FACOLTÀ DI SCIENZE
MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI
Corso di Laurea in Scienze Biologiche
EFFETTO DELLA RIMOZIONE DI CAULERPA
RACEMOSA (FORSSKÅL) J. AGARDH SULLO
ZOOBENTHOS DELL’INFRALITORALE
SUUPERFICIALE ROCCIOSO
Candidato:
Relatori:
SIMONE TURCHI
Prof. ALBERTO CASTELLI
Dr.ssa DANIELA CASU
Anno Accademico 2005-2006
1. INTRODUZIONE
“L’evoluzione degli organismi ha condizionato l’evoluzione degli ecosistemi,
questa a sua volta condiziona i meccanismi evolutivi degli organismi.”
Le comunità, come gli organismi, possono andare in contro a cambiamenti che
possono essere reversibili o irreversibili, cioè evolutivi. Questi cambiamenti
avvengono sempre sotto la spinta di due tipi di fattori:
•
ABIOTICI: cambiamenti climatici (variazioni di temperatura, salinità dei
mari), orogeografici (cambiamenti della linea di costa e del livello del
mare, formazione di istmi e canali), o geologici (fenomeni di
vulcanesimo).
•
BIOTICI:
estinzione di specie, speciazione e coevoluzione, migrazione
e lo stabilirsi di nuovi anelli competitivi e mutualistici fra le specie.
Trasformano l’ecosistema
ma dipendono dall’azione impredicibile e
discontinua dei fattori abiotici.
Migrazione, scomparsa di specie e nascita di nuove non sono sinonimi di
modificazioni irreversibili nella struttura e funzionamento delle comunità, nelle
quali si possono produrre nuove nicchie, in cui nuove specie possono trovare zone
adattative in cui mancano competitori. Seguendo una “scala di trasformazione”
degli ecosistemi, ad un primo gradino essi si modificano nella composizione
specifica, attraverso fenomeni di immigrazione, estinzione e speciazione senza
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riguardare specie con ruolo chiave e quindi senza che ne vengano alterati la
complessiva struttura e il tipo di funzionamento.
Ad un secondo gradino tali fenomeni riguardano specie con ruolo
dominante o chiave nell’ecosistema, che si modifica sostanzialmente nella
composizione.
La migrazione Lessepsiana appartiene, come caso limite, al primo gradino.
Tale fenomeno è avvenuto a seguito dell’apertura del Canale di Suez nel 1869 e
consiste in una migrazione unidirezionale di specie dal Mar Rosso al
Mediterraneo (Por, 1978). Una migrazione unidirezionale perché favorita dalle
condizioni ecologiche del Mar di Levante, un bacino contrassegnato da scarsità di
specie a seguito delle vicissitudini paleogeografiche e paleoecologiche del
Mediterraneo orientale.
Durante la glaciazione del Riss, il canale di Sicilia era profondo solo 300
m e largo pochi km, rappresentando così un ostacolo per la diffusione di specie e
per il rimescolamento delle acque, determinando un’ossigenazione deficiente ed
un’alta salinità che assieme alle alte temperature delle acque (condizioni simili al
Mar Rosso) resero il Mediterraneo orientale un mare impoverito, con numerose
nicchie ecologiche deserte. L’insieme di queste circostanze ha favorito
l’attecchimento di numerosi organismi indo-pacifici in un lasso di tempo presso
che brevissimo, senza tuttavia aver provocato uno sconvolgimento del precedente
ecosistema poiché i nuovi occupanti hanno trovato nicchie nuove da riempire
(Cognetti et al., 1999).
Secondo Por (1981), già nel 1977, i migranti lessepsiani ammontavano a
circa 500 specie di vari gruppi sistematici per lo più sistemati lungo le coste del
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Mar di Levante e nel resto del Mar Mediterraneo orientale. Con il passare del
tempo però, basta che una specie assuma carattere dominante per creare degli
sconvolgimenti che possono innescare una trasformazione evolutiva degli
ecosistemi preesistenti, come nel caso delle alghe verdi Caulerpa taxifolia (Vahl)
C. Agardh e Caulerpa racemosa (Forsskäl) J. Agardh, le quali specie invasive
indo-pacifiche, sono penetrate nei popolamenti costieri del Mediterraneo nordoccidentale e sono la causa di importanti invasioni biologiche. Cambiamenti nel
tipo di vegetazione di un ecosistema possono causare drammatiche variazioni
nella struttura della macrofauna e, successivamente, alterare le dinamiche di tutto
l’ecosistema (Argyrou et al., 1999).
Le specie appartenenti al genere Caulerpa sono particolarmente pericolose
a causa della loro rapida capacità di crescita su tutti i substrati, elevato tasso di
dispersione vegetativo (Ceccherelli e Cinelli, 1999), per l’elevata competitività,
produzione di sostanze allelopatiche e formazione di habitat pseudo perenne
(Meinesz e Hesse, 1991; Lemèe et al., 1993; Verlaque e Fritayre, 1994; Smith e
Walters, 1999; Ceccherelli e Piazzi, 2001).
La conoscenza dei fattori che influenzano la crescita, la diffusione di
queste specie invasive può permettere di prevedere la dinamica e l’evoluzione di
tale fenomeno, nonché rappresentare uno strumento per la gestione di questa
emergenza biologica (Bax et al., 2001; Allenforde Lundquist, 2003), per questo
vengono ampiamente studiate da ecologi e dai responsabili della gestione
dell’ambiente. In particolare, le macroalghe introdotte sono state responsabili di
forti colonizzazioni degli habitat marini (Carlton e Scanlon, 1985; Rueness,1989;
Verlaque, 1994; Meinesz et al., 2001; Silva et al., 2002). Secondo Boudouresque
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e Verlaque (2002), dall’inizio del XX secolo, il numero delle specie introdotte è
raddoppiato ogni 20 anni; sono stati stimati più di 90 taxa, appartenenti a
Rhodophyceae, Phaeophyceae e Chlorophyceae ed almeno 8 di essi sono
considerati invasivi giocando quindi un ruolo importante all’interno del loro
nuovo ecosistema, prendendo il posto di specie chiave e/o divenendo dannose dal
punto di vista economico.
Carlton e Geller (1993) hanno coniato il termine di “Roulette ecologica”,
per definire il fatto che non siamo in grado di predire quali specie saranno
introdotte e quali di queste diverranno invasive, possiamo solo definire alcune
loro caratteristiche particolari quali:
•
Riproduzione asessuata vegetativa (più comune se non unica)
•
Riproduzione sessuata
•
Possibilità di colonizzazione di habitat vari
•
Tolleranza a stress, traumi, fluttuazioni ambientali (anche estreme)
•
Similarità tra habitat nativo e nuovo
•
Mancanza di predatori e patologie (originarie dei loro luoghi di
provenienza)
•
Grandi dimensioni (quasi sempre) e metabolici tossici (sono quindi evitati
dai pascolatori)
•
Sono caratterizzate da un ciclo vitale lungo (Boudouresque e Verlaque,
2002).
Le specie invasive hanno utilizzato diverse vie per entrare nel
Mediterraneo (Verlaque, 1994; Ribera e Boudouresque,1995; Jousson et al.,
1998): attaccate sulle ancore delle imbarcazioni (Acrothamnion preissii,
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Womersleyella setacea), acquacultura (Sargassum muticum), presenza nelle acque
provenienti da acquari (Caulerpa taxifolia), immigrazioni dal canale di Suez
(Caulerpa racemosa, Halophila stipulacela, Stypopodium shimperi) etc. Sembra
necessario quindi adottare legislazioni nazionali, misure precauzionali, di
controllo di tutte le possibili vie di introduzione di specie “nuove”, quali
condizioni di quarantena per l’acquacoltura, maggior controllo degli scarichi delle
acque di zavorra, del commercio degli acquari e al limite bandire tutte le specie
che siano provate invasive, in tutto il mondo (Boudouresque e Verlaque, 2002).
Caulerpa racemosa è considerata un migrante lessepsiano (Lipkin, 1972) e dal
1920 ha colonizzato il versante est del Mar Mediterraneo (Hamel, 1962; Rayss,
1941).
Sono state identificate due forme presenti nel Mar Mediterraneo: Caulerpa
racemosa var. turbinata–uvifera, conosciuta dal 1926 in Tunisia (Hamel, 1926) e
dal 1931 nel bacino di Levante (Hamel,1931), che è risultata essere un intermedio
tra la varietà turbinata (J.Agardh) Eubank e la var. uvifera (C. Agardh) J. Agardh;
la var. lamourouxii (Turner) Weber-Van Bosse f . requienii (Montagne) WeberVan Bosse, conosciuta nel bacino di Levante, sin dal 1950 (Huvè, 1957). Dai
primi del 1990 una nuova “varietà invasiva” di C. racemosa si è diffusa
rapidamente nel Mar Mediterraneo.
Considerato da Verlaque et al. (2000) un taxon introdotto dissimile dalle
altre due specie (basandosi su un criterio morfologico) e secondo studi genetici
affine a C. racemosa var. occidentalis (J. Agardh) Børgesen, una forma tropicale a
distribuzione mondiale, già presente nel Mar Mediterraneo (Verlaque et al.,
2000); la presenza di tre differenti varietà di C. racemosa nel Mediterraneo e
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l’ipotesi dell’introduzione per le “varietà invasive” sono stati confermati da studi
molecolari (Famà et al., 2000).
È stato suggerito anche che le “varietà invasive”, fossero un ibrido tra la
var. turbinata-uvifera ed una varietà tropicale sconosciuta, ipotesi proposta da
Durand et al. (2002) e non approvata da Verlaque et al. (2003) i quali
dimostrarono che l’invasione del Mediterraneo dai primi del ’90 è stata il risultato
di una recente introduzione di una
specie del sud-ovest dell’Australia,
scarsamente conosciuta e segnalata nella regione di Perth come Caulerpa
cylindracea Sonder [C. racemosa var. laetevirens f. cylindracea (Sonder) Webervan Bosse]. La nuova combinazione C. racemosa var. cylindracea (Sonder)
Verlaque, Huisman et Boudouresque fu proposta da Verlaque et al. (2003).
1.1 DISTRIBUZIONE NEL MEDITERRANEO
Caulerpa racemosa var. cylindracea (Sonder) Verlaque, Huisman e
Boudouresque (in futuro: “C. racemosa”) si sta diffondendo attraverso tutto il
Mar Mediterraneo e l’Oceano Atlantico (Verlaque et al., 2000, 2003, 2004).
Nel Mar Mediterraneo popola principalmente acque poco profonde ma
anche habitat subtidali fino ai 50-70 m , dove colonizza substrati duri e molli (o
costituito da matte di Posidonia oceanica morta) dove si trovano complessi di
alghe filamentose, erette e fanerogame marine (Piazzi et al., 2005).
È dotata di riproduzione asessuata predominante, rapida crescita, alta
dispersione ed è in grado di tollerare ampiamente l’inquinamento. Fu osservata
per la prima volta sulle coste della Libia (Nizzamuddin, 1991) ed in seguito in
molte zone sparse per il bacino Mediterraneo tra cui la Grecia e Creta (Panayotidis
7
e Montesanto, 1994, 1998, 2001), Albania (Di Martino e Giaccone, 1995; Cinelli,
dati non pubblicati), Spagna (Ballesteros et al., 1999; Aranda et al., 2003),
Tunisia (Djellouli, 2000; Langar et al., 2003), Turchia (Tolay et al., 2001; Cirik e
Alcali, 2004), Croazia (Žulieviǽ et al., 2003).
Caulerpa racemosa ha prosperato sulle coste francesi dato il loro clima
simile al sud-ovest dell’Australia (luogo di provenienza dell’alga), le estese aree
di matte di Posidonia oceanica morta, i numerosi e potenziali vettori di diffusione
(imbarcazioni di ogni tipo), le attività umane ed i controlli non efficienti (Ruitton
et al., 2005). È stata osservata nel Golfo di Marsiglia (Provenza, Francia) dove nel
1997 si è resa comune oltre che nella Baia di Tolone, Hyerès e Villefranche sur
Mer (Verlaque et al., 2000, Belsher et al., 2002; LEML-UNSA, 2003; Meinesz et
al., 2003).
Altre segnalazioni sono pervenute da Cipro (Argyrou et al., 1999) dove è
stata segnalata sotto i 70 m di profondità, dall’isola di Malta, dalle Baleari e dalle
adiacenti aree dell’Atlantico (Canarie) (Stevens, 1999; Verlaque et al., 2003,
2004; Mifsud et al., 2004; Piazzi et al., in press). Le prime segnalazioni lungo le
coste italiane risalgono al 1993 per le zone sud-orientali della Sicilia e per l’isola
di Pantelleria (Alongi et al., 1993); ad oggi è presente lungo tutta la costa siciliana
(Giaccone e Di Martino, 1995; Serio e Pizzuto, 1999; Calvo, dati non pubblicati).
Nel 1994, durante una campagna di sorveglianza di Caulerpa taxifolia
(Vahl) C. Agardh nel Mar Mediterraneo, fu osservata sulle secche della Meloria,
nel tratto di mare antistante la città di Livorno (Toscana, Italia) (Piazzi et al.,
1994) ed in seguito lungo tutto il litorale toscano (Piazzi et al.,1997; 1997b;
2001b; De Biasi et al., 1999).
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Studi eseguiti nel 1997, dopo la prima segnalazione di Caulerpa racemosa
in questa zona, hanno messo in evidenza la velocità di diffusione di quest’alga,
che è passata da un’area di 3000 mq ad una di 300 ha in soli 2 anni (Piazzi et al.,
1997). Liguria (Bussotti et al., 1996; Modena et al., 2000; Peirano, dati non
pubblicati), Sardegna (Cossu e Gazale, 1997; Cossu et al., 2003), Campania
(Gambi e Terlizzi, 1998; Buia et al., 2001; 2003), Puglia (Buia et al., 1998;
Bottalico et al.,2002; Costantino et al., 2002; Cecere e Petrocelli, 2004), Calabria
(Cantasano, 2001; Di Martino, 2001) e Lazio (D’Archino, dati non pubblicati)
presentano tutte tale alga invasiva nella propria flora marina.
Non esistono mappe e valutazioni accurate della superficie colonizzata da
C. racemosa nel Mar Mediterraneo ed il parametro utilizzato per stimarne la
diffusione è l’estensione lineare della costa antistante le zone invase (Vaugelas et
al., 1998). È stata stimata 80 km di linea di costa francese “affetta” da C.
racemosa, 120 km nelle isole Baleari (Spagna), 15 km in Croazia e circa 500 km
nell’Italia occidentale (dalla Liguria alla Sicilia) (dati valutati su mappa 1:25.000).
1.2 STRATEGIE DI ACCRESCIMENTO
La rapida espansione di C. racemosa deve essere correlata alla strategia
riproduttiva altamente efficiente, associata al trasporto naturale da parte delle
correnti, o antropico tramite ancore o reti (Renencourt et al., 2002).
Il meccanismo principale di diffusione dell’alga è rappresentato da una
riproduzione vegetativa la quale si effettua attraverso lo sviluppo di stoloni
indipendenti (lo stolone si ramifica e dopo alcuni mesi muore nel punto di
ramificazione,
generando
due
talli
separati)
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permettendo
una
rapida
colonizzazione del substrato (Piazzi et al., 2005), durante il periodo di crescita
vegetativa tra giugno e novembre. Questo periodo si alterna a quello di riposo
vegetativo da dicembre a maggio, durante il quale diminuiscono copertura e
biomassa fino all’estate successiva quando gli stoloni (alcuni) rimasti sul fondo
riprendono lo sviluppo vegetativo.
Tale periodo non permette ai popolamenti macroalgali di ripristinare la
struttura originaria, ma le alterazioni persistono ed aumentano nella stagione
successiva (Piazzi et al., 2001; Piazzi e Cinelli, 1999). Anche la dispersione di
frammenti dell’alga rappresenta un tipo di riproduzione vegetativa; questi
frammenti possono essere prodotti dall’azione di forze idrodinamiche o di erbivori
marini oppure da un processo che si verifica in assenza di disturbo e riguardante
una porzione specifica del tallo, i ramuli, che sono inseriti radicalmente sull’asse
della fronda (rachis) e qui possono subire una separazione spontanea, costituendo
propaguli.
Passati 5 giorni dalla loro formazione, quando sono divenuti globulari,
cilindrici o clavati, originano filamenti contenenti clorofilla che si sviluppano
nella forma tipica del tallo. In seguito possono essere risucchiati nelle operazioni
di carico delle acque di zavorra nei porti in cui è presente, spiegando la sua
comparsa all’imboccatura o in prossimità di porti (Renencourt et al., 2002).
A seguito di studi sperimentali condotti da Panayotidis e Žuljević (2000) è
stata dimostrata la presenza di una riproduzione sessuale con differenze
morfologiche tra piante fertili e non, e due tipi di gameti biflagellati prodotti dalla
stessa alga (monoecia). Anche se con una bassa percentuale di compatibilità dei
gameti (dovuta magari all’inadeguatezza delle condizioni di laboratorio o dallo
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stress da manipolazione), è stata dimostrata la presenza di una riproduzione
sessuale a supporto di quella vegetativa (Panayotidis e Žuljević, 2000).
Caulerpa racemosa è una specie rizofitica, che riesce cioè ed assumere
nutrienti sia dal sedimento che dalla colonna di acqua, caratteristica comune alle
angiosperme marine. L’assorbimento dei rizoidi può influenzare l’esito delle
interazioni competitive per i nutrienti con le fanerogame marine (Ceccherelli e
Cinelli, 1997).
È in grado, inoltre, di produrre Caulerpenina (sesquiterpenoide), un
metabolita citotossico (Ricci et al. 1999), il quale è considerato un importante
meccanismo di difesa dagli erbivori e che può aumentare le capacità di
competizione dell’alga (effetto antifouling) (Lemèe et al.,1993; Dumay et al.,
2002). L’insieme di tali caratteristiche permette a C. racemosa
di crescere
rapidamente nelle zone colonizzate e di conferirgli un livello di invasività
superiore a quello di C. taxifolia, come dimostrato da Piazzi et al. (2001) da uno
studio condotto nel litorale livornese dove le due specie coesistono; lo studio ha
dimostrato un accrescimento del 248% di Caulerpa racemosa e del 64,5% di
Caulerpa taxifolia nell’arco di un anno (Piazzi et al., 2001a).
1.3 IMPATTO SULLA COMUNITA’ OSPITE
L’invasività di C. racemosa ha provocato e sta provocando profonde
modificazioni,
a
livello
di
diversità
ed
abbondanza
delle
comunità
macrobentoniche ospiti (Bodouresque e Verlaque, 2002; Argyrou et al., 1999), le
quali non sono in grado di evitare la colonizzazione di quest’alga specialmente
quando altri fattori hanno agito sulla complessità naturale, facendola ridurre o
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addirittura perdere (Ceccherelli et al., 2002) secondo un modello di ricchezza
specifica, che suggerisce come la resistenza alle invasioni sia proporzionale al
numero di specie presenti nell’ambiente ricevente (Kennedy et al., 2002).
Prima gli stoloni occupano il substrato disponibile, a scapito delle specie
native, poi accrescono verticalmente e continuamente il tallo, creando una
struttura multistratificata e intricata (Piazzi et al., 1997a) nelle cui maglie viene
trattenuto ed accumulato sedimento, il quale contribuisce a compromettere
l’impianto di altri organismi, riduce drasticamente le specie macroalgali ed altera
le abbondanze relative (De Biasi et al., 1999; Piazzi e Cinelli, 1999; Buia et al.,
2001; Piazzi et al., 2001).
Se la colonizzazione avviene su fondali duri, le specie incrostanti
regrediscono prima di quelle erette (Piazzi et al., 2001c), ma oppongono, invece,
una maggiore resistenza in presenza di C. taxifolia (Verlaque e Fritayre, 1994).
Ciò può essere dovuto al fatto che Caulerpa racemosa ha fronde più piccole e
stenta a competere con specie erette; Caulerpa taxifolia possiede fronde allungate
e più grandi ed è quindi capace di coprire completamente il substrato in tempi
brevi, danneggiando principalmente gli strati più bassi della vegetazione. Tuttavia,
sia nel Mar Piccolo che nel Mar Grande di Taranto, Caulerpa racemosa si è
sostituita
totalmente
a
Caulerpa
prolifera
(Forsskål)
J.V.
Lamouroux
(Mastrototaro et al., 2004) dimostrando che quando la colonizzazione di C.
racemosa persiste può interessare anche le specie erette.
Facili invasioni di praterie di Cymodocea nodosa (Ucria) Ascherson
relativamente piccole e di Nanozostera noltii (Hornemann) Tromlinson e
12
Posluzny sono avvenute, con variazioni nelle densità dei germogli e dei fiori delle
piante, attribuibili alla specie invasiva (Ceccherelli e Campo, 2002).
La colonizzazione di C. racemosa risulta contrastata invece dall’altezza e
dallo strato fogliare di Posidonia oceanica (L.) Delile, soprattutto quando esistono
dense coperture (Piazzi et al., 1997a,b; Piazzi e Cinelli, 1999) interferendo sullo
sviluppo (Ceccherelli et al., 2000) e la produzione di Caulerpenine da parte
dell’alga (Dumay et al., 2002a) e mettendone così in luce l’alta adattabilità.
La comunità fitobentonica di Moni Bay (Cipro) nel 1992, risultava
dominata da Posidonia oceanica, mentre nel 1997, C. racemosa diviene il
maggior dominante. Cambiamenti nel sistema della vegetazione hanno causato
significativi cambiamenti nella struttura della macrofauna, la cui composizione
nel 1992 risultava essere composta principalmente da gasteropodi (44%),
crostacei (22%), bivalvi (17%), policheti (11%) ed echinodermi (6%). Nel 1997 le
abbondanze dei gasteropodi e dei crostacei diminuirono rispettivamente al 13% e
16%; i policheti aumentarono (38%) e divennero il taxon dominante (bivalvi ed
echinodermi aumentarono fino al 22% e 11%).
I fondi sabbiosi nudi facilitano la colonizzazione di C. racemosa che data
la sua struttura offre nuove risorse e la formazione di microhabitat per altri
organismi del benthos. Nel Golfo di Salerno (Sud Italia) è stata trovata un’elevata
ricchezza specifica di Molluschi, in un’area colonizzata da C. racemosa, anche se
la maggior parte di quelli identificati erano associati anche ad altre alghe ed erano
presenti solo stadi giovanili (Buia et al., 2001).
1.4 INTERAZIONE CON ALTRE SPECIE INVASIVE INTRODOTTE
13
Attraverso esperimenti manipolativi Piazzi e Ceccherelli (2002) hanno
studiato le interazioni tra C. racemosa e C. taxifolia, in una zona di mare
antistante la costa di Livorno (Toscana, Italia) (Piazzi et al., 2003), dove è
presente una prateria mista di queste due alghe invasive. C. racemosa ha mostrato
una maggiore abilità competitiva rispetto a C. taxifolia ed è stato messo in
evidenza che le due alghe si comportano in maniera differente, l’una in presenza
dell’altra; C. racemosa non fu interessata dalla presenza di altre specie, invece C.
taxifolia ha rallentato i propri processi di crescita in presenza di C. racemosa
(Piazzi e Ceccherelli, 2002).
A Villefranche sur-mer (Francia) è avvenuto che in un ettaro di area situata
tra i 16 ed i 20 m di profondità (Meinesz, dati non pubblicati), C. taxifolia è stata
quasi sostituita da C. racemosa. L’effetto di questa sulle comunità recepenti non è
compromessa da C. taxifolia, che mostra simili tendenze in coperture miste ed
isolate (Piazzi et al., 2003a). In località lungo le coste toscane e francesi, C.
racemosa coabita almeno con C. taxifolia, e due specie a feltro quali le rodoficee
Acrothamnion preisii (Sonder) Wollaston e Womersleyella setacea (Hollenberg)
R.E. Norris (Piazzi e Cinelli, 2003; Verlaque, dati non pubblicati).
Più specie invasive introdotte, presenti nella medesima area, potrebbe
causare l’affermazione di meccanismi interattivi competitivi o (come nel caso di
A. preissii e W. setacea) sinergici. Nelle aree dove la presenza di alghe a feltro
introdotte sono già dominanti, attraverso l’interazione con il sedimento depositato
ed un effetto sulle comunità invase, C. racemosa mostra una più intensa crescita
14
ed espansione (Ceccherelli et al., 2002; Piazzi et al., 2003b; Ballesteros, dati non
pubblicati).
1.5. SCOPO DELLO STUDIO
Durante l’estate 2004 è stato condotto un esperimento manipolativo in un
sito prospiciente un’area urbanizzata del nord della Sardegna (Porto Torres). Lo
scopo di tale studio è stato quello di valutare l’effetto immediato della rimozione
di Caulerpa racemosa sui popolamenti zoobentonici dell’infralitorale superficiale
roccioso. Dai risultati ottenuti è stata sottolineata la necessità di approfondire le
conoscenze sul risultato delle interazioni di C. racemosa con gli altri taxa presenti
nell’area su di una scala temporale più lunga. Da qui giunge il significato di
questo nuovo studio che si occupa dell’effetto della rimozione di C. racemosa
sullo zoobenthos non più nell’arco di una sola stagione (estate), ma ad una scala
temporale più ampia che comprende le successive (autunno, inverno e primavera).
15
2. AREA DI STUDIO
L’esperimento è stato condotto a Scoglio Lungo (40° 39’ N; 05° 29’ E)
(Fig. 1) in un sito localizzato in una zona urbanizzata del Nord Sardegna (Porto
Torres), in cui sono presenti marne calcaree (piattaforme rocciose) e considerevoli
escursioni di marea le quali danno origine a pozze di scogliera. Padina pavonica
L. Lamaur, Ulva spp., Dictyotales, Chaetomorpha spp., Corallina elongata, Ellis
et Solander, caratterizzano la comunità algale di Scoglio Lungo. È presente una
piccola spiaggia facilmente accessibile che durante la stagione turistica è molto
frequentata dai bagnanti. Nelle vicinanze esistono un punto di ristoro attivo tutto
l’anno ed il porto commerciale della città. Da tempo, la prima segnalazione risale
al 2002, questo ambiente risulta invaso da C. racemosa che si estende da 0 a circa
30 m di profondità (Cossu et al., 2003). Essa presenta una fase di crescita vegetativa
ed espansione tra giugno e novembre alternata ad una fase di riposo vegetativo da
dicembre a maggio, in cui persistono solo alcuni stoloni ancorati al substrato.
Fig 1 : Scoglio Lungo - Sito di campionamento.
16
3. MATERIALE E METODI
L’esperimento manipolativo, al fine di valutare l’effetto della rimozione di
Caulerpa racemosa sulla comunità zoobentonica, ha avuto inizio nell’estate del
2004 e si è concluso nella primavera del 2005.
Per ogni stagione, sono state scelte a caso otto aree delle dimensioni di 20x
20 cm, la cui copertura minima di C. racemosa era di 80%, successivamente
attribuite a random al trattamento di rimozione dell’alga invasiva o di controllo
(dove C. racemosa era presente). Queste aree sono state delimitate ai quattro
vertici previo utilizzo di stucco (Subcoat ‘S’) a due componenti per applicazioni
subacquee. (Fig. 2).
Fig. 2: Area sperimentale (20×20 cm).
17
La prima rimozione è avvenuta nell’estate 2004, e data l’elevata velocità di
crescita di C. racemosa, le aree attribuite alla rimozione sono state periodicamente
visitate, controllate e ripulite affinché l’alga non le ricolonizzasse.
Per ciascuna stagione sono stati effettuati due campionamenti ad una
profondità di 0,2 – 0,4 m su substrato roccioso associato ad alghe dell’infralitorale
superficiale sia per le aree sperimentali che di controllo (distanti circa 5 m l’una
dall’altra).
Il primo campionamento (T1) è stato effettuato il giorno seguente alla
rimozione (al massimo entro 48 ore), il secondo invece, sempre nell’arco della
stessa stagione, dopo circa 30 giorni (T2). Inoltre in ciascuna area sono state
prelevate casualmente due repliche (R1, R2). Tale disegno di campionamento è
stato applicato successivamente all’autunno, all’inverno e alla primavera. Il
campionamento al tempo T1 è stato effettuato dopo aver lasciato alle specie
bentoniche un lasso di tempo a disposizione per insediarsi sul substrato lasciato
libero dal trattamento.
I campioni sono stati raccolti utilizzando dei cilindri di plastica del
diametro di 40 mm (12,56 cm² di superficie) ed un raschietto metallico sulla
superficie rocciosa nell’area individuata; questa tecnica di campionamento
consente di raccogliere in maniera rappresentativa, in termini di numero e
abbondanza, gli organismi presenti nelle aree (Brown & Taylor, 1999; Casu et al.,
2004).
Sul campo il materiale raccolto è stato fissato in formalina al 4% e acqua
di mare. In seguito, in laboratorio, è avvenuta la separazione, il riconoscimento ed
il conteggio del materiale campionato utilizzando setacci con maglie da 100-µm.
18
L’utilizzo di maglie di questa dimensione ha consentito il trattenimento di
organismi appartenenti sia alla componente della macrofauna sia a quella della
meiofauna.
Successivamente, seguito dal lavaggio con acqua distillata, il materiale
raccolto è stato posto in piastre Petri ed osservato accuratamente al microscopio
ottico. Qui, previo l’utilizzo di pinzette (Dumond) da 0,4 – 0,5 mm, gli animali
identificati sono stati estratti, contati e suddivisi nei seguenti taxa: molluschi
(bivalvi e gasteropodi) policheti, crostacei (copepodi arpacticoidi, cumacei,
gammaridi, ostracodi, isopodi, tanaidacei e caprellidi), acari, nematodi e
oligocheti.
I campioni sono stati ordinati tramite ordinamento multidimensionale
(MDS) basato sulla matrice di similarità utilizzando l’indice di Bray Curtis
(Clarke e Warwick, 1994) ed è stata effettuata l’analisi delle similarità
(ANOSIM).
Se C. racemosa avesse effetto sulla componente zoobentonica, le
abbondanze tra le aree dove l’alga è stata rimossa e quelle di controllo
risulterebbero differenti. I dati sono stati analizzati con l’analisi della varianza a
quattro vie: la “Stagione” è stato considerato fattore fisso ed ortogonale (4 livelli),
il “Tempo” è stato considerato fattore random e gerarchizzato nella “Stagione”
(due livelli), “Caulerpa” (due livelli) fisso e ortogonale, l’ “Area”
è stata
considerata un fattore random (due livelli), gerarchizzato nella “Stagione” e nel
….
“Tempo” (Underwood, 1997).
19
STAGIONE
TEMP
O
T1
Rimozione
CAULERPA
ARE
A
REP
L
1
1
AUTUNNO
ESTATE
2
2 1
T2
Controllo
1
2 ….
…..
…
.
2
…
.
INVERNO
….
…..
….
…..
….
…..
….
…..
….
…..
….
…..
….
…..
….
…..
Fig. 3: Disegno sperimentale di campionamento.
20
PRIMAVERA
T1
T2
…
.
Rimozione Controllo
1
1
2
21
1
2
2
….
…..
…
.
…
.
4. RISULTATI
4.1 Risultati sull’analisi dei Taxa
In totale sono stati ritrovati 47150 individui appartenenti ai seguenti
gruppi: policheti, bivalvi, gammaridi, isopodi, tanaidacei, copepodi arpacticoidi,
gasteropodi, acari, oligocheti, cumacei, nematodi, caprellidi ed ostracodi. I taxa
più abbondanti sono risultati i policheti (32%), i nematodi (16,80%) ed i copepodi
(16,19%) (Fig. 4).
800
300
NEMATODI
700
70
OSTRACODI
250
60
600
500
40
400
150
30
300
100
20
200
50
100
0
10
0
E-C
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
700
0
E-C
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
120
600
BIVALVI
50
200
POLICHETI
100
E-C
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
70
60
OLIGOCHETI
500
CUMACEI
50
80
400
40
60
300
30
200
40
100
20
0
20
10
0
E-C
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
500
0
E-C
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
80
COPEPODI
400
GAMMARIDI
70
350
25
60
300
E-R
30
90
450
E-C
TANAIDACEI
20
50
250
15
40
200
30
150
100
20
50
10
0
0
E-C
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
5
0
E-C
P-C P-R
20
10
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
18
GASTEROPODI
16
ACARI
16
16
14
14
14
12
12
12
10
10
8
8
6
6
4
4
2
2
0
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
ISOPODI
10
8
6
4
2
0
0
E-C
E-R
18
20
18
E-C
E-C
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C
P-R
E-C
E-R
20
CAPRELLIDI
18
16
14
12
10
8
6
4
2
0
E-C
E-R
A-C
A-R
I-C
I-R
P-C P-R
Fig.4:
Abbondanza
media (+ES)
taxa più
campionati.
Fig. XX
– Abbondanza
mediadei(+ES)
dei comuni
taxa più
comuni
EC= estate EC=
controllo
estateER=
rimozione;
AC= autunno
campionati.
estate ER=
controllo
estate rimozione;
AC=
controllo
AR=
autunno
rimozione;
IC=
inverno
controllo
IR=
autunno controllo AR= autunno rimozione; IC= inverno
inverno
rimozione;
PC=
primavera
controllo
PR=
primavera
controllo IR= inverno rimozione; PC= primavera controllo PR=
rimozione. rimozione.
primavera
21
Dall’ordinamento dei dati mediante MDS (Fig. 5) non risultano differenze
nette fra l’abbondanza dei taxa raccolti nelle aree di rimozione e in quelle di
controllo (ANOSIM p=0,1% R=0,208).
Stress: 0,02
E-C
E-R
A-C
A-R
P-C
P-R
I-C
I-R
Fig. 5: MDS dei taxa raccolti. EC= estate controllo ER= estate rimozione; AC=
autunno-controllo AR= autunno-rimozione; IC= inverno-controllo IR= invernorimozione; PC= primavera-controllo PR= primavera- rimozione.
Dai risultati dei confronti a coppie (Tab. 1) non risultano significative neanche le
differenze tra le abbondanze dei taxa raccolti nelle aree sperimentali e quelle di
controllo campionate nell’arco della stessa stagione.
Tabella 1 - Confronti a coppia
ANOSIM p=0,1
R=0,208
Estate C - Estate R
Autunno C – Autunno R
Inverno C- Inverno R
Primavera C - Primavera R
R
-0.188
0.031
-0.125
0.219
22
Livello di significatività
91.40%
45.70%
74.30%
11.40%
Analizzando l’abbondanza dei singoli taxa raccolti si può osservare che
l’ipotesi che l’abbondanza dei taxa ritrovati nei campioni raccolti dove la caulerpa
è stata rimossa sia significativamente diversa dai controlli, è stata rifiutata per tutti
i gruppi esaminati escluso quello dei policheti (Tab. 2), che risultano
significativamente più abbondanti nelle aree di controllo rispetto a quelle di
rimozione.
Per i gammaridi e per i cumacei è stata identificata un’alta variabilità
temporale tra stagioni, mentre per gli acari, i policheti, i nematodi, i bivalvi, i
gasteropodi ed i copepodi, è risultata una variabilità temporale tra i due tempi di
campionamento nell’arco della stessa stagione.
Infine
per
i
gammaridi
è
risultata
significativa
l’interazione
StagionexCaulerpa (SXC) mentre per i gammaridi, isopodi, oligocheti, nematodi,
acari, cumacei, ostracodi
e tanaidacei è stata identificata un’alta variabilità
spaziale tra aree.
23
Tabella 2. Risultati dell'analisi della varianza (ANOVA) sugli effetti della Caulerpa racemosa nel tempo sui Taxa zoobentonici campionati. *
p<0.05
Gammaridi
Stagione
Tempo(S)
Caulerpa
Area(SXT)
SXC
CXT(S)
CXA(SXT)
Residuo
Cochran's test
Stagione
Tempo(S)
Caulerpa
Area(SXT)
SXC
CXT(S)
CXA(SXT)
Residuo
Cochran's test
Stagione
Tempo(S)
Caulerpa
Area(SXT)
SXC
CXT(S)
CXA(SXT)
Residuo
Cochran's test
gl
3
4
1
8
3
4
8
32
gl
3
4
1
8
3
4
8
32
gl
3
4
1
8
3
4
8
32
Isopodi
MS
F
96.06
10,04*
9.57
0.68
0.02
0.09
14.05
6,08*
2.29
7,60*
0.30
0.10
3.01
1.30
2.31
Sqrt(X+1) ns=0,1899
MS
2.16
1.08
0.50
1.50
1.59
0.41
1.51
0.63
Ln(X+1) ns=0,2886
Oligocheti
Policheti
MS
F
29.57
1.87
15.84
2.02
12.30
1.46
7.83
9,44*
11.95
1.42
8.41
0.64
13.10
15,80*
0.82
Sqrt(X+1) ns=0,2022
MS
114.56
74.27
207.10
11.89
41.08
10.22
34.04
7.90
Sqrt(X+1) ns=0,2173
Copepodi
Cumacei
MS
F
4.52
1.5
3.01
12,00*
0.49
0.80
0.25
0.70
0.09
0.15
0.62
0.98
0.63
1.77
0.35
Ln(X+1) ns=0,2392
MS
45.16
6.99
19.31
11.52
2.13
5.76
4.98
1.54
Sqrt(X+1) ns=0,2240
Tanaidacei
F
1.99
0.72
1.22
2,36*
3.86
0.27
2.38
Ostracodi
F
4.13
MS
35.31
F
3.87
2.84
7.95
9.06
5.93
2.01
2.36
0.86
0.31
3.95
9.11
0.15
2.45
0.49
2.02
1.34
0.41
3.71
0.08
10,50*
2.94
0.85
2,74*
Sqrt(X+1) ns=0,1484
6,25*
20,26*
1.50
4.02
0.30
4,31*
F
6,53*
0.6
3.35
7,44*
0.37
1.16
3,22*
24
MS
265.25
349.42
110.82
19.63
32.19
44.07
113.14
2.68
Sqrt(X+1) ns=0,1792
5,94*
0.25
1.47
3,32*
Ln(X+1) ns=0,2631
Nematodi
F
1.54
Acari
MS
11.75
Bivalvi
F
0.76
17,80*
2.51
7,31*
0.73
0.39
42,12*
MS
11.78
5.26
0.00
0.94
0.07
0.96
0.50
0.23
Ln(X+1) ns=0.2113
MS
6.62
8.250
0.430
0.970
1.340
0.820
1.010
0.200
Ln(X+1) ns=0,1952
F
0.8
8,47*
0.53
4,70*
1.63
0.81
4.81
Gasteropodi
F
2.24
5,54*
0.01
4,05*
0.08
1.92
2.14
MS
F
98.9
1.55
63.81
3,98*
19.99
2.72
16.02
1.96
4.00
0.55
7.34
0.27
27.44
3,35*
8.18
Sqrt(X+1) ns=0,2344
5. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Studi quantitativi sugli effetti delle specie marine invasive sulle comunità
bentoniche in Mediterraneo si stanno sviluppando solo recentemente a causa del
sempre più consistente impatto di tale fenomeno sulle comunità naturali
(Trowbridge 1995; Grosholz e Ruiz 1995; Abrams 1996; Ceccherelli e Cinelli
1997; Reusch e Williams 1998). A questo proposito uno degli obbiettivi
fondamentali degli ecologi è quello di stimare la vulnerabilità delle differenti
comunità residenti alle invasioni di specie aliene (Burke e Grime 1996; Rejmànek
e Richardson 1996; Dukes e Mooney 1999; Ceccherelli et al., 1999). Anche gli
studi specifici sugli effetti di Caulerpa racemosa sulle comunità zoobentoniche
stanno sempre più sviluppandosi; lo scopo di questo studio è comunque quello di
contribuire a tale problematica, esaminando in particolare i possibili effetti della
presenza di quest’alga sullo zoobenthos di substrato roccioso dell’infralitorale
superficiale.
I dati raccolti complessivamente indicano che l’effetto della presenza di C.
racemosa sulle abbondanze dei taxa di rango elevato non risulta essere
significativo per nessuno dei taxa esaminati, eccetto per i policheti (vedi Fig. 4).
Questo risultato non sembra influenzato dalle modalità di campionamento
utilizzate; l’effetto significativo sui policheti è effettivamente legato ad una
diversa risposta del taxon al trattamento effettuato; la possibile influenza della
rimozione
nel
tempo
T1
non
ha
provocato
significative
nell’abbondanza di nessuno degli altri gruppi presi in considerazione.
25
differenze
Questo risultato è stato ottenuto analizzando complessivamente i taxa
ritrovati nei campioni ed attribuendo loro una risoluzione tassonomica minima.
La mancanza di un effetto della rimozione di Caulerpa potrebbe essere
dovuto ad una serie di motivi.
Prima di tutto le caratteristiche del sito di studio che, in quanto localizzato
in un tratto di costa fortemente urbanizzato, è caratterizzato dalla presenza di una
comunità algale costituita prevalentemente da una serie di specie a feltro. Questa
comunità potrebbe rappresentare un habitat molto simile a quello che crea la
copertura di C. racemosa poiché in entrambi i casi le alghe formano strutture
multistrato che rappresentano una trappola per il sedimento. Infatti, nonostante
l’esperimento sia stato effettuato su un substrato roccioso, tra le specie ritrovate
alcune risultano essere esclusive di fondi molli, come ad esempio i policheti
Lumbrineris tetraura e Syllides spp. Questo risultato potrebbe essere dovuto
all’elevata quantità di sedimento intrappolato sia nei trattamenti che nei controlli.
Lumbrineris tetraura è infatti una specie tipica di fondi molli che risulta
particolarmente abbondante su substrato costituito da sabbie fini (Farina et al.,
1985); le specie del genere Syllides sono invece componenti tipiche (talvolta
anche molto abbondanti) della fauna interstiziale (San Martin, 1984).
In secondo luogo, una risoluzione tassonomica maggiore potrebbe fornire
informazioni utili per identificare con maggiore chiarezza la risposta degli
organismi al disturbo. Nel corso della presente ricerca, l’identificazione degli
organismi è stata limitata ai gruppi tassonomici descritti in precedenza anche in
base ai risultati di un’analisi costi-benefici condotta nell’ambito di uno studio
pilota (Casu et al., 2004). La difficoltà in termini di tempo, per lo smistamento e
26
per l’identificazione degli organismi a livello specifico, già riscontrata durante lo
studio pilota, ha infatti indotto a usare questo tipo di risoluzione tassonomica, che
però potrebbe influenzare il risultato delle analisi (vedi Somerfield e Clarke, 1995;
Pagola-Carte et al., 2002); il livello tassonomico raggiunto consente comunque di
pervenire ad una valutazione adeguata dell’effetto dei trattamenti. In realtà la
risoluzione tassonomica usata per questo studio potrebbe non essere la più adatta
per rilevare gli effetti dei diversi livelli sperimentali, in quanto le singole specie
appartenenti ai medesimi taxa possono essere diversamente sensibili alle
variabilità naturali ed all’impatto dovuto alla presenza di specie alloctone
(Warwick, 1988; Terlizzi et al., 2003, Giangrande, 2003); la determinazione ad un
livello tassonomico più elevato porta, nella maggioranza dei casi, ad una perdita
di informazioni.
I risultati ottenuti con le analisi utilizzate nel presente lavoro, hanno quindi
dato già un’idea complessiva dell’effetto dei trattamenti effettuati sulle comunità
naturali;
è
necessario
implementarli
con
l’approfondimento
dell’analisi
tassonomica che potrà confermare o meno le osservazioni effettuate e/o dare
ulteriori interpretazioni ad eventuali differenze. Allo stato attuale non si è ritenuto
necessario analizzare le comunità tramite altri metodi come ad esempio io calcolo
degli indici di diversità. L’uniformità osservata a livello di taxa di rango elevato,
difficilmente avrebbe mostrato differenze significative fra gli indici calcolati.
Analisi di questo tipo saranno sicuramente utili per approfondire le valutazioni di
eventuali differenze individuate dall’analisi della matrice contenente l’abbondanza
degli individui nelle singole specie presenti.
27
In conclusione nonostante non siano state osservate nel complesso
significative differenze nella comunità zoobentonica, legate alla presenza e/o alla
rimozione di Caulerpa racemosa, tranne che per alcune componenti dello
zoobenthos, è necessario tenere sotto controllo sia l’eventuale espansione di tale
specie nell’area presa in considerazione che le potenziali modifiche a carico delle
comunità derivate dalla sua presenza. L’attuale distribuzione di Caulerpa
racemosa nel Golfo dell’Asinara corrisponde infatti ad un livello di
colonizzazione caratteristico di aree “fortemente invase”. L’area di studio, presso
Porto Torres, è inoltre estremamente vicina (32 Km linearmente) all’Area Marina
Protetta dell’Isola dell’Asinara, dove attualmente questa specie non è ancora stata
segnalata (Cossu et al., 2003). È necessario quindi tenere sotto controllo la sua
distribuzione nell’area per evitare il suo espandersi in aree diverse, sottoposte a
protezione e approfondire le conoscenze relative alle interazioni di C. racemosa
con le altre specie presenti nell’area.
28
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