EVENTO VALIDO PER LA FORMAZIONE PROFESSIONALE CONTINUA
IL CTU NELL'AMBITO DEL PROCESSO CIVILE.
PROFILI PROCESSUALI DELLA CONSULENZA TECNICA D'UFFICIO
Relatore:
Dott.ssa Simona Lo Iacono
Magistrato dirigente presso il Tribunale di
Siracusa, sezione distaccata di Avola
Luogo:
Aula Falcone-Borsellino
presso la Sezione distaccata del Tribunale di Avola
Giorno:
Giovedì 25 novembre 2010
Ora:
dalle 16:00 alle 19:00
EVENTO ACCREDITATO AI FINI DEI CREDITI FORMATIVI
Dott.ssa Simona Lo Iacono
LA CONSULENZA TECNICA
Profili generali
L’art. 61 c.p.c. disciplina la consulenza tecnica , anche se lo stesso non si riferisce alla
consulenza ma al consulente . Dispone : l’art. 61
Quando è necessario , il giudice può farsi assistere, per il compimento
di singoli atti o per tutto il processo , da uno o più consulenti tecnici di
particolare competenza tecnica .
La scelta dei consulenti deve essere normalmente fatta tra le persone
iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione
al presente codice .
Nel previgente codice di procedura civile si faceva menzione della << perizia >> e la
sostituzione della << perizia >> con la << consulenza tecnica >> non è stata una scelta
casuale ma dettata da ragioni sistematiche , che vedeva invero la dottrina divisa ,
sembrando che l’espressione << consulente >> meglio designasse un ausiliario del
giudice , sottraendolo , almeno nella impostazione dogmatica , a quel ruolo di coautore
del giudizio che poteva derivare da una sopravvalutazione dell’importanza della perizia
, quasi una sorta di fonte di prova sulle regole in parallelo con la testimonianza quale
fonte di prova sui fatti.
Al di là delle impostazioni generali e per principio , ed al di là della ricorrente e corretta
affermazione che la consulenza tecnica non è una prova ma un mezzo di prova , non di rado una
CTU , se correttamente disposta in quanto realmente necessaria per la comprensione << tecnica
>> di fatti , ha un peso preponderante nell’esito della causa .
Ricorrente , comunque , è l’affermazione che la consulenza non sia un mezzo di prova vero
e proprio ma un mezzo istruttorio ( cfr. , tra altre , Cass. civ. 6.5.2002 : << La consulenza
tecnica è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria) … >> )e che , pertanto , la
parte , che ha un interesse all’espletamento di una CTU , non formula al riguardo una
precisa richiesta istruttoria ma solo una << sollecitazione >> al giudice affinché si avvalga
dei suoi poteri officiosi :
<< In materia di procedimento civile, la consulenza tecnica non costituisce un
mezzo di prova, ma è finalizzata all'acquisizione, da parte del giudice del
merito, di un parere tecnico necessario, o quanto meno utile, per la
valutazione di elementi probatori già acquisiti o per la soluzione di questioni
che comportino specifiche conoscenze. La nomina del consulente rientra
quindi nel potere discrezionale di tale giudice, che può provvedervi anche
senza alcuna richiesta delle parti, sicché ove una richiesta di tale genere venga
formulata dalla parte essa non costituisce una richiesta istruttoria in senso
tecnico ma una mera sollecitazione rivolta al giudice perché questi,
avvalendosi dei suoi poteri discrezionali, provveda al riguardo; ne consegue
che una tale richiesta non può mai considerarsi tardiva, anche se formulata
solamente in sede di precisazione delle conclusioni, ne' generica, poiché è
sempre il giudice che, avvalendosi dei suoi poteri, delimita l'ambito
dell'indagine da affidare al c.t.u. >> ; Cass. civ. N. 5422 del 15.4.2002
Sebbene il codice collochi il CTU tra gli ausiliari del giudice , tuttavia poi disciplina la
consulenza tecnica nell’istruzione probatoria ( art. 191 e ss. ) , con ciò mostrando una qualche
titubanza sulla reale funzione della consulenza tecnica che si riverbera anche sulla
giurisprudenza . Da un lato il CTU può , nell’ambito della consulenza, procedere a veri e propri
accertamenti di fatto , come ad esempio constatazione di luoghi, mere descrizioni , misurazioni,
rilievi ) , e talvolta è lo stesso quesito che gli è stato posto ad esigere che non si limiti solo a
valutare secondo scienza ma ad accertare fatti secondo scienza , come il nesso causale tra un
fatto ed una malattia, l’accertamento della paternità in base ad una consulenza tecnica
ematologia .
Al riguardo , si usa distinguere tra consulente tecnico deducente e percipiente :
<< Il giudice può affidare al consulente tecnico non solo l'incarico di
valutare i fatti da lui stesso accertati o dati per esistenti (consulente
deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente
percipiente). Nel primo caso la consulenza presuppone l'avvenuto
espletamento dei mezzi di prova e ha per oggetto la valutazione di fatti i cui
elementi sono già stati completamente provati dalle parti; nel secondo caso
la consulenza può costituire essa stessa fonte oggettiva di prova, senza che
questo significhi che le parti possono sottrarsi all'onere probatorio e
rimettere l'accertamento dei propri diritti all'attività del consulente. In
questo secondo caso è necessario, infatti, che la parte quanto meno deduca il
fatto che pone a fondamento del proprio diritto e che il giudice ritenga che il
suo accertamento richieda cognizioni tecniche che egli non possiede o che
vi siano altri motivi che impediscano o sconsiglino di procedere
direttamente all'accertamento >>; Cass. civ. sez. U n. 9522 del 4.11.1996.
Sebbene l’art. 61 c.p.c. faccia riferimento ad uno o più consulenti , l’art. 191 , comma 2 , c.p.c.
prescrive che << possono essere nominati più consulenti soltanto in caso di grave necessità e
quando la legge espressamente lo dispone >> . Di regola ci si avvale di più consulenti quando la
questione è particolarmente complessa e richiede la conoscenza di più cognizioni tecniche o
quando la mole di lavoro è notevole ed è opportuno che il lavoro sia svolto da più persone .
Sebbene il numero pari possa creare qualche problema in casi di disaccordo tra i CTU, non è
tuttavia richiesto il numero dispari poiché quella del CTU non è una pronuncia ( che ha come
suo presupposto logico , nell’impasse della parità, che qualcuno prevalga è ciò è garantito dal
numero dispari ) ma un parere che ben può essere dato nella piena trasparenza delle diverse
posizioni che eventualmente dovessero insorgere tra i nominati CTU .
PROFILI PROBLEMATICI E RICORRENTI
LA CTU esplorativa
Quando una parte richiede al giudice che disponga una CTU l’ obiezione più frequente
è che la stessa ha carattere esplorativo non avendo la parte fornito alcun elemento tale
per suffragare il suo assunto e confidando nella CTU per rimediare ad un difetto di
impostazione sia in termini di allegazione che di richieste probatorie. Il carattere
esplorativo o meno va valutato in relazione alla finalità propria della consulenza
tecnica d'ufficio che è quella di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi
acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze . Quindi,
<< il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte
dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice
qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o
offerta di prove ovvero a compiere un'attività esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o
circostanze non provati. Ai sopraindicati limiti è consentito derogare unicamente
quando l'accertamento di determinate situazioni di fatto possa effettuarsi soltanto con il
ricorso a specifiche cognizioni tecniche, ed è consentito al c.t.u. anche acquisire ogni
elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non
prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori rientranti nell'ambito
strettamente tecnico della consulenza e non di fatti e situazioni che, essendo posti
direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano
necessariamente essere dalle medesime provati >> ; Cass. civ. n. 5422 del 15.4.2002 .
Rinnovazione della consulenza tecnica
Talvolta la parte insoddisfatta della CTU non si limita a che siano chiesti dei
chiarimenti al CTU ma richiede una rinnovazione della CTU stessa . Sul punto si
registrano due orientamenti . Un primo orientamento ritiene che qualora la parte
richieda la rinnovazione delle indagini tecniche specificando le ragioni di detta
richiesta il giudice è sì libero di disporla o meno, ma nel caso in cui non la disponga, a
differenza del caso contrario, è tenuto a motivare sul punto.
Secondo altro orientamento , in tema di consulenza tecnica d'ufficio, il giudice di
merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una
nuova consulenza d'ufficio, atteso che il rinnovo dell'indagine tecnica rientra tra i poteri
istituzionali del giudice di merito, sicché non è neppure necessaria una espressa
pronunzia sul punto.
La rinnovazione delle indagini è diversa dalla sostituzione del CTU che può avvenire
solo per gravi motivi ( art. 197 c.p.c.) . Qualora siano state rinnovate le indagini e
coesistano due consulenze tecniche tra loro contrastanti si è ritenuto che occorre una
puntuale motivazione qualora il giudice ritenga di aderire alla prima consulenza e non
invece quando condivida le conclusioni della seconda qualora questa, di fatto, abbia
tenuto presente, confutandole , le argomentazioni dell’altra.
Le ammissioni del CT di parte
Probabilmente la componente tecnica e scientifica del confronto tra il CTU ed i
Consulenti di parte talvolta favorisce delle parziali ammissioni dei CT di parte su
singoli aspetti in fatto della contesa. Tuttavia , in sede di valutazione processuale della
espletata CTU il difensore della stessa parte, come spesso accade, ben può sconfessare
il <<suo >> CTP continuando a contestare quei fatti che il CTP aveva dato per
pacifici . E’ stato ritenuto che le dichiarazioni rese dal consulente tecnico nominato
dalla parte ai sensi dell'art. 201 cod. proc. civ., ammissive di fatti sfavorevoli alla
stessa, sono prive di valore confessorio, non essendo vincolanti per la parte
rappresentata. Infatti << le ammissioni del consulente tecnico di parte non hanno
l'efficacia della confessione, la quale, per il suo contenuto dispositivo, deve provenire,
come richiede l'art. 2730 cod. civ., dalla parte >>.
Le ammissioni della parte al CTU
Questione diversa è se nell’ambito dei chiarimenti che il CTU ha chiesto alla parte
( 194 c.p.c. ) questa abbia fatto dichiarazioni a sé sfavorevoli . Si è ritenuto che tale
dichiarazione integrasse gli estremi di una confessione stragiudiziale fatta ad un terzo e
quindi liberamente apprezzata dal giudice . : << L'affermazione della parte o, se questa
è una società, del suo legale rappresentante, di fatti a sè sfavorevoli resa al consulente
tecnico d'ufficio, considerato come terzo al di fuori del processo, integra una
confessione stragiudiziale liberamente apprezzabile dal giudice, ai sensi dell'art. 2735,
primo comma, cod. civ., con apprezzamento che, se congruamente motivato, non è
sindacabile in sede di legittimità>> ; Cass. civ. n. 18987 dell’11.12.2003 .
Il valore probatorio dei fatti accertati dal CTU
Nessun problema si pone quando si tratta di una consulenza tecnica << percipiente >>
poiché il CTU è chiamato proprio ad accertare un fatto . Nelle CTU << deducenti >>
talvolta il CTU , nell’ambito delle operazioni peritali , accerta dei fatti di cui lascia
chiara traccia nella relazione, fatti che fino al deposito della relazione non avevano
trovato ingresso nella causa non essendo né pacifici né essendo stati oggetto di prova .
Può la consulenza costituire prova di tali fatti ? La giurisprudenza tende a distinguere
tra i fatti fondanti le domande o le eccezioni delle parti e i fatti che rispetto ai primi
hanno un carattere accessorio :
<< La consulenza tecnica pur non costituendo, nel vigente codice di rito
un mezzo di prova, non essendo diretta ad acclarare la verità o meno di
determinati fatti, può assumere il valore di oggettiva fonte di
convincimento ove trattisi di fatti rientranti nell'ambito strettamente
tecnico della consulenza e non di circostanze o situazioni storiche che, in
quanto poste a fondamento della domanda o dell'eccezione, debbono
essere provate dalle parti >> ; Cass. civ. n. 8395 del 20.6.2000.
<< il consulente tecnico d'ufficio, nello svolgimento delle indagini che è
stato autorizzato a compiere da solo, è abilitato ad assumere informazioni
da terzi e ad acquisire, anche di sua iniziativa, ogni elemento necessario
per rispondere ai quesiti, ancorché risultante da documenti non prodotti in
causa, sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell'ambito
strettamente tecnico della consulenza, e non di fatti o situazioni che, in
quanto posti direttamente a fondamento delle domande e delle eccezioni
delle parti, debbono essere provati da queste. Tali elementi possono essere
utilizzati dal giudice per la formazione del proprio convincimento, se
riferiti nella relazione di consulenza con indicazione della fonte cui sono
stati attinti, in modo da consentire nel processo il controllo
sull'attendibilità dei medesimi >>; Cass. civ. n. 2543 del 23.3.1988.
Chiarimenti e informazioni chiesti dal CTU
IL CTU , se autorizzato , può domandare chiarimenti alle parti ed assumere informazioni
da terzi . Più volte il CTU , sebbene non sia stato autorizzato , comunque chiede alle parti
dei chiarimenti o assume informazioni da terzi . Costante è l’indirizzo giurisprudenziale
secondo cui per l’espletamento di tali attività il CTU non ha bisogno di alcuna preventiva
autorizzazione. Invero di << autorizzazione >> parla il già citato art. 194 , ultimo comma,
c.p.c. , e quindi la sostanza dell’orientamento di cui si è riferito è che la consulenza non è
affetta da alcuna nullità anche se contenga o comunque prenda in considerazione i
chiarimenti che le parti hanno fornito al CTU o le informazioni assunte da terzi . Costanti ,
inoltre , sono le seguenti affermazioni : a) che i chiarimenti e le informazioni debbono
vertere sui fatti accessori e non sui fatti principali; b) che lo sconfinamento da tali ambiti
comporta la nullità di tali acquisizioni ; c) che deve essere indicata la fonte in modo da
consentire al giudice un eventuale controllo ; d) che detti elementi concorrono con le altre
risultanze di causa al convincimento del giudice .
Significativa la seguente massima :
<< Il consulente tecnico, nell'espletamento del mandato ricevuto, può
chiedere informazioni a terzi ed alle parti, per l'accertamento dei fatti
collegati con l'oggetto dell'incarico, senza bisogno di una preventiva
autorizzazione del giudice e queste informazioni, quando ne siano indicate
le fonti, in modo da permettere il controllo delle parti, possono concorrere
con le altre risultanze di causa alla formazione del convincimento del
giudice; il c.t.u., nella verbalizzazione di siffatte informazioni, in quanto
ausiliario del giudice, ha la qualità di pubblico ufficiale e, pertanto, l'atto
da lui redatto, il quale attesta che a lui sono state rese le succitate
informazioni fa fede fino a querela di falso (Nella specie, la S.C. ha
ritenuto incensurabile la sentenza impugnata che aveva valutato
l'informazione assunta dal c.t.u. dalla parte, dalla quale risultava che
quest'ultima era risultata affetta da ulcera duodenale da una data anteriore
a quella indicata ed asseritamente ascritta dalla parte alle condizioni del
luogo di lavoro) >>; Cass. civ. N. 15411 del 10.8.2004 .
La produzione di documenti
A meno che la consulenza tecnica non sia stata disposta d’ufficio prima dello scadere del
termine per la formulazione delle richieste istruttorie è da ritenere , essendo preclusa la
produzione di ulteriori documenti dopo tale sbarramento , che le parti non possano dare al
CTU alcun documento che non siano quelli già ritualmente prodotti . Tuttavia , in
riferimento alla CTU afferenti ad un esame contabile , l’art. 198 c.p.c. dispone che <<
il consulente sente le parti e , previo consenso di tutte , può esaminare anche documenti e
registri non prodotti in causa . Di essi , tuttavia senza il consenso di tutte le parti non può
fare menzione nei processi verbali o nella relazione di cui all’art. 195 >> . Si tratta di una
norma relativa alle consulenze contabili e non generalizzabile . Si tenga anche presente che
l’art. 121 del codice della proprietà industriale all’ultimo comma dispone che << Nella
materia di cui al presente codice il consulente tecnico d'ufficio può ricevere i documenti
inerenti ai quesiti posti dal giudice anche se non ancora prodotti in causa rendendolo noti a
tutte le parti >> . Anche in questo caso si tratta di una norma che si applica solo alle cause
di tipo << industrialistico >>. Non vi è ragione di estendere dette regole al di fuori delle
materie cui si riferiscono , tanto più che , in base alle scansioni del codice di rito , la
produzione dei documenti è soggetta a rigidi sbarramenti . Tuttavia , poiché sia nelle
consulenze contabili che in quelle afferenti le materie della proprietà intellettuale non vi è
una rituale produzione del documento ( l’art. 121 menzionato dice che il CTU può
<<ricevere >> i documenti e l’art. 195 c.p.c. che il CTU può << esaminare >> i documenti
e i registri ) si potrebbe ritenere che anche nei giudizi ordinari , qualora entrambe le parti ,
in particolare i loro difensori e non i CT di fiducia , abbiano, durante la consulenza, dato il
concorde assenso alla utilizzazione di un documento, questo non sarà un documento <<
prodotto >> ma un elemento della consulenza , al pari di altri elementi acquisiti dal CTU ,
come le informazioni da terzi . Dunque , prove atipiche che il giudice, in concorso con altri
elementi , potrà liberamente e prudentemente apprezzare.
In base alla regola della relatività delle nullità nell’ambito delle consulenze tecniche , si è
ritenuto che qualora la parte consegni un documento al CTU e questo lo utilizzi
l’eccezione, pena la sanatoria della utilizzazione del documento , va proposta nella prima
istanza o difesa successiva al deposito della relazione.
Va evidenziato, infine , il disposto dell’art. 2711 del codice civile che conferisce al giudice
il potere d’ufficio di ordinare la comunicazione integrale dei libri, delle scritture contabili e
della corrispondenza nelle controversie relative allo scioglimento delle società, alla
comunione dei beni e alla successione per causa di morte . Continua detto articolo che <<
negli altri casi il giudice può ordinare , anche d’ufficio , che si esibiscano i libri per estrarre
le registrazioni concernenti la controversia in corso . Può ordinare altresì l’esibizione di
singole scritture contabili , lettere, telegrammi o fatture concernenti la controversia stessa
>> . Se tale norma configura un potere del giudice e sempre che tale potere non venga
utilizzato per rimediare alle carenze della parte , tale potere potrebbe essere strumentale e
funzionale ad una compiuta consulenza che per rispondere al quesito necessiti di alcuni
documenti ( quelli indicati nell’art. 2711 c.c. ) individuati, però, solo durante le operazioni
peritali. Oppure documenti non prodotti in quanto ragionevolmente ritenuti irrilevanti ma
che poi , per la dinamica sviluppatasi all’interno della consulenza tecnica , possono
assumere una certa valenza . In tal caso la parte interessata o lo stesso CTU potrebbero
sollecitare il giudice ad avvalersi di tale potere .
LE IRREGOLARITA’ DELLA CTU
Consulenza eccedente i limiti del mandato
Quando il CTU esorbiti dai limiti del mandato procedendo ad attività che non erano
necessarie ai fini del quesito posto o anche formulando conclusioni ulteriori rispetto a
quelle attinenti all’oggetto della consulenza non si verifica una nullità ma tali elementi,
possono comunque costituire oggetto di libero apprezzamento da parte del giudice .
Infatti << nell'ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla
tassatività tipologica dei mezzi di prova. Ne consegue che il giudice può
legittimamente porre a base del proprio convincimento anche prove cosiddette atipiche,
purché idonee a fornire elementi di giudizio sufficienti, se ed in quanto non smentite
dal raffronto critico - riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di
legittimità, se congruamente motivato - con le altre risultanze del processo. In
particolare, il giudice del merito può trarre elementi di convincimento anche dalla parte
della consulenza d'ufficio eccedente i limiti del mandato, ma non sostanzialmente
estranea all'oggetto dell'indagine in funzione della quale è stata disposta >>.
Omessa verbalizzazione delle operazioni peritali
L’art. 195 c.p.c. dispone che :
Delle indagini del consulente si forma processo verbale quando sono
compiute con l’intervento del giudice istruttore, ma questi può anche
disporre che il consulente rediga relazione scritta .
Se le indagini sono compiute senza l’intervento del giudice , il consulente
deve farne relazione, nella quale inserisce anche le osservazioni e le
istanze delle parti . La relazione deve essere depositata in cancelleria nel
termine che il giudice fissa .
Quando il consulente compie le sue indagini in presenza del giudice istruttore ( ipotesi
invero assai rara ) si redige il processo verbale . Nell’ipotesi in cui , invece , molto più
frequente , il CTU è stato autorizzato a compiere le operazioni senza l’intervento del
giudice il consulente si limita a redigere una relazione scritta che deve essere
consegnata in cancelleria nel termine ( che ha carattere ordinatorio) fissato dal giudice .
Sebbene, e opportunamente , sia invalsa la prassi da parte dei CTU di redigere un
processo verbale delle operazioni svolte, lo stesso non è tuttavia necessario .
L’impedimento del CT di parte
Il CTU di regola preferisce fissare l’inizio delle operazioni peritali
all’udienza in cui gli viene conferito l’incarico ciò esonerandolo dal
comunicare alle parti l’inizio delle operazioni stesse. Tuttavia non sempre
per la data fissata dal CTU , tanto più se a breve distanza dall’incarico , i
CT di parte sono liberi da impegni . In genere CTU e CTP trovano sempre
un ragionevole accordo sui tempi delle operazioni peritali ma se il CTU
procede secondo la <<sua>> agenda ed ignora gli impegni degli altri
potrebbe mettere la parte in condizioni di non dare un effettivo apporto
alla consulenza . Al riguardo va rilevato un rigoroso orientamento
secondo cui l’impedimento del CT di parte è causa di nullità della
consulenza tecnica solo se si è trattato di un impedimento riconducibile ad
un evento eccezionale ( Cass. civ. n. 2589 del 20.2.2003 : << In tema di
consulenza tecnica, rientra nella discrezionalità del giudice istruttore
stabilire se la mancata partecipazione del consulente tecnico di parte alle
operazioni peritali sia stata determinata da un impedimento riconducibile
ad eventi eccezionali e, in ogni caso, l'eventuale nullità della consulenza
derivante dalla sua mancata partecipazione a dette operazioni ha carattere
relativo e, conseguentemente, deve essere eccepita, a pena di decadenza,
nella prima udienza successiva al deposito della relazione >>) .
L’omesso avviso dell’inizio delle operazioni peritali
L’art. 90 delle disposizioni di attuazione recita :
Il consulente tecnico che, a norma dell’art. 194 c.p.c. è autorizzato a
compiere indagini senza che sia presente il giudice , deve dare
comunicazioni alle parti del giorno, ora e luogo di inizio delle operazioni ,
con dichiarazione inserita nel processo verbale d’udienza o con biglietto a
mezzo del cancelliere.
Il consulente non può ricevere altri scritti difensionali oltre quelli
contenenti le osservazioni e le istanze di parte consentite dall’art. 194 del
codice . In ogni caso deve comunicare alle parti avverse copia degli scritti
difensionali .
E’ necessario , quindi , come peraltro spesso avviene, che l’inizio delle operazioni
peritali sia già fissato dal CTU nella stessa udienza in cui gli viene conferito l’incarico .
Se ciò non avviene le parti ( quindi i loro difensori ) debbono essere avvertite del
giorno , dell’ora e del luogo dell’inizio delle operazioni , e ciò con biglietto di
cancelleria . Eguale comunicazione va effettuata al consulente tecnico di parte ( art. 91
disp. Att. c.p.c. ) . Un primo rilievo è che di fatto è sempre il CTU che comunica, a
mezzo di lettera raccomandata , alle parti ed ai CT di fiducia l’inizio delle operazioni
peritali e sebbene ciò costituisca una irregolarità di fatto garantisce che le parti sono
messe nella reale ed effettiva condizione di conoscere quando iniziano le operazioni
peritali e non si verifica alcuna lesione del diritto al contraddittorio .
L’avviso è necessario solo per l’inizio delle operazioni peritali e non per le operazioni
successive . Peraltro la nullità è relativa e resta quindi sanata se non viene eccepita
nella prima istanza o difesa successiva , anche se si è trattato di una udienza di rinvio
proprio per consentire l’esame della relazione . In realtà le operazioni successive
vengono comunicate dal CTU durante la prima operazione e quindi alle parti o ai CT di
fiducia presenti . Nessun obbligo ha il CTU di avvisare le parti assenti delle ulteriori
operazioni e ciò perché << ai sensi degli artt. 194, secondo comma, cod. proc. civ. e 90
primo comma disp. att. cod. proc. civ., alle parti va data comunicazione del giorno, ora
e luogo di inizio delle operazioni peritali, mentre l'obbligo di comunicazione non
riguarda le indagini successive, incombendo alle parti l'onere di informarsi sul
prosieguo di queste al fine di parteciparvi >> . Nel caso in cui è il CTU a non indicare ,
durante la prima operazione peritale , il giorno e l’ora del prosieguo delle operazioni
stesse , << egli ha l'obbligo di avvertire nuovamente le parti e l'inosservanza di tale
obbligo può dar luogo a nullità della consulenza (peraltro relativa e quindi sanabile se
non dedotta nella prima difesa o udienza successiva), ma solo se quella inosservanza
abbia effettivamente comportato, con riguardo alle circostanze del caso concreto, un
pregiudizio del diritto di difesa >>103. Qualora il giudice chieda al CTU dei chiarimenti
in forma scritta il consulente non è tenuto a comunicare alle parti alcuna ulteriore
operazione peritale se si limita ad esplicitare la già depositata relazione senza acquisire
ulteriori e nuovi dati o elementi di valutazione
Carattere relativo delle nullità
Uniforme è l’orientamento giurisprudenziale di ritenere che tutte le nullità relative
all’espletamento della consulenza tecnica hanno carattere relativo e quindi restano
sanate se non rilevate nella prima istanza o difesa successiva al deposito della relazione
( art. 157 c.p.c.). Chiara , sul punto , la seguente massima proprio in relazione alla sua
affermazione generalizzante :
Tutte le nullità relative all'espletamento della consulenza tecnica hanno carattere
relativo e devono essere fatte valere nella prima udienza successiva al deposito della
relazione, restando altrimenti sanate (nella specie, la S.C. ha ritenuto sanata la nullità
conseguente all'omessa comunicazione dell'inizio delle operazioni per non essere stata
eccepita all'udienza successiva alla comunicazione del provvedimento di liquidazione
del compenso al CTU ne' in quelle seguenti); Cass. civ. n. 10870 dell’1.10.1999.
LO SVOLGIMENTO DELLE OPERAZIONI PERITALI E I TERMINI DI
DEPOSITO DELLA RELAZIONE alla luce della novella del 2009
La Legge numero 69 del 18 Giugno 2009, Disposizioni per lo Sviluppo Economico,
la Semplificazione, la Competitività, nonché in materia di Processo Civile, in
vigore dal 4 Luglio 2009, ha introdotto, tra le altre, alcune modifiche al Codice di
Procedura Civile negli articoli 191 e 195, che trattano dell'incarico e dello
svolgimento della Consulenza Tecnica.
Da una prima lettura delle novità introdotte con la riforma del processo civile del
2009 la prima impressione che se ne trae è che l’intenzione del legislatore sia stato
quello di razionalizzare e di ridurre i tempi di svolgimento delle attività relative alla
consulenza tecnica di ufficio.
Le nuove norme, infatti, allo scopo di accelerare l’iter della consulenza tecnica
hanno anticipato la formulazione dei quesiti da sottoporre all’esperto prevedendo
che il giudice a ciò provveda con la stessa ordinanza che ammette la consulenza
tecnica di ufficio.
Ricostruendo le linee della riforma, è stato affermato come il nostro legislatore
abbia inteso realizzare una sorte di “miniprocedimentalizzazione” dell’istituto della
consulenza tecnica di ufficio, incentrando le trasformazioni essenzialmente sulla
disciplina degli artt. 191 e 195 C.p.c. che, quali norme intese a regolarne lo
svolgimento, possano garantire una efficace accelerazione dell’iter della consulenza
tecnica.
La novità più rilevante (nonostante sia prassi da tempo già utilizzata da alcuni
Giudici) riguarda lo svolgimento delle operazioni peritali, in quanto, ex art. 195
c.p.c., il Giudice fissa il termine entro il quale le parti devono trasmettere al
consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il termine, anteriore alla
successiva udienza, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la
relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica valutazione sulle stesse. La
relazione deve essere depositata in Cancelleria nel termine che il giudice fissa.
Con le trasformazioni della disciplina dell’art. 195, comma 3 si prevede che
l’elaborato peritale debba essere trasmesso alle parti prima di essere depositato in
Cancelleria e ciò per consentire a queste di trasmettere a loro volta all’esperto
osservazioni e note scritte delle quali l’esperto dovrà fornire espressa e sintetica
risposta contestualmente al deposito della relazione.
Si ritiene a tal fine che l’esperto, solo all’esito della compiuta esplicazione del
contraddittorio, potrà provvedere al deposito in cancelleria della relazione, delle
osservazioni delle parti e di una sintetica valutazione delle stesse.
Il CTU, quindi, dovrà far conoscere alle parti la risposta motivata ai quesiti entro un
primo termine fissato dal Giudice; queste (attraverso i CTP eventualmente
nominati) dovranno entro un secondo termine, di regola estremamente breve,
comunicare al CTU le proprie osservazioni e controdeduzioni; infine, il CTU dovrà
depositare, entro l'ultimo termine stabilito, la relazione finale, contenente anche le
risposte alle osservazioni delle parti.
Per comprendere tale innovazione negli aspetti procedurali della C.T.U. è
importante evidenziare come – prima delle modifiche di cui all’art. 195 c.p.c. - le
memorie di osservazione alla ctu avevano di regola lo scopo di richiamare il CTU a
chiarimenti ovvero di sollecitare una rinnovazione o un supplemento di ctu, con la
conseguenza che spesso si rendevano necessari uno o più rinvii per l’audizione del
consulente del giudice con l’effettuazione di onerosi supplementi.
Negli altri casi, quando le memorie rappresentavano semplici argomentazioni
critiche, senza finalità ulteriori sullo svolgimento dell’istruttoria, queste potevano
essere ricomprese nelle memorie conclusionali o nella discussione orale della
causa, senza bisogno di un termine apposito.
Recependo le indicazioni contenute nel parere dell’Associazione Nazionale
Magistrati, le commissioni riunite del Senato – in sede di esame del Pdl S1082, nel
testo trasmesso dalla Camera – hanno ulteriormente modificato il testo dell’art.
195, che ora così dispone: “La relazione deve essere trasmessa dal consulente alle
parti costituite nel termine stabilito dal giudice con ordinanza resa all'udienza di cui
all'articolo 193. Con la medesima ordinanza il giudice fissa il termine entro il quale
le parti devono trasmettere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione e il
termine, anteriore alla successiva udienza, entro il quale il consulente deve
depositare in cancelleria la relazione, le osservazioni delle parti e una sintetica
valutazione sulle stesse”.
Con le modifiche richiamate è stato previsto un termine interno alle operazioni
peritali e utilizzando una utile prassi già sperimentata in alcuni Tribunali è stato
consentito ai consulenti di parte di svolgere le loro osservazioni nel corso delle
operazioni peritali al fine di garantire il contraddittorio con le parti ed evitando un
inutile passaggio in udienza.
Nel verbale di giuramento, dunque, il giudice deve indicare al consulente d’ufficio:
- un primo termine, entro il quale costui deve inviare alle parti una relazione
provvisoria, per il loro esame;
- un secondo termine per far pervenire al consulente d’ufficio le (eventuali)
memorie critiche dei consulenti di parte;
- un terzo termine, con scadenza anticipata rispetto all’udienza di rinvio (di modo
che sia le parti, sia il giudice, possano prenderne visione per tempo), entro il quale
il consulente deve depositare in cancelleria la relazione conclusiva; questa dovrà
necessariamente contenere le osservazioni delle parti e la sintetica “risposta” del
consulente d’ufficio alle stesse.
Questo meccanismo consente di anticipare le discussioni che normalmente si
aprivano all’udienza successiva al deposito e che spesso comportavano ulteriore
attività istruttoria; inoltre, riconduce le osservazioni dei consulenti di parte
nell’ambito suo proprio, e cioè nel contraddittorio con l’ausiliario
tecnico del giudice.
Va, in ogni caso, riferito come il termine stabilito per il deposito della relazione
viene qualificato come meramente ordinatorio sulla scorta del rilievo della mancata
previsione dello stesso “a pena di decadenza” e pertanto, in mancanza di una
espressa declaratoria di perentorietà sembra dunque doversi ritenere che tutti i tre i
termini, previsti dall’art. 195, comma 3, per come riformato, siano da considerarsi
ordinatori restando comunque ferma la necessità che, in caso di proroga del termine
per l’invio della relazione alle parti richiesta dal consulente e autorizzata dal G.I.,
saranno conseguentemente prorogati a catena tutti i termini previsti dall’art. 195, III
comma, c.p.c.
E’ di tutta evidenza che la concessione dei termini previsti dal riformato art. 195
c.p.c. è finalizzata a consentire alle parti, attraverso i propri consulenti nominati, il
compiuto esercizio del contraddittorio sulle risultanze peritali e pertanto la mancata
concessione del termine per formulare osservazioni dovrebbe integrare una ipotesi
di nullità o inutilizzabilità della stessa relazione di consulenza tecnica.
A ciò aggiungasi come il mancato svolgimento di tale attività da parte del C.T.U. in
contraddittorio con i consulenti di parte dovrebbe giustificare la eventuale richiesta
delle parti perché siano disposte a cura dell’esperto ulteriori indagini suppletive o
comunque di chiamare lo stesso a chiarimenti.
E’ stato ritenuto pertanto che l’ intervento sulla disciplina del comma III dell’art
195 c.p.c. operato dal legislatore della riforma del 2009 è finalizzato a realizzare un
effetto assai significativo di valorizzazione del ruolo dei consulenti di parte, dal
momento che la loro formazione della prova scientifica potrà trasformarsi da
occasionale o eventuale a fisiologica nella formazione dei complessivi risultati
posti a disposizione del giudice, con la conseguenza che la dialettica fra l’esperto
nominato (C.T.U.) e i consulenti di parte può consentire al giudice maggiori
possibilità di verifica e di controllo dei risultati forniti dall’esperto sia sotto il
profilo della coerenza logica della complessiva elaborazione sia della affidabilità
delle informazioni sotto il profilo tecnico scientifico.
Dott.ssa Simona Lo Iacono
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