
20
0
SI intervista
NO intervista
85
SI osservato
NO osservato
2) Indossare i guanti monouso prima di rimuovere la medicazione
Dall’intervista è emerso che tutti gli infermieri indossavano i guanti
prima di rimuovere la medicazione, mentre nell’osservato l’8%
contraddiceva il dato emerso dall’intervista.
Indossare guanti monouso
100
100
92
80
60
40
20
8
0
0
SI intervista
NO intervista
SI osservato
NO osservato
3) Rimozione dei guanti sporchi dopo aver tolto la medicazione.
Nei dati raccolti dall’intervista, il 68,75% degli infermieri sosteneva di
rimuovere i guanti prima di procedere con la disinfezione del sito di
inserzione, mentre, nell’osservato, la percentuale di operatori che
esegue questa manovra scende al 37,5%.
Rimozione guanti sporchi
100
80
68,75
62,5
60
40
31,25
37,5
20
0
SI intervista
NO intervista
86
SI osservato
NO osservato
4) Frizionare le mani con soluzione idroalcoolica con principio antisettico
prima di indossare un nuovo paio di guanti non sterili.
Dopo aver rimosso i guanti sporchi, il 56,25% degli infermieri
intervistati riteneva di frizionare le mani con antisettico, percentuale
destinata a scendere al 11,4% se prendiamo in esame i dati
estrapolati dall’osservazione diretta dell’esecuzione della procedura.
Frizione mani con antisettico dopo rimozione
della medicazione
100
88,6
80
60
56,25
43,75
40
11,4
20
0
SI intervista
NO intervista
87
Si osservazione
NO osservazione
5) Indossare un nuovo paio di guanti non sterili.
Analizzando le risposte date dagli infermieri alla domanda se
rimuovessero i guanti sporchi per indossarne di puliti, emerge un
62,5% degli intervistati che esegue tale procedura contro un 37,5%
che continua a indossare lo stesso paio di guanti sporchi. Osservando
la procedura direttamente in reparto, la percentuale degli infermieri
che indossano un nuovo paio di guanti non sterili equivale al 50%.
Indossa nuovo paio di guanti non sterili
100
80
62,5
60
50
50
37,5
40
20
0
SI intervista
NO intervista
88
SI osservato
NO osservato
6) Permettere all’antisettico di asciugare per almeno un minuto prima di
ricoprire il sito con la nuova medicazione sterile.
Nell’intervista l’81,25% confermava di lasciar asciugare l’antisettico
prima di posizionare la nuova medicazione, mentre nella pratica
osservata, questa percentuale è destinata a salire sino al 96,6%.
Lascia asciugare l'antisettico
96,6
100
81,25
80
60
40
18,75
20
3,4
0
SI intervista
NO intervista
89
SI osservato
NO osservato
7) Segnalare la data sulla medicazione.
Il 93,75% degli infermieri intervistati ha riferito di segnalare la data
sulla medicazione, contro il 6,25% che confessava di non farlo. La
percentuale degli operatori che segnano la data sulla medicazione si
dimezza se prendiamo in esami i risultati ottenuti dall’osservazione
diretta dell’operato degli infermieri.
Data sulla medicazione
100
93,75
80
60
46,15
53,85
40
20
6,25
0
SI intervista
NO intervista
90
SI osservato
NO osservato
4.5 Discussione
I risultati ,ottenuti dall’elaborazione dei dati dello studio, dimostrano che
solamente l’1,1% degli infermieri esegue correttamente le procedure di
medicazione del catetere venoso centrale con tecnica “No- Touch”, indicate
dal protocollo aziendale.
Il restante 98,9% dei casi ha avuto un riscontro negativo relativo all’aderenza
del protocollo aziendale. Diverse motivazioni ci fanno giungere a questa
percentuale : la mancata esecuzione del lavaggio delle mani da parte degli
operatori nel 71,6% dei casi osservati; l’8% non indossa i guanti monouso
non sterili per rimuovere la medicazione; dopo aver rimosso la medicazione,
il 37,5% degli infermieri non cambia i guanti; si osserva che nell’88,6% dei
casi gli operatori non frizionano le loro mani con soluzione idroalcolica con
principio antisettico prima di indossare un nuovo paio di guanti monouso non
sterili; il 3,4% non lascia asciugare l’antisettico prima di coprire il sito con una
nuova medicazione sterile; il 2,3% non applica solventi organici sulla cute del
paziente per rimuovere eventuali residui di colla; il 53,85% degli infermieri
non scrive la data sulla medicazione rendendo quindi difficoltoso per i
colleghi reperire il termine corretto di sostituzione della medicazione
applicata.
Nelle interviste effettuate si possono osservare diverse incongruenze tra il
razionale conosciuto dagli operatori sanitari e il loro operato.
Il 76,6% dichiara di effettuare il lavaggio delle mani con soluzione antisettica
prima di effettuare la medicazione, ma solo il 28,4% lo esegue; rispetto al
100% dichiarato dagli infermieri, solo il 92% indossa i guanti monouso prima
di rimuovere la medicazione; nell’intervista si rileva che il 68,75% degli
operatori sanitari afferma di rimuovere i guanti, contro il 37,5%
che
realmente mette in pratica ciò che ha affermato precedentemente; riguardo
l’esecuzione della frizione delle mani dell’operatore, con soluzione
idroalcolica con principio antisettico prima di indossare un nuovo paio di
guanti, il 56,25% di affermazioni positive è destinato a scendere all’11,4% se
assumiamo i dati dall’osservazione svolta; il 93,75% degli infermieri riferisce
91
di segnalare la data sulla medicazione o in cartella infermieristica, ma la
percentuale viene dimezzata dall’osservazione diretta dell’operato.
Al
contrario di questi ultimi dati osservati, la percentuale degli intervistati, che
dichiara di lasciare asciugare l’antisettico prima di ricoprire il sito con una
medicazione nuova, è dell’81,25, ma nella realtà il dato risulta essere molto
più alto, raggiungendo il 96,6%.
Il personale infermieristico è stato inoltre intervistato sulla conoscenza del
protocollo, sul tempo corretto di sostituzione delle medicazioni, dei deflussori
e dei dispositivi aggiunti, potendo così comparare i dati ricavati dalle
affermazioni degli infermieri con quelli osservati nei reparti presi in esame.
Una delle motivazioni di non totale adesione al protocollo aziendale, la si può
ritrovare nella scarsa conoscenza delle procedure di modalità di rinnovo della
medicazione da parte degli infermieri. Infatti l’81% degli operatori è al
corrente dell’esistenza in reparto del protocollo, ma ,di questa percentuale,
solo il 62% ne conosce effettivamente i contenuti. Dall’osservazione diretta,
emerge che solamente l’1,1% degli infermieri esegue correttamente la
procedura di medicazione. Oltre a ciò, solamente un quarto degli infermieri
conosceva la tecnica “No- Touch” e soprattutto una sua definizione.
Inoltre, l’elaborazione dei dati raccolti attraverso l’intervista ci permette di
visualizzare quanto le nozioni degli infermieri siano esatte. L’81,25% degli
operatori riteneva, giustamente, che il periodo corretto di permanenza della
medicazione trasparente in poliuretano fosse di 7 giorni, contro un 18,75% di
professionisti che riteneva giusta una sostituzione più frequente.
Il 62,5% del personale ritiene corretto sostituire le medicazioni con garza e
cerotto o quelle pronte ogni 48 ore, contro un 37,5% che riteneva giusta una
sostituzione più frequente. Mettendo in relazione i dati riportati in questo
paragrafo con quelli raccolti dall’osservazione in reparto, emerge che:
•
per le medicazioni in poliuretano trasparente, solamente il 4% delle
medicazioni è andato incontro a un periodo di sostituzione esatto,
contro un 54% di cambi non corretti e un 42% non rilevabile a causa
della mancanza della data sulla medicazione o di segnalazione in
cartella infermieristica. Bisogna però tener presente che, del 54% di
92
rimozioni errate, solo una parte è riferibile all’errata conoscenza
dell’operatore ( 12%), mentre la restante porzione deve essere
suddivisa in più motivazioni: nel 47% dei casi la medicazione veniva
sostituita perché totalmente o parzialmente staccata; nel 15% si
presentava visibilmente contaminata; nel 4% veniva rimossa perché
intrisa di sangue; nell’8% dei casi la medicazione veniva rimossa
perché all’operatore non piaceva quel tipo di copertura e veniva
preferita una medicazione pronta o con garza e cerotto;il restante è da
dividersi tra ispezione e presenza di borotalco sotto la medicazione.
•
Per le medicazioni con garza e cerotto , solamente il 7% delle
medicazioni è andato incontro a un periodo di sostituzione esatto,
contro un 26% di cambi non corretti e un 67% non rilevabile a causa
della mancanza della data sulla medicazione o di segnalazione in
cartella infermieristica. Bisogna però tener presente che, del 26% di
rimozioni errate, solo una parte è riferibile al non corretto operato
dell’infermiere ( 9%) che ha lasciato in sito una medicazione per più di
48 ore, mentre nel 9% rimuoveva la medicazione per ispezionare il
sito. La restante porzione deve essere suddivisa in più motivazioni: nel
37% dei casi la copertura si presentava staccata; nel 18% delle
rilevazioni visibilmente contaminata; un 18% veniva sostituita perché
bagnata durante le procedure di igiene del paziente; infine nel 9% dei
casi la medicazione veniva sostituita perché leggermente sporca.
Dall’intervista effettuata, possiamo inoltre estrapolare quali siano le
conoscenze degli infermieri per quanto riguarda il periodo corretto di
sostituzione dei deflussori e dei dispositivi aggiunti (rampe, rubinetti, etc).
Il 50% degli infermieri riconosceva nelle 72 ore il tempo corretto di
permanenza dei deflussori. Discorso diverso per quanto riguarda la
sostituzione dei dispositivi aggiunti, dove l’87,5% rispondeva esattamente sul
periodo corretto di permanenza.
93
Da ciò si può dedurre che per errate conoscenze, vi potrebbe essere
l’usanza da parte degli infermieri di sostituire i deflussori più frequentemente
rispetto alle rampe. Questa manovra esporrebbe il paziente ad un aumentato
rischio di infezione dovuto alla troppo frequente apertura del circuito
connesso al catetere venoso centrale e quindi di accresciuta possibilità da
parte di microrganismi patogeni di colonizzare il catetere.
Infatti dai dati raccolti nel mio studio osservazionale, possiamo notare che
non tutte le rampe portavano la data segnata sopra, ma solamente il 74% ne
era provvista; inoltre solo nel 3% dei casi venivano sostituite in un periodo di
tempo corretto.
Tutti i comportamenti
riguardanti l’operatore, citati precedentemente ,
possono venire incriminati come potenzialmente pericolosi per il rischio di
infezioni cvc-correlate, se non rispettati in maniera adeguata dal personale.
Non essendo stato possibile reperire i dati relativi alla colonizzazione dei
cateteri venosi centrali, in seguito all’invio della punta in laboratorio, e quindi
definire il numero dei dispositivi effettivamente infetti rispetto al gruppo dei
dubitati di esserlo, ci limiteremo ad indicare i cateteri sostituiti o rimossi per
sospetta infezione.
I cateteri sospettati di essere infetti e quindi sostituiti una prima volta
rappresentano il 31% del totale dei dispositivi impiantati, mentre di questa
ultima percentuale il 6,3% è stato riposizionato una seconda volta. Dei
cateteri sospettati di essere infetti, il 50% era posizionato in succlavia, il 40%
in giugulare e il restante 10% in femorale.
I dispositivi intravasali rimossi rappresentano il 30% sul totale degli
impiantati, di cui il 42% è stato dichiarato sospetto di infezione. Inoltre dei
cateteri venosi centrali rimossi, il 62,5% era posizionato in succlavia e il
restante 37,5% in giugulare. Per quanto riguarda il numero di lumi dei
cateteri rimossi, dai dati raccolti risulta che l’11% era costituito da un solo
lume contro l’89% formato da più lumi.
Da questi dati si potrebbe dichiarare che, relativamente allo studio da me
condotto, i cateteri venosi centrali inseriti in succlavia avrebbero una
maggiore tendenza ad infettarsi rispetto a quelli impiantati in giugulare
94
Inoltre potremmo evidenziare come al maggior numero di lumi del catetere
sia correlata la possibilità di aumento del rischio di infezione. Ciò significa
che potrebbe essere consigliato di utilizzare un catetere con il minor numero
di lumi per la gestione del paziente, tenendo presente il tipo e la durata della
terapia endovenosa prevista e le condizioni del paziente. Il mio campione è
però troppo ristretto per poter fare delle affermazioni assolutistiche del
genere.
95
4.6
Conclusioni
Il posizionamento del CVC a breve termine è diventato una manovra attuata
molto frequentemente all’interno dei reparti ospedalieri. I benefici di tale
procedura sono molteplici e sono stati ampliamente illustrati. Un uso corretto
del CVC è fonte di molteplici aspetti positivi che riguardano la gradibilità da
parte dei pazienti che ne usufruiscono, la semplificazione dello svolgimento
della terapia infusionale da parte del personale infermieristico, la possibilità di
infondere terapie specifiche che diversamente non potrebbero essere
somministrate.
Il lavaggio delle mani, con soluzione antisettica prima di iniziare la procedura
di medicazione, poco utilizzato dagli infermieri, ha un peso notevole nel
possibile sviluppo delle infezioni , in quanto le mani degli operatori sono un
importante veicolo di infezione.
La mancata scrittura della data sulla medicazione posizionata, o la non
segnalazione in cartella dell’avvenuto rinnovo, rendono difficoltosa la
sostituzione della copertura stessa in un periodo di tempo corretto.
La coesistenza di scarsa o nulla conoscenza del protocollo e /o la mancata
messa in pratica dello stesso, comporta un aumento del rischio di sospetta
infezione dei cateteri venosi centrali, quindi un crescente dispendio di
energie, per quanto riguarda il personale sanitario, e un aumento dell’uso di
risorse con un conseguente innalzamento dei costi da parte dell’azienda
sanitaria.
Il mio studio ha evidenziato ,inoltre, come non vi sia una totale aderenza tra il
comportamento pratico degli infermieri e il razionale conosciuto. Questa
situazione potrebbe trovare diverse spiegazioni: elevato turn-over del
personale; necessità di dover eseguire le procedure più velocemente per
carenza di tempo; difficoltà a reperire il materiale; presenza all’interno dei
reparti di personale straniero avente una cultura e una formazione diversa
dalla nostra; scarso controllo sulle conoscenze effettive del personale.
Quindi sarebbe opportuno analizzare le possibili cause di tutto ciò per poter
fornire un servizio migliore e ridurne i costi di gestione.
96
In ultima considerazione, i dati raccolti rappresentano solamente una parte
della realtà del Presidio Ospedaliero San Giovanni Bosco (A.S.L. 4) e non
hanno quindi valenza in una prospettiva inferenziale, ma possono essere il
punto di partenza per un ulteriore approfondimento analitico delle
problematiche da me evidenziate da parte del C.I.O. aziendale.
97
BIBLIOGRAFIA
1. Protocollo lavaggio mani; Presidio Ospedaliero San Giovanni Bosco;
Maggio 2005.
2. Mazzufero Fabio; Gli accessi venosi; www.gavecelt.org; ultimo
accesso 13 settembre 2006.
3. Casson, Cavicchioli, Favro, Pomes, Zanella; Elementi di base
dell’assistenza infermieristica; Ambrosiana, 1994; 423.
4. Enciclopedia della medicina; Edizione De Agostini, 1995; 489-490.
5. Procedure di gestione infermieristica del catetere venoso centrale;
Centro di riferimento oncologico, Istituto Nazionale Tumori.
6. Medex Medical; Presidio per la cateterizzazione venosa centrale ad
uno o più lumi; An Employee- Owned Company, 2000; 18- 21.
7. Naomi P. O’ Grady, Mary Alexander, E. Patcher Delling, Julie L.
Gerberding, Stephen O. Heard, Tennis G. Maki, Michele L. Pearson,
Issam I. Road, Adrienne Randolph, Robert A. Weinstein; Linee-guida
per la prevenzione delle infezioni associate a catetere intravascolare;
da Morbidity and Mortality Weekly Report, Agosto 2002; 110-137.
8. R. F. Craven, C. J. Hirnle; Pricipi fondamentali dell’assistenza
infermieristica; Ambrosiana 2004; 560.
9. Nettina; Il manuale dell’infermiere; settima edizione; Ed. Piccin 2003;
volume I, 103.
10. Leonard A. Mermel, Barry M. Farr, Robert J. Sherertz, Issam I. Raad,
Naomi O’ Grandy, JoAnn S. Harris, Donald E. Craven; Guidelines for
the management of intravascular catheter- related infections; Maggio
2001.
11. Guidelines for preventing infections associated with the insertion and
maintenance of central venous catheters; Journal of Hospital Infection;
2001.
12. Cavicchioli, Casson, Favro, Pomes, Zanella; Elementi di base
dell’assistenza infermieristica; Ambrosiana, 1994; 430.
13. Nettina; Il manuale dell’infermiere;Ed. Piccin 2003; volume I, 104.
98
14. Cavicchioli, Casson, Favro, Pomes, Zanella; Elementi di base
dell’assistenza infermieristica; Ambrosiana, 1994; 424- 425.
15. Carpenito; Diagnosi infermieristiche applicazione alla pratica clinica; II
edizione 2001; 468.
16. www.apic.org; Clean vs sterile management of chronic wounds; pag
20; ultimo accesso 13 settembre 2006.
17. F. Bistoni, G. Nicoletti, V. M. Nicolosi; Microbiologia e microbiologia
clinica; Masson, 2001.
18. www.gavecelt.org; ultimo accesso 13 settembre 2006.
19. Protocollo per la gestione delle sospette infezioni correlate a catetere
venoso centrale; Presidio Ospedaliero San Giovanni Bosco; Aprile
2004.
20. Guida operativa per la gestione dei dispositivi intravasali; Presidio
Ospedaliero San Giovanni Bosco; Dicembre 2003.
21. Young E.J., Contreras G., Robert N.E., Vogt N.J., Courtney T.M.;
Incidence and influencing factors associated with exit site infections in
temporary catheters for hemodialysis and apheresis; GennaioFebbraio 2005.
22. Trick W.E., Vernon M.O., Welbel S.F., Wisniewski M.F., Jernigan
J.A., Weinstein R.A..; Unnecessary use of central venous catheters:
the need to look outside the intensive care unit.
23. Deshpande K.S., Hatem C., Ulrich H.L., Currie B.P., Aldrich T.K.,
Bryan-Brown C.W., Kvetan V.; The incidence of infectious
complications of central venous catheters at the subclavian, internal
jugular, and femoral sites in an intensive care unit population.
24. Donaldson I;Intravenous therapy in critically ill adults: developing a
clinically and cost-effective approach.
25. Fukunaga A, Naritaka H, Fukaya R, Tabuse M, Nakamura
T.;Povidone-iodine ointment and gauze dressings associated with
T
reduced catheter-related infection in seriously ill neurosurgical
patients.
99
26. Kennedy A.M., Elward A.M., Fraser V.J.; Survey of knowledge,
beliefs, and practices of neonatal intensive care unit healthcare
workers regarding nosocomial infections, central venous catheter
care, and hand hygiene.
27. Parienti J.J., du Cheyron D., Ramakers M., Malbruny B., Leclercq R.,
Le Coutour X., Charbonneau P.; Members of the NACRE Study
GroupAlcoholic povidone-iodine to prevent central venous catheter
colonization: A randomized unit-crossover study.
28. Berthelot P., Zeni F., Pain P., Berthier S., Aubert G., Venet C., Gery
P., Lucht F., Bertrand J.C..; Catheter infection in intensive care:
influence of systematic replacement of central venous catheters on a
guide wire every 4 days.
29. Alonso-Echanove J., Edwards J.R., Richards M.J., Brennan P.,
Venezia R.A., Keen J., Ashline V., Kirkland K., Chou E., Hupert M.,
Veeder A.V., Speas J., Kaye J., Sharma K., Martin A., Moroz V.D.,
Gaynes R.P.; Effect of nurse staffing and antimicrobial-impregnated
central venous catheters on the risk for bloodstream infections in
intensive care units.
30. Larwood K.A., Anstey C.M., Dunn S.V.;Managing central venous
catheters: a prospective randomised trial of two methods.
31. Gnass S.A., Barboza L., Bilicich D., Angeloro P., Treiyer W.,
Grenovero S., Basualdo J.;Prevention of central venous catheterrelated bloodstream infections using non-technologic strategies.
32. Rickard C.M., Lipman J., Courtney M., Siversen R., Daley P.; Routine
changing of intravenous administration sets does not reduce
colonization or infection in central venous catheters.
33. Gomez Luque A., Huertas Simonet N., Viciana Ramos M.I., Moreno
Palacios M., Hernandez Pardo P.E.; Prophylaxis of infective
complications of central venous catheters.
100
ALLEGATI
.
101
Scarica

Il catetere venoso centrale: aspetti specifici della gestione