Sicurezza e tollerabilità del ritrattamento
con interferone-alfa natural cocitario
nei pazienti affetti da cirrosi epatica HCV-correlata
o epatite cronica C sottoposti a precedente terapia
con interferone peghilato
Indice
Un caso di cirrosi epatica scompensata da HCV Child B9,
trattata con interferone-alfa naturale
3
Giosuele Calabria
Il trattamento con interferone leucocitario + ribavirina in un paziente di 80 anni
con HCV cronica genotipo 2, in fase di cirrosi compensata
6
Roberto Carbone
L’uso dell’interferone-alfa naturale nel trattamento dell’epatite cronica da virus C
10
Pellegrino Dattolo
Trattamento “long-term” della cirrosi epatica HCV-correlata con interferone-alfa naturale
13
Carmine Fonderico
Interferone leucocitario, ribavirina e acidi biliari in un caso di epatite cronica da HCV
e positività per anticorpi anti-mitocondri
15
Ignazio Grattagliano
Utilizzo dell’interferone-alfa leucocitario nel ritrattamento di pazienti cirrotici
con infezione da HCV intolleranti all’interferone peghilato. Esperienza anni 2003-2012
18
Alfonso Liberti
Normalizzazione della piastrinopenia dopo reintroduzione di interferone naturale,
in paziente HIV già trattato con successo per l’infezione cronica da HCV
con interferone-alfa leucocitario e ribavirina
20
Carmelo Mangano, Rosa Basile, Mariastella Carpentieri, Saverio De Lorenzo, Giuseppe Ieropoli, Alfredo Kunkar,
Maria Polimeni, Giuseppe Foti
Trattamento a lungo termine con interferone leucocitario di una paziente
con cirrosi da HBV-HDV
Michele Milella
24
Successo terapeutico in un paziente con habitus ansioso e turbe caratteriali acuite
dall’uso di interferoni peghilati
28
Salvatore Minniti
Il trattamento con interferone-alfa leucocitario in una paziente anziana, di anni 68,
affetta da cirrosi epatica HCV-correlata e vasculopatia ipertensiva
32
Vincenzo Narciso, Valeria Narciso
Ritrattamento con interferone-alfa naturale leucocitario di un paziente affetto
da epatite cronica C non responder a precedenti trattamenti
35
Giuseppe Sabusco
Ritrattamento con interferone-alfa leucocitario (alfaferone) in paziente con cirrosi epatica
da HCV genotipo 1b e severa leucopiastrinopenia intollerante a Peg-IFN-alfa 2a
38
Rodolfo Sacco
Interferone naturale e risposta virologica sostenuta in paziente con epatite cronica HCV-relata
42
Maria Pina Sciotti, Simona Antonelli, Paolo Rosselli
Epatite cronica HCV-correlata genotipo 1b in donna di nazionalità ucraina con risposta virologica
sostenuta al trattamento con interferone-alfa naturale dopo precedenti fallimenti terapeutici
45
Annarita Sullo
Flare epatitico dopo ciclo di immunochemioterapia per linfoma non-Hodgkin
in paziente con epatite cronica HCV+genotipo 1B e fibrosi severa trattato
con interferone-alfa leucocitario
48
Marco Tabone
Trattamento con interferone-alfa leucocitario e ribavirina: una possibile alternativa
terapeutica in soggetti con cirrosi epatica HCV-correlata in classe A di Child
complicata da marcata piastrinopenia (<60.000 mm3)
Mario Vaccaro, Vincenzo Gallo, Andrea Vaccaro
51
Un caso di cirrosi epatica scompensata da HCV Child B9,
trattata con interferone-alfa naturale
Giosuele Calabria
Azienda Ospedaliera ”D. Cotugno”, Napoli
Introduzione
La terapia antivirale con interferone (IFN) è controindicata nella cirrosi epatica scompensata e tale
controindicazione risiede nell’elevato rischio di complicanze legate
al trattamento (anemia, piastrinopenia, leucopenia, infezioni); inoltre
la terapia antivirale ha minori possibilità di successo. Riportiamo l’esperienza avuta con un paziente
già seguito dal marzo 2010 con
cirrosi epatica da virus C. Il primo
approccio si è verificato in ricovero ordinario, con valutazione della malattia epatica avanzata e caratterizzata da ascite ed emorragia digestiva recidivante.
Note anamnestiche
D.C., 57 anni, maschio, di professione impiegato, che presenta, al ricovero, un versamento ascitico e un
episodio di melena. Gli accertamenti effettuati permettono di
porre la diagnosi di “cirrosi epatica
da HCV (Hepatitis C virus)”classe B
di Child (Marzo 2010).
Nell’ottobre del 2010 il paziente è
avviato al centro di rifermento cittadino di trapianto di fegato per l’inserimento nella lista d’attesa. A no-
vembre del 2010 si verifica un episodio di sanguinamento da rottura
di varici esofagee e, superato tale
evento, il paziente si sottopone alla
legatura delle varici.
Quadro clinico
Esami eseguiti
Ematochimici (Tab. I)
Strumentali
1. Ecografia addome superiore
(marzo 2010):
• ecotessitura epatica disomogenea e grossolana, con margini finemente irregolari;
• assenza di lesioni focali;
• calibro della vena porta aumentato (diametro 13 mm),
vasi portali ectasici;
• colecisti ablata;
• splenomegalia (diametro longitudinale 16 cm) presenza di
ectasie a livello della gastrica
sinistra; falda ascitica.
2. TC addome superiore (marzo
2010):
• versamento libero in peritoneo;
• fegato dismorfico per iperplasia della piccola ala, segni di
cirrosi e splenomegalia;
• varici a livello del tratto distale
dell’esofago.
3. Ecografia addome superiore (ottobre 2010):
• lobo destro epatico ridotto di
volume, ipertrofia del lobo sinistro e del caudato, margini
irregolari, ecostruttura diso-
Tabella I. HCV-RNA metodo PCR real time.
ASL (10-40 UI-L)
ALT (10-60 UI-L)
Bilirubina (0,1-1,2 mg/dl)
Albumina (>3,5 g/dl)
PCHE (4.000-13.500 UI/L)
T.Quick (70-130%)
PLT (130-400x1.000/microl)
Hb (14-18 g/dl)
AFP (>8 ng/dl)
HCV-RNA(1,5E E+1-1E+8 UI/ml)
Genotipo
01-03-10
01-05-10
01-10-11
60
110
62
78
143
80
2,1
1,7
2,4
2,4
3,7
3,3
2.480
5.100
2.900
38
68
42
71
73
68
7,3
10,5
8,9
15
9
13
2,2 E+6 UI/ml
2,6 E+6 UI/ml
2a2c
3
GIOSUELE CALABRIA
mogenea senza lesioni focali;
• splenomegalia, ectasia delle
radici della vena splenica e
dell’asse splenoportale.
4. Color-doppler (ottobre 2010):
• riduzione del flusso epatopeto (trombosi portale?) a livello
della vena porta intraepatica.
5. Esofagogastroscopia (ottobre
2010):
• presenza di cordoni varicosi
(n. 3 cordoni), 2 (F3) e 1 (F2);
• gastropatia ipertensiva, iperemia della mucosa antrale con
presenza di erosioni.
6. Ecografia addome superiore
(maggio 2011):
• fegato di volume aumentato
con ipertrofia lobo sinistro e caudato, ecotessitura disomogenea
ed ecostruttura grossolana;
• assenza di lesioni focali.
• asse splenoportale ectasico
(vena porta diametro 13 mm)
e pervio;
• flusso invertito nel tronco
principale e nel ramo destro,
epatopeto nei rami intraepatici di sinistra, nella vena splenica, circolo della vena gastrica
sinistra a flusso epatofugo;
• splenomegalia con ectasia
delle varici venose all’ilo.
Dopo l’intervento di legatura delle
varici esofagee (gennaio 2011), le
4
condizioni cliniche del paziente migliorano notevolmente e nei followup che seguono, pur notando un
miglioramento dei parametri biochimici, si riscontra il persistere di
una significativa attività necro-infiammatoria, evidenziata dal movimento del valore delle transaminasi.
Trattamento
Valutata la situazione, condizioni
chimiche soddisfacenti, paziente
motivato e collaborativo si decide
per un trattamento con IFN. Nel dicembre 2011 il paziente inizia la terapia che porterà a termine nel giugno 2012 con IFN-alfa naturale (fiala da 6 MUI) sottocute a giorni alterni: non viene associata la ribavirina,
data la tendenza all’anemia (livelli
di Hb mai superiori a 10,5 g/dl) e la
relativa minore aggressività del genotipo infettante (2a/2c).
Il paziente non aveva, in passato,
mai praticato una terapia interferonica e il programma di follow-up,
presso il nostro DH, ha previsto controlli settimanali, per il primo mese
e, in seguito, mensili. Riportiamo,
nella tabella II, la risposta al trattamento a inizio, 3° e 6° mese e a 6 e
12 mesi dal termine della terapia.
Durante la cura non si è verificato
nessun effetto collaterale di rilievo e
il paziente ha portato a termine i 6
mesi preventivati. Cardine fondamentale di questa esperienza è stata l’attenta, e forse anche fortunata,
gestione clinica del paziente: il controllo degli episodi di sanguinamento e il miglioramento della funzionalità epatica ci hanno permesso di prendere in considerazione la
terapia interferonica. Valutati i rischi
e i benefici l’obiettivo minimo è stato quello di ridurre l’attività necroinfiammatoria e, quindi, lo stimolo
alla rigenerazione epatocitaria.
Come si può constatare dai valori degli esami di laboratorio, pur a fronte
di un peggioramento o di una stazionarietà di alcuni valori (riduzione dei
valori di Hb, dei globuli bianchi e delle piastrine) il paziente ha, nel complesso, ben tollerato il ciclo di terapia
interferonica, ottenendo l’obiettivo
prefissato, ossia la riduzione dell’attività necro-infiammatoria con normalizzazione delle transaminasi. Si è
poi associata la risposta virologica
con la clearance del virus.
Sia la risposta virologica che quella biochimica persistevano a 12
mesi dalla sospensione della terapia e all’ultimo controllo, effettuato a dicembre-maggio 2013, le
transaminasi erano nella norma e
la viremia assente. Il miglioramen-
UN CASO DI CIRROSI EPATICA SCOMPENSATA DA HCV CHILD B9, TRATTATA CON INTERFERONE-ALFA NATURALE
Tabella II. Risposta al trattamento a inizio, 3° e 6° mese e a 6 e 12 mesi dal termine della terapia.
Inizio terapia
01-12-11
AST (10-40 UI/L)
160
ALT (10-60 UI/L)
193
Bilirubina (0,1-1,2 mg/dl)
1,9
PCHE (4.000-13.500 UI/L)
4.800
Albumina (>3,5 g/dl)
3,6
Gammaglobuline (12-22,5%)
35,2
T.Quick (70-130%)
67
G.B. (4,8-10,8x1.000/microl)
4,1
PLT (130-400x1.000/microl)
68
Hb (14-16 g/dl)
10
AFP (<8 ng/ml)
14
HCV-RNA
1,8 E+6 UI/ml
to clinico si è consolidato, con
buona performance dell’attività
protido-sintetica e riduzione dei
valori di AFP (alfafetoproteina).
Conclusioni
La nostra esperienza può indicare
due fatti:
a. la non assoluta controindicazione al trattamento interferonico in
corso di cirrosi epatica avanzata
HCV-correlata, purché, chiaramente, il paziente cirrotico, candidato alla terapia venga selezionato, valutato e monitorizzato costantemente;
b. il rallentamento della progressio-
3° mese
01-03-12
36
54
2,2
5.300
3,6
35
65
3,8
50
9,2
7
Assente
Fine terapia
01-06-12
34
28
1,8
6.400
3,8
30
71
2,6
52
9
8
Assente
ne della malattia con miglioramento degli indici di funzionalità
epatica e la riduzione del rischio
di sviluppare l’epatocarcinoma.
L’abbattimento della carica virale,
anche temporanea, dovuta alla
soppressione dell’attività replicativa del virus, riduce il processo necrotico-infiammatorio e determina
un recupero clinico-funzionale con
miglioramento degli indici di funzionalità epatica. Che l’effetto della
risposta biochimica e virologica sostenuta nel tempo sia in grado di
migliorare anche la fibrosi epatica
(osservazioni documentate nelle
forme precoci di cirrosi), nel nostro
caso non è sostenibile in quanto risulta poco consigliabile sottoporre
Follow-up 6 mesi Follow-up 12 mesi
01-12-12
01-05-13
28
35
28
40
2
2,1
6.700
5.800
3,9
3,7
28,5
29
70
68
4,1
4
68
70
10,8
11,2
6
4
Assente
Assente
tale paziente alla biopsia epatica.
Concludiamo sottolineando che,
pur nell’entusiasmo del buon risultato, non abbiamo considerato di rimuovere il paziente dalla lista del
trapianto. Infatti, pur migliorando la
malattia epatica e la sintomatologia
a essa correlata, dovuta all’azione
sulla noxa patogena con riduzione
dell’attività necro-infiammatoria,
per quanto possa essere sostenuta
l’azione terapeutica, rimane comunque un grosso interrogativo: questa
sottrarrà il paziente allo scompenso
terminale, visto che in tali soggetti la
recidiva dell’epatite C è molto frequente e perciò l’evento terminale
potrebbe insorgere improvvisamente e in maniera molto rapida?
5
Il trattamento con interferone leucocitario + ribavirina
in un paziente di 80 anni con HCV cronica genotipo 2,
in fase di cirrosi compensata
Roberto Carbone
Ambulatorio di Epatologia, ASO di Alessandria
Introduzione
Il trattamento dei pazienti anziani
(over 65 anni), affetti da epatite
cronica C, è da sempre stato oggetto di controversie scientifiche
per la difficoltà a quantificare il
reale rapporto rischio-beneficio
del trattamento stesso.
Le domande che più frequentemente si pone il clinico, quando
deve decidere in merito, sono relative agli eventuali vantaggi derivanti dall’eradicazione virale e in
che percentuale questa possa favorevolmente influire in termini di
aumento di sopravvivenza per riduzione di cirrosi scompensata e
riduzione di comparsa di HCC (carcinoma epatocellulare), in pazienti
anziani, con epatopatia in fase
avanzata e fibrosi 3-4 secondo Metavir (misurata con Fibroscan) o
Staging 4-6 alla biopsia epatica,
secondo Ishak.
Questi dubbi hanno fortemente
limitato l’approccio terapeutico
al paziente con età >65 anni e
molti colleghi non si sono di fatto
dedicati a questa tipologia di pazienti, considerandoli, inoltre,
troppo difficili da trattare e con
scarsa risposta.
Occorre innanzitutto chiarire cosa
si intenda per paziente “anziano”.
6
Senza entrare nel merito di concetti prettamente filosofici è però indubbio come il concetto di anzianità si sia profondamente modificato nel corso degli ultimi decenni.
Durante i primi trattamenti con interferone (IFN), venivano considerati anziani e non eleggibili al trattamento, molti pazienti con età superiore a 60 anni e negli stessi studi registrativi delle terapie con IFN;
la scheda tecnica riporta l’utilizzo
del farmaco testato in un range di
età 18-65 anni.
L’approccio al paziente >65 anni è
stato pertanto fortemente limitato dalla giusta prudenza per le incognite sulla tolleranza al trattamento con IFN±ribavirina (RBV) e
dalla scarsità di dati sui risultati del
trattamento stesso in termini di
raggiungimento della SVR nel paziente anziano con fibrosi avanzata e sugli effetti collaterali del trattamento.
Il risultato di questo prudente
comportamento del clinico, nei
confronti del paziente over 65 anni con HCV (Hepatitis C virus) cronica, ha però condotto al risultato di
trovare attualmente un numero rilevante di pazienti ultrasettantenni, senza particolari comorbilità e
in buone condizioni generali fisiche e psichiche, ma con cirrosi
compensata o comunque, con fibrosi avanzata oppure ricoverati
per scompenso ascitico o per
comparsa di HCC.
Nella mia personale esperienza in
merito ho trattato, dal 1996 a oggi,
oltre 80 pazienti over 65 anni con
fibrosi avanzata o con cirrosi compensata HCV-correlata, con il risultato di avere ottenuto una SVR (sustained virological response) del
25% nei pazienti con genotipo 1 e
dell’80% nel genotipo 2.
Nel gruppo dei pazienti trattati,
che hanno raggiunto la SVR, non si
è registrato a tutt’oggi alcun caso
di scompenso epatico e si è registrato un solo caso di HCC a distanza di 10 anni da una SVR ottenuta su fegato cirrotico.
I drop-out sono stati inferiori al 3%
e si è potuta documentare una
netta regressione della fibrosi
epatica rilevata al fibroscan dopo
il trattamento.
Il ricorso ai fattori di crescita granulocitari o alla eritropoietina è risultato sovrapponibile ai pazienti
di età inferiore ai 65 anni. Altrettanto evidente è stato il risultato
ottenuto sulla valutazione comparativa, prima e dopo il trattamento,
dei valori di attività protrombinica, colinesterasi, sintesi del colesterolo, albuminemia, valore asso-
IL TRATTAMENTO CON INTERFERONE LEUCOCITARIO + RIBAVIRINA IN UN PAZIENTE DI 80 ANNI CON HCV CRONICA
GENOTIPO 2, IN FASE DI CIRROSI COMPENSATA
luto delle piastrine. Nel trattamento del paziente cirrotico over 65,
con genotipo virale 2 i miei risultati, in termini di SVR, sono stati, come già anticipato, dell’80% rispettando però le condizioni di seguito indicate.
• Durata ottimale del trattamento: 24 o 48 settimane, a seconda
della rapidità della risposta virologica.
• Dosaggio ottimale del trattamento.
• Gestione e correzione tempestiva degli effetti collaterali.
• Tolleranza soggettiva al trattamento, che permetta di portare
a termine il trattamento stesso.
Il gold standard, nel trattamento
dell’epatopatia cronica HCV-correlata genotipo 2 e 3 è certamente
rappresentato dall’associazione di
INF peghilato (Peg-IFN)-alfa-2a o
alfa-2b + RBV, ma una delle cause
possibili di interruzione di tale
trattamento è proprio l’intolleranza soggettiva al Peg-IFN.
L’intolleranza spesso migliora
spontaneamente con il proseguimento della terapia o con la riduzione posologica dell’IFN-alfa-2a,
da 180 µg/sett. a 135 µg/sett. e dell’INF-alfa-2b a 1 µg/kg/sett. A volte, però, la riduzione dell’INF non
risolve il problema dell’intolleran-
za soggettiva. In questi precisi casi
l’utilizzo dell’INF leucocitario rappresenta una preziosa risorsa, che
permette di portare a termine la
terapia, rispettandone i tempi previsti di trattamento.
Il caso clinico
Il paziente T.L. di 80 anni, italiano,
accede per la prima volta presso il
nostro Ambulatorio di Epatologia
nel mese di novembre del 2011, in
seguito al recente occasionale riscontro di positività all’HCV durante accertamenti preoperatori
per un intervento di plastica aortica. L’accertamento di altre patologie indicava un’ipertrofia prostatica. Ottime risultavano le condizioni generali complessive, fisiche e
psichiche del paziente, che è totalmente autonomo. Le terapie in atto sono: acido acetilsalicilico, tamsulosina, atenololo, enalapril da 5
mg. Viene completato il corretto
inquadramento diagnostico.
Esami di laboratorio
e strumentali
A febbraio del 2012, la situazione
risulta come di seguito indicato.
• Epatopatia cronica HCV-correlata, genotipo 2, in cirrosi compensata.
• HCV-RNA: 1.848.000 UI.
• AST e ALT aumentate di 1,5 i valori normali, con inversione del
rapporto AST/ALT.
• Pregressa epatite A.
• Recettivo per HBV: praticata
vaccinazione.
• Emocromo nella norma; PLT, nella norma.
• ETG addome con fegato aumentato di volume a struttura disomogenea e steatosica, e milza,
nei limiti.
• Elastografia epatica, con riscontro di F 4 e Stiffness di 21,5 Kpa.
• Funzionalità renale, tiroidea, nella norma.
• Autoanticorpi: assenti.
• Crioglobuline: assenti.
• Peso kg 74.00, H 170 cm.
La decisione terapeutica
Il paziente, adeguatamente informato sullo stadio della patologia
epatica e sulle problematiche connesse a un’eventuale terapia, risultava determinato ad affrontare il
ciclo terapeutico con Peg-IFN-alfa2b alla posologia di 1,5 µg/kg/sett.
+ RBV 4 cp die da 200 mg.
7
ROBERTO CARBONE
La durata del piano terapeutico
veniva fissata in 24 settimane, prorogabili eventualmente a 48, sulla
base della risposta virologica e
della tolleranza.
Il trattamento
La terapia veniva iniziata a febbraio 2012 con Peg-IFN-alfa-2b 1,5
µg/kg/settimana + RBV 800
mg/die. Tolleranza soggettiva al
trattamento da subito scarsa, non
miglioramenti nel corso del trattamento stesso, pur senza particolari ripercussioni sulla crasi ematica,
tranne una progressiva piastrinopenia, irrilevante sul rischio emorragico. Febbre, artromialgie, inappetenza e calo ponderale. Non tosse, non dermatite.
Risposta virologica alla terapia,
buona, ma non ottimale, senza
raggiungere infatti la RVR. Gli effetti collaterali erano quindi imputabili esclusivamente al Peg-IFN.
Nella tabella I vengono riportati i
principali parametri rilevati al baseline e dopo 4 settimane e 12 settimane, utilizzando Peg-IFN-alfa2b +RBV.
Tolleranza soggettiva pessima,
con astenia marcata e artromialgie diffuse, inappetenza e calo
8
Tabella I. Principali parametri rilevati al basale e dopo 4 settimane dopo trattamento con Peg-IFN-alfa 2b+RBV.
Parametri di
laboratorio
Globuli bianchi
Globuli rossi
Emoglobina
PLT
AST
ALT
HCV-RNA
Peso kg
Al baseline
5.000 mcl
5.300.000 mcl
15,2 g/dl
229.000 mcl
78 U/I ( 0-40)
68 U/I ( 0-45)
128.000 UI/ ml
74
ponderale di 4 kg in 12 settimane.
Febbre per 2 giorni dopo ogni
somministrazione di Peg-IFN, pur
ridotto dalla 8a settimana di terapia a 1 µg/kg/settimana.
Non venendo raggiunta la risposta virologica precoce (RVR), ma
avendo comunque raggiunto la
completa negativizzazione della
carica virale alla 12ª settimana e
trattandosi di un paziente con fibrosi avanzata, si proponeva di
protrarre il trattamento per complessive 48 settimane.
In considerazione della cattiva
tolleranza soggettiva alla terapia
con Peg-IFN, veniva illustrata, al
paziente, una diversa opzione
curativa, con la sospensione del
Peg-IFN stesso e il passaggio all’INF leucocitario, meglio tollerato, con la finalità di condurre a
Dopo 4
settimane
4.300 mcl
4.150.000 mcl
12 g/dl
108.000 mcl
22 U/I
18 U/I
30 UI/ml
71
Dopo 12
settimane
4.200 mcl
4.096.000 mcl
11,7 g/dl
88.000 mcl
24 U/I
19/UI
<15 UI
70
termine il programmato ciclo terapeutico di 48 settimane.
Il cambio del Peg-IFN con
IFN leucocitario
Si proponeva quindi al paziente di
modificare la terapia, sostituendo
il Peg-IFN-alfa-2b, già utilizzato alla posologia ridotta di 1,0
µg/kg/settimana, con IFN leucocitario, 3 MU a dì alterni (alfaferone),
mantenendo la RBV al dosaggio
precedente di 4 cp die da 200 mg.
Veniva quindi redatto un nuovo
piano terapeutico per la durata di
36 settimane, per completare le 48
settimane complessive di trattamento, in un paziente cirrotico,
senza raggiungimento della risposta virologica precoce.
IL TRATTAMENTO CON INTERFERONE LEUCOCITARIO + RIBAVIRINA IN UN PAZIENTE DI 80 ANNI CON HCV CRONICA
GENOTIPO 2, IN FASE DI CIRROSI COMPENSATA
Andamento della terapia
e tolleranza al nuovo
trattamento
La tolleranza soggettiva alla nuova
terapia con IFN leucocitario si mostrava da subito ottima e tale si
manteneva nelle rimanenti 36 settimane di terapia, con scomparsa della febbre, delle artromialgie, miglioramento dell’astenia e dell’appetito, con progressiva ripresa del peso,
pur senza raggiungere quello del
baseline. Nella tabella II vengono riportati i valori dei principali parametri di laboratorio alla 16ª, 24ª e
48ª settimana di terapia, con alfaferone 3 MU a dì alterni + RBV 4 cp/die
da 200 mg. La terapia di 36 settimane con IFN leucocitario 3 MU a dì alterni + RBV 800 mg/die, terminava il
2 febbraio 2013 e iniziava il previsto
follow-up semestrale.
Al controllo a distanza di 6 mesi
dal termine del trattamento (agosto 2013) indicava i valori di seguito indicati.
• HCV-RNA: negativo.
• Risultato del trattamento: risposta virologica sostenuta (SVR).
• Elastografia epatica di controllo,
passata da 21,5 Kpa (F 4) a 7,1
Kpa (F 1).
• ETG di controllo: fegato e milza,
nei limiti, non lesioni focali.
Conclusioni
Il passaggio in corso di trattamento
all’IFN leucocitario ha permesso di
condurre a termine una terapia su
un paziente cirrotico anziano, che
diversamente avrebbe interrotto il
trattamento precedentemente impostato, alla 12ª settimana.
Le sole 12 settimane di trattamento
con Peg-IFN+RBV, in un paziente con
Tabella II. Principali parametri di laboratorio (16a,24a e 48a settimana di terapia
con alfaferone 3 MU a dì alterni+RBV 44 cp/die da 200 mg).
Parametri di laboratorio 16ª settimana
G.b.
4.250 mcl
G.R.
4.176.000 mcl
Hb
11,2 g/dl
PLT
134.000 mcl
AST/ALT
nei limiti,
ma invertite
HCV-RNA
<15 UI
24ª settimana
4.350 mcl
4.250.000 mcl
11,9 g/dl
142.000 mcl
nei limiti,
ma invertite
<15 UI
48ª settimana
3.860 mcl
3.650.000 mcl
11,4 g/dl
146.000 mcl
nei limiti,
ma invertite
<15 UI
fibrosi avanzata, elevata replicazione
virale al baseline (1.848.000 UI) e non
raggiungimento della negativizzazione virologica alla 4ª settimana di
terapia, non potevano in alcun modo portare a una SVR. Tale favorevole risultato è stato ottenuto esclusivamente con il passaggio all’IFN leucocitario che, nel caso specifico essendo stato ottimamente tollerato,
ha permesso di portare a termine
un corretto trattamento di complessive 48 settimane.
Il follow-up del paziente proseguirà con un controllo semestrale
della funzionalità epatica + alfa 1
fetoproteina + ETG (ecotomografia) addome superiore, come previsto per i pazienti con pregressa
documentata fibrosi F 4.
Tutta la documentazione relativa a
questo caso clinico e ai restanti 79
pazienti trattati con IFN e RBV, secondariamente a un’epatopatia
cronica HCV-correlata con fibrosi
avanzata ed età >65 anni, è disponibile presso il mio archivio cartaceo e informatico, nell’Ambulatorio di Epatologia dell’Ospedale Civile di Alessandria e sarò lieto di
fornirla a chiunque fosse interessato a unirla e confrontarla con altre analoghe esperienze per uno
studio sul paziente “diversamente
giovane” con epatite cronica C.
9
L’uso dell’interferone-alfa naturale nel trattamento
dell’epatite cronica da virus C
Pellegrino Dattolo
UOC di Gastroenterologia PO Marcianise ASL CE
Introduzione
Questo caso clinico analizza l’efficacia dell’interferone (IFN)-alfa naturale nella terapia dell’epatite
cronica HCV (Hepatitis C virus) correlata in soggetti con ALT (alaninotransferasi) elevate, alta carica virale e genotipo sfavorevole; vengono valutati, inoltre, gli effetti collaterali e monitorata la SVR (risposta
virologica sostenuta).
Note anamnestiche
Paziente R.G. di anni 50, peso 80 kg,
sesso maschile, altezza cm 170, BMI
27,6, con malattia epatica cronica
HCV-correlata, genotipo 1b da circa 1 anno, ALT persistentemente
elevate (circa 200 U/l), ipercolesterolemia. Il paziente ci riferiva di
aver trattato solamente l’ipercolesterolemia con dieta, statine e controllo del peso, imputando l’aumento dei valori delle transaminasi al sovrappeso e alle modifiche
del quadro lipidico; rivoltosi, quindi, al medico di famiglia, ed effettuando indagini più approfondite,
aveva scoperto la malattia. Gli ultimi esami praticati dal paziente, nel
febbraio 2010, evidenziavano un
dosaggio quantitativo dell’HCV-
10
RNA di circa 2.200.000 UI/ml, ALT
190 U/l e colesterolo totale di circa
260 mg%; si rivolgeva, quindi, su indirizzo del medico curante, alla nostra UOC.
Quadro clinico
Nel mese di marzo 2010 veniva ricoverato in DH gastroenterologico presso la nostra UOC, dove praticava tutte le indagini del caso. I
risultati furono quelli di seguito riportati.
• Paziente in apparente buona salute.
• Esame obiettivo addominale: addome trattabile, indolente alla
palpazione superficiale, ma modicamente dolente a quella
profonda nei quadranti bassi, cicatrice ombelicale normointroflessa, suono timpanico; fegato
debordante 3 dita dall’arco costale, di consistenza aumentata, a
superficie liscia e margine regolare; palpabile il polo inferiore
della milza nell’inspirazione
profonda.
• Rx torace: assenza di lesioni pleuro-parenchimali.
• Visita cardiologica ed ECG: nei limiti della norma.
• Esami ematochimici : HbsAg ne-
gativo, HBsAb negativo, anti-HCV
positivo, HCV-RNA quantitativo
2.100.000 UI/ml, genotipo 1b.
WBC 7,0; RBC 5,4; HB 14,7; PLT
250; ANA, AMA, ASMA e LKM nella norma. Glicemia 100 mg%,
azotemia 40 mg%, creatininemia
0,80 mg%, colesterolo totale 250
mg%, LDL 160 mg%, HDL 35; trigliceridi 170 mg%, ALT 180 U/l,
pseudocolinesterasi 7.500, QPE
nei limiti della norma, GGT 95, fosfatasi alcalina 210, bilirubina totale e frazionata nella norma, ferritina 105 ng/ml, AFP 3,0, FT3,
FT4, TSH, anti-tireoglobulina e
anti-TPO nella norma.
• Ecografia addome superiore: fegato di dimensioni superiori alla norma, a morfologia e margini regolari, con ecotessitura compatibile
con steatosi di tipo moderato. Colecisti di normali dimensioni, a pareti regolari, alitiasica; vie biliari
non dilatate, pancreas normale
per dimensioni ed ecotessitura,
milza di normali dimensioni, a
contorni regolari ed ecotessitura
omogenea. Non segni ecografici
di ipertensione portale. Reni bilateralmente in sede, di normali dimensioni, a contorni regolari. Non
visualizzate immagini riferibili a
processi espansivi, né a ectasie
pielo-caliceali, né a litiasi.
L’USO DELL’INTERFERONE-ALFA NATURALE NEL TRATTAMENTO DELL’EPATITE CRONICA DA VIRUS C
Venne chiesto al paziente di praticare, per un mese, una dieta ipolipidica e ipocalorica, per normalizzare il peso e i valori del colesterolo e di sottoporsi, successivamente,
a biopsia epatica. Il paziente acconsentì e per un mese si sottopose a dieta, svolgendo anche una discreta attività fisica e riportando
così i valori del colesterolo e il BMI
nei limiti della normalità; avendo
così eliminato 2 dei cofattori che
potevano inficiare il successivo
trattamento, gli chiedemmo di
praticare la biopsia del fegato, così
come precedentemente concordato; il paziente era fortemente
motivato al trattamento e ci diede
il suo consenso. Veniva praticata,
quindi, la biopsia epatica, da cui
emergeva un quadro istologico di
epatite cronica a moderata attività.
Trattamento
Nel mese di maggio 2010 si iniziava il trattamento con interferone
peghilato (Peg-IFN)-alfa 2-a, a dosi
di 180 µg settimanali e ribavirina
(RBV) a dosi di 1000 mg/die (2 cpr+
3 cpr die). Dopo un mese di trattamento il paziente si sottoponeva a
controlli ematochimici presso il
nostro ambulatorio per verificare
se c’era stata una RVR (rapid virological response). I risultati furono
quelli di seguito riportati.
• Giugno 2010 (dopo 4 settimane
di terapia): WBC 6,5; RBC 5,0; HB
13,5; PLT 200; ALT 40 U/l, HCVRNA quantitativo negativo. Nelle
prime settimane di terapia il paziente aveva lamentato, oltre alla
comparsa di febbre (comunque
farmacologicamente controllata), la comparsa di cefalea intensa, vertigini, alterazioni del tono
dell’umore e intenso prurito, con
comparsa di chiazze di eritema
nelle zone di iniezione del farmaco (superficie anteriore della coscia). Si prescrivevano antistaminici per os e si decideva, concordemente con il paziente, di continuare il trattamento e di rivederlo dopo un altro mese.
• Luglio 2010: dopo 8 settimane di
trattamento si ebbero i seguenti
risultati: WBC 6,0; RBC 4,5; Hb
13,0; PLT 190; ALT 38; HCV-RNA
quantitativo negativo. Il paziente
ci metteva al corrente di una serie di problematiche verificatesi:
la cefalea era peggiorata e così
anche le vertigini, aveva problemi a svolgere le normali attività e
difficoltà a deambulare, per cui si
era anche assentato dal lavoro
per circa 1 mese. Svolgeva atti-
vità di cancelliere presso il tribunale e la sua assenza aveva creato non pochi problemi; anche le
alterazioni del tono dell’umore
erano peggiorate e sfociate in
una vera e propria sindrome depressiva; inoltre era comparsa
un’eruzione cutanea grave, che
cominciava dal punto di iniezione e si estendeva a tutta la superficie anteriore delle cosce, con
prurito intensissimo, per il quale
aveva assunto antistaminici per
via iniettiva, senza risultato.
A questo punto chiese di sospendere il trattamento perché, secondo la sua opinione, non riusciva più a svolgere le normali attività quotidiane. La terapia con
Peg-IFN, dopo 2 mesi, quindi, veniva sospesa e si consigliava, comunque, il prosieguo con IFN-alfa naturale, in considerazione
della risposta virologica positiva
ottenuta nei primi 2 mesi. Con
molta riluttanza il paziente accettò il prosieguo del trattamento e si passò, quindi, alla somministrazione di IFN-alfa naturale al
dosaggio di 3M x 3 volte a settimana e RBV a 1.000 mg/die (2
cpr+ 3 cpr).
• Agosto 2010: a 12 settimane di
trattamento i risultati furono:
WBC 6,5; RBC 4,8; HB 13,7; PLT
11
PELLEGRINO DATTOLO
180; ALT 45; HCV-RNA quantitativo negativo. La cefalea, le vertigini e le alterazioni del tono dell’umore erano migliorate; l’eruzione cutanea grave aveva lasciato il
posto a una dermatite lieve, che
interessava solamente l’area
contigua al punto di iniezione. Il
paziente aveva ripreso il lavoro
con sua grande soddisfazione.
• Novembre 2010: a 24 settimane
di trattamento si ebbero i risultati furono: WBC 6,8; RBC 4,6; HB
13,3; ALT 40; PLT 185; HCV-RNA
quantitativo negativo.
Il paziente riferiva di sentirsi bene
ed era contento dei risultati ottenuti, non lamentando cefalea o
vertigini. Le alterazioni dell’umore
erano quasi del tutto scomparse e
la dermatite alle cosce era migliorata e ben controllata dall’utilizzo
di creme contenenti antistaminici.
Il paziente continuava, pertanto,
tranquillamente a recarsi al lavoro.
• Marzo 2011: a 36 settimane di
trattamento i risultati erano i seguenti: WBC 6,5; RBC 4,7; HB
12
13,5; ALT 30; PLT 180; HCV-RNA
quantitativo negativo. Le condizioni del paziente erano buone;
non erano presenti cefalea o
vertigini, non alterazioni del tono dell’umore e la dermatite era
quasi scomparsa. Il paziente si
recava al lavoro con tranquillità
e attendeva, ansioso, la fine del
trattamento.
• Giugno 2011: dopo 48 settimane
di trattamento i risultati furono i
seguenti: WBC 6,8; RBC 4,8; HB
13,7; ALT 25; PLT 190; HCV-RNA
quantitativo negativo. Il paziente
non riferiva alcun disturbo particolare, anzi era euforico, perché
gli era stata prospettata la fine
della terapia farmacologica. A 48
settimane veniva sospesa la terapia e monitorizzata la SVR.
• Settembre 2011: a 3 mesi dalla
sospensione del trattamento i
risultati furono i seguenti: WBC
7,5; RBC 5,4; HB 14,0; ALT 30; PLT
200; HCV-RNA quantitativo negativo. Le condizioni cliniche
erano ottime.
• Giugno 2013: a distanza di 2 anni
dalla fine del trattamento il paziente presenta SVR e le condizioni cliniche sono ottimali.
Discussione
In questo caso, andato a buon fine,
gli effetti collaterali del Peg-IFN
sono stati particolarmente marcati nei primi 2 mesi di trattamento;
oltre alla febbre, si sono verificate
vertigini e cefalea. L’alterazione
del tono dell’umore è poi sfociata
in una vera e propria sindrome depressiva e la modesta dermatite
delle cosce è diventata poi un’eruzione cutanea grave; tali alterazioni hanno limitato talmente la vita
del paziente da costringerlo a sospendere il trattamento, nonostante avesse avuto una RVR.
L’IFN-alfa naturale gli ha permesso
non solo di portare a termine la terapia, ma di controllare bene tutte
le problematiche sopra citate, legate all’uso del Peg-IFN.
Trattamento “long-term” della cirrosi epatica
HCV-correlata con interferone-alfa naturale
Carmine Fonderico
U.O.S.D. di Endoscopia digestiva, Ambulatorio di Epatologia, Ospedale S. Giovanni Bosco ASL Napoli 1 centro
Introduzione
L’epatite cronica da HCV (Hepatitis
C virus) cronicizza nel 60-80% dei
casi, in circa il 20% evolve in cirrosi
e di questi il 2-4% sviluppa un epatocarcinoma (1). L’evoluzione dell’epatite cronica HCV-correlata è
lenta ma inesorabile. I pazienti più a
rischio di evoluzione sono i soggetti che hanno contratto la malattia
da giovani e che hanno un elevato
livello di HCV-RNA. La presenza del
genotipo 1b predispone a un’epatite più sfavorevole e condiziona la
prognosi e la risposta al trattamento. La terapia dispone, oggi, di farmaci molto attivi, che comprendono gli interferoni peghilati (PegIFN) e la ribavirina (RBV).
Questi rappresentano, oggi, la terapia standard, che ha una limitazione dovuta da una parte al genotipo
1b e dall’altra agli effetti collaterali
che, in molti casi, non consentono il
trattamento dei pazienti e in particolare nei pazienti anziani. Trattare
o meno l’epatite cronica da HCV
rappresenta, per il medico che lo
propone e per il paziente che la effettua, una decisione importante
da prendere con cognizione di causa, ossia essendo entrambi ben
edotti circa la durata della stessa,
dei dosaggi dei farmaci, del rispet-
to dei tempi di somministrazione e
di essere pronti e preparati ad affrontare gli effetti collaterali che
con queste terapie non mancano e,
talvolta, sono molto invalidanti per
il paziente. Per tale motivo penso
che prima di iniziare un trattamento del genere, come sempre facciamo, l’inizio deve avvenire quando il
paziente è pronto a intraprendere
un viatico che comporta disagi e
spesso sofferenze, che devono essere sempre affrontati e superati
per portare a compimento il programma terapeutico che si è deciso
di far seguire a quel determinato
paziente. I migliori risultati al trattamento si hanno nei pazienti con
genotipo 2 e 3, dove si calcola che
circa il 70-90% guarisce, mentre per
il genotipo 1 soltanto il 45-50%.
Anamnesi e quadro
clinico
Paziente di anni 62 affetto da cirrosi epatica HCV-correlata compensata, era stato trattato un anno
prima per 6 mesi con Peg-IFN e
RBV, ma la mancata risposta terapeutica, associata alla comparsa di
effetti collaterali legati alla terapia,
non consentirono il prosieguo
della terapia per almeno un anno,
avendo lo stesso paziente un genotipo del tipo 1b. Nell’Ottobre
del 2007 viene inviato presso il nostro ambulatorio di epatologia
con il quesito del curante e una
forte motivazione del paziente di
vedere se fosse stato possibile fare
qualcosa per arrestare, o quantomeno rallentare, l’evoluzione della
cirrosi verso una forma scompensata e quindi verso l’epatocarcinoma. Alla visita ambulatoriale il paziente, nonostante i suoi 70 anni
ben portati, si mostrava fortemente motivato e soprattutto disponibile a fare una terapia che gli potesse essere di beneficio e poter
così scongiurare il pericolo, allo
stesso ben noto, dell’ulteriore evoluzione della malattia cirrotica.
Il paziente presentava i seguenti
esami: AST 78; ALT 98; bilirubina
totale=1,40; DIR=0,90; gammaGT=155; PT=8,1; ALB=50%;
gamma=26%; GB=5.000; piastrine=70.000; alfa 1 feto=4,71; HCVRNA (realtime)=1,15x106.
Eco: fegato aumentato di volume
in toto con ipertrofia della sezione
sinistra e del caudato; ecostruttura
grossolana e disomogenea; vena
porta ipoespansibile con il respiro.
Milza con diametro 14,7 cm.
EGDS con assenza di varici esofagee o gastriche.
13
CARMINE FONDERICO
Trattamento
Quasi costretto dal paziente che,
come già detto, oltre a essere ben
edotto sulle problematiche della
sua patologia, mostrava una determinazione a seguire qualsiasi
operativa purché potesse ottenerne beneficio.
Visto il fallimento della terapia
precedente con Peg-IFN e RBV si
decideva a trattarlo con IFN-alfaleucocitario 3 MU 3 volte alla settimana e RBV 800 mg al dì (2,3).
Scarsi sono stati, nei primi mesi, gli
effetti collaterali, fatta eccezione
per modesti sintomi simili influenzali trattati con paracetamolo. Ai
controlli periodici si assisteva a un
Questo nostro caso clinico vuole
innanzitutto confermare l’ottima
tollerabilità della terapia per la
cirrosi HCV-correlata con IFN-alfa leucocitario rispetto al PegIFN. Certo non si è ottenuta l’eradicazione ma l’abbattimento
della carica virale è evidente con
un beneficio della citolisi (vedi la
negativizzazione delle ALT).
Il risultato ottenuto ci ha convinti a continuare la terapia oltre le 48 settimane, ovviamente
per mantenere i risultati ottenuti. Ci siamo chiesti quando sospendere (questo non lo sappiamo), ma abbiamo deciso di continuare per completare le 96
settimane di terapia.
Poi vedremo!
2. Cacopardo B, Benardi F, Brancati G, Ro-
3. Dughera L, Battaglia E, Serra AM et al. Hu-
calo della viremia, lento ma costante; infatti a 12 settimane HCVRNA=1,04x10 4 a 24 settimane
HCV-RNA=2,64x103; a 36 settimane HCV-RNA=2,01x10 2; alla 48 a
settimana HCV-RNA=1,16x102.
In questo anno: ALT normali;
GB=2.100-3.400; piastrine=
50.000-62.000.
Non avendo ottenuto l’eradicazione, e visti gli scarsi effetti collaterali, si decideva di continuare
la terapia. La viremia attuale è
HCV-RNA=7,32x101.
Discussione
Bibliografia
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Interferone leucocitario, ribavirina e acidi biliari
in un caso di epatite cronica da HCV e positività
per anticorpi anti-mitocondri
Ignazio Grattagliano
Specialista in Medicina Interna
Introduzione
Questo caso mette in evidenza le
problematiche cliniche e decisionali inerenti la gestione di una paziente affetta da epatite cronica da
HCV (Hepatitis C virus) e contemporanea presenza di colestasi cronica da presunta cirrosi biliare primitiva (positività agli AMA-anticorpi antimitocondriali). La comorbidità rende il caso in questione particolarmente intrigante, poichè le due patologie possono concorrere ad aggravare il danno epatico e pongono problemi di scelte
terapeutiche e di follow-up.
Note anamnestiche
La paziente (59 anni, casalinga, peso kg 51, BMI: 21 kg/m2) giunge in
prima visita specialistica nell’aprile
2007 per riscontro ripetuto, negli
anni, di ipertransaminasemia (3x) e
prurito generalizzato insorto un
paio di mesi prima. Lamenta astenia e dolori ossei diffusi. Ha una
diagnosi di cirrosi epatica micronodulare non inquadrata etiologicamente (biopsia epatica in corso
di colecistectomia laparotomica
per colelitiasi nel 1997). Ha inoltre
diagnosi di osteoporosi (T-score
alla DEXA rachide lombare -3,2, femore -2,9), per cui assume calcio e
vitamina D da alcuni anni. Dice di
avere una digestione lenta, accompagnata da un alvo tendenzialmente stitico. Ha perso 8 kg di
peso negli ultimi 7 anni.
Quadro clinico
La sig.ra presenta lesioni cutanee
da grattamento, diffuse su tutto il
corpo maggiormente sul dorso e
sulle braccia; non presenta ittero
né subittero sclerale. Ha un fegato
palpabile due dita dall’arco costale con margini arrotondati. Dagli
esami di laboratorio recenti si
evince: AST 4x, ALT 6x, γGT 2x, fosfatasi alcalina 3x, bilirubina nella
norma. Gli indici epatici sono sensibilmente più alti rispetto a qualche controllo precedente (l’ultimo
risale a quasi 3 anni prima). Viene
richiesto un approfondimento
diagnostico in senso virale e immunologico, che dimostra la presenza di infezione da HCV (genotipo 2a, HCV-RNA 850.000 UI/mL),
aumento dei livelli di IgM circolanti 735 mg/dL, AMA positività
1:320. L’ecografia addominale descrive il quadro di un’epatopatia
cronica senza segni di ipertensio-
ne portale né di focalità epatiche.
Poiché non convince la scarsa evoluzione della cirrosi in 10 anni dalla diagnosi (assenza di alterazioni
ematiche e biochimiche e di complicanze), si procede all’esecuzione di una nuova biopsia epatica
(utile anche per stadiare la eventuale cirrosi biliare). Il referto istologico è: epatite cronica attiva
compatibile con infezione da HCV
(grado 3 stadio 3, indice di Knodell
14); positività per citocheratine
CK7 e CK19; spiccata proliferazione duttulare, metaplasia biliare
epatocitaria. Quadro compatibile
con overlap virale-cirrosi biliare
primitiva o con epatite cronica virale a impronta colestatica.
Trattamento
La diagnosi istologica non è né
convincente né dirimente, ma si
prende comunque la decisione terapeutica di trattare la paziente.
Dal quadro clinico-morfologico in
nostro possesso non ci sono controindicazioni alla prescrizione di
una terapia antivirale, poiché il
soggetto è potenzialmente suscettibile di trattamento. Gli obiettivi principali del trattamento sono l’eradicazione virale e il miglio-
15
IGNAZIO GRATTAGLIANO
ramento della colestasi. Attualmente l’unico trattamento efficace, in un soggetto con sospetta o
provata epatopatia cronica colestatica, è l’acido ursodesossicolico
(UDCA: 15-20 mg/kg/die in dosi
refratte ai pasti principali). La combinazione interferone peghilato
(Peg-IFN) più ribavirina (RBV) si è
dimostrata superiore alla monoterapia con Peg-IFN e alla terapia di
combinazione IFN non peghilato
piu RBV. Tuttavia, data la presenza
di un genotipo virale più facilmente aggredibile e la presenza di una
malattia colestatica cronica, si è
preferito l’uso di IFN leucocitario
(6.000.000 UI a giorni alterni) più
RBV (800 mg divisa in due somministrazioni giornaliere) con un
programma terapeutico di 6-12
mesi. La risposta al trattamento
antivirale è stata ottima con normalizzazione delle transaminasi e
scomparsa di HCV-RNA dal 3° mese di trattamento. Il trattamento è
stato ben tollerato ed è stato protratto per 12 mesi. La negativizzazione non solo è durata anche nei
6-12 mesi successivi alla sospensione della terapia (SVR-sustained
virological response) ma continua
a tutt’oggi. A 12 mesi dalla sospensione della terapia antivirale, la paziente presentava un buono stato
16
psico-fisico, normalizzazione degli indici di colestasi (già dal 9°
mese di terapia) e scomparsa dell’AMA positività (già dal 6° mese
di trattamento ed ancora a
tutt’oggi). Dopo 3 anni è stato sospeso anche l’UDCA. Persiste un
prurito diffuso ma di minore entità e molto più sopportabile, la
cui genesi rimane oscura. La paziente continua il trattamento per
l’osteoporosi, con l’aggiunta di
un bifosfonato e ha acquistato alcuni chili di peso corporeo (attualmente kg 58, BMI 24 kg/m2).
Discussione
Questo è un caso di non frequente riscontro nella pratica clinica e
poche segnalazioni esistono in
letteratura sul comportamento
terapeutico da adottare in presenza di epatite cronica da HCV e
cirrosi biliare primitiva. Nel nostro
caso la stadiazione istologica,
l’età e le condizioni generali e
bioumorali della paziente permettevano l’esecuzione della terapia antivirale, che era da consigliare fortemente in quanto alcuni studi di rilevo hanno dimostrato come l’eradicazione del virus C
ha portato a un rallentamento
della progressione della malattia
epatica anche in presenza di cirrosi. Infatti, se non trattata, la velocità di progressione della malattia epatica, in un paziente con
cirrosi, porta, nel 30% dei casi, alla
comparsa di scompenso/complicanze in 8 anni e a comparsa di
epatocarcinoma (HCC) nel 20%
dei casi in 7-10 anni.
La capacità del trattamento combinato IFN più RBV, nel prevenire
e/o ritardare lo sviluppo di HCC in
pazienti HCV-positivi con cirrosi
Child A, è suggerita da revisioni
meta-analitiche, che mostrano un
evidente vantaggio del trattamento rispetto al non trattamento. La
combinazione da noi scelta (IFN
leucocitario e RBV) è riportata essere efficace nell’eradicazione virale nei casi di genotipo non-1 nel
64-79%.
Nella nostra paziente il risultato favorevole potrebbe essere stato
anche potenziato dall’aggiunta di
UDCA (acido ursodesossicolico), i
cui effetti benefici, nelle epatopatie croniche, non solo colestatiche,
sono ancora una sfida importante
per la ricerca scientifica.
Un aspetto non secondario, da un
punto di vista clinico, era quello di
eseguire una nuova biopsia epatica a fine trattamento, dato che la
INTERFERONE LEUCOCITARIO, RIBAVIRINA E ACIDI BILIARI IN UN CASO DI EPATITE CRONICA DA HCV E POSITIVITÀ PER
ANTICORPI ANTI-MITOCONDRI
negativizzazione dell’AMA, in corso di terapia e successiva alla
scomparsa del virus C, ha posto
seri dubbi sulla coesistenza di una
cirrosi biliare primitiva. Infatti la
AMA-positività, pur essendo specifica di cirrosi biliare primitiva,
potrebbe essere inquadrabile come epifenomeno bioumorale in
corso di infezione da HCV, condizione che è stata già segnalata
qualche volta in letteratura. Infatti
il virus C infettando epatociti,
linfociti e cellule staminali del midollo osseo può determinare l’insorgenza di una malattia sistemica o polifocale, con manifestazioni specifiche dell’organo bersaglio, sintomi aspecifici reattivi ed
epifenomeni. Molto rara è, infatti,
la overlap cirrosi biliare primitivaepatite da HCV. Finanche la presenza all’istologia di proliferazione duttulare e di metaplasia biliare e all’immunoistochimica della
presenza di CK7 e CK19 può essere compatibile sia con una diagnosi di cirrosi biliare primitiva
che di epatite a impronta colestatica di lunga durata. In questo senso il nuovo accertamento morfologico sarebbe stato utile anche
per il successivo follow-up. Ma nel
nostro caso la paziente non fu
propensa a una nuova biopsia. Infine anche l’osteoporosi importante riconosce, tra i fattori causali, sia la magrezza che l’attività di
casalinga (scarsa esposizione alla
luce solare), ma anche infezione
cronica virale e, soprattutto, la colestasi cronica (particolarmente
incisiva nel caso si fosse trattato di
cirrosi biliare). Il trattamento, ma
anche la prevenzione dell’osteoporosi in questi casi, prevede l’utilizzo di vitamina D ad alte dosi e di
bifosfonati.
Questo caso, aldilà dal descrivere
una condizione di overlap e di epifenomeni biologico-immunologici in corso di infezione virale cronica da HCV, permette di riflettere su
come poter formulare una diagnosi corretta, identificare l’endpoint del trattamento e disegnare
il follow-up, attraverso la rappresentazione narrativa dell’approccio ragionato a paziente complesso in medicina interna.
17
Utilizzo dell’interferone-alfa leucocitario nel ritrattamento
di pazienti cirrotici con infezione da HCV intolleranti
all’interferone peghilato. Esperienza anni 2003-2012
Alfonso Liberti
A.O. “Dei Colli”, P.O. “D. Cotugno”, Napoli
Introduzione
L’interferone peghilato (Peg-IFN)
più la ribavirina (RBV) è la combinazione terapeutica “Gold Standard” per l’epatite cronica da HCV
(Hepatitis C virus) e la cirrosi compensata (Child A), ma essa è frequentemente gravata da eventi
avversi o di intolleranza che determinano una precoce sospensione
della terapia.
Questo elaborato intende rappresentare la nostra esperienza nel ritrattamento di pazienti con cirrosi
compensata da HCV, che hanno
manifestato eventi avversi severi o
intolleranza al trattamento PegIFN/ribavirina (RBV).
Pazienti e metodi
Il lavoro riguarda lo studio prospettico della nostra esperienza,
svolta dal 2003 al 2012, e comprende il trattamento di 92 pazienti affetti da cirrosi epatica
compensata (Child A 5-6) da virus
C, genotipo 1b già trattati con
Peg-IFN/RBV che non hanno portato a termine le 48 settimane di
terapia per il manifestarsi di eventi avversi e/o intolleranza.
I 92 pazienti: (Tab. I) , 56 maschi e
18
36 femmine erano stati sottoposti
a trattamento con regimi terapeutici standard di Peg-IFN-alfa 2b alla dose settimane di 1,5 µg/kg settimana o Peg-IFN-alfa-2a alla dose
settimanale di 180 μg) più RBV
(1.000 mg/die). Questi 92 pazienti,
distribuiti nell’arco temporale descritto, hanno rappresentato un
gruppo difficile da trattare: tutti
con infezione da HCV genotipo 1b,
affetti da cirrosi epatica con elevata carica virale.
Altri fattori che, valutati globalmente, rendevano difficile la terapia erano:
• lunga durata della malattia-infezione da HCV;
• l’età media avanzata;
• l’elevato peso corporeo con presenza di sindrome dismetabolica.
Il trattamento somministrato a tut-
ti i pazienti è stato IFN-alfa leucocitario alla dose di 6 MUI a giorni alterni più RBV 1.000 µg/die per un
periodo di 48 settimane. Il monitoraggio della terapia ha seguito lo
stesso schema utilizzato per il precedente trattamento con Peg-IFN:
• valutazione della sicurezza e
della tollerabilità (crasi ematica,
funzionalità epato-renale, alterazioni psichiche);
• dell’efficacia (normalizzazione
degli indici di citolisi, sviluppo
della RVR-Risposta Virologica
Rapida a 4 settimane, EVR-Risposta Virologica Precoce a 12
settimane);
• i pazienti positivi all’HCV-RNA
alla 12ª settimana di trattamento erano considerati non reponder, con conseguente sospensione della terapia.
Tabella I. Caratteristiche dei pazienti trattati con IFN-alfa leucocitario.
Sesso (M/F) numero
Età, mediana anni (range)
Gen. HCV numero (%)
Log HCV RNA (UI/ml), mediana (range)
ALT (UI/ml) media ± SD
Cirrosi Child A5 numero (%)
Cirrosi Child A6 numero (%)
Terapia a 48 sett. numero (%)
ETR numero (%)
SVR numero (%)
56/36
59 (48-70)
1 (100)
8,9 (4-22)
138±122
52 (56)
40 (44)
59 (64)
59 (64)
28 (30)
UTILIZZO DELL’INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO NEL RITRATTAMENTO DI PAZIENTI CIRROTICI CON INFEZIONE DA HCV
INTOLLERANTI ALL’INTERFERONE PEGHILATO. ESPERIENZA ANNI 2003-2012
Risultati
Nella nostra esperienza dei 92 pazienti trattati con IFN-alfa leucocitario, 24 (26%) hanno sospeso la
terapia alla 24ª settimana in quanto non responder (positività dell’HCV RNA rilevabile nel siero), per
9 (10%) pazienti la sospensione è
avvenuta per l’insorgenza di effetti collaterali e/o intolleranza; 59
pazienti hanno portato a termine
le 48 settimane di terapia, per 7
dei 59 (11%) si è dovuto ridurre il
dosaggio della RBV a 800 μg per
l’insorgenza di anemia (Hb <10,5
g/dl). I 59/92 pazienti (38 maschi e
21 femmine che hanno portato a
termine la terapia (64%) hanno
mostrato ETR (risposta virologica
al termine della terapia); a 24 settimane dalla fine della cura, 28/59
(47%) avevano una SVR (risposta
virologica sostenuta) che, nella
casistica complessiva 28/92 (intent to treat), erano il 30% .
Gli eventi avversi ai trattamenti antivirali influenzano notevolmente
la risposta terapeutica dei pazienti
con cirrosi epatica da HCV, tali
eventi impongono la riduzione del
dosaggio dei farmaci o la sospensione della terapia, con un naturale
impatto negativo sulla SVR. Il ritrat-
tamento con IFN-alfa leucocitario,
nella nostra esperienza, è risultato
meglio tollerato e solo il 10% dei
92 pazienti ha dovuto sospendere
la terapia per eventi avversi.
L’efficacia terapeutica, basata sulla
valutazione della SVR 28/92 pazienti (30%), è risultata non essere
significantemente inferiore a
quella che si registra in corso di
trattamento con Peg-IFN (30-35%
in base alle varie casistiche). In ultima analisi la terapia basata sull’utilizzo di IFN-alfa leucocitario dei
pazienti con cirrosi Child A da virus C genotipo 1, intolleranti ai
Peg-IFN, ha permesso a un gruppo
di pazienti di completare la terapia
e di ottenere il goal cioè la SVR.
interferon. Inter Emer Meed 2009;4(6):
for child A HCV genotipe 1b-infected cir-
Conclusioni
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Leucocyte interferon alfa early retratment
19
Normalizzazione della piastrinopenia dopo reintroduzione
di interferone naturale, in paziente HIV già trattato
con successo per l’infezione cronica da HCV
con interferone-alfa leucocitario e ribavirina
Carmelo Mangano, Rosa Basile, Mariastella Carpentieri, Saverio De Lorenzo, Giuseppe Ieropoli, Alfredo
Kunkar, Maria Polimeni, Giuseppe Foti
U.O.C. Malattie Infettive, Azienda Ospedaliera Bianchi Melacrino Morelli, Reggio Calabria
Introduzione
Descriviamo il caso di un paziente
inizialmente coinfetto HIV/HCV (Hepatitis C virus) piastrinopenico, già
trattato per l’infezione cronica epatitica con interferone (IFN)-alfa leucocitario e ribavirina (RBV), con esito di
risposta virale sostenuta (SVR), in atto, a 4 anni dalla fine della terapia anti-HCV (il caso è stato riportato nella
rivista “Questioni di Clinica”) (1).
In tale paziente osservammo la risoluzione della piastrinopenia nel
corso della terapia antivirale per
HCV (gennaio 2008/marzo 2009),
considerando, in un primo momento, che la negativizzazione del
virus HCV fosse una probabile motivazione del rialzo del numero
delle piastrine. Ma non ci siamo data risposta riguardo alla ricomparsa della trombocitopenia (PLT
5.000/mm3) dopo 2 mesi dalla fine
del trattamento anti-HCV, nonostante la persistente negativizzazione della viremia HCV. Una più
attenta rilettura del decorso del caso ci ha dato la suggestione che
l’IFN fosse stato, in qualche modo,
la causa del controllo della trombocitopenia (Tab. I). Quindi abbiamo reintrodotto l’IFN-alfa leucocitario, che ha risolto prontamente la
grave piastrinopenia sintomatica.
Quadro clinico e
trattamento
Nel mese di dicembre 2011 il paziente viene, alla nostra osservazione, con manifestazioni emorragiche muco-cutanee (epistassi, gengivorragia, ematuria, ecchimosi agli
arti) e in quell’occasione è stato rilevato il valore di piastrinopenia
più basso, pari a PLT 1.500/mm3, fra
tutti i controlli effettuati.
Il paziente viene ricoverato e sottoposto a terapia con somministrazione endovena di immunoglobuline a catena integra al dosaggio di 400 mg/kg di peso cor-
poreo per 5 giorni, con il risultato
di un rialzo sino 38.000 piastrine.
La durata della ripresa della piastrinemia, già in parte insoddisfacente, è stata tale per 2 settimane,
nel corso delle quali abbiamo registrato un decremento graduale
sin a 8.000 piastrine e ripresa delle manifestazioni ecchimotiche.
Quindi, a seguito di una consulenza ematologica, nella convinzione che la patologia fosse inquadrabile nel gruppo della porpora trombocitopenica cronica
immune (PTI), si decide di intraprendere un trattamento con fattore di crescita dal 10 gennaio al
23 febbraio 2012: il paziente viene ammesso al trattamento con
romiplostin alla dose iniziale di 1
µg/kg per via sottocutanea una
volta alla settimana, con aumento
del dosaggio di 1 µg/kg alla settimana sulla base della risposta terapeutica. Gli aggiustamenti posologici e la risposta piastrinica
sono indicati nella tabella II. Alla
Tabella I. Andamento della conta piastrinica durante e dopo terapia con IFN leucocitario e RBV.
Terapia anti-HCV: IFN-alfa leucocitario + RBV
Associazione da Gennaio 2008 a fine Dicembre 2008
PLT/mm3
Basale
8.000
20
Gennaio
2008
96.000
Febbraio
2008
130.000
Aprile
2008
140.000
Maggio
2008
145.000
Stop RVB
Stop
Continua IFN
IFN
x altri 3 mesi
Settembre
Dicembre
Marzo
2008
2008
2009
170.000
160.00
180.000
Maggio Giugno
2009
2009
89.000 5.000
NORMALIZZAZIONE DELLA PIASTRINOPENIA DOPO REINTRODUZIONE DI INTERFERONE NATURALE, IN PAZIENTE HIV GIÀ
TRATTATO CON SUCCESSO PER L’INFEZIONE CRONICA DA HCV CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO E RIBAVIRINA
Tabella II. Andamento della conta piastrinica durante la terapia con romiplostin
per via sottocutanea.
Dosaggio 1 µg/kg
peso corporeo
70 µg
140 µg
210 µg
280 µg
300 µg
420 µg
38.000
13.000
17.000
13.000
20.000
25.000
1ª settimana
2ª settimana
3ª settimana
4ª settimana
5ª settimana
6ª settimana
*Valore basale PLT 5000.
Tabella III. Andamento della conta piastrinica durante il ritrattamento con IFNalfa leucocitario.
Anno 2012 Aprile
Maggio Giugno
Luglio
Agosto Settembre
IFN
6 MUX3/sett. 3 MUX3/sett. 3 MUX3/sett. 3 MUX3/sett. 3 MUX2/sett.3 MUX2/sett.
PLT*
103.000
92.000
160.000 120.000 110.000 100.000
*valore basale PLT 2000
6ª settimana di trattamento, come si rileva dai dati in tabella II,
non si ha beneficio secondo
quanto atteso e, unitamente alla
comparsa di effetti collaterali,
quali profonda astenia, dolori articolari e vertigini, il farmaco peraltro costoso, viene interrotto.
Rileggendo la storia clinica del paziente, ci rendiamo conto che non
abbiamo mai registrato una conta
piastrinica soddisfacente con le
terapie validate per la piastrinopenia (gammaglobuline e.v., fattore
di crescita s.c.) eccetto che in corso
di terapia con IFN-alfa leucocitario, all’epoca del trattamento antiHCV, durante il quale le piastrine
hanno raggiunto valori di persistente normalità (Tab. I).
Questa evidenza ci induce a proporre un ritrattamento con solo
IFN-alfa leucocitario al dosaggio di
6 MU x 3 volte/sett. Ottenuto il
consenso, viene iniziata la terapia
nel mese di aprile 2012.
Dopo le prime 2 settimane di terapia assistiamo a un rialzo di piastrine pari a 103.000/mm3. Nelle settimane successive, in considerazione
del rialzo della conta piastrinica e
della scomparsa della sintomatologia emorragica muco-cutanea, abbiamo ridotto il dosaggio di IFN-alfa
leucocitario a 3 MU x 3 volte/sett., sino a 2 somministrazioni settimanali, con mantenimento del risultato. I
valori delle piastrine e del dosaggio
di IFN vengono riportati nella tabella III. La terapia è stata protratta
per 6 mesi. In seguito non abbiamo
più potuto osservare il paziente per
più di un anno, essendo ritornato in
Romania, suo paese natio, sino a
febbraio 2013, epoca in cui ritorna
in Italia.
In occasione di una rivalutazione
del suo stato di salute, nella stesso mese, ci riferisce di aver abbandonato la terapia con IFNleucocitario nel mese di agosto
2012, in quanto, lasciando l’Italia,
non ottenne più la prescrizione e
di non essere stato aderente alla
terapia antiretrovirale. In tale ricontrollo gli viene riscontrata
una piastrinopenia pari a 17.400
PLT/mm3, non rilevabilità di HCVRNA, HIV-RNA 17.000 copie/ml,
CD4+ 526 cells/mm 3. A settembre 2013, dopo avere ripreso la
terapia antiretrovirale, si ha non
rilevabilità di HIV-RNA, CD4+ 462
cells/mm3 e PLT 18.400/mm3.
21
CARMELO MANGANO, ROSA BASILE, MARIASTELLA CARPENTIERI, SAVERIO DE LORENZO, GIUSEPPE IEROPOLI,
ALFREDO KUNKAR, MARIA POLIMENI, GIUSEPPE FOTI
Considerazioni
L’unica considerazione che riusciamo a esprimere è quella che riguarda la constatazione di una
buona risposta della ripresa della
conta piastrinica, in seguito al trattamento con IFN-alfa leucocitario.
Il tipo di intervento, efficace e tollerato, ha permesso il controllo clinico delle manifestazioni emorragiche muco-cutanee e ha reso possibile effettuare indagini strumentali come la esofagogastroduodenoscopia e la rettocolonscopia con i
relativi prelievi bioptici.
Non abbiamo dati per spiegare il
meccanismo attraverso il quale si
realizza una riduzione sino alla
scomparsa della trombocitopenia,
con l’uso di IFN-alfa leucocitario.
Tale trattamento è stato rivolto ad
altri due pazienti (1 paziente coinfetto HCV/HIV, 1 paziente monoinfetto HIV) e in ambedue abbiamo
rilevato una ripresa della conta al
disopra dei valori conferenti sicurezza contro gli eventi emorragici,
anche con bassi dosaggi di IFN. I risultati sono in corso di verifica e
potrebbero essere oggetto di una
futura segnalazione. È noto da
tempo che IFN-alfa leucocitario è
caratterizzato da una buona tollerabilità, per cui gli eventi avversi, in
22
seguito al suo uso, sono solitamente di entità lieve-moderata, soprattutto relativamente alla piastrinopenia. I pazienti, che devono interrompere la terapia interferonica a
causa di una severa trombocitopenia in corso di trattamento interferonico, sono in percentuale più elevata fra quelli che hanno utilizzato
interferone peghilato (Peg-IFN), rispetto a chi ha usato IFN-alfa leucocitario (2). Anzi, tale evidenza ha
permesso, a molti clinici, di poter
intraprendere il trattamento antivirale per HCV, anche in gruppi di
soggetti altrimenti non trattabili,
come i piastrinopenici e/o con malattia avanzata (3,4).
Nel nostro caso (il paziente è peraltro divenuto monoinfetto per
solo HIV dopo terapia con associazione di RBV e IFN-alfa leucocitario), si è dimostrato non un semplice e attendibile controllo sul numero delle piastrine, ma addiruttura, a dispetto del conosciuto effetto mielodepressivo di IFN, una
ripresa del numero dei trombociti
sino a valori di normalità.
I pazienti HIV-positivi hanno anomalie ematologiche e la trombocitopenia sembra essere la più comune fra queste (5,6), per un meccanismo ancora non del tutto
chiarito. Nel siero delle persone
HIV-positive sono stati reperiti
complessi immuni circolanti ed è
stato dimostrato che questi si legano alla superfice dei trombociti (7).
Una delle ipotesi è che la trombocitopenia possa essere correlata
alla deposizione di complessi immuni sulle piastrine, con successiva loro ingestione da parte dei
macrofagi. Assimilando tali pazienti a quelli affetti da PTI, sono
stati utilizzati una varietà di approcci terapeutici (predinisone,
vincristina, gammaglobuline, splenectomia) (8-10), con una variabilità di risultati spesso insoddisfacenti. Attualmente il trattamento
con gammaglobuline, per via endovenosa, è considerato il trattamento iniziale di scelta, quando
clinicamente è indicata una terapia. Alcune segnalazioni in letteratura mettono in evidenza il beneficio dell’uso di interferone-alfa relativamente alla trombocitopenia
in soggetti HIV-positivi, come terapia alternativa a quella steroidea e
alla splenectomia, in quanto trattasi di una cura sicura, efficace, intesa come non-immunosoppressiva, senza tuttavia avanzare ipotesi
a riguardo dei meccanismi implicati nella risposta terapeutica (1113). Da studi più recenti sembra
che la piastrinopenia immune sia
NORMALIZZAZIONE DELLA PIASTRINOPENIA DOPO REINTRODUZIONE DI INTERFERONE NATURALE, IN PAZIENTE HIV GIÀ
TRATTATO CON SUCCESSO PER L’INFEZIONE CRONICA DA HCV CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO E RIBAVIRINA
una patologia autoimmune, che
coinvolge i linfociti T-regolatori
(Tregs) e che questi, in tale gruppo
di pazienti, siano ridotti di numero
e oltretutto poco funzionali svolgendo, per tale loro anomalia, un
ruolo patogenetico (14). Ciò potrebbe essere considerabile nei
soggetti HIV-positivi piastrinopenici, allorquando sono includibili
nella categoria di pazienti affetti
da PTI. Non abbiamo avuto modo
di studiare, nel nostro paziente,
questa anomalia, saggiando l’eventuale variabilità dei Tregs prima e dopo somministrazione di
IFN-alfa leucocitario, in quanto la
metodica è da poco tempo disponibile nel nostro Ospedale. A nostro parere sarebbe stato interessante evidenziare una qualche
correlazione tra i Tregs e specificatamente l’uso IFN-alfa leucocitario, strutturalmente naturale.
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23
Trattamento a lungo termine con interferone leucocitario
di una paziente con cirrosi da HBV-HDV
Michele Milella
Clinica Malattie Infettive, Università degli Studi di Bari
Introduzione
Nei portatori cronici di virus dell’epatite B (HBV) l’infezione da virus
dell’epatite D (o anche epatite delta-HDV) può essere causa di epatite
acuta fulminante o epatite cronica
severa, che evolve spesso in cirrosi e
carcinoma epatocellulare (1).
A tutt’oggi non vi è un trattamento
di provata efficacia per l’epatite D.
Agenti antivirali orali come ribavirina
(RBV), lamivudina (LAM) e famciclovir sono risultati inefficaci. Elevate
dosi di interferone alfa (IFN-alfa) e,
più recentemente, interferone peghilato (Peg-IFN) associato ad adefovir (ADV), sembrano offrire risultati
più incoraggianti (2). La soppressione a lungo termine della replicazione HDV, la clearance dell’HBsAg e, in
definitiva, la regressione del danno
istologico, sono end-point fondamentali per valutare la risposta alla
terapia antivirale; tuttavia questi
obiettivi vengono frequentemente
raggiunti dopo un lungo periodo di
terapia e frequentemente durante il
follow-up post-trattamento (2,3).
Anamnesi
Si tratta di un soggetto di sesso
femminile, a cui nel 1996 sono sta-
24
ti riscontrati HBsAg-positivo e
ipertransaminasemia (ALT 2-3 x
V.N.). In anamnesi vengono riferite
tre gravidanze, di cui due condotte
regolarmente a termine e una
espletata con parto cesareo, 3 figli,
tutti vaccinati per HBV. Non è stata
mai emotrasfusa, non è tossicodipendente, non beve alcolici, non
fumatrice. Non vengono riferiti, in
anamnesi, episodi di epatite acuta.
Coniuge deceduto nel 2008, all’età
di 58 anni, per HCC (epatocarcinoma) in cirrosi alcolica (era anti-HBs
e anti-HBc positivo).
Quadro clinico
Alla prima osservazione nel settembre del 2003, all’età di 56 anni,
la paziente, mai trattata con terapia antivirale, presenta i seguenti
esami di laboratorio: GOT 74 (<37),
GPT 90 UI/L (<40), γGT 91 (<50),
γglobuline 22%, Hb 13,4, GB 3.300
(NEU 40%), PLT 120.000 mm3, PTINR 1,05, Bil Tot 0,70 md/dl, αFP
3,6, autoanticorpi e antitiroide negativi, ferritinemia 209, FT3, FT4 e
TSH normali, HBsAg, anti-HBc, antiHAV totali positivi; HBeAg e antiHBe entrambi debolmente positivi; IgM anti-HBc negativo; HBVDNA: 497 cp/ml (PCR), anti-HDV
IgG e IgM: positivi; IgM anti-HAV,
anti-HCV, anti-HIV: negativi.
Ecografia addome superiore: fegato di volume aumentato, ecostruttura grossolanamente disomogenea, non evidenziabili lesioni occupanti spazio, colecisti alitiasica,
asse splenoportale dilatato (14
mm), milza aumentata di volume
(DL 15 cm) con ectasia della vena
splenica all’ilo.
EGDscopia: piccola ernia iatale,
esofagite di II grado, non vengono
riscontrate varici esofagee.
A marzo del 2004 viene pertanto
sottoposta a biopsia epatica, che
evidenzia un quadro istologico di
cirrosi epatica attiva (Indice di
Knodell 18, fibrosi 4) (non disponibili marcatori di immunoistochimica). Gli esami ematochimici,
eseguiti in occasione della biopsia
epatica, evidenziano: HBsAg, antiHBc totali, HBeAg, anti-HBe positivi; HBV-DNA <2.000 cp/ml (bDNA
sensibilità<2.000 cp/ml); anti-HDV
IgG e IgM-positivi, HDV-RNA non
disponibile IgM anti-HBc, anti-HCV
negativi. Considerati il quadro istologico, la positività delle IgM antiHDV e la mancanza di replica dell’HBV, viene posta diagnosi di cirrosi epatica da HDV in portatore cronico di HBsAg e viene iniziata la terapia antivirale.
TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE CON INTERFERONE LEUCOCITARIO DI UNA PAZIENTE CON CIRROSI DA HBV-HDV
Trattamento
Alla luce del riscontro di neutropenia, nel maggio del 2004, viene
iniziata una terapia con IFN leucocitario (alfaferone) al dosaggio
di 6 MU x 3 volte la settimana i.m.
Durante il trattamento si riscontra, inizialmente, la riduzione dei
livelli delle transaminasi e la negativizzazione delle IgM antiHDV. Dopo circa 18 mesi di trattamento si manifestano la comparsa di viremia HBV (HBVDNA>300.000 cp/ml) e un incremento delle transaminasi (ALT
152 UI/ml), per cui, come si osserva nella figura 1, si aggiunge in
terapia LAM 100 mg/die a partire
da novembre 2005. Durante il
trattamento combinato con LAM
e IFN-alfa si assiste alla ricomparsa delle IgM anti-HDV e negativizzazione dell’HBV-DNA. Tuttavia trattandosi di paziente con
cirrosi e considerato il rischio di
insorgenza di resistenza a LAM si
aggiunge in terapia ADV (adefovir) 10 mg/die. Durante questo
trattamento triplice con IFN, LAM
e ADV si riscontra la persistente
negativizzazione dell’HBV-DNA e
delle IgM anti-HDV insieme alla
normalizzazione delle transaminasi. Persistono invece, debol-
mente positivi, HBeAg e anti-HBe
e l’HBsAg a elevato titolo. Nel
2010 la paziente, di 62 anni e con
diagnosi di cirrosi compensata
da HBV+HDV, in terapia con IFN
(5-2004), LAM (11-2005) e ADV
(1-2007), è in condizioni generali
buone e presenta gli esami di seguito descritti.
Ecografia addome superiore: fegato di volume aumentato, disomogeneo, margini irregolari, no
lesioni occupanti spazio, ASP dilatato, flusso rallentato, milza di volume aumentato (DL=13,8 cm); la
paziente rifiuta di sottoporsi a
EGDscopia.
tutt’oggi, ad avere indici di citolisi
epatica nella norma, IgM anti-HDV
negative, HBsAg positivo a elevato titolo. L’HBV-DNA non è rilevabile tramite tecnica PCR, mentre
HBeAg e anti-HBe risultano entrambi negativi. La paziente è in
discrete condizioni generali, è in
remissione biochimica e virologica persistente. Il monitoraggio
ecografico semestrale non evidenzia sostanziali variazioni rispetto all’esame eseguito nel
2010. La paziente rifiuta di sottoporsi a nuova biopsia epatica.
Discussione
Esami del sangue
ALT normali (<20 UI/L), gammaGT 19, gamma-globuline 16%, Hb
13,7, GB 2.280 (NEU 45%), PLT
111.000, INR 1,05; Bil Tot 0,50, αFP
2, col 143; HBsAg positivo ad elevato titolo; HBeAg e anti-HBe
sempre debolmente positivi; HBVDNA negativo (<20 UI/ml Realtime PCR); IgM anti-HBc negativo;
IgM anti-HDV negativo da più di
un anno. Si decide pertanto, in
aprile 2010, di sospendere la terapia con IFN leucocitario e continuare LAM e ADV. Dopo circa 3 anni dalla sospensione della terapia
con IFN la paziente continua, a
L’epatite delta è causata dall’infezione con il virus dell’epatite D, un
virus difettivo che richiede obbligatoriamente la funzione helper
del virus HBV per la sua replicazione e trasmissione in vivo. Perciò
l’HDV può essere acquisito solo
con la confezione con HBV o attraverso la superinfezione di un portatore cronico di HBV. Il decorso
clinico è infatti variabile e la superinfezione può esitare in infezione
cronica in più del 90% dei casi, con
manifestazioni cliniche rapidamente progressive, che vanno da
un quadro clinico di epatite acuta
25
MICHELE MILELLA
frequentemente fulminante fino
alla cirrosi nel 70-80% dei casi (4).
L’infezione da HDV può essere diagnosticata mediante la determinazione degli anticorpi diretti contro l’HDAg (anti-HDV IgG e IgM) e
la presenza di HDV nel siero. Le
IgM anti-HDV sono utili nel diagnosticare un’infezione acuta da
HDV (confezione o superinfezione), ma possono essere impiegate
anche per monitorare la risposta
alla terapia antivirale nell’infezione cronica da HDV, poiché tendono a negativizzarsi in corso di risposta favorevole alla terapia anti-
virale (5). Il caso clinico descritto riguarda una paziente con cirrosi da
HBV-HDV trattata a lungo termine
(6 anni) con IFN leucocitario. Durante il trattamento iniziale con
IFN ha presentato una riattivazione da HBV, che ha reso necessario
l’impiego di LAM e successivamente anche ADV. In questo caso
il trattamento a lungo termine dell’IFN, effettuato al di fuori delle linee guida e non considerando i
criteri di rimborsabilità del farmaco, è stato in grado di determinare
la remissione clinica, biochimica e
virologica della malattia, modifi-
Figura 1. Terapia antivirale in un caso di cirrosi da HBV-HDV.
26
cando la storia naturale della malattia nel caso descritto.
Dai dati della letteratura emerge
che, nel trattamento dell’epatite
delta, l’IFN convenzionale ad elevate dosi per 12 mesi, può determinare la clearance dell’HDV-RNA
in un significativo numero di pazienti con miglioramento degli indici di citolisi epatica e regressione
dell’istologia (2); è stato osservato
che il calo dell’HDV-RNA, durante
il trattamento con IFN convenzionale e più recentemente con il
Peg-IFN, viene spesso osservato
tardivamente in corso di terapia
TRATTAMENTO A LUNGO TERMINE CON INTERFERONE LEUCOCITARIO DI UNA PAZIENTE CON CIRROSI DA HBV-HDV
ed è verosimile che alcuni pazienti possano beneficiare di trattamenti di più lunga durata, spesso
oltre un anno (3).
Al contrario tentativi terapeutici
con farmaci diversi dall’IFN, quali
antivirali orali, sono risultati inefficaci nel trattamento dell’epatite
delta in pazienti con replica HBV
soppressa o molto bassa. Nello
studio di Wedemeyer (6) la monoterapia con ADV non ha determinato apprezzabili effetti terapeutici sull’HDV-RNA e non viene raccomandata dagli autori in assenza di
replica virale HBV.
In conclusione il trattamento con
IFN convenzionale, e più recente-
mente il Peg-IFN, rimane attualmente l’unica terapia in grado di
modificare la storia naturale dell’epatite cronica delta in una certa
percentuale di soggetti con evidenze scientifiche (2-4) che tale
terapia debba essere spesso protratta a lungo termine come è avvenuto nel caso descritto.
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27
Successo terapeutico in un paziente con habitus ansioso e
turbe caratteriali acuite dall’uso di interferoni peghilati
Salvatore Minniti
Dirigente medico I° livello, U.O. Malattie Infettive, Ospedale Perrino, Brindisi
28
Introduzione
Note anamnestiche
Il presente caso clinico riguarda
un paziente di nazionalità italiana ma residente in Svizzera per
motivi di lavoro. Il paziente, che
ha un’epatopatia cronica HCV
(Hepatitis C virus)-correlata, complicata dall’abuso di alcolici, si caratterizza per una difficile situazione familiare, oltre che lavorativa, che acuisce un habitus caratteriale di estrema irascibilità.
Dopo adeguato counselling si
decide di iniziare una terapia con
interferone peghilato (Peg-IFNalfa 2a (pegasys)+ribavirina
(RBV), ma dopo circa 2 mesi di terapia un’ingravescente piastrinopenia, ma soprattutto significative turbe del comportamento
(scatti di collera incontrollati),
rendono impossibile continuare
la terapia con Peg-IFN; si decide,
quindi, di intraprendere un percorso terapeutico alternativo
con IFN-alfa naturale leucocitario (alfaferone) ottenendo, alla fine di un ciclo di 6 mesi, non gravato dai precedenti effetti collaterali descritti, la tanto ambita
SVR (sustained virological response) determinante per un miglioramento della qualità e delle
aspettative di vita del paziente.
Paziente di nazionalità italiana, 51
anni d’età, titolare di un esercizio di
ristorazione in Svizzera. Giunge per
la prima volta alla nostra osservazione nell’aprile 2011. Mostra documentazione risalente al Dicembre 2010 di un ricovero urgente, effettuato c/o reparto internistico
della nostra provincia, per intossicazione acuta da alcool. Durante
quel ricovero gli viene diagnosticata, contestualmente, una sieropositività per HCV. Alla dimissione,
fra le altre raccomandazioni, gli
viene proposto di effettuare una
visita infettivologica di controllo.
Dall’anamnesi emerge una storia
pregressa di tossicodipendenza
durata, a fasi alterne, per circa 20
anni e conclusasi definitivamente
nel 2003; è affetto da diabete mellito da circa 3 anni (positività
anamnestica da parte della madre), che controlla adeguatamente
con la dieta e basse dosi di ipoglicemizzanti orali; è un ex-fumatore.
Riferisce di non essere un alcolista
cronico e che il recente uso smodato di alcolici è il risultato di una
situazione familiare complessa,
dovuta alla recente separazione
dalla moglie, con conseguente
enorme difficoltà a poter conti-
nuare a vedere con regolarità i
suoi 3 figli in tenera età. L’essere
detentore di un’avviata attività
commerciale, fuori dall’Italia, complica ulteriormente la possibilità di
soluzioni soddisfacenti della spiacevole condizione di vita privata.
Quadro clinico
Nel corso della nostra prima visita
il paziente si presenta in buone
condizioni fisiche generali: è normopeso e l’attività cardiorespiratoria è nella norma. L’obiettività
addominale evidenzia un’epatosplenomegalia di grado lieve, con
assenza di segni clinici (cute itterica, presenza di spider nevi, ascite,
etc.), che possano indurre a pensare a un’evoluzione cirrotica dell’epatopatia; dal punto di vista emotivo, tuttavia, il paziente è assai instabile. Non solo è complicato il
rapporto con la ex- moglie, ma anche la convivenza con gli anziani
genitori, che lo ospitano nel proprio domicilio, quando il paziente
torna dalla Svizzera per poter visitare i figli, è assai conflittuale.
La sommatoria di tutte queste vicissitudini familiari lo hanno indotto, nell’ultimo anno, a una fuga
nell’alcool.
SUCCESSO TERAPEUTICO IN UN PAZIENTE CON HABITUS ANSIOSO E TURBE CARATTERIALI ACUITE
DALL’USO DI INTERFERONI PEGHILATI
Gli esami che porta in visione evidenziano, dal punto di vista virologico, una negatività per virus HBV
e HIV, mentre l’HCV-RNA quantitativo risulta essere positivo
(2.560.000 copie/ml) con presenza
del genotipo 3a. Nel complesso gli
esami della funzionalità epatica
sono soddisfacenti con valori sierici dell’albumina di 4,5 g/dl senza
ipergammaglobulinemia (15,6%);
i valori della bilirubina risultano
nella norma, come anche quelli
del PT. Gli unici dati significativamente alterati riguardano le piastrine (106.000 mm3), le transaminasi con valori 2 volte la norma e la
GGT (130/60). Un’ecografia addome recente descrive un: “fegato di
dimensioni modicamente aumentate a ecostruttura lievemente addensata, steatosica. Milza aumentata di volume di 137 mm.” Si ritiene non necessario proporre una
biopsia epatica, vista la presenza
di genotipo favorevole.
Nonostante il paziente si dichiari
essere estremamente determinato nel voler affrontare quanto prima, con il trattamento interferonico, la patologia epatica HCV-correlata, dal colloquio approfondito
con lo stesso, emerge forte la sua
instabilità emotiva legata alle vicende personali su descritte e, per
tale motivo, non si asseconda la richiesta pressante, da parte dello
stesso, di iniziare immediatamente
il percorso terapeutico previsto
per tali casi con IFN + RBV. Viceversa lo si invita a praticare un ciclo di
vaccinazione per HBV e a richiedere un sostegno psicologico qualificato, per provare a gestire meglio i
problemi familiari e di abuso di alcolici che sono, al momento, di
gran lunga preminenti rispetto a
quello di affrontare farmacologicamente l’infezione da HCV.
Trattamento
Nel settembre 2011 il paziente torna a controllo ambulatoriale; il
quadro laboratoristico è esattamente sovrapponibile ai controlli
precedenti, come pure il ricontrollo ecografico. Ciò che tuttavia è
profondamente mutato è lo stato
d’animo rasserenato del soggetto
e il suo nuovo approccio razionale
nell’affrontare le difficoltà personali. Afferma di aver trovato da solo le energie mentali per smettere
di bere, che sta superando il difficile momento della separazione e
inoltre ci comunica di aver deciso
di dare in gestione la sua attività
commerciale in Svizzera, in modo
da poter rimanere almeno 6-12
mesi in Italia, così da completare
con serenità il ciclo di terapia previsto, senza alcun assillo lavorativo. Riconfermata tale condizione
di ritrovata serenità da parte del
paziente in un successivo accesso
ambulatoriale, nel gennaio 2012 si
decide di iniziare una terapia di
combinazione con Peg-IFN-alfa 2a
180 μg la settimana + RBV 800
mg/die (1).
Il paziente assume la terapia con
notevole motivazione. Nel corso
del controllo laboratoristico, coincidente col la IV settimana dall’inizio
della terapia, le piastrine scendono
ai valori di 67.000, imponendo un
controllo periodico più ravvicinato
della crasi ematica (1 volta la settimana); le transaminasi mostrano
una significativa riduzione delle
GPT (62/45), mentre le GOT rientrano nei livelli di normalità. Infine la
viremia HCV, che non è più rilevabile al primo mese di terapia (RVR), ci
conforta nell’intento di proseguire
la terapia. Tuttavia ciò che cattura
l’attenzione dei nostri infermieri,
adibiti all’effettuazione dei prelievi
periodici, è il comportamento del
paziente che, ogniqualvolta si presenta nel nostro ambulatorio, manifesta un comportamento polemico e appare pretestuosamente
29
SALVATORE MINNITI
irascibile nei confronti di un personale paramedico esperiente come
il nostro, che da decenni gestisce
pazienti con problematiche ben
più complesse.
Per tale motivo si convoca il paziente per un colloquio, nel corso
del quale emerge che, effettivamente, da quando ha iniziato la terapia (nonostante ci assicuri di
non aver ripreso a bere alcolici e di
non aver alcun altro nuovo problema da gestire) trova acuito dentro
di sé l’impulso alla irritabilità che
tuttavia, ammette, essere una sua
nota caratteriale di base (probabile concausa anche della sua separazione dalla moglie).
Acquisito tale dato si prospetta, al
paziente, l’ipotesi di sospendere il
Peg-IFN (2) per passare all’IFN-alfa-naturale leucocitario, gravato
da minori effetti collaterali anche
di tipo psichiatrico. Il paziente, tuttavia, si oppone a tale scelta, percependo lo “switch” verso una diversa terapia come una seconda
scelta che potrebbe compromettere il risultato finale della guarigione; si dice quindi pronto a gestire con successo i propri scatti incontrollati d’ira, così come ha
sconfitto in passato droga e, più di
recente, l’alcool. Si concorda, quindi, di proseguire con la terapia
30
standand già iniziata, a patto che il
paziente continui gli accessi settimanali nel n/s ambulatorio non
solo per controllare la persistente
piastrinopenia ma anche per verificare, con il medico di riferimento,
la sua reale idoneità psichica. Dopo circa 2 settimane da questo
colloquio chiarificatorio veniamo
contattati telefonicamente dal paziente che, in lacrime, asserisce di
avere appena avuto una furiosa lite, per motivi futili, con gli anziani
genitori e ora è in preda a dilanianti sensi di colpa e un ingestibile stato ansioso.
Lo si invita immediatamente a sospendere la terapia con Peg-IFN e,
nell’immediata successiva visita
ambulatoriale, lo si riferisce a uno
psichiatra, che conclude la sua
consulenza prescrivendo delle
benzodiazepine da assumere per
circa 1 mese. Il paziente, che ammette di non “sentirsi più lui” da
quando assume la terapia interferonica, non si rassegna tuttavia all’idea di dover abbandonare la “cura per l’epatite HCV”. Si decide
quindi che, fermo restando l’eventuale continuativo ausilio dello
psichiatra in caso di necessità, si rifarà una rivalutazione completa
delle sue condizioni a un mese
dalla sospensione della cura ed,
eventualmente, si proverà il trattamento alternativo con IFN-alfa naturale leucocitario che, con la sua
somministrazione a giorni alterni,
è assai più maneggevole nella gestione degli eventi avversi. Questa
è stata, in effetti, la scelta da noi
percorsa visto che il paziente, dopo 20 giorni di sospensione della
terapia con Peg-INF, continuava a
essere aviremico. Da aprile a settembre 2012 il paziente ha completato il ciclo di 6 mesi di terapia
di combinazione con IFN-alfa naturale leucocitario ai dosaggi di 3
MUI da assumere a giorni alterni +
RBV 800 mg/die senza più dover
far ricorso a supporto di tipo psichiatrico. Anche le piastrine, che
viaggiavano in corso di terapia
con la formulazione peghilata intorno i valori di 57-67.000, si sono
mantenute stabilmente sopra le
80.000, così da consentirci di diradare, a una volta al mese, gli accessi ambulatoriali per il controllo
della crasi ematica.
Ovviamente le suddette note positive sarebbero di nessun valore
se contestualmente non si fosse
verificato un elevato livello di efficacia della terapia assunta, confermata dal raggiungimento dei valori di negatività della viremia HCV
nei controlli eseguiti durante la 4a
SUCCESSO TERAPEUTICO IN UN PAZIENTE CON HABITUS ANSIOSO E TURBE CARATTERIALI ACUITE
DALL’USO DI INTERFERONI PEGHILATI
12a e 24a settimana di terapia, ma
soprattutto nei prelievi successivi
effettuati ben oltre i 6 mesi dal
completamento della stessa, essenziali per sancire la condizione
di risposta virologica sostenuta.
miliare, il particolare profilo psicologico del paziente, viene confermato che, in selezionate condizioni,
l’alfaferone garantisce l’indubbio
vantaggio di essere estremamente
maneggevole, scarsamente gravato da intollerabili effetti collaterali e
al tempo stesso mantiene una soddifacente efficacia (3).
Un altro elemento che ci ha aiutato nel raggiungimento del successo terapeutico è stato il continuo raccordo avvenuto fra il paziente e l’intera équipe di medici
e paramedici che lo hanno assistito nel corso di tutto il percorso te-
rapeutico. La nostra pluriennale
esperienza conferma quanto sia
fruttuosa, nel corso di terapie
prolungate, quali quelle che l’epatite HCV-correlata richiede, la
nostra scelta organizzativa di effettuare direttamente c/o il nostro ambulatorio i prelievi periodici dei pazienti in terapia. Ciò garantisce una continua e attenta
vicinanza del nostro personale
paramedico verso i nostri pazienti, in modo da poter cogliere, in
tempo utile, problematiche di
elevata importanza altrimenti
sottostimate.
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Discussione
Anche nel caso clinico appena illustrato, dove erano presenti vari fattori ostativi il raggiungimento di un
successo terapeutico quali: la presenza di diabete mellito, la piastrinopenia, il tormentato quadro fa-
Bibliografia
31
Il trattamento con interferone-alfa leucocitario in una
paziente anziana, di anni 68, affetta da cirrosi epatica
HCV-correlata e vasculopatia ipertensiva
Vincenzo Narciso, Valeria Narciso
U.O.C. Medicina Interna. P.O. Ascalesi, ASLNA1 Centro, Ambulatorio e DH Epatologia
32
Introduzione
Caso clinico
Il trattamento dell’epatite cronica da HCV (Hepatitis C virus) con
interferone peghilato (Peg-INF)
e ribavirina (RBV) rappresenta il
principale approccio nei pazienti inferiori ai 65 anni: infatti allo
stato attuale riconosciamo, secondo la nostra esperienza, una
risposta complessiva sostenuta
intorno al 55%, considerando
tutti i genotipi.
Mentre nei soggetti di genotipo
2 e 3 la risposta sostenuta si attesta al 75-80%, in quelli di genotipo 1 e 4, più resistenti alla
terapia, la risposta sostenuta è
inferiore al 50%.
Nei soggetti anziani, invece, questa terapia è molto meno praticabile, sia perché nella quasi totalità
dei casi è mal tollerata, sia perché
esistono, a queste età, quasi sempre delle comorbilità che ne limitano l’efficacia.
In questi casi va raccomandato
l’uso dell’INF-alfa leucocitario,
che ha una discreta attività antivirale in associazione alla RBV
ed è molto meglio tollerato;
spesso questo tentativo terapeutico è premiato dal successo, come dimostra il caso descritto.
Trattasi di una paziente di 68 anni,
in cura presso il nostro Ambulatorio da alcuni anni, affetta da una
epatite cronica HCV-correlata da
epoca imprecisata, che non aveva
mai mostrato segni di scompenso
funzionale e solo da alcuni mesi
presentava un’elevazione delle
transaminasi insolita e lieve piastrinopenia (ALT>100 UI, PLT:101.000).
Per questo motivo abbiamo ritenuto opportuno effettuare un DH
di controllo nel mese di marzo
2012, per una puntualizzazione
clinica della sua affezione.
Da ricordare che la paziente era,
da circa 2 anni, in trattamento con
un ACE-inibitore e un blando diuretico per un’ipertensione arteriosa, con una retinopatia di 1° grado
secondaria. All’esame obiettivo
generale presentava un’epatosplenomegalia, un lieve soffio sistolico basale cardiaco.
La pressione arteriosa era 145/90.
Peso 71 Kg, H:168. Abbiamo effettuato gli esami routinari, che hanno
mostrato: ipertransaminasemia,
AST:68 UI; ALT: 110; piastrine 95.000;
PT 78%; PTT 38; Hb 13,5 g%; gammaglobuline 32%; proteine totali
7,1g; albumine 42%.L’HCV-RNA
qualitativo era ovviamente positivo,
con un quantitativo di 700.000 UI.
Il genotipo era 2a/2c. Gli anticorpi
antinucleo erano assenti, gli ormoni tiroidei nella norma.
L’ECG e l’ecocardiogramma mostravano una lieve ipertrofia cardiaca ventricolare sinistra. Il fondo
oculare evidenziava una retinopatia di primo grado. L’esame ecografico mostrava un fegato aumentato di dimensioni, specie il
lobo sinistro, con eco-struttura diffusamente disomogenea, margini
epatici finemente irregolari. I vasi
portali erano tortuosi ma pervi,
non si notavano lesioni focali e la
milza era lievemente ingrandita
(diametro longitudinale 16,2 cm),
a eco-struttura omogenea.
A questo punto si imponeva l’indagine endoscopica per confermare eventuali segni di ipertensione portale; infatti all’EGD-fibroscopia si evidenziavano delle varici di primo grado al terzo distale
esofageo e una lieve gastrite congestizia; era chiara, quindi, la diagnosi di cirrosi epatica, anche se in
quadro di buona funzionalità
complessiva (CHILD A), in una paziente con ipertensione arteriosa
e lieve cardiopatia e retinopatia
secondarie.
A questo punto si poneva il problema della terapia, anche in con-
IL TRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO IN UNA PAZIENTE ANZIANA, DI ANNI 68, AFFETTA DA CIRROSI
EPATICA HCV-CORRELATA E VASCULOPATIA IPERTENSIVA
siderazione della forte motivazione della paziente a effettuarla.
Consapevoli della sua patologia
abbastanza avanzata e della possibilità di notevoli effetti collaterali
con la terapia standard, ci siamo
indirizzati verso la terapia alternativa, più tollerata in casi similari;
perciò abbiamo deciso di effettuare la terapia con INF-alfa leucocitario naturale 6 Mu x 3 volte la settimana in aggiunta a RBV 800
mg/die (2 cpr da 200 mg x 2 volte
al giorno), considerando che ci trovavamo di fronte a una paziente
anziana, affetta già da cirrosi epatica (CHILD A) con una comorbilità
vascolare ipertensiva; abbiamo
prescritto tale trattamento perché
sicuri di una buona efficacia e di
un’ottima tollerabilità.
La paziente ha iniziato la terapia
nel mese di aprile del 2012 e ha
terminato all’inizio di ottobre dopo 24 settimane. All’inizio la terapia non è stata scevra da effetti
collaterali, caratterizzati prevalentemente da astenia e artromialgie
diffuse con febbricola sub-continua, dominate da blandi antinfiammatori.
Gli esami iniziali confermavano
l’ipertransaminasemia e la piastrinopenia, ma si è manifestata
invece una sostanziale riduzione
dell’Hb, che da 13,7 g% è passata
a 10,8 g%. A questo punto abbiamo associato una fiala di eritropoietina di 20.000 UI alla settimana, senza ridurre la RBV.
La situazione è nettamente migliorata dopo un mese, con una
Hb stabilizzata sui 12 g%.
Un’altra sorpresa rilevante era la
negatività dell’HCV-RNA già dopo
4 settimane di terapia, con progressiva riduzione delle transaminasi che, al secondo mese di terapia, erano rientrate nei valori normali. Verso il 4° mese di terapia, oltre l’astenia, si è presentato un lieve prurito, risolto con l’assunzione
di un antistaminico per circa 10
giorni. L’HCV-RNA è stato negativo
per tutto il periodo di trattamento,
le transaminasi normali, le piastrine si sono mantenute intorno a
70.000, gli altri esami sostanzialmente sovrapponibili ai precedenti. Nel follow-up successivo la
paziente ha goduto di buone condizioni di salute e, dopo 6 mesi dalla fine del trattamento antivirale,
l’HCV-RNA si è mantenuto negativo, le transaminasi normali, il PT
80%, le piastrine 88.000, l’Hb 12,5
g%, le gammaglobuline 26%.
L’esame ecografico addominale
sostanzialmente era sovrapponibile al precedente.
Discussione
Questo caso descritto, di facile riscontro, è emblematico per affrontare i casi anche di epatite
cronica evoluta in cirrosi e in
un’età>di 65 anni, con presenza
quasi sempre di comorbilità; infatti in questi casi la terapia tradizionale con Peg-INF più RBV spesso può determinare grossi problemi di tollerabilità.
La risposta virologica sostenuta
(SVR), in questo caso esposto, ci è
di notevole conforto nel trattare i
pazienti cirrotici non scompensati, anche con comorbilità. Il trattamento con INF-alfa leucocitario
naturale ha dimostrato un’ottima
efficacia, anche se l’epatopatia
era avanzata, e una buona sostanziale tollerabilità. Ovviamente il trattamento è stato effettuato sotto stretto monitoraggio
della paziente, che ha presentato
dei problemi secondari, sostanzialmente dovuti alla RBV. L’anemia iniziale è stata prontamente
corretta dall’associazione di
20.000 UI di eritropoietina alla
settimana, che ha consentito una
stabilizzazione dell’Hb intorno ai
12 g%, senza che sia stato necessario ridurre la dose di RBV. Il prurito, inoltre, è stato prontamente
33
VINCENZO NARCISO, VALERIA NARCISO
risolto con l’uso di un antistaminico. Ma la cosa che ci ha dato
maggiore soddisfazione è stata il
miglioramento dei parametri
bioumorali e l’assenza di qualsiasi segnale clinico di un eventuale
scompenso epatico.
Anche l’ipertensione arteriosa e
la cardiopatia secondaria sono
state controllate dalla terapia
con un ACE-inibitore, associato a
un blando diuretico (i valori della
pressione diastolica sono stati
sempre inferiori ai 90 mm di Hg).
Conclusioni
Il caso clinico descritto dimostra
come sia utile, in molti casi, l’utilizzo
dell’INF-alfa leucocitario naturale,
soprattutto nei soggetti anziani,
con epatopatia avanzata e comorbilità: infatti tale farmaco mostra
l’indubbio vantaggio di possedere
un’elevata tollerabilità e maneggevolezza, assieme a una discreta attività antivirale se associato alla terapia con RBV.
Ovviamente questa terapia, in tali
pazienti, deve essere effettuata sotto stretto monitoraggio, per far sì
che essi completino il trattamento
senza rilevanti effetti collaterali, che
possano compromettere la prosecuzione della terapia e inficiarne
così i benefici; infatti un risultato
auspicabile, come la SVR, non solo
evita lo scompenso bloccando la
progressione della malattia, ma riduce notevolmente anche la possibilità di trasformazione in epatocarcinoma, come dimostrano molti
lavori a tal proposito.
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Ritrattamento con interferone-alfa naturale leucocitario
di un paziente affetto da epatite cronica C non responder
a precedenti trattamenti
Giuseppe Sabusco
U.O.C Malattie Infettive, Ospedale “A. Cardarelli“, AsREM - Campobasso
Introduzione
Il caso clinico evidenziato si riferisce a un paziente di 42 anni affetto da epatite cronica HCV-correlata (genotipo 1a), già trattato, in
passato, con 2 cicli di interferone
peghilato-alfa 2a (Peg-INF-alfa 2a
e ribavirina (RBV) e individuato come “non responder” a causa del
fallimento terapeutico (persistenza di ipertransaminasemia associata ad alta viremia) da noi ritrattato per 48 settimane con INF-alfa
naturale leucocitario al dosaggio
di 3 MU s.c. 3 volte a settimana. Il ritrattamento con INF-alfa leucocitario (meglio tollerato dei Peg-IFN
in relazione all’eventuale comparsa di effetti collaterali) dei pazienti
adulti con epatite cronica HCVcorrelata (recentemente approvato anche dalla commissione europea), in cui precedenti trattamenti
con Peg-IFN + RBV abbiano fallito,
viene oggi fortemente raccomandato e rappresenta a tutt’oggi, a
mio parere, un’ottima opzione terapeutica tesa all’eradicazione
dell’infezione.
I pazienti non responder a uno o
più trattamenti con Peg-IFN rappresentano, oggi, una popolazione complessa ed eterogenea, destinata sicuramente a crescere nel
tempo. Considerando che la storia
naturale dell’epatite cronica HCVcorrelata, lasciata a sé stessa, evolve verso stadi sempre più avanzati
di cirrosi, e ogni anno una temibile
percentuale di questi pazienti andrà incontro a insufficienza epatica ed epatocarcinoma, il ritrattamento antivirale con INF-alfa leucocitario è oggi da raccomandare
fortemente per cercare di migliorare le problematiche cliniche legate alla potenziale evolutività letale dell’infezione da HCV.
Note anamnestiche
Paziente di 42 anni, affetto da epatite cronica HCV-correlata, con evidenziazione, da 5 anni, di persistente ipertransaminasemia, che
giunge alla nostra osservazione
con alta viremia (HCV-RNA
6.000.000 cp/ml–genotipo 1a);
trattato in passato presso un’altra
unità operativa di malattie infettive con 2 cicli di associazione di
Peg-IFN-alfa +RBV, sospesi rispettivamente al secondo mese di trattamento la prima volta e al 3° mese la seconda, per persistente non
riduzione della viremia associata a
ipertransaminasemia (paziente
identificato come “non responder”
in entrambe le occasioni); il fallimento della precedente terapia
veniva testimoniato da una mancata risposta durante i trattamenti
(con viremia alta e associata ipertransaminasemia).
Quadro clinico
Il paziente giunge, alla nostra osservazione, nel gennaio 2012 lamentando, in anamnesi, una sindrome dispeptica e lieve astenia
generalizzata. Presenta, allo
screening laboratoristico iniziale,
questo quadro bioumorale: AST
278, ALT 300, GGT 189, fosfatasi alcalina 156, bilirubina totale 2,84,
HCV RNA 6.000.000 cp/ml con genotipo 1a. Un esame ecografico
addominale evidenzia epatomegalia, con fegato a margini arrotondati e irregolari ed ecostruttura diffusamente disomogenea,
come si osserva nelle sofferenze
parenchimali di tipo cronico, con
iniziale lieve splenomegalia. Una
EGDS evidenziava la presenza di
gastropatia congestizia; non evidente presenza di versamento
endoperitoneale, non presenza di
ipertensione portale e non lesioni
focali epatiche a un esame TAC
dell’addome.
35
GIUSEPPE SABUSCO
Trattamento
Considerando la forte motivazione del paziente a cercare di
risolvere l’evolutività della patologia epatica verso un’inevitabile imminente cirrosi epatica e la
sua disponibilità a una stretta
aderenza al nostro protocollo di
ritrattamento proposto iniziamo il ritrattamento con lo schema: IFN-alfa naturale leucocitario al dosaggio di 3 MU s.c. 3 volte a settimana. Già dopo 12 settimane di ritrattamento la risposta virologica si è rilevata soddisfacente, poiché la viremia non
era più rilevabile: fattore predittivo importante per una risposta
virologica sostenuta, in quanto
HCV-RNA è stato persistentemente non rilevabile alla 24 a
settimana di terapia sino alla fine del periodo di terapia durato
48 settimane e, soprattutto, fino
a 6 mesi dalla sospensione del
ritrattamento; inoltre abbiamo
rilevato una completa remissio-
36
ne dell’iper transaminasemia
evidenziata all’inizio del trattamento. L’efficacia del ritrattamento è testimoniata dal fatto
che, a ben 6 mesi dalla sospensione dello stesso, le transaminasi continuano a essere normali, con una viremia (HCV-RNA
quantitativo) ancora “undetectable”: nel nostro caso la risposta virologica sostenuta è stata
definita con un HCV-RNA non rilevabile 24 settimane dopo il
trattamento. La negativizzazione della viremia, evidenziata già
dopo 12 settimane di ritrattamento, ci ha indicato che il paziente poteva essere in grado di
ottenere una risposta virologica
sostenuta al termine delle 48
settimane di terapia totali che
noi abbiamo effettuato; totale si
è rilevata anche la remissione
degli indici bioumorali di necrosi, con le transaminasi che si sono mantenute persistentemente normali per tutto il periodo di
trattamento (48 settimane).
Discussione
Questa nostra esperienza clinica dimostra che i pazienti affetti da epatite cronica C, non responder a precedenti trattamenti antivirali con
Peg-INF + RBV, ritrattati per un anno con INF-alfa leucocitario, con
una viremia non rilevabile già dopo
12 settimane di ritrattamento, abbiano buone possibilità di successo
nell’eradicazione del virus malgrado abbiano fallito una precedente
terapia. Considerando che oggi, come riportato in letteratura, solo il
50% dei pazienti trattati riesce a debellare l’epatite cronica HCV-correlata in maniera definitiva, l’importanza del ritrattamento di soggetti
che hanno fallito precedenti terapie ridona speranza a questi pazienti esposti a una subdola e pericolosa evoluzione della malattia
verso la cirrosi e l’epatocarcinoma.
Per concludere possiamo, in questa
maniera, dare a questi pazienti
un’ulteriore importante opzione di
successo terapeutico.
RITRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA NATURALE LEUCOCITARIO DI UN PAZIENTE AFFETTO DA EPATITE CRONICA C
NON RESPONDER A PRECEDENTI TRATTAMENTI
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Ritrattamento con interferone-alfa leucocitario (alfaferone)
in paziente con cirrosi epatica da HCV genotipo 1b e severa
leucopiastrinopenia intollerante a Peg-IFN-alfa 2a
Rodolfo Sacco
U.O. Gastroenterologia e Malattie del Ricambio, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, Ospedale Cisanello
Introduzione
Lo scenario terapeutico dell’epatite cronica da HCV (Hepatitis C virus) sta mutando radicalmente:
l’introduzione degli inibitori della
proteasi NS3 di HCV, in combinazione con interferone peghilato
(Peg-IFN) e ribavirina (RBV), consente oggi il ritrattamento dei pazienti con HCV genotipo 1b, sia
non responder o relapser a precedenti trattamenti antivirali che il
trattamento dei “naïve” con epatopatia cronica evolutiva. Verosimilmente nell’arco di qualche anno, considerando le numerose
molecole attualmente nelle varie
fasi di studio, si potrà arrivare a un
regime terapeutico “interferonfree”. Tuttavia al momento l’utilizzo del Peg-IFN rappresenta ancora, in associazione alla RBV, il caposaldo della terapia antivirale
per l’epatite cronica da HCV; ciononostante questo tipo di trattamento si associa, spesso, all’insorgenza di effetti collaterali, che richiedono la riduzione del dosaggio o la sospensione del Peg-IFN.
In particolare gli effetti collaterali
indotti dal Peg-IFN, quali ad
esempio, mielotosscità e alterazioni del tono dell’umore, tendono a essere più frequenti nei pa-
38
zienti con fibrosi epatica evolutiva (METAVIR F3-F4), che hanno
però la maggiore necessità di essere trattati per prevenire le complicanze dell’epatopatia da HCV
(scompenso funzionale o l’epatocarcinoma). Occorre comunque
tener presente che, anche in epoca precedente l’utilizzo dei PegIFN, la tollerabilità degli IFN-alfa
ricombinanti, ancora oggi in alcuni casi utilizzati, poteva essere
scarsa, associandosi spesso a
eventi avversi che portavano a interruzione precoce del trattamento. È noto che l’IFN-alfa leucocitario (alfaferone) presenti un
basso grado di mielotossicità e
minori possibilità di indurre depressione o altri disordini psichiatrici: ciò favorisce un profilo di
maggiore sicurezza e tollerabilità
rispetto agli IFN-alfa ricombinanti
o ai Peg-IFN.
Il caso clinico presentato ha la
peculiarità di sottolineare come
una paziente con cirrosi epatica
da HCV, con severa leucopiastrinopenia e intollerante a un precedente trattamento con PegIFN, abbia beneficiato della terapia con IFN-alfa leucocitario (alfaferone), in associazione alla
RBV, ottenendo una risposta virologica sostenuta.
Note anamnestiche
Paziente di sesso femminile (iniziali L.B., nata il 15-8-1950), 61 anni compiuti all’epoca dell’inizio
del ritrattamento con IFN-alfa leucocitario (alfaferone) in associazione alla RBV. Non si registrano
familiarità per epatopatia, né assunzione di bevande alcoliche.
Fattori di rischio per virus epatitici: emotrasfusa all’età di 15 anni a
seguito di trauma stradale e assenza di comorbidità. In apparente buona salute sino a Giugno
2006 quando, per intensa astenia,
esegue esami bioumorali che evidenziano un incremento dei valori di ALT (alanino-amino-transferasi) sino a 5-7 volte i valori normali,
riduzione dei leucociti e delle piastrine, ipergammaglobulinemia,
lieve incremento della bilirubina.
La paziente risulta positiva allo
screening per anti-HCV, negativa
per HBV; presenta inoltre un’elevata viremia da HCV con genotipo
1b. Esegue controlli circa mensili
delle transaminasi, con tendenza
alla riduzione della citolisi. La sintesi epatica è discretamente conservata. L’ecografia evidenzia un
fegato con margini ondulati, ecostruttura disomogenea senza lesioni focali, splenomegalia.
RITRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO (ALFAFERONE) IN PAZIENTE CON CIRROSI EPATICA DA HCV
GENOTIPO 1B E SEVERA LEUCOPIASTRINOPENIA INTOLLERANTE A PEG-IFN-ALFA 2A
Nel marzo 2007 viene sottoposta
ad agobiopsia epatica: ne emerge
un quadro di epatite cronica a
evoluzione cirrotica con discreta
attività infiammatoria compatibile
con eziologia da HCV (grado 12/18
–stadio 6/6 secondo Ishak).
A Ottobre 2007 inizia una terapia
antivirale con Peg-IFN-alfa 2a alla
dose di 180 μg a settimana in associazione a RBV 800 mg/die. La
paziente presenta una riduzione
della citolisi e della carica virale
(pur non raggiungendo la negativizzazione) durante il primo mese
di trattamento: tuttavia la paziente
presenta cefalea marcata, significativa leucopiastrinopenia (PLTs
35.000, leucociti 1.400 con 700
neutrofili), calo del tono dell’umore con aspetti depressivi e astenia
ingravescente. Il dosaggio del
Peg-IFN-alfa 2a viene dimezzato
alla dose di 90 μg a settimana: nonostante questo provvedimento
gli effetti collaterali divengono tali, in particolare la cefalea e la progressiva riduzione di leucociti e
piastrine, da richiedere l’interruzione del trattamento. Negli anni
successivi la paziente si sottopone
a controlli ecografici semestrali e a
controlli bioumorali bi-trimestrali,
con evidenza di ALT incrementate
di 3-4 volte i valori normali.
Quadro clinico
A Maggio del 2011 la paziente
giunge all’osservazione c/o l’U.O.
Gastroenterologia e Malattie del
Ricambio dell’Ospedale Cisanello di Pisa.
Dal punto di vista obiettivo si presenta in discrete condizioni generali, peso 63 Kg, altezza 165 cm; è
lucida, orientata e non presenta
segni di ritenzione idrosalina. Esibisce esami bioumorali, dai quali si
evidenzia la persistenza di moderata alterazione della citolisi (ALT 3
volte i valori normali), sintesi epatica conservata, significativa leucopiastrinopenia, lieve incremento
di alfafetoproteina (AFP).
Un esame ecografico, eseguito 2
mesi prima, denota un fegato di
aspetto cirrotico senza lesioni focali, segni di ipertensione portale
(calibro del tronco portale 13 mm,
senza significative variazioni con
gli atti respiratori), splenomegalia.
Le viene data indicazione di eseguire un controllo mensile per 4
mesi della citolisi e di ripresentarsi,
presso i nostri ambulatori, al termine del monitoraggio consigliato. A Settembre del 2011 la paziente esibisce gli esami effettuati, che
confermano ulteriormente la persistenza di ALT alterate circa 3-4
volte i valori normali. Viene sottoposta a esame ecografico, che
conferma sostanzialmente i reperti sopra descritti; esegue, inoltre,
esofagogastroduodenoscopia,
che evidenzia solo ectasie venose
al terzo inferiore dell’esofago senza dilatazioni varicose. La determinazione di HCV-RNA, mediante
Real Time PCR, evidenzia elevati livelli di carica virale (>10E6 UI/mL).
Confermato il genotipo 1b di HCV,
in considerazione della significativa attività rigenerativa epatica e
della tendenza evolutiva dell’epatopatia con possibile scompenso
funzionale epatico e comparsa di
noduli epatici eteroplasici, viste
anche le discrete condizioni generali della paziente, viene posta indicazione a eseguire un trattamento antivirale con IFN-alfa leucocitario (alfaferone) in associazione alla RBV.
Trattamento
La paziente inizia il trattamento il 2410-2011 con la seguente schedula
terapeutica: alfaferone 3 MU s.c. a
giorni alterni in associazione a RBV
800 mg/die. Valori bioumorali basali:
ALT 160 U/L, HCV-RNA 1.200.000
UI/mL, bilirubina 1,2 mg/dL, albumi-
39
RODOLFO SACCO
na 3,6 mg/dL, emoglobina 14,2
g/dL, leucociti 2,7/mm3 x 100 (neutrofili 1050), piastrine 49/mm3 x
1000, AFP 19 ng/mL.
La paziente è stata sottoposta a
valutazioni clinico-bioumorali settimanali durante il primo mese di
trattamento e poi mensilmente sino al termine della terapia.
Non si sono verificate sostanziali
variazioni della crasi ematica durante il primo mese di terapia.
La determinazione di HCV-RNA è
stata eseguita mensilmente durante i primi 3 mesi di terapia per
una valutazione precoce della risposta al trattamento, successivamente ogni 3 mesi sino al termine
dei 12 mesi della terapia (ultima
somministrazione di alfaferone il
24-10-2012) e dei 6 mesi di followup post-trattamento.
Al termine del primo mese di trattamento, al controllo del 25-112011, si è verificata una buona risposta biochimica (ALT 68 U/L) e
virologica (HCV-RNA 244.000
UI/mL). In considerazione della
buona tollerabilità al trattamento durante il primo mese (solo
lieve cefalea dopo somministrazione dell’IFN ben controllata
con paracetamolo 500 mg al bisogno) e della stabilità della crasi
ematica, per potenziare l’indu-
40
zione della risposta virologica ottenuta, il dosaggio di alfaferone è
stato incrementato a 6 MU a giorni alterni sino al 7° mese di terapia. Dall’8° al 12° mese di terapia,
dato anche l’incremento degli
episodi di cefalea e la tendenza al
calo del tono dell’umore, la dose
di alfaferone è stata nuovamente
riportata a 3 MU/die con buona
tollerabilità. I livelli viremici di
HCV si sono negativizzati al 3°
mese di trattamento.
Per quanto riguarda l’impatto
del trattamento sulla crasi ematica, durante tutta la durata della
terapia non si sono verificate significative variazioni rispetto ai
livelli basali di leucociti e piastrine. Si è avuta, invece, una progressiva ma lenta riduzione dei
livelli di emoglobina (valore minimo raggiunto 10,4 g/dL al 10°
mese di terapia): pertanto la dose di RBV è stata ridotta a 600
mg/die negli ultimi 2 mesi di
trattamento. Al termine del trattamento le transaminasi erano
nei limiti e l’HCV-RNA persisteva
non rilevabile. Anche i livelli di
AFP erano rientrati nei limiti di
norma. Al termine del 6° mese di
follow-up post-trattamento veniva confermata la risposta virologica sostenuta.
Discussione
In un momento di ulteriore transizione terapeutica, nell’ambito dei
trattamenti disponibili per l’epatite cronica da HCV, alfaferone continua a rivestire un ruolo significativo quale arma terapeutica alternativa. Seppure i Peg-IFN, in associazione alla RBV, costituiscano ancora attualmente il principale riferimento terapeutico per l’epatite
cronica da HCV, vi sono diverse
evidenze, in letteratura, che testimoniano come l’alfaferone rappresenti un’efficace opzione terapeutica per pazienti con epatite
cronica e/o cirrosi da HCV intolleranti ai Peg-IFN.
In particolare i pazienti con epatopatia cronica evolutiva, senza una
valida alternativa terapeutica sarebbero, infatti, a rischio di sviluppare una malattia epatica avanzata, con possibile insorgenza di
scompenso funzionale ed epatocarcinoma. L’efficacia e la buona
tollerabilità di alfaferone erano già
state, del resto, ampiamente dimostrate nei pazienti intolleranti a
IFN-alfa ricombinante. Il caso clinico presentato sottolinea l’utilità
dell’uso di alfaferone nel favorire
una risposta virologica sostenuta
in una paziente intollerante a un
RITRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO (ALFAFERONE) IN PAZIENTE CON CIRROSI EPATICA DA HCV
GENOTIPO 1B E SEVERA LEUCOPIASTRINOPENIA INTOLLERANTE A PEG-IFN-ALFA 2A
precedente trattamento con PegIFN; la paziente era inoltre da considerare certamente un caso difficile da trattare: infetta da genotipo
1 di HCV con elevata carica virale,
affetta da cirrosi epatica istologicamente confermata seppure in
fase di compenso clinico, con significativa leucopiastrinopenia; è
noto, infatti, che tra i principali effetti collaterali dei Peg-IFN vi sia la
mielotossicità: questo aspetto era
stato una delle cause principali
che aveva indotto la sospensione
del primo trattamento, poiché si
era verificata un’importante riduzione dei leucociti e delle piastrine già di per sé ridotti a livello basale; occorre inoltre sottolineare
come anche i sintomi neuropsichiatrici, che la paziente aveva
presentato durante il primo trattamento, erano stati ulteriore concausa della sospensione del trattamento con Peg-IFN. Nel caso in
questione la somministrazione di
alfaferone, molto ben tollerato
dalla paziente non avendo provocato particolari effetti collaterali
né di tipo psichiatrico né emato-
logico, nonostante l’importante
leucopiastrinopenia di base, ha
permesso un’ottima aderenza alla
terapia, con la possibilità di portare a compimento i 12 mesi previsti
di trattamento e favorendo, in tal
modo, la successiva risposta virologica sostenuta. In conclusione il
ritrattamento con alfaferone, in
associazione alla RBV, rappresenta
un’efficace opzione clinica per
quei pazienti affetti da epatite
cronica o cirrosi che sono intolleranti al trattamento con IFN-alfa
ricombinante o con Peg-IFN.
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Interferone naturale e risposta virologica sostenuta
in paziente con epatite cronica HCV-relata
Maria Pina Sciotti, Simona Antonelli, Paolo Roselli
U.O. Malattie Infettive P.O. Vasto – ASL 2 - Regione Abruzzo
Introduzione
La terapia dell’epatite cronica HCV
(Hepatitis C virus)-relata si è avvalsa, dalla fine degli anni Novanta,
della terapia con interferone peghilato (Peg-IFN) e ribavirina (RBV).
Questo regime, somministrato per
24 o 48 settimane, determina l’eradicazione del virus in circa l’80%
dei pazienti con genotipo 2-3 e nel
40-50% dei pazienti con genotipo
1 o 4. Attualmente, per i pazienti
con genotipo 1, la triplice terapia
offre percentuali di eradicazione
virale significativamente superiori
rispetto alla duplice terapia. Il tasso di interruzione della terapia con
Peg-IFN e RBV, a causa di effetti
collaterali, è compreso tra il 10 e il
15% (anemia, neutropenia, piastrinopenia, depressione, tiroiditi,
dermatiti). L’INF-alfa naturale leucocitario presenta una migliore
tollerabilità rispetto ai Peg-IFN.
Quadro clinico
Descriviamo il caso di T.G., anni 61,
sesso maschile, normopeso, affetto da epatite cronica C genotipo 2
a-2c, documentata, dal 2005, in seguito a controlli di routine e con
assenza di comorbidità. La biopsia
42
epatica ha evidenziato “epatite
cronica attiva (grado 1) con fibrosi
portale (stadio 1)”. Ai controlli effettuati le transaminasi sono risultate costantemente alterate e
l’HCV-RNA è risultato pari a
3.060.000 UI/ml.
In data 07/11/2005 il paziente ha
iniziato una terapia con Peg-IFNalfa 2b 80 μg a settimana e RBV
800 mg/die (peso corporeo 58 Kg).
Già dalla III settimana di terapia si
sono evidenziate un’intensa astenia e una severa anemizzazione
(Hb 9,6 g/die), per cui è stata prescritta epoetina-beta (30.000 U s.c.
a settimana). Nonostante tale terapia e la successiva riduzione della
dose di RBV a 600 mg/die il valore
dell’Hb alla 6a settimana di terapia,
non è variato (9,9 g/dl); si è evidenziato, inoltre, un progressivo decremento dei neutrofili (<750 /mm3),
per cui dalla 6a settimana è stato
iniziato un trattamento con filgastrim 1 fl/s.c. a settimana. L’HCVRNA si è negativizzato al primo mese di trattamento (RVR).
In data 16-01-2006 (9a settimana
di terapia) è stata sospesa la terapia con Peg-IFN-alfa 2b e RBV per
evidenza, nonostante la terapia
con i fattori di crescita, di ulteriore
riduzione dei valori dell’HB (7,9
g/dl) e dei neutrofili (480/mm3)
con severa sintomatologia astenica. Dopo 2 settimane di sospensione (data 3-02-2006) , è stata iniziata una terapia con INF-alfa leucocitario (6 MU 3 volte a settimana) e
RBV 800 mg/die, proseguendo la
terapia con i fattori di crescita.
Ai controlli successivi i valori di Hb
hanno evidenziato una stazionarietà intorno ai 11 g/dl e i neutrofili hanno mostrato un progressivo
incremento (1.900/mm3).
Il paziente è quindi riuscito a completare 6 mesi di terapia, sospesa
in data 5-06-2013, con ETR (endof-treatment response) (ALT nella
norma e HCV-RNA negativo a 3 e a
6 mesi). Nel follow-up - post-terapia si è evidenziata una risposta virologica sostenuta (SVR) con transaminasi costantemente nella norma, emocromo nella norma, HCVRNA negativo, emocromo nella
norma, ECO-addome nei limiti della norma (ultimo controllo nel giugno 2013).
Discussione
Le attuali terapie dell’epatite cronica HCV-relata ottengono elevate
percentuali di risposte sostenute.
Purtroppo non tutti i pazienti tollerano tali terapie a causa degli ef-
INTERFERONE NATURALE E RISPOSTA VIROLOGICA SOSTENUTA IN PAZIENTE CON EPATITE CRONICA HCV-RELATA
sistentemente inferiori a 750/mm3
e/o piastrine persistentemente
inferiori a 50.000/mm3, che compaiano in corso di terapia con altri INF e che ne impediscano la
prosecuzione in presenza di risposta terapeutica).
L’alfaferone, nel caso clinico descritto, ha consentito di portare a
termine il trattamento in un paziente che ha presentato gravi effetti collaterali ematologici (anemia e neutropenia) in corso di terapia con Peg-INF e RBV non responsivi alla riduzione del dosag-
gio della RBV e all’utilizzo di fattori di crescita. La SVR, ormai a distanza di 7 anni dalla terapia, rappresenta un risultato ottimale e
conferma le caratteristiche intrinseche di migliore tollerabilità
dell’INF naturale associato a un
tasso di risposta, nei genotipi
non 1, sostanzialmente uguale a
quanto riscontrato con Peg-IFN.
La disponibilità di tale molecola
nell’armamentario consente di
trattare, con successo, pazienti che
altrimenti verrebbero privati di
un’importante opportunità.
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Considerando la storia naturale
dell’epatite C (cirrosi, HCC-carcinoma epatocellulare) è fondamentale cercare di effettuare il trattamento anche nei pazienti che sviluppano effetti collaterali con il
trattamento gold-standard.
In Italia l’uso dell’IFN-leucocitario
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Epatite cronica HCV-correlata genotipo 1b in donna
di nazionalità ucraina con risposta virologica sostenuta
al trattamento con interferone-alfa naturale
dopo precedenti fallimenti terapeutici
Annarita Sullo
U.O. Malattie Infettive, P.O. Umberto I, Nocera Inferiore (SA)
Introduzione
Quando si avvia un paziente a un
ritrattamento è perché si vuole
eradicare la patologia virale; pertanto si cerca di usare farmaci più
potenti rispetto ai precedenti o
protrarre il trattamento per un periodo di tempo maggiore.
La percentuale di risposta a un trattamento, atto a eradicare l’attività
virale, dipende molto dai trattamenti cui il paziente è stato in precedenza sottoposto: se ha praticato
interferone (IFN) in monoterapia la
percentuale aumenta nel caso in
cui quest’ultima venga associata a
ribavirina (RBV) (circa 15%); la percentuale si raddoppia (circa 30%)
se si tratta il paziente con IFN peghilato (Peg-IFN) e RBV. In entrambi
i casi i genotipi 2-3 sono certamente più responsivi rispetto al genotipo 1. La nostra paziente aveva, a
suo sfavore, sia il genotipo che trattamenti precedenti (sia in monoterapia che in associazione a RBV).
Anamnesi
Donna di 57 anni, al momento della nostra osservazione, di nazionalità ucraina, con peso corporeo kg
65.000; non fumatrice, assume al-
colici solo occasionalmente; assenza di comorbilità. Riferisce, come
fattore di rischio, un’emotrasfusione effettuata all’età di 24 anni, in
occasione del suo unico parto, per
imponente metrorragia. Dopo circa
6 mesi si manifestano ittero sclerocutaneo e un’importante ipertransaminasemia. Viene effettuata diagnosi di epatite acuta presso il nosocomio del suo paese.
Debellata la fase acuta, la paziente
non si sottopone ad alcun controllo epatologico fino al 1996, quando
giunge in Italia per motivi lavorativi. Dagli esami di laboratorio eseguiti si evidenzia una marcata ipertransaminasemia (GOT v.n. x 7 GPT
v.n. x 8,5) e positività per anti-HCV
(Hepatitis C virus); non vengono
eseguite ulteriori indagini e la paziente viene trattata con terapia infusiva disintossicante.
Dopo circa 6 mesi fa ritorno al suo
paese, dove vi resta per altri 15 mesi, non praticando alcuna terapia.
Rientra in Italia nell’autunno del
1998 quando, di sua volontà, si reca
a un centro epatologico del Sud
Italia. Viene ricoverata e sottoposta
a B.E. dopo aver eseguito HCV-RNA
quantitativo: > 600.000 UI/mL e genotipo: 1b. L’esame istologico sin
dall’epoca deponeva per “ECA
(epatite cronica attiva) severa”.
Quadro clinico
Esame obiettivo. Paziente lucida,
ben orientata, con assenza di ittero sclero-cutaneo, epatomegalia- fegato a circa 4 cm sulla linea
emiclaveare e 6 cm sulla linea parasternale di consistenza aumentata e margine arrotondato-,
splenomegalia- milza a 4 cm dall’arco costale-, assenza di ascite
ed edemi declivi.
Esami ematochimici e strumentali.
L’emocromo evidenziava solo
una modesta anemia (Hb 10,8
g/dl), ipertransaminasemia (GOT
v.n. x 4,8 GPT v.n. x 5); tutti gli altri parametri, compresi ormoni e
anticorpi tiroidei, nonché autoimmunità, risultavano nella
norma e inoltre si possono evidenziare: HBsAg assente, HBsAb
presenti, HBcAb totali presenti,
HBeAg assente, HBeAb assenti,
anti-HIV assente, HCV-RNA
5.765.523 UI/mL genotipo 1 b.
L’ecografia addome rilevava fegato di volume aumentato a
ecostruttura disomogenea. Assenza di lesioni focali, vena porta
pervia e di calibro regolare, colecisti alitiasica. Vie biliari intra- ed
extra-epatiche nella norma. Pancreas e reni nella norma, splenomegalia, assenza di ascite.
45
ANNARITA SULLO
Trattamento
A questo punto viene intrapreso
un trattamento con IFN-alfa 2b ricombinante in monoterapia (si
preferisce non associare RBV per la
preesistente anemia) alla dose di
3 MU tiw. Dopo 1 mese di trattamento i valori delle transaminasi si
erano notevolmente ridotti (GOT
v.n. x 1,5 GPT v.n. x 2).
Nel 2° mese di trattamento la paziente sospende, di propria volontà, la terapia per cospicua perdita di capelli. Stabilitasi definitivamente in Italia, nel 2009 si rivolge al nostro ambulatorio di Malattie Infettive, dove le viene riproposto un trattamento specifico
previa la pratica di tutte le indagini del caso. Questa volta la paziente non acconsente a sottoporsi a
B.E. Intanto, prima di intraprendere un nuovo trattamento, con l’assunzione quotidiana di acido folico i.m. per un mese, viene corretta
l’anemia. Nel maggio 2009 inizia
un ciclo terapeutico con Peg-IFNalfa 2b e RBV 1.000 mg die. Al 1°
mese di trattamento l’esame
emocromocitometrico si presentava normale, le transaminasi in riduzione (GOT v.n. x 3 GPT v.n. x
3,8), la paziente riferiva solo una
sindrome simil influenzale nei 2
46
giorni successivi all’infusione del
Peg-IFN-alfa 2b, che regrediva
con l’assunzione di paracetamolo.
Al 3° mese di terapia le transaminasi risultavano nella norma e la
viremia negativa. Dal 4° mese si ripresentava un’importante anemia (Hb 8,7), tanto da richiedere la
sospensione della RBV. Al 6° mese,
nonostante il trattamento fosse
stato proseguito con il solo PegIFN-alfa 2b, la viremia persisteva
negativa e le transaminasi nella
norma. Dall’8° mese iniziava a instaurarsi un calo progressivo di
piastrine che, nonostante la riduzione del dosaggio del Peg-IFNalfa 2b non accennava a rientrare,
per cui al 10° mese di terapia si sospendeva anche quest’ultimo per
l’instaurarsi di una massiva piastrinopenia (PLT 77.000). Nei mesi
successivi il valore delle piastrine
ritornava nella norma e, a 3 mesi
dalla sospensione del trattamento, le transaminasi restavano nella
norma e la viremia negativa. Dopo 6 mesi tali parametri erano
modificati: il valore delle transaminasi era GOT v.n. x 2,5 GPT v.n. x
3 HCV-RNA 4568943 UI/mL. La paziente, a questo punto, veniva
monitorata con esami ematochimici e strumentali, dai quali si rilevava un lento progredire della pa-
tologia. Nel marzo 2011 si decideva, in accordo con la paziente, di
iniziare un nuovo ciclo terapeutico con IFN-alfa naturale 6 MU a
giorni alterni.
A tempo 0 i valori delle transaminasi erano i seguenti: GOT v.n. x 3,2
GPT v.n. x 3,5, mentre l’HCV-RNA
5897453 UI/mL. Al 3° mese i valori
delle transaminasi erano notevolmente ridotti (GOT v.n. x 1,6 GPT
v.n. x 1,2), come anche la carica virale 2.354.098 UI/mL. Al 6° mese le
transaminasi erano nella norma e
la carica virale negativa. I valori
dell’emocromo non avevano subito modifiche e la paziente non riferiva alcun effetto collaterale, tanto da consentire di prolungare il
trattamento fino al 18° mese.
A un anno di osservazione persiste la negativizzazione della carica virale e l’assenza di citolisi e si è
notato un importante miglioramento del quadro ecografico e
dell’obiettività addominale: assenza di epatosplenomegalia.
Discussione
La letteratura attuale ci insegna
che i trattamenti di elezione, per
pazienti con viremia elevata e
genotipo b, sono da ricondursi a
EPATITE CRONICA SEVERA HCV-CORRELATA GENOTIPO 1B IN DONNA DI NAZIONALITÀ UCRAINA CON RISPOSTA VIROLOGICA
SOSTENUTA AL TRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA NATURALE DOPO PRECEDENTI FALLIMENTI TERAPEUTICI
Peg-IFN e RBV per un periodo di
48 settimane. Capita che tale
associazione terapeutica, di elevata
probabilità per SVR (sustained
virological response), non sia scevra
di effetti collaterali per molti pazienti
che, come nel caso descritto, sono
costretti a interrompere un trattamento
nonostante la completa risposta. Nel
nostro caso clinico sottoporre la
paziente a un ulteriore ciclo
terapeutico con un IFN-alfa naturale,
che non ha dato effetti collaterali,
nonostante il dosaggio elevato e
un più lungo periodo di tempo, ha
dimostrato che si può ottenere
addirittura la regressione della
patologia.
47
Flare epatitico dopo ciclo di immunochemioterapia
per linfoma non-Hodgkin in paziente con epatite cronica
HCV+ genotipo 1b e fibrosi severa trattato con
interferone-alfa leucocitario
Marco Tabone
U.O.C. di Gastroenterologia, AO Mauriziano Umberto I, Torino, Italia
Introduzione
L’infezione cronica da HCV (Hepatitis C virus), oltre che responsabile
di una grossa quota di epatiti croniche, è in grado, mediante stimolo persistente del sistema immunitario legato alla presenza dell’HCV-RNA, di favorire l’insorgenza
di linfomi a cellule B. In particolare
il linfoma non Hodgkin (L-NH)
marginale, follicolare e a grandi
cellule B presenta un’incidenza
più elevata nei pazienti con infezione da HCV (1); a sostegno di
questa stretta relazione numerose
segnalazioni di letteratura riportano una completa o parziale remissione dei linfomi a basso grado di
malignità (2,3) dopo eradicazione
dell’infezione da HCV.
Nel caso dei linfomi ad alto grado
di malignità, come il linfoma a
grandi cellule B, l’attuale terapia
standard consiste nell’associazione dell’anticorpo monoclonale
anti-CD20 (rituximab), con il tradizionale schema CHOP (ciclofosfamide, doxorubicina vincristina e
prednisone). Il rituximab ha sicuramente migliorato l’outcome al
trattamento dei L-NH ma, con la
sua introduzione, sono notevolmente aumentati gli episodi di
epatotossicità nella sottopopola-
48
zione dei pazienti con infezioni virali. Nei pazienti HBV-positivi è ormai prassi comune il trattamento
o la profilassi con analoghi nucleos(t)idici, mentre nei pazienti
HCV-positivi il comportamento è
ancora incerto, in assenza di forti
evidenze di letteratura. In uno studio retrospettivo orientale (4) la
presenza di infezione da HCV risultava essere un significativo fattore
di rischio per severi episodi di tossicità epatica; inoltre erano segnalati progressivi aumenti dei livelli
di HCV-RNA durante l’immunochemioterapia.
Note anamnestiche,
quadro clinico
Paziente di 51 anni al momento
della prima visita, caucasico. Peso
corporeo 52 kg stazionario, altezza
170, astemio dal 2003, ex-fumatore. Riferisce un’epatopatia cronica
seguita presso un altro Centro dal
1994, HCV+, genotipo 1b, HBsAg
neg anti-HBc+, mai trattato per
scarsa motivazione del paziente e
per modesta alterazione delle
transaminasi sieriche mai superiori a 1,5 volte la norma.
Nel mese di agosto 2010 viene
diagnosticato un linfoma non
Hodgkin diffuso a grandi cellule B
(Ki-67 73%) stadio II, per il quale
viene posta indicazione a trattamento R-CHOP per un totale di 8
cicli. Un’elastografia epatica, eseguita prima della terapia, rivelava
un grado di fibrosi significativa
(stiffness 11,8 kPa). Contemporaneamente al trattamento immunochemioterapico, il paziente iniziava una profilassi con lamivudina 100 mg/die per il suo stato di
portatore di anti-HBc isolato.
Durante tutto il ciclo di immunochemioterapia le transaminasi sieriche non mostravano forti oscillazioni, rimanendo comprese fra 1,5
e 2 volte la norma. Al termine del
ciclo il paziente presentava una risposta completa al trattamento e al
6° mese di follow-up, pur mantenendo il trattamento profilattico
con lamivudina, presentava un rialzo delle transaminasi fino a 10 volte la norma, con HBV-DNA sierico
negativo e valori di HCV-RNA di 1,8
UI/ml x 106. L’alterazione delle transaminasi si manteneva inalterata ai
controlli dei 2 mesi successivi.
Trattamento
A questo punto, visto il protrarsi
del flare epatitico in un fegato
FLARE EPATITICO DOPO CICLO DI IMMUNOCHEMIOTERAPIA PER LINFOMA NON-HODGKIN IN PAZIENTE CON EPATITE
CRONICA HCV+GENOTIPO 1B E FIBROSI SEVERA TRATTATO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO
che presentava già segni di fibrosi severa prima della chemioterapia, onde evitare il rischio di
scompenso della funzionalità
epatica, si consigliava un trattamento antivirale per HCV, mantenendo la terapia profilattica con
lamivudina.
Il paziente iniziava quindi un ciclo
di trattamento standard con interferone peghilato-alfa 2a (Peg-INFalfa 2a) 180 μg s.c. alla settimana
in associazione con ribavirina
1.000 mg/die. Esami baseline:
HCV-RNA 1,4 UI x 106, AST 258 U/l,
ALT 425 U/l, GGT 507U/l, ALP 244
U7l, bilirubina 0,6 mg/dl, emocromo nella norma.
Al controllo della 4° settimana il
paziente si presentava profondamente astenico, con alterazioni
significative dell’emocromo; conta piastrinica crollata a 72.000 μl,
Hb ridotta a 11,2 g/dl (calo di 2
grammi dall’inizio) e conta dei
neutrofili scesa a 800 μl. Diversamente la viremia HCV era negativizzata e gli indici di citolisi e colestasi ridotti del 50%. Alla domanda di interruzione del trattamento avanzata dal paziente, vista la rapida caduta della viremia,
si proponeva la continuazione
con sospensione del Peg-IFN e
switch a IFN naturale leucocitario
3 MU tre volte alla settimana.
8° settimana: il paziente riusciva a
tollerare la terapia antivirale, i valori dell’emocromo erano migliorati con risalita di tutti i parametri
(PLT 98.000 Hb 12,4 neu 1100) la risposta virologica era completa così come le transaminasi che si presentavano nella norma.
12° settimana: risposta completa
virologica e biochimica.
24° settimana: risposta completa
virologica e biochimica.
48° settimana: risposta completa
virologica e biochimica.
Stop terapia
24° settimana follow-up: risposta
completa virologica e biochimica.
48° settimana follow up: risposta
completa virologica e biochimica,
no recidive della patologia linfomatosa.
Discussione
Come già accennato nell’introduzione, l’introduzione del rituximab, nel trattamento dei linfomi
non Hodgkin, ha significativamente migliorato l’outcome del
tradizionale schema CHOP, ma ha
altresì aumentato gli episodi di
epatotossicità nei pazienti con infezioni virali. Sicuramente ciò è legato al potente effetto immunosoppressivo che si prolunga per
molti mesi dopo la sua sospensione. Nell’ambito dei pazienti con
infezione da HCV sono descritti
progressivi aumenti dei livelli di
viremia sierica con l’avanzare della immunochemioterapia. Al termine del trattamento, al cessare
dell’effetto immunosoppressivo
del rituximab e con la ricostituzione della risposta immune del paziente, si possono verificare flare
epatitici, che tendenzialmente sono autolimitanti.
Nel caso descritto, invece, con il
perdurare delle alterazioni della
citolisi e della colestasi, associato
a una fibrosi avanzata, si veniva
configurando una situazione potenzialmente pericolosa per la
funzionalità epatica del paziente.
Il precoce switch a INF naturale
leucocitario ha permesso di mantenere, in trattamento, un paziente che tollerava male il trattamento standard con Peg-IFN sia dal
punto di vista clinico che della
tossicità midollare e di poter continuare il trattamento per tutta la
durata prevista del ciclo con ottimi risultati finali.
49
MARCO TABONE
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Trattamento con interferone-alfa leucocitario e ribavirina:
una possibile alternativa terapeutica in soggetti con cirrosi
epatica HCV-correlata, in classe A di Child, complicata
da marcata piastrinopenia (<60.000/mm3)
Mario Vaccaro, Vincenzo Gallo, Andrea Vaccaro*
U.O.C. di Gastroenterologia del P.O di Nocera Inferiore, Salerno; *Assistente in formazione in Medicina Interna presso
l’Università Federico II di Napoli
Introduzione
Note anamnestiche
L’infezione da HCV (Hepatitis C virus) è una delle principali cause di
epatopatia cronica; il numero di
persone infette, in tutto il mondo,
è di circa 200 milioni, ossia il 3%
della popolazione mondiale.
L’evoluzione dell’epatopatia cronica HCV-correlata è molto variabile,
con uno spettro di manifestazioni
che vanno dal lieve danno epatico
all’epatite cronica evolutiva, caratterizzata da un variabile grado di
infiammazione e dal progressivo
aumento della fibrosi epatica fino
alla cirrosi, con o senza l’insorgenza
di epatocarcinoma (HCC). Solo eccezionalmente l’infezione cronica
si risolve spontaneamente: dal
10% al 40% dei soggetti con epatopatia cronica HCV-correlata svilupperanno cirrosi epatica e di
questi dall’1% al 5% svilupperanno HCC, con una mortalità a un anno del 33%. L’infezione da HCV è
oggi la prima causa di tumore epatico primitivo in Europa.
L’obiettivo della terapia dell’epatopatia cronica HCV-correlata è ottenere una risposta virologica sostenuta (SVR), definita come livelli
di HCV-RNA non rilevabili 24 settimane dopo la sospensione del
trattamento.
Uomo di anni 45 giunge, alla nostra osservazione, con diagnosi di
cirrosi epatica HCV-correlata dichiara quanto segue.
- Familiarità per patologie cardiovascolari.
- Uso di stupefacenti (eroina e
cocaina) dai 20 ai 34 anni. Nega
di essere stato sottoposto a
emotrasfusioni e nega allergie
sui generis e ai farmaci; fuma, in
media, 15 sigarette al giorno
dall’età di 18 anni e nega di aver
abusato con gli alcolici.
- All’età di 28 anni gli veniva posta diagnosi di epatopatia cronica HCV-correlata e pertanto
veniva sottoposto a biopsia
epatica, di cui il paziente non
esibisce alcuna documentazione. Dopo qualche mese veniva
sottoposto a trattamento con
interferone (IFN) non peghilato
3 volte a settimana per circa 5
mesi, con esito sfavorevole (persistenza della positività di HCVRNA con PCR).
- All’età di 42 anni, dopo i dovuti
accertamenti, veniva posta diagnosi di “epatopatia cronica
evolutiva HCV-correlata”.
- Nel mese di Luglio 2012 (all’età
di 45 anni) il paziente afferisce
presso il nostro ambulatorio di
Epatologia dell’U.O.C di Gastroenterologia e Servizio di Endoscopia del P.O di Nocera Inferiore (SAL/SA).
All’esame obiettivo si rileva
quanto segue: sensorio integro,
paziente orientato nel tempo e
nello spazio con aspetto generale buono; mucose rosee e normoirrorate; cute, annessi e masse
muscolari nella norma; assenza di
ittero e di ritenzione idrosalina;
linfonodi superficiali indenni; addome normoconformato, trattabile, non dolente alla palpazione
superficiale e profonda con cicatrice ombelicale normointroflessa; il margine antero-posteriore
del fegato è palpabile a circa 4
cm dall’arcata costale e presenta
una consistenza aumentata; il
polo inferiore della milza è appena palpabile dall’arcata costale e
presenta consistenza aumentata.
Nulla da rilevare a carico degli altri organi esaminati. P.A. 115/75
mmHg; F.C: 80 bpm; polso regolare per ritmo; peso: 70 Kg; altezza
167 cm; BMI 24 Kg/m2.
Esami ematologici-ematochimici effettuati nel periodo Luglio 2012: GB: 4.130/mm 3 (N:
52%, L: 31%, M: 11%, E: 3%, B: 1%);
GR: 4.980.000; Hb: 15,8 g/dl; Ht:
51
MARIO VACCARO, VINCENZO GALLO, ANDREA VACCARO
45,9%; MCV: 92 fl; PLT: 54.000/mm3;
PT: 74%, INR: 1,19; APTT: 27,6 sec.;
fibrinogeno: 188 mg/dl; ATIII:
64%; proteina C coagulativa:
45%, proteina S libera 67%; glicemia: 137 mg%; urea: 35 mg%;
creatinina: 0,8 mg%; acido urico
5,4 mg%; col. tot: 122 mg%; Col
HDL: 34 mg%; Col LDL: 61 mg%;
Tg: 139 mg%; bilirubina tot./dir:
1,12/0,71 mg%; AST: 161 U/l; ALT
157 U/l; ALP: 127 U/I; G-GT: 359
U/l colinesterasi: 2161 mU/ml;
insulina 37,8 µU/ml; indice di
H.O.M.A.: 12,8; TSH: 2,0 µUI/ml;
FT3: 4,3 Pg/ml; FT4: 1,1 ng/dl:
anti-Tg: 10 UI/ml; anti-TPO:
7UI/ml; 25 OHvitD: 26 ng/ml;
ANA: neg; AMA: neg; ASMA: neg;
LKM: neg; interleuchina 28B genotipo: omozigote CC; HbsAg:
neg; HbsAb: 256,6 mUI/ml; HbcAb: pos.; HAV Ab IgG: pos; HAV
Ab IgM: neg.
Eco addome completo: fegato
di forma regolare e di volume aumentato (per ipertrofia del lobo
sinistro e del lobo caudato); ecostruttura regolare; ecotessitura
diffusamente grossolana come
da epatopatia cronica, con sovvertimento strutturale e senza lesioni focali. Vena porta aumentata di calibro 13,4 mm; vene sovraepatiche di calibro e decorso
52
regolari; vasi portali pervi. Assenza di versamento liquido in cavità. Milza di forma regolare e di
volume aumentato (diam=1601
mm). EGDS: varici esofagee F1.
Gastropatia ipertensiva lieve.
Esami eseguiti in ottobre 2012:
GB: 2.510/mm3 (N: 57%, L: 33%, M:
6%, E: 3%, B: 1%); GR: 5.130.000;
Hb: 17,1 g/dl; Ht: 49%; MCV: 95,5
fl; PLT: 58.400/mm 3 ; PT: 70,8%,
INR: 1,21; glicemia: 134 mg%;
urea: 38 mg%; creatinina: 0,76
mg%; acido urico: 4,7 mg/dl; bilirubina tot./dir.: 1,09/0,36 mg%;
AST: 135 U/l; ALT 123 U/l; ALP: 89
U/I; G-GT: 189 U/l; ammoniemia:
93 µmol/l; sideremia: 105 µg/dl;
ferritina: 270 ng/ml; insulina 25,0
µU/ml; indice di H.O.M.A.: 8; 25°
HvitD: 24 ng/ml; prot. tot: 7,8; albumina: 3,6 g/dl; ANA: neg; c-ANCA:neg; p-ANCA: neg; ENA: neg;
alfafetoproteina: 3,0 UI/ml; CEA:
3,3 ng/ml; HCV-RNA qualitativo:
positivo; HCV-RNA quantitativo:
640.696 UI/ml; tipizzazione genotipo: 3a; anti-HIV 1-2: negativo;
alcool etilico: assente.
Orientamento diagnostico formulato: cirrosi epatica HCV-correlata (alta carica virale e genotipo 3) in classe A5 di Child-Pugh
complicata da ipertensione portale (varici esofagee F1 e gastro-
patia ipertensiva lieve), diabete
mellito tipo 2 non trattato farmacologicamente; ipovitaminosi D.
Terapia
Il paziente ha iniziato, in data
09/01/2013, una terapia con sola ribavirina (RBV) x 4 settimane
(Lid-in) e vitamina D (80 gocce
a settimana) poi, dopo 4 settimane, è stato aggiunto IFN leucocitario 1 fl da 3 MU x 3 settimana. N.B: la scelta dell’IFN leucocitario è stata dettata dalla
malattia epatica avanzata e dalla marcata piastrinopenia (come da nota AIFA).
Febbraio (1° mese di terapia):
GB: 4.290/mm3 (N: 53%, L: 35%, M:
9%, E: 2%, B: 1%); GR: 4.450.000;
Hb: 14 g/dl; Ht: 42,6%; MCV: 95,7
fl; PLT: 60.000/mm3; 25° HvitD: 26
ng/ml; HCV-RNA quantitativo:
1.840 UI/ml.
ECO-addome completo: fegato
di dimensioni aumentate con
margini irregolari di aspetto disomogeneo come da fibrosteatosi in epatopatia cronica con verosimile area a risparmio paracolicistica. Vena porta di 1,54 cm
con normale colorazione al doppler. Presenza di linfonodi all’ilo
TRATTAMENTO CON INTERFERONE-ALFA LEUCOCITARIO E RIBAVIRINA: UNA POSSIBILE ALTERNATIVA TERAPEUTICA
IN SOGGETTI CON CIRROSI EPATICA HCV-CORRELATA, IN CLASSE A DI CHILD,
COMPLICATA DA MARCATA PIASTRINOPENIA (<60.000/MM3)
di 1,69 cm. Presenza di splenomegalia (DBP> di 15,5 cm) lieve
ectasia dei vasi all’ilo.
Marzo (2° mese): GB: 2.890/mm3
(N: 48%, L: 42%, M: 7%, E: 2%, B:
0,3%); GR: 43.700.000; Hb: 13,7
g/dl; Ht: 47%; MCV: 108 fl; PLT:
36.000/mm3; PT: 13 sec., 80%, INR:
1,3; fibrinogeno: 260 mg%; glicemia: 100 mg%; urea: 36 mg%;
creatinina: 0,6 mg%; acido urico:
5,2 mg/dl; bilirubina tot./dir:
1,31/0,59 mg%; AST: 49 U/l; ALT
43 U/l; G-GT: 298 U/l; HCV-RNA
quantitativo: 626 UI/ml.
Ap r i l e ( 3 ° m e s e ) : GB:
2.420/mm 3 (N: 52%, L: 38%, M:
7%, E: 2%, B: 0,5%); GR:
4.350.000; Hb: 13,7 g/dl; Ht: 42%;
MCV: 96,6 fl; PLT: 46.000/mm 3 ;
PT: 12,5 sec., 87%, INR: 1,1; fibrinogeno: 232 mg%; glicemia: 105
mg%; urea: 35 mg%; creatinina:
0,8 mg%; acido urico: 5,3 mg/dl;
bilirubina tot.: 1,8 mg%; AST: 55
U/l; ALT: 43 U/l; G-GT: 156 U/l;
proteine tot.: 7,2; albumina: 3,7
g/dl; HCV-RNA quantitativo: 890
UI/ml.
Maggio (4°mese): GB: 2.600
/mm 3 (N: 66%, L: 24%, M: 8%, E:
2%, B: 0,2%); GR: 4.330.000; Hb:
14,3 g/dl; Ht: 42%; MCV: 96,8 fl;
PLT: 46.000/mm3; HCV-RNA quantitativo: 793 UI/ml.
Giugno (5° mese): GB: 2450/mm3
(N: 57%, L: 33%, M: 7%, E: 2%, B:
0,4%); GR: 4.400.000; Hb: 13,7
g/dl; Ht: 42,8%; MCV: 98,8 fl; PLT:
41.000/mm3; HCV-RNA qualitativo: presente.
Luglio (6° mese): GB: 2.080/mm3
(N: 59%, L: 32%, M: 8%, E: 1%, B:
0%); GR: 3.330.000; Hb: 11 g/dl; Ht:
33%; MCV: 99 fl; PLT: 48.000/mm3;
HCV-RNA qualitativo: negativo.
Eco addome completo: sovrapponibili ai precedenti.
Discussione
Il nostro paziente è giovane ed
è affetto da cirrosi epatica HCVcorrelata in buon compenso clinico (mai ascite e/o altre complicanze) ma con segni ecografici, endoscopici laboratoristici
di ipertensione portale (marcata piastrinopenia, dilatazione
della vena porta e varici esofagee F1) e portatore di genotipo
3 del virus C (genotipo frequente nei tossicodipendenti); inoltre il paziente è stato già sottoposto a terapia con solo IFN
non peghilato con esito sfavorevole (persistenza della positività di HCV-RNA).
Data l’alta probabilità di svilup-
pare complicanze nel cirrotico
compensato (B envengnù L.
2004) e l’alta mortalità correlata
alla classe di Child, si è deciso
(previo consenso informato) di
eseguire una terapia con IFN-alfa naturale leucocitario al dosaggio di 3 MU x 3 volte a settimana (vista la marcata piastrinopenia <60.000/mm 3 ), RBV
1.200 mg/die e 80 gocce/sett. di
vitamina D.
In seguito alla terapia il paziente
ha quasi normalizzato, nell’arco
di circa 3 mesi, il valore delle transaminasi; ha mantenuto quasi
stabile il dosaggio delle piastrine, ha negativizzato l’HCV-RNA al
5°-6° mese di terapia e non ha
presentato effetti collaterali degni di rilevanza clinica.
Un aspetto importante, della
suddetta terapia, è il dosaggio
pieno della RBV (1.200 mg/die),
visto il valore normale dell’Hb e
dell’emazie e la somministrazione della vitamina D (80 gocce/sett.).
I suddetti farmaci, in combinazione, hanno indotto un marcato calo della carica virale dopo
le prime 4 settimane di Lid-in
(da 640.696 UI/ml a 1.840
UI/ml). Il Lid-in è stato attuato
strategicamente per aumentare
la concentrazione sierica della
53
MARIO VACCARO, VINCENZO GALLO, ADRIANO VACCARO
RBV e la vitamina D per regolarizzare la risposta immunologica innata e acquisita affinché
potesse agire più incisivamente
l’IFN (obiettivo della terapia anti-HCV è la SVR).
Conclusioni
I pazienti cirrotici “giovani”, con
marcata piastrinopenia, possono
essere trattati (effettuando, però,
un monitoraggio assiduo degli ef-
fetti collaterali) con IFN-alfa leucocitario (alfaferone fl), RBV e vitamina D senza dover interrompere la
terapia anti-HCV, a causa della marcata piastrinopenia e il raggiungimento, in alcuni di essi, della SVR.
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Numero 2/2013