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Recensione Romanzo Storico
Le Colpe dei Padri
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Le colpe dei padri, romanzo d’esordio di Livio Gambarini, è
moltissime cose, come d’altronde è moltissime cose anche il suo
autore.
Autore:
Livio Gambarini
Casa Editrice:
Silele
Anno Edizione:
2014
Codice ISBN:
9788896701737
Pagine:
416
Prezzo:
15,00€
Genere:
Romanzo Storico
L’autore Cominciamo proprio dallo scrittore: Livio è una vecchia
conoscenza de La Tela Nera, scrittore poliedrico e dall’adattabilità
estrema, di quelli che a doverli chiudere in una categoria o
definizione finiresti di sicuro col far loro un torto. L’unica cosa che si
può dire di lui e della sua scrittura è che è immersivo. Non importa
che stia scrivendo di fatine o di assassini, saprà sempre trascinare il
lettore all’interno della storia, non facendogliela banalmente
leggere, ma facendogliela vivere.
Per dare qualche dato oggettivo: laureato in lettere moderne
all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, una
specializzazione in filologia presso il medesimo ateneo, prima
studente e poi tutor del corso "il piacere della scrittura" sempre
presso la Cattolica, ha saputo guadagnarsi i gradi "sul campo",
piazzandosi tra i finalisti di innumerevoli concorsi letterari nazionali
come il Chrysalide (Mondadori) o lo Scrittori in carrozza (indetto da
Trenord). Molte anche le pubblicazioni di racconti all’attivo,
apprezzate e lodate da innumerevoli esponenti del gotha della
letteratura italiana, fantastica e non, citiamo l’antologia 10 passi
nell’aldilà, la cui prefazione di Valerio Evangelisti (Cartagena,
Mondadori) ha riservato parole importanti per Gambarini e che è
stata seguita nelle sue presentazioni in giro per l’Italia da autori
come Luca Tarenzi (Godbreaker, Salani), Adriano Barone (Carni
(e)strane(e), Mondadori) e Alan D. Altieri (Juggernaut, TEA).
Quindi, nonostante la dicitura "romanzo d’esordio", non si pensi che
si stia parlando di uno scrittore alle prime armi.
Il romanzo, uno sguardo generale Venendo invece all’opera
vera e propria, Le colpe dei padri è un romanzo storico, quindi
basato su personaggi e avvenimenti realmente esistiti e accaduti in
Italia durante il XIV secolo. Proprio nella accurata ma mai pesante
ricostruzione storica si cela uno dei più pronunciati punti di forza
dello scritto. L’autore riesce a parlarci di un mondo molto distante
da quello odierno, declinandolo in modo da esaltarne i tratti comuni
e appassionare il lettore alle differenze. Molti i temi toccati in
questo senso: dalle congiure di palazzo agli intrighi politici, dal
confronto tra potere temporale e spirituale all’inquisizione, dalle
leggende popolari narrate attorno ai fuochi ("i Cagnì del MùtAltrech"
e "la Egia di Cadene" tengono a più riprese col fiato sospeso) alla
condizione della donna all’epoca.
Tutto ciò avviene in una cornice delle più suggestive: l’epico
scontro ideologico e politico, l’infinito braccio di ferro tra
l’Imperatore (Ludovico il Bavaro) e il Papa (Giovanni XXII), in uno
dei suoi momenti più critici: la discesa dell’imperatore in Italia.
Le fazioni guelfe e ghibelline sono all’opera in ogni città, grande o
piccola, dando vita a una lotta il più delle volte senza quartiere né
regole.
Come direbbe l’autore "Il medioevo era questo, cari amici", e lui
non ce ne risparmia certo le crudeltà o le ingiustizie, cosa
apprezzabilissima perché dà valore storico allo scritto, fa riscoprire
quel lato della storia che a scuola non ci raccontano più, riducendo
il tutto a "nell’anno X è successo l’avvenimento Y". Qui gli
avvenimenti sono vividi, reali, li viviamo attraverso gli occhi dei
protagonisti, con le loro passioni, i loro desideri, le loro debolezze.
I personaggi Venendo proprio ai personaggi, la narrazione è
suddivisa in tre filoni, ciascuno corrispondente a uno dei
protagonisti del romanzo: Nera da Vertova, Jacopo de Apibus detto
Crotto e Azzone Visconti.
I tre, come si può capire già dai nomi, sono esponenti di strati
sociali molto diversi tra loro.
Si comincia con Nera, figlia di un tintore di un piccolo borgo delle
valli bergamasche, le sue origini sono tra le più umili e il suo sesso
non è di certo un valore aggiunto per lei, visto il periodo in cui sono
ambientate le vicende.Tuttavia è forse il personaggio più empatico
dell’intero romanzo, quello di cui si seguono con più interesse,
gioia, tristezza e apprensione le vicende, è forte ma umana,
intraprendente e coraggiosa ma anche insicura, di una
tridimensionalità davvero notevole.
Inoltre è estremamente funzionale nell’ottica di trasportare il lettore
nello stile di vita delle fasce meno abbienti della popolazione, così
come nel fornire quel punto di vista che spesso non è riportato
dagli storici: quello del volgo.
Jacopo invece è un dotto letterato di Bergamo, uno studioso,
insegnante nella prestigiosa scuola de Apibus, di proprietà di suo
padre. Incarna al meglio la classe "borghese", professionisti di un
certo settore con paghe interessanti, ma sempre sottoposti
all’autorità di qualche signore o burocrate locale, con tutto ciò che
ne consegue. Ciò che lo rende tanto speciale è una strana malattia
che gli rende sufficienti appena un paio di ore di sonno per notte
per essere completamente riposato. La domanda che ci si deve
porre è: "come impiegherà mai tutte le ore in più di cui dispone
dormendo così poco?". Io ovviamente non ve lo dico, ma sappiate
che… dovete leggere questo libro! Appena incontrato, dico la verità,
non nutrivo grandi aspettative nei suoi confronti, ma arrivate anche
solo alla fine del primo capitolo dedicato a lui e vi ricrederete.
Infine abbiamo Azzone Visconti, l’erede al trono di Milano, quella
che sarà più importante città ghibellina d’Europa. Nel 1300, i draghi
viscontei erano una delle famiglie più temute e rispettate d’Italia, il
Papa stesso, per limitarne il potere, si scomodò a scomunicare
l’intera città e tutti i suoi abitanti, cosa che non era propriamente
comune. I Visconti non sono solo Azzone, ovviamente, Livio
Gambarini ci porta all’interno delle corti italiche dell’epoca e ci
mostra un mondo fatto di intrighi, rivalità, vendette trasversali,
leoni che si rivelano agnelli, agnelli che si rivelano serpenti e
serpenti che fanno la parte dei leoni. Figura di spicco di questo
filone è senza dubbio Marco Visconti, zio e mentore del giovane
Azzone, nonché combattente tra i più temuti della cristianità,
considerato da alleati e rivali uno degli uomini più pericolosi
dell’epoca, svelto tanto di mente quanto di spada.
Di questi protagonisti e di tutti i personaggi che orbitano loro
attorno, gli unici partoriti dalla mente dello scrittore sono i villici
legati al filone di Nera. Per quanto riguarda tutto il resto, i
personaggi sono tutti realmente esistiti e le loro vicissitudini sono al
massimo grado conformi a quelle che sono state le vicende
storiche.
Le vite di questi personaggi, di cui non vi anticipo nulla, paiono
inizialmente del tutto sconnesse tra loro ma, col procedere delle
pagine, ci si ritroverà invischiati in una storia più grande che non è
la banale somma delle tre.Nel processo, ogni linea di trama spinge
e innalza le altre, sempre di più, in un crescendo che culmina in
una serie di avvenimenti da cui difficilmente riuscirete a staccarvi.
L’ambientazione Uno dei punti forti del romanzo. Il grandissimo
lavoro di documentazione trasuda da ogni singola parola, scena e
ambiente che si incrocia nello scritto, tanto a livello di ricostruzione
storica degli avvenimenti e dei luoghi che delle abitudini, della
quotidianità, delle credenze e dalla psicologia dei personaggi. Come
già accennato prima, non è un romanzo sul medioevo, è un
romanzo che porta dentro al medioevo, mostrandocelo, facendocelo
sentire sulla nostra pelle.
Anche le dinamiche politiche sono molto curate, il conflitto tra
papato e impero (guelfi e ghibellini) è molto articolato, se ne
possono gustare le ripercussioni sia nelle alleanze tra famiglie
potenti, nei voltafaccia, in esponenti di spicco che fanno il
doppiogioco da tutte le parti possibili alla ricerca del proprio
tornaconto, sia nelle campagne.Si vede bene come in queste lotte
di potere, che poco avevano a che fare con la popolazione, lo scotto
più alto spesso lo pagavano proprio i popolani. Uno spaccato
davvero interessante e coinvolgente che fa da filo conduttore a
volte esplicito e a volte occulto durante l’intero romanzo.
A livello geografico il fulcro della trama si svolge in Lombardia, tra
Bergamo e Milano, ma l’autore non perde l’occasione di mostrarci
anche molti altri luoghi all’epoca molto rilevanti, ne sono due
esempi Lucca e Roma, delle quali si riesce a respirare l’atmosfera in
modo molto naturale.
Fabula/intreccio/trama/ritmo e altre questioni tecniche
Purtroppo per parlare in modo adeguato di questi aspetti, dovrei
farmi scappare cose che vi rovinerebbero la lettura. Posso tuttavia
dire che questi aspetti sono gestiti in modo sapiente e molto
funzionale alla fruibilità dello scritto. Era la cosa più difficile da
riuscire a realizzare perché erano molte le variabili in gioco: la
scelta degli avvenimenti da raccontare, i punti di vista, le inevitabili
fasi di calma in cui si devono preparare gli avvenimenti successivi, i
cliffhanger. È tutto gestito in modo molto buono e questo va detto,
però in alcuni punti a mio giudizio si sarebbe potuto fare di meglio,
soprattutto nella gestione del ritmo. Comunque il ritmo non è
assolutamente gestito male, ma in un libro sotto molti aspetti
impeccabile, qualcosa di gestito "solamente" molto bene riesce
quasi a sembrare un fattore negativo.
Qualche altro dubbio me l’ha suscitato l’uso del narratore in alcuni
specifici frangenti. Il narratore è in terza persona, esterno, con
focalizzazione interna di volta in volta sul personaggio (sempre e
comunque scelto tra i tre protagonisti) a cui il capitolo fa
riferimento, scelta che ho trovato molto azzeccata.A livello stilistico
invece all’inizio ho rilevato alcune variazioni di distanza tra il
narratore e il narrato che sono fuor di dubbio state introdotte di
proposito, quindi non sono da catalogare come "errori formali",
però il mio giudizio è che siano delle lievi stonature. Di positivo c’è
che sono comunque usate in modo intelligente, quindi dopo il primo
impatto durante le prime pagine, mi sono abituato in fretta alla
scelta e di fastidio devo dire che oggettivamente non ne dà.
Rimane il fatto che Gambarini dimostra oltre ogni ragionevole
dubbio, anche all’occhio di un addetto ai lavori, che non ha nella
tecnica un punto debole.
Fruibilità e godibilità Dulcis in fundo. Vi ho parlato di tutti gli
aspetti migliori e peggiori di questo romanzo e mi sono lasciato la
parte migliore alla fine: la fruibilità. Quando si legge "romanzo
storico" si pensa sempre a "mattone". La cosa più difficile è sempre
quella di creare uno scritto che possa soddisfare le esigenze di
diversi tipi di pubblico. Questo romanzo a mio giudizio ce la fa in
modo più che egregio. È molto tecnico, sia dal punto di vista della
scrittura che del realismo che della veridicità storica, però non è
assolutamente pesante. La prosa è rapida, moderna, scorrevole,
l’intreccio è intrigante, i personaggi sono a livello del lettore. Potrei
e vorrei dilungarmi molto di più su questo aspetto ma finirei con il
ripetermi. Quando ci si trova di fronte a un romanzo che possa
soddisfare tanto uno storico specialista, quanto un editor
professionista, quanto un lettore che cerca intrattenimento, vuol
dire che si è davanti a un’opera di tutto rispetto, di quelle che,
purtroppo, si vedono di rado.
Grafica Molto accattivante, a cura dell’illustratore Fabio Porfidia
che dimostra di sapersi ben adattare a generi molto diversi con
grande efficacia. Un plauso all’editore per aver inserito nei risvolti
della copertina le mappe necessarie alla perfetta comprensione del
romanzo, sono situate in un posto sempre accessibile senza dover
tenere il segno con le dita e continuare a girare le pagine per
consultarle, permette di rimanere sempre sul pezzo pur chiarendosi
le idee sulla geografia e la topografia degli eventi. Ci sono una
mappa del centro-nord Italia del Trecento e una mappa più
specifica dell’area e della città di Bergamo, tutte corredate da
un’araldica accattivante e da uno stile che replica quello dell’epoca,
pur rimanendo chiaro e consultabile.
Veste grafica che è un vero valore aggiunto.
Conclusioni Livio Gambarini con il suo Le colpe dei padri ha
davvero fatto centro. Non è un risultato inaspettato, soprattutto
visto il background dell’autore, ma posso dire in tutta sincerità che
sia andato addirittura oltre le aspettative. Anche perché, ricordo,
questo è solo il suo primo romanzo, di sicuro con il tempo e
l’esperienza il livello non potrà che alzarsi ulteriormente. Di sicuro
un autore di cui in futuro si sentirà parlare molto e bene.
Autore da seguire, libro da leggere.
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