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INTRODUZIONE
Il calcestruzzo è un materiale particolarmente resistente a compressione,
ma molto debole a trazione; la sua resistenza a trazione varia tra l’8 e il
14% della sua corrispondente resistenza a compressione. A causa di
questa bassa capacità sono possibili fessurazioni fin dalle prime fasi di
carico.
Per ridurre questo fenomeno si può tentare di applicare una forza di
compressione centrata o eccentrica in grado di diminuire lo stato
tensionale di trazione nelle zone di maggior cimento, o addirittura di
annullarlo del tutto.
In tali condizioni, le sezioni si comportano elasticamente, premettendo
così di sfruttare per intero le loro caratteristiche di deformabilità e
resistenza. Infatti, tutte le sezioni in cemento armato ordinario si
fessurano rapidamente arrivando in fase II (fase a comportamento
elastico dei materiali con completa fessurazione del calcestruzzo) dove il
calcestruzzo teso diventa un elemento passivo presente solamente in
qualità di peso.
La tecnica con cui si applicano queste forze esterne va sotto il nome di
precompressione e consiste, con opportune tecniche, di imporre uno stato
di coazione (sistema di forze a risultante nulla) che sia in grado di
modificare favorevolmente lo stato tensionale della struttura.
Le forze di precompressione vengono generalmente applicate prima dei
carichi, in fasi diverse, anche se non mancano fasi in cui alcune di esse
vengono applicate contestualmente ad alcune delle azioni esterne (ad
esempio il peso proprio della struttura).
La scelta del tipo di precompressione dipende essenzialmente dal tipo di
sistema costruttivo utilizzato. Molto spesso la precompressione è
applicata lungo l’asse degli elementi da precomprimere. In tal caso si
parla di precompressione lineare, tipica di elementi trave, dove l’azione è
quella di contrastare le sollecitazioni flessionali e taglianti.
Un possibile alternativa è rappresentata dalla precompressione circolare,
tipica di strutture di contenimento come silos e serbatoi dove l’azione
esterna prevalente è rappresentata dalla pressione del liquido interno.
Figura 1.1 – Tipi di precompressione
Queste due tipologie di precompressione sono illustrate schematicamente
in Figura 1.1.
Ad esempio nella figura 1.1a c’è il caso limite di trave a conci separati
(resistenza a trazione nulla) che vengono resi solidali attraverso l’uso di
cavi di precompressione. Il cavo può essere progettato in maniera tale da
ottenere sotto l’azione dei carichi esterni uno stato tensionale triangolare
nella sezione di mezzeria (C) e uno trapezoidale nelle altre sezione (A,
B).
La pressione radiale in serbatoi per liquido può essere efficacemente
contrastata mediante l’applicazione di una precompressione che induca
nel materiale uno stato tensionale preesistente in grado di ridurre quello
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derivante dal liquido interno (Fig. 1.1b). Anche in questo caso la
precompressione può essere applicata con cavi che assumono forma
circolare e vengono tesi per generare uno stato di pressione equivalente
diretto verso l’interno del serbatoio. (Fig, 1.1c).
E’ chiaro quindi che le potenzialità nell’uso della precompressione sono
notevoli, per tutta una serie di aspetti che saranno analizzati nei capitoli
successivi. Ma appare evidente che la versatilità nell’uso del cemento
armato precompresso presenta almeno due aspetti importanti che lo
rendono certamente superiore rispetto al cemento normale: la possibilità,
di modulare resistenza e deformabilità dell’elemento precompresso
dosando opportunamente il grado di precompressione.
Ad esempio, la precompressione potrebbe essere utilizzata per aumentare
la rigidezza laterale di elementi o la capacità di ricentraggio degli stessi
nel casi di forti azioni laterali come il sisma (Fig. 1.2).
Figura 1.2 – Uso della precompressione il ri-centraggio di pile la
ponte
Un uso più comune della precompressione è quello di aumentare la
capacità portante di elementi e quindi di poter superare luci maggiori
rispetto a quelle normalmente raggiungibili utilizzando travi in c.a.
ordinario. Ad esempio, l’uso delle travi precompresse nella realizzazione
di ponti è estremamente frequente (Fig. 1.3). Luci elevate possono essere
agevolmente superate con l’uso di travi di altezza contenuta, ma la cui
resistenza e deformabilità risultano pienamente compatibili con le
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condizioni di esercizio e di collasso, condizioni altrimenti impossibili da
rispettare utilizzando travi in c.a. ordinario, a meno di accettare
condizioni di antieconomicità dell’opera.
Figura 1.3 – Uso dei cavi di
precompressione per
precompressione interna
Figura 1.4 – Uso di cavi di
precompressione per ponti a
conci
Il cemento armato precompresso nasce assieme al cemento armato
ordinario. L’idea è quella di superare i problemi legati alla limitata
resistenza a trazione del calcestruzzo che rende l’uso del c.a. ordinario
circoscritto a costruzioni con luci contenute.
Nel 1872 P.H. Jackson brevetto il sistema di precompressione illustrato il
Figura 1.1a per l’unione di blocchi separati e la realizzazione di archi
altamente resistenti ad azioni flessionali. Tale tecnica prenderà piede
molti anni più tardi diventando una delle tecniche più diffuse nella
costruzione di ponti a conci (Fig. 1.4). Negli stessi anni in Germania
C.W. Dohering ottenne il brevetto per la precompressione di piastre in
c.a. Queste idee non ebbero però il successo sperato a causa delle
deformazioni differite nel tempo del calcestruzzo non considerate
opportunamente e che vanificarono l’azione della precompressione.
Soltanto nei primi anni 1920 ci fu in America un risveglio della ricerca
su tale tema, con lo studio della viscosità e del ritiro del calcestruzzo.
In Europa il cemento armato precompresso fu ampiamente sviluppato a
partire dal 1920 da Eugene Fressynet che oltre che a essere un eccelso
progettista di opere in c.a.p., brevetto anche un famoso sistema di
precompressione interno che prende il suo nome e che si trova tuttora in
commercio (per dettagli vedi capitolo 3).
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Durante la seconda guerra mondiale G. Magnel a Ghent in Belgio e Y.
Guyon a Parigi svilupparono ampiamente il concetto di precompressione
di elementi in calcestruzzo mettendo in pratica i risultati delle loro
ricerche per la costruzione di numerosi ponti nel Nord-Ovest dell’Europa
e nell’Europa centrale.
Contemporaneamente tra il 1930 e il 1960 P.W. Abeles in Inghilterra
sviluppo il concetto di precompressione parziale. Intorno agli anni 70 la
ricerca sulla precompressione subì una forte accelerazione grazie
all’opera ricercatori come F. Leonhardt in Germania, V. Michailov in
Russia e T.Y. Lin negli USA.
Il secolo che stiamo vivendo è il secolo delle applicazioni del c.a.p., che
vedono un ampio sviluppo nel campo degli edifici civili e industriali
(edifici prefabbricati, Fig. 1.5), per le strutture sotterranee e per
applicazioni di natura geotecnica (Fig. 1.6).
Figura 1.5 – Elementi prefabbricati
in c.a.p
Figura 1.6 – Paratie in c.a. con
tiranti in acciaio armonico
Alla luce di quanto su esposto, nei prossimi capitoli si affronteranno in
maniera approfondita i temi più rilevanti riguardanti la tecnica del
cemento armato precompresso. Dato che l’obiettivo di questo scritto è di
fornire informazioni di base sul tema, il testo tratta soltanto il progetto e
la verifica di travi in c.a., lasciando altri tipi di elementi strutturali
(serbatoi, piastre, etc..) a testi specializzati. Dopo una breve introduzione
dei concetti base, presentati nel capitolo 2, nel capitolo 3 vengono
analizzate le più diffuse tecniche di precompressione (precompressione
interna, esterna, mista). Il capitolo 4 è invece dedicato ai materiali che
compongo una trave in c.a.p. (calcestruzzo e acciaio) con lo studio del
loro comportamento a breve e lungo termine. Il capitolo 5 illustra i
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concetti legati alla statica delle sezioni in c.a.p., fornendo un quadro
organico delle procedure di verifica tensionale in esercizio (SLE) e del
calcolo della resistenza flessionale e a taglio (SLU) di travi semplici e
composte in c.a.p. Il capitolo 6 è invece dedicato al progetto di travi
isostatiche in c.a.p. nel quale vengono illustrati i concetti generali di
progettazione e vengono suggerite le procedure di progetto più
appropriate. Le strutture in c.a.p. iperstatiche vengono introdotte nel
capitolo 7 dove concetti come il sistema equivalente alla
precompressione e il cavo concordante vengono utilizzati per la verifica e
il progetto di travi in c.a.p. iprestatiche. Infine, nel capitolo 8 viene
studiato il problema della diffusione locale delle forze di
precompressione e vengono fornite le tecniche per il progetto degli
ancoraggi in travi di c.a.p.
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