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1 agosto 2015
ITINERARI TRA ARTE E ARCHEOLOGIA
EMOTIVAMENTE
di Sara Carboni
BRANCALEONE CUGUSI
DA ROMANA
(Romana, 1903 – Milano, 1942)
Seconda parte
È proprio in questa dimensione esistenziale che si sítua la
sua personalità. Serve oggi a
noi per reinserirlo nella storia dell’arte. Brancaleone,
infatti, è un grande pittore
italiano, oltre che un grande
pittore sardo. È un artista la
cui immagine mancava alla
conoscenza degli studiosi.
Non potremo più guardare la
storia del Novecento senza
inserire, fra il 1936 e il 1942,
le tessere della sua pittura.
Brancaleone fa la fotografia
e la trasporta nella pittura, uccide la fotografia e fa rinascere la vita nell’arte, questa è la
sua opera. Le persone dei suoi
dipinti vivono in uno spazio
attraversato da luci e ombre.
La forza di Brancaleone è santificare il quotidiano, rendere
sacra la vita di tutti i giorni,
rendere eroi i personaggi della strada, essere capace di far
sentire la grandezza dell’umiltà, di far sentire i personaggi, i ragazzi come dei
personaggi storici.
Dall’oscurità emergono volti violentemente illuminati,
sagome che si lasciano alle
spalle ombre che non sembrano appartenergli. Sono
contadini in fiera posa, ragazzi di strada che anticipano i protagonisti di Sciuscià
o di Ladri di biciclette, ma
sono anche giovani eleganti
paradossalmente sistemati tra
casse e panche lignee del suo
caotico studio. Immagini im-
mobili che nella loro fissità
esprimono una forte tensione spirituale accentuata dal
vibrare della densa materia
pittorica. I riferimenti artistici di Brancaleone si muovono tra l’essenzialità formale
e la sacralità di Piero della
Francesca - riviste dagli
esponenti del Novecento italiano e dai Valori Plastici - e
il sapiente uso della luce caravaggesca che definisce i
volumi ed assume una valenza fortemente simbolica esaltando la componente drammatica che è facile cogliere
in dipinti come Giovane vinto dalla vita, Ragazzi di stra-
da o Pensieri tristi.
Lo colpisce la tecnica del
verista Antonio Mancini che
adotta nell’ultima fase del
suo percorso artistico. Dopo
aver sistemato la scena vi
collocava davanti un telaio
a reticolo procedendo con la
fotografia. Una volta stampata ne riprendeva masse e
luminosità e sovrapponeva
la grata alla tela che allontanava solo dopo aver finito il
dipinto senza occultarne volutamente l’impronta. Autodidatta, Brancaleone Cugusi fece della pittura il suo
mestiere: “la pittura è per un
lato mestiere, mestiere deli-
ANGOSCIA E RAZZISMO
catissimo, apparentemente
semplice ma in verità assai
complesso e che bisogna dominare familiarizzandosi
con esso; senza di che i lampi di genio, l’ipersensibilità
coloristica, l’espressione del
contenuto non sono possibili”. Ma non riuscì mai ad
avere da essa grande appagamento: giunto il momento della tanto agognata mostra - divenuta quasi un’ossessione - per un cinico
scherzo del destino Brancaleone Cugusi morirà a soli
trentanove anni, proprio due
settimane prima dell’inaugurazione.
Servitù militari e scorie nucleari: “Ora basta”
Come se non bastassero le preoccupanti risultanze degli accertamenti effettuati presso i siti occupati dalle “Servitù militari” a
turbare i nostri sogni, ecco apparire all’orizzonte lo spettro funesto del “deposito nazionale delle scorie nucleari” che, stando alle
caratteristiche individuate dall’ISPRA, vedrebbe la Sardegna fra
le regioni maggiormente indicate, soprattutto per via del fatto
che non è considerata “zona sismica”. Non sono sufficientemente tranquillizzanti le assicurazioni fornite dalla stessa ISPRA circa la totale sicurezza del deposito da realizzare. Basti pensare
che finora, nel mondo, è stato identificato solo un “sito sicuro”,
ubicato a grandissime profondità in una zona desertica del New
Mexico, che ha richiesto oltre 25 anni di studio e un investimento di circa 2,2 miliardi di dollari da parte degli Usa.
Anche l’Europa si è posta come obiettivo la realizzazione di
depositi comunitari, auspicando la loro ubicazione esclusivamente nei paesi dove sono presenti diversi impianti nucleari e
quindi escludendo l’Italia. Però, tenuto conto dei tempi biblici
dell’UE o, forse, a causa della scarsa sicurezza dei 23 depositi
provvisori sparsi nella penisola, anche l’Italia ha deciso di realizzarne solo uno capace di accogliere circa 8.000 mc di scorie
in regime, si dice, di totale sicurezza almeno per 200-300 anni.
E dopo? Visto che le scorie di 3° grado, come le ceneri della
combustione dell’uranio, mantengono la loro radioattività fino
a 100.000 anni?
L’ubicazione di tale impianto, che tanto fa discutere di questi
tempi, scaturisce chiaramente dall’esame della mappa dei siti
proposta dalla SOGIN, dalla quale si evince che le uniche zone
ad essere escluse sono le aree urbane, le zone sismiche (la Sardegna è una delle terre più antiche e assestate), le aree franose o
alluvionali, le aree distanti oltre 5 chilometri dalle coste e oltre
mille metri dalle ferrovie, autostrade e strade di grande circolazione. Ad essere pignoli sembrerebbe un bando di concorso dagli esiti prefissati, dove i requisiti d’ammissibilità riflettono quasi
fedelmente i caratteri posseduti dal potenziale vincitore! Ov-
di Alice Bandino
Psicologa
viamente, come sempre accade, a controbilanciare il gravoso
peso viene prospettata la “ciliegina” in termine d’aiuti economici, posti di lavoro ecc, secondo la prassi consolidata nel tempo. Alcuni mesi fa un nostro conterraneo, commentando un servizio riguardante lo smaltimento delle scorie nucleari apparso
su uno dei principali quotidiani italiani, spiegava correttamente
i motivi per i quali la Sardegna non poteva accogliere le “scorie”. Nella discussione che seguiva, un altro lettore auto definitosi “Saggiamente” lo apostrofava dicendo: «Immagino che lei
sappia che la Sardegna sopravvive grazie ai trasferimenti e benefici che arrivano dal continente, vero?».
Quanto sopra non merita alcun commento, se non quello secondo il quale a confronto con questo “signore” anche una gallina potrebbe aspirare al premio Nobel! Tuttavia il commento
di cui sopra, che si presume non unico, ci deve far riflettere a
fondo per non incorrere negli errori del passato. Il tradizionale
orgoglio dei sardi, è vero, è messo a dura prova dal perdurare
della grave situazione economica che ha generato povertà, disoccupazione e tragedie familiari. Ciononostante la gravità della situazione c’impone di ponderare attentamene le azioni da
intraprendere, onde evitare che i furbetti ci prendano per fame
regalandoci la classica ciliegina e impedire un’irreversibile contaminazione dell’ambiente, unica grande risorsa della Sardegna. Come? Intanto aderendo alle pacifiche manifestazioni che
si rendessero necessarie, ma soprattutto sollecitando i politici
ai quali abbiamo riservato la nostra fiducia, perché nell’adottare le scelte tengano finalmente conto delle istanze provenienti
dal popolo che li ha espressi.
NO fermo, dunque, al deposito delle scorie nucleari in Sardegna
e più possibilismo, invece, verso il reperimento di fonti energetiche alternative al petrolio, da considerarsi come male indispensabile del progresso tecnologico, ovviamente previa verifica della
sostenibilità ambientale.
Francesco Diana
Son stata contattata dalla mamma di un adolescente appena diplomato, facente parte di un nucleo familiare residente da anni nel
territorio e che solo ultimamente manifesta evidenti segni di disagio sociale, desideroso di partire per un periodo nella propria zona
di origine dei genitori (Nord Africa).
La paura della signora è che questo viaggio non abbia mai una
fine, e che diventi una scorciatoia del figlio per allontanarsi dalla
Sardegna, dove lei e il marito scelsero di vivere e lavorare quasi
trent’anni fa, e dalla quale ora il figlio pare volersi allontanare alla
svelta. La signora si dice soddisfatta della scelta fatta allora nonostante ora si senta in colpa per questo figlio che, solo ultimamente,
le ha confidato alcuni eventi di stampo razzista, di cui è stato vittima. Vista l’età del ragazzo, sarebbe un bene per la signora dargli
fiducia e fargli fare questo viaggio, come fanno molti suoi coetanei, mettendo comunque in conto che potrebbe scegliere di non
abitare in futuro vicino alla famiglia.
Riguardo la problematica del razzismo, come ogni fenomeno
sociale, esso ha alla base un costrutto psicologico universale che
può variare da Continente a Continente per grado di intensità, ma
che ricalca il costrutto di ogni tipo di intolleranza mondiale, caratterizzato da emozioni negative di base: rabbia, paura, tristezza,
sorpresa, disgusto.
La rabbia e la paura appartengono entrambe a quelle che vengono definite emozioni di emergenza: attivano il sistema simpatico-surrenale in modo da fornire un carico di energie necessario
a lottare o a fuggire. Davanti ad uno stimolo pericoloso il sistema
muscolare si carica e si attiva in vista dell’azione difensiva.
Per restare nell’area psicologica, è importante sapere che il razzismo (e l’intolleranza in genere), ha alla base un meccanismo di
difesa che il soggetto razzista utilizza per liberarsi di un conflitto
interno (la famosa angoscia nevrotica di memoria freudiana) e
che proietta su un individuo, così da farvi convergere tutti i sentimenti ostili legati alla parte di sè che non si vuole riconoscere e/o
accettare. Solitamente le persone accomunate da uno stesso pensiero xenofobo tendono a far gruppo, a supportarsi le idee affiliandosi tra loro, fino a costruire delle vere e proprie motivazioni
pseudo-razionali per giustificare questo rifiuto verso il diverso;
internet e i Social hanno poi amplificato questi fenomeni, che si
nutrono dai fatti di cronaca nei quali son coinvolti individui stranieri.
In un periodo storico, politico, economico e sociale come questo,
tra cronaca violenta in tante regioni italiane, precarietà, crisi, sfratti,
le minacce reali internazionali di gruppi integralisti, i numerosi
sbarchi sulle nostre coste di extracomunitari da alloggiare urgentemente in strutture di accoglienza, le angosce e il senso di
minaccia rafforzano il sentimento di intolleranza e di ostilità. È
naturale ad esempio che se in una certa comunità il 70-80% di
delitti e violenze son compiuti da extracomunitari, il restante 2030% autoctono tenderà a manifestare atteggiamenti di intolleranza; è meno giustificabile che gli stessi atteggiamenti preventivi di
rabbia e paura (post su fb, fiaccolate, manifestazioni, raccolte firme), vengano perpetrati in paesi di 5/10 mila abitanti con 70, 80
stranieri totali che non hanno mai compiuto nessun tipo di infrazione. Rabbia e paura nutrono questa angoscia contagiosa, tanto da non poter più definire il razzismo elemento distintivo del
basso popolo o della scarsa scolarizzazione.
Siamo tutti potenziali razzisti, se non troviamo qualcuno che ci
faccia conoscere nuove realtà e nuove alternative di convivenza,
che ci aprano alla Mondialità. Più una persona riesce a trovare
soddisfacimento nella propria vita, nelle proprie azioni, nel proprio orticello, nel proprio tempo libero, più basso sarà il rischio di
proseguire atteggiamenti che rendono l’altro (il diverso) una
“cosa”, un peso, non più umano, senza storia, senza tradizioni,
senza emozioni; un peso da allontanare e da umiliare. Naturalmente per combattere il pregiudizio la strada è lunga, non si può
pensare dall’oggi al domani di far convivere etnie e razze diverse
che ciclicamente cambiano in base agli assetti politici di tutti i
Continenti; si può aspirare a un efficace rete di convivenza e condivisione, solo nella misura in cui si stabiliscano chiare regole e
leggi su immigrazione e criminalità, applicabili universalmente,
indistintamente. Non basta neanche l’anacronistico “anche gli italiani nell’800...”, ci può credere un bambino di tre anni, ma poi a
sei anni gli basterà leggere un qualsiasi libro sull’argomento per
capire la differenza tra profugo e migrante e tra Ellis Island nell’800
e Lampedusa 2015. Se una Nazione, una Regione, una Provincia
vengono lasciate sole a far fronte a una serie di disagi reali, questa
convivenza non arriverà in tempi brevi.
Il figlio della signora è un cittadino italiano e la famiglia è ben
integrata, consiglio quindi alla signora di soppesare meglio le giustificazioni del figlio e provare a parlargli per capire altri eventuali
disagi tipici adolescenziali che lo turbano.
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1 agosto 2015
Peste e corna
di Edmunduburdu
VOLARE SENZA ALI
V
olare, essere leggeri, vedere il mondo dall’alto, il sole,
i fiori, le campagne ridenti. Sognare ed essere felici,
con magari al proprio fianco la persona amata. Muoversi senza peso, superare confini, conoscere altri luoghi e
altra gente. Ma su quel sedile si sta stretti, non riesci ad allungare le gambe né, come una volta, a piegare lo schienale
all’indietro per essere appena più comodo o magari schiacciare un pisolino. Mandi perciò un accidente alla compagnia
aerea e dimentichi che il volo verso Londra, Monaco o Varsavia, ti costa poche decine di euro mentre non molti anni
prima lo pagavi dieci volte tanto. Hai scelto la compagnia
low cost e pretendi un servizio di first class. Una pretesa che
abbiamo tutti indipendentemente dalle circostanze. Ci piace
protestare o recitiamo una parte?
La situazione greca è stata una commedia che forse non diventerà tragedia. Anni di governi poco responsabili, bilanci
fasulli, sprechi e privilegi e debiti oltre ogni limite e quindi
l’incapacità di farvi fronte, poi l’avvento dei populisti e a
questo luglio un referendum in risposta alle richieste dell’Europa, cioè dei creditori, con un NO che ha visto la solidarietà
nelle piazze ateniesi degli avversari politici di Renzi e di molti
altri governi. Così Tsipras è tornato dagli omologhi europei
tenendoli svegli per qualche nottata, ma le pretese dei NO
sono state sgonfiate. Non ci sono santi, caro Tsipras, si è più
o meno sentito rispondere, elimina gli sprechi, i privilegi e le
pensioni ai quasi lattanti e fai pagare le tasse a tutti, armatori
compresi. E rilancia l’economia. Solo così riuscirai a rimettere in sesto i conti. Ti diamo tre giorni di tempo. Se lo farai
rivedremo la situazione dei tuoi debiti e ti garantiamo 86
miliardi, un po’ per far fronte ai debiti scaduti o in scadenza,
e un po’ per dare fiato alla tua economia. Tra l’altalenante
scontro dei no e dei sì è successo di tutto, falchi e colombe e
piccioni che hanno colto l’occasione ancora una volta per
esibire i propri pensieri. E ancora Grexit o non Grexit, o solo
per cinque anni? Dracma, moneta parallela, euro o magari
rublo? Già, perché la Grecia è un po’ come la Crimea, in
posizione strategica per via delle condotte petrolifere possibili ma anche dei commerci e della presenza nel Mediterraneo delle superpotenze. La Russia pare più vicina, pronta a
darle il petrolio, ma ha il problema delle sanzioni commerciali che governanti poco lungimiranti ma comunque schie-
di Rinaldo Ruggeri
PRENDIAMONE
C
on la nomina del sindaco e della relativa giunta si conclude l’iter elettorale delle comunali a Guspini. Non si è
posto fine, invece, ed è giusto che sia così, alla dialettica politica. Visioni differenti si confrontano: sulle scelte e su i ruoli amministrativi, sulle persone e sulle loro capacità. Si fanno, spesso, discussioni fuori contesto storico, appropriate,
forse, in altri luoghi e in altri tempi. Si dimentica, non so se
per ignoranza o malafede, che l’Italia è una democrazia liberale e che l’ordinamento giuridico è, in linea di massima, legato a questi principi. Il popolo è sovrano, sancisce la nostra
Carta Costituzionale. Non decide più il Re, illuminato da Dio,
o il dittatore di turno, unto dal Signore, decide o dovrebbe
decidere il popolo. Questo semplice assunto stenta a farsi strada tra il popolo e le classi dirigenti, perciò, spesso, si tollerano “illuminati” che vogliono decidere per gli altri.
Di questa malattia antidemocratica, che ha radici culturali
profonde, non è immune parte del ceto politico guspinese.
Ad alcuni il responso elettorale non è piaciuto, avrebbero
voluto un altro risultato, il popolo, invece, ha deciso diversamente. Si prenda atto che Giuseppe De Fanti è sindaco dopo
un iter democratico normale. È stato scelto candidato sindaco con primarie di partito dove hanno concorso altre due candidate del PD: Enrica Olla e Stefania Atzei. In questo percorso un appunto di merito va fatto: visto che si pensava ad una
lista di centro-sinistra, con Sel e Rifondazione, si sarebbero
dovute predisporre primarie di coalizione. La competizione
elettorale ha sancito la vittoria del centro sinistra mandando
le altre due liste all’opposizione. Un percorso che rientra nella
norma. Come nella norma democratica dovrebbe rientrare la
scelta degli assessori: i più votati abbiano l’incarico da parte
del sindaco, naturalmente, ove ci siano le condizioni, nel rispetto delle rappresentanze di genere e di sensibilità politica.
STORIA DEL FUMETTO
di Evaristo Puxeddu
SIEGFRIED
rati applicano anziché tentare soluzioni meno antieconomiche e deprimenti per tutti.
I tre giorni passano, con l’ultimo che si allunga oltre la mezzanotte perché il parlamento ad Atene deve votare le riforme
di Tsipras mentre in piazza, dinanzi al palazzo del governo,
alcuni black bloc neri e incappucciati lanciano molotov. È
questione di responsabilità, ma non per tutti, c’è chi è d’accordo e chi vorrebbe di più e Syriza, il partito con cui Tsipras
ha fatto il governo, si spacca e infine, tra il tira e molla e
l’appoggio da destra e da centro, arriva il sì, l’ok alle richieste dell’Europa, che si impegna a metterci una pezza coi suoi
miliardi.
E Tsipras mostra coraggio, fa un primo gruppo di riforme,
poi un secondo, e altre ce ne sono da fare, e forse comincia a
parlare chiaro a poveri e ricchi e privilegiati, invitandoli a
minori ideologie, pretese e proteste, pena il tracollo. La moneta corrente, non importa che si tratti di euro o di scudi romani o fiorentini, non è la causa di tutti i mali (andatelo a dire
a chi non lo vuole), ma un mezzo per far incontrare le persone: funziona bene quando tutti rispettano diritti e doveri, male
quando chi viene posto a governare ignora i problemi e addita solo diritti e paradisi terrestri.
L’altolà posto dall’Europa costerà ai greci sudore e sangue se
non riusciranno a far modificare le norme per ottenere che il
pagamento dei loro debiti sia diluito nel tempo. C’è un’Europa dura, con difensori di regole considerate infrangibili solo
perché sono state scritte in altri tempi e in altre circostanze,
un’altra Europa più elastica e disponibile, e una terza promotrice di opposizioni fatte di ideologie semplicistiche per le
quali la responsabilità di tutti i mali sono l’euro, i migranti e
le tasse. Ma non si può volare se non si hanno le ali. Aristofane, vissuto 25 secoli fa, ci provò con una sua commedia - gli
Uccelli - dove due uomini, stanchi dei loro simili, si alleano
con gli amici alati, edificano una città tra terra e cielo e spodestano gli dei dell’Olimpo. Ora che abbiamo aerei e missili
li manderebbe sulla luna o direttamente in paradiso?
La notizia ce la dà la CGIA: ogni italiano paga 904 euro di
tasse più della media europea, pari all’incirca al costo per
ciascuno di noi degli interessi per i circa 2200 miliardi di
debiti. Che facciamo, continuiamo su questa strada o ci mettiamo una pezza?
IL COMMENTO
23
ATTO...
I quattro assessori: Giovanni Antonio Lampis, Alberto Lixi,
Francesca Tuveri e Muriel Manca, scelti dal sindaco De
Fanti rientrano in questa regola.
Quando si intraprendono falsi cammini sulle competenze
lo scopo palese è quello di mettere in discussione il risultato elettorale. Come sosteneva la radicale Emma Bonino,
gli elettori, a volte, non scelgono i più capaci da mandare
nelle istituzioni, ma scelgono quelli che secondo loro sono
i più idonei, e in democrazia le volontà degli elettori vanno rispettate. Anche nella periferia paesana esistono gli
“unti dal Signore” che si sentono investiti e titolati a dare
i voti sulle competenze e a fare le scelte. Esiste, pure, un
genere di animale politico in perenne ricerca di visibilità
interessato solo a soddisfare il proprio narcisismo. Rimane difficile da spiegare o da dare senso logico ad atteggiamenti ricattatori basati sulla forza muscolare e non sul ragionamento politico.
Quando si perdono le elezioni o non si arriva fra i primi,
non si fanno i capricci ma, con onestà intellettuale, ci si
chiede dove si è sbagliato. Dire che si vigilerà su tutti gli
atti della giunta è affermare una scontata ovvietà. Nell’interesse dei cittadini il ruolo dei consiglieri di minoranza,
ma anche di maggioranza, oltre a quello propositivo, è
quello di controllo. A volte, anche quando si è in buona
fede, si cercano scorciatoie che non esistono, si pensa, erroneamente, che occupare una poltrona dia potere. Il potere reale, il potere duraturo si fonda sulla egemonia culturale e politica della sinistra. Questo obbiettivo è difficile da perseguire e presuppone un lavoro lungo e duro, poco
visibile e non appariscente. Ma è l’unico lavoro politico
che lasci traccia nella società a differenza delle poltrone
che vanno e vengono, spesso, senza nessun costrutto.
di Alex Alice
L’avventura della tradizione germanica. Mito di leggende e
racconti. Un meraviglioso fumetto sulla ricerca dell’amore e
dell’umanità, che diventerà un animato lungometraggio.
LA CRITICA
Una versione per il nuovo millennio della Saga dei Nibelungi, resa illustre da Richard
Wagner, un’avventura che
trasporta Sigfrido nelle fitte e
fiabesche foreste mitteleuropee di paesaggi onirici di sfide impossibili, fino allo scontro epocale con il celebre drago.
LO STILE
Il francese Alice non riempie
le vignette di dettagli. Così,
riesce a non appesantire la
narrazione e a raccontare con
leggerezza e sintesi. Questo
disegnatore è molto spesso influenzato da temi classici e religiosi. Le sue ascendenze
d’autore: Frank Miller, creatore della serie ambientata in un
ipotetico futuro, vicino ai film noir, realizzatore di Batman,
Mike Mignola e Jeff Smith: gli sguardi, alcune inquadrature,
la gestualità degli animali, le pause, i panorami, gli occhi. E
un tratteggio finale raffinato alla Alan Davis, che ben si sposa con i colori pastello, mai urlati, d’atmosfera. Il suo Siegfried non ha il fisico e l’immagine di un eroe, ma un giovane
che non sfugge agli eventi e pertanto il mito ne esce umanizzato e ingentilito.
ORIGINI
Nel corso dei secoli, la maggior parte della mitologia norrena-germanica più antica è stata persa. Il racconto delle leggende e dei miti non ha permesso di tramandare quel materiale. Però gli archetipi narrati sono ricorrenti fino ai giorni
nostri, basti pensare a Tolkien. A proposito delle origini letterarie del personaggio, filologi ed esperti continuano ad interrogarsi sui legami tra la realtà e il mito. A lungo si è creduto che la figura di Sigfrido, archetipo dell’eroe germanico,
fosse legata a condottieri dei primi secoli, su cui spicca Arminio. Oggi, però, gli esperti invece citano Balder o il dio
della bellezza Freyer.
L’AUTORE
Classe 1974. Alex Alice, diplomato all’Ecole Superieure de
Commerce di Parigi, ha dedicato la sua carriera al fumetto.
Nel 1993 incontrò Xavier Dorison, con cui creò “Il terzo Testamento”, una saga esoterica ispirata ai romanzi storici di
Umberto Eco, di cui fu cosceneggiatore e disegnatore. Collaborò a numerosi testi e in antologie di grande fama e in cortometraggi.
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1 agosto 2015
IL MIO PUNTO DI VISTA
di Antonio Loru
PICCOLI RENZINI CRESCONO
SBUGIARDIAMOLI TUTTI, PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI
Renzi non ama l’università, e nemmeno la scuola. Quando
gli capita di scrivere sciocchezze su Firenze rassicura i lettori: non è che vi dovete preparare ad un esame universitario,
state solo assaggiando una città. Se si deve spiegare che Dante
è vivo, specifica che non è noioso come la spiegazione di un
professore arrugginito. E, proprio lui che ha nominato gli
amici suoi alla guida del Vieusseux e dei musei comunali,
addita le commissioni universitarie come il culmine dell’abiezione nepotistica (cosa, peraltro vera). L’unica istituzione che
disprezza più dell’università è la Soprintendenza: […] Professori e soprintendenti sono colpevoli di lesa maestà, perché hanno osato intralciare la marcia trionfale del marketing
delle emozioni. […] La violenza denigratoria di Renzi è davvero impressionante: se non siamo al culturame di Scelba,
poco ci manca. Ma il suo modello è molto più immanente: è
Silvio Berlusconi, che non a caso è il più ardente fan del
giovane rottamatore. E il modello berlusconiano ispira sia la
violenza con cui si attaccano i professionisti della cultura […]
sia l’uso disinvolto di vere e proprie menzogne. Questo vero
e proprio odio per il sapere[…] intercetta […] e amplifica
[…] un vento che spira […] in un paese che accetta e favorisce le differenze basate sul censo e sullo status ereditario, e
dunque le differenze contro il merito, e mal sopporta che esista […] un’élite fondata sulla conoscenza e lo studio: quell’élite dei professionisti della cultura, dei professoroni contro cui si scaglia Renzi. […] Renzi crede nelle emozioni, non
nella conoscenza dei sapienti. E i sapienti sono allora d’intralcio. […] Il primo rappresentante della generazione Bim
Bum Bam che rischia di guidare l’Italia è un uomo che non
sa di che cosa parla. (Tomaso Montanari, Le pietre e il popolo, edizioni minimun fax, MI, 2013, pgg. 155/159)
Curiamo la malattia prima che dilaghi, tracimi, inondi i fertili campi del buon senso, le vigne del pudore, i prati dell’intelligenza, gli orti della vera competenza, i giardini della saggezza politica. Disinfestiamo da quest’attuale gramigna politica e amministrativa le terre italiane, un tempo ubertose,
svelliamo la mala pianta della classe dirigente italiana tutta,
perché i nostri giovani tornino a coltivare l’intelligenza oggi
intossicata dai grandi burattinai della politica culturale e civile nel nostro Paese, e dai burattini che vigliaccamente la
mettono in atto, in tutti gli uffici dove effettivamente si mette
in moto questa macchina perversa che ha creato l’attuale
(s)fascismo, e chissà cos’altro ancora ci riserverà, in quali
altri infernali viaggi ci trasporterà, se la società civile, chi
ancora pensa in termini reali di società civile, con uno scatto
d’orgoglio non si ribellerà a tutto questo. Se ancora c’è una
società civile. Se ancora c’è qualcuno che crede nel dovere e
nella possibilità di ri-educare i giovani alla pratica teorica,
alla gramsciana filosofia della prassi, che insegna a riconoscere le vere cause della realtà, al di là dei blàblàblà degli
attuali quàquàraquini, che parlano di tutto perché non sanno
niente, perché hanno la bocca che emette suoni che vagano
liberi non dovendo passare il vaglio di un cervello che non
hanno. Dobbiamo togliere la terra da sotto i piedi ai Renzi,
agli Alfano, Poletti e Verdini, Boschi, Finocchiaro, Serracchiani, Mogherini, Madia, Lorenzin, Giannini, Guidi, Padoan, a quei potentati e lobbies che rappresentano e di cui eseguono fedelmente gli ordini e diligentemente ne curano gli
indicibili, effettivi, interessi. Mettiamo in condizione tutti gli
amministratori locali, non solo politici, ma i dirigenti di tutte
le istituzioni, a cominciare da quelle formative, di dover pubblicamente scegliere tra l’eseguire bovinamente gli ordini
impartiti dall’alto, dai palazzi dentro e fuori i nostri confini
nazionali, o difendere, senza se e senza ma, senza scusa, le
reali esigenze del popolo, promuovendone la conoscenza dei
veri bisogni politici, universali, dell’uomo-cittadino, cioè
soggetto di diritto: allo studio, alla salute fisica e mentale,
alla gioia, alla felicità, lavorando per l’attuazione della possibilità di ognuno e di tutti di poter collaborare, attraverso il
proprio lavoro, liberamente, consapevolmente scelto, alla relizzazione del diritto allo studio, alla salute del corpo e della
mente, della gioia, della felicità mondana degli altri.
Proviamo a chiedere ai terminali più prossimi di questo scellerato potere che si schierino con noi, coi cittadini, e non, per
il compenso di un piatto di lenticchie, sufficiente a soddisfare il loro infimo io ipertrofico, contro di noi, svolgendo, come
adesso fanno, funzione di controllo e delazione a danno di
quei pochi che ancora chiedono reale giustizia, libertà vera,
che è sempre e solo, in primis, libertà dall’ignoranza, o se
preferiti dalla stupidità, suo sinonimo popolare, e dunque a
discapito dell’interesse generale. Cominciamo a pretendere
che i nostri rappresentanti politici locali siano competenti nei
loro ruoli, e non li occupino solo perché con 200 voti ti spetta
quell’assessorato, anche se non sai né leggere, né scrivere,
né tantomeno pensare. Che i dirigenti pubblici locali siano
servitori leali e intelligenti dello Stato, cioè di tutti noi, e non
marionette al servizio del grande establishment economico.
Oggi il vero ostacolo al progresso civile in Italia è il PD, il
grande nemico del popolo è il partito di Renzi, un partito che
ha consiglio di amministrazione e Amministratore Delegato
all’estero, certo un estero a noi molto vicino, basta attraversare un ponte nella nostra amata e disgraziata capitale per
entrarvi e uscirvi, cosa che milioni di persone fanno quotidianamente e senza la seccatura dei controlli alla frontiera. Il
PD, un partito che ha portato indietro l’orologio della storia
nel nostro Paese di almeno cinquanta anni, che ne ha umiliato la società civile, che ha scippato i lavoratori italiani dei
diritti basilari del lavoro, conquistati in oltre due secoli di
lotte terribili, durissime e belle, contro un capitalismo tra i
più arretrati e bèceri del mondo occidentale. Un partito che
ha brutalizzato la laicità dello Stato italiano, rendendolo nuovamente confessionale.
Il comunismo è il perfetto umanesimo, è la visione e la pratica scientifica e estetico-morale del mondo. Il comunismo è,
oggi più che mai, la sola gioventù del mondo.
RE SOL LA RE SOL LA RE LA. Che roba contessa all’industria di Aldo, han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti,
SOL LA RE LA RE SOL LA RE volevano avere i salari aumentati, dicevano, pensi, di essere sfruttati.
Gonnosfanadiga in festa per le due nonnine del paese
Annetta Deias ha compiuto 103 anni il 26 luglio circondata dall’affetto dagli otto nipoti e dai tanti pronipoti e
amici. Angelina Collu ha spento101 candeline il 29 luglio ed è stata festeggiata dalle tre figlie e dai nipoti.
Annetta Deias è certamente la nonnina più longeva nella storia di Gonnosfanadiga. È in pensione dall’età di 67
anni, per oltre 50 anni ha abitato a Cagliari dove ha lavorato come capo infermiera all’Enpas. Rispetta una dieta
rigorosa, composta solo ed esclusivamente da prodotti
genuini del suo paese natale. «Non mi sono mai fatta
mancare l’olio extravergine anche quando ero a Cagliari», afferma. Le piace raccontare alcuni avvenimenti della
seconda guerra mondiale ed episodi salienti della storia
gonnese.
Angelina Collu ci tiene a precisare le sue origini: «Sono
“Collu de Monti” o “Collu de Sibiri”». E ricordare la
sua vita: «Mi sono sposata all’età di trent’anni con Sal- Le due ultracentenarie Angelina Collu e Annetta Deias
vatore Noli che è morto all’età di 88 anni, ho avuto tre
figlie, ho lavorato nell’azienda agro pastorale di mio marito, alimentandomi sempre dei prodotti da noi coltivati con tanto
amore. Mi piacciono i ravioli che mangio ancora oggi, bevo il vino bianco e nero della nostra vigna e naturalmente in casa
non può mancare l’olio extra vergine di Gonnos, con cui amo condire l’insalata. (Francesco Zurru)
di Giovanni Luigi Zedda
Dimmi cosa leggi
OGGI PARLIAMO DI...
LETTERE E NUOVE LETTERE
AL DIRETTORE
Reggio Calabria. Sono un giovane molto libidinoso e a volte
anche violento però ho un carattere mite e autoritario tanto
che gli amici mi chiamano Ciucciodoro. Ho soltanto ventitré
anni ma ne dimostro molti di più a causa della mia vita altamente viziata. Ho sette fidanzate e un’amante inglese. Soddisfo tutte e me ne avanza per una vecchia che mi dà dei
soldi. Lei che farebbe nei miei panni? Sono bello, sono alto,
duro molto, parlo bene; ho una voce vellutata, mani lunghissime e tenere, conosco l’inglese e il francese e so fare molti
giochetti curiosi. Sono molto richiesto e la mia discendenza
è nobile. L’unica mia preoccupazione è che quando faccio
l’amore con le donne non riesco mai a capire chiaramente
chi è la donna e chi è l’uomo.
(Romano Battaglia, Nuove lettere al direttore, Rizzoli, Mi,
1972, pg. 73)
Tanti esti facili!! Se non siete di già affètti da paleo bibliofilìa, affrettatevi ad affèttarvi, perchè qui si tratta di fare cosa
più difficile, complicata, pericolosa, e con gran dispendio di
tempo e mezzi, che neanche Indiana Jones, o i Templari alla
ricerca del Santo Graal.
Trattasi di ri-trovare, re-perire, mettere in salvo, perché il
mondo di domani non abbia a perderli, e così crescere ignaro
della loro esistenza, copie di questi due capolavori del crepapelle, di cotànte bibbie dello sganasciamento prodotto dalla
lettura del comico involontario, che l’ONU dovrebbe dichiarare Patrimonio Universale dell’Umanità attuale, e, soprattutte, futura. Perché la stessa industria editoriale italiana, che
pubblica pagine rilegate in
forma tipografica di libro a
Fabio Volo, Andrea Pirlo, e simili logografi, purtroppo dagli anni Settanta del secolo
scorso, questi resoconti della
condizione umana, un po’
eterna, un po’ legata a un particolare tempo storico, non li
ripubblica più. Da allora. Un
tempo anagolo simile trìsto
divertimento potevano darlo,
agli addetti ai lavori, e spesso
per dubbia deontologia professionale, a famigliari, parenti e amici loro, i temi svolti
dagli studenti italiani di ogni
ordine e grado. Ma oggi il
tema non usa più nella scuola italiana. Ad altri tipi di esercizio di stile, ad altre forme di scrittura, meno rivelatrici di
quell’universo di archetipi che ci abita fin dalla più tenera
infanzia, la scuola abitua i suoi utenti, dai tre ai diciannove.
E poi, con quel che si legge nei giornali oggidiggiorno, che
si sente in TV o si legge e si sente in rete, qualsiasi baggianàta un studente possa scrivere, potrebbe sempre sembrare una dotta analisi d’Accademico della Crusca, all’impari
confronto. Forse, dico forse, ma questo dovremmo saperlo
col loro consenso, ci si potrebbe avvicinare alla magia di
quelle Lettere leggendo i verbali, le relazioni, i registri delle
attività degli insegnati, dai quali, scrittori per diletto e per
professione, lettori attivi e passivi, tutti insomma, siamo stati
formati e mandati poi nel mondo, in quello ormai passato
delle Lettere e in questo attuale. I remember happy days, quando ero giovane, ma sono passati più di cinquant’anni, e forse
il ricordo non ricorda ma crea tempi mitici. Si dirà crudelmente: eh! quando si legavano i cani con le salsicce!! Comunque, mi sembra di ricordare che si ridesse molto, nelle
piazze, nei mezzi pubblici, nei giardini pubblici, nei bar, nei
ristoranti, al cinema, nelle biblioteche. Persino in tram! Qualcuno leggeva, a voce alta e a voce alta rideva e gli altri ridevano. Si formavano gruppi occasionali di ridenti, che si scompaginavano, per poi ricostituirsi, con diversa aggregazione
magari un’ora dopo, nella piazza del mercato, o sul sagrato
della chiesa. Percchè cari Signora Dirretorri, no sene veddono piu, al giornno dogi addesso? Ella ecelenza chè istuddiata, losa? Melo puo dirre? La baccio con rareffezione. Un
Vostro assidol letorre.
Romano Battaglia, Lettere al direttore, Giorgio Borletti Editore,
MI, 1971,
Romano Battaglia, Lettere al direttore, Oscar Mondadori, MI, 1974,
Romano Battaglia, Nuove lettere al direttore, Rizzoli, MI, 1972.
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Vivaismo soppiantato
da una riforma
ANNOTAZIONI SUL MIGLIORAMENTO
incompiuta
VIVAISMO E INNOVAZIONE TECNOLOGICA
* di Salvatore Spada
GENETICO DEI VEGETALI
La crescita e l’evoluzione della Comunità Economica Europea divenuta successivamente Unione a nostro avviso, avrebbe dovuto e potuto stimolare e governare al meglio gli elementi di innovazione tecnologica utili per assicurare i necessari livelli di competitività alle produzioni del Continente.
Nello specifico, si poteva ipotizzare che l’Unione, importante aggregato di Stati europei, potesse promuovere l’elaborazione e lo sviluppo di linee avanzate di ricerca e delle conseguenti tecnologie applicative indispensabili per competere con
i paesi più performanti sotto questo aspetto ( USA, Cina, India).
Per quanto riguarda le linee avanzate di miglioramento genetico, da quanto si può desumere dalle informazioni disponibili, la rapidità di movimento e l’efficacia dell’azione dei paesi
locomotiva non vengono seguite dai paesi europei, che sostanzialmente lavorano molto di freno e sembra siano molto
interessati alla rivisitazione del passato, alla riscoperta di specie e varietà abbandonate o in via di estinzione, mentre i biotipi vegetali innovativi, per la produttività, e per la gestione
sostenibile delle coltivazioni, spesso vengono tenuti a lungo
in un limbo di verifiche senza fine.
Oltre agli organismi geneticamente modificati (Ogm) che sono
stati messi all’indice dagli Stati dell’Unione e dalle relative
opinioni pubbliche, in questa fase emergono delle nuove linee tecnologiche, denominate “Dna Editing”, che non prevedono l’utilizzazione di Dna estranei alla specie o alla varietà,
ma che intervengono su parti dei geni (nucleotidi) con opportuni interventi di taglia e cuci, per conseguire, in tempi
brevi e con maggiore precisione delle tecniche tradizionali,
gli obiettivi prefissati di miglioramento delle produzioni, di
maggiore resistenza delle piante ai parassiti, di sviluppo del-
le coltivazioni più idonee a conseguire obiettivi di sostenibilità economica ed ambientale. Questa tecnica, in corso di rapidissima diffusione negli Stati Uniti e non solo, dove è stata
definita “tecnica non transgenica”, viene utilizzata ed è in
fase di sviluppo nei paesi avanzati dell’Occidente e dell’Oriente.
In Europa queste linee innovative al momento non hanno una
base giuridica, pertanto i produttori europei potrebbero, nel
futuro non molto lontano, essere impossibilitati ad utilizzare
le novità vegetali che potrebbero rendere ancora più competitive le produzioni concorrenti. Sembrerebbe ragionevole che
i Paesi Europei, che hanno costruito il benessere dei propri
cittadini utilizzando con grande tempestività le tecniche innovative, non facciano passare gli anni in attesa di dare concreta attuazione a linee di ricerca ed al successivo trasferimento operativo delle attività oggetto di questa riflessione.
Tali tecniche Dna Editing vengono considerate molto positivamente dal mondo scientifico, utilizzabili anche da strutture di non grande dimensione, e potrebbero rendere più competitive le produzioni tipiche locali, assicurando così concrete possibilità di sviluppo sostenibile anche per le tasche dell’agricoltore.
Ci auguriamo che anche queste possibilità non vengano trascurate e che l’Europa agricola oltre che di storia e di archeoagricoltura, e di modelli agricoli consolidati, sappia curare
anche il fondamentale aspetto della competitività, utilizzando le tecnologie innovative più performanti, così come è stato fatto negli ultimi cinquecento anni con risultati molto positivi.
* Past Presidente C.I:P.
Comitato Internazionale Vivaisti Viticoli
ODONTOIATRIA E SALUTE
di Andrea Lampis
medico odontoiatra
[email protected]
I SEGNI DEL TEMPO SUL VISO SI POSSONO
ARRESTARE CON LA RADIOFREQUENZA
In questo articolo sarano descritti i miglioramenti estetici
del viso tramite una tecnologia presente nel mercato da
pochi anni: la radiofrequenza.
Con il passare del tempo la pelle infatti subisce delle alterazioni che la rendono meno elastica e che creano la comparsa di rughe. La perdita dell’elasticità è dovuta all’inattività dei fibroblasti. Essi sono delle cellule presenti nel
derma che hanno la funzione di produrre il collagene e di
rendere la pelle elastica. Dopo i 30 anni si ha una notevole
riduzione nella attività dei fibroblasti e ciò determina la
comparsa delle tanto odiate rughe (ad esempio le zampe
di gallina).
La buona notizia è che è possibile portare nuovamente in
attività i fibroblasti tramite uno stimolo termico. Essi una
volta riattivati producono nuovamente il collagene e stirano la soprastante pelle eliminando così le rughe. Viene inoltre migliorata l’irrorazione sanguigna e il drenaggio dei
liquidi tonificando la pelle.
La radiofrequenza si occupa proprio di questo. Un dispositivo infatti trasferisce delle onde elettromagnetiche che
producono calore in profondità riattivando i fibroblasti.
Esso è dotato in un’estremità di un manipolo che ha un
elettrodo. Viene quindi posto del gel lungo la pelle e si
esegue una sorta di massaggio col manipolo lungo la zona
scelta. Il manipolo inoltre è dotato di un sensore che riesce a captare la temperatura della pelle, portandola al valore preimpostato. In questo modo il paziente sentirà solo
una leggera sensazione di calore. La seduta ha una durata
di circa 30 minuti per il viso e 40 minuti per il viso e decolté. Il trattamento inoltre si può estendere a tutto il resto
del corpo in zone come: addome, interno braccia, interno
cosce e glutei.
La radiofrequenza è indicata per: trattamento della lassità
della pelle e delle smagliature, trattamento delle cicatrici
post-acne, trattamento delle rughe, trattamento anti-cellulite, ringiovanimento viso e rimodellamento del corpo
I risultati son visibili sin dalla prima seduta. Per ottenere i
migliori risultati son necessarie dalle 6 alle 8 sedute (dipende dalla risposta dell’individuo) eseguite nell’intervallo
di una seduta a settimana. Per il mantenimento dei risultati sarà poi richiesto un richiamo di 2 sedute dopo tre mesi
e poi una seduta all’anno.
Ci son delle controindicazioni alla radiofrequenza: problemi cardiachi, neoplasie, portatori di pacemaker, gravidanza, infezioni cutanee in atto.
Da questo si deduce che è fondamentale una anamnesi
medica prima del trattamento.
La radiofrequenza per uso medicale si differenzia da quelle
non medicali per diversi vantaggi:
1.
Potenza, la radiofrequenza per uso medicale ha 300
Watt di potenza mentre quelle non medicali massimo 60
Watt;
2.
Numero di sedute: la radiofrequenza per uso medicale richiede 6-8 sedute mentre quelle non medicali sino
a venti, con maggiori richiami del paziente;
3.
Risultati: vengono ottenuti sin dalla prima seduta
e comunque molto prima nella radiofrequenza per uso medicale.
Nel prossimo articolo parleremo del laser in odontoiatria.
Sulle decisioni importanti, per evitare salti nel buio,
è necessario leggere le esigenze del territorio,
delle imprese e dei cittadini
Le riforme hanno un senso quando producono benefici di
gestione e migliorano la condizione socio economica dei cittadini. Le riforme decise per riempire i calendari dell’azione
di chi pro tempore governa, senza una precisa lettura delle
esigenze dei territori amministrati, sono risultate ingannevoli e controproducenti per l’economia e l’occupazione locale.
Questo è successo sulla questione delle province della Sardegna attraverso una campagna mediatica fatta ben percepire ai cittadini, ignari dei costi veri degli enti intermedi, e sulla riforma degli Enti Agricoli nata per semplificare e migliorare la funzione di questi al servizio dell’agricoltura e dell’economia della Sardegna. Due riforme incomplete e due
flop annunciati. Con la prima si sono indebolite le aree rurali
e creato caos a catena a danno dei territori, delle imprese e
dei cittadini. Con la seconda si è tentato di fare una riforma e
poi la politica si è disinteressata. L’esempio più eclatante
riguarda la cancellazione del vivaismo delle piante arboree
da frutto. Un’ attività che ha funzione essenziale per la valorizzazione delle biodiversità, delle maestranze specializzate
e per la diffusione della frutticoltura da reddito. Con la riforma incompiuta degli Enti Agricoli è stata cancellata una ultradecennale esperienza in campo ortofrutticolo senza che
detta attività sia stata assorbita e traferita alle imprese private. Risultato che le strutture a suo tempo realizzate, son rimaste vuote, con i campi delle piante madri ridotti ai minimi
termini e le maestranze specializzate non hanno potuto trasferire i loro saperi alle nuove generazioni. Il vivaismo della
Sardegna non è stato cancellato dalla furia del vento o da
un’improvvisa calamità naturale. È stato soppresso per non
aver saputo leggere gli interessi dei territori. Animati dal fare
le riforme, a tutti i costi, è stata eliminata l’attività vivaistica
del Consorzio per la Frutticoltura che svolgeva un’azione
fondamentale per l’agricoltura. Ora le piantine da frutto sono
importate dai vivai nazionali. In poche parole, in nome delle
riforme, è stato irresponsabilmente cancellato il vivaismo isolano. A distanza di anni, il giorno 15 di maggio 2015, durante
la Giornata di Studio del Florovivaismo in Sardegna, svoltasi nella sala della Fondazione del Banco di Sardegna, il professor Giuseppe Pulina, ex direttore generale di Agris, parlando con franchezza, ha riconosciuto l’errore che a suo tempo è stato commesso cancellando l’attività vivaistica. Pulina,
che attualmente ricopre un altro importante incarico, ha ricordato la questione della riforma incompiuta degli Enti agricoli per evitare che in futuro si compiano errori della stessa
natura. Le riforme hanno un senso se sono generatrici di
nuove opportunità di sviluppo altrimenti, come è stato già
sperimentato, sono produttrici di caos e povertà. Leggendo
con attenzione le esigenze dello sviluppo economico si evince che, prima di tutto, abbiamo un forte bisogno di un’azione
straordinaria finalizzata alla incentivazione delle attività produttive per fronteggiare la dipendenza dai mercati esterni.
Fulvio Tocco
La sezione di Villacidro ricorda ai donatori che
domenica 2 agosto
dalle 8,30 alle 12,30
effettuerà i prelievi nel Poliambulatorio
in Via G. Rossa, 49
La sezione di Guspini ricorda ai donatori che
sabato 22 agosto
dalle 8,30 alle 12,30
effettuerà i prelievi nella sede locale
in Via Don Minzoni, 107
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1 agosto 2015
L’ISOLA IN CUCINA
di Roberto Loddi
MUGHEDDU A CASSOLA
CUN OLIAS E AXINA SICCA
Piatto tipico della cucina povera dei borghi marinari dell’Isola ma anche dell’entroterra, cucinato con ingredienti semplici e gustosi. Il muggine è un pesce molto
consumato in Sardegna, considerato il fatto che sul mercato si trova fresco tutti i
giorni ed a un prezzo molto accessibile.
Dalle uova dei muggini si ottiene la bottarga, specialità di Cabras in provincia di
Oristano famosa in tutto il mondo.
di Gigi Arixi
GANODERMA LUCIDUM:
ELISIR DI LUNGA VITA
Ingredienti
Preparazione
Per la frittura: 4 muggini di
circa g 600 cadauno, g 150 di
farina di semola, olio di arachidi per friggere q. b.
per l’intingolo: 1 bella cipolla
rossa della Marmilla, g 300 di
pomodorini datterini maturi di
Terralba, 4 pomodori secchi ben
dissalati, mezzo bicchiere di
vino bianco tipo vernaccia, un
ciuffo di timo sardo (armidda),
g 50 di uva passa, g 100 di olive di Gonnos, g 40 di pinoli
tostati, olio extravergine d’oliva, sale e pepe di mulinello q.b.
La sera prima metti in ammollo l’uva secca dentro a una scodella con dell’acqua tiepida.
Il giorno seguente, elimina lo squame dei pesci, poi asciugali, sfilettali accuratamente e
accomoda il ricavato dentro a una terrina, quindi infarinali e pochi alla volta friggili in
abbondante olio caldo. Appena dorati, scolali su dei fogli di carta assorbente da cucina a
perdere l’unto in esubero e tienili da parte. Ciò fatto, affetta al velo la cipolla e falla
rosolare dolcemente in un generoso giro d’olio, unisci al soffritto le olive snocciolate e
tritate grossolanamente, i pomodori secchi tagliati a listarelle sottili, l’uva passa sgocciolata, i pinoli e una spruzzata di vino. Evaporato, aggiungi i pomodorini pelati e ridotti a
poltiglia e prosegui la cottura per un quarto d’ora circa.
Passato il tempo, accomodaci i filetti di pesce tenuti da parte, aggiusta il sapore di sale,
impreziosiscilo con una macinata di pepe, profumalo con il timo tritato e lasciali insaporire per pochi minuti nel sughetto.
Servi la pietanza in ciotole individuali dentro le quali avrai posto del pane carasau spezzettato. Vino consigliato bianco: Vernaccia di Oristano superiore, dal sapore fine, sottile,
caldo con leggero retrogusto di mandorle amare e asciutto.
LE LEGGENDE DELLO SPORT
di Evaristo Puxeddu
I FRATELLI INVINCIBILI
Due campioni straordinari, in groppa a un cavallo fin da bambini.
Ufficiali dei carabinieri. Due medaglie olimpiche. I primi a partecipare a otto edizioni
consecutive dei Giochi Olimpici. Si chiamavano Piero e Raimondo D’Inzeo
NOTE BIOGRAFICHE
Appena due anni di differenza, in età. Morirono a distanza di
pochi mesi l’uno dall’altro; in vita, sempre in perfetta simbiosi e vicini anche sul podio. Sempre. Anche a stringersi la
mano, trascendendo dalle logiche della tifoseria. Entrambi
cavalieri e veri soldati, molto “british style”, raccontavano i
cronisti. E la Regina Elisabetta che ne ricorda pochi, fra questi gli unici che è solita ricordare con ammirazione sono proprio loro: gli italiani fratelli D’Inzeo. Invincibili sempre.
Piero, dalla tecnica impeccabile, accettava i consigli, senza
abbassare mai lo sguardo, al contrario del fratello, troppo impetuoso e irrequieto. Era il parere di Costante, il genitore. Un
uomo questo dai principi sani, dalla ferrea volontà, un abruzzese che amava i cavalli, un provetto cavaliere, che aveva
combattuto nella prima guerra mondiale col grado di maresciallo.
LA SCUOLA DI EQUITAZIONE
Terminata la guerra, Costante aprì la “Società Ippica Romana”, una scuola di equitazione in una ex fabbrica di mattoni,
alla Farnesina. Dopo aver studiato a fondo le tecniche di tutti
i principali campioni, arrivò a sviluppare una tecnica tutta
sua, che consisteva nel “portare il cavallo di fronte all’ostacolo, per poi lasciarlo libero di saltare”. I suoi cavalli divennero richiestissimi e ammirati in tutto il mondo. Fra tutti, il
più celebre si chiamava Nasello, un cavallo da leggenda. Ma
era importante anche formare il cavaliere. E, quindi, formò i
figli Raimondo e Piero.
RAIMONDO
A sette anni fu in sella fino alla fine dei suoi giorni. Oro olimpico, due volte campione del mondo, fu nominato “il miglior
cavaliere della storia da un referendum mondiale tra i giornalisti d’equitazione. Raimondo era la grinta, mentre Piero la
tecnica. Tra fratelli, all’inizio, spesso litigavano, si contendevano i cavalli . Furono mandati in accademia. Così, mentre Piero andò a Modena, Raimondo entrò a far parte dell’Arma dei Carabinieri: da allora gareggiò sempre in divisa. La
sua specialità: salto ostacoli. Risultati: due Argento a Mel-
MICOLOGIA E DINTORNI
bourne, a squadre e individuale. Quattro Bronzi: Roma, Tokyo, Monaco. E tre Oro: a Roma, a Aquisgrana e a Venezia.
1960: GIOCHI DI ROMA
Quattordici ostacoli e sette salti. Erano le specialità che
si snodavano nel percorso di Piazza di Siena. E che gli
esperti giudicavano tra i più difficili del mondo. A Raimondo toccò il compito di dare inizio alla gara, in sella a
“Posillipo”, un sauro di dieci anni, percorso netto il suo,
senza penalità. Non deluse le aspettative. E Piero, colonnello di cavalleria, che partecipò col fratello a otto edizioni consecutive dei Giochi Olimpici, col cavallo The
Roch, benché ci fosse stato un inciampo, ebbe un ricupero prodigioso, riuscendo a mettere a frutto la tecnica che
il padre gli aveva insegnato e che gli valse l’epiteto di
“cavaliere perfetto”. Poi, entrambi i fratelli sedettero
l’uno a fianco all’altro. E quindi l’annuncio, il verdetto
finale. Primo, Raimondo, gloria nazionale, secondo Piero, rispettivamente oro e argento olimpico. Avevano vinto loro, contrariamente ai favoriti tedeschi, gli italiani fratelli D’ Inzeo. Avrebbero poi collezionato molti altri titoli, vinto tante altre medaglie, nel corso delle loro carriere, ma mai nessuna riuscirà ad eguagliare la gioia immensa provata a Roma.
È abbastanza raro, ma non insolito, trovare nei boschi
di leccio e castagno in tutti i periodi dell’anno esemplari di Ganoderma lucidum. Fungo lignicolo, parassita,
appartenente alla famiglia delle Aphillophorales: diametro cappello fino a 15 cm, di forma circolare, reniforme o a ventaglio, superficie lucida o laccata, colore
bruno rossastro, gambo verticale o obliquo.
Conosciuto forse dai più, con il nome giapponese Reishi,
o in cinese Ling zhi “ potenza spirituale”, questi popoli
ne fanno largo uso da secoli. Scoperto dai cinesi 4.000
anni fa circa, il consumo, in quel tempo, era riservato
esclusivamente ai regnanti, più tardi anche il popolo poté
goderne. Oggi viene coltivato in larga scala per le sue
proprietà officinali, lo troviamo negli scaffali delle erboristerie, le etichette sulle confezioni ne riportano le
modalità e criteri d’uso. Integratore alimentare privo di
controindicazioni, antitumorale, immunostimolante, ipocolesterolemizzante, ipotensivo, antiossidante, alimento che ha una funzione benefica sulla salute umana, adatto a svariate patologie.
Del Ganoderma lucidum è consigliato un consumo quotidiano, la lunga assunzione orale non ha prodotto sino
a oggi, in nessun soggetto che ne abbia fatto uso, effetti collaterali. Un consulto medico comunque non guasterebbe, difficile però da reperire, vista la materia. Peccato che nei nostri areali la sua crescita spontanea sia di
pochi individui, si potrebbe portare a casa e prepararlo
autonomamente: dopo averlo essiccato, macerato e triturato sino ad ottenere una polvere finissima, è un ottimo preparato per decotti, tisane, the e caffè. Comunque
si potrebbe ottenere interessanti risultati mettendo su
delle fungaie per trarne dei profitti, di questi tempi non
sarebbe male … L’azione biologica del Ganoderma lucidum, non è specifica o mirata per eventuali patologie
che il nostro organismo potrebbe manifestare, esso si
distingue però per i suoi molteplici benefici ad ampio
raggio.
Le case farmaceutiche con i loro prodotti di sintesi non
vedono di buon occhio questa pianta nutraceutica che
madre natura ci ha donato. Un vero e proprio coadiuvante per la nostra salute: l’azione naturale delle sostanze del Ganoderma lucidum, sono in grado di aumentare la resistenza e la capacità di adattamento del nostro
organismo, agli eventi sfavorevoli di qualsiasi origine.
Vi consiglio di provare i principi attivi di questo carpoforo chiamato, tra l’altro, “ fungo dell’immortalità”.
La sezione di Serramanna ricorda ai donatori che
venerdì 28 agosto
dalle 8,30 alle 12,30
effettuerà i prelievi nel Poliambulatorio
in Corso Europa
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1 agosto 2015
BIANCO E NERO
di Fulvio Tocco
PUNTARE SULL’ENTE LOCALE
COME AGENTE DELLO SVILUPPO
Non riesco a rassegnarmi all’idea che in Sardegna non si possa
accrescere la ricchezza, da subito, guardando con occhi diversi le potenzialità del settore primario e i suoi comparti. Il
recente rinnovo delle amministrazioni comunali potrebbe
essere di aiuto per l’individuazione di nuove strade per uscire dalla crisi. Da noi ogni comparto ha una sua importanza;
basta saperlo leggere e intassellare strategicamente con regole semplici, condivise e di facile attuazione. I successi del
vino e del formaggio, sul mercato mondiale, lo dimostrano.
Quanto più ci penso e quanto più esamino i dati delle produzioni agricole e zootecniche isolane rafforzo la convinzione
che in Sardegna sono mancate le parole della politica per individuare la via della ripartenza attraverso l’incentivazione
delle attività produttive necessarie al mercato locale o a quello
dell’esportazione. Abbiamo subito culturalmente la globalizzazione. È mancato e continua a mancare il rapporto di collaborazione diretta tra le imprese e il sistema pubblico. Il problema numero uno della economia isolana è che non si produce abbastanza per creare ricchezza e lavoro pur avendo le
condizioni pedologiche e climatiche per poterlo fare. Le potenzialità dell’irrigazione non vengono sfruttate. Manca lo
stimolo. Manca l’esempio. Manca la volontà della politica e
delle alte burocrazie per trovare le soluzioni alla crisi perpetua. Il gigantesco sistema Regione non restituisce idee e funzioni per quel che costa, e l’economia sta andando sempre
più giù, allontanando le nuove generazioni dal lavoro e dalla
Sardegna. Oggi è più legale tenere le risorse umane inchiodate negli uffici degli Enti che mandarle in giro a rapportarsi
con le imprese e col mercato. I bisogni vanno aggiornati quotidianamente: occorrono patate? Sostenere le imprese con un
accordo e un disciplinare di produzione, e se occorre un cer-
tificato, la Ras lo produca attraverso le sue agenzie. Occorre
aglio o altro? Idem. Per attenuare lo sbilancio commerciale è
necessario incentivare le attività produttive in accordo diretto con gli enti locali. Nel processo della ripartenza è necessario un ampio consenso che coinvolga l’universo mondo dei
sardi. La stessa informazione dovrebbe dare una mano per
accrescere lo spirito di appartenenza. Questi giorni mi è capitato di leggere una riflessione del prof. Gianfranco Bottazzi su partecipazione, enti locali e sviluppo. Il testo è assai
datato. Risale all’anno 2000, ma conserva intatta la sua freschezza. Bottazzi indica l’ente locale come agente di sviluppo e lo spiega con queste parole: L’ente locale deve mutarsi
in “agente di sviluppo”, in animazione, partner delle imprese, della cooperazione, delle associazioni, che ci sono e operano nel territorio e di tutti quei soggetti pubblici e privati da
coinvolgere nell’azione di sviluppo -di fronte al sistema regione che non è in grado di attuare una precisa politica dei
tempi, la funzione dell’Ente locale diventa fondamentale per
innervare i progetti semplici e garantire la concessione degli
incentivi nel rispetto del ciclo biologico della pianta. Però
come dice Bottazzi “l’ente locale deve abbandonare la tradizionale mentalità “amministrativa”, che consiste nell’applicare più o meno bene procedure formali stabilite e decise
altrove, per assumere un compito di stimolo e mobilitazione
delle strutture socio economiche locali. Tutto questo consentirebbe in un rapporto di collaborazione reciproca tra Regione, Comuni, Organizzazione dei produttori, industriali e commercianti di rendere coltivata la compagna utilizzando il territorio come la principale risorsa per fornire i mercati del cibo
quotidiano per le persone e per gli animali da reddito. Cibo
che oggi viene sistematicamente importato.
Caccia sì, caccia no alla volpe: ragioniamo!
La volpe sarda, ovvero “Vulpes vulpes ichnusae”, appartiene all’ordine dei carnivori, famiglia “canidae”. È classificata
come sottospecie della volpe rossa europea della quale rispetta i caratteri morfologici, anche se di taglia più piccola.
La sua presenza in Sardegna, secondo alcuni studiosi, risalirebbe al Pleistocene, epoca geologica che rappresenta la prima parte dell’era Quaternaria caratterizzata dalla presenza
dell’uomo e della maggior parte degli esseri viventi. La presunta provenienza dalla Corsica troverebbe giustificazione
nel fatto che, all’epoca, Sardegna e Corsica costituivano un
unico continente. Secondo altri studiosi, invece, la presenza
del suddetto predatore sul territorio sardo risalirebbe al Neolitico, periodo più recente dell’età della pietra, caratterizzato
dalla così detta “rivoluzione neolitica”, che vide l’uomo trasformarsi da semplice cacciatore e raccoglitore a produttore
del proprio cibo con l’attività agricola e pastorale.
La volpe è un animale che predilige gli ambienti crepuscolari, ma non di rado scorrazza anche durante tutta la giornata;
vive in tane ad accessi multipli o in anfratti, raramente sotto
i cespugli.
È un animale abbastanza prolifico con 3/8 cuccioli per parto;
gli accoppiamenti avvengono durante il periodo gennaiomarzo e la gestazione dura dai 50 ai 60 giorni. Le prime cure
ed il successivo addestramento alla caccia della cucciolata
sono in genere di competenza della madre, solo raramente
coadiuvata dal maschio. La caratteristica saliente è costituita
dal fatto che le volpi hanno un comportamento territoriale;
ciò le porta a marcare il proprio territorio con l’urina e con le
feci, queste ultime disposte in evidenza su zolle, pietre, rocce
o altri siti bene in vista; inoltre, strofinandosi sulla vegetazione, imprime il proprio sgradevolissimo odore attraverso il
secreto delle ghiandole presenti alla base della coda e nella
regione anale, oltre che sui polpastrelli delle zampe. Udito e
olfatto abbastanza sviluppati, uniti ad una vista acutissima e
alla proverbiale furbizia, hanno consentito di preservare la
specie nonostante la caccia cui è stata sottoposta nei secoli.
È un animale prevalentemente carnivoro perché si nutre in
prevalenza di roditori, uova, conigli, lepri, insetti, uccelli,
animali da cortile, agnelli ecc.; eccezionalmente non disdegna i vegetali, come ad esempio l’uva. È impropriamente classificato anche come “animale spazzino”, per la sua saltuaria
propensione a nutrirsi di carcasse animali e di rifiuti urbani.
Tale propensione, però, coincide con i periodi di scarsa disponibilità alimentare perché, in genere, la sua avidità è tale
da portarla a compiere vere e proprie stragi che vanno ben
oltre le proprie esigenze alimentari, specie nei confronti degli animali di bassa corte e degli allevamenti ovini.
Per questi motivi in molte parti del mondo n’è consentita la
cattura. L’attuale normativa regionale, peraltro, ne consente
la cattura anche mediante il sistema delle battute organizzate. Ciò ha dato origine alla perenne contrapposizione tra animalisti e cacciatori: i primi, sostenitori della tesi secondo cui
la caccia alla volpe è fatta esclusivamente per abbattere gli
animali e non per soddisfare le esigenze alimentari, come agli
albori della storia; la ritengono una pratica crudele, eticamente intollerabile, poiché chi rispetta la vita ha il dovere di
rispettarla sempre, indistintamente.I secondi, per contro, sostengono che la caccia alla volpe, peraltro prevista dalle norme venatorie in vigore, è una pratica indispensabile per il
mantenimento dell’equilibrio faunistico e per la salvaguardia delle greggi. In proposito sarebbero ingenti i danni causati alle nidiate delle pernici, prima e dopo la schiusa, alle
lepri e agli altri volatili stanziali, così come notevoli sarebbero quelli sopportati dagli allevamenti ovini o da quelli avicoli ubicati nell’agro o in aree periferiche dei centri abitati. Fino
a pochi decenni fa erano previsti addirittura premi in denaro
per ogni capo abbattuto da parte dei comitati della caccia.
Il saltuario intervento dei cacciatori, pertanto, si limiterebbe
a soddisfare le necessità degli allevatori per impedire le continue razzie di bestiame da parte delle volpi, sempre più numerose. “Prima si limitavano a scannare i capi catturati succhiandone il sangue e abbandonane le carcasse, oggi resta
solo il vello”, sosteneva recentemente un allevatore! Tra i
due contendenti, animalisti da una parte e cacciatori dall’altra, s’inseriscono nel disinteresse generale gli allevatori, gli
agricoltori ed i comuni cittadini, coloro i quali subiscono di
fatto i maggiori danni senza ricevere indennizzo alcuno. È
proprio il caso di affermare che ..”tra due litiganti il terzo …
non gode…”
Da loro una proposta che ha il solo scopo di riavvicinare le
parti. Si vieti pure la caccia alla volpe, ma alle seguenti condizioni: che utilizzando anche le somme annualmente versate dagli stessi cacciatori, si attui una seria quanto massiccia
campagna di ripopolamento da parte della Regione, allo scopo di assicurare nel tempo il giusto equilibrio faunistico nel
territorio isolano; che siano previsti indennizzi pubblici da
erogare con immediatezza in favore degli allevamenti, delle
aziende agricole o dei singoli cittadini.
Che sia la volta buona?
Francesco Diana
27
La Sardegna non sta in Italia
«Mi trovo a Milano. Precisamente all’Expo. Voglio visitare
la Sardegna. Cerco un’offerta di viaggio da Expo all’Isola.
Ci crederete? Non trovo niente».
Luciano Colecchia, innamorato della Sardegna, tanto da trascorrere da sempre le vacanze estive a Torre dei Corsari,
s’indigna più di un sardo quando nota che la Regione abbandona se stessa. Mentre lui vorrebbe vedere davanti a sé
le bellezze di una terra che ama. Mille immagini per calamitare l’attenzione. Invece trova il deserto. «Ogni anno ricorda - sono subissato dalle solite lamentele: i traghetti
sono cari, non c’è nessuno, siamo abbandonati, ecc. ecc.
Ora a Milano c’è l’Expo. Vengono da tutto il mondo. Il resto della città si può visitare in un giorno. Cosa può fare un
turista che viene da lontano e ha speso una cifra per il viaggio? Ammortizzarla vedendo l’Italia. Ma non può certo pensare di raggiungere l’Isola, per il semplice fatto che nessuno si è mai preoccupato di presentargliela. Una delusione.
Scoprire che il mondo intero ama follemente l’Italia, ma
non sa che esiste la Sardegna. La sua cultura, la sua arte, il
suo cibo e i suoi paesaggi. La sua storia, le sue coste, le sue
montagne, i suoi nuraghi. Dopo Expo, una certezza: un’occasione persa per far conoscere a migliaia di visitatori questo ben di Dio. Quelle poche persone che hanno sentito parlare di questa terra selvaggia, dove la mano dell’uomo non
è ancora arrivata a distruggere pezzi di paradiso terrestre,
queste poche persone non hanno un minimo di straccetto
promozionale per poter finalmente toccare il suolo sardo.
Magari si trovano davanti le note città d’arte, la Sicilia, Capri
e Isola d’Elba. Ma la Sardegna resta una meta nascosta.
Un’occasione perduta. Eppure basterebbe poco. Magari due
immagini. Solo due. Un percorso geografico. Un volo o una
traversata in nave. Sufficiente per scoprire “che non si può
non vedere” un’isola bella e fiera, pronta ad essere ammirata ma timida per mostrarsi agli occhi del mondo. Se potesse
parlare, lo so, chiederebbe aiuto alla Regione. Purtroppo
non ha voce. Lo facciamo noi per lei: “Aiutatemi a farmi
conoscere ed amare».
Santina Ravì
Arbus. S’Enna ’e S’Arca
Pescata una ricciola di 70 kg
da un emigrato di Pabillonis
Primo giorno di ferie decisamente fortunato per Diego Sabba: entra in acqua per una battuta di pesca e cattura una ricciola di 70 kg, lunga un metro e mezzo. L’eccezionale trofeo
è stato preso nella costa di Arbus in località S’Enna ’e S’Arca al largo di Capo Frasca. «Mi sono immerso con mio figlio
Andrea di 14 anni, ad un centinaio di metri dalla scogliera di
Capo Frasca e stavamo tornando a riva quando ad una profondità di 8 metri abbiamo avvistato due enormi ricciole: ho
puntato il fucile e l’arpione si è conficcato in un punto vitale
del grosso pesce per cui non ho faticato molto per avere la
meglio e trascinarlo a riva», racconta Diego Sabba, residente
a Torino, figlio di emigrati di Pabillonis, progettista presso
Italdesign Giugiaro, ma che ogni anno torna in Sardegna per
passare le ferie e praticare la sua passione preferita: la pesca
subacquea nel mare delle coste di Arbus.
Dario Frau
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28
1 agosto 2015
Sport
PABILLONIS. TRIATHLON IRONMAN FRANCIA
S
ta tutto racchiuso nell’annuncio a
fine gara dello speaker della competizione: “Federico you are an Ironman”. Federico Lisci, atleta di Pabillonis, si è aggiudicato per la 14esima volta
il prestigioso riconoscimento di “Ironman”, per aver portato a termine la specialità del triathlon disputata lo scorso
28 giugno a Nizza in Francia. Sono
numeri da record quelli ottenuti da Federico, 10 ore e 16 minuti per 3,8 km di
nuoto, 180 km di bici e 42km di corsa.
Hanno partecipato alla competizione oltre 2800 atleti provenienti da 50 Paesi.
“Il percorso bike” racconta Federico, “è
stato davvero molto duro, con oltre
2100 metri di dislivello altimetrico, ma
le difficoltà maggiori sono state per la
maratona, una striscia d’asfalto tutta
dritta, sotto il sole cocente con 35° e
un’umidità pazzesca”.
Grinta, determinazione, sacrificio e tante rinunce sono alla base dei trionfi dell’Ironman di Pabillonis, sei mesi di dura
preparazione, seguito dall’allenatore
Cristiano Caporali, con picchi di carico nella fase cruciale di 19 ore di allenamento settimanali, tabella alimentare studiata per l’occasione dalla moglie Alessandra Cherchi, biologa nutrizionista. “Il caldo infernale”, racconta ancora Federico, “ ha messo a dura prova le mie energie, soprattutto quelle mentali,
continuavo a ripetermi che il caldo non esisteva e pensavo
solo al traguardo”.
Federico Lisci, ottima prova anche a Nizza
Traguardo che è arrivato in maniera trionfale, 118° assoluto,
ai primi posti a livello nazionale, e soprattutto rafforza il suo
record, il primato di Ironman sardo con 14 partecipazioni
tutte portate a termine. “Ora mi aspetta un finale di stagione
tosto” conclude Federico Lisci, “ parteciperò ai Campionati
Mondiali di Triathlon Off Road (mtb) dove vestirò il body
SAN GAVINO MONREALE
della Nazionale, poi la gara internazionale Challenge Forte
Village”. Non c’è da stupirsi, se l’iscrizione alla prossima
gara di Ironman, che si disputerà l’anno prossimo a Klagenfurt in Austria, è già cosa fatta. Cose da campioni, cose da
Ironman.
Stefano Cruccas
PABILLONIS. CORSA
CICLISTICA SU STRADA
I piccoli campioni dell’Italpiombo
Memorial Michele Tuveri:
ai provini con il Cagliari
in evidenza i ciclisti arburesi e gonnesi
Il sogno di vestire la maglia
del Cagliari? È comune anche a tanti bambini e giovani sangavinesi ma anche al
territorio che aspettano
un’occasione per mettersi in
evidenza. È questa la finalità del raduno di calcio che
si è svolto al campo Santa
Lucia su iniziativa dell’associazione sportiva Italpiombo: «Prossimamente - spiega il vicepresidente Renato
Copparoni, portiere storico
del Torino - ci affilieremo
con il Footbal Academy Cagliari del Cagliari Calcio. In
questo modo i bambini delle categorie Piccoli amici,
Primi calci, Pulcini, i ragazzi esordienti, giovanissimi e
allievi hanno avuto la possibilità di essere selezionati
da alcuni tecnici del settore
giovanile del Cagliari Calcio».
Intanto i risultati non mancano e i giovanissimi (nelle
foto di Renato Sechi) si sono
classificati al secondo posto
nel campionato regionale
della Figc. «Ancora una volta - conclude Renato Copparoni, il primo portiere che
riuscì a parare un rigore a
Maradona - il nostro settore
giovanile continua a dare lustro al calcio sangavinese. I
risultati delle squadre giova-
Giovanissimi Italpiombo
nili per la società, i tecnici, i
ragazzi e i loro genitori, è
motivo di grande soddisfazione. I giovani hanno avuto la possibilità di mettersi
in evidenza ed essere, in un
prossimo futuro, seleziona-
ti dal Cagliari Calcio».
Per ora rimane un sogno, ma
la passione per il calcio è
grande soprattutto a San Gavino che conta una grande
tradizione nel settore.
Gian Luigi Pittau
È stata dedicata ad un cittadino prematuramente scomparso alcuni mesi fa, la gara
ciclistica su strada “1° Memorial Michele Tuveri” che
si è svolta domenica 19 luglio a Pabillonis e inserita nel
calendario del Csain ciclismo
Regione Sardegna. La competizone è stata organizzata
dall’A.S.D Portoscuso con la
collaborazione del Gruppo
Eugenio Figus e della Pro
Loco.
Sette le categorie che hanno
partecipato alla gara che si
svolta in un circuito di 20
km: Pabillonis, Murtu e Canna, s.p.126, Bivio sa Zeppara, Pabillonis, da ripetersi 4
volte. La giuria era composta da Roberto Rosellini e
Rosalba Zucca; direttore di
gara Antonello Pintus.
Dopo il raduno, alle 8, presso il bar di via Padre Kolbe,
gli atleti sono partiti puntualmente alle 9 da via Gramsci
dove era previsto anche l’arrivo. La giornata afosa e la
temperatura torrida hanno
messo a dura prova le forze
dei partecipanti. Da segnalare una caduta al terzo giro di
alcuni corridori, che per fortuna non hanno avuto gravi
conseguenze.
Classifica posizione assoluta: 1° Omar Vargiu della Techno bike; 2° Emanuele
Murtas (Speed bike Uta);
3°Federico Spada (Ursinja
A.S.D). Nella cat. Cadetti:
1°Murtas Emanuele, 2° Spada Federico, 3° Pisanu Andrea (Ursinja ASD). Cat. Junior: 1° Bottero Maurizio
(Techno bike), 2° Littera
Dante (Pedale Ussanese), 3°
Simula Salvatore (Ursinja
A.S.D). Cat. Senior: 1° Vargiu Omar, 2° Tavera Giovanni (Ursinja A.S.D), 3° Sanna
Giuliano (Mas bike). Cat.
Veterano: 1° Canfora Alfon-
so (Mas bike); 2° Erdas Massimo (UC Arbus), 3° Pau Efisio Doriano (Sa vida noa).
Cat. Gentleman: 1° Pintus
Paolo (Ichnusa Limone); 2°
Colombo Enrico (Team HG);
3° Sibiriu Pasquale (Linas
Bike Gonnos). Cat. Super
Gentleman A: 1° Cappai
Luigi (Runner Cagliari);
2°Mallica Franco (Gialeto);
3° Battani Massimo (Capernanica). Cat. Super Gentleman B: 1° Nonnis Carlo (GS
Portoscuso); 2°Ghisolfi
Achille (Ciclisti Turritani);
3° Frau Mario (Team Nencini sport).
A fine gara, nei locali del Bar
Universo, il Gruppo Eugenio
Figus ha offerto un rinfresco
ed il pranzo a tutti i partecipanti.
Dario Frau
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prezzo 55.000 euro trattabili. tel. 340 1554571. (10/15)
San Gavino Vendesi appartamento zona centrale piano
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camere letto e un bagno. Prezzo: 95.000 euro trattabili. Si
valutano anche permute. Rivolgersi al n. 3494524974,
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Sanluri Vendo villetta su
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Arbus Vendo terreno località Is trigas prezzo trattabile
se interessati chiamare il numero 329 8393411.(19/14)
Villasimius Vendo villetta
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Vendesi terreno in località
Gutturu e Flumini (Terra
Arrubia), ha 1,30, prezzo
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agricolo vicino abitato loc.
Filixi, mq. 1.000 circa. Tel.
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misure e sviluppo volumetrico. Per informazioni rivolgersi al numero 328 0275091
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località Filisci. 2.500 mq con
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Dossetti fianco Arst. Prezzo
interessante. Tel. 349
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Villacidro a 600 metri dal
campo sportivo, servito da
irrigazione del Consorzio di
bonifica, 3.000 euro trattabili. Per informazioni 347
2420940.(20/14)
In questa rubrica ospitiamo foto e messaggi di auguri per compleanni, anniversari di matrimonio, riunioni
conviviali, nozze, nascite, battesimi, cresime, prime comunioni, lauree e ricorrenze varie da festeggiare.
Le foto a colori, accompagnate da un testo, possono essere inviate all’indirizzo e-mail
[email protected] o consegnate direttamente all’ufficio di redazione.
VILLANOVAFORRU 12 LUGLIO 2015
VILLACIDRO 24 LUGLIO 2015
Tanti auguri
a
in Scienze Naturali
Gianluca
Farris
per i suoi 45 anni.
A CENTU CUN SALLUDI
GUSPINI
Stefefania
ania Mur
Muraa
ha compiuto 28 anni.
SANLURI. 28 GIUGNO 2015
Auguri dai genitori Dino e Barbara, dai fratelli
Fabio e Maurizio e da tutti i suoi amici.
Buon compleanno.
Michela Dessì
Tantissimi auguri e congratulazioni
da tutta la sua famiglia.
VILLACIDRO 11 LUGLIO 2015
VILLACIDRO. NOZZE D’ORO
Ne hanno festeggiato 70. Tutti insieme lo scorso 28 giugno i
nati del 1945 di Sanluri si sono ritrovati per trascorrere una
giornata all’insegna dell’allegria e dei bei ricordi. In realtà i
settantenni sanluresi si incontrano praticamente tutti gli anni
per una pizza o una cena e formano un gruppo di coetanei
piuttosto affiatato.
Per i settant’anni hanno organizzato però le cose in grande.
Dopo la messa e la foto di rito si sono ritrovati attorno alla
tavola imbandita di un noto ristorante cittadino. Durante il
pranzo una coetanea, Maddalena Frau, ha letto una poesia in
limba da lei composta. La festa si è protratta fino a tardi tra
canti e balli a casa di un coetaneo. «Ci piace incontrarci e
ritrovarci, siamo una compagnia affiatata», dicono in coro.
Il comitato organizzatore dei nati del 45 è composto da Vincenza Carcangiu, Pinuccio Pilloni, Maria Podda, Raffaele
Gerugi, Maria Fenu, Luigi Urpi, Pina Schirru e Lella Serra.
Arianna Concu
A Don Angelo Pittau
i migliori auguri per il
A Sal
or
osina Pitt
au
Salvvat
ator
oree e R
Rosina
Pittau
i migliori auguri per i
50esimo anniversario
della sua ordinazione sacerdotale.
50 a n n i d i m a t r i m on i o
dai fratelli, dai nipoti, dai parenti
e dai tantissimi amici.
dalle figlie, dai fratelli, dai nipoti,
dai parenti e dai tanti amici.
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agricolo mq. 8.000 prezzo
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pronto soccorso, 2° piano, il martedì , giovedì e
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Ciao Pauleddu,
scusa se ti disturbo mentre riposi dopo una faticosissima giornata soprattutto nella parte finale. Era
un po’ di tempo che volevo scriverti ma per tutta una
serie di motivi, non mi è stato possibile. Vedi l’essere
umano è un’animale molto strano. Anni di silenzio poi
un giorno di un’estate caldissima in una grande città mi
arriva la triste notizia. Come cantavano i Nomadi nella
canzone ad un’amica, anch’io “voglio pensare che ancora vivi e che come allora sorridi”. In quel momento
ho riavvolto il nastro e ho rivisto i momenti felici della
tua vita e della tua magnifica carriera di calciatore.
Chi potrà mai dimenticare le tue rovesciate, i tuoi
tantissimi gol nella Fortitudo e poi nel Guspini nel campo
“su legau” e poi nel nuovo stadio con il prato erboso.
La serie D,un traguardo al quale hai dato un contributo
determinante. Eri una macchina da guerra. Ricordi straordinari e bellissimi che hanno fatto gioire tanta gente.
Caro Pauleddu, questo eri tu e così sono certo ti ricorda tanta gente.
A Marinella, Romina e Cristian che hai lasciato
in un dolore immenso vorrei che arrivasse questo pensiero e questi ricordi bellissimi indelebili per dare loro
un piccolo conforto in questi momenti di tristezza e sofferenza. Spero di non averti dato troppo disturbo ma
prima di lasciarti vorrei salutarti parafrasando Nando
Martellini in occasione della conquista del campionato
mondiale del 1982: GRAZIE PAULEDUU, GRAZIE
PAULEDDU, GRAZIE PAULEDDU.
Maurizio Onidi
PDF Compressor Pro
32
1 agosto 2015
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23-32 - La Gazzetta del Medio Campidano