La trasformazione
Social-Digital
dell’impresa
Ferdinando Castellano - Alessandro Antonini
INDICE
1
2
3
4
5
6
7
La trasformazione digitale in azienda
1.1 L’azienda 2.0
1.2 Le implicazioni della digital transformation
1.3 La trasformazione del business
1.4 I canali digitali aziendali
1
4
6
11
Knowledge Working
2.1 Knowledge Economy
2.2 Knowledge Work
2.3 Knowledge Workers
15
16
18
L’azienda social-digital
3.1 Lo spazio aumentato
3.2 Essere un’azienda ‘social’
3.3 Implementare i social in azienda
21
22
23
Collaborare nell’era digitale
4.1 Collaborare
4.2 La digital collaboration
4.3 Le digital collaboration skills
4.4 Digital collaboration: da dove iniziare?
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28
31
33
Tools per la collaborazione digitale
5.1 Elementi chiave
5.2 Caratteristiche
5.3 Tipologie
35
36
37
Social-digital experience in azienda
6.1 La Worker Experience
6.2 Progettare la Social-Digital Experience
42
44
Verso nuove modalità di lavoro
7.1 Quale futuro?
7.2 Il lavoro agile
7.3 Soluzioni adottate
46
48
50
1. La trasformazione digitale in azienda
1.1 L’azienda 2.0
Oggi sta avvenendo la transizione da una prospettiva industriale, di mercato lineare, dove
l’azienda possiede i mezzi di produzione e i lavoratori accedono a essi e producono al solo
scopo di porre prodotti e servizi sul mercato; ad una prospettiva post-industriale di mercatosocietà reticolare, in cui i mezzi di produzione sono dispersi nella società e accessibili a tutti
e dove le aziende hanno il principale obiettivo di connettere domanda e offerta e facilitare
i soggetti che producono.
Questo passaggio ha indotto un mutamento nelle logiche organizzative, impattando sulla
natura stessa delle aziende e i rispettivi modelli organizzativi. Dalla concezione lineare di un
mercato per cui per soddisfare la domanda, “basta” produrre una specifica offerta; ad
una visione di network, sistemica, in cui molti attori contribuiscono alla soddisfazione della
domanda e non si può più distinguere nettamente il cliente dal produttore.

Si è passati da un’organizzazione “per tipo di lavoro” ad una “per progetto”; ciò ha
contribuito alla nascita di nuove professionalità.

Dall’investire in processi in-house si passa all’investimento in processi ‘distribuiti
geograficamente’, che si avvalgono di partner esterni.

Oggi si fanno accordi che non badano a distanze, con l’unico criterio di accedere
alla migliore expertise disponibile.

Si adottano assetti aziendali che consentano un rapido adattamento alle variabili
condizioni di mercato.
Solo il bisogno umano di informazione e conoscenza non è cambiato, quel movimento di
espansione della propria infosfera. Per adattarsi ad un mercato internazionale sempre più
complesso e mutevole, per venire incontro alle esigenze sempre più “globalizzate”
dell’uomo moderno e agli sviluppi tecnologici avvenuti, le organizzazioni hanno reso
permeabili le loro strutture produttive ed espanso la propria area e le modalità di
comunicazione.
Si può inputare in particolare all’avvento dell’internet 2.0 (o web 2.0) il contributo maggiore
a questo cambiamento di paradigma. Il passaggio dalla rete 1.0 a quella 2.0 ha visto l’user
1
rivestire un ruolo più attivo e partecipativo: egli è passato dall’essere solamente un
consumer di informazioni ad essere un prosumer1. L’utente ora non solo ricerca
conoscenza, ma attraverso le interazioni sociali che intrattiene sul web, crea e condivide
nuova conoscenza.
Web 1.0 - “The Content Web”

Focus sui contenuti e sulla
Web 2.0 - “The Social Web”

condivisione (interaction &
ricerca (content & search)

Contenuti statici

Utenti consumer
Focus sull’interazione e la
share)

Contenuti dinamici

Utenti prosumer
Gli utenti del social web sono persone che usano la tecnologia per esprimere se stessi online
ed essere partecipi del cyberspazio.
Il paradigma 2.0 è entrato nelle imprese per restarvi e interferire ad ogni livello; ciò ha
suscitato anche reazioni di resistenza, perché il modo di concepire il lavoro e di utilizzare le
nuove conoscenze dei giovani inseriti nelle aziende era, e per molti aspetti è, lontana da
quella del management più ‘experienced’. Le aziende hanno quindi dovuto intervenire sui
propri processi per sfruttare al meglio il cambiamento tecnologico e sociale. In particolare
sono stati modificati i processi di:

Gestione delle relazioni con i diversi stakeholder (es. Customer Experience,
Networking).

Lavoro, sia a livello di pratiche e prassi professionali che sui singoli task (es.
collaborative working, smartworking, coworking, ecc…).

Gestione delle risorse produttive e delle persone, sempre più decentrate e delocalizzate.

CSR e tutela legale (codici etici, statuti, norme) delle diverse aree di business.
Questi interventi hanno esercitato inevitabilmente degli effetti trasformativi sulle politiche di
governance e le culture organizzative. Oggi quest’ultime sono in modo sempre più
1
Prosumer è una parola macedonia (portmanteau) mutuata dall'inglese, è formata dalla composizione della parola
professional oppure producer, con la parola consumer. Si riferisce ad un utente che, svincolandosi dal classico ruolo
passivo, assume un ruolo più attivo nel processo che coinvolge le fasi di creazione, produzione, distribuzione e consumo.
(http://it.wikipedia.org/wiki/Prosumer)
2
evidente l’espressione di vere e proprie comunità (communities) sociali, professionali e
digitali. Perché un’azienda diventi 2.0 (enterprise 2.0) deve concentrare la sua attenzione
sul come verranno applicate le nuove tecnologie – con modalità che siano sicure e gestibili
– su una popolazione nota (dipendenti e consumatori). Applicare il concetto “Enterprise
2.0” significa fornire a chi lavora in azienda strumenti software collaborativi integrati, da
considerare altrettanto importanti come i sistemi legacy2 dell’IT aziendale. Significa
accompagnare sempre queste soluzioni con un accurato piano d’introduzione e un
monitoraggio attento circa l’effetto “sociale” generato nell’impresa.
Azienda 1.0
Azienda 2.0
Focus sui contenuti, sulle informazioni
trasmesse.
Focus sulle interazioni e sulle relazioni.
Le comunicazioni avvengono principalmente
via mail (interazioni asincrone).
Le comunicazioni sono multi-canale,
multimediali e anche in tempo reale
(interazioni sincrone).
I contenuti creati e modificati devono
necessariamente rispettare i parametri della
policy aziendale.
I contenuti possono essere estratti da blog, wiki
e altri siti.
Le tecnologie informatiche dipendono
esclusivamente dall’IT. Uno strumento,
un’applicazione per tutti.
Le singole persone possono utilizzare i propri
device e applicativi.
L’informazione viene ricercata con i motori di
ricerca e via browser.
L’informazione è fatta circolare e diffusa
attraverso le reti sociali digitali (feed).
Le interazioni hanno carattere prettamente
commerciale.
Le interazioni hanno una maggiore
componente relazionale.
Si fa riferimento alla tassonomia e al
vocabolario proprio dell’azienda.
Folksonomia3 e vocabolario ‘di settore’.
2
Il sistema legacy è un sistema informatico, un'applicazione o un componente obsoleto, che continua ad essere usato
poiché l'utente (tipicamente un'organizzazione) non intende o non può rimpiazzarlo.
3
La folksonomia (folksonomy) è l'operazione di categorizzare informazioni compiuta dagli utenti mediante l'utilizzo di parole
chiave (o tag) scelte liberamente. È una tassonomia creata da chi la usa in base a criteri individuali. Questo fenomeno, in
contrasto con i metodi di classificazione formale (in particolare con la tassonomia classica), cresce soprattutto in comunità
non gerarchiche legate ad applicazioni web, attraverso le quali vengono diffusi contenuti testuali e/o multimediali.
3
1.2 Le implicazioni della digital transformation
La trasformazione digitale delle organizzazioni è un qualcosa che sta accadendo sotto i
nostri occhi, per cui ci si sta attrezzando. Quali implicazioni comporta questo
cambiamento?
A livello tecnologico

Le aziende hanno ora la possibilità di scegliere tra un’ampia gamma di prodotti e
servizi. Possono utilizzare Saas4, acquistare software su licenza oppure pagare
un’altra azienda perché si prenda in carico un numero più o meno grande di servizi.
Questi modelli di business consentono anche un’assistenza alla clientela in tempo
reale, attraverso la correzione di errori informatici (bug) e aggiornamenti automatici.

La manutenzione e il supporto tecnico rappresentano ora due servizi separati non
per forza acquistabili da un unico venditore, ma da un ecosistema di partner
(controllati e certificati).

Gli attuali tool gestionali e la formazione all’uso fatta agli utenti permette di ridurre
notevolmente i costi di gestione (e del lavoro).

Grazie ai progressi in termini sia grafici che di usabilità delle interfacce software e
web, è possibile ordinare i dati, i documenti e ogni tipo di informazione, in modo da
poter avere rapidamente una visione d’insieme sulla loro organizzazione. Ora anche
le Interfacce di Programmazione di Applicazioni (API) sono molto più chiare e usabili
e possiedono certificazioni per integrazioni con software di terze parti.

Lo sviluppo tecnologico ha permesso di migliorare l’efficienza e la scalabilità 5 di
determinate aree di business (es. produzione, customer service, marketing, HR,
ecc…)

È possibile automatizzare alcuni processi e controlli intensivi che prima erano
manuali, aumentandone l’adattabilità, la velocità di realizzazione e riducendo la
possibilità di errore umano.

La digitalizzazione della documentazione e delle procedure aziendali (eGov)
permette di aumentare lo spazio di lavoro disponibile, riducendo la quantità degli
Software as a Service (SaaS): approccio che consiste nell’affidare lo stoccaggio dei propri dati aziendali a terze parti; ciò
richiede un cambiamento di approccio da parte del management, il quale potrebbe essere orientato a soluzioni interamente
sotto il proprio controllo (in-house).
5
Con scalabilità ci riferiamo alla capacità di un sistema di "crescere" o diminuire di scala in funzione delle necessità e delle
disponibilità.
4
4
arredi e la densità di occupazione degli uffici, migliorando il benessere e la
produttività di chi opera.
A livello organizzativo

Il passaggio ad un’organizzazione del lavoro “per tipo di attività” ad una “per
progetto” ha richiesto l’applicazione di modalità di lavoro collaborativo. I nuovi tool
possono agevolare le attività di lavoro in team, permettendo la condivisione e la
collaborazione (anche simultanea) sui processi.

Volendo si può accedere in ogni momento, da qualunque posizione e dispositivo
alle informazioni necessarie per svolgere la propria attività lavorativa.

La comunicazione via web ha reso necessaria una maggiore trasparenza nelle
comunicazioni sia interne che esterne. Ciò è particolarmente evidente nei processi
di supporto e assistenza alla Customer Base.

Lo spostamento di focus dall’informazione alla relazione, ha permesso di prestare
maggior attenzione all’esperienza (si parla ora di customer experience) di coloro
che utilizzano i servizi/prodotti dell’azienda. Attraverso i social tool è possibile
monitorare e curare tutti gli aspetti della relazione con i dipendenti e i clienti, nel
tentativo di favorirne il coinvolgimento in termini di engagement e satisfaction.

Ora è possibile intervenire sul mercato al fine di espandere il portfolio di possibili clienti
interessati ai prodotti o servizi offerti dall’azienda (lead generation), aumentare il
proprio share of voice6 e le quote di mercato (market share).
L’insieme di questi benefici concorrono nel consentire alle aziende un incremento della
propria efficienza e produttività, rendendole più competitive sul mercato.
6
Lo share of voice è un indice dato dal rapporto fra gli investimenti in comunicazione di una determinata marca e gli
investimenti complessivi del settore merceologico di appartenenza.
5
1.3 La trasformazione del business
Secondo l’Analytic Services Report elaborato in collaborazione con Microsoft e pubblicato
nel 2015 dall’Harvard Business Review, l’adozione di quattro tecnologie (megatrends): Big
Data, Cloud Computing, Mobile e Social Media eserciterebbe un profondo impatto sul
business delle aziende utilizzatrici. Tuttavia permangono alcuni timori legati a:

Questioni di sicurezza nella gestione dei dati

Mancanza di inter-operabilità tra i sistemi IT esistenti

Un ridotto controllo sui processi
Che avrebbero rallentato la diffusione di queste tecnologie a livello organizzativo.
Big Data
Il termine “big data” si riferisce alla raccolta di dati ad alto volume, alta
velocità e alta variabilità. Queste informazioni possono essere strutturate
(database) o non strutturate (file di testo o altri documenti) e richiedono
particolari tecniche di estrazione ed elaborazione per poter acquisire dati e
business insight importanti per i processi decisionali. Questa tecnologia di
ricerca stimolerebbe soprattutto i processi di innovazione aziendale:

Permettendo di integrare più dati, provenienti da più fonti diverse.

Velocizzando i processi di analisi, insight e di presa di decisione.

Incrementando la produzione di nuovi prodotti e servizi.
Attualmente le aziende stanno però riscontrando difficoltà nell’implementare le ricerche
con big data, per via della mancanza di personale in possesso delle skill necessarie ad
effettuare tali analisi. Si sta cercando di superare questo problema attraverso la creazione
di partnership con enti d’istruzione pubblici (università) e privati (istituti di ricerca).
6
Cloud Computing
Comprende un insieme di servizi che si fondano sull’utilizzo flessibile delle
risorse ICT – infrastrutture e applicazioni – le quali vengono messe a
disposizione da un fornitore di servizi specializzato (cloud provider) e sono
poi configurabili dall’utenza. Le aziende che adottano il cloud computing
possono scegliere tra cinque modelli di servizio:

Infrastructure as a Service (IaaS). Un provider ospita (host) su server dedicati (virtual
machines) le risorse informatiche virtuali, e si occupa di scalare i servizi sulla base
delle esigenze dei clienti.

Platform as a Service (PaaS). Viene fornita da terze parti una piattaforma di calcolo
comprendente: OS, ambiente di esecuzione di un linguaggio di programmazione,
database e web server. Un ambiente unificato che consente alle aziende utenti di
sviluppare e implementare i propri applicativi.

Software as a Service (SaaS). Si decide di affidare lo stoccaggio dei propri dati
aziendali a terze parti.

Database as a Service (DBaaS). Con questa opzione le aziende utenti non devono
installare e manutenere i database, è il provider a prendersene la responsabilità. I
proprietari degli applicativi pagano in base all’utilizzo del servizio.

Business-Process as a Service (BPaaS). L’azienda utente decide usufruire di un intero
processo di business in outsourcing. Il modello BPaaS comprende ogni tipo di
processo (verticale o orizzontale) di business distribuito attraverso i modelli di servizio
IaaS, PaaS e SaaS, anche tra loro connessi.
Il Cloud Computing aumenterebbe la flessibilità, la scalabilità del business e la velocità di
risposta ai cambiamenti nella domanda (flexible capacity) e alle nuove opportunità
(business agility), oltre che ridurre i costi fissi.
7
Mobile (Devices & Business Apps)
Tutte le tecnologie di elaborazione o accesso ai dati (anche via Internet) prive
di vincoli sulla posizione fisica dell'utente o delle apparecchiature coinvolte. Esse
comprendono sia i sistemi di gestione dei dispositivi (Mobile Device
Management – MDM) che gli applicativi (App). Per quanto riguarda il mobile gli
sforzi organizzativi più frequenti consistono nel:

Fornire ai dipendenti smartphone e tablet.

Sviluppare applicazioni mobile per dipendenti, clienti e partner.

Operare cambiamenti all’infrastruttura IT per gestire un ambiente in linea con le
policy di scelta dei device.
Queste possono essere di quattro tipi:
o
Take Only My Device (TOMD) – La scelta e l’acquisto vengono effettuati
direttamente ed esclusivamente dall’azienda.
o
Buy Only My Device (BOMD) – Il dispositivo è scelto dall’azienda ma è
acquistato dal dipendente (con o senza contributo azienale).
o
Choose Your Business Device (CYBD) – Il dispositivo è scelto dal dipendente
(tra tutti quelli sul mercato o tra un subset predefinito) ma è acquistato
dall’azienda.
o
Bring Your Own Device 7 (BYOD) – Il dispositivo mobile è scelto e acquistato in
completa autonomia dal dipendente.
I benefici maggiori derivanti dall’adozione degli strumenti mobile si esprimerebbero in un
maggior coinvolgimento dei dipendenti e nella creazione di nuovi scenari di business.
7
Nel fenomeno BYOD (Bring Your Own Device) il lavoratore non solo pretende in azienda di avere libero accesso al Web,
ai suoi corrispondenti e alle reti sociali, ma anche di lavorare con dispositivi non imposti dall’azienda, utilizzando i suoi
propri e da lui scelti (es. notebook personale, smartphone, tablet, ecc…).
8
Social Media
I social media sono un insieme di tool digitali (applicazioni basate su
internet) che permettono di comunicare, creare, condividere e scambiare
contenuti, informazioni e materiali audio/video all’interno di comunità e
network virtuali.
Dall’implementazione degli strumenti social in azienda ne beneficiano
innanzitutto:

Le attività di Marketing (es. Customer Service, CRM, ecc...) per via di una maggiore
(e migliore) capacità di comunicazione con i propri clienti

I dipartimenti Human Resource (Recruiting, HR Management, collaborazioni e
comunicazioni tra dipendenti, partner e fornitori).
Ciò che ancora preoccupa circa la loro applicazione in azienda sono alcuni timori legati
al loro uso. In particolare, per ciò che concerne il tempo di utilizzo e il possibile sovraccarico
informativo (information overload8) cui sono soggetti gli utilizzatori.
Se l’implementazione in azienda dei social tool viene accompagnata da una puntuale
politica di gestione degli stessi, questi strumenti eserciterebbero un effetto di integrazione
tra i processi di business, oltre che aumentare il coinvolgimento dei dipendenti e l’efficacia
comunicativa.
L’adozione di queste tecnologie (o megatrends) non solo permetterebbe una riduzione dei
costi e un incremento dell’efficienza dei processi, ma favorirebbe anche:

Il potenziamento delle attività di Business Intelligence9

Una riprogettazione dei processi di gestione e sviluppo delle diverse aree, attraverso
la creazione di meccanismi di confronto e innovazione condivisa.

Lo sviluppo e la distribuzione di nuovi prodotti/servizi, grazie ai canali di digital
marketing.

La creazione di nuovi flussi d’entrate (revenue streams).

L’implementazione di nuovi modelli di business.
8
La nostra mente non è in grado di gestire tutta la gran mole di informazioni circolanti sui social tools. Ci troviamo così
sommersi da una quantità di dati che selezioniamo, analizziamo ed elaboriamo con molta fatica.
9
Per Business Intelligence (BI) intendiamo tutti quei processi aziendali finalizzati alla raccolta di dati e informazioni e
all’analisi di informazioni strategiche.
9
Westerman et al., (2014) hanno però precisato che non è sufficiente di per sé adottare
nuove tecnologie per ottenerne i benefici, ma è necessario che l’azienda abbia maturato
il proprio processo di trasformazione digitale e possegga una visione (vision) forte. Non si
può pensare che l’impiego di queste nuove tecnologie non abbia alcun effetto sui sistemi
organizzativi che le adottano. Ne risentiranno soprattutto la cultura e il comportamento
organizzativo, così come il mindset del management.
10
1.4 I canali digitali aziendali
Gli impatti più evidenti della trasformazione digitale in azienda si possono osservare
soprattutto in due funzioni: le Risorse Umane e il Marketing; per questo motivo li prenderemo
come esempi per illustrarvi i principali canali digitali adottati in ambito organizzativo.
Digital HR Management
Le tecnologie digitali rivestono un ruolo primario nella trasformazione del modello di servizio
e di relazione del dipartimento HR con i suoi interlocutori. Agli usi consolidati si affiancano
ora i quattro megatrends precedentemente descritti, in risposta alle esigenze di
multicanalità e virtualità legate all’emergere di nuove condizioni contrattuali e modalità di
lavoro (es. smart working). Vi è soprattutto la necessità di integrare fonti, dati e processi per
ottenere analisi predittive a supporto dei processi decisionali aziendali.
In sintesi,
l’introduzione dei digital tool ha portato a:

Intervenire sugli organici, attraverso ridimensionamenti e riqualificazioni di alcune
figure professionali, per la creazione di ruoli e competenze specialistiche e lo sviluppo
del Capitale Umano (es. Shared Service Center).

Operare modifiche sulle policy e le procedure di Hiring/Recruiting (es. Social
Recruiting), Sviluppo Organizzativo, Training (es. E-Learning, Blended Learning),
Compensation e sui sistemi di valutazione.

Rendere più efficiente ed efficace la comunicazione interna, potenziando gli
strumenti di gestione del clima aziendale, engagement e motivazione del personale.

Ottimizzare e snellire i processi (soprattutto amministrativi), attraverso la creazione di
modelli di sourcing e partnership, che completino il modello di competenze e risorse
necessarie alla Direzione HR.

Favorire l’adozione di una cultura organizzativa e di approcci operativi improntati al
confronto e al benchmarking continuo con altre realtà.
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Digital Marketing & Online Advertising
L’utilizzo dei digital tool a servizio delle attività di Marketing (web Marketing) e
Advertisement si compie attraverso i seguenti canali:

Website
Costituisce l’interfaccia digitale primaria con cui gli interlocutori aziendali (stakeholder)
si relazionano. Va tenuta costantemente aggiornata perché sia adeguatamente
informativa e diffonda un immagine aziendale positiva e competitiva.

Blog
Abbreviazione di weblog consiste in un sito web attraverso cui è possibile pubblicare in
ordine cronologico e per categorie delle informazioni/notizie, in stile giornale o diario.
Ha un costo di gestione minore rispetto ad un sito web aziendale e serve a mantenere
un dialogo (asincrono) con gli interlocutori aziendali. A volte è integrato nel sito stesso.

Social Media Marketing
Sono siti web o servizi online che attraverso le loro funzionalità comunicative permettono
la creazione di reti e communities tra persone, gruppi e organizzazioni e la creazione, lo
scambio e la condivisione di informazioni. A differenza del blog, questi strumenti
consentono anche un dialogo in tempo reale (sincrono) attraverso le funzionalità di
Instant Messaging. Le aziende utilizzano i social media soprattutto per una questione di
reputazione/immagine e diffusione del brand (brand building), attraverso la creazione
di contenuti attraenti che stimolino la condivisione fra utenti; si parla di electronic word
of mouth (eWoM – passaparola elettronico). Non solo, alcune aziende adoperano i
social anche per la gestione delle Relazioni Pubbliche e Media, per la creazione di
communities attorno ad un particolare prodotto/marchio, per comunicazioni dirette
e/o feed RSS.

Direct E-mail Marketing (DEM)
Consiste nell’utilizzo dello strumento di posta elettronica (tramite feed RSS o newsletter)
per distribuire un messaggio commerciale ad un gruppo di persone (clienti potenziali o
attuali). Può essere fatto sia sulla base di liste di vendita (sold lists) che sul database
clienti disponibile.
12

Search Engine Marketing (SEM)
L’utilizzo degli strumenti di Search Engine Optmization (SEO) per promuovere siti aziendali
attraverso un incremento della visibilità e della digital presence percepita dai rispettivi
pubblici. Attraverso procedure di ottimizzazione e di advertising, i siti vengono rifiniti e
riscritti nei contenuti per ottenere un rank migliore nelle pagine dei risultati dei motori di
ricerca (SERP – search engine results pages) o maggiori PPC (Pay Per Click10)

Content Marketing
Strategia di marketing che consiste nella creazione e condivisione di contenuti
multimediali/editoriali al fine di gestire (ed espandere) il proprio pool clienti
aumentandone l’engagement, la brand loyalty e la retention, oltre che monetizzare
attraverso il website.

Mobile Marketing & Advertising
Strategia di marketing che utilizza la rete mobile, sfruttandone la continua connessione
dei suoi utenti, per inviare e consegnare loro in maniera immediata e meno costosa,
messaggi pubblicitari e comunicazioni ad-hoc. Tale strategia risulta molto efficace nella
creazione di campagne di marketing virali, e si realizza anche attraverso SMS, coupon
digitali, codici QR e Apps.
Codice QR
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Il PPC è un modello di advertising online usato per orientare il traffico di navigazione sui siti web, in cui gli advertiser
pagano il publisher (di solito il proprietario del sito) ogni volta che la loro pubblicità viene cliccata.
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
E-Commerce
L’insieme di transazioni commerciali realizzate attraverso l’uso di sistemi informatici e
finalizzate allo scambio di informazioni direttamente correlate alla vendita di prodotti
e/o servizi. L’e-commerce si concretizza nell’acquisto, vendita, ordine e pagamento in
forma elettronica per mezzo di un’infrastruttura di rete. Esso si distingue in due forme:
o
Indiretta – abbina all’ordine e al pagamento elettronico dei prodotti acquistati
la loro consegna all’acquirente, tramite vie tradizionali (es. acquisto di un libro da
un distributore online).
o
Diretta – la compravendita si conclude internamente in rete; l’ordine, il
pagamento e la consegna di prodotti o servizi che possono assumere un formato
digitale avviene online (es. acquisto di un ebook).
Il vantaggio è duplice: le aziende gestiscono il proprio magazzino e producono ondemand, mentre i clienti possono accedere ad una scelta ampia e diversificata in
qualsiasi momento della giornata.

Digital PR
Per digital PR si intendono le attività di marketing volte ad aumentare l’importanza e il
numero delle conversazioni online circa un’azienda e i suoi prodotti/servizi. L’approccio
adottato fa riferimento al buzz marketing (o word-of-mouth marketing – WoMM), ovvero
porre attenzione alle relazioni che si sviluppano attraverso il passaparola online. Il buzz
marketing prende avvio da attività di conversation seeding: si cerca di mettere in
evidenza un contenuto attraverso figure di riferimento quali influencer, evangelist,
blogger, journalist, opinion leader, ambassador, i quali avrebbero l’obiettivo di
influenzare le opinioni della rete (specie all’interno delle community online).
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2. Knowledge Working
2.1 Knowledge Economy
Lo spostamento degli investimenti dagli asset fisici (es. macchinari, equipaggiamenti,
strutture e veicoli) ad asset knowledge-based come il Capitale Umano, i Modelli
Organizzativi ed ancora, la Ricerca e Sviluppo, il Design, la Progettazione, i Software, ha
segnato l’inizio di una fase economica che potremmo definire “Knowledge Economy” o
Economia della Conoscenza. Sono cambiate le strutture industriali, le modalità di lavoro e
i parametri sui quali le aziende competono e cercano il successo. Tre sono gli elementi che
avrebbero determinato tale spostamento:

La globalizzazione ha agito come acceleratore stimolando l’apertura e l’interazione
tra mercati globali e di nicchia, velocizzando la diffusione e l’adozione di nuove
tecnologie e idee.

L’introduzione di tecnologie di informazione e comunicazione (ICT) sempre più
potenti, economiche e general purpose, non solo ha eliminato le barriere fisiche e
geografiche nella condivisione delle informazioni e delle idee, ma ha anche
ampliato le possibilità di creazione di nuova conoscenza.

L’innalzamento degli standard di vita nelle economie industrializzate avanzate ha
negli anni creato consumatori con un elevato livello di educazione che richiedono
sempre più servizi ad alto valore aggiunto (high-value added services).
Questi cambiamenti hanno fatto sì che la conoscenza (knowledge), intesa come insieme
di informazioni, dati e sapere individuale/collettivo, sia diventata la valuta principale per
l’attuale mercato del lavoro. Risulta oggi di fondamentale importanza che i lavoratori
coltivino le proprie capacità progettuali individuali e in team e che accrescano la propria
sensibilità alle dinamiche e ai cambiamenti. Tali esigenze e la presenza di risorse esterne al
mondo dell’impresa ha portato l’affermarsi della figura del lavoratore della conoscenza,
che si pone in maniera trasversale rispetto ai confini formali dell’organizzazione.
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2.2 Knowledge Work
Drucker (1999) si è concentrato sul distinguere i diversi tipi di produttività che caratterizzano
il ‘lavoratore manuale’ e il ‘knowledge worker’. A differenza del primo che ha compiti
chiaramente definiti, il knowledge worker si occupa di task delineati in modo astratto,
applica la propria conoscenza in maniera flessibile, ha una maggiore autonomia
lavorativa, ha la possibilità di innovare ed apprendere all’interno del suo ruolo
professionale, viene valutato sulla base della qualità (e non quantità) delle sue produzioni.
Secondo Reich (1992) questa tipologia di lavoratore – che l’autore definisce ‘symbolic
analyst’ – si imbatterebbe in problemi non-standardizzati, per risolverli con strumenti analitici
spesso di natura astratta.
Autor et al., (2003) hanno svolto una ricerca per comprendere quali attività lavorative
potrebbero essere automatizzate. Partendo dalla distinzione tra forme di lavoro routinarie
e non-routinarie, gli autori hanno identificato cinque categorie che ordinano le tipologie di
lavoro sulla base del grado di automazione potenziale e aderenza a regole e procedure
ben definite.
1) Expert thinking: attività che richiedono capacità di ricerca e creatività per la
risoluzione di problemi non strutturati o definiti da regole, in cui uno strumento
informatico può essere di aiuto, ma non sostituirsi, al lavoratore.
2) Complex communication: attività che richiedono l’interazione con altre persone per
acquisire o veicolare informazioni e persuaderle circa le implicazioni da esse
derivanti; anche qui le tecnologie possono svolgere soltanto un ruolo di assistenza.
3) Routine cognitive: l’insieme di attività – prettamente mentali – altamente definite e
delineate da regole, che assumono la forma di routine (es. compilazione ed
elaborazione modulistica). Esse possono essere svolte con processi informatizzati.
4) Routine manual: insieme di attività fisiche ben definite (es. lavoro sulla linea di
assemblaggio e packaging) che possono essere con relativa facilità automatizzate.
5) Non-routine manual: attività fisiche difficili da definire secondo procedure e regole
precise, che richiedono un ottimo controllo oculo-motorio (es. autisti di camion,
traslocatori) attualmente non automatizzabili.
16
Secondo gli autori della ricerca ciò che caratterizza il knowledge work sarebbe un insieme
di expert thinking, complex communication, ragionamento analitico e capacità di
elaborare efficacemente argomentazioni orali e scritte.
Provando a strutturare uno schema degli elementi caratterizzanti il knowledge work
possiamo identificare i seguenti punti:

Chi lo opera esercita un certo grado di autonomia sui processi che gestisce ed
esegue. Il knowledge worker ha la possibilità di intervenire, modificare (o addirittura
determinare) i propri processi di lavoro.

In esso sono preponderanti le attività ‘mentali’, cioè quelle che richiedono capacità
analitiche e di astrazione.

Spesso richiede di fronteggiare problemi unici o non-strutturati, per cui non esistono
soluzioni o procedure regolamentate.

Esso richiede un apprendimento/aggiornamento continuo per poter essere svolto in
maniera competitiva e vantaggiosa per l’azienda, poiché tali attività impattano
direttamente sugli intangible (o intellectual) assets.
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2.3 Knowledge Workers
“..l’importanza delle connessioni diventa superiore all’importanza dei contenuti.”
(G. Siemens 2004)
I knowledge workers (o lavoratori della conoscenza) sono tutte quelle persone che
eseguono un lavoro intellettuale ed operano prevalentemente con informazioni e dati.
Gestiscono compiti cognitivamente complessi e gran parte delle loro azioni si fondano su
una conoscenza tacita (implicita) di alto livello, anziché su quanto riportato da manuali,
guide e procedure.
Essi sono immersi in un regime di apprendimento continuo associato ai loro ruoli e non
sussistono senza un legame di collaborazione in team con altre figure (team cross-funzionali,
inter-disciplinari). Per via delle numerose interazioni che sono portati a compiere durante la
loro pratica professionale quotidiana sono da considerarsi high-value decision makers,
figure che prendono decisioni complesse basandosi sulla conoscenza, sulle informazioni
che hanno a disposizione, ma anche sull’esperienza e il proprio istinto per formulare un
giudizio.
Il knowledge worker, perennemente in contatto con i flussi di conoscenza ed informazione
globali, si trova a doversi confrontare in ogni momento con i cambiamenti in atto e quindi
lavora in una situazione di quasi-costante incertezza.
Questa mancanza di riferimenti stabili e duraturi, la perdita delle “…certezze acquisite di
verità, di senso e di valore” (Nancy 2001, p.103) e il sempre più rapido processo di
obsolescenza11 lo porta a ricercare nei suoi peer in rete, la conoscenza e l’expertise che gli
servono, offrendo a sua volta le proprie conoscenze ed esperienze, formando reti di
scambi; il knowledge worker non può operare se non inserito all’interno di un network.
Sorrentino e Pettenati (2014, p.102) a tal proposito scrivono: “Il knowledge worker si trova continuamente confrontato
con l’inarrestabile crescita e diffusione geografica della web-conoscenza, ed è cosciente di vivere in una condizione di
perenne incompetenza”.
11
18
L’introduzione delle digital technologies in azienda ha contribuito senz’altro a stimolare tali
processi interattivi per tre ragioni:

Allocazione delle risorse. I digital tool hanno permesso di eliminare, ridurre o snellire
le attività transazionali a basso valore aggiunto (prassi, procedure), permettendo ai
lavoratori di concentrarsi sulle attività ad alto valore (ricercare, coordinare,
monitorare).

Processi di Business Intelligence. Si è generato un aumento della qualità, della
velocità e scalabilità delle decisioni organizzative, grazie anche alla possibilità di
identificare rapidamente e con precisione i key trend e i customer insights.

Portata ed impatto delle interazioni (intra- e inter-) organizzative. Le nuove
tecnologie permettono alle aziende di estendere la portata e l’impatto delle loro
interazioni intra- e inter-organizzative. La connettività a banda larga e le recenti
applicazioni (software collaborativi, telefonia IP, videoconferencing multi-fonte)
hanno facilitato, velocizzato e ridotto il costo delle interazioni, permettendo la
creazione di condivisione, consenso e collaborazione anche su grandi distanze
(livello globale).
Sebbene l’attuale condizione di incertezza e precarietà di un sapere sempre mutevole
funga da spinta verso una maggiore interazione sociale e quindi maggiori transazioni
collaborative, d’altra parte ne possono conseguire stati di disagio derivanti da fattori
individuali-psicologici. Proprio perché alle persone è richiesta una maggiore attitudine
personale alle relazioni, possono aumentare anche i dubbi e i timori legati ad eventuali
fallimenti degli incontri. La mancanza (o il minor numero) di feedback d’interazione rende
maggiormente possibile la presenza di fraintendimenti nella comunicazione mediata dagli
strumenti digitali, con conseguenti impatti sui rapporti di fiducia. Ai lavoratori della
conoscenza viene chiesto di:

Lavorare con persone che probabilmente non conosceranno mai ‘di persona’ o nel
senso comune del termine.

Rispettare e dar fiducia a queste persone anche se sono remote e non si può essere
a conoscenza di ogni loro azione.
19

Mirare a una produttività di squadra, collettiva piuttosto che individuale.
Per rendere più efficace il lavoro dei knowledge worker e creare un contesto che elabori
le tre situazioni sopra esposte, l’azienda deve creare strutture sempre più trasparenti che
favoriscano la condivisione delle conoscenze, grazie all’introduzione di strumenti che siano
di supporto all’individuo, ai team e alla strategia aziendale.
Secondo una ricerca del 2009 (Brinkley et al.) i knowledge worker preferirebbero lavorare
in organizzazioni innovative, orientate ai risultati (achievement-oriented) con un modello
organizzativo non eccessivamente caratterizzato da regole formali e policy (rule-bound
cultures); ciò potrebbe indicare – a nostro avviso – un maggior bisogno di autonomia e
discrezionalità per questa categoria di dipendenti. Sembra presentarsi un circuito di
sviluppo:

Il mercato diviene sempre più esigente nelle sue richieste (in termini di qualità,
affidabilità, puntualità, flessibilità…) verso le aziende;

Le aziende, per essere competitive devono rispondere alle esigenze del mercato e
divengono a loro volta più esigenti verso i propri dipendenti;

I dipendenti per rispondere alle esigenze del mercato, trasferite a loro dall’azienda
e dalle connessioni che hanno col mercato stesso, divengono sempre più esigenti
verso l’azienda in termini di possibilità di sviluppo della conoscenza (crescita
professionale), modelli organizzativi e processi di lavoro, e di strumenti per il lavoro e
la comunicazione.
Mercato
Dipendenti
Azienda
20
3. L’azienda social-digital
3.1 Lo spazio aumentato
Con la crescente integrazione dei social media e social network nei processi aziendali, si
sta assistendo ad cambiamento culturale da parte delle aziende. Esse non sono più
soltanto erogatrici di prodotti e servizi per consumatori, ma vere e proprie culture
(simbolicamente rappresentate dal brand) attorno alle quali si condensano delle
comunità. Quest’ultime sono piuttosto eterogeneamente composte da diversi stakeholder
aziendali: investitori, dipendenti, clienti e fornitori, i quali, stabiliscono contatti e discutono
su più livelli e canali comunicativi contemporaneamente.
Lo spazio su cui vivono queste comunità è un’integrazione tra lo spazio fisico “reale” e lo
spazio virtuale della rete; questi due spazi rientrano in un macro-sistema che è stato definito
spazio aumentato (augmented space). Riferirci ad un macro-sistema ci è utile per essere
consapevoli che i due spazi (reale e virtuale) ad oggi non sono separati, specie sui luoghi
di lavoro ove il processo di digitalizzazione ci porta ad essere sempre attivi e disponibili,
anywhere & anytime. L’anima social che ha ormai permeato le modalità di lavoro, ha
contribuito a rendere – specie nelle collaborazioni digitali – più informale la comunicazione
peer-to-peer e bottom-up.
Alcune aziende orientante all’innovazione continua hanno già reso disponibili ai propri
dipendenti alcuni strumenti B2E (Business to Employee) in grado di supportare i gruppi di
lavoro e agevolare la nascita e lo sviluppo di comunità di pratiche (es. eConf, vConf,
ecc…).
La necessità di ambienti di lavoro altamente collaborativi e totalmente virtuali si deve alla
diffusione dei nuovi modelli organizzativi basati sulla collaborazione e sulla cooperazione
tra persone, anche non appartenenti allo stesso gruppo, settore o azienda. Infatti, nei nuovi
scenari di lavoro, persone appartenenti ad organizzazioni diverse e fisicamente distanti
possono condividere obiettivi comuni anche per solo brevi periodi di tempo. In questo
senso il concetto di team si espande e con esso anche i limiti spaziali: con questi strumenti
è ormai possibile aggregare rapidamente le competenze richieste per risolvere specifici
problemi o prendere decisioni, includendo persone anche dislocate in luoghi lontani.
21
3.2 Essere un’azienda “social”
Grazie all’ “infiltrazione” dei social media e del social networking all’interno delle realtà
aziendali possiamo sostenere che si va affermando “…una nuova ‘cultura del lavoro’,
partecipata sia dell’individuo sia dalle organizzazioni, inspirata alla socialità […] favorita
dalla potenza dei nuovi strumenti digitali progettati apposta per la collaborazione”
(Sorrentino, Pettenati 2014, p.74). Quali implicazioni a livello psicosociale possono derivare
dall’adozione di questi strumenti in azienda? Per rispondere a questa domanda vorremmo
un attimo soffermarci sulle caratteristiche peculiari dei social tool:

Social: in quanto consentono di instaurare e coltivare reti di relazioni sociali e
professionali.

Aperti: il loro prezzo li rende disponibili e accessibili a gran parte della popolazione.

Distruttivi (disruptive): perché hanno spiazzato le tecnologie precedentemente
consolidatesi, scuotendo il mercato (o alcuni suoi settori) e creando nuove industry.

Partecipativi: poiché ogni utente può esprimersi attraverso essi e fornire il proprio
contributo nella misura e nelle forme che desidera (commentando, creando
contenuti multimediali, condividendo tag, bookmark e feed).
Oltre a facilitare l’integrazione e la flessibilità dei processi aziendali, questi strumenti hanno
influenzato la gestione del Capitale Umano, in quattro aree:

Empowerment  I dipendenti hanno sempre più voce nei processi aziendali e
possono intervenire nella definizione delle loro esperienze di lavoro.

Collaboration  Gli strumenti digitali stimolano l’adozione di modalità di lavoro
collaborative poiché favoriscono l’interazione tra persone che operano in spazi e
tempi differenti.

Integrazione  Vi è un aumento dell’integrazione tra le diverse funzioni, grazie a
maggiori possibilità di comunicazione e condivisione di informazioni.
22

Listening  Le aziende potranno sapere sempre con più puntualità le esigenze dei
loro stakeholder, in particolare dei loro dipendenti, per rispondervi efficacemente e
prendere decisioni sulla base dei dati a disposizione (employee insights) e della
condivisione e dell’engagement delle persone che operano nell’azienda12.
3.3 Implementare i social in azienda
Attualmente le aziende hanno integrato nei loro work flow gli strumenti social del web per
attività, sia interne che esterne, quali le Pubbliche Relazioni, il CRM (Customer-relationshipmanagement), i processi di Marketing, lo sviluppo di customer insight (e intelligenza
competitiva) e il Recruitment. Questi strumenti consentono di stimolare più agevolmente il
coinvolgimento dei dipendenti, dei clienti e dei partner esterni, oltre a trarre altri benefici
misurabili derivanti dall’aumento delle interazioni sociali.
Per una corretta implementazione dei social tool, l’azienda deve:

Iniziare con un approccio mirato, per poi estendere l’impatto. Per trarre maggior
valore
dalle
tecnologie
social,
le
organizzazioni
dovrebbero
inizialmente
concentrarsi su specifiche attività in cui queste tecnologie possono essere applicate.
Il passo successivo è integrare i social data, le interazioni tra le business unit e i dati
provenienti da fonti tradizionali, digitali e sociali.

Seguire una politica di integrazione e specializzazione. Le organizzazioni che
adottano i social tool devono adottare un mindset social-digital, che comporta
un’evoluzione della cultura organizzativa e del set di competenze posseduto dai
dipendenti.

Costruire, attivare e sostenere una rete sociale vibrante, con gli interlocutori più
rilevanti all’interno del proprio ecosistema di business. Connettersi con i molteplici
stakeholder per rendere il proprio business più efficiente e meglio posizionato per il
futuro (business intelligence).
12
Questo discorso vale in special modo per il Talent Management.
23

Essere attenta alle misurazioni. Per usare al meglio gli strumenti social e comprendere
come possono aggiungere valore all’attività lavorativa, le aziende devono
misurarne l’impatto.

Cambiare il modo di lavorare delle persone. Prefigurarsi e progettare i cambiamenti
che l’adozione dei social tool apporteranno alle modalità di lavoro.
24
4. Collaborare nell’era digitale
4.1 Collaborare
Ad oggi, nella letteratura accademica e di settore è difficile reperire definizioni esaustive,
teorie e modelli sulla collaborazione. “…sebbene non ci sia attualmente una teoria
generale della collaborazione, ci sono molti approcci teorici alla pratica collaborativa che
sono stati sviluppati all’interno di una grande varietà di discipline” (Elliott 2007). Questo
perché il suo significato varia continuamente in seguito ai cambiamenti sociali e all’impatto
esercitato dalle nuove tecnologie. Possiamo però, riferendoci alla etimologia latina del
termine “collaborare”, osservare che “cum laborare” significa “lavorare assieme”, più
precisamente lavorare assieme per raggiungere uno scopo condiviso.
In tale processo, le parti possono cogliere aspetti diversi di un problema ed esplorarli
costruttivamente attraverso il confronto, nella ricerca di soluzioni che vadano oltre la
propria visione limitata di ciò che è possibile (Wood, Gray 1991)13. Attraverso i processi
creativi che occorrono durante la collaborazione si crea tra i partecipanti una
comprensione condivisa e unica e un processo di apprendimento assieme agli altri e dagli
altri (Salmons 2009).
Il termine collaborazione ha visto spesso il proprio campo semantico confondersi, se non
addirittura sovrapporsi, a quelli di altri termini con prefisso co- come: cooperazione,
coopetizione, coordinazione. Cosa distingue tali modalità di lavoro?
«[…] a process through which parties who see different aspects of a problem can constructively explore their differences
and search for solutions that go beyond their own limited vision of what is possible» (p.143).
13
25
Perché scegliere la..
Coordinazione
Per favorire la definizione, l’allineamento e l’integrazione delle attività svolte dagli
individui di un gruppo, nel tentativo di evitare scollamenti e sovrapposizioni.
Cooperazione
Per ottenere un mutuo beneficio, condividendo o suddividendo il lavoro. Si regge
principalmente sulla parità e il rispetto reciproco tra le parti.
Co-opetizione
Per ottenere i benefici tipici della cooperazione senza precludersi l'autonomia su altre
attività, sulle quali si può essere in competizione. Essa unisce in sé i vantaggi della
condivisione di attività e della spinta all’efficacia e alla performance, tipica della
competizione.
Collaborazione
Per ottenere dei risultati collettivi che i partecipanti non sarebbero in grado di
raggiungere individualmente. Essa implica: la complementarietà delle competenze,
senso di appartenenza e coinvolgimento, capacità di coordinamento rapido e
flessibilità da parte dei membri del gruppo di progetto.
“Collaborare” implica la massima intensità di coinvolgimento dei partecipanti all’azione di
gruppo (Calvani 2005). La collaborazione non è soltanto un occasione per raggiungere dei
risultati, ma costituisce anche esperienza di apprendimento e conoscenza, che a loro volta
influenzano ricorsivamente l’andamento della collaborazione stessa.
Strategie di collaborazione
Le strategie alla base dei progetti collaborativi si possono ricondurre a due principali
polarità, fondate rispettivamente su diverse credenze, aspettative, intenti ed obiettivi delle
parti coinvolte:

Similarità ed omogeneità
Secondo questa prospettiva le parti sarebbero spinte a collaborare dalla
condivisione di interessi e competenze simili (Barley et al., 1992; Kogut et al., 1992;
Podolny 1994). Tale comunanza favorirebbe una maggiore “absortive capacity”
(Cohen, Levinthal 1990), cioé la capacità di comprendere meglio il comportamento
di potenziali partner, producendo come risultato una riduzione delle probabilità di
comportamenti opportunistici, e alimentando la convenienza ad instaurare relazioni
di scambio.
26

Unicità ed eterogeneità
Questo punto di vista afferma che sia la specificità delle risorse possedute dalle parti
– sotto-forma di capacità e conoscenze del Capitale Umano, tecnologie e prodotti
– a motivare la ricerca di accordi e rapporti di collaborazione (Kock 1991). Attivando
comportamenti collaborativi, si può accedere a risorse e competenze che non sono
proprie, ma che caratterizzano altre realtà, sfruttando i vantaggi derivanti dalla
condivisione e dalla eliminazione dei costi relativi allo sviluppo di risorse strategiche
di valore.
Appare quindi come requisito fondamentale la presenza di fiducia su due livelli: tra le
persone (personal trust) e verso l’organizzazione (system trust). Secondo Luhmann (1979)
queste poggiano su basi differenti: la prima consisterebbe nel legame emotivo che si
stabilisce tra gli individui, e il dolore emozionale che ciascuno esperirebbe in situazioni di
tradimento fungerebbe da base protettiva di fiducia; diversamente la system trust si
fonderebbe su una base “presentazionale”, cioè si attiverebbe nel momento in cui all'interno di un sistema – “tutto appare in ordine” agli occhi dei suoi membri (Lewis, Weigert
1985).
27
4.2 La digital collaboration
Nel 2008 Coleman e Levine hanno proposto una distinzione tra le forme di lavoro
collaborativo, che tiene conto del processo di trasformazione digitale nelle aziende. Con il
termine “collaborazione 1.0” essi si riferiscono alla capacità di lavorare con altre persone
co-localizzate, ovvero presenti nello stesso spazio di lavoro (prossimità fisica).
Lo sviluppo delle tecnologie informatiche ci consente ora anche una “collaborazione 2.0”
(digital collaboration), tra persone anche appartenenti a realtà diverse, che operano
dislocate sulla superficie del globo, sia simultaneamente che in tempi diversi su uno stesso
progetto.
La digital collaboration (o collaborazione in ambiente distribuito, e-collaboration) è un
modo di interagire che si avvale necessariamente delle tecnologie digitali nel software,
nell’hardware (digital & computing device) e nelle telecomunicazioni (TLC).
I set di
strumenti disponibili ci permettono di ricreare ambienti di lavoro virtuali e delocalizzati,
consentendo ai team operativi la condivisione organizzata di conoscenze, contenuti e
competenze.
Nel momento in cui si crea un ambiente di collaborazione, il moderatore (colui che gestisce
lo strumento) tende a introdurre (in base alle proprie o altrui conoscenze) i partecipanti
ritenuti più idonei, per competenza, a svolgere determinate mansioni. Successivamente,
nel corso dell’interazione è possibile che la percezione della mancanza di determinate skill,
suggerisca l’intervento di partecipanti esterni al gruppo. L’efficacia di questi spazi virtuali è
data dalla possibilità di utilizzo dei canali di comunicazione e dalle funzioni/servizi su essi
disponibili:

Conferenze audio/video

Discussioni via mail (mailing list) e/o web (newsgroup)

Condivisione e modifica di documenti in tempo reale (co-editing)

Navigazione di gruppo (co-browsing)

Sondaggi (survey)

Brain-storming

Mind-mapping
28
Quali tipologie di collaborazione sono operabili all’interno di un ambiente di lavoro
digitale?

Tra eProfessional
Il contesto di applicazione è il lavoro collaborativo tra persone che operano in
imprese industriali diverse, appoggiato da opportuni strumenti che realizzano
un’infrastruttura collaborativa con funzione di shared virtual workspace (spazio di
lavoro virtuale condiviso) adottata da ciascun membro. Questa modalità
collaborativa considera la possibilità di interazione sincrona e diretta tra utenti
dialoganti su una stessa piattaforma.

Stigmergica
È un metodo di comunicazione nel quale gli individui interagiscono – nell’ambito di
sistemi decentralizzati e auto-organizzati – attraverso la modificazione del loro
ambiente locale, lasciando segni e tracce (come nei sistemi delle formiche, termiti
e api). Un esempio noto di collaborazione stigmergica è la realizzazione di Wikipedia;
in questo caso l’interazione è asincrona e indiretta poiché gli utenti operano sui
contenuti prodotti dagli altri ma non comunicano direttamente tra loro.
Perché collaborare digitalmente?
L’e-Collaboration si rivela una modalità di lavoro vantaggiosa per molteplici ragioni.
Innanzitutto essa consente di ottenere una maggiore efficienza dei processi che
intercorrono tra gli individui di un team di lavoro che devono raggiungere un obiettivo
comune. Si ha così un guadagno in termini di tempi, costi e fluidità dei processi, in quanto
si riducono i passaggi necessari e i quindi i rischi di inceppamento o perdita di informazioni
nei diversi step. Inoltre gli strumenti collaborativi digitali realizzano immediatamente un
effetto di trasparenza poiché rendono evidenti i contributi che ciascun soggetto coinvolto
dà ai processi in corso, e consentono attività di monitoraggio e valutazione sofisticate.
29
L’impiego di piattaforme integrate rende più chiara la composizione del gruppo di lavoro
e offre maggiori possibilità di:

Accesso alle risorse da parte di tutti i membri del gruppo.

Collaborazione sincrona o asincrona che permette di ottimizzare la gestione del
tempo e delle risorse (sostenibilità).

Tracciabilità delle operazioni svolte attraverso una documentazione sistematica di
‘chi ha fatto cosa’. Viene facilitata la memorizzazione e l’archiviazione delle fasi
evolutive dei progetti (memoria) e l’indicizzazione delle informazioni attraverso il
tagging (assegnazione di etichette).
Ad oggi si è ormai abituati a lavorare costantemente in contatto con la Rete e a
considerare caduta ogni differenza e barriera precedentemente imposti dai vincoli fisici e
ambientali. Si è aperta la possibilità di collaborare con soggetti lontani fisicamente
(raggiungibilità) e si è semplificata l’integrazione tra persone esterne alla struttura.
Un altro beneficio importante è la riconfigurabilità (o scalabilità) della struttura e dei
processi organizzativi. I digital tool ci consentono di creare con facilità reti trasversali
all’organizzazione, stabili o temporanee, con la finalità di affrontare problematiche e
attività sia interne che esterne.
L’e-Collaboration rappresenta una rilevante occasione di valorizzazione non solo dei dati e
delle informazioni possedute in azienda, attraverso una loro sistematizzazione e
strutturazione, ma anche di persone, perché la condivisione e lo scambio di informazioni
facilita lo stabilirsi di canali di ascolto e confronto (listening). Collaborando e socializzando
senza confini, le persone possono condividere e creare nuova conoscenza, innescando
circoli virtuosi di innovazione continua.
I vari collaboration tool, in particolare quelli progettati in modo focalizzato, esercitano un
notevole impatto positivo sulle prestazioni dei membri dei gruppi di lavoro. Bisogna però
precisare che vi deve essere un innesto appropriato tra compito da svolgere e tecnologia
applicata, tra compito e medium (task-technology fit, task-media fit), altrimenti si può avere
un effetto negativo globale sulle performance collaborative. Fondamentale risulta allora
porre massima attenzione alla fase di progettazione degli strumenti e del loro inserimento
nelle pratiche lavorative.
30
4.3 Le digital collaboration skills
Benché le competenze digitali siano ad oggi necessarie e richieste dalle aziende, esse
risultano ancora poco diffuse e padroneggiate. Quali capacità digitali ci servono per poter
collaborare efficacemente in un workspace virtuale?
Digital Collaboration Skills
General
Collaboration Skills
Digital Skills
Virtual Interaction
Skills
General collaboration skills
Comprendono un insieme aspecifico rispetto alla dimensione digitale, che vale in qualsiasi
contesto. Potremmo far riferimento a quelle competenze – generalmente definite come
trasversali (o soft skills) – utili affinché il lavoro di gruppo risulti efficace ed efficiente.
Digital skills
L’insieme di competenze messe in atto nell’uso di un qualsiasi strumento digitale. In esse si
distinguono competenze:

Hard: tutte quelle capacità che concernono l’uso dei device, delle piattaforme
Web e degli applicativi.

Soft: capacità di tipo relazionale e comportamentale in ambito digitale, queste
consentono alle persone di utilizzare efficacemente i digital tool, cioè di gestire le
informazioni e la presenza online per i propri fini (es. networking, comunicazione,
conoscenza e apprendimento, creazione di contenuti, empowerment).
Virtual interaction skills
Con tale termine si intendono tutte quelle abilità necessarie all’interazione virtuale.
31

Capacità di percepire e gestire gli eventi collocati nello spazio virtuale (event
amareness & control).
Proattività nell’uso dei molteplici canali comunicativi.
Saper mantenere un’attenzione vigile, distribuendo le proprie risorse cognitive
in modo continuativo.
Consapevolezza dei cambiamenti che avvengono a livello digitale.



Essere presente e partecipare in parallelo a più attività.
Destreggiarsi e saper distribuire le proprie risorse su più fronti e processi.
Gestire con prontezza il workflow continuo che emerge dalla rete.

Rapportarsi al sistema di gestione degli accessi (floor control) e dei turni (turn
taking) sulla piattaforma digitale.
Rispettare i turni degli interventi dei diversi interlocutori.
Tenere il ritmo delle interazioni, affinché la collaborazione venga sostenuta.
Essere capaci di fornire feedback in modo corretto, nei tempi e nei modi
appropriati al tipo di task in cui si è coinvolti

Awareness
Presenza
multiplexata
Gestione dei
turni







Team
management

Tenere a mente che i piani conversazionali possibili sono molteplici e le risorse
condivise; pertanto è necessaria una continua opera di integrazione trans
mediale delle informazioni.
Coordinare e coordinarsi con i componenti del team (squadra distribuita), i
quali non sono co-locati e i cui interventi si realizzano in tempi e spazi diversi. Il
coordinamento di più persone e risorse – dislocate nello spazio fisico e virtuale
– richiede una notevole attenzione e prontezza per evitare che si possano
innescare dinamiche nocive che possono ostacolare la produttività del
gruppo, quali: una diminuzione della fiducia, un calo nel coinvolgimento e nel
senso di responsabilità personale, o l’insorgenza di conflitti distruttivi.
L’utente che lavora in una squadra distribuita deve comprendere da sé (o
accordarsi esplicitamente con i suoi corrispondenti) sulle modalità di gestione
dei turni per ciascun canale o risorsa condivisa, e poi rispettarlo.
Le virtual interaction skills
32
4.4 Digital collaboration: da dove iniziare?
Per poter integrare le modalità di lavoro collaborative digitali all’interno del proprio
workplace è necessario che in Azienda si:
a. Realizzi un cambiamento di mindset, che si esprime nell’accogliere il diverso paradigma
di lavoro dettato anche dalle innovazioni a livello di device e sistemi informativi, oltre
che socio-culturali.
b. Comprenda il valore della collaborazione, conoscendo i benefici collettivi e individuali
che ne possono derivare:

Acquisizione e scambio di conoscenza

Creazione di nuova ed innovativa conoscenza

Sviluppo di skill e soluzioni
Ciò è possibile soltanto se si è in grado di post-porre (o integrare) i propri personali
interessi a quelli collettivi del gruppo di lavoro.
c. Si sia consapevoli degli effetti derivanti dal confronto sociale (Festinger 1954), un
processo che tendiamo a mettere in atto frequentemente, in particolare nelle situazioni
gruppali. Il confronto sociale origina dal tentativo personale di valutare le proprie
opinioni e capacità; quando non sono disponibili strumenti “oggettivi” per fare ciò si
ricorre al confronto con altre persone. L’interazione dei processi di confronto sociale di
ciascuna persona esita in condotte individuali e dell’intero sistema-gruppo di lavoro,
determinando l’andamento
generale
dei
progetti
e
il
funzionamento
delle
organizzazioni stesse.
d. Si realizzi un modello relazionale di tipo reticolare, che richiede alle persone che
costituiscono i nodi di questa ‘rete’ di impiegare in misura maggiore le loro skill
relazionali, comunicative e di facilitazione (soprattutto per i team leader). La progressiva
iper-specializzazione delle figure professionali consente di avere team con set di
competenze eterogenee che durante il lavoro collaborativo vanno integrate
sinergicamente. Chi ricopre posizioni di leadership si trova ora a dover orientare verso
obiettivi e significati condivisi i membri del gruppo, coinvolgendo, coordinando e
fungendo da facilitatore dei processi. In tal modo consentirà al team di professionisti di
33
potersi esprimere al meglio in un lavoro sinergico. Come affermano Kouzes e Posner
(2007), paradossalmente la leadership diviene ancor più essenziale quando vi è
necessità di collaborare.
e. Si definiscano, parallelamente all’introduzione di uno strumento di e-collaboration, in
modo chiaro e inequivocabile:
o
A cosa ci serve? Qual è il nostro obiettivo?
o
A chi serve? Quali sono le caratteristiche degli utenti che lo andranno ad
adoperare? Quali sono le attività che vi svolgeranno?
o
Abbiamo coinvolto il gruppo di utenti nel processo di progettazione e testing?
o
Abbiamo tenuto conto del contesto in cui andremo ad inserire lo strumento?
(tempi, vincoli, eventuali intersezioni con altre attività)
34
5. Tools per la collaborazione digitale
5.1 Elementi chiave e funzionalità degli strumenti di collaborazione digitale
Secondo Sorrentino e Pettenati (2014) i tool di collaborazione digitale dovrebbero rispettare
tre principi, per poter offrire ai loro utenti (user) un’esperienza di utilizzo e collaborazione
professionale che sia al contempo efficace e coinvolgente.

Presensce awareness. Rendere gli utenti consapevoli della ‘presenza’ di altri utenti
sul sistema. Negli ambienti virtuali 3D (a differenza di quelli 2D) solitamente si hanno
a disposizione più indicatori (o social cues14). Un esempio in cui è possibile osservare
gli indicatori sociali è osservabile nell’Instant Messaging (o chat) in cui le liste di
contatti/amici (buddy lists) sono dinamiche ed indicano anche lo stato di
presenza/assenza degli utenti.

Persistance in state. Come rendere persistente, conservare nel tempo e nello spazio,
un mondo virtuale in un determinato stato. Quando uno dei collaboratori rientra
nell’ambiente virtuale deve poter ritrovare lo spazio di lavoro, nella sua
conformazione e nei suoi contenuti, così come si presentava originalmente
(condizioni iniziali) o nel suo stato attuale dopo l’interazione altrui (dei collaboratori
che vi hanno operato in altri momenti). Un ambiente così organizzato si presta molto
bene alla gestione di progetti assegnati a più squadre che riprendono il lavoro in
modo incrementale dove le altre lo hanno lasciato. La persistance è essenziale per
supportare una collaborazione asincrona, dove le attività iniziano e riprendono in
modo intermittente in tempi separati, o perché la natura dei compiti è tale, o perché
la disponibilità degli interlocutori in sedi e fusi orari non è mai continua.
14
I social cues (segnali sociali) si riferiscono ai diversi tipi di manifestazione dei partecipanti e si distinguono in: activity
(attività), attention (attenzione) e identity (identità) cues. Attraverso movimenti dell’avatar (es. rotazione della testa, gesto
di indicazione) e l’utilizzo di animazioni (es. evidenziazione di un’area o oggetto) e simboli (es. cursore), gli utenti possono
tra loro interagire, orientando la propria e altrui attenzione su specifici oggetti o attività da compiere. Per quanto concerne
gli identity cues essi fanno riferimento a tutte quelle operazioni messe in atto dal software per far emergere e distinguere
tra gli utenti, chi sta compiendo una qualche attività (es. abbassando il volume di chat degli altri utenti o alzando quello del
soggetto interessato).
35

Extensibility. La capacità di ‘estendere’ facilmente un mondo già creato nello spazio
virtuale, aggregandovi altri spazi. Nel mondo reale chi lavora si muove tra le diverse
stanze, strutture e sedi dove si svolgono i vari processi aziendali; così gli strumenti di
collaborazione digitale devono consentire lo spostamento degli utenti tra i
workplace.
5.2 Caratteristiche dei tool collaborativi digitali
Quali sono gli aspetti rilevanti di questi strumenti digitali? Come già accennato in
precedenza, essi ci hanno permesso di alleggerire il nostro workload (carico di lavoro) e
rendere più flessibili modalità e processi di lavoro.

Mobility. Possibilità di svolgere il proprio lavoro in movimento, durante gli spostamenti,
utile soprattutto a coloro che hanno una maggiore mobilità (mobility) e di un certo
grado di svincolo (parziale o totale) dal tradizionale luogo-postazione di lavoro. Ciò
rende possibile lavorare su molti file in tempi e spazi diversi e variabili (collaboration
on-the-move, mobile collaboration).

Multi-function. Integrazione completa delle diverse funzioni di comunicazione: call,
instant messaging (chat), mail,

Multi-tasking. Possibilità di svolgere e gestire più attività in parallelo, e ordinarle
secondo le priorità. Se nell’ambiente fisico le interazioni produttive tra persone
tendono a serializzarsi (in-coda, “in queue”), nello spazio virtuale i collaboration tool
consentono la presenza e partecipazione in parallelo a più filoni di attività.

Accessibilità e facilità d’uso: ready-to-go
o
Le nuove tecnologie smart hanno prezzi che ne rendono accessibile l’acquisto
per molte persone.
o
Esse presentano interfacce ergonomiche e comandi intuitivi, o comunque
apprendibili velocemente.
o
Permettono di eseguire rapidamente le operazioni che si desidera effettuare.
o
Consentono a più utenti contemporaneamente di poter monitorare e tener
traccia dello svolgimento di un progetto o operazione. Questo grazie anche alla
36
standardizzazione software: OS (sistemi operativi), applicativi (Apps), formati file;
per cui, si riesce ad operare sugli stessi software da dispositivi diversi.
o
La loro struttura agevola la gestione un gran numero di dati e informazioni.
5.3 Tipologie di strumenti di collaborazione digitale
I Digital Collaboration Tools (DCT) possono essere categorizzati secondo diversi parametri:

Interfaccia: 2D o 3D

Sensorialità: strumenti visivi, auditivi, aptici, polisensoriali

Canali di trasmissione: half-duplex  Strumenti che ‘impongono’ una trasmissione e
ricezioni delle informazioni alternata; full-duplex  Strumenti che consentono una
trasmissione
e
ricezione
delle
informazioni
simultanea,
consentendo
la
sovrapposizione degli interventi e rispettando le reali modalità di interazione umana.

Interazione: sincrona  Interazione che avviene entro intervalli di 5 secondi (es.
chat); asincrona  non vi sono limiti di tempo (es. mail, post); semi-sincrona 
interazioni con intervalli più lunghi di 5 secondi, ma che rientrano all’interno di un
frame temporale prescritto (es. webinar).
Le tipologie di prodotti per la collaborazione digitale (VTS – Virtual Team Space):

3D Shared Virtual Workspaces (immersive)
(3D ICC, Openwonderland, realXtend, Sirikata, OpenSim, etc.)
Il workspace è realizzato da un software che gira su di un server connesso al web. Ci
si incontra in uno spazio virtuale pienamente attrezzato per una sessione di lavoro,
dove si discuterà, si prepareranno documenti (attraverso applicativi office), si
prenderanno delle decisioni. Il concorso di più collaboratori in una determinata
azione è realizzato impersonandoli con degli avatar; gli utenti possono così vedersi,
ascoltarsi tra loro e muoversi nello spazio virtuale. Ciò consente di capire
immediatamente ‘chi sta facendo cosa’ e ‘come e dove lo fa’, cosa impossibile
con gli strumenti collaborativi non-spaziali.
37

All-in-One Project Management tools (es. Microsoft SharePoint, Clarizen, Inflectra
SpiraTeam, Redbooth, BinFire, Basecamp, Wrike) Software e Apps che facilitano
l’esecuzione e la collaborazione su attività di Project & Task Management, in alcuni
casi anche customizzabili ed integrabili con le funzionalità di applicativi di terze parti.

Cloud storage (es. Dropbox, One Drive, Google Drive, Copy, Tresorit, Box)
Alcuni di questi servizi utilizzabili sia da browser che da desktop permettono anche
la creazione e l’editing dei files in tempo reale.

Collaboration Suites (es. eXo Platform, Atlassian Confluence)
Applicativi con pacchetti di funzionalità sviluppate appositamente per agevolare il
lavoro collaborativo in azienda.

Collaborative
Mind-mapping
tools
(es.
Red
Pen,
MindMeister,
GroupZap,
Canvasdropr, CmapTools, BubblUs, FreeMind)
Pagine web con funzione di lavagna (blank canvas) su cui più persone possono
contemporaneamente intervenire, attraverso feedback.

Content/Document Management (es. Vignette Collaboration)
Suite di servizi con funzionalità di gestione dei contenuti (CM), dei documenti (DM) e
dei record (RM), oltre che di web portal.

Discussion/Bulletin boards (es. WebBoard, PhpBB)
Definiti anche come: discussion groups, discussion forums, massage boards e online
forums; sono pagine web sulle quali si possono lasciare messaggi e attendere risposte
da altri utenti, al fine di chiedere informazioni o discutere opinioni.

Groupware (IBM/Lotus Notes, Lotus Domino, WebSphere Portal, IBM Workplace)
Insieme di software che supporta il lavoro di molteplici utenti su attività interconnesse
sia su network locali che remoti. Essi permettono agli utenti di accedere ad uno
stesso pool di dati, coordinando e tenendo traccia dei processi. I software
groupware incorporano più funzioni: condivisione e gestione di documenti,
pianificazione e organizzazione elettronica dello scadenziario del gruppo, gestione
delle attività (task) e dei dati.
38

Intranet/Extranet (es. Cisco, Intranet Connections.com). Un intranet comprende un
insieme di servizi internet (es. web server) interni ad una rete locale, accessibili
unicamente a partire dalle postazioni di una rete locale o da un insieme di reti ben
definite,
inaccessibili
dall'esterno.
L’extranet
è
un'estensione
del
sistema
d'informazione aziendale a dei partner posti fuori dalla rete; l’accesso può essere
fatto attraverso una autenticazione semplice (autenticazione con il nome utente e
password) o di un'autenticazione forte (autenticazione attraverso un certificato).

Online Meeting Tools (es. Onstream Meetings, GoToMeeting, Cisco WebEx)
Servizi web che consentono di gestire e partecipare a riunioni, con l’integrazione di
diverse funzioni per la creazione, l’editing e la condivisione di materiali.

Social Intranet/Network (es. Bitrix24, Yammer)
Servizi che consentono alle aziende clienti di creare dei veri e propri social network
intraziendali.

Strumenti per l’organizzazione delle attività (es. Trello)
Permettono la creazione, la collaborazione e condivisione su liste di attività da
svolgere (To-Do Lists).

Strumenti per la gestione mail (es. Grexlt)
Servizi add-on che si integrano con i servizi di posta elettronica (es. Gmail) che
consentono la condivisione di informazioni, anche attraverso la creazione di un
sistema di label (etichette) condiviso tra gli utenti.

Teleconferencing utilities (voice, video, web)
eRoom: ambiente virtuale per supportare gruppi di lavoro delocalizzati o comunità
di pratiche. Non è altro che una stanza dedicata ad un progetto o a un gruppo di
lavoro (o comunità) i cui membri lavorano sugli stessi argomenti e attività. In questa
stanza si realizzano incontri spontanei e continui, ed è possibile prendere visione del
lavoro e delle idee degli altri, delle criticità, del planning, delle soluzioni adottate in
particolari circostanze. Questo strumento è in genere personalizzabile dai membri
del gruppo.
39
eConf (o vConf): web-based conferencing utility che consente di organizzare e
tenere meeting coinvolgendo in tempo reale persone dislocate geograficamente
distanti condividendo e lavorando in tempo reale sullo stesso strumento, la stessa
applicazione. L’eConf è una vera e propria sala riunione in cui gli strumenti, le risorse
e le persone vengono organizzati per lo specifico incontro.

Virtual Meeting Rooms (es. Tamashare)
Software che consentono la creazione di stanze virtuali in cui è possibile effettuare
riunioni, scambiando audio, video, immagini e messaggistica istantanea (IM o chat).
Si può operare su più documenti allo stesso tempo, condividendoli su un piano di
lavoro 2D. Gli utenti possono monitorare le operazioni che vengono svolte in tempo
reale.

Wiki & Blog (es. GroveSite, Google, SocialText)
I wiki sono siti web collaborativi, in cui ogni utente che vi accede può contribuire
aggiungendo o modificando informazioni.
40
Come cambia il modo di lavorare?

Vi sarà una sempre maggiore convergenza dei flussi di informazione audio, video e
dati (unificazione delle comunicazioni).

Si potrà accedere online in qualunque momento e da qualsiasi luogo (anytime,
anywhere).

Migliorerà il feedback online circa lo stato di presenza e le azioni degli utenti. In
questo modo si potrà essere informati sullo stato di partecipazione altrui al workflow
e monitorare le informazioni in tempo reale.

Gli strumenti di lavoro collaborativo integreranno funzionalità di interazione sincrona
e asincrona.
15

Convergenza e standardizzazione della collaborazione aziendale.

Adattamento delle infrastrutture per favorire le funzioni collaborative.

Consolidamento del mercato RTC (Real Time Computing).

Stimolare la collaborazione nelle industrie e nei processi.

Cambiamenti nei canali di distribuzione.

Dall’acquisto a soluzioni collaborative.

Collaborazione mobile (PDA15 e cellulari come piattaforme collaborative)
Personal Digital Assistant, dispositivi palmari.
41
6. Social-digital experience in azienda
6.1 La worker experience
I dipendenti di un’organizzazione ne rappresentano una particolare categoria di
stakeholder, in quanto contemporaneamente interni ed esterni ad essa. Stakeholder interni
perché soggetti che offrono una prestazione lavorativa in cambio di un compenso
economico e/o di ulteriori benefici (worker); e vivono gran parte del loro tempo tra gli spazi,
i luoghi, le strutture, usufruendo dei servizi, dei beni e degli strumenti aziendali (user).
Stakeholder esterni perché – come qualsiasi altra persona – anch’essi possono acquistare
e usufruire dei beni e servizi erogati dall’azienda (customer). Ogni dipendente è al
contempo lavoratore, utente e cliente della propria azienda. Tre ruoli, tre tipologie di
rapporti che confluiscono nel definire l’esperienza che il dipendente intrattiene con la
propria azienda (worker experience).
In particolare, le prime due dimensioni (worker, user) hanno inizio nel momento in cui
avviene l’ingresso in azienda e viene stabilito (di solito implicitamente) il cosiddetto
‘contratto psicologico’ tra lavoratore e azienda. Rosseau (1998) ha definito il contratto
psicologico come “…l’insieme delle credenze dell’individuo circa gli obblighi reciproci
esistenti tra l’individuo stesso e la sua organizzazione”; esso originerebbe nel momento in
cui la persona inferisce promesse (da parte di chi fa le veci dell’azienda) che generano tali
credenze. Gli obblighi presentano un contenuto limitato rispetto alle aspettative, poiché
essi derivano da promesse esplicite o implicite fatte al lavoratore, mentre le aspettative di
quest’ultimo provengono da norme sociali, esperienze passate e credenze personali.
Secondo Guest (1998) l’aspettativa è influenzata dalla congruenza fra ciò che il lavoratore
si attende dal lavoro e ciò che effettivamente sperimenta.
L’ultima dimensione, quella del dipendente-consumatore (customer), si instaura nel primo
momento in cui egli viene a conoscenza del brand attraverso l’advertising e l’interazione
con suo prodotto o servizio; La customer experience “…originates from a set of interactions
between a customer and a product, a company, or part of its organization, which provoke
a reaction” (LaSalle, Britton 2003; Shaw, Ivens 2005).
42
Riteniamo perciò che il dipendente sia da considerarsi lo stakeholder primario dei processi
di trasformazione digitale in azienda in quanto coinvolto su tre piani di esperienza:

È lavoratore (worker) poiché fa uso delle piattaforme IT aziendali per operare
professionalmente.

È utente (user) perché utilizzatore dei sistemi produttivi aziendali.

È consumatore (customer) perché può usufruire dei beni e servizi prodotti dalla
propria azienda.
La globalità dell’esperienza che il lavoratore fa della propria azienda (worker experience)
è ascrivibile a sei componenti:

Sensoriale: si riferisce al senso di gradevolezza, piacevolezza dell’esperienza,
derivante dalle stimolazioni percettive-sensoriali.

Emozionale: le variazioni a livello umorale ed emotivo indotte dall’esperienza, e
influenza il rapporto affettivo che il dipendente stabilisce con la propria azienda.

Cognitiva: considera la sintonia sul piano ideologico-valoriale.

Pragmatica: l’usabilità dei servizi/prodotti messi a disposizione dall’azienda.

Stile di vita: le influenze indotte dalle esperienze di interazione con l’azienda.

Relazionale: le esperienze sono sempre vissute all’interno di un tessuto relazionale.
43
6.2 Progettare la social-digital experience
Perché l’esperienza d’uso dei tool social e di digital collaboration in azienda sia ottimale,
cioè gradevole e funzionale alle pratiche lavorative, deve:

Essere centrata sulle necessità reali, sia della persona che dell’organizzazione.

Avere effetti scalabili16, incorporandola nei processi core organizzativi.
Va quindi tracciato un disegno, una mappa delle interazioni che avvengono all’interno del
sistema azienda, tra persone e tra persona e dato.
Tracciare una mappa della rete di interazioni persona-persona e persona-dato ci permette
di comprendere l’impatto (trasformativo) che esercita l’esperienza social & digital:

Sui task individuali

Sui processi organizzativi

Sulla creazione di valore organizzativo e vantaggio competitivo
Donadio (2015) ritiene che la funzione HR, a partire dai livelli qui sopra-citati, potrebbe
elaborare per la propria popolazione aziendale dei social & digital journey utili alla
progettazione dell’experience. Si cercherà allora di considerare la totalità delle esperienze
che i dipendenti di un’azienda possono sperimentare nell’utilizzare gli strumenti socialdigital nella propria pratica professionale. Questo strumento può essere utile nel cercare di
identificare (e anticipare) quali saranno le possibili azioni, le ragioni e i dubbi dei dipendenti,
oltre che gli ostacoli che in cui potrebbero imbattersi. Per il livello delle attività individuali
consideriamo i task assegnati e le modalità di accesso e creazione di ‘conoscenza’
(documenti, materiali, ecc…). Le attività delle singole persone non sono però indipendenti
tra loro; esse interagiscono, spesso nella forma di coppie professionali e gruppi di lavoro,
secondo i principi del lavoro collaborativo. Tale collaborazione ha la funzione di sostenere
e realizzare un allineamento, una condivisione del sapere operativo (dati, prassi, norme) sui
processi e un coordinamento del team stesso. L’interazione tra i diversi team o aree di
lavoro genera delle vere e proprie comunità (comunità di pratiche), degli ambienti in cui
16
Con scalabilità ci riferiamo alla capacità di un sistema di "crescere" o diminuire di scala in funzione delle necessità e
delle disponibilità.
44
la cultura organizzativa prende vita e si sviluppa sulla base degli scambi comunicativi (di
idee e di pratiche) dei suoi membri.
Individui, coppie, gruppi e comunità costituiscono i luoghi entro cui avviene la crescita
organizzativa, perché in essi e nell’interazione tra loro emerge la capacità e la cultura
dell’impresa. Con ‘capacità’ ci riferiamo al processo di reificazione della vision e mission,
dei principi, delle regole e dei modelli aziendali che struttura l’azienda stessa; mentre per
cultura organizzativa intendiamo: “A pattern of shared basic assumptions that the group
learned as it solved its problems of external adaptation and internal integration, that has
worked well enough to be considered valid and therefore, to be taught to new members
as the correct way to perceive, think, and feel in relation to those problems” (Schein 1992).
La cultura di un’azienda è un asset intangibile che si esprime soprattutto attraverso forme
di conoscenza tacita ed artefatti. Essa consiste in un sistema di presupposti (perlopiù
impliciti) appresi e condivisi, ritenuti ‘veri’ e validi, circa il come ‘percepire, pensare e
sentire’ in relazione a problemi già affrontati. Il processo di progettazione della social-digital
experience in azienda non può prescindere dai piani di analisi (individuo, coppia, gruppo,
comunità) e delle due dimensioni appena descritte (capacità e cultura organizzativa).
La progettazione richiede il ricorso ad un set specifico di strumenti abilitanti (web based:
intranet/extranet) che facilitino l’agire professionale dei dipendenti aziendali, attraverso
funzionalità
di
social
networking
&
online
collaboration
(es.
reti
professionali,
search/tagging, blog, wiki e forum) e di analisi e gestione dei contenuti (es. digital library,
content creation/sharing, web/db analytics). Il loro fine è quello di supportare l’attività dei
dipendenti sia dentro che fuori l’azienda, fornendo loro un’esperienza che sia: interattiva,
customizzabile, condivisibile e che permetta la condivisione/distribuzione di informazioni,
accessibile da più device e piattaforme.
45
7. Verso nuove modalità di lavoro
7.1 Quale futuro?
Il modello di lavoro sta cambiando, all’insegna di una sempre maggiore flessibilità e
dinamicità. Ci stiamo ormai lasciando alle spalle il “vecchio” modello standard che
prevedeva un rapporto di lavoro subordinato con contratto a tempo indeterminato e fulltime. Qui vi proponiamo quelli che sembrano essere i trend lavorativi:
Maggiore dinamicità per i business e i lavoratori. Le aziende e i lavoratori si stanno
adattando a condizioni di mercato e del mercato del lavoro, sempre più imprevedibili,
complesse, dinamiche e che richiedono pertanto un’aumentata capacità di adattamento
e flessibilità. Non ci si occupa più solo di seguire un piano, ma di rispondere al cambiamento
attivamente. Dal prodotto storico alla massima personalizzazione per il cliente, dal posto
fisso di dipendenza e sicurezza all’autonomia lavorativa (nel bene e nel male), al personal
branding, con una crescente esigenza di divenir imprenditori di se stessi.
Andare oltre la sola proposta di valore, occupandosi anche di temi di rilevanza sociale
(CSR, sostenibilità, ambiente, diversità, equità, etc…). Per le aziende non basta più vendere
prodotti o servizi, esse dovranno occuparsi sempre più della loro immagine e reputazione
agli occhi del pubblico. Quest’ultimo è composto non solo dai clienti, dai soci e dai fornitori
dell’azienda, ma anche dai dipendenti che sono a loro volta consumatori-ambassador del
brand.
Nuovi modelli di management e modalità collaborative di lavoro. Bisogna cercar di
integrare le modalità relazionali e lavorative che avvengono offline, con quelle che
occorrono online. Le aziende devono curare con attenzione l’implementazione di strumenti
digitali di lavoro collaborativo, per far si che la cultura aziendale venga incontro ai nuovi
modi di comunicare, instaurare e coltivare relazioni sociali. La collaborazione non rimane
confinata all’interno dell’organizzazione, essa avviene anche con i clienti (customer
collaboration) e B2B sotto forma di partnership.
46
Gli effetti trasformativi delle nuove tecnologie sul posto di lavoro e sulle persone. Gli sviluppi
delle ricerche nel campo dell’Human-Computer Interaction Design (es. wearable
technologies) e i progessi tecnologici, hanno stravolto il nostro modo di lavorare (e
relazionarci). Si è visto che per compiere le loro attività non sono più richiesti lo sforzo, il
tempo e i costi di una volta, e ciò ha alimentato le nostre aspettative, esercitando effetti
sui comportamenti (individuali e collettivi) e sulle norme sociali.
Cambia il rapporto tra persone e aziende. L’aumento di comunità online auto-organizzate
ha favorito la creazione e condivisione di valore senza la necessità di aziende a far da
intermediari, che in altri tempi, avrebbero detenuto le risorse indispensabili a soddisfare i
loro bisogni. Il web ci ha permesso di poter avere le risorse necessarie a disposizione in breve
tempo e a costi ridotti.
47
7.2 Il lavoro agile
Lo smart working è un approccio innovativo all’organizzazione del lavoro, volto alla
flessibilità e all’autonomia di scelta di spazi, orari e strumenti con cui lavorare, e che
prevede una valutazione delle performance sulla base dei risultati raggiunti; perché tale
approccio risulti efficace, deve integrarsi nella cultura aziendale e nei processi manageriali.
Secondo alcune ricerche ne deriverebbe un aumento della produttività media in azienda
(35-40%), un minor tasso di assenteismo (60% circa) e una maggiore soddisfazione
lavorativa, specie per le maggiori opportunità di conciliazione tra tempi di lavoro e vita
quotidiana (Casali 2015). Sicuramente l’adozione dello smart working permetterà alle
aziende di ridurre notevolmente i costi fissi per gli spazi-uffici e le infrastrutture. Perché si
possa innescare un cambiamento del modello di organizzazione del lavoro di un’azienda
nella direzione dello smart working è necessario che:

La comunicazione aziendale (interna ed esterna) venga resa agile e che favorisca
lo sviluppo di modalità di lavoro collaborative anche all’esterno dell’azienda. Ciò è
possibile attraverso il processo di digitalizzazione (o digital transformation), che
comporta anche la strutturazione di un sistema di comunicazioni unificate (unified
communications) e l’impiego di sistemi informatici collaboration oriented.

Vi sia un ripensamento delle policy organizzative nei termini di introduzione di forme
di flessibilità oraria e di luoghi, ad oggi riservate solo a pochi profili professionali.

Vengano riprogettati i layout fisici sulla base delle emergenti esigenze.

Il management riveda il proprio stile di leadership, spostandosi dalla logica della
valutazione orientata al controllo, ad una logica di valutazione per obiettivi, quindi
orientata al risultato.

Si ponga una maggiore attenzione ai comportamenti organizzativi, tenendo conto
che l’introduzione degli strumenti di comunicazione social hanno evidenziato una
configurazione delle relazioni (anche professionali) di tipo reticolare, che tende verso
la genesi di community.
Quali criticità esistono, che rendono difficoltosa la diffusione dello smart working sul territorio
nazionale? Il problema è soprattutto a livello normativo, ma vi contribuiscono anche una
certa rigidità delle relazioni industriali e una cultura del lavoro molto gerarchica. A
differenza del telelavoro (o remote working), in Italia lo smart working non è normato e ciò
48
ne rende lenta la sperimentazione e adozione, soprattutto per questioni di sicurezza (specie
ambientale) e problemi di identificazione della corretta tariffa INAIL.
Lo smart working si distingue dal telelavoro per almeno quattro aspetti:

Tecnologia – lo smart working richiede l’implementazione di un sistema di
comunicazioni unificate e la possibilità di operare attraverso i canali mobile, social
media e cloud computing.

Organizzazione – maggiore flessibilità e riduzione (o rimozione) dei vincoli di luogo e
orario di lavoro.

Leadership – i leader aziendali devono adottare un mindset manageriale ispirato ad
una visione della propria azienda in termini di community (o sistema culturale)
ammorbidendo l’impostazione gerarchica, riconoscendo l’importanza delle reti di
comunicazione informale.

Layout fisico – gli spazi di lavoro devono essere ripensati secondo le esigenze di
mobilità, accessibilità, flessibilità e
dinamicità richieste
dall’evoluzione
del
knowledge working.
Se lo smart working non è telelavoro, è anche vero che quest’ultimo può rientrare, come
modalità operativa di lavoro, nel più ampio modello organizzativo dello smart working.
Fondamento di tale impostazione è necessariamente la fiducia, che presuppone maggiore
responsabilizzazione del lavoratore e l’abbandono della logica del controllo propria del
lavoro subordinato. Secondo Casali (2015), in attesa che venga creata una normativa
specifica che regoli lo smart working, si potrebbe utilizzare come quadro di riferimento
nazionale quello già esistente in materia di telelavoro, affidando all’azienda e al
dipendente il compito di stipulare degli accordi individuali.
49
I benefici dello smart working
L’implementazione dello smart working impatta positivamente su molti aspetti organizzativi
(Crespi 2015):

Aumento della produttività (5% in media)

Riduzione del costo del lavoro

Risparmio di costi diretti, per via della riduzione delle postazioni di lavoro (1/3 in
media), della riprogettazione degli spazi fisici e dell’introduzione di policy di flessibilità
di orario e luogo di lavoro.
I
benefici
per
le
persone
sono
concreti:
riduzione
dei
tempi
e
costi
di
spostamento/trasferimento, un migliore equilibrio tra vita quotidiana e attività lavorativa,
un aumento globale di soddisfazione e motivazione.
7.3 Soluzioni adottate
La maggiore attenzione all’impatto sociale dell’attività organizzativa ha portato a riflessioni
sulle modalità di organizzazione del lavoro e della turnistica, nel tentativo di favorire un più
armonioso equilibrio tra lavoro e vita quotidiana (work-life balance), oltre che venire
incontro alla crescente popolazione di professionisti che necessitano di operare senza i
vincoli di una ‘postazione fissa’. Per molti knowledge worker sono cambiate le aspettative
e i valori circa la propria work experience, così come la qualità del contratto psicologico
che stabiliscono con le rispettive aziende. Essi ricercano sempre più nella propria esperienza
lavorativa la possibilità di autorealizzarsi, crescere e gestirsi in autonomia, uscendo fuori da
dinamiche relazionali incentrate sulla dimensione controllo-dipendenza per orientarsi verso
una logica di confronto continuo e su più livelli. Se da un lato viene ad assumere una
maggiore importanza la responsabilità dei singoli individui, aumentano però anche le
possibilità di valorizzarsi professionalmente.
Sul versante manageriale, ciò che spesso frena le classe dirigenti nell’adottare un tale
approccio all’organizzazione del lavoro è spesso la paura di perdere il controllo sui
subordinati e di veder calare il loro commitment, oltre che eventuali difficoltà di
coordinamento che possono insorgere.
50
Ad oggi alcune delle soluzioni lavorative che tengono conto di questi aspetti organizzativi
e psico-sociali sono:

Il co-working: consiste nella condivisione di un ufficio da parte di professionisti
appartenenti a diverse aziende, che mettono reciprocamente a disposizione le loro
competenze.

Il co-officing: in cui si utilizzano luoghi pubblici come uffici.

L’hot desking: un sistema di organizzazione degli uffici in cui più lavoratori usano una
singola workstation o superficie in diversi momenti/turni. La ragione principale di
adozione di questo sistema è una riduzione dei costi attraverso il risparmio di spazio.

Lo smartworking: consiste in un modello organizzativo volto alla promozione della
flessibilità e all’autonomia nella scelta di spazi, orari e strumenti con cui lavorare, in
base ad una regolare valutazione delle performance; ciò che lo distingue dal
telelavoro è l’adozione di un sistema di comunicazioni unificate, attraverso l’uso di
sistemi mobile, social media e cloud computing.
Vi sono poi, due soluzioni che si pongono agli ‘estremi’ del continuum: lavoro ‘sedentario’
e lavoro ‘nomade’. Nel primo caso possiamo parlare di uffici camaleontici, riferendoci a
quegli ambienti di lavoro completamente adattabili sulla base delle esigenze delle persone
che vi lavorano (es. con muri flessibili, pareti mobili, ecc…). Sull’altro versante troviamo il
non-ufficio (o nomadismo) che consiste nell’abolizione totale di ogni vincolo in termini di
spazio lavorativo: per lavorare basta solo ausilio di dispositivi mobile e Wi-Fi, senza la
necessità di definire la postazione o luogo in cui si andrà a lavorare.
51
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