Introduzione ....................................................................................... 2
CAPITOLO I
Settore lattiero-caseario e fabbisogni di formaggi innovativi ............ 4
CAPITOLO II
Segmentazione del mercato ............................................................. 10
CAPITOLO III
Tecnologie casearie alternative alle paste filate .............................. 16
CAPITOLO IV
I coagulanti innovativi ...................................................................... 20
CAPITOLO V
Arricchimento nutrizionale dei formaggi attraverso l’alimentazione
degli animali ..................................................................................... 26
CAPITOLO VI
Le essenze foraggere utilizzate nel progetto NOVOROD ................. 36
CAPITOLO VII
La ricerca di mercato ........................................................................ 50
CAPITOLO VIII
Pianificazione delle azioni................................................................. 58
1
Introduzione
Il Progetto Novorod ha la finalità di immettere elementi di
innovazione lungo tutta la filiera di produzione del settore
lattierocaseario bovino, contribuendo ad aumentarne la competitività
attraverso l'introduzione di nuove tecnologie ed innovazioni di
prodotto e di processo.
In particolare, le azioni progettuali intervengono sulle seguenti fasi
della filiera:
ALLEVAMENTO. Si implementano sistemi di allevamento
finalizzati a una zootecnia da “formaggio” e non più da “latte”,
attraverso: la valorizzazione delle razze bovine a maggiore attitudine
casearia (Bruna e Pezzata Rossa) e di modelli di allevamento meno
intensivi; il collaudo di sistemi di alimentazione basati su foraggere
ad elevato potenziale di modifica del contenuto in sostanze ad azione
nutrizionale nel latte; il collaudo di formulazioni alimentari a base di
oleaginose ricche in acidi grassi polinsaturi; il collaudo di protocolli
di produzione di foraggere.
TRASFORMAZIONE. Presso i caseifici aderenti al progetto, si
collaudano linee di produzione innovative che riguardano: formaggi
a base di caglio vegetale, (messo a punto negli anni precedenti
dall'Unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva del CRA) prodotti
utilizzando il carciofo bianco di Pertosa (presidio Slow Food); sieroformaggi spalmabili e cremosi arricchiti con frutti di bosco prodotti
nel comprensorio degli Alburni, grazie al riutilizzo del siero di
scarto; formaggi naturalmente arricchiti, grazie ai sistemi di
alimentazione basati su foraggere ad elevato potenziale di modifica
del contenuto in sostanze ad azione nutrizionale nel latte.
2
VALORIZZAZIONE
E
COMMERCIALIZZAZIONE
DEI
FORMAGGI INNOVATIVI. L’obiettivo finale è concorrere al
riposizionamento strategico del settore lattierocaseario bovino
mediante azioni tese a: trasferire innovazioni tecnologiche e di
prodotto alle imprese; rafforzare la collaborazione tra imprese ed enti
di ricerca; garantire azioni di formazione e valorizzazione dei nuovi
prodotti.
3
CAPITOLO I
Settore lattiero-caseario e fabbisogni di formaggi innovativi
Il mercato italiano dei formaggi è in crescita ed è caratterizzato da
elevati consumi procapite. Si compone di una grande varietà di
prodotti, anche se la maggior parte dei consumi è riferita solo ad
alcune tipologie. Su circa 13 milioni di tonnellate di latte lavorate
dalle imprese, circa 9 milioni sono destinate alla produzione di
quattro tipologie di prodotti: mozzarella, Grana Padano, Parmigiano
e latte alimentare. (Mercati Mark up, 2008). Nel tempo, si assiste ad
un mutamento delle occasioni di consumo dei formaggi e delle
preferenze espresse dai consumatori, con una crescita rilevante dei
prodotti innovativi, destinati a specifiche occasioni di consumo. I
bilanci di approvvigionamento nazionali di formaggi e latticini
rivelano, nel periodo 1996-2009, una situazione in crescita per il
consumo umano, così come evidenziato in figura 1.1. Nel periodo
considerato, l’aumento registrato è pari al 5,59%.
Figura 1.1 Consumi domestici di formaggi e latticini
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (valori in migliaia di tonnellate)
4
Una stima dei consumi di formaggi in Italia, ripartiti per macroaree
geografiche, può essere ricavata da un’indagine campionaria
(Indagine Inran-Scai 2005-2006) riassunta in tabella 1.1.
Tabella 1.1 Consumi giornalieri di formaggi in Italia
Media consumi giornalieri (g/kg peso corporeo/die) formaggi per area
Area geografica
media
0,94
Centro
0,96
Nord occidentale
0,94
Nord orientale
0,96
Sud-isole
0,95
TOTALE
Gli acquisti di formaggi in Italia ed in Campania nel periodo 20012010 sono illustrati nel grafico seguente (figura 1.2) dove i valori
indicati rappresentano la variazione percentuale di acquisti domestici
dedicata ai formaggi, assumendo pari a 100 il valore dell’anno 2000.
Figura 1.2 Acquisti domestici di formaggi
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (Valore 2000=100)
5
La situazione italiana, pertanto, mostra complessivamente nel
periodo 2001-2010 un incremento degli acquisti di formaggi
(+0,6%). In Campania, invece, si rileva una diminuzione degli
acquisti (-6,1%).
La solidità della filiera lattiero casearia campana si riflette anche sul
ruolo che tali prodotti rivestono nel complesso del paniere di acquisti
familiari. La spesa media mensile familiare per la macrocategoria
“Uova, formaggi e latte” per il 2004 (figura 1.3) conferma una quota
nettamente più consistente a livello regionale rispetto alla media
nazionale e meridionale.
Figura1. 3 Spesa media mensile per "Uova, formaggi e latte"
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (valori correnti in euro)
Nonostante l’elevata varietà di prodotti interni e la polverizzazione
produttiva, con più di 2000 imprese di trasformazione di dimensioni
molto piccole, l’Italia risulta essere un paese importatore netto, così
come evidenziato dall’andamento import-export (in valore
economico) mostrato nella tabella 1.2. Nel 2011 si evince un
incremento del divario tra esportazioni ed importazioni rispetto
6
all’anno precedente. La situazione campana è inversa rispetto
all’Italia ed evidenzia saldi normalizzati positivi, indicativi di
esportazioni superiori alle importazioni. Nel 2011, tuttavia, il saldo
normalizzato (67,1%) è inferiore rispetto all’anno precedente
(71,4%).
Tabella 1. 2 Interscambio dei prodotti lattiero-caseari
Interscambio Italia
Esportazioni
2010 (gen-set)
2.147.441
3.580.621
-1.433.180
-25,0
2011 (gen-set)
2.386.591
3.908.085
-1.521.493
-24,2
Importazioni
Saldi
Saldi normalizzati (%)
Fonte:ns elaborazioni su dati ICE (valori in migliaia di euro)
Var %
11,1
9,1
Le caratteristiche del sistema produttivo lattiero-caseario sono
differenziate a seconda della specie allevata. I dati sulla consistenza
del bestiame da latte nel periodo 2002-2011 sono riportati in figura
1.4.
Figura 1.4 Allevamento del bestiame da latte in Campania
Fonte:ns elaborazione su dati Istat (numero di capi)
7
In Campania, gli allevamenti bufalino, caprino e ovino registrano un
incremento rispettivamente del 54,02%, 4,01% e 4,99%, a fronte di
una diminuzione dell’allevamento bovino (-13,77%). Il dato è in
linea con l’andamento nazionale per allevamento bovino (-8,16%) e
bufalino (+46,95%) ed in controtendenza per caprino (-2,87%) ed
ovino (-2,29%).
La produzione campana in valore dei prodotti lattiero caseari
corrisponde, nel 2007, a 181 milioni di euro pari al 4,14% della
produzione nazionale ed al 21,32% del valore della produzione
meridionale. (Ismea, 2008).
La consistenza del tessuto produttivo lattiero-caseario regionale è
sintetizzata nella tabella 1.3, da cui si evince l’elevata consistenza
dell’industria della trasformazione nelle province di Napoli, Salerno
e Caserta.
Tabella 1.3 Caseifici presenti in Campania
Caseifici della Campania
Provincia
Avellino
Benevento
Caserta
Napoli
Salerno
Totale
Numero attività
70
38
354
440
308
1210
Fonte:ns elaborazioni su dati CCIAA
Il dettaglio produttivo regionale di formaggi nel periodo 2002-2010
(figura 1.5) evidenzia un incremento produttivo di circa il 54%, a
fronte di un incremento nazionale del 9,73% registratosi nello stesso
periodo.
8
Figura 1.5 Produzione di formaggi in Campania
Fonte:ns elaborazione su dati Istat (quantità in quintali)
L’incremento della produzione regionale conferma, dunque, la
rilevanza del settore lattiero caseario sul tessuto produttivo campano,
con incrementi superiori di quasi sei volte rispetto alle medie
nazionali.
RIFERIMENTI: Mercati Mark up (2008), I Formaggi; Inran (Istituto
Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione), L’indagine
Nazionale sui consumi alimentari in Italia: Inran- Scai 2005-2006; Ismea,
Indicatori del sistema agroalimentare, Bilanci di approvvigionamento
lattiero-caseari; Ismea ( 2010), Osservatorio consumi domestici acquisti di
formaggi; Ismea (2008), Outlook dell’agroalimentare italiano 2008.
SITOGRAFIA: www.ice.it; www.datima.ismea.it; www.agri.istat.it
9
CAPITOLO II
Segmentazione del mercato
Il settore lattiero-caseario è caratterizzato da una notevole varietà di
produzioni che ne differenziano il mercato. Le modalità di
classificazione dei formaggi sono molteplici. A ciò si aggiunge la
frammentazione che deriva dalle produzioni tipiche di ogni territorio.
In Campania, ad esempio, la filiera lattiero-casearia rappresenta uno
dei principali segmenti economici dell’agroalimentare regionale ed è
caratterizzata da notevoli tipicità territoriali. Tuttavia nel settore
lattiero-caseario campano manca la tradizione e la tecnologia di
lavorazione di formaggi alternativi alle paste filate, ottenuti con latte
vaccino. La realizzazione di tale tipologia produttiva ed il tentativo
d’inserimento sul mercato, non possono prescindere da un’accurata
analisi dello stesso in termini di consumi, contesto produttivo e
prezzo, relativamente alle tipologie di prodotti già consolidati ed
affermati. I consumi alimentari di formaggi, per classe d’età e per
area geografica d’appartenenza sono desumibili dalla tabella 2.1.
Tabella 2.1 Consumi medi di formaggi e sostituti
Consumi medi di Formaggi e sostituti (g/kg di peso corporeo/die)
Classi età
Nord
Nord
Centro
Sud e isole
occidentale
Orientale
Bambini piccoli
2,50
2,09
3,01
2,27
(0-2)
Bambini
1,88
1,64
2,09
1,82
(3-9)
Adolescenti
1,20
1,33
1,21
1,08
(10-17)
Adulti
0,90
0,92
0,88
0,90
(18-64)
Anziani
0,80
0,79
0,70
0,86
(65-97)
Fonte:ns elaborazione su dati Inran-Scai 2005-2006
10
Dalla tabella si evince che i valori più alti di consumo medio
procapite sono individuabili nei bambini. Tuttavia, esiste una forte
variabilità in funzione del sesso del consumatore, oltre che della
provenienza geografica. L’intrinseca variabilità delle tipologie
produttive di formaggio e le derivanti difficoltà sovraesposte
costituiscono un ulteriore elemento di mutabilità interna.
Gli indici relativi agli acquisti di formaggi per le famiglie dell’Italia
e del meridione nel periodo 2001-2010 sono rappresentati nella
figura 2.1. L’andamento risulta differente a seconda delle tipologie
considerate.
Figura 2.1 Acquisti medi di formaggi delle famiglie italiane e
meridionali
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (Valore 2000=100)
I formaggi stagionati, infatti, subiscono un calo maggiore sia per
l’Italia (-5,9%) che per il meridione (-10,9%), con un calo più
marcato per quest’ultima area. I formaggi freschi e fusi, invece,
11
hanno un andamento diverso a seconda dell’area considerata:
sebbene nel meridione subiscano un calo del 6,2%, in Italia
registrano un aumento del 7,3%. Questo mostra, pertanto, come il
settore dei formaggi freschi, almeno stando ai dati nazionali, possa
essere un utile segmento di mercato su cui inserire nuove produzioni.
Il trend relativo alla segmentazione produttiva dei formaggi in
Campania nel periodo 2002-2010 è mostrato nelle figure 2.2 e 2.3.
Figura 2.2 Produzione delle principali tipologie di formaggi in
Campania
Fonte: ns elaborazione su dati Istat(quintali)
La produzione di formaggi a pasta dura, semidura e molle risulta in
aumento e con variazioni rispettivamente del 489,36%, 21,33% e
855,84%. L’andamento nazionale è simile, anche se con valori di
incremento inferiori per i formaggi a pasta dura (3,10%) e semidura
(5,38%) mentre per i formaggi a pasta molle si registra una
diminuzione (-7,00%).
12
Figura 2.3 Produzione di formaggi freschi in Campania
Fonte: ns elaborazione su dati Istat (quintali)
La produzione di formaggi freschi in regione (figura 2.3) mostra
valori nettamente superiori rispetto alle altre tipologie e con un trend,
nel periodo esaminato, del +41,42%. L’andamento nazionale per la
stessa categoria mostra altresì una crescita di circa la metà rispetto al
dato campano (+24,68%).
L’andamento storico dei prezzi (1993-2012) sul mercato nazionale
all’origine dei formaggi per tipologia, è riassunto nella figura 2.4. Il
trend dei prezzi risulta essere crescente per tutte le varietà, ma si può
altresì constatare un incremento più consistente per le tipologie
formaggi freschi e latticini (+85,01%) ed a pasta dura (+56,62%).
13
Figura 2.4 Trend dei prezzi dei formaggi in Italia (mercato di origine)
Fonte:ns elaborazione su dati Ismea (prezzi in €/Kg)
L’andamento dei prezzi relativi al mercato d’origine per la
Campania, relativi al periodo 2007-2012, evidenziano una
diminuzione in valore dei prezzi di Caciocavallo (-14,87%),
Scamorza (-1,51%) e Mozzarella di bufala (- 2,49%), cui si affianca
un incremento dei prezzi del formaggio Silano (+5,41%).
A titolo di esempio dell’andamento del mercato all’ingrosso
regionale, si possono considerare i dati rilevati dalla Camera di
Commercio di Salerno, relativi al periodo 2003-2010. La mozzarella
di bufala mostra andamenti quasi costanti dei prezzi, che si attestano
su un valore di 769 €/quintale. Il caciocavallo stagionato e le provole
affumicate bufaline mostrano invece incrementi rispettivamente dello
0,25% (789 €/quintale) e del 2,60% (800€/quintale) a fine periodo. I
prezzi delle scamorze (692 €/quintale) e del caciocavallo fresco (596
€/quintale) restano, invece, invariati nel tempo.
14
Dall’analisi della segmentazione del mercato si evince che i
formaggi prodotti nell’ambito del progetto Novorod si inseriscono in
un segmento di mercato in espansione. Come già evidenziato, la
produzione ed i prezzi dei formaggi a pasta molle sono in crescita in
Italia ed in Campania. Inoltre la produzione di formaggi freschi e
latticini registra valori nettamente superiori rispetto alle altre
categorie. Il successo dei formaggi innovativi del progetto Novorod
in tale segmento di mercato, sarà favorito anche dalle innovazioni di
prodotto, come nel caso dei formaggi realizzati utilizzando caglio
vegetale a base di Carciofo Bianco di Pertosa, tecnica scoperta e
messa a punto dall’unità di Ricerca per la Zootecnia Estensiva di
Bella (PZ), che conferisce al prodotto particolari caratteristiche
sensoriali. Le note amarognole derivanti dall’utilizzo del caglio di
carciofo ne costituiscono elemento di distinzione, incontrando le
preferenze di un mercato sempre più attento a prodotti differenziati,
con contenuto salutistico, con caratteristiche peculiari che rendono
uniche le occasioni di consumo.
RIFERIMENTI: Inran (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la
Nutrizione), L’indagine Nazionale sui consumi alimentari in Italia: InranScai 2005-2006; Ismea (2010), Osservatorio consumi domestici acquisti di
formaggi ; PSR 2007-2013 della Regione Campania
SITOGRAFIA: www.agri.istat.it; www.datima.ismea.it
15
CAPITOLO III
Tecnologie casearie alternative alle paste filate
Uno degli obiettivi del progetto NOVOROD è l’introduzione di
tecnologie casearie alternative alle paste filate. Di seguito si
illustrano gli schemi tecnologici di tre tipologie di formaggi vaccini,
già apprezzati dal consumatore in alcune prove di assaggio. Si tratta
dei seguenti formaggi: caciotta dolce, formaggio molle, “semicotto”.
I primi due sono a breve stagionatura, 10-20 giorni, con pezzatura da
500 g, in linea con l’attuale tendenza di mercato che preferisce forme
piccole. Per la struttura morbida e il sapore lattico e dolce, si pensano
soprattutto per il consumatore più giovane. Il terzo è di media
stagionatura (minimo 3 mesi), di pezzatura maggiore (1-2 kg) ma si
presta al porzionamento e confezionamento sottovuoto. È gradito dal
consumatore più “maturo”, che ama un gusto più pronunciato, senza
tuttavia rinunciare alla delicatezza del latte vaccino.
Un’ultima considerazione importante. Ogni tecnologia prevede una
maturazione a temperatura e umidità ben precise, e a volte la
salamoia. Ciascun passaggio dello schema tecnologico influisce sul
risultato finale. Pertanto è opportuno che al formaggio che si sceglie
di produrre si dedichi una CELLA, in modo da rispettare le
caratteristiche di temperatura e umidità, e una SALAMOIA. Il
rischio è di “contaminare” il formaggio con aromi o sapori estranei
alla tipologia (es., fumo o fermentato da paste filate) o non favorire
l’asciugatura più idonea per quei formaggi.
Con queste premesse, vediamo ora i flussi tecnologici dei tre
formaggi.
16
Tecnologia della caciotta
Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o
termizzato, caglio liquido di vitello (25
ml/hl, titolo 1:18000), fermento: S.
thermophilus e L. bulgaricus per inoculo
diretto in caldaia, preincubato in latte a 40°C.
Attrezzature: stampi in plastica a forma di canestro da 1 kg con
fondo, teli di plastica.
Tempo Attività
00.00
00.25
00.45
00.55
01.20
01.30
01.40
01.45
01.55
02.10
02.40
03.10
05.40
17.30
fermento liofilizzato nel secchio di latte a 40°C
latte + fermento del secchio in caldaia a 38°C
aggiunta del caglio e mescolamento lento e omogeneo
presa (10 minuti) e successiva coagulazione (25-30 min)
1° taglio con lira a 5 cm, rivoltamento con spannarola
2° taglio con lira fino a “nocciola”, poi riposo (10’ ca.)
agitazione della cagliata con la rotella
asportazione di una parte del siero
temperatura cagliata 38°, inizio travaso negli stampi preriscaldati
con acqua calda e posti su tavolo d’acciaio
copertura degli stampi con teli di plastica, pH 6.4-6.45
1° rivoltamento, stufatura a 38°C x 3 ore fino a pH 5.2
2°, 3°, 4° rivoltamento con cadenza 30 minuti
formaggio negli stampi in cella a 7-8°C per 12 ore
il giorno dopo, stampi in salamoia o salatura a secco
Salamoia: a 19°Baumè, pH 5,00 ca., temperatura 15-17°C, 2 ore/kg.
Cura: 2-4 ore di sgocciolatura dopo salamoia, cella fredda a 8°C per
20 gg, frequenti rivoltamenti e pulitura delle muffe (U.R. celle 8590%). Caratteristiche: crosta paglierina, pasta morbida, eventuale
piccola occhiatura, sapore dolce, lattico e leggermente acidulo. Resa:
12-14%.
17
Tecnologia del formaggio molle
Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o
termizzato, caglio liquido di vitello, miscela di
fermenti tipo S. thermophilus e L. lactis in
rapporto 1:1.
Attrezzature: caldaia a doppio fondo, stampi
parallelepipedi in plastica con fondo, da 500 g,
tavoli spersori in acciaio, celle di stagionatura e refrigerate.
Tempo Attività
00.00
00.10
00.20
00.35
00.40
00.50
00.55
01.05
01.30
01.40
latte in caldaia a 34-36°C, aggiunta di fermenti 0.5-1.5%
aggiunta caglio (25-30 ml/hl a titolo 1:18.000)
presa (in circa 8-10 minuti)
taglio del coagulo con lira a file distanti 5 cm
riposo cagliata per 5’, rivoltamento con spannarola
rottura a grani di nocciola grossa
riposo cagliata sotto siero, eliminazione di 1/3 del siero
travaso rapido della cagliata negli stampi su tavolo spersore
sgrondo siero dagli stampi
inizio rivoltamenti e stufatura – locale a 32-34°C e 90% UR, per
3-4 ore con rivoltamenti periodici ogni 1, 2, 3, 4 ore (fino a 6
rivoltamenti) – pH pasta a fine stufatura 5.0-5.2. Asciugatura e
consolidamento dei formaggi nello stampo in un locale a 5-6°C x
12 ore.
Salatura: a secco con sale grosso sulle facce, oppure salamoia (pH
>5) a 10-12°C, a conc. 18 °Baumé per 1 ora. Cura: in celle a 6-7°C e
UR 85-90%, per 20-30 giorni con rivoltamenti giornalieri e lavaggi
con acqua e sale. Caratteristiche: crosta giallognola, pasta morbida,
uniforme, chiara, senza occhiatura, fondente in bocca; sapore
burroso, mai acido o piccante. Resa: 12-13%.
18
Tecnologia del semicotto
Ingredienti: Latte vaccino pastorizzato o
termizzato, sieroinnesto o lattocolture di
S. thermophilus.
Attrezzature: caldaia a doppio fondo,
stampi di plastica da 3 kg, tavoli spersori,
cella fredda e cella di stagionatura.
Tempo Attività
00.00
00.20
00.50
01.00
01.20
01.40
02.00
05.00
17.00
latte in caldaia a 38°C, aggiunta di fermenti 1-3%
aggiunta caglio liquido, 25-30 ml/hl (titolo 1:18.000)
taglio della cagliata e rottura fino a “chicco di riso”
riscaldamento della cagliata a 42-45°C in agitazione lenta
riposo della cagliata
estrazione del siero e trasferimento di cagliata nelle forme,
pressatura manuale della pasta nelle forme
stufatura a 38-40°C x 3 ore fino a pH della pasta 5.2
sosta in cella fredda a 6-8°C x 12 ore
immersione in salamoia per 12 ore o salatura a secco
Salatura: soluzione salina a 12°C, a conc. 18° Baumé, o a secco.
Cura: rivoltamenti e puliture in cella fredda, a 12-15°C, UR 80-85%,
per 3 - 6 mesi, secondo il prodotto che si vuole ottenere. È preferibile
utilizzare un ambiente naturale, come grotte o cantine interrate, da
destinare esclusivamente alla cura dei formaggi. Caratteristiche:
crosta a superficie irregolare, unghia evidente, pasta compatta con
rara occhiatura, colore avorio, lieve granulosità, solubile, sapore
caratteristico, sapido, intenso nei più invecchiati, mai piccante.
Resa: 10%
19
CAPITOLO IV
I coagulanti innovativi
Un formaggio innovativo può essere espressione di un coagulante
innovativo. Brevemente, il coagulante nel settore caseario è una
sostanza ricca di enzimi in grado di far coagulare il latte. È chiamato
comunemente anche CAGLIO. Gli enzimi (principio attivo dei
coagulanti) partecipano alla reazione chimica di trasformazione di
proteine e grassi. Avremo così le proteasi, enzimi ad azione
proteolitica (spezzano cioè le proteine in molecole più piccole) e
lipasi, azione lipolitica (spezzano le molecole dei grassi liberando
acidi grassi).
Classificazione dei coagulanti
Esistono diversi tipi di coagulanti e sono venduti in forma liquida,
polvere o in pasta. Nella tabella seguente sono riportati i più diffusi.
Tabella 4.1 Tipi di coagulanti suddivisi per origine
ORIGINE
- animale
- fungina
(muffe)
- da DNA
ricombinato
(OGM)
- vegetale
TIPO
- Caglio bovino
- Caglio caprino e ovino
- Pepsina bovina, suina, di
pollo
da Mucor miehei
da Mucor pusillis
da Endothia parasitica
- di batteri (E. coli)
- di lieviti (K. lactis)
- di funghi (A. nidulans)
Estratto di cardo, gallio, fico,
papaia, etc.
ENZIMI
- proteolitici
- proteolitici e lipasi
- Pepsina
Proteasi acida
- Chimosina A
- Chimosina B
- Chimosina B
Miscela di enzimi
proteolitici
20
Il caglio animale in breve
Il più diffuso e conosciuto è quello liquido ottenuto dallo stomaco
del vitello. È disponibile anche in polvere e in pasta. I suoi enzimi
(pepsina e chimosina) sono attivati da un pH acido e anche la
temperatura influisce sull’attività coagulante (40°C è la temperatura
ottimale). La pepsina è 45 volte più proteolitica della chimosina.
Sono disattivate a 52-59°C. I formaggi ottenuti con questo caglio
sono caratterizzati da una pasta dolce in quelli freschi, sapida ma mai
piccante in quelli stagionati.
Per alcuni formaggi tradizionali sono utilizzati il caglio di agnello e
di capretto (in pasta o in polvere), industriali o aziendali. Questi
coagulanti presentano, oltre a chimosina e pepsina, quantità variabili
di lipasi, un enzima ancora poco studiato, e sono responsabili del
gusto piccante del formaggio. Miscelando ad arte il caglio ovicaprino con quello bovino, si può creare una gamma di formaggi
vaccini con carattere deciso, come il provolone piccante.
Una curiosità: i vegetariani assoluti (Vegani) non mangiano il formaggio
fatto con caglio animale e cercano, invece, formaggi ottenuti con altri
coagulanti.
Altri coagulanti: microbici e da OGM
I coagulanti microbici (disponibili in forma liquida e in polvere) si
ottengono dalla coltivazione di muffe (citate nella precedente tabella)
e sono resistenti a pH e temperature elevati. La caratteristica
principale è la capacità di indurre un rassodamento più lento della
cagliata all’inizio e più rapido alla fine del processo, con maggiore
velocità di acidificazione e di spurgo della cagliata rispetto al caglio
di origine animale. Pertanto è bene velocizzare il processo, per
evitare un’acidificazione o un’asciugatura eccessiva della cagliata.
21
I coagulanti da organismi geneticamente modificati (OGM)
contengono solo chimosina. Come si ottengono? Il codice genetico
responsabile della produzione di questo enzima è “copiato” da quello
bovino e la “copia” viene “trapiantata” in microrganismi non
pericolosi per la salute umana; questi si moltiplicano e producono
l’enzima, che viene raccolto e venduto in forma liquida. Per la
legislazione italiana, per poterli usare si deve ottenere
un’autorizzazione specifica, sono vietati per la produzione di
formaggi DOP o IGP. Essendo a base di sola chimosina, non
riproducono la miscela presente negli altri coagulanti.
Il caglio vegetale
Come abbiamo visto nella tabella, più di una specie vegetale presenta
un’azione coagulante.
In alcuni paesi europei (Spagna e Portogallo) si producono formaggi
tradizionali e DOP con estratto di Cynara cardunculus (cardo
selvatico): Queso de la Serena, Torta del Casar, Ibores in Spagna, il
Serpa e il Serra da Estrela in Portogallo (solo per citare qualche
nome), quasi tutti prodotti con latte ovino, a livello aziendale,
artigianale o in piccoli caseifici. In Italia, Lucio Columella, nel 50
d.C. (“De Re Rustica”), citava l’uso del cardo selvatico, ed ancora
oggi si produce il Caciofiore nel Lazio.
I principi attivi coagulanti sono contenuti nel fiore del cardo, e la
miscela di enzimi è tutt’oggi molto studiata a livello internazionale.
Sono state individuate due proteasi (la cynarasi e la cardosina),
presenti in forme e dosi diverse. La conseguenza di questa variabilità
è che la “forza di coagulazione” dell’estratto non è costante. Inoltre
altri fattori influiscono sul potere coagulante, come le modalità di
22
preparazione e di estrazione. La coagulazione avviene fra i 27° e i
30°C; la miscela di enzimi presenta la massima attività in un latte a
pH 5,1 e un’intensa attività proteolitica: questi formaggi presentano
tutti una pasta “molle”, burrosa, che tende a perdere completamente
la struttura e presentarsi liquefatta, da prendersi “al cucchiaio”! Si
presentano, inoltre, a volte piccanti e con una lieve nota amara,
caratteristica specifica e non difetto, dovuta a proteolisi secondarie.
Naturale innovazione
L’equipe del CRA ZOE ha studiato e messo a punto un coagulante
vegetale innovativo, ed è stato utilizzato per la lavorazione di latte
vaccino di razze alternative alla Frisona, ossia la Pezzata Rossa e la
Bruna Italiana. Al latte di queste razze, che ha un contenuto
superiore di grasso e proteine, nonché una maggiore resa alla
caseificazione rispetto alla Frisona (tabella 4.2), si aggiungono le
sostanze nutraceutiche provenienti da un’alimentazione mirata (vedi
capitoli successivi), in grado di arricchire in modo naturale il latte.
Tabella 4.2 Composizione media e resa del latte delle razze Frisona,
Bruna e PR per la produzione di un formaggio a pasta dura
Grasso %
Proteina %
Caseina %
Resa %
Frisona italiana
3,67
3,35
2,25
6,75
Bruna Alpina
3,8
3,6
2,69
8,02
Pezzata Rossa
3,9
3,42
2,65
7,62
23
Nell’ambito di NOVOROD sono state proposte due tipologie di
formaggio con coagulante vegetale: a) tipo Caciotta: discoidale,
pezzatura da 500 g, 20 giorni di stagionatura, a pasta morbida e
avvolgente, dal gusto dolce-amaro, che tende alla nocciola verde con
l’avanzare della maturazione (oltre i 30 giorni); b) tipo Semicotto:
rottura più spinta (a chicco di riso) e riscaldamento della cagliata a
42-45°C, pezzatura da 2-3 kg e stagionato per almeno 3 mesi. La
pasta è compatta, con lieve occhiatura, solubile, a volte leggermente
astringente, sapida e caratterizzata da note più decise (erbaceo,
fresco, etc.).
Vediamo di seguito gli schemi tecnologici.
Schema tecnologico della Caciotta a coagulante vegetale







latte pastorizzato + fermenti termofili, temp. 36°C
aggiunta di coagulante vegetale
presa e coagulazione (in 60-80 minuti)
taglio a quadrati di 5 cm di lato, riposo 10 min, rottura a
nocciola, riposo
messa in forma e drenaggio, stufatura a 35-36°C x 3 ore
salatura a secco o salamoia
maturazione in cella a 8-10°C e Umidità Relativa 85-90% per 2030 gg,
24
Schema tecnologico del semicotto a coagulante vegetale








latte pastorizzato + fermenti termofili, temp. 38°C
aggiunta di coagulante vegetale
presa e coagulazione (in 1 ora circa)
rottura a chicco di riso e riposo
riscaldamento della cagliata in caldaia a 42-45°C e riposo per 1015’
messa in forma con pressatura manuale e stufatura a 38°C x 3
ore
salatura in salamoia o a secco
maturazione in cella a 12-15°C per 90-120 gg e Umidità Relativa
75-80%
Dal siero ottenuto dalle lavorazioni si può ottenere una ricotta
morbida, con sentore di erbaceo, che si sprigiona soprattutto appena
fatta e ancora calda.
Le prospettive si rivelano interessanti, considerando il successo di
pubblico (soprattutto il consumatore “informato”), riscontrato da
questi formaggi in varie occasioni di assaggio, un riscontro positivo
per un prodotto innovativo che si presenta sotto buoni auspici.
25
CAPITOLO V
Arricchimento
nutrizionale
l’alimentazione degli animali
dei
formaggi
attraverso
Parlare di arricchimento, di una matrice come il formaggio,
soprattutto se formaggi stagionati (con basso contenuto di acqua),
con un elevato contenuto di sali minerali (calcio), grasso e proteine,
può sembrare un paradosso. Le motivazioni sono diverse e limitate,
generalmente, a molecole e microcomponenti poco considerati. Si
tratta, infatti, di dare la giusta importanza nell’ambito dei
macrocomponenti (grasso, proteine, ecc.) alle singole molecole
costitutive (acidi grassi liberi e totali, amminoacidi, vitamine ecc.).
Sono proprio queste molecole, poco importanti dal punto di vista
quantitativo, a esercitare effetti positivi sulla salute umana. Un
formaggio con un contenuto elevato di grasso è generalmente
demonizzato dai “dietologi”che si preoccupano solo di vietarceli.
Grasso elevato, infatti, è sinonimo di colesterolo elevato e,
comunque, di qualcosa di dannoso per la salute umana. Vedremo, o
almeno cercheremo di dimostrare, che questo non è sempre vero. Se
consideriamo come parametri di valutazione alcune molecole di tipo
nutrizionale, le differenze fra latti e fra formaggi diventano
importanti.
In cosa arricchire?
Alcune molecole sono definite con l’aggettivo “essenziale”. Il
termine “essenziale” non è solo sinonimo di “primario”, importante,
fondamentale, ma indica un concetto molto preciso. Un nutriente è
essenziale se l’organismo umano non è in grado di sintetizzarlo e, di
conseguenza, la dieta rappresenta l’unica fonte di quel nutriente.
Esiste, poi, un certo numero di sostanze non “essenziali” dal punto di
vista nutrizionale, ma che, comunque, possono avere effetti benefici
26
nel mantenimento di un buono stato di salute. Si tratta delle sostanze
che, nella moderna terminologia scientifica, vengono definite
“funzionali”.
Si tratta di cercare di far aumentare il contenuto di quelle sostanze
ritenute “funzionali” dal punto di vista della salute del consumatore.
La qualità nutrizionale comprende tutti quei componenti
potenzialmente presenti in maggiore quantità nei cosiddetti alimenti
“funzionali”. Gli alimenti “funzionali” sono definiti come cibi che
comprendono prodotti potenzialmente benefici per la salute oltre alle
proprietà nutritive che normalmente veicolano. Sono compresi: gli
acidi grassi della serie omega-3, il CLA (acido linoleico coniugato),
gli antiossidanti, gli oligoelementi minerali e le vitamine.
Queste molecole, pur incidendo poco dal punto di vista quantitativo,
svolgono un ruolo molto importante. Anche altre molecole sono
importanti dal punto di vista edonistico e non solo. Parliamo, in
questo caso, dei componenti organici volatili (aldeidi, chetoni, alcoli,
esteri e terpeni) importanti dal punto di vista dell’odore e dell’aroma
del formaggio. Sostanze volatili, quindi, facilmente percepibili dal
“naso” del consumatore e in grado di condizionare la scelta e
l’acquisto di un formaggio.
Quali sono le molecole più importanti su cui possiamo agire?
I prodotti lattiero-caseari contengono e sono una fonte
importantissima di nutrienti essenziali. Se consideriamo le proteine,
tanto per fare un esempio, che sono presenti con funzioni di sostegno
in tutto il corpo animale, l’organismo pur essendo in grado di
sintetizzarle ha la necessità di alcuni amminoacidi, “i mattoncini”
delle proteine che vengono definiti “essenziali”. La lisina, il
triptofano, la taurina, tanto per citarne qualcuno, sono amminoacidi
essenziali.
27
Su queste molecole, definite essenziali, il cui contenuto dipende da
numerosi fattori (razza, stagione, ecc.), abbiamo poche possibilità di
agire per aumentarne il contenuto tramite l’alimentazione animale.
Su altre, invece, tramite l’alimentazione degli animali, abbiamo ampi
margini di “manovra”. Ci riferiamo, in questo caso, al grasso, tra i
macrocomponenti, e, tra i microcomponenti o metaboliti secondari,
alla vitamina E (Tocoferolo), il beta carotene, gli antiossidanti, gli
acidi grassi (polinsaturi, CLA, omega-3, ecc.) e il colesterolo.
Il grasso e le proteine
Il grasso e le proteine sono i due costituenti principali del formaggio
e da cui dipende anche la resa di trasformazione. La loro quantità
varia a seconda della composizione del latte di partenza e della
stagionatura. Le proteine del formaggio sono rappresentate dalla
caseina, tranne alcune eccezioni, come nel caso del Cacioricotta,
tecnologia che prevede l’inclusione nel formaggio di caseina e
sieroproteine. La caseina, infatti, rappresenta il substrato su cui
agisce il caglio e entra a far parte del formaggio. La caseina svolge
un ruolo fondamentale in quanto condiziona favorevolmente la
coagulazione e con essa la ritenzione nella cagliata di maggiori
quantità di grassi e proteine. Si ottiene, in questo modo, una cagliata
più soda e ben spurgata che si presta meno ai difetti di maturazione
che deprezzano il formaggio.
Il contenuto di grasso e proteine influenza, oltre alla resa, anche le
caratteristiche reologiche dei nostri formaggi. Nel latte,
normalmente, il tenore in grasso è sempre superiore a quello delle
proteine. Negli ultimi anni, invece, a causa di sistemi alimentari
sempre più intensivi, con largo ricorso a dosi elevate di concentrato,
si sta assistendo all’inversione del rapporto grasso /proteine. In molti
casi il contenuto di proteina nel latte è superiore a quello del grasso.
28
Non si tratta, ovviamente, di un aumento del contenuto di proteine
(l’alimentazione ha scarsi effetti sul tenore in proteine) ma
semplicemente, a causa di razioni sempre meno fibrose e a fibra
corta, di una graduale diminuzione del contenuto di grasso. Il
risultato finale è rappresentato da formaggi sempre più “gessosi”.
L’impiego di razioni e sistemi di allevamento “meno intensivi” è uno
degli scopi del progetto NOVOROD. Il contenuto di grasso e di
proteina nel formaggio essendo il substrato di tutte, o quasi, le
trasformazioni enzimatiche e batteriche che avvengono nel corso
della maturazione, influenzano le caratteristiche organolettiche e
sensoriali dei formaggi. In sostanza, tutto quello che, al termine della
stagionatura di un formaggio, percepiamo è, comunque, legato al
contenuto di grasso e proteina del latte. Non a caso i due fenomeni
fondamentali della maturazione sono la lipolisi (scissione del grasso)
e la proteolisi (scissione delle proteine).
Il tenore in grasso può, quindi, essere aumentato, o almeno
preservato, con opportune razioni e/o con l’impiego di idonee
integrazioni alimentari. L’introduzione, con il progetto NOVOROD,
nel piano colturale delle aziende, di essenze foraggere, idonee sia
all’ambiente di coltivazione e sia all’alimentazione dei bovini, ha
proprio lo scopo di garantire la formulazione di razioni con adeguati
contenuti di foraggi (il tenore del grasso nel latte e nei formaggi è
espressione del rapporto foraggi/concentrati della razione). Alcune
integrazioni, invece, come il lino sono state introdotte sia per
aumentare il grasso e il valore nutrizionale dei formaggi (contenuto
di acidi grassi polinsaturi, CLA, ecc.) e sia, per testare coltivazioni
che potrebbero rappresentare una valida alternativa a materie prime,
con effetti sul valore nutrizionale del latte e dei formaggi, di
provenienza esterna e sia per tentare una azione di recupero di risorse
vegetali un tempo coltivate nelle aree interessate dal progetto.
29
Vitamina E
La vitamina E, grazie al fatto di essere dotata di proprietà
antiossidanti, gioca un doppio ruolo. Garantisce, infatti, la stabilità
degli alimenti proteggendoli dall’ossidazione e contribuisce al
mantenimento dello stato di salute dell’uomo proteggendolo
dall’azione negativa dei radicali liberi. Il contenuto nel latte e nei
formaggi varia in funzione di numerosi fattori: specie animale,
alimentazione, stagione e tecniche di lavorazione dei formaggi.
Quasi tutti gli alimenti, testati e in corso di collaudo, presso le
aziende zootecniche aderenti al progetto NOVOROD, e alcuni, in
particolare, contribuiscono ad arricchire il latte e i formaggi in
Vitamina E. Particolarmente interessanti sono risultati gli alimenti
somministrati allo stato verde (sorgo foraggero).
Beta carotene
Il beta carotene, oltre ad essere il precursore della Vitamina A e,
quindi, svolge, come tale, un ruolo importante a livello di nutrizione
umana (soprattutto in termini di impedimento della formazione dei
radicali liberi), è responsabile della colorazione gialla del latte e dei
formaggi. Nel caso dei formaggi bovini il “giallo” è sinonimo di
prodotti ottenuti da animali alimentati al pascolo (il contenuto più
elevato si riscontra nelle piante verdi) e, in pratica, di alimento
“naturale”. Le essenze impiegate nel progetto NOVOROD, foglie di
carciofo, sorgo foraggero, ecc., hanno confermato che
l’alimentazione degli animali svolge un ruolo importante. Sono state
osservate, comunque, anche differenze imputabili alle razze
(maggiore contenuto nel caso della Pezzata Rossa rispetto ai
formaggi derivanti dal latte di Frisona). Esiste, in questo caso, un
rapporto molto stretto tra razza e sistema alimentare. La Frisona,
30
infatti, è tenuta alla stalla. Le Pezzate Rosse, impiegate nel progetto
NOVOROD, usufruiscono sempre di un certa “quota” di pascolo.
Antiossidanti
Molte malattie dell’invecchiamento e alcune patologie (aterosclerosi,
tumori, malattie neuro-degenerative) dipendono da reazioni
ossidative. Il ruolo degli antiossidanti, quindi, apportati con la dieta è
molto importante. Tra gli antiossidanti più potenti, il cui contenuto
nel latte e nei formaggi può essere influenzato dalla dieta degli
animali, ricordiamo i tocoferoli (Vitamina E) e il beta-carotene
(precursore della Vitamina A). Anche altre sostanze come ad
esempio i terpeni (contenuto elevato nelle leguminose verdi: veccia,
ecc.) e i polifenoli (sanse vergini denocciolate) esercitano attività
antiossidante.
A una molecola è riconosciuta una capacità antiossidante se è in
grado di neutralizzare, o rallentare, i processi ossidativi a carico di
una sostanza. Tra i nutrienti presi in considerazione abbiamo l’alfatocoferolo (antiossidante) e il colesterolo (sostanza da proteggere).
Il grado di protezione antiossidante misura la capacità di una
sostanza, in questo caso l’alfa-tocoferolo, di proteggere
dall’ossidazione il colesterolo (prevenendo la formazione di radicali
liberi dannosi alla salute umana).
Il CLA. Ne sentiamo parlare tanto, vediamo quali sono le
principali funzioni
L’acronimo CLA (Coniugated Linoleic Acid) è utilizzato per indicare
una miscela di isomeri dell’acido grasso linoleico con doppi legami
coniugati, localizzati, soprattutto, sugli atomi di carbonio 9 e 11.
L’attività biologica è attribuita principalmente all’acido rumenico
che costituisce circa il 90% del totale degli isomeri presenti nel
31
grasso dei ruminanti. L’origine del CLA nel latte è duplice. Si
ottiene, infatti, sia dalla bioidrogenazione ruminale degli acidi grassi
insaturi, rappresentati in larga misura nei foraggi verdi, sia dalla
sintesi nei tessuti animali, principalmente ghiandola mammaria e
tessuto adiposo, a partire dall’acido vaccenico in seguito all’azione di
un enzima (delta9-desaturasi).
Gli studi effettuati sinora, soprattutto su modelli animali, hanno
evidenziato l’efficacia del CLA nella prevenzione dei tumori, delle
infezioni, dell’aterosclerosi. Sembra, infatti, che la sua attività
anticancerogena risulterebbe di circa 100 volte maggiore di quella
esercitata dagli acidi grassi della serie omega-3.
Il contenuto più elevato si rileva nel latte degli animali al pascolo
rispetto a quello proveniente da sistemi alla stalla. Le differenze,
inoltre, tra i due sistemi, sono sempre più accentuate nel periodo
invernale.
Le diverse essenze del pascolo, pascolate e/o somministrate in stalla,
arricchiscono in maniera differente il latte e i relativi prodotti lattiero
caseari. I risultati ottenuti, nell’ambito del progetto NOVOROD,
anche se ancora parziali hanno confermato il ruolo sia delle diverse
essenze foraggere e sia, soprattutto, del tipo di integrazione (lino,
sansa, ecc.). I dati riportati nella figura 5.1, a prescindere dalla razza
e dalle aziende considerate, mostrano chiaramente che il contenuto di
acido alfa-linolenico, CLA e HPI (Health Promoting Index-Indice di
Promozione della Salute) è risultato superiore nel latte degli animali
che hanno ricevuto l’integrazione a base di lino.
32
Figura 5.1 Effetto dell’integrazione della dieta con lino su alcuni
parametri nutrizionali del latte
0,9
0,8
0,7
% FAME
0,6
0,5
Controllo
Lino
0,4
0,3
0,2
0,1
0
ALA
CLA
HPI
ALA= acido alfa-linolenico; CLA=Acido linoleico coniugato; HPI=Indice di
promozione della salute
Nei formaggi, come nel latte, è risultato confermato l’effetto del tipo
di integrazione (figura 5.2).
Figura 5.2 Effetto dell’integrazione della dieta con lino su alcuni
parametri nutrizionali del formaggio (Caciotta)
1
0,9
0,8
% FAME
0,7
0,6
Controllo
0,5
Lino
0,4
0,3
0,2
0,1
0
ALA
CLA
HPI
ALA=acido alfa-linolenico; CLA=Acido linoleico coniugato; HPI=Indice di
promozione della salute
33
Omega-3 e omega-6. Ruolo e alimentazione umana e animale
Il corpo umano è capace di produrre tutti gli acidi grassi necessari,
tranne due: l’acido linoleico (acido grasso della serie omega-6) e
l’acido alfa linolenico (acido grasso della serie omega-3). Entrambi
sono essenziali e, quindi, devono essere introdotti con la dieta e sono
importanti componenti delle membrane cellulari. Gli acidi grassi
omega-3 sono, inoltre, considerati importanti come fattori di
protezione nelle malattie cardiovascolari, antinfiammatori e
anticancerogeni.
Nella dieta umana normalmente il rapporto omega-6/omega-3
dovrebbe essere 6/1. Negli ultimi anni, invece, si è assistito ad un
progressivo aumento del contenuto di omega-6.
Nella tabella 5.1 si riporta, a titolo di esempio, l’effetto
dell’integrazione con sansa vergine denocciolata sul tenore di
omega-3 e sul rapporto omega-6/omega-3.
Tabella 5.1 Effetto dell’integrazione della dieta con “sansa” sul
contenuto in omega-3 e il rapporto omega-6/omega-3 (Caciotta).
Controllo
Sansa
Omega-3
0,39
0,76
Omega-6/Omega-3
9:1
5,5:1
Il contenuto di Omega-3 nel formaggio, rispetto alla dieta
normalmente impiegata nelle aziende zootecniche, è risultato quasi il
doppio e, soprattutto, il rapporto Omega-6/Omega è risultato quasi
ottimale.
34
La componente edonistica: i componenti organici volatili
I componenti volatili (alcoli, aldeidi, chetoni, esteri, terpeni e
sesquiterpeni) presenti nel latte e nei formaggi rappresentano una
categoria di sostanze chimiche in grado di caratterizzare l’aroma di
un latte o di un formaggio. Gli studi condotti dal CRA-ZOE hanno
evidenziato che questi componenti variano in funzione del sistema
alimentare e, nell’ambito di quest’ultimo, in funzione dell’incidenza
del pascolo nella dieta e di alcune essenze foraggere. Il contenuto di
sesquiterpeni, ad esempio, importanti per i riflessi positivi sull’aroma
dei prodotti, varia in funzione delle piante maggiormente presenti
nella dieta degli animali: l’aumento nella dieta di alcune piante come
il Lolium perenne e la Dactylis glomerata, provoca un
impoverimento di sesquiterpeni nel latte e nei formaggi. L’aumento
di altre piante, invece, come alcune piante spontanee (Asperula
odorata- caglio odoroso) o la Veccia (essenza in corso di collaudo
presso le aziende zootecniche aderenti al progetto NOVOROD)
determina un arricchimento di sesquiterpeni nei prodotti. Ciascuna
essenza foraggera, in sostanza, trasmette al latte e ai formaggi una
propria impronta olfattiva.
I risultati relativi alle sperimentazioni, condotte finora, relative
all’impiego del sorgo verde, del lino e della sansa vergine
denocciolata non hanno evidenziato, tra i gruppi controllo e con
integrazione, differenze significative.
Per maggiori approfondimenti: Claps S., Sepe L., Annicchiarico G.,
Fedele V. 2011. Prodotti caseari migliori da ovicaprini al pascolo.
Informatore agrario, 48, 55-59; Claps S., Pizzillo M., Rubino R. 2011. Dalle
stalle le stelle. Consigli per migliorare la qualità del latte e del formaggio.
Ed. Caseus, pp. 135.
35
CAPITOLO VI
Le essenze foraggere utilizzate nel progetto NOVOROD
Fra gli obiettivi del progetto NOVOROD c’è quello di testare
l’introduzione negli ordinamenti colturali di foraggere ad elevato
potenziale di modifica del contenuto di sostanze ad azione
nutrizionale nel latte e nel formaggio (FORAN), come descritto nella
sezione dedicata agli effetti dell’alimentazione sulle caratteristiche
qualitative dei prodotti di origine animale. Fra queste, in particolare
sono state scelte graminacee e leguminose, ed una specie come il
lino, ad elevato contenuto di acidi grassi insaturi ed in particolare
Omega 3 e CLA.
Inoltre è stato sperimentato per l’alimentazione bovina l’uso di scarti
tradizionalmente usati come foraggere nell’area pilota del progetto,
ad esempio le foglie del carciofo Bianco di Pertosa, utilizzate fino
agli anni ’70 in particolare per l’alimentazione degli ovi-caprini.
Le specie scelte sono adatte per la coltivazione nella nostra regione
secondo le tecniche e le esigenze pedo-climatiche descritte per
ognuna di esse nelle schede che seguono.
Le graminacee proposte dal progetto sono l’avena, il triticale ed il
sorgo. Le leguminose sono la veccia ed il pisello proteico.
Come oleaginosa è stato scelto il lino, tradizionalmente presente
nella regione come tessile, ma introdotto recentemente nelle filiere
zootecniche in centro Europa e nell’Italia centrale. Il progetto
NOVOROD ha collaudato in Campania l’uso di varietà di lino adatte
all’alimentazione zootecnica caratterizzate da rusticità ed elevato
contenuto in acidi grassi polinsaturi.
36
Avena
L’avena (Avena sativa L.) viene coltivata
soprattutto in Europa e America settentrionale sia
nelle zone a nord (fino a 65° lat. Nord) che in
quelle Mediterranee (30-35°). In Italia le
produzioni per ettaro si aggirano intorno ai 15 q di
granella. In passato la coltivazione dell’avena era
molto più diffusa, ma oggi invece si assiste ad una
forte riduzione di questa coltura. Le cause sono molteplici: riduzione
degli allevamenti equini, minore produttività in termini di Unità
Foraggere dell’avena rispetto all’orzo, eccesso di cellulosa nella
granella. L’avena presenta però l’indubbia qualità di essere meno
sensibile del frumento al mal del piede ed alla septoriosi. Il suo
potere di accestimento, cioè di produrre culmi secondari, inoltre, è
superiore rispetto a frumento od orzo. La granella dell’avena è la
“biada” per eccellenza ma viene consumata anche dall’uomo
(fiocchi) ed è una specie foraggiera molto importante sotto forma di
erbaio.
Esigenze ambientali
Esiste un gran numero di cultivar di avena che presentano una grande
variabilità. Questo rende possibile la coltivazione dell’avena in molti
ambienti differenti. Questa specie è più adatta a zone con clima
umido e fresco ma viene coltivata anche in inverno-primavera in
zone caldo aride. L’avena è però danneggiata dalle alte temperature e
dalla carenza idrica in particolare nelle fasi che vanno da inizio
spigatura alla maturazione. E’ meno resistente del frumento e
dell’orzo alle basse temperature perciò il suo impiego come coltura
autunno primaverile è inferiore e limitato alle zone più a sud di Italia
e Francia. E’ poco esigente riguardo al terreno.
37
Varietà segnalate
Come già accennato esistono molte varietà di avena con
caratteristiche diverse. Le cultivar più recenti sono più resistenti
all’allettamento ed al freddo. Tra le più promettenti di nuova
costituzione ci sono le cv Genziana, Alcudia e Bionda. Quella usata
nel progetto NOVOROD è la varietà Genziana.
Questa cv fornisce alte rese e buona qualità merceologica in tutti gli
ambienti in cui è stata testata. E’ possibile inoltre seminarla sia in
autunno che in primavera con produzioni anche superiori alle 5 t/ha.
Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali
L’avena può essere seminata in autunno o primavera. La semina
autunnale va fatta anticipata rispetto al frumento e allo stesso orzo,
quindi in ottobre, mentre quella primaverile in marzo-aprile.
La quantità di seme più consigliabile è di 120-150 kg/ha, adottando
le densità inferiori nel caso di semine precoci.
La concimazione azotata va commisurata, oltre che alla fertilità, del
terreno e al clima, alla resistenza all’allettamento delle varietà
impiegate. Le dosi massime applicabili alla cv. Ava (meno soggetta
all’allettamento) sono di 60-80 Kg/ha di N; sulle altre varietà, più
allettabili, 30-40 unità sono il massimo che si può dare. La risposta
dell’avena alla concimazione azotata è ancora più spettacolare che
negli altri cereali. Il diserbo ricalca quello del frumento (ovviamente
con esclusione degli avenicidi).
Normalmente non viene effettuata alcuna irrigazione.
Con buone cultivar si possono raggiungere, in condizioni ottimali, 45 t/ha. Buone sono da considerare rese di 3,5-4 t/ha.
Potenzialità di coltivazione in Campania
38
La cv Genziana ha mostrato i migliori risultati produttivi in prove
condotte in diverse aree dell’Italia centro meridionale. Essa risulta
molto produttiva in condizioni climatiche e pedologiche diverse, e
sembra dunque essere la cultivar che meglio di altre potrebbe
adattarsi agli ambienti della regione Campania. Anche la cv Alcudia
mostra parametri qualitativi interessanti.
Triticale
Il triticale è una specie agraria costituita dall’uomo tramite
ibridazione tra frumento (Triticum) e segale (Secale). L’interesse per
i triticali deriva dalla loro caratteristica di presentare caratteri di
pregio del frumento (produttività, contenuto proteico totale) e della
segale (rusticità, resistenza a molte malattie dell’apparato fogliare,
resistenza al freddo). Per l’alimentazione del bestiame, il triticale può
essere usato come granella o foraggio, in particolare come insilato.
La granella è un’ottima fonte di calorie, proteine e amminoacidi ed è
idonea soprattutto per l’alimentazione dei monogastrici.
Esigenze ambientali
Le varietà di triticale sono moltissime e presentano capacità di
adattamento alle condizioni pedo-climatiche più diverse. Alcune
manifestano notevole precocità, foto-insensibilità e resistenza alla
siccità che le rendono idonee all’ambiente mediterraneo.
Varietà segnalate
La varietà Bienvenue (SEMFOR), è molto precoce, con pianta medio
alta e molto resistente alle malattie. E’ una pianta di riferimento nelle
prove ufficiali di confronto varietale in Italia ed è a duplice attitudine
(granella e foraggio). La varietà Vitalis (SEMFOR) è precoce, con
pianta alta e resistente all’allettamento con spiga lunga e pianta
39
molto fogliosa. Nell’ambito del progetto NOVOROD e stata usata la
varietà Agostino che presenta elevata produttività, ottima resistenza
alle malattie (anche oidio) ed un alto contenuto in proteine.
Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali
Il triticale può essere seminato in autunno o in inverno, impiegando
da 100 a 130 kg/ha di seme. Per il triticale da foraggio e per le nuove
cultivar si consigliano dosi di seme più elevate (fino a 200-220 kg/ha
circa per la cv Bienvenue).
Per quanto riguarda le concimazioni, si consigliano circa 80 kg/ha di
N, 60 di P2O5 e 30 kg/ha di K2O.
L’irrigazione non viene praticata e la raccolta viene effettuata con le
stesse mietitrebbie usate per il frumento.
Potenzialità di coltivazione in Campania
Le potenzialità di introduzione delle varietà di triticale oggetto di
studio sono enormi, data la grande capacità di adattabilità di questa
specie agli ambienti più diversi. Precocità e rusticità sono le
caratteristiche che permettono a questa pianta di superare inverni
particolarmente freddi o ritorni di freddo primaverili che possono
essere altrettanto pericolosi soprattutto nelle aree mediterranee. La
sua precocità, e dunque una minore durata del ciclo, permette invece
di sfuggire ai caldi eccessivi di inizio estate che spesso danneggiano
il frumento (stretta).
40
Sorgo da foraggio
Il sorgo (Sorghum bicolor (L.) Moench.) è
stata una delle prime piante ad essere
coltivata e sembra che le forme attuali
abbiano avuto la loro origine nell’Africa
occidentale diverse migliaia di anni fa. La
coltivazione del sorgo si è poi diffusa in
tutto il mondo, prima in Asia ed Europa, poi in America e Australia.
Nelle agricolture di sussistenza del Terzo Mondo la granella viene
utilizzata direttamente per l’alimentazione umana, perché in questi
paesi la trasformazione zootecnica sarebbe troppo costosa. In questi
ambienti le rese sono molto basse (0,5-1 t/ha), sia per la primitiva
tecnica colturale sia per le condizioni ambientali avverse: il sorgo
infatti viene coltivato dove l’ambiente è troppo arido per il mais.
Nelle agricolture progredite la granella di sorgo viene destinata
all’alimentazione animale, in concorrenza con quella di mais, di cui
ha analogo valore nutritivo. La pianta del sorgo, sia allo stato
giovane che a maturazione lattea o cerosa della granella, si presta
assai bene all’alimentazione del bestiame.
Esigenze ambientali
Il sorgo richiede per germinare temperature di 14°C ed è capace di
sopportare le deficienze idriche con danni limitati, ma ha comunque
bisogno di apporti idrici che per l’intero ciclo (tra piogge e
disponibilità di riserve idriche del terreno) posso stimarsi intorno a
300-350 mm (3000-3500 m3/ha). In terreni profondi e a buona
capacità di ritenzione idrica bastano apporti idrici di 120-150 mm nei
mesi da giugno ad agosto per assicurare rese soddisfacenti dal punto
di vista tecnico ed economico.
Queste condizioni si riscontrano in parecchie zone della regione
Campania, anche in molte di quelle zone collinari svantaggiate,
41
comunemente dette “marginali”. Nelle altre zone, troppo aride, il
sorgo senza irrigazione non può essere proposto, ma potrebbe dare
eccellenti risposte produttive a irrigazioni limitate, aventi carattere di
soccorso.
Per quanto riguarda il terreno, il sorgo si adatta bene anche a quelli
argillosi pesanti con mediocre struttura; tollera un’ampia gamma di
acidità (da pH 5,5 a 8,5) e una elevata salinità.
Varietà segnalate
Alcune varietà di sorgo ibrido sono state testate in ambienti simili a
quelli in cui sono state condotte le prove sperimentali del progetto
NOVOROD. Tra queste, le cultivar PIPER Sudan Grass ed il BMR
333 (Sorghum bicolor X Sorghum sudanense) sorgo ibrido da
foraggio. si sono dimostrate molto interessanti. Queste due varietà
hanno dato ottimi risultati produttivi (120 q/ha di fieno e 550 q/ha di
insilato, rispettivamente). In particolare, la varietà Piper è stata
testata con apporti idrici molto ridotti. Le varietà appartenenti alla
famiglia degli ibridi BMR si caratterizzano per avere caratteristiche
di produttività e qualità della sostanza secca decisamente migliori
rispetto ai sorghi da foraggio convenzionali, ed un minore contenuto
di lignina, ma per questo anche maggiore suscettibilità
all’allettamento. Per il progetto NOVOROD è stata usata la cultivar
LUSSI (APSOV Sementi), che si caratterizza per avere un ciclo
medio precoce ed una resa intorno alle 35-55 t/ha. In generale in
Italia le cultivar che danno i migliori risultati sono quelle a ciclo
medio-precoce.
Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali
Il sorgo è una pianta da coltura asciutta per cui vanno applicate tutte
le pratiche atte a creare una buona riserva idrica del terreno e a
favorire l’approfondimento delle radice, come la lavorazione
42
profonda o a due strati. Il letto di semina deve essere preparato
accuratamente e la semina va fatta in primavera (fine aprile, inizio
maggio). Si distribuisce un quantitativo di seme pari a 30-40 kg/ha.
La concimazione è limitata, soprattutto in presenza di scarse
disponibilità idriche. Si distribuiscono in genere N (80-100 kg/ha) e
P2O5 (40-60 kg/ha). Il diserbo chimico del sorgo trova notevoli
limitazioni nel ridottissimo numero di principi attivi il cui uso è
ammesso su questa specie. La raccolta si effettua con le stesse
macchine usate per il mais.
Potenzialità di coltivazione in Campania
La sperimentazione condotta in ambienti della piana del Sele ed in
ambiente collinare (300 m s.l.m.) della provincia di Salerno ha
dimostrato che le due varietà testate, Piper e BMR 333, danno ottimi
risultati produttivi con apporti irrigui anche limitati (35 mm di
pioggia per tutto il ciclo colturale per la Piper) ed anche con
fertilizzazione ridottissima.
Veccia
Il gruppo delle veccie (Vicia sativa L., V. villosa Roth, V. pannonica
Crantz, V. narbonensis L.) è caratterizzato da un elevato
polimorfismo. La veccia comune (V. sativa) è adatta soprattutto per
le zone meridionali d'Italia perché al Nord può andare incontro a
moria a causa delle basse temperature. Il portamento è strisciante per
tutte le veccie tranne che per la Veccia di Narbona. Spesso di usano
in consociazione con le graminacee che fanno anche da tutore. La
graminacea preferita a questo scopo è l’avena per la
contemporaneità.
Tra le veccie la più diffusa è la V. sativa che produce molto più seme
delle altre, è fortemente polimorfa e va raccolta tempestivamente alla
fioritura pena una diminuzione del valore nutritivo. Infatti dopo la
43
fioritura essa manifesta estesi ingiallimenti, forti perdite di foglie
basali e va rapidamente a seme.
Esigenze ambientali
La resistenza al freddo va da scarsa (Vicia sativa) ad elevata (Vicia
villosa). La veccia villosa è più diffusa al nord proprio per la
maggiore resistenza alle basse temperature e dà una produzione non
elevata ma di buona qualità.
Varietà segnalate
Il panorama varietale delle veccie è molto vasto. Tra quelle di
recente creazione ci sono Mery (D’Eugenio Sementi), che è una
varietà adattabile ai diversi climi e che produce circa 300 q/ha di
massa verde e 15-20 q/ha di granella, Claudia (D’Eugenio Sementi)
250-300 q/ha di massa verde e 10-25 q/ha di granella, e Mirabella,
Idice e Scudo (SIS, Società Italiana Sementi). Per il Progetto
NOVOROD sono state utilizzate le cv Mikaela (Laboulet Semences),
che si caratterizza per avere una produttività molto buona, buona
rusticità e precocità di fioritura e maturazione, e Mirabella, che
mostra una notevole precocità ed in generale un buon adattamento
alle condizioni ambientali delle zone mediterranee.
Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali
La veccia comune (V. sativa) si semina in primavera soprattutto in
ambienti freddi. La quantità di seme va da 80 a 110 semi a mq. Per
l’erbaio misto veccia-avena è consigliabile una distribuzione di 50
kg/ha di N e 100 kg/ha di P2O5.
Potenzialità di coltivazione in Campania
L’uso della veccia sativa in Campania è diffuso ma le nuove cv
mostrano caratteristiche interessanti tali da poterne promuovere un
44
maggiore utilizzo. La possibilità di inserimento della cv Mikaela nel
panorama agricolo della regione Campania è da valutare in seguito ai
risultati che saranno ottenuti nell’ambito del progetto NOVOROD.
Pisello proteico
Il pisello proteico (Pisum sativum Asch. et Gr.) è la leguminosa che
presenta le maggiori potenzialità produttive e stabilità di resa,
produce proteine di elevato valore nutrizionale sia per i monogastrici
che per i ruminanti, è di uso consolidato nella mangimistica ed ha un
ampio areale di adattamento. Ha una limitata presenza di fattori
antinutrizionali, un discreto contenuto di lisina e presenta un basso
rischio di contaminazioni fungine. E’ una leguminosa azotofissatrice
per cui i suoi residui arricchiscono il terreno.
Esigenze ambientali
Il pisello proteico viene seminato in autunno nelle zone mediterranee
mentre in Italia settentrionale viene seminato in primavera e cresce
con temperature variabili tra 10 e 20 °C. La temperatura minima di
germinazione è 4,4 °C. Le gelate primaverili possono danneggiare la
pianta e teme il ristagno idrico per cui si adatta male a terreni
asfittici, umidi e freddi. Il suo pH ottimale è compreso tra 5,5 e 6,5.
Varietà segnalate
Varietà molto interessanti sono Ideal (SIS), a semina primaverile,
molto precoce con possibilità di semina autunnale tardiva nelle zone
ad inverno meno rigido, e Pepone (SIS) che ha evidenziato una
stabile ed eccellente potenzialità produttiva in tutti gli ambienti di
coltivazione. La cv Baccara ha dato ottimi risultati in una prova di
alimentazione bovina condotta in Emilia-Romagna. La Magistral
(SEMFOR) è molto resistente al freddo.
45
Nell’ambito del progetto NOVOROD è stata utilizzata la cv Genial
(SEMFOR) che è una varietà di recente introduzione e manifesta
buona resistenza al freddo, ottima resistenza all’allettamento e buona
resa in granella.
Epoca di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali
L’epoca di semina è autunnale, invernale o primaverile in relazione
alle varietà impiegate. Si consigliano profondità di 3-4 cm, in terreni
di medio impasto e anche 5 cm in terreni leggeri. Si usa una quantità
di seme in modo da ottenere 70-80 piante /mq alla raccolta. Per la
preparazione del letto di semina, si cerca di limitare il numero di
passaggi sul terreno per non costipare eccessivamente il suolo ed
assicurare una sufficiente porosità dello strato arabile. E’ altrettanto
importante ottenere un letto di semina omogeneo per effettuare al
meglio le operazioni di raccolta ed avere minori perdite di prodotto.
La concimazione azotata non è di norma necessaria perché la coltura
è azotofissatrice. In casi particolari (es. terreno asfittico) può rendersi
utile una somministrazione di 30–40 kg/ha di N in copertura. Si
somministra il fosforo in quantità pari a 100-110 kg/ha, mentre per il
potassio non sembrano necessari apporti massicci e ci si limita a
distribuirne 100–120 kg/ha, con massimi di 160 in terreni poveri. Il
pisello è coltura poco competitiva nei confronti delle malerbe. Ci
sono molti principi attivi registrati per il diserbo del pisello. Tra
questi Glyphosate, Sethoxydim e Trifluralin.
Potenzialità di coltivazione in Campania
La possibilità di inserimento della cultivar Genial negli ordinamenti
coltuirali e nell’alimentazione animale all’interno della Regione
Campania va valutata dopo i risultati ottenuti nell’ambito del
progetto NOVOROD.
46
Lino
Il lino (Linum usitatissimum L.) è una coltura multifunzionale i cui
prodotti (semi, fibre, olio) possono essere usati nell’artigianato,
nell’industria o a fini alimentari, comprese grandi quantità di prodotti
salutistici e nutraceutici. L’uso del lino da parte dell’uomo è
antichissimo e risale al neolitico. Gli Egiziani usavano le fibre di lino
per farne bende per l’imbalsamazione dei cadaveri e anche Greci e
Romani le usavano per farne capi di vestiario. Il ruolo degli acidi
grassi (soprattutto omega-3 e -6) contenuti nell’olio di lino nel
ridurre il rischio di malattie cardiache o coronariche, cancro ed altri
fattori di rischio per la salute umana è stato riportato da diversi
autori. Il lino presenta in generale un profilo degli acidi grassi
diversificato, ma quello da usare a fini alimentari deve possederne un
profilo specifico. Nel lino esistono anche delle molecole
antinutrizionali come alcuni glucosidi cianogeni, ma appropriati
trattamenti termici possono eliminare il rischio di avvelenamento per
gli esseri umani o gli animali.
I semi sono di piccole dimensioni con un contenuto di olio che varia
in funzione della varietà e dell’ambiente di coltivazione ma che in
alcuni casi può superare il 40% in peso. Le produzioni di seme per
l’estrazione di olio nelle nuove cultivar si attestano intorno ai 20-30
q/ha.
Esigenze ambientali
L’area di coltivazione del lino è molto estesa e comprende ambienti
climatici molto diversi tra loro. La temperatura minima di
germinazione è di qualche grado superiore allo zero. Questo permette
di attuare la semina autunnale, ad esempio nelle regioni del bacino
del Mediterraneo o quella primaverile, che è la prassi prevalente
nelle regioni dell’Europa centrale e settentrionale. In generale, le
varietà da olio si sono dimostrate più valide negli ambienti caldo
47
aridi meridionali mentre quelle da fibra negli ambienti settentrionali
più piovosi. Prove sperimentali recentemente condotte in pieno
campo in diversi ambienti della regione Campania hanno tuttavia
dimostrato una certa sensibilità dei semi di lino ai ristagni idrici e
delle plantule ai ritorni di freddo alla fine dell’inverno.
Varietà segnalate
Nell’ambito del progetto NOVOROD sono state utilizzate quattro
varietà rustiche e di buon contenuto in acidi grassi omega-3: Natural,
Linoal, Sideral e Valoal. La varietà Sideral è più adatta alla semina
invernale. Tutte garantiscono un’elevata produzione (25-30 q/ha). La
ditta SEMFOR ha fornito gratuitamente le sementi per le prove
sperimentali.
Epoche di semina, concimazioni, ed altre tecniche colturali
Tradizionalmente, la semina autunnale va effettuata tra ottobre e
novembre mentre quella primaverile tra marzo e aprile. La fittezza di
semina varia a seconda delle finalità della coltura. Per la produzione
di fibra si preferisce un investimento superiore, con un quantitativo
di seme pari a 120-150 kg/ha mentre per la produzione di semi per
estrazione di olio o per uso diretto, si preferisce un investimento pari
a 50-60 kg/ha di seme. Questo perché una fittezza superiore riduce la
ramificazione e quindi la fruttificazione ed è preferita negli impianti
per la produzione di fibra.
Il lino è particolarmente sensibile alla competizione delle malerbe.
Qualora fosse necessario, il diserbo viene effettuato in preemergenza usando formulati a base di linuron e lenacil mentre in
post-emergenza possono essere usati erbicidi a base di MCPA e
bromoxynil.
La concimazione dipende dal tipo di terreno su cui insiste la coltura.
In generale, in terreni caratterizzati da scarsa disponibilità di
48
elementi nutritivi, si ipotizzano quantitativi dell’ordine di 80-100
kg/ha di N, 150 di P2O5 e 50-100 di K2O. Naturalmente, vanno
evitati gli eccessi, in particolare di azoto che possono portare ad
allettamento delle piante di lino soprattutto se la fittezza di semina è
elevata.
Nelle aree dell’Europa settentrionale e centrale l’irrigazione non
viene utilizzata, mentre nelle aree mediterranee un apporto idrico può
essere necessario per ottenere rese più elevate. L’uso dell’irrigazione
nelle aree marginali di coltivazione è tuttavia sconsigliabile.
La raccolta è meccanica sia per la coltura da fibra che per quella da
seme. Per quest’ultima si procede alla mietitrebbiatura con le normali
mietitrebbie opportunamente regolate.
Potenzialità di coltivazione in Campania
I primi risultati delle prove sperimentali suggeriscono di preferire,
dove possibile, le cultivar a semina primaverile. Le prove sono
tuttora in corso presso l’azienda Formentin, in agro di S. Pietro al
Tanagro (SA), e l’azienda D’Iorio, in agro di Sicignano degli Alburni
(SA). Esse consentiranno di testare l’adattabilità delle quattro
cultivar ai due diversi ambienti e il profilo degli acidi grassi (in
particolare degli omega-3 e -6) contenuti nei semi e nei boccioli delle
cultivar in oggetto, in modo da valutarne la possibilità di inserimento
nella dieta delle vacche da latte o addirittura in quella umana come
vegetali freschi.
Riferimenti utili: Laboratorio di Biofisica del suolo – Università della
Basilicata
[email protected];
[email protected];
[email protected]; http://www.sisonweb.com/it; Baldoni R.,
Giardini
L.
1989.
Coltivazioni
Erbacee.
Patron
Editore;
http://www.semfor.it;http://www.agraria.org;http://www.deugeniosementie
uropa.it;http://www.laboulet.f;http://www.apsovsementi.it;http://www.agris
eme.it; L’Informatore Agrario. Foto: G. Landi
49
CAPITOLO VII
La ricerca di mercato
Il lancio di un prodotto innovativo nel settore lattiero-caseario non
può prescindere da una ricerca di mercato tesa ad individuare le
preferenze dei potenziali consumatori. Il partenariato del progetto
Novorod ha dunque implementato specifici test, che seguono la fase
di messa a punto del prodotto, con l’obiettivo di verificare la
percezione delle caratteristiche organolettiche e funzionali del
formaggio innovativo. La valutazione sensoriale si suddivide in due
fasi distinte. La prima coinvolge un panel di esperti e si svolge
presso la sede del CRA – ZOE, Unità di ricerca per la Zootecnia
estensiva, la seconda interessa i consumatori e si svolge in diversi
momenti di promozione organizzati sul territorio regionale ed
extraregionale.
La prima fase ha lo scopo di testare la rispondenza del prodotto al
target prefissato. Se il prodotto innovativo non soddisfa le aspettative
e/o presenta difetti evidenti non viene proposto al consumatore. La
discussione tra i membri esperti, inoltre, serve ad individuare e
suggerire possibili soluzioni e miglioramenti. L’analisi sensoriale
con gli esperti viene effettuata, in un primo stadio, attraverso la
realizzazione di test di esclusione triangolare, svolti individualmente
dai giudici. Alla fine di questa prova viene realizzata una scheda di
“valutazione condivisa” all’interno della quale vengono valutati
collettivamente i descrittori che compongono il profilo sensoriale dei
prodotti. Uno dei membri del panel guida la degustazione ed al
termine, per ciascun parametro di valutazione (colore, odore, sapore,
struttura e accettabilità finale del formaggio) viene attribuito un
punteggio condiviso da tutti membri. Si sceglie di adottare una
valutazione “condivisa” per attenuare le differenze soggettive ed
50
individuali che, altrimenti, non renderebbero possibile una
valutazione univoca della qualità del prodotto.
Le prove di valutazione con i consumatori includono, in aggiunta al
test di accettabilità circa le caratteristiche organolettiche del
formaggio innovativo, due ulteriori schede di valutazione: una
inerente le abitudini d’acquisto di prodotti lattiero-caseari; l’altra
volta ad esprimere preferenze circa l’immagine visiva e il nome del
prodotto innovativo. Durante tali prove vengono testate forma,
colore, aspetti sensoriali, con lo scopo di consentire al consumatore
di valutare le performance e gli aspetti fisici del prodotto. Questi test
servono a valutare gli elementi di attrattività, distintività e impatto
del prodotto innovativo nei confronti del consumatore. Ad oggi, sono
state effettuate tre prove di valutazione con i consumatori. La prima
prova, svoltasi il 21 dicembre 2011 presso il museo MidA01 di
Pertosa ha visto il coinvolgimento di circa 130 persone, di cui circa
75 hanno partecipato attivamente allo svolgimento della prova
sensoriale (test di accettabilità e preferenza). I formaggi analizzati
durante questa prova sono stati prodotti sia con il caglio vegetale
secondo la tecnica messa a punto dal CRA ZOE, e sia con dieta
arricchita con sorgo (Caciotta).
Pertosa, 21 Dicembre 2011- Convegno di presentazione
51
Anche la seconda prova si è tenuta presso il museo Mida01, il 25
Febbraio 2012, ed ha visto il coinvolgimento attivo di circa 55
persone, con un’elevata partecipazione di tecnici della Regione
Campania. I prodotti utilizzati per la prova sono formaggi a pasta
semicotta, derivanti dalle prove di alimentazione con dieta arricchita
in lino estruso e da ulteriori prove di collaudo con caglio vegetale.
La terza prova si è tenuta presso il Vinitaly 2012 di Verona, il 25
Marzo 2012, ed ha visto il coinvolgimento attivo di 33 persone. I
prodotti utilizzati per la prova sono formaggi a pasta semicotta, con
latte derivante dalle diete arricchite con sansa vergine denocciolata
(naturalmente arricchito) e prodotto con caglio vegetale.
Verona, 25 Marzo 2012- Presentazione e prova coi consumatori
52
Il questionario e l’analisi dei risultati
Il questionario somministrato al panel di consumatori, durante le tre
prove finora effettuate, è formato da tre parti:
Parte A – Test di accettabilità
Ai consumatori vengono fatti assaggiare diversi campioni di
formaggio innovativo. Questa tecnica comparativa sequenziale è
caratterizzata da una comparazione tra più prototipi, assaggiati uno
alla volta secondo una sequenza prestabilita. Una volta che li ha
testati tutti, il soggetto esprime un giudizio riguardante i punti di
forza e di debolezza dei singoli prototipi in relazione agli altri
analizzati. In seguito i consumatori esprimono il proprio giudizio di
gradimento, assegnando a ciascun campione un voto in una scala da
1 (poco gradito) a 10 (molto gradito) e motivando la propria
preferenza. Questa tecnica è molto utile quando si realizza una nuova
formula di prodotto, che viene confrontato con quelli in commercio
per valutare se presenta caratteristiche che lo contraddistinguono e
che vengono valorizzate dal cliente.
Analisi dei risultati
Da una prima analisi dei test di accettabilità somministrati ai
consumatori nel corso di eventi regionali ed extraregionali, è emerso
che, per quanto riguarda la razza, sono stati apprezzati, in ordine
decrescente, i formaggi prodotti con latte di Pezzata Rossa, di Bruna,
ed infine quelli prodotti da latte di Frisona.
Per quanto riguarda gli alimenti innovativi sinora testati, a parità di
razza, i consumatori hanno espresso una preferenza in ordine
decrescente, per il lino, la sansa ed infine il sorgo verde. In generale,
i consumatori con un livello di informazione più elevato hanno
53
espresso un giudizio più che positivo nei confronti della caciotta
prodotta a caglio vegetale, che hanno apprezzato per il suo carattere
innovativo, la spiccata morbidezza e l’equilibrio fra dolcezza,
sapidità e nota amara finale.
Parte B – Quantità e qualità di consumo, abitudini d’acquisto
La seconda parte del questionario è composta da sezioni differenti.
La prima sezione registra il profilo personale (sesso, età,
occupazione, etc.) di ciascun intervistato. La seconda sezione
analizza la quantità e la qualità di consumo di formaggio degli
intervistati (quante volte a settimana consuma formaggi? che
tipologia di formaggi consuma?) e al contempo fornisce numerose
informazioni utili circa le abitudini d’acquisto (dove acquista
abitualmente i formaggi? che tipo di confezione predilige? legge
abitualmente l’etichetta dei formaggi che consuma?).
Analisi dei risultati
E’ possibile effettuare un’analisi dei dati sin qui raccolti dalle prove
di valutazione con i consumatori. Per quanto riguarda il profilo
personale, emerge che la maggior parte degli intervistati è di sesso
maschile (59%) e proviene dalla Regione Campania (87%). Il 57%
degli intervistati ricade nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 60
anni e il 61% è in possesso di una laurea. I dati inerenti la
professione degli intervistati, riportano che il 28% ricade nella
categoria “impiegati”, il 26% in quella dei “liberi professionisti” e il
12% appartiene alla categoria “lavoratori nel settore agricolo".
L’analisi della seconda sezione del questionario, inerente la quantità
e la qualità di consumo di formaggio degli intervistati, riporta i
seguenti dati: gli intervistati consumano in media 2 o più volte i
formaggi nell’arco della settimana (57%) e ben il 24% degli
54
intervistati lo consumano tutti i giorni con predilezione per i
formaggi quali Grana e Parmigiano, pecorino e fiordilatte vaccino
(grafico 7.1).
Grafico 7.1 Dettaglio sul consumo settimanale di formaggi
Il luogo di acquisto privilegiato è il caseificio, con il 40% delle
preferenze, segue il supermercato, con il 30% (grafico 7.2) e la
confezione preferita d’acquisto è di carta (grafico 7.3).
55
Grafico 7.2 Luogo di acquisto dei formaggi
Grafico 7.3 Tipo di confezione dei formaggi
56
Le informazioni riportate sull’etichetta dei formaggi viene letta dal
70% degli intervistati.
Parte C – Immagine visiva e nome
Nell’ultima parte del questionario è stato chiesto agli intervistati di
associare al formaggio innovativo, appena assaggiato, un logo, un
nome e una forma. I consumatori devono quindi ordinare le diverse
opzioni proposte in base al proprio giudizio di gradimento, indicando
1 per la massima preferenza e così via.
L’analisi dei risultati dei questionari compilati è indispensabile
all’elaborazione di un’efficace strategia di promozione per il lancio
del prodotto innovativo sul mercato.
Analisi dei risultati
Le informazioni ricavate da questa sezione del questionario hanno
permesso, ad oggi, di arrivare alla definizione del nome e del logo
del formaggio a caglio vegetale. Il nome prescelto è stato
“CARCIOCACIO” e il logo (rappresentato di seguito) è un carciofo
verde inserito nello slogan “Formaggio da latte ricco di nutrienti
naturali & Carciofo Bianco di Pertosa”.
57
CAPITOLO VIII
Pianificazione delle azioni
Attraverso l’elaborazione di un’idonea strategia di promozione e
comunicazione aventi ad oggetto le nuove tecnologie ed innovazioni
di prodotto e di processo introdotte, il progetto Novorod mira ad
aumentare la competitività all’interno del settore lattiero-caseario
campano.
Il Progetto Novorod ha la finalità di immettere elementi di
innovazione lungo tutta la filiera di produzione del settore lattierocaseario bovino e, con riferimento alla fase trasferimento,
valorizzazione e commercializzazione dei nuovi prodotti caseari
concorrere al riposizionamento strategico del settore mediante azioni
tese a:



trasferire innovazioni tecnologiche e di prodotto alle
imprese;
rafforzare la collaborazione tra imprese ed enti di ricerca;
garantire azioni di formazione e valorizzazione dei nuovi
prodotti.
Trasferibilità dell’innovazione
L’introduzione di elementi di innovazione in grado di creare una
diversificazione della produzione attraverso nuove tecnologie
casearie, con una elevata domanda latente da parte del mercato, e di
coagulanti innovativi, rappresentano un momento di svolta per il
comparto caseario campano.
I processi di produzione dei formaggi innovativi del progetto
Novorod sono da considerarsi di immediata trasferibilità agli altri
58
operatori del settore e una risposta alla richiesta “urgente”, da parte
del comparto, di innovazione.
La promozione e valorizzazione dei formaggi innovativi presso gli
operatori del settore avviene attraverso l’organizzazione di:

-
attività di training in tutto il territorio campano. L’attività di
training concerne le tecniche collaudate dal progetto e le
innovazioni prodotte, a livello locale e regionale. L’attività
di training è sviluppata sia mediante strumenti tradizionali
(corsi) e sia attraverso strumenti innovativi (assistenza in
remoto). Le aree di svolgimento dell’attività si definiscono
di concordo con la Regione Campania.
convegni e conferenze che affrontano tematiche correlate al
settore di interesse e al prodotto;
la partecipazione a fiere di settore in cui vengono organizzate
degustazioni guidate dei formaggi innovativi.
Il sito web del progetto Novorod, inoltre, garantisce ampia diffusione
dei risultati del progetto grazie a sezioni dedicate al trasferimento dei
documenti rilevanti.
Valorizzazione e tutela dei formaggi innovativi
Il progetto Novorod promuove l’istituzione di un Consorzio specifico
per la valorizzazione e tutela dei prodotti innovativi validati: il
“Consorzio Innonatura”.
59
Il Consorzio favorirà la cooperazione fra mondo produttivo,
rappresentato dagli imprenditori agricoli e dall’industria di
trasformazione, e gli enti di ricerca.
Il Consorzio avrà compiti di tutela, di promozione e di
valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale
degli interessi relativi alle denominazioni.
Il Consorzio seguirà il prodotto dalla raccolta della materia prima
alla produzione nei caseifici e al confezionamento, fino
all’etichettatura ed alla commercializzazione. A questo scopo
saranno istituiti specifici Disciplinari di Produzione, sia per il
formaggio a caglio vegetale che per i siero formaggi, a garanzia di un
processo produttivo la cui tracciabilità è garantita dal Consorzio
stesso.
Gli obiettivi del Consorzio Innonatura:



Valorizzare, attraverso le azioni comunicative, gli elementi
distintivi del prodotto: utilizzo del caglio vegetale messo a
punto dall’Unità ZOE del CRA e siero, impiego di latte
naturalmente arricchito di omega-3, etc;
Tutelare e vigilare sulla produzione e sul commercio dei
formaggi innovativi;
Attuare iniziative di informazione, pubblicitarie e
promozionali per incrementare notorietà e consumo dei
formaggi innovativi.
60
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