Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Sommario
3
Descrizione dei reparti e delle aree accessorie....................................................... 94
3.1
Il sistema di accesso e di movimentazione ..................................................... 94
3.1.1
Gli accessi da strada pubblica ................................................................ 95
3.1.2
I piazzali di lavoro ................................................................................ 96
3.1.3
Il piazzale per l’accoglimento dei visitatori............................................... 98
3.1.4
Le barriere architettoniche .................................................................... 99
3.2
I reparti operativi: elementi generali ............................................................100
3.2.1
Gli impianti.........................................................................................100
3.2.2
Le pavimentazioni ...............................................................................103
3.2.3
Il rivestimento delle pareti ...................................................................109
3.2.4
Il controllo dell’umidità ........................................................................110
3.2.5
Gli accessi e le finestrature...................................................................111
3.3
L’area di conferimento ................................................................................115
3.4
Il locale per l’appassimento (redatto in collaborazione con Recchia Enrico - a.s.
2003/04) 120
3.4.1
I sistemi di appassimento.....................................................................121
3.4.2
Struttura organizzativa e dimensionamento............................................123
3.4.3
Le caratteristiche strutturali..................................................................124
3.4.4
Gli impianti.........................................................................................126
3.5
Il reparto di vinificazione ............................................................................128
3.5.1
La zona per la diraspa-pigiatura ............................................................132
3.5.2
La zona di pressatura ..........................................................................133
3.5.3
La zona di fermentazione .....................................................................138
3.6
Il locale di affinamento nel legno (redatto in collaborazione con Condini Mosna
Alessandro - a.s. 2003/04) ........................................................................................145
3.6.1
Caratteristiche costruttive e dimensionamento........................................148
3.6.2
Gli impianti.........................................................................................150
3.6.3
Tipologie costruttive ............................................................................153
3.7
Il reparto di stoccaggio ...............................................................................156
3.7.1
L’area di fermentazione dei vini bianchi..................................................157
3.7.2
L’area di stoccaggio .............................................................................158
3.7.3
L’area di finitura..................................................................................159
3.8
Il reparto di imbottigliamento ......................................................................160
3.9
Il reparto di affinamento in bottiglia .............................................................166
3.10 Il deposito per il vino confezionato ...............................................................169
3.11 Reparti specifici per la produzione dello spumante .........................................172
3.11.1
Reparto per la rifermentazione in bottiglia e maturazione sui lieviti ...........173
3.11.2
Reparto per il remuage ........................................................................175
3.11.3
Reparto per la conservazione in punta ...................................................175
3.12 I magazzini e i depositi accessori .................................................................176
3.12.1
Magazzino per macchine ed attrezzature mobili (filtri, pompe, tubazioni, …) ....
........................................................................................................177
3.12.2
Magazzino per materiali enologici (bentonite, lieviti, mezzi filtranti, ….) non
aggressivi
........................................................................................................178
3.12.3
Magazzino per bottiglie vuote, tappi, etichette, capsule, confezioni, … .......178
3.12.4
Magazzino per detergenti, disinfettanti e sostanze chimiche in genere .......179
3.12.5
Magazzino per bombole di gas tecnici ....................................................180
3.12.6
Magazzino per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti ..................................182
3.13 L’area tecnico-amministrativa......................................................................185
3.13.1
Il laboratorio di analisi .........................................................................187
3.13.2
Gli uffici .............................................................................................191
3.13.3
La sala di degustazione ........................................................................193
ing. Maines Fernando
93
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
3.13.4
Il punto vendita ..................................................................................195
3.14 I servizi igienico sanitari .............................................................................197
3.15 Le centrali tecniche ....................................................................................198
3.15.1
La centrale termica..............................................................................199
3.15.2
La centralina di trasformazione .............................................................208
3.16 La cella frigorifera ......................................................................................209
3.17 L’officina...................................................................................................211
3 Descrizione dei reparti e delle aree accessorie
Gli elementi emersi nel capitolo precedente hanno messo in evidenza i molti aspetti di
carattere enologico ed organizzativo che devono essere tenuti in considerazione nel corso
dell’intero processo di progettazione di un impianto enologico. Un ulteriore approfondimento
sarà fatto in questo capitolo dove verranno descritte le caratteristiche peculiari dei reparti che
costituiscono la struttura operativa ed organizzativa di una cantina. L’intento non è quello di
proporre un modello o di definire una soluzione progettuale standard, ma bensì di offrire una
rappresentazione organica e sistematica dei diversi fattori (dimensionali, ambientali,
impiantistici, …) che possono favorire, da un lato l’efficienza e l’efficacia dei processi produttivi
e dall’altra la salvaguardia della qualità del prodotto finale. Ne risulterà un quadro
esemplificativo, non esaustivo e non necessariamente rappresentativo della molteplicità
tipologica che caratterizza le realtà enologiche esistenti.
3.1
Il sistema di accesso e di movimentazione
Rappresentano l’insieme delle infrastrutture e degli spazi che devono consentire l’accesso e
la movimentazione per tutti i mezzi di trasporto che intervengono nelle attività di cantina:
trattrici che conferiscono uva, camion che consegnano materiali necessari ai processi produttivi
o che prelevano il vino sfuso o confezionato da immettere sul mercato.
Il principale obbiettivo è quello di garantire efficienza e sicurezza per tutte le operazioni di
carico e scarico, di trasporto o di trasferimento, in particolare durante le concitate fasi del
conferimento dell’uva nel periodo di vendemmia. Da non trascurare sono inoltre i contributi che
un efficace sistema di movimentazione e di stoccaggio temporaneo può dare per assicurare
tempestività e flessibilità di intervento in situazioni contingenti o impreviste.
La presenza di accessi, di percorsi interni e di piazzali, le rispettive dimensioni e la relativa
dislocazione, dipendono in primo luogo dalle caratteristiche dei mezzi di trasporto e di
ing. Maines Fernando
94
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
movimentazione (la tipologia, le dimensioni nelle condizioni di carico massimo, il raggio di
sterzata, le modalità di scarico, …). Altri aspetti che possono influire sono:
lo spazio a disposizione;
l’andamento plano-altimetrico del terreno;
la presenza di altri edifici (magazzini, …) e loro collocazione;
le dimensioni della cantina;
le modalità di conferimento (tipologia e capacità dei contenitori utilizzati);
la tipologia delle strade di accesso.
3.1.1
Gli accessi da strada pubblica
Particolare attenzione deve essere posta nell’analisi degli accessi della cantina in particolar
modo se in presenza di immissione da una strada ad uso pubblico in quanto il relativo
dimensionamento e la realizzazione sono regolamentati da specifici articoli del codice stradale.
Punto centrale della normativa è la preventiva autorizzazione dell’ente proprietario
(ANAS, Provincia o Comune) previa presentazione di domanda corredata di documentazione
tecnica e dell’impegno del richiedente a sostenere tutte le spese di sopralluogo. In caso di esito
favorevole, il richiedente dovrà versare (in annualità o in un’unica soluzione) la somma dovuta
per l’occupazione del suolo pubblico o per l’uso concesso, in base alla durata della concessione
che non potrà eccedere i 29 anni (comunque rinnovabili alla loro scadenza).
La relazione tecnica, da presentare in triplice copia, deve comprendere:
una corografia con l’indicazione del numero della strada, la progressiva chilometrica
e il punto dove sarà situato l’accesso;
un estratto di mappa catastale;
la planimetria (in scala 1:1000) con l’indicazione della posizione dell’accesso, rispetto
ai confini della carreggiata stradale e del limite di proprietà;
una sezione significativa (in scala 1:100) che evidenzia le quote dell’accesso rispetto
al piano stradale;
alcune fotografie del luogo in cui l’accesso viene realizzato.
Il rilascio dell’autorizzazione è subordinato alla realizzazione di idonee opere quali un
innesto attrezzato, l’intersezione a livelli diversi, strade parallele e parcheggi così come
previsto dall’apposito decreto del Ministero dei Lavori Pubblici. Gli artt. 45 e 46 regolamentano
diversi aspetti da considerare nell’esecuzione degli accessi fra i quali si evidenziano:
la distanza fra due accessi privati successivi: non deve essere inferiore a 1000 m su
strade extraurbane principali e a 100÷300 m per strade extraurbane secondarie in
relazione alla situazione morfologica;
la localizzazione, da scegliersi in base alla morfologia dei luoghi, all’andamento della
strada in funzione della visibilità e alla possibilità di eseguire una agevole, sicura e
rapida manovra di immissione. Per questo, ad esempio, l’eventuale cancello a
protezione della proprietà laterale deve essere arretrato allo scopo di consentire la
sosta, al di fuori della carreggiata, di un veicolo in attesa all’ingresso;
i materiali da adottare in fase di esecuzione devono avere adeguate caratteristiche;
ing. Maines Fernando
95
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
la manutenzione necessaria per evitare l’apporto di materiali di qualsiasi natura o lo
scolo di acque sulla sede stradale;
la pavimentazione da predisporre obbligatoriamente almeno per una lunghezza non
inferiore a 50 m a partire dal margine della carreggiata da cui si dirama l’accesso.
3.1.2
I piazzali di lavoro
Rappresentano uno spazio essenziale per lo svolgimento di attività accessorie al processo
produttivo fra le quali si possono evidenziare:
le operazioni di carico e di scarico dei mezzi di trasporto che trovano nel piazzale
anche lo spazio necessario per effettuare, in sicurezza, le necessarie manovre;
il deposito (temporaneo o meno) di materiali da utilizzarsi nel corso del processo
produttivo (bottiglie vuote, cassoni e cassette vuote per la raccolta dell’uva e per
l’eventuale appassimento o piene di uva in fase di conferimento, …);
il ricovero di macchine ed attrezzature utilizzate in azienda (trattori, macchine
operatrici, carrelli sollevatori, macchine per il lavaggio delle barrique o delle cassette,
…); a tale scopo risulta utile predisporre delle tettoie per garantire un sufficiente
riparo dagli agenti atmosferici e per assicurare uno spazio idoneo allo svolgimento
della manutenzione e di piccole riparazioni;
lo stoccaggio temporaneo di raspi, di vinacce e
di
fecce
prima
del
conferimento
alle
destinazione
finale
(distilleria,
discarica,
impianto di compostaggio, …), degli eventuali
rifiuti speciali come i residui di filtrazione e di
tutti i rifiuti con l’obbligo della raccolta
differenziata come i rottami di vetro, i cartoni o
gli imballaggi plastici. Una buona soluzione
consiste nel predisporre, all’interno del piazzale
di lavoro, un’area appositamente attrezzata con
container, cassonetti, serbatoi o platee, meglio
se protetta dalle precipitazioni. Al di sotto del
livello di calpestamento possono trovare collocazione cisterne (generalmente in
cemento armato) per la raccolta e la omogeneizzazione dei reflui in attesa
dell’immissione in fognatura o del conferimento al depuratore. Quest’area, così come
gli altri depositi temporanei, sarà disposta ed organizzata in modo da garantire un
facile accesso ai mezzi destinati al trasporto e permettere un ottimale svolgimento
delle operazioni di carico, siano esse manuali, meccanizzate o automatiche, anche
nel caso di avverse condizioni climatiche. Qualora i raspi venissero allontanati
mediante l’uso di un aspiratore è necessario scegliere il percorso più idoneo per la
relativa tubazione proveniente dall’area delle diraspatrici ed una collocazione idonea
della platea di stoccaggio per favorire le operazioni di carico e di allontanamento e
per minimizzare il disturbo indotto dagli elevati livelli di rumore causati dalla stazione
di aspirazione posta al termine della tubazione. Lo stesso vale per l’eventuale nastro
trasportatore utilizzato per l’allontanamento delle vinacce pressate (l’argomento
viene approfondito in un successivo capitolo);
le operazioni di pulizia di macchine ed attrezzature come ad esempio barrique o
cassoni; in tal caso si deve predisporre un’apposita area, attrezzata per
l’alimentazione idrica ed elettrica dei possibili dispositivi di pulizia (idropulitrici,
lavacassoni, lavabarrique, …) e per la raccolta delle acque di lavaggio da convogliare,
mediante canaline e pozzetti, nel sistema di scarico dei reflui di cantina;
l’installazione di particolari impianti (generatori di gas tecnici, generatore di aria
compressa, impianto di condizionamento, impianto di refrigerazione, …) o parti di
essi che si preferiscono confinare all’esterno, distanti dagli ambienti di lavoro per
motivi di sicurezza o per il controllo del livello delle emissioni sonore.
ing. Maines Fernando
96
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Nel piazzale di lavoro si deve prevedere anche lo spazio da destinare ai parcheggi di
servizio: il numero dei posti macchina sarà proporzionale agli addetti operanti in cantina e
comunque non inferiore a quanto previsto dalla normativa specifica (L. del 24 marzo 1989 n.
122, norme di attuazione del P.U.P e del P.R.G., …). In generale le dimensioni adottate per i
singoli posti macchina sono di 2,5 x 5 m.
Il sistema di viabilità riesce a garantire efficienza e sicurezza di movimentazione in qualsiasi
periodo dell’anno e con qualsiasi condizione atmosferica solo in presenza di una idonea
pavimentazione. Questa è necessaria anche per assicurare adeguati interventi di pulizia nelle
aree in cui avviene il trasporto e il trattamento dell’uva; è infatti essenziale evitare le possibili
contaminazioni indotto dalla presenza di fango, di acqua stagnante o di residui di lavorazione.
Le soluzioni più adeguate prevedono pavimentazioni in asfalto, in cemento, in porfido o in
masselli prefabbricati di calcestruzzo che consentono facili operazioni di pulizia, di sgombero
della neve ed un ottimale allontanamento delle acque. Per questo è necessario predisporre
idonee pendenze, canaline grigliate e pozzetti di raccolta collegati alla rete fognaria per le
acque bianche o a sistemi di dispersione nel terreno (pozzi o trincee disperdenti), muniti, nel
caso di piazzali molto ampi e localizzati in aree caratterizzate da vincoli idrogeologici, di
appositi sistemi di separazione e trattamento (desolatori, …) delle acque di prima pioggia.
Il sistema di viabilità deve essere studiato per favorire la sicurezza e per contenere le
superfici da pavimentare. In particolare si dovranno valutare le larghezze (generalmente 3 m
nei tratti a senso unico e 5,5 m nei tratti rettilinei a due sensi di marcia) ed i raggi delle curve,
in funzione alle dimensioni (larghezza e lunghezza totale) dei mezzi utilizzati per il trasporto e
delle velocità (sempre e comunque inferiori a 15 – 20 km/h).
Per quanto riguarda gli impianti i piazzali non hanno grandi esigenze se si esclude:
l’impianto idrico per le operazioni di pulizia delle macchine, delle attrezzature e dei
cortili in grado di alimentare a pressione medio-alta, una serie di erogatori,
opportunamente distribuiti, ad innesto rapido per il collegamento di tubazioni mobili
in gomma;
ing. Maines Fernando
97
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
l’impianto antincendio: nei cortili possono trovare un’ottimale localizzazione gli
idranti a colonnina per il collegamento delle manichette e delle lance da parte dei
VVFF o della squadra antincendio; è opportuno valutare attentamente il
posizionamento degli idranti per garantire una effettiva e completa copertura di tutta
la cantina e dei cortili in cui sono presenti depositi con materiali infiammabili;
l’impianto elettrico: si devono predisporre punti di alimentazione presso tutte le aree
dove operano macchine o attrezzature; si dovrà porre particolare attenzione nel
localizzare in modo idoneo (sia da un punto di vista planimetrico che in altezza da
terra) i punti di attacco per proteggerli dalle macchine in movimento e da eventuali
getti i acqua durante le operazioni di pulizia;
l’impianto di illuminamento: deve assicurare ottima visibilità anche durante attività
svolte nelle ore serali e notturne, come frequentemente accade nel periodo della
vendemmia. E’ bene assicurare un buon livello di illuminazione anche nell’area di
accesso alla cantina;
l’impianto per l’erogazione di acqua calda o di vapore e dell’aria compressa: sono
utilizzati nel caso sia presente la necessità di effettuare particolari operazioni di
pulizia.
E’ importante predisporre infine un razionale sistema di comunicazione con le altre zone
della cantina, prevedendo:
accessi diretti agli eventuali vigneti limitrofi;
accesso diretto ai magazzini per il carico e scarico dei diversi materiali o del vino; tali
operazioni, che avvengono normalmente mediante carrelli elevatori, richiedono
portelloni di accesso di adeguate dimensioni (minimo 1,5 ÷ 2 x 2,4 m) possibilmente
muniti di sistemi automatici di apertura e chiusura e, possibilmente, di piattaforme di
carico rialzate;
accesso alla zona di vinificazione sia per sole persone (dimensioni 0,90 x 2,10 m) sia
per mezzi meccanici;
accesso ad eventuali piani interrati attraverso scala di servizio e/o mediante
montacarichi.
3.1.3
Il piazzale per l’accoglimento dei visitatori
E’ facile rendersi conto che i piazzali, così come sono stati finora descritti, poco si adattano
all’accoglimento di visitatori o di clienti. Risulta invece opportuno differenziare, almeno nella
parte finale, il percorso di accesso alla cantina, predisponendo un adeguato polo di accoglienza
dove concentrare gli uffici amministrativi, la sala di degustazione, la sala riunioni, l’eventuale
punto vendita, ecc. La strutturazione del relativo piazzale sarà caratterizzato da ben altri
standard di qualità che richiedono:
ing. Maines Fernando
98
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
accurata sistemazione di aree verdi;
particolare cura nella scelta dei materiali di arredo (pavimentazioni, tipologie e
disposizione dei punti luce, …);
la presenza di barriere (alberature, elementi di arredo, reti, …) per evitare un diretto
contatto visivo con i piazzali di lavoro e con gli eventuali depositi di macchine, di
materiali e di rifiuti. Tali protezioni possono inoltre contribuire alla riduzione, in
determinati periodi, dell’impatto olfattivo;
idoneo numero di parcheggi (dimensioni minime 2,5 x 5 m), anche per eventuali
pullman; è inoltre buona norma riservare alcuni posti per disabili, di adeguate
dimensioni, posizionati possibilmente al coperto, vicini alle porte di accesso o
comunque collegati ad esse con percorsi muniti di pavimentazioni compatibili con la
movimentazione delle sedie a rotelle.
3.1.4
Le barriere architettoniche
In questi ultimi anni si è assistito ad un crescente avvicinamento del pubblico al mondo del
vino anche per quanto riguarda gli aspetti produttivi, grazie alla diffusione di iniziative quali i
percorsi enogastronomici, le strade del vino e le manifestazioni cantine aperte. Questo
fenomeno ha spinto produttori e, di conseguenza, i progettisti a porre una maggiore attenzione
per gli aspetti estetici e di cura ambientale nella realizzazione delle cantine, che si concretizza
nello studio e nella adozione di aree di accoglienza, di percorsi di visita, di sale di
degustazione, di enoteche e, nei casi più eclatanti, persino di auditorium e di sale conferenze.
In quest’ottica, a prescindere da quanto prescritto dalla specifica normativa, l’assicurare un
accesso in sicurezza ed autonomia anche ai diversamente abili e ai loro mezzi di supporto
rappresenta una dimostrazione di civiltà.
L’eliminazione delle barriere architettoniche è regolamentata da diverse leggi, nazionali
regionali (e provinciali), emesse a partire dagli anni ’70. La normativa fissa la necessità di
garantire l’accessibilità, la visitabilità e l’adattabilità di tutti gli edifici di proprietà pubblica e
privata, indipendentemente dalla loro destinazione, e di tutti gli spazi esterni di pertinenza, sia
nel caso di nuove costruzioni che per le ristrutturazioni. Per gli aspetti tecnici e le relative
prescrizioni, si fa generalmente riferimento al D.M (Ministero dei Lavori pubblici) del 14 giugno
1989 n. 236 ed in particolare all’art. 4 (criteri di progettazione) e all’art. 8 (specifiche
funzionali e dimensionali).
Nel caso delle cantine, essendo luoghi di lavoro sede di attività generalmente non aperta al
pubblico, la normativa prescrive esclusivamente la adattabilità, cioè la potenzialità di
assicurare la successiva trasformazione in accessibilità (totale fruizione nell’immediato) o di
visitabilità (accessibilità limitata ad una parte più o meno estesa dell’edificio). L’obbligo perciò
si limita alla verifica degli spazi esterni relativamente alla presenza di un percorso adatto e di
posti auto riservati, opportunamente posizionati e correttamente dimensionati.
ing. Maines Fernando
99
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Le cose si fanno più complesse in presenza di punto vendita al dettaglio nel qual caso viene
prescritta una completa accessibilità. Per quanto riguarda le pavimentazioni e gli accessi, una
effettiva fruibilità prevede in particolare:
pavimenti antisdrucciolevoli (dotati di un sufficiente coefficiente di attrito) anche in
presenza di superfici bagnate;
dislivelli fra pavimenti diversi inferiori a 2,5 cm;
zerbini incassati e guide a pavimento solidamente ancorate;
maglie di grigliati sul piano di calpestio con vuoti ridotti in modo da non costituire
pericolo per ruote o bastoni di sostegno;
dislivelli, in assenza di ascensore o montacarichi, superabili con rampe di adeguata
pendenza in funzione della lunghezza e della differenza di quota;
porte ed accessi di larghezza sufficiente e con sistemi di apertura compatibili con
l’utilizzo di sedia a rotelle.
In generale, per una più dettagliata conoscenza dei criteri di progettazione, delle specifiche
e delle soluzioni tecniche si può fare riferimento ai seguenti articoli del D.M 236/89:
criteri di progettazione
porte
servizi igienici
scale
rampe
ascensore
percorsi
pavimentazioni
parcheggi
3.2
4.1.1
4.1.6
4.1.10
4.1.11
4.1.12
4.2.1
4.2.2
4.2.3
specifiche funzionali e
dimensionali
8.1.1
8.1.6
8.1.10
8.1.11
8.1.12
8.2.1
8.2.2
8.2.3
I reparti operativi: elementi generali
Si prenderanno in considerazione prima di tutto i reparti direttamente connessi alla
produzione del vino. Seguendo lo stesso ordine che caratterizza lo sviluppo del processo
enologico, verranno descritte le zone e le aree dedicate allo svolgimento delle seguenti
operazioni:
conferimento;
appassimento;
diraspa-pigiatura;
pressatura;
vinificazione;
stoccaggio;
affinamento e maturazione nel legno;
imbottigliamento e confezionamento;
affinamento in bottiglia.
Prima di passare alla sistematica descrizione dei singoli reparti, è opportuno analizzare
alcuni aspetti comuni a tutte la aree operative o comunque ai principali ambienti di
lavorazione, per evitare di appesantire la trattazione con inutili ripetizioni. In particolare
saranno presi in considerazione gli impianti, le pavimentazioni, il rivestimento delle pareti e gli
accessi al fine di individuare le principali caratteristiche e le possibili soluzioni tecniche da
adottare.
3.2.1
Gli impianti
Tutti i reparti operativi hanno una comune dotazione di base che comprende:
gli impianti per la distribuzione di acqua fredda e di acqua calda utilizzata
principalmente per le operazioni di pulizia ed eventualmente l’impianto per la
ing. Maines Fernando
100
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
distribuzione del vapore utilizzato per lo svolgimento delle operazioni di
sanitizzazione dei macchinari e delle pavimentazioni. Dovrà essere predisposto un
numero sufficiente di erogatori, del tipo ad attacco rapido per l’innesto delle tubazioni
mobili e di tipo fisso per alimentare le attrezzature ed i macchinari che utilizzano
questi fluidi per il loro funzionamento o per i sistemi di auto lavaggio. Si avrà inoltre
cura di verificare la disposizione dei punti di erogazione in modo da assicurare la
completa copertura dei reparti in funzione dei relativi fabbisogni;
l’impianto per l’allontanamento dei reflui: è costituito da un sistema di canaline
disposte lungo le linee di compluvio della pavimentazione e/o da una serie di pozzetti
dove confluiscono tutti i reflui per essere immessi nell’impianto di scarico.
L’alimentazione di tale sistema è facilitata dall’adozione di pavimentazioni provviste
di adeguata pendenza, ottenute interponendo, fra solaio e soletta di supporto al
rivestimento (al di sopra dell’impermeabilizzazione), un apposito strato in
calcestruzzo con aggregati leggeri di almeno 3 ÷ 5 cm e spianato per eliminare le
irregolarità che possano rendere difficile la posa degli strati sovrastanti. Vengono
comunemente adottate pendenze dell’1,0 ÷ 1,5 % in funzione del materiale utilizzato
per il rivestimento, della lunghezza delle linee di massima pendenza, della
configurazione data al sistema di canaline e dalla loro tipologia1. Attualmente
vengono utilizzate canaline a fessura con sezione trapezia che presentano in
superficie una apertura di ridotte dimensioni (12 ÷ 20 mm) che, pur mantenendo una
buona capacità drenante (130 ÷ 250 l/min), riduce notevolmente gli effetti negativi di
una consistente discontinuità nella pavimentazione2, tipica dei modelli a sezione
rettangolare o semicircolare chiuse da griglie in acciaio o ghisa (di larghezza variabile
da 10 a 20 cm), soprattutto nel caso di ambienti con frequenti passaggi di mezzi per
la movimentazione. La resistenza meccanica viene migliorata mediante tondini
saldati, ogni 50 cm circa) ai due bordi. Praticamente in disuso la tipologia aperta a
sezione circolare posizionate lungo le pareti con pavimentazioni a schiena d’asino. In
tutti i casi si devono garantire elevate resistenze meccaniche e all’aggressione
chimica, superfici con ridotto coefficiente d’attrito e ridotta presenza di spigoli vivi,
per contrastare i fenomeni di deposito. Per questi motivi si deve preferire l’utilizzo
dell’acciaio inox (AISI 304). Sul mercato sono presenti canaline con flangiature (che
semplificano notevolmente il montaggio), scarichi incorporati e fondo con pendenza
(0,4 ÷ 0,6%) preimpostata, la cui adozione consente di semplificare notevolmente le
operazioni di posa in opera. In generale si deve cercare di non utilizzare tratti
superiori ai 25 m. Anche per i pozzetti di raccolta e di allontanamento dei reflui (uno
per ogni linea di canale) si dovranno preferire i modelli in acciaio inox, ispezionabili,
con sifone singolo o doppio o con piastra a tenuta ermetica, scarico verticale o
laterale e con filtro (con fori da 2 ÷ 4 mm) antiratto a cestello estraibile, per bloccare
l’immissione di corpi estranei nell’impianto di scarico. Il sistema si completa con vari
1
In funzione delle dimensioni e della forma del reparto si possono adottare 4 pendenze e 2 canaline parallele o 2
pendenze ed una canalina centrale oppure 2 pendenze e 2 canaline alla base delle pareti laterali. In alternativa si può
predisporre una pavimento a diamante con un pozzetto centrale.
2
Bisogna prestare particolare attenzione ai sistemi utilizzati per fissare le canaline, in quanto possono creare punti
di eccessiva rigidità tale da indurre fessurazioni nella pavimentazione.
ing. Maines Fernando
101
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
elementi accessori (sigilli di ispezione con superficie pavimentabile o in piastra,
terminali di contenimento per pavimenti, …);
l’impianto elettrico per l’alimentazione delle diverse macchine enologiche: queste
utilizzano normalmente corrente alternata con tensioni di 230 (monofase e trifase) e
400V (trifase). E’ opportuno predisporre anche punti di prelievo a 24 V in tutti i
reparti in cui si presenta la necessità di svolgere operazioni a rischio soprattutto per
la presenza di acqua, come nel caso delle lampade usate dagli operatori nel corso
delle operazioni di lavaggio all’interno dei serbatoi. Proprio l’uso massiccio di acqua
rende necessaria l’adozione in questi reparti di elementi di impianto (tubazioni,
conduttori, interruttori, prese, …) protetti contro l’azione dell’umidità e di sistemi di
sicurezza in grado di prevenire i pericoli di folgorazione. Visto la consistente presenza
di macchine e di materiali in movimento si devono, inoltre, utilizzare materiali e
dispositivi in grado di esercitare una adeguata resistenza meccanica agli urti. Anche
per l’impianti elettrico la localizzazione dei punti di presa deve assicurare
funzionalità, sicurezza e la copertura di tutto il reparto per ridurre la fastidiosa e
pericolosa presenza di cavi elettrici mobili;
l’impianto di illuminamento: deve assicurare un adeguato livello di intensità
luminosa indispensabile per consentire agli operatori un efficace controllo delle
macchine e delle attrezzature. Una corretta valutazione del posizionamento dei punti
luce potrà evitare la formazione di possibili zone d’ombra che possano creare
difficoltà nella lettura dei pannelli di comando e di controllo delle macchine operatrici,
soprattutto nel caso in cui vengano svolte attività a rischio di infortunio (operazione
di carico, verifica di parti meccaniche in movimento, …). Nel caso di locali privi di
illuminazione naturale, per evitare l’affaticamento visivo tipico delle lunghe
esposizioni a luci artificiali, si dovrà valutare attentamente, oltre all’intensità
luminosa, elementi come la tonalità e la resa cromatica;
l’impianto di comunicazione: consente rapidi contatti del personale operante nei
diversi reparti, aspetto particolarmente utile nel corso delle fasi operative più
concitate (vinificazione, imbottigliamento, …), attraverso l’uso di telefoni cellulari, più
funzionali rispetto ai tradizionali sistemi di tipo fisso.
Sempre più frequente è la presenza di impianti accessori che contribuiscono a migliorare
l’efficienza operativa. Eccone alcuni esempi:
l’impianto per la distribuzione dell’aria compressa, utilizzata per il
funzionamento di macchine (presse pneumatiche, elementi dell’impianto per
l’imbottigliamento, …), per il comando di valvole, per il sistema di microssigenazione
a candele porose, per affiancare i sistemi tradizionali nello svolgimento delle
operazioni di pulizia, per effettuare lo svuotamento di tubazioni o per la
rigenerazione dei filtri. L’erogazione, caratterizzata da pressioni di esercizio che si
aggirano attorno a valori di 8 ÷ 12 bar, avviene mediante tubazioni mobili, talvolta
munite di dispositivo per il riavvolgimento automatico, che si innestano con attacchi
ing. Maines Fernando
102
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
di tipo rapido ad una rete di distribuzione costituita da tubazioni fisse, generalmente
in acciaio inox, correnti lungo le pareti;
l’impianto per la distribuzione di gas inerte (azoto o anidride carbonica) utilizzati
per saturare i serbatoi o per svolgere operazioni enologiche (pressatura, travasi, …)
in condizioni di iper-riduzione;
l’impianto per la movimentazione di mosto o vino (vinodotto), costituito da una
serie di condotte fisse in acciaio inox poste a parete e di elettrovalvole, per
consentire una maggiore razionalizzazione degli spostamenti di prodotto da un
reparto all’altro; si evita l’utilizzo di tubazioni mobili che richiedono tempo per la loro
predisposizione e costituiscono un disturbo allo svolgimento dell’attività degli
operatori.
Per una descrizione più dettagliata di questi impianti, si rimanda allo specifico capitolo.
3.2.2
Le pavimentazioni
Costituiscono lo strato di rifinitura dei solai e, in funzione delle diverse attività svolte, deve
possedere specifici requisiti. Nel caso dei reparti direttamente interessati alle lavorazioni di tipo
enologico, le pavimentazioni devono assicurare:
una elevata resistenza meccanica in grado di sopportare gli elevati carichi statici
dovuti alle attrezzature (che possono raggiungere anche dimensioni considerevoli), ai
vinificatori ed ai serbatoi di stoccaggio (che scaricano il proprio peso su pochi
appoggi di ridotta superficie) e a notevoli quantità di prodotto confezionato (cartoni
palettizzati e immagazzinati su più livelli). Significativa può essere anche la presenza
di carichi di tipo dinamico dovuti ai mezzi utilizzati per le movimentazioni. Agli effetti
di tali carichi di esercizio si possono sommare quelli dovuti alle tensioni indotte dalle
deformazioni differenziate che possono caratterizzare strutture portanti estese, come
nel caso degli ambienti operativi di una cantina; infine le pavimentazioni devono
presentare sufficiente resistenza agli urti (causati ad esempio dalla caduta di attrezzi
o altri oggetti pesanti) ed alla abrasione;
una elevata inerzia chimica per resistere alle diverse sostanze che possono essere
presenti nei reflui in grado di determinare valori del pH decisamente lontani dalla
neutralità. Si tratta principalmente di composti che possono avere origine naturale
(acidi del mosto e del vino) o derivare da coadiuvanti enologici (anidride solforosa,
…) oppure provenire da detergenti e da disinfettanti (soda caustica, …) utilizzati per
la pulizia dei reparti e delle attrezzature;
un alto grado di impermeabilità necessario per evitare ogni possibile infiltrazione
e i conseguenti gravi fenomeni di degrado che possa interessare gli elementi
costruttivi in contatto con la pavimentazione (solaio, pareti, pilastri, …);
un alto grado di pulibilità, per assicurare maggiore efficacia nelle operazioni di
pulizia, che potranno così essere effettuate in tempi più brevi e con un minor utilizzo
di detergenti (si un utilizzo di prodotti meno aggressivi) mantenendo comunque
elevati gli standard d’igiene;
ing. Maines Fernando
103
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
un rapido ed efficace allontanamento delle acque di pulizia e dei reflui
prodotti durante le diverse lavorazioni;
un buon coefficiente di attrito per contrastare il rischio di scivolamenti (in
particolare nelle aree di maggior passaggio pedonale), favoriti anche dalla frequente
presenza di acqua. Si noti come questo requisito sia in apparente contrasto con
l’esigenza di avere superfici lisce in quanto più facilmente lavabili. Si può trovare un
possibile compromesso adottando materiali che presentano scabrosità a profilo
arrotondato che, a parità di aderenza, offrono minori possibilità di deposito alle
impurità ed agli agenti inquinanti di natura sia organica che biologica.
Le pavimentazioni, per poter soddisfare tutti questi requisiti, devono garantire specifiche
prestazioni. L’utilizzo di idonei materiali è fondamentale ma non sufficiente; infatti si devono
adottare appropriate tecniche costruttive ed una particolare cura sia nella preparazione del
supporto che nell’esecuzione del rivestimento. Risulta perciò indispensabile rivolgersi a ditte
specializzate o ad artigiani di comprovata esperienza e professionalità.
In particolare si dovrà porre molta attenzione ai seguenti aspetti:
il massetto in calcestruzzo di supporto al rivestimento deve essere realizzato in
modo da assicurare un sufficiente grado di discontinuità, rispetto alla sottostante
soletta del solaio, relativamente alla permeabilità ed alle deformazioni. Le modalità di
esecuzione devono prevedere:
o
un primo getto di calcestruzzo (1) con
spessore compreso fra 20 e 25, per
portare al livello desiderato il piano per la
stesura del massello di posa del
rivestimento, provvisto di pendenza
oscillante tra 1 e 1,5%. Una corretta
esecuzione richiede la presenza di
armatura inferiore, superiore e laterale;
o
doppio strato (2 e 5) impermeabile
(guaine in polietilene posate incrociate a
90°), con proprietà anche antiacide, dello
spessore di 0,20 ÷ 0,30 mm, posata con
risvolti in corrispondenza delle pareti,
allo scopo di rendere indipendente il
pavimento
dalla
struttura
portante
(pavimento flottante), in modo che eventuali movimenti dovuti ad
assestamenti della struttura o a sbalzi termici vengano assorbiti dai giunti
passanti il supporto di posa senza danneggiare la pavimentazione. Fra le due
guaine può essere posto, se necessario, uno strato di materiale
termoisolante o di materiale fono isolante (4);
o
supporto di posa (6) di spessore compreso fra 5 e 15 cm, eseguito in
calcestruzzo con inerti di granulometria molto fine (inferiore a 1 - 2 mm) e
lisciato in superficie; la resistenza alle sollecitazioni meccaniche deve essere
assicurata mediante armatura (rete elettrosaldata) dimensionata in funzione
dei carichi.
i giunti: sono necessari, soprattutto nel caso di pavimentazioni di ampia metratura,
per assorbire le sollecitazioni causate da escursioni termiche, dal ritiro del
calcestruzzo o da eventuali cedimenti differenziati. Tali sollecitazioni possono dare
origine a tensioni che in breve tempo causano fessurazioni e rotture con evidenti
implicazioni negative per il livello di igiene, il grado di impermeabilità e, non ultimo,
l’aspetto estetico. Si dovrà porre molta cura nella sigillatura di ogni giunto e nella
realizzazione dell’intersezione con il materiale del rivestimento mediante l’utilizzo di
malte speciali o di materiali a base siliconica. Si possono avere diverse tipologie di
giunti:
o
giunti strutturali: interessano anche la componente portante dei solai;
o
giunti di costruzione e di dilatazione: vengono realizzati lungo il perimetro
che delimita settori contigui del getto. Sono i giunti più importanti ed
impegnativi in quanto rappresentano il principale punto di debolezza di una
ing. Maines Fernando
104
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
pavimentazione monolitica. Dividono la pavimentazione, interessandone
tutto lo spessore, secondo riquadri di dimensione variabile (almeno ogni 25
metri) a seconda dell’ampiezza della zona da pavimentare;
o
giunti di contrazione: interessano solo lo strato superiore della
pavimentazione per consentirne il movimento causato dal ritiro del c.l.s. o
dalla modifica indotte dalla modifica delle condizioni ambientali. I tagli,
eseguiti incidendo con una lama il calcestruzzo, vanno effettuati quanto
prima possibile e le dimensioni e la profondità sono direttamente
proporzionali al progetto adottato per realizzare la pavimentazione;
giunti di isolamento: sono costituiti con appositi materiali comprimibili e
consentono movimenti reciproci fra la pavimentazione e gli elementi
strutturali dell’edificio (murature, pilastri, basamenti) o con elementi
presenti nella pavimentazione (pozzetti, canaline, …); sono utilizzati anche
per smorzare le vibrazioni trasmesse dai basamenti di attrezzature
rumorose.
il sistema di raccolta e di allontanamento dei reflui: si ribadisce qui
l’importanza di porre grande cura e attenzione nella realizzazione del raccordo del
rivestimento con tutti gli elementi del sistema di drenaggio, per garantire
complanarità, continuità e capacità di assorbire le deformazioni di piccola entità.
Infatti sono proprio questi (così come per i giunti di deformazione) i punti critici in cui
i carichi di esercizio, in particolare quelli dinamici, possono dar luogo a rotture del
rivestimento soprattutto se di tipo discontinuo (piastrelle ceramiche o lapidee);
raccordo con le pareti: è necessario eseguire un raccordo fra pavimentazione e
parete con un risvolto verticale di almeno 30 ÷ 60 cm utilizzando lo stesso materiale
adottato per il pavimento oppure mettendo in opera zoccolature prefabbricate (in
acciaio, resine, …), mediante incollaggio. L’assenza di infiltrazioni di acqua deve
o
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105
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
essere assicurata realizzando con cura l’adesione alla parete del bordo terminale
mediante l’uso di sigillanti o di apposita copertina in lamiera metallica o plastica. Si
deve inoltre evitare, per motivi di igiene, la formazione di uno spigolo vivo
nell’intersezione fra pavimento e parete. Per questo, in fase di posa, si predispone
nello spigolo un elemento appositamente sagomato, per favorire il corretto appoggio
del rivestimento; si evita così anche la formazione di punti a minore resistenza
meccanica;
soglie in corrispondenza dei collegamenti con l’esterno o con altri reparti: è
necessario separare pavimenti diversi per tipologia, con la posa di profili angolari in
acciaio inox, annegati nel massetto di posa in associazione con un giunto, allo scopo
di proteggere la pavimentazione da eventuali rotture.
Esaminiamo ora i diversi materiali utilizzati per la pavimentazione dei reparti operativi in
campo enologico:
piastrelle in gres o in klinker: questi prodotti
ceramici a pasta compatta, grazie al processo di
greificazione innescato dalle temperature di
cottura superiori ai 1200 °C, sono in grado di
assicurare
impermeabilità,
alta
resistenza
meccanica (anche agli urti), elevata durezza, alta
inerzia chimica, una buona lavabilità ed un buon
effetto antiscivolo. Le migliori prestazioni si hanno
con il klinker, prodotto ottenuto da miscele di
argille pure e particolarmente pregiate. Un altro
materiale molto particolare, utilizzato per la
preparazione di piastrelle, è ottenuto mediante fusione di rocce basaltiche, che
consente di ottenere un prodotto, di colore nero, molto resistente. Per tutti i
materiali, i formati proposti dai produttori sono moltissimi, diversi per forma,
dimensione e spessore (un classico è il formato rettangolare 11,5 x 24 cm e di
spessore 2 cm). Le piastrelle vanno poste in opera su un sottofondo di sabbia e
cemento (strato di allettamento) oppure mediante appositi collanti bi- o tricomponente con caratteristiche antiacido, stesi su massetto di calcestruzzo. La
sigillatura delle fughe, di 8 ÷ 10 mm, deve essere molto accurata ed eseguita a
distanza di almeno una settimana dalla posa: si devono utilizzare malte resistenti o
miscele a due componenti (spesso a base epossidica) con caratteristiche antiacido,
additivate per conferire proprietà antibatteriche, a cui si aggiunge sabbia di quarzo;
in ogni caso devono essere stese a formare un profilo leggermente in depressione
privo di spigoli vivi. Lo stesso vale per tutte le intersezioni con le discontinuità
presenti (giunti di dilatazione, canaline e pozzetti per l’allontanamento delle acque,
…). In caso contrario, una posa in opera approssimativa può portare in breve tempo
a rotture, fessurazioni, che finiranno con il favorire depositi e incrostazioni. E’
necessaria, infine, la posa di appositi elementi (sgusci) per le angolature orizzontali
ing. Maines Fernando
106
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
e verticali ed in particolare per il raccordo con le pareti (sulle quali è importante
proseguire la piastrellatura per almeno 40 ÷ 60 cm) indispensabili per contrastare
possibili infiltrazioni ed i problemi igienici connessi con la presenza di spigoli vivi. Si
ricorda infine che la pavimentazione sarà transitabile a pieno carico solamente a
maturazione definitiva del supporto e cioè dopo 25 giorni dalla posa;
pietre naturali: vengono essenzialmente utilizzate piastrelle ottenute mediante
rifilatura di elementi a forma generalmente, rettangolare, da porre in opera a fuga
larga (4 ÷ 8 mm) mediante incollaggio con adesivi chimici (cemento-lattice), preferiti
ormai ai sistemi tradizionali (malta con spolvero di cemento o malta con boiacca di
cemento), per la loro facilità di impiego, la maggior affidabilità nei casi di forti
sollecitazioni e per l’ancoraggio particolarmente resistente. La superficie a piano
naturale (quello ottenuto in fase di taglio) può essere sottoposta a diversi trattamenti
quali la sabbiatura, la semilucidatura o la fiammatura per assicurare un migliore
livello di pulizia pur mantenendo un sufficiente grado di scabrosità. Si dovrà porre
estrema attenzione nell’esecuzione della sigillatura delle fughe per le quali vale
quanto già visto per le piastrelle in klinker. Solo pochi tipi di pietre sono in grado di
soddisfare i requisiti precedentemente individuati. Fra questi particolarmente indicato
è il porfido che presenta anche un buon grado di divisibilità in lastre, caratteristica
questa che favorisce e semplifica le lavorazioni per la preparazione delle piastrelle.
Gli elementi più utilizzati presentano larghezze di 20 ÷ 40 cm e lunghezze di 30 ÷ 60
cm. Gli spessori, invece, vanno da 2 a 8 cm, da scegliersi in base ai tipo ed
all’intensità dei carichi agenti sulla pavimentazione;
battuto di cemento: non garantisce elevate prestazioni relativamente all’inerzia
chimica, alla pulibilità, all’impermeabilità ed all’effetto antiscivolo. Non trascurabile è
inoltre la tendenza a disperdere polvere nell’ambiente. Tali limiti possono essere in
parete eliminati mediante l’impregnazione con prodotti specifici (resine, vernici
speciali, …) o con l’applicazione di uno strato antiusura e antiabrasione di 3 ÷ 10 mm.
Si utilizzano malte ad alta resistenza a base di inerti indurenti ottenuto mediante
agente indurente o spolverando il calcestruzzo del massetto di sottofondo, in fase di
indurimento, con una miscela di cemento e polveri di quarzo, silice o corindone,
sottoposta a frattazzatura meccanica che conferisce alla pavimentazione durezza, un
maggiore indice di lavabilità ed un maggiore coefficiente di attrito. Questo tipo di
superficie risulta comunque soggetta a fenomeni di deterioramento, soprattutto in
corrispondenza dei punti di intersezione con gli elementi di drenaggio, dove, a causa
di elevate sollecitazioni, si potranno produrre, in breve tempo, fratture e
fessurazioni. Per contrastare tali fenomeni è essenziale adottare corrette modalità
esecutive che prevedono la suddivisione di ampie superfici in strisce di 4 ÷ 5 m,
gettate in modo alternato e separate da giunti di costruzione; ogni striscia a sua
volta sarà divisa in campiture di circa 6 m limitate da giunti di contrazione. Per tutti
questi motivi le pavimentazioni in cemento sono da riservare ad ambienti, come i
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107
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
magazzini, l’area di conferimento, aree interne di raccordo o di passaggio, ove non
siano richieste frequenti operazioni di pulizia;
resine polimeriche sintetiche: in genere si tratta di prodotti ottenuti dall’unione di
due componenti (resina ed indurente senza aggiunta di solventi) che consentono una
polimerizzazione a freddo e rappresentano una valida soluzione per eseguire la
rasatura e/o la finitura di massetti in calcestruzzo; la miscelazione, mediante
agitatore meccanico, deve essere eseguita rispettando rigorosamente il rapporto di
miscelazione fissato dal produttore. Fra le resine proposte dal mercato (ureiche,
acriliche, melamminiche, metilmetacrilate3 poliuretaniche, …) le più utilizzate sono
quelle epossidiche a due o tre componenti, che sono in grado di offrire ottime
proprietà quali l’estrema facilità di pulizia, una elevata resistenza all’usura,
all’abrasione e all’aggressione di sostanze chimiche, l’alta resistenza alle
contaminazioni (grazie alla possibilità di incorporare efficienti additivi antibatterici),
l’effetto antiscivolo ottenuto con l’aggiunta di polveri di quarzo di diversa
granulometria, l’assenza di emissione di polveri, la resistenza al vapore (fino a 110
°C) e a getti d’acqua ad alta pressione (fino a 70 bar). Inoltre, rispetto ad altri
sistemi, tali resine spiccano per l’ottima adesione a molti tipi di supporto e per la
rapidità dei tempi di posa ma, soprattutto, per le caratteristiche di continuità ed
integrità del rivestimento. Consentono pertanto di realizzare pavimenti direttamente
raccordati con le pareti ed elevati livelli di finitura in corrispondenza delle giunzioni
con gli elementi di drenaggio (canaline e pozzetti) e con i giunti di dilatazione. Ciò è
possibile a condizione di assicurare uno strato di resina uniformemente steso di
almeno 3 ÷ 4 mm, in funzione del tipo di supporto e delle sollecitazioni da
sopportare. Lo spessore può giungere fino a 6 ÷ 9 mm nel caso di pavimentazioni
soggette al traffico di carrelli ed automezzi pesanti o se sottoposte a operazioni di
pulizia a vapore. La posa in opera richiede la stesura di 1 o più strati dopo aver
accuratamente pulito la superficie con idonei interventi (rotatura meccanica) per
conferire un idoneo grado di scabrezza. In tal modo si assicura l’assenza di polveri, di
parti friabili, di grassi, di muffe e di efflorescenze. Qualche dubbio viene avanzato per
quanto riguarda la resistenza meccanica, soprattutto nel caso di elevati carichi
concentrati e sulla durata nel tempo, per quanto i produttori di tali resine sottolineino
3
Le resine metilmetacrilate (MMA) grazie alla velocità di maturazione (tempo di indurimento utile pari a sole 4 ore
circa), consentono un rapidissimo utilizzo della struttura dove vengono applicate. Trova, pertanto utile impiego nei
ripristini di vecchie pavimentazioni e/o di giunti, soprattutto laddove è sconveniente l’interruzione dell'operatività. Altra
caratteristica di tali resine è la possibilità essere impiegata in ambienti con temperature inferiori a -20°C, risultando
pertanto indispensabile per la ristrutturazione di pavimentazioni di celle frigorifere dove è conveniente non
interrompere la messa in funzione delle celle stesse.
ing. Maines Fernando
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
quanto siano semplici e veloci le operazioni di manutenzione e di ripristino. In ogni
caso è fondamentale rivolgersi a ditte di comprovata esperienza, che assicurino una
corretta esecuzione della posa in opera, così come è importante rispettare i tempi di
esecuzione fra la fase di rasatura e quella di finitura e tra una mano di finitura e
l’altra. In genera la pavimentazione diviene pedonabile dopo 12 ÷ 40 ore (in funzione
della temperatura), mentre per la messa in servizio è bene attendere 5 ÷ 6 giorni.
3.2.3
Il rivestimento delle pareti
Un elevato livello di igiene non può prescindere dalla necessità di sottoporre anche le pareti
a periodiche operazioni di pulizia. Per questo si deve escludere l’utilizzo di comuni intonaci
cementizi, che subirebbero nel tempo fenomeni di degrado a causa della intrinseca porosità e
della instabilità (chimica e meccanica) nel tempo.
Si rende necessario invece un rivestimento in grado di assicurare, in primo luogo,
impermeabilità ed inerzia chimica, ma anche resistenza all’abrasione ed agli urti, capacità di
contrastare la proliferazione di muffe, funghi e batteri, ottima aderenza al supporto, stabilità
nel tempo, facilità di manutenzione e, non ultimo, un gradevole effetto estetico.
E’ opportuno che il rivestimento venga esteso a tutta la parete ed anche al soffitto per poter
anche intervenire nei confronti dei depositi tipici delle zone alte dei reparti dove esistono tutte
la condizioni (alto tasso di umidità, minore velocità dell’aria, presenza di molte tubazioni, …)
favorevoli alla proliferazione di fonti di inquinamento biologico e non.
La scelta dei materiali si riduce essenzialmente a tre possibilità, tutte in grado di assicurare
adeguate prestazioni: piastrelle ceramiche (generalmente in klinker o gres), lastre in acciaio
inox o resine sintetiche.
Anche in questo caso la posa in opera dovrà essere molto curata sebbene le pareti
presentino, rispetto alle pavimentazioni, molte meno discontinuità significative. Si devono
comunque prevedere elementi speciali di raccordo per la realizzazione degli spigoli ed angolari
paraspigoli in acciaio inox nel caso di rivestimenti in resina.
E’ anche possibile l’uso contemporaneo di questi materiali che preveda la realizzazione di
una piastrellatura o il rivestimento con lamiera in acciaio inox in basso (fino ad un’altezza di 2
ing. Maines Fernando
109
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
÷ 2,5 m), mentre per la parte rimanente della parete e per il soffitto si utilizza un rivestimento
con resine epossidiche o membrane fluide elastometriche (meno fotosensibili rispetto alle
prime). Queste assicurano, infatti, un’elevata impermeabilità, una sufficiente traspirabilità,
un’ottima elasticità, una facile e veloce posa in opera e la possibilità di proteggere in modo
attivo (mediante l’aggiunta di appositi additivi) le superfici da contaminazione biologiche.
I rivestimenti consentono infine una valorizzazione in senso estetico degli ambienti con
l’adozione di variazioni cromatiche che in taluni casi può rispondere a precise esigenze
pratiche. Ad esempio l’utilizzo di colorazioni scure per il soffitto e la parte alta delle pareti
contribuisce a mascherare alla vista la presenza, spesso caotica, delle numerose tubazioni
d’impianto.
3.2.4
Il controllo dell’umidità
Come si è già detto, nei reparti operativi si riscontra
frequentemente un elevato tasso di umidità relativa a
causa del rilevante utilizzo di acqua nel corso del
processo produttivo, condizioni che possono indurre la
formazione di condensa sulle pareti più fredde (quelle
rivolte a nord o confinati con reparti non controllati
termicamente). La criticità può aumentare nel caso di
reparti parzialmente o totalmente interrati, qualora si
determinassero infiltrazioni (per diretto contatto o per
fenomeni di risalita capillare) delle acque presenti nel
terreno. Gli effetti, comunque negativi, possono
raggiungere livelli di gravità differente: presenza di
macchie di muffa, efflorescenze saline, erosione e
distacco dell’intonaco, riduzione delle capacità di coibenza termica, degradazione delle
strutture con compromissione delle prestazioni di resistenza meccanica. Diverse le soluzioni
che si possono adottare:
la coibentazione delle pareti per evitare che la superficie interna raggiunga la
temperatura di rugiada;
la predisposizione di pareti con un’intercapedine di 5 ÷ 12 cm centimetri,
possibilmente ventilata grazie a dei fori comunicanti con l’esterno posti sia alla base
che alla sommità della parete. L’intercapedine può essere convenientemente
utilizzata per la posa di una strato in materiale impermeabilizzante in particolare nei
punti di contatto con il muro esterno. Nel caso di piani interrati la larghezza
dell’intercapedine può essere decisamente maggiore (fino ad alcuni metri), formando
così dei volumi particolarmente interessanti per essere utilizzati come depositi o
accogliere tubazioni e condotte dei diversi impianti tecnici. Se, invece, la parete è a
contatto con il terreno, dovrà essere opportunamente protetta da una barriera
impermeabilizzante e, se necessario, da opere di drenaggio e di allontanamento delle
acque captate;
ing. Maines Fernando
110
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
per contrastare le infiltrazioni per capillarità si può adottare l’interposizione di uno
strato di materiale impermeabile alla base delle murature;
evitare quanto possibile le discese interne dei pluviali preferendo soluzioni “a vista”;
le possibili infiltrazioni dal solaio a contatto con il terreno possono essere risolte
mediante vespaio costituito da uno strato di materiale drenante (ghiaia o residui
della lavorazione di materiale lapideo) oppure con appositi supporti in plastica in
grado di rendere il primo solaio indipendente dal terreno e di creare un intercapedine
dove raccogliere ed allontanare le acque mediante drenaggi e/o pozzetti di raccolta;
proteggere l’esterno con zoccolature di base (in pietra, piastrelle, resine, …) e
verificare attentamente le pendenze dei marciapiedi.
E’ possibile adottare queste tecniche anche nel caso di cantine già esistenti benché si
caratterizzino per difficoltà esecutiva, costi di intervento decisamente maggiori e per una
riduzione dello spazio utile. Ad esempio si può intervenire con particolari prodotti vernicianti (a
base di resine) o con intonaci risananti da stendere dopo aver tolto le muffe e le incrostazioni,
le pitture precedenti e/o l’intonaco degradato; si deve intervenire su uno spessore variabile in
funzione della consistenza dell’infiltrazione o dei fenomeni di degrado ed estendendo la
superficie di intervento di almeno un metro rispetto alla zona da trattare. Si tratta di prodotti
con elevata capacità di adesione al materiale della parete, traspirabili e nel contempo resistenti
all’umidità. Possono contenere anche particolari additivi fungicidi. Nel caso di infiltrazione per
capillarità, invece, si intervene operando con apposita macchina dei tagli per tratti successivi
alla base della parete in cui inserire una lamina di resina impermeabile e inalterabile, oppure
praticando dei fori nei quali iniettare una resina impermeabilizzante fino a completa
saturazione.
3.2.5 Gli accessi e le finestrature
Ogni reparto si caratterizza per l’insieme delle operazioni che in esso vi si svolgono e che lo
contraddistinguono dalle altre aree della cantina, con le quali tuttavia ha necessità di essere in
relazione per consentire il trasferimento dei prodotti (uva, mosto e vino), dei materiali
accessori (bottiglie, confezioni, …), dei sottoprodotti e dei rifiuti (raspi, vinacce, fecce, …), delle
macchine ed attrezzature, dei mezzi per la movimentazione e delle persone.
Con l’analisi funzionale e con l’analisi dell’organizzazione degli spazi sviluppate nel
precedente capitolo, si è potuto individuare la rete di relazioni fra i diversi reparti ed esplicitare
la frequenza, l’intensità e le modalità di scambio, al fine di valutare l’efficienza di tutto il
processo produttivo e di individuare eventuali punti critici (rallentamenti, rischi, …) soprattutto
nelle fasi in cui diventa fondamentale assicurare tempestività negli interventi.
ing. Maines Fernando
111
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
E’ così possibile individuare quali accessi deve possedere ogni reparto e riconoscere, per
ciascuno di essi, quali caratteristiche sono necessarie per assicurare, prima di tutto,
movimentazioni e trasferimenti efficaci, efficienti e sicuri in ogni situazione operativa,
soprattutto nel caso di portoni utilizzati per il transito con mezzi meccanici.
A tale riguardo si deve tener conto che spesso le porte ed i portoni sono parte integrante dei
percorsi di fuga e assicurare, pertanto, una veloce evacuazione di tutti gli operatori presenti.
Infine non si deve dimenticare che ogni apertura (in particolare quelle comunicanti con
l’esterno) possono rendere più difficile il condizionamento ambientale dei reparti con evidenti
ripercussioni anche sulla qualità del lavoro e delle condizioni operative. Inoltre costituiscono vie
preferenziali per la diffusione degli incendi e per i tentativi di effrazione.
Date queste premesse, di ogni accesso si dovranno ricercare le opportune soluzioni per
quanto riguarda le dimensioni, la tipologia ed i materiali. Innanzi tutto il dimensionamento
deve essere effettuato in modo da consentire un transito agevole ed in sicurezza; si deve però
tenere in considerazione anche la necessità di far passare le attrezzature in fase di allestimento
del reparto (botti, vasi vinari, macchine enologiche, …) ed in occasione di eventuali
sostituzioni. Per il passaggio esclusivo delle persone di adotta comunemente un altezza di 210
cm ed una larghezza a partire da 60 cm.
Per quanto riguarda i materiali si deve assicurare, in funzione delle caratteristiche del
reparto, una adeguata capacità di isolamento termico ed acustico, sufficiente solidità, facilità e
semplicità delle operazioni di pulizia e di manutenzione.
Principalmente si utilizza il legno (di cui si ricorda l’elevato indice di manutenzione se
esposto all’azione del sole e degli agenti atmosferici), le materie plastiche (soprattutto
vetroresina e PVC rigido) per la loro versatilità, la leggerezza e la facilità di pulizia, l’alluminio
estruso anodizzato o verniciato (in particolare per le intelaiature) e l’acciaio preverniciato. La
coibenza termica viene migliorata mediante l’inserimento, in apposita intercapedine, di
poliuretano espanso, di polistirene o di lana di roccia. Per eventuali inserti trasparenti si
possono adottare il vetro, il plexiglas o il policarbonato possibilmente in doppio strato con
camera.
La tipologia si identifica soprattutto con il sistema di apertura che deve essere scelta
principalmente in funzione del tipo e dell’intensità di movimentazione. Per quanto riguarda i
portoni, oltre ai tradizionali sistemi a doppio battente, si possono utilizzare i sistemi a
scorrimento orizzontale su binari (a filo di muro o in telaio murato) oppure i sistemi flessibili
(ad avvolgimento, ad impacchettamento o a saracinesca) soprattutto nel caso di accessi verso
l’esterno di magazzini dove si effettuano operazioni di carico e scarico; in generale risultano
più efficienti le versioni a pannelli scorrevoli (sezionali) o a libro, tipologie utilizzate anche per
separare un singolo ambiente in due o più zone operative, in modo da differenziarle anche dal
punto di vista ambientale, mantenendo nel contempo un’elevata flessibilità nell’organizzazione
degli spazi. Inoltre è possibile dotare singoli pannelli di porte a battente per il passaggio delle
persone, la cui presenza diventa obbligatoria per poter essere utilizzate come vie di fuga (nel
qual caso il senso di apertura deve essere rivolto verso l’esterno).
ing. Maines Fernando
112
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Le porte a battente rappresentano la scelta di gran lunga più frequente nel caso di accessi
riservati alle sole persone, per quanto non mancano esempi di utilizzo delle porte a vento
(apribili in entrambi i sensi) o più raramente delle porte scorrevoli. Le porte dedicate ai pedoni
che conducono in aree di intenso traffico di mezzi meccanici, è bene siano munite di idonee
barriere di protezione o di bussole (sporgenti almeno 1 ÷ 1,5 m) utili anche per proteggere da
correnti d’aria gli ambienti climatizzati.
In caso di compartimentazione dell’edificio a fini antincendio o nel caso di accesso a
giroscale, si dovranno adottare porte tagliafuoco con adeguata resistenza (REI 30 o REI 60)
derivante dall’utilizzo di materiali idonei, di sistema di chiusura automatica e di soglia a battuta
per ostacolare il passaggio del fumo.
Infine si possono dotare i portoni, specialmente se interessati da un frequente passaggio di
mezzi di trasporto, di sistemi automatici di apertura e chiusura (telecomando, circuito
magnetico a pavimento, fotocellule, radar) in grado di assicurare un accesso più agevole e di
evitare eccessivi scambi di aria per reparti con sistemi di controllo delle variabili ambientali.
Per assicurare una effettiva sicurezza, così come previsto dalla specifica normativa, si possono
installare dispositivi antischiacciamento e anticaduta.
ing. Maines Fernando
113
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Per quanto non si possano considerare dei veri e propri accessi, anche le finestre giocano
un ruolo importante, quando presenti, nella caratterizzazione di un reparto grazie al contributo
all’illuminazione naturale, al ricambio dell’aria, agli scambi termici ed acustici. Rappresentano
inoltre un elemento architettonico fondamentale che contribuisce all’aspetto estetico dei
prospetti esterni e possono costituire elementi di arredo di ambienti soprattutto per quelli
inseriti nei percorsi di visita.
Anche in questo caso i materiali più utilizzati sono il legno, le leghe di alluminio, l’acciaio
preverniciato ed il PVC rigido. L’utilizzo di particolari tecniche nella costruzione dei telai
(adozione di particolari profili, di elementi di tenuta, …) e l’utilizzo di doppi o tripli vetri uniti al
perimetro (con camera singola o doppia), consentono alle finestre di garantire ottime
prestazioni in termini di trasmittanza termica sia per ridurre i flussi termici sia per contrastare
l’insorgenza di condensazione superficiale. E’ importante anche verificare il potere fonoisolante
ai rumori aerei, la tenuta all’acqua, la resistenza meccanica.
Per quanto riguarda le modalità di apertura e di chiusura, il sistema più efficace è quello
vasistas che prevede il movimento dell’anta verso l’interno con rotazione attorno al lato
orizzontale inferiore. In tal modo si consente un’efficace movimentazione dell’aria verso l’alto,
evitando di indirizzare correnti direttamente verso gli operatori.
E’ possibile adottare sistemi di apertura automatizzati e simultanei, azionabili con
l’intervento diretto dell’operatore o sotto il controllo di una centralina che, in base ai valori di
temperatura ed umidità interne ed esterne rilevati da sonde, possono graduare la posizione
delle ante. Questi sistemi sono particolarmente opportuni soprattutto nel caso di reparti con le
finestre poste ad altezze non facilmente raggiungibili4.
Le stesse considerazioni valgono per gli eventuali schermi di controllo dell’intensità
luminosa. Fra le diverse soluzioni possibili i più adatti alle caratteristiche dei reparti operativi
sono i frangisole nella versione ad elementi orientabili.
Le finestre possono essere completate da uno schermo fisso in rete a maglie sottili per
proteggere l’ambiente interno da possibili intrusioni indesiderate soprattutto nel caso di
aperture poste in punti facilmente raggiungibili (bocche di lupo, …).
Un tipo molto particolare di accesso sono i sistemi fissi che consentono la movimentazione
(con il supporto di pompe e/o della gravità), dell’uva, del mosto, del vino, dei diversi
sottoprodotti (raspi, vinacce, fecce) o dei fluidi utilizzati durante i diversi processi (acqua,
vapore, refrigerante, aria compressa, azoto, …).
Si possono utilizzare diverse attrezzature operanti in modo discontinuo (più raramente) o
continuo. Si tratta principalmente di coclee, scivoli, nastri trasportatori (a nastro, a catena o a
palette) oppure di tubazioni (con movimentazione per gravità o mediante pompe) per i quali si
deve predisporre nelle pareti e nei solai appositi cavedi ed attraversamenti. Questi dovranno
essere strutturati in modo da consentire ispezioni e manutenzioni, per evitare che diventino vie
di intrusione per presenze indesiderate (topi, insetti, …) e per contrastare la formazione di
depositi di sporco e fonti di contaminazione. L’opportunità di predisporre tali sistemi deve
essere valutata mettendo a confronto i relativi vantaggi operativi (assenza di intralcio dovuto
alle tubazioni mobili, maggiore efficienza e tempestività di intervento) con la maggiore
complessità nell’esecuzione degli elementi costruttivi e la maggiore complessità impiantistica
(presenza di valvole, sistemi di lavaggio, …) che si traducono in elevati costi di investimento,
compatibili solo per cantine caratterizzate da elevate produzioni.
Per quanto riguarda le pompe si utilizzano soprattutto quelle volumetriche (a pistoni,
peristaltiche, a vite eccentrica a lobi, a rotore ellittico, ….), mentre le tubazioni sono sia mobili
(in materiale plastico spiralato e inerte, unite mediante raccordi rapidi, flange bullonate, …) che
fisse in acciaio inox montate con pendenza costante (attorno ad 1mm/m). In entrambi i casi le
superfici interne devono essere particolarmente lisce per assicurare elevati standard di pulizia,
ottenuti mediante sistemi di lavaggio ad acqua e/o aria compressa.
4
E’ questo il caso di reparti muniti di lucernai o di torrette di ventilazione utilizzate nel periodo estivo per favorire
l’allontanamento dell’aria calda.
ing. Maines Fernando
114
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
3.3 L’area di conferimento
In questo reparto, punto di raccordo fra le attività di campo e le operazioni di
trasformazione, l’uva viene sottoposta alle operazioni di identificazione e di valutazione
quantitativa e qualitativa, prima dell’immissione nel processo di vinificazione.
Questo passaggio, così come le successive fasi di ammostamento, si caratterizza per gli
elevati livelli di vulnerabilità dell’uva. I possibili maltrattamenti indotti dall’azione delle
macchine e le possibili fonti di contaminazione presenti nel corso delle fasi di trasporto, di
conferimento e di ammostamento, possono compromettere irrimediabilmente la qualità delle
uve faticosamente raggiunta in vigneto.
Per questi motivi risulta essenziale operare con accuratezza e celerità, per quanto possano
apparire obiettivi fra loro incompatibili, soprattutto nel corso delle concitate fasi della
vendemmia, in cui è difficile pianificare in modo rigoroso il flusso di conferimento dell’uva visti i
molti fattori di disturbo, primo fra tutti un andamento meteorologico sfavorevole. I risultati
migliori si ottengono adottando recipienti chiusi, poco profondi e modalità di trasferimento
rapide, per contenere il grado di ammostamento e le ossidazioni.
In primo luogo, per strutturare correttamente l’area di conferimento è necessario effettuare
un’attenta analisi dalla successione delle operazioni da adottare che, nel caso più generale
possono comprendere:
la pesatura;
l’identificazione della tipologia dell’uva conferita, della provenienza (si può giungere a
discriminare il singolo appezzamento) ed, eventualmente, del produttore (come nel
caso delle cantine sociali);
la valutazione qualitativa;
lo scarico del prodotto;
la cernita manuale e/o il lavaggio delle uve;
il lavaggio dei contenitori.
raspi
uva
vinacce
reparto di conferimento
pesatura
campionatura
lavaggio
area di stoccaggio
temporaneo
area di stoccaggio
temporaneo
sistema di scarico (tavola di
cernita o tramoggia con
convogliatore)
diraspapigiatrice
aspiratore
pneumatico
trasporto
meccanico
uva intera
pigiato e/o diraspato
gravità o
pompe
ing. Maines Fernando
area di diraspa-pigiatura
reparto di vinificazione
115
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
In generale si dovranno individuare due aree diverse: la prima (area “esterna”) destinata
alla circolazione dei mezzi di conferimento, la seconda (area interna) dedicata allo scarico delle
uve ed alla loro immissione nel ciclo produttivo.
La successione delle singole modalità operative possono differire caso per caso in funzione
delle peculiarità che caratterizzano ogni singola cantina; in particolare si deve tener conto dei
seguenti aspetti:
la quantità di uva conferita giornalmente;
il tipo e la qualità delle uve conferite;
gli indirizzi produttivi ed i livelli di qualità prefissati;
la tipologia della cantina in funzione della provenienza dell’uva (azienda vitivinicola
che vinifica esclusivamente uve proprie, azienda vinicola, cantina sociale, …);
le modalità di conferimento in relazione ai mezzi ed ai contenitori utilizzati per il
trasporto dell’uva (carri con tela alimentare, cassoni palettizzabili da 200 o 300 kg,
cassette in plastica da 15 ÷ 20 kg, …). A tale riguardo si ricorda di dare la priorità
alle uve raccolte meccanicamente predisponendo una viabilità dedicata, così come si
dovrà introdurre appositi coefficienti di sovradimensionamento per le tramogge (si
devono adottare coclee più lente e di diametro maggiore) e delle altre attrezzature
per tener conto della maggior concentrazione del flusso di conferimento5, in quanto
l’uva giunge in quantità maggiore e praticamente diraspata;
il tipo di analisi qualitative da eseguire, che possono limitarsi ad una semplice verifica
visiva o prevedere il prelievo manuale di uno o più campioni da portare in laboratorio
oppure l’utilizzo di una specifica stazione in grado di eseguire automaticamente una
serie di analisi (zuccheri, pH, acidità totale, indici polifenoli totali, attività laccasica,
…) su ciascun carico di uva conferita;
le modalità adottate per lo scarico ed i dispositivi utilizzati per l’immissione dell’uva
nel processo di vinificazione (tramoggia con coclea o a ribaltamento, tavola vibrante,
nastro trasportatore, banco a nastro per la cernita manuale). Lo svuotamento può
avvenire istantaneamente per gravità (manualmente o per ribaltamento con mezzi
meccanici) oppure in modo progressivo e controllato mediante coclea, nastro
trasportatore, pompa o tavola vibrante;
lo spazio disponibile e la reciproca collocazione dei diversi edifici che eventualmente
compongono il complesso aziendale;
gli eventuali ulteriori utilizzi degli spazi, previsti ad di fuori del periodo della
vendemmia. In particolare l’area di conferimento può essere utilizzata per il
rimessaggio dei mezzi di movimentazione e lo svuotamento dell’uva (carrelli
elevatori, telai, benne, rimorchi, …) o per lo stoccaggio di cassette, cassoni e vasche,
5
E’ necessario ricordare che il flusso di conferimento risulta direttamente proporzionale al numero di mezzi
utilizzati e della loro capacità unitaria. Al diminuire di questa (piccoli volumi) migliore sarà la qualità dell’uva conferita
ma maggiori saranno gli oneri connessi. Sarà pertanto necessario trovare soluzioni logistiche equilibrate.
ing. Maines Fernando
116
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
possibilmente predisponendo una tettoia o un capannone (meglio se sul lato sud
dell’edificio principale in modo da svolgere anche una funzione di ombreggiamento
estivo).
In particolare, una corretta valutazione delle entità e delle modalità di movimentazione in
ciascun passaggio operativo può assicurare una maggiore efficienza ed ottimizzazione del
processo al fine di evitare possibili situazioni di congestionamento, l’allungamento dei tempi di
attesa o dei tempi morti. Sarà anche più semplice individuare tutte le soluzioni in grado di
prevenire, nel limite del possibile, gli infortuni legati alla movimentazione dei mezzi e dei
carichi o alla presenza di macchinari con organi in movimento (sistemi di ribaltamento,
tramogge con coclee e nastri trasportatori). Non si dovrà trascurare il rischio connesso
all’emissione di rumore e dei gas di scarico soprattutto nel caso di aree di conferimento che
utilizzano ambienti parzialmente o totalmente confinati. Elevati standard di sicurezza sono
possibili con l’adozione contemporanea di dispositivi di protezione attiva (segnalatori acustici,
sistemi automatici di blocco, …), di dispositivi di protezione individuali e di una efficace
strutturazione degli spazi che garantisca, ad esempio, adeguati spazi di manovra e limitate
interferenze con gli spostamenti delle persone, mediante corsie preferenziali per i mezzi e
corsie riservate ai pedoni per ridurre il rischio di investimento soprattutto nei reparti dove gli
addetti operano con l’obbligo di otoprotettori.
Il secondo passo prevede la definizione delle attrezzature e delle strutture da adottate. In
generale nel reparto di conferimento possiamo trovare:
il sistema di pesatura per la determinazione dei pesi lordi e delle tare: attualmente
si utilizza la tipologia bilico a ponte munita di sistemi di lettura digitale e stampa
automatica, con capacità fino a 20 t per le cantine medio-piccole e fino a 40 t per le
cantine più grandi. Il dimensionamento deve essere fatto in base ai mezzi utilizzati
per il conferimento dell’uva, per la consegna dei materiali enologici (bottiglie, …) o
per la consegna del prodotto finito. In presenza di notevole traffico risulta efficace
l’adozione di due differenti pese, una per i mezzi in arrivo ed una per quelli in uscita,
oppure una per ciascuna stazione di scarico. Una corretta installazione della
piattaforma (sopraelevata o a livello e comunque nell’ordine dei 3 x 10 m) prevede
una gettata di fondazione per il posizionamento dei profili rigidamente saldati ai ferri
di armatura del c.a., un pozzetto per alloggiare il sistema di messa a terra, un
sistema di scolo delle acque piovane ed una condotta di diametro di almeno 10 mm
per il passaggio dei cavi di servizio;
la stazione per il campionamento e la raccolta dei dati relativi all’uva conferita:
questa operazione può essere eseguita manualmente oppure automaticamente
tramite un piccolo torchio ad aria compressa o mediante un braccio meccanico a
comando idraulico che esegue i prelievi e le analisi; in ogni caso è opportuna la
presenza di un operatore che verifica il corretto svolgimento dell’intera procedura e,
con l’ausilio di un supporto informatico, può effettuare la raccolta dei dati sulle uve
consegnate e la loro trasmissione al sistema centrale per il rilascio della relativa
documentazione. Per questo risulta opportuno realizzare un’apposita struttura, anche
di tipo prefabbricato, affiancata alla stazione di pesatura la quale potrà così essere
facilmente protetta dalle intemperie mediante una tettoia;
ing. Maines Fernando
117
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
la stazione per la cernita manuale: talvolta i convogliatori sono costituiti da nastri
trasportatori o da tavole vibranti, utilizzati come banchi per la cernita manuale. L’uva
viene scaricata dentro un’apposita tramoggia da dimensionare in funzione dei
contenitori utilizzati per il conferimento (generalmente cassette o al più piccoli
cassoni) e del sistema di scarico (possibilmente manuale). Dopo un primo nastro di
selezione per l’eliminazione di foglie, grappoli con marciume o pezzi di tralcio, può
essere presente un’unità di diraspatura rialzata e alimentata da nastro trasportatore.
Il sistema viene completato da un secondo nastro di selezione per l’eliminazione di
singoli acini non maturi o con marciume. Per ciascun operatore si deve prevedere
una postazione di lavoro di circa 80 cm di larghezza (su un lato o su entrambi) con i
nastri posti ad un’altezza da terra di 85 cm. Se posta all’esterno è bene prevedere
una tettoia o una collocazione in prossimità di una parete dell’edificio;
la stazione di scarico: può prevedere una o più tramogge6 con convogliatori per
l’alimentazione dei sistemi di diraspa-pigiatura o di pressatura oppure dei serbatoi di
macerazione. Generalmente si utilizzano tramogge di scarico fisse a sezione trapezia
(in acciaio inox o in cemento armato rivestito con resine epossidiche), munite sul
fondo di coclea, di nastro trasportatore o di tavola vibrante. Una particolare soluzione
prevede che la tramoggia alimenti un nastro trasportatore posto in un tunnel di
raffreddamento in acciaio coibentato per la refrigerazione mediante CO2 delle uve da
inviare alla pressatura. Qualora il grado di ammostamento dell’uva conferita dovesse
essere significativo (superiore al 15 %), è necessario predisporre un apposito circuito
per la raccolta della frazione liquida indipendente dalla linea di conferimento uva, da
6
Generalmente il limite della capacità operativa della singola linea di scarico è di 30 t/h. Per flussi orari di
conferimento superiori a tale valore è consigliabile frazionare l’uva in arrivo su più linee.
ing. Maines Fernando
118
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
collegare direttamente ai rimorchi. Lo scarico dell’uva si effettua generalmente per
ribaltamento del solo rimorchio o dell’intero sistema trattrice–rimorchio (mediante
appositi pianali); più raramente si usano rimorchi con coclea di scarico. Nel caso di
uva conferita in cassoni si utilizzano dei carrelli elevatori muniti di forche ribaltanti;
più raramente si usano dei paranchi idraulici o a catene portati da apposita struttura
(spesso coincidenti con gli elementi portanti della copertura). Per favorire tali
operazioni, le tramogge vengono di solito installate ad un livello parzialmente
inferiore rispetto al piano di transito dei mezzi, all’interno di fosse in cemento
armato, dove l’appoggio della tramoggia può avvenire lungo un cordolo perimetrale o
più semplicemente su profilati metallici trasversali. Quest’ultima soluzione consente
l’accessibilità della fossa (mediante apposite scale e passerelle) per effettuare le
operazioni di pulizia che risultano fondamentali nel caso, non infrequente, che la
fossa accolga anche la diraspa-pigiatrice e il sistema di allontanamento dei raspi. In
alternativa si possono adottare tramogge fuori terra che per rovesciamento
alimentano un nastro trasportatore per il trasferimento dell’uva alla successiva fase
di lavorazione. In questo caso lo svuotamento può avvenire mediante rimorchio
alzabile a pantografo e munito di coclea sul fondo. Le dimensioni delle tramogge
dipendono dal loro numero, dalla potenzialità delle attrezzature enologiche ad esse
collegate, dal ritmo di conferimento e dalle modalità di scarico. In generale l’ordine di
grandezza si aggira sui 1,5 ÷ 2,5 m di larghezza per 3 ÷ 6 metri di lunghezza. La
stazione di scarico deve essere protetta dagli agenti atmosferici (sia per motivi di
igiene che per il benessere degli operatori) posizionandola sotto tettoia; in caso di
presenza di venti persistenti è consigliabile predisporre anche dei tamponamenti
verticali parziali. Talvolta si utilizza un ambiente interno alla cantina solo
parzialmente confinato o munito di ampi portoni per facilitare i collegamenti con il
piazzale e per assicurare un costante rinnovo dell’aria compromessa dagli scarichi dei
mezzi utilizzati per il conferimento e per le movimentazioni. Le tramogge possono
avere anche funzioni aggiuntive quali lo stoccaggio temporaneo di uva,
l’effettuazione del controllo analitico della pesatura o per effettuare lo sgrondo della
fase liquida;
un’area per il lavaggio ed il deposito dei cassoni e delle cassette utilizzate per il
conferimento delle uve, opportunamente attrezzata con i sistemi per la distribuzione
e per l’erogazione dei fluidi utilizzati per le operazioni di pulizia (acqua fredda, acqua
calda, vapore o aria compressa). La stessa area, meglio se posta sotto tettoia, può
essere utilizzata anche per il lavaggio di barrique o delle eventuali cassette utilizzate
per l’appassimento. Se l’operazione viene eseguita manualmente è possibile
prevedere una piattaforma di lavoro con scala e parapetto; si possono anche
adottare stazioni di lavaggio automatico in grado di lavare da diverse centinaia di
cassette all’ora. Nel caso dei cassoni può essere automatizzato l’intero processo
comprendente la movimentazione, lo svuotamento ed il lavaggio, predisponendo
apposite linee a controllo automatico, disposte parallelamente alla batteria delle
ing. Maines Fernando
119
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
tramogge di scarico. Nella versione più avanzata, un operatore con un carrello
elevatore si limita a porre più cassoni pieni di uva su una apposita piattaforma di
carico che provvederà a caricarli su di un nastro trasportatore. Il cassone munito di
etichetta con codice a barre per il riconoscimento del tipo di uva e del livello
qualitativo, giunto in prossimità della tramoggia prescelta, viene scaricato e riposto
sul nastro trasportatore per farlo giungere alla batteria di lavaggio. Al termine di tale
operazione un secondo operatore interviene per allontanare ed immagazzinare i
cassoni vuoti e puliti giunti a fine linea;
Per quanto riguarda le pavimentazioni, si dovrà tener in particolare conto la presenza di
carichi dinamici dovuti ai mezzi di trasporto e la notevole presenza di fonti di inquinamento
(residui di lavorazione, terra trasportata dai pneumatici, …). Ottime soluzioni sono
rappresentate da superfici in cemento rifinite con strati anti-usura o rivestimenti in porfido che,
in tal modo si differenziano dalle superfici della parte restante del piazzale generalmente
pavimentata in asfalto. Lungo il perimetro e lungo le linee di compluvio delle pendenze saranno
predisposte canalette grigliate di raccolta dei reflui e pozzetti di convogliamento verso le
vasche di stoccaggio.
Per lo svolgimento delle diverse attività che caratterizzano il conferimento, si deve porre
particolare attenzione ai seguenti aspetti impiantistici:
il collegamento del computer della stazione di pesatura campionatura e di analisi con
il sistema centrale di elaborazione;
l’impianto di illuminamento dovrà assicurare una buona visibilità in tutta l’area
interessata dalle fasi di conferimento che, come spesso succede durante la
vendemmia, si possono protrarre fin nelle ore serali e notturne;
la protezione dei punti di alimentazione dei diversi impianti (prese elettriche e punti
di attacco rapido dell’impianto idrico per le tubazioni mobili) dai rischi di
danneggiamento a causa dei mezzi in movimento, mediante l’individuazione di
posizioni ed altezze di installazione adeguate e comunque funzionali.
Infine per quanto riguarda l’organizzazione logistica delle operazioni, ricordiamo che l’area
di conferimento deve comunicare in modo diretto e veloce con il reparto di diraspa-pigiatura e
pressatura e/o con il reparto di vinificazione. La movimentazione dell’uva può essere effettuata
mediante nastri trasportatori, scivoli o coclee passanti attraverso le pareti o i solai). Si
potranno inoltre predisporre passaggi (porte, portoni, montacarichi) per consentire l’accesso di
persone e/o di macchine ai magazzini, all’area di vinificazione, alla zona amministrativa e ad
altri ancora, in funzione della diversa strutturazione dei reparti e dei diversi utilizzi previsti per
il piazzale adibito al conferimento.
3.4 Il locale per l’appassimento
(redatto in collaborazione con Recchia Enrico - a.s.
2003/04)
La tecnica dell’appassimento, un tempo limitata a piccoli areali (la Valpolicella e la zona del
Soave per la produzione di Recioto e Amarone, la Valtellina dove si vinifica lo Sforzato, alcune
zone della Toscana e del Trentino per la produzione del Vino Santo, …), è ora adottata in molte
altre realtà vinicole. L’aspetto più appariscente di questa tecnica è la disidratazione dell’uva
con un calo ponderale variabile dal 30 al 50 % ed il conseguente aumento del contenuto
zuccherino e degli estrattivi in genere; al fenomeno di essiccamento si aggiungono gli effetti
metabolici del biochimismo cellulare dell’acino (surmaturazione) ed eventualmente quello della
Botrytis cinerea che deve essere presente nella forma larvata (muffa nobile).
In passato i grappoli venivano stesi su apposite rastrelliere collocate in locali ricavati nelle
soffitte delle abitazioni rurali. Oggi, invece, nonostante esista ancora un forte legame con le
vecchie tecniche produttive, l’uva è solitamente selezionata direttamente in campo e riposta in
cassette di plastica dove rimane ad appassire, in appositi locali (fruttai), fino alla vinificazione.
Nel corso di tale processo risulta essenziale il ruolo assunto da questi locali che, pertanto,
dovranno presentare requisiti strutturali ed impiantistici specifici e di sicura funzionalità.
ing. Maines Fernando
120
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
3.4.1 I sistemi di appassimento
La tecnica dell’appassimento non è caratterizzata da regole precise e rigide, ma rispecchia
spesso la specificità delle scelte aziendali o quanto meno delle tradizioni locali che
contraddistinguono ciascun vino. Le differenze riguardano le modalità e l’intensità di
trattamento, la tipologia degli impianti utilizzati e la durata dell’appassimento. Quest’ultima
varia in funzione del tipo e delle condizioni delle uve utilizzate, delle caratteristiche climatiche
locali e dei parametri di funzionamento degli impianti (velocità dell’aria, umidità relativa e
temperatura dell’aria). Variazioni che risultano determinanti sul risultato produttivo finale.
E’ possibile, in generale, suddividere i sistemi di appassimento in due tipologie:
l’appassimento naturale caratterizzato da minime variazioni delle condizioni
ambientali naturali. Si può distinguere in:
o
appassimento con ventilazione naturale;
o
appassimento con ventilazione artificiale;
o
appassimento assistito con ventilazione artificiale e deumidificatore.
l’appassimento artificiale che si caratterizza per un intenso intervento sulle condizioni
ambientali naturali. Si può distinguere in:
o
appassimento rapido;
o
appassimento lento.
L’appassimento artificiale rapido prevede temperature alte (25 ÷ 40°C) e basse umidità
relative (minori del 50 %). In queste situazioni l’uva si disidrata molto velocemente (sono
possibili cali fino all’8 ÷ 11 % in 3 giorni) ma non evolve sotto il profilo aromatico e
compositivo per l’assenza di attività micetica. Essa non è quindi una tecnica adottata per
ottenere vini passiti se si escludono interventi di 6 ÷ 8 giorni per asciugare il raspo seguiti da
appassimento naturale, oppure per avere uve con una gradazione alcolica potenziale maggiore.
L’appassimento artificiale lento si basa sull’impiego di celle frigorifere o di ambienti ben
coibentati (anche interrati) muniti di deumidificatore. Le condizioni di media umidità relativa e
di temperatura compresa fra i 15 e i 17°C permettono tutte quelle evoluzioni che avvengono
durante l’appassimento naturale, con il vantaggio di poter escludere lo sviluppo della botrite
effluorescente e la diffusione dei moscerini. Il suo impiego però è limitato a causa dagli alti
costi di investimento per le necessarie strutture opportunamente coibentate e per gli impianti
da dimensionare appositamente per far fronte al carico iniziale di acqua da sottrarre all’uva
(quantità che aumenta al diminuire del periodo di appassimento) e per la necessità di
condizionare costantemente l’intero ambiente. Si tratta di investimenti generalmente 5 volte
superiori rispetto al sistema assistito con ventilazione artificiale e deumidificazione.
Con la ventilazione naturale invece l’appassimento dell’acino avviene grazie a correnti
d’aria che si originano spontaneamente per la presenza di ampie aperture nell’edificio.
L’efficienza del sistema richiede condizioni climatiche particolarmente favorevoli, caratterizzate
dalla presenza di venti significativi, da temperature non particolarmente basse e da bassa
umidità relativa dell’aria. Purtroppo non vi sono certezze sul risultato finale che è sottoposto
ing. Maines Fernando
121
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
costantemente al rischio di andamenti climatici sfavorevoli che non consentono il corretto
svolgimento dell’appassimento o, peggio ancora, favoriscono lo sviluppo del marciume volgare.
Per ridurre l’aleatorietà dei risultati della ventilazione naturale si può ricorrere
all’appassimento naturale con ventilazione artificiale. Si utilizza una serie di ventilatori
dislocati opportunamente lungo le pareti e all’interno del reparto ed in numero sufficiente per
assicurare un adeguato flusso d’aria anche nei periodi caratterizzati da assenza di vento e da
temperature e umidità relative dell’aria non ottimali ma tali, comunque, da garantire un
sufficiente potere di assorbimento se supportate da flussi di intensità sufficiente. Questo
sistema però risulta efficace solo se le uve di partenza sono integre e se l’edificio è collocato in
località con appropriate condizioni climatiche ed ambientali favorevoli; rimane, pertanto, il
rischio di non portare a compimento l’appassimento a causa di periodi climatici particolarmente
sfavorevoli.
L’appassimento naturale assistito con ventilazione artificiale e deumidificatori
rappresenta un’ulteriore evoluzione, poiché è in grado di operare anche in presenza di umidità
relativa molto elevata (giornate di pioggia o con nebbia); in tali situazioni tutte le aperture con
l’esterno vengono chiuse e l’azione congiunta dei ventilatori e dei dispositivi di
deumidificazione consente di operare ricircolando l’aria presente all’interno del locale di
appassimento. E’ questo il sistema più funzionale e razionale per l’ottenimento di vini passiti
grazie alla capacità di limitare fortemente lo sviluppo della botrite e per il ridotto impatto
sull’uva che può così svolgere tutte le evoluzioni fondamentali che devono avvenire nell’acino.
Per un corretto appassimento è anche opportuno non operare con umidità relative
eccessivamente basse, nel qual caso si interviene con nebulizzatori per incrementare il
contenuto di vapore acqueo nell’aria ambiente.
ing. Maines Fernando
122
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Tutti questi fattori, a cui si aggiunge un buon rapporto fra costi, quantità e qualità ottenibili,
giustificano la diffusione di questa tecnica ed i giudizi favorevoli di molti produttori e dei tecnici
del settore. Pertanto è questa la tipologia che di seguito analizzeremo in dettaglio.
3.4.2 Struttura organizzativa e dimensionamento
La capacità dell’aria di assorbire l’acqua presente nei grappoli dipende in primo luogo dalla
sua umidità relativa e dalla sua temperatura. Come si è visto, l’efficienza dell’appassimento
naturale assistito con ventilazione artificiale e deumidificatori deriva dalla possibilità di
adottare, al variare delle caratteristiche dell’aria esterna, diverse modalità di funzionamento,
che si caratterizzano per i seguenti aspetti organizzativi:
per la ventilazione naturale sono necessarie ampie finestrature in grado di indurre
una intensa circolazione d’aria. L’efficienza del sistema dipende dalla presenza di
venti di intensità significativa e viene aumentata dall’esistenza di un gradiente di
temperatura fra le aperture di entrata e quelle di uscita. La portata del flusso è
direttamente proporzionale alla superficie delle finestrature che saranno pertanto
poste sui lati più lunghi dell’edificio, scelta che determina nel contempo una riduzione
del percorso che l’aria deve compiere, ed un conseguente aumento dell’efficienza di
assorbimento;
la ventilazione artificiale sopperisce alla minor capacità di appassimento dell’aria
esterna con una intensa e costante intensità di flusso. Sono presenti: una batteria di
ventilatori prementi (in numero che dipende dalla larghezza del locale) che,
attraverso apposite aperture munite di serranda (che si apre comunque verso
l’esterno), immettono aria nell’ambiente interno; una batteria di ventilatori aspiranti,
posti sulla parete opposta, che estraggono l’aria verso l’esterno attraverso analoghe
aperture; un numero variabile di ventilatori mobili (in funzione della lunghezza del
fruttaio) disposti in modo da garantire continuità al flusso d’aria. Per ridurre il
numero di ventilatori nelle batterie di testa e per assicurare una maggior efficienza di
movimentazione dell’aria, il flusso deve avvenire parallelamente ai lati più lunghi
dell’edificio;
la ventilazione artificiale con ricircolo di aria deumidificata richiede che tutto
l’ambiente interno venga isolato rispetto l’esterno mediante la chiusura di tutte le
finestre e delle serrande di immissione e di estrazione dell’aria poste sulle testate del
locale. I dispositivi di deumidificazione, posti presso il lato di espulsione, prelevano
l’aria ambiente e, dopo averne ridotto il contenuto in vapor d’acqua, la inviano
all’altra estremità del locale mediante tubazioni in film plastico (nailon da 20 µm)
sospese al di sopra delle cataste delle cassette. A riposo le tubazioni afflosciate si
caratterizzano per il ridotto ingombro.
Per quanto si è appena visto, si devono preferire edifici a pianta rettangolare con un
rapporto lunghezza-larghezza di 3 ÷ 4. Questa soluzione favorisce la formazione delle correnti
naturali trasversali in caso di apertura delle finestrature e, nel contempo, un percorso lungo a
sufficienza (lungo il lato maggiore) per riuscire a saturare l’aria nel caso di ventilazione
artificiale. Tale scelta è correlata anche alla modalità di stoccaggio dell’uva.
Tradizionalmente i grappoli venivano stesi su apposite rastrelliere (le arelle) costituite da un
telaio generalmente in legno e da un fondo realizzato con materiali diversi (stuoie di canne,
reti metalliche, …) sul quale vengono appoggiati i grappoli di uva. Le rastrelliere vengono
sovrapposte mediante appositi elementi distanziatori per ricavare uno spazio di circa 30 cm
dove far circolare l’aria. Tale sistema tradizionale, così come altri (catene verticali munite di
ganci ai quali appendere i grappoli muniti di un pezzo di tralcio, …) si caratterizzano per gli
elevati indici di manodopera, le difficoltà di assicurare elevati indici di pulizia e per una ridotta
capacità di stoccaggio. Per questo, ora, si preferisce disporre i grappoli, direttamente in
campo, in cassette senza sovrapposizione (circa 5 ÷ 7 kg di uva). Si utilizzano, in particolare,
cassette di legno o di plastica con pareti e fondo fessurati e conformate in modo da facilitare la
sovrapposizione, in modo da semplificare le successive fasi di trasporto e di stoccaggio nel
locale di appassimento. I plateau più utilizzati sono di 60 x 40 con un’altezza di 15 ÷ 17 cm
che vengono sovrapposti su appositi supporti palettizzabili di legno o di plastica di 120 x 80 cm
ing. Maines Fernando
123
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
fino a 10 strati a formare bancali da 40 cassette. Il mercato propone anche plateau in plastica
di 120 x 80, muniti di sistema di apertura delle ante laterali per poter scaricare
contemporaneamente tutto il bancale mediante carrello elevatore munito di dispositivo di
rotazione delle forche. Si arriva a sovrapporre fino 3 bancali giungendo ad una altezza totale
massima di 4,5 ÷ 5 metri. In altri casi, le cassette sono disposte in pile da 15 ÷ 20 unità con il
lato di 60 cm parallelo alla parete più lunga dell’edificio a formare lunghe file distanziate
lateralmente di 20 ÷ 30 cm per favorire la circolazione dell’aria. Per garantire l’accesso per
effettuare i controlli dell’uva, si devono sempre predisporre corridoi larghi fino a un metro
lungo le pareti, fra le file di bancali oppure ogni due file di cassette e trasversalmente alla
disposizione delle file di cassette ogni 4 ÷ 8 metri dove si possono localizzare i ventilatori
mobili intermedi.
Da questi elementi è possibile determinare il fabbisogno di spazio considerando che le
modalità di stoccaggio ora descritte consentono di immagazzinare fino a 180 ÷ 230 kg/m2 (in
funzione dell’altezza disponibile all’interno del locale e della possibilità di utilizzare cassette
autoportanti), valore che tiene conto anche degli spazi liberi fra le file e delle corsie
longitudinali e trasversali. Determinato il fabbisogno di spazio partendo dalla quantità di uva da
appassire si possono scegliere le dimensioni del locale secondo il rapporto precedentemente
indicato. Per quanto riguarda la lunghezza si deve tener conto che l’aria, mano a mano che
percorre il fruttaio, aumenta progressivamente il proprio tasso di umidità riducendo nel
contempo il proprio potere di assorbimento; un dimensionamento eccessivo potrebbe così
determinare una differenziazione nell’andamento dell’appassimento fra le differenti zone del
locale.
Per quanto riguarda invece la scelta dell’altezza del locale, il valore ottimale va ricercato
come punto di equilibrio fra l’esigenza di aumentare la capacità di immagazzinamento e la
necessità di limitare la naturale tendenza alla formazione di moti convettivi legati ad un
gradiente di temperatura in senso verticale, per quanto studi a riguardo abbiano evidenziato
che lo sviluppo in altezza della struttura non influenza significativamente le trasformazioni
dell’uva; in compenso può incidere sui costi di gestione del condizionamento. Generalmente si
può ritenere adatta e funzionale un’altezza (minima, se il tetto è a falde) di 4 ÷ 6 m in funzione
delle caratteristiche e della potenzialità del sistema di ventilazione. Oltre all’altezza di
accatastamento dei plateau, si deve tener conto della presenza delle tubazioni in film plastico
per la distribuzione dell’aria deumidificata e di eventuali ventilatori elicoidali utilizzati per
creare una corrente d’aria discendente che contrasti la formazione di moti ascensionali nel
flusso della ventilazione artificiale.
3.4.3 Le caratteristiche strutturali
La struttura nel suo complesso deve rispecchiare la semplicità dello schema funzionale che
prevede l’entrata delle cassette provenienti direttamente dalla vendemmia e l’uscita delle
stesse per l’immissione delle uve nel processo di vinificazione. Anche i fabbisogni ambientali,
se si esclude il controllo dell’umidità, si possono limitare alla verifica delle emissioni acustiche
dell’impianto di ventilazione, non tanto a garanzia degli operatori, la cui presenza nel reparto è
ing. Maines Fernando
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
decisamente occasionale, quanto in riferimento all’impatto sull’ambiente esterno, in particolare
nelle ore notturne.
La tipologia e le caratteristiche della struttura, ed in particolare quelle relative alla
coibentazione termica, influiscono poco sul risultato produttivo finale, che dipendono invece da
un corretto dimensionamento degli impianti di ventilazione e di deumidificazione.
Diversamente, per favorire l’instaurarsi ed il mantenimento dei flussi d’aria, si devono
adottare appropriati criteri di strutturazione e di gestione.
La localizzazione ideale per i fruttai è rappresentata dai siti in collina, ad un altitudine
superiore ai 300 m, dove i valori di umidità relativa e di temperatura sono più favorevoli
rispetto alle localizzazioni in pianura. Importante si dimostra anche l’orientamento dell’edificio
rispetto alla direzione dei venti in modo da favorire la ventilazione naturale. Entrambe queste
soluzioni possono contribuire a ridurre i costi di gestione del processo di appassimento.
Diversamente da quanto prescritto dalla tradizione si deve preferire una dislocazione a livello
del terreno per semplificare le operazioni di carico e di scarico e poterle così svolgere il più
possibile con mezzi meccanici (trattrici con carri, carrelli elevatori, altro) evitando, inoltre, la
necessità di realizzare solai in grado di sopportare gli elevati carichi statici e dinamici.
La struttura portante deve essere di tipo reticolare puntiforme (pilastri e travi), spesso
realizzata con elementi prefabbricati, per assicurare la presenza di ampie finestrature laterali e
di accessi sui lati di testata con dimensioni adeguate per il passaggio dei mezzi di trasporto e
di movimentazione delle cassette. Si deve evitare possibilmente la presenza di pilastri
intermedi per non creare ostacoli alla movimentazione delle cassette e alla circolazione
dell’aria.
Le pareti perimetrali di tamponamento possono essere realizzate con blocchi in laterizio e
non devono assicurare particolari prestazioni di isolamento termico. Si possono infatti utilizzare
anche ambienti parzialmente confinati o ricavati in locali più ampi adottando, come
tamponamento, appositi teli formati da due strati esterni in materiale plastico con
coibentazione interna in schiuma di PVC espanso (peso di circa 1 kg/m2). Infatti l’ermeticità del
locale non è un requisito necessario in quanto la ventilazione artificiale entra in funzione
proprio nei momenti di assenza di vento. Inoltre queste pareti di tamponamento possono
essere facilmente motorizzate per automatizzare le operazioni di apertura e chiusura.
Le ampie finestrature presenti (normalmente in legno, plastica, acciaio o alluminio), oltre a
consentire la ventilazione naturale, garantiscono un ottimo livello di illuminazione essenziale
per effettuare le necessarie operazioni di ispezione e controllo delle uve, sebbene sia
necessaria la presenza di reti contro l’intrusione di uccelli, insetti e roditori. Le finestre, inoltre,
sono generalmente munite di un sistema di apertura e chiusura automatico, comandato da
centraline in grado di verificare le condizioni ambientali esterne ed interne in modo da liberare
l’operatore dall’onere di controllare ed eventualmente di intervenire manualmente.
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Per accedere al locale di appassimento si devono disporre uno o più portoni su ciascun lato
corto, dimensionati per consentire un agevole accesso ai mezzi utilizzati per la movimentazione
delle cassette. Tali portoni dovranno disporre anche di porte per il passaggio delle persone in
modo da garantire una veloce evacuazione. Per lo stesso scopo, così come previsto dalla
normativa specifica nel caso di reparti con elevato sviluppo longitudinale, dovranno essere
presenti altri accessi lungo i lati lunghi del reparto, da utilizzarsi anche come vie d’accesso alle
diverse partite d’uva per controlli, ispezioni o prelievi per vinificazioni anticipate e come vie di
fuga. Possono inoltre dare un contributo alla ventilazione naturale creando ulteriori correnti
d’aria.
Infine l’esigenza di assicurare buoni livelli di pulizia, sia per le attrezzature che per il locale,
rendono necessarie superfici lavabili e sistemi di scarico delle eventuali acque di pulizia.
L’intonaco delle pareti sarà rivestito con resine lavabili (generalmente epossidiche) almeno per
una fascia di 2,5 metri. Le pavimentazioni sono solitamente in calcestruzzo gettato in opera,
per i loro bassi costi di realizzazione, l’assenza di discontinuità, rifinite con uno strato al quarzo
per migliorare la pulibilità, la resistenza all’usura, ai carichi ed agli agenti chimici (sanitizzanti e
zolfo). Tale scelta può risultare problematica per la maggiore presenza di polveri, la cui
diffusione è amplificata dall’impianto di ventilazione.
3.4.4 Gli impianti
L’impianto più importante è evidentemente quello di ventilazione integrato dalle unità di
deumidificazione. La necessità di avere consistenti portate d’aria caratterizzate da velocità non
particolarmente elevate, fanno preferire i ventilatori assiali, che si distinguono rispetto ad altre
tipologie per le consistenti portate d’arie e per le minori emissioni acustiche. Il numero e la
disposizione dei ventilatori, comunque posti a livello del pavimento, variano a seconda delle
loro caratteristiche e delle prestazioni, dei quantitativi d’uva e della forma e delle dimensioni
del locale. Si deve inoltre tener conto della distribuzione delle cataste in modo da non
determinare la formazione di vortici che possono causare la presenza di zone sottoposte in
minor misura all’azione di appassimento, problema che può essere indotto anche da una
ventilazione con velocità non sufficientemente elevata.
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
L’impianto di condizionamento raramente è integrato nella struttura, ma è generalmente
costituito da ventole e deumidificatori mobili. Quest’ultimi, in particolare, possono essere posti
all’esterno, purché opportunamente protetti. Se invece vengono localizzati all’interno, sono
necessari due fori sulla parete, una per la presa dell’aria di raffreddamento ed una per la sua
espulsione.
Il dimensionamento di tali macchine dipende quasi esclusivamente dalla quantità di uva
presente, dalle condizioni termoigrometriche desiderate e dal rapporto fra la durata del periodo
di permanenza ed il grado di appassimento richiesto; il regime di funzionamento corrisponde a
quello di massimo rendimento, indipendentemente dai parametri di utilizzo dei ventilatori.
Inoltre nella scelta fra i diversi modelli presenti sul mercato, è necessario adottare batterie di
deumidificazione in acciaio inox per assicurare una buona inerzia ai composti dello zolfo
derivanti dai prodotti utilizzati per contenere la presenza di moscerini.
L’intero sistema è normalmente comandato da dispositivi a controllo automatico in grado di
effettuare l’apertura o la chiusura delle finestre, l’attivazione o l’arresto dei ventilatori e degli
umidificatori e la loro regolazione in funzione dei segnali provenienti da sonde per il
rilevamento dei valori di temperatura e di umidità all’esterno ed all’interno ed eventualmente
dell’intensità e della direzione dei venti.
Particolarmente interessante è la possibilità di impiegare queste macchine in altri reparti
della cantina al di fuori del periodo di appassimento, vista la facilità di installazione e la
versatilità di utilizzo (si tratta di pompe di calore in grado di riscaldare, di raffreddare,
dideumidificare e di umidificare).
Per quanto riguarda gli impianti di base, si devono fare le seguenti considerazioni:
la consistente presenza di materiale infiammabile, dato dalle numerose cassette di
legno o di plastica, rendono decisamente opportuna se non obbligatoria, la presenza
di dispositivi di spegnimento di eventuali principi di incendio. All’esterno dell’edificio
si devono predisporre gli idranti per l’alimentazione delle manichette o delle
autopompe, mentre all’interno del locale di appassimento ben si adattano i sistemi di
spegnimento a pioggia (spinkler) comandati da segnalatori di fumo o di calore,
sebbene il loro intervento, essendo generalizzato su tutta la superficie, determini un
danno all’uva dai risvolti economici ben superiori a quelli causati da un semplice
principio di incendio. Per questo si può preferire l’adozione di idranti a manichetta e
di estintori opportunamente dislocati in tutto il locale (ad anidride carbonica nei
pressi dei quadri elettrici);
l’eventuale presenza dell’impianto idrico e le relative caratteristiche (numero e
disposizione degli erogatori, pressione di esercizio e portata) dipendono dalle
modalità di esecuzione degli interventi di pulitura e di sanitizzazione che precedono
le fasi di carico dell’uva da appassire e che seguono lo svuotamento del locale. Ci si
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
può infatti limitare all’uso di spazzatrici meccaniche e di trattamenti a base di zolfo,
oppure si può far ricorso a sistemi di pulitura a vapore o ad idropulitrici di tipo
mobile. Anche in quest’ultimo caso, così come per un impianto idrico tradizionale, è
opportuno predisporre pavimentazioni munite di leggere pendenze e di un sistema di
evacuazione dei reflui;
la presenza dei ventilatori mobili disposti nelle corsie trasversali, rende necessaria
una corretta disposizione dei punti di alimentazione elettrica per ridurre i disagi e i
rischi connessi alla presenza di cavi elettrici correnti lungo gli stretti corridoi di
passaggio; inoltre per l’intero impianto elettrico si devono adottare materiali,
dispositivi e soluzioni impiantistiche idonee al livello di rischio d’incendio;
le fasi di accatastamento delle cassette e le attività di controllo dell’uva nel corso
dell’appassimento rappresentano i momenti operativi che richiedono il maggior livello
di illuminamento. Una scelta corretta dei punti luce e della loro collocazione dipende
dall’intensità dell’illuminazione naturale (dimensioni e disposizione delle finestrature
laterali, presenza di schermature), dall’accessibilità delle cataste, dalla frequenza e
dal tipo dei controlli.
3.5 Il reparto di vinificazione
reparto di
conferimento
piazzale (area
temporanea di
stoccaggio)
coadiuvanti di
fermentazione
(lieviti, MCR, …),
farine fossili o
perlite
residui
vinacce
pressate
raspi
uva intera
reparto di
vinificazione
aspiratore o
nastro trasp.
filtro rotativo
sottovuoto o
filtro
tangenziale
diraspapigiatrice
coclea o nastro
trasp.
pressa
pompe
scambiatore
di calore
vasche di
decantazione
feccia
fermentini
per rossi
reparto di
stoccaggio
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fermentini
per rossi
vinacce
fermentate
mosto
fiore
pompe
pompe
reparto di
affinamento nel legno
reparto di stoccaggio
e/o affinamento
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Il nucleo fondamentale dell’intero processo enologico è dato dalla vinificazione, cioè
dall’insieme dei passaggi operativi che determinano la trasformazione dell’uva in vino. Tali
passaggi e la relativa successione cambiano in funzione del tipo di vinificazione (in rosso, in
bianco, …), del tipo di vino prodotto, della tradizione enologica locale e dell’impostazione data
dall’enologo.
In generale si possono così riassumere:
vinificazione in rosso:
diraspa-pigiatura o pigia-diraspatura o sola pigiatura oppure macerazione in
ambiente saturo di CO2;
fermentazione in presenza delle vinacce;
svinatura (precedente o meno alla fine della fermentazione);
pressatura delle vinacce.
vinificazione in bianco:
eventuale diraspa-pigiatura o pigia-diraspatura o sola pigiatura;
il pigiato può essere refrigerato a 5 ÷ 8 °C mediante uno scambiatore tubo in tubo ed
eventualmente stoccato per 8 ÷ 16 ore in un apposito serbatoio coibentato
(criomacerazione);
pressatura del pigiato o dell’uva intera;
chiarifica meccanica mediante follatore o centrifuga oppure decantazione statica a
freddo del mosto, posto in un serbatoio mantenuto ad una temperatura di 5 ÷ 8 °C
per 12 ÷ 24 ore, previa aggiunta eventuale di enzimi pectolitici;
fermentazione del mosto decantato.
La complessità delle operazioni ed il consistente apporto di macchine enologiche ed
attrezzature specifiche rende l’organizzazione della struttura di questo reparto decisamente
complessa. Le possibili soluzioni sono infatti fortemente influenzate da diversi fattori fra i quali
spiccano i livelli produttivi (quantitativi e qualitativi), le condizioni climatiche, la tipologia
costruttiva e l’andamento plano-altimetrico dell’area interessata all’edificazione.
A tale proposito le scelte più significative riguardano i seguenti aspetti:
concentrare tutta la vinificazione in un unico reparto o destinare ambienti specifici ad
ogni passaggio operativo. L’elemento maggiormente discriminante è dato dall’entità
delle produzioni. Infatti nel caso di grandi cantine, la necessità di eseguire la stessa
operazione su grandi quantità di prodotto (uve, pigiato o mosto), anche di qualità e
di tipologia diversa, rende utile la suddivisione della capacità operativa su più
macchine da utilizzare contemporaneamente. Si assicurano così, trattamenti
tempestivi in grado di evitare tempi di attesa, pericolose sovrapposizioni e stoccaggi
temporanei dei prodotti spesso associati a conseguenze negative sull’organizzazione
del lavoro e sulla qualità dei prodotti finali. Questo necessariamente richiede elevati
indici di razionalizzazione e di specializzazione non consentiti dalla condivisione di un
unico spazio operativo. Al contrario, in una piccola cantina caratterizzata da ridotte
produzioni eseguite da un ridotto numero di operatori, l’organizzazione della
ing. Maines Fernando
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
vinificazione su più locali separati può indurre una complessità operativa ed un
fabbisogno di supporti impiantistici, difficilmente gestibile ed economicamente
giustificabile. Rimane il problema delle cantine di media entità per le quali la scelta
più corretta dipenderà anche da altre considerazioni di altro carattere (logistico,
enologico, economico, …). Le due opzioni prospettate rappresentano le situazioni
estreme fra le quali si possono individuare molte soluzioni intermedie come, ad
esempio, l’accorpamento di solo alcune operazioni in un unico ambiente o la
possibilità di inserirle in reparti operativi esterni alla vinificazione come la diraspapigiatura nella zona di conferimento o la fermentazione nel reparto di stoccaggio. Un
ulteriore possibilità è data dall’utilizzo di pareti mobili, particolarmente adatte a
separare temporaneamente diverse aree dello stesso ambiente; tali pareti
consentono una elevata flessibilità per la facilità con cui si può modificare la
suddivisione degli ambienti, essendo formate da elementi modulari, generalmente in
materiale plastico inseriti in telai metallici con possibilità di adottare intercapedini
coibentate;
la collocazione, parziale o totale, dell’area di vinificazione all’esterno dell’edificio,
eventualmente sotto apposite coperture (tettoie) o in ambienti semiconfinati in modo
da assicurare un collegamento diretto con l’esterno. Questa possibilità dipende prima
di tutto dalle condizioni climatiche caratteristiche della zona nel periodo di utilizzo del
reparto che corrisponde generalmente con settembre-ottobre, al quale si può
eventualmente aggiungere il periodo dedicato alla lavorazione delle uve
vendemmiate tardivamente o delle uve passite. La localizzazione all’aperto diventa
invece obbligatoria nel caso di serbatoi per la fermentazione di grandi dimensioni
(capacità maggiori di 800 ÷ 1000 hl) che richiederebbero, altrimenti, ambienti di
eccessiva altezza;
l’adozione di particolari strutture operative che prevedono una determinata
organizzazione e distribuzione dei reparti. Il caso più interessate è la cosiddetta
“torre di vinificazione” per la quale la cantina assume uno sviluppo verticale con il
conferimento posto nel punto più in alto in grado di alimentare per gravità
successivamente le aree di pigiatura, di fermentazione per i vini rossi, di pressatura
ed infine di fermentazione per i vini bianchi (che può corrispondere con l’area di
stoccaggio). In tal modo è possibile movimentare tutti i prodotti (uva, pigiato, mosto,
vino) per caduta evitando così maltrattamenti ed ossidazioni connessi all’uso di
pompe. Chiaramente questo criterio organizzativo è favorito dalla presenza di un
andamento plano-altimetrico caratterizzato da pendenze e dislivelli naturali,
altrimenti ottenibili al prezzo di consistenti opere di scavo o in elevazione. Inoltre la
strutturazione su più piani determina la necessità di predisporre uno o più
montacarichi per la movimentazione dei prodotti e dei materiali fra i vari livelli;
un ulteriore criterio di progettazione che deve essere privilegiato (e non solo per
questo reparto) è quello della flessibilità e della modularità per consentire una
ing. Maines Fernando
130
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
realizzazione secondo una successione di fasi di sviluppo (soprattutto per le grandi
cantine) o per favorire successivi ampliamenti. A tale scopo si deve evitare la
presenza di ostacoli all’espansione degli edifici come strade, fossati, installazioni
impiantistiche, … .
Come si è già accennato, la vinificazione è una fase produttiva particolarmente delicata,
anche per la vulnerabilità dei diversi prodotti. Durante la pigiatura, ad esempio, si possono
determinare contaminazioni a carico dei diversi componenti dell’acino, i quali non più protetti
dalla buccia si trovano a diretto contatto con l’aria e con i diversi dispositivi utilizzati per i
trasferimenti (pompe, tubazioni, …), per quanto la durata del trattamento ed i tempi di
permanenza siano brevi. E’ pertanto indispensabile un elevato livello di igiene, prima di tutto
delle macchine e delle attrezzature, ma anche delle strutture (pavimenti, pareti, alloggiamenti
per condutture, …) per evitare la formazione di depositi e di fonti di inquinamento fisico o
biologico. Si dovrà curare in particolar modo, oltre alla qualità dei pavimenti e dei rivestimenti
delle pareti, la disposizione delle attrezzature e delle tubazioni per l’asportazione dei raspi,
delle vinacce, del pigiato, del mosto, del vino e, naturalmente, le modalità di allontanamento
delle acque di pulizia e degli eventuali reflui dispersi.
Si dovrà garantire anche una adeguata ventilazione per il ricambio dell’aria e per
riequilibrare gli eccessi di umidità, in particolar modo nel caso di ambienti parzialmente o
totalmente interrati, assicurando nel contempo la protezione da possibili intrusioni di animali.
Non è invece necessario intervenire sulla temperatura ambientale visto che i valori medi nel
periodo di attività del reparto sono compatibili con le esigenze degli operatori e non influiscono
sulle caratteristiche e sulla qualità dei prodotti. Qualche difficoltà si potrebbe incontrare nel
caso della lavorazione di uve vendemmiate tardivamente o di uve passite eseguite nel periodo
tardo autunnale o invernale, per quanto gli eventuali investimenti per la realizzazione di
impianti di condizionamento non troverebbero una giustificazione economica. Peraltro è
sempre possibile l’utilizzo di sistemi di riscaldamento di soccorso di tipo mobile per superare
eventuali situazioni climatiche contingenti particolarmente sfavorevoli per la qualità del lavoro
degli operatori. Risulta più opportuno intervenire, invece, sulla coibenza termica delle strutture
adottando soluzioni costruttive e materiali idonei a contrastare i flussi termici verso l’esterno e
l’insorgenza di fenomeni di condensazione dell’umidità sulle pareti fredde.
Particolare riguardo, infine, si dovrà porre nella determinazione e nel dimensionamento
degli accessi per la movimentazione delle persone e delle attrezzature mobili dall’esterno (che
possono fungere anche da vie di fuga), dai reparti adiacenti o da eventuali aree accessorie
(magazzini, …). Il principale vincolo relativo alle dimensioni è costituito dai mezzi utilizzati per
la movimentazione (carrelli elevatori, …) e dagli ingombri delle diverse macchine (presse, vasi
vinari, …) in fase di installazione o di eventuali interventi di manutenzione.
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131
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
3.5.1 La zona per la diraspa-pigiatura
Il processo di trasformazione dell’uva conferita inizia con la pigiatura, per quanto questo
passaggio sia sempre più riservato alle sole uve vinificate in rosso. Si utilizzano apposite
macchine che, oltre ad operare lo schiacciamento degli acini allo scopo di favorire la fuoriuscita
della polpa e del succo, sono in grado di effettuare anche la separazione dei raspi. Diverse
sono le soluzioni costruttive che consentono di alimentare tali macchine grazie alla gravità
adottando configurazioni con dislivelli compresi fra i 0,6 e i 3 m. Generalmente si tratta di
macchine fisse poste al di sotto dei convogliatori presenti nella zona di conferimento
(frequentemente trovano adeguata localizzazione nella stessa area di conferimento o nell’area
di fermentazione) e pertanto con caricamento dall’alto, ma non mancano casi di cantine che
preferiscono utilizzare macchine mobili da posizionare in modo diverso in funzione dei
successivi passaggi operativi.
Si distinguono in diraspa-pigiatrici e pigia-diraspatrici, a seconda della successione con cui
vengono effettuate le due operazioni. Questi sistemi garantiscono una buona produttività (da
1000 a 100000 kg/h) con ridotti ingombri (valori massimi di circa 1,6 x 4,0 x 3,0 m), ma
soprattutto una elevata flessibilità in quanto consentono di modificare i parametri di
funzionamento al variare del tipo di uva e delle caratteristiche richieste al prodotto finale. E’
inoltre possibile effettuare la sola pigiatura o la sola diraspatura mentre entrambi i processi
vengono completamente bypassati, frequentemente per le uve vinificate in bianco e solo in rari
casi nelle vinificazioni in rosso, come nell’adozione della macerazione carbonica per la
produzione del vino novello.
Lo schema funzionale del reparto è estremamente semplice: in entrata troviamo l’uva
proveniente direttamente dai convogliatori posti nell’area di conferimento, mentre in uscita
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132
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
avremo i raspi destinati allo stoccaggio o allo smaltimento ed il pigiato diretto verso i
fermentini (nel caso di vinificazione in rosso) o verso l’area di pressatura (nel caso di
vinificazioni in bianco).
Tali trasferimenti possono essere assicurati in diversi modi:
con un nastro trasportatore, un sistema di coclee o un aspiratore che preleva i raspi
in uscita e li invia attraverso un’apposita tubazione di diametro proporzionale alla
capacità operativa delle macchine operatrici (diametri nell’ordine dei 20 cm) e posta,
per eliminare gli ingombri, lungo le pareti o in appositi cavedi ispezionabili posti sotto
il livello della pavimentazione. La scelta viene fatta in funzione delle quantità, del
sistema di stoccaggio (cassoni, platea, container per il deposito temporaneo, carro
spandiletame o rimorchio per l’allontanamento immediato, impianto di compostaggio
…), della distanza da percorrere e degli eventuali dislivelli da superare;
con una pompa carrellata o fissa, (generalmente di tipo mohno o peristaltica) che,
posizionata al di sotto della diraspa-pigiatrice, raccoglie il pigiato e lo immette nella
tubazione (mobile o fissa) predisposta per il trasporto verso la pressa o i serbatoi di
fermentazione. Per quanto riguarda le tubazioni fisse, gli attraversamenti delle pareti
e dei solai saranno posizionati e realizzati in funzione della posizione del reparto
rispetto alle altre aree operative della cantina; inoltre si sottolinea l’opportunità di
adottare sistemi automatici per le necessarie operazioni di lavaggio e di
sanitizzazione.
La disposizione della diraspa-pigiatrice (rispetto al rimorchio, alla tramoggia di scarico o alla
tavola di cernita) deve essere analizzata in funzione dei percorsi delle tubazioni utilizzate per
alimentare le presse o i serbatoi e dei relativi dislivelli (generalmente maggiori di 1,4 m). Le
configurazioni adottale più frequentemente prevedono disposizioni in linea oppure ad L.
3.5.2 La zona di pressatura
Un altro passaggio operativo fondamentale è rappresentato dalla pressatura delle uve
(intere o pigiate e/o diraspate) da vinificare in bianco e delle vinacce fermentate provenienti
dalla svinatura dei fermentini utilizzati per la vinificazione in rosso. In entrambi i casi si ottiene
la separazione della fase liquida (mosto o vino) dalle vinacce, vergini nel primo caso e
fermentate nel secondo.
Il mosto o il vino risultanti dalla pressatura vengono raccolti e inviati, mediante tubazioni
mobili o fisse, ai diversi reparti di destinazione: l’area per la chiarifica dei mosti presso il
reparto di fermentazione per i vini bianchi, il reparto di stoccaggio o di affinamento per i vini
rossi. Le modalità di movimentazione dipendono in primo luogo dalla posizione di tali aree
operative relativamente alle presse: ad esempio una localizzazione a livelli inferiori consente
trasferimenti per gravità con positivi riscontri sulla qualità dei vini. Al fine di evitare
ing. Maines Fernando
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
movimentazioni “a singhiozzo” con il rischio di avere pompe che lavorano a vuoto, è utile
predisporre un serbatoio in acciaio o una vasca in cemento (rivestita con resina epossidica)
posta ad una quota inferiore rispetto alla presa dove stoccare temporaneamente il mosto o il
vino di pressatura e con capacità sufficiente a raccogliere il prodotto di più cicli di pressatura.
Per quanto, invece, riguarda l’allontanamento delle vinacce pressate verso la specifica area
per lo stoccaggio temporaneo si possono utilizzare, oltre ad un eventuale sgretolatore,
trasportatori a coclea o a nastro alloggiati in tubazioni di acciaio inox o verniciato, disposte al
di sotto e trasversalmente alla batteria delle presse. Nel caso di piccole cantine tali sistemi
possono essere sostituiti da semplici cassoni, utilizzati anche per lo stoccaggio temporaneo, da
movimentare con carrelli elevatori.
La realizzazione di tale schema funzionale, per quanto semplice, risulta fortemente
influenzato da numerose scelte operative ed organizzative: le caratteristiche quantitative e
qualitative del prodotto da sottoporre a pressatura, la localizzazione del reparto di
provenienza, le modalità di trasferimento (tubazioni, scivoli, nastri trasportatori, coclee,
cassoni, …), il numero ed il tipo di presse da utilizzare, il principio di funzionamento
(meccaniche, pneumatiche a membrana, continue o discontinue, …) e le relative caratteristiche
funzionali fra le quali spiccano il tipo e le modalità di caricamento (dal portellone o assialmente
mediante una tubazione di 120 – 150 mm), l’efficienza di sgrondo, le dimensioni e la capacità
operativa. Infine intervengono anche elementi legati all’impostazione enologica come l’intensità
di pressatura, la durata del ciclo di lavorazione e lo svolgimento di specifiche operazioni di
trattamento delle masse da pigiare o dei prodotti ottenuti, come la refrigerazione con
l’intervento di un apposito impianto o, più semplicemente, mediante aggiunta di neve
carbonica.
ing. Maines Fernando
134
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Attualmente la soluzione più adottata prevede una o più presse discontinue orizzontali di
tipo pneumatico, dimensionate e posizionate in modo da assicurare il trattamento il più
possibile immediato delle uve bianche in arrivo o delle vivacce fermentate svinate. Infatti uno
dei punti cruciali della logistica di cantina è proprio la sincronizzazione del sistema di
conferimento con il cantiere di ammostamento (diraspa-pigiatrici e presse), grazie ad un
sistema di accumulo temporaneo efficiente e protettivo nei confronti dell’integrità delle uve.
L’analisi di tutti questi aspetti consente di scegliere una corretta localizzazione del reparto,
di organizzare efficacemente le modalità di trasferimento dei prodotti (uve, pigia-diraspato,
mosto, vino e vinacce), di determinare le attrezzature e gli impianti necessari e, in ultima
analisi, il fabbisogno di spazio. La collocazione del reparto all’esterno (qualora le condizioni
climatiche lo permettano) consentono una riduzione della superficie coperta, una riduzione del
disturbo all’area di vinificazione e stoccaggio ed una maggior prossimità al reparto di
conferimento. Di contro si dovrà attentamente valutare le conseguenze relativamente ai livelli
di igiene e di sicurezza in particolare rispetto alla maggior presenza di mezzi in movimento.
Il corretto posizionamento delle presse (considerate il fulcro dell’intero processo di
vinificazione) richiede pertanto di individuare il tragitto più razionale (e possibilmente più
breve) per il pigiato o per il diraspa-pigiato e per le vinacce fermentate.
Una possibile soluzione prevede l’adozione, soprattutto per le piccole cantine, di presse
mobili (carrellate su ruote o su rotaie nel caso dei modelli più grandi), da spostarsi a seconda
dei casi, nei pressi della diraspa-pigiatrice o dei fermentini per le vinificazioni in rosso. Queste
presse, solitamente con capacità inferiore a 30 hL, consentono di semplificare il processo della
svinatura, in particolare per quanto riguarda le movimentazioni dei diversi prodotti. Infatti la
pressa viene spostata lungo la corsia dei fermentini in modo che il carico possa avvenire
mediante scivolo (con pendenza almeno di 40°) se in presenza di sufficiente dislivello fra la
corsia ed il basamento di appoggio dei fermentini7, oppure mediante sistema di nastro
elevatore o di pompa con tubazione a collo di cigno. Lo scarico, invece avviene spostando la
pressa nella zona di stoccaggio temporaneo delle vinacce pressate (platea, tramoggia o
container).
La scelta di adottare presse fisse disposte in batteria, invece, consente una organizzazione
più rigida ma anche più razionale. Nel caso di vinificazione in rosso è necessario prevedere un
sufficiente spazio di manovra per il carico (accesso frontale o laterale per l’eventuale utilizzo
del carrello elevatore) e per lo scarico (prevedere lo spazio per l’eventuale nastro trasportatore
o per il posizionamento dei cassoni). In assenza di una sufficiente luce libera al di sopra delle
pressa si può adottare una tramoggia di svuotamento per raccogliere la vinaccia fermentata e
alimentare un nastro elevatore per il carico. La tramoggia può essere alimentata mediante una
condotta in acciaio lungo la corsia dei fermentini nella quale le vinacce cadono per gravità
7
Questo può essere ottenuto predisponendo due diversi livelli di calpestamento collegati mediante scalette, oppure
collocando i fermentini su apposita struttura sopraelevata.
ing. Maines Fernando
135
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
mediante appositi scivoli; nella condotta una coclea provvederà alla movimentazione della
vinaccia verso la pressa.
Diverse sono le caratteristiche ed i parametri da considerare per il dimensionamento e la
scelta della pressa:
nel caso della vinificazione in rosso il vino di sgrondo rappresenta l’83 – 88% del
totale, mentre il vino di prima pressatura e il vino di seconda pressatura
rappresentano rispettivamente il 10 – 12% ed il 2 - 5%. Per le uve da vinificare in
bianco si ottiene generalmente l’85% del mosto dallo sgrondo ed il rimanente 15 %
dalle operazioni di pressatura;
si definisce capacità operativa il rapporto fra la massa di uva da processare ed il
tempo totale del ciclo (dato dalla somma del tempo di carico8, del tempo effettivo di
pressatura, del tempo di scarico, del tempo per le operazioni secondarie e dei tempi
morti9);
la resa (o percentuale di estrazione), che può essere definita in due modi:
o
litri di succo per 100 kg di uva (nel caso di uve bianche si ottengono 76 – 80
L/100 kg di cui 60 – 70 di sgrondatura). Pertanto il volume totale (in L) di
mosto è dato dai kg di uva conferita al giorno moltiplicata per la resa (in
L/100 kg) diviso il peso specifico del mosto (circa 1,1 kg/L);
o
kg di uva per ottenere 100 L di succo.
si definisce coefficiente di sgrondo il rapporto fra il volume del succo di sgrondo ed
il volume della camera di pressatura. Tale valore generalmente assume un valore
compreso fra 0,6 e 2,0;
il numero cicli di pressatura al giorno: variano da 2 a 4 in funzione della durata del
singolo ciclo, dal flusso di conferimento e dell’organizzazione di cantina;
si definisce coefficiente di carico il rapporto fra la massa di uva caricata in kg ed il
volume della camera di pressatura in L. Questo valore può variare molto (da 0,5 a 4)
in funzione delle modalità di carico, dal tipo di prodotto immesso (uva intera, uva
diraspata, …) e dalle metodologie enologiche adottate (macerazione pellicolare,
criomacerazione, …). Da tale valore deriva il volume (in m3) che deve avere la
camera di pressatura, moltiplicando le t di uva conferita per il coefficiente di carico e
dividendo per il numero di cicli. Qualora il valore ottenuto risultasse elevato si deve
procedere alla determinazione del numero di pressa su cui frazionare il totale, in
funzione
degli
ingombri,
dell’investimento
economico,
della
necessaria
8
I tempi di carico e di scarico generalmente ammontano a 30 – 45 minuti.
I tempi morti legati alle fasi di carico si possono ridurre dimensionando la capacità della tramoggia di ricevimento
uve corrispondente al carico di ciascun ciclo.
9
ing. Maines Fernando
136
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
armonizzazione con il ritmo di conferimento, dell’indice di manodopera e di
automazione, della valutazione dei tempi operativi (effettivi, carico e scarico, tempi
morti, …), dell’affidabilità e vulnerabilità ai guasti e della capacità di stoccaggio
temporaneo.
Il dimensionamento viene fatto sulle quantità di uve da vinificare in bianco; in base al
risultato (totale delle capacità di camera di pressatura installate) si ricercano le soluzioni
organizzative più idonee per la pressatura delle vinacce fermentate delle vinificazioni in rosso,
in quanto è auspicabile l’utilizzo delle medesime macchine in entrambi i casi.
In generale la dotazione di macchine e di attrezzature presenti in questo reparto, oltre alle
presse, è costituita da:
coclee o pompe e relative tubazioni fisse o mobili per il carico delle presse (in
sostituzione degli sgrondatori ormai sempre meno utilizzati10) e per il trasporto del
mosto e del vino;
sistemi per l’allontanamento delle vinacce pressate;
appositi serbatoi coibentati in acciaio inox per la criomacerazione in cui stoccare per
8 ÷ 12 ore il pigiato-diraspato o l’uva intera, proveniente direttamente dall’area di
conferimento, che ha subito un processo di refrigerazione. I dispositivi necessari
(scambiatori tubo in tubo, serbatoi coibentati in acciaio inox) possono
indifferentemente trovare un’idonea collocazione nell’area di diraspa-pigiatura o in
quella di pressatura, principalmente in funzione della posizione relativa delle due
aree operative.
Tutti questi dispositivi devono essere organizzati in modo che la configurazione del reparto
risulti ottimizzata dal punto di vista dei percorsi che devono risultare minimizzati (lunghezze e
dislivelli) così come le perdite di carico delle eventuali pompe.
Per quanto riguarda gli impianti si sottolineano gli usi specifici dell’aria compressa (o
dell’acqua) per il caricamento del polmone nel caso di presse pneumatiche e dei gas inerti se si
adottano presse che lavorano in riduzione. Significativa anche la presenza dell’impianto per la
distribuzione di fluido refrigerante utilizzato per il raffreddamento del pigiato e del mosto.
Infine ricordiamo la possibilità che il reparto di pressatura sia sottoposto a livelli di
emissione sonora significativi soprattutto in presenza di più presse e che si determini,
pertanto, la necessità di dover adottare parametri progettuali e soluzioni costruttive per la
riduzione dei fenomeni di riverbero (pannelli fonoassorbenti, schermature, …).
10
L’adozione degli sgrondatori diventa importante nei casi si raggiungano livelli significativi di ammostamento delle
uve conferite oppure qualora fosse necessario aumentare il coefficiente di carico delle presse.
ing. Maines Fernando
137
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
3.5.3 La zona di fermentazione
La fermentazione è uno dei passaggi operativi più significativi nel processo di vinificazione
viste le molteplici modificazioni fisiche e chimiche che determinano la trasformazione del mosto
in vino. Tale complessità richiede un accurato controllo e diversi interventi, necessari per poter
confermare la qualità delle uve nel prodotto finale.
Nel caso di vinificazione in bianco la fermentazione è, da un punto di vista organizzativo,
piuttosto semplice. Infatti, il mosto privo delle vinacce, ulteriormente liberato dalla presenza di
gran parte dei solidi in sospensione (per flottazione, per centrifugazione o per decantazione
statica a freddo) e dopo l’eventuale inoculo dei lieviti selezionati e l’aggiunta di nutrienti e
coadiuvanti, può essere messo a fermentare, ad una temperatura di 16 ÷ 18°C, in barrique o,
più comunemente, in serbatoi in acciaio inox, gli stessi utilizzati anche per il successivo
stoccaggio. Per tale motivo, soprattutto nel caso di realtà medio-piccole, le aree per la
fermentazione dei vini bianchi ed il reparto di stoccaggio, condividono spesso lo stesso
ambiente (lo stesso vale per l’area di fermentazione in rosso qualora si ritenesse opportuno,
oltre che fattibile, recuperare la capacità dei fermentini in termini di stoccaggio). Pertanto si
rinvia la descrizione di questa area operativa al paragrafo relativo al reparto di stoccaggio.
Notevoli sono le implicazioni di carattere organizzativo ed impiantistico invece per la
vinificazione in rosso. Infatti la presenza delle vinacce determina la necessità di effettuare
particolari operazioni quali i rimontaggi, le follature, i delastage, la svinatura e l’estrazione
ing. Maines Fernando
138
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
delle vinacce, per l’ottimizzazione delle quali sono stati introdotti serbatoi appositamente
strutturati. L’area di fermentazione nasce proprio dall’esigenza di organizzare razionalmente la
disposizione di tali fermentini, di assicurare la necessaria dotazione impiantistica e di garantire
efficienza nello svolgimento delle diverse attività di controllo e di intervento degli operatori.
L’analisi funzionale evidenzia l’immissione del pigiato dal corrispondente reparto, a cui si
aggiunge l’apporto, molto meno significativo dal punto di vista quantitativo, dei vari materiali
accessori quali, ad esempio, i lieviti selezionati, i nutrienti e l’anidride solforosa, il cui utilizzo e
le relative modalità per la preparazione e l’aggiunta variano a seconda delle tecniche
enologiche adottate. In uscita, invece, si avranno le vinacce da avviare alla pigiatura ed il vino
ottenuto dalla svinatura dei fermentini da immettere nei serbatoi del reparto di stoccaggio o
del reparto di affinamento nel legno.
Tutti questi trasferimenti possono essere effettuati mediante tubazioni, scivoli, coclee o
nastri trasportatori. Il movimento può essere garantito con l’apporto diretto di energia (pompe
o motori) o per caduta, a seconda della posizione reciproca fra la diraspa-pigiatrice, i
fermentini, la pressa ed i serbatoi di stoccaggio. Per le vinacce risulta particolarmente
efficiente l’adozione di coclee alloggiate in canali ad U in acciaio inox, con griglia metallica di
chiusura e poggianti a terra lungo la fila di fermentini, al di sotto delle portelle di scarico, in
grado di trasportare le vinacce fino ai dispositivi di caricamento delle presse (scivoli, nastri
elevatori, tubazioni alimentate da pompa mohno o pompa peristaltica, …). In alternativa si
utilizzano cassoni da movimentare e svuotare con i carrelli elevatori. Per il vino invece i
trasferimenti risultano ottimizzati con l’adozione di tubazioni in parte mobili ed in parte fisse in
acciaio inox con diametro di 100 – 150 mm; in tal caso la gestione del sistema (apertura delle
valvole, operazioni di pulizia) può essere comandato da un sistema automatico di controllo, la
cui convenienza economica aumenta con la complessità del sistema, da valutarsi in base alle
quantità di prodotto da trattare, alla loro diversificazione tipologica e al numero di macchine
operanti e di serbatoi da mettere in relazione. Una soluzione alternativa (già descritta nel
precedente paragrafo) prevede la presenza di una o più presse mobili.
La complessità organizzativa dell’area di fermentazione è evidenziata anche dalla
significativa presenza di macchine e di dispositivi accessori che, assieme ai fermentini,
costituiscono la dotazione di attrezzature enologiche. Generalmente possono essere presenti:
concentratori di mosto (a caldo sottovuoto o per osmosi inversa);
centraline di solfitazione;
follatori automatici sospesi al soffitto mediante un sistema (normalmente a rotaia)
che ne consente lo spostamento lungo la batteria dei fermentini;
sistemi ausiliari per il delastage (serbatoi e relative tubazioni per i trasferimenti della
frazione liquida);
svinatori, sistemi per l’estrazione, la raccolta e l’allontanamento (coclee, nastri
trasportatori, …) delle vinacce;
sistemi per effettuare la macro e la microssigenazione (bombole di ossigeno o
compressori, tubazioni, candele porose, …).
ing. Maines Fernando
139
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Per ciascuno di questi dispositivi bisogna valutare i relativi ingombri determinati dalle loro
dimensioni e dal loro fabbisogno in termini di spazio di manovra per gli operatori nel corso del
loro utilizzo. Inoltre se si tratta di attrezzature mobili, bisogna assicurare un’agevole
movimentazione (dimensionamento opportuno degli accessi e degli spazi di manovra), la
possibilità di effettuare adeguatamente le operazioni di pulizia ed un collegamento corretto e
sicuro con gli impianti necessari al loro funzionamento.
Qualche considerazione in più deve essere fatta per i fermentini, visto il loro fondamentale
ruolo nell’operatività del reparto. Infatti sono molte le variabili in gioco relativamente alle loro
caratteristiche (capacità, numero, dimensioni, …) e alle modalità di gestione che possono
influire sull’organizzazione e sulla strutturazione dell’intero sistema. In primo luogo si vuole
sottolineare l’importanza assunta dal tipo di materiale adottato, scelto fra le seguenti quattro
opzioni:
l’acciaio inox (AISI 304, 304L, 316 e 316L): rappresenta la soluzione di gran lunga
più adottata in questi ultimi decenni, soprattutto per le ottime caratteristiche di
pulibilità, per l’alta resistenza alla pressione idrostatica ed agli urti, per la flessibilità
relativamente al posizionamento ed alla movimentazione (nel caso di volumi non
eccessivi), per l’assenza di cessioni al vino e, non in ultimo, per le apprezzate
caratteristiche estetiche. Di contro i serbatoi in acciaio inox presentano un elevato
coefficiente di trasmissione termica che rende necessaria l’adozione di un sistema per
il controllo della temperatura basato sulla presenza di tasche coibentate percorse da
fluidi riscaldanti (generalmente acqua a 35 ÷ 40°C) o refrigeranti (soluzione in acqua
di etilenglicole o propilenglicole) oppure di scambiatori di calore a piastre posti
all’interno del serbatoio. E’ così possibile scegliere il profilo termico più idoneo per
ciascun vino in funzione del tipo di vinificazione, delle tecniche enologiche utilizzate
(ad esempio la macerazione a freddo) e dello stato di avanzamento della
fermentazione. Tali sistemi peraltro, unitamente all’insensibilità dell’acciaio alle
variazioni di umidità dell’aria, rendono superfluo qualsiasi intervento di
climatizzazione dell’ambiente;
le resine rinforzate con fibre di vetro (PRFV): le prestazioni non si differenziano
in modo significativo dall’acciaio, se si esclude una minore resistenza meccanica (in
particolare agli urti) ed una maggiore resistenza alla trasmissione del calore. Benché
questo materiale costi meno ed inoltre presenti, contrariamente all’acciaio, una
piccola permeabilità all’aria con effetti paragonabili alla microssigenazione, stenta a
trovare in Italia una larga diffusione, per lo scadente impatto estetico che lo
contraddistingue;
il legno: è il materiale tradizionale per la costruzione dei contenitori per lo
stoccaggio del vino e dei tini per la fermentazione. Alle riconosciute capacità di
arricchire il vino con elementi che ne equilibrano e ne armonizzano le caratteristiche
organolettiche, aggiunge un ideale contributo di ossigeno atmosferico grazie alla sua
ing. Maines Fernando
140
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
naturale permeabilità all’aria ed un buon comportamento per i ridotti scambi termici
con l’ambiente. Tuttavia le difficoltà nelle operazioni di pulizia e di sanitizzazione, la
intrinseca limitazione della capacità dei contenitori e soprattutto i crescenti costi, ne
hanno ridotto l’utilizzo, specialmente per la fermentazione. Più difficile risulta, infatti,
l’adozione di sistemi automatici per l’esecuzione dei rimontaggi o delle follature e
l’esecuzione dell’estrazione delle vinacce. Infine si ricorda la spiccata sensibilità alle
variazioni delle condizioni ambientali ed in particolare dell’umidità;
il cemento armato: questa tecnica costruttiva dei serbatoi per il vino, molto usata
in passato e caduta in disuso con l’arrivo dell’acciaio inox, continua ad avere convinti
estimatori. Infatti gli inconvenienti dovuti alle eccessive cessioni al vino, alle difficoltà
nelle operazioni di pulizia ed alla tendenza al deterioramento delle superfici, sono
stati superati grazie all’introduzione dei rivestimenti in resine epossidiche che hanno
sostituito gli onerosi e non sempre efficienti interventi di piastrellatura. Rimangono
tuttavia molte perplessità legate al loro elevato peso nel caso di serbatoi mobili,
mentre per quelli fissi, coincidenti cioè con la struttura stessa dei reparti, si mette in
evidenza l’estrema rigidità conferita all’organizzazione della cantina nonostante
l’ottimale sfruttamento degli spazi che ne deriva. In quest’ultimo caso, i serbatoi
assumono forme tendenzialmente parallelepipede, spesso anche irregolari, che rende
più difficile, nel caso di utilizzo per la fermentazione, l’automazione delle operazioni
come i rimontaggi. Per quanto riguarda, inoltre, il controllo della temperatura si
devono adottare scambiatori interni a piastre in acciaio inox lucidato per evitare il
deposito dei sali tartarici. Allo stato attuale difficilmente si potrà assistere ad una
nuova diffusione dei serbatoi in cemento armato, per quanto non si debba escludere
la possibilità di adottare questa soluzione in particolari casi (più per lo stoccaggio che
per la fermentazione), dove risulta conveniente sfruttare la presenza di muri di
sostegno o di opere di fondazione. In tal caso si devono valutare attentamente i
seguenti aspetti: la scelta degli inerti che devono risultare particolarmente resistenti
e puliti; la preparazione dell’impasto che deve contenere la minor quantità possibile
di acqua (per contenere la porosità e la formazione di fessurazioni); l’esecuzione dei
getti, delle vibrature e delle opere di impermeabilizzazione; infine il
dimensionamento dell’armatura e degli spessori deve tener conto della presenza di
pesi e di spinte idrostatiche variabili nel tempo. Dal punto di vista costruttivo si
devono adottare i seguenti criteri:
o
pendenza minima del tetto e del fondo del 3 %;
ing. Maines Fernando
141
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
tutti gli spigoli arrotondati;
esterno rivestito con vernici lavabili;
tetto rivestito esternamente con vernice lavabile, con leggera pendenza,
canaletta di raccolta delle acque e bordo di contenimento.
Da questa breve descrizione si possono trarre alcune conclusioni:
i serbatoi in acciaio inox ed in PRFV, dal punto di vista dell’organizzazione e della
strutturazione dell’area di fermentazione, sono praticamente equivalenti se si
trascurano le implicazioni estetiche;
o
o
o
i fermentini in legno, a differenza dei precedenti, necessitano di un ambiente
confinato e controllato per quanto riguarda la temperatura e l’umidità che, come
verrà descritto più dettagliatamente in seguito nel paragrafo dedicato al reparto di
affinamento e maturazione nel legno, non devono subire eccessive variazioni rispetto
ai valori ottimali: 75 ÷ 85 % per l’umidità relativa, temperature di 16 ÷ 20 °C per i
vini bianchi e 25 ÷ 33 °C per i vini rossi. Diventa pertanto necessaria la presenza di
un condizionatore, il quale attraverso la gestione dell’aria ambientale è in grado di
controllare anche un’eventuale presenza eccessiva di CO2. Tale soluzione, peraltro,
trova giustificazione solo nel caso di reparti esclusivamente dedicati a fermentini in
legno; in caso contrario la frazione in legno (botti, tini o barrique) dei contenitori
utilizzati per la fermentazione, potranno trovare una idonea collocazione nella
barricaia o nella bottaia;
i serbatoi in cemento armato rappresentano un vincolo che si ripercuote
eccessivamente sulla flessibilità dell’intero sistema;
nel caso di localizzazione dei fermentini all’aperto, la scelta cade preferibilmente
sull’acciaio inox e sulla PRFV perché in tali casi è più facile controllarne la
temperatura;
l’adozione della refrigerazione dei vasi di fermentazione in acciaio inox, come accade
attualmente in molte cantine, mediante aspersione dei serbatoi con un velo d’acqua
deve essere attentamente valutata per i notevoli consumi d’acqua, che determinano
un aumento considerevole dei volumi di reflui da smaltire. Il problema può essere
ridotto con l’adozione di sistemi di recupero dell’acqua (si applicano ai serbatoi
apposite cinture di intercettazione) che potrà così essere raccolta e riutilizzata per
altri scopi;
i sistemi per il controllo termico dei serbatoi devono essere scelti in funzione delle
caratteristiche ambientali del reparto, del livello di confinamento, dell’andamento
climatico della zona e delle pratiche enologiche adottate (riscaldamento
prefermentativo, fermentazioni malolattiche, tecniche di stabilizzazione, …). Inoltre
molto dipende dalla dotazione impiantistica della cantina e dalla vocazione
all’automazione.
ing. Maines Fernando
142
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Qualunque scelta si faccia in termini di materiale, bisogna porre particolare attenzione, in
fase esecutiva, nella preparazione dei basamenti di appoggio11 dei serbatoi, a causa degli
elevati carichi presenti anche nel caso dei contenitori di piccola e media capacità, in quanto
questi normalmente adottano il tipo di appoggio su gambe.
La progettazione del reparto e la relativa organizzazione degli spazi richiede una analisi
particolarmente attenta che prenda in esame i seguenti elementi:
tipologia dei serbatoi (forma, materiale, modalità di caricamento, dispositivi per il
rimontaggio, follatura, …);
capacità dei serbatoi;
numero di serbatoi che, come visto nel corso dell’analisi funzionale, dipende dal
numero di varietà di uve conferite, dalle rispettive epoche di maturazione e dalla
durate delle fermentazioni e delle macerazioni;
disposizione dei serbatoi;
eventuale presenza di diversi livelli;
attrezzature accessorie presenti (in particolare passerelle e scale fisse);
modalità di svinatura12 (manuale dall’interno del serbatoio, manuale dall’esterno,
automatica mediante aiuto meccanico o per gravità) da cui dipendono principalmente
le dimensioni delle corsie;
modalità e attrezzature per l’allontanamento delle vinacce13;
mobilità delle attrezzature e delle persone, valutando l’impatto dovuto, ad esempio,
alla eventuale presenza di pilastri, di attrezzature fisse o di tubazioni mobili).
Quest’ultimo aspetto in realtà incide maggiormente nel dimensionamento del reparto
di stoccaggio visto il periodo più lungo di occupazione attiva.
Un aspetto particolarmente importante sono le corsie, sia per quanto riguarda il numero, la
posizione e le dimensioni che dipendono in primo luogo delle configurazioni adottate per il
posizionamento dei serbatoi. Le soluzioni più frequenti sono la disposizione in linea (singola o
doppia), a L a T (con la possibilità di distribuirla attorno all’area di ricevimento e di pressatura)
o a quadrato, che consente un’ottimizzazione dei percorsi operativi e delle reti. In caso di
corsia centrale, questa deve essere di almeno 2 – 4 metri di larghezza in funzione delle
modalità di svinatura14; saranno inoltre presenti due canalette (del tipo a sezione larga con
11
Diversi sono i sistemi di appoggio dei serbatoi, in funzione soprattutto delle dimensioni e del materiale adottato:
da 3 a 5 piedi (più eventuale piede centrale),
basamento in calcestruzzo la cui conformazione e realizzazione deve essere concordata con il costruttore
dei serbatoi;
gonna in acciaio.
12
La tecnica di estrazione delle vinacce dipende anche dalla tipologia di portella relativamente alle dimensioni, alla
posizione ed alla modalità di apertura.
13
Nel caso di svinatura manuale tramite cassoni, l’impegno operativo si traduce nella necessità di adottare
vinificatori non superiori a 100hL.
14
Nel caso della vinificazione in bianco la larghezza della corsia centrale può limitarsi a 2 – 2,5 m.
ing. Maines Fernando
143
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
griglia) per la raccolta dei reflui ai lati della corsia, con bordo esterno sulla verticale della
portella dei fermentini per intercettare le eventuali perdite. Per quanto riguarda la corsia
posteriormente ai serbatoi, la larghezza si limita a 0,6 – 1,5 m. I valori inferiori sono sufficienti
per eseguire le pulizie15, mentre i valori maggiori sono necessari in presenza di passerelle
poste posteriormente ai serbatoi. In entrambi i casi si deve tener conto dell’eventuale presenza
dei pilastri.
Per verificare la correttezza delle scelte effettuate è bene rappresentare l’organizzazione
degli spazi mediante una pianta e due sezioni (trasversale e longitudinale).
Un altro elemento di particolare importanza è dato del sistema di scale e passerelle
sopraelevate necessarie per eseguire gli interventi operativi ed di controllo alla sommità dei
serbatoi in quanto influenzano sia la larghezza che l’altezza dell’intero reparto. Il
dimensionamento ed il posizionamento delle passerelle, deve tener conto della disposizione dei
serbatoi rispetto alle pareti ed ai pilastri e si dovranno, inoltre, verificare tutte le norme
relative alla sicurezza degli operatori come la sufficiente scabrosità delle superfici di
calpestamento, la resistenza e l’altezza dei parapetti, la presenza di adeguate soglie al piede
per evitare la caduta di oggetti ed una sufficiente luce libera per il passaggio rispetto al
soffitto, ad eventuali elementi ad esso sospesi (condotte, …) o elementi strutturali sporgenti.
Una sufficiente (almeno 1 m) luce libera oltre il punto più alto dei vasi vinari (duomo16) è
sufficiente anche per garantire un idoneo livello di illuminamento, una sufficiente circolazione
di aria che eviti la possibilità di ristagno di umidità ed una sufficiente libertà di movimento per
gli operatori.
La larghezza minima, invece, prevista dalla normativa per le passerelle è di 60 cm (nel caso
di fila singola di serbatoi), ma per favorire l’efficienza degli operatori è meglio assicurare
almeno 80 cm.
Si devono privilegiare le soluzioni che prevedono il fissaggio alle pareti, al soffitto o, meglio
ancora, alle strutture portanti dell’edificio. Appoggi ai serbatoi devono essere previsti prima
della realizzazione dei vasi vinari.
Ulteriori caratteristiche di sicurezza devono essere rispettate nella realizzazione degli
impianti che completano la dotazione di base. Infatti nel caso di aree di fermentazione
confinate, in particolar modo se poste ad un livello interrato, si deve intervenire per asportare
l’eccesso di CO2 causato dalla fermentazione stessa. Si possono adottare diverse soluzioni
(descritte nello specifico paragrafo del capitolo dedicato agli impianti) che devono in ogni caso
tener conto della tendenza di tale gas ad accumularsi a livello del pavimento.
La sicurezza passa anche attraverso l’illuminazione. Nei reparti per l’ammostamento e la
vinificazione si devono assicurare un livello di illuminazione di almeno 150 - 200 lux il più
possibile uniforme su tutta la superficie per evitare la presenza di zone d’ombra. Attenzione
15
Qualora non fosse possibile accedere posteriormente ai serbatoi (per carenza di spazio), è necessario lascare uno
spazio fra i serbatoi adiacenti di 0,5 – 0,6 m, aumentandolo fino ad 1,0 – 1,5 m ogni 3 – 4 serbatoi (10 – 15 m) per
predisporre i punti predisposti per l’erogazione di acqua (calda, fredda e/o vapore), aria compressa ed energia
elettrica.
16
Molto dipende anche dalla posizione del duomo (detto anche camino) sul tetto dei serbatoi, che può essere
centrale o decentrato (anteriormente, lateralmente o posteriormente)
ing. Maines Fernando
144
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
anche per la temperatura di colore (4000 K), la resa di colore (uguale a 2) e l’assenza di
emissioni infrarosse. L’illuminazione di emergenza, invece, deve assicurare un’autonomia di
almeno un ora.
Infine i serbatoi, così come tutte le attrezzature e le macchine a struttura metallica, devono
essere muniti di messa a terra per evitare possibili incidenti dovuti a folgorazione. Si deve
avere cura che i relativi collegamenti all’impianto di terra siano dimensionati correttamente (in
base alle caratteristiche dell’impianto elettrico, alle masse metalliche ed alla conducibilità del
terreno), realizzati in modo accurato e mantenuti in efficienza.
3.6 Il locale di affinamento nel legno
(redatto in collaborazione con Condini Mosna
Alessandro - a.s. 2003/04)
In questo locale, chiamato anche fustaia, bottaia o barricaia, il vino trascorre un periodo di
durata variabile che si interpone tra la fine della fermentazione e l’imbottigliamento. Nel corso
di tale periodo, alle consuete trasformazioni dovute alla naturale evoluzione del vino, si
sommano importanti contributi determinati dal lento e costante assorbimento di ossigeno,
dall’evaporazione di alcool e acqua attraverso i pori e da un continuo scambio di componenti
con il legno. Tutti questi elementi assumono un ruolo essenziale nelle complesse trasformazioni
e reazioni di carattere chimico-fisico-biologico, responsabili dello sviluppo di componenti e di
caratteristiche importanti per un vino di qualità.
L’affinamento nel legno è un passaggio operativo riservato, in linea di massima, ai vini rossi
di un certo prestigio capaci di esprimere il massimo delle proprie potenzialità solo dopo una
permanenza nel legno che può variare da pochi mesi ad alcuni anni. Passaggi brevi, nell’ordine
di qualche mese, sono ora adottati anche per taluni vini bianchi per assicurare, dopo la
fermentazione del mosto nel legno, una maturazione portatrice di più elevati livelli qualitativi a
seguito di una conservazione sulle fecce senza alcun travaso. Nel caso di permanenze più
lunghe, all’iniziale periodo di maturazione segue una fase di invecchiamento necessaria per i
vini rossi di alto pregio al fine di smorzare la giovanile spigolosità e di giungere ad una
ricchezza aromatica e gustativa e ad una armonia altrimenti impensabili.
Si tratta pertanto di un processo complesso dove la molteplicità dei fattori rilevanti e le
complesse interazioni reciproche, rendono difficile la previsione dell’effettivo risultato finale.
Principalmente si dovranno valutare i seguenti aspetti:
le caratteristiche del contenitore ed in particolare:
ing. Maines Fernando
145
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
le dimensioni, all’aumento delle quali si riduce il rapporto superficie-volume;
esistono moltissime tipologie di botti che si diversificano per capacità, forma
e modalità costruttive. Attualmente sono molto utilizzate le botti francesi di
piccole dimensioni (barrique bordolese da 225 l e la piece borgognona da
228 l) dove risultano più intensi i fenomeni ossidativi e gli scambi, compresi
quelli termici, per l’elevata superficie specifica di contatto (la superficie per
ogni hL di vino), maggiore rispetto a quella delle botti più grandi
(comunemente chiamati fusti) con capacità partire da 500 L (tonneaux);
o
l’essenza utilizzata e la sua provenienza (nella maggior parte dei casi si
tratta di rovere francese, di Slavonia o americano), la porosità e la grana del
legno;
o
il tipo di taglio per ottenere le doghe;
o
le modalità ed il grado di stagionatura che deve essere prolungata per
assicurare estrazioni regolari e presenza di tannini morbidi e fini;
o
il livello di tostatura;
o
l’utilizzo di trattamenti superficiali in grado di incidere sulla porosità del
legno e conseguentemente sugli scambi con l’esterno;
o
il grado di esaurimento dovuto al numero di riempimenti.
il tempo di permanenza nella botte, per quanto sia difficile quantificare gli scambi
e gli effetti in relazione alla durata di contatto, poiché non esistono fra queste
grandezze relazioni rigorosamente matematiche;
o
gli interventi di cantina previsti dall’enologo per assecondare o favorire le diverse
trasformazioni. Le principali attività sono:
o
i travasi da effettuarsi in numero variabile nel corso dell’anno utilizzando, se
possibile, apparecchiature che sfruttano la sovrapressione esercitata da un
gas inerte. Sono inoltre necessari serbatoi in acciaio per il deposito
temporaneo del vino. In contemporaneità con i travasi si esegue il lavaggio
interno ed esterno delle botti mediante attrezzature manuali o
semiautomatiche;
o
le colmature necessarie per compensare le perdite (che mediamente variano
dal 2 al 5% annuo) dovute all’assorbimento da parte del legno ed alla
successiva evaporazione; l’operazione avviene manualmente spesso
agevolata da un serbatoio in pressione, mediante un gas inerte, munito di
tubazione in plastica con beccuccio dosatore;
o
il bâtonnage, utilizzato in particolare per i vini bianchi, allo scopo di operare
periodicamente l’agitazione dei depositi fecciosi tramite particolari aste;
o
le chiarifiche (con albumina, bentonite, …) e varie operazioni di controllo e di
correzione (aggiunta di SO2, tannini, …).
ing. Maines Fernando
146
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
le condizioni ambientali in grado di influenzare notevolmente il comportamento del
vino, del legno ed il loro contributo al reciproco interagire:
o
la temperatura determina la velocità delle reazioni chimiche in quanto
influisce fortemente sul potenziale di ossidoriduzione; rappresenta perciò un
parametro fondamentale in grado di regolare i processi di maturazione del
vino, di intervenire sulla stabilità del colore, sull’entità delle perdite per
evaporazione (nel caso di fusti a poro aperto) e sulle caratteristiche delle
componenti volatili del vino. Alle alte temperature aumentano i rischi di
fermentazioni anomale e di maturazioni troppo veloci dai risultati grossolani.
Di contro valori troppo bassi possono impedire, o quanto meno rallentare
eccessivamente, l’evoluzione del prodotto. I valori ottimali, pur variando in
funzione del tipo di vino, oscillano fra i 15 e i 20°C, in base a diversi fattori
fra i quali spiccano il grado di dispersione termica del serbatoio in legno che,
come si è già visto varia soprattutto con la capacità. Valori leggermente più
bassi possono essere adottati per contrastare la proliferazione di insetti
come la Drosophila melanogaster. I problemi maggiori si hanno a seguito di
ampie e repentine variazioni di temperatura in quanto l’alternarsi di
espansioni e di contrazioni del vino, possono causare immissioni di aria con
conseguenti perdite di prodotto per fuoriuscita, macrossidazioni del vino e
rischio di contaminazioni e di sviluppo microbiologico. Diversamente una
elevata tenuta del tappo può, in casi estremi, indurre pericolose incrinature e
deformazioni delle doghe;
o
o
ing. Maines Fernando
l’umidità relativa invece influisce sullo stato di conservazione della
superficie esterna del legno e sugli scambi gassosi di questo con l’esterno. I
migliori risultati si hanno nell’intervallo fra il 75 e l’85%; valori inferiori
causano eccessive perdite di volume (superiori al 5%) in particolare per
l’evaporazione dell’acqua, nonostante le doghe siano costantemente
umettate dal vino. Di contro un’umidità relativa molto elevata ostacola gli
scambi di ossigeno con l’esterno ed incrementa l’evaporazione dell’alcool e,
nel contempo, favorisce la formazione di incrostazioni di salnitro che
incentivano la presenza di cattivi odori, di muffe e di altre fonti di
inquinamento biologico sulla superficie delle botti e sulle pareti del reparto;
la ventilazione svolge un compito fondamentale in quanto la
movimentazione periodica delle masse d’aria permette di scongiurare il
rischio di formazione di sacche di aria ristagnante (ad elevata umidità) o la
stratificazione
dell’aria
presente.
Al
contrario
una
ventilazione
sovradimensionata può contribuire a seccare eccessivamente il legno delle
botti;
147
Elementi per la progettazione di una cantina
o
o
o
I reparti
il livello di illuminamento, nei momenti di non operatività, deve essere
piuttosto bassa (inferiore ai 40 – 50 lux) in quanto la luce favorisce la
formazione delle muffe;
la presenza di vibrazioni provenienti dall’esterno attraverso le strutture può
indurre, nel caso di esposizione prolungata una accelerazione dei fenomeni
di maturazione mentre eventi sporadici ed intensi, possono rimettere in
sospensione i sedimenti;
il livello di igiene deve assicurare un elevato controllo delle possibili
contaminazioni microbiche o di altra natura, come la presenza di moscerini.
E’ pertanto necessaria l’adozione di dispositivi di pulizia ad acqua fredda,
calda ed eventualmente a vapore utilizzabili con o senza detergenti.
3.6.1 Caratteristiche costruttive e dimensionamento
Da quanto finora esposto, appare evidente quanto sia importante assicurare a questo
reparto condizioni ambientali ottimali e costanti nel tempo. Per ottenere questi risultati si
possono adottare le seguenti soluzioni costruttive:
la localizzazione del reparto ad un livello interrato dove poter sfruttare la naturale
inerzia termica del terreno e l’effetto di isolamento naturale che le masse di terra o di
roccia hanno nei confronti delle variazioni, sia giornaliere che stagionali, della
temperatura. Gli elementi costruttivi a contatto con il terreno dovranno presentare
efficienti elementi di impermeabilizzazione (guaine bituminose, geomembrane, …)
associati ad adeguate opere di drenaggio delle acque captate per eliminare la
possibilità di infiltrazioni d’acqua. Le migliori condizioni si hanno in presenza di
formazioni rocciose compatte dove, generalmente, si presentano minori problemi di
falda acquifera o comunque dove risulta più semplice l’allontanamento delle acque;
maggiore è inoltre la capacità di mantenere costante la temperatura. Gli ingenti costi
di realizzazione legati alle operazioni di scavo, alla realizzazione di adeguate
strutture, al ripristino dei profili originari e allo smaltimento del materiale di risulta,
soprattutto in presenza di materiali ad alta resistenza meccanica, sono compensati
della maggiore efficacia del processo di affinamento e di maturazione e dalle
implicazioni estetiche e coreografiche che il locale interrato acquisisce. La costanza di
temperatura ed umidità relativa viene ulteriormente garantita dalla presenza di
un’intercapedine che separi le pareti perimetrali del reparto dal terreno;
l’utilizzo di materiali con alto potere coibente (lastre in polistirene estruso, in vetro
cellulare, in poliuretano, …) ed elevata inerzia termica posizionati esternamente agli
elementi costruttivi di separazione o in intercapedini;
l’adozione di tecniche costruttive in grado di ridurre gli scambi termici attraverso i
solai e le pareti, soprattutto se separano il reparto dall’esterno o da ambienti con
condizioni ambientali che si discostano sostanzialmente da quelli ideali per la bottaia.
ing. Maines Fernando
148
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
L’apertura delle porte d’accesso e i ricambi d’aria connessi, soprattutto nel caso di
frequenti passaggi nel corso della movimentazione delle barrique con carrelli elevatori,
rappresentano una importante causa di perturbazione delle condizioni termoigrometriche. Per
ridurre gli effetti dell’immissione di grandi volumi d’aria esterna e dei relativi carichi termici e
di umidità, si può dotare il locale di accessi con sistemi automatici per l’apertura e la chiusura.
Una soluzione più efficiente, ma anche più complessa ed impegnativa, prevede la presenza di
due porte in successione in modo da formare un piccolo volume di compensazione (sufficiente
a contenere un carrello elevatore) in grado di ridurre al minimo i volumi di scambio, al prezzo
però di maggiori costi d’investimento, di maggiori fabbisogni di superficie coperta e di tempi di
accesso più lunghi.
Si devono inoltre disporre ulteriori vie di fuga, se l’analisi della sicurezza ne evidenziasse la
necessità, in funzione della dimensione della bottaia e della sua distribuzione planimetrica.
L’adozione di fustaie sotterranee rende necessaria la presenza di rampe d’accesso in assenza
dei quali si dovrà predisporre un montacarichi dimensionato per movimentare un carrello
elevatore a pieno carico.
Le finestre generalmente sono assenti poiché in questo reparto rappresentano, per le
ragioni viste precedentemente, fonti di disturbo a causa di possibili scambi termici eccessivi, di
immissione di aria non trattata, infiltrazioni di acqua, apporti di luce naturale o di intrusioni
indesiderate (insetti, roditori, …). Per questo le eventuali finestre presenti (comunicanti con
l’esterno direttamente o più frequentemente attraverso bocche di lupo), devono essere munite
di serramenti ad elevata tenuta, di elementi di schermatura (almeno parziale) e di opportune
barriere, sul genere delle zanzariere, ma in grado di esercitare maggiori resistenze
meccaniche.
Un ulteriore passaggio nella definizione del reparto è rappresentato dal corretto
dimensionamento in termini di fabbisogno di spazio. I fattori determinanti sono
sostanzialmente cinque:
il fabbisogno di volume di stoccaggio che dipende dalla quantità di vino che
annualmente viene portato ad affinare e dal relativo periodo di permanenza, se
superiore ad un anno; in caso di ridotta disponibilità di superficie è possibile
predisporre dei soppalchi per aumentare il volume stoccabile che, tuttavia,
determinano la necessità di adottare sistemi impegnativi per la movimentazione,
generalmente costituiti da un argano mobile su rotaia a soffitto;
la capacità delle botti utilizzate e della forma delle botti che possono avere sezione
circolare (come le barrique) o sezione ellittica (rispetto alle precedenti, a parità di
volume, presentano una maggiore altezza);
il posizionamento delle botti su più livelli sovrapposti utilizzando le apposite selle in
legno, in acciaio zincato o in alluminio. Si riduce in tal modo la superficie necessaria
mentre, di contro, si complicano notevolmente molte delle operazioni da svolgere nel
corso dell’affinamento. La possibilità di sovrapposizione e le relative modalità
ing. Maines Fernando
149
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
esecutive sono influenzate anche dalla forma dei recipienti e dalla loro dimensione:
più semplice risulta per le botti piccole e a sezione circolare rispetto ai fusti più
grandi o a quelli a fondo ellittico la cui sovrapposizione è da scoraggiare;
la dimensione delle corsie di servizio il cui numero dipende dalle dimensioni del
reparto, dalla sua distribuzione planimetrica e dalla disposizione adottata per le botti.
La larghezza delle corsie dovrà essere scelta a seconda delle operazioni da svolgere,
delle eventuali attrezzature utilizzate, in particolare dei mezzi per la movimentazione
nel caso delle barrique.
3.6.2 Gli impianti
Se si escludono i casi in cui il locale destinato all’affinamento del vino nel legno viene a
trovarsi in un contesto particolarmente favorevole, dove temperatura ed umidità relativa si
mantengono pressoché costanti e prossimi ai valori ottimali, nelle bottaie è necessario
intervenire artificialmente mediante l’installazione di un impianto di condizionamento in grado
di monitorare, di verificare e di mantenere le condizioni ambientali prefissate durante tutto il
periodo di permanenza del vino. Le soluzioni impiantistiche adottate devono essere
dimensionare e strutturare con un particolare riguardo anche alla valutazione dei costi di
acquisto, di installazione e, soprattutto, di gestione e manutenzione. Da un punto prettamente
tecnico si deve tener conto dei seguenti aspetti:
per una maggior efficienza del sistema e per la riduzione dei costi di gestione si deve
preferire il trattamento in ricircolo dell’aria interna, compatibilmente con la
composizione dell’aria. Infatti concentrazioni eccessive di CO2, di composti pericolosi
derivanti dall’anidride solforosa o di radon (la cui presenza è caratteristica degli
ambienti sotterranei in presenza di formazioni rocciose) rendono necessario l’apporto
di aria esterna (preventivamente trattata) per ripristinare condizioni compatibili con
la sicurezza degli operatori;
data la stretta correlazione fra la temperatura e l’umidità relativa, quando si attua il
riscaldamento dell’aria si dovrà anche intervenire, salvo rare eccezioni, con
l’umidificazione; al contrario un raffreddamento dell’aria richiederà anche un
intervento di deumidificazione.
Generalmente gli impianti, da dimensionare in base alle caratteristiche peculiari di ogni
bottaia, sono costituite da UTA (unità di trattamento aria) all’interno delle quali l’aria da
trattare segue un percorso lungo il quale incontra i seguenti dispositivi:
la batteria ventilante di ripresa;
una batteria filtrante per intercettare le polveri ed eventuali elementi estranei
presenti nell’aria;
la batteria calda per il preriscaldamento (mediante acqua calda) dell’aria;
un sistema di umidificazione mediante immissione di acqua nella corrente d’aria;
ing. Maines Fernando
150
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
una batteria di raffrescamento solitamente ad acqua refrigerata (da apposito
impianto frigorifero) per il raffreddamento dell’aria;
la batteria calda di postriscaldamento dell’aria;
il separatore di gocce;
la batteria ventilante di mandata.
La deumidificazione viene ottenuta intervenendo dapprima mediante raffreddamento
dell’aria che, raggiunta la saturazione, perde parte del suo contenuto in vapore e
successivamente con un reintegro di calore attraverso la batteria di postriscaldamento in modo
da abbassare il valore dell’umidità relativa.
L’intero sistema è controllato in modo automatico in base ai valori della temperatura e
dell’umidità relativa rilevati da sonde poste internamente ed esternamente al locale, in modo
da far intervenire solo i dispositivi necessari per ripristinare le condizioni prefissate.
L’impianto è completato dalle canalizzazioni (costituite, se a vista, da lamierino in acciao
zincato, in doppio strato, con un intercapedine di 2 ÷ 4 cm occupata da materiale isolante) per
l’aspirazione dell’aria da trattare e per l’immissione nell’ambiente dell’aria trattata e provvista
della pressione necessaria per attuare una corretta ventilazione. Il numero delle canalizzazioni,
la loro lunghezza, la loro collocazione, così come il numero ed il posizionamento delle
bocchette di ripresa e di mandata dipenderanno dalle dimensioni e dalla conformazione del
locale. In generale risulta più efficiente una pianta rettangolare con le prese di aspirazione
poste in prossimità della UTA. Nel caso di grandi metrature si possono installare ulteriori
ventilatori (di tipo assiale) all’interno del reparto per favorire la destratificazione dell’aria.
Per gli interventi di umidificazione si possono anche adottare sistemi che attuano la così
detta “distribuzione in ambiente” costituiti da una o più ali nebulizzanti applicate al soffitto,
costituite da coppie di tubazioni parallele, una per l’aria compressa ed una per l’acqua. In
corrispondenza degli ugelli erogatori le due tubazioni si uniscono per produrre una finissima
nebbiolina. In alternativa si utilizza l’immissione di vero e proprio vapore sempre mediante
tubazioni sospese. Tali sistemi richiedono un’adeguata altezza del locale (distanza fra
erogatore e botte maggiore di almeno 2,5 m) in modo da consentire al vapore o alla nebbia di
dissolversi gradualmente nell’aria senza venire a contatto direttamente con il legno delle botti.
In casi favorevoli si possono adottare soluzioni ancora più semplici come ad esempio tubazioni
disperdenti percorse da piccole portate d’acqua posate in letti di sabbia o ghiaino, in
corrispondenza delle corsie di stoccaggio delle botti.
Alcune considerazioni ora sugli impianti che, oltre a quello di condizionamento ed alla
dotazione standard di un reparto operativo, caratterizzano la bottaia:
nonostante l’assenza delle sorgenti di innesco più pericolose (motori elettrici
funzionanti per lunghi periodi, presenza di fiamme libere, …) è consigliabile la
presenza di dispositivi antincendio vista la notevole presenza di legno. Si dovrà
valutare, caso per caso, il rischio di incendio in relazione al numero di botti in
rapporto al volume della bottaia (risulta particolarmente significativa l’eventuale
ing. Maines Fernando
151
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
presenza di botti vuote per periodi di tempo non trascurabili). A seconda del livello di
rischio si possono installare semplici estintori (di cui si deve valutare accuratamente
il numero e la collocazione) o manichette con idranti alimentate da un apposito
impianto di distribuzione. E’ sconsigliata, invece, l’installazione di un impianto
antincendio a sprinkler per le conseguenze estremamente negative che si hanno in
caso di esposizione delle botti all’azione di una prolungata pioggia, con danni che si
possono rivelare maggiori degli effetti di un piccolo incendio. Molto opportuna sarà
l’installazione di sonde per il rilevamento di fumo o di fiamme collegate ad un
sistema di allarme;
ogni qualvolta si è in presenza di serbatoi per il vino deve essere affrontato il
problema del possibile contatto con l’ossigeno atmosferico a causa di un non
completo riempimento del volume disponibile. Questo accade anche per la bottaia
benché non con il livello di criticità che troveremo per il reparto di stoccaggio dove a
causa soprattutto dei travasi si determinano frequentemente frazionamenti dei
volumi. Nella bottaia invece la sempre più diffusa presenza di contenitori di piccola
capacità, garantisce un grado di riempimento pressoché totale; inoltre in questo
reparto, generalmente, giunge una quantità di vino definita proprio in base al volume
di stoccaggio disponibile. In ogni caso la soluzione più efficiente è rappresentata
dall’adozione di un impianto, di tipo fisso o costituito da carrelli porta bombole, per la
distribuzione di gas inerte (CO2, N2), che garantisce, qualunque sia la quantità di vino
da stoccare, una corretta esecuzione dei travasi e la completa saturazione del
volume residuo;
massima attenzione deve essere posta nel preservare il livello qualitativo raggiunto
anche durante il trasferimento del vino nel reparto dove subirà gli ultimi trattamenti
di finitura e di stabilizzazione prima dell’imbottigliamento. Nel caso delle barrique o
comunque di contenitori di piccola capacità converrà trasferire le stesse botti (che
successivamente verrebbero comunque movimentate per essere sottoposte alle
operazioni di pulizia) mentre per le capacità superiori, maggiori garanzie sono date
dall’utilizzo di un impianto costituito da tubazioni fisse con movimentazione del vino
(assicurata da pompe) in saturazione d’azoto.
Completano la dotazione del reparto alcune attrezzature come i dispositivi per eseguire le
colmature e i travasi o le attrezzature specifiche per particolari operazioni, come le aste per il
bâtonnage oppure, nel caso delle grandi barricaie, la macchina per il sollevamento e la
movimentazione automatica delle barrique. La lavabarrique o, più semplicemente,
l’idropulitrice possono invece trovare una collocazione più idonea in uno dei piazzali o in un
apposito ambiente adiacente alla bottaia.
ing. Maines Fernando
152
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
3.6.3 Tipologie costruttive
Due sono le possibili impostazioni che si possono adottare nella strutturazione del locale per
l’affinamento nel legno, in conseguenza della scelta, sempre più frequente negli ultimi anni di
affiancare al tradizionale compito produttivo delle bottaie, quello di rappresentare l’ambiente
più suggestivo in grado di valorizzare, promuovere e diffondere la cultura del vino in occasione
delle visite in cantina.
Si parla, in questo caso, di “bottaia di rappresentanza” come uno dei luoghi di maggior
impatto sui visitatori che sempre più si avvicinano con interesse al mondo delle produzioni
enologiche. Nell’immaginario del pubblico la cantina continua ad essere, come un tempo, un
ambiente sotterraneo scavato nella roccia viva, dove regna il silenzio e la penombra, dove si
respira un atmosfera carica dei profumi del vino e del legno, e delle suggestioni sedimentate in
secoli di tradizione viticola ed enologica. Un idea che difficilmente trova corrispondenza nelle
moderne realtà produttive. Si deve pertanto ricreare un ambiente nel quale le esigenze
operative indirizzate all’efficienza ed alla razionalità passino in secondo piano rispetto ai
parametri estetici e coreografici.
Le bottaie o le barricaie “da visita” devono essere per definizione sotterranee in modo da
realizzare la corrispondenza fra obiettivi estetici ed obiettivi di controllo ambientale. Dal punto
di vista strutturale si assiste all’abbinamento di elementi architettonici tradizionali (soffitto
realizzato con il sistema a volta a botte o con volte composte sostenute da pilastri) con
soluzioni strutturali innovative (elementi in profilati metallici, in cemento armato precompresso
o in legno lamellare). Praticamente scontato il rivestimento delle pareti e delle volte con pietra
(eventualmente recuperando i materiali di scavo), mattoni pieni faccia a vista o legno avendo
cura di riprendere, se possibile, le modalità e le tecniche costruttive della tradizione locale, per
quanto non manchino interessanti esempi di realizzazioni con contaminazioni moderne, anche
attraverso l’uso di materiali inusuali per la tradizione enologica. Più raro, per quanto
decisamente meno costoso, l’uso di intonaci grezzi o rifiniti approssimativamente. Da evitare
peraltro qualsiasi rivestimento che possa compromettere la traspirazione della parete. A tale
riguardo si ricorda che per le bottaie ricavate in ambienti sotterranei naturali (grotte) o
artificiali con caratteristiche simili (ambienti con pareti e soffitti a volta rivestiti in pietra)
possono essere concesse deroghe ai requisiti igienico-sanitari previsti per quanto riguarda il
grado di pulibilità delle pareti.
Anche nella scelta dei materiali per le pavimentazioni si devono soddisfare
contemporaneamente esigenze di tipo estetico (che spingono per l’uso di materiali tradizionali
come la pietra, il cotto e il legno) con le esigenze legate all’operatività che privilegiano la
resistenza al passaggio dei mezzi utilizzati per la movimentazione e la pulibilità delle superfici a
seguito di fuoriuscite accidentali di vino. Una possibile soluzione prevede di differenziare le
corsie adibite al passaggio rispetto alle superfici riservate alle batterie di botti e di barrique.
Per le prime si possono adottare pavimentazioni in pietra o con piastrelle in ceramica munite di
ing. Maines Fernando
153
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
canaline e pozzetti per la raccolta delle acque di pulizia, mentre per le seconde si può
privilegiare l’utilizzo di materiali come sabbia o ghiaino, depositati in modo da formare letti
facilmente sostituibili, di rapida pulitura mediante lavaggio, in grado di evitare ristagni di acqua
o di qualsiasi altro refluo e che ben si adattano alle sollecitazioni dovute ai carichi variabili
trasmessi dalle selle portafusti (in questo caso generalmente in legno). A tale proposito si deve
evitare un eccessivo affollamento di contenitori con la sovrapposizione dei grandi fusti o la
formazione di cataste eccessivamente alte di barrique che devono eventualmente degradare
verso la corsia di passaggio in modo da non ostacolare una visione d’insieme dell’intero
ambiente.
Le suggestioni che si vogliono trasmettere al visitatore sono incompatibili con l’elevato
contenuto tecnologico generalmente presente in cantina. Pertanto tutte le tubazioni, le
condotte e i dispositivi di comando degli impianti dovranno essere sistemati a pavimento o
sotto traccia nelle pareti. In particolare l’impianto di condizionamento sarà localizzato in un
locale adiacente alla bottaia e il sistema di distribuzione dell’aria dovrà risultare invisibile al
visitatore. Le canalizzazioni verranno poste nelle pareti (particolarmente efficace risulta
l’utilizzo degli spessori presenti nella volta) in funzione comunque della disponibilità di spazio,
dato che diverse esperienze hanno dimostrato l’assenza di differenza nell’efficienza della
climatizzazione tra immissione dell’aria dall’alto o dal basso. Le prese d’aria possono essere
facilmente collocate in modo discreto utilizzando zone d’ombra ottenute con una opportuna
disposizione e orientamento dei punti luce o con un camuffamento ottenuto con griglie o con
armadietti di legno oppure con finte botti. Completa l’opera l’adozione di interruttori che
all’accensione dell’impianto di illuminazione fanno corrispondere lo spegnimento dell’impianto
di condizionamento per evitare che la visita venga disturbata dal rumore e dagli effetti delle
correnti d’aria.
L’impianto di illuminazione, in particolare, può dare un importante contributo grazie alle
enormi potenzialità date dalle infinite combinazioni di giochi di luci e d’ombre, di variazioni di
intensità e di tonalità cromatiche, di collocazione e di orientamento dei punti luce (a
pavimento, a soffitto, entro nicchie, dietro schermature, …) in grado di mettere in risalto taluni
particolari arcitettonici e nasconderne altri. E’ così possibile distogliere l’attenzione del
visitatore da tutti quei particolari (soprattutto impiantistici) la cui presenza non è stato
possibile evitare. Si dovrà comunque garantire anche una illuminazione di maggiore intensità e
con caratteristiche idonee allo svolgimento delle attività operative secondo parametri di
efficacia e sicurezza. Il reparto risulta così dotato di un doppio sistema di illuminamento.
Completamente diverso risulta l’approccio per le bottaie con un indirizzo prettamente
produttivo. In tal caso gli aspetti estetici sono minimizzati a favore del efficienza delle attività
operative, delle tecniche enologiche, della funzionalità e dell’economicità. Molte sono le
implicazioni ad incominciare dalla scelta delle pavimentazioni e dei rivestimenti delle pareti,
della modalità di stoccaggio delle botti o dalla localizzazione del reparto che non sarà
necessariamente sotterranea (nel qual caso il progettista deve prestare molta attenzione
nell’adozione di efficaci sistemi di coibentazione del locale).
ing. Maines Fernando
154
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
L’impianto di illuminamento dovrà principalmente assicurare livelli di visibilità medio-alti
compatibili con lo svolgimento delle attività di controllo, dei travasi e delle colmatura e con la
sicurezza nel corso delle movimentazioni delle botti; tutte le attrezzature (lavabarrique, …)
possono essere posto all’interno del locale, compresa l’unità di climatizzazione, in funzione
della disponibilità di spazio, dell’organizzazione delle operazioni e del livello del reparto rispetto
al suolo. I diversi elementi impiantistici (tubazioni, punti di erogazione) possono essere posti a
vista lungo le pareti o meglio sul soffitto per ridurre l’intralcio all’attività degli operatori e dei
mezzi di movimentazione.
In conclusione ogni produttore dovrà valutare secondo quale filosofia organizzare e
strutturare il proprio locale per l’affinamento nel legno, prendendo in considerazione le
caratteristiche peculiari della cantina, i livelli qualitativi dei prodotti, il ritorno in termini di
immagine e gli investimenti richiesti. La scelta è certamente più complessa nel caso di cantine
piccole o medie, mentre per quelle di maggiori dimensioni è possibile adottare
contemporaneamente due diversi locali di cui uno, più piccolo, destinato ad accogliere i
visitatori, ed uno, più grande dove operare in tutta tranquillità ed efficienza.
**********
In questi ultimi anni si sta recuperando l’utilizzo del legno anche per la fermentazione, in
particolare dei vini bianchi, in barrique. In tal caso si deve predisporre un ambiente che si
differenzia dalla bottaia, così come precedentemente descritta, soprattutto per le condizioni
ambientali. I valori ottimali, comunque garantiti da un impianto di condizionamento,
prevedono temperature diverse in funzione al tipo di vino ed all’andamento della
fermentazione (temperatura di 16 ÷ 18°C per la fermentazione alcolica e l’affinamento e di 20
÷ 22°C per la fermentazione malolattica), che non corrispondono necessariamente con quelle
adottate in fase di affinamento. Risulta inoltre necessario un più consistente ricambio dell’aria
per l’asportazione della CO2 emessa nel corso della fermentazione. Infine la pavimentazione e
le pareti devono consentire un più elevato grado di pulizia; questo richiede una adeguata
scelta dei materiali, la presenza di un efficiente sistema per la raccolta e l’allontanamento dei
reflui e l’eliminazione di tutte le possibili discontinuità che possono divenire luoghi di accumulo
per lo sporco. Ciò può rendere più difficile l’adozione di elementi architettonici significativi dal
punto di vista coreografico.
L’affinità con la bottaia continua comunque a rappresentare una caratteristica importante di
quest’area destinata alla fermentazione nel legno che troverà perciò una naturale collocazione
in un ambiente attiguo al reparto destinato all’affinamento in botte.
ing. Maines Fernando
155
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
3.7 Il reparto di stoccaggio
Diversamente da quanto sembra suggerire il termine “stoccaggio”, in questo reparto non ci
si limita a conservare il vino in serbatoi per un periodo di tempo più o meno lungo, bensì lo si
sottopone anche ad una serie di lavorazioni di finitura e di eventuali correzioni al fine di
ottenere un prodotto con caratteristiche il più possibile corrispondenti con gli standard
prefissati. Si tratta in gran parte di interventi diretti da parte degli operatori (travasi,
filtrazioni, stabilizzazioni, …), mentre altre sono dovute alla naturale evoluzione nel tempo del
vino (decantazione statica, fermentazione malolattica, reazioni chimiche di vario genere) che
l’enologo può favorire, controllare o indirizzare secondo la propria impostazione.
Se si escludono piccole quantità di prodotti accessori come bentonite, albumina, perlite,
farine fossili, anidride solforosa, coadiuvanti e fermenti selezionati, provenienti dagli specifici
magazzini, nel reparto entrano i seguenti prodotti:
mosto da vinificare in bianco proveniente dal reparto di pigiatura: l’utilizzo dei
serbatoi destinati allo stoccaggio per la fermentazione dei vini bianchi rappresenta un
buon esempio di uso razionale delle attrezzature e dello spazio, in grado anche di
migliorare la funzionalità delle relative operazioni;
vino rosso ottenuto dalla svinatura dei fermentini e dalla pigiatura delle vinacce
fermentate: bisogna osservare che nei serbatoi di stoccaggio possono arrivare
prodotti con un diverso grado di evoluzione dato che la separazione dalle vinacce può
essere fatta dopo pochi giorni dall’inizio della fermentazione così come dopo svariati
giorni che la fermentazione si è conclusa, in funzione del tipo di vino e della
differente tecnica di vinificazione impostata dall’enologo;
vino che ha fermentato e/o che ha trascorso un periodo di maturazione e di
affinamento in serbatoi di legno.
reparto di
affinamento nel
legno
reparto di vinificazione
vino
grezzo
reparto di
stoccaggio
serbatoi per
fermentazion
e malolattica
vino
affinato
pompe o
gravità
pompe o
gravità
vasche di
stoccaggio
area di finitura (filtri,
impianto stabilizzazione
tartarica, …)
vino
grezzo
pompe
eventuale area di
vinificazione in bianco
pompe
reparto
imbottigliamento
punto vendita o
carico cisterne
mosto
reparto presse
Come si può notare da queste brevi descrizioni, le tre tipologie si diversificano per la diversa
provenienza, il diverso momento di arrivo e per la durata del periodo di permanenza.
ing. Maines Fernando
156
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
In uscita, invece, avremo:
vino che dopo le operazioni di finitura e di stabilizzazione è pronto per essere
venduto o imbottigliato;
fecce da stoccare temporaneamente in serbatoi, se destinate ad essere inviate in
distilleria, o, più raramente, da sottoporre a filtrazione per il recupero delle frazione
liquida;
diversi residui di filtrazione (cartoni, pannelli, …) e residui di stabilizzazione da
conservare in appositi container prima di essere conferiti ad idonea discarica per
rifiuti speciali o agli impianti per il recupero dei composti tartarici.
Da quanto visto fino ad ora, emerge il quadro di un reparto piuttosto complesso che può
trovare una strutturazione funzionale nella suddivisione in tre settori: un’area per la
fermentazione dei bianchi (e per l’eventuale completamento della fermentazione di vini rossi),
la zona di stoccaggio vera e propria ed un’area attrezzata per le lavorazioni di finitura. Così,
come si è visto per il reparto di vinificazione, si può destinare a ciascuna di queste aree un
ambiente specifico, soprattutto nel caso di cantine molto grandi; in alternativa si possono far
coesistere nello stesso ambiente dove eventualmente vengono adottati sistemi di separazione
mediante pareti mobili ad elementi modulari che consentono di isolare temporaneamente una
parte del reparto durante determinate fasi di lavorazione.
Prima di passare alla descrizione delle diverse aree funzionali, si ricorda che per il reparto di
stoccaggio, valgono tutte le considerazioni fatte per il reparto di vinificazione in rosso
relativamente
ai
serbatoi
(materiali,
tipologie,
collocazione),
agli
impianti
(termocondizionamento dei vasi vinari, allontanamento della CO2, …), alle attrezzature
(passerelle, …) ed alle caratteristiche ambientali.
3.7.1 L’area di fermentazione dei vini bianchi
E’ quella caratterizzata dal periodo di occupazione più breve, limitato infatti al solo periodo
della vendemmia, al termine della quale, esaurite le fermentazioni, l’area può riprendere la sua
funzione principale, cioè quella di stoccaggio. Per questo l’utilizzo di pareti mobili trova qui una
ottimale applicazione in associazione ad una accorta conformazione della planimetria dell’intero
reparto in modo che la zona dedicata alle fermentazioni occupi un’appendice più facilmente
isolabile.
Secondo lo schema funzionale più frequente, il mosto proveniente dal reparto di pressatura
viene generalmente sottoposto ad un trattamento di chiarifica per allontanare gran parte delle
sostanze solide in sospensione. Si possono adottare la flottazione, la centrifugazione o la
ing. Maines Fernando
157
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
decantazione statica a freddo con la quale il mosto viene prima portato alla temperatura di 3 ÷
8°C utilizzando uno scambiatore (a piastre o tubo in tubo) e successivamente immesso in
appositi serbatoi coibentati e muniti di tasche per la circolazione di fluidi refrigeranti, dove
viene mantenuto a tale temperatura per 12 ÷ 24 ore. Possono inoltre essere presenti sistemi
per la filtrazione dei residui di sedimentazione (separatori centrifughi o filtri feccia sotto vuoto).
A questo punto il mosto può passare in serbatoi termocondizionati dove, favorita o meno
dall’inoculo di lieviti selezionati e di eventuali coadiuvanti, può partire la fermentazione.
3.7.2 L’area di stoccaggio
Rappresenta la parte preponderante del reparto in termini di spazio e di tempo di
occupazione che infatti va dalla fine delle fermentazioni fino al completamento
dell’imbottigliamento.
Lo schema organizzativo è molto semplice in quanto si compone essenzialmente di una o
più serie di serbatoi. E’ importante tuttavia valutare con attenzione la loro disposizione, in
particolare per assicurare una distanza sufficiente (almeno 50 cm) fra serbatoi e pareti ed
eventualmente fra serbatoi adiacenti lungo le file, in modo da agevolare le operazioni di pulizia
proprio laddove più facilmente possono accumularsi residui di lavorazione e sorgenti di
inquinamento biologico. Inoltre si deve verificare che la distanza fra le file di serbatoi consenta
agli operatori di eseguire correttamente tutte le necessarie operazioni, soprattutto quelle che
prevedono il passaggio e lo stazionamento di attrezzature (pompe, filtri …) considerando anche
l’eventuale presenza di tubazioni mobili.
Non deve essere dimenticata la necessità di disporre correttamente (valutando la facilità di
accesso, il conseguente ingombro ed i fattori relativi alla sicurezza) le scalette di accesso alle
passerelle sopraelevate per accedere alla sommità dei serbatoi.
Tutti questi aspetti, comuni anche ad altri reparti dove sono presenti vasi vinari o botti, si
presentano in massimo grado proprio nel reparto di stoccaggio, visto il numero e la
concentrazione di serbatoi.
Lo stesso vale a proposito del controllo delle variabili ambientali. Per quanto riguarda la
temperatura, in particolare, si sta affermando sempre più l’utilizzo dei sistemi centralizzati per
il controllo termico dei serbatoi, in grado di verificare e di assicurare il mantenimento di valori
prefissati grazie a fluidi refrigeranti e riscaldanti prodotti da specifici impianti e distribuiti
mediante tubazioni alle apposite tasche coibentate dei serbatoi. In assenza di tale sistema
diventa decisamente più complesso garantire le condizioni termiche ideali sia per i vini bianchi
(13 ÷ 15°C) che per quelli rossi (questi nel corso della fermentazione malolattica, necessitano
di una temperatura attorno ai 20°C), soprattutto se si decidesse di intervenire con un impianto
di condizionamento per l’intero ambiente, soluzione che si caratterizza, oltre che per la scarsa
flessibilità, anche per gli elevati costi di gestione.
In ogni caso i migliori risultati, non solo economici, derivano da un’attenta scelta dei
materiali e delle tipologie costruttive in grado di garantire ridotti scambi termici con l’esterno e
ing. Maines Fernando
158
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
con gli ambienti circostanti, anche nell’ottica di assicurare condizioni di lavoro non proibitive
per gli operatori.
L’impianto di illuminamento dovrà, invece, caratterizzarsi per la flessibilità affinché sia
consentito di differenziare il livello di luminosità in funzione delle attività svolte, o di rendere
indipendente l’illuminazione di singoli settori, di singole corsie o della sommità dei serbatoi.
Infine una componente impiantistica sempre più importante per il reparto di stoccaggio è,
come si è già visto, il sistema per la distribuzione di gas inerte (normalmente azoto) per la
saturazione dei serbatoi. Tale tecnica rappresenta una soluzione ottimale per evitare
indesiderabili contatti con l’ossigeno atmosferico nel corso di travasi e dello stoccaggio.
3.7.3 L’area di finitura
E’ l’area tecnologicamente più complessa, in quanto vi si concentrano le attrezzature
enologiche necessarie per rifinire il vino e prepararlo all’imbottigliamento. In particolare
possono essere presenti:
reparto di
imbottigliamento
reparto di stoccaggio
area di finitura
pompe o
gravità
impianto di
pastorizzazione
vino
grezzo
impianto di
stabilizzazione
tartarica
pompe o
gravità
vino
rifinito
filtri
nastri,
coclee, …
residui di
filtrazione
piazzale
sistemi per la microssigenazione del vino nei serbatoi di stoccaggio;
attrezzature per effettuare tutte le eventuali correzioni che l’enologo dovesse ritenere
necessarie al presentarsi di difetti o di degradazioni del vino;
attrezzature per la stabilizzazione tartarica dei vini bianchi: si possono utilizzare
particolari impianti in grado di operare in continuo oppure, più semplicemente,
serbatoi dove il vino, portato alla temperatura di -7,5 ÷ -3,2°C (in funzione del grado
alcolico) da un apposito scambiatore a fascio tubero, viene stoccato per circa 24 ore
in serbatoi coibentati;
ing. Maines Fernando
159
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
attrezzature per la stabilizzazione microbiologica mediante trattamento termico
(pastorizzatore a piastre, …);
dispositivi per la filtrazione del vino (brillantante, sgrossante e sterilizzante) scelti fra
le molte tipologie proposte del mercato: filtri a piastre, a membrana, ad
alluvionaggio, ecc. A questi si possono aggiungere i dispositivi per operare
l’eventuale filtrazione delle fecce (filtro feccia a tele o filtri rotativi sottovuoto).
Una così alta presenza di macchine enologiche e di attrezzature, richiede una particolare
attenzione nel dimensionamento e nella strutturazione dell’area rispetto ai seguenti aspetti:
la corretta disposizione relativa fra le singole attrezzature, che tenga conto degli
ingombri, dei fabbisogni di spazio per garantire una efficace esecuzione delle diverse
operazioni, in particolare per tutti gli aspetti legati alla sicurezza;
la distribuzione degli allacciamenti ai diversi impianti (idrico, elettrico, …) necessari al
funzionamento dei diversi dispositivi;
la collocazione in posizione baricentrica dell’area di finitura rispetto alla zona di
stoccaggio vera e propria e al reparto di imbottigliamento (che rappresenta il punto
di arrivo del prodotto finito) per poter ottimizzare la movimentazione del vino
soprattutto nel caso che questa avvenga mediante un sistema di tubazioni fisse e
rispetto. Si deve infine osservare che l’area in oggetto deve essere comunque posta
in un ambiente confinato anche quando si adotta lo stoccaggio all’esterno degli edifici
della cantina;
predisposizione di un impianto centralizzato per la gestione dei flussi di vino fra i vari
serbatoi durante i travasi, costituito da tubazioni in acciaio inox (poste a parete,
sotto il pavimento o all’intradosso dei solai), da elettrovalvole, da valvole di non
ritorno, da misuratori di portata e da un computer con apposito software per la
gestione delle fasi di trasporto del vino e delle operazioni di lavaggio. Tale sistema
assicura elevati livelli di efficienze, di flessibilità e di igiene.
Quanto descritto fino ad ora è più rappresentativo di una grande cantina dove, come si è già
sottolineato, sono maggiori le esigenze di razionalizzazione degli interventi e dove più si
giustifica economicamente un maggior apporto tecnologico ed un più elevato ricorso
all’automazione. Nel caso di cantine medio-piccole è più frequente invece lo svolgimento degli
interventi direttamente nell’area di stoccaggio mediante attrezzature mobili da porre lungo le
corsie fra le batterie di serbatoi, grazie anche alle loro minori potenzialità ed alle più ridotte
dimensioni.
3.8 Il reparto di imbottigliamento
E’ questo un reparto caratterizzato da un consistente contenuto tecnologico ed impiantistico
a cui si associa, da un lato una grande capacità produttiva (fino a diverse migliaia di bottiglie
ing. Maines Fernando
160
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
ora), dall’altro il fabbisogno di manodopera in possesso di adeguata professionalità, un alto
indice di manutenzione e di vulnerabilità ai guasti ed elevati costi di investimento. La fattibilità
economica di dotare la cantina di un impianto di imbottigliamento risulta perciò proporzionale
all’entità delle produzioni. Nel caso di piccole realtà produttive, dove tali attrezzature
risulterebbero inutilizzate per gran parte dell’anno, rimane l’alternativa di appoggiarsi a cantine
più grandi, ad operatori specializzati nell’imbottigliamento oppure a contoterzisti che operano
in loco con impianti di imbottigliamento mobili posti su appositi mezzi di trasporto. In
quest’ultimo caso si deve predisporre un’area, in un piazzale o in un ambiente parzialmente
confinato all’interno dell’edificio, opportunamente organizzata, attrezzata e strutturata per
assicurare all’impianto mobile una appropriata collocazione, tutti gli apporti energetici ed
impiantistici necessari ed una corretta raccolta dei reflui prodotti. I metodi di confezionamento
che prevedono l’intervento di terzi dovrà essere indicato nella relazione concernente il ciclo
produttivo che deve essere allegata alla domanda di autorizzazione sanitaria. La responsabilità
sulla correttezza delle operazioni di confezionamento viene trasferita dal produttore allo
stabilimento che attua l’imbottigliamento che, per tale motivo deve essere indicato in etichetta.
Nel caso invece di impianto semovente la responsabilità resta al produttore che
preventivamente deve acquisire la certificazione della ditta costruttrice dell’impianto attestante
la sua idoneità dal punto di vista igienico-sanitario a svolgere l’attività di imbottigliamento e
l’attestato della ditta proprietaria dell’impianto nel quale si dichiara di aver provveduto ad
eseguire adeguate opere di lavaggio e di sanitificazione prima dell’arrivo in cantina.
magazzini bottiglie,
tappi, …
reparto di stoccaggio
reparto di
imbottigliamento
bottiglie, tappi,
capsule, …
vino
finito
pompe
carrelli
elevatori
stazione di
filtrazione
impianto di imbottigliamento
bottiglie “non
vestite”
bottiglie
“vestite”
rifiuti e
scarti
carrelli
carrelli
reparto di
affinamento in
bottiglia
magazzino
prodotto finito
piazzali
Se invece si opta per l’adozione di una propria linea di imbottigliamento, è necessario
individuare la versione che meglio si adegua alle caratteristiche produttive ed organizzative
della cantina. La scelta deve essere fatta in base alla capacità produttiva, al tipo di recipienti
utilizzati (bottiglie in vetro o in plastica, contenitore in poliaccoppiato, lattine, bag in box, …),
alle operazioni da svolgere, al grado di automazione, ecc. La versione più completa nel caso di
bottiglie in vetro non a rendere (le più utilizzate per il vino di qualità) prevede i seguenti
segmenti:
depalettizzatore: assicura l’alimentazione automatica di bottiglie vuote;
lavabottiglie e/o sciacquatrice o soffiatrice: operano il lavaggio e l’asciugatura o
l’avvinatura della bottiglia e l’eliminazione di eventuali residui presenti all’interno e
sulla superficie esterna della bottiglia;
riempitrice: possono operare secondo diversi principi in funzione del tipo di vino e
delle sue caratteristiche;
tappatrice, gabiettatrice, capsulatrice: le funzionalità ed il modo di operare
dipendono dalle caratteristiche del tappo (tipo e materiale) e della eventuale
protezione;
ing. Maines Fernando
161
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
etichettatrice: deve assicurare una spiccata versatilità vista la grande variabilità di
forma, di dimensione, di composizione delle etichette, del loro numero e della
posizione sulla bottiglia e del relativo metodo di incollaggio;
confezionatrice: questo segmento è in grado di formare le scatole, di riempirle e di
chiuderle;
paletizzatrice: trasferisce su apposite pedane le casse o i cartoni confezionati ed
eventualmente serra il bancale con appositi cappucci di plastica termoretraibile o li
avvolge con film plastici estensibili.
L’intero impianto è sottoposto a controllo automatico tramite una serie di fotocellule e di
sensori dislocati lungo la linea, controllati da un P.L.C. (Programmable Logic Controller) che
gestisce e sincronizza le diverse operazioni. Risulta comunque fondamentale il controllo diretto
da parte degli operatori per favorire il quale, così come per ridurre i tempi di intervento in caso
di necessità, è preferibile strutturare la linea di imbottigliamento secondo una configurazione
compatta evitando andamenti eccessivamente lineari, al punto che nei grandi impianti si
giunge ad adottare strutture su piani diversi. Le configurazioni più adottate sono quella ad U
che consentono di disporre vicini i punti di carico e scarico delle bottiglie e/o delle confezioni, a
S (per le linee molto complesse) o a L. Nel caso di impianti ad alta capacità produttiva si
utilizza la configurazione a linee multiple parallele.
Le elevate produttività di tali linee determinano un intenso flusso di prodotti e di materiali di
diverso tipo. Dal reparto di stoccaggio giunge il vino ormai completamente stabilizzato, mentre
dai relativi magazzini arrivano le bottiglie, il necessario per il loro confezionamento (tappi,
etichette, capsule, gabbie, cartoni, …) ed i materiali accessori per il funzionamento di diversi
segmenti della linea (detergenti e disinfettanti per la lavabottiglie, colla per l’etichettatrice,
nastri adesivi e film plastici per la confezionatrice, …).
In uscita dal reparto invece si hanno principalmente i bancali di bottiglie da inviare al
magazzino del prodotti finito in attesa dalla spedizione oppure i cestoni metallici o i cassoni di
bottiglie coricate dirette al reparto di affinamento. Nel primo caso le bottiglie sono
completamente allestite ed eventualmente predisposte per il trasporto. Nel caso invece di
bottiglie destinate a trascorrere un periodo più o meno lungo di affinamento nel vetro, il
processo di allestimento può esser limitato alla tappatura per evitare che, in tale periodo, le
etichette e la capsula possano subire danneggiamenti a causa di abrasioni, macchie o per la
presenza di eccessiva umidità. In tal caso la preparazione della bottiglia sarà completata
successivamente ad affinamento concluso o in coincidenza della commercializzazione.
Altri materiali da allontanare dal reparto sono tutti gli scarti ed i rifiuti prodotti nel corso
dell’intero processo come ad esempio rottami di vetro, residui di etichette o tappi, ma
soprattutto la gran quantità di imballaggi utilizzati per le bottiglie vuote: film plastici e le
ing. Maines Fernando
162
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
interfalde. Si dovrà organizzare opportunamente la raccolta, lo spostamento e la registrazione,
possibilmente dopo il trattamento con le apposite macchine compattatici, nella specifica area di
conferimento, dove lo stoccaggio deve essere effettuato in modo differenziato, in particolare
per quei rifiuti che la normativa classifica come speciali. Sarà così favorito anche il recupero di
tutto quanto può essere riutilizzato.
Gli elementi organizzativi ora evidenziati, ed in particolare i notevoli flussi di
movimentazione, determinano un consistente fabbisogno di superficie, necessaria per garantire
sufficienti e sicuri spazi di manovra e per consentire la necessaria continuità della linea di
imbottigliamento che si caratterizza per il notevole sviluppo in lunghezza. Pertanto il layout
dell’intero reparto deve essere attentamente studiato per favorire la sicurezza e l’efficienza per
le operazioni di spostamento dei materiali e nella mobilità delle persone.
Ulteriore spazio è richiesto dalla necessità di stoccare temporaneamente una riserva di
bottiglie vuote, proporzionale alla potenzialità della linea, per consentire la climatizzazione
delle stesse prima di sottoporle alle operazioni di pulizia o di riempimento. Un passaggio
repentino da un ambiente non climatizzato (ad esempio un piazzale esterno) all’azione di
acqua calda per la pulizia può infatti determinare numerose rotture a causa di un eccessivo
stress termico.
Lo stesso vale anche per il vino. Prima di essere immesso nelle bottiglie è necessario
portare il vino alla temperatura ambiente in modo non brusco. Si evita così la formazione sulla
bottiglia di condensa che ostacolerebbe non poco le operazioni di etichettatura. Inoltre il vino
verrebbe sottoposto ad imprevedibili e certamente sgradevoli effetti sul suo equilibrio fisicochimico. Una semplice soluzione prevede la presenza nel reparto, o in un ambiente apposito
adiacente, di uno o più serbatoi, di capacità complessiva dipendente dalla produttività della
linea, dove il vino possa raggiungere in tranquillità un nuovo equilibrio termico. In alternativa il
vino proveniente direttamente dal reparto stoccaggio e di finitura viene sottoposto in continuo
e prima dell’imbottigliamento alla microfiltrazione a più stadi (ad esempio con elementi filtranti
da 1,00 0,65 e 0,45 µm) e ad un trattamento di riscaldamento mediante scambiatore per
adeguare la temperatura a quelle ambientale. La movimentazione è assicurata da pompe
comandate direttamente da un P.L.C., in base alla richiesta della linea di imbottigliamento.
Completano la dotazione di macchine enologiche l’eventuale collegamento al sistema di
distribuzione di CO2 e azoto e tutti quei dispositivi (pompe, compressori, generatori di vapore,
…) integrati alla linea qualora il loro apporto, necessario al funzionamento della linea, non
fosse assicurato da specifici dispositivi annessi ai singoli segmenti della linea stessa.
Generalmente il reparto di imbottigliamento dispone degli stessi impianti comuni a tutti le
altre aree operative, per quanto alcuni presentino caratteristiche peculiari. In particolare:
se le fonti di approvvigionamento dell’impianto idrico (acquedotto, pozzo,…) non
garantissero la fornitura di acqua con un grado di durezza sufficientemente basso, si
ing. Maines Fernando
163
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
rende necessaria la presenza di un sistema di addolcimento. Infatti una durezza
eccessiva determina la formazione, nel lungo periodo, di incrostazioni che possono
diventare causa di riduzione dell’efficienza e di malfunzionamenti delle macchine;
inoltre può causare fastidiosi ed antiestetici depositi sulle bottiglie una volta
asciugate. L’acqua può anche essere sottoposta ad altri trattamenti per particolari
utilizzi: l’ozonizzazione per operare un’azione di disinfezione nelle operazioni di
lavaggio e la filtrazione per il lavaggio dell’impianto di microfiltrazione del vino;
l’impianto di distribuzione dell’aria compressa utilizzata per la pulizia delle bottiglie
deve essere dotato di dispositivi in grado di operare una filtrazione spinta ed una
sterilizzazione per eliminare la possibilità di depositare residui e impurità;
anche l’impianto di condizionamento deve assicurare una buona azione di filtrazione
della massa d’aria movimentata per non divenire vettore di impurità provenienti
dall’esterno. Al contrario tale impianto deve essere strutturato e dimensionato per
contrastare efficacemente la diffusione di polvere la cui azione di disturbo si
manifesta nei confronti di diversi segmenti della linea di imbottigliamento;
in questo reparto infine trovano ideale applicazione i sistemi antincendio automatici a
sprinkler.
Decisamente consistenti risultano anche i contributi impiantistici (e non solo) per assicurare
idonee condizioni ambientali al reparto. Le variabili da controllare sono:
la temperatura: si deve in particolare fare riferimento al confort degli operatori, per
i quali i valori ottimali sono compresi nell’intervallo fra i 16 e i 24 °C in funzione del
periodo dell’anno, del livello di attività fisica svolta e dell’abbigliamento adottato. Si
deve inoltre verificare ed eventualmente contenere lo sbalzo termico fra il reparto di
imbottigliamento ed il luogo di stoccaggio da cui provengono le bottiglie vuote ed il
vino. Di conseguenza la necessità di intervenire con un apporto termico dipende dal
periodo dell’anno in cui si effettua l’imbottigliamento;
l’umidità: si interviene mediante sistemi di umidificazione o di deumidificazione
associati all’impianto di condizionamento. Infatti valori troppo bassi (inferiori al 40%)
possono favorire la diffusione di polvere che, assieme ad altri residui, può giungere a
contaminare il prodotto finale. Valori invece troppo elevati (maggiori all’80%)
possono danneggiare le confezioni soprattutto se in cartone e ostacolare una corretta
e stabile adesione delle etichette per la possibile presenza di condensa sul vetro che
in taluni impianti viene contrastata con sistemi a getti di aria installati in appositi
tunnel;
il livello di igiene: l’imbottigliamento rappresenta uno dei momenti più critici
dell’intero processo produttivo dal punto di vista dell’integrità sanitaria. Il vino nel
ing. Maines Fernando
164
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
corso dell’imbottigliamento deve essere protetto dai rischi di contaminazione chimica,
fisica e microbiologica e da ogni azione che possa determinare il contatto con
ossigeno atmosferico, in modo da mantenere la qualità raggiunta e far giungere il
vino al consumatore con le necessarie caratteristiche merceologiche. Per questo
l’indice di igiene del reparto deve essere altissimo, condizione necessaria per il
rilascio dell’Autorizzazione sanitaria prescritta per le operazioni di imbottigliamento.
Moltissima cura si deve porre nelle operazioni di pulizia dell’intera linea di
imbottigliamento così come per le pavimentazioni e le pareti (obbligo di rivestimento
lavabile per un’altezza di almeno due metri) e nelle operazioni di disinfezione. In
particolare si deve evitare la presenza di punti difficilmente raggiungibili con i
dispositivi di pulizia (cavedi, fitti fasci di tubazioni correnti lungo le pareti, serbatoi o
attrezzature eccessivamente accostate alle pareti, …) dove con maggior facilità
potrebbero formarsi depositi di sporco e di muffe. Si devono evitare, inoltre,
permanenze prolungate di depositi di materiali deperibili o di cartoni e pellet usati,
così come collegamenti permanentemente aperti con magazzini o altri reparti
operativi. Infine va ricordato che ai reflui derivanti dalle operazioni di pulizia si
sommano quelli prodotti durante il funzionamento della linea, in particolare per il
lavaggio ed il risciacquo delle bottiglie. Per questo l’imbottigliamento rappresenta
uno dei momenti più impegnativi, nel corso dell’anno, per lo smaltimento dei reflui,
sia da un punto di vista quantitativo che per la composizione degli stessi visto il
significativo uso di detergenti e di disinfettanti necessari per assicurare elevati
standard d’igiene. Il problema viene decisamente ridimensionato con l’introduzione
dell’impianto di ozonizzazione dell’acqua;
il livello di illuminazione: una condizione essenziale affinché gli operatori possano
svolgere efficacemente le attività di controllo delle linee di imbottigliamento ad alta
automazione è un elevato indice di illuminamento (almeno 500 - 750 lux). E’
necessaria un’appropriata scelta della tipologia e del posizionamento dei punti luce e
dei relativi indici cromatici per contrastare gli effetti dell’affaticamento visivo; in
particolare l’intensità luminosa deve concentrarsi in corrispondenza dei principali
elementi operativi della linea, dei pannelli di controllo e di comando e delle aree di
maggior transito e di manovra dei mezzi di trasporto. Dove è possibile si favorirà
l’illuminazione
naturale,
mediante
l’inserimento
di
ampie
finestrature,
compatibilmente con la localizzazione, la strutturazione del reparto ed il livello
prefissato di controllo degli scambi termici.
le emissioni sonore: le linee di imbottigliamento durante il funzionamento si
contraddistinguono per l’elevata emissione sonora prodotta. Come si è già osservato
nel precedente capitolo si possono facilmente raggiungere e superare livelli sonori di
90 dB(A) considerati dalla normativa come limite di rischio elevato. Diventa
ing. Maines Fernando
165
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
necessario, per preservare la salute degli operatori, intervenire in fase progettuale,
in fase esecutiva e nel corso della normale attività della linea sui seguenti fronti:
o
la scelta della linea di imbottigliamento anche in base alle prestazioni
acustiche; tale impostazione contribuisce ad incentivare i produttori nella
ricerca e nello sviluppo di nuove soluzioni per ridurre le emissioni sonore;
o
l’utilizzo di diverse soluzioni fra le molte messe a disposizione dal mercato
per il controllo delle emissioni: schermi e tunnel insonorizzanti disposti lungo
la linea, in particolare laddove maggiore è la produzione di rumore, giunti
antivibrazione, pannelli antiriverbero in materiali fonoassorbenti, postazioni
per gli operatori protette grazie a materiali fonoisolanti, …;
o
l’adozione di dispositivi di protezione individuale della cui necessità ed utilità
deve essere consapevole tanto l’operatore quanto il responsabile della
produzione.
Concludiamo con gli accessi. Questi devono consentire un rapido e sicuro passaggio da e per
i depositi delle bottiglie vuote, dei cartoni per il confezionamento, del magazzino del prodotto
finito o del reparto di affinamento in bottiglia. Inoltre, vista l’elevata consistenza dei flussi, è
opportuno munire i portoni con sistemi automatici di apertura e di chiusura anche per evitare
eccessivi apporti di aria con possibili sorgenti contaminanti ( polvere, impurità, …) ed
indesiderati carichi termici e di umidità, nel caso di accessi comunicanti con l’esterno.
Altri accessi con minore frequenza di utilizzo possono mettere in contatto il reparto di
imbottigliamento con i depositi dei materiali accessori (tappi, etichette, …). Possono trattarsi di
semplici porte per il passaggio di persone in quanto i relativi volumi e pesi da movimentare
sono generalmente contenuti.
3.9 Il reparto di affinamento in bottiglia
I vini che hanno effettuato un passaggio nel legno generalmente completano la
maturazione, subito dopo l’imbottigliamento, con un periodo di affinamento in bottiglia.
Queste, deposte in posizione coricata, vengono immagazzinate in un apposito locale dove sia
possibile garantire adeguate condizioni ambientali. Il vino potrà così evolvere senza subire
perturbazioni indotte dall’esterno.
Reparto di imbottigliamento
carrelli
elevatori
reparto di affinamento
in bottiglia
cestoni con
bottiglie “nude”
coricate
Per lo stoccaggio delle bottiglie si possono utilizzare cassoni (di legno o in resine plastiche),
in cestoni metallici oppure vengono deposte in cataste, di altezza variabile, generalmente
disposte lungo le pareti, interrotte ogni 2 – 4 metri da muretti in muratura o in legno. Con
questa seconda soluzione si possono raggiungere risultati estetici decisamente superiori al
prezzo, però, di un notevole aggravio nel fabbisogno di manodopera.
La struttura organizzativa del reparto è molto semplice dato che le operazioni da effettuare
si limitano alla movimentazione delle bottiglie in arrivo dal reparto di imbottigliamento e di
quelle che, ad affinamento completato, ritornano allo stesso reparto per completare
l’allestimento e per il confezionamento. Infatti, nella maggior parte dei casi, in occasione
ing. Maines Fernando
166
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
dell’imbottigliamento ci si limita alla sola tappatura, soprattutto per lunghi periodi di
affinamento, per evitare che le etichette possano staccarsi o subire danneggiamenti.
La semplicità organizzativa si manifesta anche nel dimensionamento degli spazi, il cui
fabbisogno dipende dall’entità delle produzioni (calcolate in base al periodo di permanenza se
superiore ad un anno), dalle modalità di stoccaggio e di movimentazione, in riferimento ai
mezzi utilizzati (carrelli elevatori, transpallet, …) ed alle loro esigenze in termini di spazio di
manovra.
Le caratteristiche ambientali del locale utilizzato e le modalità di controllo dipendono dalle
peculiarità del vino e, soprattutto, dalla durata del periodo di permanenza che può variare da
pochi mesi ad alcuni anni. Nonostante la bottiglia svolga un ruolo protettivo nei confronti del
vino, permane una evidente sensibilità a diversi fattori ambientali che possono influire sulle
cinetiche di reazione:
temperatura: è importante assicurare valori ambientali il più prossimi all’intervallo
ideale (15 ÷ 18 °C per i vini rossi e 13 ÷ 16 °C per i vini bianchi), ma ancor più
importante è l’obbiettivo di evitare brusche variazioni della temperatura, che
determinano un’accelerazione delle reazioni chimiche (la velocità raddoppia ad ogni
aumento di 10 °C). Inoltre, un aumento della temperatura può indurre modificazioni
delle caratteristiche meccaniche del tappo, un aumento della permeabilità all’O2 con
conseguente diminuzione della pressione interna alla bottiglia (tale condizione può
indurre un richiamo di aria all’interno) ed un aumento della pressione interna con
conseguente espulsione del tappo o colatura di vino. La miglior soluzione prevede la
localizzazione del reparto ad un livello interrato per poter sfruttare l’inerzia termica
del terreno. In caso contrario anche un significativo utilizzo di materiali isolanti e di
specifiche tecniche costruttive per la riduzione degli scambi termici, non possono
evitare la necessità di significativi apporti termici durante l’inverno e di operare
un’azione di raffrescamento nel corso del periodo estivo;
illuminamento: il vino posto in bottiglia di vetro non etichettata e non confezionata,
evidenzia una certa sensibilità alla luce, in misura diversa a seconda del tipo di vino e
della trasparenza della bottiglia. La maggior vulnerabilità si riscontra nel caso di vini
bianchi in bottiglie di vetro chiaro. Il livello di illuminamento del reparto, perciò, deve
essere molto basso (40 – 50 lux), oscurando anche le finestre eventualmente
presenti; solo in occasione di controlli o di visite si deve intervenire con l’impianto di
illuminamento mantenendo comunque l’intensità a livello medio-basso. Deve essere
comunque possibile adottare livelli più elevati per le operazioni di movimentazione
delle bottiglie in modo da assicurare efficienza e sicurezza;
umidità relativa: questa variabile ambientale va controllata specialmente se in
presenza di bottiglie completamente allestite, che potrebbero subire il distacco
dell’etichetta con valori dell’umidità relativa troppo elevata (maggiore dell’80%)
oppure nel caso di condizioni estreme che richiederebbero un intervento a favore
dell’integrità delle strutture (per fenomeni di condensa sulle pareti). Nel caso, invece,
di valori molto bassi dell’umidità relativa vengono favorite condizioni di eccessiva
ing. Maines Fernando
167
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
polverosità dell’ambiente e fenomeni di colatura causati dall’elevato gradiente fra
l’esterno e l’interno delle bottiglie e da una non perfetta tenuta del tappo per
eccessiva secchezza del sughero. Per contrastare l’instaurarsi di tali condizioni è
possibile dotare il reparto di nebulizzatori ad intervento automatico;
rumore: rappresenta un’ulteriore causa di disturbo per l’equilibrio fisico-chimico del
vino benché non ne sia unanimemente riconosciuta l’effettiva importanza. Le possibili
fonti di rumore presenti all’esterno della cantina o in reparti adiacenti possono far
sentire la loro influenza sottoforma di vibrazioni trasmesse al vino attraverso le
strutture. Tale fenomeno può essere contrastato, oltre che con interventi sulle
sorgenti, mediante l’utilizzo di materiali fonoisolante in grado di assorbire parte
dell’energia meccanica passante le pareti ed i solai.
A differenza delle altre aree produttive, in questo reparto sono sufficienti livelli di igiene
ordinari poiché si può considerare la bottiglia una barriera quasi assoluta contro le possibili
fonti di contaminazione (rimane la possibilità di ridotti scambi attraverso il tappo). Non si
possono comunque trascurare le fondamentali operazioni di ordinaria e di straordinaria pulizia,
poiché in cantina si devono sempre contrastare le possibili sorgenti di aggressione da parte di
agenti biologici, o che potrebbero indurre un impatto negativo sul cliente o sul visitatore.
In questa prospettiva il tipo di pavimentazione scelta dovrà consentire semplici operazioni di
spazzatura con meccanica o operazioni di pulizia mediante getti d’acqua o di vapore. In tal
caso si deve prevedere la presenza di canaline e di pozzetti per la raccolta e l’evacuazione dei
reflui. Fattori più rilevanti nella scelta delle pavimentazioni, per questo reparto, sono la
resistenza meccanica e le proprietà antiscivolo per assicurare una movimentazione efficace e
sicura dei mezzi di trasporto utilizzati. I materiali più idonei risultano il battuto di calcestruzzo
rinforzato con strato antiusura al quarzo (per la semplicità esecutiva), le piastrelle in clinker
(per le ottime prestazioni meccaniche) o la pietra naturale. Un’analisi analoga può essere fatta
anche per le pareti per le quali, alle ottime prestazioni delle resine epossidiche, si possono
preferire altre soluzioni (piastrelle o pietra naturale) con un più alto profilo estetico. Queste
considerazioni assumono una maggior importanza quando il reparto di affinamento in bottiglia
condivide gli spazi con la bottaia o comunque presenta una collocazione adiacente. L’affinità
funzionale si può tradurre in una equivalente cura nella definizione estetico-scienografica in
modo da poter presentare al visitatore un percorso di affinamento e di maturazione ricco di
suggestione.
Molto ridotte sono invece le componenti meccanico-impiantistiche che caratterizzano il
reparto. Come infatti si può rilevare dall’analisi funzionale, la dotazione di macchine e di
attrezzature, se si escludono i mezzi di movimentazione, è praticamente assente. Lo stesso
vale per gli impianti che si limitano alla presenza standard, nella versione minimale per un
reparto operativo (acqua fredda ed acqua calda, impianto elettrico ed eventualmente gli
impianti per la distribuzione di vapore e di aria compressa). L’impianto di condizionamento,
come si è gia visto, è presente in quei casi in cui sia impossibile garantire una sufficiente
ing. Maines Fernando
168
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
costanza per temperatura ed umidità relativa o laddove siano presenti condizioni ambientali
estreme.
E’ già stato sottolineato il legame funzionale esclusivo che lega questo reparto con quello di
imbottigliamento. Si deve perciò individuare un collegamento preferenziale in funzione della
posizione reciproca e delle modalità di movimentazione delle bottiglie. Ciò si riflette anche sulla
scelta del numero, della posizione degli accessi e sulle loro caratteristiche, fra le quali spicca la
presenza di sistemi automatici di apertura e di chiusura per ridurre i notevoli volumi d’aria
scambiata con l’esterno nel corso di intense attività di movimentazione.
3.10 Il deposito per il vino confezionato
Al termine dell’intero processo produttivo il vino viene immagazzinato in un’area adibita allo
stoccaggio del prodotto confezionato in attesa di essere commercializzato. La caratterizzazione
di tale zona sarà proporzionale ai livelli quantitativi e qualitativi delle produzioni, al grado di
complessità nell’organizzazione della cantina, alla scansione temporale delle operazioni di
imbottigliamento e, in particolar modo alla durata della permanenza dal vino in questo reparto.
Sono così possibili soluzioni diverse, da quelle più semplici come l’utilizzo di un’area nel reparto
di imbottigliamento, fino a quelle più strutturate che prevedono la presenza di un ambiente
esclusivamente predisposto a tale scopo. Non si deve escludere la possibilità di appoggiarsi a
grossisti specializzati nell’immagazzinamento e nella distribuzione, mantenendo in cantina solo
piccole quantità destinate alla vendita diretta ed alle degustazioni.
La scelta di destinare uno spazio specifico a deposito del prodotto finito necessita di una
corretta collocazione specialmente in relazione al reparto di imbottigliamento, al piazzale di
carico e scarico dei mezzi di trasporto e dell’eventuale punto vendita.
Nel caso di vini di buon livello qualitativo, inoltre, la cui commercializzazione può essere
preceduta da tempi di attesa non trascurabili diventa necessario assicurare modalità di
immagazzinamento con adeguate condizioni ambientali per garantire una corretta
conservazione del vino, la preservazione dei livelli qualitativi e l’integrità fisica ed estetica delle
confezioni.
Pertanto i principali elementi da analizzare per definire lo schema organizzativo del reparto
e per dimensionarlo correttamente sono:
la valutazione dell’Etd (Estimated time of departure) e dell Eta (Estimated time of
arrival) per la determinazione dei tempi medi di permanenza di ciascuna partita;
definizione delle aree funzionali necessarie (area di assemblaggio per spedizioni di
dettaglio, sala di spedizione, magazzino di attesa, …), in funzione delle caratteristiche
qualitative e quantitative dei diversi prodotti, del processo produttivo adottato e delle
metodiche utilizzate per la gestione della logistica e della commercializzazione;
ing. Maines Fernando
169
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
livello di automatizzazione per la gestione delle operazioni di carico e di scarico dal
magazzino;
tipologia di stoccaggio (sovrapposizione di bancali su pedane o scaffali). Questi
ultimi, nonostante gli elevati costi ed il maggior fabbisogno di spazio, rappresentano
una soluzione ottimale per razionalizzare l’intero sistema e per assicurare semplicità
operativa, pulizia, integrità delle confezioni ed un miglior sfruttamento dei volumi in
altezza. Molte sono le possibili soluzioni logistiche:
o
scaffali convenzionali;
o
sistemi drive in: si tratta di strutture senza piani orizzontali in modo da
consentire ai carrelli di entrare nelle corsie. in ciascuna corsia viene stoccato
un solo tipo di prodotto mediante il sistema LIFO (Last In First Out cioè
l’ultimo messo è il primo ritirato);
o
sistemi drive thruough: si differenzia dal sistema precedente per la presenza
anche di una corsia di fondo per lo scarico (LILO);
o
sistema dinamico a gravità: i pianali sono leggermente in pendenza per la
movimentazione autonoma verso il fondo dei bancali. Chiaramente è anche
in questo caso necessaria la corsia posteriore;
o
sistema push back: funziona come il precedente ma con una contropendenza
che richiede l’adozione della metodologia LIFO;
o
scaffali mobili e autoportanti: il movimento è assicurato da motori elettrici.
Sistema molto efficiente ma che richiede investimenti decisamente
impegnativi.
dispositivi di movimentazione da scegliersi in base al sistema di stoccaggio adottato e
degli spazi a disposizione. In particolare si potrà scegliere fra trans pallet manuali o
elettrici, carrelli elevatori frontali, carrelli elevatori retrattili (in caso di spazi ristretti),
carrelli elevatori trilaterali, carrelli elevatori commissionatori o carrelli elevatori
stoccatori.
Frequentemente si deve intervenire anche sui valori della temperatura e dell’umidità relativa
il cui controllo diventa rilevante nel caso si utilizzino, per le confezioni, materiali sensibili a tale
variabile ambientale come il cartone o, in misura minore, il legno. Gli intervalli da garantire
sono gli stessi precedentemente visti per il reparto di affinamento in bottiglia: 15 ÷ 18 °C per i
vini rossi, 13 ÷ 16 °C per i vini bianchi. Per l’umidità relativa si devono evitare valori maggiori
ing. Maines Fernando
170
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
del 70%, anche mediante una buona ventilazione in grado di eliminare possibili ristagni d’aria,
che possono deteriorare le confezioni e le etichette, mentre un’atmosfera molto secca (valori al
di sotto del 30%) favorisce la diffusione di polverosità che può compromettere l’integrità
estetica delle confezioni.
Il raggiungimento di tali obiettivi richiede generalmente la presenza di un impianto di
condizionamento il cui impatto economico, soprattutto per quanto riguarda i costi di gestione,
può essere ridotto in modo significativo grazie all’utilizzo di materiali isolanti, all’adozione di
opportune tecniche costruttive (intercapedini ventilate, …) e ad una corretta collocazione (in un
ambiente totalmente o parzialmente interrato), che in condizioni favorevoli possono rivelarsi
sufficienti. Non va dimenticato che un contributo non trascurabile alla preservazione delle
confezioni è dato da una corretta modalità di stoccaggio: uso di pedane che evitano il diretto
contatto delle confezioni con la pavimentazione, la presenza di un sufficiente distacco dalle
pareti e di discontinuità lungo le file in modo da consentire una sufficiente circolazione dell’aria.
Infine l’altezza dei bancali accatastati deve essere compatibile con la resistenza meccanica
delle confezioni. Per ridurre il fabbisogno di spazio si possono utilizzare apposite strutture che
consentono di sistemare i bancali su più livelli. Di contro si complicano le operazioni di
movimentazione e si deve aumentare la larghezza delle corsie di servizio.
Per completare il quadro del controllo ambientale si ricorda l’importanza di evitare la
presenza di eccessivi rumori sotto forma di vibrazioni; a tale riguardo si rimanda a quanto
detto relativamente al reparto di affinamento in bottiglia. Al contrario l’azione protettiva delle
confezioni sul vino elimina qualsiasi problema legato alla vulnerabilità alla luce eliminando la
necessità di limitare il livello di illuminamento nel corso delle fasi operative. Queste si limitano
alla movimentazione delle confezioni di bottiglie in arrivo dal reparto di imbottigliamento e di
quelle da caricare sui mezzi di trasporto utilizzati per la commercializzazione.
La semplicità di tale schema funzionale si riflette nella struttura organizzativa del reparto e
nelle caratteristiche dei suoi elementi costruttivi. Ad esempio le pavimentazioni devono
caratterizzarsi per la semplicità e la necessaria resistenza meccanica al passaggio dei mezzi di
movimentazione e ai carichi stoccati (è sufficiente adottare un massetto in c.l.s. con strato
antiusura al quarzo) mentre evidenziano minime esigenze di pulibilità dato che in questo
reparto le operazioni periodiche di pulizia sono generalmente svolte con metodi esclusivamente
meccanici (spazzatrici). Si può prevedere comunque la presenza di un ristretto numero di
erogatori d’acqua fredda da utilizzarsi in particolari situazioni per quanto si determini, in tal
modo, la necessità di prevedere la presenza di pozzetti e relativo impianto per
l’allontanamento degli eventuali reflui.
La ridotta dotazione di impianti (condizionamento, idrico, elettrico e d’illuminazione) è
completata dal sistema antincendio. La non trascurabile presenza di materiale infiammabile
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171
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
(confezioni di cartone o di legno e gli imballaggi plastici) rendono necessaria, o quanto meno
auspicabile, la presenza di dispositivi per lo spegnimento di un eventuale incendio. In funzione
della dimensione del reparto e della quantità di prodotto presente si possono installare semplici
estintori (nel caso di piccoli depositi), idranti con manichetta alimentati da apposito impianto
idrico o un impianto automatico a sprinkler che rivela, in questo reparto, una applicabilità
favorevole in quanto il loro intervento non determina, diversamente da altri casi,
danneggiamenti al prodotto (se si escludono le confezioni) e grazie alla facilità di assicurare
una completa e sicura copertura di tutto la superficie per l’assenza di attrezzature che possono
creare eventuali “zone d’ombra”.
Infatti nessuna particolare macchina o dispositivo è presente generalmente nel deposito, ad
eccezione dell’attrezzatura usata per avvolgere i bancali con film plastico o con cappucci di
materiale plastico termoretraibile. Sono macchine operatrici che generalmente trovano una più
naturale collocazione nel reparto di imbottigliamento presso il quale inoltre può essere
predisposto una apposita area per il deposito temporaneo dei bancali pronti per essere caricati.
Un’altra soluzione prevede l’allestimento di un apposito locale adiacente al deposito del vino
confezionato e comunicante con l’esterno attraverso una piattaforma rialzata rispetto al livello
del piazzale (eventualmente munita di elementi flessibili a fisarmonica per il collegamento alla
parte posteriore del mezzo di trasporto), per agevolare le operazioni di carico, evitando così
nel contempo eccessivi scambi di aria in grado di interferire sui valori di temperatura ed
umidità relativa ambientale del deposito principale. Per lo stesso motivo è opportuno che tutti
gli accessi (ad esempio con il reparto di imbottigliamento) siano muniti di sistemi per l’apertura
e la chiusura dei portoni a comando automatico.
3.11 Reparti specifici per la produzione dello spumante
In questa sede prenderemo in considerazione solo il metodo Champenios (o metodo
classico), in quanto gli altri (in particolare il metodo Charmat) utilizzano tecniche ed
attrezzature (autoclavi operanti a 8 ÷ 10 bar, …) che non richiedono una struttura con reparti
operativi specifici sia per quanto riguarda l’organizzazione degli spazi che i relativi fabbisogni
ambientali ed impiantistici.
Più complesso è invece il metodo Champenois che prevede, successivamente alla
preparazione della cuvée a partire dai vini base, diversi passaggi operativi molto specifici:
aggiunta dello sciroppo di rifermentazione (liqueur de tirage) alla cuvée
temporaneamente stoccata in serbatoi generalmente in acciaio inox;
imbottigliamento e prima tappatura con ditale in materiale plastico (bidule) e tappo
metallico tipo corona;
rifermentazione in bottiglia: il processo, che si caratterizza per l’aumento della
pressione e della gradazione alcolica, ha una durata che dipende dal valore della
temperatura ambientale. I migliori risultati (qualità superiore, finezza e persistenza
del perlage, …) si ottengono con temperature di 10 ÷ 12 °C a cui corrisponde una
rifermentazione di circa sei mesi;
maturazione e riposo sulle fecce (maturation sur lies): rappresenta la naturale
prosecuzione della rifermentazione in bottiglia e si protrae per almeno 15 mesi, ma
può giungere anche a 10 anni;
raccolta delle fecce nella bidule (remuage): una serie di movimenti ripetuti nel tempo
portano le bottiglie, inizialmente quasi in posizione orizzontale (inclinazione di circa
30°), fino ad una posizione quasi verticale, in modo da portare le fecce ad
accumularsi nella bidule. Tradizionalmente tutta l’operazione viene eseguita
manualmente con le bottiglie poste su appositi cavalletti (pupitres). Nel corso di due
mesi circa vengono sottoposte ogni 2 ÷ 4 giorni alla rotazione di ¼ di giro mentre i
cavalletti vengono progressivamente aperti in modo da aumentare l’inclinazione delle
bottiglie. Attualmente, per ridurre l’onerosità in termini di tempo e di manodopera, il
remuage viene eseguito meccanicamente mediante apposite macchine costituite da
una struttura portante una serie di piattaforme, poste su due livelli, a cui vengono
collegate apposite gabbie conteneti le bottiglie. Queste vengono sottoposte ad una
ing. Maines Fernando
172
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
combinazione di movimenti che simula il remuage manuale in tempi decisamente più
brevi (da 6 ÷ 7 giorni fino a poche ore);
conservazione in punta: le bottiglie vengono conservate a strati, anche per tempi
lunghi, in posizione verticale rovesciata, dentro appositi cestoni;
sboccatura (dégorgement): è un processo complesso, attualmente effettuato da una
linea meccanica composta da diversi segmenti fra loro collegati e sincronizzati (come
un comune impianto di imbottigliamento) che prevede le seguenti fasi:
congelamento del sedimento feccioso mediante l’immersione del collo delle bottiglie
tenute in posizione rovesciata entro vasche con soluzione criogenia a –25 ÷ –30°C
(congelatore girevole o lineare collegato con gruppo frigorifero);
stappatura per far fuoriuscire il blocco ghiacciato formato dalla bidule e dalle fecce
(sboccatrice) e prelievo di una piccola quantità di spumante (svuotatrice parziale);
aggiunta dello sciroppo di dosaggio (liqueur d’expedition) e di una piccola quantità di
spumante per portare al giusto livello il contenuto della bottiglia (dosatrice);
tappatura, gabbiettatura;
omogeneizzazione del contenuto della bottiglia (agitatrice e omogeneizzatrice).
lavaggio e asciugatura, capsulatura ed etichettatura.
Come si può facilmente intuire i reparti specifici necessari per lo svolgimento della
produzione spumantistica secondo il metodo classico si limitano alle aree ove si effettua la
rifermentazione in bottiglia, la maturazione sui lieviti, il remuage e la conservazione in punta.
Infatti le rimanenti operazioni possono essere svolte nei reparti di stoccaggio (preparazione
della cuvée e aggiunta dello sciroppo di rifermentazione) e quello di imbottigliamento
(riempimento bottiglie e prima tappatura, e tutte le fasi che vanno dalla sboccatura fino
all’omogeneizzazione del contenuto della bottiglia).
3.11.1 Reparto per la rifermentazione in bottiglia e maturazione sui lieviti
Nel corso di queste due fasi, le bottiglie vengono accatastate fino ad un’altezza di circa 2 ÷
3 metri, in posizione coricata leggermente distanziate con l’ausilio di listelli di legno, in file
alterne (i colli si appoggiano sui fondi dello strato sottostante) a formare cataste di spessore
variabile. A questo sistema tradizionale, per motivi di praticità nelle fasi di movimentazione, si
preferisce talvolta l’uso di cestoni metallici o di cassoni di legno.
La temperatura ambientale ottimale si aggira attorno agli 11 ÷ 13 °C, requisito
fondamentale, assieme all’assenza di illuminazione e di rumori, per assicurare una corretta
ing. Maines Fernando
173
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
rifermentazione ed una maggior finezza di perlage. La presenza di bottiglie con tappo corona e
senza etichette, esclude la necessità di controllare l’umidità relativa ambientale, ad eccezione
di situazione estreme in cui valori eccessivamente elevati possono indurre la presenza di
consistenti fenomeni di condensa sulle pareti e sul soffitto con tutti i noti fenomeni di degrado
superficiale.
Da queste premesse appaiono evidenti i motivi per i quali i produttori abbiano localizzato i
locali di rifermentazione e di maturazione in lunghe gallerie sotterranee, soprattutto in
presenza di strati rocciosi, allo scopo di sfruttarne la naturale termo stabilità ambientale. Dove
ciò non risulta possibile si devono predisporre locali fuori terra opportunamente isolati e termo
condizionati in modo artificiale.
Terminata la rifermentazione, la permanenza in catasta (sui listelli o nei cassoni) può
proseguire per un periodo variabile che nella maggioranza dei casi non supera i 48 mesi, allo
scopo di consentire una appropriata maturazione sulle fecce nel corso della quale le uniche
operazioni sono quelle relative alla ricomposizione periodica delle cataste. Durante tale
periodo, infatti, ogni 6 mesi, si può operare lo scuotimento delle bottiglie per rimettere in
sospensione le fecce e per eseguire la rimozione delle bottiglie rotte, operando lo sbancamento
delle cataste (o lo svuotamento dei cassoni) e la loro ricostruzione ponendo in basso le
bottiglie che si trovavano in alto.
La presenza di bottiglie rotte, con la conseguente percolazione a terra dei residui (spumante
e cocci di vetro), rende necessaria l’adozione di pavimentazioni facilmente lavabili (clinker,
porfido, …) con un sistema di pendenze, canalette e pozzetti per l’evacuazione dei reflui di
lavaggio. Per questo e per consentire l’efficiente effettuazione di tali operazioni e di quelle
relative alle fasi iniziali di caricamento e di allontanamento delle bottiglie, è fondamentale lo
studio accurato della disposizione delle cataste al fine di ottimizzare l’utilizzo dello spazio in
funzione della forma e della altezza degli ambienti; in generale la soluzione più adottata nel
caso di gallerie sotterranee è quella di disporre le cataste lungo le pareti e di lasciare al centro
una corsia per le necessarie manovre dei carrelli adibiti al trasporto e per assicurare libertà di
movimento e sufficienti livelli di sicurezza agli operatori nel corso delle loro attività.
La dotazione di impianti deve comprendere l’impianto idrico (acqua calda e fredda) per
eseguire le necessarie operazioni di pulizia, un efficiente sistema di evacuazione dei reflui
l’eventuale impianto di condizionamento e l’impianto di illuminazione. Quest’ultimo deve essere
strutturato in modo da assicurare diversi livelli di illuminazione: medio-alto nel corso delle
operazioni di movimentazione, medio durante le operazioni di controllo e di ricomposizione
delle cataste e basso (e con uno spiccato carattere scenografico) da utilizzarsi in occasione
delle visite, secondo i criteri già visti per i locali di affinamento nel legno. Inoltre per ridurre i
ing. Maines Fernando
174
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
consumi, visti l’elevata entità delle superfici in gioco, risulta opportuno adottare sistemi per
l’accensione e lo spegnimento automatico comandato da sensori di presenza.
Infine ricordiamo la possibilità, nel caso di spumantifici di grandi dimensioni, di predisporre
l’impianto per l’imbottigliamento della cuvée proprio in questo reparto o nelle sue immediate
vicinanze, in modo da ridurre al minimo l’entità delle movimentazioni delle bottiglie in fase di
primo accatastamento.
3.11.2 Reparto per il remuage
Per questa fase si deve predisporre un locale collegato con quello di maturazione sulle fecce
al fine di semplificare le operazioni di movimentazione. Possono pertanto trovarsi affiancati o
posti su due livelli diversi collegati mediante un montacarichi, anche se non è infrequente,
soprattutto nelle realtà produttive più piccole, che i due reparti condividano lo stesso
ambiente. Infatti anche per il remuage le condizioni ambientali ottimali richiedono temperature
di 10 ÷ 13°C, poca illuminazione, assenza di rumore e di correnti d’aria. Questa ultima
condizione, unitamente alla possibilità di avere un buon livello di illuminazione, è necessaria
per favorire lo svolgimento delle operazioni nel caso di remuage effettuato manualmente.
Anche in questo caso è molto importante studiare il miglior posizionamento delle pupitres
soprattutto quando queste condividono il reparto con le cataste delle bottiglie in maturazione.
La soluzione generalmente adottata è quella di disporre le cataste lungo le pareti e destinare lo
spazio centrale rimanente al posizionamento dei cavalletti, ricordando di lasciare sufficente
spazio per le corsie di movimentazione. Per quanto riguarda le caratteristiche costruttive ed
impiantistiche nulla cambia rispetto quanto visto per il locale di rifermentazione e maturazione.
Tutte queste considerazioni non valgono nel caso di remuage meccanico per il quale si deve
destinare un locale o un’area specifica con un abbondante spazio dedicato alle manovre di
caricamento delle gabbie e per la loro movimentazione. Il reparto assume pertanto le
caratteristiche (ambientali, strutturali costruttive ed impiantistiche) del reparto di affinamento
in bottiglia, al punto che molte volte ne condivide gli spazi.
3.11.3 Reparto per la conservazione in punta
Si deve predisporre un locale con caratteristiche praticamente identiche ai due reparti
precedenti, con l’unica differenza che la temperatura ambientale non deve superare i 10°C.
Minore è inoltre l’importanza coreografica in quanto si tratta di un locale nel quale le bottiglie
permangono capovolte in cesti metallici o in cassoni di legno.
Le dimensioni di questo reparto dipendono dalla durata di permanenza che può variare da
pochi mesi ad alcuni anni.
ing. Maines Fernando
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
E’ opportuna anche in questo caso una localizzazione sotterranea; in caso contrario si deve
predisporre un ambiente con le caratteristiche costruttive ed impiantistiche viste per il reparto
di affinamento in bottiglia.
3.12 I magazzini e i depositi accessori
Nel corso del processo di produzione enologica, diverse fasi operative richiedono l’apporto di
materiali accessori di consumo e di attrezzature di pertinenza non esclusiva di un singolo
reparto. Per poter effettuare in modo efficiente il rifornimento e la distribuzione ai reparti dei
primi e gli spostamenti e le manutenzione dei secondi, è opportuna una loro collocazione in
depositi e magazzini strutturati in modo da assicurare uno stoccaggio corretto, premessa
necessaria per un’organizzazione razionale all’intero sistema.
Le tipologie di materiali e di attrezzature, le rispettive quantità, dimensioni e caratteristiche
variano in funzione dell’impostazione produttiva e dell’entità delle produzioni caratteristiche di
ciascuna cantina.
In generale gli elementi accessori utilizzati in una cantina si possono classificare nel
seguente modo:
macchine, attrezzature, dispositivi ed attrezzi enologici:
o
pompe e filtri;
o
tubazioni mobili;
o
idropulitrici e spazzatrici;
o
macrossigenatori, microssigenatori e saturatori;
o
solfitometri;
o
follatori;
o
svinatori ed estrattori di vinacce;
o
….
materiali per interventi diretti sul mosto e sul vino o necessari per il funzionamento
delle macchine enologiche:
o
lieviti, enzimi pectolitici e coadiuvanti della fermentazione (sali di ammonio,
bicarbonato di potassio, tiamine);
o
chiarificanti organici (caseina, albumina, gelatina) e minerali (bentonite,
caolino, terra di Spagna);
o
correttori dell’acidità (acido tartarico, acido metatartarico, tartrato di potassio,
carbonato di calcio, bicarbonato di potassio);
o
mosto concentrato e/o mosto concentrato e rettificato;
o
composti per la solfitazione (metabisolfito di potassio, anidride solforosa liquida
o gassosa);
o
agenti di difesa (dischi di zolfo per le botti, dischi di isosolfotiocianato di allile);
o
composti per la demetalizzazione (ferrocianuro di potassio);
o
olio di vaselina enologico;
o
farine fossili, perlite, filtri a cartoni e a membrana;
o
cloruro di litio da aggiungere alle fecce o al vino destinati alla distillazione.
materiali per l’imbottigliamento ed il confezionamento:
o
bottiglie (o altri contenitori) vuote;
o
tappi (di sughero, di silicone, a vite, a corona, …), capsule e gabbie;
o
etichette e colle;
o
scatole e scatoloni di cartone, cassettine di legno;
o
nastri adesivi, rotoli di film plastico, cappucci termoretraibili, pianali, …;
materiali per la pulizia e la sanitizzazione di macchine, degli ambienti e delle
bottiglie:
o
detergenti (soda caustica, acido citrico, iodio, bicarbonato di sodio, detersivi);
o
disinfettanti.
bombole di gas tecnici utilizzati per la microssigenazione, la solfitazione, la
saturazione dei recipienti, per l’imbottigliamento, per l’addizionamento al vino
(ossigeno, azoto, anidride carbonica, anidride solforosa).
ing. Maines Fernando
176
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Come si può facilmente notare si tratta di un insieme complesso di elementi che si
diversificano per molti aspetti quali il fabbisogno di spazio, le condizioni ambientali, l’indice di
pericolosità, le modalità di movimentazione, il luogo ed il momento di utilizzo.
Tali differenze indicano la necessità di prevedere diversi depositi, ciascuno in grado di
soddisfare diverse esigenze soprattutto di tipo ambientale; un altro criterio di scelta è quello di
concentrare il più possibile nello stesso deposito i materiali collegati allo stesso ambito (ad
esempio la vinificazione, l’imbottigliamento, …). In cantina possono così essere presenti diversi
magazzini e depositi collegati con le diverse aree operative e distribuiti secondo criteri tali da
favorire e rendere efficienti tutte le movimentazioni in entrata ed in uscita dai depositi stessi.
Vi sono tuttavia degli elementi che accomunano alcuni di questi depositi. In primo luogo la
scarsa rilevanza della temperatura poiché, generalmente, non influisce in modo significativo
sulle caratteristiche dei materiali e delle attrezzature stoccate o sulle prestazioni degli operatori
visti i ridotti periodi di permanenza. Lo stesso vale per la tipologia delle pavimentazioni per le
quali può essere sufficiente adottare il battuto di cemento con strato antiusura. Le operazioni
di pulizia, infatti, si possono limitare alla sola spazzatura (meccanica o meno) e non sono
richieste, come per i reparti operativi, particolari prestazioni di inerzia chimica vista la natura
dei materiali stoccati e le modalità di conservazione e di movimentazione adottate.
Per questi depositi si possono recuperare volumetrie marginali altrimenti di difficile utilizzo
come ad esempio intercapedini ricavate fra le strutture perimetrali di piani interrati e le opere
di contenimento del terreno (diaframmi di sostegno, …), oppure soppalchi o volumi derivanti
dalla presenza di ambienti adiacenti con diversi fabbisogni in altezza. E’ chiaro quanto sia
importante assicurare, anche in questi casi, un accesso sicuro e funzionale e compatibile con le
modalità di svolgimento delle operazioni di movimentazione, in assenza del quale si verrebbero
a creare disagi per gli operatori difficilmente compensabili.
Quanto descritto fino ad ora è rappresentativo in particolar modo di una grande cantina
dove l’organizzazione dei reparti è generalmente complessa e dove le quantità dei materiali da
stoccare sono significative, così come il numero di attrezzature da ricoverare. Diversamente,
nelle cantine medio-piccole diventa possibile e conveniente accorpare lo stoccaggio in pochi
depositi o adottare soluzioni di immagazzinamento semplificato (semplici armadi, piccoli
depositi distribuiti nei reparti operativi stessi, uso di spazi marginali come i sottoscala) grazie
alla consistenza quantitativa ridotta e le minori esigenze di movimentazione derivanti da una
struttura più compatta.
Analizziamo ora le peculiarità dei diversi magazzini secondo una definizione ed una
suddivisione esemplificativa, certamente non vincolante, e che perciò non troverà
necessariamente corrispondenza con le esigenze e le caratteristiche produttive di ogni singola
realtà.
3.12.1 Magazzino per macchine ed attrezzature mobili (filtri, pompe, tubazioni, …)
In questo magazzino sono ricoverate tutte le attrezzature mobili e gli attrezzi che non hanno
una collocazione definita e prefissata in un dato reparto, in quanto utilizzati in diverse aree
produttive (ad esempio le tubazioni mobili, l’idropulitrice, la spazzatrice, …) o poiché il loro
utilizzo è concentrato durante brevi periodi alternati a lunghi periodi di inattività, come può
essere nel caso di talune pompe o dei filtri.
Il vantaggio fondamentale di concentrare tutti questi dispositivi in un unico ambiente è
rappresentato dalla possibilità di ottimizzare e favorire le operazioni di controllo e di
manutenzione. A queste, compatibilmente con i criteri organizzativi della cantina, si possono
aggiungere le operazioni di pulizia, nel qual caso si deve prevedere l’installazione dei sistemi di
distribuzione ed erogazione per l’acqua ed eventualmente dell’aria compressa, mentre per le
pavimentazioni si dovranno scegliere soluzioni semplici, ma adeguate per favorire
l’allontanamento dei reflui (attraverso idonee pendenze, canalette e pozzetti) e per contrastare
i rischi di scivolamento. La presenza di acqua è determinata anche a causa delle tubazioni
mobili che normalmente vengono poste su appositi appoggi alle pareti in modo da assicurare la
fuoriuscita di eventuali residui di lavaggio.
Molto ridotte sono le esigenze di controllo ambientale. La temperatura e l’umidità relativa
possono seguire le variazioni naturali senza determinare significative influenze sulle macchine
ing. Maines Fernando
177
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
così come sugli operatori (visto la breve durata della permanenza in questo ambiente). Per
quanto riguarda l’impianto di illuminamento, può risultare generalmente sufficiente un livello
medio nel caso di semplice stoccaggio; invece se il deposito viene utilizzato anche per svolgere
operazioni di lavaggio e di manutenzione, bisogna assolutamente garantire una ottimale
visibilità degli operatori adottando livelli più elevati. A tal fine molto utile si dimostra l’utilizzo di
punti luce mobili (lampade portatili) alimentate con corrente continua a 24 V, per eliminare il
rischio di elettrocuzione.
L’eventuale presenza di altri impianti dipende esclusivamente da particolari esigenze
derivanti dalla specifica struttura organizzativa.
3.12.2 Magazzino per materiali enologici (bentonite, lieviti, mezzi filtranti, ….) non aggressivi
Si tratta di materiali diversi utilizzati soprattutto nel corso della vinificazione e nelle fasi di
finitura del vino che, in genere, non richiedono particolari condizioni di stoccaggio dal punto di
vista della sicurezza contro i rischi di immissione accidentale negli ambienti operativi. Le
quantità utilizzate, e di conseguenza quelle da immagazzinare, possono anche essere
significative (è il caso delle farine fossili o della perlite), ma comunque non a livello tale da
giustificare l’adozione di un locale espressamente dedicato (possono fare eccezione le grandi
cantine), cosicché, frequentemente si condivide lo stesso ambiente di stoccaggio con i
materiali accessori utilizzati nelle fasi di imbottigliamento che presentano esigenze ambientali
simili.
L’elemento principale che caratterizza questo insieme di materiali è la spiccata sensibilità ad
elevati valori dell’umidità relativa. Pertanto, nonostante l’effetto protettivo generalmente
offerto dalle confezioni e dai contenitori adottati per la commercializzazione, è opportuno
evitare in fase di immagazzinamento il contatto diretto di scatole e dei sacchi con la
pavimentazione e le pareti, favorendo nel contempo una buona circolazione dell’aria, mediante
l’utilizzo di pianali, di scaffali o di cassoni (realizzati, per altro, con materiali facilmente
lavabili).
Nel caso di umidità relative troppo elevate che possono danneggiare i prodotti o, al
contrario, di valori troppo bassi che favoriscono la presenza di un carico eccessivo di polveri
nell’aria in conseguenza della natura granulare di molti materiali enologici, diventa
indispensabile intervenire mediante un impianto di condizionamento.
Per il resto non si evidenziano particolari esigenze impiantistiche o relative alle strutture.
Alcuni esempi su tutti:
i livelli di luminosità possono essere di media intensità, data la ridotta consistenza
delle movimentazioni, con la sola eccezione della postazione di pesatura (la bilancia
per la determinazione delle quantità da utilizzare per i diversi interventi è l’unico
dispositivo che caratterizza questo deposito), dove si deve provvedere a posizionare
un punto luce di intensità significativa;
le pavimentazioni non devono presentare particolari caratteristiche visti i ridotti
carichi da stoccare e da movimentare, l’assenza di sostanze particolarmente
aggressive ed il ridotto fabbisogno di interventi per la pulizia (che si possono limitare
alla semplice spazzatura).
3.12.3 Magazzino per bottiglie vuote, tappi, etichette, capsule, confezioni, …
Le elevate produttività che caratterizzano le linee di imbottigliamento richiedono un
continuo rifornimento di bottiglie, tappi, confezioni, ecc.. Per garantire efficienza a tali flussi
bisogna valutare correttamente le modalità di movimentazione, la localizzazione e la
strutturazione dei depositi.
Generalmente si preferisce stoccare le bottiglie vuote separatamente, in quanto si
differenziano dagli altri materiali per un fabbisogno di spazio di gran lunga superiore e per la
sostanziale insensibilità alle condizioni ambientali. Pertanto per le bottiglie si possono adottare
i seguenti sistemi di stoccaggio:
deposito all’aperto da individuare in un piazzale secondo modalità compatibili con le
caratteristiche meteorologiche presenti nei periodi di permanenza, in particolare per
ing. Maines Fernando
178
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
quanto riguarda il vento. La disposizione delle cataste deve essere individuata anche
tenendo conto del necessario spazio di manovra per i mezzi utilizzati per la consegna
e la movimentazione delle bottiglie;
deposito semiconfinato ottenuto mediante tettoie, semplici strutture prefabbricate o
semplici barriere (recinzioni, reti ombreggianti, pannelli di legno, alberature , …) allo
scopo di proteggere le bottiglie dall’azione degli agenti atmosferici (vento e sole in
primo luogo) e di ridurre l’impatto visivo che tali depositi possono determinare;
ambiente confinato all’interno della cantina esclusivamente dedicato alle bottiglie, la
cui collocazione ideale è in adiacenza con il reparto di imbottigliamento. L’unica
necessità impiantistica è quella dell’illuminamento da dimensionarsi in funzione delle
modalità di immagazzinamento e di movimentazione delle bottiglie. Per quanto
riguarda gli accessi è consigliabile, soprattutto per le grandi cantine, un collegamento
diretto con l’esterno possibilmente munito di piattaforma di carico rialzata.
I rimanenti materiali utilizzati per l’imbottigliamento evidenziano in generale un fabbisogno
di spazio ridotto ed una forte sensibilità all’umidità relativa, in particolare le etichette, i tappi e
le confezioni di cartone, solo in parte ridotta dall’eventuale presenza degli imballaggi.
Per risolvere il problema può essere sufficiente una efficace ventilazione (naturale o
artificiale) qualora l’eccesso di umidità derivasse dall’elevato uso di acqua nel corso dell’attività
di cantina. La ventilazione naturale, in particolare, richiede opportune condizioni climatiche
locali, un’idonea localizzazione del reparto ed una sufficiente superficie finestrata comunicante
con l’esterno in grado di generare le necessarie correnti d’aria. Per umidità proveniente dal
terreno, nel caso di depositi interrati, alla ventilazione si devono associare idonei interventi di
impermeabilizzazione per contrastare le infiltrazioni attraverso le pareti o i solai e, se
necessario, la predisposizione di sistemi di drenaggio per la raccolta e l’allontanamento delle
acque.
Diversamente, in presenza per significativi periodi dell’anno di elevati valori di l’umidità
relativa dell’aria esterna, è necessario affidarsi ad un impianto di deumidificazione dell’aria
immessa nel magazzino. Questa soluzione, che si caratterizza per costi di gestione crescenti
più che proporzionalmente con il volume d’aria da trattare, esclude ancor più l’ipotesi di
stoccare nello stesso ambiente anche le bottiglie vuote.
Ma l’elemento che caratterizza in particolare questo deposito è la significativa presenza di
materiali infiammabili (confezioni di cartone o di legno, etichette, film plastici per l’imballaggio,
…) che rende necessaria una attenta valutazione del rischi di incendio. Questi dipendono dalle
quantità stoccate e dalla tipologia di tali materiali, al fine di determinare quali sistemi di
protezione adottare fra quelli attivi (estintori, idranti con manichetta, impianto a sprinkler) e/o
quelli passivi (sistemi di rilevamento di fumo o di calore, utilizzo di materiali ignifughi o che
non emettono gas tossici in caso di incendio, …). Inoltre si dovranno tenere in considerazione
altri elementi connessi con il rischio di innesco, come il grado di protezione degli elementi che
costituiscono l’impianto elettrico (almeno IP64) o l’alimentazione dei motori dei mezzi per la
movimentazione (preferibilmente elettrica).
3.12.4 Magazzino per detergenti, disinfettanti e sostanze chimiche in genere
E’ il deposito per tutte le diverse sostanze utilizzate in cantina che possono rappresentare
un rischio per la sicurezza, in caso di immissione accidentale nell’ambiente di lavoro o di
utilizzo improprio o non corretto da parte di persone non in possesso delle specifiche
conoscenze o dell’autorizzazione. Fra i materiali più comuni si possono annoverare i detergenti
(soda caustica, acido citrico, iodio, bicarbonato di sodio, detersivi), i disinfettanti, l’anidride
solforosa (liquida o gassosa) il metabisolfito di potassio, il ferrocianuro di potassio, lo zolfo,
isosolfotiocianato di allile, l’acido tartarico, l’acido metatartarico, il tartrato di potassio, ecc.
In ogni caso si tratta di sostanze presenti in quantità non rilevanti che necessitano di un
deposito di piccole dimensioni e che non richiedono significativi interventi per le operazioni di
immagazzinamento e di movimentazione. E’ tuttavia necessaria una attenta strutturazione ed
organizzazione degli spazi per assicurare una sostanziale separazione fra le diverse sostanze in
particolare quelle chimicamente compatibili, per quanto già le confezioni, con cui tali prodotti
vengono commercializzati, forniscono sufficienti garanzie.
ing. Maines Fernando
179
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Si possono utilizzare semplici scaffali, realizzati in materiali lavabili, che permettono uno
stoccaggio razionale e sicuro, mentre per le sostanze la cui manipolazione e la preparazione è
consentita solo ad addetti autorizzati, è consigliabile l’adozione di armadi muniti di sistemi di
chiusura di sicurezza. Lo stesso accesso al deposito deve essere munito di serratura e
dell’apposita segnaletica per indicare la pericolosità, il divieto di accesso alle persone non
autorizzate e l’obbligo di utilizzare i dispositivi di sicurezza.
La potenziale pericolosità delle sostanze presenti rende necessario un elevato livello di
illuminamento per assicurare la leggibilità delle etichette di riconoscimento e delle istruzioni
all’uso, in particolare in prossimità della postazione di pesatura dove è presente la bilancia e le
altre attrezzature utilizzate per la manipolazione, il dosaggio e la preparazione delle diverse
sostanze.
Tali operazioni possono determinare la dispersione di residui nell’aria che nel tempo
potrebbero dare origine a concentrazioni eccessive e non tollerabili per la sicurezza degli
operatori. Si deve pertanto assicurare una sufficiente ventilazione per un costante ricambio
d’aria senza causare, nel contempo una dispersione dei residui verso i reparti attigui al
deposito. Ciò è possibile mediante un impianto di ventilazione in aspirazione verso l’esterno
che trova un’ottimale collocazione in corrispondenza della postazione per la manipolazione dei
prodotti ed il suo funzionamento può essere comandato direttamente dall’operatore, con
l’accensione delle luci o, nei sistemi più complessi, all’apertura di ante protettive (sistemi a
cappa aspirante). Invece per quanto riguarda il rifornimento di aria di ricambio può essere
facilmente assicurata da apposite finestre o griglie di aerazione, opportunamente
dimensionate, in comunicazione con l’esterno o con altri reparti. E’ possibile inoltre dotare il
sistema di regolatore di intensità per differenziare il regime di illuminamento in funzione della
presenza o meno degli operatori.
Per completare la dotazione di sicurezza, oltre ai DPI previsti dalla normativa (occhiali
protettivi, guanti, maschera, …), si possono disporre sistemi per il lavaggio degli occhi (in caso
di contatto accidentale) oltre ai lavabi per le operazioni di pulizia di routine.
L’aggressività delle sostanze presenti richiede anche l’adozione di materiali per le
pavimentazioni con elevate prestazioni di inerzia chimica (piastrelle in clinker, in gres o in
porfido), mentre per le pareti può essere sufficiente un rivestimento che consente la pulizia
con acqua (piastrelle ceramiche, resine epossidiche, …).
Infine per evitare l’eventualità di dispersione accidentale delle sostanze all’esterno del
deposito è consigliabile dotare l’accesso al deposito di un sistema di chiusura automatica della
porta e, se sono presenti prodotti liquidi in quantità significative, di una soglia di contenimento.
3.12.5 Magazzino per bombole di gas tecnici
In questi ultimi anni si è assistito ad un uso sempre più consistente di alcuni gas in diversi
passaggi operativi del processo enologico. Si tratta dell’anidride carbonica (CO2) da addizionare
ai vini frizzanti o per saturare i serbatoi utilizzati per la macerazione carbonica, dell’ossigeno
(O2) utilizzato per la microssigenazione, dell’azoto (N2)e, più raramente, dell’argon (Ar) che
trovano applicazione nell’imbottigliamento e per la saturazione dei serbatoi di stoccaggio e
delle tubazioni per la movimentazione del vino e dell’ozono (O3) utilizzato per la disinfezione.
Generalmente le cantine soddisfano il proprio fabbisogno rivolgendosi a ditte specializzate
che forniscono questi gas in apposite bombole. Nel caso dell’ozono e dell’azoto, che si
caratterizza per i più elevati fabbisogni, è ormai economicamente conveniente adottare
appositi impianti che consentono di gestire con facilità ed efficienza l’intero processo di
produzione, di accumulo e di distribuzione. Per maggiori informazioni a riguardo si rimanda al
successivo capitolo dedicato agli impianti.
Per quanto riguarda le bombole, invece, si ricorda che devono possedere determinate
caratteristiche così come prevede la specifica normativa, la quale interviene, in particolare, sui
diversi aspetti relativi alla sicurezza (pressioni di collaudo e di esercizio, parametri di
resistenza, modalità di trasporto, …).
Poche sono invece le prescrizioni precise sulle caratteristiche che devono avere i depositi dei
gas tecnici a livello dell’utilizzatore. Le indicazioni più attendibili sono date dai parametri che i
Vigili del Fuoco utilizzano per il rilascio del parere preventivo, eseguito sul progetto, da allegare
ing. Maines Fernando
180
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
obbligatoriamente alla domanda di Concessione Edilizia. Inoltre, ad opera eseguita, gli stessi
VVFF effettueranno un sopralluogo di verifica il cui esito positivo (espresso attraverso il rilascio
del Certificato di Prevenzione Incendi) è condizione necessaria per poter ottenere dal Comune
il consenso all’agibilità dell’opera.
Si ricorda che i gas si diversificano sostanzialmente in funzione del livello di pericolosità (si
distingue fra gas combustibili, comburenti, inerti, tossici, …), delle possibili interazioni, delle
rispettive quantità da stoccare e delle condizioni di utilizzo. Pertanto gli aspetti fondamentali da
valutare in sede di progettazione sono i seguenti:
la localizzazione del deposito rispetto ad altri edifici (della cantina o presenti su
proprietà confinanti), ad eventuali strade di accesso, linee elettriche, ecc. Nel caso di
elevato rischio di esplosione o di incendio si devono adottare distanze minime
significative (fino a 10 m) in funzione anche dell’andamento plano-altimetrico del
terreno o della presenza di elementi in grado di svolgere un effetto protettivo. Piccoli
depositi di gas poco pericolosi invece possono essere posti in prossimità degli edifici
o in aree della cantina stessa purché direttamente comunicanti con l’esterno e
separate dai reparti attigui con strutture in c.a. prive di accessi o di aperture;
in presenza di gas diversi si deve adottare uno stoccaggio separato per evitare la
possibilità che eventuali perdite possano dare origine a miscele potenzialmente
pericolose, benché questo non sia proprio il caso delle cantine in quanto l’azoto, e
l’anidride carbonica sono gas inerti anche in presenza di ossigeno (si tratta infatti dei
tre principali componenti dell’aria). Nei depositi più semplici, dove le quantità sono
ridotte e si effettua solo lo stoccaggio (per l’utilizzo le bombole vengono portate
singolarmente o in coppia in cantina mediante appositi carrelli) la separazione può
essere ottenuta molto semplicemente con recinzione o pannelli prefabbricati.
Diversamente, in caso di volumi consistenti da stoccare e di depositi utilizzati anche
per alimentare direttamente gli impianti di distribuzione, la separazione deve essere
più netta. Si dovranno predisporre ambienti separati, per ciascun tipo di gas
presente, con setti in c.a. di sufficiente spessore per resistere ad eventuali scoppi.
Nel medesimo locale, assieme alle bombole immagazzinate (generalmente a gruppi
di 4, 6, 8, 9, 16, …, fra loro collegate in serie e contenute in apposite gabbie
conformate per facilitare la movimentazione con braccio meccanico o con carrello
elevatore), si trova l’apparato di allacciamento all’impianto di distribuzione, con
collegamento singolo o multiplo, assistito da dispositivi per la misurazione ed il
controllo della pressione di erogazione, per la misurazione delle portate, ecc. In
questo caso, per una corretta collocazione del deposito, si deve tener conto dei
percorsi che le tubazioni devono compiere per raggiungere i diversi punti di utilizzo,
al fine di mantenere entro valori accettabili la somma delle perdite di carico. Si
ricorda, infine, che le bombole vuote devono essere tenute separate da quelle piene
e che in entrambi i casi devono sempre essere tenute in posizione verticale mediante
fissaggio alla parete o mediante apposita struttura di contenimento (gabbia);
il deposito deve presentare aperture di aerazione dimensionate in modo da
assicurare un’efficace ventilazione naturale. Tali aperture, munite di griglie per
evitare intrusioni indesiderate, devono essere poste sia in alto che in basso,
soprattutto se lo stoccaggio comprende gas, come la CO2, più pesanti dell’aria e che
perciò tenderebbero, in caso di dispersione accidentale, ad accumularsi in
corrispondenza del pavimento. Inoltre la presenza di aperture poste a diversa altezza
favorisce l’instaurarsi di una efficace ventilazione naturale;
per il confinamento dell’area destinata allo stoccaggio si devono porre in essere
barriere per evitare, in primo luogo, il libero accesso da parte di persone non
autorizzate. Queste barriere, di altezza tale da non consentire un facile
scavalcamento (almeno 2,2 ÷ 2,5 m), possono essere totalmente o parzialmente in
muratura, eventualmente completate con recinzioni. Gli accessi, provvisti di
serrature o di equivalenti sistemi antintrusione, sono da dimensionarsi in funzione dei
mezzi utilizzati per il conferimento e la movimentazione delle bombole. La
disposizione e le caratteristiche delle barriere devono assolvere anche al compito di
proteggere lo spazio circostante dagli effetti di possibili eventi esplosivi (muro
parascheggie in c.a. alto almeno 2,2 m e con spessore minimo di 15 cm) per offrire
ing. Maines Fernando
181
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
un effetto di schermo nei confronti di corpi proiettati verso l’esterno. Per lo stesso
scopo si può realizzare il solaio di copertura del deposito con una accentuata
appendice aggettante sull’esterno lungo tutto il perimetro ed in particolare in
corrispondenza dei lati dove si trovano le entrate ai depositi e le aperture di
aerazione;
il deposito deve essere privo di sorgenti di calore (radiatori, tubazioni del vapore, …)
e non presentare depositi di combustibili o di sostanze infiammabili estranee ai gas
stessi; per assicurare, inoltre, alti livelli di sicurezza è opportuno installare
apparecchi indicatori ed avvisatori automatici in grado di segnalare il raggiungimento
di concentrazioni pericolose;
il deposito deve essere illuminato in modo da rendere ben visibili gli accessi e ben
riconoscibile e facilmente interpretabile la segnaletica obbligatoria prevista dalla
normativa ed indicante la presenza di dispositivi e di sostanze pericolose, il divieto di
fumare e di usare fiamme libere, il divieto di accesso a persone non autorizzate, quali
dispositivi di protezione individuale e quali comportamenti gli operatori devono
utilizzare nel corso della movimentazione e della manipolazione delle bombole.
3.12.6 Magazzino per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti
Lo smaltimento dei rifiuti e dei sottoprodotti derivanti dal processo di vinificazione
rappresenta, come si è già visto nel corso dell’analisi preliminare, un problema sempre più
oneroso per le cantine in termini sia economici che organizzativi. Da un punto di vista
esclusivamente tecnico, la criticità del problema è legato anche alla complessità del processo,
costituito da diversi passaggi operativi fra loro connessi e reciprocamente dipendenti: la
raccolta dei rifiuti, il loro allontanamento, lo stoccaggio e, infine, il corretto smaltimento.
In questa sede ci soffermeremo sul passaggio, solo apparentemente secondario,
rappresentato dallo stoccaggio temporaneo nel periodo di tempo compreso fra la produzione
del rifiuto e il suo effettivo allontanamento dalla cantina.
In primo luogo è necessario individuare una o più aree dove collocare i sistemi ed i
contenitori per la raccolta dei rifiuti secondo criteri di efficienza e di raccolta differenziata.
La soluzione più razionale, ma non per questo di validità assoluta, consiste nel predisporre
una o più aree all’interno di un piazzale di lavoro (ad esempio corrispondente o adiacente a
quello utilizzato per il conferimento dell’uva), appositamente attrezzate con container,
serbatoi, vasche, cassoni e cassonetti, platee, silos verticali o silos orizzontali a trincea.
La corretta localizzazione di tali aree dipende da molti fattori:
le tipologie, le quantità, il periodo di produzione e le caratteristiche (consistenza,
composizione e potere inquinante) dei materiali da allontanare e da stoccare;
ing. Maines Fernando
182
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
il reparto di provenienza dei rifiuti ed i sistemi utilizzati per il loro allontanamento.
Questi ultimi variano in funzione del tipo di materiale (in particolare della sua
consistenza), della quantità, delle modalità di produzione e della distanza fra il luogo
di formazione del rifiuto ed il luogo di stoccaggio temporaneo. I sistemi più
comunemente utilizzati comprendono nastri trasportatori, coclee, condotte collegate
a ventilatori aspiranti o alimentate da pompe, scivoli o tubazioni di movimentazione
per gravità, serbatoi, cassoni o altri contenitori posti su ruote o trasportati con i
carrelli elevatori;
la durata della permanenza prima del definitivo allontanamento per le operazioni di
smaltimento: questo periodo varia da un minimo di poche ore (operazione di routine
per l’allontanamento della quantità di rifiuto prodotta giornalmente) fino a qualche
mese in funzione delle caratteristiche del materiale e del tipo di smaltimento
adottato. Nel caso di lunghe permanenze si dovrà considerare attentamente la
posizione dei depositi rispetto alle vie di comunicazione ed agli accessi al piazzale di
accoglimento dei visitatori e dei clienti in riferimento all’impatto visivo e alla possibile
produzione di odori sgradevoli. Il problema può essere affrontato con l’adozione di
opportuni schermi mediante alberature, barriere o altre soluzioni mutuate dall’arredo
per esterni. Esiste comunque a riguardo una normativa specifica (alla quale fanno
riferimento i regolamenti comunali) secondo la quale i depositi all’aperto non devono,
di norma, superare la dimensione di 20 m3 e avere una durata superiore ai tre mesi;
dovranno, inoltre, essere organizzati in modo da garantire la separazione dei rifiuti
per tipi omogenei e soprattutto si dovranno evitare fenomeni di dispersione
nell’ambiente dei rifiuti stessi o di eventuali acque di percolazione;
i mezzi utilizzati per il loro conferimento nei luoghi di destinazione finale: si deve
garantire un facile accesso ai mezzi destinati al trasporto (trattori con bilico, con
pianale porta cassoni, camion di diverse tipologie e dimensioni, autocisterne, carro
spandi letame, …) ed un ottimale svolgimento delle operazioni di carico, siano esse
manuali, meccanizzate o automatiche, anche in caso di avverse condizioni climatiche.
Nel contempo tutte le altre operazioni che vengono svolte nei piazzali devono
risultare ostacolate il meno possibile;
il tipo e le modalità di smaltimento: si possono adottare il conferimento in discariche
autorizzate, lo spandimento su terreno agricolo (qualora consentito), la combustione
per la produzione di energia termica o elettrica, il compostaggio, la digestione
anaerobica e l’avvio a produzioni di recupero economico (distillazione alcolica,
processi di sintesi chimica).
Le soluzioni possibili per lo smaltimento temporaneo dei rifiuti sono moltissime e farne un
resoconto completo sarebbe decisamente dispersivo. Ci si limita perciò, in questa sede, ad
alcune considerazioni suddivise in base al tipo di materiale:
i raspi e le vinacce esauste (nel caso di cantine con impianto di distillazione): sono
rifiuti prodotti esclusivamente nel breve periodo della vinificazione. Successivamente
ing. Maines Fernando
183
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
all’allontanamento (con tubazione e sistema aspirante, nastro trasportatore o
semplici cassoni da movimentare con carrelli elevatori o transpallet), raspi e vinacce
esauste possono essere raccolti direttamente sul mezzo di trasporto utilizzato per il
conferimento quotidiano (spandimento in campo o impianto di compostaggio) o in
apposite tramogge, poste in posizione sopraelevata, per il carico mediante gravità
dei mezzi di trasporto se la permanenza è di maggiore durata. Per periodi ancora più
lunghi o se il materiale è destinato alla combustione o, più semplicemente, allo
smaltimento in discarica, si può stoccare temporaneamente in silos orizzontali o su
semplici platee in cemento con cordolo perimetrale e pozzetti di raccolta per evitare
le percolazioni nel terreno causate dall’eventuale frazione liquida (soprattutto nel
caso di presenza di vinacce) o dalle precipitazioni (problema, quest’ultimo, comunque
eliminabile dalla presenza di una copertura);
le vinacce pressate (vergini o fermentate) la cui produzione è concentrata nei
periodi pressatura delle uve per i vini bianchi e di svinatura dei vini rossi. Sono
normalmente asportate dal reparto di provenienza mediante nastro trasportatore,
cassoni o eventualmente per gravità. Successivamente possono essere raccolte in
container o in tramogge sopraelevate per rendere più efficienti le operazioni di carico
e di trasporto. Nel caso di vinacce destinate alla produzione di distillati di qualità è
bene che i sistemi di stoccaggio adottati svolgano anche una azione, almeno parziale,
di protezione dall’aria per evitare le ossidazioni: ad esempio è frequente l’utilizzo di
cassoni fasciati con film plastico o sigillati con un telo ricoperto da uno strato di
sabbia. Meno efficienti risultano le soluzioni che prevedono lo stoccaggio su platea in
cemento o in silos a trincea che richiedono la presenza di mezzi meccanici per gestire
le movimentazioni, in particolare per il caricamento dei camion utilizzati per il
successivo conferimento agli impianti per il recupero dell’alcool o per lo smaltimento.
In ogni caso è opportuno proteggere il deposito temporaneo con un sistema di
copertura;
le fecce derivanti dalla sedimentazione dei mosti e dei vini. Sono destinate
principalmente, vista la composizione, la consistenza tendenzialmente liquida e
l’elevato potere inquinante, al conferimento in distilleria (per il recupero dell’alcool),
allo smaltimento presso depuratori o al recupero energetico in impianti per la
digestione anaerobica. Qualunque sia la metologia di evacuazione dai vasi vinari e
dalle botti ed il sistema di allontanamento dai reparti (per gravità o pompa e
tubazioni fisse o mobili), lo stoccaggio avviene in serbatoi a tenuta stagna (in acciaio
inox o PRFV) posti normalmente all’esterno della cantina o in vasche in cemento
armato disposte in modo da ridurre l’impatto sull’ambiente esterno e sullo
svolgimento delle attività di cantina (ad esempio poste al di sotto del livello del
ing. Maines Fernando
184
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
piazzale di conferimento) o per recuperare volumetrie interne altrimenti difficilmente
utilizzate;
i residui di filtrazione (pannelli e cartoni filtranti esausti): vengono prodotti in
particolare
durante
il
periodo
della
vinificazione
e
precedentemente
all’imbottigliamento. Provenienti generalmente da appositi punti di raccolta posti
all’interno della cantina, vengono stoccati in cassoni o container per il successivo
conferimento in discariche per rifiuti speciali da parte di ditte specializzate e abilitate
al trasporto;
per tutti gli altri rifiuti (speciali e non) si dovrà predisporre una area idonea ad
accogliere i contenitori specifici per la raccolta differenziata (vetro, carta e cartoni,
materiali plastici, confezioni di prodotti chimici e fitosanitari, …). In particolare per le
plastiche (contenitori in genere, film per imballaggi, interfalde, …) e per i cartoni
sussiste l’obbligo della raccolta separata e della consegna a operatori specializzati per
l’immissione nei processi di riciclaggio. Raccolti generalmente in appositi punti di
accumulo all’interno della cantina, vengono successivamente stoccati in container
differenziati dopo un eventuale passaggio in apposita pressa per la formazione di
balle.
3.13 L’area tecnico-amministrativa
Fanno parte di quest’area funzionale il laboratorio d’analisi, l’insieme degli uffici
amministrativi, la sala di degustazione ed il punto vendita dei vini al dettaglio. Infatti questi
reparti, apparentemente così disomogenei, evidenziano ad un’attenta analisi diversi aspetti
comuni.
Innanzitutto si tratta di ambienti adibiti ad attività non direttamente partecipi al processo
enologico di trasformazione ma comunque ad esso connesse e che rappresentano importanti
funzioni di supporto per l’organizzazione dell’intera struttura operativa, per la comprensione ed
il controllo dell’evoluzione del processo produttivo e per la formulazione di un’efficace azione di
promozione rivolta al pubblico ed agli operatori di mercato.
Un secondo elemento che accomuna questi reparti è l’intenso scambio reciproco di
informazioni ben più significativo dei trasferimenti di prodotti con i reparti operativi (vino
confezionato e/o sfuso, campioni da analizzare, …); l’adozione di strumenti informatici connessi
in rete consente ormai una trasmissione efficiente e sicura di tutti i dati anche fra reparti posti
in differenti edifici.
Ma l’elemento che maggiormente giustifica la scelta di localizzare questi ambienti in spazi
adiacenti (sullo stesso piano, nella stessa ala della cantina o, persino, in un edificio riservato),
ing. Maines Fernando
185
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
è l’uniformità dei fabbisogni in termini di condizioni ambientali. Si tratta infatti di reparti dove
gli operatori svolgono mansioni diverse ma comunque caratterizzate da un ridotto livello di
attività fisica (con lunghi periodi di lavoro sedentario) e da un alto indice di attenzione
richiesta. La necessità di assicurare alti livelli di comfort è determinata soprattutto dal fatto che
l’area tecnico-amministrativa rappresenta il principale polo di accoglienza dei visitatori, di
ospiti, dei clienti o degli operatori del settore.
Questi i parametri sui quali è necessario intervenire:
il mantenimento nei rispettivi intervalli del benessere, riferiti ad attività di tipo
sedentario, dei valori della temperatura (17,5 ÷ 22 °C in inverno e 19 ÷ 24 °C in
estate) e dell’umidità relativa (compresa fra 30 e 70 %); le modalità di intervento e
la tipologia impiantistica devono essere valutate in funzione del livello di occupazione
degli ambienti (numero di presenze, indice di continuità nel corso della giornata e
dell’anno). Ad esempio nel caso delle piccole cantine dove tali ambienti vengono
utilizzati in modo discontinuo o occasionalmente, gli investimenti per l’acquisto,
l’installazione e le spese di manutenzione e di gestione di un impianto di
condizionamento sono difficilmente giustificabili da un punto di vista economico;
il controllo della velocità dell’aria: i flussi di aria indotti da un sistema di
condizionamento o da eventuali dispositivi utilizzati per il ripristino della qualità
dell’aria (come nel caso dei laboratori), non devono superare i valori di 0,15 m/s in
corrispondenza delle temperature più fredde, mentre può assumere valori fino a 0,5
m/s nel caso di temperature oltre i 25 °C.
il livello di illuminazione: nel caso di attività associate a ridotti campi visivi come nel
caso di strumentazioni di laboratorio o del computer o laddove si richiede un alto
livello di attenzione, sono necessari elevati apporti luminosi. Dove è possibile, inoltre,
si deve privilegiare la luce naturale: le finestre e le vetrate interne saranno
dimensionate per assicurare il maggior apporto luminoso possibile, compatibilmente
con la valutazione dei flussi di calore in entrata (estate) ed in uscita (inverno), per
ridurre il più possibile il ricorso all’illuminazione artificiale. Riguardo a quest’ultima, si
deve indirizzare la scelta verso corpi illuminanti caratterizzati da rese cromatiche che
contrastino l’affaticamento visivo (sul mercato sono ormai facilmente reperibili
prodotti che associano a tali requisiti anche un ridotto consumo energetico). In ogni
caso è importante valutare la disposizione delle sorgenti di luce (naturale e/o
artificiale) in funzione della posizione delle postazioni di lavoro (banconi, scrivanie e
computer).
Laboratori, uffici, sala di degustazione e punto vendita si distinguono, inoltre, dal resto della
cantina anche per le caratteristiche degli impianti presenti, più assimilabili alle applicazioni in
edilizia abitativa o per attività del terziario. In particolare:
impianto termico con elementi radianti tradizionali (termosifoni) o a pavimento che
unisce ad un elevato comfort, il vantaggio di utilizzare acqua a bassa temperatura
(30 ÷ 40 °C) compatibili anche con le prestazioni dei pannelli solari;
ing. Maines Fernando
186
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
moduli di condizionamento per il raffrescamento estivo ed il controllo dell’umidità
dimensionati per operare su un singolo locale o su un ristretto numero di ambienti;
impianto elettrico con caratteristiche (relative ai materiali, ai dispositivi, alle modalità
costruttive, alla tensione, ai parametri di sicurezza, …) del tutto equivalenti ad
un’utenza domestica;
impianto telefonico con centrale in grado di gestire in modo efficiente, oltre alle
comunicazioni con l’esterno, anche quelle interne con i diversi reparti e con i telefoni
cellulari sempre più frequentemente dati in dotazione agli operatori;
sistema antintrusione;
dispositivi per la segnalazione della presenza di fumo o di fiamme e per lo
spegnimento di incendi (estintori ed erogatori con manichetta o a sprinckler);
rete per il collegamento dei dispositivi informatici posti nei diversi reparti della
cantina (stazione di conferimento, magazzino prodotti finiti, punto vendita, ufficio
spedizioni, laboratorio d’analisi, …); è così possibile condividere le risorse hardware
(sistemi di elaborazione, memorie, stampanti, …), ma soprattutto la condivisione dei
dati permette una gestione più efficiente (si evitano ridondanze e incongruenze) e
sicura delle informazioni.
3.13.1 Il laboratorio di analisi
L’enologo nel definire le modalità operative per gli interventi di routine o per quelli
straordinari in risposta a situazioni contingenti opera, prima di tutto, in base alla propria
esperienza e alla propria impostazione professionale. Ma per individuare il corretto momento di
intervento e per determinare gli elementi quantitativamente significativi, si devono adottare
criteri oggettivi, ora ancor più necessari con l’introduzione delle certificazioni di qualità, dei
disciplinari e delle normative legate al concetto di rintracciabilità nelle filiere produttive. Per
questo è essenziale sottoporre l’uva, il mosto ed il vino ad analisi fisiche, chimiche, oltre
naturalmente a quelle organolettiche, nel corso dell’intero processo di trasformazione per poter
conoscere le effettive caratteristiche delle materie prime e per poter seguire costantemente
l’evoluzione nel tempo dei diversi prodotti.
Le analisi che si possono eseguire sono molte e si differenziano per il momento di
effettuazione, per la frequenza con cui si devono ripetere e per la complessità esecutiva,
definita in base alle competenze professionali necessarie ed alla strumentazione richiesta. Ecco
un elenco delle determinazioni più utilizzate:
densità relativa e densità del distillato alcolico;
densità ottica 420, 520 e 620;
ing. Maines Fernando
187
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
grado alcolico;
estratto secco totale;
zuccheri riduttori, zuccheri totali e saccarosio;
estratto secco netto;
acidità reale (pH), acidità titolabile, acidità volatile lorda, acidità volatile netta e
acidità fissa;
anidride solforosa libera, anidride solforosa totale e anidride solforosa combinata;
ceneri e alcalinità delle ceneri;
numero di formolo;
acido tartarico, acido malico, acido citrico e acido lattico;
potassio e ferro;
indice di polifenoli totali U.V.;
catechine;
determinazione delle presenze microbiologiche (lieviti, batteri acetici, …);
esame organolettico.
La presenza di un laboratorio d’analisi risulta perciò essenziale per consentire almeno lo
svolgimento delle determinazioni più semplici e significative (alcune delle quali, peraltro,
possono essere svolte automaticamente da apposite apparecchiature nel corso del
conferimento), mentre per analisi più complesse, ci si può rivolgere a laboratori specializzati
esterni o ad istituzioni pubbliche (come l’Istituto Agrario di San Michele).
All’aumentare del numero di determinazioni necessarie, come nel caso di cantine mediograndi, diventa opportuno inserire in organico figure professionali in possesso delle
competenze necessarie a svolgere tutte le analisi previste e per gestire laboratori di
corrispondente potenzialità. Si può giungere, laddove siano possibili elevati investimenti, alla
creazione di veri e propri centri di ricerca con rilevanti strutture organizzative in termini di
personale e di dotazioni strumentali in grado non solo di soddisfare le esigenze legate allo
svolgimento del processo produttivo, ma anche di sviluppare studi per il miglioramento
qualitativo delle uve e dei vini e per lo sviluppo e la verifica di nuove pratiche enologiche e di
nuovi prodotti.
In generale si dovrà destinare a laboratorio uno o più locali esclusivamente dedicati, protetti
da interferenze ed azioni di disturbo provenienti da altri reparti, organizzati e strutturati
secondo i seguenti criteri:
per una collocazione ottimale all’interno della cantina si deve tener conto delle
affinità, di carattere ambientale e logistico, che accomunano come si è già detto, il
laboratorio con i locali dedicati all’attività amministrativa e di accoglienza, ma anche
dei molti contatti, da un punto di vista funzionale, con i reparti operativi dai quali
provengono i campioni da analizzare;
si devono dimensionare gli spazi in base alle attrezzature presenti, alle
strumentazioni ed al numero di operatori e, conseguentemente, delle postazioni di
lavoro. Nel caso di strutture complesse si può organizzare il laboratorio in più locali,
ing. Maines Fernando
188
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
ciascuno con compiti specifici (esecuzione analisi, ufficio, archivio dati, magazzino
attrezzature, magazzino materiali di consumo, …);
per pavimenti, pareti e banconi di lavoro si devono adottare rivestimenti ad alta
inerzia chimica e ad alta pulibilità (ad esempio piastrelle in gres, resine epossidiche)
a causa della presenza di reagenti chimicamente aggressivi e della necessità di
assicurare una efficace rimozione di possibili fonti di contaminazione;
le condizioni ambientali, oltre a garantire elevati standard di comfort per gli operatori
devono assicurare l’assenza di azioni perturbanti o di possibili contaminanti in grado
di influire sul corretto svolgimento delle analisi. In particolare si deve controllare la
temperatura (variazioni eccessive possono determinare variazioni di volume
significative nella vetreria di precisione) e, mediante una efficace ventilazione o con il
condizionamento, il tasso di umidità relativa per evitare ambienti troppo secchi (e
perciò polverosi) o troppo umidi che potrebbero indurre fenomeni di condense
particolarmente pericolose per gli strumenti più sofisticati;
la dotazione di impianti di base (termico o di condizionamento, sistema di
distribuzione dell’acqua calda, dell’acqua fredda ed eventualmente dell’aria
compressa, impianto elettrico e di illuminamento, impianto telefonico) è completata
da:
gli impianto per la distribuzione del gas (metano o GPL) per alimentare i becchi
bunsen e di eventuali altri gas tecnici per lo svolgimento di particolari analisi;
i dispositivi per assicurare l’aspirazione dei prodotti di combustione e di eventuali
residui gassosi o polverulenti derivanti dalla manipolazione delle sostanze chimiche o
dalle reazioni chimiche svolte.
Gli elementi evidenziati attraverso l’analisi ambientale e del fabbisogno impiantistico devono
essere integrate con tutti gli elementi connessi al rispetto delle molte prescrizioni derivanti
dalla specifica normativa. Molte sono le implicazioni da considerare per giungere ad una
corretta organizzazione degli spazi e delle postazioni di lavoro e per la scelta degli elementi
d’uso e d’arredo (banconi, armadi per vetreria, deposito dei contenitori utilizzati per la raccolta
dei campioni, armadi per prodotti chimici e reagenti, armadi per le strumentazioni, frigoriferi,
forno, scrivanie, librerie, …). In particolare il progettista deve prendere in considerazione i
seguenti aspetti:
la necessità di racchiudere i prodotti chimici in armadi metallici destinandone almeno
uno agli acidi ed uno alle basi. Dovranno inoltre essere dotati di impianto di
aspirazione, munito di elettroventola con sfiato all’esterno del laboratorio, vasca di
contenimento per l’eventuale fuoriuscita di prodotti, chiusura a chiave e segnaletica
adesiva riportante i simboli del caso come i seguenti:
eventuali prodotti combustibili dovranno essere separati dai prodotti comburenti e
racchiusi in apposito armadio metallico anch’esso dotato di impianto di aspirazione
munito di elettroventola con sfiato all’esterno del laboratorio. Sull’esterno
dell’armadio dovrà essere affissa la segnaletica riportante il seguente simbolo:
l’obbligo di installare una cappa aspirante nel laboratorio dove effettuare le
operazioni che sviluppano fumi, vapori, odori o simili. La velocità e la portata dell’aria
aspirata dalla cappa devono essere sufficienti a catturare gli inquinanti; in particolare
ing. Maines Fernando
189
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
la velocità di cattura per i vapori, evaporazioni di solventi e simili dovrà essere
compresa tra 0,25 e 0,50 m/s. La velocità dell’aria consigliata all’interno dei condotti
di aspirazione deve essere compresa tra i 7 ed i 10 m/s ed è opportuno che la cappa
garantisca almeno i 3 ricambi all’ora. La cappa aspirante deve essere strutturata in
modo da confinare il più possibile lo spazio di lavoro, mentre l’effetto aspirante viene
attivato all’apertura dello sportello d’accesso e proseguire, con minore intensità,
anche dopo la sua chiusura;
è consigliata la presenza di una doccia d’emergenza con comando di apertura rapido
(in tal caso di deve predisporre un idoneo sistema per l’intercettazione e lo scarico
dell’acqua), mentre è obbligatoria l’installazione di una doccia lava occhi in posizione
facilmente raggiungibile e segnalata con il seguente cartello:
l’impianto elettrico del laboratorio dovrà essere dotato di pulsante di sgancio
d’emergenza della corrente elettrica;
la presenza di becchi bunsen richiede la predisposizione di una o più aperture di
ventilazione permanente verso l’esterno con i seguenti requisiti:
o
avere complessivamente una sezione libera di 5,16 cm2 per ogni kW (6 cm2
per ogni 1.000 kcal/h) di portata termica degli apparecchi, con un minimo di
100 cm2;
o
se praticate nelle pareti, devono essere protette con griglia, rete metallica, o
altri sistemi con una sezione libera netta superiore ai limiti fissati nel punto
precedente;
o
essere praticate preferibilmente nella parte bassa della parete esterna o
delle eventuali portefinestre;
Qualora siano realizzate nella parte alta delle pareti o degli infissi (finestre, porte,
cassonetti di serrande avvolgibili e simili), le sezioni libere devono essere maggiorate
del 50 %, cioè 7,74 cm2 per ogni kW (9 cm2 per ogni 1.000 kcal/h) con un minimo di
150 cm2.
Se i bunsen non sono collegati ad un condotto di evacuazione dei prodotti della
combustione, devono essere presenti due aperture, verso l’esterno, ciascuna di
sezione minima di 100 cm2, una in posizione bassa, per la ventilazione, l’altra in
posizione alta per l’aerazione, con le seguenti caratteristiche:
portata termica complessiva degli
apparecchi
fino a 16.670 kcal/h
da 16.670 kcal/h a 25.000 kcal/h
da 25.000 kcal/h a 30.000 kcal/h
ubicazione delle aperture
in basso (cm2)
(in alto cm2)
100
150
150
225
180
270
Qualora i bunsen fossero privi della cappa per lo scarico dei prodotti della
combustione, l’aerazione del locale si ritiene soddisfatta in presenza di almeno uno
dei seguenti requisiti:
o
un elettroventilatore (estrattore) applicato alla parete esterna o alla finestra,
oppure collegato ad un apposito condotto di scarico verso l’esterno, da
mettere in funzione durante tutto il tempo di funzionamento dei bunsen; in
questo caso devono essere rispettate le seguenti condizioni:
il ventilatore non può tassativamente essere collegato a canne
fumarie destinate allo scarico di apparecchi diversi, quali caldaie,
scaldabagni e stufe anche se installati su altri piani;
nel locale non vi deve essere alcun condotto di scarico funzionante o
fuori servizio, a meno che non sia tappato o sigillato;
ing. Maines Fernando
190
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
l’elettroventilatore deve avere una portata di aria di almeno 2 m3/h
ogni 1.000 kcal/h di portata termica installata.
o
la presenza di un apposito foro, verso l’esterno, nella parte alta della parete
o dell’infisso con una superficie netta non minore di 100 cm2, superficie che
non concorre al calcolo della superficie di ventilazione prevista per il
funzionamento dei bunsen.
i dispositivi di protezione individuale (occhiali con protezione laterale, schermo di
protezione per il viso, guanti di protezione antiacido, guanti di protezione anticalore,
confezione guanti usa e getta, grembiule di protezione, …) devono essere custoditi in
appositi armadi e alla parete del laboratorio si dovrà affiggere la cartellonistica di
prescrizione prevista:
si deve assicurare lo spazio necessario per effettuare lo smaltimento differenziato dei
rifiuti, dei residui, dei recipienti vuoti e delle sostanze scadute. I contenitori dei rifiuti
speciali devono essere conservati all’esterno del luogo di lavoro. Tale spazio dovrà
essere dotato di vasca di contenimento per contenere gli spandimenti e dovrà essere
adeguatamente protetto contro gli agenti atmosferici. La vasca di contenimento
dovrà essere dimensionata conformemente ai seguenti principi:
o
in presenza di un unico serbatoio di stoccaggio, la vasca di contenimento
dovrà essere di volume pari al volume del serbatoio;
o
in presenza di più serbatoi stoccati in unica vasca di contenimento, il volume
della vasca deve essere di capacità pari alla terza parte di quella
complessiva effettiva dei serbatoi depositati nella vasca e, in ogni caso, di
capacità almeno uguale a quella del serbatoio di dimensioni maggiori.
all’interno del laboratorio è necessaria la presenza di un pacchetto di medicazione
contenente i presidi sanitari previsti per legge.
3.13.2 Gli uffici
Vi sono aspetti connessi alla gestione di una cantina del tutto estranei alla viticoltura ed
all’enologia, caratteristici invece di ambiti diversi come quello finanziario, commerciale, fiscale,
amministrativo e burocratico. Difficilmente l’imprenditore potrà seguire da solo i contatti con le
ing. Maines Fernando
191
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
banche, la dichiarazione dei redditi, l’aggiornamento dei registri di cantina, la compilazione e la
registrazione delle fatture, i pagamenti IVA, il calcolo delle buste paga, la ricerca ed i contatti
con i clienti, la preparazione dei documenti per il conferimento dei rifiuti speciali, la stesura
della documentazione per la sicurezza e dell’HACCP, …, solo per fare qualche esempio. In tal
caso dovrà avvalersi della collaborazione di uno o più dipendenti qualificati oppure rivolgersi a
professionisti o a consulenti esterni, specializzati nei diversi ambiti (commercialisti,
rappresentanti commerciali, tecnici, …) non disponendo necessariamente di tutte le
competenze richieste e tanto meno del molto tempo che queste attività richiedono.
Indipendentemente da ciò, in cantina è indispensabile la presenza di un ambiente dedicato
allo svolgimento di attività amministrative e per la conservazione della documentazione
prevista dalle diverse normative (fiscale, tecnica, sicurezza, …). All’aumentare della dimensione
della cantina e dell’entità delle produzioni diventa progressivamente più complesso l’insieme
delle attività connesse con la gestione (alle normali attività amministrative e finanziarie si
aggiungono quelle per la direzione ed il coordinamento, le attività di rappresentanza, per le
relazioni pubbliche e per quelle interne) e, di conseguenza, anche la struttura organizzativa e
l’organigramma del personale connesso a tali funzioni. Di pari passo cresceranno anche gli
spazi da destinare ad accogliere l’attività amministrativa (uffici, sala riunioni, archivio, servizi,
…) in numero e dimensioni da determinarsi in base alle funzioni da svolgere ed alle figure
professionali presenti, alle relative mansioni e al ruolo ricoperto nella struttura organizzativa.
Per strutturare i diversi ambienti, in sostituzione alle classiche pareti in muratura, si
possono adottare pareti mobili costituite da elementi prefabbricati (in legno, materiali plastici e
vetro), velocemente riassemblabili secondo nuove configurazioni in risposta a mutate esigenze
organizzative o di spazio. La flessibilità di tali sistemi è ulteriormente accentuata dalla
possibilità di poter accogliere, in appositi cavedi, le tubazioni ed i dispositivi di diversi impianti
(elettrico, telefonico, rete informatica, idrico, …) e di abbinare anche moduli con funzione di
arredo (armadi, cassettiere, librerie, …).
La flessibilità, tuttavia, è significativa solo se risulta associata alla funzionalità. Quest’ultima
dipende in primo luogo dal livello di comfort, relativamente al quale, come già si è visto,
giocano un ruolo fondamentale la temperatura, l’umidità relativa ambientale, la velocità
dell’aria di ventilazione ed una efficace illuminazione. Tutto ciò rientra in un ambito più
generale relativo allo studio dell’ergonomia dell’intero ambiente di lavoro che prende in
considerazioni tutti gli elementi (ambientali, architettonici, strumentali, …) che influiscono
sull’efficienza e sulla funzionalità dell’attività svolta dall’operatore con particolare riguardo alla
corretta disposizione delle postazioni di lavoro e delle attrezzature (scrivanie, computer,
stampanti, fotocopiatrici, ...). Nulla deve essere trascurato, persino aspetti apparentemente
marginali quali i materiali ed il design degli elementi di arredo, la presenza di piante
ornamentali, il disturbo causato da rumori di fondo provenienti da aree produttive, ecc.
Un particolare aspetto da non trascurare è dato dalla possibilità di subire perdite di
documenti o di informazioni archiviati su carta o su un supporto di altro tipo (magnetico o
ottico) a causa di incendio, di alluvione o di terremoto. Il locale utilizzato come archivio deve
ing. Maines Fernando
192
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
essere innanzitutto protetto da sistemi antincendio attivi e passivi e il materiale da proteggere
deve essere custodito in armadi costruiti con materiali e con caratteristiche tali da assicurare
un buona resistenza meccanica, al fuoco, all’acqua ed anche all’effrazione. In particolare per le
cantine edificate in aree soggette ad alluvioni si deve porre gli uffici ad un livello di sicurezza, a
partire almeno dal primo piano.
3.13.3 La sala di degustazione
Si deve innanzitutto distinguere fra le degustazioni che l’enologo esegue nel corso del
processo produttivo per controllare lo svolgimento dell’evoluzione del vino e le degustazioni per
presentare i prodotti della cantina agli operatori commerciali, a giornalisti, agli estimatori, ai
visitatori e ai clienti del punto vendita.
Diversi sono gli obiettivi nei due casi, così come saranno diversi i contesti nei quali si deve
operare.
Le degustazioni tecniche si possono effettuare negli stessi reparti di vinificazione, di
stoccaggio e di affinamento nel legno oppure, soprattutto nelle cantine con una struttura
organizzativa complessa, in un ambiente appositamente attrezzato per la raccolta dei campioni
e per l’esecuzione delle analisi organolettiche. In questo locale, che può coincidere con il
laboratorio, trovano posto i bicchieri ed il necessario per la loro pulizia, ma soprattutto in esso
è possibile creare le condizioni ambientali per eseguire l’assaggio nelle condizioni ideali.
Queste considerazioni si dimostrano ancora più pertinenti per la sala di degustazione
dedicata agli operatori del settore e ai visitatori, laddove è fondamentale verificare tutti gli
aspetti ambientali ed organizzativi che consentono all’ospite di seguire nel modo più proficuo la
presentazione dei diversi prodotti e di cogliere al meglio tutte le sensazioni visive, olfattive e
gustative trasmesse dal vino.
Si deve, in primo luogo, controllare le eventuali fonti di disturbo determinate principalmente
da rumori ed odori prodotti nel corso delle normali attività di cantina. Si eviterà, pertanto, la
presenza di accessi diretti verso reparti operativi in quanto rappresentano vie preferenziali sia
per le emissioni acustiche che per eventuali flussi di aria dalla composizione in qualche misura
compromessa. Anche una consistente presenza di legno (arredamento, pavimentazioni,
travature a vista del solaio, rivestimenti delle pareti), per quanto di notevole impatto estetico,
può determinare la presenza di emissioni odorose (tipiche di ciascuna essenza oppure dovute
alle sostanze utilizzate per i trattamenti superficiali o ancora legate alla naturale tendenza del
legno di assorbire nel tempo liquidi o odori dell’ambiente) comunque in grado di interferire e
disturbare la degustazione.
ing. Maines Fernando
193
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Una soluzione efficace consiste nell’assicurare una accurata ventilazione di tipo naturale
(quando le condizioni climatiche lo consentono) o artificiale grazie ad un impianto di
condizionamento in modo da escludere la possibilità di ristagni d’aria e di sgradevoli odori.
Per ridurre invece i livelli sonori provenienti dagli ambienti circostanti, si interviene con
l’adozione di materiali fonoisolanti per le pareti e di vetri doppi per le finestre. Un’ulteriore
aiuto può essere dato dalla presenza di un impianto per la diffusione di musica (di genere
adeguato) in sottofondo.
Per quel che riguarda l’illuminazione si deve privilegiare quella naturale, in quanto favorisce
un riscontro più oggettivo sul colore e più efficace sulla limpidezza; inoltre la presenza di
ampie finestrature e di vetrate opportunamente posizionate consente di creare, ove è
possibile, un collegamento visivo con elementi suggestivi del territorio circostante dal quale
trae origine il vino oppure con eventuali reparti significativi dal punto di vista architettonico o
impiantistico. L’illuminamento artificiale invece deve caratterizzarsi innanzitutto per una scelta
ed una disposizione dei corpi illuminanti in grado di assicurare nel contempo un adeguato
livello di illuminazione (senza indurre fenomeni di abbagliamento) e una valorizzazione degli
elementi architettonici e di arredo. Si deve inoltre adottare una resa cromatica corretta in
modo da non sfalsare la naturale colorazione del vino.
Alla sala di degustazione è frequentemente annesso un apposito locale dove conservare il
vino in condizioni ideali (frigoriferi con temperature differenziate per vini bianchi e vini rossi), e
dove è possibile prepararlo adeguatamente per la degustazione che richiede una corretta
temperatura e, specialmente per i vini rossi, una sufficiente esposizione all’aria. Vi troveranno
posto anche i bicchieri, i decanter, le “sputacchiere” e tutto il necessario per lo svolgimento
della degustazione, nonché dei lavandini ed una lavastoviglie per una corretta e veloce pulizia
di tutta l’attrezzatura.
I fabbisogni in termini di temperatura e di livello di illuminazione precedentemente
evidenziati, sembrano escludere la possibilità di allestire la sala di degustazione nell’area più
significativa dal punto di vista scenografico e cioè il reparto di affinamento nel legno dove,
generalmente, mancano fonti dirette di illuminazione naturale mentre quella artificiale ha
caratteristiche di intensità e resa cromatica non certo ideali per la valutazione del colore del
vino, e dove la temperatura ambientale viene mantenuta fra i 15 e i 17 °C. Ciò non esclude
comunque la possibilità di attrezzare l’eventuale bottaia “da visita” in modo da consentire lo
svolgimento di degustazioni di rappresentanza e dal contenuto meno tecnico.
Anche l’impostazione coreografica ed in particolare l’arredamento influisce sull’effettiva
fruibilità della sala di degustazione anche per quanto riguarda la scelta dei colori delle pareti,
dei pavimenti e degli elementi di arredo, per i quali sono da evitare tonalità troppo scure.
L’elemento fondamentale dell’arredo è il tavolo (o i tavolini), il cui numero, la forma (ideale è
ing. Maines Fernando
194
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
quella a ferro di cavallo), la dimensione e la disposizione devono favorire l’ascolto proficuo
della presentazione dei diversi vini. In base alle scelte architettoniche che contraddistinguono
l’intera cantina, si possono privilegiare elementi legati alla tradizione locale o, al contrario,
soluzioni innovative. In ogni caso si devono evitare gli eccessi, da sempre estranei alla cultura
enologica e del tutto fuori luogo per un ambiente dove ogni cosa deve invitare ad un
atteggiamento di attenzione e concentrazione per l’incontro con il vero protagonista della
degustazione: il vino.
3.13.4 Il punto vendita
Sempre più frequentemente in cantina viene allestito un punto vendita per commercializzare
i propri vini al dettaglio, in particolare nel caso di aziende inserite in itinerari turistici a
carattere eno-gastronomico o di cantine con una spiccata connotazione territoriale come le
cantine a carattere cooperativo.
A tale scopo viene destinato un ambiente dove, in generale, devono sommarsi le
caratteristiche di un esercizio commerciale e di un locale di accoglienza con la possibilità di
proporre degustazioni o, più semplicemente, degli assaggi. L’organizzazione degli spazi e delle
operazioni possono comunque variare notevolmente da caso a caso in funzione del target
produttivo della cantina ed, in particolare, dalle modalità di commercializzazione dei prodotti:
vino imbottigliato o confezionato in recipienti standard (bottiglie, damigiane, bag in box, …)
e/o vino sfuso da porre in contenitori di diversa capacità spesso portati dal cliente stesso.
Per il punto vendita si possono così individuare le seguenti aree funzionali:
la zona di esposizione dove si presentano i diversi vini della cantina (ai quali, sempre
più frequentemente, si associano altri prodotti tipici locali, testimonianze della
tradizione agricola e dell’artigianato, opere artistiche legate al territorio, …). Si deve
calibrare con sapienza e competenza l’uso degli elementi d’arredo, dei materiali e
delle fonti di illuminazione, nell’intento di creare un ambiente in grado di
rappresentare in modo autentico e significativo l’immagine della cantina e della sua
tradizione enologica;
un’area riservata agli assaggi che può essere costituita semplicemente da un
bancone dove il visitatore può degustare i vini proposti. Vi devono trovare spazio
anche gli scaffali o gli armadietti per i bicchieri, il frigorifero per il mantenimento
delle bottiglie alla corretta temperatura e tutto il necessario per le operazioni di
pulizia. Per tutti questi elementi, nel caso piuttosto frequente di adiacenza con la sala
di degustazione, si potrà utilizzare un unico locale in comune appositamente
predisposto, comunicante direttamente con entrambi gli ambienti;
un’area per la distribuzione del vino sfuso, per quelle cantine che adottano tale
strategia di commercializzazione, dove saranno presenti i sistemi di erogazione a
pistola. I serbatoi di alimentazione, generalmente del tipo sempre pieno oppure con
ing. Maines Fernando
195
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
colmatura ad azoto, saranno più convenientemente posti in un apposito locale
adiacente, rendendo così razionali ed efficaci sia le operazioni di pulizia che quelle di
rifornimento attraverso un sistema di tubazioni per la movimentazione del vino
direttamente dal reparto di stoccaggio e/o di finitura. L’erogazione (caratterizzata da
pressioni di 2 ÷ 3 atm e portate di 60 ÷ 70 L/min) viene quantificata da misuratori
volumetrici della portata e i relativi valori stampati o trasmessi automaticamente alla
postazione di pagamento. Tutta l’area di distribuzione deve essere piastrellata o
comunque pavimentata con materiali facilmente lavabili ed inoltre dovranno essere
presenti idonee pendenze per far convergere i reflui dovuti alle perdite ed alle
operazioni di pulizia verso un sistema di canaline di raccolta e di pozzetti di
evacuazione;
un magazzino per lo stoccaggio di una adeguata quantità di vino confezionato e, nel
caso di vendita di vino sfuso, di contenitori vuoti (damigiane, taniche, …) riutilizzabili.
E’ opportuno che tale locale, che può coincidere con quello precedentemente
considerato per i serbatoi del vino sfuso, presenti un altro accesso, oltre a quello con
il punto vendita, opportunamente dimensionato per razionalizzare e facilitare le
operazioni di carico;
un’area per il pagamento del vino acquistato che può essere costituita da una
semplice cassa o, nel caso di punti vendita caratterizzati da una struttura complessa,
da un piccolo ufficio collegato all’area amministrativa mediante sistemi (lettori ottici
di codici a barre, …) in grado di aggiornare automaticamente i dati contabili e le
quantità di prodotto presente in magazzino.
Il punto vendita deve presentare un accesso diretto al piazzale di accoglimento, attraverso
una porta strutturata e dimensionata per permettere un comodo passaggio dei carrelli usati
per il trasporto delle confezioni e dei contenitori di vino acquistato. Si dovranno inoltre
minimizzare le distanze per raggiungere l’area destinata a parcheggio per favorire le operazioni
di trasporto e di carico del vino.
A tale riguardo si ricorda l’importanza di garantire una completa accessibilità per i disabili,
così come previsto dalla normativa per ambienti sede di attività aperte al pubblico. Questo
significa la necessità, come già visto all’inizio di questo capitolo, di intervenire su tutti gli
elementi che possono rappresentare una barriera architettonica. In particolare gli interventi
riguarderanno i parcheggi riservati (disposti e dimensionati opportunamente), le
pavimentazioni esterne ed interne, le rampe di accesso in presenza di eventuali dislivelli, le
dimensioni e le modalità di apertura delle porte, i percorsi per la mobilità interna e la
possibilità di fruizione dei servizi (banco di degustazione, punto di pagamento, servizi igienici,
…).
ing. Maines Fernando
196
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
3.14 I servizi igienico sanitari
La normativa (in particolare il D.P.R. 19 marzo 1956 n. 303 – “Norme generali per l’igiene
del lavoro” ora inserito nel Testo unico D. Lgs, del 9 aprile 2008 n° 81) stabilisce l’obbligo di
predisporre servizi igienico sanitari anche per le cantine dove, vista la presenza di attività
insudicianti, si deve dare la possibilità agli operatori di usufruire dei seguenti accessori:
spogliatoi: devono essere messi a disposizione degli operatori appositi locali di
dimensioni sufficienti, arredati con panche ed armadietti (uno per ogni lavoratore) a
doppio scomparto e distinti per sesso; nelle aziende che occupano fino a 5 dipendenti
lo spogliatoio può essere unico ed utilizzato secondo opportuni turni prestabiliti. I
locali inoltre dovranno essere riscaldati durante la stagione fredda, aerati, illuminati,
intonacati, tinteggiati adeguatamente e ubicati vicino ai locali di lavoro;
docce: gli spogliatoi dovranno essere corredati di un locale adibito a doccia (almeno
una ogni 20 ÷ 25 addetti) alimentata da acqua calda e fredda. I pavimenti e le pareti
di detto locale devono essere facilmente lavabili;
servizi igienici: vicino agli spogliatoi, alle docce ed all’eventuale locale di riposo,
dovranno essere messi a disposizione degli operatori gabinetti e lavabi, separati per
maschi e femmine se gli addetti superano le 10 unità, con acqua corrente calda e
fredda e dotati di detergenti e di sistemi per asciugarsi nelle tipologie previste dalla
normativa (dispensatori di sapone monodose, salviette usa e getta, …). Il numero di
servizi igienici deve essere proporzionato al numero di addetti (almeno uno ogni 30)
ubicati presso la cantina o in un fabbricato adiacente, disposti in funzione della
distribuzione degli edifici e della loro suddivisione operativa (ad esempio è opportuno
allestire servizi igienici riservati al personale amministrativo). Dovranno presentare:
suddivisione in locale bagno e locale antibagno;
sistema di illuminazione e di aerazione diretta attraverso una finestra di almeno 0,5
m2 o forzata mediante un ventilatore ad aspirazione con almeno 15 ricambi/ora e con
temporizzatore, sia per il bagno che per l’antibagno;
pavimentazione e rivestimento con materiale impermeabile fino a 2 metri dal
pavimento;
lavabi corredati da comando non manuale per l’erogazione dell’acqua;
la porta di comunicazione dell’antibagno che si dovesse aprire su altri locali dovrà
essere dotata di dispositivo per la chiusura automatica;
nel caso di aree o reparti aperti al pubblico, i relativi servizi igienici devono essere
progettati ed realizzati in assenza di barriere architettoniche e tali da essere
facilmente utilizzati da persone disabili (D.M. del 14.06.1989 n. 236 artt. 4.1.6.;
8.1.6.).
refettorio: poiché la normativa vieta di consumare pasti nel luogo di lavoro, se gli
addetti che rimangono sul posto di lavoro durante gli intervalli superano le 30 unità,
ing. Maines Fernando
197
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
si dovrà eventualmente predisporre un locale da utilizzarsi come refettorio, arredato
di sedili e tavoli, aerato, illuminato e riscaldato durante la stagione fredda. In ogni
caso si deve dare la possibilità di conservare in luogo adatto le vivande, di riscaldarle
e di lavare i recipienti;
presidio sanitario: in base al D.M. del 28.7.1958 – “Integrazioni sui presidi chirurgici
e farmaceutici aziendali” – ed alla successiva normativa sulla sicurezza, anche le
cantine, come ogni luogo di lavoro, deve dotarsi di presidi sanitari la cui consistenza
dipende dal numero di addetti (più o meno di 5, più o meno di 50), dalla gravità dei
rischi (ad esempio asfissia o scoppi) e dalla distanza da un centro abitato con posto
pubblico di pronto soccorso. Nella maggior parte dei casi la cantina può esser
semplicemente dotata di cassetta di pronto soccorso o di pacchetto di medicazione, il
cui contenuti sono specificati dal decreto ministeriale sopracitato. Difficilmente,
invece, vi sono gli estremi per dover prevedere una camera di medicazione che deve
essere posta in un ambiente aerato, illuminato e riscaldato, munito di lettino di
pronto soccorso, acqua potabile, medicinali ed attrezzature medico-sanitarie.
3.15 Le centrali tecniche
Diversi impianti richiedono appositi spazi per assicurare una strutturazione razionale, una
appropriata installazione, un corretto funzionamento ed un utilizzo in sicurezza.
E’ questo il caso degli impianti per la produzione di acqua calda o di vapore, di aria
compressa, di azoto, di ozono, di fluidi refrigeranti o dell’impianto di trasformazione della
tensione elettrica. Sono tutti sistemi accomunati dall’esigenza di distribuire i fluidi elaborati (o
la corrente trasformata) ai diversi reparti utilizzatori della cantina. Risulta, perciò, essenziale
una attenta valutazione della localizzazione delle diverse centrali tecniche che tenga conto dei
seguenti aspetti:
l’importanza di rendere minima la lunghezza delle tubazioni per la distribuzione al
fine di ridurre i costi di impianto, di contenere le dissipazioni di energia, le dispersioni
termiche e per distribuire uniformemente le perdite di carico (resistenze);
la necessità di assicurare adeguati parametri di sicurezza, in particolare rispetto ai
rischi di incendio. A tale riguardo è opportuno adottare pareti e porte di accesso con
idonea resistenza al fuoco (REI 120) anche laddove non sia espressamente richiesto
dalla normativa. Inoltre si deve garantire una corretta ventilazione naturale
attraverso apposite aperture di aerazione oppure, nei casi consentiti, mediante un
sistema di ventilazione forzata, soprattutto dove maggiori sono i rischi per la
presenza di gas tossici (ad esempio l’ammoniaca di un impianto di refrigerazione);
l’analisi dell’incompatibilità fra i diversi impianti, che può derivare delle prescrizioni
fissate dalla normativa (come nel caso delle centrali termiche o delle centraline di
trasformazione della tensione elettrica), da esigenze organizzative specifiche legate
ing. Maines Fernando
198
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
alla strutturazione della cantina, alle dimensioni degli impianti, al numero e alla
disposizione reciproca degli edifici o alle modalità esecutive del processo operativo e
delle attività connesse (manutenzioni,…) o da particolari condizioni ambientali (come
la situazione urbanistica delle aree limitrofe) che dovessero determinare specifici
vincoli. Tutto ciò rende poco significativa la formulazione di soluzioni di validità
generale.
Una possibile suddivisione, dal valore puramente indicativo ed esemplificativo è la seguente:
la centrale termica dove alloggiare la caldaia per la produzione di vapore e/o di
acqua calda utilizzata per il riscaldamento ambientale, per il riscaldamento dei
serbatoi e per l’acqua sanitaria. Nel medesimo ambiente possono trovar posto anche
gli scambiatori per riscaldare i diversi fluidi vettori o il dispositivo per l’addolcimento
dell’acqua;
la centralina di trasformazione nel caso di utenze alimentate in media tensione;
il locale dove concentrare i seguenti dispositivi e impianti:
o
la centrale frigorifera per il raffreddamento dei fluidi utilizzati per il
condizionamento dei serbatoi o per quei trattamenti individuati dall’analisi
funzionale che utilizzano tecniche a freddo (criomacerazione di uve e del
pigiato, decantazione statica a freddo del mosto, stabilizzazione tartarica a
freddo del vino, …);
o
l’impianto per la produzione dell’aria compressa;
o
il generatore di azoto ed il relativo serbatoio;
o
le pompe e l’autoclave per la messa in pressione dell’acqua dell’impianto
idrico nel caso di prelievo da pozzo o di acquedotto non in grado di
assicurare portate e pressioni costanti nel tempo;
o
il generatore di ozono ed il miscelatore per il dosaggio nel flusso dell’acqua.
(N.B.: per una descrizione più esaustiva delle diverse attrezzature e dei dispositivi utilizzati,
si rimanda allo specifico capitolo.)
Gli accessi, dimensionati per consentire il passaggio dei diversi componenti in fase di
montaggio e delle attrezzature per le operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria,
devono essere muniti di sistema di chiusura per impedire l’accesso alle persone non
autorizzate. A tale riguardo si deve anche disporre l’apposita cartellonistica con le indicazioni di
pericolo, dei DPI necessari e delle norme comportamentali da adottare. L’ingresso ai locali
rappresenta inoltre il punto ideale dove disporre un estintore, generalmente di tipo polivalente,
di capacità minima 6 kg, collocato in posizione sopraelevata rispetto al pavimento.
Inoltre si devono predisporre nelle murature i passaggi delle tubazioni di distribuzione dei
fluidi. Normalmente sono posti in alto appena al di sotto del soffitto dove meno sono di
ingombro alle attività produttive, minori sono le conseguenze indotte dagli interventi di
manutenzione, di verifica e di risoluzione di guasti e malfunzionamenti.
3.15.1 La centrale termica
ing. Maines Fernando
199
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
Questo locale ospita il generatore di calore, il bruciatore, le pompe di circolazione e i
dispositivi di regolazione, di comando e di sicurezza.
Le caratteristiche costruttive della centrale termica (C.T.), unico aspetto che esamineremo
in questa sede, sono definiti dalla normativa specifica che si differenzia, prima di tutto, in base
al tipo di combustibile utilizzato e alla potenza termica dell’impianto:
potenza superiore ai 35 kW (30.000 kcal/h):
o
caldaie a gasolio (o a biomasse):
Legge n. 615/1966 – Provvedimento contro l’inquinamento
atmosferico;
Circolare del 25 novembre 1969 n. 68;
Circolare del 29 luglio 1971 n. 73 per impianti a gasolio.
o
ldaie a gas metano o a G.P.L.:
Decreto Ministeriale del 12 aprile 1996 n. 74.
per caldaie di potenzialità inferiore a 30 kW:
o
legge 46/1990 che ha introdotto l’obbligo di esecuzione e di collaudo da
parte di tecnici abilitati;
o
norma UNI-CIG 7129/1992.
Gli elementi significativi in sede di progettazione sono:
1. l’ubicazione:
una corretta scelta per l’ubicazione della C.T. può direttamente influire sul buon
funzionamento dell’impianto; in particolare una posizione baricentrica della centrale
termica rispetto ai reparti utilizzatori consente di ridurre le dispersioni termiche e di
distribuire uniformemente le perdite di carico;
le caldaie a gasolio si collocano sempre a livello inferiore o corrispondente a quello
del terreno, per favorire il moto convettivo dell’acqua e dove è più semplice gestire le
operazioni di installazione e di rifornimento; le caldaie a metano, per motivi di
sicurezza possono essere posizionate all’aperto (Titolo II artt. 2.1 e 2.2 del D.M
12.04.96), o all’interno di locali (Titolo III) inseriti nella volumetria del fabbricato
servito (anche in un vano sottotetto) purché il piano di calpestio non si trovi ad una
quota inferiore a –5 m dal piano di riferimento (generalmente il piano di campagna);
le centrali termiche alimentate a G.P.L. invece non possono essere ubicate in locali
che si trovano a quota inferiore a quella di campagna (Titolo IV artt. 4.1.1 e 4.2.1);
è necessaria la presenza di almeno una parete attestata verso spazi a cielo libero
(strada, cortile, giardino) oppure su un’intercapedine grigliata superiormente; si può
considerare spazio a cielo libero anche lo spazio antistante ad una parete con aggetti
(balcone o terrazza), con un rapporto tra l’altezza h e la sporgenza s maggiore di 2;
se lo spazio a cielo libero è un cortile chiuso, la larghezza minima tra le pareti
prospicienti deve essere almeno di 3,5 m e la superficie in metri quadrati deve
essere maggiore del valore ottenuto moltiplicando per 3 l’altezza del muro o
dell’edificio più basso che delimita il cortile stesso;
ing. Maines Fernando
200
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
nelle centrali termiche poste a quota inferiore rispetto al piano di campagna si deve
assicurare la presenza di un’intercapedine ad esclusivo esercizio del locale caldaia;
l’intercapedine deve avere una larghezza minima di 60 cm, profondità pari ad almeno
1 m misurato dall’intradosso della soletta e, al piano grigliato, deve essere presente
una sezione netta non inferiore ad una volta e mezzo la superficie di aerazione del
locale stesso; in presenza invece di terrapieno il dislivello fra la quota del piano di
campagna ed il soffitto del locale deve essere almeno di 60 cm, in modo da potervi
aprire una finestra di altezza non inferiore a 50 cm.
2. le dimensioni:
la superficie del locale caldaia non può essere inferiore a 6 m2;
l’altezza:
o
per caldaie a gasolio: non inferiore a 2,5 m;
o
per caldaie a gas: l’altezza minima dipende dalla portata termica
complessiva:
2,00 m per portate < 116 kW;
2,30 m per portate comprese fra 116 e 350 kW;
2,60 m per portate comprese fra 350 e 580 kW;
2,90 m per portate superiori a 580 kW.
tra la caldaia e le pareti deve esserci un passaggio netto maggiore di 60 cm mentre
sul lato del bruciatore deve essere maggiore di 1,0 o di 1,3 m, rispettivamente per le
caldaie a gasolio e quelle a gas. Per queste ultime (Titolo IV artt. 4.1.3. e 4.2.4.) le
distanze tra un qualsiasi punto esterno degli apparecchi e le pareti verticali e
orizzontali del locale, nonché le distanze fra gli apparecchi installati nello stesso
locale devono permettere l’accessibilità agli organi di regolazione, sicurezza, controllo
e manutenzione;
la distanza tra soffitto e parte superiore della caldaia non deve essere inferiore a 1
m; nelle caldaie con bollitore incorporato anche la distanza di questo dal soffitto non
deve essere inferiore a 1 m.
3. le aperture di aerazione: la centrale termica deve essere aerata direttamente
dall’esterno mediante uno o più aperture apposite per assicurare, non solo
l’evacuazione di eventuali gas fuoriusciti dall’impianto, ma anche il buon
funzionamento del processo di combustione. La superficie di aerazione deve rispettare
le seguenti regole:
ing. Maines Fernando
201
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
per centrali a gasolio deve corrispondere ad 1/30 della superficie in pianta della
centrale termica, con un minimo di:
o
0,5 m2 per potenzialità fino a 580 kW (500000 kcal/h);
o
0,75 m2 per potenzialità da 580 a 870 kW (500001 a 750000 kcal/h);
o
1 m2 per potenzialità da 870 a 1160 kW (750001 a 1000000 kcal/h).
per centrali a gas (Titolo IV artt. 4.1.2. e 4.2.3.):
o
la superficie libera minima è data da:
S (in cm2) = Q (portata termica in kW)*10 per locali fuori terra;
S = Q *15 per locali seminterrati ed interrati;
ciascuna apertura deve avere superficie superiore a 100 cm2;
la superficie totale non deve essere inferiore a 3000 cm2 per il
metano e a 5000 cm2 per il G.P.L.;
o
le aperture per le centrali a metano devono essere a filo della soletta; per gli
impianti a G.P.L. devono essere parte a filo soletta e parte a filo del piano di
calpestamento (almeno 2/3 della superficie), con un altezza minima di 0,2 m
e distare non meno di 2 m da cavità, depressioni o canalizzazioni drenanti
per portate termiche inferiori a 116 kW e 4,5 m per portate termiche
superiori.
è consentita la protezione delle aperture di aerazione con grigliati metallici, reti e/o
alette antipioggia a condizione che non venga ridotta la superficie netta di aerazione.
ing. Maines Fernando
202
Elementi per la progettazione di una cantina
le caratteristiche costruttive: la normativa riserva una particolare attenzione alle
caratteristiche strutturali che, innanzitutto, devono assicurare una resistenza di
reazione al fuoco non inferiore a 120 minuti. Per le centrali a gas con portata termica
complessiva inferiore a 116 kW è consentito che tali caratteristiche siano ridotte a R
60 e REI 60 (rispettivamente per strutture portanti e per quelle di separazione da
altri ambienti). Per le pareti e i solai si devono adottare materiali di classe 0 di
reazione al fuoco (materiali incombusti) con opportuni spessori, come riportato nella
seguente tabella:
Solai
Pareti
materiali impiegati
5.
I reparti
Laterizi pieni con intonaco normale
Laterizi pieni con intonaco isolante
Laterizi forati con intonaco normale
Laterizi forati con intonaco isolante
Calcestruzzo normale
Calcestruzzo leggero
Murature di pietrame
Soletta in cemento armato:
con intonaco normale spess. 2 cm
con intonaco isolante spess. 1,5 cm
Soletta in laterizio armato:
con intonaco normale spess. 2 cm
con intonaco isolante spess. 1,5 cm
Elementi in C.A. precompresso:
con intonaco normale spess. 1,5 cm
con intonaco isolante spess. 1,5 cm
spessore minimo
(cm)
(intonaco escluso)
26
16
30
14
12
10
40
20
16
30
24
30
24
l’accesso al locale:
la centrale termica deve essere accessibile direttamente dall’esterno, da strada
pubblica o privata scoperta, da porticati, da intercapedine antincendio di larghezza
non inferiore a 0,9 m o da disimpegno aerato (attestato verso spazio a cielo libero
con aperture prive di serramento di almeno 0,5 m2) aventi le stesse caratteristiche
strutturali e di aerazione delle centrali termiche; non deve invece avere aperture di
comunicazione con locali destinati ad altri usi, compresi i vani scala o i vani
montacarichi; per le caldaie a gas il disimpegno deve avere le seguenti
caratteristiche:
o
per portata termica non superiore di 116 kW:
resistenza al fuoco della struttura REI 30;
o
per portata termica maggiore di 116 kW:
superficie netta minima di 2 m2;
ing. Maines Fernando
203
Elementi per la progettazione di una cantina
6.
I reparti
resistenza al fuoco della struttura REI 60.
le porte d’accesso del locale e dell’eventuale disimpegno devono essere:
o
per caldaie a gasolio: incombustibili e resistenti al fuoco non meno di 90
minuti; devono inoltre essere munite di un dispositivo di autochiusura. La
soglia di accesso alla centrale caldaia deve essere rialzata di 20 cm dal
pavimento; quest’ultimo e le pareti, per un altezza pari a 20 cm, devono
essere impermeabile al liquido combustibile utilizzato;
o
per caldaie a gas (Titolo IV art. 4.2.5.): devono essere apribili verso
l’esterno (per portate termiche superiori a 116 kW) e munite di congegno di
autochiusura, di altezza minima di 2 m e larghezza minima di 0,6 m. Devono
possedere caratteristiche di resistenza al fuoco non inferiori a REI 60 o REI
30, rispettivamente per impianti di portata termica complessiva superiore e
inferiore a 116 kW; questo requisito non è necessario per gli accessi diretti
da spazio scoperto, purché la porta sia in materiale di classe 0 di reazione al
fuoco.
l’impianto elettrico: deve essere strutturato e realizzato per garantire la massima
sicurezza contro i cortocircuiti e il pericolo di esplosione secondo la legge n. 186 del 1
marzo 1968; deve essere attestata la conformità secondo le procedure della legge n.
46 del 5 marzo 1990. In questa sede ci limiteremo ad evidenziare agli elementi
essenziali:
l’interruttore generale relativo all’alimentazione principale sarà posto all’esterno delle
centrali in un’apposita custodia, per consentire di interrompere l’erogazione
dell’energia elettrica in tutta la centrale;
i quadri elettrici completi di spie ed interruttori per ciascuna funzione devono essere
alloggiati possibilmente nell’antilocale;
i cavi devono essere del tipo autoestinguente, opportunamente dimensionati in tubi
di acciaio zincato con giunzioni filettate (impianto stagno) o posti all’interno di
tubazioni in PVC pesante (non stagno) nel qual caso si devono rispettare i seguenti
vincoli:
o
impianto a gasolio: impianto elettrico posto ad un altezza superiore a 50 cm
dal pavimento;
o
impianto a metano: impianto elettrico posto ad un altezza inferiore a 50 cm
dal soffitto;
o
impianto a G.P.L.: impianto elettrico posto ad un altezza compresa tra 50 cm
dal pavimento e 50 cm sotto al soffitto.
gli involucri devono avere un grado di protezione IP 44 per gli impianti a gasolio e IP
54 per quelli a gas;
l’obbligo di mettere a terra tutte le strutture metalliche presenti (anche quelle
inaccessibili), che potrebbero essere messe in tensione e convogliare correnti di
guasto su altre strutture con formazione di scintille o surriscaldamento o che
potrebbero essere sede di scariche elettrostatiche. Si dovrà realizzare un unico
sistema di dispersori con conduttori di terra e di protezione separati dal neutro e con
pozzetti di accesso ai dispersori riempiti di sabbia.
ing. Maines Fernando
204
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
7.
l’evacuazione dei fumi: particolare importanza riveste la canna fumaria in quanto
deve assicurare una corretta evacuazione dei prodotti di combustione, possibilmente
in assenza di formazione di fuliggine. Tale scopo viene perseguito mediante la
corretta taratura del parametri di combustione, agendo sul bruciatore all’atto della
messa in funzione, o comunque con controlli a scadenze periodiche. Il camino deve
essere dimensionato secondo i criteri stabiliti dal D.P.R. n. 1391/70 art. 6, tenendo
conto della potenza termica dell’impianto e del tipo di combustibile impiegato e deve
essere costruito con materiali impermeabili ai gas e resistenti ai fumi e al calore. Gli
elementi costitutivi principali sono:
canna fumaria: si utilizzano, in particolare, elementi prefabbricati in acciaio inox o in
materiale refrattario. La canna fumaria deve essere circondata da una controcanna
coibentata, tale da formare un’intercapedine aperta alla sommità. Per assicurare una
sicura e costante evacuazione dei fumi, l’andamento della canna fumaria deve essere
il più possibile verticale. Il sistema di evacuazione dei fumi è completato dai seguenti
elementi:
o
una piastra di chiusura con funzione anche di fondazione;
o
la camera di raccolta e di ispezione: posta alla base del tratto verticale e
provvista di sportello di ispezione, raccoglie le particelle più pesanti dei
prodotti di combustione o le condense; deve essere dimensionata in funzione
della sezione e dell’altezza del tratto verticale e del tipo di combustibile:
sezione pari a 1,5 volte la sezione del tratto verticale;
altezza pari a 1/30 dell’altezza del tratto verticale per i combustibili
liquidi e 1/20 per combustibili solidi; l’altezza della camera non
potrà comunque essere minore di 0,5 m.
o
il canale da fumo per raccordare la canna fumaria con la caldaia. Si tratta di
un elemento in lamiera di acciaio, coibentato (la temperatura deve essere
minore di 50 °C), con sezione non inferiore e non superiore del 30% rispetto
a quella del camino e pendenza non inferiore al 5% (3% per combustibili
gassosi); l’angolo di raccordo non deve essere superiore a 45°. Sono
presenti due fori di 80 e 50 mm per le ispezioni, per misurare la temperatura
e la composizione dei fumi e per rendere più facili le periodiche operazioni di
pulizia; per potenzialità superiori (maggiori di 580 kW) i fori devono essere
presenti anche alla sommità del camino;
o
la bocca del camino: deve risultare 1 m più alta del colmo del tetto o di
qualunque ostacolo distante meno di 10 m per impianti a combustibile
liquido e di 8 m per impianti a gas. Allo scopo di evitare che il vento possa
creare zone di pressioni tali da prevalere sulla spinta ascensionale dei gas
ing. Maines Fernando
205
Elementi per la progettazione di una cantina
8.
I reparti
combusti, è necessario che gli orifizi dei comignoli sovrastino almeno di 0,40
m qualsiasi struttura adiacente al camino distante meno di 8 m (compreso il
colmo del tetto). Per garantire una sicura e costante evacuazione dei fumi ed
evitare ritorni d’aria verso il basso, si possono adottare aspiratori statici di
diversa tipologia e opportunamente posizionati;
o
negli impianti a combustibile gassoso, se la canna fumaria è disposta nei
muri esterni, deve essere collocata entro tubi di materiale analogo a quello
della muratura o in cemento e l’intercapedine sarà in comunicazione con
l’esterno solo per la parte terminale per evitare l’eccessivo raffreddamento;
o
nel caso, infine, di caldaie a flusso bilanciato (stagne) il camino è costituito
da due canne concentriche: la parte esterna è percorsa dall’aria di
alimentazione per la combustione, mentre la parte centrale serve per lo
smaltimento dei prodotti di combustione.
i serbatoi:
per il G.P.L. i utilizzano serbatoi in acciaio. In base al il D.M. 31 marzo 1984, i
possono adottare diverse collocazioni:
o
fuori terra con serbatoio posto su di un basamento in calcestruzzo di 10 ÷
15 cm con dimensioni in funzione del tipo e della capacità del serbatoio,
circondato da una rete metallica alta 1,8 m con cancello apribile verso
l’esterno.
o
interrati (obbligatorio in provincia di Trento) con ingombro segnalato al suolo
mediante appositi picchetti. Sono serbatoi in acciaio posti in letto di sabbia
asciutta costipata e protetti da muri paraschegge in calcestruzzo (tutte le
distanze di sicurezza possono essere dimezzate) e da copertura in materiale
incombustibile. In alternativa si utilizzano serbatoi d’acciaio in guscio di
polietilene o protetti da rivestimento in resine epossidiche da porre
direttamente nel terreno con reimpiego del materiale di risulta.
per il gasolio il deposito, costituito da uno o più serbatoi, può essere ubicato in
diversi modi:
o
deposito all’esterno dell’edificio che accoglie la centrale termica (non più di 6
serbatoi):
con serbatoi interrati: la profondità del bordo superiore deve essere
maggiore di 20 cm (70 cm nel caso di superfici transitabili da
veicoli) mentre la distanza dall’edificio e da altri serbatoi non può
essere inferiore a 50 cm;
con serbatoi in vista confinati in apposito locale:
• i serbatoi devono essere installati a meno di 50 cm dal
pavimento su apposite selle in muratura; le pareti ed i solai
devono presentare gli stessi requisiti prescritti per il locale
caldaia;
ing. Maines Fernando
206
Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
•
o
la porta di accesso deve avere, in ogni caso, la soglia interna
sopraelevata, di almeno 20 cm, per poter creare un bacino di
contenimento di volume uguale alla capacità dei serbatoi;
• tra i serbatoi e tra questi e le pareti del locale deve esistere una
distanza libera di almeno 60 cm;
• tra il punto più alto del serbatoio ed il solaio di copertura deve
sussistere una distanza di almeno un metro.
con serbatoi in vista all’aperto: ogni serbatoio deve essere dotato di
messa a terra e di bacino di contenimento (realizzato in muratura,
cemento armato o argine in terra) di capacità pari ad un quarto del
volume del serbatoio;
deposito all’interno dell’edificio che accoglie la centrale termica:
con serbatoi interrati (non più di 3 serbatoi): tra i serbatoi e le
pareti deve intercorrere una distanza di almeno 60 cm. Le pareti ed
i solai devono presentare le stesse caratteristiche costruttive della
centrale termica ed il locale deve essere areato direttamente
dall’esterno;
con serbatoi in vista (non più di 2 serbatoi):
• i serbatoi devono essere installati a meno di 50 cm dal
pavimento su apposite selle in muratura; le pareti ed i solai
devono presentare gli stessi requisiti prescritti per il locale
caldaia;
• la porta di accesso deve avere, in ogni caso, la soglia interna
sopraelevata di 20 cm, per poter creare un bacino di
contenimento di volume uguale alla capacità dei serbatoi;
• tra i serbatoi e tra questi e le pareti del locale deve esistere una
distanza libera di almeno 60 cm;
• tra il punto più alto del serbatoio ed il solaio di copertura deve
sussistere una distanza di almeno un metro.
Ogni serbatoio, costruito in lamiera di forte spessore e omologato per pressioni di 1
kg/cm2, deve avere una capacità non superiore a 15000 l e caratteristiche secondo
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I reparti
l’art. 2 della legge 27 marzo 1969 n. 121; recenti normative hanno imposto la
necessità, per i serbatoi di gasolio, di avere una camicia esterna in pressione per la
raccolta di eventuali fughe di combustibile, ed un idoneo sistema di rivelazione delle
fughe, mediante controllo della pressione nella camicia esterna stessa. Il serbatoio
dovrà inoltre essere provvisto di tubo di carico metallico con l’estremità libera posta
in un chiusino interrato o posto in una nicchia del muro, di tubo di sfiato di opportuno
diametro17 e di dispositivo di interruzione del flusso per troppo pieno (90 %).
I locali adibiti a deposito devono avere le stesse caratteristiche strutturali delle
centrali termiche e rispettare le stesse regole per quanto riguarda l’aerazione;
possono essere in comunicazione tra loro esclusivamente a mezzo di disimpegni e
comunque non è consentita una comunicazione diretta con locali destinati ad altro
uso. Anche le porte devono avere le medesime caratteristiche di quelle viste per il
locale caldaia.
3.15.2 La centralina di trasformazione
La fornitura di energia elettrica, nel caso di elevati consumi e di alti fabbisogni di potenza
(superiori a 80 ÷ 120 kW) avviene in media tensione (MT) generalmente 20 kV, più raramente
15.000 o 5.000 V. Risulta pertanto necessaria la presenza di una cabina di trasformazione per
avere corrente a bassa tensione (BT), cioè da 20kV a 400 o 230 V per adeguare
l’alimentazione ai valori richiesti dalle macchine enologiche e dai vari impianti utilizzatori.
In un apposito locale (di almeno 6 m2 per assicurare una comoda accessibilità), destinato
alla trasformazione MT/BT devono trovare posto le diverse “celle” di media tensione:
la cella di arrivo per l’attestazione del cavo di media della rete di distribuzione;
la cella di protezione con l’interruttore di media per la protezione del trasformatore;
cella per il trasformatore.
Le celle sono costituite da armadi metallici chiusi ed isolati verso l’esterno alti fino a 2 metri
e collegati fra loro mediante barre in rame o cavo. E’ opportuno che gli armadi vengano
installati rialzati dal pavimento (realizzato generalmente in battuto di cemento) per evitare
ogni possibile contatto con un eventuale ristagno d’acqua, la cui presenza viene ulteriormente
contrastata con l’installazione di una soglia sotto la porta di 8 ÷ 10 cm.
Lungo il perimetro del locale sarà predisposto un cunicolo a pavimento, reso ispezionabile
con una chiusura in lamina o grigliato metallico, utilizzato per l’alloggiamento dei cavi elettrici
in entrata, dei cavi di collegamento e di quelli d’uscita verso il quadro generale di bassa
17
Il tubo di sfiato deve sbucare all’esterno ad un’altezza non inferiore a 2,5 m dal suolo praticabile e a una distanza
non inferiore a 1,5 m da qualsiasi finestra o apertura.
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tensione. Nel caso di trasformatore operante in olio, si deve prevedere, sotto allo stesso, un
pozzetto sifonato per raccogliere l’eventuale fluido fuoriuscito accidentalmente.
Da un punto di vista strutturale molti elementi accomunano la centrale di trasformazione
con la centrale termica: le pareti, in particolare quelle rivolte verso altri reparti, devono avere
opportuna resistenza al fuoco (REI 120), così come gli eventuali accessi. Nel caso di accesso
dall’esterno (da preferire), si può adottare un serramento più semplice (ad esempio in
vetroresina).
L’accessibilità di questo locale deve essere limitata solo al personale con esperienza e vi è
l’obbligo di apporre la specifica cartellonistica con le indicazioni di pericolo per la presenza di
elevata tensione elettrica.
Per assicurare una idonea ventilazione al locale è necessario predisporre aperture grigliate
(ventilazione naturale) o estrattori (ventilazione forzata), da dimensionare in base al tipo ed
alla potenza del trasformatore installato, per evitare il surriscaldamento nei mesi più caldi.
La cabina, infine, deve disporre di un sistema disperdente a terra con un adeguato collettore
posizionato all’interno del locale; a tale collettore farà inoltre capo l’impianto di terra a servizio
di tutto l’impianto o dell’edificio sede della cabina, in maniera tale che i due impianti di terra
siano elettricamente collegati tra loro e realizzino un unico impianto disperdente. Completano
la dotazione per la sicurezza, una maniglia antipanico per facilitare l’uscita in particolare in
caso di incidente ed un numero idoneo di estintori a CO2.
3.16 La cella frigorifera
Diversi passaggi del processo produttivo si contraddistinguono per la necessità di abbassare
la temperatura di uve, di mosto o di vino. In alternativa ai sistemi di refrigerazione con
scambiatori e serbatoi coibentati si può adottare una cella frigorifera che si contraddistingue
per la versatilità di intervento in diverse situazioni che si possono ricondurre ai seguenti casi:
lo stoccaggio temporaneo di partite di uva per le quali risultasse necessario rinviare
l’inizio delle operazioni di diraspa-pigiatura o di pressatura a causa del conferimento
di quantità troppo piccole per dare avvio alla vinificazione o, al contrario, di eccessive
quantità di uva con conseguenti tempi di attesa troppo lunghi e dannosi per la qualità
del vino. Infine lo stoccaggio in cella frigorifera consente di rinviare al mattino
successivo la lavorazione delle uve giunte in cantina nel tardo pomeriggio senza
dover protrarre l’attività fino ad ore decisamente tarde. In tutti i casi l’uva viene
portata e mantenuta alla temperatura di 5 ÷ 8 °C per evitare partenze anticipate
delle fermentazioni e per contrastare fenomeni ossidativi della massa. Per lo
stoccaggio si utilizzano generalmente cassette o, più frequentemente, cassoni in
plastica della capacità di 200 o 300 kg, di dimensioni rispettivamente di
1120x1120x585(h) mm e 1120x1120x770(h) mm;
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la criomacerazione di uve, solitamente da vinificare in bianco, precedentemente alla
pressatura. L’uva, posta anche in questo caso in cassoni, viene tenuta a 4 ÷ 6 °C per
un tempo di 12 ÷ 24 ore;
l’utilizzo di basse temperature (-20 °C) per indurre il congelamento dell’acqua
contenuta negli acini per aumentare il grado zuccherino del mosto ottenuto dalla
pressatura, secondo il principio di vinificazione dell’eiswein;
lo stoccaggio di mosti in vinificazione di cui si intende controllare l’attività dei lieviti
senza ricorrere ad un uso eccessivo di anidride solforosa. Nel caso sia richiesto
semplicemente un rallentamento della fermentazione, sono sufficienti livelli di 7 ÷ 12
°C, mentre per bloccare la fermentazione, al fine di preservare un elevato grado
zuccherino nella produzione di vini dolci, è necessario un più drastico intervento di
abbassamento della temperatura delle masse attorno ai 0 °C. In entrambi i casi il
mosto viene posto in serbatoi di acciaio di piccole dimensioni per consentirne la
movimentazione con il carrello elevatore;
l’appassimento artificiale lento dell’uva, deposta in piccoli strati in cassette forate di
plastica poste in cataste. Quest’ultimo aspetto non è di secondaria importanza in
quanto determina rispetto ai casi precedenti, a parità di massa trattata, un deciso
aumento del fabbisogno in termini di volume della cella, anche perché i tempi di
trattamento sono piuttosto lunghi (nell’ordine dei mesi) variabili in funzione delle
caratteristiche di partenza dell’uva e del grado di appassimento desiderato. Nel corso
di tale periodo l’uva viene sottoposta a temperature di 11 ÷ 15 °C e a valori medi di
umidità relativa (40 ÷ 50 %). Per questo, l’impianto frigorifero in tale caso va
integrato con un sistema di controllo dell’umidità (deumidificazione e umidificazione)
e di distribuzione dell’aria;
deposito di prodotti diversi in bottiglia, barrique o tank di acciaio da mantenere, per
le più diverse esigenze, a bassa temperatura.
Il dimensionamento della cella richiede in primo luogo la determinazione della capacità di
stoccaggio. Questa dipende, prima di tutto, della quantità di uva, di mosto o di vino da trattare
e delle modalità di stoccaggio (tipo e disposizione dei contenitori) e dal tipo di trattamento.
Individuate le masse da raffreddare, le loro caratteristiche e le dimensioni della cella, è
possibile passare a dimensionare l’impianto di refrigerazione.
Le pareti ed il soffitto della cella vengono realizzati in pannelli grecati, modulari e
prefabbricati (con possibilità di personalizzazione dimensionale) in poliuretano espanso ad alta
densità (40 kg/m3) o più raramente in lana minerale dello spessore di 60 ÷ 200 mm, fissati
agli elementi portanti mediante viti autofilettanti alloggiate nelle nervature più larghe. Le
superfici interne ed esterne dei pannelli possono essere in acciaio zincato, in acciaio inox AISI
304 o in alluminio, in ogni caso preverniciati con vernici lavabili ed idonee al contatto con
prodotti alimentari. Le altezze normalmente variano da 200 a 290 cm, mentre le larghezze più
utilizzate sono di 1200 e 1450 mm con piccole variazioni in funzione del tipo di giunzione. I
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diversi pannelli possono essere infatti uniti con giunti e coprigiunti a secco, con giunti a gancio
annegato nel poliuretano o con schiuma iniettata in fase di montaggio; presentano, inoltre,
rinforzi nei punti angolari tra pareti verticali e tra pareti e soffitto.
Il pavimento può essere realizzato in calcestruzzo dello spessore di 20 ÷ 25 cm con rete
metallica elettrosaldata, posto su un magrone sottostante di 30 ÷ 40 cm. Sopra il magrone è
importante realizzare una barriera impermeabile con la posa di un film di polietilene dello
spessore di 0,6 mm. L’isolazione del pavimento viene realizzata semplicemente con l’aggiunta
di materiali isolanti sciolti nel calcestruzzo, se le temperature di gestione sono superiori allo
zero, mentre per temperature inferiori può essere realizzata con pannelli in acciaio zincato
plastificato o in acciaio inox AISI 304 rinforzati internamente.
La cella sarà corredata di porta a tenuta di freddo, completa di oblò di ispezione; l’apertura
può essere automatizzata mediante telecomando. Le dimensioni dovranno consentire il
passaggio dei carrelli elevatori utilizzati per le operazioni di carico e di scarico della cella.
L’illuminazione interna alla cella è generalmente fornita da fari alogeni posizionati agli angoli
in alto, sul lato entrata.
Nella cella sono presenti gli evaporatori (2 o 3) ad espansione diretta di gas mentre il
condensatore (ad aria o ad acqua) deve essere dislocato all’esterno dell’edificio in apposita
sede. Completano infine l’impianto il quadro elettrico (posto all’esterno) e le linee idrauliche
per lo sbrinamento e lo scarico completo dell’aerotermo.
3.17 L’officina
Le macchine enologiche e gli impianti rappresentano un contributo essenziale e insostituibile
per assicurare efficacia ai processi produttivi. Come contropartita si deve accettare, oltre alla
vulnerabilità nel caso di guasti e di malfunzionamenti, l’onere delle operazioni di
manutenzione.
Si tratta, in primo luogo, di operazioni di routine (manutenzione ordinaria) svolte negli
stessi reparti in cui sono presenti le attrezzature enologiche fisse e gli impianti da mantenere
in efficienza. Fanno eccezione gli interventi sulle macchine mobili che, preferibilmente, si
eseguono nel luogo utilizzato come ricovero nei periodi di inattività. In questo ambiente
possono trovare posto appositi banconi di lavoro muniti di rastrelliere e di scaffali per disporre
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in modo ordinato e razionale tutti gli utensili e gli attrezzi più comuni, i dispositivi e i materiali
utilizzati per le operazioni di manutenzione.
L’esecuzione di manutenzioni straordinarie è invece possibile in presenza di specifiche
competenze. Nelle grandi cantine, a causa del grande numero di attrezzature e di macchine
presenti, ma anche per la complessità degli impianti e per l’esigenza di ridurre al minimo la
vulnerabilità per guasti e malfunzionamenti, sono in genere presenti uno o più operatori con le
capacità e le necessarie abilitazioni per svolgere le specifiche mansioni di controllo, di verifica,
di manutenzione ed eventuali interventi di riparazione. Nelle cantine medio-piccole, invece, si
deve ricorrere a ditte specializzate esterne o fare affidamento sulle eventuali abilità e capacità
presenti in azienda. E’ il caso, non infrequente, di imprenditori o di operatori che con passione
e talento, sanno non solo intervenire con competenza per ripristinare guasti e rotture, ma
anche di ideare e di realizzare nuove soluzioni impiantistiche oppure di apportare modifiche
originali ed efficaci a macchine ed attrezzature enologiche per soddisfare particolari esigenze
operative della cantina.
In questi casi il semplice deposito per gli attrezzi necessario alla manutenzione ordinaria si
dove evolvere nella strutturazione e nelle dotazioni impiantistiche, fino ad acquisire la tipica
configurazione dell’officina meccanica, cioè di un locale appositamente attrezzato per effettuare
interventi mediante macchinari ed attrezzature specifiche e specialistiche, in condizioni ideali
per l’efficienza e per la sicurezza.
Le attrezzature in dotazione, scelte in base alla disponibilità finanziaria, alle dimensioni della
cantina, allo spazio a disposizione e alle competenze presenti, possono comprendere:
le macchine e i dispositivi per effettuare operazioni (anche di precisione) di taglio,
foratura, levigatura, piegatura su diversi materiali (legno, metallo, plastiche);
saldatrici nelle diverse tipologie;
macchine operatrici specifiche per le costruzioni meccaniche come ad esempio il
tornio.
L’officina deve disporre anche di una specifica dotazione impiantistica:
l’impianto di riscaldamento e/o di condizionamento da scegliersi in funzione della
frequenza e della durata di effettiva occupazione. Molto interessanti si dimostrano in
questo caso le strisce radianti poste sul soffitto purché poste ad un’altezza di 4,5 ÷ 7
metri dal pavimento;
l’impianto elettrico dimensionato e strutturato in funzione del numero, delle
potenzialità e della distribuzione spaziale delle attrezzature e delle macchine
presenti;
l’impianto di illuminazione caratterizzato da alti livelli di intensità luminosa con la
possibilità di concentrare i flussi (ad esempio con lampade mobili con filo ad
avvolgimento automatico) in prossimità delle macchine e delle attrezzature che
richiedono alta precisione e alto grado di attenzione;
l’impianto di ventilazione in particolare se sono presenti attrezzature per saldare o se
si prevede la messa in funzione di motori a combustione;
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Elementi per la progettazione di una cantina
I reparti
il sistema per la distribuzione di aria compressa.
Particolare attenzione va posta per la sicurezza secondo i criteri, definiti dalla normativa,
specifici per gli ambiti industriali e che richiedono l’intervento di specifiche competenze sia in
fase di progettazione che in quella di realizzazione. Comunque i principali aspetti da valutare
sono:
la presenza di possibili carichi sospesi (mediante paranchi, carro ponte, …) da
segnalare con cartelli e preferibilmente con segnalatori acustici in fase di movimento;
la possibilità di emissione di rumori di elevata intensità che richiedono l’uso di
appropriati DPI;
la necessità di asportare eventuali vapori, mediante appositi sistemi di ventilazione,
prodotti nel corso delle operazioni di saldatura o dei gas di scarico di motori
endotermici. In tal caso si devono adottare sistemi di aspirazione collegati a tubazioni
da innestare ai tubi di scappamento;
il rischio di scivolamento da contrastarsi con l’adozione di pavimentazioni
caratterizzate da un appropriato coefficiente di attrito, ma che siano anche
impermeabili, lavabili e prive di irregolarità;
il rischio di elettrocuzione da contrastare con la messa a terra di tutte le attrezzature
e le parti metalliche anche quale protezione dalle scariche atmosferiche e con
l’adozione dei necessari dispositivi di sicurezza nell’esecuzione dell’impianto elettrico;
il rischio di innesco e di propagazione di incendi da estinguere mediante estintori
portatili o con idranti a manichetta.
L’obbligo di raccogliere i residui di lavorazione in modo corretto e differenziato (si pensi in
particolare all’obbligo di raccogliere e di conferire gli oli lubrificanti), rende necessaria la
predisposizione di una area per contenitori e serbatoi di stoccaggio. Infine è opportuno
predisporre un lavandino nella stessa officina o in un piccolo servizio adiacente per le
necessarie operazioni di lavaggio delle mani.
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Cap 3 I reparti - Fondazione Edmund Mach di San Michele all`Adige