ENZIMI
Il termine catalizzatore, mutuato dalla chimica, si riferisce ad una sostanza che
aumenta la velocità di una reazione chimica, pur non facendo parte della equazione
che la definisce e che si ritrova inalterato al termine del processo. Un enzima è un
catalizzatore biologico: aumenta la velocità di una reazione, ma non provoca alcuna
trasformazione che non sarebbe accaduta in sua assenza, sia pure in tempi più
prolungati, cioè non sposta l’equilibrio di una reazione ma abbrevia il tempo in cui
esso viene raggiunto.
Approfondimento
Nelle reazioni chimiche, come in tutto il mondo fisico, non è possibile creare o distruggere
energia. Un sistema può perdere o guadagnare energia come calore o compiere lavoro a spese
dell’intorno (ambiente). Per un cambiamento di stato, la I legge della termodinamica può
essere espressa dalla seguente equazione:
ΔE = q – w (1)
dove ΔE rappresenta la variazione di energia interna del sistema; q il flusso di calore e w il
lavoro compiuto. Per piccole variazioni differenziali di ha:
dE = dq – dw (2)
Se il lavoro compiuto implica variazioni nel volume del sistema ad una data pressione, il
termine dw diventa PdV (dove P è la pressione e V il volume) e la eq. (2) diventerà:
dE = dq – PdV (3)
L’energia interna di un composto è rappresentata dall’entalpia (H). In questo termine sono
contenute sia l’energia derivante dalle interazioni tra le molecole sia quella intrinseca delle
molecole stesse.
La relazione che lega la variazione di entalpia e la variazione dell’energia interna del sistema
è espressa dalla seguente equazione:
ΔH = ΔE – PΔV (4)
Per piccole variazioni si avrà:
dH = d(E + PV) = dE + PdV + VdP (5)
ed anche :
dH = dq – dw + PdV + VdP (6)
Per un sistema che compie esclusivamente lavoro di tipo PdV (cioè dw = PdV) si avrà:
dH = dq + VdP (7)
Per reazioni che avvengono a pressione e volume costanti, come la maggior parte delle
reazioni biochimiche, si avrà che:
dH= dq (8)
Una reazione tenderà ad avvenire con più facilità tanto più negativo sarà il termine:
ΔH - TΔS (9)
cioè fino a quando ΔG = 0. In queste condizioni non viene svolto lavoro termodinamico ed il
sistema ha raggiunto l’equilibrio.
Biochimica ed Energia
Anche se nell'universo tutto tende spontaneamente verso il massimo disordine (ΔS>0)
ciò non comporta la possibilità di utilizzare la variazione di entropia per potere
misurare la spontaneità di un processo; ciò in quanto non é possibile misurare
l'entropia dell'intero universo. Quanto affermato spiega perché non è possibile
predire la spontaneità di una qualunque trasformazione soltanto dalla misurazione
della variazione dell' entropia; infatti una reazione esotermica (ΔH<0) può avvenire
spontaneamente anche se è caratterizzata da una diminuzione di entropia (ΔS<0).
Pensiamo ad esempio ad una proteina denaturata che in particolari condizioni tende
spontaneamente a riavvolgersi assumendo la conformazione nativa altamente
ordinata, che le conferisce attività biologica. Ed allora quale é la funzione di stato che
ci può permettere di capire se un processo é spontaneo o meno? Questa, per sistemi
che lavorano a P e a V costanti, é la variazione di energia libera (ΔG) che è uguale
alla variazione di entalpia (ΔH) meno la variazione di entropia (ΔS):
ΔG = ΔH - TΔS
ed essendo per processi spontanei che avvengono a temperatura costante:
TΔ S ≥ qp
dove qp rappresenta la quantità di calore trasferita (dissipata) a T=K.
Il criterio di spontaneità per processi quali quelli biochimici (T e P costanti) é dato da
un ΔG ≤ 0.
Quando un sistema a T e P = K non effettua alcun lavoro dipendente da P e V è
possibile inserire nella relazione che lega la variazione dell'energia libera al calore
dissipato ed alla variazione di entropia ed al lavoro, per cui l'equazione precedente
diventerà:
e poiché
ΔG = qp - TΔS - w' (w'= lavoro)
TΔS ≥ q,
ΔG = ≤ - w'
ovvero
ΔG = ≥ w'
da cui si evince che: in un sistema biologico (dove il lavoro dipendente da variazioni di
P e V è assolutamente insignificante) il Δ G di un processo rappresenta il massimo
lavoro ottenibile; da cui: il lavoro e quindi l'energia immessa in un qualunque sistema,
non può essere recuperato completamente. Questo é indicativo dell'intrinseco carattere
dissipativo della natura.
L'energia libera di Gibbs é la funzione termodinamica più importante usata in
biochimica. Per ogni processo reale o fattibile, la variazione dell'energia libera di Gibbs
(Δ G) é negativa; il sistema possiede più energia libera nello stadio iniziale che in quello
finale.
Δ G = Gfinale – Giniziale,
Tutte le reazioni fattibili si svolgono con variazioni negative di energia libera (ΔG).
Quando la variazione di energia libera é zero, la reazione o processo è all'equilibrio.
Questi importanti risultati possono essere così sintetizzati:
ΔG < 0 (il processo é fattibile ed esoergonico)
ΔG = 0 (prevalgano condizioni di equilibrio ed il processo è isoergonico)
ΔG > 0 (il processo non è fattibile ed è endoergonico)
Da quanto detto si potrebbe dedurre che qualunque reazione con un valore di ΔG
altamente negativo deve procedere con una velocità misurabile, ma così non è
dipendendo essa dal ΔG di ogni singolo intermedio della reazione. Ciò significa che
anche se il ΔG complessivo é altamente negativo la trasformazione di un substrato in
un prodotto potrebbe presentare degli intermedi con ΔG positivi. Ecco perché molte
trasformazioni di per se termodinamicamente favorite necessitano per avvenire, a
velocità misurabili, della presenza di specifici enzimi che accelerano la reazione senza
però interferire sul ΔG complessivo della trasformazione.
Ne deriva che un enzima può soltanto accelerare il raggiungimento dell'equilibrio
termodinamico ma non può promuovere un reazione che presenta un ΔG positivo.
In una qualunque reazione di trasformazione (S → P) viene immediato pensare che
maggiore è il rapporto S/P maggiore sarà la possibilità di fare avvenire la
trasformazione, se tale reazione mostra ΔG negativi. Al contrario se il rapporto S/P è
identico al rapporto all’equilibrio (P/S = Keq) non avverrà nessuna trasformazione e
non verrà svolto alcun lavoro (ΔG = 0).
Variazione di energia libera standard e costante di equilibrio
La variazione di energia libera standard è correlata alla costante di equilibrio.
Consideriamo la seguente chimica:
A+B→C+D
L'equazione seguente illustra la relazione logaritmica tra la variazione di energia
libera standard e la costante di equilibrio:
ΔG0 = -RT ln Keq
dove R è detta costante dei gas o coefficiente energia-temperatura e mette appunto in
relazione la temperatura con l'energia. R ha il valore di 8.314 KJ mole-1 o 1.987 Kcal
mole-1, e T è il valore della temperatura assoluta in gradi Kelvin (25 °C = 298 °K).
E' necessario a tal punto definire le condizioni standard per il biochimico. Dato che la
maggior parte delle reazioni biochimiche avviene in soluzioni acquose, la
concentrazione dei reagenti e dei prodotti può essere assunta uguale ad 1M (1
mole/litro). Il fatto che l'acqua in realtà non abbia una concentrazione 1M ma bensì
55.6 M (l000g/L+18g/mole acqua) non ha comunque effetto auJIe variazioni di
energia libera.
Per ricapitolare, "la variazione di energia libera standard di un processo chimico è la
variazione_ di energia libera di Gibbs durante la conversione dei reagenti in prodotti di
tutti i componenti (eccetto l’acqua) sono presenti ad una concentrazione 1M". La
concentrazione dei componenti rimane costante durante la conversione.
La variazione di energia libera di molte reazioni è influenzata dal pH. Siccome la
maggior parte delle reazioni biochimiche avviene in condizioni vicine alla neutralità
(pH=7), questo valore di pH (H+ = 1•10-7) è usato per lo standard biochimico. Questo
perché una concentrazione 1M di H+ corrisponderebbe ad un pH ≈ 0 incompatibile
con la vita. Questa convenzione è indicata dal simbolo (‘) ed indicheremo ΔG come
ΔG', ΔG0 come ΔG0’ e Keq come K'eq.
Anche in questo caso la variazione di energia libera standard sarà funzione
logaritmica della costante di equilibrio:
ΔG0’ = -RT In K'eq
(dove RT = 2477.6 J mole-1 a 25 °C)
che se espressa in forma di logaritmo decimale sarà:
ΔG0' = -2.3 RT lg K'eq
(dove 2,3 RT = 5698.4 J mole-1 a 25 °C)
La relazione matematica che lega ΔG' ad una qualunque reazione deve contenere due
termini: uno che contiene la concentrazione dei substrati e dei prodotti nelle varie fasi
di trasformazione ed l'altro la concentrazione degli stessi all'equilibrio:
ΔG' = -1,3 RT Iog K'eq + 2,3 RT log [P]a [P]b…../[S]c [S]d...
Per cui la variazione di energia libera qualunque sia la concentrazione dei reagenti e
dei prodotti:
ΔG' = ΔG0’ + 5968.4 1og [P]a[P]b…../[S]c [S]d...
Il concetto della addizionabilità dei singoli valori di ΔG' in una trasformazione
complessa permette ai sistemi biologici di produrre l’energia necessaria a portare
avanti tutte la reazioni chimiche necessarie per la propria crescita e sopravvivenza.
L'energia non essendo sempre immediatamente utilizzabile, o se si, non utilizzabile
nello stesso compartimento cellulare, deve essere immagazzinata in una qualche
forma che possa essere disponibile quando necessario (glicogeno, trigliceridi,
proteine) sia immediatamente disponibile (creatina-P, ATP, ed in percentuale
inferiore altri nucleotidi quali UTP, CTP, GTP, NADH e NAPH).
_________________________
Come già descritto l’equazione che definisce la variazione di energia libera di una
reazione chimica contiene due termini: uno che indica la concentrazione dei prodotti
e dei reagenti in condizioni di equilibrio ed uno che indica le reali concentrazioni dei
prodotti e dei reagenti in un determinato sistema.
Se si considera la reazione:
A+B ↔ C+D
Varrà la seguente equazione:
dove ΔG’ è la variazione di energia libera del sistema a pH 7.0 e ΔG 0’ esprime la
variazione di energia libera nelle seguenti condizioni standard:
1. concentrazione 1M di tutti i ragenti e dei prodotti;
2. pressione pari ad 1 atmosfera;
3. temperatura di 25 °C;
4. pH 7.0.
Un valore negativo di ΔG’ indica che una reazione come quella sopra scritta
procederà da sinistra verso destra e, in determinate condizioni di concentrazione di
reagenti e prodotti, dà una misura di quanto la reazione considerata sia lontana
dall’equilibrio (Figura).
Tuttavia il parametro ΔG’ non dà alcuna indicazione sulla velocità con cui la reazione
si avvicina all’equilibrio.
Quando una reazione è all’equilibrio, indipendentemente dalle concentrazioni iniziali
di A, B, C, D, si verificano le condizioni di minima energia in cui non è possibile alcun
lavoro ulteriore, cioè:
ΔG’ = 0
Poiché le concentrazioni indicate si riferiscono all’equilibrio, si ha che:
Come un valore di ΔG’ molto negativo non implica che una reazione proceda ad alta
velocità, ma semplicemente che il rapporto esistente tra prodotto e reagenti è più
basso che all’equilibrio, così un valore di ΔG°’ molto negativo, che pure indica la
tendenza di una reazione a procedere verso destra, non dice nulla sulla velocità alla
quale la reazione procede.
Gran parte delle reazioni con ΔG°’ molto negativo non procedono a velocità
apprezzabile a temperatura compatibili con la vita in assenza di un opportuno
catalizzatore. Per esempio l’ossidazione completa del glucosio:
glucosio + 6O2 → 6CO2 + 6H2O
ha un ΔG°’ di –686 kcal/mole, conseguentemente il glucosio all’aria è piuttosto
instabile in senso termodinamico. Ma il glucosio come cristallo solido in ambiente
sterile ed a temperatura ambiente non produce CO2 ed H2O ad una velocità
misurabile, per cui il glucosio è stabile in senso cinetico.
La stabilità cinetica si spiega considerando un tipico profilo energetico, cioè un
grafico in cui viene riportata la variazione di energia libera standard in funzione della
coordinata di reazione (Figura).
Considerando una qualsiasi reazione:
S → P
La velocità di questa reazione dipende dal numero di molecole di S che entrano nello
stato di transizione per unità di tempo. Infatti per aumentare la velocità di una
reazione si può innalzare la temperatura del sistema che, aumentando il moto termico
delle molecole, incrementa il numero di molecole S attivate, oppure abbassare
l’energia di attivazione della reazione, cosa che si ottiene con l’intervento di un
catalizzatore. Una reazione elementare, o reazione a uno stadio, è contraddistinta da
una sola energia di attivazione e da un solo stato di transizione (vedi Fig. precedente),
mentre in una reazione a più stadi ci sono una energia di attivazione e uno stato di
transizione per ogni stadio (vedi Figura seguente).
Le cellule vivono a temperature relativamente basse (0-100 °C). A queste temperature
poche reazioni, se non nessuna, avverrebbero ad una velocità sufficiente da consentire
alla cellula di crescere e di riprodursi. I sistemi biologici sono in grado di
sopravvivere in condizioni “blande” in senso biochimico, in quanto utilizzano
catalizzatori biologici, gli enzimi, che selettivamente abbassano l’energia di
attivazione delle reazioni cicliche vitali. Una reazione catalizzata da un enzima a 25
°C può procedere da 106 a 1015 volte più velocemente della stessa reazione non
catalizzata.
Come già detto, l’enzima non ha alcun effetto sulla variazione di energia libera e sulla
costante di equilibrio della reazione, semplicemente aumenta la velocità con la quale
la reazione raggiunge l’equilibrio.
Consideriamo la seguente trasformazione:
k1
S ⇔ P
(k1 = 10-3 min-1 e k-1 = 10-5 min-1)
k-1
dove le due k sono rispettivamente le costanti di velocità delle reazioni S → P e P →
S. All’equilibrio, la velocità della reazione (v) in un senso eguaglia quella nell’altro
senso:
v1 = k1[S] = v-1 = k-1[P]
cioè:
k1[S] = k-1[P]
da cui:
[P] = k1[S]/k-1
poiché:
Keq = [P]/[S]
avremo che:
Keq = k1/k-1 = 10-3/10-5 = 100
In presenza di un opportuno enzima sia k1 che k-1 sono aumentate nella stessa misura.
Dunque Keq rimane invariata e di conseguenza anche ΔG’ e ΔG°’.
L’energia di attivazione viene abbassata nelle reazioni catalizzate.
ΔG è l’energia di attivazione della molecola dello stato di transizione e ΔG° è
l’energia libera totale della reazione.
‡
Definizione di Enzima
Enzimi:
1. Gli enzimi sono catalizzatori sintetizzati nelle cellule;
2. Chimicamente sono polimeri eterologhi di aminoacidi (proteine);
3. spesso sono associati a cofattori per svolgere la loro attività catalitica.
4.
L’enzima può essere costituito da un solo polipeptide (monomero) o da più polipeptidi
(oligomero). L’oligomero può essere costituito da monomeri (detti anche subunità)
identici (portomeli) o da monomeri diversi.
Gli enzimi possono essere classificati sulla base della natura chimica del cofattore a
cui sono associati per essere biologicamente attivi.
I cofattori o coenzimi si distinguono in:
Ioni metallici (Ca2+, Zn2+, Mg2+, K+, ecc.). Fanno parte del sito attivo partecipando
direttamente al meccanismo di catalisi.
Coenzimi trasportatori. Molecole organiche che si legano reversibilmente con legami
deboli all’apoenzima e partecipano al meccanismo di catalisi. Sono trasportatori di
radicali: atomi o gruppi di atomi (es. NAD+, CoA….). Avvenuta la reazione un
prodotto della reazione rimane legato al coenzima, il coenzima quindi diffonde e si
lega ad un altro enzima per cedere in un’altra reazione il radicale trasportato.
Gruppi prostetici. Molecole organiche legate stabilmente all’apoenzima mediante
legami covalenti o molti legami deboli (es. citocromi, biotina….).
I cofattori svolgono un ruolo fondamentale nella catalisi; in loro assenza l’enzima non
è attivo; la reattività dei cofattori è influenzata dalla proteina, senza apoenzima essi
sono inattivi per la catalisi.
Esistono casi in cui ioni metallici o molecole (talvolta coenzimi stessi) sono
indispensabili per l’attività di un enzima pur non partecipando direttamente al
meccanismo della catalisi. Essi servono a mantenere l’enzima nella conformazione
attiva e possono essere legati stabilmente o reversibilmente alla proteina, in questo
ultimo caso possono agire come effettori per la regolazione dell’enzima.
PRINCIPALI COENZIMI E GRUPI PROSTETICI
Nicotinamide adenin dinucleotide (NAD+) e Nicotinamide adenin dinucleotide fosfato
(NADP+)
↑
Nella forma ridotta è indicata solo la nicotinamide (vitamina PP) ed R rappresenta il
resto della molecola. La freccia indica l’ossidrile esterificato con acido fosforico nel
NADP+.
I due coenzimi piridinici hanno diversa funzione: il NADH cede 1H+ e 2 e- per la
sintesi di ATP; Il NADPH cede 1H+ e 2e- per le reazioni di riduzione nei processi di
biosintesi (anabolismo).
Il NADP+ ed il NAD+ quando vengono ridotti in una reazione, si liberano della parte
proteica dell’enzima, diffondono per legarsi ad un’altra proteina enzimatica e
partecipare ad una reazione di riduzione in cui cedendo 1H+ e 2e- sono nuovamente
riossidati; quindi diffondono per legarsi al primo enzima ed essere di nuovo ridotti.
I NAD+ vengono ridotti in varie reazioni; nella glicolisi: 3-fosfogliceraldeidedeidrogenasi; nel ciclo di Krebs: isocitrico deidrogenasi, lipoil deidrogenasi, malico
deidrogenasi, ecc. I NADH + H+ vengono ossidati nella fosforilazione ossidativi, nella
gluconeogenesi (3-fosfogliceraldeide-deidrogenasi) nella glicolisi anaerobia (LDH). I
NADP+ vengono ridotti nello shunt dell’esosomonofosfato, e nelle reazioni dell’enzima
malico e dell’isocitrico deidrogenasi. I NADPH + H+ vengono ossidati nella sintesi
degli acidi grassi, sintesi dell’acido tetraidrofolico, colesterolo ecc.
Coenzima A(CoA), trasportatore universale di gruppi acili.
Principali vie metaboliche dove viene utilizzato il CoA: β-ossidazione degli acidi
grassi, prime reazioni per la sintesi del colesterolo e corpi che tonici, sintesi dei
trigliceridi e fosfolipidi, allungamento della catena alifatica dell’acido palmitico.
Struttura della Vitamina B1 e sua forma attiva fosforilata
Struttura della Vitamina B2 (Riboflavina) e forme attive
La riboflavina, isolata per la prima volta dal latte, deve il suo intenso colore giallo al
complesso anello di isoallosazina presente nella molecola. La dose giornaliera
consigliata nella dieta è di circa 1,7 mg.
Le forme coenzimatiche attive della riboflavina sono due:
1. FMN (riboflavina-5’-P)
2. FAD (flavinadenindinucleotide)
Proprietà dell’Enzima
L’enzima è un congegno chimico le cui proprietà di catalisi specifica sono ristrette ad
una piccola zona della superficie della molecola, detta sito catalitico. Il sito catalitico
ha le seguenti proprietà:
1. Complementarietà di carica e di forma con il substrato che lega con alta
affinità e specificità.
2. Parte della sua struttura può essere idrofoba. In questa parte si hanno forti
interazioni tra atomi carichi elettrostaticamente che non sarebbero possibili in
presenza di acqua (es. gruppi carbossilici indissociati, legami salini molto
forti). Essa inoltre serve a legare le parti idrofobiche (quando presenti) dei
substrati.
3. Possibilità di piccoli spostamenti (da 0 a 2 Å) tra i gruppi responsabili della
formazione del complesso ES e/o della catalisi. Questi spostamenti sono causati
da cambiamenti conformazionali dell’enzima che ha legato il substrato
(induced fit) o effettori (allosterismo)). I cambiamenti conformazionali,
facilmente reversibili perché richiedono poca energia fornita dall’agitazione
molecolare, sono parte essenziale dei meccanismi molecolari di catalisi e di
regolazione degli enzimi.
4. La geometria (naturale o indotta) dei gruppi responsabili della legatura del
substrato e della catalisi è tale da porre gli atomi (dei substrati e dell’enzima)
che devono interagire nella distanza e nell’angolo che devono formare (effetti
prossimità ed orientamento degli orbitali) e se necessario provocare una
distorsione nella struttura del substrato.
GRADI DI SPECIFICITA’
Un enzima ha specificità assoluta quando lega un solo substrato (es. aspartasi,
glucochinasi, succinico deidrogenasi) o relativa quando può legare vari composti in
genere aventi struttura chimica simile catalizzando lo stesso tipo di reazione (es.
esochinasi, lipasi, esterasi, fosfatasi) o catalizzando anche reazioni diverse (es. la
chimotripsina lega substrati diversi e catalizza reazioni diverse come la scissione
idrolitica del legame peptidico, amidico ed estereo).
L’aspartasi è un esempio di enzima dotato di specificità assoluta, di stereospecificità e
di specificità geometrica.
Questo enzima catalizza la trasformazione dell’acido L aspartico in acido fumarico:
questo riconoscimento (stereospecificità) è solo apparentemente di difficile
realizzazione, infatti, se si ammette che l’enzima prenda contatto con il substrato in
almeno tre punti (es. i due gruppi COO- e il gruppo NH+3) e tenendo presente la
disposizione nello spazio di tali gruppi si comprende il perché della incapacità della
aspartasi di attaccare il D-aspartato.
Specificità relativa: composti simili sono substrati dell’enzima, ma con diversa Km e
Vmax. Ciò può essere causato da una diversa affinità di E verso i vari substrati e/o
perché i substrati sono più o meno chimicamente idonei ad indurre la conformazione
richiesta per la catalisi(Induced Fit).
Le lipasi sono enzimi con specificità relativa, scindono idroliticamente il legame
estereo tra il carbossile di vari acidi grassi con vari alcool. Le <<vere lipasi>>
scindono il legame estereo tra acidi grassi a lunga catena ed il glicerolo.
Le fosfatasi monoesterasi scindono idroliticamente il legame estereo dell’acido
fosforico con qualsiasi molecola biologica.
Legatura del substrato all’enzima e catalisi.
<Teoria dell’Induced Fit>
La legatura di E con S e la catalisi sono eventi separati e concatenati; responsabili di
queste due fasi della funzione catalitica degli enzimi sono in genere catene laterali di
differenti aminoacidi tutte localizzate nel sito attivo dell’enzima. La specializzazione
nelle due funzioni di residui aminoacidici diversi è richiesta dal meccanismo
dell’induced-fit (teoria della conformazione indotta dal ligando sul sito catalitico
dell’enzima), dove i residui aminoacidici responsabili della catalisi interagiscono con
il substrato solo dopo che questo si è legato al sito catalitico.
Una prova della separazione delle due funzioni è data dalla inibizione competitiva
(analoghi del substrato si legano all’enzima, talvolta più stabilmente del substrato
stesso, ma non reagiscono perché non possono interagire in maniera opportuna con i
gruppi dell’enzima responsabili della catalisi.
CATALISI ENZIMATICA
I -MODI DI SCISSIONE DEI LEGAMI DA PARTE DEGLI ENZIMIUn legame covalente tra due atomi consiste nella condivisione di una coppia di
elettroni. Nella scissione di un legame, uno o entrambi gli atomi si combinano con
nuovi atomi con cui condividono una coppia di elettroni.
Consideriamo ad esempio la scissione del legame C-H. Il processo può avvenire
soltanto in due modi:
(1) Scissione omolitica (omolisi) in cui un elettrone rimane sul carbonio ed uno
sull'idrogeno con formazione di due radicali; cioè di specie che presentano un
elettrone spaiato distribuito sugli orbitali molecolari
-C÷H → -C•+ H•
un altro esempio di reazione a radicali liberi, anche se completamente diversa è quella
che coinvolge l'O2 e il Fe2+ dell'eme emoglobinico
Fe2+÷O=O → Fe2+ + O=O
C'è una probabilità finita e piccola che avvenga la seguente reazione collaterale, con
la produzione del radicale libero superossido
Fe2+÷O=O → Fe3+ * O=O•L'emoglobina risultante è detta metaemoglobina che può essere riconvertita in
emoglobina ferrosa; anche lo ione superossido può essere eliminato
(2) Scissione eterolitica (eterolisi), che lascia entrambi gli elettroni su un atomo; se
rimangono sul carbonio si forma una specie intermedia detta carbanione più un H+
−C÷H → −C•-+ H+
se rimangono sull'idrogeno si formano un carbocatione, che è una specie elettroncarente, e uno ione idruro
−C÷H → −C++ H•I carbocationi e gli ioni idruro sono specie intermedie in molte reazioni catalizzate
dalle deidrogenasi
La formazione di un carbanione è generalmente più favorita, essendo il carbonio più
elettronegativo dell'idrogeno ma, nelle reazioni enzimatiche, può anche generarsi
l'altro meccanismo che viene determinato dai costituenti del sito attivo.
Le vie di scissione eterolitiche coinvolgono intermedi ionici che si formano nella
conversione del substrato/i in prodotto/i.
Una grossolana classificazione dei reagenti in base alle loro caratteristiche consiste
nella loro divisione in elettron-ricchi (nucleofili) o elettron-carenti (elettrofili).
I nucleofili più comuni in biologia sono quelle molecole che contengono ossigeno, zolfo
e azoto, per es.:
H-O-H, R-O-H, R-O-, R-S-H, R-S-, R=N-H
Gli elettrofili di importanza biologica disponibili per i numerosi nucleofili, sui
substrati o nei siti attivi degli enzimi sono, al contrario, pochi. Questi spesso sono
cationi metallici come Cu2+, Fe2+, Fe3+, Mo6+, Zn2+, protoni (H+), oppure atomi che
hanno un guscio elettronico di valenza non completamente riempito, e alcuni cofattori
come i derivati delle vitamine B1 e B6.
II -MODI DI AUMENTO DELLA VELOCITA' DI SCISSIONE DEI LEGAMII meccanismi con i quali gli enzimi aumentano la velocità delle reazioni chimiche
possono essere classificati in quattro gruppi:
- Facilitazione per effetto di prossimità
- Catalisi covalente
- Catalisi acido-base generale
- Tensione, distorsione molecolare e cambiamento di forma
Effetto prossimità
Questo effetto, anche detto effetto di vicinanza, sta ad indicare che la velocità di
reazione tra due molecole viene innalzata se esse vengono sottratte dalla soluzione
diluita e portate in vicinanza l'una con l'altra nel sito attivo dell'enzima; ciò aumenta
la concentrazione effettiva dei reagenti.
Catalisi covalente
In questo tipo di meccanismo sono coinvolte le catene laterali di aminoacidi, che
presentano un certo numero di gruppi nucleofili:
R-COO-,
R-NH2,
aromatico-OH,
istidile,
R-OH,
R-S-
Questi gruppi attaccano le parti elettrofile (elettron-carenti) dei substrati per formare
un legame covalente tra il substrato e l'enzima, formando così un intermedio di
reazione.
Questo tipo di processo è particolarmente evidente negli enzimi che trasferiscono
gruppi (transferasi, classe EC 2).
Nella formazione di un intermedio legato covalentemente, l'attacco da parte del
nucleofilo enzimatico al substrato può produrre acilazione, fosforilazione o
glicosilazione del nucleofilo.
Catalisi acido-basica generale
La catalisi acido-basica altro non è che il processo di trasferimento di un protone
nello stato di transizione. Di per se essa non causa formazione di legami covalenti, ma
una reazione enzimatica può anche implicare ciò nella sua globalità .
L’esempio di catalisi acido-basica generale sotto riportata illustra il concetto appena
menzionato.
Reazione globale:
Meccanismo di reazione A: Una base (OH-) accelera la formazione del semiacetale nel
modo seguente:
Nota: L’OH- è riciclato nella reazione e può quindi essere considerato un catalizzatore
nel vero senso della parola.
Meccanismo di reazione B: La reazione avviene anche con catalisi acida, che implica
la formazione di un sale di ossonio, seguita dalla reazione con l’alcool, nel modo
seguente:
Nell’esempio precedente, la velocità di formazione del semiacetale viene innalzata in
acido forte o in base forte. In altri casi soltanto uno dei due, o la base o l’acido, può
agire da catalizzatore.
La catalisi acido-basica può aumentare la velocità di una reazione al massimo di 100
volte, ma insieme ad altri meccanismi che operano nel sito attivo di un enzima
contribuisce considerevolmente all'aumento della velocità della reazione enzimatica.
La forma protonata delle catene laterali aminoacidiche di acido glutamico, istidina,
acido aspartico, lisina, tirosina e cisteina possono agire da catalizzatori acidi e nella
forma non protonata da catalizzatori basici. E' ovvio che il tipo di catalisi
effettivamente svolta dipenderà dal pKa nell'ambiente del sito attivo e dal pH a cui
agisce l'enzima.
Tensione, distorsione e cambiamenti di forma
La tensione nel sistema di legami dei reagenti, ed il rilascio della tensione nel
momento in cui lo stato di transizione si converte in prodotti (ad es. il taglio di una
molla compressa) può provocare un aumento della velocità di reazione.
Le due seguenti reazioni chimiche implicano l’idrolisi di un legame di un estere fosforico.
In condizioni standard, la reazione (a) e 108 volte più veloce della reazione (b). Ciò si spiega col
fatto che il composto ciclico in (a) ha una considerevole tensione di legame (l’energia potenziale
in questa configurazione è alta), che viene rilasciata con l’apertura dell’anello durante l’idrolisi.
Questo tipo di tensione non è presente nel di estere in (b).
Nel caso della catalisi mediata da un enzima, non soltanto può essere distorto il
substrato, ma anche l'enzima con tutte le sue catene laterali aminoacidiche. Per cui il
legame di un substrato ad un enzima coinvolge un'energia di interazione, che può
facilitare la catalisi. L'aumento della velocità di catalisi deve anche prevedere una
destabilizzazione globale del complesso enzima-substrato ed un aumento di stabilità
dello stato di transizione. La destabilizzazione del complesso ES è dovuta alla
distorsione degli angoli di legame e dei legami stessi. Nella destabilizzazione potrebbe
essere pure coinvolta la desolvatazione di un gruppo carico attivo in un sito
idrofobico.
CINETICA ENZIMATICA
La cinetica enzimatica è quella branca dell'enzimologia che studia le modalità di
azione di tutti i fattori che influenzano la velocità di catalisi enzimatica.
I più importanti sono:
a) la concentrazione dell'enzima;
b) la concentrazione del ligando (substrati, prodotti, inibitori e attivatori);
Ad esempio variando le concentrazioni dei substrati e dei prodotti è possibile dedurre
il meccanismo cinetico della reazione, cioè in che ordine i substrati entrano ed i
prodotti escono e se questo ordine e libero o obbligato.
E' possibile stabilire i tipi di complessi ES ed EP che si possono formare ed in alcuni
casi ci può dare informazioni sulla stabilità degli intermedi legati covalentemente
all'enzima e non dosabili con i normali metodi di chimica analitica.
E' possibile determinare i valori delle costanti cinetiche e, conoscendo le normali
concentrazioni intra cellulari dei substrati, avere un'idea sull'andamento fisiologico
della reazione.
La cinetica di una reazione ci può indicare il modo con il quale l'attività di un enzima
può essere regolata in vivo.
La analisi cinetica ci può condurre alla definizione di un modello per una reazione
catalizzata da un'enzima e viceversa i principi di cinetica enzimatica possono essere
usati per scrivere le equazioni di velocità per un modello, che può essere testato
sperimentalmente.
c) il pH;
d) la concentrazione ionica;
e) la temperatura.
La temperatura può influenzare la velocità di una reazione catalitica
Per valori di temperatura sino a 20 °C normalmente l’attività dell’enzima è sfavorita
dalla eccessiva rigidità della struttura, dal basso grado di ionizzazione dei gruppi
catalitici del sito attivo e dalla bassa energia cinetica delle molecole di substrato. Per
temperature superiori ai 40-50 °C si può evidenziare una diminuita attività biologica
dovuta alla instabilità della struttura proteica ed alla eccessiva energia cinetica dei
substrati. A temperature superiori si potrà verificare la completa in attivazione per
denaturazione.
Ogni enzima è comunque caratterizzato da un valore di temperatura ottimale di
funzionamento che è dovuto alla sua struttura ed ai gruppi catalitici che
caratterizzano il sito catalitico. Per calcolare il valore di temperatura ottimale può
essere utilizzata l’equazione di Arrhenius
Equazione di Arrhenius ed energia di attivazione
La relazione esistente tra la costante di velocità della reazione, k, e l’energia di
attivazione, E, è data dalla equazione di Arrhenius
k = Ae-E/RT
che può essere espressa in forma logaritmica:
log k = -[(E/2.3 RT) 1/T] + log A
dove A è una costante per la particolare reazione.
In un semplica sistema in rapido equilibrio, Vmax/[E]t= Kp (Kcat) (Kcat costante di
velocità di primo ordine)
Il plott di log Vmax o log Kcat vs 1/T, permette di calcolare E (energia di attivazione
della tappa catalitica)
Le costanti termodinamiche ΔG0, ΔH0 e ΔS0 relative al legame tra il substrato e
l’enzima possono essere anch’esse calcolate una volta calcolata la costante di legame
Ka (Ka=1/Ks).
ΔG0 può essere ottenuta dalla seguente equazione
ΔG0 = -RTlnKa
se Ka è misurata a due o più valori di temperatura, il plot di lnKa vs 1/T, conosciuto
come plot di van’t Hoff, darà una retta la cui pendenza sarà -ΔH0/R e la cui
intercetta sull’asse delle y sarà ΔS0/R grazie alla relazione:
lnKa = (ΔS0/R) – (ΔH0/RT)
Quando questi fattori sono analizzati propriamente è possibile chiarire notevolmente
la natura della reazione catalizzata dall'enzima.
In particolare, uno studio degli effetti della variazione del pH e della temperatura,
sull'attività dell'enzima, ci può dare informazioni sui residui aminoacidici presenti nel
sito attivo.
TEORIA DEL RAPIDO EQUILIBRIO (HENRI, MICHAELIS e MENTEN)
La più semplice reazione di catalisi enzimatica coinvolge un singolo substrato e da un
singolo prodotto. Un sistema del genere è chiamato, secondo la nomenclatura di
Cleland Uni Uni.
K1
K2
K3
E + S ⇔ ES ⇔ EP ⇔ E + P
K1
K-2
K-3
dove ES e EP sono chiamati complessi centrali.
Per semplicità , assumiamo che esiste un singolo complesso centrale e che la reazione
inversa sia tanto bassa da non essere considerata.
K1
Kp
E + S ⇔ ES → P
K-1
In condizioni di equilibrio rapido la velocità istantanea dipende dalla concentrazione
di ES:
v = kp[ES]
dove kp è una costante di velocità catalitica.
La concentrazione totale di enzima [Et] è distribuita tra E ed ES per cui
[Et] = [E]+[ES]
Dividendo entrambi i membri dell'equazione di velocità per [Et] avremo:
v/[Et] = kp[ES]/ [E]+[ES] (1)
Trovandoci alle condizioni d'equilibrio avremo che
Ks=[E][S]/[ES]=k-1/k1;
[ES]= [S]/Ks [E]
e sostituendo nella (1)
da cui
se
quando tutto l’enzima è legato:
v = kp[ES]
[Et] = [ES]
avremo che :
kp[Et]= Vmax
dove Vmax rappresenta la massima velocità catalitica osservabile quando tutto
l’enzima è legato, e l’equazione (3) diventerà:
L’equazione di Michaelis e Menten ci da la velocità istantanea o iniziale relativa alla
Vmax ad una data concentrazione di substrato ed è valida se v è misurata per
brevissimi intervalli di tempo cosicché [S] rimane essenzialmente costante. Questo
richiede che meno del 5% di [S] venga consumato durante la reazione
STATO STAZIONARIO (BRIGGS E HALDANE)
K1
Kp
E + S ⇔ ES → E + P
K-1
Se la velocità di formazione di E + P da ES e maggiore della velocità di dissociazione
di ES in E+S cioè:
kp>k-1
allora E, S e ES non saranno in equilibrio.
A tal punto se consideriamo la concentrazione di S notevolmente maggiore di E,
possiamo supporre che appena E ed S saranno in presenza l'uno dell'altro,
immediatamente essi reagiranno formando ES, raggiungendo uno stato stazionario
(steady-state) nel quale la concentrazione di ES rimane essenzialmente costante nel
tempo
Curva di progressione per una reazione catalizzata dove la concentrazione del reagente
iniziale (substrato) [S]0 è significativamente più grande della concentrazione dell’enzima
[E]t. Non appena il rapporto [S]0/[E]t incrementa, la regione regione relativa alla
condizione di stato stazionario rappresenterà una sempre maggiore frazione del tempo
totale di reazione. T rappresenta l’interavallo di stato pre-stazionario.
Da quanto detto risulta immediato che allo stato stazionario le velocità di formazione
e di dissociazione si equivarranno per cui avremo:
k1[E][S]=(k-1+kp)[ES];
[ES] = k1[E][S] /(k-1+kp)
il rapporto tra le tre costanti di velocità può essere definita come una singola costante,
Km (Michaelis).
Km=(k-1+kp)/k1
che sostituita alla relazione ottenuta nel caso dell'equilibrio rapido ci darà
La Km, è una costante dinamica o di pseudo-equilibrio che esprime la relazione tra le
concentrazioni reali allo stato stazionario, piuttosto che le concentrazioni
all'equilibrio. Il valore di questa costante corrisponde alla concentrazione di
substrato che produce una velocità semi-massimale. Infatti quando [S]=Km avremo:
Significato dei parametri di Michaeli-Menten
Significato della Kcat (Kp): La costante catalitica
La costante catalitica è detta spesso numero di turnover dell’enzima perché
rappresenta il numero massimo di molecole di substrato convertito in prodotto per
sito attivo per unità di tempo, o il numero di volte che l’enzima <turnover>
(<reinizia>) per unità di tempo.
La Kcat è una costante di velocità di primo ordine che si riferisce alle proprietà e alle
reazioni dei complessi enzima-substrato [ES], enzima-intermedio [EX] e enzimaprodotto [EP].
E’ possibile definire la costante catalitica, Kcat, di un enzima come:
Significato della Km:
La Km è la concentrazione di substrato alla quale v = Vmax/2. La Km è una costante
di dissociazione apparente che può essere trattata come la costante di dissociazione
complessiva di tutte le specie legate ali enzimi.
Significato di Kcat/Km:
La costante di specificità
La velocità di reazione per basse concentrazioni di substrato è data da
Cioè Kcat/Km è una costante di velocità apparente di secondo ordine.
L’importanza di Kcat/Km è che questo termine mette in relazione la velocità di
reazione con la concentrazione dell’enzima libero piuttosto che con quella totale;
infatti a basse concentrazioni di substrato l’enzima è in gran parte non legato [E] <
[E]o
per cui
In conclusione Kcat/Km è una costante di velocità apparente di secondo ordine che si
riferisce alle proprietà e alle reazioni dell’enzima libero e del substrato libero.
PERCHE' DETERMINARE LA Km
La determinazione del valore numerico della Km è interessante per le seguenti
ragioni.
a) la Km ci da un' indicazione approssimativa della concentrazione intra cellulare del
substrato;
b) poiché Km è una costante per un dato enzima, conoscere il suo valore ci permette
di comparare enzimi di differenti organismi o di diversi tessuti dello stesso
organismo;
c) la presenza di un ligando che induce cambiamenti nel valore della Km è un modo
per regolare l'attività di un enzima. Se il valore della Km valutata in vitro è
fisiologicamente troppo elevata avremo una indicazione sulla presenza di un
attivatore che in vivo diminuirà il valore della Km
d) conoscendo la Km possiamo ottimizzare le condizioni di dosaggio ([S]>Km)e
quindi determinare la Vmax, che è una misura di [Et];
e) la costante di Michaelis indica la convenienza per un enzima ad usare un substrato
piuttosto che un altro. Il substrato ottimale è quello che ha il maggiore rapporto
Vmax/Km.
Non applicabilità dell’equazione di Michaelis-Menten
Oltre a ragioni banali quali l’incapacità sperimentale di misurare le velocità iniziali,
ci sono due ragioni principali per la no applicabilità dell’equazione di MichaelisMenten.
1) Inibizione da substrato: una seconda molecola di S si lega per dare un complesso
ES2, cataliticamente inattivo
v=[E]0[S]Kcat/Ks + [S] +[S]2/K’s
All’aumentare di [S] la v diminuisce
2) Attivazione del substrato: si forma un complesso ES2 che è più attivo di ES.
REAZIONI REVERSIBILI
-EFFETTO DELPRODOTTO SULLA VELOCITA'DI AVANZAMENTOIn generale, tutte le reazioni catalizzate da enzimi sono reversibili.
K1
K2
K3
E + S ⇔ ES ⇔ EP ⇔ E + P
K1
K-2
K-3
applichiamo l'equazione di Henri-Michaelis-Menten in ambedue le direzioni della
reazione
Quando [P]=0
e quando [S]=0
la direzione della reazione dipenderà dal rapporto [P]/[S] relativa alla Keq.
Una equazione che esprima la velocità netta può essere derivata facilmente
considerando la teoria dell'equilibrio rapido (dove Kms=Ks e Kmp=Kp).
GRAFICAZIONE DEI DATI DI VELOCITA' CONTRO <<[S]>>
L'equazione di Michaelis-Menten descrive la curva ottenuta dal plot dei dati di
velocità iniziale in funzione di [S].
La curva descritta è un'iperbole rettangolare con un angolo di curvatura costante ed
indipendente dai valori di Km e Vmax. Conseguentemente il rapporto tra le
concentrazioni di substrato a due valori di Vmax è costante per tutti gli enzimi che
obbediscono alla legge di Henri-Michaelis-Menten.
Ad esempio il rapporto tra la concentrazione di S richiesta per una Vmax del 90% e
quella per una Vmax del 10% è sempre 81
ORDINE DI REAZIONE
Se esaminiamo la curva v vs [S] troviamo tre tipi di variazioni di v all'incremento di
[S]. A concentrazioni molto basse di substrato [S]<0.01 Km, la curva è essenzialmente
lineare cioè la velocità è direttamente proporzionale alla concentrazione di S (a).
(cinetica di primo ordine) Essendo in queste condizioni [S]< Km il valore di [S] al
denominatore della relazione di Michaelis può essere ignorata per cui avremo:
v = Vmax [S]/Km
ovvero
v = kcat [S]
A concentrazioni molto alte di substrato [S]>100Km , la velocità è essenzialmente
indipendente dalla concentrazione di S (c) (cinetica di ordine zero).
Essendo [S] molto maggiore di Km, il valore della costante può essere ignorata e
l'equazione semplificata diventerà
v = Vmax
La velocità sarà costante ed indipendente dalla concentrazione di [S]. I plots di [S] e
[P] contro il tempo saranno lineari.
A concentrazioni intermedie di substrato , la relazione tra v ed [S] non segue ne una
cinetica di primo ordine ne di ordine zero (b).
METODI GRAFICI DI DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI CINETICI
Poiché la curva che si ottiene dal plot di v contro [S] è un'iperbole, risulta
impossibile determinare il valore di Vmax e conseguentemente quello di Km essendo
questo eguale alla concentrazione di [S] che da 1/2 Vmax. Per permettere la
determinazione delle costanti cinetiche, i dati sono usualmente plottati in una delle
forme lineari descritte di seguito.
Plot di Lineweaver-Burk o dei doppi reciproci "1/v vs 1/[S]"
Questo metodo utilizza il reciproco della equazione di Michaelis-Menten
Come si può vedere in figura, le migliori misurazioni dei dati cinetici si ottengono
raccogliendo i dati su un intervallo di [S] che va da circa 0,5 Km fino a circa 5 Km.
Quindi, uno svantaggio dei grafici di Lineweaver-Burk è che la maggior parte delle
misurazioni sperimentali di [S], sono concentrate nella parte sinistra del grafico.
Inoltre, i dati riportati sulla parte destra e che influenzano maggiormente
l’andamento delle retta di regressione, sono quelli meno precisi in quanto sono
relativi a valori di [S] e conseguentemente di vo molto piccoli. Questo è un problema
perché il piccolo errore presente in questi dati di velocità verrà enormemente
amplificato nel momento in cui il dato verrà espresso in forma di reciproco.
Plot di Hanes-Woolf "[S]/v vs [S]"
L’equazione di Lineweaver-Burk può essere riarrangiata per ottenere l’equazione
lineare per il plot Hanes-Woolf:
moltiplicando ambo i membri dell’equazione per [S] essa diventerà:
Plot di Eadie-Hofstee "v vs v/[S]"
Plot di Eisenthal e Cornish-Bowden (diagramma diretto lineare)
REGOLAZIONE DELL'ATTIVITA' ENZIMATICA
-INIBIZIONE ENZIMATICAL'attività di un'enzima può essere regolata dalla presenza di composti che legandosi
all'enzima lo attivano o lo inibiscono. E' importante notare che l'alterazione del
comportamento cinetico non è in relazione al meccanismo molecolare per mezzo del
quale l'attivatore o l'inibitore agiscono sull'enzima.
Una reazione enzimatica inibita è definita come una reazione la cui velocità viene
rallentata dalla presenza di sostanze chiamate inibitori.
Tali sostanze possono esplicare la loro azione combinandosi sia col substrato, sia con
eventuali attivatori, sia con forme diverse dell'enzima.
La forma di combinazione più frequente, è quella enzima-inibitore, dove viene quindi
a diminuire la quantità di enzima disponibile per la reazione.
Il fenomeno dell'inibizione è di notevole importanza, poiché l'inibizione rappresenta
uno dei principali sistemi di regolazione del metabolismo (inibizione a "feed-back”)
ed è la base di azione di molti farmaci.
TIPI DI INIBIZIONE
- Inibizione da prodotto e dead-end
L'inibizione da prodotto è stata già trattata a proposito delle reazioni reversibili.
Una sostanza che non sia un prodotto di reazione e che si combina con l'enzima libero
[EI] o legato ancora al prodotto (EQI nel caso di meccanismi non UNI UNI) non
suscettibile di reagire ulteriormente , è un inibitore dead-end.
Gli inibitori, come tutti gli altri fattori che influenzano la velocità di una reazione
enzimatica, modificano Km e/o Vmax.
Per una reazione UNI UNI che segua l'equazione di Michaelis linearizzata
(Lineweaver-Burk)
1/v = 1/Vmax + (1/Ka) * 1/[A]
vi sono tre tipi generali di inibizione reversibile, che vengono distinti in base alla
famiglia di rette che si ottiene a varie concentrazioni di inibitore in un grafico dei
doppi reciproci.
Essi sono:
1. Inibizione competitiva
2. Inibizione incompetitiva
3. inibizione non competitiva
Questi tre tipi di inibizione hanno in comune la formazione di un complesso dead-end
[EI] o di un complesso non produttivo [EAI], od entrambi.
Esistono, inoltre, altri due tipi di inibizione: L’inibizione mista e l’inibizione a
feedback.
INIBIZIONE COMPETITIVA
Un inibitore competitivo è una sostanza che si combina con l'enzima libero in un
modo che previene il legame del substrato. Ciò significa che il substrato e l'inibitore
sono reciprocamente esclusivi, in quanto spesso competono per lo stesso sito. Un
inibitore competitivo può essere un analogo, non metabolizzabile, del substrato, un
derivato del vero substrato, o un substrato alternativo dell'enzima, o un prodotto
della reazione.
Un esempio classico di inibitore competitivo è l'acido malonico che inibisce la
succinico deidrogenasi, la quale catalizza la ossidazione dell'acido succinico ad acido
fumarico
l'acido malonico somiglia all'acido succinico quanto basta per potersi legare al sito
attivo dell'enzima.
Nella figura sottostante il modello 1 illustra un classico esempio di inibizione
competitiva nel quale un inibitore compete con un substrato per il sito attivo. I
modelli 2-4 rappresentano altri modi con i quali un inibitore ed un substrato possono
risultare mutuamente esclusivi: impedimento sterico (modello 2); impedimento
sterico o competizione per un sito di legame comune (modello 3); copertura
(overlapping) del sito di legame (modello 4); cambiamenti conformazionali indotti
dall'inibitore e dal substrato rispettivamente al sito di legame ed al sito di inibizione
(modello 5).
In poche parole l’inibizione é definita competitiva quando l'inibitore compete col
substrato nel legarsi al sito catalitico dell'enzima libero (competitiva pura), ovvero
quando, per effetto del binding dell'inibitore, si osserva una variazione
conformazionale della molecola enzimatica, con diminuita affinità per il substrato
(parzialmente competitiva). Lo schema di reazione è il seguente:
L’enzima totale sarà presente in tre forme:
L’equazione di velocità che si deriva è la seguente:
e nella forma reciproca essa diventa:
Nella figura sottostante è riportata la risposta cinetica dell’enzima in assenza ed in
presenza dell’inibitore:
Il plot dei dati cinetici nella forma di doppi reciproci da una serie di rette con
pendenza crescente al crescere della concentrazione dell’inibitore e con medesimo
valore di intercetta.
La distinzione di una inibizione competitiva pura da una parzialmente competitiva è
possibile perché il replot del coefficiente angolare di ciascuna retta in funzione della
concentrazione di I è lineare per l'inibizione competitiva pura, mentre l'altra da un
replot iperbolico.
Inibizione incompetitiva
In questo tipo di inibizione l'inibitore si lega ad EA formando un complesso EAI e
non si lega all'enzima libero.
Lo schema di reazione è il seguente:
L’enzima totale sarà presente in tre forme:
L’equazione di velocità che si deriva è la seguente:
che nella forma reciproca diventa:
Nella figura sottostante è riportata la risposta cinetica dell’enzima in assenza ed in
presenza dell’inibitore:
Il plot dei dati cinetici nella forma di doppi reciproci da una serie di rette parallele al
crescere della concentrazione dell’inibitore.
In questo tipo di inibizione avremo una diminuzione della Vmax poiché una quota di
E verrà sottratta alla reazione formando EAI. Anche il valore di Kmapp. sarà
inferiore, poiché la formazione di EAI, rendendo indisponibile una certa quantità di
EA, sposta l'equilibrio della reazione verso destra
Il replot dei valori di intersezione delle rette del grafico precedente contro le
concentrazioni di inibitore ([I]) risulterà lineare.
Inibizione mista
In questo tipo di inibizione, substrato ed inibitore si legano a siti diversi dell'enzima;
il legarsi di uno dei due può influenzare oppure no la costante di dissociazione
dell'altro. L'inibitore può legarsi ad E come ad EA, così come il substrato può legarsi
sia ad E che ad EI, con la formazione di un complesso ternario non produttivo.
Lo schema del meccanismo di reazione è il seguente:
si può osservare che ad ogni concentrazione di I unaq parte dell’enzima è presente
come complesso non-produttivo EAI. L’enzima totale Et, è presente in 4 forme:
Quando il complesso EAI è non-produttivo l’equazione di velocità che si ricava è la
seguente:
che in forma di doppi reciproci diventa:
α è il fattore che esprime come varia Ka quando il substrato si lega ad EI anziché ad
E, o come varia Ki quando l'inibitore si lega ad EA anziché ad E. α misura quindi
l'interferenza tra i due diversi binding, essendo:
α = Ki'/Ki.
Il plot dei dati cinetici nella forma di doppi reciproci da una serie di rette con
pendenza e punto di intersezione sull’asse y crescente al crescere della concentrazione
dell’inibitore (vedi figura seguente).
Il replot dei valori di intersezione e delle pendenze delle rette del grafico precedente
contro le concentrazioni di inibitore ([I]) risulterà lineare.
Inibizione non competitiva
Si ha quando α = 1, cioè quando A ed I non interferiscono nel loro rispettivo legarsi
all'enzima. Le corrispondenti equazioni di velocità sono identiche a quelle della
inibizione mista ma con α = 1.
l’equazione di velocità è la seguente:
Nel grafico primario le rette si incrociano sulle ascisse, poiché varia la Vmax
apparente, ma non la Km.
Nei relativi grafici secondari KiS e KiI coincidono, ciascuna essendo uguale a Ki.
Inibizione a feedback
Molte vie biosintetiche sono regolate mediante inibizione retro inibizione; cioè , il
prodotto finale/i o uno o più prodotti che sono quasi alla fine della via metabolica
controllano il flusso metabolico inibendo uno o più reazioni precedenti della via
metabolica. Spesso, la massima retro inibizione è ottenuta dall'azione combinata di
diversi prodotti finali. Questo impedisce che un prodotto finale di una via metabolica
caratterizzata da diverse ramificazioni blocchi definitivamente la stessa impedendo
all'organismo la produzione di altri prodotti finali collaterali. Nel percorso
metabolico mostrato di seguito, il prodotto finale X può inibire l'enzima E5; il
prodotto finale I può inibire l'enzima E9 ed ambedue I ed X insieme possono inibire
E1 in modo cooperativo, concertato, cumulativo o additivo.
Inibizione cooperativa (sinergica): Ognuno dei prodotti finali, I ed X, inibisce E1.
L'inibizione cooperativa implica che I ed X non siano mutuamente esclusivi.
Ambedue i prodotti finali possono combinarsi con E1 simultaneamente per formare
un complesso EIX e/o EIXS dead-end.
Inibizione concertata (multivalente): Ambedue i prodotti finali non hanno da soli
particolare effetto su E1, ma in presenza l'uno dell'altro, l'attività dell'enzima è
marcatamente inibita. L'inibizione concertata è un caso estremo di inibizione dove il
legarsi di uno dei prodotti finali incrementa notevolmente l'affinità dell'enzima per
l'altro prodotto finale.
Inibizione cumulativa (parziale): Ognuno dei due prodotti finali è un inibitore
parziale. Cioè , livelli saturanti di I in assenza di X e viceversa non sono in grado di
portare la velocità di reazione a zero. Questo implica che EI ed EX possono legare S,
ma non bene come E (inibizione parzialmente competitiva), o che EIS o EXS sono
cataliticamente attivi, ma non attivi come ES (inibizione parzialmente noncompetitiva), o ambedue (inibizione parzialmente mista). La vera inibizione
cumulativa si osserva quando sia I che X sono inibitori parzialmente non-competitivi.
Inibizione additiva: Una vera inibizione additiva di I ed X può esplicarsi soltanto se
esistono due distinti enzimi (o siti catalitici) ognuno sensibile soltanto ad uno dei due
inibitori. Così, una concentrazione saturante di I o X da una inibizione parziale
mentre la contemporanea presenza dei due darà una azione sinergica.
Feedback inhibition. The conversion of L-threonine to L-isoleucine is catalyzed by a
sequence of five enzymes (E1 to E5). Threonine dehydratase (E1) is specifically
inhibited allosterically by L-isoleucine, the end product of the sequence, but not by
any of the four intermediates (A to D).
Regolazione Allosterica
Regolazione per modifica covalente
Multiple regulatory phosphorylations. The enzyme glycogen synthase has at least
nine separate sites in five designated regions susceptible to phosphorylation by one of
the cellular protein kinases. Thus, regulation of this enzyme is a matter not of binary
(on/off) switching but of finely tuned modulation of activity over a wide range in
response to a variety of signals.
Regolazione attività per modifica strutturale
Scarica

lezione enzimi prof. taibi 23/03/2011