Maggio 2013
ospedaleniguarda.it
Poste Italiane Spa
Sped. abb.post. Dl n. 353/2003
art 1 (comma1) D&B Milano
DISTRIBUZIONE
GRATUITA
Il Niguarda Score
Uno studio per le malformazioni arterovenose cerebrali
iale
r
Edito
A
E’ il momento
di fare sanità
ssumendo il nuovo incarico, saluto
innanzitutto i pazienti e i lettori del
nostro Giornale; colgo l’occasione
per salutare Pasquale Cannatelli e Walter
Bergamaschi, miei predecessori, che tanto
hanno fatto per Niguarda e ai quali devo molto
professionalmente e umanamente.
In questo mio primo editoriale mi rivolgo
soprattutto a chi “fa Niguarda” lavorando nei
diversi ambiti professionali.
E’ chiaro a tutti: in questi anni la percezione
gestionale della limitazione delle risorse
economiche si è progressivamente acuita.
L’esigenza di risparmio è nell’aria da diverso
tempo, ed è diventata una realtà sempre più
contingente con cui fare i conti. In realtà i costi
della sanità, per effetto di tre fattori – tecnologia,
qualità attesa dei servizi, trend demografici–
sono sempre cresciuti; la nostra sfida, e il
nostro successo, sono stati quelli di limitare la
crescita dei costi. A dircelo ci sono i dati: nel
periodo 2006-2010 il costo di funzionamento
di Niguarda è cresciuto mediamente del 4%
ogni anno; nell’ultimo biennio del 2%.
CONTINUA A PAGINA tre
Attualità a pag. 2
I pollini sono un nemico
per un Italiano su 5
Sommario
Sanità a pag. 3
Quale SSN
potrà permettersi l’Italia?
Centri Specialistici
a pag. 5
Le valvole impiantate
direttamente nell’aorta
Malattie dalla A alla Z
a pag. 6
La sclerodermia non è solo
una malattia della pelle
Gli Specialisti Rispondono
da pag. 8 a 12
Il chirurgo della mano,
l’endoscopista, il nutrizionista, lo psichiatra…
Volontariato a pag. 13
Lo Spazio Vita
e i nonni amici
Arte e Storia a pag. 14
Vitaliano Marchini:
il marmista autodidatta
U
n punteggio che va 0 a 2 per poter predire il rischio operatorio
cui va incontro un paziente con
Malformazioni Arterovenose Cerebrali
(MAV): è il Niguarda Score ed è il frutto di
una ricerca iniziata più di 15 anni fa dalla
Neurochirurgia del nostro Ospedale (allora
diretta da Massimo Collice e oggi guidata da
Marco Cenzato). I risultati che sono stati da
NIGUARDA CANCER CENTER
Nanotecnologia
del farmaco contro
il tumore al pancreas
poco pubblicati su World Neurosurgery, una
delle riviste internazionali più importanti in
materia di neurochirurgia, recano in calce la
firma del neurochirurgo Giuseppe D’Aliberti
(referente per lo studio), dei neuroradiologi
Edoardo Boccardi e Luca Valvassori, e del
bio-statistico Michele Nichelatti.
CONTINUA A PAGINA due
Centro Antiveleni
Droghe travestite
Si chiamano smart drugs e sono
sempre più diffuse
Un nuovo meccanismo d’azione
per contrastare uno dei “big killers”
R
imane ancora tanto da fare, ma finalmente
anche per uno dei tumori più temuti,
l’adenocarcinoma
del
pancreas,
arrivano dati incoraggianti. Tutto grazie alla
nanotecnologia che ha messo a punto una
strategia per nuovi farmaci utili contro questa
neoplasia che rimane “uno dei 5 big killer”.
CONTINUA A PAGINA due
Allergologia
S
ono a tutti gli effetti delle droghe ma celate
sotto altre vesti: sali da bagno, profumatori
d’ambiente e fertilizzanti per piante.
Cambia la forma, ma rimane invariato l’effetto:
lo sballo. Si tratta, infatti, di allucinogeni o
stimolanti commercializzati così proprio per non
attirare l’attenzione della polizia giudiziaria.
CONTINUA A PAGINA due
Dall’Unità Spinale
Spazio Vita prende vita
I pollini sono un nemico Lo
Al via i lavori per la costruzione
per un italiano su 5
del centro polifunzionale
CONTINUA A PAGINA due
CONTINUA A PAGINA tredici
Periodico di informazione dell’Azienda Ospedaliera Ospedale Niguarda Ca’ Granda
Il giornale di Niguarda
Anno 8 - Numero 2
due
Allergologia
Allergici ai pungiglioni?
I pollini sono un nemico per un Italiano su 5
Le allergie sono sempre più diffuse: attenzione agli inquinanti in gravidanza
A
rriva la primavera, e non è una buona notizia per
un Italiano su 5. La rinite allergica, patologia
infiammatoria della mucosa nasale, con un trend
di crescita in aumento negli ultimi anni, sta diventando
rapidamente un problema sanitario a livello globale a
causa del suo impatto diretto sulla qualità della vita dei
pazienti. Secondo le stime sono 30 - 40 milioni i soggetti
che convivono con questa condizione in aree quali il Nord
America, il Nord dell’Europa e l’AustralAsia. “Fino a
qualche anno fa si pensava che le allergie interessassero
di più gli occidentali- ci spiega Elide Pastorello, Direttore
dell’Allergologia e Immunologia-. Ma gli ultimi dati
dicono che in particolare le razze non caucasiche sono le
più suscettibili e questo lo si è visto analizzando la triade
di sintomi tipici associati a questa condizione: la rinocongiuntivite, l’eczema e l’asma allergico”.
Spesso si punta il dito contro i fattori genetici, ma le
ricerche hanno chiarito una centralità dei fattori ambientali,
soprattutto in gravidanza. “Ad esempio il fumo di sigaretta,
anche se passivo, o gli inquinanti ambientali determinano
delle modificazioni nell’espressione dei geni del bambino,
quando è ancora nella pancia della mamma, che possono
portarlo ad essere un soggetto allergico da grande. Ci
sono dei casi in cui è stato dimostrato che persino avere
una nonna fumatrice aumenta la probabilità di allergie nel
nipote nascituro”. Prevenire fin da piccoli è importante: “In
molti casi- continua l’allergologa- ci può essere un legame
con l’asma, così come con la sinusite, ma quello su cui è
importante porre l’accento è che se la rinite viene trascurata
può determinare un’infiammazione sistemica, che provoca
febbricola, ma anche sonnolenza e malessere, condizioni
molto debilitanti che nei ragazzi possono addirittura portare
ad un deficit dell’apprendimento. Questo legame è stato
dimostrato da numerosi studi internazionali, che di recente
l’hanno addirittura correlata con la dislessia”.
Uno dei rischi principali per il paziente è quello
dell’autodiagnosi e della gestione in autonomia. “Ai primi
sintomi è bene rivolgersi al proprio medico di base che
valuterà l’opportunità della consulenza con lo specialista.
La rinite e le altre condizioni associate possono essere ben
controllate con il vaccino, oggi ancora più pratico grazie
alla somministrazione sub-linguale- conclude Pastorello-”.
Droghe travestite
Attualità
NEWS DAL WEB
Il meteo del polline
D
omani che polline farà? Per conoscere in
tempo reale la situazione pollinica rilevata
dall’Associazione Italiana di Aerobiologia
nelle dieci aree geografiche in cui è stata suddivisa
l’Italia l’allergico può fare riferimento al servizio
meteopolline.it. Oltre a consultare online il calendario
pollinico, il sito offre la possibilità di iscriversi a un
servizio che dal primo aprile al 30 settembre prevede
l’invio settimanale via e-mail o direttamente sul
cellulare per sms del bollettino dei pollini relativo
all’area geografica di residenza.
meteopolline.it
SEGUE DALLA PRIMA
Attualmente in commercio ci sono 670 sostanze diverse e ogni anno il mercato
offre 20 prodotti nuovi. Il fenomeno è nato alla fine degli Anni 90 negli Stati Uniti,
col tempo si è radicato anche in Europa, prima in Gran Bretagna e rapidamente è
arrivato anche in Italia.
Il termine “smart drugs” si traduce in “droghe furbe”, non solo perché la
loro destinazione d’uso principale ne maschera l’illegalità, ma anche perché il
continuo ritocco delle molecole ne rende difficile l’identificazione e impunito
Il pericolo è online
Secondo i dati dell’Oedt (Osservatorio
europeo
sulle
droghe
e
le
tossicodipendenze) i siti online che
commercializzano stupefacenti sono
passati dai 170 del 2010 ai 690 del
2012. Un boom del 400% che se da un
lato è naturale conseguenza della nostra
simbiosi con internet dall’altro riflette la
continua richiesta per queste sostanze.
Nanotecnologia del farmaco contro il tumore al pancreas
“Sono oltre 11mila i nuovi casi che si presentano ogni anno
in Italia – ricorda Salvatore Siena, Direttore dell’Oncologia
di Niguarda. Questo tumore, che è una delle prime 5 cause
di morte nella fascia di età da 50 e 70 anni, sia nell’uomo
sia nella donna, è una malattia subdola che viene scoperta
quasi sempre tardi. In più del 60% dei casi al momento della
diagnosi è metastatica, nel 30 % è localmente avanzata e nel
10 % è resecabile cioè suscettibile di eliminazione chirurgica”.
Lo studio
La sperimentazione MPACT, che ha visto Niguarda
come centro coordinatore a livello nazionale, ha valutato
l’efficacia dell’associazione del nuovo farmaco NabPaclitaxel (paclitaxel legato all’albumina in nano particelle)
in associazione con gemcitabina, evidenziando dei dati
importanti soprattutto per quanto riguarda la sopravvivenza
valutata ad un anno.
Un guscio speciale
Il successo di questa associazione è dovuto alla preparazione
del farmaco paclitaxel che viene racchiuso in un guscio di
albumina in nano particelle (Nab). Queste micro-strutture
sono compatibili con una componente fondamentale del
sangue (l’albumina stessa). L’affinità permette da una parte
alle molecole di paclitaxel di uscire dal flusso sanguigno
con maggiore facilità, e di raggiungere le cellule tumorali
in concentrazione maggiore, dall’altra di penetrare più
l’acquisto. Così nel momento in cui una sostanza viene inserita nella tabella degli
stupefacenti del Ministero della Salute immediatamente qualcuno ne modifica
leggermente la formula per farla tornare legale, innescando un’eterna rincorsa
tra autorità e produttori di stupefacenti.
Ad essere spiazzati da questo continuo trasformismo delle sostanze non sono
solo coloro che alle smart drugs danno la caccia, ma anche gli operatori della
salute che devono intervenire in caso di abuso. Così sempre più spesso quando i
medici devono soccorrere i ragazzi non sanno esattamente con cosa si cimentano
e non hanno la possibilità di identificare la sostanza perché esula dal pannel
di ricerca utilizzato in urgenza. A ribadirlo con forza ci sono i dati forniti dal
Centro Antiveleni di Niguarda: nel periodo compreso tra il 2010 e il 2012 si
sono registrati 1.783 episodi di esposizioni a stupefacenti per uso ricreativo e
nel 48% dei casi i kit di identificazione in urgenza non hanno riconosciuto le
sostanze assunte dal paziente. “In situazioni simili l’unica terapia possibile è di
supporto alle funzioni vitali se deficitarie- ci dice Franca Davanzo, Direttore del
centro, che invita a non sottovalutare le smart drugs: “È un fenomeno da tenere
attentamente sotto controllo poiché le sostanze sono le più disparate e per lo
più sconosciute. A questo si aggiungono gli effetti a lungo termine ancora più
imprevedibili e quindi potenzialmente devastanti”.
SEGUE DALLA PRIMA
facilmente all’interno della massa tumorale, aumentando
l’efficacia clinica del farmaco.
Il meccanismo d’azione
“L’uso della nanotecnologia nel farmaco Nab-Paclitaxel
sfrutta i meccanismi utilizzati dalle cellule tumorali per nutrirsi
per agire contro il tumore – spiega Siena-. L’albumina entra
nelle cellule tumorali legandosi a una proteina chiamata
SPARC (proteina acida secreta a ricca in cisteina). Il Nabpaclitaxel, essendo legato all’albumina, sfrutta il legame
di quest’ultima con SPARC per far entrare subdolamente
nella cellula tumorale il paclitaxel che, una volta rilasciato,
aggredisce le cellule neoplastiche. Quindi il Nab-paclitaxel
agisce come un cavallo di Troia, utilizzando e ingannando i
processi vitali delle cellule tumorali”.
Attesa per il farmaco
Intanto alla luce dei buoni risultati cresce l’attesa per il
farmaco, che, utilizzato per la sperimentazione, ora attende gli
ok necessari da parte delle autorità sanitarie per la disponibilità
in farmacia. “Bisogna ricordare che il trattamento non
è risolutivo- spiega Siena-, ma costituisce tuttavia un
importante miglioramento per uno dei tumori che rimane una
delle diagnosi più impegnative. Il Nab-paclitaxel non è una
cura definitiva, ma è un significativo passo in avanti, una base
importante da cui partire per la ricerca a venire che contiamo
al più presto possa raggiungere nuove conquiste”.
Appuntamenti - 6 giugno, ore 16.00 - Blocco Sud
Una biblioteca in Oncologia
E
L’1% della popolazione italiana soffre di
shock anafilattico scatenato da punture di
insetti quali api, vespe o calabroni. Si tratta
di una reazione allergica molto pericolosa
che nei casi più gravi può addirittura portare
alla morte. L’allergologia di Niguarda è uno
dei pochi centri a Milano ad effettuare il
vaccino per la protezione contro questo tipo
di reazione.
’ in programma per giovedì 6 giugno, alle ore 16.00, l’inaugurazione dello spazio Legger(I)nOncologia. Si tratta
di una biblioteca allestita presso l’Oncologia Falck allo scopo di rendere più gradevoli, per i pazienti e i loro
accompagnatori, i momenti di attesa in day hospital e la degenza.
www.oncologianiguarda.org
Il Niguarda Score
SEGUE DALLA PRIMA
Intervenire chirurgicamente sulle MAV è
possibile ed è una delle strade da prendere
in considerazione per disinnescare queste
malformazioni che possono rompersi e
portare a fatali emorragie cerebrali. Tuttavia
intervenire non è sempre consigliato.
In alcuni casi infatti l’asportazione o
l’embolizzazione (sono queste le due
vie
d’intervento
principali)
sembrano
paradossalmente aumentare il rischio di
emorragia. Cercare di capire a priori quando è
indicato scendere in sala operatoria e quando
no è stato l’obiettivo dello studio condotto
su 400 pazienti tutti seguiti a Niguarda dalla
fine degli anni novanta ad oggi. “Analizzando
l’ampia casistica per cui la neurochirurgia di
Niguarda è uno dei centri di riferimento a livello
nazionale- spiega D’Aliberti-, abbiamo cercato
di intuire se ci fossero dei segnali predittivi
di emorragie che possono insorgere posttrattamento. Prima del nostro studio nessuno
era riuscito ad evidenziare questa correlazione,
per cui quello che poteva sembrare l’unica via
di trattamento, in alcuni casi finiva invece per
portare ad un esito sfavorevole”. La chiave di
volta è stata trovata nell’angiografia: un esame
che viene normalmente condotto per studiare la
malformazione. “L’analisi di alcuni parametri,
che questo tipo di indagine consente di valutare,
ci ha permesso di elaborare il Niguarda Score,
un particolare algoritmo che racchiude in un
punteggio la valutazione del rischio di possibili
emorragie dopo l’operazione: più il valore si
avvicina a 2, più l’intervento è sconsigliato”.
tre
Il punto in economia
Quale SSN potrà permettersi l’Italia?
Prof. Federico Lega
Università Bocconi
Direttore Corso di Laurea in
Economia e Management delle
Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni Internazionali
I
l Servizio Sanitario Nazionale
(SSN) sta attraversando un momento molto difficile. Gli effetti
dei provvedimenti di contenimento
della spesa pubblica hanno portato nel
2013 per la prima volta ad un minor
finanziamento della spesa sanitaria
pubblica rispetto all’anno precedente,
e nel triennio 2012-2015 sono previsti minori finanziamenti complessivi
per circa 15 miliardi di euro (su un
importo complessivo di circa 112 miliardi). Inoltre, lo stato di salute del
SSN mostra evidenti criticità con ri-
guardo all’accessibilità dei servizi,
alla qualità, alla soddisfazione, con
risultati molto diversificati lungo tutta
la penisola e dentro ogni singola Regione. Lo stress economico rischia di
spingere le aziende a politiche di breve
termine di razionamento dell’offerta,
in un quadro complessivo in cui l’universalismo della sanità è già limitato.
Alcuni numeri aiutano a comprendere
questo limite: ad oggi il 55% delle
prestazioni specialistiche in Italia è
pagato di tasca propria dal cittadino, la
domanda di assistenza domiciliare è
soddisfatta al 25%, non più del 20%
dei disabili dalla nascita sono assistiti
continuativamente, l’odontoiatria è coperta dal SSN per il 3% della spesa
reale dei cittadini. Quali possono essere dunque le soluzioni? Cinque linee
di intervento sembrano emergere dal
dibattito nazionale. La prima riguarda
una più concreta e chiara identificazione dei livelli essenziali di assistenza,
per renderli misurabili e trasparentemente osservarne l’erogazione nelle
diverse Regioni, di modo anche da
selezionare le vere priorità del sistema ed evitare diseguaglianze marcate
nell’accessibilità ed erogazione dei
servizi. Secondo, rivedere i meccani-
smi di finanziamento aziendali per introdurre finanziamenti a patologia che
paghino i risultati e non le prestazioni e
qualche meccanismo di premialità, che
distingua chi lavora bene da chi lavora
non altrettanto bene. Terzo, ricercare
un dimensionamento dell’offerta più
razionale attraverso crescenti sinergie
di rete, ed un rapporto pubblico-privato meno ideologico, ma più e meglio
governato. Quarto, alzare il livello
della classe dirigente con processi di
selezione e valorizzazione delle professionalità più efficaci di quelli in atto
e con regole di funzionamento aziendali semplificate rispetto a quelle oggi
vigenti. Infine, quinto, un approccio a
“geometria variabile”, che distingua
il grado di autonomia conferito alle
Regioni. Le Regioni con un quadro
economico sotto controllo e risultati
soddisfacenti (esiti, rispetto dei LEA,
soddisfazione, innovazione) potrebbero godere di maggiore autonomia gestionale in due campi:
1. Godere di alcune autonomie crescenti nel profilo gestionale di materie
oggi regolate prevalentemente al centro del sistema, quali le relazioni sindacali, l’applicazione e la rinegoziazione
degli istituti contrattuali e dei rapporti
di lavoro, la possibilità di prevedere
“gabbie salariali” in relazione ai poteri
di acquisto e costo della vita, l’introduzione di nuovi meccanismi di incentivo
o disincentivo, ecc.
2. Subire gli effetti di provvedimenti
centrali sul governo della spesa pubblica in modo “ponderato”, cioè con
meno o comunque diversa valenza rispetto alla Regioni che non hanno le
stesse condizioni.
Di converso, l’SSN dovrebbe dotarsi
di un meccanismo a livello centrale,
tipo task force, per sostenere il rapido sviluppo di competenze e capacità
operative nelle Regioni che rimangono sotto una più stretta sorveglianza,
superando il meccanismo dei piani di
rientro o del commissariamento come
unico o principale strumento di riallineamento delle politiche regionali.
Particolare attenzione dovrebbe anche
essere data a creare una “scuola” per
formare i quadri dirigenti della sanità
regionale. Entrambi gli investimenti
sono fondamentali per il futuro della
sanità regionalizzata, così come prevista dall’attuale disegno costituzionale.
Sanità
Sistema Sanitario Regionale
Dal Niguarda parte la nuova Lombardia
I
ncentivazione delle eccellenze lombarde, promozione della ricerca, contenimento delle spese, razionalizzazione
delle risorse, sono queste alcune delle principali linee per il futuro della sanità lombarda tracciate a Niguarda dal
Vice Presidente e Assessore alla Salute della Regione Lombardia Mario Mantovani, che ha voluto iniziare
proprio da questo ospedale milanese un “tour” in tutte le strutture della regione, con l’obiettivo di “capire, conoscere e
raccogliere elementi fondamentali, prima di assumere decisioni di governo”. Affiancato dal Direttore Generale alla
Sanità Walter Bergamaschi- per cui la visita ha avuto il “doppio sapore” sia di “benvenuto” che di “arrivederci”, visto
che per 7 mesi è stato il Direttore Generale di Niguarda, prima della nomina in Regione- Mantovani ha svolto una visita all’Unità Spinale, al reparto di Chirurgia generale oncologica e mininvasiva e alle sale operatorie di Cardiochirurgia
del Blocco Sud, incontrando pazienti e medici.
Editoriale
Marco Trivelli
Commissario Straordinario
Niguarda
Con il nostro lavoro siamo riusciti a
scongiurare il rischio che “l’inflazione
sanitaria”- una condizione che diventa
realtà quando l’aumento della domanda
dei servizi sanitari è superiore alla
ricchezza sociale e alla crescita
dell’economia del Paese- facesse saltare
la sostenibilità del nostro Ospedale.
Ma quest’anno per la prima volta le
risorse del fondo sanitario nazionale
sono realmente ridotte. Quello che ci
aspetta, quindi, per il 2013 non è solo
un contenimento della spesa, ma siamo
chiamati a invertire la tendenza e a
spendere meno dell’anno passato.
Pare una missione impossibile. Questo
perché gli strumenti, responsabilmente
utilizzati in questi anni, sembrano aver
SEGUE DALLA PRIMA
esaurito la loro efficacia: continueremo
a rinegoziare con i fornitori i contratti
di acquisto, magari insieme ad altre
aziende ospedaliere, oppure delegando
la Regione; miglioreremo ancora
l’attenzione all’uso delle risorse in
reparto. Continueremo a farlo, perché
bisogna stare sempre allerta, ma non
basta. Non sono sufficienti gli strumenti
aziendali attivati, né le politiche di
contingentamento dei costi. Occorre
innovare nella gestione clinica,
assistenziale e logistica per avere una
discontinuità nel livello strutturale dei
costi. La Regione sta facendo la sua
parte: il Presidente Maroni e l’Assessore
Mantovani hanno inserito negli obiettivi
strategici dei primi 100 giorni di mandato
il riordino della rete ospedaliera regionale
e delle reti di specialità. Si tratta di
un’azione importante ed essenziale per il
futuro della salute.
E in questa fase siamo coinvolti
direttamente. La nostra ricchezza
professionale, strutturale e tecnologica
fa, infatti, di Niguarda un protagonista
assoluto di questo rinnovamento. Il
nostro Ospedale non può esimersi dal
partecipare: è il momento di spendersi
con la nostra professionalità specifica
per contribuire a ridurre la forbice tra
la ricchezza disponibile e il costo della
risposta ai bisogni di salute, che altrimenti
non può che ampliarsi indefinitamente.
Per farlo occorre tutto l’impegno di
ognuno di noi. Chi “gioca in prima
linea”, chi ogni giorno si prende cura dei
pazienti può infatti trovare soluzioni, più
vicine ai loro bisogni e paradossalmente
meno costose.
Sono certo che se in questi mesi
riusciremo a cooperare sia con la
Regione, e con gli altri ospedali milanesi,
sia all’interno dell’Ospedale- tra
dipartimenti, tra professionisti della cura
– andremo a segno.
In questi mesi dobbiamo, inoltre,
completare il disegno definitivo
dell’assetto dell’Ospedale potendo aprire
l’anno venturo il nuovo Blocco Nord.
Insieme a questo grande traguardo è stato
assunto l’impegno di revisionare, con i
progetti di miglioramento organizzativo
la gestione delle sale operatorie nel
Blocco Sud, la gestione delle aree di
alta intensità, i percorsi dell’urgenza
e insieme i percorsi agevolati per le
dimissioni. Inoltre è l’anno del lancio
dei nuovi centri: il Niguarda Cancer
Center, il Niguarda Transplant Center e
il Niguarda Trauma Center. Non finisce
qui: nei prossimi mesi prenderà avvio
il Dipartimento Interaziendale per la
Riabilitazione. Si tratta di diversi progetti
che devono conseguire risultati concreti
nei prossimi mesi, perché solo se
prenderanno corpo in iniziative operative
potranno crescere e diventare nuovi
capitoli della storia di Niguarda e della
sanità milanese.
In tutto questo dobbiamo avere due
attenzioni: il primo è il fattore tempo. E’
fondamentale stabilire cosa è possibile
fare nel breve e cosa nel medio periodo e
iniziare a farlo mantenendo le scadenze.
Per agire tempestivamente ognuno
deve avere autonomia di azione, ma nel
contempo è necessario, come in ogni vero
organismo, mantenere i collegamenti
all’interno dei dipartimenti e con la
Direzione. In secondo luogo dobbiamo
garantire sempre le prestazioni attese dai
pazienti, in termini di volumi e qualità.
Nei primi mesi di quest’anno c’è stato
qualche segnale di flessione. Occorre un
grande impegno, lo sappiamo, ma non
possiamo arretrare proprio ora.
E’ un momento di grande responsabilità,
rispetto al quale sono fiducioso. E’
il momento di fare sanità. Da parte
mia e da parte del Direttore Sanitario,
Giuseppe Genduso, e del Direttore
Amministrativo, Giuseppe Micale, c’è
l’impegno a spendere ogni nostra energia
per realizzare con voi questo compito.
Marco Trivelli
Commissario Straordinario
Niguarda
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cinque
NIGUARDA CARDIO CENTER
Le valvole impiantate direttamente dell’aorta
Tecnica mininvasiva ideata a Niguarda per due pazienti “speciali”
F
A Pristina la prima
Cardiochirurgia pubblica
Gli specialisti del Niguarda
formeranno i medici
e gli infermieri locali
U
sotto uno strato di grasso troppo spesso. Eppure la TAVI
pareva l’unica strada, perché l’obesità rendeva ad alto
rischio un intervento chirurgico”.
Così i medici hanno deciso di provare una via d’accesso
mai tentata prima, impiantando la protesi direttamente
nell’aorta attraverso un taglio di pochi centimetri sul
torace destro. “Il punto prescelto e la tecnica sono ben
noti ai cardiochirurghi, che li usano per inserire le cannule
della circolazione extracorporea: abbiamo deciso di
tentare perché ci siamo fidati dell’esperienza maturata
in altri frangenti chirurgici e con la TAVI stessa”, dice
Klugmann. Così, intorno a Natale venne operata la
signora piccolina e a distanza di una settimana, a cavallo
di Capodanno, l’altra. Interventi perfettamente riusciti,
che hanno dato l’avvio a un metodo che ora viene usato
sempre più spesso.
na nuova cardiochirurgia ha aperto a Pristina.
Si tratta del primo centro pubblico per
questa specialità nel piccolo Paese Balcanico
che si è rivolto ai professionisti del Niguarda per lo
start up della struttura.
“Fino ad oggi in Kosovo- ci spiega Stefano
Marianeschi, Responsabile della Cardiochirurgia
Pediatrica e referente per il progetto- l’unica alternativa
per questi pazienti era l’intervento a pagamento nelle
cliniche private”.
Per i primi interventi sono volati dal Niguarda a Pristina
Luigi Martinelli, Direttore della Cardiochirurgia,
Marco Ciboldi, Direttore dell’Ingegneria Clinica
e l’anestesista Michele Mondino. Delle prossime
missioni farà parte anche l’infermiere Francesco
Abbate, che ricorda quanto sia importante insegnare
la corretta gestione del paziente non solo in sala
operatoria, ma anche nel post-intervento: “L’obiettivo
è quello di trasferire gradualmente al personale locale
le conoscenze per poter portare avanti l’attività del
reparto da soli”.
Prevenzione
Lotta all’ipertensione
Da oltre 30 anni alla Ca’ Granda e oggi un accreditamento importante
L
a lotta contro l’ipertensione a Niguarda si porta avanti da più di 30 anni grazie ad
un ambulatorio dedicato in cui i pazienti vengono seguiti con un approccio multispecialistico. Sono più di 1.000 le visite effettuate all’anno e di recente la longevità e la
competenza del centro sono state riconosciute con l’accreditamento assegnato dalla Società
Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (Siia). Si tratta di un riconoscimento importante per
i tanti anni in prima linea contro un nemico difficile da scovare. “La “silenziosità” della
condizione, non aiuta- spiega l’internista Antonio Agrati -. L’ipertensione, infatti, ad
eccezione dei casi particolarmente gravi, si distingue per la sua asintomaticità. E’importante
Un intervento per i casi più difficili…
La denervazione renale è una nuova procedura mini-invasiva in grado di ridurre in modo
significativo la pressione arteriosa nei pazienti con ipertensione molto alta e non curabile
attraverso i farmaci. “La denervazione renale- spiega Cristina Giannattasio, Direttore
della Cardiologia 4–consiste nel disattivare in modo selettivo parte delle terminazioni
nervose che decorrono lungo le pareti esterne delle arterie renali, determinando una
duratura riduzione della pressione sanguigna”. A Niguarda la tecnica coinvolge le équipe
della Radiologia interventistica, Emodinamica, Rianimazione 3, Cardiologia 4 insieme
agli specialisti del Dipartimento Medico.
però individuarla perché si tratta del più importante fattore di rischio correggibile per le
malattie cardiovascolari”.
Secondo i dati Siia sono 15 milioni gli Italiani che soffrono di questa condizione: tanti,
ancora troppi, anche se nel corso degli anni la sensibilità e la competenza dei medici di base
è cresciuta significativamente, tanto da riuscire a gestire sul territorio la maggior parte dei
casi. “Quelli che vediamo nel nostro centro- ci dice l’internista Giovanni Ferraro- sono i
pazienti più complessi: quelli che non rispondono alla terapia farmacologica o che non la
tollerano; oppure si tratta dei casi in cui l’ipertensione è una condizione che si accompagna
ad altre malattie croniche”. Oltre agli internisti, a Niguarda ci si avvale della competenza
dei cardiologi, dei nefrologi e degli endocrinologi a cui sono chiesti accertamenti specialistici
a seconda del caso. Importante per la diagnosi è il monitoraggio della pressione nelle 24
ore: un esame che si realizza tramite un rilevatore portatile che accompagna il paziente per
tutta una giornata; una valutazione essenziale per scovare quei casi in cui la condizione può
essere “mascherata”. “Ci sono pazienti che soffrono di ipertensione da camice bianco- ci
dice Agrati-. Ovvero la loro pressione risulta alta quando viene misurata dal medico, ma
questo si verifica perché si agitano durante la visita”. Esiste anche la condizione opposta.
“Ovvero pazienti che dal medico si rilassano- spiega Ferraro-, la pressione si abbassa e la
loro situazione di ipertesi potrebbe sfuggire agli occhi del clinico”.
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Multimedica Sesto S. G
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20099 Sesto S. Giovanni (MI)
Tel. 02 242 090 84
Centri Specialistici
are di necessità virtù: spesso è questo il preludio che
apre nuove strade in medicina. E così è stato anche
per una tecnica mininvasiva per la sostituzione di
una valvola cardiaca, messa a punto, qui al Niguarda,
apposta per due pazienti con necessità speciali e che oggi
è diventata una pratica di routine diffusa in tutto il mondo,
in grado di abbattere i rischi operatori e accorciare la
degenza.
Per capire di cosa si tratta bisogna tornare al 2010,
quando nel Dipartimento Cardiotoracovascolare
vengono ricoverate due pazienti, due signore molto
diverse tra di loro. In entrambe la valvola, che si trova
fra ventricolo sinistro e aorta, che si apre per far passare il
sangue dal cuore al sistema circolatorio, era danneggiata.
Era necessario sostituirla, magari con un intervento
mininvasivo come l’impianto della valvola aortica per
via transcatetere o TAVI: i medici inseriscono un catetere
nell’arteria femorale o nella succlavia, arrivano fino alla
valvola e operano “dall’interno”, senza aprire il torace.
Una tecnica oggi abbastanza diffusa, che consente di
operare anche pazienti troppo a rischio per sottoporsi a
un intervento a cuore aperto. Ma che non era praticabile
per le due donne ricoverate al Niguarda. “Una era esile e
arrivava a malapena a un metro e cinquanta di altezza:
per entrare con un catetere abbiamo bisogno di arterie
femorali o succlavie di almeno 6-7 millimetri di diametro
e in lei erano più piccole - racconta Silvio Klugmann,
Direttore della Cardiologia 1 - Emodinamica -. L’altra
presentava il problema opposto. “Pesava 150 chili per
un metro e sessanta di altezza- spiega Luigi Martinelli,
Direttore della Cardiochirurgia- e la TAC aveva dimostrato
che la sua arteria femorale era irraggiungibile, sepolta
sei
NIGUARDA CANCER CENTER
Leucemia promielocitica: curare senza chemio
E’ la nuova frontiera nel trattamento, che negli ultimi 20 anni ha fatto passi da gigante
olpisce persone di tutte le età e, se non il triossido di arsenico. Questi farmaci agiscono
News in ematologia
Malattie dalla A alla Z
C
diagnosticata rapidamente e trattata
con le terapie giuste, può diventare
fatale in pochi giorni o addirittura poche ore: è
la leucemia acuta promielocitica. L’elevato
rischio di emorragia a cui espone questa malattia
è la complicanza più grave e temuta che oggi
tuttavia, grazie alla ricerca, comincia a incutere
un po’ meno paura.
Nel corso degli ultimi due decenni sono stati fatti
passi da gigante dal punto di vista scientifico
tanto da riuscire a penetrare nel cuore della
patologia scoprendo che alla sua origine risiede
una particolare anomalia genetica (il gene
di fusione PML-rArA). Questa alterazione è
quindi divenuta il bersaglio principale della
terapia permettendo di aggredire la malattia
in modo mirato e con maggiore efficacia. Così
in 20 anni la proporzione dei pazienti guariti è
passata dal 20% all’ 80%. Ed è proprio grazie
a questi importanti passi in avanti che oggi la
leucemia promielocitica è considerata la forma
di leucemia acuta più frequentemente guaribile
nell’adulto.
Tuttavia, il cardine della guarigione rimane
tuttora la chemioterapia, procedura aggressiva
e non scevra da effetti collaterali. Da qui
il tentativo di trovare una via di cura che
mantenga l’efficacia della chemioterapia ma
senza gli effetti tossici di questo trattamento.
“L’alternativa proposta dalla ricerca - ci spiega
Enrica Morra, Direttore dell’Ematologia- è
stata una combinazione di sostanze: l’acido
trans retinoico (un derivato della vitamina A) ed
attraverso un meccanismo differenziativo, ossia
permettono di far maturare le cellule leucemiche
in un percorso che si potrebbe definire di
rieducazione della cellula malata piuttosto che
di uccisione diretta della stessa”.
La combinazione di questi farmaci con quelli
tradizionali ha consentito fino ad oggi di ottenere
alti numeri di guarigioni e ha permesso
inoltre di ridurre sensibilmente il dosaggio dei
chemioterapici. La sfida intrapresa ora è quella
di poter eliminare del tutto la chemioterapia dagli
schemi di trattamento. “I risultati promettenti
degli studi - aggiunge Morra -, inizialmente svolti
su pazienti che avevano recidivato la malattia e
ora effettuati anche sui pazienti all’esordio della
patologia, confermano la notevole efficacia di
queste terapie e lasciano spazio alla prospettiva
di cambiare significativamente la storia di questa
malattia in un futuro che si fa sempre più vicino”.
La patologia
La leucemia acuta promielocitica (LAP) è un
sottotipo distinto di leucemia acuta mieloide
(LAM). Da un punto di vista clinico la LAP ha
un’età media di insorgenza più bassa rispetto
alle altre LAM (l’età media dei pazienti è
intorno ai 35-40 anni) ed è caratterizzata
dalla comparsa di una grave sintomatologia
emorragica dovuta alla presenza di un
ridotto numero delle piastrine e di una grave
alterazione del meccanismo coagulativo.
Cancro Primo Aiuto “entra in
reparto”: 40 mila euro e un’auto
“Siamo solo uomini che aiutano altri uomini”. E’ questo il motto
della Onlus Cancro Primo Aiuto, nata nel 1995 in memoria del
senatore Walter Fontana . Di recente su una colonna all’ingresso
del Centro Trapianti- Midollo è stata posta una targa proprio
“In memoria di Walter Fontana per il sostegno alla formazione
medica specialistica in ambito trapiantologico”. La posa della
targa è stata anche l’occasione per due importanti donazioni di
Cancro Primo Aiuto in favore del Niguarda: è stato consegnato un
assegno di 40 mila euro che servirà per sostenere la formazione
di medici che si stanno specializzando; mentre al Servizio di
ospedalizzazione ematologica domiciliare, sono state consegnate
le chiavi di un’auto che servirà a portare gli operatori sanitari a
casa dei malati.
Reumatologia
La sclerodermia non è solo una malattia della pelle
Nelle forme più gravi può colpire gli organi interni. Riconoscerla si può
N
on se ne parla molto, eppure la
sclerodermia è una patologia
che non si fa molti scrupoli e
in alcuni casi può addirittura portare
alla morte. Il nome, sclerodermia
significa letteralmente “pelle dura”,
ma non fatevi ingannare, perché la
malattia non colpisce solo a livello
superficiale, nelle forme sistemiche
può infatti arrivare a intaccare anche
gli organi interni ed è in questi
casi che si rischia di più. Ad essere
interessati possono essere i polmoni,
il cuore, il tubo digerente o i reni che
a causa di un incontrollato aumento
del tessuto fibroso perdono la loro
elasticità e funzionalità “diventando
di pietra”. Le conseguenze sono gravi
e talvolta si può arrivare anche al
trapianto. Per fortuna si tratta di casi
abbastanza rari, ma i dati dicono che
in Italia diverse persone convivono con
questa patologia. “Nel nostro Paese
sono circa 30.000 le persone colpite da
sclerodermia. La maggior parte sono
donne: su 10 pazienti 8 sono femmine-
spiega Carla Garbagnati, Presidente
GILS, Gruppo Italiano per la Lotta alla
Sclerodermia-”.
“Pelle dura”, cause sconosciute
Le cause della malattia non si
conoscono con certezza, alla base
vi è sicuramente un meccanismo di
tipo autoimmunitario, dovuto cioè
alla presenza di una reazione diretta
contro gli stessi tessuti dell’organismo.
Bersaglio dell’aggressione sono per
esempio le cellule, che formano il
rivestimento interno dei vasi sanguigni
determinando un’alterazione della
microcircolazione .
Due sono i principali tipi di
sclerodermia, quella limitata e quella
diffusa.
“Nella prima- ci dice Oscar Epis,
Direttore della Reumatologia - l’esordio
è graduale, con interessamento della
cute delle dita, talora degli avambracci
e del viso, che può addirittura portare
alla perdita della mimica facciale. La
forma diffusa invece ha più spesso un
esordio acuto e porta rapidamente alla
trasformazione fibrotica della pelle
estesa a tutto il corpo. Precoce, e anche
severo, è talora il coinvolgimento
e la fibrosi degli organi interni, del
polmone, del tubo digerente, del cuore
e del rene”.
Con la capillaroscopia si studia la
struttura dei capillari delle dita. E’ un
esame chiave per poter anticipare la
diagnosi della sclerodermia.
“Leggere le mani” per anticipare la diagnosi
I segni più caratteristici sono l’indurimento e l’ispessimento della cute, che sono
preceduti, spesso anche da molti anni, dal fenomeno di Raynaud. Questo sintomo
si riscontra in circa il 98% dei pazienti affetti da sclerodermia. “E’ un disturbo
vasospastico scatenato dall’esposizione alle basse temperature, ma anche da uno
stress emotivo e si manifesta con pallore a cui segue cianosi a livello delle estremità
in particolare delle dita delle mani- continua Epis-”. Così basta un’emozione più
intensa del solito oppure lavarsi le mani per vedere le proprie dita dapprima diventare
bianche e poi blu.
Non sempre il fenomeno di Raynaud significa avere la sclerodermia, si stima,
infatti, che solo un paziente su 10 possa nel tempo sviluppare questa malattia.
Tuttavia è un campanello d’allarme da non sottovalutare proprio perché una visita
reumatologica insieme a due semplici indagini come la capillaroscopia e le analisi
del sangue, mirate ad individuare la presenza di specifici anticorpi (ANA, anticorpi
anti-nucleo), può essere utile per una diagnosi precoce della malattia. “Non esiste
una cura definitiva per questa patologia- spiega il reumatologo-, giocare d’anticipo
con la sclerodermia perciò è fondamentale. Infatti, esistono diversi trattamenti utili a
controllare il decorso, per evitare pericolosi peggioramenti che possono portare per
esempio ad amputazioni delle dita interessate da ulcere complicate. Si tratta di casi
limite, fortunatamente sporadici, ma per scongiurali è bene agire tempestivamente”.
Giovedì 23 maggio - Asta di beneficenza
“Venduto!”... contro la sclerodermia
S
i terrà giovedì 23 maggio un’asta di
beneficenza, organizzata dalla GILS Onlus
(Gruppo Italiano Lotta alla Sclerodermia).
Il ricavato servirà a sostenere i progetti
dell’Immunologia del Policlinico e della
Reumatologia del Niguarda attivi per combattere
questa patologia.
NON MANCARE dalle 18.00 alle 21.00.
Istituto dei Ciechi – Sala Barozzi
Via Vivaio n. 7 – Milano
GILS - Gruppo Italiano per la Lotta alla
Sclerodermia - www.sclerodermia.net
sette
Niguarda Centro di Riferimento per le Malattie Rare
CIDP: quando i nervi sono sotto attacco
Causa debolezza muscolare e disturbi della sensibilità. A Niguarda un’ampia casistica
Colpiti i nervi periferici
E’ sui nervi, che la CIDP si abbatte, in
particolare su quelli periferici, causando
debolezza muscolare e disturbi della
sensibilità. A poco poco per cause ancora
da chiarire, “i cavi” su cui viaggiano gli
impulsi nervosi iniziano ad erodersi. E così,
come succederebbe per i fili di un circuito
elettrico, ad essere intaccata per prima è la
loro guaina isolante. “La malattia, per cui
si sospetta una causa autoimmunitaria,
colpisce quello che è il rivestimento delle
fibre nervose: la mielina- spiega il neurologo
Sfefano Jann-. Una guaina che oltre ad
essere protettiva impedisce la dispersione
dell’impulso nervoso”. Ma questo tipo di
polineuropatia non si limita “all’isolante”
esterno e se non diagnosticata per tempo
può arrivare a danneggiare il vero e proprio
conduttore. “Quando il danno arriva ad
interessare l’assone- continua Jann-, ovvero
quella parte di fibra nervosa lungo la quale
si propagano gli impulsi, spesso le lesioni
che si instaurano sono di tipo irreversibile”.
Per questo il primo passo per controllare la
CIDP è una diagnosi tempestiva.
Debolezza muscolare e disturbi della
sensibilità
Presso la Neurologia di Niguarda sono
attualmente seguiti 65 pazienti. “Si tratta di
una casistica importante per una patologia
così rara- commenta il neurologo-”.
Per molti di loro il primo segno della
malattia è stata la debolezza muscolare.
Gradualmente viene a mancare la forza
per fare le scale, per camminare, oppure
per alzarsi dalla sedia. Possono essere
colpite anche le braccia. E così cercare di
prendere un oggetto posto su uno scaffale
in alto diventa un’impresa impossibile,
come anche reggere il phon mentre ci si
asciuga i capelli. “Un aspetto tipico della
CIDP è la simmetria: interessa entrambe
le gambe, entrambe le braccia, oppure
tutti e quattro gli arti insieme”. In altri casi
il primo sintomo può essere un disturbo
della sensibilità. Lungo i nervi periferici
viaggiano, infatti, gli stimoli che ci arrivano
dall’ambiente intorno a noi. Calore, freddo,
stimolazioni tattili, possono non essere più
percepiti in maniera adeguata e talvolta
possono essere accompagnati da fastidiosi
formicolii agli arti, che possono addirittura
sfociare in una sensazione dolorosa.
La diagnosi
Le terapie per tenere la malattia sotto
controllo non mancano, ma la prognosi
dipende da caso a caso. Si può dire che su
10 pazienti trattati 7 rispondono bene alle
cure, mantenendo una buona qualità di vita.
Ma per tutti è fondamentale una diagnosi
precoce. Per essere sicuri che si tratti di CIDP
il neurologo oltre alla visita specialistica,
utile per valutare il quadro clinico, ha a
disposizione una serie di esami mirati come
l’elettromiografia e la puntura lombare.
“Con il primo esame- spiega Jann- si va a
valutare la funzionalità del nervo, questa
analisi è inoltre utile per capire se il danno
interessa il rivestimento,quindi la mielina, o
l’assone. La puntura lombare, eseguita per
analizzare il fluido cerebrospinale, mostra
valori tipicamente elevati di proteine a
fronte di un normale numero di cellule, il
che aiuta a confermare la diagnosi”.
I trattamenti
La via terapeutica contro la CIDP è quella
di ricercare un effetto immunomodulante
o immunosoppressore. Così può essere
utile la somministrazione di cortisone,
in particolare è possibile utilizzare il
prednisone, che è simile ai corticosteroidi
protettivi ed antinfiammatori normalmente
prodotti dal corpo. Un’altra terapia che può
dimostrarsi efficace è la somministrazione
endovenosa di dosi elevate di
immunoglobuline (IVIG), cioè anticorpi
iperimmuni ottenuti da volontari sani. Un
altro trattamento di comprovata efficacia
è la plasmaferesi. In pratica, per diverse
ore, il paziente viene collegato ad una
macchina che purifica il suo sangue della
componente auto-immunitaria aggressiva.
“Per quanto riguarda la somministrazione
di immunoglobuline- precisa Jannabbiamo iniziato a trattare i primi pazienti
con l’infusione sotto cute, una modalità di
somministrazione che mantiene invariata
l’efficacia del trattamento, ma che permette
al paziente di non doversi recare in
ospedale. Questo tipo di farmaci ha un costo
superiore per cui la quota di casi trattati è
limitata. La speranza è che in futuro questo
numero possa crescere, soprattutto alla luce
dei minori costi sociali che un trattamento a
domicilio porta con sé”.
Intervista
Francesco, 22 anni, la malattia è stata scoperta
presto: a soli 17 anni. Un esordio precoce dovuto
alla familiarità, anche suo padre è affetto da CIDP.
Ma per fortuna per entrambi le cure tengono a bada
la patologia.
Quando ci sono stati i primi sintomi?
Nel dicembre del 2008 mi è venuto un formicolio
alla mano e ho iniziato a sentirla anche meno forte.
Visto anche il caso di mio papà, anche lui seguito a
Niguarda, ci siamo rivolti agli specialisti che l’hanno
in cura per toglierci il dubbio. E così ho scoperto della
malattia.
Nel tuo caso la familiarità ha permesso una
diagnosi precoce, ma che esami sono stati necessari
per avere la certezza che si trattasse di CIDP?
La visita specialistica e poi mi sono sottoposto ad
un’elettromiografia. Un esame abbastanza fastidioso
fatto con dei piccoli aghi-elettrodi che vengono
posizionati sulle braccia e sulle gambe e che attraverso
delle piccole scosse elettriche valuta la capacità di
conduzione dei nervi.
E poi, ti sei sottoposto alle terapie?
Sì, una volta diagnosticata mi sono sottoposto ad una
tre-giorni in ospedale per un ciclo ravvicinato di cure
a base di cortisone. Me lo ricordo bene era il 22-23-24
dicembre del 2008.
E’ servito per farti passare un buon Natale?
Per fortuna il trattamento è andato a buon fine,
infatti qualche giorno dopo il formicolio e la
sensazione di debolezza alla mano sono venute meno.
Parallelamente ho iniziato a prendere le compresse di
cortisone a casa. Un anno dopo, però la malattia mi ha
colpito alle gambe.
In che modo?
Stessi sintomi, formicolii e debolezza. Solo che sulle
gambe si nota di più, fai proprio fatica a camminare.
E’ una sensazione strana, perché improvvisamente un
gesto che si fa senza pensare, come un automatismo,
non si riesce più a portare avanti: mentre si cammina
i tuoi muscoli non ce la fanno, ti cede il tallone e non
si riesce a completare il passo.
Quindi ti sei sottoposto ad un nuovo ciclo di
terapie?
Di nuovo la somministrazione di cortisone in
ospedale che è servita per far sparire la debolezza.
L’andamento della malattia è un po’ altalenante per cui
sono fondamentali i controlli regolari. Ogni sei mesi
ho la visita specialistica utile anche per aggiustare il
dosaggio di cortisone che prendo quotidianamente
per la terapia di mantenimento. Comunque nel mio
caso posso dire che le cure funzionano, ho una vita
assolutamente normale e continuo a fare quello che
facevo prima, attività fisica compresa.
LE ALTRE STORIE
Niguarda è uno dei 29 Presidi della Rete regionale
dedicata alle malattie rare ed è in grado di garantire la diagnosi, la terapia e l’assistenza per più di
120 differenti patologie. Leggi le storie degli altri
pazienti nella sezione dedicata sul sito:
www.ospedaleniguarda.it
Malattie Rare
S
i chiama Polineuropatia Cronica
Infiammatoria
Demielinizzante
ma è spesso è indicata con 4 lettere
“CIDP”, che sono l’acronimo inglese
della patologia (Chronic Inflammatory
Demyelinating Polyneuropathy). E’ una
malattia rara che colpisce in media 3
persone ogni 100.000 abitanti. Non esiste
un paziente tipo: maschi e femmine, infatti,
sono interessati in egual misura e può
insorgere a qualsiasi età. Spesso l’esordio è
subdolo e graduale il che ne dilata i tempi
per giungere alla diagnosi, stimati in circa
un anno dai sintomi iniziali.
otto
Chirurgia della mano
Quel fastidio che non passa: il dito a scatto
Può colpire anche i bambini, c’è un intervento per correggerlo
Gli Specialisti Rispondono
T
utto ha inizio con un dolore lieve al palmo, in
corrispondenza della radice del dito interessato,
quando si prova a fletterlo o ad estenderlo. Con
il passare del tempo il fastidio si intensifica arrivando,
nei casi più gravi, ad impedire la naturale mobilità del
dito. Di solito è al mattino che il morbo di Notta o dito
a scatto, dà con più frequenza segni di sé. La sensazione
di blocco, infatti, compare al risveglio dopo il riposo
notturno, ma in genere passa o comunque migliora
durante la giornata con il movimento attivo della mano.
Le donne in età adulta sono in genere le più colpite,
ma la patologia può interessare anche gli uomini ed in
particolare può essere presente anche nel bambino dalla
nascita: in questi casi si parla di dito a scatto congenito
e spesso riguarda il pollice. Abbiamo incontrato il
Chirurgo della Mano Umberto Valentinotti per saperne
di più.
Come insorge la patologia?
Per comprenderlo bisogna fare un breve cenno alla
funzione dei tendini. Queste strutture hanno la funzione
di inserirsi a livello osteo-articolare e di produrre il
movimento. Semplificando si potrebbe dire che sono
le corde che permettono alle dita di flettersi. Quando
passano dal palmo alle dita le corde tendinee sono
tenute aderenti al piano osseo da alcune strutture
denominate puleggie, che sono dei piccoli tunnel di
tessuto fibroso. Quando il tendine va incontro ad un
processo infiammatorio aumenta di volume, pertanto il
suo scorrimento nel tunnel diventa difficoltoso fino al
blocco completo, creando un ingrossamento palpabile
(pseudo nodulo) alla base delle dita.
Quali sono i fattori che portano all’infiammazione?
L’ispessimento del tendine (tenosinovite), può prodursi
senza una causa ben precisa. A volte vi sono delle cause
lavorative dovute a gesti manuali frequenti e ripetitivi
come ad esempio il parrucchiere che taglia con le forbici,
o una persona che utilizza spesso pipette da schiacciare
con il pollice. Tra i fattori predisponenti ci sono
sicuramente le malattie reumatiche e parareumatiche
che portano ad infiammazioni frequenti dei tendini e il
diabete.
Quali sono le dita più colpite e come si diagnostica?
In genere il dito più interessato è il pollice, seguito dalle
due dita centrali, il medio e l’anulare. La diagnosi è
clinica e si basa su quanto riferito dal paziente durante
la visita specialistica. Talvolta è utile una radiografia per
escludere patologie osteo-articolari concomitanti.
Quali sono le terapie?
Innanzitutto l’invito al riposo da lavori manuali ripetitivi,
se presenti. Quindi si può procedere con l’infiltrazione
di cortisonici per alleviare l’infiammazione. Per i casi
più severi è previsto il trattamento chirurgico. Si effettua
in regime ambulatoriale, in sala operatoria e in anestesia
locale. L’obiettivo è quello di liberare il tendine dal
conflitto con la puleggia. Per farlo si effettua un taglio su
quest’ultima struttura, alla radice del dito sul palmo della
mano. Subito dopo l’intervento, il paziente è sollecitato a
muovere e ad estendere le dita. Generalmente il recupero
è graduale e si completa nell’arco di 3 settimane.
E per i pazienti più piccoli?
Nel bambino che presenta una sintomatologia iniziale
modesta si praticano massaggi manuali, che servono a
far scorrere meglio il tendine all’interno del canale. In
genere verso i tre anni se la sintomatologia non migliora si
propone un intervento chirurgico risolutivo. A differenza
dell’adulto non si può effettuare l’intervento in anestesia
locale, ma si può procedere con una sedazione.
Chirurgia della mano e
microchirurgia
Presso la struttura vengono seguiti e trattati
i traumi della mano e dell’arto superiore ed
in particolare i traumi articolari complessi
del polso e dell’avambraccio e le lesioni dei
nervi periferici. Inoltre sono attive diverse
collaborazioni, tra queste quella con la
Reumatologia per il trattamento delle
lesioni destruenti reumatiche ed artrosiche;
con la Neurologia per il trattamento delle
lesioni dei nervi periferici (sindromi
compressive canalicolari, come il tunnel
carpale, neoformazioni, postumi di lesioni
nervose, postumi di ictus, ecc.); con la
Chirurgia Pediatrica e la Neuropsichiatria
Infantile per il trattamento di patologie
pediatriche (paralisi spastica infantile,
malformazioni, ecc.).
Per info e prenotazioni
Numero verde
di prenotazione regionale
800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
ospedaleniguarda.it
areaprivata.ospedaleniguarda.it
Neuroscienze
E il sonno se ne va
Segui la videointervista sul canale
OspedaleNiguardaTV
Si dorme sempre meno e crescono i rischi per la salute
U
n tempo si diceva che un terzo della nostra
vita si passa a dormire. Il che vuol dire che
in un Paese come l’Italia, in cui l’aspettativa
di vita è di 85 anni per le donne e 80 anni per i
maschi, il tempo passato sotto le coltri varia tra i
25 e i 29 anni. Si diceva una volta, appunto, perché
parallelamente alla vita che si allunga si accorcia
sempre più il tempo che dedichiamo al sonno. Così
in meno di trent’anni abbiamo rubato a Morfeo 90
minuti di quelle canoniche 8 ore, che oggi sembrano
diventare sempre più un miraggio. Si dorme di
meno, con inevitabili ricadute sulla nostra salute: è
questo il quadro presentato dagli esperti in occasione
dell’ultima giornata mondiale per il sonno celebratasi
lo scorso marzo. Abbiamo fatto qualche domanda a
Lino Nobili, responsabile del Centro di Medicina del
Sonno.
Le ricerche dicono che si dorme meno, è così?
Sì e questo perché siamo sempre più stimolati. Basta
pensare alla luce artificiale che inganna i nostri
meccanismi di alternanza sonno-veglia regolati dal
buio e che ci consente di continuare con le nostre
attività anche la notte; ma anche i suoni, i video, il
telefonino e il pc che spesso ci portiamo fin dentro
il letto.
Un po’ come se fossimo sempre su “on” e non
volessimo mai andare in “stand by”…
Sì e per farlo spesso si utilizzano sostanze stimolanti
che ci tengono svegli. Caffè e non solo, anche altre
bevande che vengono vendute con la promessa di
tenerci in moto perpetuo sono sempre più diffuse.
Così le consumiamo, ci sentiamo pieni di energie, ma
il mancato riposo può avere conseguenze importanti.
Di che tipo?
Diverse ricerche ormai da anni correlano la
deprivazione cronica di sonno con malattie come
l’obesità. Si è visto infatti che se si dorme di meno
aumenta la produzione delle sostanze che regolano
il nostro appetito, per cui si mangia di più. Ma non
solo la mancanza di un adeguato riposo può influire
anche sulla regolazione della nostra pressione
arteriosa, che nel lungo periodo può portare a disturbi
cardiovascolari.
Poi ci sono le ricadute che interessano il nostro
cervello…
Ci possono essere disturbi legati al tono dell’umore,
ma anche importati conseguenze legate alle funzioni
cognitive: difficoltà di attenzione, concentrazione,
ma anche deficit della memoria. Infatti una delle
funzioni più importanti del sonno pare essere quella
di favorire i fenomeni di fissazione degli eventi
elaborati durante il giorno, in modo da poterseli
ricordare.
Ma si arriverà mai a comprendere in maniera
completa qual è la funzione del sonno?
Ci sono diversi studi in corso. Uno degli aspetti
verificati è che il sonno è un processo essenziale per
la plasticità sinaptica del nostro cervello. Ovvero
quando noi impariamo delle abilità questo si traduce
fisicamente in nuove connessioni tra i nostri neuroni.
E la creazione di questi ponti o l’interruzione di
collegamenti che non si usano più avviene proprio
durante il sonno. Dormire sembra essere un processo
necessario alla nostra centralina, il cervello, per
continuamente riformattarsi e ridisporre i circuiti
tra i suoi neuroni. In partica dormire è la quotidiana
“palestra” per un buon funzionamento del nostro
cervello.
Medicina del Sonno
E’ il centro di Niguarda dedicato alla diagnosi e alla cura dei disturbi del sonno. Dispone di uno
spazio dedicato alle polisonnografie notturne attrezzato con le più moderne tecnologie. Sono
presenti, inoltre, spazi dedicati esclusivamente al monitoraggio dei pazienti affetti da epilessia
notturna, o per il trattamento delle apnee notturne e per lo screening dei disturbi respiratori durante
il sonno.
Per info e prenotazioni
Numero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
ospedaleniguarda.it - areaprivata.ospedaleniguarda.it
nove
Endoscopia digestiva
L’endoscopia con la videocapsula
La videocapsula non sostituisce la colonscopia o la
gastroscopia, ma allora quando viene utilizzata?
La capsula consente uno studio completo di tutto
l’intestino tenue, ossia di quel tratto del canale alimentare
(compreso tra duodeno e colon) che attualmente può
essere raggiunto, ma solo in modo molto limitato,
mediante l’enteroscopia ossia con un esame endoscopico
tradizionale, invasivo e che necessita di anestesia generale.
Generalmente viene prescritta a coloro che abbiano
patologie (sanguinamenti o malattie infiammatorie) per
le quali la gastroscopia e la colonscopia non abbiano dato
evidenze.
Come si realizza tecnicamente?
Il paziente, a digiuno da almeno 6 ore, e con una
specifica preparazione deglutisce la capsula. In vita gli
viene applicata una cintura che contiene il rilevatore
di segnale e il registratore di immagini. Può, quindi,
uscire dall’ambulatorio e tornare a casa o al lavoro senza
pensare all’esame che sta facendo. Già dopo 3-4 ore può
anche riprendere a mangiare. Unico accorgimento: deve
tenersi lontano da campi magnetici (aeroporti, banche,
supermercati dove sono presenti sistemi di controllo
di questo tipo) che potrebbero compromettere il buon
funzionamento del sistema.
Quanto dura l’esame?
Passate otto ore dall’ingestione della capsula-tanto è
infatti il tempo di durata delle batterie- viene prelevato
il supporto elettronico, su cui sono state registrate le
immagini. La capsula, invece, verrà espulsa senza
disturbi per via naturale. L’unica controindicazione che
potrebbe pregiudicare l’utilizzo della videocapsula è la
presenza di stenosi (ndr restringimenti) intestinali.
L’esame
La procedura si basa sull’uso di una
microtelecamera contenuta in una capsula
monouso, delle dimensioni di una compressa,
che viene ingerita con qualche sorso d’acqua
e che, spinta dalla peristalsi (ndr contrazione
involontaria degli organi), viene espulsa per
via naturale dopo aver percorso tutto il tubo
digerente.
Per info e prenotazioni
ENDOSCOPIA DIGESTIVA E
INTERVENTISTICA
Numero verde di prenotazione regionale
800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
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Nutrizione
Sulle farine doppio zero
Da evitare? “No, ma per una dieta a basso indice glicemico...”
L
Dietetica e nutrizione clinica
Si occupa della diagnosi e cura delle patologie
della nutrizione ed offre supporti dietoterapeutici
mirati per tutte le malattie acute o croniche che
necessitano di interventi nutrizionali specifici.
All’interno della struttura opera un Centro per il
Trattamento dei Disturbi del Comportamento
Alimentare (anoressia nervosa, bulimia nervosa,
binge eating disorders, alimentazione compulsiva) di
rilevanza nazionale. Ogni anno vengono ricoverati
circa 1.000 pazienti affetti da anoressia, bulimia
nervosa, binge eating disorders, obesità morbigena
ed altre patologie organiche.
Per info e prenotazioni
Numero verde di prenotazione regionale
800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
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a farina 00 rappresenta spesso l’ingrediente
di base di numerose ricette sia casalinghe
che su scala industriale. Bianca e leggera
ha una consistenza inconfondibile conferitale da
una lavorazione che ne permette la lunghissima
conservazione. A detta di alcuni esperti del settore
questo tipo di farina però, proprio in virtù di questo
processo, subirebbe un drastico impoverimento di
elementi importanti per la nostra dieta arricchendosi
viceversa di zuccheri che favorirebbero
l’innalzamento dell’indice glicemico. Da evitare?
L’abbiamo chiesto al nutrizionista Ettore Corradi,
Direttore della Dietetica e Nutrizione Clinica.
La farina 00 è assolutamente da evitare?
Dare informazioni allarmanti o eccessivamente
semplificate è sempre un errore in campo alimentare.
Le farine 00 sono diffuse nella popolazione da
talmente tanti anni da poterle considerare un
alimento “sicuro”. La cosa vera è che negli ultimi
anni si è sempre meglio delineata l’importanza delle
diete a basso indice glicemico, per la prevenzione
di numerose malattie metaboliche e anche di alcuni
tipi di tumore.
Quali sono i consigli per una dieta a basso indice
glicemico?
In queste diete è di fondamentale importanza
la presenza di un’elevata quota di fibre. Quindi
la sostituzione di qualche porzione di prodotto
con prodotti confezionati con farine integrali e
un utilizzo regolare ed importante di ortaggi e
Dalla parte del paziente
Consulta e prenota i tuoi esami on-line
PER INFO E PER ACCEDERE AI SERVIZI ONLINE
www.crs.regione.lombardia.it
DOVE RICHIEDERE LA PASSWORD
A Niguarda i punti per richiederla si trovano presso l’accettazione del Blocco Sud (Area Sud, lunven: 6.45-19.30/sab: 8.30-13.00); agli sportelli del Pad.2, (Area Ingresso, lun-ven: 7.30-18.30), del
Pad.16 (Area Nord, lun-ven: 7.00-19.30); al Centro Prelievi, Area Centro, Pad. 9 (lun-ven: 7.3015.00) e al front office del Triage (Area Nord, Blocco Dea, aperto tutti i giorni, h24).
Farina 00, 0, 1, 2 o integrale…
Queste sigle indicano i vari gradi di
raffinazione della farina di grano tenero, ossia
la percentuale del chicco di grano che andrà a
costituire il prodotto finito. La farina tipo 00
ha subito una raffinazione (il termine tecnico
è abburattamento) del 50% ed è la variante
più lavorata, ricavata dal cuore del chicco e
per questo è più ricca in zuccheri e proteine.
Per le farine tipo 0, 1 e 2 la raffinazione è
rispettivamente del 72, 80 e 85%. Quella
integrale è una farina che non è stata setacciata
ma ha semplicemente subito il primo processo
di macinazione. La farina integrale contiene
pertanto tutte le parti più esterne del chicco,
come ad esempio la crusca.
Periodico d’informazione dell’A.O.
Ospedale Niguarda Ca’ Granda
Direttore Responsabile:
Monica Cremonesi
In redazione: Giovanni Mauri,
Andrea Vicentini,
Maria Grazia Parrillo
Direzione e redazione:
Piazza Ospedale Maggiore 3
20162 - Milano
tel. 02 6444.2562
niguardanews@
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Foto: Archivio Niguarda copyright
Stampa: Roto 2000 S.p.A.
via L. Da Vinci 18/20
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Reg. Tribunale Milano:
n. 326 del 17 maggio 2006
Pubblicità: Eurocompany s.r.l.
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Pubblicato online sul sito:
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Il giornale di Niguarda
D
a oggi è più facile poter vedere i risultati dei tuoi esami su pc o
tablet. Per farlo occorre richiedere una password che permette
la visualizzazione on-line. Con questa modalità di accesso puoi
consultare il fascicolo sanitario elettronico con i tuoi esami utilizzando una
password ed un codice “usa e getta” che riceverai, su richiesta, sul tuo telefono
cellulare. Grazie alla password potrai anche prenotare on-line le tue visite e i tuoi esami presso la
struttura ospedaliera che preferisci.
legumi nell’alimentazione di tutti giorni dovrebbe
essere sufficiente per garantire un corretto indice
glicemico del pasto anche senza mettere al bando e
demonizzare le farine 00.
Gli Specialisti Rispondono
U
na
micro-camera
piccolissima,
quasi
microscopica, racchiusa in un involucro di
27 millimetri, è questo il cuore tecnologico
dell’endoscopia con la videocapsula. Un esame che è
entrato a far parte della pratica clinica da circa una decina
d’anni e che in pochi sanno derivare dallo sviluppo di
una tecnologia nata per il contro-spionaggio. Dalla
sua ha la comodità di essere un esame poco invasivo,
ma se pensate che possa sostituirsi alla colonscopia
o alla gastroscopia vi sbagliate di grosso. Abbiamo
chiesto di più a Massimiliano Mutignani, Direttore
dell’Endoscopia Digestiva e Interventistica.
dieci
Niguarda Lab
Cliccatissimo il sito dedicato agli esami
I
l tuo medico ti ha prescritto un esame ma non sai di cosa si tratta?
Per capirlo visita il sito Niguarda Lab, il portale dedicato agli
esami di laboratorio: 800 schede in ordine alfabetico dedicate ad
altrettanti test, indagini ed esami strumentali. In pochi click potrai
trovare tutte le informazioni necessarie, dal significato diagnostico,
alla preparazione, se richiesta. “Il servizio è molto apprezzato dagli
utenti- spiega Maria Grazia Parrillo della Comunicazione e
Relazioni Esterne-. Il numero dei visitatori che hanno navigato sul
sito nel 2012 è elevato: 324.000, in media circa 27.000 al mese, con
picchi fino ad oltre 36.000. Ma soprattutto è in continua crescita: la
media mensile dei visitatori nel 2011, infatti, si attestava intorno ai
17.000”. Provalo anche tu.
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Parola allo Specialista
Gli Specialisti Rispondono
Adrenalina. La chimica della paura
“Adrenalinico”, chissà quante volte abbiamo usato
questo aggettivo per descrivere eventi, circostanze, cose
che suscitano in noi emozioni forti: improvvisamente ci
sentiamo svegli, pieni di energia e pronti all’azione. E’
come se una scarica ci attraversasse e il nostro cuore inizia a
palpitare. Ma cos’è l’adrenalina, dove viene prodotta e con
quale scopo, ve lo siete mai chiesti? Noi ce lo siamo fatti
spiegare da Fabrizio Colombo, Direttore del Dipartimento
Medico Polispecialistico.
sopravvivenza nelle situazioni di pericolo.
Uno spavento e poi…
La liberazione di adrenalina è legata alla percezione di
stimoli come minaccia fisica, paura, eccitazione, forti
rumori, luce intensa; tutti questi “input” provocano, una
risposta del sistema nervoso simpatico, che ha come
effetto quello di aumentare il rilascio di adrenalina da
parte della ghiandola surrenale. Una volta
rilasciata, questa sostanza produce un
effetto sistemico influenzando l’attività
Attacco o fuga
di quasi tutti i tessuti dell’organismo.
L’adrenalina, o epinefrina, è un ormone
Per espletare i suoi effetti biologici,
(ma è anche un neurotrasmettitore) prodotto
l’adrenalina deve interagire con specifici
principalmente dal surrene, una ghiandola
recettori, i cosiddetti recettori adrenergici,
che si trova al di sopra del rene. Una volta Le ghiandole surrenali, dove
a cui si lega innescando, come una chiave
secreta e rilasciata in circolo, l’adrenalina l’adrenalina viene prodotta,
che apre le giuste serrature, una serie
accelera la frequenza cardiaca, dilata il
si trovano sopra i reni
di processi metabolici che preparano il
calibro dei vasi muscolari, le vie aeree
nostro corpo alla fuga o al combattimento.
bronchiali ed esalta la prestazione fisica; sostanzialmente,
quindi, l’adrenalina migliora la reattività dell’organismo, Effetti
preparandolo in tempi brevissimi alla cosiddetta reazione L’adrenalina sostiene l’attività metabolica dell’organismo
di “attacco o fuga”. In pratica il suo rilascio media una facilitando il rilascio di glucosio ed acidi grassi, ovvero
delle reazioni più istintive del nostro organismo, utile alla il “carburante” per soddisfare le richieste energetiche
del nostro corpo (aumento della glicemia e degli acidi
grassi liberi). Tra le altre azioni dell’adrenalina c’è anche
l’aumento della frequenza cardiaca e di quella respiratoria,
la dilatazione delle pupille (importante in situazioni in cui è
necessario vedere con poca luce); il rilassamento dei muscoli
nei bronchioli, in modo da migliore la fornitura di aria agli
alveoli polmonari; aumento della pressione arteriosa, che si
realizza tramite vasocostrizione e vasodilatazione selettiva,
utile a ridurre l’apporto sanguigno a certi tessuti, come
quello cutaneo, per aumentarlo, invece, soprattutto a livello
muscolare, in modo da permettere un affaticamento più
tardivo.
Come farmaco
Altri stimoli che inducono il rilascio di adrenalina
sono l’ipovolemia (diminuzione del volume di
sangue circolante, ad esempio per un’emorragia)
l’ipossia (carenza di ossigeno nell’organismo),
l’ipotensione, l’ipoglicemia, il dolore e lo
stress. Non a caso l’adrenalina trova impiego in
terapie d’emergenza contro lo shock anafilattico,
violenti attacchi asmatici e nella rianimazione
cardiopolmonare.
Oculistica Pediatrica
Quando l’occhio è pigro...
Nel nostro Ospedale
undici
Occhiali o bendaggio, si riattiva così
A cosa è dovuto questo disturbo?
Spesso l’occhio pigro è una conseguenza della differenza
di gradazione tra gli occhi causata da miopia, da
ipermetropia o da astigmatismo elevato: il cervello
favorisce lo sviluppo di uno dei due occhi (quello che
vede meglio) e smette di lavorare con l’altro, facendolo
diventare “pigro”. L’ambliopia può anche derivare da un
problema di strabismo (deviazione oculare). All’origine
ci può essere, infine, un problema congenito che offusca
la vista (come la cataratta o la cornea opaca). Questi
casi rari sono gli unici per cui è necessario eseguire un
intervento chirurgico il prima possibile per evitare un calo
della vista.
Quali sono i campanelli d’allarme?
E’ importante la familiarità: così è bene non sottovalutare
certi fattori come l’uso di occhiali da parte dei genitori,
altri casi di ambliopia, strabismo o deficit visivo in
famiglia. Inoltre alcuni segnali possono aiutare mamma
e papà ad accorgersi se il bimbo soffre di ambliopia: si
avvicina eccessivamente al foglio quando disegna o
legge; distoglie lo sguardo dagli oggetti che guarda con
molta frequenza; apre e chiude le palpebre per guardare;
si sfrega o si stropiccia continuamente gli occhi; piega la
testa da entrambi i lati frequentemente. E’ bene ricordare,
però, che solo un controllo specialistico può dare la
sicurezza della diagnosi.
Come si può correggere?
Il recupero dall’ambliopia è in funzione della gravità
del disturbo, e in caso di vizio di refrazione, dell’entità
del difetto visivo, della monolateralità e dell’età della
diagnosi. Il primo trattamento è l’occhiale, se necessario,
e poi l’occlusione, ovvero la copertura dell’occhio sano
con un cerotto o bendaggio per riattivare “quello pigro”,
una terapia che va condotta nei tempi stabiliti dallo
specialista e monitorata attentamente. Se l’ambliopia
è legata alla cataratta, come spesso capita nel caso dei
neonati, il recupero è lento e prolungato.
Intervenire precocemente, sembra essere fondamentale
per risolvere il disturbo?
Il recupero dell’ambliopia è possibile ed è ottimo purché
si esegua con scrupolo ed attenzione.
Va ricercata in tutti i modi la collaborazione dei genitori
che sono fondamentali per la gestione del problema.
Questo perché l’ambliopia è per lo più a carico di un
occhio e può essere misconosciuta fino al controllo
oculistico. In certi casi sono necessarie più visite per
essere diagnosticata perciò si raccomanda il primo
controllo entro il primo anno di età, per poi essere ripetuto
ai 3 anni, prima dell’accesso alla scuola materna.
L’Oculistica Pediatrica si occupa di tutte
le patologie oculari del bambino, con
particolare riguardo allo studio e all’analisi
della funzione visiva fin dalla nascita.
Presso l’ambulatorio è possibile eseguire
esami completi per la diagnosi delle
malattie del segmento anteriore e della
retina con strumenti di ultima generazione.
L’attività chirurgica per le diverse patologie
è articolata sia in regime di ricovero sia di
day surgery.
Per info e prenotazioni
Numero verde di prenotazione regionale 800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
ospedaleniguarda.it
areaprivata.ospedaleniguarda.it
Segui la videointervista
sul canale
OspedaleNiguardaTV
Maternità
Depressione post-partum: come intervenire
Baby Blues
La depressione può
presentarsi con disturbi
lievi, di carattere fisiologico,
noti come “Baby Blues”
o “Maternity Blues” che
possono colpire fino
all’85% delle neomamme,
ma che hanno una
remissione naturale.
Il “Baby Blues” insorge
nella prima settimana dopo
il parto e tende a scomparire
nel giro di pochissimi giorni, essendo principalmente legato alle
grandi variazioni ormonali del periodo del puerperio.
Centro Prevenzione e Trattamento dei Disturbi Psichici
Perinatali - 02 6444.5031
E
’ strano: al posto della gioia per la nascita
di un bambino subentra ansia, insicurezza,
perdita di autostima e improvvisamente il tono
dell’umore va giù. E’ la depressione post-partum,
“il ladro della maternità” che colpisce in media 1
mamma su 10. Ma come si può riconoscere e come
ci si può difendere? L’abbiamo chiesto a Mariano
Bassi, Direttore della Psichiatria 2.
Con quali sintomi si manifesta? E’ frequente?
I numeri ci dicono che interessa il 10-12% delle donne
in gravidanza o dopo il parto. Le manifestazioni sono
molto simili a quelle della depressione maggiore,
quindi disturbi che riguardano l’umore, ma anche
tendenze ad esprimere idee di insufficienza e
incapacità nella gestione del neonato. Poi ci sono
altri sintomi, come i disturbi del sonno, che diventa
frammentato e caratterizzato da risvegli precoci.
Inoltre spesso si assiste alla perdita di appetito e viene
anche a mancare la voglia di perseguire quelle attività
che prima destavano interesse.
Quali sono le donne più a rischio?
Sono le donne che hanno una maggiore oscillazione
dal punto di vista ormonale, ma anche le donne
che vivono delle situazioni socio-ambientali più
complesse, soprattutto all’interno della propria
famiglia o del proprio contesto di vita in generale. In
particolare, negli ultimi anni, abbiamo visto che tra i
soggetti più a rischio ci sono le donne immigrate.
Come si cura?
Con i farmaci e con la psicoterapia che può iniziare
già in gravidanza a scopo preventivo nei soggetti a
rischio. In particolare nel nostro centro a Niguarda
è attivo un ambulatorio all’interno del percorso
maternità, portato avanti insieme alla ginecologia,
in cui cerchiamo di creare un contatto con le future
mamme per individuare precocemente i casi su cui
intervenire.
Gli Specialisti Rispondono
I
l termine scientifico è ambliopia, ma comunemente è
indicato anche come “occhio pigro”, proprio perché
il bambino tende ad utilizzare solo un occhio, quello
con cui vede meglio. Di solito non ci si accorge di niente
nei primi anni, infatti il piccolo vede bene, grazie all’altro
occhio “supplente”, ma le cose si complicano quando le
attività visive richieste aumentano con l’età. Per sapere
come riconoscerlo e per qualche consiglio in più ci siamo
rivolti a Elena Piozzi, Direttore dell’Oculistica Pediatrica.
dodici
Algologia
Ammalarsi di dolore
Tanto da fare a 3 anni dalla legge che riconosce il dolore cronico come malattia
Q
Gli Specialisti Rispondono
Nel
nostro
Ospedale
Il centro di Niguarda ha sviluppato negli anni l’utilizzo delle
tecniche di neuro stimolazione midollare per controllare
le diverse forme di dolore cronico difficile, refrattario a
tutte le terapie tradizionali: è il cosiddetto pacemaker del
dolore, concepito per interferire elettricamente con le vie di
conduzione dello stimolo doloroso.
26 MAGGIO
Visite gratuite contro il dolore inutile
Domenica 26 maggio 2013 Niguarda aderisce
alla Giornata Nazionale del Sollievo e del
Dolore. Per l’occasione gli specialisti in algologia
effettueranno visite gratuite e daranno informazioni
sulle sindromi dolorose e le tecniche di controllo.
Per l’occasione oltre alle visite mediche la giornata sarà
animata dalla presenza di diversi artisti musicali che
si esibiranno gratuitamente (ore 12.00 -15.00 - 17.00)
e da numerosi volontari che distribuiranno materiale
informativo e gadget.
Prenotazioni visite gratuite (fino ad esaurimento posti):
Numero verde di Prenotazione Regionale
800.638.638 (lun-sab: 8.00-20.00)
uando il dolore non è più la spia di un malessere,
ma diventa la patologia stessa: sono 12 milioni
in Italia- soprattutto donne- a conviverci e a 3
anni dall’entrata in vigore della legge 38, che garantisce
l’accesso alla terapia del dolore e alle cure palliative, che
cosa è stato fatto? Quali novità si profilano all’orizzonte?
L’abbiamo chiesto a Paolo Notaro, Responsabile della
Terapia del Dolore.
La cura del dolore rappresenta un campo d’intervento
in medicina sempre più vasto. Aumenta anno dopo
anno il numero di pazienti che purtroppo sono
costretti a convivere con forme di dolore cronico. E’
così?
Un recente editoriale pubblicato sul New England, tra le
più prestigiose riviste scientifiche, lanciava l’allarme sui
costi dei pazienti con dolore-malattia definendo la cura del
dolore cronico una delle maggiori problematiche sanitarie
del prossimo ventennio e che già riguarda oltre il 20%
della popolazione mondiale.
Nel 2010 c’è stato il riconoscimento ufficiale della
malattia da dolore, grazie all’introduzione di una
legge ad hoc. La normativa aveva tra i suoi obiettivi
anche quello di garantire l’accesso alle terapie e alle
cure palliative. A che punto siamo?
A tre anni dell’entrata in vigore della legge n.38/2010 e
con la spending review in atto tutte le regioni italiane si
trovano a fare i conti con una situazione difficile. Anche
per questo si è ancora lontani dalla creazione di una rete
ospedale-territorio per la terapia del dolore. Inoltre fanno
fatica ad essere applicati i modelli per favorire l’accesso
delle persone bisognose di cura, malgrado non manchino
le norme per tutelare il diritto alla terapia del dolore in tutte
le sue forme.
Su cosa bisogna puntare?
E’ necessario standardizzare e rendere tracciabili tutte le
prestazioni algologiche erogate e i percorsi diagnostici
terapeutici per verificare e misurarne l’efficacia nel corso
degli anni. La verità è che molte persone con sindrome
dolorosa complessa frequentemente non guariscono ed è
necessario prendersi carico globalmente di questi pazienti.
Quando si parla di cura del dolore uno degli argomenti
più controversi è il ricorso ai farmaci oppiacei…
Sì, innanzitutto perché non sono sempre efficaci, questo
perché esiste una variabilità di risposta che è individuale. E
poi ci sono le problematiche che l’uso prolungato, spesso
la somministrazione è per tutta la vita, può determinare
in termini di assuefazione, astinenza e overuse. Non
mancano poi le questioni medico legali, legate alla
somministrazione di questi farmaci e gli effetti indesiderati
che possono influire ad esempio sulla capacità di guida
automobilistica e che possono così pregiudicare il rinnovo
della patente stessa.
Lo scorso marzo c’è stato proprio a Niguarda un
convegno che ha richiamato i principali esperti del
settore, che novità sono emerse?
Sono stati tanti i temi dibattuti e approfonditi. Nell’ambito
della tecnologia per il controllo del dolore difficile è stato
presentato, per la prima volta in Italia, un nuovo sistema di
neuro-stimolatori midollari compatibile con la risonanza
magnetica. Questi dispositivi, meglio conosciuti come
pace-maker del dolore, sono impiantabili sotto cute
e attraverso la stimolazione elettrica a bassa tensione
riducono la sensazione dolorosa. Da oggi anche i pazienti
con questi neuro-stimolatori midollari potranno eseguire
la risonanza magnetica, un esame di primaria importanza
per la diagnosi di moltissime malattie senza il rischio di
dover rimuovere o di non procedere con l’impianto del
sistema.
tredici
Dall’Unità Spinale
Lo Spazio Vita prende vita
Al via i lavori per la costruzione del centro polifunzionale
Per info e donazioni
Per saperne di più sul progetto e per sostenerlo
visita: www.ausniguarda.it e www.asbin.it; lo
Spazio Vita è anche su facebook.
News
Sara torna a casa
S
i è conclusa
con una vittoria
la “partita” di
Sara Anzanello. La
pallavolista azzurra
è
stata
dimessa
qualche giorno fa
dal Niguarda, dove
era stata ricoverata
a causa di un’epatite
fulminante.
La giocatrice 33enne la mattina del 16 marzo
è stata sottoposta al trapianto di fegato.
L’intervento condotto dall’équipe della
Chirurgia Generale e dei Trapianti, diretta
da Luciano De Carlis, insieme allo staff
dell’Anestesia e Rianimazione 2, diretta da
Andrea De Gasperi, è andato a buon fine e
ora per Sara inizia il periodo dedicato alla
riabilitazione e ai controlli medici.
propria vita”. Il grande involucro in legno, esempio di
bio-edilizia a basso impatto ambientale, è praticamente
pronto e l’inizio del montaggio in loco è attesa per
maggio. Successivamente saranno completati tutti i
lavori per rendere operativo il centro. “Quello che ci
auspichiamo è l’apertura della struttura per il 2014- ha
detto Giovanna Oliva, Presidente di AUS Niguarda,
che si è inoltre soffermata sul nome scelto, “Spazio
Vita”-. E’ emblematico: il centro sarà infatti un luogo
pieno di attività, dove chi è stato colpito da una lesione
così invalidante come la lesione al midollo spinale o
coloro che convivono dalla nascita con una disabilità
come la spina bifida, possano rimettersi in gioco,
lavorare sulle loro abilità residue, fare arte, musica,
informatica, sport, insomma riprendersi la vita”.
Marco Zuccolo, Presidente ASBIN ha invece posto
l’accento sulla sinergia creatasi tra le associazioni che
hanno lavorato insieme al progetto: “Solo il lavoro in
rete permette di raggiungere obiettivi coì importanti”.
A margine della conferenza c’è stato spazio anche per
i saluti di Luca Barisonzi, il Caporal Maggiore degli
Alpini rimasto gravemente ferito in Afghanistan in un
attentato nel gennaio 2011 e riabilitato per diversi mesi
a Niguarda. In questi ultimi 2 anni Luca si è impegnato
in prima persona come testimonial per la campagna
di raccolta fondi per Spazio Vita e altre importanti
iniziative a favore dell’Unità Spinale.
Il centro sarà aperto ai pazienti dell’Unità Spinale, persone
che riportano lesioni al midollo spinale (esito di incidenti,
traumi della strada, sul lavoro e sportivi), ai bambini e ai
ragazzi affetti da spina bifida, ai loro familiari, ma anche
a persone esterne para/tetraplegiche e con spina bifida,
che potranno usufruire di attività di supporto psicosociale,
formative e per il tempo libero difficilmente reperibili sul
territorio.
Tante attività in un unico spazio
Presso il centro verranno realizzati i laboratori di arti e
mestieri, pet therapy, un’aula informatica, gli sportelli
informativi delle associazioni, uno spazio gioco e
un’aula studio per i ragazzi, un laboratorio di valutazione
funzionale per le attività sportive, un auditorium attrezzato
per la proiezione di film, le sale per le attività di formazione
ed incontri, le sale per i colloqui dello psicologo e
dell’assistente sociale con i pazienti e i familiari.
Terza età
I nonni amici
Associazione per i Diritti degli Anziani
G
irando tra i padiglioni dell’Ospedale potrete imbattervi in un gruppo
di arzilli pensionati con un unico
pensiero in testa: dare sostegno ai pazienti
o ai loro cari. Sono i volontari dell’A.D.A.,
Associazione Diritti per gli Anziani, e la
loro mano è tesa per accogliere e cercare
di risolvere i problemi prevalentemente legati alla terza età e non solo. Sicuramente
li troverete allo sportello Alzheimer, attivo
al Niguarda. “I familiari oltre al gravoso
peso dell’assistenza si trovano a dover
affrontare un altrettanto pesante fardello
burocratico- ci spiega Carmine Pannella,
Responsabile Organizzativo dell’A.D.A. -.
Per aiutarli i nostri volontari sono presenti
in sede e chi avesse bisogno può richiedere
Chi visita Niguarda
Americani in visita
al Centro Dislipidemie
R
Uno spazio per…
ecentemente una
nutrita delegazione
statunitense è stata in visita al
Centro Dislipidemie ed
è stata accolta dal Direttore, Cesare Sirtori; si tratta della Aegerion Therapeutics (guidata dal Consigliere Delegato Marc Beer). La
Aegerion è una delle giovani società farmaceutiche di
maggior successo in USA e ha sviluppato un farmaco,
la lomitapide (JUXTAPIDR) indicato per le ipercolesterolemie omozigoti. Si tratta di un “orphan drug”, un
farmaco cioè per un ridottissimo numero di pazienti (se
ne stimano 5.000 nel mondo). L’azienda offrirà un supporto economico ad un mini-corso sugli orphan drugs
nell’ambito del 47° Convegno Cardiologia 2013, organizzato dal Dipartimento Cardiotoracovascolare A. De
Gasperis. La lomitapide è stata testata in diversi centri
in tutto il mondo; il coordinatore degli studi a livello
europeo è stato il Centro Dislipidemie di Niguarda.
www.adanazionale.it
[email protected] - [email protected]
Tel: 02 6432140 (lun-mer: 14.30 -18.00, mar - ven:
9.30-12.30)- 02 70005405 (mar e gio: 10.00-18.00)
la loro assistenza”.
Potrete trovarli anche nel reparto dedicato
ai trapianti. L’associazione, infatti, collabora con l’A.T.O. (Associazione Trapianti d’Organo). Anche qui la loro presenza
punta sull’aiuto nel disbrigo delle partiche
richieste, ma anche sulla corretta informazione a proposito di procedure e normative
in materia di trapianto. Non può mancare,
poi, l’appoggio al malato e alla sua famiglia
durante la degenza e nelle fasi successive.
L’A.D.A. è presente anche all’Hospice “Il
Tulipano”, la struttura residenziale del Niguarda, in via Ippocrate, dedicata alle cure
palliative.
“Qui i volontari dell’associazione aiutano il personale della struttura - continua
5x1000
Sostieni
chi ci sostiene
È
tempo di dichiarazione
dei redditi …e come
ogni anno è possibile
destinare,
senza
oneri
aggiuntivi, il 5 per mille della
tassazione IRPEF ad associazioni di volontariato, di
promozione sociale, alle onlus, ad istituti di ricerca.
Basta mettere nella dichiarazione dei redditi (modello
integrativo CUD, 730 e Unico) la propria firma nel
riquadro destinato al “sostegno del volontariato,
delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale
(ONLUS), delle associazioni di promozione sociale,
delle associazioni e fondazioni” e indicare il codice
fiscale (CF) dell’organizzazione scelta tra quelle
iscritte nell’apposito registro dell’Agenzia delle
Entrate.
Sul sito www.ospedaleniguarda.it trovi l’elenco
delle associazioni che operano in Ospedale e
a cui è possibile devolvere il 5X1000.
Pannella-. Ci sono inoltre due giardinieri
volontari che si prendono cura del parco
dell’Hospice”.
Ma l’associazione non si occupa solo della
terza età, chiunque infatti può richiederne il
sostegno. Anzi il nucleo fondante dell’associazione è l’attività dei “nonni amici”,
che agevolano e sorvegliano l’uscita da
scuola dei bambini da diversi istituti di Milano. La vocazione per i più piccoli non è
stata tradita neanche al Niguarda: “I nostri
volontari sono presenti anche nella scuola
in pediatria per aiutare le maestre nella
loro attività con i bambini, soprattutto per
le iniziative ludico-ricreative, importanti
per alleggerire il ricovero di questi piccoli
pazienti– conclude Pannella-”.
Urologia
Niguarda a Pechino tra
gli esperti internazionali
D
al 6 all’8 giugno
Pechino sarà sede
di un importante
convegno per promuovere
il confronto tra i maggiori
esperti mondiali di chirurgia
urologica laparoscopica e
i colleghi cinesi. Tra loro ci sarà anche Aldo Massimo
Bocciardi, Direttore dell’Urologia di Niguarda, chiamato
al meeting (‘’Challenges in Laparoscopy and Robotics’’)
per effettuare una prostatectomia con tecnica robotica.
L’intervento, ideato da Bocciardi e dalla sua équipe,
viene utilizzato a Niguarda già da 4 anni e, combinando la precisione del robot con una nuova via d’accesso
chirurgica, assicura ai pazienti una ridotta invasività nella
rimozione della prostata. Il Challenges in Laparoscopy
and Robotics è giunto quest’anno alla sua decima edizione e in appena tre giornate verranno effettuati ben 24
interventi, condotti dai migliori chirurghi laparoscopisti
europei e americani.
Volontariato
N
on si può parlare di primo mattone posto, visto
che la struttura sarà un moderno e soprattutto
ecosostenibile pre-fabbricato in legno, ma si
può proprio dire che lo Spazio Vita finalmente prende
vita. Da 2 anni AUS Niguarda (Associazione Unità
Spinale) e ASBIN (Associazione Spina Bifida e
Idrocefalo Niguarda) sono impegnate nella raccolta dei
fondi per costruire il centro polifunzionale e oggi si
parte. Quei 450 metri quadrati in più a disposizione
dei pazienti dell’Unità Spinale, in cui svolgere tutte le
attività socio-integrative del percorso di riabilitazione,
fino ad ora solo immaginati e progettati, si apprestano a
diventare realtà con l’inizio dei lavori per la costruzione
della struttura. “La realizzazione del centro rappresenta
il completamento del progetto di riabilitazione globale
che caratterizza l’Unità Spinale Unipolare- ha spiegato
Tiziana Redaelli, Direttore dell’Unità Spinale, in
occasione della conferenza stampa di inizio lavori. Qui ai pazienti, che hanno subito una lesione al
midollo spinale e che riportano una disabilità spesso
molto grave, accanto alle cure sanitarie viene offerto
un supporto a 360 gradi per la riprogettazione della
quattordici
Arte
La Città dell’Arte
La guarigione del cieco
A
ndiamo alla scoperta delle opere e degli artisti che fanno del Niguarda una grande “Città dell’arte”. In questo numero
il protagonista è Vitaliano Marchini, ce ne parla il nostro esperto d’arte, il Primario Emerito Enrico Magliano che
ringraziamo per le sue presentazioni, sempre ricche di spunti interessanti.
Vitaliano Marchini: il garzone marmista autodidatta
Varcando la soglia della Chiesa dell’Annunciata appare il bassorilievo “La Guarigione del cieco”, scultura di Vitaliano Marchini.
L’opera per i tempi è di grande originalità, sia per “l’invenzione” del Cristo che dona la vista a un ragazzo, mentre nell’iconografia
sacra, Gesù risana alcuni ciechi, sempre adulti, sia per la composizione coerente alla poetica del “Novecento” in cui le forme
sono riassunte in blocchi volumetrici compatti (Sironi docet) con sullo sfondo un originale paesaggio di medioevale suggestione.
Vitaliano Marchini nacque a Melegnano nel 1888 da modestissima famiglia, la madre cucitrice ed il padre cordaio. Trasferitosi
giovanissimo a Milano iniziò la sua attività “per campare” come garzone di fornaio, muratore e, vedi il destino, garzone
marmista. Un appassionato garzone marmista autodidatta, che nel 1910 “osò spudoratamente” presentare un proprio autoritratto
scultoreo addirittura alla Giuria Internazionale della Biennale di Venezia. Venne accettato! Aveva 22 anni. Iniziò allora l’attività
di scultore richiesto in particolare per opere di tema religioso: la sua scultura dei Santi Gervasio e Protasio, collocati a fianco del
rosone centrale del Duomo, venivano affettuosamente chiamati dai meneghini “i bambolon del Domm”.
Per Marchini iniziò poi un’intensa attività didattica tanto che nel 1933 ottenne la cattedra di scultura a Brera battendo niente po’
po’ di meno che Marino Marini e Francesco Messina. Vitaliano Marchini, fedele al suo personaggio di schivo intimista, si ritirò
a Mergozzo (in provincia di Como), vicino al lago di Montorfano, “il lago dei poeti”, dove morì a 81 anni continuando a scolpire
convinto che la sua arte sarebbe servita, come diceva, “per quelli che chiedono di staccarsi dalle cose comuni per quelle più
elevate”.
Enrico Magliano
NAG - Niguarda Art Gallery
Visite d’arte a Niguarda
Il Niguarda al MiART con le Botteghe d’Arte
Arte e Storia
Anche quest’anno Niguarda era presente al MiART, una delle kermesse più importanti dedicata all’arte moderna e
contemporanea. E lo ha fatto con i lavori realizzati “a quattro mani” nelle Botteghe d’Arte del MAPP –Museo d’Arte
Paolo Pini. In questa edizione l’esposizione, dal titolo “Io SuONO” è stata curata dell’artista Liliana Moro che ha
proposto il suono come elemento di espressione di noi stessi e dell’ambiente che ci circonda,
immaginando che gli strumenti di lavoro, un registratore e una audiocassetta, diventassero
nelle mani degli autori delle Botteghe metafore di tela e pennello.
IL MAPP E LE BOTTEGHE D’ARTE
Il Niguarda è un luogo
tutelato dalle belle arti.
Per poter vedere da
vicino le tante bellezze
artistiche che qui hanno
la loro casa vengono
organizzate su richiesta delle visite guidate.
Per appuntamento e informazioni:
MAPP www.mapp-arca.it
lun-ven: 9.00/16.00
tel. 02 6444.5392/5326
[email protected]
Il MAPP Museo d’Arte Paolo Pini è un museo d’arte contemporanea ideato nel 1993 con
la collaborazione del Dipartimento di Salute Mentale dell’Ospedale Niguarda. Le Botteghe d’Arte del MAPP sono
laboratori di arteterapia in cui artisti professionisti, inseriti in un’équipe multiprofessionale, conducono stage lavorando
“a quattro mani” con gli utenti che lo frequentano. Obiettivo delle Botteghe d’Arte è quello utilizzare la pratica
dell’espressione artistica come strumento di cura da affiancarsi a quelli tradizionalmente usati in psichiatria.
Un cedro speciale nel giardino del MAPP
Il Cedar Forest è un’opera che è entrata a far parte della collezione permanente del MAPP,
il Museo d’Arte Paolo Pini. L’installazione nasce da un’idea dell’artista milanese Chiara
Dynys ed è un cedro del Libano realizzato in ceramica, dipinto da sapienti mani artigiane.
L’opera all’interno del parco dell’Ex Ospedale Psichiatrico trova la sua più naturale collocazione, emblema della fragilità e della rinascita in un contesto naturale che si trova oggi a
rischio. “Il Cedro del Libano- specificano dal MAPP- si sta estinguendo, ma noi vogliamo
vederlo rivivere, in questa sua forma anomala, unica addirittura, un esemplare che è la
sintesi di tutti gli esemplari a rischio, quasi fiabesco ma reale e concreto, fragile nella sua
fisicità ma al contempo forte del messaggio che porta: vogliamo salvaguardare le cose di
valore, le cose importanti”.
Storia di Niguarda
Più di 73 anni fa apriva a Milano “l’Ospedale Nuovo”
I
l 10 ottobre 1939, XVII dell’era fascista, i giornali
annunciano l’inizio del funzionamento a Milano
dell’Ospedale Nuovo. Una nuova “struttura
sanitaria” cittadina per la difesa della salute dall’attacco
delle noxae patogene vecchie (i germi, causa delle
ancora letali malattie infettive) e nuove (l’aterosclerosi,
causa delle emergenti patologie cardiovascolari, la
degenerazione riproduttiva delle cellule, che è all’origine
delle crescenti neoplasie, i dismetabolismi, fonte di
malattie subdole ma lentamente invalidanti). La scelta
d’avere contemporaneamente all’interno di Milano due
grandi strutture ospedaliere, l’ospedale a padiglioni di via
Francesco Sforza e l’Ospedale Nuovo, a nord della città
tra Affori e Niguarda, era strategica per l’organizzazione
sanitaria di una Milano che si stava trasformando
in una grande città metropolitana. L’incremento
demografico cittadino a partire dagli inizi del Novecento
e, nel contempo, la diffusione delle prime autovetture a
motore, avevano determinato un aumento del numero
degli incidenti stradali, con la conseguente necessità di
poter disporre di interventi sanitari d’urgenza, resi più
rapidi grazie alla presenza di due ospedali, entrambi
adeguatamente attrezzati, in due punti differenti della
città.
Al momento della sua inaugurazione l’ospedale
contava un numero complessivo di 1512 posti letto così
organizzati: 500 posti dedicati alla Medicina (4divisioni
con 104 letti più 16 letti di seconda classe per ogni
divisione e 20 letti di prima classe), 500 letti alla Chirurgia
(3 divisioni di 104 letti più 16 letti di seconda classe per
ogni divisione, una divisione ortopedica di 120 letti e 20
letti di prima classe), 112 letti di Ostetricia e Ginecologia
(di cui 12 di isolamento), 80 letti alla divisione Oculistica
e altrettanti a quella pediatrica, 90 letti di Chirurgia
infantile, 60 di Isolamento, 40 di Deposito e per i casi di
Tubercolosi urgenti, 20 di Guardia e Pronto soccorso e
infine 30 posti letto per i “deliranti epilettici ed etilici”. La
prima paziente del nuovo ospedale, che originariamente
doveva assumere il nome di “Ospedale del Perdono”,
è passata alla storia: fu la quarantaseienne Luigia De
Cicchi, affetta da colecistite acuta, ricoverata presso la
divisione medica, allora diretta da Italo Bettoni.
Nel 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia, Niguarda
dovette modificare la sua organizzazione interna.
Durante il periodo bellico, infatti, d’inverno le divisioni
chirurgiche furono spostate nei padiglioni di via Sforza
dov’era possibile provvedere al riscaldamento con
caldaie a carbone, mentre a Niguarda l’esercizio della
centrale termica richiedeva l’impiego di nafta di cui vi era
penuria. Il reparto di Pediatria venne temporaneamente
trasferito presso la Villa Bosi-Meraviglia a Ossona, a sud
di Milano, donata in lascito all’Ospedale Maggiore per
creare un convalescenziario pediatrico.
Il tragico bombardamento che colpì Milano nella notte
del 13 agosto 1943 arrecò gravi danni al padiglione
comprendente le divisioni di Ginecologia e Ostetricia
e Oculistica, provocando la morte, sotto le macerie, di
tre puerpere e di un’aiutante infermiera. Nonostante
i danni provocati dalla guerra, l’ospedale continuò
ininterrottamente, nel periodo bellico, a erogare le cure
necessarie alla popolazione milanese stremata dalla fame
e colpita dai bombardamenti notturni. Durante il periodo
della Resistenza, numerosi furono gli episodi che videro
per protagonisti le infermiere, laiche e religiose, e i
medici operanti a Niguarda, con interventi eroici che
salvarono la vita ai partigiani nascosti all’interno delle
mura dell’ospedale.
Testo a cura di Vittorio Alessandro Sironi, tratto dal libro
“Niguarda un ospedale per l’uomo nel nuovo millennio”
quindici
Nuovo Niguarda
Blocco Nord finito? Quasi!
sono stati completati e contabilizzati circa l’80% dei lavori. Attualmente è in fase di
completamento la main street e proseguono inoltre a pieno ritmo i lavori per la realizzazione degli impianti elettrici, idraulici, di condizionamento e termici. In questa fase
finale dei lavori sono impegnati circa 350 lavoratori.
Formazione
Corso di Laurea
in infermieristica
Corsi e Convegni di maggio e giugno
28 maggio
Stabilizzazione del
neonato critico
Il corso è rivolto al personale medico ed
infermieristico che in ambito ospedaliero
è coinvolto nell’assistenza del neonato.
L’obiettivo del corso è acquisire le
conoscenze e le competenze teoricopratiche per la corretta stabilizzazione del
neonato critico nelle prime 48 ore di vita.
Sede: Area Nord- Blocco Dea- Aula DEA
1 e DEA 2
31 maggio
Quinto incontro di lavoro
dello studio REACT Registro Eventi Avversi
Cutanei
La sindrome di Stevens-Johnson, la
necrolisi tossica epidermica, la pustolosi
esantematica
acuta
generalizzata,
sono solo alcuni degli eventi rari che
coinvolgono la cute come reazioni avverse
gravi attribuibili a farmaci. Da alcuni anni
Regione Lombardia tiene monitorato il
fenomeno attraverso il REACT-Registro
Eventi Avversi Cutanei. L’appuntamento
aperto a medici, farmacisti e infermieri
è l’occasione per fare il punto su quanto
portato avanti nel progetto.
Sede: Palazzo Lombardia Sala 5 - 1° Piano
- Nucleo 4 (Piazza Città di Lombardia 1,
Milano)
Dal 3 al 7 giugno (IV edizione)
Training on the job:
formazione sul campo in
ecografia 2013
L’ecocardiografia ha assunto un ruolo
sempre più rilevante nella diagnostica
cardiologica ed è diventata uno strumento
diagnostico indispensabile nella pratica
clinica. Sempre maggiore è il numero di
cardiologi, internisti ed anestesisti che si
avvicinano alla metodica con lo scopo di
acquisire le conoscenze necessarie alla
corretta esecuzione ed interpretazione
dell’esame ecocardiografico.
Sede: Area Sud- Blocco Sud- Laboratorio
di Ecocardiografia
migliore autonomia
Il corso si rivolge a terapisti occupazionali,
fisioterapisti, assistenti sociali, fisiatri,
infermieri e tecnici ortopedici e ha tra
i suoi obiettivi quello di contribuire a
diffondere la conoscenza delle soluzioni
tecnologiche esistenti oggi per la mobilità
e per la comunicazione in caso di grave
disabilità. Il corso punta inoltre al
miglioramento del Progetto Riabilitativo
rivolto ai pazienti con maggiore difficoltà
neuro-motoria.
Sede: Area Nord-Unità Spinale Unipolare
PER INFO
www.ospedaleniguarda.it
News
I
L
a tradizionale cerimonia della
“consegna della divise” ha
dato inizio al tirocinio clinico
per gli studenti del primo anno, che,
accompagnati dalle infermiere tutor
del corso di laurea, svolgeranno
l’insegnamento clinico nelle degenze
di Medicina generale e nella degenza
di Chirurgia in Blocco sud, fino alla
fine di luglio.
In questi mesi svolgono il tirocinio
anche i cento studenti di secondo e
terzo anno e già si pensa al prossimo
anno accademico: se ritieni di voler
far parte anche tu degli infermieri
di domani tieni sott’occhio il sito:
laureainfermieristica.ospedaleniguarda.it.
CRAL
Per le tue vacanze
C.R.A. Affori: una squadra speciale
l C.R.A. Affori ha iniziato il “suo” campionato di calcio; la squadra, formata da utenti
e operatori del Dipartimento di Salute Mentale, esiste da 9 anni e nel tempo è riuscita a
proseguire nonostante momenti di difficoltà (cambiando anche il nome della squadra:
prima Dinamo, attualmente C.R.A. Affori). Questa attività ha sempre utilizzato lo sport
e il gioco di squadra come finalità riabilitativa e risocializzante, in più sul rettangolo di
gioco non sono mancate le soddisfazioni: la squadra, infatti, è giunta seconda al Torneo
San Paolo Cup ed ha vinto il Torneo Sportivamente, aggiudicandosi anche il premio per
il miglior giocatore e per il miglior realizzatore. A seguire con passione la squadra ci sono
gli operatori Marinella Milani, Giovanni Catalano e Maurizio Ori. Forza ragazzi!
Gli infermieri
di domani
12 giugno
Ausili e soluzioni
tecnologiche per la
L’estate si avvicina ed è tempo di scegliere la meta per le vacanze. Sul sito del
C.R.A.L. di Niguarda si possono trovare gli alberghi e gli hotel convenzionati. E
se hai bisogno di una mano per la tua scelta o per un tour organizzato, presso la
sede del CRAL, ti aspetta l’incaricato dell’Agenzia di Viaggio “Isola Bianca”,
tutti i martedì dalle 12.30 alle 14.30.
C.R.A.L. - Area Centro-Padiglione 10 - tel. 02.6444.3236
da lunedì a venerdì dalle 10.00 alle 16.00
www.cralniguarda.it
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asta mandarci una mail e specificare il tuo nome, cognome
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News dall’Ospedale
C
hi passa in prossimità del cantiere vede ormai il Blocco Nord nella sua imponenza; all’esterno è (quasi) tutto ultimato, dalle opere murarie ai rivestimenti,
i ponteggi sono stati tolti, due delle cinque gru sono state smontate…tanto che
molti dicono: “Ma il Blocco Nord è già finito?”. La risposta è “quasi”; infatti, ad oggi
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Il Niguarda Score - Ospedale Niguarda Cà Granda