Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Facoltà di Agraria
Corso di Laurea Triennale in “Tecnologie Agrarie”
Tesi di Laurea
“I Residui di Agrofarmaci
nei prodotti Ortofrutticoli”
Laureando:
Relatore:
Cristian Tozzi
Prof. Agostino Brunelli
..........................................
…......................................
______________________
Anno Accademico 2010/2011
1
Cristian Tozzi
Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie
“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Indice generale
Introduzione
pag.5
Capitolo 1
Evoluzione dei modelli di difesa fitosanitaria
1.1
1.2
1.3
1.4
Difesa Convenzionale
Difesa Guidata
Difesa Integrata
Difesa Biologica
pag.7
pag.8
pag.9
pag.11
Capitolo 2
Gli Agrofarmaci
2.1
Cos’è un agrofarmaco
pag.13
2.2
Classificazione degli agrofarmaci
2.2.1 Classificazione in base all’organismo bersaglio
2.2.2 Classificazione chimica degli agro farmaci
pag.14
pag.14
pag.15
2.3 Classificazione dei fungicidi
2.3.1 I Composti inorganici
2.3.2 I Composti organici tradizionali
2.3.3 I Composti organici moderni
2.3.3.1
Prodotti ad ampio spettro d’azione
2.3.3.2
Prodotti impiegati contro agenti di marciume
2.3.3.3 Prodotti specifici per gli Oomiceti
2.3.3.4
Prodotti specifici per gli agenti di oidio
pag.16
pag.17
pag.17
pag.19
pag.19
pag.22
pag.23
pag.24
2.4
Classificazione degli Insetticidi
2.4.1
Insetticidi agenti sul sistema nervoso
2.4.1.1
Insetticidi ad azione sull’assone
2.4.1.2
Insetticidi ad azione sulle sinapsi
2.4.2
Insetticidi regolatori della crescita
2.4.2.1
Inibitori della biosintesi di chitina
2.4.3 Insetticidi attivi sulla catena di trasporto degli elettroni
pag.25
pag.25
pag.26
pag.27
pag.29
pag.30
pag.30
2
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
2.5
Insetticidi di origine naturale
2.5.1 Nicotina
2.5.2 Rotenone
2.5.3 Le piretrine
2.5.4 Azadirachtin
2.5.5 Ryanodina
2.5.6 Sabadilla
2.5.7 Osservazioni sugli Insetticidi naturali
pag.31
pag.32
pag.32
pag.33
pag.33
pag.34
pag.35
pag.35
2.6
Resistenza dei parassiti agli agrofarmaci
2.6.1 Strategie antiresistenza per gli Insetticidi
2.6.2 Strategie antiresistenza per i fungicidi
pag.36
pag.37
pag.37
Capitolo 3
Registrazione degli agrofarmaci
3.1
Registrazione degli agro farmaci
3. 2 Procedura Europea di autorizzazione
3.2.1 Criteri di valutazione
pag.39
pag.41
pag.42
3.3
Modalità di valutazione del rischio
3.3.1 Valutazione tossicologica
3.3.2 Rischio da ingestione a carico del consumatore
3.4
Decreto di registrazione ed etichetta
pag.44
pag.44
pag.47
pag.50
Capitolo 4
Residui di Agrofarmaci negli alimenti
4.1
4.2
4.3
Origine e definizione di residuo
Limite massimo di residuo (LMR)
Regolamento CE 396/2005
4.4
Fissazione del Limite Massimo dei Residui (LMR)
4.4.1 Determinazione della Dose Giornaliera Accettabile
e del Limite di assunzione da parte del consumatore
4.4.2 Valutazione dei residui su base agronomica
e fissazione del LMR
pag.51
pag.53
pag.55
pag.57
pag.58
pag.60
3
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
4.5
Monitoraggio dei residui e sicurezza alimentare
4.5.1 Controlli Ufficiali
4.5.1.1 Controlli ufficiali in Italia anno 2009
4.5.1.2 Controlli ufficiali in Italia anno 2010
4.5.2 Controlli non fiscali
4.5.3 Osservatorio Nazionale Residui
4.6 Precisazioni
pag.62
pag.62
pag.66
pag.72
pag.73
pag.75
pag.77
Capitolo 5
Residui di Agrofarmaci e GDO
5.1
5.2
5.3
Multiresiduo
Valutazione del rischio cumulativo
Aspetti scientifici
pag.79
pag.81
pag.82
5.4
I disciplinari di produzione della GDO
5.4.1 Analisi delle richieste della GDO
5.4.2 Vincolo del numero di residui ammessi
pag.84
pag.87
pag.89
Conclusioni
pag.95
Rigraziamenti
pag.99
Bibliografia
pag.100
4
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Introduzione
Quando migliaia di anni fa l’uomo smise di essere solo cacciatore e raccoglitore e
cominciò a coltivare le piante per soddisfare le proprie esigenze nutritive, ecco che
cominciò ad avere a che fare con tutte le problematiche legate alla difesa delle colture
agrarie dalle malattie e nacque così la difesa delle produzioni vegetali.
Nei secoli l’uomo ha rivolto i suoi sforzi nel combattere le avversità che minacciano
le sue fonti di cibo e la sua salute con i soli mezzi agronomici, meccanici, fisici e
biologici. Non avendo i mezzi oggi a disposizione, l’uomo dovette arrendersi di
fronte ad alcune malattie dei vegetali che furono a volte causa di gravi carestie. Ad
esempio tra il 1845 e 1849 fu un attacco della peronospora della patata in Irlanda a
provocare la “Grande carestia” che decimò la popolazione irlandese da 8 milioni ad
un solo 1 milione di persone.
Sebbene la conoscenza e l’impiego di sostanze quali zolfo, rame e arsenico risalga
all’antichità, l’introduzione dei mezzi chimici di sintesi, come mezzi di difesa
sistematica dalle avversità, avvenne solo a metà del secolo scorso, appena terminata
la seconda guerra mondiale.
Da un lato, l’introduzione di queste molecole assieme alla meccanizzazione hanno
permesso l’evoluzione di un’agricoltura e una frutticoltura specializzata ed intensiva
e un incremento, oltre che qualitativo, anche quantitativo delle produzioni agricole
del 20 - 40% (secondo la FAO). L’aumento delle produzioni e il ruolo avuto,
particolarmente in passato, dagli insetticidi nella soluzione a problemi di carattere
sanitario, quali epidemie di tifo e malaria sono aspetti che hanno contribuito anche
alla costante crescita demografica dei giorni nostri.
Dall’altro lato però l’uso degli agrofarmaci espone la popolazione a dosi minime di
fitofarmaci, presenti come residui negli alimenti o come contaminanti nelle acque.
Dosi infinitesimali e irrilevanti in confronto alle esposizioni cui sono sottoposti per
motivi professionali, quel limitato settore della popolazione che si occupa della
produzione, trasporto e applicazione in campo degli agrofarmaci. Ma che tuttavia
sollevano preoccupazioni nei consumatori, ed in particolare di quelli dei paesi
sviluppati.
Sebbene queste preoccupazioni siano assai comprensibili e condivisibili, sono spesso
sovrastimate e strumentalizzate soprattutto da parte di chi informa l’opinione
pubblica. Preoccupazioni che sono fomentate in primo luogo dalla non conoscenza
dei principi e delle procedure che stanno alla base del rilascio della registrazione
degli agrofarmaci e che spiegano il grande divario esistente nella graduatoria tra
rischi reali e rischi percepiti legati agli effetti tossici connessi all’alimentazione ( vedi
Tabella 3.1).
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
In secondo luogo queste preoccupazioni sono amplificate dalla confusione generata
dall’emissione di disciplinari di produzione privati da parte della Grande
distribuzione Organizzata ed in particolare di quella europea.
È per questo motivo che con il presente elaborato, frutto di una profonda ricerca e
un’attenta analisi, si intende informare il lettore a proposito di una tematica di grande
interesse attuale e in costante evoluzione, quale quella dei residui di agrofarmaci nei
prodotti ortofrutticoli.
In questa sede si tenta di mettere a disposizione del lettore tutte quelle informazioni
necessarie a comprendere se l’attuale normativa in materia di agrofarmaci e dei
residui ad essi connessi, tutela a sufficienza la salute del consumatore. Inoltre si
tenterà di analizzare e comprendere se i disciplinari di produzione privati, emessi
dalla Grande Distribuzione Organizzata, contribuiscono ad apportare un contributo
significativo a tutelare il consumatore oppure no.
Nei primi due capitoli da considerarsi introduttivi, si riportano gli attuali modelli di
difesa fitosanitaria in base alla rispettiva evoluzione negli anni e l’ampia gamma dei
mezzi chimici a diposizione per controllare le avversità. Questi ultimi sono stati
classificati in base alle modalità d’azione nei confronti del patogeno e principalmente
per gli insetticidi, si è fatta particolare attenzione, più che ai campi d’impiego nella
difesa, ai possibili meccanismi di tossicità potenzialmente in grado di esplicare.
Al capitolo terzo si spiegherà dettagliatamente il complesso iter procedimentale che a
livello europeo, viene applicato agli agrofarmaci affinché siano autorizzati
all’immissione in commercio e al relativo impiego. Vedremo quali sono i parametri
di riferimento e quali sono gli studi tossicologici eseguiti sui formulati, che devono
essere presentati dall’ azienda richiedente l’autorizzazione. Ci renderemo conto
dell’entità dei fattori di sicurezza applicati alle informazioni ottenute nei test
sperimentali di laboratorio nell’ambito della valutazione del rischio.
Nel capitolo successivo dopo aver precisato l’origine e la definizione di residuo di un
agrofarmaco vedremo quali sono i procedimenti e gli ulteriori fattori di sicurezza
applicati nella fase di determinazione dei Limiti Massimi di residuo (LMR) fissati per
legge.
Vedremo inoltre com’è organizzato il sistema dei monitoraggi e dei controlli che
dovrebbero accertare la sicurezza degli alimenti ortofrutticoli a livello nazionale ed
europeo, e analizzeremo i dati e i grafici inerenti ai controlli ufficiali e non ufficiali,
degli ultimi anni con particolare approfondimento dei dati più recenti a disposizione.
Infine all’ultimo capitolo si affronterà una tematica al centro di tanti attuali dibattiti
che vedono protagonisti tutti gli attori della filiera agrochimica, ovvero il
multiresiduo e la preoccupazione che esista la possibilità di interazione tra i diversi
principi attivi presenti nella dieta del consumatore. Tematica molto a cuore delle
associazioni ambientaliste, le cui pressioni nei confronti della Grande Distribuzione
Organizzata hanno portato alla compilazione di disciplinari di produzione che
prevedono restrizioni, in materia di residui di agrofarmaci, molto più severe
dell’attuale normativa europea che si tenterà di analizzare per verificarne la
compatibilità con le problematiche fitosanitarie e fitopatologiche.
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Capitolo
1
Evoluzione dei modelli
di Difesa Fitosanitaria
1.1 Difesa convenzionale
Detta anche difesa a calendario, fu la prima metodologia di lotta applicata nel primo
dopoguerra con l’avvento dei primi prodotti chimici di sintesi. Coerente con un
agricoltura di tipo convenzionale è basata su interventi cautelativi programmati su
base prevalentemente fenologica, ripetuti a determinati intervalli senza tenere conto
della presenza del parassita, dell’entità della popolazione e del rischio reale di
sviluppo della malattia. Questa difesa è quindi di tipo preventivo - cautelativo e i
trattamenti successivi al primo vengono ripetuti ad intervalli regolari a seconda della
persistenza dei prodotti e spesso indipendentemente dalla sua necessità.
Con questo metodo di lotta la coltura è sempre protetta dai parassiti e dai patogeni. È
di facile acquisizione e realizzazione in quanto non necessita della conoscenza del
ciclo biologico dei patogeni.
La lotta cautelativa però impone spese aziendali non necessarie oltre che una serie di
effetti collaterali negativi come:
 l’insorgere di fenomeni di resistenza da parte degli insetti fitofagi a numerosi
insetticidi. Fenomeno dovuto all’indiscriminato utilizzo di principi attivi con
analogo meccanismo d’azione che permette a gli organismi patogeni la mutazione
e la successiva selezione di ceppi resistenti alla molecola, che anche a seguito di
incrementi dei dosaggi diventano inefficaci.
 La creazione di una forte interferenza con gli equilibri biologici con conseguente
trasformazione di specie fitofaghe di secondaria importanza in specie dannose.
 La scomparsa o la riduzione di specie utili come antagonisti e pronubi.
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 Rischio igienico-sanitario elevato per la salute dell’operatore o degli operatori.
 Infine determina maggior inquinamento ambientale dovuto alle levato numero di
trattamenti chimici.
Sebbene ai giorni nostri questo metodo di lotta sia oramai superato, questa
metodologia di lotta è ancora utilizzata nei confronti di alcuni patogeni policiclici i
quali in determinate fasi fenologiche con condizioni ambientali favorevoli possono
provocare danni qualitativi e quantitativi di irrimediabile entità. Tra gli esempi più
significativi citiamo la bolla del pesco che aggredisce piante in fase di allevamento
compromettendone la crescita. La ticchiolatura del melo, la peronospora della vite in
fase di produzione compromettono l’intero raccolto. Ed inoltre tutte quelle malattie
infettive le quali una volta manifestate è troppo tardi per ridurre l’entità del danno,
ragion per cui vengono giustificati trattamenti di tipo preventivo.
Questo tipo di lotta, non proprio ecosostenibile, potrebbe tornare ad essere impiegata
dagli agricoltori per necessità, a seguito dei disciplinari di produzione privati stilati
dalla Grande Distribuzione Organizzata. Ma di questo argomento parleremo a tempo
debito.
1.2 Difesa Guidata
La difesa guidata viene applicata per la prima volta a partire dagli anni 60-70
quando, dopo decenni di difesa di tipo esclusivamente calendarizzato, si prende
coscienza degli effetti secondari dovuti all’applicazione della lotta convenzionale e
all’uso indiscriminato dei prodotti fitosanitari.
Questa metodologia di difesa rispetto quella convenzionale differisce per la diversa
impostazione concettuale che fonda i suoi presupposti non più nel concepire la difesa
fitosanitaria come “distruzione” degli agenti dannosi ma come “controllo” degli
stessi.
Con l’attuazione della lotta chimica guidata si introducono più razionali criteri
decisionali per l’effettuazione degli interventi. Peculiare è l’introduzione della soglia
di intervento o soglia economica d’intervento; questo concetto prevede di
intervenire con un intervento fitoiatrico solo se il danno economico alla produzione
supera il costo del trattamento. Se invece il costo del trattamento è maggiore del
danno si eviterà l’intervento chimico tollerando la presenza del parassita.
Quindi il trattamento va eseguito solo quando le avversità raggiungono una
pericolosità tale da giustificare il costo dell'intervento, che si dovrà constatare grazie
ad una perfetta conoscenza dei cicli biologici dei parassiti e delle piante coltivate.
Affiìnchè questa metodologia di lotta venga applicata è necessario l’impiego di
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sofisticate tecniche di riconoscimento, monitoraggio della popolazione di fitofagi o
campionamento del danno diretto sulla coltura.
In lotta guidata si interviene quindi chimicamente solo in caso di effettiva necessità e
soprattutto nel momento in cui il parassita è più vulnerabile. Permette quindi di
effettuare un minor numero di interventi con benefici di tipo economico, ambientale e
sanitario.
Nonostante ciò fu solo il primo passo verso un’agricoltura più ecosostenibile.
1.3 Difesa integrata
La naturale evoluzione della lotta guidata evolve, negli anni 70-80, nella difesa
integrata che consiste nel controllo degli organismi dannosi utilizzando tutti i mezzi e
le tecniche di lotta disponibili.
Si tratta quindi di un metodo che prevede l’applicazione razionale di tutte le risorse a
disposizione, siano esse di natura biologica, biotecnologica, legislativa, agronomica,
chimica, fisica o meccanica. L’impiego di prodotti fitosanitari contenenti sostanze
chimiche è limitato al minimo indispensabile in quanto applicazione deve rispondere
ad una reale esigenza e necessità di protezione della coltura.
Questo concetto di difesa si è affermato in seguito alla constatazione che l’impiego
ripetuto e quasi esclusivo del mezzo chimico - ed in particolare degli stessi principi
attivi o col medesimo meccanismo d’azione - non solo poteva portare a una graduale
perdita di efficacia del principio attivo per l’instaurarsi nella popolazione di patogeni
di ceppi resistenti, ma determinava anche gravi problemi di inquinamento ambientale,
di residui negli alimenti e di rischio sanitario per chi eseguiva i trattamenti.
Nel decennio che va dal 80-90 la difesa integrata si evolve nel termine più
appropriato di “Produzione integrata”. In questo decennio vengono perfezionate le
strategie per la razionalizzazione degli interventi e i criteri da seguire nell’
applicazione della difesa.
Ai giorni nostri, con le conoscenze e i mezzi tecnici a disposizione, la difesa
integrata è un ottimo criterio per produrre in quantità e qualità. Inoltre se ben
applicata può permettere di ridurre al minimo il livello di residui di agrofarmaci nei
prodotti ortofrutticoli e nell’ambiente.
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Ciò può avvenire attraverso:
 Priorità ai mezzi di difesa alternativi, in particolare mezzi agronomici, meccanici,
e biotecnologici come ad esempio la confusione sessuale che ha avuto grande
successo con alcuni insetti.
 Riduzione al minimo indispensabile dell’uso di sostanze chimiche, con interventi
solo in caso di estrema necessità e previo constatazione attraverso
campionamento e monitoraggio della popolazione dei parassiti e/o patogeni.
 Un uso razionale dei prodotti chimici. Gli interventi vengono effettuati solo nel
caso di superamento della soglia economica di danno e nelle fasi biologiche della
pianta e del patogeno nelle quali è consentita la maggior efficacia della sostanza
attiva impiegata.
 Scelta di sostanze chimiche dando la priorità per quelle a basso impatto
tossicologico ed eco-tossicologico.
 Scelta di sostanze chimiche caratterizzate da buona selettività nei confronti degli
organismi non bersaglio e che siano facilmente degradabili nell’ambiente.
 Scelta della dose appropriata di un agrofarmaco in funzione della pressione della
malattia, dell’intensità dell’attacco o del grado di infestazione.
 Ottimizzazione del numero di applicazioni.
 Eventuale allungamento dell’intervallo tra ultimo trattamento e raccolta, anche se
il rispetto del periodo di carenza riportato in etichetta sarà sufficiente.
 impiegare in maniera alternata nel corso della stagione, o in miscela tra loro, i
diversi agrofarmaci per evitare il manifestarsi di fenomeni di resistenza che
determinerebbero una perdita d’efficacia del principio attivo.
La riduzione dei residui può essere ottenuta quindi attraverso l’integrazione di tutti i
mezzi e metodi di lotta con la valorizzazione dei mezzi alternativi a quelli chimici.
Con un’assistenza tecnica che metta a disposizione le conoscenze necessarie e i
mezzi biotecnologici e biologici adeguati come ad esempio la confusione sessuale
con l’impiego di feromoni.
Inoltre occorrerà utilizzare attrezzature di moderna concezione ed elevata precisione
al fine di effettuare una distribuzione uniforme degli agrofarmaci.
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Con la disciplina e la professionalità degli operatori che verifichino periodicamente
l’efficienza delle attrezzature per l’irrorazione.
L’agricoltura integrata se praticata con professionalità può permettere di produrre
alimenti sani e sicuri con un residuo minimo negli alimenti, tale da non pregiudicare
la salute del consumatore. Ma affinché questo possa continuare a realizzarsi occorre
che i prodotti chimici utilizzati mantengano appieno la loro efficienza. Fatto tutt’altro
che scontato dato che i moderni agro farmaci sono caratterizzati da principi attivi
dotati di meccanismo d’azione specifico, così che se non utilizzati limitatamente e
con criterio perdono piuttosto velocemente la loro efficacia. Soprattutto se impiegati
in maniera ripetuta senza alternanza tra principi attivi dotati di modalità d’azione
diversa.
1.4 Difesa in Agricoltura Biologica
La difesa in agricoltura biologica è praticata da lungo tempo e ha avuto nei primi anni
90 un forte rilancio in quanto considerata una valida alternativa ai metodi di
coltivazione convenzionali e all’impiego degli agrofarmaci. Essa prevede la difesa
fitosanitaria esclusivamente con mezzi biologici, agronomici, biotecnologici,
meccanici e di mezzi chimici esclusivamente di origine naturale.
Gli obiettivi sono complessivamente analoghi a quelli dell’agricoltura integrata che
prevedono la salvaguardia delle risorse e la tutela dell’ecosistema. Differisce quindi
dalla difesa integrata non tanto per i concetti ma per l’approccio operativo e per
mezzi utilizzati.
La difesa è basata prioritariamente sulle misure di prevenzione come ad esempio la
scelta di portainnesti resistenti o varietà tolleranti.
Prevede interventi diretti contro gli insetti e le malattie come soluzione eccezionale
ed esclusivamente con prodotti di origine naturale prevedendo la totale esclusione
dei prodotti chimici di sintesi e prediligendo, quando è possibile, il controllo
biologico delle specie dannose con l’impiego di specie antagoniste.
Gli interventi contro le piante infestanti sono effettuati solo con lavorazioni
superficiali del terreno e con bruciature.
La lotta biologica tuttavia non è un mezzo tempestivo e in grado di controllare ogni
organismo dannoso pertanto è applicabile solo in determinate aree che non
presentano problematiche fitopatologiche particolari e non su tutte le specie
ortofrutticole.
Inoltre alcuni interventi, come quello di introdurre organismi utili, svolge la sua
azione con successo solo se si opera in coltura protetta, altrimenti in pieno campo ha
successo solo se l’intervento ha dimensioni almeno comprensoriali più che aziendali.
Questa pratica deve sostenere maggiori costi dovuti al fatto che la produzione di
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organismi utili è una produzione limitata e quasi artigianale, oltre al fatto che la
maggior parte dei prodotti utilizzabili in lotta biologica sono poco conservabili nel
tempo e da utilizzare con tempestività.
Il controllo delle popolazioni di fitofagi inoltre non è mai immediato al contrario dei
mezzi chimici, tuttavia se l’intervento è ben strutturato è più duraturo nel tempo.
Nonostante negli ultimi anni l’interesse per l’agricoltura biologica e la richiesta di
prodotti biologici da parte dei consumatori siano enormemente aumentati, essi
rappresentano comunque solo una piccola parte dei prodotti freschi commercializzati
in quanto l’entità dei raccolti è molto minore rispetto l’agricoltura integrata. Basti
pensare che la superficie coltivabile necessaria per nutrire la popolazione europea
tramite l’agricoltura biologica dovrebbe aumentare di 28 milioni di ettari, equivalenti
alla copertura forestale di Francia, Germania, Danimarca e Gran Bretagna. Senza
dimenticare che non tutte le specie ortofrutticole si prestano a questo metodo di
coltivazione.
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Capitolo
2
Gli Agrofarmaci
2.1 Cos’è un agrofarmaco
Gli agrofarmaci, chiamati anche antiparassitari, fitofarmaci o pesticidi, sono una
categoria di sostanze a composizione chimica molto diversa, che hanno la capacità di
combattere prevenire e/o curare le infezioni causate ai vegetali da organismi nocivi
quali funghi, batteri, insetti, acari, nematodi, virus, micoplasmi, ecc.,nonché a
contrastare o eliminare le specie vegetali indesiderate.
Essi possono essere inorganici, oppure organici naturali e di sintesi e possono venir
utilizzati in pieno campo, nella fase di conservazione dei prodotti vegetali e anche
come fisiofarmaci per influire sui processi vitali dei vegetali come fitoregolatori e
biostimolanti.
Ogni agrofarmaco è immesso sul mercato sottoforma di formulato ed è composto da
tre componenti essenziali:
 Il principio attivo, che è la sostanza che esplica l’azione diretta nei confronti del
patogeno, ed è pertanto dotato di tossicità intrinseca.
 i coadiuvanti, che sono sostanze che vengono aggiunte al principio attivo al fine di
migliorare la sua azione e la sua persistenza.
 le sostanze inerti, che sono sostanze prive di azione specifica ma con la funzione
di diluire il principio attivo favorendo la buona riuscita della formulazione.
Sebbene l’impiego di agrofarmaci inorganici quali zolfo, rame e arsenico risalga
all’antichità e che alcuni prodotti chimici di sintesi siano stati introdotti negli anni 30
del secolo scorso, la produzione industriale di agro farmaci è nata dopo la seconda
guerra mondiale.
Negli anni 40 vennero messi in commercio insetticidi clororganici come il DDT
brevettato nel 1944. Lo studio e la sperimentazione degli insetticidi organofosforati
era iniziato durante la seconda guerra mondiale a scopi bellici, così che sempre nel
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1944 si scoprì l’attività insetticida del Parathion. E sempre nei primi anni 40 vennero
scoperti i primi erbicidi ormono - simili come MCPA e 2,4-D.
Dal 1945 l’industria degli agrofarmaci si è costantemente sviluppata a livello
mondiale permettendo l’espansione della moderna agricoltura estensiva.
2.2 Classificazione degli Agrofarmaci
Gli agrofarmaci possono essere classificati seguendo diversi criteri. Una
classificazione può essere formulata in base:
 all’organismo bersaglio cui è rivolta l’azione del principio attivo
 al meccanismo d’azione nei confronti del bersaglio
 alla struttura o al gruppo chimico
 agli effetti sulla salute umana
 al rischio
2.2.1 Classificazione in base all’organismo bersaglio
In funzione dell’organismo bersaglio gli agrofarmaci possono essere divisi in :
1. Acaricidi : il principio attivo è diretto ad eliminare gli acari. Gli acaricidi sono
classificati a sua volta in funzione dello stadio di sviluppo dell’infestante che
colpiscono in : principi attivi
 principi attivi ovicidi
 principi attivi neacidi
 principi attivi adulticidi
Generalmente gli acari sono presenti in diversi stadi di sviluppo, quindi per
effettuare un trattamento acaricida efficace è opportuno miscelare vari principi
attivi.
Questa classe di agrofarmaci è molto grande e comprende carbammati,
organofosfati, formamidine, regolatori di crescita e molti altri.
2. Anticrittogamici o Fungicidi: il principio attivo è diretto alla lotta contro i
funghi. Il fungicida può essere di tipo preventivo, curativo o antisporulante
(impedisce la riproduzione). L’azione del fungicida può essere specifica contro un
solo patogeno, o ad ampio spettro cioè rivolta a più patogeni. I fungicidi, in
funzione della loro capacità di penetrare nella pianta ed essere traslocati, possono
essere classificati in:
 Fungicidi di contatto
 Fungicidi sistemici
 Fungicidi citotropici
 Fungicidi traslaminari
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3. Diserbanti o erbicidi: utilizzati contro le erbe infestanti. In funzione della loro
capacità di colpire tutte o in parte le specie vegetali presenti, sono classificati in:
 Totali
 Selettivi
4. Fitormoni o Fitoregolatori: agiscono sulla fisiologia e morfologia dei vegetali
trattati.
5. Insetticidi: esplicano la loro azione tossica nei confronti degli insetti. Anch’essi
come i fungicidi possono essere classificati in relazione al loro comportamento
nella pianta in:
 Insetticidi di contatto
 Insetticidi sistemici
 Insetticidi citotropici
 Insetticidi translaminari
6. Nematocidi: utilizzati contro i nematodi.
7. Rodenticidi: utilizzati contro i roditori.
8. Molluschicidi o limacidi: utilizzati contro i limacidi.
2.2.2 Classificazione chimica degli agrofarmaci
Dal punto di vista chimico è possibile suddividere gli agrofarmaci in 3 grandi gruppi:
Prodotti inorganici: sono molecole costituite dal elementi inorganici.
Prodotti organometallici: sono prodotti formati da metalli in coordinazione con
composti organici. I composti metallorganici presentano tossicità maggiore rispetto ai
corrispondenti prodotti non organometallici, in quanto negli organometallici sono in
grado di penetrare molto facilmente le pareti cellulari.
Prodotti organici naturali e di sintesi: sono tutti derivati del carbonio. Possono
essere monofunzionali o polifunzionali. I prodotti organici vengono raggruppati
secondo classi omogenee per:
 Struttura chimica e proprietà chimico – fisiche: i composti appartenenti alla stessa
famiglia presentano uno o più gruppi funzionali caratteristici che possono
influenzare una serie di parametri di importanza fondamentale: proprietà chimicofisiche della molecola, stabilità chimica, meccanismo d’azione, metabolismo,
mobilità, tossicità e degradazione.
 Attività Biologica: sono sostanze che hanno meccanismo d’azione uguale. Ad
esempio i composti organofosforati o esteri fosforici sono insetticidi che agiscono
tutti neutralizzando l’acetilcolinaesterasi, un enzima fondamentale per il
trasferimento degli stimoli nervosi da un neurone all’altro. Anche tra i fungicidi vi
sono alcune classi di prodotti che hanno attività biologica simile ma struttura
chimica molto diversa. Ad esempio gli inibitori della biosintesi degli steroli (IBS)
pur appartenendo a famiglie chimiche diverse (triazoli, morfoline, ecc.) hanno lo
stesso meccanismo d’azione inibendo la sintesi degli steroli.
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2.3 Classificazione dei fungicidi
I funghi condividono alcune caratteristiche con piante e animali, ma rispetto a questi
sono filogeneticamente distinti. Sono nucleati e possiedono pareti cellulari ben
definite ma non compiono fotosintesi. La loro riproduzione può essere sessuata o
asessuata.
L'assenza di clorofilla costringe i funghi ad un'esistenza saprofitica o parassitica,
oppure a una combinazione di entrambe, in funzione delle caratteristiche
dell’ambiente che colonizzano e della disponibilità di substrati alimentari.
Come patogeni, i funghi possono infettare animali, incluso l'uomo, insetti, nematodi e
piante.
Nella pianta i fungicidi possono essere mobili o immobili:
Fungicidi sistemici mobili: sono prodotti, capaci di penetrare attraverso lecuticole
fogliari e gli stomi e di raggiungere il simplasto e l'apoplasto. Questi composti
agiscono generalmente su un solo sito d'azione e sono molto efficaci già a bassissime
dosi di applicazione e rimangono attivi nella pianta controllando il patogeno fungino
per lunghi periodi.
Fungicidi di copertura: rimangono aderenti alla superficie della pianta e non sono in
grado di penetrare al suo interno. Una volta raggiunta la superficie della pianta non
possono muoversi se non in seguito ad eventi piovosi che, tuttavia causano una
perdita di prodotto per lisciviazione.
I fungicidi di copertura presentano ampio spettro d'azione e agiscono a livello di più
siti.
I fungicidi Possono essere classificati anche come:
 Fungicidi eradicanti: attivi solo contro le strutture tardive del fungo, ossia le
strutture che caratterizzano gli stadi visibili del ciclo vitale fungino;
 Fungicidi curativi: attivi contro le strutture di penetrazione tipiche delle prime fasi
dell'infezione fungina;
 Fungicidi protettivi: attivi contro le spore di germinazione attraverso l'inibizione
dello sviluppo del tubo germinativo, la formazione e la crescita dell' appressorio.
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2.3.1 I Composti inorganici
Zolfo: L’attività fungicida dello zolfo era già nota ai tempi dei greci, ma la sua
progressiva diffusione per la difesa delle piante risale alla metà del 1800. Questo
fungicida, attivo solo nei confronti dell’oidio, rientra nella categoria dei non
classificati per quanto concerne gli effetti tossici. Ciò vale ovviamente se è stato
eliminato, attraverso opportuni processi di purificazione ogni traccia di selenio.
Prodotto multi sito consentito in agricoltura biologica è molto usato anche in difesa
integrata e convenzionale.
Rame: Il primo dato scientifico sull’efficacia del rame nei confronti di patogeni
fungini risale alla metà del 1700, ma il suo impiego sistematico nella difesa della vite,
sottoforma di poltiglia bordolese, cominciò verso il 1880. Attivo principalmente nei
confronti degli oomiceti e batteri, oggi il rame è utilizzato anche sottoforma di
ossicloruri rameici e idrossidi di rame. Nonostante sia consentito l’impiego anche in
lotta biologica, il rame presenta fenomeni di fitotossicità, ed ha effetti negativi anche
su diverse componenti ambientali: infatti è tossico per i pesci, provoca alterazioni
nella microflora del suolo e nelle popolazioni di lombrichi e carabidi, inoltre essendo
un metallo pesante tende ad accumularsi nelle acque di falda. A seguito di queste
osservazioni l’uso del rame è stato fortemente limitato.
2.3.2 Composti organici tradizionali
Tra i composti organici ad azione inibitoria multisito i gruppi più importanti sono i
ditiocarbammati e i ftalimicidi. Entrambi mostrano ampio spettro d’azione e vengono
utilizzati sia per applicazioni fogliari, sia per trattamenti al suolo e nella concia delle
sementi, in alberi da frutto, vite e colture orticole, specie nelle patate.
Ditiocarbammati: Brevettati come fungicidi nel 1934 sono stati ampliamente
utilizzati in agricoltura dal 1947 con la messa in commercio dello Zineb. È a partire
dalla commercializzazione dei ditiocarbammati che inizia l’era dei fungicidi di sintesi
che ha cambiato profondamente il modo di gestire la difesa fitosanitaria contro le
malattie fungine. Il loro largo impiego è da attribuire all’ampio spettro d’azione (ad
esclusione dell’oidio), alla particolare attività nei confronti degli agenti delle
peronospore, ed alla mancanza di effetti fitotossici sulle piante.
Col tempo, però, sono emersi gli aspetti negativi dell’uso incondizionato dei
ditiocarbammati: l’attività tossica nei confronti degli acari fitoseidi, i rischi
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ambientali e tossicologici hanno comportato una progressiva eliminazione di sostanze
attive appartenenti a questa famiglia chimica.
In Ziram, e Thiram fanno parte di una sottoclasse detta dimetiltiocarbammati nella
quale l'anione è alla base del meccanismo d'azione, mediato attraverso la formazione
di complessi con enzimi contenenti rame o gruppi solfidrici dei quali causano
l'inattivazione. Zineb, Maneb e Mancozeb appartengono ala sottoclasse
etilenbisditiocarbammati (EBDC) i quali esercitano la loro azione convertendosi in
etilene-diisocianato e reagendo in seguito con enzimi contenenti il gruppo
solfidrilico. La tossicità acuta è bassa tuttavia esplicano un effetto tossico per la loro
azione antitiroidea. Gli etilenbisditiocarbammati nei ratti causano tumori tiroidei,
tuttavia sembra che esposizioni basse e di breve durate, come si verificano nell’uomo
a causa dell’attività professionale non determinino questo effetto. I ditiocarbamati
sono in grado di potenziare gli effetti dell’alcool. L’esposizione cronica al Maneb,
che possiede un atomo di manganese nella sua struttura, è stata associata ad una
elevata incidenza di una sindrome parkinsoniana. (Fonte:Galli, 2008)
Ftalimidici o Tioftalimidici: utilizzati per la protezione delle piante a partire dagli
anni 50 sono cronologicamente la seconda famiglia di fungicidi di sintesi.
Appartenenti a questa famiglia, Captan, e Folpet reagiscono di preferenza con il
gruppo solfidrico degli enzimi, ma possono anche attaccare i gruppi amminici
inibendo anche enzimi privi del gruppo solfidrico. Caratterizzati da un ampio spettro
d’azione sono stati penalizzati dalla classificazione tossicologica per la loro
somiglianza al talidomide, un tranquillante noto per il potente effetto teratogeno.
Tuttavia per Captan e Folpet i recenti studi tossicologici escludono qualsiasi effetto
teratogeno e cancerogeno nell’uomo.
Chinoni: Dithianon è un prodotto dotato di una buona persistenza, ad ampio spettro,
oggi molto utilizzato per la ticchiolatura del melo.
Nitrili: Chlorothalonil è un prodotto a spettro molto ampio e dotato di una notevole
persistenza, molto utilizzato a livello mondiale, in Italia penalizzato dalla
classificazione tossicologica.
Dinitrofenoli: Dinocap sospeso in Italia per motivi tossicologici recentemente
sostituito da un suo derivato: Meptyldinocap. Unico prodotto della prima generazione
di fungicidi ad azione specifica contro il solo oidio. Primo concorrente sintetico dello
zolfo, come quest’ultimo oggi sopravanzato da molti recenti, più efficaci antioidici.
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2.3.3 Composti organici moderni
Hanno ormai interessato tutti i settori di difesa, affiancandosi e in parte sostituendo i
prodotti tradizionali per la loro maggiore efficacia complessiva ma sono
costantemente minacciati dal rischio di resistenza da parte dei patogeni a causa del
meccanismo d’azione specifico.
2.3.3.1
Prodotti ad ampio spettro d’azione
Guanidine: tra questi la Dodina. Introdotto all’inizio degli anni ’60 fu il primo
fungicida penetrante. È diventato un prodotto storico nella evoluzione della difesa
antiticchiolatura sul melo, oggi riposizionato principalmente sulla bolla del pesco.
Benzimidazoli: Messi a punto tra il 1964 e 1970 sono i primi fungicidi in grado di
penetrare all’interno della pianta. Ad ampio spettro d’azione ad esclusione degli
oomiceti, ebbero un rapido successo su cereali, vite, fruttiferi, ornamentali, ecc..
Successivamente la selezione di ceppi resistenti che ne ha compromesso l’efficacia e
gli aspetti tossicologici hanno provocato il declino dei benzimidazoli. Tra questi il
Benomyl (BENLATE), Carbendazim (BAVISTIN) oggi revocati, mentre l’unico
prodotto rimasto è Thiabendazole per il post raccolta di agrumi e pomacee.
Tiofanati: assimilabili ai benzimidazoli ma meno coinvolti nelle problematiche
tossicologiche. Unico prodotto di questo tipo disponibile per trattamenti in
vegetazione è il Thiofanate methyl (ENOVIT Metile).
Dicarbossimidici: Famiglia protagonista negli anni ‘80 e ‘90 nel settore della difesa
antibotritica e nel caso del Procymidone nella difesa alla maculatura bruna del pero.
Oggi fortemente ridimensionati dalla revisione europea per motivi tossicologici ne è
rimasto uno solo. È Iprodione utilizzato contro alternariosi.
Anilinopirimidine: Famiglia che ha affiancato a fine anni ‘90 i dicarbossimidici
nella difesa dagli agenti di marciume, sostituendoli progressivamente insieme ad altri
principi attivi.
Fenilamidi: commercializzate circa 20 anni dopo la comparsa dei benzimidazoli,
sono agenti delle peronospore. Attualmente ne sono rimaste 2 in commercio:
Metalaxil-M e benalaxil-M.
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Inibitori della biosintesi degli steroli (IBS):
Gli steroli, derivati dei
terpeni, sono diffusi e molto numerosi nelle membrane cellulari degli Eucarioti, alla
quale conferiscono stabilità e permeabilità.
L'ergosterolo, sintetizzato a partire dall'acetil-CoA, è lo sterolo peculiare dei funghi e
ha un ruolo essenziale nel mantenimento della funzionalità della membrana cellulare
tanto che la riduzione della sua disponibilità porta alla formazione di membrane poco
stabili e facilmente rompibili. L'ergosterolo è sintetizzato da tutti i funghi ad
eccezione degli oomiceti in cui il percorso biosintetico è totalmente assente.
Questa caratteristica spiega il numero limitato di IBS efficaci contro gli oomiceti
quali la Plasmopara viticola e la Phytophtora infestans.
Tuttavia gli IBS - introdotti tra la fine degli anni 70 e l’inizio degli 80 - sono
fungicidi ad ampio spettro d’azione molto efficaci sugli agenti di oidio ed attivi
contro le patologie causate da Ascomiceti e Deuteromiceti.
Sono generalmente mobili all'interno della pianta e, in alcuni casi, sono in grado di
raggiungere qualunque parte della pianta spostandosi in fase di vapore ed esplicando
azione curativa, eradicante e protettiva.
Sono suddivisi in 3 gruppi in funzione degli enzimi coinvolti:
 Gruppo I
Le famiglie chimiche più importanti di questi fungicidi sono:
Pirimidine: Fenarimol
Imidazoli: Imazalil, Prochloraz
Triazoli: principale famiglia chimica degli IBS, oggi in parte ridimensionata dalla
scoperta di altri importanti gruppi di fungicidi, oltre che dallo sviluppo di resistenze.
Ad ampio spettro ma per la maggior parte ad attività antioidica. I principali sono
Ditertanol, Propiconazole , Penconazole (TOPAS), Tebuconazole (FOLICUR),
Fenbuconazole, Triticonazole, Difenoconazole e Tetraconazole.
Tanti altri p. a. sono stati ritirati nell’ambito della revisione europea.
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 Gruppo II
Prima della comparsa di resistenze dei funghi nei confronti dei fungicidi Triazolici, i
fungicidi attivi a livello di inibizione della isomerasi e della reduttasi rivestivano un
ruolo di importanza marginale a causa del loro limitato spettro d'azione.
Sono rappresentati da tre gruppi di composti:
Morfoline: Dodemorph specifico per l’oidio della rosa;
Piperidine: Fenpropidin;
Spiroketalamine: Spiroxamina.
L'inibizione dell'azione degli enzimi isomerasi e reduttasi richiede un'interazione tra
la carica negativa presente sui siti attivi dei due enzimi e la carica positiva dell'atomo
di azoto del ciclo presente nelle morfoline e nelle piperidine.
 Gruppo III
La famiglia più importante è quella degli idrossianilidi:
Idrossianilidi: fenhexamid (TELDOR) specifico per gli agenti di marciumi come
botritys e monilia.
Inibitori dell’ ubiquinolo ( QI )
Recente raggruppamento (di fine anni 90), chimicamente eterogeneo ma accomunato
dal meccanismo d’azione, diretto specificamente sul complesso III della catena
respiratoria (ubiquinolo = Q). Ciò conferisce loro una attività antigerminativa analoga
a quella dei fungicidi tradizionali, ma anche un elevato rischio di resistenza.
Hanno spettro d’azione tendenzialmente ampio e sono dotati generalmente di
capacità penetrante con traslocazione più o meno marcata, ma in grado di permanere
parzialmente in superficie per la loro affinità con le cere epicuticolari.
Sono suddivisi in due sottogruppi, in base al punto di attacco dell’enzima bersaglio:
 parte esterna (outside) = QoI
 parte interna (inside) = QiI
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 QoI
Analoghi delle strobilurine: Comunemente chiamate strobilurine sono introdotte nel
mercato a fine anni 90. Hanno un profilo eco-tossicologico favorevole, in quanto la
tossicità nei confronti delle varie componenti biotiche dell’ambiente è ridotta e molto
rapida è la degradazione dei residui nel suolo e nelle acque. Purtroppo sono soggette
ad un rapido sviluppo di resistenze da parte dei patogeni che costringe ad una
notevole riduzione del numero di trattamenti durante l’anno e da somministrare in
miscela con altri prodotti. Possono essere a spettro d’azione molto ampio compresi
oomiceti: Azoxystrobin, Pyraclostrobin, Fluoxastrobin. Mentre a spettro d’azione
ampio ad esclusione degli oomiceti sono: Kresoxim-methyl, Trifloxystrobin.
Ossazolidinedioni: Famoxadone è un prodotto non penetrante contro peronospore e
alternarie.
Imidazolinoni: Fenamidone attivo nei confronti delle peronospore.
 QiI
Cianoimidazoli: sono fungicidi attivi contro gli oomiceti: Cyazofamid.
Carbossamidi: Famiglia introdotta negli anni 60, con il Carboxin che storicamente
fu il primissimo sistemico. Introdotto invece nei primi anni del 2000 il Boscalid è
molto utilizzato contro gli agenti di marciume come botritys e monilia. Agisce
attraverso il blocco del complesso II della catena respiratoria: succinato. Anch’essi a
rischio di sviluppo di resistenza.
2.3.3.2 Prodotti impiegati contro agenti di marciume
Dicarbossimidici: Famiglia protagonista negli anni 80 e 90 nel settore della difesa
antibotritica e non solo. Molto impiegato era il Procymidone sulla maculatura bruna
del pero. Oggi eliminato il Procymidone è rimasto solo Iprodione.
Anilinopirimidine: Famiglia che ha affiancato a fine anni 90 i dicarbossimidici nella
difesa dagli agenti di marciume, sostituendoli progressivamente insieme ad altri p.a.
come: Pyrimethanil, Mepanipyrim, prevalentemente contro botrite. Cyprodinil anche
contro ticchiolatura del melo.
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Fenilpirroli: molecola di sintesi analoga alla pirrolnitrina che è prodotta da uno
streptomicete. Il Fludioxonil (SCHOLAR) è utilizzato contro marciumi post-raccolta
kiwi e lo SWITCH in miscela con cyprodinil contro botrite su varie colture.
2.3.3.3 Prodotti specifici per gli Oomiceti
Raggruppamento molto importante, costituitosi a partire dai primi anni 80 con le
prime tre famiglie sottoindicate, che ha rivoluzionato la lotta contro le peronospore ed
altre malattie da oomiceti.
Prodotti per la maggior parte in grado di penetrare e traslocare più o meno nei tessuti
e di persistere più a lungo dei tradizionali antiperonosporici di copertura come rame e
ditiocarbammati. A causa del meccanismo d’azione tendenzialmente specifico sono
più o meno coinvolti nel rischio resistenza e richiedono l’impiego secondo idonee
strategie per ridurre il rischio. Nella maggior parte dei casi utilizzati in miscela con
altri prodotti.
Acetammidi: Cymoxanil (CURZATE), unico prodotto a breve persistenza.
Etilfosfiti: Fosetyl-Aluminium o Fosetyl-Al (ALIETTE), unico fungicida sistemico
sia acropeto che basipeto, dotato di un duplice meccanismo d’azione diretto sul
patogeno e indiretto per stimolazione delle reazioni di autodifesa della pianta. Molto
utilizzato in viticoltura.
Fenilamidi: Metalaxyl, Metalaxyl M, Benalaxyl, Benalaxyl M .
Carbammati: Propamocarb molto utilizzato per i patogeni terricoli.
Benzamidi: Zoxamide non penetrante, buona persistenza grazie alla affinità con le
cere.
Acilpicolidi: Fluopicolide formulato in miscela con Fosetyl-al oppure miscela con
Propamocarb.
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 CAA (Amidi dell’acido carbossilico):
Raggruppamento di recente costituzione, comprendente diverse famiglie chimiche
con analoghi spettro di efficacia, meccanismo d’azione e rischio di resistenza. Non
attivi sui patogeni terricoli sono dotati di capacità penetrante, con traslocazione
citotropica e trans laminare ma non sistemica.
Amidi acido cinnamico: Dimethomorph
Valinamide carbammati: Iprovalicarb (MELODY), Benthiavalicarb valifenalate
Mandelamidi: Mandipropamid
2.3.3.4 Prodotti specifici per gli agenti di oidio
Idrossipirimidine: Bupirimate usato su vite, fruttiferi e orticole.
Fenossiquinoline: Quinoxyfen utilizzato su vite, fruttiferi e orticole.
Quinazolinoni: Proquinazid impiegato su vite.
Benzofenoni: Metrafenone anch’esso impiegato su vite
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2.4 Classificazione degli Insetticidi
Gli insetticidi, così come gli altri agrofarmaci, possono seguire diversi schemi di
classificazione.
Dal punto di vista funzionale possiamo distinguere prodotti attivi :
 per contatto;
 per ingestione;
 per inalazione.
Il meccanismo d’azione degli insetticidi può essere descritto dal punto di vista
anatomico, fisiologico e biochimico. Possiamo distinguere:
 prodotti attivi sul sistema nervoso;
 prodotti attivi sulla biosintesi della chitina e che controllano la muta degli insetti;
 mediatori chimici, cioè molecole che mediano la comunicazione tra insetti e tra
piante;
 prodotti agenti sulla catena di trasporto degli elettroni.
2.4.1 Insetticidi agenti sul sistema nervoso
Le unità fondamentali del sistema nervoso animale sono le cellule nervose o neuroni ,
composte da un corpo cellulare fornito di nucleo che presenta fitte e corte
ramificazioni perimetrali riceventi, i dendriti, che si prolungano con un filamento
trasmittente detto assone. L'insieme degli assoni formano i nervi.
Il sistema nervoso è costituito da una successione di neuroni contigui, in rapporto tra
loro mediante delle terminazioni. Il punto di connessione di un assone con il dendrite
o con l'assone del neurone successivo si chiama sinapsi.
La trasmissione dell'impulso nervoso lungo l'assone è elettrica e diviene chimica solo
a livello delle sinapsi. In alcune sinapsi il neurotrasmettitore è costituito
dall'acetilcolina mentre in altre è la noradrenalina.
Molte famiglie di insetticidi agiscono sul sistema nervoso interferendo con la
trasmissione dell'impulso nervoso lungo l'assone o a livello delle sinapsi.
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2.4.1.1 Insetticidi ad azione sull’assone
La trasmissione dell'impulso nervoso lungo l'assone del neurone avviene in seguito
alla variazione di potenziale elettrico. Questo fenomeno elettrochimico è dovuto alla
temporanea depolarizzazione della membrana sotto una soglia critica, la cui
permeabilità consente il trasferimento di ioni Na e K dall'interno verso l'esterno e
viceversa, con conseguente modifica del potenziale di membrana.
Piretroidi: sono una classe di composti di sintesi analoghi alle piretrine, costituenti
naturali dei fiori di Tanacetum cinerariifolium. Come le piretrine naturali, agiscono a
livello della membrana dell'assone determinando l'apertura permanente dei canali del
sodio e la depolarizzazione permanente della membrana, creando scariche successive
su una stessa ipopolarizzazione. La loro caratteristica principale è la ridotta tossicità
nell'uomo e nei mammiferi in genere, contrapposta all'elevata tossicità nei confronti
degli insetti. L'esposizione professionale ai piretroidi causa solitamente una dermatite
da contatto ed una sensazione temporanea di bruciore alla pelle, sintomi che
scompaiono velocemente una volta che il contatto con essi viene interrotto.
Fenvalerate il primo piretroide di sintesi, immesso nel mercato nel 1978, oggi
revocato.
Organoclorurati: Gli organoclorurati si possono dividere in 3 gruppi:



Fenilparaffine
Cicloparaffine
Fenilpentadieni.
I prodotti appartenenti al gruppi delle fenilparaffine (DDT, Metoxychlor, ecc.)
agiscono per contatto attraverso il tegumento, i pulvilli e gli organi sensoriali posti su
tarsi e pretarsi dell’insetto, impedendo la formazione dell'epicuticola.
I prodotti agenti sul sistema nervoso centrale appartenenti ai gruppi delle
cicloparaffine (Endosulphan, BHC, ecc.) e dei fenilpentadieni (Aldrin, Dieldrin,
Endrin, ecc.) agiscono invece sulla trasmissione dell'impulso elettrico: riducono la
velocità di estrusione degli ioni potassio causando un aumento del potenziale di
membrana con una continua trasmissione di impulsi nervosi fasulli lungo l'assone.
L'insetto presenta in un primo momento una fase di eccitazione che si manifesta
dapprima con movimenti coordinati a cui seguono movimenti scoordinati, spesso con
rovesciamento dell'insetto sul dorso e incapacità di riprendere la posizione normale.
Si osservano anche casi di autotomia e, nella fase finale, si sviluppano contrazioni
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tetaniche e spasmi seguiti da paralisi e morte per asfissia. Negli insetti agiscono sia
per ingestione che per contatto, ma sempre a livello delle fibre nervose sensoriali.
Da studi effettuati su roditori si è visto che alcuni insetticidi organo clorurati sono
sospetti cancerogeni, queste evidenze, otre al fatto che sono molto persistenti
nell'ambiente, hanno contribuito a vietarne l'uso di quasi tutti questi composti (ultimo
tra questi l’Endosulfan nel 2011). Il DDT è il primo ad essere stato inventato e il
primo ad essere stato eliminato per l’elevata persistenza nell’ambiente e per gli effetti
mutageni e cancerogeni sui ratti da laboratorio. Tuttavia non è mai stato dimostrato di
essere mutageno e cancerogeno per altre specie animali e comunque vi è mai stata
evidenza di un suo potenziale cancerogeno nell'uomo. Studi più recenti dimostrano
però che questi composti siano dei “distruttori endocrini” e a certe dosi possono
quindi interferire con la fertilità.
2.4.1.2 Insetticidi ad azione sulle sinapsi
La trasmissione dell'impulso nervoso a livello delle sinapsi è legata all'attività di
neurotrasmettitori chimici. Nelle terminazioni pre-sinaptiche esistono delle vescicole
contenenti acetilcolina che, liberata nello spazio intersinaptico, stimola i recettori
proteici collocati nella membrana delle terminazioni post-sinaptiche, permettendo la
trasmissione dell'impulso nervoso.
Le molecole di acetilcolina si fissano in tempi molto rapidi sui recettori stimolando
l'apertura del canale e il passaggio nei due sensi degli ioni Na e K con conseguente
variazione del potenziale della membrana post-sinaptica.
L'eccitazione dell'acetilcolina cessa molto rapidamente per azione dell'enzima
acetilcolinaesterasi che idrolizza le due molecole di acetilcolina fissate su ciascun
recettore, determinando la chiusura del canale ionico.
Insetticidi organofosforati: Derivano dai gas nervini e furono scoperti e sintetizzati
per la prima volta nel 1937 dalla Bayer in Germania nel corso di ricerche volte
all'ottenimento di nuove armi chimiche. La notevole efficacia, l'ampio spettro
d'azione e l'elevata tossicità acuta favorirono la loro rapida diffusione. La
degradazione nell'ambiente è in funzione della temperatura e del pH. Elevate
temperature (che si realizzano in campagna nei mesi estivi) ed elevati pH rendono gli
oganofosforici assai labili, ciò vale specialmente per le molecole relativamente
nuove.
Agiscono a livello sinaptico legandosi con l'enzima acetilcolinaesterasi e svolgono
un'azione inibitoria dell’ acetilcolina impedendo cioè l'idrolisi dell'acetilcolina che,
accumulandosi nello spazio intersinaptico, blocca la trasmissione dell’ impulso
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nervoso e di conseguenza non permette l'interruzione dello stato di eccitazione della
membrana post-sinaptica. Sono insetticidi che agiscono per contatto.
Essendo fortemente lipofili i fosforganici agiscono sia per contatto che per inalazione
che per ingestione. Sono quindi sostanze che facilmente permeano la barriera cutanea
anche nell'uomo quindi il rischio di intossicazioni per esposizioni professionali è
molto elevato. Diversi sistemi enzimatici propriamente epatici, sono implicati nel
metabolismo di detossificazione degli organofosforici. Oltre agli enzimi del
citocromo P-450 esistono altre importanti vie di detossificazione quali quella della
glutatione transferasi, della carbossiesterasi, e della paraoxonasi. Tuttavia sebbene il
fegato eserciti un ruolo primario nel metabolismo degli organofosforici, non si deve
trascurare che l'attivazione metabolica in alcuni organi bersaglio (polmone e cervello)
può contribuire alla tossicità di questi composti. Fortemente ridimensionati dalle
recenti normative, i fosforganici storici come Parathion, Dichlorvos, Mevinphos,
ecc.sono stati revocati. Tra i pochi ancora ammessi ci sono Malathion, Clorpirifos e
Clorpirifos-metil.
Carbammati: La loro azione sulla trasmissione degli implusi nervosi si esplica con
l'inibizione dell'attività dell' acetilconaesterasi con meccanismi diversi da quelli dei
fosforganici. I carbammati infatti non reagiscono chimicamente con l'enzima, ma lo
inibiscono per sostituzione, agendo in competizione con esso a causa di un'analogia
strutturale. I carbammati interagiscono con il sito esterasico dell'acetilcolinaesterasi
in modo simile al substrato naturale: nel sito esterasico l'ossigeno della serina
reagisce con il gruppo carbonilico del principio attivo dando luogo a un intermedio di
reazione carbamilico invece che acetilico, con la formazione di un legame covalente.
L'intermedio enzimatico carbamilato così formato si dissocia molto più lentamente di
quanto accade a quello acetilato, causando un accumulo di acetilcolina nello spazio
intersinaptico.
Gli studi tossicologici confermano che i carbammati non causano neurotossicità
ritardata sull'uomo e non si hanno evidenze definitive di effetti genotossici o
cancerogeni, sebbene il carbaryl in presenza di acido nitroso possa formare
nitrosocarbaryl, che è cancerogeno. (Fonte: chiesara 2008). Tanti altri sono i revocati
oltre Carbaryl . Tra quelli ancora impiegabili il Pirimicarb.
Formammidine: Questi insetticidi come ad esempio il Chlordimeform e Amitraz,
inibiscono la monoammino-ossidasi, l’enzima responsabile della degradazione della
noradrenalina. Entrambi revocati.
Nicotine: Rappresentano un gruppo recente di insetticidi che si è iniziato a studiare
negli anni 80. Pur agendo a livello delle sinapsi, non svolgono un'azione anti28
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acetilcolinesterasica, ma si comportano come mimetici o antagonisti dell'acetilcolina.
Si tratta dei composti neonicotinoidi o cloro nicotinici come ad esempio
l’Imidacloprid e Acetamiprid che sostituendosi all'acetilcolina, si legano in maniera
permanente con i recettori proteici, provocando l'apertura permanente dei canali
ionici e, anche in questo caso, determinando una condizione di eccitazione
permanente della membrana post-sinaptica, bloccando di fatto il passaggio degli
impulsi nervosi. Attualmente sotto osservazione per i probabili effetti negativi nei
confronti delle api bottinatrici
2.4.2 Insetticidi regolatori della crescita
Gli insetti attraversano numerosi stadi di crescita nel passaggio da uova ad adulti,
molto spesso, la lotta alle uova o alle forme larvali risulta favorita rispetto alla lotta
agli adulti.
Gli insetticidi attivi sulla biosintesi di chitina, detti anche regolatori di crescita, sono
attivi verso un ampio numero di insetti e acari tuttavia, le specie più sensibili sono
quelle che crescono molto rapidamente e che sono soggette a frequenti mute come i
lepidotteri.
Dal momento che questi composti presentano scarsa attività per contatto e devono
essere ingeriti per poter esplicare il loro effetto, sono relativamente sicuri per gli
insetti utili e largamente raccomandabili nell'ambito di strategie di lotta integrata.
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
2.4.2.1 Inibitori della biosintesi di chitina
La chitina è un polimero di N-acetilglucosamina. Si conosce ancora molto poco sulla
biosintesi della chitina, sui meccanismi d'azione degli insetticidi che perturbano
questa sintesi e sui meccanismi ormonali che la regolano.
Dal punto di vista chimico, gli ormoni che controllano lo sviluppo degli insetti si
dividono in tre gruppi:
 Peptidi;
 Steroidi;
 Isoprenoidi.
I neurormoni peptidici controllano la produzione di ecdisone mentre gli ormoni
steroidei controllano le ghiandole protoraciche che danno inizio alla muta.
I primi composti conosciuti inibenti la sintesi della chitina sono stati due insetticidi:
la Polyoxina D, un antibiotico che inibisce l'enzima chitinasintetasi e la Chitazina che
modifica la permeabilità delle membrane citoplasmatiche all' UDP-Nacetilglucosammina impedendogli di raggiungere l'enzima intracellulare che controlla
la sua incorporazione nella chitina.
Aciluree: Agiscono per inibizione della sintesi della chitina e manifestano la loro
attività su uova e stadi immaturi degli insetti fitofagi. Il loro meccanismo d'azione
non è ancora del tutto chiaro ma si sa per certo che agiscono a concentrazioni
bassissime. Molto noti il Diflubenzuron e Teflubenzuron.
2.4.3 Insetticidi attivi sulla catena di trasporto degli elettroni
Molti dei primi insetticidi di sintesi scoperti esplicano la loro azione come
disaccoppianti attraverso l'inibizione della fotofosforilazione ossidativa.
Questo significa che agiscono come disaccoppianti della catena di trasporto degli
elettroni per la produzione di ATP. Uno di questi è il Rotenone.
Dinitrofenoli: Sugli insetti esplicano un'azione caustica per contatto a carico dei
tegumenti cuticolari e interferenze nella respirazione.
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2.5 Insetticidi di origine naturale
Come sappiamo bene la scoperta del DDT segnò l'inizio dell'utilizzo dei prodotti di
sintesi nel campo del controllo dei parassiti in agricoltura e in ambito civile. In pochi
anni la facilità d'uso, la persistenza e l'efficacia dei prodotti di sintesi misero
completamente fuori mercato i pesticidi naturali usati fino ad allora.
A partire dagli anni 1980 hanno incominciato a diffondersi le produzioni biologiche
che avevano come obiettivo principale la difesa delle colture con mezzi unicamente
naturali, quindi con l'esclusione di concimi e pesticidi di sintesi. In questo modo
venivano fortemente rivalutati i vecchi pesticidi naturali utilizzati prima dell'avvento
della chimica di sintesi. In pochi anni le produzioni biologiche si sono diffuse
notevolmente in Italia raggiungendo nel 2006 una superficie di quasi un milione e
centomila ettari pari a circa il 7 % della superficie agraria utilizzabile ( SAU ) .
La difesa biologica è considerata da molti l’unica alternativa per una agricoltura più
sostenibile e in grado di ridurre il livello di residui negli alimenti di origine vegetale.
Tuttavia pochi consumatori sono pienamente a conoscenza che il sistema di
produzione biologico prevede comunque il ricorso a trattamenti con alcune sostanze
chimiche di sintesi, con l’unico vincolo che siano di origine naturale. Ad esempio il
rame, che è un metallo pesante ampliamente utilizzato in lotta biologica come
battericida e fungicida, recentemente è stato fortemente limitato per la constatazione
che tende ad accumularsi nell’ambiente. Tra gli insetticidi di origine naturale presenti
nel mercato mondiale si annoverano i prodotti riportati in tabella insieme ai relativi
dati tossicologici (DL 50 orale).
Insetticida
Nicotina
Rotenone
Ryania
Piretro
Linalolo
Sabadilla
Limonene
Azadirachtin
Tossicità
(DL50 orale, mg/kg)
50 – 60
60 – 150
750 – 1200
1200 – 1500
2400 – 3180
4000 – 5000
>5000
>5000
Tabella 2.1: Dati tossicologici di alcuni insetticidi di origine naturale
(Fonte: Trevisan e Gennari 2008)
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2.5.1 Nicotina
La nicotina è un’ alcaloide naturale presente principalmente nella pianta del tabacco.
Presente anche in amarantacee e solanacee come pomodoro, melanzane, peperone e
patata è uno dei più tossici alcaloidi che si conoscano. Oltre ad essere una sostanza
stupefacente, è un potente veleno che ha trovato largo impiego anche in agricoltura
biologica come insetticida. Quando è inalato a piccole dosi attraverso la sigaretta
( tenendo in considerazione che durante la combustione la maggior parte è distrutta
dal calore ) la nicotina può avere un’ effetto stimolante e rilassante sull’organismo.
Ma l’assunzione orale della nicotina può avere effetti sconvolgenti: la DL 50 per il
ratto è 50- 60 mg/kg, questo significa che la dose letale per l’uomo è considerata 0,5
– 0,6 mg/kg. Quindi 10 mg possono provocare la morte in un bambino e 60-65 mg
possono provocare la morte di un soggetto adulto. (Fonte: G. Arnao, La droga
perfetta 1983). Attualmente in Italia e in Europa la nicotina, per uso insetticida, non è
autorizzata.
2.5.2 Rotenone
Il Rotenone è un insetticida non sistemico che viene estratto con i suoi derivati dalle
radici o rizomi delle piante tropicali Derris e Lonchocarpus e dalle foglie e dai semi
della pianta Tephrosia della famiglia delle Fabaceae. La maggior parte del Rotenone
utilizzato in agricoltura viene estratto dalla radice di cubè coltivata in Venezuela e
Perù. Negli estratti sono presenti altri flavanoidi come la Deguelina, la Tefrosina, e il
Rotenolone che mostrano una tossicità inferiore se confrontati con il Rotenone, ma
inducono effetti comportamentali e fisiologici negli insetti paragonabili a quelli del
Rotenone. L'estrazione delle radici avviene con solventi organici, il tricloroetilene.
Sia il Rotenone che la Deguelina sono insetticidi attivi sia per contatto che per
ingestione. Queste sostanze agiscono sugli insetti inibendo il trasporto di elettroni a
livello mitocondriale. Il Rotenone è considerato un insetticida molto tossico nei
confronti dei mammiferi con una dose letale acuta orale nei ratti di 132 mg/kg.
Impiegato in agricoltura biologica per oltre 150 anni per il controllo di afidi, tripidi,
insetti succhiatori e altri insetti sia su colture ortive che frutticole è stato recentemente
revocato (solo alla fine del 2011), in quanto si è osservato che può causare
l’insorgenza nei ratti di una sindrome analoga al morbo di Parkinson. Inoltre è
fortemente tossico per i pesci e in acqua la sua persistenza è di circa 6-8 mesi.
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2.5.3 Le Piretrine
Il Piretro viene estratto dai fiori del Chrysanthemum cinerariaefolium (Asteraceae).
Il crisantemo è una pianta erbacea perenne originaria dell'Iran, successivamente
diffusa in diverse parti del mondo a diverse latitudini. Le piretrine agiscono
attaccando il sistema nervoso degli insetti a livello dei gangli nervosi e delle sinapsi,
bloccando i canali del sodio. L'effetto sugli insetti è: rapida mancanza di
coordinazione dei movimenti, convulsioni e conseguente paralisi. L'azione tossica è
comunque di breve durata e spesso insufficiente a provocare la morte dell'insetto, in
quanto il principio attivo viene rapidamente metabolizzato. Quando le piretrine non
sono presenti ad una concentrazione letale mostrano un effetto repellente. Per
aumentare la stabilità dei formulati, il Piretro viene comunemente miscelato con il
Piperonyl butossido, un estratto dall'olio di sassofrasso. Questo esercita un'azione
sinergizzante bloccando il sistema di detossificazione degli insetti. Lo spettro di
attività del Piretro è molto ampio e risulta effìcace contro un'ampia gamma di insetti.
I settori di impiego di questo insetticida naturale sono molteplici e vanno dalla frutta
ai vegetali, dalle piante ornamentali e forestali, alla disinfestazione delle sementi e
all'impiego domestico.
Le piretrine risultano essere moderatamente tossiche per i mammiferi, la dose letale
acuta orale nei ratti (DL 50) è compresa tra 350 e 500 mg/kg, mentre il prodotto
tecnico è considerevolmente meno tossico (vedi tabella 2.1). Nonostante questo
principio attivo sia estremamente fotodegradabile e quindi poco persistente alla luce
del sole, in alcune colture mostra una certa persistenza probabilmente perché le
piretrine penetrando nelle cere epicuticolari vengono protette dalla fotodegradazione.
Inoltre le piretrine vengono anche utilizzate per proteggere le granaglie durante la
conservazione nei silos. Uno studio condotto su grano duro ha mostrato che nelle
normali condizioni di conservazione questi composti sono molto stabili, infatti i
tempi di semivita delle piretrine erano rispettivamente di 46 e 72 giorni. Questo
dipende probabilmente dal fatto che le piretrine, durante la fase di conservazione, non
subiscono gli effetti degradativi legati alla radiazione solare.
2.5.4 Azadirachtin
Dai semi dell'albero del neem (Azadirachta indica) originario del sud-Est Asiatico, si
ottiene l'olio di neem e un estratto chiamato Azadirachtin A. Per secoli la pianta è
stata coltivata dalle popolazioni dell'Asia per le sue caratteristiche insetticide e
medicinali. L'olio di neem si ottiene dai semi mediante estrazione con esano. Il
residuo viene successivamente utilizzato per ottenere gli estratti. L'India è il
principale produttore mondiale con circa 700.000 tonnellate l'anno di olio di neem.
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A concentrazioni fisiologiche l'Azadirachtin A blocca la sintesi e il rilascio degli
ormoni della muta (ecdisteroidi) dalla ghiandola protoracica, determinando la muta
degli insetti immaturi. Negli insetti femmina un meccanismo simile al primo induce
invece sterilità. Altri composti presenti negli estratti dei semi del neem, come la
Salannina e la Nimbina, possono indurre repellenza all'ovoposizione, sterilità delle
uova, longevità e inibizione della sintesi della chitina. Per queste ragioni è
estremamente improbabile la possibilità che si sviluppino negli insetti fenomeni di
resistenza.
Le formulazioni commerciali degli estratti di neem sono attive contro: afidi, tripidi e
minatrici, agendo sia per contatto che per ingestione. Sembra che l'attività insetticida
dipenda da diversi composti che mostrano effetto sinergico. L'olio di neem e l'estratto
esercitano anche una modesta attività fungicida e nematocida. L'Azadirachtin è
considerato un insetticida non tossico verso i mammiferi. Nei ratti la dose letale acuta
orale (DL50) è maggiore di 5000 mg/kg. Le informazioni sul metabolismo
dell'Azadirachtin sono tuttavia scarse. L’uso in pieno campo dei formulati a base di
estratti di neem non hanno sempre mostrato una buona efficacia contro le specie
bersaglio. La principale causa è da ascrivere alla bassa foto stabilità dei formulati
commerciali disponibili.
2.5.5 Ryanodina
Dalle radici e dalla corteccia della Ryania speciosa, appartenente alla famiglia delle
Flacourtiaceae, originaria dell'America centrale, è stata isolata la Ryanodina, un
alcaloide naturale ad azione insetticida. Le proprietà insetticide della Ryania furono
scoperte a seguito di una ricerca sistematica per l'individuazione di nuovi insetticidi
naturali. In particolare, la scoperta dell'attività insetticida di questa pianta fu suggerita
dall'osservazione di popolazioni dell'America centrale che la utilizzano per praticare
l'eutanasia o come veleno per topi.
I formulati di Ryania rientrano nella classe di tossicità III dell'EPA e la dose orale
acuta nei ratti è di 1.200 mg,/kg. La Ryanodina e la Diidroryanodina (altro alcaloide
presente nella medesima pianta), assieme ad altri alcaloidi presenti nella polvere della
Ryania, agiscono direttamente sui tessuti muscolari degli insetti legandosi ai canali
del calcio nel reticolo sarcoplasmatico. Questo determina un flusso di ioni calcio
nelle cellule e la conseguente morte dell'insetto. L'azione della Ryanodina è
sinergizzata dal Piperonil butossido. La Ryanodina agisce efficacemente contro le
specie bersaglio ma nonostante ciò ha un utilizzo limitato come insetticida. Ulteriori
fattori che ne limitano l'uso in agricoltura sono legati al suo modo d'azione e i suoi
alti costi di applicazione. Registrata negli Stati uniti d'America già dal 1997,
attualmente non è registrata in Italia. I formulati di Ryania vengono impiegati sulle
colture di mais, mele, pere e limoni per controllare specie di insetti come la
carpocapsa, la piralide del mais e i tripidi del limone.
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2.5.6 Sabadilla
I semi macinati di Veratrum sabadilla, che cresce principalmente in America
centrale, sono conosciuti come polvere di Sabadilla e utilizzati sino dal periodo precolombiano dalle popolazioni degli Indiani d'America come sostanze ad azione
insetticida. I semi contengono una miscela di alcaloidi attivi appartenenti alla
famiglia Ceveratrum attivano i canali sodio dipendenti delle cellule nervose, delle
membrane cellulari del muscolo scheletrico con lo stesso meccanismo delle piretrine,
ma su un sito d'azione diverso da quello del piretro.
Nel 1940 venivano commercializzati formulati a base di radici di Elleboro bianco
(Veratrum album) per il controllo degli insetti della frutta e dei vegetati. I formulati di
Sabadilla , grazie alla loro scarsa persistenza ed elevata compatibilità con le specie di
insetti utili, riappaiono sul mercato mondiale alla fine degli anni 1970 e vengono
tuttora utilizzati contro tripidi su colture frutticole.
Dalle prove di campo su limone risulta che i formulati di Sabadilla perdono
facilmente efficacia. Il 60% dei principi attivi scompaiono dopo 20 ore
dall'applicazione del formulato.
2.5.7 Osservazioni sugli Insetticidi naturali
Le conoscenze scientifiche acquisite sugli insetticidi naturali ottenuti da piante sono
insufficienti sia sotto l'aspetto tossicologico che da quello ambientale. Non sono stati
completamente individuati, infatti, tutti i principi attivi presenti, la relativa efficacia e
i singoli livelli tossicologici. A livello di formulazioni, il titolo viene definito solo su
un principio attivo senza tener conto degli altri componenti ad attività insetticida.
Poiché la loro composizione varia in funzione dell'origine dell'estratto si possono
ottenere formulati ad uguale titolo legale ma con differente attività insetticida.
Nonostante questi insetticidi siano propagandati come composti poco tossici e
facilmente degradabili, valutando i valori di tossicità riportati si evince che non si
differenziano molto dai pesticidi di sintesi.
Molti valori riguardanti la loro degradabilità ambientale non sono documentati così
come quelli riguardanti i residui negli alimenti. Carenti sono anche gli studi sui
rapporti dose/efficacia per cui non si è in grado di documentarne la reale efficacia sui
diversi insetti; questo è riconducibile al fatto che le formulazioni non sono
adeguatamente studiate.
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2.6 Resistenza dei parassiti agli agrofarmaci
In fitoiatria il termine resistenza viene usato quando nella popolazione di un parassita
(funghi, insetti, malerbe, ecc.) compaiono e si diffondono individui che risultano
essere poco sensibili o insensibili ad un principio attivo, che di norma è efficace
contro quel parassita. Questo fenomeno è frutto della selezione naturale che avviene a
seguito dell’uso ripetuto dello stesso principio attivo, deriva da una mutazione
genetica ed è quindi ereditabile. La conseguenza è la perdita di efficacia del principio
attivo.
Il primo fenomeno di resistenza si verificò all’inizio del secolo scorso quando, negli
USA, i Polisolfuri di calcio non avevano più effetti sulla cocciniglia di S.Josè. Più
tardi fenomeni di resistenza si ebbero anche per il DDT e fosforganici . Oggi si pensa
che tra gli artropodi siano più di 500 le specie che manifestano resistenza. Per quanto
riguarda i fungicidi, i casi più significativi sono stati segnalati negli anni 60-70 dopo
l’introduzione dei moderni principi attivi a meccanismo d’azione specifico ( i prodotti
multisito delle prime generazioni ne sono esenti). Negli erbicidi il fenomeno di
resistenza ha livelli di intensità minori avendo, rispetto insetti e funghi , ritmi di
riproduzione e quindi probabilità di mutazione inferiori.
In termini generali i meccanismi di formazione della resistenza sono molteplici, ma
possono essere raggruppate in 3 categorie:
 Riduzione dell’assorbimento del principio attivo.
 Detossificazione del principio attivo.
 Modificazione del sito d’azione del principio attivo.
La resistenza può essere di diversi tipi: può essere di tipo qualitativa ed essere legata
ad un singolo gene che determina una resistenza che si sviluppa in tempi brevi e che
determina una discontinuità nei livelli di resistenza nella popolazione (individui
sensibili o resistenti).
Oppure una resistenza di tipo quantitativo ed essere collegata a tanti geni che
agiscono in maniera additiva determinando una continuità nella distribuzione dei
livelli di sensibilità delle popolazioni, cioè dalle completamente sensibili a quelle
insensibili con una serie di passaggi graduali. Quest’ultima si sviluppa in tempi
lunghi e in maniera progressiva.
La resistenza può definirsi incrociata, se coinvolge 2 o più fungicidi appartenenti a
una stessa famiglia chimica oppure aventi analogo meccanismo d’azione ( esempio i
Carbossimidici, Fenilammidi e le Strobilurine). Oppure può definirsi multipla se
interessa 2 o più p.a. appartenenti a famiglie chimiche diverse e con meccanismi
d’azione diverso( esempio Botrytis cinerea resistente ai Benzimidazolici può essere
resistente anche ai Dicarbossimidici).
Qualunque sia l’origine della resistenza ad un principio attivo, il continuo uso dello
stesso nell’ambiente, determina una selezione di individui resistenti che
colonizzeranno l’ecosistema sostituendosi a quelli non resistenti. Ecco perché si sono
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affermate, dopo anni di esperienza, strategie antiresistenza nelle linee di difesa
fitosanitaria. Queste linee di difesa fanno riferimento ad alcuni principi basilari della
difesa integrata le quali, permettendo un elevata efficienza dei p.a utilizzati, fanno si
che l’impatto tossicologico ed eco-tossicologico relativo all’impiego di agrofarmaci
sia il più basso possibile.
2.6.1 Strategie antiresistenza per gli Insetticidi
Tra le cause che determinano l’insorgere della resistenza, nelle popolazioni di insetti,
si riducono alle modalità della difesa, in particolare quella con mezzi chimici. Infatti
la lotta chimica praticata da decenni nell’agroecosistema è la causa principale della
pressione selettiva chimica che ha modificato il genoma delle popolazioni,
accelerando la selezione di individui resistenti. Per quanto riguarda il principio attivo
si ritiene di particolare importanza la persistenza: più il prodotto è persistente
nell’ambiente, più a lungo esercita la pressione selettiva sulle popolazioni e maggiore
è la possibilità di insorgenza di resistenze. Inoltre l’effetto knock-down ( effetto
rapido ed abbattente del fitofarmaco) maggiore è questo effetto minore sembra essere
il rischio di insorgenza di resistenza.
Le strategie previste per ridurre la comparsa di resistenze sono:
 Moderazioni dei trattamenti evitando trattamenti a tappeto e introducendo “soglie
economiche di danno” più alte possibili.
 Saturazione dei meccanismi di resistenza dell’insetto impiegando prodotti
sinergizzanti l’effetto del principio attivo.
 Rispettare sempre le dosi consigliate in etichetta, mai ridurle a proprio piacimento
per non rischiare di somministrare alla popolazione di patogeni dosi sub-letali che
sottoporrebbero gli individui a sviluppare resistenze.
 Utilizzo di più principi attivi distribuiti con metodologie e momenti diversi, con
l’uso di miscele di p.a. o rotazione degli stessi, in modo evitare che si formi
pressione selettiva.
2.6.2 Strategie antiresistenza per i fungicidi
La resistenza dei patogeni fungini, pur rientrando nelle modalità di resistenza
generali di cui si è già detto, si manifesta con diverse modalità:
 Modificazioni a livello del sito d’azione bersaglio del patogeno (resistenza di tipo
qualitativo).
 Mancato raggiungimento del sito d’azione dovuto alla riduzione del grado di
assorbimento del p.a. e per detossificazione metabolica (resistenza di tipo
quantitativo).
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 Modificazioni nel metabolismo del patogeno che aumenta la produzione
dell’enzima bersaglio o attiva processi alternativi a quelli bersaglio (resistenza di
tipo quantitativo).
Tra i fattori alla base del fenomeno della resistenza sono:
 Il p.a presenta un meccanismo d’azione unisito;
 Il principio attivo presenta la predisposizione all’attacco da parte di processi
metabolici del patogeno.
 Modalità d’impiego del principio attivo : l’uso ripetuto, utilizzo da solo, impiego
curativo ed eradicante, impiego a dosi ridotte.
 Elevato numero di generazioni l’anno del patogeno e l’elevata capacità di
sporulazione.
Le strategie previste per ridurre il rischio di resistenza nei fungicidi sono:
 Limitare l’uso dei fungicidi ad alto rischio di resistenze (tutti o quasi i fungicidi
moderni);
 Impiegare i fungicidi in miscela con prodotti a diverso meccanismo d’azione
(possibilmente con persistenza analoga) oppure in alternanza tra loro;
 Non utilizzare per molto tempo lo stesso prodotto o la stessa miscela;
 Non utilizzare i prodotti ad alto o medio rischio in modo curativo o eradicante;
 Utilizzare i prodotti a rischio sempre a dose piena per evitare concentrazioni subletali che permetterebbero lo sviluppo di resistenze.
La resistenza degli agenti di malattie e dei fitofagi ai p.a. impiegati per il loro
controllo è sicuramente uno dei problemi principali della difesa fitosanitaria.
L’aumento di questo fenomeno che ha caratterizzato soprattutto la fitoiatria degli anni
60-70 è stato il frutto dell’uso euforico e poco controllato dei prodotti di sintesi in
agricoltura di quegli anni. Solo recentemente il diffondersi delle tecniche di difesa
integrata, affiancata alla conoscenza dei meccanismi d’azione dei p.a. ha fatto si che
lo sviluppo esponenziale di questi fenomeni rallentasse.
L’obiettivo di scongiurare il manifestarsi di fenomeni di resistenza dei patogeni deve
ritenersi una priorità della difesa fitosanitaria del 21esimo secolo. In quanto
l’instaurarsi di fenomeni di resistenza si tradurrebbe inevitabilmente non solo in una
indesiderata lievitazione dei costi economici e sociali ma anche nell’aumento dei
rischi tossicologici ed ecologici della difesa fitosanitaria stessa.
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Capitolo
3
Registrazione
degli Agrofarmaci
3.1 Registrazione degli Agrofarmaci
Gli agrofarmaci non sono di libera commercializzazione, per essere immessi sul
mercato deve essere richiesta la registrazione del formulato previo autorizzazione
della sostanza attiva.
L 'autorizzazione è rilasciata dal Ministero della Salute. Procedure e criteri di
autorizzazione sono stabiliti da norme emanate dall’Unione Europea secondo
procedure basate su criteri comuni di valutazione.
Un agrofarmaco per poter essere autorizzato deve possedere le seguenti
caratteristiche:
 deve essere efficace contro gli organismi bersaglio;
 deve essere selettivo, cioè non deve provocare danni alle colture da proteggere;
 non deve provocare effetti dannosi alla salute dell'uomo e agli animali
direttamente o indirettamente;
 non deve provocare effetti inaccettabili all'ambiente.
Solamente se le condizioni d'uso soddisfano questi requisiti viene rilasciata la
registrazione. Per far questo però è necessaria un'attenta valutazione, basata su
un'enorme serie di studi previsti dalle normative per indagare tutti i potenziali rischi
per la salute dell'uomo e dell'ambiente.
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Cristian Tozzi
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Il processo di valutazione del rischio seguito dalle autorità regolatorie per
determinare se l'impiego di un agrofarmaco è sicuro, consiste di varie fasi:
1. Identificazione del pericolo: individuazione della pericolosità intrinseca della
sostanza.
2. Caratterizzazione del pericolo: valutazione della rilevanza degli effetti tossici
(relazione effetto-dose) e identificazione della dose senza effetto (NOAEL)
cioè il livello di sicurezza.
3. Valutazione dell'esposizione: tempo e quantità di sostanza a cui si è esposti.
4. Caratterizzazione del rischio: è in funzione dell'esposizione e identifica la
probabilità che un certo effetto si manifesti alla luce di tutte le evidenze
scientifiche considerate.
Al termine di tale valutazione, che viene fatta per pochi altri comparti chimici,
l'autorizzazione viene concessa solamente in assenza di rischio apprezzabile.
Per le aziende produttrici di agrofarmaci questo è un difficile percorso da superare e
rende necessaria un'intensa ricerca di molecole con caratteristiche sempre migliori,
una massiccia sperimentazione e produzione di studi, un iter impegnativo di prevalutazione interna prima della procedura di valutazione attraverso gli organismi di
valutazione europei e italiani. La complessità, severità e durata di questo processo,
che va dai sette ai dieci anni dalla scoperta alla commercializzazione, fornisce elevate
garanzie di sicurezza per l'operatore, il consumatore e l'ambiente.
La non conoscenza del principio e della procedura che sta alla base del rilascio della
registrazione, soprattutto da parte di chi informa l'opinione pubblica, spiega, ad
esempio per gli effetti tossici connessi all'alimentazione, il grande divario esistente
nella graduatoria tra rischi reali e rischi percepiti.
Rischi reali
1
2
3
4
5
Deficenze o eccessi nutrizionali
Intossicazione di origine batterica
Tossine di origine biologica
Residui di agrofarmaci
Additivi alimentari
Rischi percepiti
1
2
3
4
5
Residui di agrofarmaci
Additivi alimentari
Deficenze nutrizionali
Intossicazioni di origine batterica
Tossine di origine biologica
Tabella 3.1
(Fonte: Galli 2004)
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3.2 Procedura Europea di autorizzazione
La Direttiva del Consiglio Europeo 91/ 414 CEE è stata la misura comunitaria di
riferimento degli ultimi 20 anni stabilendo le regole comuni riguardanti le condizioni
e le procedure per l’ autorizzazione di un agrofarmaco all'immissione sul mercato.
Questa direttiva è stata abrogata dal Regolamento CE n.1107/2009, entrato in vigore
il 14 dicembre 2009 ed applicato dalla data del 14 giugno 2011.
Il procedimento di inserimento di una sostanza attiva nuova in Allegato I (lista
positiva) consiste in una serie di passaggi:
A partire dal dossier preparato dal notificante, viene seguito un iter di valutazioni,
elaborate in varie fasi dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), che
emetterà infine delle conclusioni. Tenendo conto delle conclusioni dell'EFSA, la
commissione Europea e gli stati membri decidono se includere o meno una sostanza
attiva nell'elenco positivo della Comunità.
In sequenza i passaggi per il rilascio dell’autorizzazione sono:
1. L'azienda prepara e invia il dossier ad uno Stato Membro indicato come Relatore
(SMR).
2. L'SMR verifica la completezza del dossier a nome degli altri stati membri (SM).
3. Valutazione della sostanza attiva da parte dell' SMR e preparazione di una bozza
del report di valutazione (DAR) elaborato dall’EFSA.
4. Discussione scientifica del report di valutazione (DAR) in Peer Rewiev meetings.
5. Discussione preliminare a livello di Commissione Europea per valutare
l'inclusione in Allegato I.
6. Decisione sull'inclusione in Allegato I da parte della commissione Europea e degli
stati membri.
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3.2.1 Criteri di valutazione
Affinché un agrofarmaco venga autorizzato occorre che la casa produttrice presenti
un dossier di registrazione contenente tutte le documentazioni relative agli studi e alle
valutazioni del rischio per la salute umana e per l’ambiente, richiesti appunto per la
valutazione.
I criteri comuni di decisione per valutare le sostanze attive al fine dell’inclusione in
Allegato I (lista positiva) e per la registrazione dei relativi formulati, sono
principalmente:
Efficacia biologica:
 gli effetti devono essere reali, simili o migliori del prodotto di riferimento
(standard);
 gli effetti non devono essere dannosi per la qualità delle piante trattate, per le
colture in successione o adiacenti a meno che rilevanti precauzioni siano
menzionate sull'etichetta;

le miscele e i prodotti coadiuvanti devono seguire gli stessi vincoli.
Impatto sulla salute umana e degli animali:
 l'entità dell'esposizione dell'operatore non deve eccedere i livelli accettabili
(AOEL = Accettable Operator Exposure Level);
 i prodotti molto tossici devono essere impiegati solamente dagli utilizzatori
professionali;

i periodi di attesa e di rientro dopo il trattamento devono essere tali da rispettare il
livello accettabile di esposizione per l'operatore (AOEL). Per gli animali non ci
devono essere impatti avversi;
 i residui devono essere entro i limiti di tolleranza europea; la dose giornaliera
ingerita (EDI = Estimated Daily Intake) non deve superare la dose giornaliera
accettabile (ADI = Accettable Daily Intake).
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Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Metodi analitici:
 devono essere in linea con lo stato dell'arte e devono essere validati.
Destino ambientale:
 non ci deve essere accumulo nel suolo che porti a residui inaccettabili;
 le concentrazioni previste nelle acque di falda per la produzione di acqua potabile
non devono superare lo 0,1 ppb;
 le concentrazioni attese nell'acqua di superficie, quando utilizzata come acqua
potabile, non devono eccedere i livelli indicati nelle direttive sulle acque
profonde;
 la concentrazione attesa nelle acque di superficie non deve avere un effetto
inaccettabile sulle specie non bersaglio;
 la concentrazione nell'aria non deve superare i livelli accettabili (AOBL).
Impatto sulle specie non bersaglio:
 le concentrazioni ambientali previste
devono risultare con margini
sufficientemente sicuri per le specie non bersaglio o devono essere disponibili
studi che dimostrino assenza di impatti inaccettabili;
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
3.3 Modalità di Valutazione del rischio
Come già indicato all’inizio del capitolo, la sequenza della caratterizzazione del
rischio
prevede
la
valutazione
della
pericolosità
intrinseca
della
sostanza(identificazione del pericolo), la valutazione della rilevanza degli effetti
tossici con l'individuazione della relazione dose - effetto e dell'esposizione senza
effetto(caratterizzazione del pericolo), il calcolo dell'esposizione legata all'impiego
per arrivare a stabilire il rischio reale: infatti il rischio è funzione (f) di quanto un
organismo è esposto ad un identificato pericolo potenziale.
Nella valutazione si fa riferimento a scenari standard che rappresentano il caso
peggiore (worst case) per poi passare in caso di esito negativo a scenari più reali. Si
valuta sia la sicurezza per l'uomo che per l'ambiente.
Per quanto riguarda gli aspetti relativi alla sicurezza dell’ambiente vengono effettuati
studi eco tossicologici riguardanti la degradabilità della molecola nei vari comparti
ambientali e gli effetti sugli organismi non bersaglio.
Per quanto concerne invece l’aspetto relativo alla sicurezza per l’uomo vengono
effettuati studi tossicologici relativamente al rischio da esposizione diretta a cui è
esposto l’operatore, e il rischio da ingestione a cui è esposto il consumatore. Sarà
proprio su questi ultimi che concentreremo la nostra attenzione.
3.3.1 Valutazione tossicologica
Gli studi previsti per l'esame tossicologico e presentati con il dossier servono a
conoscere innanzitutto gli effetti potenzialmente pericolosi della sostanza allo scopo
poi di valutarne il possibile rischio per il consumatore e per l'operatore.
Attraverso gli studi eseguiti su animali cavie da laboratorio vengono studiati, come
possiamo vedere dalla tabella 3.2, effetti sul metabolismo, somministrazione acuta e
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
cronica, mutagenicità, cancerogenicità, riproduzione, teratogenicità, neurotossicità,
assorbimento cutaneo ed effetti endocrini.
Effetti Tossicologici
studiati
Metabolismo
Somministrazione acuta
Somministrazione cronica
Neurotossicità
Assorbimento cutaneo
Mutagenicità
Cancerogenicità
Riproduzione
Teratogenicità
Endocrini
Parametri valutati
Assorbimento, distribuzione, metabolizzazione ed
escrezione degli agrofarmaci.
Effetto dell'esposizione ad una unica dose elevata,
somministrata per via orale.
Effetti dell'esposizione prolungata, di breve durata e
cronica; incluse modificazioni biochimiche ed
effetti avversi sugli organi.
Effetti sulle funzioni neurologiche.
Percentuale ed entità dell'assorbimento cutaneo.
Effetti sui cromosomi e sul DNA.
Potenziale cancerogeno per tutta la vita dell'animale.
Effetti sulla riproduzione e sulla fertilità.
Effetti sullo sviluppo del feto.
Possibili effetti sulle ghiandole.
Tabella 3.2 : Effetti tossicologici studiati
(Fonte: Trevisan e Gennari 2008)
Le informazioni che si ottengono da questi studi di valutazione della pericolosità
sono:
 La capacità o meno di un agrofarmaco di determinare l'insorgenza di effetti
nocivi.
 Il tipo di effetto nocivo che un agrofarmaco può causare e la dose e il periodo in
cui si manifesta.
 Il livello di esposizione in corrispondenza del quale non si verifica alcun effetto
avverso.
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Il livello di esposizione in corrispondenza del quale non si è verificato alcun effetto
viene chiamato NOAEL (No Observed Adverse Effect Level).
Viene inoltre identificato il livello più basso di dose che produce effetto tossico detto
LOAEL (Lowest Observed Adverse Effect Level).
Figura 3.1: studi sulla relazione dose/effetto eseguiti sulle cavie di laboratorio.
In base agli studi sugli effetti tossicologici (riportati in tabella 3.2) eseguiti su animali
cavie da laboratorio, si determina per ciascuno studio il NOAEL, grazie al quale
viene costruito il profilo tossicologico della sostanza. Il NOAEL viene considerato
come valore di riferimento per stabilire il livello accettabile di esposizione per l'uomo
sia per la somministrazione attraverso la dieta (consumatore) sia per l'utilizzo in
campo (operatore).
A volte possono essere determinati più NOAEL, in quel caso viene scelto il valore
più basso (sempre nella logica del worst case). È possibile che si verifichino casi in
cui gli studi siano insufficienti e anziché disporre del NOAEL sia rilevato solo il
LOAEL. In quel caso sarà quest’ultimo ad essere considerato come valore di
riferimento, con gli opportuni fattori di sicurezza del caso, come vedremo nei
paragrafi seguenti.
46
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
3.3.2 Rischio da ingestione a carico del consumatore
Il processo di registrazione degli agrofarmaci richiede la fissazione di livelli
accettabili, da un punto di vista sanitario, di assunzione con la dieta in seguito ad
esposizione acuta e cronica a protezione del consumatore.
Questi livelli vengono definiti rispettivamente Dose Acuta di Riferimento (ARfD =
Acute Reference Dose) e Assunzione Giornaliera Accettabile (ADI = Acceptable
Daily Intake).
 La ARfD, detta dose acuta di riferimento, rappresenta la quantità di sostanza
presente negli alimenti, espressa in mg/kg di peso corporeo (60 kg di peso
corporeo) che può essere ingerita nel corso di un pasto o di una giornata (24 ore),
senza apprezzabili rischi per la salute del consumatore, tenendo conto dei gruppi
di popolazioni più sensibili quali bambini e nascituri, in base a tutti i fatti
conosciuti al tempo della valutazione.
 L’ADI, ovvero la dose giornaliera accettabile, rappresenta invece la quantità di
sostanza che può essere ingerita ogni giorno tramite la dieta, per tutta la durata
della vita di un individuo, senza apprezzabili rischi per la salute del consumatore,
in base a tutti i fatti conosciuti al tempo della valutazione.
La determinazione di ARfD e ADI avviene attraverso un calcolo analitico che
consiste nella conversione delle informazioni ottenute attraverso gli studi sugli
animali, all’uomo.
Questi parametri tossicologici vengono ottenuti applicando al NOAEL, dei fattori di
sicurezza: si tiene pertanto conto che l’uomo sia 10 volte più sensibile agli effetti
avversi di una sostanza chimica degli animali da laboratorio (variabilità
interspecifica) e si assume inoltre che alcuni individui possano essere fino a 10 volte
più sensibili di altri( variabilità intraspecifica) (quindi 10 x 10 = 100).
Il fattore di sicurezza pari a 100 è quello generalmente impiegato ma vi possono
essere casi in cui il fattore di sicurezza è 200 o 1000 e oltre in presenza di effetti
ritenuti particolarmente gravi o per carenze di dati tossicologici, come nel caso non si
conosca il NOAEL e si impieghi il LOAEL.
È importante considerare l’ampio margine di sicurezza legato a questo procedimento.
Pensiamo ad un’automobile che viaggia in autostrada a 140 km/h. La distanza di
sicurezza, pari allo spazio di arresto, è stata calcolata in 195 metri. Questa distanza
può essere considerata come un “No effect Level”. Applicando un fattore di sicurezza
100 a questa misura, la nuova distanza di sicurezza diventerebbe circa 19500 metri
ovvero 19 km e mezzo, l’intera lunghezza della tangenziale di Bologna.
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Esposizione senza effetto: Calcolo dell’ADI e ARfD
Studi
Tossicologici
NOAEL acuto
NOAEL cronico
Fattore di sicurezza
100
Fattore di sicurezza
100
ARfD
ADI
Figura 3.2 Schema per la determinazione di ADI e ARfD stabiliti ad un livello 100 volte inferiore
(fattore di sicurezza)alla dose senza effetto (NOAEL).
Stabilite così la assunzione accettabile, per valutare il rischio occorre conoscere i
livelli di residui che si trovano sulle derrate trattate e che possono essere ingerite
attraverso la dieta.
Per conoscere i residui che rimangono sulla coltura a seguito dei trattamenti alle
piante si svolgono specifiche “prove residui": tali prove sono impostate in modo
cautelativo (ovvero tenendo conto delle condizioni d'impiego con maggior carico di
sostanza attiva impiegata) e servono a stabilire il LMR, espresso in mg/kg,
rispettando il periodo di carenza che risulta compatibile con le pratiche agronomiche
raccomandate (BPA). Conoscendo i residui ammessi e il consumo di derrate con la
dieta si può calcolare il valore dell'assunzione massima teorica giornaliera (TMDI =
Tolerable Maximum Daily Intake). A questo punto il valore del TMDI viene
confrontato all'ADI e non ci si accontenta che non lo superi , ma precauzionalmente
ne deve essere di molto inferiore ( generalmente il 10-20% dell’ ADI).
 Quindi se TMDI risulta molto inferiore all’ ADI non ci sono rischi accettabili per
il consumatore e l’agrofarmaco viene autorizzato.
 Se il TMDI invece supera il valore di ADI il rischio non è accettabile e la richiesta
di registrazione dell’agrofarmaco verrebbe respinta.
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Rischio per il consumatore
Prove Residui
Studi Tossicologici
LMR
(Livello Massimo di Residui)
TMDI
(Assunzione Massima
Teorica Giornaliera)
TMDI
ADI
(Dose Giornaliera Accettabile)
<<
ADI
(Figura 3.3: Sicurezza per il consumatore)
Nel caso che all’azienda produttrice venisse respinta la domanda di autorizzazione,
essa si troverà costretta o a rinunciare all’agrofarmaco o a provare ad abbattere la
quantità di residuo allungando il periodo di carenza, o abbassando le dosi d’impiego.
Tuttavia il TMDI rappresenta il worst case, ovvero il caso peggiore, implica cioè che
tutte le colture da
autorizzare siano trattate con il p.a. in questione e che il
consumatore assuma contemporaneamente prodotti contenenti residui dei p.a. pari
all'LMR. Condizione ipotetica che nella realtà non dovrebbero trovare riscontro.
((Queste ulteriori precauzioni per la sicurezza del consumatore viene presa per
evitare che la presenza di residui di altri fitofarmaci con simile meccanismo d'azione
possa contribuire a saturare la ADI del fitofarmaco in approvazione)).
Le attuali linee guida prevedono si possa passare a stime più realistiche, tenendo
conto dei residui effettivamente presenti nella porzione edibile e dei fattori di
riduzione: ad esempio lavando e sbucciando la frutta, lavando e cuocendo verdure;
così si passa dal calcolo dell'TMDI al calcolo dell'EDI (Estimated Daily Intake) ed
esso diventa il termine di confronto.
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
3.4 Decreto di registrazione ed etichetta
Una volta conclusa con esito positivo la procedura di valutazione del dossier
presentato da un'azienda per richiedere l'autorizzazione di un agrofarmaco, il
Ministero della Salute rilascia il decreto di registrazione. Parte integrante del decreto
stesso è l’etichetta che dovrà essere riportata sulle confezioni dei prodotti in vendita.
Il testo dell'etichetta riassume in modo vincolante quanto finalizzato con la procedura
di autorizzazione, per questo non può essere in alcun modo modificato senza
l'autorizzazione del Ministero della Salute.
Le principali informazioni riportate sul testo dell'etichetta sono:
 Descrizione del prodotto, tipo di formulazione, contenuto di sostanza attiva;
 classificazione del prodotto, simboli e indicazioni di pericolo, frasi di rischio e
consigli di prudenza;
 numero di autorizzazione, data del suo rilascio da parte del Ministero della Salute,
nome e indirizzo del titolare dell' autorizzazione;
 informazioni per il medico e ulteriori norme precauzionali per la tutela dell'uomo,
dell'ambiente e degli animali;
 colture autorizzate e relative dosi e modalità di impiego;
 intervallo di sicurezza (periodo di tempo espresso in giorni che deve intercorrere
tra l'ultimo trattamento e la raccolta).
 ulteriori norme precauzionali (frasi speciali) per la corretta conservazione
dell’agrofarmaco, per la preparazione delle miscele e loro distribuzione, per lo
smaltimento dei contenitori vuoti.
L'etichetta deve quindi riportare in modo vincolante tutte le indicazioni di pericolo
che derivano dalla classificazione della sostanza e da tutti i componenti del
formulato. Tali indicazioni di pericolo possono per esempio variare in modo
meccanico in funzione della percentuale di presenza della sostanza attiva (la sua
concentrazione nel formulato) e dei coformulanti e del tipo di coformulante stesso.
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Capitolo
4
Residui di Agrofarmaci
4.1 Origine e definizione di residuo
Il concetto di residuo di un agrofarmaco ha origine con l'introduzione dei prodotti
chimici di sintesi nella difesa delle piante dai parassiti animali e vegetali nel primo
dopoguerra e diviene oggetto di controllo negli alimenti a seguito della diffusione
d'impiego di tali prodotti.
L’ art.2 del D.M. del 27 agosto 2004 della legislazione italiana, definisce i residui
degli agrofarmaci come "… residui delle sostanze attive contenute nei prodotti
fitosanitari, dei loro metaboliti e dei loro prodotti di degradazione o di reazione
presenti nei o sui prodotti destinati all'alimentazione umana e a quella degli
animali…”.
Dal punto di vista scientifico il significato del termine "residuo" è chiarito in modo
appropriato agli inizi degli anni '50 (Gunther e Blinn; 1955 e 1956), attraverso il
concetto di curva di degradazione di un agrofarmaco. Si dimostra che la scomparsa di
un principio attivo può essere rappresentata, in funzione del tempo, attraverso tre
differenti stadi evolutivi (Figura 4.1), contraddistinti come X, Y e Z e riguardanti
rispettivamente, una fase iniziale e attiva del processo, detta di "degradazione" (curve
X e Y) e una fase finale passiva, definita di persistenza (curva Z). È a quest'ultima
che si associa il concetto di residuo, mentre alle prime, spesso non nettamente
distinguibili tra loro, si associa il significato di deposito dell'agrofarmaco, ovvero di
quantità di prodotto presente nei primi giorni (o nelle prime ore) dalla sua
applicazione.
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Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
mg/kg o ppm
X = Tratto di curva corrispondente alla fase iniziale di scomparsa del
principio attivo, ad esempio per volatilizzazione dalla superficie vegetale
(curva di degradazione).
10
Y = Tratto di curva corrispondente principalmente alla fase di
metabolizzazione del principio attivo (curva di degradazione).
5,0
----
Z = Tratto di curva corrispondente alla fase di persistenza del residuo
del principio attivo e/o dei suoi metaboliti (curva di persistenza).
X
a = valori di "deposito"
b = valori di residuo
1,0
0,5
Y
-----------------b = valori di "residuo"
Z
0,1
1
2
3
4
5
6
7
8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25
Tempo (giorni)
Figura 4.1 Rappresentazione e definizione delle fasi di scomparsa di un agrofarmaco.
Curva di degradazione (da: Gunter e Blinn, 1955 e 1956).
I residui di agrofarmaci nei prodotti vegetali sono normalmente espressi in mg/kg,
cioè in milligrammi di principio attivo per chilogrammo di prodotto vegetale,
equivalenti a parti per milione (ppm). I metodi per la determinazione dei residui sono
molto complessi: sono utilizzate tecniche di separazione quali la gascromatografia o
la cromatografia liquida ad alta prestazione abbinate alla spettrometria di massa.
Grazie a queste tecniche, chimici analitici specializzati, con l’aiuto di strumentazioni
di recente concezione estremamente sensibili sono in grado di determinare i bassi
livelli di residui che possono essere presenti nelle colture e nei loro prodotti di
trasformazione, molto più bassi di quanto fosse possibile in passato. Il più basso
livello di residui che può essere misurato in modo affidabile è detto Limite di
Quantificazione o limite inferiore di determinazione analitica, e siamo nell’ordine
di 0,01 mg/kg o ppm. Vengono tuttavia rilevate presenze di residui non quantificabili,
le quali sono espresse in parti per bilione (ppb) e sono chiamate tracce. 1 ppm è la
milionesima parte di un kilogrammo, quindi si sta parlando di quantità infinitesimali.
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Per visualizzare l’entità di un residuo pari a 0,01 mg/kg si possono fare i seguenti
paragoni:
 Un secondo in tre anni.
 Una persona su una popolazione di 100 milioni.
 La superficie di mezzo campo da calcio rispetto alla superficie dell’Italia.
 Lo spessore di un foglio di carta rispetto all’altezza dell’Everest.
4.2 Limite Massimo di Residuo (LMR)
Per le implicazioni di carattere tossicologico a lungo termine che i residui possono
esercitare nei confronti del consumatore (tossicologia cronica), ma soprattutto per
regolamentare gli scambi internazionali dei prodotti alimentari, sono fissati limiti
legali alla presenza dei residui negli alimenti, indicati come limiti di tolleranza o più
propriamente come Limiti Massimi dei Residui (LMR) (internazionalmente
Maximum Residue Limits o MRL), espressi in mg di principio attivo per kg
d'alimento (mg/kg o ppm). I LMR quindi non rappresentano una soglia di sicurezza
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
tossicologica, ma sono dei limiti legali oltre i quali il prodotto vegetale non può
essere commercializzabile. Pertanto se il residuo di un agrofarmaco risulta superiore
al LMR, significa che esso è stato probabilmente impiegato in modo non corretto e
non conforme alle raccomandazioni in etichetta, ad esempio potrebbe non essere stato
rispettato il periodo di sicurezza. Ciò rappresenta un reato ma non è necessariamente
motivo di preoccupazione sanitaria.
In merito ai residui già nel 1959 la FAO (Food and Agriculture Organization)
recepiva la complessità e le implicazioni internazionali del problema riconoscendo,
attraverso la creazione di un gruppo d'esperti, la necessità che FAO e OMS
(Organizzazione Mondiale della Sanità) congiuntamente, valutassero le implicazioni
concernenti 1'uso di tali prodotti e s'interessassero della definizione:
 del rischio dovuto alla presenza dei residui nei prodotti utilizzati per
l'alimentazione umana e animale;
 della fissazione di limiti di tolleranza o sicurezza (LMR);
 dell'istituzione di un codice internazionale riguardante le informazioni
tossicologiche e residuali dell'agrofarmaco.
A seguito di questa decisione fu istituito un comitato congiunto d'esperti FAO/OMS,
definito Joint Meeting for pesticide Residues (JMPR); dedito allo studio dei criteri
per la valutazione dei rischi per il consumatore e all'esame delle informazioni
tossicologiche relative agli agrofarmaci.
Unitamente al JMPR va ricordata la Commissione del Codex Alimentarius, che opera
in ambito ONU e ha l’incarico di proporre standard di qualità per gli alimenti. Questa
fu istituita nel 1962 sotto l’egida congiunta di FAO e OMS ed è un organo ausiliario
che annovera 165 Stati membri. Il suo compito consiste nell'emanare norme
internazionali in materia di derrate alimentari e ha l'obiettivo di tutelare la salute del
consumatore garantendo la lealtà delle pratiche nel commercio degli alimenti. Queste
norme, pur non avendo carattere vincolante, costituiscono un punto di riferimento in
seno all'organizzazione Mondiale per il commercio (OMC), che considera le norme e
le raccomandazioni del Codex in tutti i casi di controversia internazionale.
Nell'ambito del Codex il problema dei residui è affrontato dal Comitato del codice sui
Residui dei prodotti fitosanitari (CCPR), il quale ha come scopo quello di trovare
l'accordo, a livello internazionale, sui Limiti Massimi accettabili da parte dei diversi
Paesi. Il CCPR, in base alle valutazioni del JMPR e tenendo conto delle diversità
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d'impiego degli agrofarmaci nei paesi del mondo, per effetto delle differenti Buone
pratiche Agricole (BPA), raccomanda Limiti Massimi dei Residui (codex LMR) che
hanno l'obbiettivo di facilitare il commercio internazionale dei prodotti
agroalimentari.
Attualmente tutti i paesi ad agricoltura avanzata sono dotati di proprie normative di
regolamentazione dei residui sugli alimenti, mentre nei casi di carenza normativa,
viene fatto riferimento ai LMR fissati dal Codex Alimentarius.
4.3 Regolamento 396/2005 CE
Prima dell’entrata in vigore del regolamento n 396/2005 in data 1° settembre 2008 il
LMR, per circa il 50% delle sostanze in commercio veniva fissato da ogni paese
Europeo a seguito della autorizzazione dei prodotti dopo la valutazione del dossier
registrativo. Il restante 50% erano invece armonizzati a livello Europeo.
Per molte sostanze quindi i limiti potevano presentare valori diversi nei vari paesi e
questo poteva creare problemi commerciali al libero scambio di prodotti
ortofrutticoli.
Tale situazione di disomogeneità ha indotto la Commissione Europea a elaborare
il nuovo Regolamento 396/2005, per stabilire LMR europei armonizzati.
Lo scopo di questo Regolamento è stato quello di far convergere tutte le norme in
materia di residui in un unico riferimento legislativo che prevede:
 Armonizzazione dei LMR in tutta l’unione Europea.
 Un nuovo procedimento per la fissazione di LMR a livello comunitario. I singoli
stati membri non possono più emanare provvedimenti.
 Ha incaricato un organismo terzo - l’EFSA - a supervisionare la valutazione del
rischio per il consumatore e a dare opinioni riguardo il LMR.
 Un formulato può essere autorizzato solo se è già stato stabilito a livello dell’UE il
valore di LMR .
 Valori di LMR che considerano prioritariamente la salute pubblica rispetto alle
esigenze di difesa delle colture.
 Fissazione LMR al livello più basso possibile compatibilmente con la buona
pratica agricola.
 Il regolamento copre i fitofarmaci correntemente usati in agricoltura sia all’interno
che all’ esterno dell’UE.
 Ha applicato la soglia dello 0,01 mg/kg o ppm per i principi attivi non
espressamente menzionati.
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 Fissa la tipologia e il numero di campioni da monitorare in maniera proporzionale
alla quantità di commercializzazione dell’alimento.
 Infine il regolamento tiene in considerazione e tutela tutti i gruppi di consumatori
inclusi i bambini ed i vegetariani.
Il Regolamento 396/2005 consta di sette allegati:
Allegato I: (Lista dei prodotti alimentari) È stato completato e pubblicato nel
febbraio 2006. Contiene 150 nuovi prodotti alimentari (ad esempio frutti esotici,
caffè, lupino, piante da zucchero, ecc.) mentre altre hanno cambiato raggruppamento
(ad esempio l'olivo che fornisce frutti edibili oppure frutti da olio, ecc.).
Allegato II: contiene gli LMR comunitari già fissati. Dopo l'implementazione del
regolamento i residui di tali sostanze verranno rivalutati.
Allegato III: contiene gli LMR provvisori (t MRL) definiti a partire dai più alti LMR
nazionali, applicando opportune valutazioni del rischio.
Allegato IV: Sostanze attive per le quali nessun LMR è richiesto (in base alla
91/414).
Allegato V: Valori di default diversi da 0,01 mg/kg.
Allegato VI: Fattori specifici di concentrazione/ diluizione.
Allegato VII: Combinazione sostanze/derrate con LMR superiori a quanto
stabilito negli Allegati II e III.
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4.4 Fissazione del Limite Massimo dei Residui (LMR)
Preso atto del fatto che l'applicazione degli agrofarmaci può determinare la presenza
di residui nell'alimento fresco e/o trasformato, si è sviluppato nei decenni un processo
decisionale che su base scientifica e sperimentale presiede alla fissazione, da parte
delle autorità preposte, del valore del residuo tollerabile sull'alimento (in mg/kg o
ppm). Questo valore, fissato obbligatoriamente al momento della registrazione
dell'agrofarmaco, non è un valore di soglia tossicologica, ma ha un significato
prettamente normativo e risulta strettamente connesso alla BPA che lo origina.
Il processo di fissazione del Limite Massimo dei Residui di un agrofarmaco, consta di
una serie di fasi distinte di acquisizione e valutazione dei più aggiornati dati
scientifici e sperimentali, che in successione possono essere così sintetizzati:
A. Determinazione dell’ ADI o della Dose Giornaliera Accettabile (DGA). Calcolata
sulla base dei test tossicologici preventivamente condotti dalla società produttrice e
viene determinata, applicando un appropriato "fattore di sicurezza", (generalmente
100 e a volte 200 o 1000), a partire dalla NOAEL o dose più elevata in grado di non
produrre effetti evidenti nei Test tossicologici a lungo termine sulle cavie da
laboratorio. Per una maggiore sicurezza del consumatore e data l'evidenza che taluni
residui possono risultare tossici nell'esposizione a breve termine (tossicità acuta), la
Commissione Europea ha di recente ritenuto giustificata anche la valutazione della
Dose Acuta di Riferimento (ARfD) e l'introduzione di nuovi modelli di assunzione
dei residui per una elaborazione ancora più appropriata dei LMR;
B. Determinazione dell'assunzione giornaliera dei residui attraverso l'uso di modelli
alimentari e di consumo. Tali stime vengono eseguite per situazioni di consumo
normali e particolari, per le diverse popolazioni europee e per sotto - popolazioni
quali ad esempio i neonati e gli adolescenti;
C. Determinazione del livello residuale riscontrabile sulla coltura o sull'alimento
tramite prove sperimentali in Buona Pratica Agricola. Queste prove sono condotte
presso i Centri di Saggio appositamente autorizzati dal Ministero delle Politiche
Agricole e Forestali (MIPAF) e prevedono l'utilizzo dell'agrofarmaco nelle
condizioni specifiche d'uso previste dalle pratiche fitoiatriche. Le analisi per la
determinazione dei residui sulla coltura è previsto siano condotte secondo la Buona
Pratica di Laboratorio (BPL);
D. Confronto finale dell' assunzione giornaliera da parte del consumatore con i valori
di ADI determinati su base tossicologica. Se l’assunzione giornaliera è inferiore all’
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ADI, allora i dati residuali sperimentali vanno a costituire il LMR dell'agrofarmaco,
mentre se l'assunzione giornaliera è maggiore all’ ADI risulta necessario ridurre il
livello dei residui attraverso la modifica delle condizioni di utilizzo dell'agrofarmaco
(dose d'impiego, periodo di sicurezza, numero dei trattamenti, ecc.). Se ciò non è
realizzabile l' uso dell'agrofarmaco non è tollerabile e il suo LMR è fissato al Limite
della Determinazione analitica (0,01 ppm).
Volendo esemplificare i criteri e le fasi di valutazione sopra esposte per la
determinazione del LMR di un agrofarmaco, possiamo riassumere il processo
decisionale sulla base dell'esempio riportato in fìgura 4.2 e delle valutazioni
schematizzate nel grafico 4.1.
4.4.1 Determinazione della Dose Giornaliera Accettabile e
del Limite di Assunzione da parte del consumatore
La fissazione di un limite di assunzione dei residui attraverso la dieta, schematizza il
processo decisionale che giunge a definire un valore residuale sicuro per il
consumatore. Il processo ha origine dalle prove di tossicità a lungo termine (1) e
tramite queste si determina la dose senza effetto dell'agrofarmaco (2) detto NOAEL.
Ipotizzando che questa risulti di 5 mg per kg di peso corporeo/animale/giorno e
applicando a tale valore un opportuno coefficiente di sicurezza (3) (nell'esempio =
100 (ma vi sono casi in cui il fattore di sicurezza è 200 o 1000), si ottiene la Dose
Giornaliera Accettabile (DGA), nota anche come ADI (Accettable Daily Intake) .
Tale valore rappresenta l'estrapolazione all'uomo della quantità d' agrofarmaco (in
mg) quotidianamente ingeribile per chilogrammo di peso corporeo (0,05 mg/kg) e
rappresenta la quantità di principio attivo che può essere giornalmente ingerita senza
determinare alcun rischio sensibile per la salute del consumatore.
Se questo valore è rapportato al peso corporeo medio di un uomo (5), il dato che ne
deriva (0,05 x 60 = 3 mg/uomo/giorno) rappresenta la quantità di agrofarmaco,
teoricamente ingeribile, estrapolata all'uomo medio (6). La correzione di tale valore
con il coefficiente alimentare (7), ovvero con la quantità media di vegetali
giornalmente ingeriti (0,4 kg), consente di definire il limite massimo d'assunzione dei
residui di un agrofarmaco riferiti ad 1 kg di alimento (8) (nell'esempio 7,5 mg/kg o
ppm).
Il valore così ottenuto, definito sulla base dell’ ADI rappresenta il valore di
riferimento al quale rapportare il valore dei residui sperimentalmente verificabili in
campo durante lo sviluppo dell'agrofarmaco e conseguenti alle pratiche fitoiatriche di
utilizzo del prodotto.
58
Cristian Tozzi
Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie
“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Determinazione dell’ADI e fissazione del Limite Max di
assunzione giornaliera tollerabile (LA)
(1) Prove di tossicità a lungo termine
(2) Valutazione della “Dose senza effetto”(NOAEL)
Somministrazione con la dieta per almeno 2 anni
5 mg/kg peso corporeo/giorno (animale)
(3) Scelta del “coefficiente di sicurezza”
(4) Calcolo dell’ADI (estrapolazione all’uomo)
100
0,05 mg/kg peso corporeo/giorno (uomo)
(5) Scelta del peso corporeo medio
60 kg
(6) Estrapolazione all’uomo medio
3 mg/uomo/giorno
(7) Valutazione del “coefficiente alimentare”
(8) Limite max di Assunzione negli alimenti (LA)
0,4 kg (ortofrutticoli)
7,5 ppm (mg/kg di alimento)
Figura 4.2: Determinazione della Dose Giornaliera Accettabile (ADI) e del Limite di Assunzione dei residui
(LA) da parte del consumatore.
59
Cristian Tozzi
Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie
“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
4.4.2 Valutazione dei residui su base agronomica e fissazione
del LMR
Nella fase di sviluppo dell'agrofarmaco sono sperimentati e definiti quelli che
risultano essere i criteri d'impiego del prodotto ai fini fitoiatrici, ovvero i criteri
d'impiego per la protezione della coltura da patogeni o parassiti.
È in questa fase che si definiscono i criteri ottimali d’utilizzo dell'agrofarmaco ed è
da questi che dipende, parzialmente, il comportamento residuale del prodotto.
Tali criteri riguardano principalmente:
 i patogeni o parassiti controllati;
 le condizioni agronomiche e colturali del vegetale;
 il tipo di formulazione dell'agrofarmaco;
 la concentrazione del principio attivo;
 il tipo d'applicazione (fogliare, al terreno, altro);
 il numero massimo di trattamenti;
 il tempo d'intervallo tra applicazioni successive;
 la dose applicata (per epoca e per coltura);
 l'intervallo di sicurezza tra l'ultimo trattamento e la raccolta del vegetale.
Nel corso delle prove sperimentali di messa a punto dei criteri d'utilizzo
dell'agrofarmaco, svolte presso Centri di Saggio appositamente autorizzati dal
MIPAF, vengono effettuate anche prove di determinazione dei residui che gli
interventi fitoiatrici provocano sulla coltura. Si tratta di analizzare il vegetale (o la
sua parte edule) a diversi intervalli di tempo e di definire in tal modo quale sia la
curva di degradazione dell'agrofarmaco per quella coltura e in quelle condizioni
agronomiche.
Valutando il decadimento dell'agrofarmaco considerato nell'esempio e ipotizzando tre
diversi decadimenti su altrettante colture (Fig. 3), si può osservare come il LMR per
ciascun vegetale venga fissato ben al di sotto del limite massimo d'assunzione (7,5
ppm) , sulla base dei valori sperimentali riscontrati nella pratica agricola e
appartenenti alla curva di decadimento.
I valori di LMR sono inoltre accompagnati dall’ indicazione di un preciso intervallo
di tempo tra l'ultimo trattamento e la raccolta del vegetale, definito intervallo di
sicurezza e che consente il rispetto dei LMR fissati a patto che l'utilizzo
dell'agrofarmaco avvenga secondo la BPA e sulla base delle indicazioni prescritte in
etichetta.
60
Cristian Tozzi
Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie
“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Curve di decadimento di un agrofarmaco su colture diverse
A; B; C; = Curve di decadimento del medesimo agrofamaco su colture diverse.
LA (7,5 ppm): Limite di Assunzione
mg/kg o ppm
Esempi:
A
10
LMR A = 0,05 ppm ( PHI:21 giorni)
LMR B = 0,5 ppm ( PHI: 14 giorni)
LMR c = 0,1 ppm ( PHI:6 giorni)
B
LA 7,5
C
1
LMR B
LMR c
1
2
3
4 5 6
PHI di C
LMR A
7
8
9 10 11 12 13 14 15 16 17 18
Tempo (giorni)
PHI di B
PHI di A
Grafico 4.1 Valutazione del LMR di un agrofarmaco in base alla sperimentazione agronomica
condotta in Buona Pratica Agricola, su colture per le quali è richiesta la sua registrazione.
Qualora i residui riscontrabili nella pratica agricola risultino essere superiori al limite
di assunzione stimato, diviene indispensabile ridurre il loro livello, attraverso la
modifica delle condizioni d'uso (dose d'impiego, tempo di attesa tra trattamento e
raccolta, numero dei trattamenti) od optando, se ciò non è possibile, per un LMR
uguale al Limite di Determinazione analitica del prodotto (0,01 ppm).
La logica e le valutazioni riportate esemplificano il processo di stima che presiede
alla fissazione dei LMR di un agrofarmaco e rende ragione del fatto che i valori
fissati dipendono dalla pratica agricola che li origina (BPA), tale per cui pratiche
agricole differenti possono determinare differenti residui e quindi differenti LMR.
Inoltre dal grafico è bene evidente quanto il LMR per ciascun vegetale sia fissato ben
al di sotto del limite massimo d'assunzione (LA). Ribadendo ancora una volta che il
LMR non è un valore di soglia tossicologica bensì commerciale.
61
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
4.5 Monitoraggio dei residui e sicurezza alimentare
Il controllo dei residui negli alimenti di natura vegetale è stato regolamentato negli
anni sia a livello nazionale che internazionale. Tali controlli definiti di monitoraggio,
sono svolti ai fini della sicurezza alimentare e sono condotti a due diversi livelli
(nazionale ed europeo) in conformità a criteri e metodologie d'indagine armonizzate
che fanno riferimento a laboratori, strutture ed enti caratteristici per ciascun paese
membro dell'Unione Europea.
In Italia si sono affermate diverse autorità per il monitoraggio dei residui negli
alimenti, le quali, tra loro complementari nelle finalità e nell'approccio metodologico
utilizzato, risultano avere ciascuna differenti ricadute sul sistema nazionale di
controllo della sicurezza alimentare.
Tali monitoraggi fanno capo a tre diverse istituzioni, che sono:
 Ministero della Salute: ad esso competono i controlli ufficiali aventi carattere
fiscale e rappresenta l'istituzione di riferimento dell'Unione Europea per quanto
concerne il monitoraggio dei residui. Svolge il controllo presso mercati
ortofrutticoli, aziende di deposito e commercializzazione all'ingrosso degli
alimenti, piattaforme logistiche che forniscono la grande distribuzione
(supermercati, ipermercati) e pertanto rivolge la propria attenzione all'alimento
pronto per il consumo e la commercializzazione.
 Ministero per le Politiche Agricole e Forestali (MiPAF): attraverso l'attuazione
di un proprio "Programma Inter-regionale Qualità" e tramite una propria rete di
laboratori privati o pubblici, conduce monitoraggi, a carattere non fiscale, mirati
sulle produzioni agricole. Esso preleva i campioni vegetali direttamente in campo
e persegue il fine di valutare le strategie di difesa fitosanitaria adottate e di
individuare e correggere eventuali irregolarità.
 Osservatorio Nazionale sui Residui (ONR): ha sede presso l'Università
Cattolica di Piacenza e raccoglie ed elabora, attraverso una propria banca dati, i
risultati delle analisi condotte nell'ambito del controllo interno, di cooperative,
società, industrie, e operatori privati del settore agroalimentare, interessati al
controllo della propria produzione prima dell’ immissione sul mercato.
4.5.1 Controlli Ufficiali
In base alla normativa vigente relativa ai limiti massimi di residui di sostanze attive,
tollerate sui e nei prodotti alimentari, ciascun Stato Membro dell’Unione Europea
deve organizzare annualmente un Piano di controllo dei Residui degli Agrofarmaci, e
ha l'obbligo di stilare un Rapporto Annuale che deve essere inviato alla Commissione
Europea.
62
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
In Italia il Piano Nazionale di controllo dei Residui è coordinato dal Ministero della
Salute, che raccoglie per via telematica i dati prodotti dalle strutture periferiche
regionali e dalle province autonome con il supporto tecnico-scientifico dell'Istituto
Superiore della Sanità (ISS). Il numero minimo e il tipo di campioni da analizzare
sono fissati dal D.M. 23 Dicembre 1992 che definisce inoltre la ripartizione dei
campioni per Regione, che è calcolata in base ai dati di consumo di Agrofarmaci,
rapportata alla produzione degli alimenti interessati.
Nell’ambito dei controlli ufficiali il Ministero della Salute monitora gli alimenti
d'origine nazionale e di provenienza estera, destinati:
 ad essere commercializzati sul territorio nazionale;
 ad essere esportati verso Paesi dell'UE;
 ad essere esportati verso Paesi terzi.
Gli scopi e i criteri d'indirizzo del controllo sono armonizzati con quelli degli altri
Paesi dell'UE, così come i metodi, i criteri e le procedure adottate per il
campionamento degli alimenti.
I controlli sono eseguiti da laboratori pubblici specializzati, costituenti vere e proprie
reti Regionali appartenenti a tre diverse strutture operative locali, quali:
 PMP (Presidio Multizonale di Prevenzione);
 ARPA (Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente);
 IZS (Istituto Zooprofilattico Sperimentale).
Ad esse si affiancano altre importanti strutture ufficiali tra le quali in particolare
l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), che è il laboratorio nazionale di riferimento per
l'attuazione del piano nazionale sui residui e che è centro comunitario di riferimento
per i prodotti medicinali veterinari e per vari gruppi d'agrofarmaci (carbammati,
piretroidi, organoclorurati compresi i policlorobifenili (PCB), organofosforati).
Nell'ambito dell'organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) i laboratori
del PMP e dell'ARPA eseguono i controlli sugli alimenti d'origine vegetale, mentre i
laboratori dell'IZS eseguono il controllo dei residui sugli alimenti d'origine animale.
I requisiti richiesti ai laboratori preposti al monitoraggio prevedono che questi siano
conformi, alle procedure standard previste dalle Buone Pratiche di Laboratorio o
BPL.
L'Istituto Superiore di Sanità è l'organismo responsabile della valutazione e del
riconoscimento di tali laboratori, i cui risultati sono inviati per via telematica al
Ministero della Salute per essere raccolti ed elaborati ogni anno per la stesura del
rapporto che riassume lo stato della situazione nazionale e che è inoltrato alla
Commissione dell'UE per documentare i risultati ottenuti (Pesticides Residues in
Vegetable Products).
63
Cristian Tozzi
Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie
“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Confrontando i risultati dei controlli ufficiali sui residui di prodotti fitosanitari nei
prodotti ortofrutticoli a partire dal 1993, (primo anno di attuazione del programma),
risulta evidente come il numero di campioni analizzati sia considerevolmente
aumentato fino al 2001, passando da un numero di 6.072 campioni analizzati nel
1993 a 8.857 nel 2001, per poi subire un assestamento ad un livello standard nel
quinquennio 2003-2008.
Entità campioni Controlli Ufficiali Italia 1993 - 2010
Grafico 4.2: campioni analizzati nell’ambito dei controlli ufficiali in Italia
(Fonte : Ministero della Salute)
Il quadro della situazione che emerge dai monitoraggi è positivo. Per quanto riguarda
l’Italia, dai risultati del monitoraggio del Ministero della Salute emerge che la
percentuale di campioni irregolari è diminuita nel corso degli ultimi anni.
Confrontando i dati relativi al 2009 - 2010 con quelli degli anni precedenti, risulta
evidente come la percentuale di irregolarità negli ortofrutticoli abbia subito un
progressivo decremento passando dal 5,6% del 1993 allo 0,8% del 2009 e 0,9 del
2010. Decisamente inferiore a quello riscontrato in ambito europeo, che tuttavia dopo
aver toccato il tetto massimo del 5,5 % di irregolarità nelle annate 2002 e 2003, si è
avviato ad avere un trend positivo scendendo a quota 2,6%.
64
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Irregolarità riscontrate nell’Unione Europea e Italia 1993 - 2010
Grafico 4.3: irregolarità riscontrate nei controlli ufficiali in Italia e nell’Unione Europea
(Fonte: EFSA).
Per l’anno 2009 i livelli massimi residui in Europa, si legge in una nota dell’EFSA,
sono stati superati più frequentemente nei campioni provenienti da Paesi esterni allo
spazio economico europeo che in quelli provenienti dai Paesi UE.
Mettendo a confronto i risultati dei controlli ufficiali ottenuti in altri paesi europei
nell’anno 2009 (Grafico 4.4) si evince l’elevata performance di tutto il sistema
italiano.
Controlli Ufficiali Europei 2009
Grafico 4.4: Risultati dei controlli ufficiali europei 2009
(Fonte : EFSA)
65
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
4.5.1.1 Controlli ufficiali in Italia anno 2009
Approfondendo i dati che riguardano l’Italia per l’anno 2009 il numero di campioni
ortofrutticoli analizzati in Italia è di 4595, di cui: 2444 per la frutta e 2151 per gli
ortaggi. Il numero di campioni di frutta e ortaggi irregolari è risultato pari a 38
(0.8%), di cui: 21 per la frutta (0.9%) e 17 per gli ortaggi (0.8%). Pertanto, come si
vede dal grafico 4.5 i campioni globali regolari sono risultati in percentuale molto
elevata, pari al 99.2% e nell’ ambito dei campioni regolari il numero di campioni
privi di residui è pari al 70 %, ed il numero di campioni con residuo entro il limite
legale è pari al 29,2 %.
Risultati analitici frutta e ortaggi anno 2009
Grafico 4.5: Risultati analitici frutta e ortaggi anno 2009
(Fonte: Ministero della Salute)
66
Cristian Tozzi
Tesi di Laurea Triennale in Tecnologie Agrarie
“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Per quanto riguarda la distribuzione dei residui per matrici alimentari per l’anno
2009 è interessante notare lo 0 % dei campioni irregolari di kiwi, pesche e nettarine.
Distribuzione dei residui 2009
FRUTTA
Alimento
Mele
Pesche e
Nettarine
Pere
Arance
Kiwi
Fragole
Uva da
Tavola
Banane
Limoni
Albicocche
Prugne
Clementino
Ciliegie
Mandarini
Uva da
Vino
Ananassi
Pompelmi
Nocciole
Caco
Olive da
Tavola
Pinolo
Manghi
Altre Olive
Bacche
Datteri
Totale
Campioni Campioni Campioni Campioni Campioni Campioni
Campioni
con
con
con
con
Privi di
Privi di
Analizzati Residui
Residui
Residui
Residui
Residui
Residui
Superiori Superiori Inferiori Inferiori Rilevabili Rilevabili
al Limite al Limite al limite al Limite
(%)
di Legge di Legge di Legge di Legge
(LMR)
(%)
(LMR)
(%)
444
3
0,7
277
62,4
164
36,9
314
0
0,0
185
58,9
129
41,1
250
186
193
165
123
2
1
0
2
1
0,8
0,5
0,0
1,2
0,8
167
93
51
94
71
66,8
50,0
26,4
57,0
57,7
81
92
142
69
51
32,4
49,5
73,6
41,8
41,5
119
102
82
73
70
68
48
29
0
0
5
2
0
3
0
0
0,0
0,0,
6,1
2,8
0,0
4,4
0,0
0,0
53
54
34
29
46
30
25
17
44,5
52,9
41,5
39,7
65,7
44,1
52,1
58,6
66
48
43
42
24
35
23
12
55,5
47,1
52,4
57,5
34,3
51,5
47,9
41,4
25
22
16
13
9
0
0
0
1
0
0,0
0,0
0,0
7,7
0,0
6
18
0
0
2
24,0
81,8
0,0
0,0
22,2
19
4
16
12
17
76,0
18,2
100,0
92,3
77,8
9
4
7
7
7
100,0
50,0
100,0
100,0
100,0
9
8
7
7
7
0
0,0
0
0,0
0
0,0
4
50,0
0
0,0
0
0,0
0
0,0
0
0,0
0
0,0
0
0,0
Tabella 4.1: distribuzione dei residui nella frutta 2009
(Fonte: Ministero della Salute)
67
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Ed è interessante notare l’elevata regolarità riscontrata negli ortaggi.
Distribuzione dei residui 2009
ORTAGGI
Alimento
Pomodoro
Patata
Zucchino
Lattuga
Peperone
Carote
Melanzana
Finocchio
Cipolla
Fagiolo
Cavolfiori
Cetriolo
Pisello
Radicchio
Fagiolino
Sedano
Cavoli
Melone
Carciofi
Spinacio
Bietola
da costa
Asparagi
Aglio
Altri
ortaggi
Legumi
Cece
Totali
Campioni
Analizzati
Campioni
con
Residui
Superiori
al Limite
di Legge
(LMR)
Campioni
con
Residui
Superiori
al Limite
di Legge
(%)
Campioni
con
Residui
Inferiori
al Limite
di Legge
(LMR)
Campioni
Privi di
Residui
Rilevabili
Campioni
Privi di
Residui
Rilevabili
(%)
67
61
17
50
31
20
14
12
7
7
3
13
2
6
6
27
4
8
4
6
8
Campioni
con
Residui
Inferiori
al
Limite
di Legge
(%)
23,6
33,0
11,4
37,6
25,4
16,5
15,7
16,7
9,9
10,4
4,5
21,7
3,7
12,0
13,3
61,4
10,3
20,5
10,8
16,2
23,5
284
185
149
133
122
121
89
72
71
67
66
60
54
50
45
44
39
39
37
37
34
1
0
0
1
2
0
0
0
0
0
0
1
1
0
3
2
1
0
1
1
1
0,3
0,0
0,0
0,7
1,6
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
0,0
1,6
1,9
0,0
6,7
4,5
2,6
0,0
2,7
2,7
3,0
216
124
132
82
89
101
75
60
64
60
63
46
51
44
36
15
34
31
32
30
25
76,1
67,0
88,6
61,7
73,0
83,5
84,3
83,3
90,1
89,6
95,5
76,7
94,4
88,0
80,0
34,1
87,1
79,5
86,5
81,1
73,5
30
22
22
0
0
0
0,0
0,0
0,0
0
6
0
0,0
27,3
0,0
30
16
22
100,0
72,7
100,0
22
0
0,0
0
0,0
22
19
1
5,3
3
15,8
15
Tabella 4.2: distribuzione dei residui negli ortaggi, controlli ufficiali 2009
(Fonte: Ministero della Salute)
68
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
100,0
78,9
Le sostanze maggiormente ricercate durante le analisi dei controlli ufficiali del 2009
sono:
Sostanze attive maggiormente ricercate 2009
Frutta
Ortaggi
Sostanza Attiva
N. analisi
Sostanza Attiva
N. analisi
Dimetoato
2359
Dimetoato
2048
Clorpirifos
2350
Procimidone
2036
Procimidone
2349
Diazinone
2016
Diazinone
2331
Clorpirifos
2013
Clorpirifos metile
2265
Clortalonil
1911
Bromopropilato
2227
Clorpirifos metile
1909
Clorotalonil
2205
Iprodione
1876
Fosalone
2198
Endosulfan
1871
Malation
2181
Fenarimol
1867
Endosulfan
2162
Bromopropilato
1858
Iprodione
2148
Malation
1845
Fenarimol
2130
Pirimifos- metile
1842
Fenitrotion
2108
Fosalone
1799
Pirimifos- metile
2048
Tolclofos metile
1787
Deltametrina
2044
Deltametrina
1777
Dicono
2007
Cipermetrina
1757
Metalaxil
1968
Dicofol
1751
Cipermetrina
1958
Fenitrotion
1749
Metidation
1951
Metalaxil
1734
Tolclofos-metile
1947
Penconazolo
1638
Triadimefon
1929
Triadimefon
1629
Imazalil
1929
Imazalil
1627
Penconazolo
1927
Metidation
1606
Cialotrina
1920
Azinfos metile
1588
Miclobutanil
1915
Cialotrina
1530
Azinfos metile
1913
Miclobutanil
1510
Pirimicarb
1788
Vinclozolin
1508
Buprofezin
1752
Azoxistrobin
1494
Acrinatrina
1752
Pirimicarb
1481
Azoxistrobin
1746
Benalaxil
1472
Propiconazolo
1713
Propiconazolo
1446
Benalaxil
1707
Pendimetalin
1446
Cyprodinil
1694
Diclorvos
1404
Fosmet
1673
Buprofezin
1367
Triadimenol
1615
Fenvalerate
1332
Bupimirate
1612
Bupirimate
1291
Bifentrin
1594
Acrinatrina
1284
Fludioxonil
1567
Triadimenol
1273
Tabella 4.3: sostanze attive maggiormente ricercate, controlli ufficiali 2009
(Fonte: Ministero della Salute)
69
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Tra le sostanze attive maggiormente riscontrate nelle varie matrici sono:
Sostanze attive maggiormente riscontrate 2009
FRUTTA
Sostanze Attive
Determinazioni con residuo > LMR Determinazioni con
residuo < LMR
Triflumuron
albicocche (4) – prugne (2)
956
Captano
Ciliegie (1)- mele (2)
1537
Clorpirifos
Caco (1)- ciliegie (1)-ribes (1)
2347
Cyprodinil
Ciliegie (1)- mele (2)
1691
Acefate
Ribes (1)
1461
Clorprofam
Pere (1)
968
Dimetoato
Caco (1)
2358
Etion
Fragole (1)
1119
Etossichina
Mele(1)
426
Folpet
Uva da tavola (1)
1065
Fosmet
Albicocche (1)
1672
Kresoxim Metil
Fragole (1)
1266
Metiocarb
Arance (1)
854
Metomil
Pere (1)
1162
Procimidone
Ciliegie (1)
2348
Acetamiprid
300
Acrinatrina
1752
Alacor
128
Aldicarb
537
Aldrin
892
Alfametrina
1039
Ametrina
158
Amitraz
122
Anilazina
13
Antrachinone
173
Atrazina
769
Azinfos-Metil
1913
Azinfos- Etil
1338
Azoxistrobin
1746
Benalaxil
1707
Bendiocarb
120
Benfluralin
639
Tabella 4.4: sostanze attive maggiormente riscontrate nella frutta, controlli ufficiali 2009
(Fonte: Ministero della Salute)
70
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Sostanze attive maggiormente riscontrate 2009
ORTAGGI
Sostanze attive
Clorpirifos
Dimetoato
Determinazioni con
residuo > LMR
Determinazioni con
residuo < LMR
Bietola da costa (1) - cavoli
(1) - peperone (1)
Bietola da costa (1) fagiolino (1)
Sedano (2)
Peperone (1)
Prezzemolo (1)
Pomodoro (1)
Fagiolino (1)
Fagiolino (1)
Cece (1)
Fagiolino (1)
Spinacio (1)
Carciofi (1)
Lattuga (1)
Cetriolo (1)
Pisello (1)
2010
2046
Indoxicarb
681
Clofentezine
554
Clorpirifos-Metil
1908
Dicloran
1251
Etion
956
Etofenprox
962
Fenitrotion
1748
Fenpropatin
1011
Fludioxonil
1217
Lambda cialotrina
1529
Mepanipyrin
833
Oxamil
522
Tebuconazolo
1243
Acefate
1139
Acetamiprid
286
Acrinatrina
1284
Alaclor
351
Aldicarb
454
Aldrin
883
Alfametrina
737
Ametrina
196
Amitraz
187
Anilazina
6
Antrachinone
181
Atrazina
695
Azinfos-Metil
1588
Azinfos-etil
1229
Azoxistrobin
1494
Benalaxil
1472
Tabella 4.5: sostanze attive maggiormente riscontrate negli ortaggi, controlli ufficiali 2009.
(Fonte: Ministero della Salute)
Tale risultato positivo è attribuibile in parte alle attività delle strutture sia centrali sia
territoriali ormai permanentemente impegnate nel controllo ufficiale in materia di
prodotti fitosanitari in Italia, in parte alla costante revisione in senso restrittivo
operata dal Ministero su alcuni impieghi ammessi, nonché ad una sempre maggiore
consapevolezza degli operatori agricoli nell’impiego dei prodotti fitosanitari.
71
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
4.5.1.2 Controlli ufficiali in Italia anno 2010
I risultati dei controlli ufficiali sugli ortofrutticoli dell’anno 2010 non sono ancora
stati forniti definitivamente. Ciò significa che sono ancora in corso di elaborazione,
pertanto qui di seguito riporto i soli dati ufficiali estrapolati dalla mia ricerca.
Riepilogo risultati analitici frutta e ortaggi anno 2010
Campioni Regolari
Irregolari
Campioni
Totale
Campioni Campioni Campioni Campioni Campioni Campioni
Campioni privi di
privi di
con
con
con
con
residui
Residui
Residui
Residui
Residui
Residui
rilevabili rilevabili Inferiori Inferiori Superiori Superiori
%
al Limite al Limite al limite
al limite
di Legge di Legge di Legge di Legge
(LMR)
(%)
(LMR)
(%)
Frutta
2.811
1.325
47,1
1.469
52,3
17
0,6
Ortaggi
2.519
1.901
75,4
589
23,4
29
1,2
Totale
5.330
3.226
60,5
2.058
38,6
46
0,9
Tabella 4.6: Riepilogo risultati analitici frutta e ortaggi controlli ufficiali 2010
(Fonte: Ministero della Salute)
Grafico risultati analitici frutta e ortaggi anno 2010
Grafico 4.6: risultati dei controlli ufficiali in Italia nel 2010
(Fonte: Ministero della Salute)
72
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Come possiamo evincere dalla tabella 4.6 e dal grafico, viene confermato il trend
positivo dei controlli ufficiali italiani su frutta e vegetali, confermando il totale delle
irregolarità al di sotto dell’1%, per un totale di 46 campioni irregolari su 5330
campioni analizzati.
Dai grafici sottostanti vediamo nel dettaglio i risultati per frutta e ortaggi.
Grafico 4.7: risultati su frutta e ortaggi controlli ufficiali 2010
(Fonte: Ministero della Salute)
4.5.2 Controlli non fiscali
Parallelamente ai monitoraggi svolti dal Ministero della Salute sono condotti dal
MiPAF controlli sistematici, su tutto il territorio nazionale, sulla presenza di residui
su colture, terreno e acque.
Questo piano nazionale di monitoraggio, operante nell'ambito del "Programma
Interregionale per il Miglioramento delle Produzioni Agricole", è finalizzato al
controllo non fiscale dei residui e si prefigge di:
 Controllare l'impiego degli agrofarmaci in agricoltura, sia in campo che in fase di
conservazione;
 Perseguire un riscontro oggettivo delle esigenze poste dalle tecniche di protezione
delle colture, allo scopo di migliorare l'applicazione degli agro farmaci e ridurre i
casi d'irregolarità dei residui;
 Individuare le situazioni anomale e/o illegali (usi impropri dell'agrofarmaco,
carenze legislative, principi attivi a rischio), proponendo appropriati rimedi.
Il Piano nazionale di monitoraggio e la rete di laboratori di controllo che il MiPAF ha
istituito per la prima volta nel 1992, risultano avere peculiarità che li rendono unici
73
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
rispetto ai monitoraggi di tipo tradizionale e nascono sulla base delle competenze che
il ministero ha nei confronti dell'indirizzo e della tutela dell'agricoltura nazionale.
La rete dei laboratori di controllo, costantemente aggiornata e ispezionata, è costituita
da 5 centri nazionali di riferimento, cui fanno capo più regioni. Essi sono:
 AREA NORD (Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Trentino, Friuli,
Emilia Romagna, Marche);
 AREA CENTRO (Toscana, Lazio, Umbria, Campania, Abruzzo);
 AREA SUD (Basilicata, Puglia, Molise, Calabria);
 AREA SICILIA;
 AREA SARDEGNA.
Tutti i campioni sottoposti a controllo sono accompagnati da una scheda dei
trattamenti che consente un monitoraggio mirato dei residui e conseguentemente,
sulla base delle informazioni raccolte, di comprendere le ragioni delle eventuali
irregolarità rilevate.
Il Piano nazionale di monitoraggio del MiPAF oltre ad essere caratterizzato da
peculiarità proprie quali:
-
il conferimento di campioni a storia nota;
il conferimento di tipo volontario;
la non fiscalità del controllo;
l'anonimità del campione;
la rapidità della risposta analitica;
persegue anche alcuni obiettivi particolari quali: la verifica dell'effettivo impiego del
prodotto, lo studio delle curve di degradazione, il controllo dei prodotti su acque e
terreni.
74
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4.5.3 Osservatorio Nazionale Residui (ONR)
L’Osservatorio Nazionale Residui è una Struttura dell’Associazione Nazionale di
Agricoltura Integrata (ANSAI), nata nel 1996. Nel 2001 ha stipulato una
convenzione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore della Facoltà di Agraria di
Piacenza, con la quale si è presa la responsabilità di raccogliere i risultati delle analisi
pervenute volontariamente da cooperative di produttori, singole aziende agricole,
aziende agroalimentari o da controlli effettuati sulla catena alimentare (ad esempio
supermercati).
Lo scopo è quello di far conoscere agli interessati, l'effettiva situazione igienicosanitaria degli alimenti prima della loro immissione sul mercato. Questo obbiettivo è
raggiunto grazie ai controlli eseguiti da 25 laboratori sparsi sul territorio nazionale e
accreditati o dal SINAL (Sistema Nazionale d'Accreditamento Laboratori), o dal
Ministero della Salute attraverso la buona pratica di laboratorio (BPL).
Di seguito riporto alcuni dati elaborati dall’ONR riguardanti i controlli sui residui nel
decennio 2001 – 2010.
Entità dei controlli ONR 2001-2010
Grafico 4.8: entità dei controlli dal 2001-2010
(Fonte: ONR Piacenza)
75
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Entità dei controlli ONR 2001 – 2010
Grafico 4.9: entità dei controlli dal 2001-2010
(Fonte: ONR Piacenza)
Presenza di residui nei campioni (ONR) 2001 – 2010
Grafico 4.10: presenza dei residui nei campioni 2001- 2010
(Fonte: ONR Piacenza)
76
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4.6 Precisazioni
I residui risultati in alcuni casi superiori ai limiti ammessi possono ingenerare
preoccupazione nei consumatori.
Occorre tuttavia considerare che:
 I residui si ritrovano a livelli superiori ai LMR quando gli agrofarmaci sono stati
impiegati in disaccordo alle indicazioni riportate in etichetta o su colture non
autorizzate.
 I livelli di residui superiori ai LMR non riguardano sempre la stessa combinazione
prodotto/coltura.
 In caso di frequente superamento dei limiti, l’impiego del prodotto su quella
coltura viene revocato.
 Inoltre il superamento dei LMR o la presenza di residui su colture non autorizzate
non comporta automaticamente un rischio per la salute.
È importante ribadire ancora una volta che i LMR non rappresentano una soglia di
sicurezza tossicologica ma una soglia legale. Il loro scopo principale è consentire la
commercializzazione delle derrate ed il controllo del corretto impiego degli agro
farmaci. Pertanto alla luce dei dati appena riportati si può concludere con assoluta
certezza che, per quanto riguarda la presenza di residui, la frutta e la verdura che
giunge nelle tavole dei cittadini italiani ed europei è assolutamente sicura.
77
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
78
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Capitolo
5
Residui di Agrofarmaci e GDO
5.1 Multiresiduo
La maggior parte delle colture, durante il loro sviluppo, è soggetta ad attacchi di
molteplici avversità tra insetti e patogeni. Di conseguenza molte colture vengono
trattate con più di un agrofarmaco, ed è questo il motivo per cui spesso negli alimenti
destinati al consumo, sono presenti più di un unico residuo, come osservato dai dati
riportati nei grafici 4.10 - 5.1 – 5.2.
Numerosità dei residui nei campioni ONR 2009
Grafico 5.1 : numerosità dei residui nei campioni
(Fonte: ONR Piacenza)
79
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Tuttavia in base all’unico studio disponibile a livello comparativo ed Europeo circa la
presenza congiunta di due o più residui fitosanitari è interessante notare come la
multiresidualità in frutta e verdura sono passate - secondo EFSA- dal 15, 4% nel 1997
al 25,1% nel 2009. L’aumento di residui fitosanitari abbinati sarebbe dovuto anche al
miglioramento dei metodi analitici nei loro livelli di soglia che permettono di rilevare
un numero maggiore di sostanze analizzate anche grazie al fatto che riescono a
riscontrare residui nell'ordine delle parti per bilione (ppb). Non a caso nel
Programma Europeo di Controllo nel 1997 erano indagate e monitorate 71 sostanze,
diventate ben 834 nel 2009. (Fonte: EFSA)
Entità dei residui Controlli Ufficiali Italia 2009
Grafico 5.2: risultati sull’incidenza dei residui in frutta e ortaggi controlli ufficiali 2009
(Fonte: Ministero della salute)
Ciò nonostante la presenza di multiresidui negli alimenti vegetali ha portato alla
preoccupazione che la combinazione di svariate sostanze chimiche possa determinare
effetti sinergici sull’organismo; cioè che l’effetto complessivo di una serie di
agrofarmaci possa essere superiore alla somma dei singoli effetti, il cosiddetto
“effetto cocktail”.
Questa tematica è molto dibattuta da tempo da tutti gli attori della filiera agrochimica.
Da un lato le associazioni agrochimiche tendono a sdrammatizzare con eccessiva
superficialità e dall’altro le associazioni ambientaliste tendono a fare inutili
80
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
allarmismi le cui pressioni nei confronti della GDO hanno portato alla compilazione
di disciplinari che prevedono, tra le altre cose anche una riduzione del numero dei
principi attivi.
La realtà è che oggi, nel mondo, non esiste nemmeno un modello valido di
valutazione del rischio cumulativo dei diversi pesticidi. Allo stesso tempo però non
esiste, sulla base delle informazioni oggi a disposizione, nemmeno un’evidenza
scientifica che dimostri una possibile interazione, ne di tipo sinergico ne di tipo
antagonistico, tra i vari residui contenuti negli alimenti.
Tuttavia questa è una problematica ancora aperta che negli ultimi anni sta evolvendo
nella direzione di ricercare un metodo di valutazione del rischio cumulativo che tenga
in considerazione non solo il singolo principio attivo ma una miscela di principi attivi
con modalità d’azione simili e differenti.
5.2 Valutazione del rischio cumulativo
Nel quadro del più ampio lavoro dell’EFSA sulla valutazione del rischio cumulativo,
nel 2006 si è tenuto un convegno dal titolo “Colloquio scientifico sulla valutazione
del rischio cumulativo” che ha contribuito a orientare verso ulteriori sviluppi nel
settore. Nel 2008 il gruppo di esperti scientifici sui prodotti fitosanitari e loro residui
(PPR), nominato dall’EFSA, ha emanato un parere su tutti i tipi di tossicità combinata
dei pesticidi, compresa l’interazione tra sostanze chimiche diverse, in cui si
concludeva che soltanto gli effetti cumulativi derivanti dall’esposizione concomitante
a sostanze che hanno comuni modalità di azione davano adito a timori e richiedevano
pertanto ulteriori approfondimenti.
A settembre del 2009, facendo seguito a tali raccomandazioni, il gruppo di esperti ha
selezionato alcuni pesticidi del gruppo dei fungicidi triazolici per testare le
metodologie proposte, e ha convenuto sulla necessità di raggiungere un consenso a
livello internazionale in merito ai gruppi di pesticidi che potevano essere esaminati
congiuntamente mediante un approccio alla valutazione del rischio cumulativo. Il
gruppo ha anche concluso che l’applicazione di una nuova metodologia di
valutazione del rischio cumulativo richiedeva lavoro supplementare e che si
rendevano necessarie anche ulteriori linee direttrici sulle metodologie appropriate alla
valutazione dell’esposizione.
C’è quindi da aspettarsi una rivoluzione per quanto riguarda le valutazioni del rischio
per la messa in commercio degli agrofarmaci, i quali dovranno tener conto non solo
del singolo principio attivo, ma di una miscela di principi attivi.
Tuttavia in attesa di un modello affidabile per valutare l'esposizione a gruppi di
sostanze aventi il medesimo meccanismo d'azione, ad oggi non esiste alcuna evidenza
81
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
scientifica che dimostri l'esistenza di un effetto sinergico dei residui multipli, quando
questi sono presenti ai livelli riscontrati negli alimenti, quindi non c'è motivo di
supporre che essi rappresentino una minaccia per la salute dell'uomo, se non si
considerano residui di gruppi chimici aventi meccanismi d’azione simile.
5.3 Aspetti scientifici
Nel corso dell’approfondimento di questa tematica ho trovato la relazione di un test
eseguito nel 1998 dal “Gruppo di Tossicologia Sperimentale del Dipartimento di
Farmacologia di Firenze”. Il test fu eseguito su una miscela di sostanze attive più
rappresentanti della dieta di un uomo del centro Italia di quegli anni.
Si costruì per questo esperimento un Mix, dalla quantità stimata di 0,716 mg/d, di 15
principi attivi. Nella tabella 5.1 vengono riportati i principi attivi e le relative
proporzioni giudicate verosimili in base alla stima eseguita sulla dieta.
Sostanza Attiva
Percentuale
Sostanza Attiva
Percentuale
Ditiocarbammato
20,7%
Fenarimolo
1,9%
Benomil
19,6%
Paration metile
1%
Tiabendazolo
14,9%
Clorprofam
0,7%
Difenilammina
14,4%
Parathion
0,7%
Clortalonil
13,1%
Vinclozolin
0,3%
Procimidone
8%
Clorfenvifos
0,3%
Metidathion
2,3%
Pirimifos etile
0,1%
Clorpirifos etile
2%
Tabella 5.1: Rappresentazione quantitativa % dei più comuni pesticidi presenti in una dieta media
del centro Italia e impiegati nel Test dal“Gruppo di Tossicologia Sperimentale del Dipartimento di
Farmacologia di Firenze”. (Fonte: Dolara 1998)
Lo studio, eseguito su ratti, batteri e linfociti umani, dimostrava che la
somministrazione della miscela di 15 s.a. comunemente riscontrate nella dieta di un
uomo del centro Italia e in quantità proporzionali alla dieta considerata al tempo non
avevano alcun effetto avverso sulle cavie da laboratorio.
Si aumentarono così le dosi fino al raggiungimento di una concentrazione della
miscela di principi attivi, tale per le quali si manifestarono effetti avversi sulle cavie
da laboratorio. Effetti negativi traducibili ad un aumento di tossicità e
cancerogenicità.
Tuttavia esami più approfonditi dimostrarono che tali effetti avversi erano
riconducibili alle singole sostanze attive che in quel caso erano Benomil, Clortalonil,
Difenilammina.
Il test ha quindi dimostrato ancora una volta la dipendenza dose/effetto delle sostanze
potenzialmente tossiche, le quali esplicano il loro potenziale al raggiungimento di una
82
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
soglia di concentrazione tale da permettere il superamento della soglia di tossicità.
Inoltre, implicitamente, ha dimostrato l’assenza di un effetto interattivo tra le diverse
sostanze impiegate, in poche parole non ha evidenziato nessun effetto cocktail.
Occorre infine precisare che la maggior parte delle sostanze attive impiegate in tal
esperimento, a seguito dell’applicazione della direttiva 91/414, sono oggi revocate. In
particolare Benomil e Difenilammina, due delle tre sostanze responsabili degli effetti
avversi non sono più impiegabili da tempo, mentre per l’unica delle tre ancora
approvata (il Chlortalonil che tuttavia dai risultati dei monitoraggi 2009 non risulta
nemmeno una presenza in tracce nonostante sia uno dei p.a. maggiormente ricercati
come si evince dalle tabelle 4.3 – 4.4 – 4.5) il LMR è fissato, per la maggior parte
delle colture al limite di determinazione analitica fissato a 0,01 ppm.
Un’altra testimonianza autorevole in merito alla tematica dei residui multipli
contenuti negli alimenti è espressa dalla nota tossicologa e ricercatrice Sara Visentin
che in un convegno organizzato da Gowan ad inizio 2010, afferma di aver
recentemente compiuto un monitoraggio in Lombardia per valutare il rischio legato
all’esposizione degli agrofarmaci nell’alimentazione. Oltre mille campioni per
calcolare l’effetto cumulativo di carbammati e fosforganici, gli unici per cui - dice la
ricercatrice - l’effetto sinergico avrebbe senso, avendo entrambi un meccanismo
d’azione anticolinesterasico.
La conclusione è che “non esiste un rischio acuto per il consumatore, e nemmeno
cronico, visto che l’effetto dei carbammati è reversibile. In più molti dei prodotti
testati sono destinati ad essere presto sospesi (fatto che ad oggi dovrebbe già essere
avvenuto) per effetto della revisione comunitaria. Il calcolo della dose giornaliera
accettabile, dice la ricercatrice, tiene già conto con ampio margine di sicurezza dei
rischi d’esposizione. Ed alla domanda esplicita: “Ma il timore sull’effetto sinergico
dei residui di agrofarmaci ha una base scientifica?” risponde “Assolutamente no”.
Infine la ricercatrice si lascia scappare un commento riguardo ad un vincolo imposto
dai recenti disciplinari di produzione della Grande Distribuzione Organizzata:
“Personalmente penso che il criterio del numero dei residui non abbia senso: meglio
tanti residui ampiamente sotto il limite, che pochi residui più vicini al limite
tollerabile, per la presumibile difficoltà nelle strategie di difesa innescata dalla
limitazione degli agrofarmaci utilizzabili”. (Fonte : Terra e Vita n. 5/2010)
Ma questo è argomento dei prossimi paragrafi trattati in questo elaborato.
83
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
5.4 I disciplinari di produzione della GDO
Nell’autunno del 2005 associazioni afferenti al PAN (Pesticide Action Network) e a
Greenpeace condussero un’indagine su frutta e verdura posta in commercio sugli
scaffali dei supermercati di 5 paesi europei: Germania, Francia, Italia, Olanda e
Ungheria. Gli autori di questa indagine sulla base della numerosità delle sostanze
attive trovate in ogni campione stilarono una classifica dei diversi punti vendita della
Grande Distribuzione Organizzata.
Sulla spinta delle polemiche innescate dalle associazioni ambientaliste a seguito di
quest’indagine la grande distribuzione organizzata ha scelto una linea molto severa in
materia di residui di agrofarmaci, giungendo all'elaborazione di disciplinari di
produzione talmente vincolanti da risultare ben più restrittivi rispetto alla stessa
normativa europea vigente. Tali iniziative, frutto di contratti privati, non sono solo
una prerogativa della GDO italiana, ma soprattutto di grandi catene distributrici
europee che rappresentano un importante mercato di sbocco per i prodotti
ortofrutticoli italiani.
Possiamo di seguito riassumere alcune delle richieste fatte da una parte della Grande
Distribuzione Organizzata:
 Divieto di impiego di alcune sostanze appartenenti ad una lista negativa, ed
esclusivo impiego di agrofarmaci appartenenti ad una lista positiva fornita dal
distributore.
 Il livello di RMA, per singolo principio attivo, non deve eccedere una quota
variabile che va dal 30% all’ 80% del livello di LMR di legge vigente in Europa.

La sommatoria della percentuale di residui dei vari principi attivi presenti sul
prodotto, deve essere inferiore ad una quota che varia da 50 a 100. Per tutti o per
gruppi omogenei di classi di fitofarmaci (insetticidi, fungicidi, acaricidi, ecc….)
 Lo sfruttamento massimo della dose acuta di riferimento (ARfD) non deve essere
superiore del 33% per ogni singola sostanza attiva. In certi casi la somma delle
ARfD delle singole sostanze non deve essere superiore al 70%.
 È ammesso un numero massimo di principi attivi presenti contemporaneamente in
un campione. Il numero massimo di residui ammessi varia in funzione della
coltura e va da 1 a 5.
84
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
La Grande Distribuzione Italiana, è tra le più moderate rispetto le colleghe europee.
Per la precisione; Crai, Selex, Metro, CONAD, richiedono prodotti ortofrutticoli con
un limite massimo residuale del 50% rispetto quello stabilito dalla legge, Carrefour
del 40% e Esselunga, COOP e Despar solo un 30% del Limite Massimo Residuale
(LMR) stabilito dalla normativa vigente.
Residui Massimi Ammessi da GDO italiana
Grafico 5.3: requisiti di rispetto del limite residuale massimo da parte
delle catene commerciali italiane. (Fonte: “Frutta e vite” 2009)
Nella Grande Distribuzione tedesca, come si evince dalla tabella 5.5, la Dole ritira
frutta che contiene al massimo l’80% del LMR. Tengelmann e Edeka il 70 %,
Kaufland il 33 %. LIDL, ALDI, Norma, Plus, Rewe e la olandese Super de boer
basano il loro limite di residuo su una percentuale variabile dell’ARfD che va da un
33% a un 100% e la sommatoria della percentuale di residui dei vari principi attivi
presenti sul prodotto deve essere inferiore ad una quota che va dal 50% al 80 %.
Ma non è finita qui e non la riduzione del quantitativo di residuo rilevabile nei
prodotti destinati al consumo che preoccupa i produttori, in quanto l’impiego corretto
degli agrofarmaci nel rispetto delle norme poste in etichetta, permette di mantenere il
residuo di principio attivo molto al di sotto del LMR fissato per legge.
È invece preoccupante il fatto che alcune catene di supermercati tedesche tra quelle
menzionate pretendono una limitazione del numero di residui rilevabili nei prodotti
85
Cristian Tozzi
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
ortofrutticoli. Questa parte della GDO consente la rilevazione di un numero variabile
di sostanze attive che va da 1 a 5 a seconda della coltura. Ad esempio per la
produzione di pere sono ammesse al massimo 4 sostanze attive, per pesche e nettarine
le sostanze attive sono limitate a 3, mentre invece per il kiwi è ammessa al massimo
una sola sostanza attiva.
Le catene distributrici inglesi sono ancora più rigorose delle colleghe tedesche.
Sainsbury’s richiede a partire dall’anno 2009, di non rilevare la presenza di
insetticidi, mentre a far capo dal 2012 la merce fornita dovrà essere completamente
esente da residui. Marks & Spencer, The co-operative e Waitrose dispongono di una
propria lista di sostanze attive che non possono essere impiegate, o soltanto molto
limitatamente. Inoltre anch’esse pongono come obiettivo il raggiungimento del
“Residuo zero”.
Vincoli imposti da una parte della GDO europea
Riferimento
%
LMR
DOLE
(D)
Tengelmann (D)
Kaufland
(D)
LIDL
(D-NL)
ALDI
(D-NL)
Norma
(D)
Edeka
(D)
Plus
(D)
Rewe
(D)
Super de boer(NL)
80 %
70 %
33 %
70 %
-
Marks
&
Spencer
ARfD
% sommatoria
del LMR
N° sostanze
attive
< 33%
< 80 %
< 80 %
< 70 %
< ARfD
< ARfD
80 %
80 %
70 %
70 %
70 %
50 %
1-5
1-5
5
1-5
-
Obiettivo futuro è di avere prodotti a “residuo zero” in
percentuale dal 60 – 90%
(UK)
The
co-operative(UK)
Sainsbury’s (UK)
Schema di supporto finalizzato affinchè gli agricoltori
evitino l’uso di pesticidi considerati pericolosi
Altro
Lista nera di 12
s.a.
Lista nera di 60
s.a ( 29 delle
quali ammesse
in UE)
Lista di s.a
proibite di cui
23 ammesse in
UE
Obiettivo di avere frutta e verdura a residuo zero dal 2012.
Tabella 5.2: Vincoli imposti da una parte della GDO europea
(Fonte : PAN 2009 )
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
5.4.1 Analisi delle richieste della GDO
È recentemente conclusa la revisione europea dei prodotti fitosanitari. Questa corposa
attività, avviata nel lontano 1993 ha preso in esame circa 1000 sostanze ed ha
determinato il progressivo ritiro dal mercato di circa 700 molecole chimiche. Vi è
stata quindi una significativa riduzione delle sostanze attive, come possiamo vedere
in termini percentuali dal grafico sottostante.
Effetto Dir. 91/414 sui p.a. disponibili a luglio 1993
Grafico 5.4: effetto direttiva 91/414 sui p.a. disponibili a luglio 1993
(Fonte:Mipaf)
In particolare gli insetticidi: sono usciti dal mercato numerosi fosforganici ( es.
Azinfos metile, Paration, acefate, ecc.), carbammati ( es. Carbaril, carbofuran, ecc.),
piretroidi (es. Bifentrin, Permetrina, ecc.) e regolatori della crescita ( es. Triflumuron,
Esaflumuron, ecc.). Tra i fungicidi sono stati fortemente ridimensionati i triazoli
(Esaconazolo, Triadimefon, ecc.) ed i benzimidazolici ( es. Benomil e Carbendazim,
ecc.) oltre che tanti erbicidi appartenenti ai gruppi chimici delle triazine e derivati
dell’urea.
 I disciplinari di produzione di una parte della GDO che richiedono non vengano
impiegate le sostanze attive appartenenti ad una lista cosiddetta “nera” riduce
ulteriormente il panorama agrofarmacologico a disposizione dell’agricoltore per
contrastare le avversità. Fatto che non sembra necessario a fronte della già
restrittiva attività eseguita nell’ applicazione della direttiva 91/414, e dell’attuale
regolamento CE 1107/2009 che, già recepito, seguirà la suddetta direttiva.
Questa richiesta della GDO oltre che contraddire la Buona Pratica Agricola (BPA)
e la produzione integrata si tradurrebbe, nel medio periodo in un ulteriore aggravio
dei costi di produzione per via della diminuzione della concorrenza di mercato del
prezzo dei formulati dovuto alla forte diminuzione del numero di principi attivi.
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 La richiesta di portare il residuo di fitofarmaci al tanto discusso limite del 80% o
addirittura del 33% di quello massimo ammesso per legge, ha tuttavia stimolato i
produttori e tutta l’organizzazione che li assiste verso un livello di attenzione al
problema dei residui maggiore ed in questo senso le garanzie per i consumatori
sono effettivamente migliorate. Inoltre non rappresenta un problema, in quanto
l’impiego corretto degli agrofarmaci nel rispetto delle norme poste in etichetta e
con le tecniche di difesa integrata, permette di mantenere il residuo di principio
attivo molto al di sotto del LMR fissato per legge. Sempre per lo stesso motivo
non risulta essere un grosso problema nemmeno il fatto che la sommatoria dei
singoli residui non debba superare il valore di riferimento pari a 50% - 80%,
sebbene resterebbe da capire quali siano i criteri d’impiego che dovrebbero
applicare gli agricoltori per essere certi di rispettare tali livelli di residuo.
 Più discutibile è la richiesta del rispetto di una quota percentuale dell’ARfD o
della ARfD stessa. Tale parametro, ovvero la dose acuta di riferimento, è stato
introdotto di recente e rappresenta la quantità di sostanza presente negli alimenti
che può essere ingerita nel corso di 24 ore, senza apprezzabili rischi per la salute
del consumatore, tenendo conto dei gruppi di popolazioni più sensibili quali
bambini e nascituri.
Questo parametro non esiste per tutte le sostanze attive, ma sono determinate solo
per quelle sostanze che potenzialmente possono nuocere la salute solo con
un'unica esposizione.
Ad esempio in una ricerca nel “Pesicides Data Base” dell’unione europea non
trovo riscontro della ARfD per Azoxistrobin, Picoxistrobin, Metiram, e tantissimi
altri. Questo non farebbe che creare confusione negli agricoltori che nonostante
l’impegno nel rispettare tale vincolo, non troverebbero a disposizione le
informazioni necessarie per rispettarlo.
Inoltre, pur impiegando gli agrofarmaci nel pieno rispetto delle norme e delle
indicazioni poste in etichetta vedrebbero la merce respinta perché non conforme ai
disciplinari della GDO. E questo sappiamo bene che con i tempi che corrono per
gli agricoltori, è tutt’altro che sostenibile.
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
5.4.2 Vincolo del numero di residui ammessi
La richiesta di una parte della GDO di ridurre la quantità di residui rilevabili in frutta
e verdura, è un parametro non soltanto del tutto arbitrario, ma potenzialmente foriero
di maggiori rischi per la salute umana e per l'ambiente di quelli che intenderebbe
prevenire. Infatti oltre che da un punto di vista strettamente tossicologico sarebbe
opportuno valutare questo vincolo anche da quello fitosanitario, verificando ciò che
tali richieste determinano nella fase produttiva e in particolare nella definizione delle
strategie di difesa.
Di seguito vedremo alcuni aspetti negativi dovuti a questo vincolo riscontrati in
questi anni di applicazione e a seguito di un’attenta analisi.
 Una problematica è rappresentata nella fase del confezionamento quando viene
riunita, da privati o da cooperative, frutta o verdura di produttori differenti,
ottenuta mettendo in pratica linee di difesa diverse e quindi anche con l’utilizzo di
agrofarmaci differenti. Può capitare quindi, che pur producendo frutta o verdura
utilizzando gli agrofarmaci nel rispetto delle norme e delle indicazioni riportate in
etichetta e pure rispettando il vincolo del numero di 4, 3 o 1 residuo, la merce
venga respinta ugualmente. Ad esempio, se i 4 agrofarmaci utilizzati dal signor
Rossi per produrre la partita A di pere, non sono gli stessi 4 agrofarmaci utilizzati
dal signor Bianchi per la produzione della partita B, al momento del confezionato
quando vengono raccolte partite di produttori differenti si manifesta il problema.
Perché, se il campione analizzato risulterà composto da entrambe le partite esso
risulterà irregolare (secondo le norme imposte dalla GDO). La merce verrà quindi
respinta perché la totalità dei principi attivi riscontrati sarà ovviamente maggiore a
4 pur essendo un prodotto ottenuto nel tentativo di rispettare i disciplinari di
produzione della GDO, ma soprattutto nel pieno rispetto delle normative europee
e nazionali.
Pertanto una riduzione dei residui potrà avverarsi solo se tutti i frutticoltori si
atterranno strettamente, in caso di bisogno e a partire da un dato momento, alla
sola guida di difesa proposta.
Tuttavia questa soluzione manifesterebbe a sua volta un altro problema: mettiamo
il caso che i produttori siano riuniti in consorzi o associazioni di produttori (OP) e
siano costretti a rispettare tutti un numero chiuso di principi attivi
precedentemente stabilito per adempiere al disciplinare imposto da queste catene
distributrici.
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Problema Confezionamento
Partita A
Partita B
Azoxistrobin
Boscalid
Clorpirifos
Abamectina
Azoxistrobin
Boscalid
Clorpirifos
Emamectina benzoato
Figura 5.1:Problema confezionamento in seguito alla riduzione del numero di p.a
Nel caso in cui la distribuzione di una delle sostanze attive prestabilite non risulti
necessaria, ad esempio per mancanza del superamento della soglia economica di
danno o per mancanza dell’avversità (dato che nell’ambiente agrario le variabili
sono molteplici), ecco che la sostanza attiva non potrà nemmeno essere
rimpiazzata utilizzandone un’altra per contrastare un’ulteriore eventuale ed
imprevedibile avversità. (non dimentichiamo che le problematiche fitopatologiche
non sono omogenee e uniformi da zona a zona e di anno in anno, anzi spesso
sorge una nuova incontrollabile avversità, un esempio attuale è la PSA del kiwi).
Quindi anche se ci fosse a monte una buona organizzazione e collaborazione di
tecnici, fitoiatri e di produttori, resta comunque il fatto che una difesa fitosanitaria
impostata su un vincolo simile, quale quella del numero di principi attivi ammessi
è impraticabile.
 Inoltre il vincolo al numero di residui, così com’è impostato, contraddice alcuni
dei principi basilari sulla quale la difesa integrata ha posto le proprie fondamenta.
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Sappiamo bene che la difesa integrata mira ad effettuare trattamenti chimici solo
quando è strettamente necessario e sempre, previo pratiche di monitoraggio, al
superamento delle soglie economiche di danno.
La necessità di produrre un prodotto ortofrutticolo sano e commercializzabile,
nonostante il vincolo al numero di residui rilevabili, obbligherà l’agricoltore ad
effettuare un elevato numero di trattamenti cautelativi nelle fasi iniziali della
produzione frutticola senza alcuna valutazione circa l'effettiva necessità degli
interventi.
Trattare in fase fenologica così precoce e soprattutto a notevole distanza dalla
raccolta e commercializzazione del prodotto permetterà, oltre che a difendere le
colture dalle avversità, la completa degradazione del principio attivo nell’alimento
che comporterà, Sì una riduzione della quantità e del numero di residui
riscontrabili nell’alimento, ma determinerebbe però un aumento del residuo
nell’ambiente con conseguenze negative riguardo i rischi a carico dell’ambiente
stesso e della salute umana non solo dell’operatore ma indirettamente anche dei
consumatori, in quanto abitanti di questo pianeta.
 Quindi, il rispetto di questo vincolo impone un ritorno ad una metodologia di lotta
convenzionale e all’impiego ripetuto dei soliti principi attivi. Questo oltre a
determinare l’instaurarsi di fenomeni di resistenza (come vedremo in seguito)
causerebbe anche l’insorgenza di avversità che altrimenti non ci sarebbero. Un
esempio è dato dall’impiego di quegli insetticidi detti “acari – insorgenti”, uno tra
questi è il Thiacloprid. Trattamenti ripetuti di questa sostanza attiva (sono
sufficienti 2 trattamenti) causa l’insorgenza di acari.
Conseguente si avrà un danno che, dovendo rispettare i disciplinari della GDO, il
produttore non può ripristinare, quindi un danno economico di notevole entità.
Perché, i prodotti acaricidi, oltre ad avere periodi di carenza più lunghi in quanto
residuano più a lungo nella coltura e nell’ambiente,
hanno particolari
caratteristiche;
Gli acaricidi sono divisi in 3 categorie (come riportato al punto 2.2.1 di questo
elaborato): ovicidi, larvicidi e adulticidi a seconda dello stadio biologico
dell’acaro nella quale esplicano la loro azione tossica. Quindi un trattamento
acaricida efficace necessita di più di un principio attivo somministrato
contemporaneamente.
Un ritorno al convenzionale non è quindi auspicabile in quanto porterebbe a
vanificare tutti i progressi tecnici fatti negli ultimi 30-40 anni di esperienza
applicando le più moderne tecnologie e metodologie della produzione integrata.
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 Inoltre un altro punto fondamentale della difesa integrata è quello di preservare la
massima efficacia dei principi attivi nei confronti del target, attraverso l’impiego
alternato degli stessi, oppure in miscela tra loro.
Infatti gli agrofarmaci di moderna concezione mirano ad essere più selettivi
possibile nei confronti delle specie non bersaglio al fine di avere un basso impatto
eco-tossicologico. Ciò è reso possibile grazie all’utilizzo di molecole con
meccanismi d’azione molto specifici che permettono di eliminare una specie
dannosa all’agricoltura preservando invece le specie utili all’ecosistema. Unica
problematica che questi principi attivi presentano è quella di essere facilmente
soggetti alla perdita di efficacia a causa dell’insorgenza, all’interno della
popolazione delle specie dannose, di organismi resistenti che moltiplicandosi
creano una popolazione meno sensibile o addirittura insensibile ai principi attivi
che presentano quello specifico meccanismo d’azione.
L’unica possibilità di mantenere l’efficienza della sostanza attiva è appunto quella
di impiegare in miscela tra loro o in maniera alternata i diversi principi attivi con
differenti modalità d’azione. Questa strategia, consolidata dopo decenni di
osservazioni ed esperienza, non è attuabile a seguito del vincolo imposto da una
parte della GDO tedesca. Infatti se l’agricoltore si troverà costretto a produrre
impiegando un numero limitato di principi attivi, impiegherà sempre gli stessi
principi attivi in maniera ripetuta. Il risultato sarebbe proprio il contrario dello
scopo che si intenderebbe raggiungere, infatti probabilmente si rileverà un
principio attivo in meno , ma in quantità superiori.
Per meglio comprendere pongo un esempio pratico: mettiamo che l’agricoltore
per produrre pere Abate fetel necessita di difendere la propria coltura da avversità
quali psilla, cocciniglia, carpocapsa, ticchiolatura e maculatura bruna( avversità
costantemente presenti in pereti situati nella zona Emiliano – Romagnola). Per
contrastare la psilla impiega nel corso della stagione Emamectina benzoato
(prodotto microbiologico che non presenta problemi di resistenza). E contrasta le
infestazioni da cocciniglie e carpocapsa con l’impiego di Clorpirifos. Restano
quindi 2 principi attivi per combattere le malattie fungine Maculatura bruna e
Ticchiolatura. La soluzione ottimale sarebbe quella di mettere in pratica una
strategia antiresistenza che preveda l’impiego di 3-4 molecole fungicide con
meccanismo d’azione differente, in alternanza tra loro o in miscela: ad esempio il
Tebuconazolo (Inibitore della Biosintesi degli Steroli) in alternanza ad una
miscela di Boscalid (Carbossamide) e Azoxistrobin (Strobilurina di sintesi)
entrambi principi attivi a basso impatto tossicologico ed eco-tossicologico, ma che
presentano un elevato rischio di perdita d’efficacia a causa di sviluppo di
resistenza dei parassiti. Questa strategia, frutto di progressi tecnici di difesa
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integrata evoluti dai migliori addetti al settore, permette di ottenere produzioni con
un basso livello di residui di principi attivi a basso impatto sull’ambiente e sulla
salute umana.
L’agricoltore che aderisce ai disciplinari di produzione della GDO tedesca, e che è
soggetto al vincolo dei 4 residui non può mettere in pratica questa strategia e
dovrà combattere le malattie fungine con l’impiego di sole 2 molecole. Sarà
quindi obbligato a trattare la coltura con un principio attivo in meno. Non potendo
mettere in pratica la strategia antiresistenza può avvenire presto una perdita di
efficacia delle sostanze attive, che costringe l’agricoltore ad aumentare le dosi
ottenendo, Sì un prodotto con un residuo in meno ma a conti fatti la quantità di
residuo nella pera sarà maggiore. Ma non è finita qui. Il produttore soggetto al
vincolo baserà la scelta dei principi attivi da utilizzare non sulle molecole a più
basso impatto tossicologico ed eco-tossicologico, ma sulle molecole più efficaci
che ha a disposizione (e non necessariamente le meno tossiche).
Quantità di residuo con 2 differenti linee di difesa
Figura 5.2: se vincolati a produrre con un numero inferiore di residui rilevabili, la
quantità totale di residui presenti nella matrice è superiore.
(NB: questo è solo un esempio finalizzato ad una miglior rappresentazione e comprensione,
quindi i valori riportati sono rappresentativi ma non reali)
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La perdita d’efficacia del principio attivo, dovuto all’insorgenza di resistenza nelle
popolazioni di fitofagi o parassiti possono quindi portare ad aumentare i dosaggi
d’applicazioni e il numero di applicazioni determinando così un’ aumento dei residui
e nel lungo periodo ad una totale perdita d’efficacia della molecola con ulteriore
riduzione (in questo caso tecnica) degli agrofarmaci impiegabili.
Inoltre le sempre più evolute e precise tecniche di determinazione analitica, capaci di
riscontrare la presenza di residui a quantità inferiori allo 0,01 ppm , fanno si che
risulti sempre più difficile rispettare questo conteggio. Senza poi tenere conto che
oggi il limite è 0,01ppm, ma domani sarà ancora più basso perché deve garantire di
più il solo consumatore con l’illusione di “zero fitofarmaci”, tralasciando però la
sicurezza dell’operatore agricolo che li impiega comunque in campo per necessità.
Infine la proliferazione dei disciplinari da parte della GDO non fa che generare ancor
più confusione nel consumatore che in questo modo è portato ad associare
l’agrofarmaco a fattori negativi, con ripercussioni sui consumi dell’ortofrutta, che
invece dovrebbe essere incrementata nella vita quotidiana proprio perché si associa
ad uno stile di vita salutare.
Pertanto i principi fissati dai disciplinari privati elaborati da alcune catene della GDO,
ed in particolare il vincolo di ridurre il numero di residui rilevabili, è una scelta che
risponde esclusivamente a logiche di carattere commerciale che lasciano trasparire
ancora una volta un certo squilibrio tra la forza contrattuale dei produttori agricoli e
quella della Grande Distribuzione Organizzata. Si tratta perciò di una presa di
posizione unilaterale che non tiene conto delle problematiche di campo che sono
differenti da zona a zona anche in funzione della pressione delle avversità che non è
certamente omogenea e neppure uniforme negli anni. Sono quindi ricette scritte a
tavolino, al limite della praticabilità e che non risolvono ne i problemi fitopatologici
ne offrono un contributo in più per la sicurezza alimentare.
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Conclusioni
Con il presente elaborato, frutto di una profonda ricerca e un’attenta analisi si è
tentato di mettere a disposizione del lettore tutte le informazioni necessarie a
comprendere se l’attuale normativa in materia di residui di agrofarmaci tutela
sufficientemente il consumatore. Inoltre se i disciplinari di produzione privati, emessi
dalla Grande Distribuzione Organizzata, contribuiscono ad apportare un contributo
significativo a tale scopo.
Nel tentativo di raggiungere tale obiettivo sono stati riportati i punti salienti che
caratterizzano la registrazione degli agrofarmaci. Abbiamo osservato che un prodotto
fitosanitario per poter essere autorizzato non deve solo essere efficace contro gli
organismi bersaglio, ma deve allo stesso tempo essere selettivo. Inoltre non deve
provocare effetti dannosi alla salute dell'uomo e agli animali e non deve provocare
effetti inaccettabili all'ambiente. Per verificare che vengano soddisfatti tali requisiti
sono effettuati studi alquanto minuziosi che prevedono la sperimentazione su animali
cavie da laboratorio al fine di costruire il profilo tossicologico della sostanza. Dopo
aver analizzato nel dettaglio la complessità, severità e durata di questo processo, che
può variare da 6 a 8 anni, possiamo concludere che se un agrofarmaco è autorizzato
all’impiego è perché ha fornito elevate garanzie di sicurezza per l'operatore, il
consumatore e l'ambiente.
In seguito si è analizzato il procedimento parallelo a quello di autorizzazione, ovvero
la fissazione del Limite Massimo di Residuo attraverso le “prove residui” e lo studio
delle curve di degradazione dell’agrofarmaco. Questo valore, fissato
obbligatoriamente al momento della registrazione dell'agrofarmaco, non rappresenta
una soglia di sicurezza tossicologica, ma rappresenta un limite legale oltre i quali il
prodotto vegetale non può essere commercializzabile. Pertanto se il residuo di un
agrofarmaco risulta superiore al LMR, significa che esso è stato probabilmente
impiegato in modo non corretto e non conforme alle raccomandazioni in etichetta.
Ciò rappresenta un reato ma non è necessariamente motivo di preoccupazione
sanitaria. Anzi, osservando i grafici è ben evidente quanto il LMR per ciascun
vegetale sia fissato ben al di sotto del limite massimo d'assunzione. Quindi il
superamento occasionale di questo valore rappresenta un reato punibile dalla legge,
ma non rappresenta un rischio per il consumatore.
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“I Residui di Agrofarmaci nei prodotti Ortofrutticoli”
Successivamente abbiamo osservato i risultati dei monitoraggi fatti nell’ambito dei
controlli ufficiali, e quelli non ufficiali elaborati dall’ONR (Osservatorio Nazionale
dei Residui), sui prodotti ortofrutticoli e sono emersi risultati decisamente rassicuranti
in materia di sicurezza alimentare. Successi che secondo l’EFSA sono stati raggiunti
grazie alla restrittiva direttiva 91/414 e al recente regolamento 396/2005 che ha
armonizzato i LMR in tutta l’unione europea.
All’ultimo capitolo si è presa in considerazione la preoccupazione sollevata dalla
presenza di multiresidui sulla coltura ovvero che i diversi residui presenti negli
alimenti possano in qualche modo interagire in maniera sinergica.
La tematica, molto dibattuta negli ultimi tempi, non è supportata a sufficienza ne
dalla letteratura ne dalla scienza. Tuttavia ho provato a colmare queste lacune
riportando il risultato di un test eseguito dal “Gruppo di Tossicologia Sperimentale
del Dipartimento di Farmacologia di Firenze”, su una miscela di 15 principi attivi più
rappresentativi della dieta di un italiano del centro Italia. Il Test ha dato esito
negativo.
Inoltre Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, preso coscienza che dai
monitoraggi risulta un incremento della multi residualità ha affermato che “l’aumento
di residui fitosanitari abbinati sarebbe dovuto anche al miglioramento dei metodi
analitici nei loro livelli di soglia che permettono di rilevare un numero maggiore di
sostanze analizzate. Non a caso nel Programma Europeo di Controllo nel 1997 erano
indagate e monitorate 71 sostanze, diventate ben 834 nel 2009.”
Sempre l’EFSA qualche anno fa ha nominato un gruppo di esperti scientifici, che nel
2008 ha emanato un parere su tutti i tipi di tossicità combinata dei pesticidi, compresa
l’interazione tra sostanze chimiche diverse, in cui si concludeva che soltanto gli
effetti cumulativi derivanti dall’esposizione concomitante a sostanze che hanno
comuni modalità di azione davano adito a timori e richiedevano pertanto ulteriori
approfondimenti. Quindi la tematica è tutt’altro che chiusa.
Il gruppo di esperti ora sta ricercando un modello di valutazione del rischio
cumulativo che tenga in considerazione non più un singolo principio attivo, ma una
miscela di sostanze attive aventi meccanismi d’azione e di tossicità simili.
Comunque, in attesa di un modello affidabile per valutare l'esposizione a gruppi di
sostanze aventi il medesimo meccanismo d'azione, ad oggi non esiste alcuna evidenza
scientifica che dimostri l'esistenza di un effetto sinergico dei residui multipli, quando
questi sono presenti ai livelli riscontrati negli alimenti, quindi non c'è motivo di
supporre che essi rappresentino una minaccia per la salute dell'uomo, se non si
considerano residui di gruppi chimici aventi meccanismi d’azione simile.
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Solo a questo punto abbiamo affrontato l’argomento inerente ai disciplinari di
produzione della Grande Distribuzione Organizzata. Dopo un’attenta e dettagliata
analisi delle richieste fatte da una parte di essa, si è venuto a conclusione che sebbene
alcune richieste hanno stimolato i produttori e tutta l’organizzazione che li assiste
verso un livello di attenzione al problema dei residui maggiore (ed in questo senso le
garanzie per i consumatori sono effettivamente migliorate) la limitazione di utilizzo
di agrofarmaci, se non opportunamente studiata in funzione delle patologie da
controllare attraverso organi competenti come ad esempio le università ecc., potrebbe
rivelarsi foriera di ulteriori problematiche di carattere non solo commerciale,
economico e fitopatologico, ma anche sanitario con un aggravio dell’ impatto
tossicologico ed eco tossicologico della difesa fitosanitaria stessa.
Pertanto possiamo concludere che, da quanto elaborato in questa ricerca, sia
l’ambiente, gli operatori del settore e il consumatore sono sufficientemente tutelati
dalla normativa vigente in materia di residui. Mentre l’applicazione dei disciplinari di
produzione emessi da una parte della Grande Distribuzione Organizzata (in
particolare quella europea), sono una presa di posizione unilaterale che non tiene
conto delle problematiche di campo, e fanno emergere un certo squilibrio tra la tutela
dell’ecosistema e degli operatori che da un lato vengono penalizzati, e quella dei
consumatori dall’altro lato, ai quali tuttavia non offre quel contributo in più alla
sicurezza alimentare che si intenderebbe apportare.
Mi appello pertanto alla stessa GDO affinché faccia un passo in dietro e consideri
la problematica dei residui in collaborazione con esperti del mondo scientifico ed
universitario, in modo tale da tenere conto anche delle problematiche fitopatologiche
di campo.
Mi appello inoltre agli organismi nazionali ed internazionali competenti, che fino ad
ora hanno dimostrato passività ed indifferenza, affinché sia presa una posizione
trasparente ed univoca e diano, nel caso non sia fatto un passo indietro, una
ridimensionata alle pretese avanzate dalla GDO, tornando così ad essere un punto di
riferimento per i consumatori e i produttori.
Mi appello infine al mondo scientifico affinché esegua un’ulteriore approfondimento
delle tematiche affrontate in questa tesi al fine di rimediare alle lacune tecniche e
scientifiche emerse, allo scopo principale di non demandare ad altri l’informazione.
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Ringraziamenti
Desidero innanzitutto ringraziare il professor Agostino Brunelli per la disponibilità e
il sostegno offerto per la creazione di questo lavoro. Inoltre ringrazio la
professoressa Roberta Roberti per avermi fornito dati e materiale utile per la
realizzazione della tesi. Vorrei esprimere la mia gratitudine anche all’ ICPS di
Milano, e in particolare il Dr Christian Schlitt per il materiale che mi ha fornito.
Ringrazio inoltre il tecnico Maurizio Fiorini del CESAC e il coltivatore diretto
Stefano Tozzi per le numerose informazioni date durante la ricerca. Infine ringrazio
tutti i miei familiari per il sostegno ed in particolare mia moglie Margherita per la
pazienza avuta nel corso dei miei studi.
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Bibliografia
Libri:
1) Trevisan e Gennari, “Agrofarmaci”, OASI, Bologna , 2008;
2) Ferrari, Marcon, Menta, “Fitopatologia, Entomologia agraria e Biologia applicata”
EDAGRICOLE, Bologna , 2000;
3) Belli, “Elementi di patologia vegetale”, PICCIN, Padova, 2007;
4) Galli, Corsini e Marinovich , “Tossicologia” , PICCIN, Padova 2008;
5) Derache, “Tossicologia e sicurezza degli alimenti”, Tecniche nuove, 1988;
6) Dolara, “Tossicologia: generale e ambientale”, PICCIN, 1998;
Articoli:
7) F. Mazzini, in “Agricoltura”,n.2 Febbraio, 2012, pag.10-12;
8) “Residui pesticidi, l'Italia ancora in testa alle classifiche Europee per sicurezza”
9) “Residui dei prodotti fitosanitari nelle derrate alimentari”, n.186, 2008
Agronotizie;
10) Waldner, “Le catene alimentari e la riduzione numerica dei residui di
agrofarmaci”, frutta e vite, 4/2009;
11) L. Tosi, “L’armonizzazione non mette fine alla guerra dei residui”, Terra e Vita,
n.39/2008;
12) “Posizione sulla fissazione di requisiti non-legislativi sui residui di agrofarmaci”
Agrofarma;
100
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13) R. Gigli, “Quali rischi dal vincolo dei 4 residui imposto dalla GDO tedesca sui
prodotti ortofrutticoli?”, www.freshplaza.it , 2010
14) R. Bartolini, “I disciplinari della GDO allarmano i produttori”, Terra e Vita,
n.23/2011
Siti Internet:
15) http://www.sicurezzaalimentare.it/sicurezza
produttiva/Pagine/Residuipesticidi,l'ItaliaancoraintestaalleclassificheEuropee.aspx
16) EU Pesticides Data Base – European Commission
17)
www. Efsa.europa.eu/
18)
www. Salute.gov.it/sicurezza alimentare
19)
www.Ermesagricoltura.it
Altro:
20)
materiale didattico del prof. Agostino Brunelli
21)
materiale didattico del prof. Roberta Roberti
22)
materiale didattico del prof. Stefano Maini
23)
grafici ONR a cura del prof. Gian Pietro Molinari
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