Corso di storia economica
Patrizio Bianchi
Lezione 9
La crisi di competitività della
industria italiana
Schema
•
•
•
•
•
•
•
Andamento commercio mondiale di beni
Il dibattito sulla competitivita’
Gli investimenti diretti
Globalizzazione, Europa
La posizione dell’Italia
Il declino, ancora sulla competitivita’
Il modello di specializzazione e la struttura
settoriale del commercio dell’Italia
PRODUZIONE E COMMERCIO MONDIALE (1)
(variazioni percentuali in volume)
14
12
12
10
10
8
8
6
6
4
4
2
0
0
-2
-2
-4
-4
19
82
19
83
19
84
19
85
19
86
19
87
19
88
19
89
19
90
19
91
19
92
19
93
19
94
19
95
19
96
19
97
19
98
19
99
20
00
20
01
20
02
20
03
20
04
*
20
05
*
2
Commercio
PIL
(1) Merci e servizi
(2) Scala destra. Rapporto tra la variazione del commercio e la variazione del PIL.
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI
Grafico 1.1
Elasticità (2)
* Stime e previsioni
Produzione e commercio mondiale
(1)
(variazioni percentuali in volume)
12
10
8
6
4
2
0
2000
2001
2002
Scambio di Beni e Servizi
(1) Beni e servizi
* Stime e previsioni
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI
2003
2004*
2005*
PIL (tassi di cambio di mercato)
Come cambia il Commercio Mondiale:
l’ascesa dell’Asia e il declino dei paesi sviluppati
100%
90%
Valori a parità del potere d'acquisto
80%
70%
Paesi Avanzati
60
50%
Cina, India e "Tigri
Asiatiche"
America Latina
40%
Africa
60%
30%
20%
10%
12,8
9,1
3,1
15
55,5
24
Paesi ex Socialisti e
altri
8,3
2,7
9,5
0%
Fonte: IMF, Direction of Trade
1985
2003
Motori della crescita
• Considerando i soli beni (a prezzi costanti), il
maggior contributo all’aumento delle
importazioni mondiali in volume è fornito dai
paesi dell’Asia, circa il 60%, tra cui la sola
Cina oltre il 30%, contro il 20% degli Stati
Uniti.
• Negli Stati Uniti, la domanda interna è stata
sostenuta dalla ripresa degli investimenti,
malgrado il freno esercitato sulle loro
importazioni dal deprezzamento del dollaro.
Motori della crescita
• Stimolo anche dai paesi dell’Unione Europea, dove
la Germania ha registrato una inversione di
tendenza della domanda interna (grazie alla
variazione delle scorte e al ridursi dell’intensità del
ciclo negativo degli investimenti);
• In ripresa l’America Latina, che torna a fornire un
contributo positivo alla domanda mondiale.
• Solo nel caso della Cina e, in misura minore della
Germania e degli Stati Uniti, apporto maggiore
rispetto al loro rispettivo peso sulle importazioni
mondiali.
Dimensione dei mercati nel 2002 e loro contributo
alla variazione delle importazioni mondiali nel 2003
(a prezzi 2001)
Economie avanzate
Unione Europea
Giappone
Stati Uniti
NIEs
Paesi in via di sviluppo
Africa
Asia
Cina e India
Medio Oriente
America Latina
MONDO
pesi % 2002
contributo nel 2003
75,2
36,2
5,6
18,8
7,8
19,7
2,2
8,5
4,8
2,7
6,3
100,0
62,4
14,2
7,5
20,9
14,0
34,3
3,0
28,9
25,6
1,6
0,9
100,0
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI, OMC e Commissione Europea
I primi 10 paesi esportatori nel 2003
Graduatoria
2003
Paesi
1
2
Germania
Stati Uniti
21,5
4,5
9,5
10,7
10,0
9,7
3
Cina (1)
32,6
23,0
13,2
16,0
8,5
20,2
14,1
7,8
17,8
15,5
6,2
1,1
6,4
5,1
4,3
3,8
3,9
3,9
3,3
100,0
7,1
1,2
6,3
5,1
4,1
3,9
3,9
3,6
3,4
100,0
di cui riesportazioni di Hong Kong
4
5
6
7
8
9
10
(1)
Var. %
Quote perc entuali
2002-2003
2002
2003
Giappone
Franc ia
Regno Unito
Paesi Bassi
Italia
Canada
Belgio
Mondo
Comprese le riesportazioni di Hong Kong di origine cinese.
Fonte: elaborazioni ICE su dati OMC, EUROSTAT e Istituti nazionali di statistica
I settori trainanti
• Dal punto di vista settoriale, i più consistenti
stimoli all’incremento del commercio mondiale di
beni (a prezzi correnti) sono provenuti dalla
chimica e farmaceutica e dall’estrazione di
petrolio, per effetto dell’impennata del prezzo del
petrolio, mentre gli scambi di prodotti elettronici,
seppure in ripresa rispetto ai due anni precedenti,
hanno fornito un contributo nettamente inferiore al
loro peso sul commercio mondiale.
19
90
M
1
19
90
M
9
19
91
M
5
19
92
M
1
19
92
M
9
19
93
M
5
19
94
M
1
19
94
M
9
19
95
M
5
19
96
M
1
19
96
M
9
19
97
M
5
19
98
M
1
19
98
M
9
19
99
M
5
20
00
M
1
20
00
M
9
20
01
M
5
20
02
M
1
20
02
M
9
20
03
M
5
20
04
M
1
20
04
M
9
Tasso di cambio effettivo reale deflazionato
con il costo del lavoro unitario,
indice Gen 2000= 100
COMPETITIVITA’
L’Unione Europea perde ancora terreno nei confronti degli Stati Uniti
130
120
110
100
90
80
70
STATI UNITI
Fonte: IMF, International Financial Statistics
AREA EURO
60
COMPETITIVITA’ verso l’AREA EURO
L’ Italia non riesce a stare al passo
Tasso di cambio effettivo reale deflazionato con il
costo del lavoro unitario,indice 1999= 100
140,00
Settore manifatturiero
130,00
120,00
110,00
100,00
90,00
80,00
Germania
Francia
70,00
Italia
60,00
gen-90
Fonte: Eurostat
gen-91
gen-92
gen-93
gen-94
gen-95
gen-96
gen-97
gen-98
gen-99
gen-00
gen-01
gen-02
gen-03
gen-04
Fonte: Global Insight
AREA EURO
se
t-0
3
m
ag
-0
4
125
ge
n03
STATI UNITI
se
t-0
1
m
ag
-0
2
130
ge
n01
ITALIA
se
t-9
9
m
ag
-0
0
135
ge
n99
se
t-9
7
m
ag
-9
8
ge
n97
se
t-9
5
m
ag
-9
6
ge
n95
Crescita del PIL (Indice 1998=100)
COMPETITIVITA’
La crescita italiana non decolla
140
120
115
110
105
100
95
COMPETITIVITA’
Arretrano gli investimenti
Contributi alla crescita del PIL
2
Esportazioni nette
Investimenti
Consumi
Pil
1,5
1
0,5
0
-0,5
-1
-1,5
2002
Fonte: ISTAT
2003
2004
COMPETITIVITA’
l’Italia perde terreno
Quota delle esportazioni sul commercio
mondiale
12%
1995
2000
10%
10,3%
9,4%
2004 I Semestre
8,0%
8%
6,1%
6%
5,1%
4,9%
4,6%
3,7%
4%
2%
0%
Francia
Fonte: WTO e IMF
Germania
Italia
3,8%
Quali sono le principali
cause della mancata
competitività italiana?
MANCATI INVESTIMENTI
il declino dell’accesso al credito nelle imprese di grandi e
piccole dimensioni
Prestiti bancari al settore privato
(Variazioni % tendenziali)
20
Famiglie consumatrici
Famiglie produttrici (piccole imprese)
Società non finanziarie (industria e servizi)
di cui: imprese manifatturiere
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
-2
mar-01
mar-02
Fonte: Elaborazioni CSC su dati Banca d’Italia
mar-03
gen-04
Produttività del lavoro
(Variazione percentuale sull’anno precedente)
MERCATO DEL LAVORO
la produttività nel settore privato
5,0
4,0
Francia
Italia
Germania
Regno Unito
Stati Uniti
Area Euro a 12
3,0
2,0
1,0
0,0
-1,0
-2,0
Fonte:OECD
Media 1987 1999
2000
2001
2002
2003
2004
MERCATO DEL LAVORO
la crescita del costo del lavoro in assenza di aumenti di
produttività dalla creazione dell’euro: un’anomalia italiana
Costo del lavoro per unità di prodotto
nell’industria manifatturiera
(Variazione % cumulata: 1999-2003)
14,0
12,0
10,0
8,0
6,0
4,0
2,0
0,0
-2,0
Fonte: Global Insight
Germania
Francia
Italia
Stati Uniti
MERCATO DEI PRODOTTI
la produzione industriale resta debole
104
Produzione industriale
(indici gennaio 2000=100)
102
Area dell’euro (escl. Germania e Italia)
100
98
96
94
92
2001
Fonte: CSC
Germania
Italia
2002
2003
2004
MERCATO DEI PRODOTTI
rigidità della regolamentazione
1,00
0,90
(grado di rigidità: 0=basso; 1=alto)
0,80
0,70
0,60
0,50
0,40
0,30
0,20
0,10
0,00
Regno Unito
Fonte: OECD
Stati Uniti
Germania
Francia
Italia
MERCATO DEI PRODOTTI
Tempi e costi per avvio nuova impresa (durata tipica)
Giorni lavorativi
60
50
40
30
20
10
0
Francia
Fonte: Commissione europea
Germania
Italia
Regno Unito
Spesa in Ricerca & Sviluppo in percentuale del PIL
INNOVAZIONE:
un’occasione mancata ?
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
Germania
France
Italia
Regno Unito
Stati Uniti
0,0
1995
Fonte: Eurostat
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
Composizione della spesa in Ricerca e Sviluppo
(2003)
INNOVAZIONE:
limitato contributo delle
imprese italiane
100%
90%
80%
Università
Governo
Industria
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Germania
Fonte: Eurostat
Non-profit
France
Italia
Regno Unito
Stati Uniti
INNOVAZIONE
Diffusione tecnologica, efficienza e produttività:
l’Italia non compete sul mercato mondiale
Regno Unito
Italia
Francia
Germania
0
5
10
15
20
25
30
Esportazioni high tech in % del totale – anno 2003 (stime)
Fonte: Eurostat
CONTRIBUTI ALLA CRESCITA DEL COMMERCIO MONDIALE PER SETTORI
(contributi in percentuale alla cresicta delle importazioni mondiali a prezzi correnti)
1999
Importazioni mondiali (milioni di $)
variazioni percentuali
(1)
Prodotti agricoli, dell'allevamento e della pesca
Prodotti del'industria estrattiva
Totale Manufatti
Alimentari, bevande e tabacco
Prodotti tessili
Abbigliamento
Calzature e prodotti in pelle e cuoio
Prodotti in legno e sughero (esclusi mobili)
Prodotti in carta, stampa, editoria
Prodotti petroliferi raffinati
Prodotti chimici e farmaceutici
Prodotti in gomma e plastica
Vetro, ceramica e materiali non metallici per l'edilizia
Metalli e prodotti in metallo
Macchine e apparecchi meccanici
Prodotti ICT, apparecchi elettrici e di precisione
Autoveicoli
Altri mezzi di trasporto
Altri manufatti di cui :
Mobili
Altri prodotti non manufatturieri
2000
2001
2002
2003
5.792.435 6.540.180
- 6.527.748 7.555.349
4,1
12,9
3,9
15,7
CONTRIBUTI IN PERCENTUALE
-3,3
-0,2
2,8
2,6
20,8
22,3
0,5
10,6
75,4
72,5
97,4
80,5
-3,0
-0,9
7,3
4,7
-0,4
1,3
2,3
1,8
0,1
1,4
1,8
2,3
0,0
0,6
1,0
0,9
2,1
0,1
1,3
0,8
1,1
1,6
1,9
2,0
6,2
7,8
-2,5
3,5
9,2
6,0
27,2
11,5
1,5
0,8
4,7
2,4
0,3
0,3
1,4
1,0
-11,9
6,7
5,3
7,7
-5,9
4,0
8,1
8,2
50,9
34,5
5,5
18,6
15,0
2,9
22,2
9,5
2,1
1,1
-4,1
1,9
4,0
2,1
7,0
1,9
1,9
0,5
2,3
1,0
7,1
5,5
-0,7
6,3
Quote di mercato
• La Cina e le NIEs hanno incrementato le esportazioni
grazie alla vivacità degli scambi reciproci.
• La quota degli Stati Uniti è diminuita, sia a prezzi
correnti che a prezzi costanti, poiché la discesa del
dollaro si è combinata con la fiacca congiuntura di
alcuni mercati di sbocco delle merci americane, tra
cui quelli dell’UE. E’ ipotizzabile che la perdita di
quota degli Stati Uniti sia legata alla crescente
delocalizzazione di attività produttive verso la Cina.
• Nessun paese dell’UE ha registrato guadagni di quota
in termini reali, come effetto della loro
specializzazione geografica oltre che dell’oramai
duratura fase di apprezzamento dell’euro
Quote di mercato
• L’impennata dei prezzi internazionali del
petrolio ha portato solo a lievi vantaggi
delle quote dei paesi produttori, perché
controbilanciate dalla svalutazione del
dollaro. L’aumento dei prezzi energetici ha
riguardato, seppure in misura minore, anche
le materie prime alimentari, contribuendo
così a migliorare la posizione debitoria di
alcune aree dei paesi in via di sviluppo, in
particolare in Africa.
Quote di mercato a prezzi costanti,
1994=100
140
SPAGNA
130
120
110
GERMANIA
100
FRANCIA
90
80
ITALIA
70
60
1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI-DOTS e OMC
PESO DELL'ITALIA NELL'ECONOMIA MONDIALE - 2001
4,0
3,5
3,0
2,5
2,0
1,5
1,0
0,5
0,0
Popolazione
(2003)
PIL
Esportazioni di Esportazioni di Flussi di IDE in Stock di IDE in Flussi di IDE in Stock di IDE in
beni
servizi
uscita (1996uscita
entrata (1996entrata
2001)
2001)
Debolezze congiunturali e strutturali
dell’economia Italiana
•
Non è sorprendente che l’economia italiana sia
caratterizzata da:
– Basso tasso di crescita negli anni 90
– Sostanziale stagnazione dal 2001.
• I problemi congiunturali sono basati su
problemi strutturali
–
–
–
–
Modesta dinamica della TFP
Bassa incidenza della spesa in R&S
Rallentamento nella dinamica degli investimenti fissi
Basso tasso di attività
La situazione attuale
• Policy ultimi anni:
• Peggioramento fondamentali
macroeconomici
• Nessun intervento per la competitività
(blocco delle liberalizzazioni e
privatizzazioni strumentali a “fare cassa”)
• Difficoltà dei sistemi di PMI impresa e
poche medie imprese di successo
La situazione attuale-2
• Ulteriore perdita di competitività per
l’economia italiana
• Mancanza di nuove esternalità per sistemi
di PMI
• Privatizzazione della rendita
Le imprese italiane
• Nodo dimensionale resta un limite del sistema
produttivo italiano
• L’insieme delle medie imprese ha dimensioni non
trascurabili e comprende un discreto numero di
imprese ad “alto tasso di crescita”.
• Il venture capital comincia a rappresentare una
opportunità concreta per le imprese anche in Italia.
Le imprese italiane
• L’Italia ha una spesa in ICT che, considerata
in proporzione al PIL, è inferiore del 40%
alla media UE.
• La produzione di brevetti delle imprese
italiane è largamente inferiore a quella delle
imprese dei principali paesi europei.
Nell’ultimo decennio il differenziale a
sfavore dell’Italia è aumentato.
Novità nelle forme di integrazione
internazionale
 integrazione commerciale: nuovi aspetti qualitativi
dell’interscambio dei beni
 integrazione produttiva-orizzontale: fornitura di capacità;
produzione diretta sui mercati esteri, “global sourcing”;
 integrazione produttiva-verticale: fornitura di fase;
outsourcing; sviluppo reti distribuitive
 integrazione inter-industriale: relazioni indotte sulle
industrie a monte e sui servizi: “backward e forward
linkages”
 integrazione tecnologica: scambio di conoscenza: progetti,
design, software, tecnologie.
Internazionalizzazione: problemi da affrontare
• Scarsa dimensione delle aziende
• Difficoltà delle stesse ad agire con una
logica di consorzio
• Difficoltà nel valorizzare provenienza
geografica e storia del proprio prodotto
• Difficoltà ad esportare con marchi propri e
con canali di distribuzione che non siano
veicolati da altre regioni d’Italia
• Difficoltà di accesso al credito
Internazionalizzazione: punti di forza
• Conoscenza delle esigenze delle imprese e
volontà/strategie di fare sistema (ICE, MAP e
MAE, Union-camere, Associazioni di
rappresentanza delle imprese, CCIAA)
• Conoscenza nel Mondo
• storia, origine, qualità e cultura
• Centralità rispetto all’Europa allargata al bacino
sud del Mediterraneo
Il problema della competitività
• Crescente divaricazione del livello di
competitività: i sistemi produttivi sono sempre più
diversi fra loro e al loro interno
• L’attrattività dei territori: individuazione di un
posizionamento strategico sostenibile
• Il rilancio della posizione internazionale delle
imprese italiane: rinnovamento del modello di
specializzazione e valorizzazione delle specificità
locali
• Il nodo dimensionale: favorire la crescita di
imprese giovani
La presenza internazionale delle
imprese italiane
• La presenza produttiva all’estero è cresciuta in
modo consistente (19,5% nel periodo 2000-2003)
ma non sufficiente a recuperare rispetto ai partner
europei
• Oltre la metà degli investitori esteri è
rappresentato da imprese con meno di 50 addetti
• L’80% delle imprese con partecipazioni all’estero
è localizzata nelle regioni settentrionali (37% in
Lombardia)
La presenza internazionale delle
imprese italiane
• Le regioni meridionali rappresentano solo il 5% del
totale.
• Le partecipazioni estere sono prevalenti nei settori
tradizionali (meccanica, tessile e abbigliamento,
alimentare). Nei settori ad alta tecnologia sono
registrate solo l’8% delle partecipazioni.
• L’analisi del livello di apertura internazionale
mostra una bassa apertura nei settori dove in questi
anni è cresciuta maggiormente la presenza estera e
un’alta apertura in quelli dove la presenza estera è
aumentata meno.
Il modello di specializzazione
internazionale dell’industria italiana
Punti di forza
Punti di debolezza
• settori tradizionali (ad alta
intensità di lavoro)
• settori ad offerta
specializzata (a media
intensità di capitale fisico)
• settori con forti
economie di scala (ad
alta intensità di
capitale fisico)
• settori ad alta intensità
di ricerca
Il dibattito sul modello di specializzazione
internazionale dell’economia italiana
• Caratteristiche generali del modello di specializzazione
– peculiarità rispetto agli altri paesi industriali
– rigidità
– polarizzazione
• Caratteristiche settoriali del modello di specializzazione
–
–
–
–
settori poco innovativi e/o a basso valore aggiunto
settori a domanda poco dinamica
settori a domanda molto sensibile ai prezzi
settori protetti
• Altre caratteristiche della struttura economica
– la questione dimensionale:
• la debolezza delle grandi imprese italiane
• il ruolo dei distretti industriali
– la questione meridionale
– scarsa capacità di attrarre investimenti esteri
INDICI DI SPECIALIZZAZIONE COMMERCIALE DELL'ECONOMIA ITALIANA
(scostamenti dalla media dei saldi normalizzati settoriali, valori percentuali, medie biennali)
Settori
Prodotti in metallo
Prodotti delle altre industrie manufatturiere
Cuoio e calzature
Legno e mobili in legno
Vetro, ceramica e materiali non metallici per l'edilizia
Macchine agricole ed industriali
Prodotti tessili e abbigliamento
Prodotti in gomma e plastica
Altri mezzi di trasporto
Materiali e forniture elettriche
TOTALE MERCI
Carta, articoli in carta e stampa
Prodotti alimentari, bevande e tabacchi
Autoveicoli e motori
Prodotti chimici e fibre sintetiche
Macchine per ufficio e strumenti di precisione
Minerali e metalli ferrosi e non ferrosi
Prodotti agricoli
Prodotti energetici
1973-74
1982-83
1990-91
1994-95
1994-95*
1999-00
51.3
58.6
80.7
-12.3
32.4
30.4
45.8
38.1
30.9
20.6
-2.3
66.3
60.6
75.5
31.1
47.4
52.4
49.9
33.4
36.4
12.6
-2.0
47.3
45.1
60.1
31.1
36.5
42.1
42.3
28.4
9.2
-4.4
0.1
49.7
47.7
44.6
31.7
38.0
42.8
37.0
28.1
21.0
-0.2
2.2
45.9
45.9
48.2
38.7
37.9
43.5
36.7
25.9
20.7
3.4
2.6
42.3
41.9
41.7
39.2
38.7
38.2
34.2
24.7
14.3
1.8
0.1
-16.7
-44.1
39.5
2.0
1.3
-32.5
-48.3
-48.4
-10.0
-35.6
-1.7
-14.7
-6.7
-23.2
-43.6
-67.7
-11.1
-30.6
-12.6
-23.9
-12.7
-34.0
-42.4
-68.8
-13.2
-28.5
-7.5
-24.6
-13.6
-36.1
-38.5
-77.0
-17.5
-26.2
-5.4
-26.1
-15.6
-37.4
-47.2
-76.6
-12.2
-15.1
-18.4
-18.9
-31.4
-38.0
-42.7
-75.4
INDICI DI SPECIALIZZAZIONE COMMERCIALE DELL'ECONOMIA ITALIANA
(scostamenti dalla media dei saldi normalizzati settoriali, valori percentuali, medie biennali)
Settori
Viaggi all'estero
Costruzioni
TOTALE SERVIZI
Intermediazioni
Trasporti internazionali
Servizi per le imprese
Assicurazioni
Comunicazioni
Servizi governativi
Servizi personali
Saldo normalizzato beni e servizi
1973-74
1982-83
1990-91
1994-95
1994-95*
1999-00
54.2
n.d.
71.7
n.d.
23.4
30.6
27.0
29.4
27.0
29.4
23.2
11.3
9.7
-0.3
-10.8
-37.2
1.0
-20.9
3.5
-18.5
10.2
-22.9
-20.1
-15.9
-12.7
-11.2
-34.1
-38.4
-0.5
-7.3
-17.3
-16.6
-19.2
-2.9
72.5
-36.6
-6.7
-24.5
-28.2
-24.4
-5.0
-43.5
8.1
-57.4
-6.7
-24.5
-28.2
-24.4
-5.0
-43.5
8.1
-57.4
-0.4
-8.5
-11.5
-17.2
-21.2
-24.0
-29.7
-41.5
-7.3
-0.9
0
8.1
8.1
1.8
37
24.6
34.8
41.5
35.2
40.4
32.5
17.0
29.0
31.4
22.7
29.3
31.4
22.7
29.3
28.7
16.8
26.1
Indici di polarizzazione
Scambi di merci
Scambi di servizi
Totale
DISTRIBUZIONE DEGLI OCCUPATI PER CLASSI DI ADDETTI
NELLE IMPRESE MANIFATTURIERE
(percentuale di ogni classe sul totale degli addetti nel 2000)
100%
90%
80%
70%
60%
50%
40%
30%
20%
10%
0%
Svezia
Spagna
Regno
Unito
Portogallo
1-19
Italia
20-49
Germania
(1)
50-249
(1) non comprende le imprese fra 1 e 19 addetti
Fonte: elaborazioni ICE su dati Eurostat
Grafico 8.1
Francia
250 e oltre
Finlandia
Danimarca
Austria
La questione dimensionale
• Il “nanismo” dell’industria italiana è la causa
fondamentale dei suoi problemi?
• Nonostante la crisi nel modello di produzione fordista
abbia comportato ovunque una tendenziale riduzione
delle dimensioni delle imprese…
• …emergono ciclicamente dubbi sulla possibilità delle
piccole e medie imprese di sostenere le sfide della
concorrenza internazionale
La crisi delle grandi imprese
•
•
Gli svantaggi comparati dell’economia italiana
sono concentrati nei settori oligopolistici dove
dominano le grandi multinazionali
Le cause della debolezza delle grandi imprese
italiane
–
–
Vincoli alla crescita dimensionale?
Protezione pubblica e debolezza degli stimoli
concorrenziali (le privatizzazioni nei servizi)
Le piccole e medie imprese sui mercati
internazionali
• Flessibilità geografica delle esportazioni
– Le imprese italiane sono molto abili nell’inseguire i mutamenti
della composizione geografica della domanda mondiale,
– ma questa rapidità di reazione è talvolta la contropartita di una
scarsa capacità di insediarsi stabilmente sui mercati.
• Scarsa internazionalizzazione produttiva
– La quota dell’Italia sugli investimenti internazionali è ancora assai
inferiore al suo peso sulla produzione e sul commercio mondiale.
– Soltanto da pochi anni le imprese italiane, anche quelle di minori
dimensioni,
hanno
iniziato
ad
usare
strategie
di
internazionalizzazione più mature, che prevedano anche la
presenza diretta sui mercati con proprie attività produttive e reti
distributive.
I distretti industriali
• Sistemi produttivi in cui molte piccole e medie
imprese specializzate interagiscono
strettamente con l’ambiente locale in cui sono
inserite
• Un modo diverso di essere grandi
• La dimensione originale
dell’industrializzazione italiana
Distretti industriali e made in
Italy
• Le caratteristiche qualitative dei prodotti delle
nostre imprese distrettuali fanno sì che spesso
questi non si trovino a competere con i prodotti
dei paesi emergenti a bassi salari
• “Le scarpe di Ferragamo, poniamo, sono molto
più sensibili alle modificazioni di prezzo di certi
gioielli che alle modificazioni di prezzo delle
scarpe prodotte in Cina”
Le prospettive future
• Le imprese distrettuali sono troppo piccole?
– Nelle relazioni intra-distrettuali le piccole dimensioni
sono un vantaggio
– Alla “frontiera esterna” del distretto possono essere un
problema
• Rete distributiva e potere di mercato
• Internazionalizzazione produttiva
• L’evoluzione dei distretti: l’emergere delle medie
imprese
DISTRETTI INDUSTRIALI E SPECIALIZZAZIONE DELLE
ESPORTAZIONI ITALIANE (1991)
Specializzazione delle esportazioni
rispetto ai paesi OCSE
5
4,5
Pelli e cuoio
4
Abbigliamento e calzature
3,5
3
Legno e mobilio
2,5
Tessile
2
Minerali non metalliferi
1,5
Macchine e materiale meccanico
Gomma e plastica
Prodotti in metallo
1
Alimentari
0,5
0
Carta e stampa
Metallurgia - Chimica - Macchine per ufficio - Mezzi di trasporto - Strumenti di precisione
0%
10%
20%
30%
40%
Quota di occupati nei distretti
50%
60%
IL PESO DEI DISTRETTI INDUSTRIALI
SULLE ESPORTAZIONI ITALIANE NEL 1996
(percentuali)
Cuoio e calzature
Tessili e abbigliamento
Legno e mobilio
Macchine elettriche
Prodotti minerali non metalliferi
Macchine e attrezzature
Prodotti in metallo
Altri prodotti manifatturieri
Alimentari
Totale
0
Fonte: elaborazioni su dati Montedison
10
20
30
40
50
60
Share of some Italian industrial districts in national and world exports by product - 1996
(percentage)
Industrial districts
Main specialization
Sassuolo
Sant’Ambrogio di Valpolicella
Arzignano
Santa Croce sull’Arno
Solofra
Prato
Arezzo
Treviglio
Udine
Vicenza
Como
Bassano del Grappa
Montebelluna
Modena
Ceramic tiles and flags
Marbles and marble and stone products
Leather and leather products
Leather and leather products
Leather and leather products
Textiles
Jewellery and related articles
Agricultural and forestry machinery
Furniture
Jewellery and related articles
Textiles
Central heating radiators and boilers
Footwear
Agricultural and forestry machinery
Share of Italian exports Share of world exports
50,4
25,4
28,5
20,8
16,5
28,0
33,0
17,5
11,6
16,2
13,4
8,8
8,6
11,1
26,7
9,5
6,2
4,5
3,6
3,4
3,3
2,0
1,8
1,6
1,6
1,4
1,3
1,3
IL CONTRIBUTO DEI DISTRETTI INDUSTRIALI ALLE ESPORTAZIONI ITALIANE DI MANUFATTI
(Stima: 1985=1)
1,06
1,04
1,02
1
0,98
0,96
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
A(=BxC) Quota delle esportazioni di 'made in Italy' dei distretti industriali sulle esportazioni italiane di manufatti
B) Quota dei distretti industriali sulle esportazioni italiane di 'made in Italy'
C) Peso del 'made in Italy' sulle esportazioni italiane di manufatti
1999
2000
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lezione n. 9